bloglobal weekly n20 2013

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RASSEGNA RASSEGNA DI DI BLOGLOBAL BLOGLOBAL OSSERVATORIO OSSERVATORIO DI DI POLITICA POLITICA INTERNAZIONALE INTERNAZIONALE NUMERO 20/2013, 9 - 29 GIUGNO 2013 BloGlobal Weekly BloGlobal Weekly WWW.BLOGLOBAL . NET © BloGlobal.net 2013 BRASILE - Da tre settimane le principali città brasiliane sono percorse da numerose manifestazioni popolari contro le diseguaglianze socio-economiche e le carenze infrastrutturali del Paese. Sor- te come proteste pacifiche contro l’aumento di 20 centesimi di real del biglietto del trasporto urbano e contro gli sprechi e gli aumenti dei costi delle organizzazioni di Mondiali di calcio FIFA (2014) e delle Olimpiadi estive di Rio de Janeiro (2016), i cortei e le manifestazioni hanno assunto ben presto toni e gesti sempre più violenti centinaia gli arresti e ben 5 i morti , fatti questi del tutto inusuali per un Paese non interessato da fe- nomeni di tensione sociale. A fomentare le proteste hanno inciso anche le condizioni dell’economia brasiliana che vive oggi una fase di stagnazione della propria produzione, un netto aumento dell’inflazione e una ripresa della disoccupazione. I mani- festanti (giovani, poveri delle favelas cittadine, indigeni, professionisti e classe media) protestano contro le disparità del sistema MONDO - Focus BloGlobal Weekly N°20/2013 - Panorama

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Rassegna stampa di BloGlobal - Osservatorio di Politica Internazionale (9/29 giugno 2013)

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R A S S E G N AR A S S E G N A D ID I B L O G L O B A LB L O G L O B A L

O S S E R V A T O R I OO S S E R V A T O R I O D ID I P O L I T I C AP O L I T I C A I N T E R N A Z I O N A L EI N T E R N A Z I O N A L E

N U M E R O 2 0 / 2 0 1 3 , 9 - 2 9 G I U G N O 2 0 1 3

B l o G l o b a l W e e k l yB l o G l o b a l W e e k l y

W W W . B L O G L O B A L . N E T

© BloGlobal.net 2013

BRASILE - Da tre settimane le principali città brasiliane sono percorse da numerose manifestazioni

popolari contro le diseguaglianze socio-economiche e le carenze infrastrutturali del Paese. Sor-

te come proteste pacifiche contro l’aumento di 20 centesimi di real del biglietto del trasporto urbano e

contro gli sprechi e gli aumenti dei costi delle organizzazioni di Mondiali di calcio FIFA (2014) e delle

Olimpiadi estive di Rio de Janeiro (2016), i cortei e le manifestazioni hanno assunto ben presto toni e

gesti sempre più violenti – centinaia gli arresti e ben 5 i morti –, fatti questi del tutto inusuali per un Paese non interessato da fe-

nomeni di tensione sociale. A fomentare le proteste hanno inciso anche le condizioni dell’economia brasiliana che vive oggi

una fase di stagnazione della propria produzione, un netto aumento dell’inflazione e una ripresa della disoccupazione. I mani-

festanti (giovani, poveri delle favelas cittadine, indigeni, professionisti e classe media) protestano contro le disparità del sistema

M O N D O - F o c u s

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brasiliano fatto ancora di troppa povertà, di 50 milioni di “nuovi” cittadini usciti dalla miseria e che non hanno ancora beneficiato

del benessere diffuso, di un welfare e di una sanità scadente, di un servizio di trasporti urbano e nazionale pessimo, nonché di

alcuni vizi e malcostumi atavici della politica e della società brasiliana (corruzione, alta frammentazione politica, forte criminalità

organizzata). Il governo della Presidente Dilma Rousseff ha dato la sensazione di essere in seria difficoltà o, quanto meno, di

essere stato preso di sorpresa dall’irruenza e dalla veemenza dei manifestanti. Così, nel tentativo di contenere la piazza e di ri-

portare presto l’ordine, l’esecutivo socialista ha dapprima ritirato il provvedimento sulle tariffe urbane, provocando tuttavia un irrigi-

dimento dei manifestanti, e ha poi annunciato una serie di misure e iniziative utili da un lato ad implementare le riforme già avviate

e, dall’altro, a ristabilire l’ordine nell’immediato. Dal palazzo presidenziale di Planalto a Brasilia, la Rousseff ha parlato alla nazio-

ne proponendo un Plan Nacional articolato in 5 punti: una Costituente che realizzi le riforme politiche necessarie al Paese,

maggiori risorse da destinare ad istruzione e sanità, l'invio di medici stranieri nelle zone più disagiate, un piano da 25 miliardi sulla

viabilità urbana e sulle infrastrutture strategiche nazionali e, infine, una decisa lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata.

Tuttavia, la stessa Rousseff ha condizionato la disponibilità alle riforme e al dialogo, alla cessazione immediata di tutte le violen-

ze. Sebbene fino a pochi mesi fa godesse di un’ampia popolarità nazionale (i sondaggi realizzati tra marzo e aprile le assegnava-

no preferenze tra il 70%-80%) e nessuno mettesse in dubbio il suo buon operato, la Presidente deve provare a fiaccare quanto

prima le proteste in quanto il prossimo si svolgeranno le nuove elezioni presidenziali e il rischio è che le opposizioni liberal-

democratiche – tuttavia ancora profondamente divise al loro interno – possano sfruttare il malcontento per farne argomento di

campagna elettorale.

G8 - Si è tenuto lo scorso 18 e 19 giugno a Lough Erne, in Irlanda del Nord, il 39esimo summit a guida

britannica degli otto Paesi più industrializzati al mondo. Temi dell’agenda sono stati: Siria, accordo

di libero scambio USA-UE, crescita economica, emergenza lavoro giovanile e lotta all'evasione fiscale.

Se sui temi economici gli otto grandi sembrano aver trovato un’intesa comune dichiarando una dura

lotta contro il riciclaggio di denaro sporco e contro le società di comodo usate come strumento di

evasione fiscale, questi si sono mostrati, come da previsioni, più divisi su Siria e sulla realizzazione dell’area di libero scambio

tra USA e UE: relativamente a quest’ultimo argomento vi è il rischio che la forte opposizione francese sui temi riguardanti la cultu-

ra e l’agricoltura possa allungare i tempi di realizzazione della Transatlantic Trade and Investment Partnership. Il tema sul quale

sono tuttavia emerse più significativamente differenze di opinione è quello riguardante il dossier Siria. Da un lato la Russia, che

si è mostrata contraria a sostenere opzioni o soluzioni svantaggiose per il regime di Assad (no alla no fly zone o ad un rifornimen-

to dei ribelli) e, dall’altro, gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali che invece hanno annunciato la loro intenzione di impegnarsi,

anche militarmente, a fianco dei ribelli. Le forti divergenze sulla risoluzione della crisi siriana hanno portato ancora una volta

all’ennesimo nulla di fatto allungando così anche i tempi per la preparazione della conferenza internazionale di pace che

negli auspici dell’inviato ONU Lakhdar Brahimi si dovrebbe tenere entro la prima metà di luglio, ma che, presumibilmente, è desti-

nata all’ennesimo rinvio (in agosto?). Ad ogni modo nello statement finale, gli otto leader avrebbero definito un generico accordo

di massima nel quale si indica la necessità di un governo di transizione senza chiarire quale sarà l’eventuale ruolo di Assad

nel futuro del Paese.

UNIONE EUROPEA – A ridosso dell’ingresso della Croazia nell’Unione Europea come 28° Stato membro,

il 27 e 28 giugno è andato in scena a Bruxelles il Consiglio europeo che, tra i vari punti in agenda,

doveva affrontare lo spinoso argomento dell’approvazione del bilancio 2014-2020. Alla fine, nono-

stante l’opposizione del Premier britannico David Cameron (tuttavia accontentato circa la richiesta di

“sconto” su cui egli insisteva), accordo fu. Il Presidente della Commissione Josè Barroso ha definito il

compromesso raggiunto dal Presidente del Parlamento Martin Schulz e dal Premier irlandese Enda Kenny, detentore della presi-

denza di turno della UE, ''un buon accordo per la UE, per i suoi cittadini e per l'economia europea'' perché ''rende possibili gli in-

vestimenti per la crescita''. Barroso ha affermato che l'accordo trovato permetterà di anticipare l'uso dei fondi ''per l'occupazione

giovanile, per la ricerca, per i giovani ed in particolare per Erasmus, e per le PMI, inoltre i Paesi che lo vorranno potranno aumen-

tare i fondi per la povertà''. In effetti l’aspetto più significativo - e che ha lasciato particolarmente soddisfatti il Primo Ministro italia-

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no Enrico Letta e quello spagnolo Mariano Rajoy - è certamente quello riguardate i fondi per la disoccupazione giovanile (la

“Youth Employment Initiative”) in quanto, rispetto alla bozza approvata dal Consiglio di febbraio, il nuovo documento prevede uno

stanziamento complessivo di 8 miliardi, 2 in più rispetto ai 6 concordati precedentemente anche se, proprio questi 2, a disposizio-

ne a partire solo dal 2016. In attesa della concretizzazione delle misure che devono essere ancora stabilite (presumibilmente nel

mese di luglio), una parte consistente di questi 6 miliardi dovrebbe sostenere il “Youth Guarantee scheme”, che promette di ga-

rantire ai cittadini sotto i 25 anni un lavoro o una formazione d’eccellenza entro i primi 4 mesi dalla fine degli studi. Un altro punto

fondamentale, e sul quale il Parlamento europeo ha dato battaglia ponendolo come una condizione per garantire il voto positivo

alla proposta di bilancio, è stata la possibilità di introdurre clausole di flessibilità nel bilancio stesso: pur restando fermi i tetti

complessivi (960 miliardi di impegni e 908 miliardi di spesa), nei prossimi tre anni si potranno spostare risorse da una rubrica

all'altra a seconda delle esigenze; dal 2017 alla flessibilità verranno fissati tetti di spostamento delle risorse con revisione obbliga-

toria da parte della Commissione europea. I leader comunitari si sono inoltre impegnati ad avviare una discussione sulla possibi-

lità di dotare l'Unione europea di un bilancio proprio indipendente dai bilanci nazionali. Oggetto del contendere, infine,

anche il ruolo della Banca Europea degli Investimenti: a fronte della divisione tra Paesi che preferirebbero che questa abbia

un profilo da ‘tripla A’, ovvero che faccia solo investimenti iper sicuri, e quelli che vorrebbero che avesse invece un ruolo più da

motore dell’economia reale, resta confermato il piano messo a punto lo scorso anno secondo cui la BEI con 10 miliardi di prestiti

dovrebbe muovere a sua volta 60 miliardi di prestiti complessivi che secondo i calcoli dovrebbero portare alla fine a 120 miliardi di

investimenti produttivi. Spazio, infine, per le relazioni esterne e per l’allargamento: alla fine dei due giorni il Presidente del Con-

siglio europeo Herman Van Rompuy ha annunciato l’apertura (certamente tuttavia non prima dell’inizio del 2014) dei nego-

ziati di adesione con la Serbia e di quelli per l’accordo di Associazione e Stabilizzazione con il Kosovo come frutto della

recente intesa tra i due governi sotto la mediazione del capo della Diplomazia Catherine Ashton. Un annuncio che arriva poco

dopo il Consiglio Affari Generali di Lussemburgo del 25 giugno in cui i Ministri degli Esteri europei hanno concordato di riprende-

re i negoziati - fermi da 3 anni - con la Turchia aprendo il “Capitolo 22” relativo alle politiche regionali. La Conferenza intergo-

vernativa di adesione, previo nuovo GAC, avrà luogo dopo la presentazione del rapporto annuale della Commissione sui progres-

si fatti da Ankara in termini di giustizia e rispetto dei diritti politici, previsto per ottobre e che sarà evidentemente subordinato al

superamento della delicata situazione politico-sociale che la Turchia sta attraversando. E se anche il sì all’ingresso della Letto-

nia nell’eurozona sembra stemperare il clima di tensione circa le sorti dell’UE, notizie positive non giungono invece dai mari del

nord: il nuovo governo islandese di Sigmundur Davíð Gunnlaugsson, insediatosi lo scorso 23 maggio, ha interrotto i negoziati di

adesione avviati nel 2010 e ha deciso di sottoporre la questione a referendum popolare.

USA/RUSSIA - Il 10 giugno, Edward Snowden, un ex dipendente della National Security Agency che

ha lavorato al progetto di sicurezza nazionale di contro-terrorismo e spionaggio telefonico ‘Prism’, ha

rivelato da Hong Kong, dove si trovava dal 20 maggio, di essere la ‘talpa’ delle rivelazioni del The

Guardian e del Washington Post circa un uso sproporzionato ed invasivo degli strumenti inve-

stigativi dell’agenzia. Inoltre, è trapelato che il programma ‘Prism’ non coinvolge solo gli americani, ma anche cittadini e istituzio-

ni al di fuori degli Stati Uniti. Snowden, che non si è voluto definire né un eroe né un traditore, è stato dichiarato immediatamente

oggetto di indagine penale da parte delle autorità statunitensi, le quali hanno esercitato (senza successo) forti pressioni diplo-

matiche su Hong Kong e sulla Cina per ottenerne l’estradizione. Negli Stati Uniti, nel frattempo, si è sviluppato un forte dibat-

tito sul rapporto tra sicurezza e privacy e, di conseguenza, sul ruolo del governo federale nella vita quotidiana del cittadino ameri-

cano. Il responsabile della NSA, Gen Alexander, ha dichiarato che è intenzione dell’agenzia "fornire al popolo americano informa-

zioni dettagliate sulle nostre attività”. Sia il Presidente Barack Obama che numerosi esponenti politici di entrambi i partiti hanno

preso le difese della NSA, cercando di sgonfiare il caso. Nel frattempo, Snowden aveva lasciato Hong Kong con il placet delle

autorità di Pechino, prendendo un volo per Mosca. Secondo la versione ufficiale cinese, Snowden era stato fatto partire per la

volontà dell’establishment di eliminare una inutile fonte di tensioni nelle relazioni con gli Stati Uniti, soprattutto in seguito al recen-

te vertice californiano tra Obama e XiJinping. Washington ha però espresso vibrate proteste e rammarico per la scelta di Pechino,

che ha quindi risposto per le rime affermando che le rimostranze americane erano “infondate e inaccettabili”. Intanto, mentre met-

teva piede sul territorio russo, Snowden chiedeva asilo politico all’Ecuador, Paese che già in passato ha dato rifugio al fuggitivo e

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AFGHANISTAN, 20 giugno – Gli Stati Uniti hanno annunciato l’avvio di negoziati con i talebani a Doha, capitale del Qatar. Secondo

quanto riferito ai media dalle autorità americane, i colloqui si terranno solo se verranno rispettate alcune precondizioni da parte

talebana: il rispetto della Costituzione dell'Afghanistan, la scissione da al-Qaeda, l’abbandono di qualsiasi violenza, e il rispetto

dei diritti delle donne e delle minoranze. Tuttavia, secondo alcuni leaks, la reale posizione americana considera tali tematiche non

come precondizioni, bensì come esiti auspicabili dei colloqui. Già in passato gli Stati Uniti avevano negoziato con i talebani a Do-

ha, ma mai in forma ufficiale. L’iniziativa esclusivamente americana ha, però, contrariato il Presidente afghano Hamid Karzai in

quanto non consultato e solo informato. In un primo tempo, Karzai ha perciò escluso qualsiasi ipotesi di concertazione tra Kabul e

i talebani, soprattutto se il processo di pace non fosse stato "guidato dagli afghani". Come rappresaglia diplomatica nei confronti

di Washington, lo stesso Karzai aveva inizialmente sospeso i colloqui bilaterali per la Strategic Partnership tra Afghanistan e Stati

Uniti, che dovrebbe essere definita nei dettagli prima del ritiro americano dal teatro nel 2014. Una successiva telefonata tra Karzai

e Obama ha poi placato gli animi dell’afghano e riconfermato l’iniziativa statunitense. Nell’auspicio di una soluzione regionale alla

guerra, il Segretario di Stato John Kerry si è poi recato in India aggiornando New Delhi sulle intenzioni e gli obiettivi diplomatici

americani, rassicurando il governo indiano e chiamandolo ad un ruolo responsabile per controbilanciare i legami tra talebani e

Pakistan.

AUSTRALIA, 26 giugno – Con 57 voti favorevoli e 45 contrari, il Partito Laburista australiano (ALP) - attraverso la cosiddetta proce-

dura di “leadership spill” con cui si verifica il grado di sostegno al proprio leader - ha sfiduciato Julia Gillard, alla guida del partito e

Premier dal 2010. La votazione era stata chiesta dalla stessa Gillard in seguito alle voci circolate riguardo l’intenzione di alcuni

parlamentari laburisti di chiedere una votazione interna: dal confronto è emerso vincitore Kevin Rudd, neo-Primo Ministro dunque

e già alla testa dei labour australiani (ritornati al governo nel 2007 dopo un decennio conservatore) fino al 2010 quando fu costret-

to a dimettersi in un’analoga situazione. La Gillard, appartenete alla right wing dell’ALP e che si era nettamente smarcata dal pro-

prio predecessore soprattutto per quanto riguarda la politiche di immigrazione (la cosiddetta skilled immigration) e quelle multilate-

rali con gli altri partner dell’Asia-Pacifico (in questo senso fu significativa la pubblicazione del libro bianco “Australia in the Asia

Century”), ha perso nell’ultimo anno gran parte della propria popolarità non solo per via di numerosi incidenti che hanno riguarda-

to masse di clandestini nelle acque settentrionali dell’Australia, ma anche per via del sensibile rallentamento dell’economia nazio-

nale: una situazione evidentemente critica in vista delle prossime elezioni federali del prossimo 14 settembre per le quali sarebbe

in vantaggio il leader conservatore Tony Abbott. A Rudd, dunque, il compito di far risalire il partito laburista nei sondaggi ricompat-

tando il partito e promuovendo un nuovo percorso di riforme economiche.

BULGARIA, 28 giugno – Da circa due settimane anche la Bulgaria è attraversata da una serie di manifestazioni antigovernative - a

cui è stato dato il nome di “Dance with me”, dall’acronimo ДАНС (Dans) del Dipartimento di Sicurezza Nazionale - innescate lo

scorso 14 giugno dalla nomina (in realtà poi revocata) di Delyan Slavchev Peevski, già accusato di corruzione nel corso della

M O N D O - B r e v i

fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, nella sua ambasciata di Londra. Proprio Assange e la struttura di Wikileaks si sono

dimostrati importanti interlocutori per Snowden, facilitandogli la fuga. Il Presidente russo Vladimir Putin ha in seguito con-

fermato la presenza di Snowden in un aeroporto di Mosca. Di fronte all’ufficialità, gli Stati Uniti, ancora una volta, hanno chiesto a

gran voce "al governo russo di prendere provvedimenti per espellere il signor Snowden senza indugio". Come sostanzialmente

già fatto dalla Cina, Putin ha rispedito al mittente le richieste, aggiungendo che non è intenzione del Cremlino venire incontro alle

richieste di Washington. Attualmente, Snowden continua ad essere nascosto all’aeroporto di Mosca in attesa di una decisio-

ne da parte dell’Ecuador sulla richiesta di asilo. Quito, secondo quanto riferito dalla sua ambasciata a Washington, si è detta

pronta ad esaminare la richiesta di Snowden "in modo responsabile". Contestualmente, l’Ecuador ha annunciato che non accette-

rà alcuna pressione dagli Stati Uniti; anzi, sembra sia disposto a rinunciare allo status preferenziale (e in scadenza) accordatogli

da Washington per quanto riguarda i rapporti commerciali.

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carriera politica, a capo dei servizi segreti bulgari e perciò letta da molti come “un colpo di Stato della mafia”. La protesta è difatti

legata a doppio filo con il crescente malcontento popolare nei confronti della corruzione dilagante all’interno della classe politica,

della criminalità organizzata, della gestione non trasparente dei servizi pubblici, dell’alto tasso di disoccupazione (specialmente

tra i giovani, che avrebbe raggiunto il 40%) e delle pesanti politiche di austerità. Manifestazioni popolari, sfociate peraltro in alcuni

episodi di suicidi, sono in realtà in corso già dall’inizio dell’anno e avevano portato alle dimissioni dell’ex Primo Ministro di centro-

destra Boyko Borisov, sostituito da Plamen Oresharski che proprio nei primi giorni di giugno aveva ottenuto la fiducia per la costi-

tuzione di un governo sostenuto dai socialisti, dal partito della minoranza turca, il Movimento Diritti e libertà (DSP), e grazie

all’astensione decisiva della formazione ultranazionalista ATAKA. Oresharski è tuttavia accusato di operare in continuità con il

precedente governo e il Presidente della Repubblica Rosen Plevneliev non ha escluso un rapido ritorno alle urne.

CINA, 26 giugno – E’ salito a 35 morti il bilancio dei morti degli incidenti iniziati lo scorso mercoledì a Turpan, cittadina nella regio-

ne nordoccidentale e a maggioranza musulmana dello Xinjiang, tra manifestanti uiguri e forze di polizia. Come riporta il quotidiano

cinese Global Times, secondo le autorità di Pechino tra i morti ci sarebbero almeno 11 terroristi islamici. Pechino vede nella mino-

ranza uiguri – un popolo di etnia turcofona e di religione musulmana – una pericolosa minaccia alla propria stabilità in quanto ac-

cusata di mantenere legami con i gruppi fondamentalisti dell’Asia Centrale, in particolare con quelli dell’ETIM (East Turkestan

Islamic Movement). Da parte sua, la minoranza uigura rivendica una maggiore autonomia per la propria lingua e cultura, anche in

riposta alla forte politica di radicamento della comunità han – per intenderci quella della Cinesi di Pechino e Shanghai – nei territo-

ri autonomi. Già lo scorso 24 aprile a Selibuya, nella provincia di Maralbexi, vicino la città di Kashgar vi furono incidenti e scontri

tra manifestanti uiguri e forze speciali di Pechino nei quali morirono 21 persone. Ancor prima, nel luglio 2009, a Urumqi, capitale

della regione autonoma, vi fu una durissima repressione da parte della polizia nella quale persero la vita oltre duecento persone.

COREA DEL NORD, 13 giugno – Nonostante l’accordo raggiunto il 10 giugno circa la loro riapertura, sono falliti nuovamente i nego-

ziati tra le due Coree: sebbene il Ministero dell’Unificazione sudcoreano non abbia fornito ulteriori spiegazioni né abbia indicato

possibili date di slittamento, pare che i colloqui - i primi del genere in 6 anni - siano saltati a causa della mancanza d’intesa sui

nomi da far sedere intorno al tavolo delle trattative: Seoul avrebbe infatti scelto come proprio delegato il viceministro

dell’Unificazione, Kim Nam-Shik, considerato da Pyongyang non idoneo a condurre le trattative. Restano inoltre aperte le diver-

genze sui punti in agenda, tra cui spicca evidentemente la riapertura del distretto industriale di Kaesong, di pressoché vitale im-

portanza per il Paese di Kim Jong-un. Quest’ultimo ha successivamente chiesto agli Stati Uniti l’apertura di “negoziati di alto livel-

lo” sul programma nucleare di fronte ai quali Washington stessa si è dimostrata disponibile pur senza grande entusiasmo. Caitlin

Hayden, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della presidenza degli USA, ha infatti spiegato che l’Amministrazione

Obama è pronta al dialogo (purché Pyongyang si attenga alle risoluzioni dell’ONU) e, soprattutto, a cercare di coinvolgere su que-

sto punto Giappone e Cina; tuttavia peserebbe l’atteggiamento dell’alleato sudcoreano che starebbe facendo pressione sugli Stati

Uniti affinché non avvii le trattative.

MAGHREB, 26 giugno – Algeria, Tunisia e Libia hanno firmato un protocollo di intesa che impegna i tre governi a presidiare e met-

tere in sicurezza le rispettive frontiere dall’entrata e/o dalla proliferazione di gruppi armati più o meno legati al jihadismo interna-

zionale e al network di AQIM (Al Qaeda in the Islamic Maghreb). Negli ultimi mesi i confini dei Paesi in questione sono spesso

stati teatro di sconfinamenti di diversi gruppi diretti tanto verso l’entroterra africano (Mali e Niger), tanto verso il Sinai e la Siria.

Come affermato dal Ministro degli Esteri algerino Mourad Medelci, l’“accordo rappresenta un’assoluta priorità” anche per favorire

un’attrazione degli investimenti diretti esteri. Infatti, senza la necessaria sicurezza del territorio e soprattutto dopo l’attentato dello

scorso 17 gennaio all’impianto gasifero di In Amenas, le grandi compagnie estere non sarebbero interessate a portare IDE nei

Paesi in questione per paura di possibili azioni violente contro i loro interessi. Anche in tale ottica, da diverse settimane, il confine

tra Algeria e Tunisia è stato teatro di numerose operazioni coordinate dai due governi, che hanno visto coinvolti esercito,

intelligence e reparti speciali con l’intento di sgominare le cellule islamiste attive la frontiera comune. Questo accordo tripartito

segue e rafforza quello precedentemente stipulato a gennaio a Tripoli per garantire la sicurezza lungo i confini tra i tre Stati e per

sradicare il contrabbando di armi e droga.

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A N A L I S I E C O M M E N T I

LE ELEZIONI IRANIANE AL RUSH FINALE: INTERVISTA A FARIAN SABAHI

di Redazione – 11 giugno 2013

A pochi giorni dalle attese elezioni presidenziali del 14 giugno, la campagna elettorale iraniana – che si

inscrive, come le recenti elezioni parlamentari, in un contesto politico nazionale polarizzato fra le

due principali forze di regime, quella facente capo alla Guida della Rivoluzione Ali Khamenei e quella

sostenitrice del Presidente Mahmoud Ahmadinejad – vede ancora colpi di scena. E’ delle ultime ore,

infatti, la notizia del ritiro dalla competizione di uno dei cinque candidati conservatori, Gholam Ali

Haddad Adel, ex Presidente del Parlamento (Majlis) dal 2005 al 2008, primo consigliere nonché consuocero di Alì Khamenei. Pur

non indicando un proprio favorito, Adel ha comunque commentato la propria decisione invitando “il caro popolo iraniano a seguire

strettamente i criteri dettati dalla Guida Suprema”, parole che chiarirebbero quindi l’appoggio a Saeed Jalili, uomo di fiducia di

Khamenei, dal 2007 Segretario del Supremo Consiglio di Sicurezza Nazionale (SNC) e maggior accreditato a vincere. [continua

a leggere sul sito]

MALI, 18 giugno – Dopo oltre un anno di guerra civile, a cui è seguito l’intervento armato francese, e due settimane di negoziati a

Ouagadougou (Burkina Faso), il governo maliano e i ribelli separatisti tuareg del Mouvement national de libération de l’Azawad

(MNLA) e dell’Haut conseil pour l’unité de l’Azawad (HCA), che controllavano gran parte dei territori settentrionali dell’Azawad,

hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco e per l’organizzazione delle elezioni presidenziali il prossimo 28 luglio. L’intesa

riconosce pienamente l’integrità territoriale e la sovranità del Mali ed apre la strada al ritorno progressivo e pacifico dell’esercito

maliano nei territori in questione, ristabilendo l’amministrazione dello Stato centrale nella regione di Kidal occupata dal MNLA

dopo la sconfitta degli islamisti filo-Al Qaeda. Rientro delle forze di Bamako e disarmo dei gruppi armati (i cui dettagli tecnici ver-

ranno definiti all’interno di un quadro di colloqui di pace inclusivi di tutte le comunità etniche del nord del Mali) verranno monitorati

da una Commissione Tecnica mista, composta da 4 rappresentanti delle forze maliane e 4 esponenti dei gruppi tuareg, un rap-

presentate della missione ONU “Mission multidimensionnelle intégrée des Nations Unies pour la stabilisation au Ma-

li” (MINUSMA) che dal 1 luglio assorbirà la precedente MISMA (Missione internazionale di sostegno a Mali) a guida africana, un

delegato delle Forze dell’Operazione Serval, un rappresentate del mediatore Blaise Compaoré e un rappresentate dell’Unione

Africana. Se da un lato i tuareg sembrano così rinunciare a qualsiasi rivendicazione indipendentista, dall’altro il governo di Bama-

ko ne ha di fatto legittimato l’esistenza, ponendo le basi per il loro coinvolgimento politico ed economico nel futuro del Paese.

QATAR, 24 giugno – L’Emiro del Qatar Hamad bin Khalifa al-Thani ha abdicato a sorpresa in favore del giovane figlio Tamim bin

Hamad al-Thani, principe ereditario nonché proprietario della squadra di calcio francese, il Paris Saint-Germain. Come riferito

dalla tv satellitare qatarina al-Jazeera, la decisione, annunciata nel corso di una riunione ristretta tra i vertici dello Stato, sarebbe

stata presa per “lasciare spazio a una generazione giovane” senza tuttavia specificare quando dovrebbe avvenire la successione

al trono di Doha. L’abdicazione ha portato con sè tutta una serie di decisioni: in primo luogo, ha posto le basi per un rimpasto di

governo, con Abdallah bin Nasser bin Khalifa al-Thani, personalità vicina a Tamim, e Khalid bin Muhammad al-Attiyah divenuti

rispettivamente Premier e titolare degli Esteri al posto di Hamad bin Jassem bin Jaber al-Thani, cugino del sovrano che ricopriva

entrambe le cariche dal 2007 e che avrebbe conservato la titolarità del ricco fondo sovrano nazionale QIA (Qatar Investment Au-

thority). Il neo Premier ha assunto anche il dicastero degli Interni, mentre Ahmed bin Jassim al-Thani, ex direttore generale di al-

Jazeera, è andato al Ministero dell’Economia e del Commercio, e Mohammed bin Saleh al-Sada è il nuovo Ministro dell’Economia

e dell’Industria. In secondo luogo, la decisione ha fatto slittare, a data imprecisata, le prime elezioni parlamentari che si sarebbero

dovute tenere nel prossimo ottobre. Nel suo ultimo discorso alla nazione, il sovrano ha assicurato che egli “continuerà a svolgere

un ruolo influente da dietro le quinte e che vigilerà sugli investimenti all'estero del Qatar”. L’Emiro Hamad al-Thani era giunto al

potere attraverso un golpe pacifico nel 1995, quando aveva preso il posto del padre Khalifa, primo sovrano del piccolo ma ricco

stato del Golfo.

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IL NEO-ELETTO ROWHANI TRA SPERANZA E PRUDENZA

di Alberto Gasparetto – 18 giugno 2013

Hassan Rowhani è il nuovo Presidente della Repubblica Islamica d’Iran. Alla fine il chierico, mem-

bro dell’Assemblea degli Esperti, che all’inizio della settimana ha beneficiato del ritiro del moderato

Mohammed Reza-Aref ottenendo l’endorsement da parte di Rafsanjani e di Khatami, ha vinto la con-

correnza dei candidati conservatori graditi a Khamenei. Non è stato, pertanto, necessario, disputa-

re un secondo turno, come invece i sondaggi degli ultimi giorni avevano largamente pronosticato. Ro-

whani ha ottenuto il 50,71% dei voti, mentre l’affluenza si è assestata al 72,7%. Nell’elezione di Rowhani, molti analisti vedono

aprirsi l’opportunità per l’Occidente di arrivare ad un compromesso sulla spinosa questione nucleare che da diversi anni condi-

ziona le relazioni con l’Iran ed è il principale motivo della politica delle sanzioni economiche. Il neo-eletto Presidente è già noto

alla comunità internazionale per aver condotto i negoziati sul nucleare tra il 2003 ed il 2005, giungendo addirittura ad un accor-

do che prevedeva la sospensione del programma per consentire le ispezioni da parte dell’AIEA. Le speranze che la sua elezione

infonde sono date dalle stesse posizioni da lui espresse in merito al possibile engagement con l’Occidente proprio sulla questione

nucleare. [continua a leggere sul sito]

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LA VIVACE DEMOCRAZIA TURCA

di Alberto Gasparetto – 13 giugno 2013

Da ormai due settimane, le piazze delle principali città turche sono in fermento. All’origine delle

proteste vi erano ragioni ambientaliste legate al progetto governativo di demolizione di Gezi Park, una

zona verde presente in Piazza Taksim, simbolo della contestazione e cuore pulsante della multicultura-

le Istanbul. Al suo posto, il Governo a guida AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo) ha previsto la

ricostruzione della caserma militare demolita nel 1940 e la possibilità di edificare un centro commerciale. Ben presto, però, la vi-

cenda ha finito per assumere tonalità diverse e si è allargata. Per la prima volta dopo undici anni di dominio politico, la legittimità

dell’AKP e del suo fondatore Erdoğan vengono messe in discussione. Ad agitare gli animi di migliaia di giovani, uomini e

donne appartenenti a strati variegati della società turca e non necessariamente sensibili ai richiami delle posizioni ambientaliste,

sono alcuni provvedimenti posti in essere da un Governo e da un Primo Ministro, Recep Tayyip Erdoğan, percepiti come sempre

più distanti, se mai fossero stati vicini, dalle loro aspirazioni. Il Governo è accusato di voler implementare un’agenda islamica che

ha quale scopo ultimo l’islamizzazione del Paese. [continua a leggere sul sito]

RIARMO NAVALE IN ESTREMO ORIENTE: UN’ANALISI QUALITATIVA

di Simone Vettore – 19 giugno 2013

Allorquando ci si approccia al processo di riarmo navale che da oltre due decenni – fatta salva una bre-

ve pausa imposta sul finire del Millennio dalla grave crisi economica nella quale sprofondarono le “Tigri

Asiatiche” – sta caratterizzando la spesa militare della maggior parte degli Stati dell’Estremo O-

riente, è oramai un luogo comune fare un paragone con la ben più famosa corsa agli armamenti che

vide come protagoniste le marine militari occidentali dal finire del XIX secolo fino allo scoppio della I

Guerra Mondiale. In realtà effettuare un confronto con il piano predisposto oltre un secolo fa

dall’ammiraglio Alfred von Tirpitz per la realizzazione di una Hochseeflotte, seppur affascinante e per certi versi pure calzante, è

operazione assai pericolosa dal momento che ciò implica ricorrere ad una chiave di lettura che è, per certi versi, “datata” e che va

dunque usata con estrema cautela. Emblematico lo stesso tipo di approccio teorico con il quale si tratta l’argomento: si è infatti

soliti affermare, quasi si trattasse di un assioma infallibile, che l’obiettivo cui devono tendere le marine militari di quegli Stati che

hanno ambizioni di potenza globale, o anche solo regionale, sia l’esercizio del potere marittimo (sea power) e che quest’ultimo,

a sua volta, sia ottenibile a patto di possedere una flotta d’altura capace di proiezioni oceaniche. [continua a leggere sul sito]

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RAMA VS BERISHA: L’ALBANIA AL VOTO CULLANDO IL SOGNO EUROPEO

di Salvatore Denaro – 25 giugno 2013

La vittoria del socialista Edi Rama sullo storico leader albanese conservatore Sali Berisha che da

otto anni guidava l’Albania con la sua coalizione, arriva dopo una durissima campagna elettorale ed

un election day segnato anche da episodi di violenza: in una sparatoria avvenuta nei pressi del

seggio elettorale di Laç, a 70 km da Tirana, è rimasto ucciso un sostenitore della coalizione di Rama,

mentre sono rimasti feriti un candidato del Partito Democratico e un cugino dello stesso Berisha. La

sfida tra il Partito Socialista di Rama – già sindaco della Capitale dal 2000 al 2011 – e il Partito Demo-

cratico del Premier uscente, mai come questa volta, ha attirato l’attenzione di numerosi osservatori internazionali, in pri-

mis dell’Unione Europea, interessata a capire se la giovane democrazia albanese abbia raggiunto quel livello di maturità

che fino ad oggi, a causa di una classe dirigente inadeguata, non ha dimostrato di avere. Eppure il giorno delle elezioni il Ministro

dell’Interno in carica Flamur Noka, ha pensato bene di fotografare il momento in cui votava per la propria lista: il fatto che un per-

sonaggio dal ruolo istituzionale così importante si renda protagonista di una palese violazione della legge è difatti apparso a molti

un segnale evidente del discutibile livello di responsabilità di molti politici albanesi. [continua a leggere sul sito]

L E V I G N E T T E D I B L O G L O B A L

DONNE IN AFGHANISTAN: LA DIFFICILE STRADA PER L’AUTODETERMINAZIONE

di Vincenza Lofino – 27 giugno 2013

Lo scorso 18 maggio il Parlamento afghano ha sospeso il dibattito parlamentare sulla questione

della violenza sulle donne interrompendo così l’iter di approvazione della legge voluta nel 2009

dall’attuale Presidente della Repubblica, Hamid Karzai: giudicata dai conservatori “contraria alla sha-

ria”, si interrompono così i faticosi progressi compiuti in tema di diritti di genere in un Paese anco-

ra sotto la pressione dei talebani con i quali, peraltro, il governo sta tentando in questi giorni di intavola-

re una delicata partita negoziale. “Oggi hanno fatto sentire la loro voce forte e chiara i parlamentari che

si oppongono ai progressi, ai diritti e ai successi delle donne” ha detto Fawzia Koofi, Presidente della Commissione parlamentare

per le donne e aspirante candidata alle elezioni presidenziali del 2014, che più si è battuta contro i membri più conservatori

dell’assemblea per l’approvazione definitiva del decreto in questione che, anche se largamente disatteso, è entrato in vigore quat-

tro anni fa sotto l’impulso della comunità internazionale e – in particolare – degli Stati Uniti. Il dibattito scatenato tra i conservatori

e i deputati più laici dell’Assemblea avrebbe portato al rinvio del provvedimento, senza fissare una data futura [continua a legge-

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di Luigi Porceddu

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BloGlobal Weekly N° 20 è a cura di: Maria Serra, Giuseppe Dentice, Davide Borsani.