dello stesso autore: il bizzarro museo degli orrori fileaddormentarsi l a mia ragazza ha iniziato ad...

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Titolo originale: Anthropology © 2005 Dan Rhodes Published by arrangement with Canongate Books Ltd, 14 High Street, Edinburgh EH1 1TE Traduzione dall’inglese di Daria Restani Prima edizione: novembre 2011 © 2011 Newton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 ISBN 978-88-541-3329-7 www.newtoncompton.com Realizzazione a cura di Librofficina, Roma Stampato nel novembre 2011 da Puntoweb s.r.l., Ariccia (Roma) su carta prodotta con cellulose senza cloro gas provenienti da foreste controllate e certificate, nel rispetto delle normative ecologiche vigenti Dello stesso autore: Il bizzarro museo degli orrori

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Titolo originale: Anthropology© 2005 Dan Rhodes

Published by arrangement with Canongate Books Ltd,14 High Street, Edinburgh EH1 1TE

Traduzione dall’inglese di Daria RestaniPrima edizione: novembre 2011

© 2011 Newton Compton editori s.r.l.Roma, Casella postale 6214

ISBN 978-88-541-3329-7

www.newtoncompton.com

Realizzazione a cura di Librofficina, RomaStampato nel novembre 2011 da Puntoweb s.r.l., Ariccia (Roma)

su carta prodotta con cellulose senza cloro gas provenienti da forestecontrollate e certificate, nel rispetto delle normative ecologiche vigenti

Dello stesso autore:Il bizzarro museo degli orrori

Newton Compton editori

Dan Rhodes

Amore amore

Addormentarsi

La mia ragazza ha iniziato ad addormentarsimentre facciamo sesso. Sconcertato, le ho chiesto sedovevo farlo in modo diverso o qualcosa del genere.Lei mi ha detto che era tutto a posto e non mi do-vevo preoccupare, però quella storia andava avanti.Un giorno l’ho svegliata scuotendola, implorandoladi dirmi che cosa voleva che facessi. «Oh, meglio chetu non lo sappia», ha risposto ridendo. Le ho dettoche era la cosa che volevo di più al mondo; che quasinon mi veniva in mente nient’altro. Ha distolto losguardo. «No, dico sul serio», ha detto piano, quasitra sé e sé. «Meglio che tu non lo sappia».

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Amici

May Pang ci teneva molto che restassimoamici dopo esserci lasciati, e io ho accettato. Vienespesso a prendere un caffè a casa mia, di solito conil suo nuovo marito al seguito. Quando mi ha la-sciato le ho detto che era tutto a posto e che le au-guravo ogni bene, perciò è convinta che non stiamale vedendola con lui. Ciò nonostante, quandosiamo tutti e tre nella stessa stanza si premuranosempre di sedersi lontani. Ma appena vado in cucinaa preparare il caffè e scegliere i biscotti, a volte micapita di udire un lieve risucchio di baci e dei «tiamo» bisbigliati.

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Andarsene

Badr-al-Budur mi disse che se ne andava.L’idea che uno di noi due potesse rinunciare a unamore perfetto come il nostro era così divertente chescoppiai a ridere. «Questa è buona», dissi tenen-domi la pancia. «Ci avevo quasi creduto, Badr-al-Budur».«No», rispose. «Dico sul serio. Me ne vado dav-

vero. Mi dispiace». Afferrò il suo borsone e corsefuori di casa.«Non andare», le urlai dietro, ancora piegato in

due, aspettandomi di vederla tornare di corsa, colsuo sorriso da folletto birichino, pronta ad asciu-garmi gli occhi che si erano riempiti di lacrime peril gran ridere.

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Antropologia

Amavo un’antropologa. Andò in Mongolia astudiare i gay. Dapprima si tenne a distanza dalla lorocultura, ma poi decise che quella sua ricerca avrebbetratto beneficio dall’assimilazione. Fece di tutto perdiventare il più possibile uguale a loro, e alla fine fuaccettata. Dopo un po’ mise fine alla nostra storia conuna lettera. Mi si spezza il cuore se penso a lei mentreporta a pascolare quegli yak sulle gelide alture, la vi-siera del cappello a proteggerle gli occhi dal ventosferzante, il polso che dondola mollemente, e nien-t’altro che un baffo a manubrio a scaldarle il labbrosuperiore.

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Aperta

Melody mi ha proposto di iniziare a viverecome una coppia aperta. Terrorizzato all’idea di per-derla, ho accolto la proposta con entusiasmo. Ulti-mamente trascorro quasi tutte le notti da solo suldivano, mentre lei usa il nostro letto per intrattenerei suoi nuovi ragazzi e ragazze con indumenti in latex,bondage, coprofagia ed esibizionismo estremo. Ognitanto mi chiede che effetto mi fa questo nuovo ap-proccio alla vita e all’amore, e io le rispondo che mipiace tantissimo. Non oso dirle che a volte, mentredalla mia camera da letto mi giungono i gemiti rochidi una cosa a tre, mi ritrovo a sperare che le cose tor-nino come ai vecchi tempi, almeno un pochino.

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Baciarsi

Dall’istante in cui ci siamo conosciuti, io emia moglie non abbiamo mai smesso di baciarci. Iosono cattolico e lei musulmana, perciò abbiamo avutoqualche difficoltà. Durante le delicate negoziazionicon le rispettive famiglie, le nostre labbra non si sonoseparate nemmeno per un secondo. Alla fine, hannoaccettato il nostro amore, così ci siamo sposati. Ab-biamo percorso la navata un passo dopo l’altro, le lin-gue intrecciate. Ora, dopo sei anni di matrimonio,siamo ancora fusi insieme. Abbiamo dato alla luce ilnostro primo figlio senza mai smettere di baciarcinelle fasi del concepimento, della gravidanza e delparto. Le nostre labbra sono quattro croste macerate,e abbiamo il mento che è sempre coperto di sangue,ma non smetteremo mai. Siamo davvero troppo in-namorati.

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Bacio

Orchidea vuole a tutti i costi che il suo primobacio sia perfetto. L’ho portata a Parigi in primavera.Mentre guardavamo rapiti la Torre Eiffel al di là dellaSenna, mi sono avvicinato a lei. Mi ha respinto. «Nonè abbastanza romantico. Mi dispiace». L’ho portatasu una spiaggia deserta delle Bahamas orlata dipalme, e ha reagito nello stesso modo. Ho rispar-miato e risparmiato finché finalmente ci siamo ritro-vati al tramonto di fronte al Taj Mahal. «C’è puzza»,ha detto. «Puzza e mendicanti dappertutto». Anch’ioero deluso. Quell’edificio apparentemente magnificoimpallidiva al cospetto di quelle labbra vergini e vel-lutate.

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Battaglia

Azure perse la sua battaglia contro la malattia,e io tenni un discorso in occasione della cerimoniacommemorativa in suo onore. «So che era specialeper tutti voi», dissi con voce rotta, «ma per me lo eraparticolarmente, perché ero il suo ragazzo».Un bell’uomo dalla mascella forte si alzò in piedi egridò: «No, non è vero. Ero io il suo ragazzo». Poifece altrettanto un tizio alto e dalla carnagione scura.Poco dopo eravamo in otto che ci prendevamo apugni come pazzi, mentre le lacrime ci solcavano leguance. Nessun altro s’intromise né parve sorpreso.Si limitarono tutti a scuotere la testa e a distoglierelo sguardo.

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Bebè

La gravidanza della mia ragazza è durata piùdi due anni. «Forse il dottore ha ragione», ho detto.«Forse non sta per arrivare nessun bambino». Ma leinon mi dava retta. Imperterrita, continuava a com-prare pannolini, massaggiagengive, cuffiette e guan-tini di lana oltre a varie cosine per la cameretta. Unpomeriggio sono tornato a casa e l’ho trovata che cul-lava un fagottino tra le braccia. «Guarda», ha detto. «È arrivato. È un maschietto,

e ha i tuoi occhi».«Ottimo», ho detto. «Congratulazioni». «E congratulazioni anche a te. Dopotutto, non ca-

pita tutti i giorni di diventare padre».«Immagino di no. Ma in realtà il lavoro più grosso

l’hai fatto tu».

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Bellezza

La mia ragazza è talmente bella che non hamai avuto bisogno di sviluppare una sua personalità.La gente è sempre contentissima di vederla, anchese in pratica non fa che stare lì a girarsi i pollici e fu-mare. Sta diventando perfino più carina. L’ultimavolta che è uscita di casa ha provocato sei incidentistradali, due infarti, una trentina di liti coniugali euna media di seicento indesiderate e imbarazzantierezioni. Ma a lei non sembra importare un granchédello scompiglio che scatena. «Vado a comprare lesigarette», dice, sbadigliando con quella bocca lu-cida e succulenta. «Mi sa che ti conviene chiamarequalche ambulanza o roba del genere».

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Bendaggio

Ho trovato la mia ragazza intenta a frantu-mare con una pietra le dita dei piedi del nostro bam-bino di due anni. Le ho detto di smetterla. «Ma chestai facendo?», ho gridato, sovrastando le urla di do-lore del piccolo.«Tu non puoi capire», mi ha risposto, legando

stretta stretta una benda intorno a quei ditini mar-toriati. «È una cosa da donne. La aiuterà a trovareun fidanzato».«Ma, tesoro, non ti ricordi che cosa ci ha detto il

dottore? Il nostro bimbo è un maschietto».«Ah, sì?». Sembrava sorpresa. «Be’, non fa niente.

I piedi piccoli donano anche agli uomini. E comun-que, mi sa che è gay. Ha già quell’aria un po’ così.Non trovi?». In effetti, non ho potuto darle torto.

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Benissimo

La mia ragazza mi lasciò. Cercai di voltare pa-gina e andare avanti, ma non mi fu assolutamentepossibile. Dopo otto anni di notti insonni e madidedi lacrime andai nella città dove si era trasferita, spe-rando di incontrarla. Quando finalmente la vidi ap-parire, le corsi incontro e le dissi ciao. Lei mi guardòcon aria interrogativa. «Non ti ricordi di me, vero?»,dissi.«No». Rispose scuotendo la testa. «Mi dispiace».«Ma siamo usciti insieme», dissi, come se non fosse

poi così importante. «Ti ho baciato sulla bocca».«No, non mi ricordo proprio. Ma fa lo stesso.

Come stai?», mi chiese. Le risposi che stavo benis-simo.

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Bere

Ho chiesto alla mia ragazza se ha ricomin-ciato a bere. Ha detto di no. Ho frugato nel suo ap-partamento e ho trovato sei bottiglie di Sidro Biancoda tre litri vuote. Quando ci siamo visti per pranzogliele ho fatte vedere. «Queste cosa sono?»«Non lo so». «Devi saperlo. Erano a casa tua». Ha avuto un attimo di esitazione. «Non le ho be-

vute».«E allora chi è stato?»«Nessuno. Le ho usate per struccarmi».«Tutti e diciotto i litri?»«Sì». Aveva il rossetto, e le ciglia di quegli occhi in-

nocenti erano coperte di mascara. Le ho detto chenon ne aveva bisogno: era già abbastanza carina così.

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Bollettini

La mia ragazza è così adorabile che non possofare a meno di provare dispiacere per tutti i suoi exfidanzati. Sono sicuro che passano tutto il tempo apensare a lei, a chiedersi cosa starà combinando. Per-ciò ogni mese mando loro un bollettino dettagliatodi tutte le cose carine che ha detto e fatto. A voltemagari allego un paio di collant che ha buttato via oil mozzicone di una matita per gli occhi. Mi sento indovere di fare tutto il possibile per loro, per alleviareil dispiacere di aver perso una ragazza dai capelli ca-stani così morbidi e i piedini così piccoli che quasinon li vedi.

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Brividi

La mia ragazza mi ama così tanto che quasinon riesco a sopportarlo. Non fa che dirmi quantosiano virili le mie mani, quanto trovi seducente lamia fronte e che il suono della mia voce le fa venirei brividi dappertutto. Una volta ho provato a cam-biare argomento. «Potremmo parlare di qualcos’al-tro, tanto per cambiare?», le ho chiesto.«Certo che no», mi ha risposto. «Come pensi che

possa concentrarmi su qualcos’altro se sei qui davantia me con quei denti così bianchi?». Ho chiuso gliocchi e scosso la testa. «Oh, fallo ancora, ti prego»,ha urlato. «Sei così bello quando fai così».

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Canguro

Ogni giorno trovo un nuovo modo per dire aTadhana quanto la amo. Avevo il timore che non micredesse, perciò una sera, quando è tornata a casadal lavoro, mi sono fatto trovare collegato ai cavi diuna macchina della verità. Ho semplicemente dettocon la massima sincerità quanto lei mi stesse a cuore,e quanto fossi soddisfatto di come stava procedendola nostra relazione. Le mie dichiarazioni furono con-fermate da una serie di bip. Oggi le ho regalato unadorabile canguro a grandezza naturale. Schiaccian-dolo si attiva una registrazione della mia voce che,piagnucolando, ripete: «Ti prego, non lasciarmi mai.Ti prego, rimani».

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Ceneri

La mia ragazza è morta.Non eravamo insiemeda molto e di fatto mi era indifferente. Ha lasciato ame le sue ceneri. «Che cosa dovrei farne?», ho chie-sto alla sua famiglia.«Lei voleva che fossi tu a decidere». A me non im-

portava assolutamente niente. «Eravate così innamo-rati voi due, ci teniamo che sia tu a scegliere il luogodove potrà riposare in pace». Erano in preda a un’in-credibile commozione, e la pressione era insosteni-bile. Mi sono ritrovato su un elicottero, a spargerlasul prato dove da piccolina correva con il suo pony.I parenti stavano a guardare, pronunciando tra le la-crime i loro addii, mentre quei granelli grigi fiocca-vano a terra.

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Chimica

Non riuscendo ad accettare l’idea che Cele-stia non fosse altro che un ammasso confuso di ele-menti chimici, combinati dal caso in un universofuori controllo, ho iniziato a credere. Per rendere gra-zie di quel bel visino e di quei modi adorabili, ho co-minciato ad alzarmi presto e a portarla di casa in casacon un cartello attaccato al collo su cui c’è scritto:“Sono soltanto una combinazione chimica?”. «Guar-datela», dico a quelle persone dagli occhi assonnati,«e ditemi che cosa ne pensate».A volte ci cacciano via, ma per lo più si limitano a

borbottare: «Sì, a me sembra proprio una combina-zione chimica», e poi ci sbattono la porta in faccia.

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Cieco

La mia ragazza ha approfittato del fatto chesto diventando cieco per iniziare a vestirsi in modosciatto. Ai tempi in cui ancora riuscivo a vederla, erasempre impeccabile e indossava gli ultimi modellidelle migliori griffe. Ora i tacchi alti hanno cedutoil posto alle scarpe da ginnastica, le calze di seta e legonne corte ai jeans, le camicette raffinate e i giac-chini fascianti a felpone informi. Non ho ancoradetto niente, ma ormai siamo quasi arrivati al puntoche mi vergogno di farmi vedere in giro con lei, men-tre mi tiene dolcemente la mano per farmi strada, as-sicurandosi che non inciampi o non vada a sbatterecontro qualcosa.

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Club

Lulula cominciò a uscire con le ragazze deimiei amici, e formarono quello che chiamavano “Ilclub delle fidanzate”. Si incontravano regolarmentee si divertivano. Noi eravamo molto felici che se laspassassero così tanto, ma eravamo curiosi di saperecome trascorrevano il tempo insieme. Loro non celo dicevano. Poi un giorno una delle ragazze con-fessò nel sonno che quelle serate le passavano a ri-dacchiare e a guardare foto di uomini belli e benvestiti. Con il cuore infranto, le implorammo di scio-gliere il club. Non lo hanno fatto. Adesso ogni voltache loro si incontrano ci incontriamo anche noi, perammirare in silenzio e con gli occhi colmi di lacrimele foto dei loro graziosi visini.

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Coltello

Ho regalato a Lola un coltello da usare in cu-cina. Lei, invece, si è fatta recapitare un blocco diquercia e ha iniziato a intagliarlo. Per giorni nonsono riuscito a capire che cosa sarebbe diventato, elei non voleva dirmelo. Era talmente concentrata chequasi non parlava più. L’opera prese forma. Si trat-tava di un uomo: più alto, più bello e decisamentepiù dotato di me. Lei dice che mi ama ancora e chesa che lui non è reale, ma a volte, mentre le sue un-ghie lunghe mi graffiano la schiena e i suoi dentibianchi mi mordicchiano dappertutto, giuro che lasento sussurrare: «Tronchetto mio».

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Cose così

Tesoro mi ha lasciato. «Mi dispiace tanto», hadetto. «Capisco quanto tu possa stare male». Convoce rotta le ho risposto che non poteva farsenenemmeno un’idea. Lei insisteva nel dire che invececapiva. «Sai che non troverai mai più una ragazza ca-rina o simpatica come me», mi ha spiegato, «e ognituo istante sarà offuscato dal lancinante ricordo deimomenti passati insieme, quando ancora credevi cheper noi ci fosse un futuro. Credimi, capisco», hadetto con dolcezza. «Una parte di te è morta, quellaparte capace di amare, di fidarsi, e sai che non la ria-vrai mai più. Insomma, cose così».

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Disegnare

A Paris hanno rubato la bicicletta e da quelgiorno non è più stata la stessa. Cerco di andare atrovarla ogni mese. Di solito la trovo intenta a dise-gnare. Traccia con le matite colorate confuse lineespezzate che non riconosco. «È bellissimo, Paris», ledico. «Cos’è?»«Una bicicletta». Il suo bel viso si illumina, e allora

mi ricordo perché mi sono innamorato di lei. Poiguarda da un’altra parte. «Una volta ne avevo una».Inizia a dondolare lentamente avanti e indietro men-tre le lacrime le scivolano lungo le guance. La baciosulla fronte e torno dal mio nuovo amore, che è alcorrente della situazione e capisce.

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Dispersa

La mia ragazza finì dispersa nello spazio, e ionon sapevo più dove sbattere la testa. Alla fine la suanavicella spaziale venne localizzata e riportata sullaTerra. Ero pazzo di gioia. Aveva un sacco di storie daraccontare: sulla paura che aveva avuto quando il suocircuito aveva smesso di rispondere, e sulle sensazioniincredibili che aveva provato in orbita. Era bellissimoascoltarla, ma ormai è tornata a casa già da un po’, evorrei che cambiasse argomento. Questa mattina miha detto di nuovo che la Terra era grossa più o menocome una pallina da tennis, e che la Luna sembravapiù grande e più splendente che mai.

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