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Dieci anni di Scudo Blu (1996-2006): nascita, potenzialità, limiti e criticità della “Croce Rossadei Beni culturali Massimo Carcione* Abstract Ten years ago, thanks to the joint action of UNESCO and our principle organisations of professionals o culture, a NGO was created: i ’s aim was to promote, fo ter and – if possib e – to apply in a concrete way, together with Governments, the Hague 1954 Convention, signed half a century ago to protect at an international level cultural property in the event of armed conflicts. f f t s l s r s. rt r t : r , t s t Due to the UNESCO’s objective difficulties and problems in the e particular kinds of situations, for a long time it has been known that it was necessary to trust this responsibility to an operational organisation, present on the field, independent, p estigious as the International Red Cro s Fo his eason, the foundation of ICBS and its first steps were greeted in a very favourable way by the majority of people involved in this field. However, the analysis shows some big problems and many difficulties which made the Blue Shield - at an in- terna ional level as in Italy – ambitious but not an adequate project a disorganised o ganisation (or better, no-organisation) which is still far from being opera ive, and more importantly it is not fully recognised and substained even by the same in titutions hat created it. 1. Introduzione storica Sono trascorsi già dieci anni da quando l’affollato universo delle organizzazioni in- ternazionali, e quel suo particolare ambito che è dedicato alla cura e promozione della cultura e del patrimonio dell’Umanità, si sono arricchiti di un nuovo soggetto: cosa che ad una sommaria quanto superficiale analisi poteva forse apparire superflua, o quasi. Prima di entrare in medias res mi sia consentito un rapidissimo cenno al ruolo asse- gnato dalla dottrina - nell’evoluzione recente del pensiero giuridico 1 - e svolto in concreto a partire dal XIX secolo dalle diverse organizzazioni, internazionali e non, nel promuovere e conseguire l’effettiva e concreta protezione dei beni culturali in guerra, al di là della generica enunciazione di principi e norme di immunità e tutela. Da una pur sommaria analisi emerge subito chiaramente come vi sia stata fino ai giorni nostri una considerazione assai limitata - e quindi una ancor meno incisiva promozione – del possibile ruolo attivo di questi soggetti, fossero essi intergovernativi o non governativi, soprattutto se raffrontata all’impegno profuso in altri settori da Istituzioni di importanza e prestigio internazionali: il paragone non può che essere fatto con l’opera e il ruolo svolto in campo umanitario – essendo stato istituziona- lizzato sin dalle prime convenzioni internazionali, dunque a partire dal lontano 22 agosto 1864 – dalla Croce Rossa Internazionale, che ebbe in Henry Dunant e negli altri precursori e fondatori figure di universale notorietà e prestigio, la cui opera è * Componente del Comitato Scientifico Internazionale per le questioni legali, amministrative e finanziarie dell’ICOMOS e docente presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”. 1 Per una disamina completa dell’evoluzione storica si rimanda al noto e fondamentale saggio di Pietro Verri in IIHL 1986, 41; v. anche Verri 1985 e Nahlik 1974.

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owever, the analysis shows some big problems and many difficulties which made the Blue Shield - at an in-rna ional level as in Italy – ambitious but not an adequate project a disorganised o ganisation (or better, -organisation) which is still far from being opera ive, and more importantly it is not fully recognised and bstained even by the same in titutions hat created it.

. Introduzione storica

ono trascorsi già dieci anni da quando l’affollato universo delle organizzazioni in-rnazionali, e quel suo particolare ambito che è dedicato alla cura e promozione ella cultura e del patrimonio dell’Umanità, si sono arricchiti di un nuovo soggetto: sa che ad una sommaria quanto superficiale analisi poteva forse apparire superflua,

quasi. rima di entrare in medias res mi sia consentito un rapidissimo cenno al ruolo asse-nato dalla dottrina - nell’evoluzione recente del pensiero giuridico1 - e svolto in ncreto a partire dal XIX secolo dalle diverse organizzazioni, internazionali e non,

el promuovere e conseguire l’effettiva e concreta protezione dei beni culturali in uerra, al di là della generica enunciazione di principi e norme di immunità e tutela. a una pur sommaria analisi emerge subito chiaramente come vi sia stata fino ai iorni nostri una considerazione assai limitata - e quindi una ancor meno incisiva romozione – del possibile ruolo attivo di questi soggetti, fossero essi intergovernativi non governativi, soprattutto se raffrontata all’impegno profuso in altri settori da tituzioni di importanza e prestigio internazionali: il paragone non può che essere tto con l’opera e il ruolo svolto in campo umanitario – essendo stato istituziona-

zzato sin dalle prime convenzioni internazionali, dunque a partire dal lontano 22 gosto 1864 – dalla Croce Rossa Internazionale, che ebbe in Henry Dunant e negli ltri precursori e fondatori figure di universale notorietà e prestigio, la cui opera è

Componente del Comitato Scientifico Internazionale per le questioni legali, amministrative e finanziarie ll’ICOMOS e docente presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”. Per una disamina completa dell’evoluzione storica si rimanda al noto e fondamentale saggio di Pietro Verri IIHL 1986, 41; v. anche Verri 1985 e Nahlik 1974.

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stata riconosciuta in ogni epoca e contesto dall’opinione pubblica e della comunità internazionale, fino a manifestarsi con l’assegnazione di ben quattro Premi Nobel per la Pace. Anche nel settore della protezione dei monumenti e delle opere d’arte, peraltro, si era ben compresa l’importanza della creazione di un organismo internazionale che fosse in grado di svolgere una funzione di stimolo, supervisione, controllo e garanzia dell’applicazione della normativa internazionale con tutte le prerogative di indipen-denza, neutralità e universalità che l’esperienza ha dimostrato essere indispensabili per svolgere una simile opera. Basti ricordare che già nel 1880 l’Istituto di Diritto internazionale realizzò il c.d. Manuale di Oxford, primo progetto di convenzione in materia di beni culturali in si-tuazione di conflitto armato, mentre in occasione del Congrès officiel international pour la protection des oeuv es d’art et des monuments, tenutosi a Parigi nel 1889 in occasione dell’Esposizione Universale, al termine dei lavori scaturì il voto formale che i Governi segnalassero i monumenti meritevoli di tutela in tempo di guerra, at-traverso una Convenzione internazionale.

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Senza l’opera di un soggetto promotore attento, coinvolto e competente, tuttavia, le Convenzioni dell’Aja del 1899 (II e IV) e del 1907 (IX), che pure sancirono il principio di rispetto e immunità dei monumenti, creando un primo simbolo internazionale di riconoscimento dei Beni Culturali, trascurarono del tutto il problema dell’organismo garante della tutela o, almeno, della diffusione e del rispetto universale delle norme stesse. Con l’avvento della Società delle Nazioni, si ha una delle stagioni più intense nello sviluppo delle proposte che stiamo analizzando; tra il 1922 e il 1938 si creano infatti tutte le premesse per la tanto auspicata ed invocata codificazione internazionale, che però è impedita proprio dall’evento i cui danni avrebbe dovuto almeno in parte scongiurare: la Seconda guerra mondiale. Già nel 1922 infatti, sempre a L’Aja, si era tenuta una Commissione internazionale di giuristi, insediata dalla Conferenza di Washington, che nell’anno successivo, adottò un Rapporto codificante i più notevoli problemi suscitati dall’applicazione del diritto bellico alla guerra aerea. Tra le limitazioni proposte dalla Commissione, su ispirazione della Delegazione italiana, si inserì all’art. 26 anche la tutela dei monumenti, la cui incolumità era risultata gravemente pregiudicabile, sia dalle rappresaglie sia dai bombardamenti, indiscriminati o giustificati da un preteso uso bellico; vi si propose a tal fine l’istituzione di zone neutralizzate intorno ai monumenti e di un sistema di ispezioni e garanzie. Pertanto il Rapporto della Commissione ripudiò espressamente il criterio che era stato in precedenza adottato dall’art. 25 del Regolamento della guerra su terra, adottando l’unico criterio corretto ed effettivamente applicabile:

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quello di obiettivo militare. Ciò che lascia oggi perplessi, di fronte alla completezza della normativa proposta nel 1923, è il fatto che il sistema previsto dalle Regole dell’Aja fosse del tutto facoltativo; malgrado ciò, il Progetto, sottoposto alla valutazione della Sottocommissione delle lettere e delle arti, fu considerato all’epoca privo di buon senso, inapplicabile e i-nopportuno.2

A riprova del fatto che, ciò nonostante, stava maturando una qualche coscienza dell’importanza e della necessità di creare una struttura che venisse a colmare questa lacuna, sta la constatazione che quasi tutte le proposte di regolamentazione con-templarono l’istituzione di un organo internazionale, di cui si prospettò anche la denominazione di Croce d’Oro,3 ipotizzando per esso la funzione di bureau interna-zionale per il controllo dell’applicazione delle norme di protezione dei beni culturali in tempo di guerra; solo il Pacte Roerich (Convenzione di Washington del 1935), unico strumento giuridico internazionale che ad oggi vincola alla tutela del Patrimonio culturale nel corso di un conflitto armato gli Stati Uniti d’America, non ritenne op-portuno individuare un organismo internazionale di supervisione o controllo, ma si limitò ad affidare alcuni compiti all’Unione Panamericana. Tale importantissimo ruolo fu in qualche misura svolto soltanto dall’Office International des Musées, progenitore dell’odierno ICOM: si trattava di un organo tecnico della Commissione di Cooperazione intellettuale della Società delle Nazioni, al cui interno operò a lungo e con impegno crescente una Commissione internazionale dei monu-menti storici; l’Ufficio operò, in particolare dal 1932 al 1938, in modo encomiabile, predisponendo un progetto di convenzione (redatto da De Visscher) su cui ottenne due pronunciamenti dell’Assemblea della Società delle Nazioni – la seconda alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale – e tentò addirittura di proseguire la sua attività anche dopo la scomparsa della Società stessa4. La Risoluzione della Conferenza della Società delle Nazioni n. 10 dell’ottobre 1932 partiva dal presupposto, all’epoca non del tutto acquisito, che “les sentiments que fait naitre la contemplation des oeuvres d’art peuvent grandement faciliter la com-

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2 La protection des monumen s et des oeuvres d’art en temps de guerre, Institut international de coopération intellectuelle, Office international des musées, Paris, 1939. 3 Si fa riferimento alla proposta, tesa ad ampliare, definire, potenziare il dispositivo di salvaguardia dei beni culturali, fatta da Vetter e Mariaud, a Ginevra, nel 1915 che auspicava una idealistica Croce d’Oro, che emulasse in questo settore l’operato e i principi della Croce Rossa: si trattava di creare una “istituzione similare avente come scopo quello di vegliare all’applicazione di un programma di protezione, consistente nell’impegno a non utilizzare a fini militari i monumenti contrassegnati”. L’idea riprendeva e ampliava la precedente e analoga iniziativa prospettata a Berna da Zietelmann e dallo stesso Vetter (1914), mirante a costituire un Ufficio In-ternazionale per la protezione in tempo di guerra di monumenti ed ope e d’arte. Cfr. Toman 1984, 566. 4 Grisolia 1952, 118 e 127.

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préhension mutuelle des peuples et qu’à cet effet il importe d’assurer à celles-ci une protection internationale”. Proprio ispirandosi a tale appello nel 1933 vennero pro-poste tre regole di protezione e conservazione dei monumenti, contestuali all’opera di educazione, su proposta del Comitato della stessa Commissione internazionale dei monumenti storici. Essendo però un organo intergovernativo formato di alti funzionari designati dagli Stati interessati, aveva tutte le prerogative e i limiti di questa categoria di istituzioni internazionali; ciò nonostante, la sua opera ed il suo impulso furono indubbiamente benefici in un settore in cui, mancando l’iniziativa innovativa e decisiva di un genio come Henry Dunant, non si erano mai verificati i presupposti per la nascita di un’autonoma Organizzazione non governativa internazionale specificamente votata alla protezione dei beni culturali, pur sotto l’egida e con il sostegno giuridico e or-ganizzativo degli Stati. Importanti contributi al dibattito vennero in quell’epoca feconda da altre prestigiose istituzioni del settore, attraverso l’elaborazione di progetti e l’organizzazione di ini-ziative pubbliche e altre attività di sensibilizzazione e promozione: si è già citato poc’anzi l’apporto fondamentale dell’Istituto di Diritto internazionale (1880), cui fece seguito nel 1918 la Società Olandese di Archeologia5 che a sua volta elaborò e propose alla comunità internazionale – dopo la tragica esperienza della Grande Guerra – un articolato progetto di convenzione: purtroppo entrambe le proposte non ebbero se-guito concreto, come pure quella dell’associazione svizzera Lieux de Genève, che propose nel 1943 l’istituzione di una Commissione neutrale di sorveglianza. Tornando alla Croce Rossa internazionale, o meglio al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), non sembra che essa abbia svolto direttamente - nel corso dei molti conflitti armati che l’anno vista impegnata - significative attività inerenti ai beni culturali, pur avendo seguito con interesse l’evoluzione del dibattito giuridico internazionale: in questo senso sono stati molto significativi gli sforzi tendenti a ga-rantire - anche attraverso la creazione di zone smilitarizzate - la tutela dei beni pri-vati (inclusi quelli a carattere culturale, educativo e religioso) e più in generale il ri-spetto della persona umana e di quanto le è pertinente e proprio, in tutte le Con-venzioni nate sotto l’egida del Movimento di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, ed in particolare nei Protocolli aggiuntivi di Ginevra del 1977; a ciò va aggiunta la presenza

t s5 La protection des monuments et objets historiques et artis iques contre les destruction de la guerre. Propo-sition de la Société néerlandaise d’archéologie, in “Mouseion”, vol. 39-40, Paris, 1937, 81-89. Ma è giusto ricordare che prima ancora, nel 1914, si era svolta in Italia per iniziativa dell’Associazione Artistica internazio-nale di Roma una conferenza per discutere e protestare circa i gravissimi danni al patrimonio in Francia, Bel-gio e Italia, determinati durante la Grande guerra da quella che era stata allora definita dal promotore Arduino Colasanti, sulle pagine del Corriere della Sera, la “tedesca rabbia scatenata follemente a strazio dei monumen-ti”.

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attiva e costruttiva del CICR nel processo di elaborazione della Convenzione dell’Aja del 1954 e dei suoi Protocolli aggiuntivi, ed anche in tempi più recenti.6 Ma l’apporto più importante consiste oggi, soprattutto, nel mettere a disposizione dell’ICBS un esempio vincente di organizzazione delle attività umanitarie e di impulso alla diffusione e attuazione effettiva del diritto internazionale umanitario. In tempi assai più recenti, ma in qualche modo anch’essi ormai storici, è stato invece l’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario (IIHL) di Sanremo a organizzare, sotto l’egida dell’UNESCO, il fondamentale convegno internazionale nel 30° anniversario della Convenzione del 1954 (Firenze 1984, Palazzo Vecchio)7 cui presero parte prati-camente tutti i più autorevoli esperti del settore: anche se si trattò di un evento cele-brativo e quindi in certa misura occasionale, l’IIHL ha costituito e costituisce da allora un riferimento importante per lo studio e la diffusione della materia, anche perché i suoi Corsi sono una delle poche realtà al mondo che assicura a livello internazionale, in stretta collaborazione con il CICR, la formazione di personale militare proveniente da quasi tutti gli eserciti del mondo. Ovviamente non si vuole qui trascurare il ruolo e l’impegno profuso dall’Organizzazione che alla fine di questa vicenda è risultata prescelta dalla comunità internazionale per svolgere questa complessa e difficile funzione, vale a dire l’UNESCO; tuttavia, ri-mandando a quanti hanno ampiamente e analiticamente illustrato forme e modalità di tale azione e i suoi esiti dal 1954 ad oggi8 – che nessuno, credo, potrebbe defini-re soddisfacenti - vorrei limitarmi a sottolineare l’acuta analisi di Jiri Toman che, commentando la Convenzione de L’Aja del 1954 per incarico della stessa Organizza-zione delle Nazioni Unite per la Cultura,9 evidenzia le sostanziali differenze rispetto al CICR, del quale sottolinea il “carattere di organismo umanitario imparziale”, che gode della fiducia degli Stati grazie alla sua “totale indipendenza strutturale”. Ma proprio perché condivido da tempo la sua ben diversa valutazione sull’UNESCO, che deve fare continuamente i conti con il fatto che “i suoi poteri e le sue competenze sono fissate dalle decisioni degli Stati membri” (e dunque con modalità e secondo criteri eminentemente politici) e per questa ragione non sempre ha potuto assicurare

6 V. in particolare, per limitarci solo ai contributi più recenti, il Rapporto del CICR sulla riunione di esperti te-nutasi il 5-6 ottobre 2000 a Ginevra, curato da Maria Teresa Dutli (Dutli 2001) e il numero monografico della “International Review of the Red Cross” dato alle stampe in occasione del 50° della Convenzione de L’Aja (CICR 2004).7 Gli atti sono raccolti in IIHL 1986.8 V. ad esempio Boylan 1993, Toman 1994, Maniscalco 1999, Gioia 2000, Carducci 2006 ed anche il contributo di Umberto Leanza in Maniscalco 2002, 25-40. 9 Toman 1994, 281; lo stesso Autore aveva già formulato dieci anni prima alcune valutazioni e proposte in merito in occasione della Riunione di esperti dell’UNESCO tenutasi a Vienna nel 1983: v. Toman 1984, 569. Ricordo, infine, che alcune interessantissime considerazioni in merito erano già state espresse anche da Stanislaw E. Nahlik (v. Nahlik 1974).

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lo svolgimento di una funzione conforme a quella affidata al CICR - che invece è tenuto innanzi tutto a conformarsi ai principi del diritto internazionale umanitario - io ritengo che non ci si possa limitare a questa pur corretta constatazione, senza poi trarne le inevitabili conseguenze. Presupposto di questo saggio è dunque che occorre superare gradualmente l’attuale sistema, ricercando e agevolando in ogni modo una nuova e diversa soluzione sulla base del processo già avviatosi nell’ultimo decennio. Ovviamente non ho alcuna velleità di rivendicare l’originalità di una simile posizione, anche se ho avuto occasione di esporne pubblicamente i tratti essenziali ormai quindici anni fa,10 perché c’è chi ha teorizzato in modo ben più ampio, articolato e autorevole un ruolo forte e operativo delle ONG nella salvaguardia dei beni culturali. Nel suo celebre rapporto del 1993, commissionato e pubblicato dall’UNESCO, Patrick J. Boylan dedica infatti alle ONG tutto il capitolo 17. Non ne trae però alcuna propo-sta specifica di emendamento alla Convenzione del 1954: anzi, è proprio lui a pro-porre la creazione di un Comitato consultivo intergovernativo che “potrebbe” invita-re le ONG ad “assistere” alle sue riunioni, ma soltanto “a titolo consultivo” (punto 18.7 e Appendice X), come poi in effetti è avvenuto nel 1999:

«Réexamen de la Convention pour la protection de bien culturels en cas de conflit armé - Le rôle des organisations non gouvernamentales:

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17.1 Les ONG peuvent beaucoup contribuer à encourager tant la compréhension que l’acceptation de règles de bonne conduite. De même, elles ont un rôle vital à jouer en ma-tière d’élaboration de normes professionnelles appropriées pour les mesures concrètes de protection des biens culturels immeubles comme des collections. Leur statut non gouver-namental peut aussi leur conferer un très net avantage par rapport aux organisations gouvernamentales et intergouvernamentales chaque fois que de très graves problèmes po-litiques interdisent l’intervention concrète d’organismes tels que l’UNESCO (…). 17.2 Les ONG compétentes s’interessent beaucoup aux moyens d’améliorer le caractère effectif et l’application de la Convention de 1954, comme en témoignent (…) la création éventuelle d’une organisation internationale non gouvernamentale du type “Blue Shield” pour les biens culturels, en s’inspirant directement de l’exemple de la Croix-Rouge dans d’autres domaines de l’aide humanitaire (…). 17.3 Toutes les ONG (…) devraient avoir conscience du rôle important qu’elles peuvent jouer en mettant au point, dans leurs domaines respectives, des directives pratiques et des procédures de formation concernant la protection des monuments, des collections, etc. Il serait bon qu’elles collaborent étroitement avec l’UNESCO (…). 17.5 Les ONG sont à même de jouer un rôle très important en fournissant un aide directe, sous forme de services scientifiques et techniques ainsi que d’équipement et de matériels spécialisés de protection et de conservation (…), particulièrement dans le cas où les orga-

10 Cfr. il working paper presentato alla XVI Tavola rotonda dell’Istituto Internazionale di Diritto Internazionale (Carcione 1991, 8); l’intervento sintetizzava le conclusioni di una tesa di laurea discussa all’Università di Torino nel 1988, Relatori i proff. A. Marazzi ed E.Greppi.

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nisations internationales et gouvernamentales sont dans l’incapacité d’offrir une telle as-sistence parce que celle-ci sursit des conséquences politiques (inévitables).»

2. L’attuale sistema internazionale dello “Scudo Blu”: obiettivi e carenze

Sono poche e non particolarmente significative, e forse per questo così poco cono-sciute, le tracce della fondazione dell’ICBS, avvenuta tra l’aprile e il luglio 1996:11 la collaborazione tra i vertici delle organizzazioni non governative coinvolte, che decise-ro di agire di comune intesa - recependo e coronando le suggestioni e le proposte sin qui ricordate - per conseguire quelle finalità auspicate da gran parte della dottrina più avveduta e ormai condivise (anche se a malincuore e con evidenti contraddizioni tra le dichiarazioni formali e i comportamenti) anche dall’UNESCO, fu infatti definita dapprima con una bozza di accordo, che venne poi formalizzato solo nel luglio seguen-te sotto la spinta dell’emergenza per una devastante alluvione in Canada. Evidentemen-te però non è stata presa troppo seriamente, dato che oggi non la si trova neppure nel sito ufficiale dell’ICBS.12 Al di là delle nobili e ambiziose finalità, peraltro, questo primo agreement diceva assai poco sulle modalità operative di quello che vorrebbe essere un nuovo organismo internazionale:

«ICBS - Draft Heads of Agreement: I. ICA, ICOM, ICOMOS and IFLA (the Constituent Organisations) agree to establish the ICBS. Other international organisations may be invited by the C.O. to join or to participate in the work of the Committee. II. The objectives of the Committee shall be as follow: (...) b) to facilitate international response to threats or emergencies through co-operation between the participants organisations and national organisations; (...) e) to consult and co-operate with other bodies with appropriate expertise or interest including (but non excluding others): UNESCO, ICCROM, ICRC; (...). III. The members of the Committee shall be the chief executive of each organisation participating or his or her nominated substitute. IV. The Committee shall hold not less than one general meeting annually. In addition it shall meet in emergency session at the request of any of the participating organisa-tions or of the bodies in 2 e) above. V. The participating organisations shall share the administration and the administrative costs according to a separate agreement. VI. Rules and procedures of the Committee will be developed in due cours and be the subject of a separate agreement.»13

11 Si veda la scarna cronaca di questa fase nel saggio di Patrick Boylan, La convention de La Haye pour la protection des Biens culturels en cas de conflit armé (1954), ses protocoles (1954 et 1999), in Koch 2003, 12-14, come pure il breve cenno riportato dallo stesso autore in Maniscalco 2002, 48. 12 L’accordo è stato integralmente pubblicato soltanto in Stovel 1998, 135. 13 4 aprile 1996. Sottoscrizione: ICOM, ICOMOS, ICA e IFLA.

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Non mi risulta che si sia a tutt’oggi addivenuti alla stipula dei prospettati separate agreements, che d’altronde, per la complessità delle questioni e per la vastità e il numero dei temi da trattare e da risolvere organizzativamente non avrebbero solo natura e forma di regolamenti attuativi, ma dovrebbero piuttosto essere dei veri e propri Statuti; nei primi anni di “attività” dunque l’ICBS si è basato organizzativamente solo su regole e prassi definite nel corso dei suoi diversi meetings, codificate in verbali a circolazione esclusivamente interna e assai poco diffusi anche nell’ambito del movi-mento stesso. Eppure, solo due mesi dopo la sua nascita, lo Scudo Blu Internazionale faceva già il suo debutto ufficiale ai più alti livelli, essendo citato in un documento della NATO, scaturito da una conferenza che aveva visto la presenza e partecipazione attiva - oltre a ICOM e ICOMOS - dell’UNESCO, della stessa NATO e di rappresentanti di 15 nazioni tra le quali non possono non essere evidenziate USA e Russia:

«NATO - Partnership for Peace (PfP) Conference on Cultural Heritage Protection in Wartime and in State of Emergency Final Communiqué:

14

(...) Participants were from institutions responsible for cultural heritage protection and civil defence, Ministries of Culture, Interior and Defence and armed forces from (15) states (and) International organisations in attendance (...). Discussion of cultural heritage protection in wartime and in state of emergency focused on legal instruments and experience. From plenaries, panel sessions and working group discussions and from practical demonstrations, the Conference recognised the benefits of preparedness and finds that: (...) 2. International co-operation and exchange of experiences should be developed on the implementation of the Hague Convention on the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflicts (1954) and other existing instruments such as the Convention concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage (1972), including initiatives under the International Committee of the Blue Shield (...) Accordingly, the Conference recommends that NATO and its PfP partners, following the Cracow Conference, explore the possibility of further co-operation with UNESCO and with the International Committee of the Blue Shield to improve and promote the implementation of existing instruments, to improve national and local preparedness and response capability through, amONG others, training, adequate risk analysis taking into account heritage and cultural values, and better communication between responsible authorities, in order to reduce the losses of cultural heritage in the event of emergencies of human or natural origin. Furthermore: (...) Participants supported the proposal (...) for the establishment, under the patronage of UNESCO, an international centre for the training of civilian and armed forces personnel for the protection of cultural heritage in the context of armed conflicts and all emergency

14 Cracovia, 21 giugno 1996. Sottoscrizioni: Belgio, Canada, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Ungheria, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Federazione Russa, Repubblica Slovacca e Stati Uniti d’America - NATO, UNESCO, ICOMOS ed ICOM).

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situations (...)».

Dal 1996 al 2002, comunque, la vera caratteristica dell’ICBS sembra essere la quasi totale assenza di regole e strutture, quasi a ribadire pervicacemente la volontà di non creare una nuova ed autonoma struttura a danno o comunque con rischio di pregiudizio per l’operatività e l’autonomia delle quattro ONG costitutive: emblematico è il fatto che non esiste a tutt’oggi una sede permanente, neppure simbolica, e quindi le riunioni si svolgono a rotazione nelle quattro sedi dei fondatori, tre volte a Parigi e una all’Aja. Inizialmente mancava un referente unico, poiché il vertice del Comitato era costituito solo dal collegio dei quattro Segretari Generali che ovviamente, avendo ben altri e più pressanti impegni, dedicano rare occasioni a questo grandioso e impegnativo progetto; sono inoltre vincolati al consenso unanime su ogni minima iniziativa o at-tività, anche di ordinaria amministrazione (basti citare come esempio la questione del sito web), il che non favorisce certo efficacia ed efficienza. Il primo atto dell’ICBS che abbia avuto, almeno a mia conoscenza, una adeguata diffusione e una certa notorietà almeno tra i pochissimi addetti ai lavori interessati (che sono, come noto, una minoranza della minoranza) è stata la c.d. “Dichiarazione di Radenci”, che viene definita un Accordo sui principi:

«The Radenci Declaration on the protection of cultural heritage in emergencies and exceptional situations:15 On the initiative of the International Committee of the Blue Shield (ICBS), with the participation and support of UNESCO (…) the participants (…), agreed on the following principles: 1.Cultural heritage embraces both moveable and immovable property. Its loss is a concern to all and its protection, safeguard and respect - in normal and exceptional situations - must be included in policies and programmes at international, national, regional and local levels. 2.All institutions caring for the cultural heritage, and all authorities responsible for it, should integrate risk preparedness and management within their operations to avoid loss or damage in both normal and exceptional times. 3. The goal is to avoid loss or damage to cultural heritage in the event of emergencies by improving prevention, preparedness, response and recovery measures. It is achieved by developing, implementing and monitoring strategies which: - assess and reduce risk; - improve response capacity; - ensure co-operation of all relevant parties in local, national and international emer-gency management. (…)

The participants (…) further agreed to continue to share experiences and to co-operate in the context of the International Committee of the Blue Shield to develop national, re-

15 Radenci (Slovenia), 16 novembre 1998. Sottoscrizione: UNESCO, ICA, ICOM, ICOMOS, IFLA.

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gional and local initiatives to avoid loss of cultural heritage.»

Il problema con cui l’ICBS doveva fare i conti e, per quanto possibile, tentare di porvi rimedio, risultava essere il fatto che anche le più recenti Convenzioni internazionali si ostinavano ad individuare negli Stati e nell’UNESCO – malgrado cinquant’anni di impasse, difficoltà e contraddizioni – i soggetti responsabili dell’azione informativa, preventiva e di “pronto intervento” nei confronti del Patrimonio mondiale, mentre sarebbe stato assai più corretto e realistico riconoscere in questo specifico settore la necessità di una ONG ben strutturata, neutrale e operativa “sul terreno”: fermo re-stando che all’UNESCO certamente spetta – nell’ambito del grande sistema ONU - una funzione analoga a quella imprescindibile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Finalmente alle soglie del XXI secolo una Convenzione internazionale, cioè il tanto atteso e discusso II Protocollo aggiuntivo alla Convenzione del 1954 (L’Aja, 26 marzo 1999),16 ha consacrato il ruolo e la rilevanza internazionale della nuova organizza-zione17, seppure in modo un po’ indiretto e lacunoso: all’art. 11 comma 3 è stata posta la regola secondo la quale il Comitato Internazionale dello Scudo Blu e altre Organizzazioni Non Governative aventi specifiche competenze, possono segnalare un bene culturale particolare al Comitato” per la Protezione dei Beni Culturali nei Conflitti Armati, organismo intergovernativo creato dallo stesso Protocollo presso l’UNESCO e di recente insediamento (Parigi, 26-27 ottobre 2006). Ma ancor più importante è a mio giudizio l’Art. 27 comma 3 secondo il quale “Il Comitato coopera con le Organizzazioni Governative e Non Governative internazionali e nazionali le cui finalità sono similari a quelle della Convenzione, del primo Protocollo e del presente Protocollo. Per l’assistenza all’esercizio delle sue funzioni, il Comitato può invitare a partecipare alle riunioni, a titolo consultivo, le più importanti organizza-zioni professionali tra quelle che hanno formali relazioni con l’UNESCO, in particolare il Comitato Internazionale dello Scudo Blu e i suoi organi costitutivi”. Inutile dire che questa innovazione potrà avere ben diverso peso e rilievo a seconda della concreta attuazione datale dal Segretariato dell’UNESCO in sede di attuazione del II Protocollo e di organizzazione del lavoro del Comitato; le prime avvisaglie, certamente, non sono troppo favorevoli dal momento che è già stato frettolosamente declinato l’invito ad avvalersi delle strutture e degli esperti dell’ICBS proprio nella

16 Per un commento più ampio sul Protocollo (ma non su questo punto, sempre trascurato), si vedano Henckaerts 1999, Gioia 2000; per i presupposti e il dibattito che ha portato alla Conferenza si veda invece Clément 1995, oltre ai fondamentali e già citati Boylan 1993 e Toman 1994. 17 È significativo il fatto che alla Conferenza internazionale svoltasi a L’Aja dal 15 al 26 marzo 1999 fu uffi-cialmente invitata una delegazione dell’ICBS, composta da P. Boylan, M. Brinkman e M.T. Varlamoff; cfr. Ma-niscalco 2002, 49

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delicata e strategica fase di elaborazione dei regolamenti e delle procedure. Infine l’Art. 30 comma 3, lettera b) del II Protocollo sancisce l’obbligo per le autorità militari o civili, che durante un conflitto armato dovranno assumere delle responsa-bilità circa l’applicazione delle norme di tutela, di “elaborare e mettere in atto, in cooperazione con l’UNESCO e le Organizzazioni (…) Non Governative pertinenti, programmi teorici e pratici sin dal tempo di pace”: formula indubbiamente poco felice ed estremamente burocratica sotto la quale si cela finalmente per lo Scudo Blu la possibilità almeno teorica – seppure sotto la stretta tutela delle “autorità”, il che suona sempre un po’ male per una ONG – di avviare una vasta attività di program-mazione e realizzazione di azioni di salvaguardia (sin dal tempo di pace) ed anche di veri e propri interventi (pratici) di tutela del patrimonio culturale. Mi pare davvero degna di nota - e non certo in positivo - la grande cura posta dai redattori del Protocollo nel citare poco o indirettamente lo Scudo Blu Internaziona-le, forse per timore di dargli troppo rilievo e autorevolezza; assai sottile è anche il costante riferimento, accanto all’ICBS, ai suoi “organi costitutivi”, quasi a evidenziare (purtroppo con ragione) che ICOM, ICOMOS, ICA e IFLA hanno ben maggiore forza, autonomia e tradizione del loro stesso organismo di coordinamento, nel quale hanno dato essi stessi in varie occasioni prova di credere piuttosto poco. È quasi superfluo ma altrettanto inevitabile sottolineare, ancora una volta, con l’amarezza di chi ha vissuto per vent’anni l’ambiente internazionale della Croce Rossa e l’orgoglio per i suoi statuti e la sua autonomia, la differenza rispetto al ruolo assegnato dalla comunità internazionale al CICR sin dalla Convenzione di Ginevra del 1864. Appare quindi un po’ contraddittorio, benché certamente positivo e del tutto condi-visibile, un documento di pochi mesi successivo: l’atto conclusivo del Convegno in-ternazionale sul patrimonio culturale in pericolo, che in un progetto di Risoluzione ha individuato proprio l’ICBS come referente internazionale idoneo – non si capisce sulla base di quale presupposto – ad operare concretamente, sia nelle situazioni belliche che nelle calamità:

«Congrès in ernational sur le Patrimoine en péril - Projet de Résolution de la Conférencegénérale de l’UNESCO :

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18

Notant avec préoccupation les dommages importants subis par le patrimoine culturel mondial au cours des dernières années en raison de catastrophes dues à l’action de l’homme ou liées à celle-ci et de catastrophes naturelles, qui entraînent des pertes ir-réparables pour l’humanité, (...) Invite les Etats membres : (...) à assurer la coopération de tous les intervenants - locaux, nationaux et internationaux - dans les secours d’urgence en cas de catastrophe, en particulier en encourageant la création de comités nationaux du Bouclier Bleu et d’organismes semblables ainsi que

18 Parigi, 24 settembre 1999.

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la collaboration avec les comités et organismes qui existent déjà; (...) Reconnaissant les résultats tangibles d’efforts antérieurs tels que: la création, en juillet 1996, du Comité international du Bouclier Bleu (ICBS), chargé de coordonner les secours d’urgence au nom du CIA, de l’ICOM, de l’ICOMOS et de l’IFLA, suggère : (...) que tous les partenaires internationaux concernés unissent leurs forces aux fins de la réalisation de tâches particulières et élaborent des programmes interdisciplinaires en coopération avec des partenaires régionaux et locaux, par exemple l’ICBS en ce qui concerne les secours d’urgence et l’ICCROM, le CIA, l’ICOM, l’ICOMOS et l’IFLA dans le domaine de la formation.»

Mi preme sottolinenare a tale proposito che in questo come in altri documenti si so-stiene che l’ICBS sarebbe stato incaricato (o altri termini analoghi) di intervenire nelle situazioni di urgenza: ebbene, al di là del fatto che non mi consta che un simile in-carico sia stato mai esplicitato – e non si sa neppure bene chi avrebbe potuto farlo – resta il fatto indubitabile che manca un qualsiasi fondamento giuridico di diritto in-ternazionale a questo presunto ruolo, che imporrebbe di fare fronte a insormontabili difficoltà senza un adeguato riconoscimento e sostegno. La vera particolarità - e la ragione di maggiore interesse - di questo documento, risulta invece essere la formale sanzione dell’equiparazione (per non dire di una vera e propria applicazione analogica) delle norme delle convenzioni internazionali per la salvaguardia del patrimonio nelle situazioni di conflitto armato - definibili nell’insieme come Dirit o internazionale del Patrimonio culturale - alle regole e metodologie per la prevenzione dei danni causati dalle calamità naturali: un accostamento sempre più diffuso e condiviso

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19 alla cui base si pone l’art. 11 comma 4 della Convenzione UNESCO sul Patrimonio Mondiale (Parigi, 1972), che definisce il concetto di Patrimonio in pericolo. Peraltro non si tratta di un’affermazione del tutto inedita se si considera che già nel 1983 l’UNESCO aveva presentato al Comitato Esecutivo uno studio in materia.20

Questa prima contraddittoria fase costitutiva, costata già quasi quattro anni di tempo, sembrò terminare21 nel 2000 con un solenne e significativo atto: secondo Joan Van Albada, Segretario generale dell’ICA e attuale presidente dell’ICBS, il vero statuto del

19 A tal proposito cfr. Carcione, Marcheggiano 1998. 20 Si veda il rapporto UNESCO 1983. cfr., anche, la nota 2 in Toman 1984, 78. 21 In realtà l’incertezza e la contraddittorietà dei documenti, determinate forse anche da una certa ambiguità di comportamento dello stesso Segretariato dell’UNESCO, non sono affatto venute meno anche a distanza di alcuni anni, tant’è vero che in occasione della Buenos Aires Recommandation (4 marzo 2005) specificamente redatta e discussa nel corso di un Seminario regionale in materia di protezione del patrimonio culturale in caso di conflitto armato – alla presenza di rappresentanti dell’UNESCO e del CICR – non solo nessuno ha ritenuto di coinvolgere direttamente l’ICBS, ma neppure si è ritenuto necessario citarlo esplicitamente quale soggetto di rilevanza internazionale in qualche modo “interessato” alla materia: l’unico accenno potrebbe essere forse individuato nel generico riferimento alle NGOs in materia di iniziative di sensibilizzazione, comunicazione e informazione (9a) e della previsione di meccanismi specifici di follow up (9d).

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Comitato Internazionale è infatti proprio la “Carta di Strasburgo” che, pur nella sua estrema sinteticità, pone finalmente con chiarezza i principi fondamentali del Movi-mento:

«ICBS Charter:22

In order to protect endangered cultural heritage, the International Committee of the Blue Shield has been created in 1996 by the four non-governmental organisations, which represent professionals active in the fields of archives, libraries, monuments and sites, and museums. In the framework of the Hague Convention (1954) for the protection of cultural property in the event of armed conflict, ICA (International Council on Archives), ICOM (International Council of Museums), ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), and IFLA (International Federation of Library Associations and Institutions) have taken up the emblem of the Convention as symbol of the International Committee of the Blue Shield. The four organisations have decided to work together to prepare for, and respond to, emergency situations in case of armed conflict or natural disaster that could affect cultural heritage. They respect the following principles: joint actions, independence, neutrality, professional-ism, respect o cultural identity, work on a not-for-p ofit basis.» f r

s

Per chi ha frequentato o studiato l’ambiente della Croce Rossa internazionale fa un cer-to effetto notare la disinvoltura (specie se raffrontata al travaglio e all’approfondimento messo in campo dai teorici della Dottrina di Croce Ros a23 per redigere gli analoghi documenti a suo tempo approvati dal CICR) e l’eccessiva sintesi con cui sono stati enunciati gli obiettivi strategici e i sei principi fondamentali dello Scudo Blu. È vero che i principi di unità, indipendenza, neutralità e volontariato sono molto simili a quelli di Croce Rossa: e non potrebbe essere diversamente, salvo poi verificarne l’effettività, il che implica anche l’impegno al loro rispetto reciproco da parte delle ONG costituenti24 e di tutti coloro che tali principi devono attuare a livello nazionale e internazionale; ma i basilari principi di “professionalità” e “rispetto dell’identità cultura-le”, che caratterizzano specificamente la nuova ONG, meriteranno in futuro, almeno credo, una valutazione ed esplicitazione ben più approfondita. Proprio per la sua estrema concisione, la “Carta di Strasburgo” ha dovuto in seguito essere integrata da un più articolato documento programmatico, che tra l’altro solen-nizza in modo esplicito l’ispirazione ideale - almeno a livello di auspicio e di intento - alla Croce Rossa, anche se qui intesa solamente come simbolo. Benché redatti a più di tre anni di distanza, i due documenti sono poi stati diffusi congiuntamente a tutte

22 Strasburgo, 14 aprile 2000. Sottoscrizione: ICA, ICOM, ICOMOS, IFLA. 23 basti citare per tutti Jean Pictet, La doctrine de la Croix Rouge, Geneve, 1962. 24 Viene qui chiamato in causa soprattutto il principio di unità (o azione comune), che non si può certo dire attuato in modo soddisfacente in occasione delle pur scarse iniziative internazionali già in corso come il Museum Emergency Programme (MEP) dell’ICOM o Heritage a Risk dell’ICOMOS.

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le strutture nazionali delle quattro organizzazioni non governative e agli stessi Comitati Nazionali dello Scudo Blu costituiti o in via di costituzione.

«Working for the Protection of the World’s Cultural Heritage:25

The Blue Shield is the cultural equivalent of the Red Cross. It is the symbol specified in the 1954 Hague Convention for marking cultural sites to give them protection from attack in the event of armed conflict. It is also the name of an international committee set up in 1996 to work to protect the world’s cultural heritage threatened by wars and natural disasters. The International Committee of the Blue Shield (ICBS) covers museums and archives, historic sites and libraries. It brings together the knowledge, experience and international networks of the five expert organisations dealing with cultural heritage: an unrivalled body of expertise which is now available to advise and assist in responding to events (…). ICBS is international, independent and professional. The Mission of the ICBS is to work for the protection of the world’s cultural heritage by co-ordinating preparations to meet and respond to emergency situations. Its objectives are: - to facilitate international responses to threats or emergencies threatening cultural property - to encourage safeguarding and respect for cultural property especially by promoting risk preparedness - to train experts at national and regional level to prevent, control and recover from disasters - to act in an advisory capacity for the protection of endangered heritage

r r r

- to consult and co-operate with other bodies including UNESCO, ICCROM and the International Committee of the Red Cross (ICRC) It achieves this by: - collecting and sharing information on threats to cultural property world-wide - raising public awareness about damage to cultural heritage - promoting good standards of risk management among those responsible for cultural

heritage at all levels, from institutions to national governments - working to make decision makers and professional staffs aware of the need to de-

velop prevention, preparedness, response and recovery measures - providing p ofessional expertise to help meet emergencies - identifying resources for disaste prevention and for rapid intervention in eme gencies - encouraging the establishment of national Blue Shield committees The vital work of the ICBS was recognised in the Second Protocol to the Hague Conven-tion, agreed in April 1999 by 84 countries. This gives ICBS a new role, to advise the inter-governmental Committee for Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict. Local Blue Shield Action: It is vital that the international initiative is taken up and supported by local initiatives. Blue Shield Committees are being formed in a number of countries. They bring together the different professions, local and national government, the emergency services and

25 Parigi, 4 luglio 2003. Sottoscrizione: ICBS.

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the armed forces. They provide a forum for them to improve emergency preparedness by sharing experiences and exchanging information. They provide a focus for raising national awareness of the threats to cultural heritage. They promote the ratification and implementation by national governments of the Hague Convention».

Merita di essere sottolineato sin d’ora il fatto - quanto meno singolare - della esplicita previsione, all’interno dei Comitati nazionali dell’ONG (o, meglio, di un’organizzazione internazionale come l’ICBS, finalizzata alla coesione e al coordinamento di più Organiz-zazioni di tale natura), di “strutture governative locali e nazionali”, come potrebbero es-sere le Prefetture, i Vigili del Fuoco, i diversi Ministeri competenti e persino l’Esercito. È evidente che in un settore normalmente di stretta prerogativa statale, caratterizzato da una endemica scarsità di giuristi e di esperti di questioni organizzative, come è appunto l’ambito culturale, si fa una certa confusione tra le strutture con cui è indi-spensabile che l’ICBS possa dialogare e sviluppare forme organiche di collaborazione e reciproca conoscenza - basate innanzi tutto sul riconoscimento internazionale e statale del ruolo dello Scudo Blu e poi sulla stipula di formali intese - e quelle di ca-rattere prettamente non governativo (che a livello nazionale sono ben più numerose e complesse delle sole quattro ONG costitutive) che possono entrare direttamente a far parte delle strutture dei Comitati Nazionali e, per loro tramite, del sistema e del Movimento Internazionale dello Scudo Blu. Solamente alla fine del 200226 il Comitato internazionale ha reso di comune dominio il fatto di essersi dato un Presidente, che finalmente ha potuto agire e parlare uni-vocamente a nome delle quattro ONG ed anche del crescente numero di Comitati Nazionali: aspetto essenziale anche ai fini di una seria ed efficace comunicazione pubblica, se non di una vera e propria personalizzazione del ruolo e della visibilità istituzionale del Comitato Internazionale. Il che risulterebbe di non poca rilevanza in occasione di conferenze o convegni internazionali del settore (anche al di fuori dell’UNESCO), per i quali sino ad oggi non si può certo dire che la presenza del Pre-sidente dell’ICBS sia ritenuta imprescindibile, anzi…. Ci sono voluti altri due anni (pur essendo stato concepito già nel corso del 2003) per arrivare a svolgere un vero e proprio Congresso dello Scudo Blu Internazionale, convocato con l’intendimento di coinvolgere – almeno nelle affermazioni dell’ICBS – i Comitati Nazionali nel processo di definizione delle finalità e delle strutture interna-zionali. Il 24 luglio 2004, a Torino, si è quindi svolto il primo Blue Shield International Meeting che ha visto radunati insieme per la prima volta – non a caso proprio in

26 Per una singolare coincidenza, la decisione è stata presa – o almeno resa nota – proprio in concomitanza con l’invio a Parigi dello statuto del Comitato Italiano, che prevedeva per l’individuazione del legale rappre-sentante un meccanismo di rotazione automatica biennale.

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Italia27 – l’ICBS, le quattro ONG costitutive e quasi tutti i Comitati Nazionali sino ad allora costituiti, i quali al termine hanno approvato la Torino Declaration che deve essere considerato a tutti gli effetti come atto di indirizzo vincolante, in quanto e-spresso in modo condiviso e democratico dal Movimento, per l’organizzazione di un nuovo ed autonomo soggetto di rilevanza e operatività internazionale, anche perché a tal fine riconosciuto dal II Protocollo del 1999 entrato in vigore proprio il 9 marzo dello stesso anno. Temo però che in seguito non si sia registrata un’adeguata consapevolezza28 e tanto meno un pronto recepimento di un dettato tanto significativo e pregnante nel contesto del processo di costituzione dell’ICBS, benché esplicitato solamente con l’ambigua e un po’ stiracchiata formula della “visibile ed effettiva entità”.

«Torino Declaration. Resolutions of the first Blue Shield International Meeting:29

The representatives of the founding members of the International Committee of the Blue Shield and of the National Blue Shield Committees, and the representatives of Cultural Emergency Response and Cultural Heritage Without Borders, meeting in Torino, Italy, on the occasion of the first international meeting of the International and National Committees of the Blue Shield, (…): A - recommend that the Convention for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict adopted at The Hague in 1954, the First Protocol of 1954 and the Second Protocol of 1999 be signed and ratified by all states parties to UNESCO and to the United Nations, (…) C - recommend that governments and relevant organisations of the United Nations act to prevent looting and destruction of cultural heritage sites and buildings and illicit trade in cultural property, D - considering the importance of risk preparedness, response and recovery, recommend that cultural heritage professionals and others integrate these stages into their pro-grammes, E - recommend that ICA, ICOM, ICOMOS and IFLA national members should create a National Committee of the Blue Shield, where such committees do not exist, and urge national authorities to support these committees’ roles and actions to protect movable and immovable cultural heritage in the event of natural or man-made disasters, and

t

27 Come simpaticamente attestato nel corso del discorso di apertura del Meeting, tenuto all’Archivio di Stato da Manus Brinkman, all’epoca Segretario Generale dell’ICOM, la scelta dell’Italia era stata certamente innescata dalla formale disponibilità, assicurata in un primo momento da Giovanni Pinna e poi riconfermata da Daniele Jallà (in quanto Presidenti pro tempore di ICOM Italia, al momento investiti del ruolo di chairman del Comitato Italiano dello Scudo Blu): tuttavia per l’ICBS è stato ritenuto essenziale il ruolo di garanzia, continuità ed effettivo coordinamento locale – oltre all’impegno personale – svolto dell’estensore di queste pagine. Proprio per questa ragione sin dal 20 febbraio 2004 ero stato designato quale referente organizzativo del Meeting e in tale veste invitato a partecipare al mee ing ICBS del 13 maggio a Parigi, presso la sede dell’ICA. 28 Non è stato certo di aiuto il fatto che, anche a causa dell’infelice scelta della data di svolgimento, il Meeting ha dovuto scontare la defezione delle rappresentanze ufficiali di UNESCO e ICCROM, ed anche l’assenza dello stesso Presidente dell’ICBS Joan Van Albada (Segretario Generale dell’ICA). 29 Torino, 23-24 luglio 2004. Sottoscrizione: ICA, ICOM, ICOMOS, IFLA.

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F - decide to establish and strengthen the ICBS as a visible, effective entity.» Quasi altrettanto importante è anche l’affermazione da parte dell’ICBS del principio, purtroppo poco sostenuto e formalizzato a livello istituzionale (ai fini dell’instaurazione di rapporti formali con i Governi interessati, tramite l’UNESCO e le relative Commissioni Nazionali), della necessità di un immediato riconoscimento e supporto delle rispettive autorità nazionali ai Comitati dello Scudo Blu, che dovrebbero quindi godere di pre-rogative, appoggio politico, sostegno finanziario e visibilità mediatica in misura almeno paragonabile a quelli delle Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Va subito detto che quasi nulla di quanto previsto in occasione del Meeting è stato sinora attuato dall’ICBS, cui non si possono tuttavia imputare particolari colpe, se non quella di essere assolutamente carente sul piano dell’operatività ed efficacia; a conferma di ciò dovrebbe essere sufficiente rilevare che ancor oggi: - l’intera struttura istituzionale, decisionale e gestionale è formalmente composta

dai quattro Segretari Generali (uno dei quali ha la presidenza del Comitato), che solo di recente hanno iniziato ad adottare occasionalmente la formula dell’affiancamento (e in caso di necessità della delega) di un rappresentante quali-ficato e specificamente competente nel settore, con il rischio però di delegittima-zione, calo di attenzione e quindi di impegno delle singole ONG;

- la segreteria è caratterizzata, per ragioni che qui non rilevano, da costante instabilità e limitata professionalità (non certo delle persone coinvolte ma della modalità con cui sono costrette a operare) e soprattutto da competenze e prerogative pressoché nulle;

- manca ad oggi, e per il vero non risulta se ne sia sentita neppure la necessità, uno staff di esperti del settore: non solo tecnici della conservazione e della protezione (gli stessi Segretari generali lo potrebbero essere), ma giuristi, economisti ed e-sperti di marketing, organizzazione e comunicazione, dai quali sarebbe pura follia pensare di poter prescindere nel momento in cui si afferma di voler “creare” dal nulla una nuova ONG di enorme complessità e potenzialità operativa;

- non esiste neppure un autonomo sito Web, ma solamente alcune pagine non interat-tive, raramente aggiornate, che sono state inserite nei siti delle singole ONG.

Per contro a partire dal 2000 si sono avute alcune iniziative pubbliche, essenzialmente con finalità di sensibilizzazione e promozione (per non dire auto-promozione) sotto forma di appelli o statements: - il primo, per il rispetto del Patrimonio culturale nell’ex-Jugoslavia (2000); - quello, purtroppo inascoltato, per il rispetto dei Buddha dell’Afghanistan;30 30 Già nel 1997 Fabio Maniscalco (e l’OPBC in area di crisi), prevedendo il rischio per il patrimonio culturale im-mobile dell’Afghanistan, inviò un appello al Direttore generale dell’UNESCO, che rimase inascoltato.

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- in occasione delle alluvioni in Europa centro-orientale, in seguito al quale ha offerto la propria disponibilità lo Scudo Blu Italiano, tramite le squadre specializzate di Le-gambiente e gli esperti di sicurezza dell’ICOM (i quali tuttavia non hanno avuto l’opportunità di intervenire concretamente sul terreno); - con riferimento alla guerra in Iraq, con i ben noti risultati in termini di sensibilizza-zione: soprattutto da parte di USA e Regno Unito, che solo di recente stanno riconside-rando la loro storica posizione negativa nei confronti di tutti i principi e dello stesso sistema UNESCO di protezione dei beni culturali in situazioni di ogni tipo di conflitto armato internazionale o interno; - per i danni al patrimonio culturale palestinese; - in occasione del terribile uragano Katrina a New Orleans e nel sud degli USA; - infine l’ultimo (luglio 2006) per la tutela del patrimonio culturale in Medio Oriente. Unica vera iniziativa a carattere tecnico e in certa misura propositivo risulta essere sta-to il Documento predisposto in occasione del Meeting UNESCO on Iraqi cultural heri-tage (Parigi, 17 aprile 2003) che tuttavia non mi sembra abbia costituito un evento e-pocale31.

3. L’utilizzo dello Scudo Blu come simbolo di identificazione e protezione dell’ICBS

Come già ricordato, il secondo Protocollo aggiuntivo alla Convenzione del 1954 non codifica in alcun modo eventuali prerogative e competenze operative dell’ICBS in tempo di pace e nelle situazioni belliche o di salvaguardia preventiva. Sarebbe stato invece importante – come è avvenuto per il CICR sin dal 1864 - se non un ricono-scimento di neutralità almeno una qualche forma di garanzia e protezione sul terreno del conflitto, che avrebbe potuto poi eventualmente estendersi per analogia alle si-tuazioni di calamità naturale. Un riferimento a questo proposito si può trovare, al momento, soltanto se si considera l’ICBS tra le “altre organizzazioni umanitarie” tu-telate ai sensi dell’art. 81 – comma 4 – del I Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 197732, o nell’analogo richiamo dell’art. 18 del II Protocollo del 1977. Non si può certo accettare come giustificazione di questo limitatissimo riconoscimento da parte della comunità internazionale l’inadeguatezza strutturale e organizzativa dell’ICBS: allorchè la Convenzione di Ginevra del 1864 attribuì alla Croce Rossa il

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31 Per reperire i testi originali dei documenti si suggerisce di consultare le diverse pagine Web dell’IBCS: in particolare <www.ifla.org/blueshield.htm>, e per l’Italia, la pagina “Scudo Blu Internazionale” della Commis-sione Nazionale UNESCO: <www.unesco.it> e il connesso Centro di Documentazione sulla protezione dei Benculturali realizzato in modo virtuale, a cura e presso la Biblioteca Civica di Moncalvo, in provincia di Asti. 32 Il comma 4 dell’articolo 81 vincola tutte le Parti in conflitto ad accordare “per quanto possibile, facilitazioni (…) alle altre organ zzazioni umanitarie indicate nelle Convenzioni e nel presente Protocollo, che siano debitamente autorizzate dalle parti in conflitti e che esercitino la loro attività umanita ia”.

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ruolo che essa ha poi esercitato per un secolo e mezzo, la situazione non era molto diversa da quella odierna dello Scudo Blu Internazionale, che anzi può contare da subito sulla struttura e il personale di quattro ONG già presenti e attive in tutto il mondo. In questo quadro stupisce molto il fatto che i redattori del II Protocollo del 1999 (così come già quelli della Convenzione del 1954), non si siano assolutamente posti il problema di associare l’uso governativo del simbolo per la protezione dei beni cul-turali, concepito per essere apposto sui monumenti da proteggere nelle situazioni di crisi, a quello da parte dell’ONG che potrebbe essere deputata a promuovere la co-noscenza e l’applicazione della normativa internazionale, cooperando attivamente alla sua applicazione sul terreno. Già in due precedenti occasioni33 avevo avuto modo di sottolineare questo problema che reputo di rilievo centrale nello studio delle cause dello scarso successo della Convenzione dell’Aja del 1954, ma che non ha trovato - almeno sinora - alcuna at-tenzione in sede di processo per la revisione della normativa internazionale, né ha destato interesse nella dottrina contemporanea, così come in quella precedente.34

Lo scarso peso attribuito a questo problema dal Diritto del Patrimonio culturale stri-de con le analoghe disposizioni di Diritto Umanitario che, a partire dalla Convenzione di Ginevra del 1864, avevano immediatamente posto la Croce Rossa quale emblema unico e universale della neutralità delle strutture sanitarie di qualsiasi natura, ed in particolare di quelle appartenenti all’Organizzazione non governativa che avrebbe da allora portato questo stesso nome e simbolo in tutto il mondo, facilitandone la co-noscenza e comprensione universale e quindi un maggiore rispetto. Naturalmente quello appena esposto è solo uno dei possibili punto di vista, e non è neppure condiviso da tutti: anzi una voce assai autorevole, quella di Guido Carducci35, ha di recente espresso un’opinione diametralmente opposta, sostenendo che l’ac-costamento sistematico della Convenzione del 1954 al suo “famoso” emblema di-stintivo36 “becomes rather misleading, as it is more de facto than de jure. Indeed, 33 Si vedano Carcione 1991, 4; Carcione 2000, 121-130. 34 Cfr. il brevissimo cenno a questo tema fatto da Umberto Leanza in Carcione, Ravasi 2003, 67. 35 Carducci 2006, 192; trattandosi del Capo della Sezione dell’UNESCO che si occupa dell’attuazione della Convenzione de L’Aja del 1954 e dei relativi Protocolli non può essere considerata solo come l’opinione di un autorevole studioso della materia, ma anzi può a pieno diritto essere ritenuta la posizione dell’Organizzazione, anche perché espressa in veste ufficiale in occasione di un importante meeting internazionale (la XXVIII Tavola Rotonda dell’IIHL, Sanremo 2-4 settembre 2004); informo, per puro dovere di cronaca, che anche in questa circostanza il Rappresentante dell’UNESCO parlando del II Protocollo non ha menzionato il ruolo dell’ICBS. 36 Certamente non lo si sarebbe potuto definire tale prima del 1996, poiché anzi si trattava di un simbolo pressoché ignoto anche a moltissimi addetti ai lavori: per questo la nota suona perfino un po’ stizzita, quasi a manifestare un certo fastidio per questa improvvisa e un po’ scomoda notorietà dello Scudo Blu, che certo non può essere attribuita all’azione promozionale dell’UNESCO.

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bearing such an emblem is not a compulsory measure for all cultural property subjectto the general protection regime under the Convention”. A riprova di ciò starebbe il fatto che l’apposizione dell’emblema su un monumento non è quasi mai obbligatoria e non aggiunge nulla “di per sé” in termini di obbligatorietà o di modalità della pro-tezione: il che, mi sembra, vale anche per altri segni distintivi e tuttavia non confuta in alcun modo quanto ho sin qui sostenuto, anzi in certa misura lo rafforza; quanto all’obiezione che il valore di recente attribuito all’emblema dello Scudo Blu ai fini della migliore applicazione della Convenzione costituirebbe solo una modifica de facto all’impianto giuridico così infelicemente compilato nel 1954, non mi pare pru-dente liquidarlo con tanta fretta vista l’importanza che la prassi e la consuetudine hanno sempre avuto e hanno tutt’ora nel diritto internazionale

Alla luce di queste considerazioni, e vista l’occasione in cui è stata formulata, l’affermazione potrebbe dunque apparire un tentativo un po’ pretestuoso, sebbene formalmente ineccepibile, di scusare le inadempienze dell’UNESCO ampiamente di-mostrate o di negarne la gravità. Proprio perché non condivido questo approccio minimalista, mi auguro vivamente che, essendo ormai entrato in vigore il II Protocollo del 1999, sia ancora possibile proporre alcune norme tecniche di attuazione che potrebbero trovare recepimento da parte dell’UNESCO nel corso delle procedure di istituzione e attivazione del Comitato intergovernativo e degli altri istituti previsti. Alla luce delle considerazioni già fatte in precedenza si potrebbe prevedere l’obbligo di utilizzare in ogni tempo i tre Scudi blu per segnalare i pochi beni culturali iscritti al Registro della protezione speciale (come tristemente noto, il solo complesso mo-numentale della Città del Vaticano e alcuni rifugi)37; si potrebbe invece stimolare maggiormente l’uso del simbolo per segnalare anche in tempo di pace i beni culturali, ad imitazione di quanto avviene per il segno di croce rossa in riferimento alla materia sanitaria, anche se non si rispettano rigidamente le modalità prescritte dalla Con-venzione dell’Aja del 1954: dovrebbe ad esempio essere espressamente consentita la riproduzione del simbolo su segnali indicatori e cartelli di località storico-artistiche, su opuscoli e pubblicazioni e sulle pertinenze e le strutture adiacenti il bene culturale stesso, il che renderebbe sicuramente più note la forma e le prerogative del misco-nosciuto “scudo inquartato”. 38

37 anche se qualcuno potrebbe avere avuto l’impressione contraria, il nuovo meccanismo della Protezione Raf-forzata istituito dal II Protocollo non ha affatto sostituito quello della Protezione Speciale, che continua quindi a dispiegare i suoi pur limitati effetti. 38 In molti stati, come ad esempio in Belgio e Austria, il simbolo è già usato per segnalare monumenti storici di un certo rilievo, mentre in Svizzera è usato anche per identificare personale, strutture e materiali relativi alla protezione dei beni culturali nell’ambito delle strutture federali, cantonali e regionali di protezione civile (PBC).

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Dovrebbe infine essere fortemente raccomandato (pur sapendo benissimo, come ci ricorda puntigliosamente Carducci, che non è obbligatorio) il segnalamento dei beni culturali che saranno oggetto della protezione rafforzata, presumo con l’apposizione di due Scudi blu dal momento che anche di questo aspetto i redattori del II Proto-collo non si sono minimamante curati.39

Ricordo poi la necessità di rivedere radicalmente le modalità tecniche di utilizzo del simbolo o di segnalazione alternativa, essendo ormai del tutto anacronistica la segnala-zione visiva a distanza, che conserva una certa funzione quasi solo con riferimento alle truppe di occupazione operanti sul territorio adiacente il monumento o il centro monumentale:40 sia per i beni sottoposti a protezione ordinaria che - a maggior ra-gione - per quelli di altissima importanza, sarebbe auspicabile andare ben oltre il semplice segno posto “all’entrata del bene culturale immobile” o sul perimetro del centro monumentale; la segnalazione a distanza dovrà dunque essere realizzata secon-do modalità analoghe a quanto previsto nei Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra del 1977, ad esempio con tecnologie elettroniche (segnali radio o radar) o sistemi luminosi. 41 Poiché a fine ottobre 2006 l’UNESCO ha avviato le procedure di attuazione del II Protocollo del 1999 (che dovrebbe auspicabilmente includere l’aggiornamento del Regolamento di esecuzione della Convenzione de L’Aja o la redazione di un Regola-mento attuativo del Protocollo stesso), è questa forse l’ultima occasione per tentare di rimediare alla grave dimenticanza che ho segnalato. A questo scopo è necessario tentare, per quanto possibile, di uniformare la normativa internazionale sull’utilizzo del simbolo dello Scudo Blu a quella in vigore per la Croce Rossa, proponendo quindi all’UNESCO: a) di attivare i procedimenti necessari per aggiornare con sollecitudine le norme sull’uso del simbolo in tempo di guerra; b) di vincolarne l’utilizzo esclusivo in tempo di pace (fatto salvo l’uso da parte dei Governi) e di consentire l’utilizzo sul terreno di operazioni belliche solamente all’unica ONG riconosciuta a tal fine dalla comunità internazionale (cioè l’ICBS e i suoi Comitati nazionali), come avviene per il CICR, la Federazione e le Società Na-

39 Per inciso, reputo che non sarebbe del tutto fuori luogo proporre subito al nuovo Comitato Internazionale di attribuire d’ufficio tale protezione al maggior numero possibile dei beni e siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO istituita ai sensi della Convenzione di Parigi del 1972, verificando naturalmente la sus-sistenza degli altri requisiti richiesti dall’art. 10 del II Protocollo del 1999 ed in particolare la non destinazione a scopi militari. 40 È quasi scontato il riferimento alla triste sorte del Museo Archeologico di Baghdad, per il quale tuttavia non sarebbe corretto invocare la Convenzione del 1954, che né USA né UK hanno sinora ratificato. 41 Si veda l’allegato I al I Protocollo aggiuntivo dell’8.6.1977, relativo all’identificazione (capitolo III, artt. 6, 7, 8).

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zionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa ai sensi dell’art. 44 della Ι Convenzione di Ginevra del 1949; c) consentire al personale dello Scudo Blu Internazionale e dei Comitati Nazionali l’utilizzo del simbolo su documenti e divise, come già previsto dalla Convenzione de L’Aja per il personale militare; d) demandare legalmente ai Comitati nazionali di vigilare sul corretto utilizzo del simbolo, agendo presso i rispettivi organi governativi in caso di uso abusivo, scorretto o improprio sia in guerra (art. 38 del Protocollo di Ginevra del 1977) che in tempo di pace. Di conseguenza si dovrà permettere all’ICBS e ai suoi Comitati Nazionali anche l’utilizzo del simbolo su stemmi, bracciali e vessilli del proprio personale, come pure su eventuali automezzi o sedi, così come previsto dalla Convenzione dell’Aja del 1954 (art. 15, 17 e art. 21 del Regolamento) applicando analogicamente - per quanto ivi non espressamente previsto – le prassi consolidate relativamente all’uso dell’emblema di neutralità da parte di strutture, personale e mezzi del CICR, della Federazione e delle singole Società nazionali sul terreno del conflitto bellico. Per gli usi in tempo di pace, però, sarà indispensabile differenziare in modo chiaro il simbolo di protezione del Patrimonio culturale dal “logo” che identifica l’ONG interna-zionale del settore: a tal fine sarà sufficiente - ispirandosi ancora una volta al CICR - l’affiancamento dell’indicazione del nome e della data di riconoscimento internazionale.

4. Verso una visibile ed effettiva entità dell’ICBS

Partendo dall’analisi sin qui esposta, mi sono vieppiù convinto della necessità di dare forte impulso e accelerazione al processo – che, come abbiamo visto, è stato sinora assai lento e macchinoso – di rafforzamento dell’identità dell’ICBS e di migliore co-noscenza e consapevolezza dei molti fattori critici. Per questo, in vista della Conferenza del 26 ottobre 2005 all’UNESCO e del meeting ICBS del giorno successivo, avevo ritenuto utile predisporre un memorandum per il Presidente Van Albada, che è stato consegnato anche agli altri componenti della de-legazione (tra cui lo stesso Boylan) e a Jiri Toman, che sta curando per conto dell’UNESCO il commento al II Protocollo del 1999.Le proposte di carattere generale erano: 1) richiedere all’UNESCO un pronunciamento formale (in sede di Regolamento o altro

atto) circa le modalità di segnalamento dei Beni sotto Protezione Rafforzata previsti dal II Protocollo del 1999;

2) ribadire la necessità di un aggiornamento tecnologico delle modalità di segnala-mento dei beni culturali in guerra, da considerarsi alternativo oppure integrativo

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– a seconda dell’opportunità – rispetto all’apposizione dello Scudo Blu; 3) chiedere che sia fortemente raccomandata l’apposizione permanente dei simboli

sulla Città del Vaticano e sugli altri più importanti e conosciuti beni tutelati. Quanto all’ICBS, e ai suoi non semplici - ma fondamentali - rapporti con l’UNESCO e il costituendo Comitato, proponevo di: 1) chiarire quale ruolo operativo si intendesse effettivamente attribuire all’ICBS – al

di là delle funzioni consultive e propositive previste dal II Protocollo - e le relative forme di finanziamento che dovrebbero essere attivate da parte degli Stati e della stessa UNESCO, poiché si tratta di compiti che l’Organizzazione ha voluto nono-stante tutto mantenere, invece di demandarli direttamente all’ICBS e alle sue ONG;

2) sollecitare in particolare, a tal fine, l’attivazione del fondo ex art. 29 del II Proto-collo; in proposito è chiaro che al momento e per lungo tempo, in assenza di un forte sostegno economico e organizzativo e di chiare norme internazionali e na-zionali, nessuno potrebbe chiedere all’ICBS di svolgere qualsiasi attività operativa diretta sul terreno, in situazioni di conflitto o calamità. L’ICBS sarebbe solamente in grado, utilizzando le limitatissime risorse proprie (o meglio delle sue componenti), di avviare attività di: - diffusione della normativa internazionale, del simbolo e del suo significato;

connessa informazione e formazione del personale, civile ed eventualmente anche militare;42

- studio e supporto alla predisposizione di misure di salvaguardia, codificate dall’art. 5 del II Protocollo;

- assistenza tecnica a supporto dell’UNESCO in situazioni di crisi; - coordinamento dell’azione delle quattro ONG ed eventualmente delle altre or-

ganizzazioni civili. 3) operare in vista di un formale riconoscimento della operatività e neutralità di

personale, mezzi e strutture dell’ICBS, che dovrebbero essere protetti dall’emblema; chiedere a tal fine che sia almeno riconosciuta l’applicabilità delle norme di tutela dei due Protocolli di Ginevra del 1977;

4) più in generale, proporre all’UNESCO di richiedere formalmente a tutti gli Stati membri, ed in particolare a quelli che hanno ratificato sia la Convenzione de L’Aja che il II Protocollo, di riconoscere, sostenere e promuovere a livello interna-

42 Henckaert (1999, 595) evidenzia l’affinità con l’esperienza del CICR e delle sue Società nazionali nell’azione di diffusione - che definisce “essenziale” - per il rispetto e la concreta attuazione del DIU; Toman 1994, 298, sembra a sua volta privilegiare la via della stretta collaborazione tra l’UNESCO e lo stesso CICR, depositario e garante del Diritto Internazionale Umanitario, pur di non ammettere l’opportunità di un ruolo più forte e attivo delle ONG culturali che nel 1996 hanno fondato l’ICBS.

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zionale e nazionale i Comitati dello Scudo Blu, anche in conformità all’art. 17 della Convenzione di Parigi del 197243; dovrebbe soprattutto essere chiarito una volta per tutte che l’ICBS ha natura e caratteristiche di ONG di rilevanza interna-zionale ausiliaria dei poteri pubblici, così come il CICR e le sue Società Nazionali;

5) autorizzare in modo solenne e definitivo44 l’ICBS e i suoi Comitati Nazionali ad utilizzare per tutte le proprie attività, e quindi anche in tempo di pace, il simbolo dello Scudo Blu, il che a tutt’oggi non è previsto dalla normativa internazionale;

6) infine, ottenere che alle riunioni del nuovo Comitato sia sempre invitato il Presi-dente dell’ICBS o un suo rappresentante, in particolare quando sono in discussione temi di interesse delle ONG; secondo l’art. 27 del II Protocollo, invece, il Comitato “può invitare” l’ICBS esattamente alla pari di tutte le altre “più importanti orga-nizzazioni professionali tra quelle che hanno formali relazioni con l’UNESCO”.45

Per dare concretezza a queste proposte occorre che sia costituito un ufficio di rap-presentanza permanente dell’ICBS presso il Comitato per la Protezione dei Beni Cul-turali nei Conflitti Armati, ed eventualmente anche presso il Comitato del Patrimonio Mondiale (per la connessa Lista del Patrimonio in pericolo, art. 11 della Convenzione di Parigi del 1972); questo consentirebbe di risolvere - almeno in modo parziale e indi-retto - il rebus del Segretariato permanente dell’ICBS, senza comportare per l’UNESCO l’erogazione di fondi. Ho in ultimo suggerito di richiedere e attivare formali rapporti di consultazione reci-proca e permanente non solo con UNESCO e ICCROM, ma anche con CICR, IIHL, UNIDROIT, Consiglio d’Europa e le altre organizzazioni internazionali, professionali e non, che abbiano certamente “formali relazioni con l’UNESCO”, ma che garantiscano anche serietà e concretezza nella promozione e attuazione delle misure di salvaguardia. Inutile dire che di tutto ciò non si è fatto alcun cenno nell’occasione del 26 ottobre 2005, e neppure ho speranza che siano stati valutati e compresi a fondo: è il pro- 43 L’Articolo 17 stabilisce infatti che “gli Stati Parti di questa Convenzione considereranno o incoraggeranno la creazione di fondazioni o associazioni nazionali, pubbliche o private il cui fine sia quello di sollecitare donazioni per la protezione del patrimonio culturale o naturale”; credo sia ovvio che l’indicazione del fine di fund raising non si debba intendere in senso limitativo ma piuttosto propositivo. 44 Non può infatti ritenersi soddisfacente il pronunciamento favorevole espresso verbalmente dal referente dell’UNESCO presso l’ICBS: ottenuto, peraltro, solo dopo diverse sollecitazioni per iscritto e in occasione di riunioni ufficiali, benché si tratti di una questione che a mio sommesso avviso non avrebbe neppure dovuto porsi. 45 Non appare banale chiedersi quali possano essere queste organizzazioni, nel novero delle centinaia di soggetti disparati che operano in collaborazione o comunque nell’ambito dell’UNESCO; sarebbe auspicabile a tal fine una selezione estremamente mirata a soggetti di effettiva rilevanza e presenza internazionale, con garanzie di autorevolezza, indipendenza e soprattutto con competenza nel campo specifico della protezione preventiva e dell’intervento nel corso delle situazioni di conflitto o calamità, da distinguersi accuratamente dalla semplice attività in ambito culturale, anche di tutela e restauro. Non esito a sostenere che se l’UNESCO applicherà rigo-rosamente questi criteri saranno ben pochi i soggetti idonei a svolgere questo ruolo.

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blema che hanno i giuristi nel dialogare con i tecnici della cultura. Resta però il fatto che al termine di quella faticosa giornata, grazie all’impegno di tutti noi (rassicurati dall’imponente presenza di Boylan) e alla collaborazione della Delegazione della Romania che ha presentato alla presidenza l’indispensabile proposta di emendamento, è stato possibile conseguire alcuni importanti risultati, in primis nella seduta del mattino, assai più significativa per numero di Stati ufficialmente presenti (tra cui ovviamente non c’era l’Italia, “rappresentata” solo da una non in-formata stagista) e per portata universale dei temi trattati. Al termine sono state appro-vate alcune importanti Raccomandazioni, una delle quali - lascio al lettore il difficile compito di individuare quale - non figurava affatto nella bozza predisposta dal Segre-tariato dell’UNESCO:

«Sixth meeting of the high contracting parties to The 1954 Hague Convention for the protection of cultural property in the event of armed conflict

46 Adopted recommendations: The High Contracting Parties to the Convention for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict (The Hague, 1954): 4. INVITE the Director-General to identify the means to strengthen the human and financial resources of the Secretariat in charge of the 1954 Hague Convention and its two Protocols. 5. INVITE the Director-General to recognize the important role of the International Committee of the Blue Shield (ICBS) and its constituent bodies, and of the Red Cross and Red Crescent Movement, together representing civil society, in promoting and advancing the understanding of the Hague Convention and its two Protocols.»

Invece nella sessione pomeridiana, nobilitata dalla breve ma significativa apparizione del Direttore Generale, avendo perso l’appoggio diretto della Romania (assente in quanto non parte al II Protocollo) e dovendoci rivolgere ad altri delegati meno avveduti, proprio quando era il momento di portare a termine l’opera vincolando - almeno politicamente - il Segretariato a instaurare una relazione privilegiata, costante e du-ratura con l’ICBS in sede di prima attuazione dello stesso Protocollo, si è finito per perdere incisività e lucidità, ottenendo dal testo finale delle storiche Raccomandazioni della I Conferenza delle alte Parti al II Protocollo del 1999 solo un blando – ma non per questo inutile - richiamo al puntuale rispetto di quanto già previsto dal protocollo stesso:47

46 Parigi, 26 ottobre 2005. Sottoscrizione: UNESCO. 47 Ovviamente si tratta sempre solo della convocazione alle riunioni in veste consultiva. Alla luce di questo esito appare un po’ troppo ottimistica l’affermazione di Patrick Boylan, secondo cui l’ICBS – in virtù del suo ruolo di rappresentanza della “società civile” – avrebbe avuto dall’UNESCO un ruolo “chiaramente definito”, essendo inve-stito di un importante ruolo consultivo permanente presso il Comitato e di assistenza regolare alle riunioni delle Alte Parti; l’Autore dava per scontata, anche, l’attribuzione all’ICBS di un ruolo consultivo nell’attuazione operativa del Comitato, richiamando l’analogo mandato di ICOMOS e ICCROM presso il WHC (in Koch 2003, 15-16).

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«First meeting of the parties to the second protocol to The 1954 Hague Convention for the protection of cultural property in the event of a med conflictr

48[…] Adopted recommendations The State Parties to the Second Protocol to the 1954 Hague Convention for the Protec-tion of Cultural Property in the Event of Armed Conflict, 5. Requests the Director-General to invite the organizations mentioned in Article 27, paragraph 3, of the Second Protocol as Observers to the first meeting of the Committee.»

Ben altro significato avrebbe avuto, invece, l’esplicita menzione almeno dell’ICBS (meglio ancora se non associato alle quattro ONG) non soltanto come “una delle or-ganizzazioni menzionate” quali possibili partecipanti a titolo consultivo per l’assistenza all’esercizio delle funzioni del Comitato, chiamate - tutte in pari misura - a cooperare e a segnalare beni culturali da sottoporre a protezione rafforzata, ma quale unico soggetto internazionale specificamente creato, formalmente sotto l’egida della stessa UNESCO, per coordinare le attività di salvaguardia e protezione del patrimonio, il che costituisce anche l’unica competenza del Comitato stesso. Il successivo dinner tra la delegazione dell’ICBS e alcuni alti funzionari dell’UNESCO non ha prodotto ulteriori significativi passi avanti; anzi in quell’occasione è stato in-formalmente affermato che l’intera rete di competenze e alcune migliaia di esperti dell’ICBS e delle sue ONG non poteva fare nulla di utile per dare supporto al complesso lavoro dei pochissimi funzionari dell’UNESCO49. È proprio questo, io credo, il punto nodale dell’attuale fase di stallo della nostra vicen-da e, per conseguenza, del rapporto tra l’ICBS e i suoi interlocutori di ogni ambito e livello: la necessità, cioè, di portare la questione sul piano tecnico e professionale, uscendo dai palazzi dell’UNESCO e delle cancellerie per andare sul campo: nei siti, vicino ai monumenti, all’interno di musei, biblioteche e archivi, dove serve competenza, esperienza e operatività. La strada in questo senso è già stata tracciata dall’ICOMOS, che ha saputo guadagnarsi negli anni un ruolo di indiscusso prestigio mondiale nell’ambito delle procedure di attuazione della Convenzione del Patrimonio Mondiale50. Ma per poter fare fronte a questo livello di impegno, qualitativo ed anche quantitativo (nel senso della possibilità di presenza diffusa e immediata sul terreno) è indispensabile che l’ICBS possa contare da subito su staff di esperti nei vari settori disciplinari, per i quali può essere di naturale riferimento il sistema di Comitati internazionali e nazionali

48 Parigi, 26 ottobre 2005. Sottoscrizione: UNESCO. 49 Non è dunque casuale il fatto che Jan Hladik, Specialista di questo programma nell’ambito della Divisione del Patrimonio culturale, nel suo ampio e significativo intervento in occasione della Riunione di esperti del CICR svoltasi nel 2000 ometta anche soltanto di citare l’ICBS e le altre ONG, trattando delle attività dell’UNESCO in materia: cfr. Dutli 2001, 57 ss. 50 Si veda a questo proposito la pagina web <www.international.icomos.org/world_heritage_fre/index.html>, ed in particolare il recente documento del Comitato Esecutivo dell’ICOMOS Principes d’application du mandatde l’ICOMOS pour le Patrimoine Mondial (2006).

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che le singole ONG (ICOM e ICOMOS in particolare) hanno creato da tempo e che già operano - mobilitando e coordinando centinaia di esperti in tutto il mondo - in settori essenziali per l’ICBS come gli aspetti legali e organizzativi, la sicurezza, la cataloga-zione, la conservazione, la cartografia, ecc. A titolo di esempio segnalo il sostegno assicurato al Segretariato dell’ICOMOS - e, per suo tramite, all’ICBS - da alcuni componenti dell’ICLAFI: questo sostegno, nato in modo alquanto estemporaneo proprio in occasione della preparazione della Conferenza del 26 ottobre, si è poi “istituzionalizzato” nella riunione annuale del Comitato del mese successivo:

«ICOMOS - International Scientific Commit ee on Legal, Administrative and FinancialIssues (ICLAFI)

t

51 Resolutions (...) 3. Reports The committee received reports from Massimo Carcione and Sergiu Nistor on the meeting of the state parties to the second protocol to the 1954 Hague convention, at the UNESCO Headquarters in Paris. The committee invites the executive committee to consider appointing ICLAFI to pre-pare for ICOMOS’s participation at the ICBS meeting, the committee of the second protocol of the Hague Convention, as well as at the meeting of the state parties to the above conventions.»

5. Occorre una Federazione Internazionale dello Scudo Blu?

Il presupposto per la nascita dei Comitati Nazionali dello Scudo Blu è stata la constata-zione che gli sforzi delle diverse istituzioni, organizzazioni ed associazioni attente al problema e attive in questo settore (sinora in modo quasi sempre disgiunto e scoor-dinato) necessitavano di essere in qualche modo coalizzati all’interno di strutture unitarie ma flessibili, autorevoli ma indipendenti dai Governi, mirate a sensibilizzare l’opinione pubblica, a sollecitare e sostenere i Governi stessi, così come fanno da de-cenni le Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Dopo un iniziale periodo di semi-anarchia, testimoniata dalle radicali e un po’ scon-certanti differenze tra gli statuti dei primi soggetti nati, ad esempio in Francia e Belgio, le modalità di corretta costituzione dei Comitati Nazionali sono state fissate con un documento approvato dall’ICBS nel corso del Meeting dell’8 giugno 2001, a Parigi: alla base del documento sta la già menzionata Carta di Strasburgo, tramite l’espresso richiamo ai sei principi fondamentali:

«Requirements for National Committees of the Blue Shield The following requirements to be met by national initiatives that wish to seek recognition

51 Bruxelles, 26 novembre 2005. Sottoscrizione: ICLAFI.

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as national Blue Shield committees. 1. Initiatives for establishing a national committee of the Blue Shield should fully recognise the ICBS Charter as adopted by ICBS in Strasbourg, 14 April 2000: - In order to protect endangered cultural heritage, the International Committee of the

Blue Shield has been created in 1996 by the four non-governmental organisations, which represent professionals active in the fields of archives, libraries, monuments and sites, and museums.

- In the framework of the Hague Convention (1954) for the protection of cultural property in the event of armed conflict, ICA (International Council on Archives), ICOM (International Council of Museums), ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), and IFLA (International Federation of Library Associations and Institutions) have taken up the emblem of the Convention as symbol of the In-ternational Committee of the Blue Shield.

- The four organisations have decided to work together to prepare for, and respond to, emergency situations in case of armed conflict or natural disaster that could affect cultural heritage.

- They respect the following principles: joint actions, independence, neutrality, profes-sionalism, respect of cultural identity, work on a not-for-profit basis.

2. Initiatives for establishing a national committee of the Blue Shield should have the support of the national representatives of all four non-governmental organisations listed above, which together form the ICBS. In case of doubt, the bureaux of the four non-governmental organisations will decide on the respective representational claims. 3. An appropriate representative of initiatives to establish a national committee of the Blue Shield should inform the ICBS of the membership, contact addresses, meeting schedules and agendas and relevant national events of the proposed national committee. 4. An appropriate person or organisation on behalf of initiatives to establish a national committee of the Blue Shield may request the ICBS to grant official recognition. The ICBS has the sole right to decide whether to accord such recognition.»

Ritengo almeno singolare, per inciso, il fatto di porre regole per i soggetti di secondo livello in assenza di una puntale ed esaustiva definizione delle caratteristiche e delle modalità concrete di azione dell’organizzazione primaria, le quali dovrebbero essere definite e rese universalmente note (anche all’esterno) attraverso il tradizionale strumento dello statuto, qualunque sia la natura giuridica che sarà ritenuta ottimale e quindi scelta dall’ICBS. Ho già avuto modo di sottolineare52 che queste strutture, una volta ottenuto il rico-noscimento ufficiale dell’ICBS53, devono innanzitutto attrezzarsi per poter svolgere 52 Cfr. Maniscalco 2002, 107-117. 53 Posso testimoniare, per esperienza diretta nell’ambito della procedura di istituzione dello Scudo Blu Italiano, che neppure questa elementare quanto fondamentale procedura è stata codificata dall’ICBS, il quale nel nostro caso si è espresso “ufficialmente” solo tramite un’e-mail inviata dalla segreteria, e solo dopo ripetute sollecitazioni del sot-toscritto: senza arrivare ai bizantinismi della burocrazia italiana, credo non sarebbe stato esagerato aspettarsi alme-no una lettera in carta intestata firmata dal Presidente dell’ICBS, la quale avrebbe dovuto auspicabilmente essere inviata non solo al Comitato promotore ma anche alla Commissione Nazionale per l’UNESCO e al Governo.

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le funzioni previste dalla Convenzione de L’Aja del 1954 e dai suoi Protocolli, in modo autonomo o per conto dello Stato, come ad esempio la predisposizione ai fini della trasmissione all’UNESCO della Relazione periodica sullo stato di applicazione della Convenzione oppure la proposta di personalità in grado di assumere il ruolo di Commissario Generale ai Beni Culturali, da inserire nell’apposita Lista internazionale tenuta presso l’UNESCO, come pure di Ispettori ed Esperti o comunque di collaboratori o consulenti in materia. Rientrano in questo ambito, seppure in modo meno diretto, anche lo studio, l’organizzazione e la gestione di attività continuative e organiche di diffusione e formazione54 per il personale militare e civile, di progetti e missioni di cooperazione internazionale55, come pure l’organizzazione di strutture di coordinamento e prontointervento, nel rispetto delle competenze dei diversi organi dello Stato, in vista delle eventuali situazioni di calamità o di rischio per il Patrimonio nazionale.

Non si tratta, purtroppo, di questioni scontate, anzi: esiste una generale incertezza su cosa ci si possa e debba aspettare da un Comitato Nazionale, compatibilmente con le sue limitatissime risorse ed energie. Alcuni di questi problemi, sovente comuni a tutte le realtà, altri propri di ciascuna di essi, sono emersi in modo evidente nell’occasione del primo Blue Shield Meeting, che però non ha saputo (o voluto) de-dicarvi adeguato spazio; forse perché la finalità prima del congresso era ancora di decidere il destino dell’ICBS e solo in base a questa scelta dare, in seguito, un indirizzo definitivo per lo sviluppo dei C.N. esistenti e la nascita di nuovi. La reazione della decina di delegati partecipanti, tanto signorile quanto risoluta, si è concretizzata nell’utilizzo della pausa caffè della seconda giornata (svoltasi al Bar Piccadilly di Torino, proprio di fronte al nuovo Museo di Storia contemporanea che ospitava il congresso) per discutere e approvare un breve documento, poi sottoposto all’ICBS che l’ha condiviso, almeno in uno dei suoi aspetti più significativi: dalla successiva riunione, infatti, è sempre stato invitato un rappresentante designato dai Comitati Nazionali:

«Piccadilly Cafe Declaration56

The representatives of the national Blue Shield Committees recognised by the Interna-

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54 Si veda in proposito l’analisi svolta in Carcione 2002c. 55 L’Italia può andare orgogliosa di annoverare probabilmente l’unico esempio in tal senso, costituito dall’attività di Fabio Maniscalco e dell’Osservatorio per la Protezione dei Beni culturali in area di Crisi (I-SFORM) di Napoli di cui sono testimonianza i molti volumi e saggi curati dallo stesso Maniscalco, tra cui: Frammenti di sto ia venduta. I tesori di Albania, Napoli, 1998; Kosovo e Metohija 1998-2000. Rappo o pre-liminare sulla situazione del patrimonio cul urale, Napoli, 2000; World Heritage and War, Napoli, 2006. Sulla precedenza esperienza in Bosnia si veda anche Sarajevo. I inera i artistici perduti, Napoli, 1997. 56 Torino, 24 luglio 2004.

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Massimo Carcione

tional Committee of the Blue Shield (ICBS) attending the Blue Shield International Meeting held in Torino, Italy 23rd to 24th July 2004 met together and agreed the fol-lowing principles: (…) To explore the possibility of holding regular meetings together To invite existing and new national Blue Shield committees recognised by the ICBS to work together to support and promote Blue Shield activities To nominate a representative of the national Blue Shield committees to represent the national Blue Shield committees at ICBS Board meetings (or a substitute if the nomi-nated member is unable to attend) The nominated representative of the national Blue Shield committees will act, initially, as co-ordinator for a twelve month period The nominated representative of the national Blue Shield committees will report the meetings of the ICBS attended to the national Blue Shield committees (…) The representatives of the national Blue Shield committees identified a number of priority issues and agreed to initiate working groups to prepare reports for the next meeting of the ICBS in October 2004: - Resources to support the work of the national Blue Shield committees - Development of organisational structures for national Blue Shield committees - Identification of core activities of the Blue Shield - Liaising with and developing training for armed forces The representatives (…) urge the ICBS to hold regular joint meetings, at least annually, to support the aims of the Blue Shield and initiatives (…).».

Giova ricordare che attualmente i Comitati nazionali ufficialmente costituiti sono 11 (oltre ai partecipanti al Meeting di Torino ci sono Benin e Olanda), mentre altri 16 risul-tano a vari livelli in via di costituzione; tra questi, ben 12 sono europei e solo 3 sono africani, ma sono rappresentati anche il continente americano, l’Asia e l’Oceania.57

Mi permetto di rilevare, pur avendo vissuto in prima persona le enormi difficoltà e l’assenza assoluta di qualsiasi sostegno istituzionale da parte dei Governi - ma anche la limitata collaborazione dalle Commissioni nazionali UNESCO – che anche un totale di 27 Comitati nazionali è certo ragguardevole, ma ancora insoddisfacente per poter definire a pieno titolo lo Scudo Blu In e nazionale una vera “rete” mondiale di relazioni e competenze nel settore della salvaguardia del patrimonio culturale.

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A questo proposito, nel corso del meeting ICBS del 27 ottobre 2005 ho proposto di invitare a uno dei prossimi mee ing il Presidente della Lega internazionale delle Socie à per la protezione dei Beni culturali – che a sua volta include analoghe associazioni costituite, oltre che in Italia e Austria, anche in Svizzera, Germania, Spagna e Romania58 – cosa che però sinora non è avvenuta: credo non sia tardi per tentare di attribuire alle SPBC già costituite il riconoscimento della funzione di Comitati Nazionali dello Scudo Blu, con la sola condizione che coinvolgano istituzionalmente e in modo

57 Si veda la situazione aggiornata nel sito web dell’ICBS <www.ifla.org/icbs>. 58 L’elenco delle Società Nazionali per la PBC è reperibile nel sito: <www.sipbc.it>.

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continuativo nella loro attività i referenti nazionali di ICOM, ICOMOS, ICA e IFLA. Ovviamente nelle situazioni di compresenza, come in Italia, è necessario trovare una forma di civile coesistenza e collaborazione, se non di integrazione: il che pone non poche difficoltà, come ben si potrà comprendere tra breve.

6. I Comitati nazionali: l’esempio italiano, ovvero dell’incapacità di cooperare tra operatori culturali

Se collochiamo la vicenda nel quadro nazionale italiano, e quindi in una situazione del tutto peculiare per ricchezza e varietà di patrimonio, complessità di legislazione, pluralità di soggetti pubblici e privati – alcuni “storici”, altri di recente costituzione, ma tutti ugualmente afflitti da cronica carenza di risorse e incomunicabilità recipro-ca59 – le difficoltà riscontrate a livello internazionale dallo Scudo Blu acquistano ancora maggiore rilevanza e complessità. Risultano pertanto indispensabili alcuni strumenti di responsabilità governativa, che magari non sono altrettanto necessari in altre realtà nazionali, anche solo perché già esistono o non se ne sente la necessità; poiché ho già avuto modo di esplicitarli in occasione della pubblicazione di una serie di articoli divulgativi sul tema60 mi limito a citare a titolo di esempio solamente l’inserimento da parte delle Autorità preposte – in modo organico, consapevole e quindi a pieno titolo – della tematica e delle problematiche della protezione dei beni culturali nei programmi di difesa civile e nel piano nazionale di protezione civile, sulla base di un’accurata e completa analisi dei rischi e di una seria pianificazione e programmazione degli interventi in ogni situazione di necessità,61 naturalmente sotto la responsabilità primaria di una struttura pubblica chiaramente predefinita.

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59 La problematica è ampiamente trattata nel saggio Carcione 2001, più volte ripubblicato a scopo divulgativo e di sensibilizzazione nelle diverse riviste specializzate delle stesse istituzioni coinvolte nel progetto. 60 Cfr. Carcione 2001, 2002b e le altre pubblicazioni connesse, nelle quali facevo in particolare riferimento alla necessità di: - implementazione e completamento della Carta del Rischio nazionale; - aggiornamento del Piano nazionale di Protezione Civile; - inserimento di un esperto in sicurezza del patrimonio nelle strutture di Protezione Civile; - istituzionalizzazione della figura dell’addetto alla manutenzione preventiva dei beni culturali; - diffusione di manuali tecnici; - possibilità di svolgere attività di esercitazione pratica; - avvio di campagne nazionali e regionali di valutazione e verifica dei rischi; - istituzione di un numero telefonico di eme genza per i beni culturali. 61 Tra queste non si può più, ormai, trascurare anche il rischio determinato dal fattore terrorismo, che lo si voglia considerare una problematica interna agli Stati oppure, secondo una tendenza oggi prevalente nell’opinione pubblica seppure assai discussa dalla dottrina, come fattispecie per certi versi assimilabile ai conflitti armati; cfr. Carcione 2002a.

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Tutto ciò richiede, ovviamente, un adeguato e congruo finanziamento nazionale del programma o, se si preferisce, dei singoli progetti, i quali non devono essere di ne-cessità gestiti direttamente dal Comitato Nazionale dello Scudo Blu, ma magari pos-sono avvalersi di uno o più dei suoi organismi aderenti, o dell’apporto coordinato di essi con altri soggetti pubblici convenzionati, esattamente come avviene nel settore sanitario del “118” o negli altri ambiti della Protezione Civile. Proprio nella prospettiva di arrivare un giorno a realizzare anche solo una parte di questo ambizioso programma, nella primavera 2001 si erano incontrati una prima volta i rappresentanti delle quattro istituzioni italiane più attive nei settori della Pro-tezione dei Beni Culturali e della diffusione dei relativi principi giuridici internazionali; nel documento, noto come “Dichiarazione di Acireale”, esse si sono trovate d’accordo nell’affermare che era necessario arrivare entro breve all’avvio della procedura costitutiva.

«Dichiarazione di intenti per la costituzione del “Comitato italiano dello Scudo Blu”:62 Su iniziativa della SIPBC, i rappresentanti di ONG attive nei settori della Protezione dei Beni Culturali e della diffusione dei relativi principi giuridici internazionali (“Diritto In-ternazionale del Patrimonio”), (…) si impegnano a operare congiuntamente, nel pieno rispetto delle rispettive prero-gative e della reciproca autonomia, per costituire quanto prima il “Comitato italianodello Scudo Blu”, promovendo inoltre l’adesione di tutte le altre ONG operanti a livello nazionale nel settore (ed in particolare delle emanazioni nazionali di ICOMOS, IFLA e ICA), nonché una collaborazione attiva e operativa con l’UNESCO e l’ICCROM, con le strutture governative (in particolare Difesa, Beni Culturali e Protezione Civile), con gli Istituti specializzati sopra menzionati, con il Comando TPA dei Carabinieri, con le So-printendenze, le Regioni e gli Enti Locali.»

Su questi presupposti le organizzazioni aderenti - cui si sono subito aggiunte anche il Comitato Italiano dell’ICOMOS, l’AIB (IFLA) e l’ANAI (ICA) - si sono impegnate a operare congiuntamente, nel pieno rispetto delle rispettive prerogative e della reciproca autonomia, sollecitando a tal fine l’adesione di tutte le altre istituzioni operanti a livello nazionale nel settore, nonché una collaborazione attiva e operativa con l’UNESCO e l’ICCROM, con le strutture governative e con gli Istituti Specializzati del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Proprio in questo spirito a partire dal 2001 si sono potute tenere le prime riunioni del Comitato Promotore, presieduto da Arturo Marcheggiano, mitico e tenace pre-cursore della PBC in Italia: due incontri si sono svolti presso il Ministero degli Affari Esteri alla Farnesina, uno al Ministero per i Beni Culturali e l’ultimo alla Commissione Nazionale UNESCO, e hanno visto arrivare a venti il numero dei soggetti pubblici e

62 Acireale, 26 marzo 2001. Sottoscrizione: SIPBC, ICOM Italia, IIHL, Comando TPC dei Carabinieri. Adesione formale: Osservatorio PBC di Napoli.

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privati a diverso titolo interessati al progetto. Nel 2002 la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO ha inserito ufficialmente il progetto tra le proprie attività istituzionali, offrendosi anche di ospitarlo nella sua prestigiosa sede di Palazzo di Firenze, a Roma, e dandone poi la notizia ufficiale at-traverso due comunicati stampa diffusi a livello nazionale; in seguito (2004) anche la Federazione Italiana dei Centri e dei Club UNESCO (FICLU) ha aderito al progetto. Al termine di questo complesso iter, nel Meeting ICBS del 18 novembre 2002 è stata formalmente approvata da parte del Comitato Internazionale l’istituzione di un Co-mitato Italiano sulla base della bozza di Statuto approvata dai promotori, di cui si è infine iniziata la fase di approvazione da parte delle singole organizzazioni aderenti.

«Statuto del Comitato Ita iano dello Scudo Blu per la protezione del Patrimonio cultu-rale in caso d’urgenza e nelle situazioni eccezionali:

l

63

(...) 1. Principi costitutivi - Lo Scudo blu italiano (SBI) (…) è un organismo a carattere associativo finalizzato al coordinamento di organizzazioni non governative, associazioni, istituzioni ed enti culturali d’interesse e rilevanza nazionale. (…). Esso è ausiliario dei pubblici poteri e opera nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela dei beni culturali e delle altre norme di diritto privato. (…) 2. Caratteristiche e scopi - Lo SBI è un’Associazione di persone giuridiche, liberamente costituita, che si propone il raggiungimento, in modo diretto o attraverso l’azione concorde e solidale dei suoi componenti e degli organi della Pubblica Amministrazione, dei seguenti scopi: - promuovere presso le Istituzioni pubbliche o private competenti e presso gli operatori specializzati in materia di beni culturali, la cultura della sicurezza, della protezione e della salvaguardia del Patrimonio dell’Umanità, al fine di tramandare, intatti, i beni culturali che si trovano nello Stato italiano sia in caso di conflitto armato che di calami-tà naturali prendendo, fin dal tempo di pace, le opportune predisposizioni, dettate dalle convenzioni internazionali sottoscritte ed in vigore; (…) - promuovere, per quanto possibile, tutti gli sforzi per la salvaguardia e il rispetto (preservando le esigenze della fruizione da parte dei cittadini) dei Beni Culturali situati sul territorio nazionale, ed in particolare di quelli iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale; - vigilare sul corretto utilizzo del simbolo dello Scudo Blu in Italia, nel rispetto delle norme internazionali. (…) 3. Attività nazionali - Lo SBI contribuisce (…) alla diffusione ed all’applicazione della lettera e dello spirito della Convenzione dell’Aja del 1954 e sue successive modificazioni, nonché della Convenzione di Parigi del 1972 e di ogni altra convenzione in materia, purché ratificate dall’Italia; promuove altresì il coordinamento con tali norme e l’effettiva applicazione della normativa nazionale e regionale in materia di salvaguardia,

63 Roma, 12 febbraio 2003. Sottoscrizione: ICOM Italia, Comm. Naz. ICOMOS, ANAI, Osservatorio PBC, Le-gambiente, Italia Nostra, FICLU; in attesa di sottoscrizione: AIB, SIPBC, altri Osservatori: IIHL, UNIDROIT, Commissione Nazionale per l’UNESCO, Forum UNESCO Università e Patrimonio, strutture e uffici statali.

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conservazione e sicurezza del Patrimonio. Sostiene gli organi pubblici competenti, a livello nazionale, regionale e locale, mediante convenzioni, protocolli d’intesa, raccomandazioni e proposte di collaborazione tecnica nell’esecuzione della loro missione di protezione dei beni culturali in tutte le situazioni di rischio. In particolare, promuove e sostiene il segnalamento dei beni culturali me-diante l’apposizione del simbolo (...) e gestisce, d’intesa con le strutture pubbliche, il coordinamento dell’azione delle Istituzioni aderenti in ogni situazione di crisi. 4. Relazioni internazionali - Lo SBI costituisce l’emanazione nazionale dell’ICBS, e lo rappresenta in Italia a tutti gli effetti. Esso opera d’intesa con l’UNESCO - tramite la Commissione Nazionale italiana - e con gli altri Comitati Nazionali dello Scudo Blu, assicurando e promovendo lo scambio di esperienze tecniche e pratiche. (…) Esso può fornire, su richiesta dello Stato o delle stesse Organizzazioni internazionali, e-sperti e tecnici specializzati per missioni di assistenza o cooperazione internazionale (…)».

Quindi attualmente in Italia esiste un Comitato Nazionale senza personalità giuridica, configurato analogamente all’ICBS, in attesa di una struttura giuridica e organizzativa autonoma; la sua prima riunione si è svolta a Torino il 24 luglio 2004, a margine del Blue Shield International Meeting, ma ad oggi è restata anche l’unica.64

Purtroppo, infatti, il ritardo da parte dell’Italia nel completare l’iter di ratifica del II Protocollo del 1999, lo scarso interesse dimostrato dalle Istituzioni e la pervicace a-zione di ostacolo e disturbo (per non parlare di esplicito sabotaggio…) da parte di alcuni tra i soggetti che pure erano stati nominalmente tra i promotori principali di questo processo65, hanno impedito per ben due anni la convocazione di nuove riunioni e qualsiasi seria attività coordinata e condivisa; a nulla sono valse alcune iniziative dei soggetti più convintamente coinvolti66, tra i quali corre l’obbligo di citare – e non solo per dovere di ospitalità – l’azione dell’Osservatorio per la Protezione dei Beni Culturali in area di Crisi di Napoli, che ha promosso l’unico serio appello nazionale per

64 La scarsissima (se non nulla) attività dello Scudo Blu Italiano appare in stridente contrasto con l’attenzione e l’apprezzamento sempre manifestato a livello internazionale dall’ICBS ed in particolare dall’ICOM, che ha anche invitato l’Italia a presentarsi come “caso di studio” in occasione del convegno internazionale del MEP a Hyderabad: cfr. Menegazzi 2004, 159-167. 65 Particolarmente dannoso e inspiegabile è stato l’atteggiamento assunto proprio dalla SIPBC, la quale aveva promosso nel proprio congresso del 2001 la “Dichiarazione di Acireale” e poi coordinato – attraverso la figura del suo presidente pro tempore Arturo Marcheggiano – tutto l’iter di promozione; il successivo avvento di una personalità di assoluto prestigio e livello internazionale come il Gen. Roberto Conforti alla presidenza dell’Associazione aveva determinato l’unanime condivisione della sua proposta quale primo presidente dello SBI e quella del prof. Umberto Leanza (anch’esso autorevole esponente della SIPBC, ma soprattutto plenipo-tenziario dell’Italia alla Conferenza de L’Aja del 1999) come presidente del Comitato Scientifico. Solo un impe-to di autolesionismo può quindi giustificare (non lo potrebbero certo né la gelosia né il timore di offuscamento) la loro mancata sottoscrizione dello Statuto del Comitato, che tutt’ora blocca di fatto ogni attività. 66 Molto interessanti sono l’iniziativa pilota di formazione e qualificazione del volontariato svolta dalle squadre della protezione civile di Legambiente (ufficialmente riconosciuta dal Dipartimento della Protezione Civile e per suo tramite dal MiBAC), la collaborazione del Comitato Italiano dell’ICOMOS al Rapporto Heritage at Riske il Dizionario per la sicurezza dei Musei dell’ICOM-ICMS.

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la ratifica del II Protocollo del 1999, ha realizzato una serie di strutture di documen-tazione on-line - tra cui anche lo stesso WJCP - ma soprattutto ha promosso e at-tuato l’importante campagna di sensibilizzazione Uno Scudo Blu per la Palestina, che ha comportato anche la concreta apposizione del simbolo internazionale di pro-tezione su numerosi monumenti a rischio della Palestina: di questa esperienza di in-tervento “sul terreno”, settore in cui l’Italia non può esimersi dallo svolgere un ruolo guida a livello internazionale, è ampia e approfondita testimonianza il volume edito dallo stesso Osservatorio a cura del suo direttore, Fabio Maniscalco67

Per concludere, si può quindi affermare che tanto per il Comitato Italiano che per gli altri suoi omologhi si pone, a questo punto, la questione fondamentale della creazione non occasionale di relazioni istituzionali e operative tra lo stesso ICBS, la rete dei Comitati Nazionali (e quindi anche di tutte le diverse organizzazioni che ne fanno parte), l’UNESCO e le sue Commissioni Nazionali, che dovrebbero costituire il tramite più formale e istituzionale con i rispettivi Governi. Ma non si può trascurare a tal fine il fatto – ampiamente dimostrato nel corso di questa disamina - che mancano ancora le norme giuridiche internazionali e nazionali sulle quali costruire un forte e convinto supporto intergovernativo e governativo al progetto Blue Shield, che infatti ancora oggi manca quasi ovunque, pregiudicando i-nevitabilmente la disponibilità di un adeguato sostegno economico e organizzativo. Il rischio è che il prolungarsi di questa situazione di incertezza vanifichi gli sforzi di quanti si sono spesi per la costituzione del Comitato Internazionale e dei Comitati nazionali dello Scudo Blu, dando ragione agli scettici e ai paladini del particolarismo di questa o quella singola organizzazione internazionale, nazionale o addirittura locale.

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tion des biens culturels en cas de conflit armé (Convention

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67 Si veda Maniscalco 2005; altra cosa, parlando del ruolo italiano a livello internazionale, è l’esperienza degli ormai mitici “Caschi Blu dei beni culturali” la cui costituzione l’ex-Ministro Urbani aveva annunciato al mondo intero, con una certa dose di supponenza e approssimazione, sotto forma di accordo con l’UNESCO: peccato che dal punto di vista formale e normativo, fermo restando l’encomiabile lavoro svolto in Iraq dai Carabinieri del TPC (presenti, va sottolineato, in numero di 2 sul terreno) e dai tecnici del Ministero, se ne trovi notizia solo nei comunicati stampa: tanto che lo stesso Dipartimento della Protezione Civile - in un documento uffi-ciale, facilmente reperibile in rete, che porta l’intestazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri – dichiara con un certo imbarazzo: “benché il personale del DPC sembra coinvolto in prima persona nella costituzione diqueste squadre, le uniche no izie in nos o possesso riguardo a ques o ema sono ricavate da Internet”.

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