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Università degli Studi di Perugia A.A. 2015-2016 ECONOMIA E DINAMICA INDUSTRIALE MODELLI DI CRESCITA DELLE IMPRESE Prof. Fabrizio Pompei ([email protected]) Dipartimento di Economia *Questa lezione si basa su Geroski (1999), The growth of firms in theory and practice (sections 1-3); Arrighetti and Ninni (2009), Firm size and growth opportunities: a survey (sections 1-4 and 6)

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Università degli Studi di Perugia A.A. 2015-2016

ECONOMIA E DINAMICA INDUSTRIALE

MODELLI DI CRESCITA DELLE IMPRESE Prof. Fabrizio Pompei

([email protected]) Dipartimento di Economia

*Questa lezione si basa su Geroski (1999), The growth of firms in theory and practice (sections 1-3); Arrighetti and Ninni (2009), Firm size and growth opportunities: a survey (sections 1-4 and 6)

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Introduzione -  Dopo esserci occupati di entrata di nuove imprese affrontiamo un altro

elemento centrale della dinamica delle industrie: la crescita dimensionale delle imprese

-  Capire le determinanti della crescita delle imprese è importante per capire come si evolve il settore nel tempo e soprattutto quale sarà il suo livello di concentrazione

-  Fino ad ora ci siamo occupati della demografia, della numerosità delle imprese che popolano un settore, della loro entrata e della loro uscita

-  Non abbiamo però approfondito a cosa si deve il fenomeno della concentrazione in un settore

-  Perché troviamo con sistematicità nei vari settori dei vari paesi tante piccole imprese e poche grandi imprese?

-  Questo fenomeno è direttamente legato alla presenza di concentrazione nei settori industriali.

-  Ma quale processo, quale dinamica di crescita delle imprese porta a questo?

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I fatti stilizzati Questa è la distribuzione delle imprese per numero di addetti nei 5 più grandi paesi dell’Unione Europea e nel settore della manifattura Le imprese considerate vanno da 1 ai 1000 addetti, ogni barra corrisponde alla percentuale di imprese che vanno da 1-25, 25-50, 50-75, e così via fino a 1000 addetti Tutte le distribuzioni hanno lo stesso andamento e sono asimmetriche verso destra: le imprese di grande dimensione sono molto poche rispetto a quelle più piccole

05

1015

200

510

1520

0 500 1000

0 500 1000 0 500 1000

DE ES FR

GB IT

Percentnormal numbempl_average

Perc

ent

numbempl_average

Graphs by Country ISO code

Grafico 1

Se la distribuzione fosse normale, la maggiore frequenza (moda) la troveremmo per imprese intorno a 500 addetti Al contrario la moda la troviamo quasi sempre tra i 25 e i 50 addetti (piccole imprese)

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I fatti stilizzati Questa è la stessa distribuzione nel settore del commercio

020

4060

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4060

0 500 1000

0 500 1000 0 500 1000

DE ES FR

GB IT

Percentnormal numbempl_average

Perc

ent

numbempl_average

Graphs by Country ISO code

Grafico 2

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I fatti stilizzati: vediamo le stesse distribuzioni prese in logaritmi

Questa è la stessa distribuzione nel settore della manifattura, che ora è ben rappresentata da una normale

05

100

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0 2 4 6 8

0 2 4 6 8 0 2 4 6 8

DE ES FR

GB IT

Percentnormal ln_numbempl_average

Perc

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ln_numbempl_average

Graphs by Country ISO code

Grafico 3

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I fatti stilizzati: vediamo le stesse distribuzioni prese in logaritmi

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DE ES FR

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Percentnormal ln_numbempl_average

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ln_numbempl_average

Graphs by Country ISO code

Grafico 4

Questa è la stessa distribuzione nel settore del commercio, che ora è ben rappresentata da una normale

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La legge di Gibrat -  Gibrat, nel 1931, ha dato il via allo studio del legame tra

processi stocastici, distribuzioni statistiche e leggi economiche e per questo motivo la sua legge viene assunta come benchmark in tutti i successivi lavori sull’argomento, che sono costruiti attorno ad essa, a sue variazioni o alla sua negazione.

-  Un processo stocastico è una famiglia di variabili casuali che dipendono da un parametro t, con cui solitamente si indica il tempo.

-  Se il processo continua per un tempo sufficientemente lungo, la distribuzione della variabile raggiunge un equilibrio, o stato stazionario, a partire dal quale essa resta invariata, prendendo il nome di distribuzione stazionaria.

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La legge di Gibrat (2) Nel nostro caso, considerando come variabile casuale la dimensione d’impresa e precisando secondo quali criteri economici si deve evolvere nel tempo, otterremo una distribuzione stazionaria (Lognormale, Yule, Pareto) che modella un certo tipo di economia. Le distribuzioni della variabile dimensione di impresa (in base a numero di addetti) che abbiamo visto nei primi 2 grafici sono quindi il risultato di questo processo. In termini statistici la legge di Gibrat si può così definire: ad ogni passo del processo la variazione nella variabile è una proporzione casuale del precedente valore della variabile stessa (Law of Proportional Effect).

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La legge di Gibrat (3) In termini economici il suo significato è ben descritto da Barca (1985): Lo sviluppo delle unità produttive non risente di fattori sistematici connessi alla dimensione produttiva. Ciò equivale ad assumere che le opportunità delle unità produttive, sui mercati dei beni, del lavoro, della moneta e in termini di tecnologia, sono indipendenti dalla dimensione. Chiarito il significato della legge, è evidente che il suo agire implica un aumento nel divario tra imprese grandi e piccole, per cui è bene prestare particolare attenzione al problema della concentrazione industriale.

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La legge di Gibrat (4)

Legge di Gibrat (1931) dice che:

la crescita dimensionale delle imprese può essere rappresentata come un processo moltiplicativo

!!!!!!!!!!!

= !!!!!!

− 1 = !! à!! = (1+ !!)!!!!

!! = (1+ !!)(1+ !!!!)(1+ !!!!)… (1+ !!)!!

Dove !! è un tasso di crescita (es. 0.01=1%) e t è l’intervallo temporale

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La legge di Gibrat (5) Andamento erratico dei tassi di crescita e concentrazione di mercato Se l’intervallo temporale è breve (es. un anno), ! è in genere piccolo. Prendendo i logaritmi a destra e sinistra dell’equazione vista sopra, e ricordando che quando ! è piccolo è accettabile fare !"#(1+ !) ≃ !, si può scrivere

!"#(!!) = !! + !!!! +⋯ !! + !"#(!!)

che equivale a

!"#(!!) = !!!

!!!+ !"#(!!)

La distribuzione del logaritmo delle dimensioni di impresa dipende dalla somma di tanti errori normalmente distribuiti, quindi è normalmente distribuito Se !"#(!!) è normalmente distribuito allora !! si distribuisce come una log-normale (questa asserzione è dimostrata da una legge statistica: il Teorema Centrale del Limite, che esula dal nostro corso). Quindi la distribuzione delle dimensioni di impresa è di tipo log-normale, ovvero piuttosto asimmetrica (mentre il suo logaritmo si distribuisce come una normale, come abbiamo mostrato nei grafici 3 e 4 visti sopra).

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La legge di Gibrat (6) Da quanto detto si può dedurre che se la variazione del logaritmo tra la dimensione al tempo t e la dimensione al tempo zero è una somma di variabili casuali, infatti

!"#(!!) = !! + !!!! +⋯ !! + !"#(!!)

equivale a

!"#(!!)− !"#(!!) = !! + !!!! +⋯ !! (1) Allora il tasso di crescita di una impresa è una variabile casuale che non dipende dalla dimensione iniziale. Allo stesso modo la differenza tra un solo periodo produce

!"#(!!)− !"# !!!! = !! (2)

In base a questo assunto imprese di grandi o piccole dimensioni possono crescere dello stesso tasso.

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La legge di Gibrat (7) Più in generale, possiamo rappresentare

!"#(!!") = ! + !"#$(!!,!!!)+ !!" dove i denota l’impresa, t il tempo e S è una misura di dimensione di impresa (come il numero di occupati o il fatturato)

La legge di Gibrat prevede che:

a. ! = 1 per tutte le imprese b. !!" è una variabile causale indipendente e identicamente distribuita

con media zero

Sotto queste due ipotesi, il tasso di crescita delle dimensioni di impresa, è dato da una costante più un termine di errore casuale

!"# !!" − !"#(!!,!!!) = ! + !!"

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La legge di Gibrat (8) La legge di Gibrat ha avuto molto successo nella letteratura economica, anche perché : riesce a spiegare una distribuzione delle dimensioni d’impresa molto asimmetrica (log-normale)

ovvero con una frequenza di piccole imprese molto superiore a quanto previsto da una distribuzione normale (vedi grafici 1 e 2 nelle prime slides)

evidenza empirica che sostiene come i tassi di crescita delle imprese siano sostanzialmente un random walk, ovvero abbiano un andamento erratico e in gran parte non prevedibile

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La legge di Gibrat (9) Alcuni studi empirici hanno trovato:

che le piccole imprese di solito crescono più rapidamente ma bisogna considerare la minore probabilità di sopravvivenza (Dunne, Roberts and Samuelson, 1988; 1989) la relazione tra dimensione e crescita è generalmente moderato dall’età dell’impresa, che ha una relazione negativa con il tasso di crescita, ma positiva con la probabilità di sopravvivenza

la legge di Gibrat trova molte conferme nelle imprese oltre una certa soglia dimensionale

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Le considerazioni di Geroski sulla crescita delle imprese

Secondo Geroski (1999) la letteratura economica ha ormai accertato che i tassi di crescita delle imprese siano un random walk, ovvero in linea con la Legge di Gibrat

!!"# !!" = !"! !!" − !"#(!!"!!) = !!" (3)

dove !!" un termine di errore (shock) indipendente identicamente distribuito, con distribuzione normale a media nulla

a. variazioni nella dimensione di impresa sono determinati da shock inattesi

- questo non significa che sono determinati "dal caso", ma che non sappiamo che tipo di shock si potrà verificare e/o quando

- peraltro, questa incertezza è quella dell'osservatore esterno, mentre l'insider (es. manager) potrebbe avere queste info

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b. shock temporanei possono avere effetti permanenti sulla dimensione di impresa

- Ricordando che !"#(!!) = !!!!!! + !"#(!!), si vede come la

dimensione al tempo t, risulta dall’insieme degli shock passati,

c. Siccome !!" è indipendentemente distribuito tra imprese, non dovrebbe esserci correlazione tra gli shocks (quindi i tassi di crescita) delle imprese di uno stesso settore

- Infatti, l'evidenza empirica suggerisce che, stranamente, non si osserva un pattern di crescita comune a tutte le imprese di un settore. Quindi i tassi di crescita sono idiosincratici

- A conferma di questo fatto, si nota come nei periodi di crisi non tutte le imprese soffrono

Le considerazioni di Geroski sulla crescita delle imprese (2)

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- Secondo Geroski i risultati empirici che cercano di confutare l’esistenza di sentieri di crescita idiosincratici per le imprese si basano sulla seguente equazione, simile a quella già vista prima

∆!"#(!!") = !+ !"#$(!!,!)+ !!" (4)

dove

! > ! , è una costante comune a tutte le imprese di un settore ! < 0, significa che più sono grandi le imprese e meno crescono e viceversa.

Questo porta nel lungo periodo a una convergenza, dove tutte le imprese dovrebbero avere la stessa dimensione.

In realtà, osserva Geroski, ! varia da impresa a impresa e ! è sempre molto piccolo e vicino a zero. Quindi ogni impresa nel lungo periodo ha una sua propria dimensione che non solo non converge, ma non si può facilmente prevedere.

Le considerazioni di Geroski sulla crescita delle imprese (3)

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Le considerazioni di Geroski sulla crescita delle imprese (4)

Questi fatti sono per certi versi sorprendenti In effetti ci si aspetterebbe che almeno la maggior parte delle imprese dovrebbero avere tassi di crescita (ad esempio del fatturato) che seguono il tasso di crescita dell’economia o di un settore nel complesso Invece, soprattutto le imprese dello stesso settore, hanno tassi di crescita idiosincratici (diversi uno dall’altra) Inoltre, non solo la dimensione dell’impresa al tempo t non è spiegata dalla dimensione al tempo t-1, ma anche il tasso di crescita dell’impresa al tempo t non è spiegato da quello precedente Questo significa che l’impresa non anticipa gli shock

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Le considerazioni di Geroski sulla crescita delle imprese (5)

Altre evidenze, coerenti con il pattern sopra descritto, sono: I costi di aggiustamento sono fissi e non variabili nella dimensione dell'aggiustamento (dimensionale)

Se fossero variabili, le imprese avrebbero incentivo a fare piccoli aggiustamenti dimensionali Quando sono fissi, invece le imprese fanno cambiamenti/adattamenti infrequenti e tutti in una volta

Molte imprese sono innovatori occasionali, quindi la crescita dimensionale si potrebbe associare a questi episodi di innovazione

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Le considerazioni di Geroski sulla crescita delle imprese (6)

Le teorie della crescita dimensionale sono in grado di spiegare questi fatti? Geroski illustra diverse teorie che non riescono a spiegare questi fatti: 1.  Modelli basati sulla dimensione ottima 2.  Modelli à la Penrose (1) (vincolo manageriale

alla crescita) 3. Modelli à la Penrose (2) (basati sulle capacità organizzative)

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Le considerazioni di Geroski: modelli basati sulla dimensione ottima

1) Molte teorie dell'impresa finiscono per determinare una dimensione ottima (S*) delle imprese di una industria (es. la scala minima efficiente vista nel corso di economia industriale) a) Ogni qualvolta c’è uno scostamento dalla dimensione ottima si ha un

aggiustamento nella dimensione, Δ!"# !!" , per tornare a S*

!!"# !!" = ! !"# !∗ − !"# !!"!! + !!" (5)

2 ! governa il tasso di convergenza verso la dimensione ottima a) ! = 0: non si arriva mai alla dimensione ottima b) ! = 1: l'impresa, torna velocemente a S*, quindi si può dire che è

sempre alla dimensione ottima

Da notare inoltre che se S* è costante nel tempo la (5) diventa come la (4), cioè l’equazione della convergenza, dove ! = !"#$ ! ∗ e ! = −!.

Vale a dire che si ha convergenza di tutte le imprese verso la dimensione ottima S*

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Le considerazioni di Geroski: modelli basati sulla dimensione ottima (2)

a. Questi modelli presentano tre tipi di problemi:

1. I valori ! stimati dagli studi empirici suggeriscono tassi di convergenza troppo lenti

2. Se S* è comune a tutte le imprese, ci dovremmo aspettare una convergenza verso la stessa dimensione, che invece è chiaramente negata dall'evidenza empirica

3. Se S* fosse davvero un target per le imprese da raggiungere, allora i tassi di crescita non sarebbero un random walk

b. Esistono 2 modi in cui questi modelli possono essere adattati per spiegare l'evidenza empirica

- S* potrebbe modificarsi nel corso del tempo, anche in funzione di firm-specific shocks, allora viene inglobata in !!" e si torna alla (3)

- 'island markets', esistono opportunità esogene che si presentano all’impresa con una certa probabilità. Se la dimensione dell’impresa non influenza queste opportunità allora di nuovo si torna alla legge di Gibrat

Tuttavia, malgrado quanto detto anche gli ultimi due restano modelli in cui la crescita è esogena

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Geroski: modelli à la Penrose di tipo 1 Modelli à la Penrose (1): vincolo manageriale alla crescita attività manageriali richiedono molte conoscenze tacite la crescita delle imprese richiede l'assunzione di nuovi manager e il trasferimento di conoscenze tacite (formazione dei nuovi manager) questo comporta un costo opportunità (i 'vecchi' manager devono allocare parte del proprio tempo alla formazione) questi costi (di aggiustamento della dimensione) nel modello di Penrose sono variabili, quindi le imprese hanno incentivo ad aggiustare gradualmente la dimensione (smoothing out) evitando improvvisi salti dimensionali e talvolta rinunciando a cogliere occasioni di crescita le imprese non hanno una dimensione ottima di lungo periodo, ma solo un vincolo alla crescita di breve periodo

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Geroski: modelli à la Penrose di tipo 1 (2) a. Questo suggerisce un modello in cui i tassi di crescita delle imprese evolvono

secondo una regola tipo

!!"# !!" = !+ !(!)!"!" !!"!!!!!! +!!" (6)

- Il tasso di crescita di oggi dipende dal passato (crescita 'smoothed') - In Penrose non si parla di dimensione ottimale, quindi !=0 - L è un lag operator (se L=1, una sola variabile ritardata !!Δl!" !!"!! , se L=2

avremo !!Δl!" !!"!! + !!Δl!" !!"!! , e così via - In molti casi L=1, ovvero

!!"# !!" = !+ !!!"!" !!"!! +!!" (7)

- Questo rende il modello poco realistico perché implica che l'aggiustamento e formazione del team manageriale richieda solo un anno

- Inoltre, l'evidenza suggerisce che i vari ! siano piccoli, quindi il potere esplicativo del modello è basso

- Infine, come già detto, l'evidenza empirica suggerisce che i costi di aggiustamento siano fissi e non variabili

- Quindi, il modello dei vincoli mangeriali alla crescita non sembra trovare grande supporto nei dati

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Geroski: modelli à la Penrose di tipo 2

La spiegazione di Penrose basata sulle capacità organizzative Penrose vedeva l'impresa come un 'pacchetto' (bundle) di risorse, 'tenute insieme' da capacità amministrative e organizzative

Questo stesso approccio è alla base della teoria evolutiva dell'impresa (Nelson e Winter), anche multinazionale (Cantwell)

Ogni impresa ha una base iniziale di competenze, che evolve in modo idiosincratico, sulla base di un apprendimento adattivo alle condizioni in cui operano le imprese (es. minacce e opportunità dell'ambiente tecnologico e di mercato)

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Geroski: modelli à la Penrose di tipo 2 (2)

Il vantaggio competitivo di un’impresa dipende dal possesso di core competencies, che •  creano valore per i consumatori •  sono uniche, durature e difficilmente imitabili •  generano ritorni dei quali l'impresa si puo' appropriare •Questo genera una forte eterogeneità nelle imprese sia nelle caratteristiche che nelle performance o Le differenze in produttività e profittabilità tra le imprese sono persistenti (vedi Bottazzi et al. 2010)

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Geroski: modelli à la Penrose di tipo 2 (3) a. Tuttavia, questo non si trasferisce in dinamiche di crescita delle imprese e

può essere illustrato immaginando che:

!!"# !!" = !! + !!" (8)

Dove !!" è il livello di competenze e !! è il tasso di crescita delle imprese con livelli di competenze molto bassi

Se le competenze evolvono in modo sistematico nel tempo, quindi si accumulano gradualmente, queste seguono una dinamica:

!!" = !!!!"!! + !!!!"!! + !!" (9)

Adesso dalla (8) ricaviamo !!" = Δ!"# !!" − !! , mettiamo questa nella (9)

!!" = !!(Δ!"# !!"!! − !!!!)+ !!(Δ!"# !!"!! − !!!!)+ !!" e di nuovo sostituiamo !!" di questa equazione a !!" presente nella (8)

- Vale a dire: sostituendo in modo iterativo, otteniamo

!!"# !!" = !!!!"# !!"!! + !!!!"# !!"!! + !!" + !!" (10)

con !!" = !! − !!!!!! − !!!!!!

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Geroski: modelli à la Penrose di tipo 2 (4) a. Questa è la stessa dinamica già vista nella (6),

Δ!"# !!" = ! + !(!)Δl!" !!"!!!!!! +!!" (6)

con l'aggiunta del time trend !!" e con la costante ! che ora ricade termine di errore !!" = ! + !!"

Δ!"# !!" = !!Δ!"# !!"!! + !!Δ!"# !!"!! + !!" + !!" (10)

E abbiamo già detto che la (6) non è in linea con l'evidenza empirica

b. L'evidenza suggerisce che la crescita di impresa sia determinata più da fattori transitori, rispetto a quello che invece determina i livelli di profittabilità (o produttività)

c. Va notato che se ipotizzassimo che !! = !! = 0 la crescita diventerebbe un random walk, ma questo contraddice tutto quanto sappiamo su come evolvono le competenze delle imprese

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Le conclusioni di Geroski Le teorie dell'impresa, specie quelle basate sulle competenze, riescono a spiegare bene le persistenti differenze tra imprese nei livelli di profittabilità e produttività, ma spiegano con più difficoltà la crescita, che segue andamenti più erratici Per spiegare la crescita si potrebbe ricorrere ad una non-teoria, ovvero sostenere che questa dipende dal caso (ovvero da fattori completamente esogeni all'impresa), ma sappiamo che non è così, perché molte imprese cercano di modificare l'ambiente competitivo in cui operano, e molti shock ricevuti dall'impresa sono di fatto endogeni Una possibile soluzione potrebbe essere quella di concentrarsi su quando le imprese mettono in atto le proprie strategie e quali sono queste strategie

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Le conclusioni di Geroski(2) Un modello che può spiegare l'evidenza è il seguente: •  Le imprese investono in R&S per ottenere innovazioni che

aumentino i profitti Tuttavia, una volta ottenuta l'innovazione non hanno incentivo a continuare ad investire in R&S per non cannibalizzare i propri profitti di innovatore o Quindi l'investimento potrebbe essere irregolare e così anche le innovazioni, e di conseguenza la crescita dimensionale •  Che sembrerebbe erratica, ma in realtà segue la dinamica

dell'attività innovativa Un meccanismo alternativo potrebbe chiamare in causa l'incertezza del processo innovativo • Le imprese continuano ad investire in R&S, ma il successo di questi investimenti è soggetto ad elemento di incertezza, che fa si che le imprese non innovino regolarmente

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La rassegna di Arrighetti e Ninni La rassegna di Geroski (1999) mette in evidenza come le principali teorie dell’impresa non riescano a fornire spiegazioni convincenti dei pattern di crescita delle imprese La crescita delle imprese sembra infatti governata da un processo casuale Shock esogeni, nella domanda, nella tecnologia, nelle istituzioni, che si verificano in modo più o meno imprevisto e rendono il tasso di crescita erratico Tuttavia, dietro questa apparente casualità ci sono imprese che crescono molto e altre che non crescono o decrescono Vale quindi la pena soffermarci sul comprendere quali sono le caratteristiche delle imprese che crescono (Arrighetti e Ninni, 2009) Le imprese che crescono sono quelle che riescono a cogliere le occasioni che sono offerte dalle evoluzioni del mercato o dalla tecnologia

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La rassegna di Arrighetti e Ninni (2) Questa idea di selezione delle imprese che crescono è coerente con una serie di conclusioni di studi recenti Nel riassumere questi studi Arrighetti e Ninni notano che nel complesso i nuovi studi rivoltano la questione: invece di chiedersi cosa è che fa crescere le imprese in generale, si parte da quelle che effettivamente sono cresciute e ci si chiede: che caratteristiche avevano? Siccome la crescita riguarda solo alcune imprese, è possibile che le opportunità possono essere maggiori solo per alcuni gruppi di imprese Questo significa che se confrontiamo le distribuzioni dei tassi di crescita dei gruppi con maggiori opportunità, rispetto agli altri, i primi mostrano ‘code grasse’ (fat-tailed distributions) Le imprese si selezionano alla crescita non per fattori esogeni (shock tecnologici o di domanda esterni) ma per una serie di fattori endogeni, di peculiarità che non sono uniformemente distribuite tra esse

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La rassegna di Arrighetti e Ninni (3) Quindi la research question che si pongono Arrighetti e Ninni, alla quale si cerca di dare una risposta con una ampia rassegna di studi, è la seguente: u Pur se i tassi di crescita delle imprese non dipendono dalla

dimensione iniziale, questi possono dipendere da una serie di fattori endogeni alle imprese slegati dalla dimensione, vale a dire sia piccole che grandi imprese sono eterogenee per:

a.  la inclinazione individuale a crescere (dei managers)

b.  il capitale umano e l’insieme degli assets intangibili che alcune imprese possono avere ed altre no

u  Inoltre ci sono fattori esterni che non sono shock tecnologici o di domanda, ma che riguardano ad esempio i vincoli finanziari che devono affrontare le imprese per poter fare investimenti.

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La rassegna di Arrighetti e Ninni: inclinazione individuale a crescere

Solo poche imprese riescono ad avere tassi di crescita notevoli Questo può dipendere da una volontà ferrea del top manager (o del gruppo manageriale) di perseguire questo obiettivo Spesso l’indipendenza, la capacità di controllo e la qualità dell’ambiente di lavoro sono variabili cruciali che coadiuvano la volontà del manager di far crescere l’impresa In molti casi la capacità di crescita è legata alla possibilità di superare una soglia critica: questo fa si che in alcuni studi si rileva un’associazione tra tassi di crescita positivi e imprese al di sopra dei 50 addetti (questa evidenza smentisce la legge di Gibrat e le considerazioni di Geroski) Da notare che l’obbiettivo della crescita dell’impresa non è sempre l’obiettivo prioritario dei manager (es. la profittabilità nel breve periodo potrebbe essere più importante della crescita), questo spiegherebbe perché solo poche imprese crescono

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La rassegna di Arrighetti e Ninni: Capitale intangibile e opportunità di crescita

L’attitudine di una impresa a crescere dipende dalla sua capacità di sfruttare opportunità di mercato e tecnologiche, minimizzando i rischi dell’espansione della scala dimensionale Questa attitudine dipende dalla ridondanza (redundancy) di specifici asset intangibili

competenze organizzative e amministrative, ampiezza del controllo e delle strutture di coordinamento, capitale umano, sistemi informativi e della qualità, relazioni con clienti e fornitori, protezione dell’innovazione

La ridondanza di queste risorse consente alle imprese di allocare una parte di queste a cogliere le opportunità di crescita Gli investimenti in intangibles consentono di sviluppare una absorptive capacity (la capacità di assorbire velocemente le opportunità) Tuttavia, non tutte le imprese hanno questa ridondanza, perché ovviamente tale ridondanza ha un costo (fisso, o semi-fisso)

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La rassegna di Arrighetti e Ninni: Vincoli finanziari alla crescita

u Altri fattori esogeni, diversi dagli shocks tecnologici e di domanda, che pure possono influenzare la dimensione e crescita delle imprese sono quelli istituzionali: efficienza del sistema giudiziario e vincoli finanziari alla crescita

In particolare quando le forme di finanziamento esterne (venture capitals, credito alle imprese) costituiscono un vincolo, i tassi di crescita delle imprese potrebbero risentirne Molti studi hanno però rilevato che tali vincoli sono più stringenti nelle prime fasi di vita di una impresa

Le imprese potrebbero entrare con dimensioni sub-ottimali per vincoli finanziari Le imprese di dimensioni maggiori hanno meno vincoli

u Tali vincoli sono rilevanti per la crescita anche perché sono più stringenti per le attività innovative (che, come evidenziato da Geroski, possono determinare i ‘salti’ dimensionali)

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ALCUNE DOMANDE DI ESAME (Lez. 1-5) 1.  Dopo aver definito la dinamica industriale, la dinamica strutturale e l’evoluzione

strutturale delle industrie e indicato le principali differenze, menzionare obiettivi e risultati di almeno uno dei modelli di dinamica /evoluzione strutturale.

2.  Discutere le principali similarità e differenze teoriche tra modelli di dinamica industriale neo-classici e quelli evolutivi.

3.  Dopo aver elencato i principali criteri di classificazione delle industrie, soffermarsi sul criterio della diversa intensità tecnologica dei settori industriali e dei servizi

4.  Spiegare le differenze tra le seguenti coppie di fenomeni: invenzione e innovazione; innovazione incrementale e drastica; conoscenza tacita e codificata, tecnica e tecnologia. Inoltre citare le principali fonti dell’innovazione.

5.  Discutere i principali risultati delle analisi empiriche sulla dinamica industriale (entrata e uscita delle imprese) e dire brevemente quale è il principale difetto della teoria profit-driven.

6.  Descrivere le principali ipotesi e risultati a cui giunge la teoria dell’entrata delle imprese profit-driven, evidenziandone i principali problemi

7.  Spiegare in che modo le teorie sui regimi tecnologici e sulle competenze consentono di superare alcune debolezze della teoria profit-driven. Spiegare inoltre la differenza tra le barriere all’entrata della teoria profit-driven e quelle discusse nelle teorie basate sulle competenze.

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ALCUNE DOMANDE DI ESAME 8.  Discutere ipotesi e principali risultati del modello del ciclo di vita dell’industria di

Klepper (1986).Soffermarsi in particolare sul diverso ruolo che gioca nel tempo la natura dell’innovazione.

9.  Discutere ipotesi, funzionamento e principali risultati del modello di dinamica strutturale di Nelson e Winter (1982).

10. Discutere ipotesi, funzionamento e principali risultati del modello history-friendly sull’evoluzione strutturale del settore computer equipments.

11. Dopo aver discusso le due principali forme che caratterizzano la natura della conoscenza, spiegare la relazione tra queste e le routines organizzative. Inoltre indicare perché queste ultime sono alla base dell’eterogeneità tra le imprese nei diversi settori industriali.

12. Spiegare le principali differenze tra i modelli evolutivi di prima generazione e quelli di seconda generazione che spiegano la dinamica/evoluzione strutturale.

13.  Dopo aver definito I regimi tecnologici di Malerba e Orsenigo (1996; 1997), discutere la combinazione dei principali fattori che li determinano.

14. Discutere i sistemi settoriali dell’innovazione di Malerba (2005; 2007), sottolineando le principali differenze rispetto ai regimi tecnologici.

15. Discutere i regimi tecnologici di Peneder(2010), evidenziando quale apparente contraddizione cercano di risolvere, relativa alle precedenti teorie evolutive di dinamica/evoluzione strutturale

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ALCUNE DOMANDE DI ESAME 16. Discutere la legge di Gibrat (1931). 17. Dopo aver menzionato i principali fatti stilizzati riguardo alla distribuzione della

dimensione delle imprese nei settori, spiegare come la legge di Gibrat (1931) cerca di interpretare questi fatti.

18. Dopo aver definito i modelli di crescita delle imprese che si basano sulla dimensione ottima, spiegare perché, secondo Geroski (1999), questi falliscono nell’interpretare la realtà.

19. Evidenziare quali fattori endogeni possono spiegare la crescita dimensionale delle imprese nella rassegna di Arrighetti e Ninni (2009).