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DOTTORATO DI RICERCA IN Diritto Internazionale e Diritto dell’Unione Europea CICLO XXVI COORDINATORE Prof. Luigi Sbolci La responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires: il problema dell’attribuzione Settore Scientifico Disciplinare Ius/13 Dottorando Tutore Dott.ssa Andreoli Francesca Prof. Gaja Giorgio Coordinatore Prof. Sbolci Luigi

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DOTTORATO DI RICERCA IN Diritto Internazionale e Diritto dell’Unione Europea

CICLO XXVI

COORDINATORE Prof. Luigi Sbolci

La responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires:

il problema dell’attribuzione

Settore Scientifico Disciplinare Ius/13

Dottorando Tutore

Dott.ssa Andreoli Francesca Prof. Gaja Giorgio

Coordinatore

Prof. Sbolci Luigi

Anni 2011/2013

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INDICE SOMMARIO

Premessa 5

CAPITOLO I CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

Sezione ICENNI IN MATERIA DI RESPONSABILITÁ

DELLO STATO PER FATTI ILLECITI INTERNAZIONALI

1. Presupposti e contenuto della responsabilità internazionale dello Stato 82. I principali tentativi di codificazione della materia 11

2.1. Le codificazioni private 112.2. La codificazione sotto l’egida delle organizzazioni internazionali 13

2.2.1. La Società delle Nazioni 132.2.2. L’Organizzazione delle Nazioni Unite 14

Sezione IIIL DIBATTITO DOTTRINALE SULL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DI FATTI ILLECITI INTERNAZIONALI

1. Premessa 162. Individuazione dei principali orientamenti dottrinali in tema di

attribuzione di condotte allo Stato 212.1. Tesi che riconoscono rilevanza esclusiva al diritto interno 212.2. Tesi che si ispirano al criterio di effettività 24

3. Implicazioni derivanti dall’accettazione delle due differenti tesi sull’organizzazione dello Stato dal punto di vista del diritto internazionale con riferimento alla questione dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires 28

4. Le diverse impostazioni seguite in dottrina circa il problema dei fatti illeciti ultra vires 294.1. La tesi che rigetta l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli

organi statali sulla base della rilevanza esclusiva del diritto interno nell’organizzazione dello Stato 29

4.2. La tesi che riconosce la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi sulla base della teoria del rischio statale 31

4.3. La tesi che accoglie l’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires dei soli organi statali superiori 33

4.4. La tesi che ammette in generale l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali 36

4.5. L’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei progetti di codificazione elaborati da istituzioni private 37

5. Piano generale dell’indagine 40

1

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CAPITOLO II IL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO

DEI FATTI ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI NELLA PRASSI E NELLA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALI PIÚ ANTICHE

1. Considerazioni introduttive circa l’individuazione della prassi e della giurisprudenza rilevanti 43

Sezione IL’INIZIALE MANCATO RICONOSCIMENTO DEL PRINCIPIO

DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DELLE CONDOTTE ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI

1. Considerazioni sulla prassi degli Stati nel diciannovesimo secolo 462. In particolare, la prassi degli Stati Uniti 473. Segue: la prassi degli Stati latinoamericani 494. La giurisprudenza arbitrale del diciannovesimo secolo 535. Conclusioni circa la prassi e la giurisprudenza esaminate 58

Sezione IILA GRADUALE AFFERMAZIONE ED IL CONSOLIDAMENTO DEL PRINCIPIO

DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI NELLA PRIMA METÁ DEL VENTESIMO SECOLO

1. La prassi degli Stati Uniti 602. La prassi degli Stati latinoamericani 653. La prassi degli Stati europei 654. La giurisprudenza arbitrale dei primi anni del secolo: gli arbitrati nei casi

venezuelani 705. Segue: le sentenze nei casi La Masica e The Coquitlam 736. La giurisprudenza degli anni venti: le sentenze della Commissione

generale dei reclami Stati Uniti/Messico nel caso Youmans e della Commissione Francia/Messico nel caso Caire 74

7. Le altre decisioni rese dalla Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Messico tra il 1926 ed il 1930 79

8. Segue: la sentenza resa nel caso Stephens, un caso di responsabilità per comportamenti di organi di fatto che hanno agito contrariamente alle istruzioni ricevute 83

9. Sentenze rese da altre Commissioni arbitrali negli anni 1930/1950 8510. Il parere reso dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Certaines

dépenses des Nations Unies 87

Sezione IIILA QUESTIONE DELLA RESPONSABILITÁ DELLO STATO

PER FATTI ILLECITI ULTRA VIRES NEI LAVORI DI CODIFICAZIONE INTRAPRESI TRA IL 1926 ED IL 1930 SOTTO L’EGIDA

DELLA SOCIETÁ DELLE NAZIONI

1. Il rapporto del Sottocomitato del Comitato di esperti 892. Le risposte degli Stati ai punti V, n. 2 b) e 2 c) del questionario redatto dal

Comitato di esperti 912.1. Le risposte negative 91

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2.2. Le risposte positive 923. La base di discussione N°13 elaborata dal Comitato preparatorio della

Conferenza per la codificazione progressiva del diritto internazionale e le posizioni degli Stati nella Conferenza 943.1. Le posizioni critiche rispetto all’attribuzione allo Stato dei fatti ultra

vires 953.2. L’orientamento favorevole al principio dell’attribuzione dei fatti ultra

vires accolto nella base di discussione N° 13 983.3. L’emendamento proposto dalla delegazione svizzera 1013.4. L’articolo 8, par. 2, al.1 adottato in prima lettura dalla Terza

Commissione 1034. Riflessioni conclusive circa l’evoluzione della prassi internazionale 104

CAPITOLO IIIIL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI

ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI NELLA PRASSI E NELLA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALI RECENTI

Sezione ILA CODIFICAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO

DEI FATTI ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI DA PARTE DELLA COMMISSIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

1. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei rapporti di García–Amador 109

2. La nozione di organo nel progetto di articoli adottato in prima lettura 1123. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nel quarto

rapporto di Ago 1164. Il dibattito in seno alla Commissione circa l’art. 10 proposto dal relatore

speciale e la sua approvazione 1215. Le prese di posizione degli Stati con riferimento all’art. 10 adottato dalla

Commissione 1256. L’ampliamento della nozione di organo nel progetto di articoli adottato in

seconda lettura 1297. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nel primo

rapporto di Crawford 1338. L’art. 7 del progetto adottato in seconda lettura: elementi comuni e di

distinzione rispetto all’art. 10 adottato in prima lettura 134

Sezione IILA PRASSI E LA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALE

CONTEMPORANEE E SUCCESSIVE AI LAVORI DI CODIFICAZIONE DELLA COMMISSIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

1. Premessa 1362. La prassi degli Stati 1373. La giurisprudenza arbitrale 145

3.1 Le pronunce rese dal Tribunale dei reclami Iran/Stati Uniti 1453.2 Le sentenze rese da Tribunali arbitrali istituiti in ambito ICSID prima

dell’adozione in seconda lettura del progetto di articoli della CDI 1493.3 Segue: le sentenze rese successivamente all’adozione in seconda

lettura del progetto di articoli della CDI 1553

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4. La giurisprudenza in tema di tutela internazionale dei diritti dell’uomo 1614.1 Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo 161

4.1.1 La Corte europea dei diritti dell’uomo: la sentenza resa nel caso Irlanda c. Regno Unito 161

4.1.2 La sentenza Assanidze c. Georgia 1654.1.3 La sentenza Ilascu e altri c. Moldova e Russia 166

4.2 Le sentenze della Corte interamericana dei diritti dell’uomo 1694.2.1 La sentenza resa nel caso Velásquez Rodríguez 1694.2.2 La sentenza resa nel caso Mapiripán Massacre c. Colombia 1714.2.3 Altre sentenze della Corte interamericana in cui è stato

enunciato il principio della responsabilità internazionale dello Stato per attività ultra vires dei propri organi 176

4.3 L’orientamento del Comitato dei diritti umani 1785. La giurisprudenza del Tribunale penale internazionale per la ex-Iugoslavia 1806. La giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia 185

6.1 La sentenza resa nel caso delle Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua 185

6.2 La sentenza resa nel caso delle Attività militari sul territorio del Congo 188

6.3 La sentenza resa nel caso della Applicazione della Convenzione sul genocidio 190

7. Osservazioni sulla prassi e giurisprudenza recenti 194

CONCLUSIONI

1. Riepilogo dei risultati acquisiti 2002. Il principio della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti

ultra vires dei propri organi de iure: responsabilità per fatto proprio o responsabilità oggettiva? 203

3. Prospettive de iure condito e de iure condendo: i limiti della regola che impone di attribuire allo Stato i fatti ultra vires dei propri organi 206

4. La responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi di fatto 213

Indice dei casi citati 218

Bibliografia 224

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PREMESSA

La presente ricerca prende in esame il problema dei fatti illeciti ultra vires degli organi

statali al fine di accertare se lo Stato sia tenuto a rispondere internazionalmente delle

condotte illecite non autorizzate tenute dai propri organi nell’esercizio delle funzioni

ufficiali, in quanto fatti ad esso attribuibili nell’ordinamento internazionale.

È un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono

considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo invece ad esso

riferibili le condotte di privati. Gli organi statali, oltre a poter tenere condotte in conformità

alla propria competenza e comportamenti a titolo privato, possono tenere nell’esercizio

delle proprie funzioni ufficiali anche delle condotte non autorizzate. Nel caso in cui un

individuo-organo adotti un comportamento ultra vires si è in presenza di una condotta

tenuta nell’esercizio delle proprie funzioni, la cui adozione è però avvenuta nel mancato

rispetto dell’ordinamento dello Stato di cui è parte. Si tratta in sostanza di una situazione

intermedia rispetto agli estremi rappresentati, da una parte, dai comportamenti adottati

dagli organi in conformità alla propria competenza e, dall’altra, dalle condotte da essi tenute

nella propria capacità privata.

Lo scopo della presente ricerca è, in altri termini, quello di verificare se, ogniqualvolta un

organo statale commette un fatto illecito internazionale adottando ex qualitate un

comportamento in violazione della propria competenza o delle istruzioni ricevute, si possa

egualmente parlare di fatto dello Stato quale soggetto internazionale oppure si è in

presenza di condotte assimilabili a quelle tenute da semplici privati.

Il problema dell’attribuzione di fatti ultra vires allo Stato ai fini della responsabilità

internazionale è tradizionalmente posto soltanto con riferimento ad individui o enti che

hanno la qualità di organi in base al diritto interno. La presente indagine si colloca invece

nella prospettiva di esaminare se il problema della responsabilità internazionale dello Stato

per i fatti illeciti ultra vires si estende anche a coloro che sono integrati nell’apparato statale

sulla base di elementi fattuali. In linea di principio, infatti, regole di attribuzione analoghe a

quelle che si fondano sulla qualità formale di organo di un individuo agente potrebbero

ritenersi applicabili anche con riferimento ad individui non formalmente integrati all’interno

dell’apparato statale, sulla base del fatto che la determinazione delle competenze assegnate

può essere condotta mediante un rinvio ai vari elementi di fatto che attestano un legame

con lo Stato.

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La dimostrazione della validità di questa ipotesi di lavoro avverrà attraverso la

soluzione di due distinte questioni: da una parte si tratta di stabilire se trova effettivamente

riscontro nella prassi internazionale un principio che riconosce la responsabilità

internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires di individui o enti che godono dello

status organico in base all’ordinamento statale e, in caso positivo, quali siano i criteri alla

luce dei quali una condotta non autorizzata di un organo deve reputarsi un fatto statale

nell’ordinamento internazionale e in quali circostanze, viceversa, deve essere assimilata ad

un comportamento di un semplice privato; dall’altra si vuole invece determinare se, alla luce

delle soluzioni preconizzate dalla prassi internazionale, il medesimo criterio attributivo trovi

applicazione anche con riferimento ad individui non formalmente integrati all’interno

dell’apparato dello Stato.

Per meglio chiarire il contesto entro cui si colloca la questione dell’attribuzione allo

Stato dei fatti ultra vires, si è ritenuto opportuno in prima battuta considerare il dibattito

dottrinale intorno al fenomeno dell’attribuzione avendo cura di mettere in rilievo il ruolo

svolto dal diritto interno al fine della riferibilità di una condotta allo Stato quale soggetto

internazionale. Egualmente funzionale alla successiva trattazione della possibilità di riferire

allo Stato in ambito internazionale una condotta non autorizzata dei propri organi, è stata

reputata anche la trattazione dei differenti approcci seguiti in dottrina con specifico

riferimento alla problematica in esame.

L’indagine circa la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra

vires sarà condotta attraverso lo studio dei dati ricavabili dalla prassi internazionale e sarà

divisa in due parti. Seguendo un criterio cronologico, la prima sarà dedicata all’analisi della

prassi internazionale anteriore ai lavori di codificazione della Commissione del diritto

internazionale al fine di evidenziare le diverse tappe che hanno portato dal rigetto al

progressivo riconoscimento del principio della responsabilità allo Stato dei fatti ultra vires

dei propri organi, avendo cura di considerare le condizioni in funzione delle quali una

condotta ultra vires deve essere ritenuto un fatto dello Stato nell’ordinamento

internazionale e, in quali circostanze, un fatto di un organo deve essere assimilato ad un

fatto di un privato ad esso non attribuibile. Un’apposita sezione nell’ambito di questo

capitolo sarà dedicata ai lavori di codificazione avvenuti sotto l’egida della Società delle

Nazioni in ragione della rilevanza che questi hanno assunto con riferimento alla

codificazione del principio della responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra

vires dei propri organi.

La seconda parte, invece, sarà dedicata alla codificazione del principio

dell’attribuzione allo Stato delle condotte ultra vires dei propri organi da parte della

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Commissione del diritto internazionale e all’esame della prassi più recente. Tale parte offrirà

utili spunti di riflessione con riferimento sia alla cristallizzazione del criterio attributivo dei

fatti ultra vires degli organi de jure sia alla possibilità che il medesimo criterio trovi

applicazione anche con riferimento ad individui non formalmente integrati all’interno

dell’apparato dello Stato.

CAPITOLO I

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

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SOMMARIO: Sezione I. Cenni in materia di responsabilità dello Stato per fatti illeciti internazionali: 1. Presupposti e contenuto della responsabilità internazionale dello Stato – 2. I principali tentativi di codificazione della materia – 2.1 Le codificazioni private - 2.2 La codificazione sotto l’egida delle organizzazioni internazionali – 2.2.1 La Società delle Nazioni – 2.2.2 L’Organizzazione delle Nazioni Unite. Sezione II. Il dibattito dottrinale sull’attribuzione allo Stato di fatti illeciti internazionali: 1. Premessa – 2. Individuazione dei principali orientamenti dottrinali in tema di attribuzione di condotte allo Stato – 2.1 Tesi che riconoscono rilevanza esclusiva al diritto interno – 2.2 Tesi che si ispirano al criterio di effettività – 3. Implicazioni derivanti dall’accettazione delle due differenti tesi sull’organizzazione dello Stato dal punto di vista del diritto internazionale con riferimento alla questione dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires – 4. Le diverse impostazioni seguite in dottrina circa il problema dei fatti illeciti ultra vires – 4.1 La tesi che rigetta l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali sulla base della rilevanza esclusiva del diritto interno nell’organizzazione dello Stato – 4.2 La tesi che riconosce la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri sulla base della teoria del rischio statale – 4.3 La tesi che accoglie l’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires dei soli organi statali superiori - 4.4 La tesi che ammette in generale l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali – 4.5 L’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei progetti di codificazione elaborati da istituzioni private - 5. Piano generale dell’indagine

Sezione I

CENNI IN MATERIA DI RESPONSABILITÁ DELLO STATO PER FATTI ILLECITI

INTERNAZIONALI

1. Presupposti e contenuto della responsabilità internazionale dello Stato

Ogni ordinamento giuridico contiene delle regole volte ad istituire la responsabilità dei

propri soggetti nel caso in cui commettano un comportamento illecito. Ciò risulta valido

anche nel diritto internazionale, che fa derivare dal mancato rispetto di un obbligo la

responsabilità del soggetto che ne è autore1.

Se non fosse prevista una responsabilità internazionale a carico dell’autore di un fatto

illecito, ciò equivarrebbe a negare la stessa esistenza di un ordine giuridico internazionale e

gli Stati non sarebbero tenuti a conformarsi alle sue norme2.

La responsabilità internazionale è dunque l’insieme di situazioni giuridiche che il diritto

internazionale collega al verificarsi di una violazione di una sua regola di diritto 3, non avendo

particolare rilievo la natura consuetudinaria o pattizia dell’obbligo violato4.

1 La Corte internazionale di giustizia ha affermato tale principio nella sentenza resa nel caso Barcelona Traction, Light and Power Company, Limited, I.C.J. Reports, 1970, p. 33, par. 36. 2 Tale eventualità è stata prevista da Verdross il quale ha sottolineato che “Eine Leugnung dieses Grundsatzes würde das Völkerrecht zerstören, da mit der Verneinung der Verantwortlichkeit für begangenes Unrecht auch die Pflicht der Staaten, sich völkerrechtgemäss zu verhalten, aufgehoben würde”. VERDROSS, Völkerrecht, 4 ͣ ed., Wien, 1959, p. 295.3 CARREAU, Droit international, Etudes internationales, Paris, 1986, pp. 397-398; JIMÉNEZ DE ARÉCHAGA e TANZI, La responsabilité internationale des Etats, in Droit international – Bilan et perspectives, vol.1, Paris, 1991, p. 367.4 “The general principles of International Law concerning State responsibility are equally applicable in the case of breach of treaty obligation, since in the international law field there is no distinction between contractual and tortius responsibility, so that any violation of a State of any obligation, of whatever origin gives rise to State responsibility.” Sentenza arbitrale resa nel caso Rainbow Warrior, in Reports of International Arbitral Awards, vol. 20, p. 251, par. 75. Si veda anche la sentenza resa nel caso Gabčíkovo-Nagymaros, in cui la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che “when a State has committed an internationally wrongful act, its International responsibility is likely to be involved

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Le norme in tema di responsabilità internazionale sono definite secondarie in quanto

stabiliscono le conseguenze derivanti dalla violazione delle norme primarie che sanciscono

gli obblighi di condotta5.

Con riferimento al contenuto delle situazioni giuridiche che vengono ricomprese nella

nozione di “responsabilità internazionale”, sono state elaborate tre diverse concezioni.

Secondo la prima, di cui Anzilotti è il principale sostenitore, la responsabilità

internazionale farebbe sorgere soltanto un nuovo rapporto giuridico bilaterale comportante

l’obbligo di riparazione da parte dello Stato offensore nei confronti dello Stato leso 6. In base

alla seconda, che fa capo a Kelsen, l’unica forma di responsabilità internazionale prevista dal

diritto internazionale generale sarebbe la soggezione ad una sanzione che potrebbe essere

inflitta dallo Stato leso, da intendersi come misura implicante l’impiego della forza allo scopo

di infliggere una pena oppure di ottenere l’adempimento coercitivo di un obbligo7. La terza

concezione infine, elaborata da Ago, ricomprende nella responsabilità internazionale sia

l’obbligo dello Stato di riparare un pregiudizio causato allo Stato leso sia la facoltà di questi

di infliggere una sanzione, non implicante necessariamente l’uso della forza8.

whatever the nature of the obligation it has failed to respect.”, I.C.J. Reports, 1997, p. 7, par. 47.5 La possibilità di distinguere fra norme primarie e secondarie ha in passato dato vita ad un acceso dibattito. Tale distinzione venne per la prima volta proposta da Ago in seno ad una sottocommissione della Commissione di diritto internazionale. Si veda a tal proposito AGO, Working Paper, in ILC Yearbook, 1963, vol. II, p. 252. Tre membri della suddetta sottocommissione, invece, consideravano impossibile codificare le regole della responsabilità internazionale prescindendo dalle regole primarie. Secondo Briggs, ad esempio, “Mr Ago’s paper somewhat artificially stressed the distinction between the international law of State responsibility and the law relating to the treatment of aliens”, in Report of the ILC, Yearbook of the International Law Commission, 1963, vol. II, p. 231. La maggioranza della sottocommissione ha alla fine rigettato la posizione di questi oppositori e durante l’esame da parte della Commissione del primo rapporto del relatore Ago nel 1969 è stata accettata l’idea di limitare i lavori di codificazione alla responsabilità internazionale strictu sensu, cioè alle norme secondarie. Si vedano a tal proposito i commenti di Yasseen, Ramangasoavina, Castrén, Nagendra Singh, Tammes, Albònico, Ushakov, Ustor, Eustathiades, Castañeda, in ILC Yearbook 1969, vol. I, pp. 104-107. Per un’analisi della distinzione tra norme primarie e norme secondarie in relazione alla responsabilità internazionale degli Stati si consultino le conclusioni di AGO, Troisième rapport sur la responsabilité internationale, in Annuaire de la Commission du droit International, 1971, vol. II-1, pp. 212–213 e di CRAWFORD, First Report on State Responsibility, in Yearbook of the International Law Commission, 1998, vol. II-1, pp. 6 –7.6 ANZILOTTI, Teoria generale della responsabilità dello Stato nel diritto internazionale, Firenze, 190, p. 62. Si veda anche EAGLETON, The Responsibility of States in International Law, New York, 1928, p. 22; BROWNLIE, State Responsibility, I, Oxford, 1983, p. 33.7 Si veda KELSEN, Unrecht und Unrechtfolgee im Völkerrecht, Wien, 1932, p. 489 ss., pp. 545 ss. e 568 ss.8 Si veda AGO, Troisième rapport sur la responsabilité internationale, in Annuaire de la Commission du droit International, 1971, vol. II-1, p. 222, par. 43; MORELLI, Nozioni di diritto internazionale, 7ᵃed., Padova, 1967, p. 356 ss. Il diritto di infliggere una sanzione allo Stato responsabile può in alcune circostanze essere esercitato anche da Stati terzi. Si veda a tal proposito DUPUY, Le fait générateur de la responsabilité internationale des Etats, in Recueil des cours, 1984-V, p. 25; ZEMANEK, La responsabilité des Etats pour faits internationalement illicites, ainsi que pour faits internationalement licites, Institut des Hautes Etudes Internationales de Paris, Cours et travaux, Responsabilité internationale, Paris, 1987, p. 60.

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La possibilità per lo Stato di essere considerato internazionalmente responsabile per la

violazione di obblighi previsti da norme internazionali e parimenti di invocare la

responsabilità di altri Stati deve essere considerata un attributo della sua sovranità e del suo

rapportarsi nella comunità internazionale con enti egualmente sovrani9.

Il principio che ricollega ad un fatto illecito internazionale la responsabilità del proprio

autore è stato ampiamente riconosciuto dalla dottrina10 e altresì confermato dalla prassi

statale e dalla giurisprudenza internazionale11.

Sebbene secondo la concezione tradizionale la commissione da parte di uno Stato di un

illecito internazionale è il necessario presupposto affinché sorga la sua responsabilità12, una

parte della dottrina ipotizza l’esistenza di norme internazionali che impongono agli Stati di

riparare i danni derivanti da attività lecite13. Tale concezione si è sviluppata soprattutto in

relazione alle attività tecnologiche ed industriali ed alla protezione dell’ambiente, per

garantire che lo Stato, pur essendo libero di svolgere o far svolgere negli spazi soggetti alla

sua sovranità qualsiasi attività, risponda degli eventuali danni causati al territorio di altri

Stati. Lo Stato sarebbe pertanto responsabile dei danni causati da attività (anche le più

pericolose) poste sotto il proprio controllo, anche nel caso in cui non sia ad esso attribuibile

9 Si tratta della parafrasi di una famosa formula utilizzata dalla Corte Permanente di Giustizia Internazionale nel caso The SS Wimbledon, PCIJ Series A, No 1, p. 4, par. 25.10 Così ANZILOTTI, Teoria generale della responsabilità dello Stato nel diritto internazionale , Firenze, 1902 (ristampato a cura della SIOI in “Opere di D. Anzilotti”, vol. II, tomo 1, Padova, 1956); KELSEN, Unrecht und Unrechtfolge im Völkerrecht, Zeitschrift für öffentliches Recht , 1932; AMERASINGHE, State Responsibility for Injuries to Aliens, Oxford, 1967, p. 3; GRAEFRATH, OESER, STEINIGER, Völkerrechtliche Verantwortlichkeit des Staaten, Berlin, 1977; BROWNLIE, System of the Law of Nations, State Responsibility, I, Oxford, 1983; CRAWFORD, State Responsibility: General Part, Cambridge, 2013.11 AGO, Troisième rapport, cit., p. 205, par. 30.12 Vedi infra, p. 16.13 Si vedano, tra gli altri, FIORE, Il diritto internazionale codificato e la sua sanzione giuridica, 5 ͣed., vol. I, Napoli, 1915, pp. 303-304; FAUCHILLE, Traité de droit international public, Tome I, Paris, 1922, pp. 521-522; RÉGLADE, Les perspectives qui ouvrent les doctrines objectivistes du doyen Duguit pour un renouvellement de l’étude du droit international public, Revue générale de droit international public, 1930, pp. 381-419; GOLDIE, Special Regimes and Pre-emptive Activities in International Law, The International and Comparative Law Quarterly, vol. II, 1962, p. 670 ss.; ID., Liability for Damage and the Progressive Development of International Law, ivi, 1965, p. 1189 ss.; ID., Concepts of Strict and Absolute Liability and the Ranking of Liability in terms of Relative Exposure to Risk , Netherlands International Law Review, vol. 16, 1985, p. 175 ss.; JENKS, Liability for Ultra-Hazardous Activities in International Law, in Recueil des cours, 1966, I, p. 99 ss.; DUPUY, La responsabilité international des Etats pour les dommages d’origine technologique et industrielle, Paris, Pedone, 1977, p. 170; POLITI, Miniere d’Uranio nelle Alpi Marittime, inquinamento transfrontaliero e tutela internazionale dell’ambiente, Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 1981, p. 541 ss. ; PISILLO MAZZESCHI, “Due diligence” e responsabilità internazionale degli Stati, Milano, 1989, p. 128 ss. Buona parte della dottrina internazionalstica si oppone alla tendenza favorevole ad affermare forme di responsabilità senza illecito. Si vedano, tra gli altri, QUADRI, Diritto internazionale pubblico, 5 ͣ ed., Napoli, 1968, pp. 590-507; ID., Cours général de droit international public, in Recueil des Cours, 1964, p. 461 ss; CONFORTI, Diritto internazionale, 7 ͣ ed., Napoli, 2012, pp. 407-410.

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alcuna colpa o mancanza di diligenza o, addirittura, non sia ad esso riferibile alcuna

condotta.

2. I principali tentativi di codificazione della materia

La responsabilità internazionale dello Stato è regolata da norme generali non scritte e da

accordi bilaterali o multilaterali disciplinanti aspetti specifici della materia, non esistendo a

tutt’oggi una convenzione di portata generale. Durante il secolo scorso sono stati elaborati

alcuni progetti di codificazione relativi alla responsabilità internazionale dello Stato su

iniziativa di privati o di istituzioni private14 oppure sotto l’egida di organizzazioni

internazionali. La maggior parte di tali progetti è accomunata dal considerare unicamente

l’aspetto della responsabilità internazionale dello Stato per danni causati sul proprio

territorio alla persona o ai beni di stranieri15. Si suppone che tale limitazione possa trovare

giustificazione nell’abbondante ed omogenea prassi esistente all’epoca in materia.

2.1 Le codificazioni private

Tra il 1926 ed il 1930 numerose associazioni o istituzioni private hanno elaborato dei

progetti in tema di responsabilità internazionale dello Stato in previsione dei lavori di

codificazione intrapresi da parte della Società delle Nazioni. Fra i principali tentativi sembra

opportuno ricordare il secondo capitolo del Draft Code of International Law inerente le

Rules Concerning Responsibility of a State in Relation to the Life, Person and Property of

Aliens, elaborato nel 1926 dalla sezione giapponese dell’International Law Association

congiuntamente alla Association of International Law of Japan16, la risoluzione circa la

Responsabilité internationale des Etats à raison des dommages causés sur leur territoire à la

personne et aux biens des étrangers adottata nel 1927 dall’Institut de droit international

nella sessione tenutasi a Losanna17, la Draft Convention on the Responsibility of States for

14 Saranno di seguito presi in considerazione esclusivamente i tentativi di codificazione utili ai fini della presente ricerca. Per un elenco dettagliato dei numerosi lavori di codificazione si veda AGO, Premier rapport sur la responsabilité des Etats, Historique de l’oeuvre accomplie jusqu’ici en ce qui concerne la responsabilité internationale des Etats, in Annuaire de la Commission du droit international,1969, vol. II, pp. 131-146, par. 7-107.15 Per un esame dell’opera di codificazione della materia si vedano AGO, op. ult. cit., p. 131, par. 5, ripubblicato in Annuaire de la Commission du droit international, 1962, vol. 2, p. 129 ss.; AGO, Scritti sulla responsabilità internazionale degli Stati, Napoli, 1979-1986; SPINEDI & SIMMA, United Nations Codification of State Responsibility, New York, 1987; REUTER, Trois observations sur la codification de la responsabilité internationale des Etats pour fait illicite, in Mélanges Virally, Paris, 1991.16 Draft Code of International Law, The International Law Association 1926, Report of the Thirty-fourth Conference (August 5ᵗʰ to August 11ᵗʰ), London, 1927, pp. 382-383.17 Annuaire de l’Institut de Droit International,1969, vol. II, Annexe II, p. 142 ss.

11

Page 13: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Damage Done in their Territory to the Person or Property of Foreigners redatta nel 1929

dalla Harvard Law School18 e il Progetto di Convenzione sulla responsabilità degli Stati per i

danni causati sul loro territorio alla persona o ai beni degli stranieri elaborato nel 1930 da

parte della Deutsche Gesellschaft für Völkerrecht19.

Più recentemente, nel 1961, la Harvard Law School ha pubblicato una Draft Convention

on the International Responsibility of States for Injuries to Aliens rivedendo il progetto

redatto nel 192920. Nel 1965 l’American Law Institute ha elaborato un progetto dal titolo

Restatement of the Law on Responsibility of States for Injuries to Aliens 21 ed, infine, nel 1973

i professori Graefrath e Steiniger hanno predisposto un progetto di convenzione sulla

responsabilità internazionale22.

Gli unici due progetti individuali che hanno tentato di individuare delle norme in grado di

disciplinare la responsabilità internazionale dello Stato indipendentemente dall’obbligo

violato sono il Draft Treaty Concerning the Responsibility of States for Internationally Illegal

Acts preparato da Strupp nel 192723 e la Draft Convention on the Responsibility of States for

International Wrongful acts preparata da Roth nel 193224.

2.2 La codificazione sotto l’egida delle organizzazioni internazionali

2.2.1 La Società delle Nazioni

Il 22 settembre 1924 l’Assemblea della Società delle Nazioni ha adottato una

risoluzione con la quale richiedeva al Consiglio di convocare un Comitato di esperti con

18 American Journal of International Law, 1929, Special Supplement, vol. 23, pp. 131-218.19 Entwurf eines Abkommens über die Verantwortlichkeit der Staaten für die Schädigungen von Person und Vermögen fremder Staatsangehöriger auf ihrem Gebiete, testo originale riprodotto in VON MÜNCH, Das Völkerrechtliche Delikt in der moderner Entwicklung der Völkerrechtsgemeinschaft, Frankfurt, 1963, pp. 327-332. Per la traduzione in francese si veda AGO, Premier Rapport, cit., pp. 155-157.20 American Journal of International Law, 1961, pp. 545-584.21 Gli articoli più significativi del progetto sono riprodotti in WHITEMAN, Digest of International Law, vol. 8, Washington, 1967, p. 810. Una versione revisionata del progetto sotto il nome di Restatement of the Law è stata adottata dall’Istituto nel 1986 ed è rinvenibile in The Foreign Relations Law of the United States, St. Paul, Minn., 1987, vol. 1.22 Entwurf eines Abkommens über völkerrechtliche Verantwortlichkeit, Neue Justiz, 1973, vol. 27, pp. 227-228.23 Staatsvertrag, betreffend die Haftung eines Staates für völkeerrechtswidrige Handlungen . Il testo originale è riprodotto in VON MÜNCH, op. cit., pp. 333-334. 24 Entwurf eines Abkommens über die Haftung der Staaten für völkerrechtlich unerlaubte Handlungen . Il testo è rinvenibile in ROTH, Das völkerrechtliche Delikt vor und in den Verhandlungen auf der Haager Kodifikationskonferenz 1930, Frankfurter Abhandlungen zum modernen Völkerrecht, 1932, pp. 177-178, par. 34.

12

Page 14: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

l’incarico di stilare una lista di argomenti di diritto internazionale da sottoporre a

codificazione25.

Fra questi figurava anche la responsabilità internazionale degli Stati per danni causati sul

proprio territorio alla persona o ai beni di stranieri, il cui studio è stato demandato dal

Comitato di esperti ad un sottocomitato composto da Gustavo Guerrero e Wang Hui-Chang.

Sulla base del rapporto del sottocomitato, il Comitato di esperti ha elaborato un

questionario che è stato sottoposto insieme al rapporto all’esame degli Stati membri della

Società delle Nazioni, al fine di valutare se la materia potesse essere oggetto di una

convenzione internazionale.

A seguito della risposta favorevole da parte della maggioranza degli Stati26, l’Assemblea

Generale della Società delle Nazioni ha convocato una Conferenza per la codificazione del

diritto internazionale, la cui preparazione è stata affidata ad un Comitato preparatorio.

Durante la prima sessione dei lavori il Comitato preparatorio ha elaborato una lista di

punti che è stata sottoposta all’attenzione degli Stati membri della Società delle Nazioni. Nel

corso delle successive sessioni il Comitato si è occupato di esaminare le risposte ricevute e

di preparare delle basi di discussione per la Conferenza per la codificazione del diritto

internazionale, che ha avuto luogo a L’Aja tra il 12 marzo ed il 13 aprile 193027.

L’argomento della responsabilità degli Stati per i danni causati sul proprio territorio alla

persona o ai beni degli stranieri è stato affrontato dalla Terza Commissione, che ha adottato

in prima lettura il testo di dieci articoli. A causa del conflitto circa il contenuto delle regole

primarie in tema di trattamento degli stranieri, la Terza Commissione non ha avuto modo di

prendere in considerazione tutte le basi di discussione e, per tale ragione, ha rinunciato a

dare una forma definitiva agli articoli approvati ed ha informato la Conferenza di non essere

in grado di presentare delle conclusioni inerenti tale materia.

A seguito del fallimento della Conferenza di codificazione del 1930, la Società delle

Nazioni ha rinunciato a farsi portatrice di ulteriori iniziative volte a codificare l’istituto della

responsabilità internazionale degli Stati.

2.2.2 L’Organizzazione delle Nazioni Unite

25 Il testo della risoluzione è riprodotto in American Journal of International Law, 1926, Special Supplement, vol. 20, pp. 2-3.26 Soltanto Francia, Giappone, Paesi Bassi e Venezuela hanno dubitato dell’opportunità di una convenzione internazionale su tale argomento. Le risposte al questionario sono rinvenibili in American Journal of International Law , 1928, Special Supplement, pp. 15 -21.27 Société des Nations, Actes de la Conférence pour la codification du droit international, tenue à La Haye du 13 mars au 12 avril 1930, séances des Commissions, vol. IV, procès-verbaux de la Troisième Commission, Responsabilité des Etats en ce qui concerne les dommages causés sur leur territoire à la personne ou aux biens des étrangers, Genève, 1930, annexe I, pp. 198-202.

13

Page 15: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Come organo sussidiario dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite incaricato di

promuovere la codificazione e lo sviluppo progressivo del diritto internazionale, la

Commissione del diritto internazionale (CDI) ha inserito la responsabilità internazionale

dello Stato nella lista delle quattordici materie suscettibili di essere codificate28. Durante la

sua prima sessione, il 7 dicembre 1953, l’Assemblea Generale ha adottato una risoluzione

799 (VII) mediante la quale chiedeva alla CDI di procedere alla codificazione dei principi di

diritto internazionale inerenti la responsabilità dello Stato29.

A seguito di tale risoluzione, nel 1955, la CDI ha nominato Francisco García Amador

relatore speciale per il tema della responsabilità internazionale degli Stati. Egli ha presentato

tra il 1956 ed il 1961 sei rapporti limitati al solo studio della responsabilità dello Stato per

danni causati sul proprio territorio alla persona o ai beni degli stranieri30. Alcuni membri

della CDI hanno mostrato il loro dissenso nei confronti di un tale approccio restrittivo

considerando necessario codificare le regole della responsabilità internazionale in

generale31.

Con l’adozione il 18 dicembre 1961 della risoluzione 1686 (XVI)32, l’Assemblea Generale

ha raccomandato alla CDI di proseguire nella codificazione della materia e, dal momento che

García Amador non era più membro della Commissione, è stato nominato come nuovo

relatore speciale Roberto Ago. Egli ha accolto le critiche formulate circa l’approccio

previamente adottato e ha deciso di affrontare il tema focalizzandosi sulle conseguenze

della violazione di un obbligo internazionale, senza occuparsi delle norme sostanziali la cui

violazione è all’origine della responsabilità internazionale.

Durante la sua ventisettesima sessione nel 197533, la CDI ha stabilito in maniera definitiva

la struttura del progetto da elaborare. Esso è stato diviso in tre parti: la prima parte avrebbe

riguardato le origini della responsabilità internazionale di uno Stato e mirato a stabilire

quando un fatto può essere ad esso attribuito, quando si possa affermare che tale fatto 28 AGO, Premier Rapport, cit., p. 136, par. 46; GRAEFRATH e STEINIGER, Kodifikation der völkerrechtlichen Verantwortlichkeit, Neue Justiz, 1973, vol. 27, p. 225. 29Il testo inglese della risoluzione è rinvenibile sul sito web dell’Assemblea Generale al link http://daccess-dds-ny.un.org/doc/RESOLUTION/GEN/NR0/086/64/IMG/NR008664.pdf. In tal sede non verrà presa in considerazione la questione della responsabilità internazionale dello Stato da fatto lecito, ma soltanto la responsabilità derivante dal mancato rispetto da parte dello Stato di obblighi internazionali per esso vigenti nel momento in cui si compie il fatto.30 I sei rapporti di García Amador sono riprodotti in Yearbook of the International Law Commission, rispettivamente 1956, II, p. 175 ss.;1957, II, p. 119 ss.; 1958, II, p. 49 ss.; 1959, II, p. 1 ss.;1960, II, p. 38 ss.;1961, II, p. 1 ss.31 Si vedano gli interventi di VERDROSS, Yearbook of the International Law Commission, 1960, vol. I, p. 298, par. 10, e TOUNKINE, ibid., pp. 302 – 303, par. 44.32 Il testo della risoluzione è rinvenibile in Yearbook of the United Nations, 1961, p. 525.33 Il rapporto della Commissione sui suoi lavori della ventisettesima sessione sono contenuti in Yearbook of the International Law Commission, 1975, vol. II, pp. 51 – 113.

14

Page 16: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

comporti la violazione di un obbligo internazionale e quali siano le circostanze eccezionali

che precludono l’illiceità di comportamenti non conformi agli obblighi internazionali dello

Stato; la seconda parte si sarebbe occupata del contenuto della responsabilità

internazionale, cioè delle conseguenze che un fatto illecito internazionale comporta e la

terza parte, infine, dell’attuazione della responsabilità internazionale.

Nel 2001 l’opera di codificazione intrapresa dalla CDI è pervenuta ad una conclusione con

la sottoposizione di un progetto di articoli all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite34, la

quale non ha però ritenuto opportuno adottarlo come progetto di convenzione da

sottoporre ad una conferenza diplomatica, limitandosi invece a prendere nota degli articoli e

a raccomandarli all’attenzione degli Stati35.

Gli articoli della CDI, il cui progetto era stato adottato in prima lettura nel 199636, sono

frutto di uno sforzo quarantennale che ha impegnato come relatori speciali degli illustri

giuristi.

La prima parte del progetto trae origine dagli otto rapporti presentati tra il 1969 ed il

1980 dal relatore speciale Roberto Ago37, la seconda parte fa seguito ai sette rapporti del

relatore speciale Willelm Riphagen38 e ai primi quattro rapporti del relatore speciale

Arangio-Ruiz39 ed infine la terza parte si fonda sui successivi tre rapporti del medesimo

relatore speciale40.

34 Il progetto è contenuto in Yearbook of the International Law Commission, 2001, vol. II, parte II, p. 43 ss. Gli articoli ed il commento della CDI sono riprodotti anche in CRAWFORD (ed.), The International Law Commission’s Articles on State Responsibility, Cambridge, 2002.35 Si veda la risoluzione A/56/83 del 12 dicembre 2001, in cui viene altresì proposto di prendere nuovamente in considerazione il tema della responsabilità internazionale all’Assemblea Generale nella sessione del 2004. Si vedano anche le successive risoluzioni A/59/35 del 2004, A/62/61 del 2007 e A/65/19 del 2010.36 Il testo del progetto di articoli approvato in prima lettura dalla CDI può essere letto in lingua inglese in Rivista di diritto internazionale, 1997, p. 582 ss.37 I rapporti sono contenuti in Yearbook of the International Law Commission, rispettivam. 1969, II, p. 129 ss.; 1970, II, p. 189 ss.; 1971, II (parte 1), p. 203 ss.;1972, II, p. 77 ss.; 1976, II (parte 1), p. 3 ss.;1977, II (parte 1), p. 3 ss.; 1978, II (parte 1), p. 29 ss.;1979, II (parte 1), p. 3 ss. Tutti i rapporti, ad eccezione del secondo, sono stati riprodotti in AGO, Scritti, cit., II.38 I rapporti sono contenuti in Yearbook of the International Law Commission, rispettivam. 1980, II (parte 1), p. 105 ss.; 1981, II (parte 1), p. 81; 1982, II (parte 1), p. 25 ss.; 1983, II (parte 1), p. 3 ss.; 1984, II (parte 1), p. 5 ss.;1985, II (parte 1), p. 3 ss.; 1986, II (parte 1), p. 1 ss.39 I rapporti sono contenuti in Yearbook of the International Law Commission, rispettivamente 1988, vol. II (parte 1), p. 6 ss.; 1989, vol. II (parte 1), p. 1 ss.; 1991, vol. II (parte 1), p. 1 ss.; 1992, vol. II (parte 1), p. 1 ss.40 Il quinto rapporto di Arangio-Ruiz, contenuto nello Yearbook of the International Law Commission, 1993, vol. II, pp. 1-59, è dedicato interamente alla parte terza del progetto. Il sesto ed il settimo rapporto (rispettivamente in Yearbook of the International Law Commission, 1994, vol. II, p. 4 ss. e Yearbook of the International Law Commission, 1995, vol.II, pp.3-33) riguardano tematiche inerenti sia la seconda che la terza parte; mentre l’ottavo rapporto, contenuto nello Yearbook of the International Law Commission, 1996, vol. II, pp. 1-15) riguarda una parte inerente la soluzione delle controversie che è stata successivamente omessa dal progetto adottato dalla Commissione.

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La seconda lettura, a seguito di cui il progetto è stato definitivamente adottato, si basa

invece sui quattro rapporti del relatore speciale James Crawford41.

Sezione II.IL DIBATTITO DOTTRINALE SULL’ATTRIBUZIONE DELLE CONDOTTE ALLO STATO

DI FATTI ILLECITI INTERNAZIONALI

1. Premessa

Secondo il diritto internazionale generale, affinché il comportamento di uno Stato faccia

sorgere la sua responsabilità è necessario non solo che il fatto sia stato tenuto in violazione

di una regola di diritto internazionale per esso vigente (elemento oggettivo dell’illecito

internazionale), ma anche che il fatto sia ad esso attribuibile come soggetto di diritto

internazionale (elemento soggettivo dell’illecito internazionale)42.

Gli Stati, come soggetti di diritto rientranti nella categoria degli enti collettivi, possono

agire esclusivamente attraverso la condotta materiale di persone fisiche o giuridiche.

L’operazione attributiva, mediante l’utilizzo di appositi criteri, fa in modo che gli autori

materiali di un comportamento risultino dei semplici strumenti attraverso cui l’ente

41 Su alcune delle questioni più delicate in esame nella seconda lettura si veda Symposium: State responsibility, European Journal of International Law, 1999, pp. 339–460.42 I due elementi costitutivi di un fatto illecito internazionale sono stati codificati all’art. 2 del progetto di articoli della CDI. Anche la dottrina è concorde nel riconoscere questi due elementi come necessari al fine del sorgere della responsabilità internazionale dello Stato. Si vedano tra i tanti AGO, Le délit international, in Recueil des cours, 1939–II, p. 441; EUSTATHIADES, Les sujets du droit international et la responsabilité internationale – nouvelles tendances, in Recueil des cours, 1953–III, p. 422; CONDORELLI, L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite: solutions classiques et nouvelles tendances, in Recueil des cours, 1984-VI, pp. 24–25; CHENG, General Principles of Law as applied by International Courts and Tribunals, second edition, Cambridge, 1987, p. 170; PRZETACZNIK, The International Responsibility of States for the Unauthorized Acts of their Organs, Sri Lanka Journal of International Law, 1989, vol. 1, pp. 154-155; PELLOPNÄÄ e FITZMAURICE, Taking of Property in the Practice of the Iran-United States Claims Tribunal, Netherland Yearbook of International Law, 1988, vol. XIX, pp. 73-74; JIMÉNEZ DE ARÉCHAGA e TANZI, op. cit., p. 368; SACHARIEW, Les circonstances excluant l’illicéité, in La responsabilité internationale, Paris, 1987, p. 89; SIMMA, Bilateralism and Community Interest in the Law of State Responsibility, in International Law in a time of Perplexity: Essays in Honour of Shabtai Rosenne, London, 1989, p. 821; STERN, Conclusions générales, in La responsabilité internationale, Paris, 1991, p. 319; WYLER, L’illicite et la condition des personnes privées, Paris, 1995; STERN, The Elements of an Internationally Wrongful Act, in The Law of International Responsibility (a cura di Crawford, Pellet, Olleson), Oxford, 2011, pp. 193–220.

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Page 18: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

collettivo svolge le proprie funzioni43. La questione dell’attribuzione44 di una condotta allo

Stato ai fini della responsabilità internazionale viene generalmente risolta mediante la

distinzione fra fatti di organi e fatti di privati. È difatti ampiamente sostenuto che lo Stato

risponde del comportamento di tutti i suoi organi, non essendo invece ad esso riferibile la

condotta di privati.

La specificità del legame che unisce l’individuo-organo allo Stato risiede nella sua

appartenenza all’organizzazione statale, per cui l’esistenza della qualità organica in capo ad

un individuo implica l’accertamento della sua effettiva appartenenza all’organizzazione dello

Stato45.

Con riferimento alle condizioni in presenza delle quali un individuo può essere

considerato come facente parte dell’organizzazione dello Stato ai fini attributivi, esistono

alcuni principi ampiamente condivisi.

Il principio che attribuisce allo Stato le condotte di individui o enti che rivestono la

qualifica di organi o di organi di suoi enti pubblici territoriali alla stregua dell’ordinamento

interno non è stato nella sostanza mai messo in discussione né nella prassi né nella dottrina

più recenti.

La stessa Corte internazionale di giustizia ha fatto più volte riferimento a tale criterio di

attribuzione, precisando che si tratta di un principio di diritto internazionale

consuetudinario46.

43 ANZILOTTI, La responsabilité internationale des Etats à raison des dommages soufferts par des étrangers, Revue générale de droit international public, 1906, p. 291; STRUPP, Das völkerrechtliche Delikt, Handbuch des Völkerrechts, Stier-Somlo (a cura di), vol. IV, Berlin-Stuttgart-Leipzig, p. 35; CAVAGLIERI, Règles générales du droit de la paix, in Recueil des cours, 1929–I, p. 546; COHN, La théorie de la responsabilité internationale, in Recueil des cours, 1939–II, p. 250; KELSEN, Théorie du droit international public, in Recueil des cours, 1953–III, p. 88; PRZETACZNIK, La responsabilité internationale de l’Etat à raison des préjudices de caractère moral et politique causés à un autre Etat , Revue générale de droit international public 1974, p. 937; SHAW, International Law, second edition, Cambridge, 1986, p. 411; CHRISTENSON, Attributing acts of omission to the State, MJIL 1991, vol. 12, p. 312 e p. 322; KRESS, L’organe de facto en droit international public. Réflexions sur l’imputation à l’État de l’acte d’un particulier à la lumière des développement récents, Revue générale de droit international public, 2001, p. 93 ss.; PALCHETTI, L’organo di fatto dello Stato nell’illecito internazionale, Milano, 2007, p. 4 ss.44 Il processo attributivo non opera esclusivamente nel campo della responsabilità internazionale, bensì viene in questione ogniqualvolta si prospetta una condotta statale a cui una norma di diritto internazionale riconosce effetti giuridici.45 “The reference to State organs covers all the individual or collective entities which make up the organization of the State and act on its behalf”. Così il commentario al testo di articoli sulla responsabilità degli Stati preparato dalla CDI, in Yearbook of the International Law Commission, 2001, vol.2, p. 40, par. 6. 46 Si veda il parere reso nel caso Difference Relating to Immunity from Legal Process of a Special Rapporteur of the Commission on Human Rights, Advisory Opinion, I.C.J. Reports, 1999, p. 87, par. 62; la sentenza resa nel caso LaGrand (Germany v. United States of America), I.C.J. Reports, 2001, p. 40, par. 267; la sentenza resa nel caso Application of the Convention on the prevention and punishment of the crime of genocide, I.C.J. Reports, 2007, p. 13 ss.

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Dalla prassi internazionale meno antica è desumibile come sia totalmente ininfluente, al

fine di riconoscere una condotta come atto statale dal punto di vista dell’ordinamento

internazionale, la funzione esercitata (sia essa legislativa, esecutiva o giudiziaria47), il luogo

del suo svolgimento ed il rango superiore o subalterno dell’organo48.

Data la natura recente del fenomeno della decentralizzazione da parte dello Stato di

funzioni un tempo considerate sovrane, la prassi relativa ai comportamenti di enti pubblici

non territoriali non è molto vasta. Sebbene non del tutto uniforme, sembra orientarsi verso

l’attribuzione allo Stato delle condotte degli organi di quegli enti che in base al diritto

interno esercitano prerogative del pubblico potere.

La validità del principio secondo cui sono attribuibili allo Stato i comportamenti degli

individui o enti che godono della qualità di organi dello Stato in base all’ordinamento

interno è in genere fatta derivare da una costatazione che attiene al modo in cui

l’ordinamento internazionale si atteggia rispetto al problema di definire l’organizzazione

interna dello Stato.

Presupponendo l’esistenza di un diritto degli Stati ad auto-organizzarsi 49, il riferimento al

diritto interno ai fini della determinazione della qualità di organo viene reputato la logica

conseguenza di una sorta di riserva di campo assicurata al diritto interno con riferimento alla

definizione dell’organizzazione dello Stato50.

D’altro canto, è largamente accettata anche l’idea che il criterio del riferimento al diritto

interno non abbia un carattere esclusivo, per cui può essere attribuito allo Stato, in presenza 47 Durante i secoli passati alcuni autori hanno sostenuto il principio della non responsabilità dello Stato per i comportamenti tenuti dall’autorità giudiziaria sulla base dell’indipendenza del potere giudiziario oppure dell’autorità della cosa giudicata. Questa tesi è stata accolta in due sentenze arbitrali rese dal Senato di Amburgo nel caso Croft, rinvenibili in LAPRADELLE, POLITIS, Recueil des arbitrages internationaux, tomo II: 1856–1872, Paris, 1923, pp. 1–27, e dal governo del Nicaragua nel caso Le Phare, LA FONTAINE, Pasicrise internationale – Histoire documentaire des arbitrages internationaux, tomo I, Berne, 1902, pp. 225–227.48. Si avrà l’occasione di trattare la distinzione tra organi superiori e organi subalterni nella sezione dedicata all’analisi della prassi internazionale in tema di attribuzione allo Stato di fatti illeciti ultra vires, in quanto in numerosi casi l’attribuzione è stata negata con riferimento ai comportamenti non autorizzati tenuti da organi subalterni.49 Tale espressione è stata coniata da CONDORELLI, L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite, cit., p. 28. Altri autori hanno invece parlato della libertà che il diritto internazionale concede agli Stati di dotarsi di una propria organizzazione. Così, tra gli altri, PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, Padova, 1961, p. 105; VERHOEVEN, Droit international public, Paris, 2000, p. 83.50 AGO, Le délit international, cit., p. 463. La libertà dello Stato di auto-organizzarsi è stata riconosciuta nella sentenza resa nel caso delle attività militari e paramilitari in Nicaragua e contro il Nicaragua dalla Corte internazionale di giustizia, la quale ha constatato che lo Stato possiede il fondamentale diritto di scegliere il sistema politico, economico e sociale che preferisce, a patto però che tale libertà non causi un pregiudizio al rispetto del diritto internazionale. In I.C.J. Reports, 1986, p. 131, par. 258. Si veda anche AGO, Le délit, cit., p. 463; ZEMANEK, op. cit., p. 366; STRUPP, Eléments du droit international public universel, européen et américain, vol. I, Paris, 1930, pp. 208–209. Secondo Condorelli sarebbe più corretto parlare del diritto di uno Stato ad ottenere che gli altri Stati non si ingeriscano nella propria organizzazione piuttosto che di un vero e proprio diritto ad auto-organizzarsi. Si veda ID., L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite, cit., p. 30.

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Page 20: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

di determinate condizioni, anche il comportamento adottato da individui che il diritto

interno non qualifica come organi. La possibilità di riferire allo Stato i fatti di individui o enti

ad esso legati da un rapporto di fatto è confermata dalla prassi e trova giustificazione anche

in considerazioni di carattere generale. Sembra possibile affermare che l’esistenza di una

libertà dello Stato di auto-organizzarsi non implichi la libertà di escludere a propria

discrezione che individui o enti sprovvisti della qualità formale di organi possano far sorgere

la responsabilità dello Stato per un fatto illecito internazionale da esso commesso.

L’esigenza di garantire la certezza delle relazioni internazionali porta a restringere la

rilevanza del diritto interno ai fini dell’attribuzione, in modo tale da evitare che uno Stato

possa invocare disposizioni del suo ordinamento per negare la propria responsabilità

rispetto al comportamento di individui o enti che non sono qualificati come organi dal diritto

interno, pur essendo di fatto integrati nell’apparato statale.

Dal momento che l’organizzazione di fatto dello Stato coincide solitamente con quanto

risulta dall’applicazione delle norme interne, sono in prima battuta i dati che si ricavano da

tale ordinamento a stabilire la riferibilità allo Stato di un dato comportamento. Nel caso in

cui invece l’organizzazione di fatto si discosta dalle indicazioni fornite dal diritto interno, il

riferimento alla organizzazione fattuale dello Stato giustifica che siano ad esso riferite le

condotte di individui che, pur non godendo della qualità organica in base al diritto interno,

risultano in fatto integrati all’interno dell’organizzazione dello Stato, così come in talune

circostanze giustifica l’esclusione dell’attribuzione di comportamenti di individui che hanno

la qualità di organi.

I principi generali ora indicati forniscono la cornice nella quale si inserisce il problema

della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires.

Oltre a poter adottare dei comportamenti conformi alla propria competenza e

comportamenti a titolo privato, gli organi statali possono tenere nell’esercizio delle proprie

funzioni ufficiali delle condotte non autorizzate.

Un organo agisce ultra vires ogniqualvolta adotta ex qualitate un comportamento in

violazione di istruzioni ricevute conformemente al diritto interno, o viola la propria

competenza secondo il diritto interno o comunque la normativa interna51.

51 STRUPP, op. cit., p. 36; ROTH, op. cit., p. 18; FREEMAN, op. cit., p. 290; COUSSIRAT-COUSTERE e EISEMANN, L’enlèvement de personnes privées et le droit international, Revue générale de droit international public, 1972, p. 365. CONDORELLI, op. cit., p. 81, reputa che, quando un organo adotta un comportamento contrario al diritto internazionale, viola contemporaneamente le disposizioni di diritto interno volte a regolare la sua competenza dal momento che nella grande maggioranza degli ordinamenti giuridici interni viene stabilita la primazia del diritto internazionale sulla normativa interna.

19

Page 21: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Si tratta di una situazione intermedia rispetto agli estremi rappresentati, da una parte,

dai comportamenti adottati dagli organi in conformità alla propria competenza e, dall’altra,

dalle condotte tenute dagli organi nella propria capacità privata52.

Nel caso in cui un individuo-organo adotti un comportamento ultra vires si è in definitiva

in presenza di una condotta tenuta nell’esercizio delle proprie funzioni, la cui adozione è

però avvenuta nel mancato rispetto dell’ordinamento dello Stato di cui è parte.

Per stabilire se sia possibile attribuire allo Stato i comportamenti adottati ultra vires dai

propri organi de jure occorre quindi approfondire il ruolo svolto dal diritto interno ai fini

dell’attribuzione di condotte allo Stato nell’ordinamento internazionale.

Si potrebbe però sostenere che la regola in materia di attribuzione di fatti ultra vires può

trovare applicazione anche con riferimento a situazioni nelle quali le competenze assegnate

ad un individuo o ente sono state determinate sulla base di elementi di fatto. Nonostante il

riferimento al diritto interno consenta in genere di ottenere indicazioni precise circa il

contenuto e i limiti delle funzioni assegnate ad un individuo o ente all’interno

dell’organizzazione dello Stato, ciò non significa che la determinazione delle competenze

assegnate non possa essere anche condotta attraverso l’esame dei vari elementi di fatto che

attestano l’integrazione dell’individuo o ente all’interno dell’apparato statale.

Ammettere a priori che il problema dell’attribuzione di fatti ultra vires può sorgere

esclusivamente con riferimento ad individui o enti legati allo Stato da un rapporto formale,

equivale a riconoscere che il diritto internazionale rinvia al diritto interno al fine di

determinare se un individuo o ente ha agito in maniera competente e, soltanto in un

secondo momento, stabilisce mediante propri criteri se la condotta debba essere riferita allo

Stato.

In linea di principio potrebbe invece essere il diritto internazionale a distinguere, secondo

propri criteri, quando individui che non hanno la qualità di organi in base al diritto interno

hanno adottato dei comportamenti nell’esercizio delle proprie funzioni oppure in qualità di

privato ai fini di determinarne l’attribuzione allo Stato.

Per meglio chiarire il contesto entro cui si colloca la questione dell’attribuzione allo Stato

dei fatti ultra vires, può essere innanzitutto utile considerare il dibattito dottrinale intorno al

fenomeno dell’attribuzione avendo cura di mettere in rilievo il ruolo svolto dal diritto

52 Secondo parte della dottrina, il principio in base a cui lo Stato non risponde dei comportamenti tenuti dai propri organi nella loro capacità privata incontra un’eccezione nel diritto internazionale umanitario: il testo dell’art. 3 della Quarta Convenzione dell’Aja concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre stabilisce infatti che la parte belligerante è responsabile di tutte le condotte tenute da persone facenti parte le proprie forze armate, indipendentemente quindi dalla condizione che abbiano agito in qualità ufficiale. Il testo della suddetta disposizione è stato ripreso anche dall’art. 91 del primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali.

20

Page 22: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

interno al fine della riferibilità di una condotta allo Stato quale soggetto internazionale.

Egualmente funzionale alla successiva trattazione della possibilità di riferire allo Stato in

ambito internazionale una condotta non autorizzata dei propri organi, sembra essere inoltre

la trattazione dei differenti approcci seguiti in dottrina con riferimento alla definizione della

nozione di organo.

2. Individuazione dei principali orientamenti dottrinali in tema di attribuzione di condotte allo Stato

2.1 Tesi che riconoscono rilevanza esclusiva al diritto interno

La dottrina si è a lungo confrontata sul problema di stabilire quando una condotta o una

manifestazione di volontà di un individuo o ente dovrebbe essere considerata come propria

dello Stato53. Le varie soluzioni prospettate possono essere ricondotte a due orientamenti di

fondo: da una parte ci sono gli autori secondo cui il problema di sapere in quali circostanze il

comportamento di un individuo deve essere riferito allo Stato può essere risolto

esclusivamente grazie al riferimento all’ordinamento interno, dall’altra ci sono invece coloro

che reputano il diritto interno solo uno dei vari elementi in base a cui si determina la

possibilità di attribuire una condotta di individui o enti allo Stato54.

Le tesi che attribuiscono rilevanza esclusiva al diritto interno ai fini della determinazione

dei presupposti per riferire un’attività allo Stato riconoscono, come i fatti di quest’ultimo,

solo le condotte tenute da individui o enti che possiedono la qualità di organi in base al

diritto interno e che agiscono rispettando le competenze loro conferite dal medesimo

ordinamento55.

I principali sostenitori di tale tesi, in virtù della difficoltà di trovare una giustificazione ai

dati della prassi in contrasto con il principio della rilevanza esclusiva del diritto interno,

53 Per le principali posizioni dottrinali con riferimento all’elemento soggettivo della responsabilità internazionale si veda SPINEDI, Responsabilità internazionale, in Enciclopedia giuridica, vol. XXVII, Roma, 1985, p. 3.54 All’interno di entrambi gli orientamenti possono rilevarsi in realtà posizioni che si differenziano fortemente quanto alle rispettive premesse teoriche. La tesi della rilevanza esclusiva del diritto interno, ad esempio, è sostenuta sia da autori che reputano che spetti al diritto interno regolare l’organizzazione dell’apparato statale, sia da autori che al contrario ammettono l’esistenza di norme internazionali di organizzazione. Ugualmente, l’altro orientamento è condiviso da autori che muovono da concezioni differenti circa la natura, giuridica o fattuale, dell’organizzazione statale.55 Così ANZILOTTI, Teoria generale, cit., p. 130; DE VISSCHER, La responsabilité des Etats, in Bibliotheca Visseriana Dissertationum Ius Interrnationale Illustrantium, vol. 2, 1923, p. 91; STRUPP, op. cit., p. 36. Per un’analisi delle motivazioni che hanno spinto parte della dottrina ad identificare l’organizzazione dello Stato dal punto di vista del diritto internazionale con l’ordinamento interno si veda ARANGIO-RUIZ, Gli enti soggetti dell’ordinamento internazionale, Milano, 1951.

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Page 23: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

hanno finito per ammettere che esigenze di certezza dell’ordinamento giuridico impongono

delle eccezioni ad esso56.

Anche autori che ritengono che il diritto internazionale organizzi i propri soggetti hanno

sostenuto che l’attribuzione di un comportamento di un individuo o ente ad un soggetto

internazionale sia frutto di un’operazione giuridica regolata da norme internazionali di

organizzazione che richiedono che vi sia un legame giuridico tra l’ente collettivo e l’individuo

o ente. Secondo alcuni, tale legame sarebbe determinabile mediante un rinvio che il diritto

internazionale opererebbe nei confronti del diritto interno57. Al fine di tenere conto dei dati

offerti dalla prassi internazionale, alcuni autori hanno riconosciuto un carattere variabile al

rinvio al diritto interno, con la conseguenza che l’eventualità che il diritto internazionale

faccia riferimento alle regole di diritto interno per determinare se il comportamento di

individui è attribuibile allo Stato debba essere valutata caso per caso58.

La principale critica che è stata mossa nei confronti delle suddette concezioni è che esse

finivano in realtà per ammettere l’esistenza di ulteriori criteri di attribuzione rispetto al

riferimento esclusivo al diritto interno per riuscire a superare la difficoltà di conciliare i dati

della prassi con le premesse teoriche59.

La tesi dell’esclusiva rilevanza del diritto interno è stata, infine, recentemente sostenuta

anche da alcuni autori che hanno individuato nel comportamento omissivo di altri organi

dello Stato il presupposto della sua responsabilità per i comportamenti di individui che

agiscono di fatto per suo conto.

Pur riconoscendo che nella prassi lo Stato è tenuto a rispondere dei comportamenti di

individui o enti che non godono del legame organico in base al diritto interno, tali autori

hanno sostenuto che ciò non implica che tali comportamenti debbano essere considerati

delle condotte statali. Nel caso in esame la responsabilità internazionale sorgerebbe in virtù

56 La questione della necessità di riconoscere delle eccezioni era sorta per la difficolta di conciliare il principio della rilevanza esclusiva del diritto interno con la prassi orientata a considerare attribuibili allo Stato i comportamenti adottati dagli organi al di fuori delle proprie competenze.57 Così PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, Padova, 1961, p. 102 ss.; ROMANO, Corso di diritto internazionale, 3ᵃ ed., Padova, 1933, p. 207. In un secondo momento, anche Anzilotti ha finito per accogliere questa concezione. Si veda ANZILOTTI, Corso di diritto internazionale, 4ᵃ ed., Padova, 1955, p. 224 ss.58 La natura variabile del rinvio era sostenuta in virtù di una difficoltà di conciliare la concezione della rilevanza delle norme internazionali in tema di organizzazione con la riferibilità allo Stato di comportamenti di enti, quali Stati federali e altri enti pubblici territoriali, che non godono in base al diritto interno di una personalità giuridica distinta rispetto a quella statale. Si veda ROMANO, op. cit., p. 208. Il problema di attribuire allo Stato i comportamenti tenuti da un organo al di fuori delle proprie competenze veniva invece risolto sostenendo che il diritto internazionale opera un rinvio esclusivamente nei confronti delle norme interne che conferiscono lo status organico e non di quelle che regolano le competenze. Per una critica di questa concezione si veda AGO, Troisième rapport, cit., p. 246; PALCHETTI, op. cit., pp. 9 – 10.59 Per una critica di queste concezioni si veda AGO, Troisième rapport, cit., p. 246.

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Page 24: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

di una condotta omissiva dello Stato, il quale sarebbe venuto meno all’obbligo di assicurare

un certo comportamento da parte di individui incaricati di esercitare in fatto determinate

funzioni per suo conto60.

Tale concezione sembra egualmente criticabile, in quanto arriva a far dipendere la

determinazione dei casi in cui la condotta di individui che hanno agito in fatto per conto

dello Stato può far sorgere la sua responsabilità internazionale dal contenuto della norma

primaria. Non sembra inoltre trovare riscontro nella prassi l’idea secondo cui,

parallelamente ad una norma internazionale che impone allo Stato di non tenere una certa

condotta, ne esista anche una che gli imponga di evitare che quel comportamento sia tenuto

da individui che agiscono di fatto per suo conto, pur non godendo formalmente della qualità

organica.

2.2 Tesi che si ispirano al criterio di effettività

Le tesi che rifiutano le concezioni che riconoscono rilevanza esclusiva al diritto interno ai

fini dell’attribuzione di condotte allo Stato si ispirano al principio di effettività, l’unico in

grado di spiegare come il diritto interno ed elementi fattuali concorrano entrambi a

delineare l’organizzazione dello Stato.

Partendo dal presupposto che l’organizzazione di fatto dello Stato coincide solitamente

con quanto previsto dalle norme interne, sarà necessario in prima analisi riferirsi ai dati che

si ricavano da tale ordinamento per determinare la possibilità di attribuire allo Stato un

certo comportamento. Soltanto quando tale coincidenza non sussiste, il principio

dell’effettività permette di riferire allo Stato le condotte di individui che, pur non godendo

della qualità organica in base al diritto interno, sono in fatto integrati nell’apparato statale.

Le differenti tesi che negano la rilevanza esclusiva del diritto interno al fine di

determinare l’organizzazione dello Stato si differenziano però quanto al ruolo affidato al

principio di effettività con riferimento alla soluzione del problema dell’attribuzione. La

diversa rilevanza riconosciuta in dottrina al principio di effettività ai fini della soluzione del

problema dell’attribuzione riveste attualmente un ruolo cruciale anche rispetto

all’accertamento della qualità di organo61.

60 Si veda RIPHAGEN, State Responsibility: New Theories of Obligations in Interstate Relations , in Macdonald e Johnston (a cura di), The Structure and Process of International Law: Essays in Legal Philosophy Doctrine and Theory, Dordrecht/Boston/Lancaster, 1986, pp. 587 – 591; ID., Septième rapport sur la responsabilitè des Etats, in Annuaire de la Commission du droit international , 1986, vol. II-1, p. 11. Per una critica a tale concezione si veda PALCHETTI, op. cit., p. 11.61 Per maggiori approfondimenti circa l’origine dell’espressione “organo” si vedano ROMANO, Nozione e natura degli organi costituzionali dello Stato, Palermo, 1898; DONATI, La persona reale dello Stato, 1921, ora in ID, Scritti di diritto pubblico, Padova, 1966, p. 227 ss.

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Page 25: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Un primo orientamento accomuna le tesi che concepiscono l’attribuzione di condotte

allo Stato come il mero accertamento di una situazione di fatto. Sostenitori di tale

concezione sono quegli autori secondo cui il legame giuridico tra l’ente collettivo e

l’individuo viene stabilito mediante un rinvio alla sua organizzazione effettiva.

Il diritto internazionale si limiterebbe pertanto a prendere in considerazione

l’organizzazione di cui lo Stato risulta in fatto essere provvisto, senza individuare a priori

quali siano le condizioni in presenza delle quali una certa condotta debba essere ad esso

attribuita. A differenza della concezione che postula un rinvio all’ordinamento interno dello

Stato, questa tesi non ha riguardo al dato formale e valorizza le norme interne solo nel caso

in cui servano ad individuare l’organizzazione in fatto esistente62.

Un approccio marcatamente fattuale è invece sostenuto da quegli autori che negano sia

l’esistenza di norme internazionali di organizzazione sia che l’attribuzione allo Stato di

comportamenti di individui sia un’operazione giuridica regolata da norme di diritto

internazionale. L’ente collettivo è considerato un ente reale legato ai suoi agenti da un

rapporto materiale, per cui l’attribuzione viene intesa come l’accertamento di un legame

fattuale tra l’ente soggetto internazionale e le persone fisiche o giuridiche che agiscono

effettivamente in suo conto. Entrambe le suddette tesi ritengono impossibile individuare in

maniera rigida i presupposti in presenza dei quali una certa condotta può essere riferita allo

Stato: il principio di effettività, difatti, riconosce all’interprete il compito di determinare caso

per caso il livello di integrazione dell’individuo agente nella struttura reale dello Stato63.

Muovendo dal presupposto che il diritto internazionale prende in considerazione

esclusivamente l’organizzazione che lo Stato si è effettivamente dato al fine di determinare

quali individui godono della qualità organica, il riferimento al diritto interno alla luce di tali

concezioni viene a costituire soltanto uno degli elementi idonei a determinare quale sia

l’effettiva organizzazione statale. Nel caso in cui ci sia un contrasto fra l’organizzazione che

risulta dal riferimento al diritto interno e la sua organizzazione effettiva, il diritto

internazionale farebbe riferimento a quest’ultima. Secondo tale concezione, pertanto, il

riferimento al diritto interno sarebbe insufficiente a qualificare un individuo o ente come

62 Così VERDROSS, Règles générales du droit de la paix, in Recueil des cours, 1929, p. 464 ss.; MORELLI, Nozioni di diritto internazionale, 7ᵃ ed., Padova, 1967, p. 183 ss. Quest’ultimo autore non esclude che in determinate circostanze il diritto internazionale possa determinare in maniera autonoma le condizioni attributive di una condotta allo Stato. Si veda MORELLI, op. cit., p. 186 ss.63 Così ARANGIO-RUIZ, Gli enti soggetti, cit., p. 362 ss; ID., Deuxième rapport sur la responsabilitè des Etats, in Annuaire de la Commission de droit international, 1989, vol. II-1, p. 56 ; PALMISANO, Colpa dell’organo e colpa dello Stato nella responsabilità internazionale: spunti critici di teoria e prassi , in Comunicazioni e studi, vol. XIX – XX, 1992, p. 675; ID., Stato (soggettività internazionale), in CASSESE (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, pp. 5706 – 5707.

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Page 26: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

organo statale, bensì sarebbe necessario attestare che i dati che si ricavano dalla

organizzazione giuridica trovino una effettiva conferma nella realtà di fatto64.

Contrapposto alle precedenti concezioni è invece l’orientamento, prevalente in dottrina,

che considera l’attribuzione di un fatto illecito allo Stato come un fenomeno regolato da

norme di diritto internazionale, che non si limiterebbero ad operare un rinvio nei confronti

dell’ordinamento interno o dell’organizzazione statale effettiva, ma indicherebbero i

presupposti giuridici in presenza dei quali un comportamento deve essere considerato come

fatto dello Stato. Tale approccio normativo reputa rilevante il dato effettivo ai fini attributivi

solo nel caso in cui trovi pieno riscontro in regole giuridiche internazionali65.

La posizione accolta dalla CDI nel risolvere il problema dell’attribuzione allo Stato di un

certo comportamento ai fini della responsabilità internazionale è plasmata sulle indicazioni

fornite dal relatore speciale Ago, sostenitore della concezione di tipo normativo 66. Pur

partendo dal presupposto che il diritto internazionale non è in grado di determinare quale

sia l’organizzazione dello Stato né di individuare quali individui al suo interno godono dello

status organico, Ago giungeva a sostenere che l’operazione attributiva è regolata dal diritto

internazionale sulla base di criteri totalmente autonomi rispetto a quelli che disciplinano la

riferibilità di una condotta allo Stato sul piano del diritto interno. Ago considera difatti

l’organizzazione dello Stato come un fascio di strutture reali, intendendo con ciò affermare

che essa, pur essendo un dato di fatto, è sul piano del diritto internazionale una realtà

strutturata sulla base di regole giuridiche67.

La concezione normativa in tema di attribuzione di condotte è stata affermata anche

dalla Corte internazionale di giustizia. Nella sentenza resa nel caso United States Diplomatic

64 “Nel caso di contrasto fra organizzazione effettiva ed organizzazione giuridica, è soltanto alla prima che bisogna avere riguardo per determinare in concreto se ricorrono o meno i presupposti da cui l’ordinamento internazionale fa dipendere l’imputazione al soggetto della volontà o dell’attività individuale”. Cfr. MORELLI, Nozioni di diritto internazionale, cit., p. 188. L’orientamento secondo cui le norme di diritto interno rilevano ai fini dell’accertamento della qualità di organo soltanto nel caso in cui siano indicative dell’organizzazione fattuale dello Stato è condivisa anche da ARANGIO-RUIZ, Deuxième rapport, cit., p. 55, par. 174 e PALMISANO, Colpa dell’organo e colpa dello Stato, cit., p. 681, nota 152.65 Si veda AGO, Troisième rapport, cit., p. 245 ss.; AMERASINGHE, Imputability in the law of State responsibility for injuries to aliens, Revue égyptienne de droit international 1966, p. 92; ID., State Responsibility for Injuries to Aliens, Oxford, 1967, p. 49; CHENG, op. cit., pp. 180 – 181.66 Il principio secondo cui l’attribuzione di condotte è un’operazione giuridica operante secondo criteri del diritto internazionale è stato codificato dalla CDI all’art. 3 del progetto di articoli sulla responsabilità internazionale. Si veda il testo dell’articolo e il relativo commento in Yearbook of the International Law Commission, 2001, vol. II - 2,67 “Par organisation de l’Etat il faut entendre l’appareil de ce dernier, l’ensemble des structures concrètes par lesquelles il manifeste son existence et exerce son action. Il va se de soi que la formation de ces structures et la prévision de cette action sont l’objet d’une réglementation juridique, réglementation que l’Etat lui-même et lui seul peut établir”. Così AGO, Troisième rapport, cit., p. 249. Per una critica a questa concezione dell’organizzazione dello Stato si veda LENOBLE, Responsabilité internationale et contrôle territorial, Revue belge de droit international, 1981-82, p. 99.

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and Consular Staff in Tehran, la Corte ha fatto riferimento ai comportamenti giuridicamente

imputabili allo Stato iraniano per verificarne la responsabilità internazionale68. Ugualmente

nella sentenza resa il 27 giugno del 1986 nel caso Military and Paramilitary Activities in and

against Nicaragua la Corte ha menzionato “the legal process of imputing the act to a

particular State for the purpose of establishing responsibility…”69 e nella sentenza resa il 27

febbraio 2007 nel caso Application of the Convention on the prevention and punishment of

the crime of genocide essa ha riconosciuto la necessità di determinare se gli atti di genocidio

potevano essere attribuiti alla allora Repubblica federale di Iugoslavia “under the rules of

customary international law of State responsibility”70.

Per quanto concerne l’accertamento della qualità organica, la concezione normativa si

fonda invece sulla valorizzazione dei dati ricavabili dal riferimento all’ordinamento statale,

comprensivo però anche della prassi eventualmente formatasi in deroga alle norme interne

di diritto positivo71. Sebbene si ammetta che la qualità organica possa essere accertata

anche sulla base di elementi fattuali, l’esistenza di un legame effettivo tra un individuo o

ente e lo Stato non viene riconosciuta come condizione necessaria per considerare tale

individuo o ente come organo. Nel caso in cui invece lo status organico di un individuo o

ente è accertato in base al diritto interno, non si deve controllare se nella realtà elementi

fattuali confutano il riconoscimento di tale qualità, essendo di per sé decisivo il dato

formale72.

Tale tesi arriva anche ad ammettere la prevalenza del risultato derivante dal riferimento

all’ordinamento interno rispetto ad eventuali indicazioni contrarie desumibili dalla

situazione esistente in fatto73. La rilevanza generalmente accordata al diritto interno ai fini

68 I.C.J. Reports 1980, p. 29, par. 56.69 I.C.J. Reports, 1986, p. 39, par. 57.70 I.C.J. Reports, 2007, p. 23, par. 108.71 AGO, Troisième rapport, cit., p. 245 ss.; AMERASINGHE, Imputability in the law of State responsibility for injuries to aliens, cit., p. 92; ID., State Responsibility for Injuries to Aliens, cit., p. 49; CHENG, op. cit., pp. 180 – 181; SALERNO, Genesi e usi della nozione di organo nella dottrina internazionalista italiana, Rivista di diritto internazionale, 2009, p. 921 ss.72 “…la condition nécessaire pour que le droit des gens impute un tort à l’État, c’est qu’il se trouve en face d’une conduite d’une personne physique qui dans l’organisation interne de l’État, soit qualifiée d’organe”. Cfr. AGO, Le délit international, in Recueil des cours de la Académie de droit international, vol. 68 (1939-II), p. 465. Ago ripropone tale concetto nel 1971, quando presenta il suo terzo rapporto sulla responsabilità internazionale alla Commissione di diritto internazionale. ID., Troisiéme rapport, cit., p. 198 ss.73 La tesi secondo cui la condotta di un individuo che abbia la qualità di organo secondo il diritto interno deve essere in ogni caso attribuita allo Stato sembra corrispondere alla posizione della Commissione del diritto internazionale. Nel corso del dibattito che ha portato all’adozione in prima lettura dell’art. 5, alcuni membri hanno sollevato la questione circa la possibilità di riconoscere la qualità organica indipendentemente dalla circostanza che trovasse corrispondenza nella realtà effettiva. In paricolare Hambro ha osservato come “by contrast with article 8, article 5 dealt with acts which would always be attributed to the State, because the person or group of persons performing them was categorized as a State organ by the internal law of the State concerned”. In Yearbook of the

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della determinazione della qualità organica trova giustificazione sia nella circostanza che

l’organizzazione giuridica interna dello Stato e quella effettiva in larga misura coincidono, sia

nell’esigenza di garantire la sicurezza delle relazioni internazionali.

Quando uno Stato attribuisce l’esercizio di pubbliche funzioni ad un individuo o ente e ne

inserisce l’attività nella sua organizzazione di governo, induce gli altri Stati a considerare tale

individuo o ente come organo. Mediante il diritto interno lo Stato fornisce difatti delle

importanti indicazioni circa il modo di essere della propria organizzazione di governo ed

esigenze di certezza delle relazioni internazionali impongono pertanto di tutelare la

prospettiva di altri Stati che fanno affidamento sui dati da esso derivanti74.

Negli ultimi decenni alcuni autori hanno invece ammesso l’attribuzione allo Stato dei fatti

dei propri organi indipendentemente dal legame che qualifica giuridicamente il

comportamento dell’individuo o ente nell’ordinamento statale75, mentre altri ancora sono

giunti ad ammettere che l’accertamento della qualità organica possa avvenire sulla base di

parametri differenti rispetto all’ordinamento statale. La qualifica di organo in base al diritto

interno diverrebbe difatti soltanto uno dei possibili indizi dello status di organo dello Stato ai

fini del diritto internazionale, dal momento che è l’accertamento fattualmente effettivo

dell’organo che rappresenta la condizione generale per riferire dei comportamenti allo Stato

sul piano internazionale76.

3. Implicazioni derivanti dall’accettazione delle due differenti tesi sull’organizzazione dello Stato dal punto di vista del diritto internazionale con riferimento alla questione dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires

L’approccio normativo e l’approccio fattuale in tema di attribuzione di condotte allo Stato

si distinguono nettamente con riferimento al modo di porsi nella valutazione dei dati offerti

dalla prassi internazionale. Mentre l’approccio normativo ritiene plausibile ricavare dai dati

della prassi internazionale dei criteri giuridici in grado di determinare in base a quali

condizioni una certa condotta di individui o enti è riferibile allo Stato quale soggetto

internazionale, l’approccio fattuale non ammette che la questione attributiva possa essere

risolta sulla base di criteri giuridici astratti, in quanto ritiene che spetti all’interprete

International Law Commission, 1973-I, p. 51, par. 31. Una identica indicazione è contenuta anche nel progetto adottato in seconda lettura. Su questa problematica il commentario dell’art. 4 si limita a rilevare che “when the law of a State characterizes an entity as an organ, no difficulty will arise ”. UN doc. A/56/10, p. 82.74 Per approfondire il ruolo giocato dall’esigenza di garantire la certezza delle relazioni internazionali con riferimento al principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires vedi infra, p. 36 ss.75 CONDORELLI, L’imputation à l’État d’un fait internationalement illicite: solutions classiques et nouvelles tendances, in Recueil des cours, vol. 189 (1984-IV), p. 26 ss.76 PALCHETTI, L’organo di fatto nell’illecito internazionale, cit.,p. 251 ss.

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determinare l’intensità del vincolo che lega l’individuo agente allo Stato sulla base della

rilevazione di elementi di fatto di volta in volta differenti.

Ai fini limitati della presente indagine si preferisce non accogliere a priori alcuna delle

ricostruzioni teoriche sopracitate del fenomeno dell’attribuzione del fatto illecito al soggetto

internazionale.

Si pensa infatti che l’approfondita analisi della prassi internazionale in tema di

attribuzione di fatti ultra vires allo Stato possa essere anche l’occasione per verificare se

l’operazione attributiva debba essere considerata un’operazione disciplinata da regole

giuridiche oppure consti nel mero accertamento di un legame fattuale esistente tra l’ente

soggetto internazionale e le persone fisiche o giuridiche che effettivamente agiscono per suo

conto.

Come previamente accennato77, le modalità mediante cui accertare la qualità organica

dipendono dalla rilevanza riconosciuta al principio di effettività ai fini della soluzione del

problema dell’attribuzione. Reputando che soltanto l’esame dei dati offerti dalla prassi

permetta di determinare quale tra l’approccio fattuale e quello normativo al problema

dell’attribuzione di condotte allo Stato sia maggiormente aderente alla realtà, l’indagine

circa la possibilità di riferire allo Stato sul piano internazionale le condotte non autorizzate

dei propri organi fornisce in via indiretta l’occasione di verificare anche il ruolo del diritto

interno e di elementi fattuali nell’accertamento della qualità organica.

4. Le diverse impostazioni seguite in dottrina circa il problema dei fatti illeciti ultra vires

4.1 La tesi che rigetta l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali

sulla base della rilevanza esclusiva del diritto interno nell’organizzazione dello Stato

Durante la seconda parte del diciannovesimo secolo, numerosi autori hanno assimilato a

dei semplici privati gli organi statali che nel loro agire eccedevano la competenza oppure

contravvenivano alle istruzioni ricevute, sulla base del fatto che non erano in grado di

rappresentare validamente la volontà statale78.

77 Vedi supra, p. 24 ss.78 “…on the basis of the premise – in itself irrefutable – that the organization of a State is determined exclusively by the law of that State, wrongly seek to conclude that it is impossible to attribute to the State, at the international level also, the action of a person who strictly speaking does not possess the character of a State organ under municipal law or who, although possessing such character does not act in accordance with the provisions of municipal law which defines that organ’s scope of action.” Cfr. AGO, Fourth Report on State Responsibility, in Yearbook of International Law Commission, 1972, vol. II, p. 234, par. 111.

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Riconoscendo rilevanza esclusiva al diritto interno in materia di organizzazione dello

Stato e di accertamento della qualità organica, finivano per ammettere che tutte le condotte

tenute da individui che non possedevano tale status in virtù del diritto statale o che, pur

possedendolo, non agivano in linea con le disposizioni in tema di competenza dovevano

essere considerati fatti di privati.

La tesi secondo cui lo Stato non risponde sul piano internazionale dei comportamenti

tenuti dai propri organi ultra vires è stata in passato sostenuta, tra gli altri, da Bluntschli79,

Calvo80, Hall81, Chrétien82, Piedelièvre83, Fiore84, Despagnet85 e Fauchille86.

Un’ulteriore distinzione veniva operata, da parte dei suddetti autori, fra le condotte

tenute dagli organi sul territorio del proprio Stato e quelle degli organi all’estero, nel senso

di ritenere che lo Stato era tenuto a rispondere nell’ordinamento internazionale in maniera

maggiormente restrittiva dei comportamenti illeciti adottati dagli organi sul proprio

territorio.

Mentre risultavano attribuibili allo Stato tutti i comportamenti tenuti dagli organi che

operavano per suo conto all’estero, i fatti ultra vires commessi da un organo sul territorio

del proprio Stato facevano sorgere una responsabilità meramente personale dell’individuo-

organo. La responsabilità statale sul piano internazionale veniva in essere esclusivamente in

caso di complicità o di diniego di giustizia da parte di altri organi dello Stato87.

La tesi volta ad assimilare i fatti ultra vires tenuti dagli organi statali a quelli di semplici

privati si basava presumibilmente su una applicazione analogica in diritto internazionale

della teoria del mandato di diritto interno. Lo Stato pertanto non veniva considerato

responsabile in diritto internazionale delle condotte ultra vires dei propri organi in virtù del

principio di diritto interno secondo cui il mandante non è responsabile delle condotte del

79 Le droit international codifié, 4ᵃ edizione, Paris, 1886. p. 273, par. 466; Das moderne Völkerrecht der civilisirten Staten als Rechtbuch dargestellt, 3ᵃ edizione, Nördling, 1878, pp. 261–262.80 Le droit international théorique et pratique, tomo 3, 1887, Paris, p. 120, par. 1263 e p. 135, par. 1274.81 “….when the acts done are in excess of the powers of the person doing them the State is not bound or responsible…”. In A Treatise of International Law, third edition, Oxford, 1890, p. 322, par. 106.82 Principe de droit international public, Paris, 1893, pp. 391 – 392, par. 420.83 Précis de droit international public ou droit des gens, tomo I, Paris, 1894, pp. 318 – 319, par. 368.84 Trattato di diritto internazionale pubblico 3° ed., Milano, 1887, vol. I, pp. 426 - 427.85 Cours de droit international public, Paris, 1905, p. 564.86 Traité de droit international public, 8ᵃ edizione, Paris, 1922, p. 525, par. 298.87 “Dans l’intérieur des limites juridictionnelles, les agents de l’autorité de toute classe sont personnellement seuls responsables dans la mesure établie par le droit public interne de chaque Etat. Lorsqu’ils manquent à leurs devoirs, excèdent leurs attributions ou violent la loi, ils créent, selon les circonstances, à ceux dont ils ont lésé les droits un recours légal par les voies administratives ou judiciaires; mais à l’égard des tiers, nationaux ou étrangers, la responsabilité du gouvernement qui les a institués reste purement morale et ne saurait devenir directe et effective qu’en cas de complicité ou de déni de justice manifeste”. Cfr. CALVO, op. cit.. Si veda anche BLUNTSCHLI, op. cit., p. 273, par. 466.

29

Page 31: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

mandatario in caso di eccesso dei limiti del mandato. Tale assimilazione fra il rapporto

organico ed il mandato è stata successivamente abbandonata dalla maggioranza della

dottrina, sebbene anche nel corso del ventesimo secolo alcuni autori abbiano sostenuto la

tesi dell’impossibilità di attribuire allo Stato i comportamenti tenuti da un organo ultra vires.

Nel 1926 tale tesi è stata ad esempio difesa da Guerrero nel quadro dei lavori di

codificazione del diritto internazionale intrapresi sotto l’egida della Società delle Nazioni 88 e

ancora nel 1968 Rolando Quadri ha sostenuto che la responsabilità internazionale dello

Stato con riferimento a condotte ultra vires degli organi statali può sorgere esclusivamente

in relazione al mancato adempimento da parte di altri organi di un obbligo di prevenzione o

repressione del fatto illecito89.

4.2 La tesi che riconosce la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti

ultra vires dei propri organi sulla base della teoria del rischio statale

Nel ventesimo secolo, si è assistito in ambito dottrinale ad una progressiva affermazione

del principio della responsabilità internazionale dello Stato per le condotte ultra vires dei

propri organi. Mentre nel corso del diciannovesimo secolo la dottrina era unanime

nell’assimilare a semplici privati gli organi che nel loro agire eccedevano la competenza

oppure contravvenivano alle istruzioni loro impartite in quanto la loro attività non poteva

essere collegata alla volontà statale, a partire dal ventesimo secolo alcuni autori hanno

iniziato a ritenere che lo Stato era tenuto a risponderne nell’ordinamento internazionale,

nonostante tali comportamenti non potessero essere considerati dei fatti dello Stato.

I principali esponenti di tale corrente dottrinale sono Heinrich Triepel90, Dionisio

Anzilotti91, Karl Strupp92, Walther Burckhardt93, Charles De Visscher94 e Agostino Soldati95.

Partendo dall’assunto che spetta all’ordinamento interno regolare i poteri e le

competenze dei propri organi, tali autori arrivavano a concludere che soltanto le condotte

88 Vedi infra, p. 89 ss.89 Secondo Quadri, Diritto internazionale pubblico, 5ᵃ edizione, Napoli, 1980, p. 594, “quando gli organi superano i limiti della loro competenza, l’obbligo dello Stato di rispondere dei danni causati agli atti degli organi sussiste nella misura in cui lo Stato risponde dei danni prodotti da atti di privati individui, essendochè l’atto dall’organo posto in essere fuori della sua competenza va assimilato ad un atto privato”.90 TRIEPEL, Völkerrecht und Landesrecht, Leipzig, 1899, p. 349.91 ANZILOTTI, La responsabilité internationale, cit., p. 289.92 STRUPP, Das völkerrechtliche Delikt, cit., pp. 37–38.93 BURCKHARDT, Die völkerrechtliche Verantworlichkeit der Staaten, Bern, 1924, pp. 10–12.94 DE VISSCHER, La responsabilitédes Etats, cit., pp. 91–92.95 SOLDATI, La responsabilité des Etats dans le droit international, Duchemin, 1934, pp. 52–62.

30

Page 32: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

tenute dagli organi statali nel rispetto delle disposizioni di diritto interno in tema di

competenza potevano essere considerate fatti dello Stato96.

La corrente dottrinale che si è sviluppata a partire dal ventesimo secolo ha però

incontrato la difficoltà di conciliare le suddette premesse teoriche con i dati desumibili dalla

prassi internazionale, che si erano nel frattempo orientati nel senso di ritenere lo Stato

responsabile dei comportamenti ultra vires dei propri organi. La soluzione accolta nella

prassi internazionale era ritenuta in contrasto con la logica giuridica e poteva, a loro parere,

trovare giustificazione soltanto nella necessità di garantire la sicurezza delle relazioni

internazionali97.

Non potendo procedere in ogni occasione all’esame delle disposizioni di diritto interno di

un altro Stato al fine di verificare se un organo aveva rispettato nell’esercizio delle proprie

funzioni i limiti della propria competenza, uno Stato non poteva negare di aver agito

ogniqualvolta un organo adottava un comportamento che all’esterno appariva determinato

dalla sua volontà. Tale assunto, in chiara contraddizione con le premesse, aveva lo scopo di

conciliare le conclusioni con i dati desumibili dalla prassi internazionale. Investendo dello

status organico alcuni individui o enti e fornendo loro gli strumenti necessari all’esecuzione

della propria funzione, secondo tali autori, lo Stato era tenuto a rispondere

nell’ordinamento internazionale dell’apparenza che aveva contribuito a creare. Al fine di

garantire la sicurezza delle relazioni internazionali, lo Stato era quindi tenuto a rispondere

delle condotte non autorizzate dei propri organi nel caso in cui l’illecito era stato reso

possibile in virtù dello status organico di cui un individuo o ente godevano o dell’autorità

che derivava loro dall’esercitare una funzione ufficiale98.

Pur non essendo attribuibili allo Stato sul piano internazionale in quanto non conformi al

diritto interno, i fatti ultra vires degli organi possedevano comunque le caratteristiche

tipiche del fatto statale, in quanto si collegavano all’organizzazione dello Stato e si

producevano in occasione dell’esercizio di funzioni ufficiali. La responsabilità internazionale

dello Stato, nell’ipotesi degli illeciti ultra vires dei propri organi, si fondava quindi su una

garanzia che esso assicurava agli altri soggetti di diritto internazionale per i fatti dannosi che

derivavano dalla propria organizzazione interna.

96 “Un atto di questo genere non è in alcun modo un atto dello Stato, ma un puro atto individuale.[…]Anche qui è assai più razionale e rispondente al vero dire che l’ordine internazionale fa valere le sue esigenze”. ANZILOTTI Teoria generale della responsabilità dello Stato nel diritto internazionale, Scritti di diritto internazionale pubblico, vol. I, Padova, 1956, pp. 132-134.97 ANZILOTTI, La responsabilité internationale, cit., p. 289; DE VISSCHER, La responsabilité des Etats, cit., p. 92.98 Per ulteriori approfondimenti circa la condizione attributiva dell’apparenza della funzione vedi infra, p. 208 ss.

31

Page 33: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

4.3 La tesi che accoglie l’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires dei soli

organi statali superiori

All’inizio del ventesimo secolo, parte della dottrina ha sostenuto che la volontà statale

poteva essere validamente rappresentata solo dai suoi organi superiori, per cui lo Stato era

tenuto a rispondere in ambito internazionale solo dei fatti ultra vires da essi tenuti, ad

esclusione di quelli adottati dagli organi subalterni. Il principale fautore di tale teoria è

Borchard, il quale sosteneva che potevano essere direttamente attribuiti allo Stato in diritto

internazionale soltanto i comportamenti tenuti dagli organi superiori nell’esercizio delle

proprie funzioni, che avessero agito nel rispetto dei limiti della loro competenza o meno99.

Gli atti e le omissioni degli organi subalterni venivano equiparati ai comportamenti di

privati, per cui la responsabilità internazionale dello Stato poteva sorgere solo in caso di

ratifica del comportamento, di mancata prevenzione o repressione del fatto illecito oppure

per diniego di giustizia da parte degli organi superiori100.

Tale concezione è stata affermata anche dalla Draft Convention on the Responsibility of

States for Damage Done in their Territory to the Person or Property of Foreigners redatta nel

1929 dal Professor Borchard per la Harvard Law School. L’art. 7 lett. a) stabiliva difatti che

uno Stato è internazionalmente responsabile dei danni causati solo dai propri organi

superiori nell’esercizio delle funzioni101. Il commentario della suddetta disposizione chiariva

che un organo superiore che aveva tenuto un comportamento ultra vires poteva

considerarsi averlo adottato nella sua qualità ufficiale a condizione che avesse agito entro il

quadro generale delle sue funzioni102. In base alla condizione attributiva della competenza

generale, lo Stato doveva rispondere internazionalmente di tutte le condotte degli organi

che, pur non avendo nello specifico la competenza ad adottare il comportamento

generatore dell’illecito, godevano comunque della competenza a tenere dei comportamenti

dello stesso genere o tipologia

Il sorgere di tale tesi è stata con grande probabilità influenzato dalla distinzione operata

fra organi superiori e organi subordinati rinvenibile nell’ordinamento interno degli Stati Uniti

99 BORCHARD, The Diplomatic Protection of Citizens Abroad or the Law of International Claims , New York, 1916, pp. 185–186. Si veda anche il commentario relativo all’art. 7 della Draft Convention on the Responsibility of States for Damage Done in their Territory to the Person or Property of Foreigners preparata nel 1929 dalla Harvard Law School sotto la direzione di Borchard in American Journal of International Law, 1929, Special Supplement vol. 23, p. 163.100 BORCHARD, The Diplomatic Protection, cit., p. 189.101 “A state is responsible if an injury to an alien results from the wrongful act or omission of one of its higher authorities within the scope of the office or function of such authority, if the local remedies have been exhausted without adequate redress”. American Journal of International Law 1929, Special Supplement vol. 23, p. 136.102 Ibid., p. 163.

32

Page 34: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

e di alcuni paesi dell’America latina103. Negli Stati Uniti, ad esempio, il diritto interno

prevede che la parte lesa da una condotta di un organo subordinato possa presentare un

ricorso per far valere i propri diritti solo nei confronti dell’individuo organo colpevole e non

dell’amministrazione dello Stato. Parimenti la giurisprudenza ha per lungo tempo operato

una distinzione tra due categorie di organi, gli “officers” e gli “employees”, reputando

l’attività statale costituita soltanto dai comportamenti adottati dai primi.

In realtà ad una attenta analisi dei casi giurisprudenziali citati da Borchard al fine di

dimostrare la validità della sua tesi104, si può notare come la ragione che ha spinto gli arbitri

a rigettare le richieste di risarcimento non risiede tanto nell’impossibilità di riferire allo Stato

i comportamenti adottati dagli organi subordinati quanto nel mancato previo esaurimento

dei ricorsi interni ad opera della parte lesa e nel conseguente rigetto della possibilità di

esercitare la protezione diplomatica105.

La teoria secondo cui sarebbe necessario operare una distinzione nell’attribuzione di

comportamenti allo Stato in funzione del rango superiore o subalterno dell’organo è stata

superata nelle prassi diplomatica e nella giurisprudenza arbitrale del ventesimo secolo106.

Durante i lavori di codificazione intrapresi sotto l’egida della Società delle Nazioni il

Governo tedesco, nel rispondere ad un quesito riguardante i comportamenti degli organi

superiori dell’esecutivo, ha sostenuto che gli illeciti ultra vires commessi dagli organi

subalterni devono essere attribuiti allo Stato in ambito internazionale107.

103 AGO, Troisièmme rapport, cit., p. 264, par. 153; PRZETACZNIK, The International Responsibility of States, cit., pp. 130–131; QUÉNEUDEC, op. cit., pp. 60–61.104 Si veda la sentenza resa nel caso Leichardt in cui la Commissione mista istituita fra Stati Uniti e Messico ha rigettato la richiesta di risarcimento degli Stati Uniti nei confronti del Messico in quanto “…for the wrongs and injuries inflicted by private persons or by paltry petty officers, chest in a little brief authority, like the governor’s secretary, for instance, they must resort to the courts of the country, and in such cases only appeal to their own sovereign when the courts of the country refuse to do their duty…”. Cfr. MOORE, op. cit., vol. III, pp. 3133–3134. Si tratta di una sentenza non datata, resa in virtù di una Convenzione conclusa fra i due Stati il 4 luglio 1868. Si veda anche il caso Slocum, ibid., p. 3141; Smith, ibid., p. 3146; Burn, ibid., p. 3140; Bensley, ibid., pp. 3016–3017.105 EAGLETON, op. cit., pp. 48 – 49; FREEMAN, op. cit., pp. 284–285.106 In realtà già nell’ultimo decennio del diciannovesimo secolo in alcune occasioni era stata sottolineata la mancata pertinenza di tale distinzione. Si veda il caso Star and Herald, in cui il governo colombiano ha cercato di negare la riferibilità di un fatto illecito ultra vires in virtù del grado subordinato dell’organo che aveva tenuto la condotta. Cfr. MOORE, op. cit. , pp. 779–780.107 “Un employé subalterne….qui sans posséder les attributions nécessaires pour représenter son Etat à l’extérieur, procède à un acte contraire au droit international en entrant, dans l’exercice de ses fonctions, en contact avec un étranger, engage donc la responsabilité de l’Etat exactement comme un acte contraire au droit international et commis par le gouvernement lui-même. Dans l’un comme dans l’autre cas, il s’agit, au sens légal, d’une infraction au droit international commise par l’Etat lui-même”. Cfr. Società delle Nazioni, Conférence pour la codification du droit international, Bases de discussion établies par le Comité préparatoire à l’intention de la Conférence, Supplément au tome III, Responsabilité des Etats en ce qui concerne les dommages causés sur leur territoire à la personne au aux biens des étrangers. Réponses des Gouvernements à la liste de points, Genève, 1929, p. 52.

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Page 35: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Nella sentenza resa nel 1927 dalla Commissione generale dei reclami fra Messico e Stati

Uniti nel caso Massey, ad esempio, il commissario Nielsen ha rigettato l’argomentazione che

il Governo messicano, al fine di negare la propria responsabilità internazionale, incentra sul

rango subordinato dell’organo che aveva permesso l’evasione di un detenuto colpevole di

aver ucciso un cittadino statunitense108.

Egualmente la Commissione europea dei diritti dell’uomo in un rapporto del 25 marzo

1976 nel caso Irlanda c. Regno Unito ha reputato senza fondamento la tesi del Regno Unito

che negava la propria responsabilità internazionale per la violazione dell’art. 3 della

Convenzione europea dei diritti dell’uomo sulla base dell’impossibilità di considerare come

fatti dello Stato i comportamenti tenuti dagli organi subordinati109.

Alla luce degli sviluppi della prassi internazionale, lo stesso Borchard in un articolo

pubblicato nel 1929110 ha negato la pertinenza di una distinzione nell’attribuzione di

comportamenti allo Stato in funzione del rango dell’organo, riconoscendo che qualunque

individuo o ente che gode dello status organico in virtù del diritto interno deve essere

considerato un organo dello Stato e i suoi comportamenti sono suscettibili di essere

attribuiti allo Stato stesso111.

4.4 La tesi che ammette in generale l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali

Nel corso del ventesimo secolo, la dottrina si è sempre più orientata ad ammettere la

responsabilità internazionale dello Stato per le condotte tenute dai propri organi eccedendo

108 “I believe that it is undoubtedly a sound general principle that, whenever misconduct on the part of any such persons, whatever may be their particular status or rank under domestic law, results in the failure of a nation to perform its obligations under international law, the nation must bear the responsibility for the wrongful acts of its servants”. Cfr. Report of International Arbitral Awards, vol. IV, p. 159. Si veda anche il caso Way, ibid., pp. 391–401; il caso Baldwin, ibid., vol. VI, pp. 328–333. 109 “L’Etat ne peut être engagé pour les actes de tous ses organes, agents et fonctionnaires. Comme pour la responsabilité au regard du droit international en général, le rang de ceux-ci n’importe pas, en ce sens qu’en tout état de cause leurs actes sont imputés à l’Etat.” CEDH Mém., vol. 23 – I, p. 393. Per una approfondita analisi del caso si veda infra, p. 161 ss.110 BORCHARD, Theoretical Aspects of the International Responsibility of States, Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht, 1929, pp. 223-250.111 Si veda anche QUÉNEUDEC, op. cit., pp. 55–68; AMERASINGHE, op. cit., p. 106; AGO, Troisième rapport, cit., pp. 262–267; CHRISTENSON, The Doctrine of Attribution in State Responsibility, International Law of State Responsibility for Injuries to Aliens, Charlottesville, 1983, p. 331; PRZETACZNIK, op. cit., pp. 135–136; BROWNLIE, op. cit., pp. 447–448. La tesi favorevole ad una distinzione dell’attribuzione dei comportamenti in funzione del rango dell’organo è stata sostenuta anche più avanti nel ventesimo secolo da alcuni autori: FENWICK, International Law, 3ᵃ ed., New York, 1952, pp. 280–281; BRIERLY, The Law of Nations: an Introduction to the International Law of Peace, 6ᵃ ed., Oxford, 1963, pp. 285–286; VON GLAHN, Law among Nations, an Introduction to Public International Law, 5ᵃ ed., New York, 1986, p. 232.

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Page 36: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

i limiti della competenza oppure contravvenendo alle istruzioni ricevute, e ciò li ha indotti ad

abbandonare la tesi del rilievo esclusivo del diritto interno112.

Secondo questo filone dottrinale, l’attribuzione di una condotta allo Stato quale soggetto

internazionale consta in un’operazione totalmente indipendente rispetto alla sua

attribuzione allo Stato nell’ordinamento interno. Partendo dal presupposto che il diritto

internazionale è in grado di individuare secondo propri criteri quando una condotta deve

essere considerata un fatto statale sul piano internazionale, tali autori arrivavano a

sostenere che, al fine di garantire la sicurezza delle relazioni internazionali, un

comportamento non autorizzato di un organo è comunque da considerare un fatto

attribuibile allo Stato nell’ordinamento internazionale, nonostante non possa dirsi riflettere

la “volontà” statale.

Un orientamento leggermente differente è stato seguito da Condorelli. Secondo tale

autore, lo Stato esercita il proprio diritto ad auto-organizzarsi nel momento in cui affida ad

una persona fisica o giuridica l’esercizio di pubbliche funzioni. Dovendo sopportare le

conseguenze di tale scelta, lo Stato si troverebbe in una situazione di estoppel che gli

impedirebbe di contraddirsi nel sostenere di non aver agito nel caso in cui uno degli organi

da lui designati ha adottato un comportamento nell’esercizio delle sue funzioni, ma ultra

vires113.

È opportuno osservare che è ormai del tutto prevalente la tesi che lo Stato sia tenuto a

rispondere in diritto internazionale di tutti i comportamenti adottati dai propri organi,

indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano ecceduto i limiti della competenza

112 Si veda AGO, Le délit international, Recueil des cours de I'Académie de droit international de La Haye, 1939, p. 469 ss.; AMERASINGHE, Imputability in the Law of State Responsibility for Injuries to Aliens, Revue egyptienne de droit international, 1966, p. 104 ss.; ANZILOTTI, Corso di diritto internazionale, Padova, 1955, pp. 387-388; CHENG, General Principles of Law as Applied by International Courts and Tribunals, London, 1953, p.201 ss.; DAHM, Völkerrecht, Stuttgart, 1961, p. 182; DECENCIERE-FERRANDIERE, La responsabilité Internationale des Etats à raison des dommages subis par des étrangers, Paris, 1925, p. 70; EAGLETON, The Responsibility of States in International Law, New York, 1928, p. 57; FISCHER, La Responsabilité internationale de l’Etat pour les comportements ultra vires de ses organes, Lausanne, 1993, p. 165 ; FREEMAN, Responsibility of States for unlawful acts of their armed forces, in Recueil des cours de I'Académie de droit international de La Haye, 1955-II, p. 29; FURGLER, Grundprobleme des völkerrechtlichen Verantwortlichkeit der Staaten unter besonderer Berucksichtigimg der Haager Kodifikationskonferenz, sowie der Praxis der Vereinigten Staaten und der Schweiz, Zürich, 1948, pp. 25-26; GUGGENHEIM, Traité de droit international public, Genève, 1954, p. 5 ss.; MONACO, La responsabilità internazionale dello Stato per fatti degli individui, Rivista di diritto internazionale, 1939, p. 22 ss.; QUÉNEUDEC, La responsabilité Internationale de l’Etat pour les fautes personnelles de ses agents , Paris, 1966, pp. 119-120; REUTER, La responsabilité Internationale, Droit international public (cours), Paris, 1956, p. 87 ss.; ROSS, A Textbok of International Law, London, 1947, pp. 252-253; STARKE, Imputability of International Delinquencies, The British Year Book of International Law, 1938, p. 109 ss.; SCHWARZENBERGER, International Law, London, 1957, p. 615 ss.; SERENI, Diritto internazionale, Milano, 1962, pp.1507-1508; PRZETACZNIK, The International Responsibility of the State, cit., p. 153. 113 CONDORELLI, L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite, cit., p. 86.

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come previsti dal diritto interno o abbiano contravvenuto alle istruzioni ricevute, e ciò sulla

base del fatto che abbiano agito ex qualitate114. Restano peraltro controverse le precise

circostanze in cui sono da attribuire i fatti ultra vires.

4.5 L’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei progetti di codificazione elaborati

da istituzioni private

In tutti i progetti di codificazione elaborati dalle istituzioni private nel periodo

antecedente la Conferenza di codificazione del 1930 viene riconosciuto il principio della

responsabilità internazionale dello Stato per i comportamenti ultra vires dei propri organi

sulla base della loro riferibilità allo Stato sul piano internazionale.

Nel secondo capitolo del Draft Code of International Law inerente le Rules Concerning

Responsibility of a State in Relation to the Life, Person and Property of Aliens elaborato nel

1926 dal ramo giapponese dell’International Law Association congiuntamente alla

Associazione di diritto internazionale del Giappone veniva stabilita la responsabilità

internazionale dello Stato per tutti i comportamenti tenuti dagli organi nella loro qualità

ufficiale. L’art. 1 del secondo capitolo, intitolato “Rules Concerning the Responsibility of a

State in Relation to the Life, Person and Property of Aliens”, affermava che “A State is

responsible for injuries suffered by aliens…through willful act, default or negligence of the

official authorities in the discharge of their official functions…”115.

Affermando che lo Stato è tenuto a rispondere dei comportamenti adottati dagli organi

nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali, tale disposizione ammetteva implicitamente che la

responsabilità internazionale dello Stato sussisteva anche nel caso in cui le condotte non

fossero state autorizzate.

In maniera più esplicita l’art. 1 della risoluzione adottata nel 1927 dall’Institut de Droit

International sulla Responsabilité internationale des Etats à raison des dommages causés sur

leur territoire à la personne et aux biens des étrangers ammetteva la responsabilità

internazionale dello Stato in caso di illecito commesso dagli organi nella loro qualità ufficiale

anche nel caso in cui avessero agito non rispettando le disposizioni di diritto interno in tema

114 BORCHARD, Theoretical aspects, cit., pp. 22 –231; FREEMAN, The International Responsibility, pp. 23–26; STARKE, Imputability, cit., pp. 110–111; VON MÜNCH, op. cit., pp. 172–182; REUTER, op. cit., pp. 602–603; COUSSIRAT – COUSTERE e EISEMANN, op. cit., pp. 365–367; CHRISTENSON, op. cit., p. 621; BROWNLIE, System of the Law of Nations, State Responsibility, Oxford, 1983, pp. 145–150; ZEMANEK, op. cit., p. 367; SMITH, State Responsibility and the Marine Environment, Oxford, 1988, pp. 31–34.115 AGO, Premier rapport, cit., allegato II, p. 146.

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di competenza e avessero abusato dei mezzi messi loro a disposizione in virtù della funzione

svolta:

“ L'Etat est responsable des dommages qu'il cause aux étrangers par toute

action ou omission contraire à ses obligations internationales, quelle que soit

l'autorité de l'Etat dont elle procède: constituante, législative,

gouvernementale ou judiciaire. Cette responsabilité de l’Etat existe, soit que

ses organes aient agi conformément, soit qu’ils aient agi contrairement à la loi

ou à l’ordre d’une autorité supérieure. Elle existe également lorsque ces

organes agissent en dehors de leur compétence, en se couvrant de leur qualité

d’organes de l’Etat, et en se servant des moyens mis, à ce titre, à leur

disposition”116.

Lo Stato era quindi tenuto a rispondere in ambito internazionale dei comportamenti ultra

vires adottati dai suoi organi anche nei casi in cui neanche in apparenza potevano sembrare

rientrare nel quadro della loro competenza, allorché il compimento dei fatti illeciti nella

qualità di organi dello Stato era stato reso possibile dall’uso abusivo degli strumenti messi

loro a disposizione per il regolare esercizio delle pubbliche funzioni. Il considerare tali

condotte dei fatti statali nell’ordinamento internazionale trovava pertanto giustificazione

nell’esistenza di un rapporto tra il comportamento che aveva generato l’illecito e i mezzi

messi a disposizione per lo svolgimento delle mansioni attribuite.

Anche il Progetto di Convenzione sulla responsabilità degli Stati per i danni causati sul

loro territorio alla persona o ai beni degli stranieri, elaborato nel 1930 da parte della

Deutsche Gesellschaft für Völkerrecht, disponeva all’art. 4, par. 1, che la responsabilità di

uno Stato nell’ordinamento internazionale non poteva venire meno per il fatto che un

organo avesse agito nel mancato rispetto delle proprie competenze come stabilite dal diritto

interno117.

Su suggerimento della Commissione del diritto internazionale, la Harvard Law School ha

deciso di rivedere negli anni cinquanta il progetto di codificazione redatto dal Professor

Borchard nel 1929118 e ha delegato tale compito ai Professori Sohn e Baxter. La Draft

116 Annuaire de l’Institut de droit International 1927, vol. 33, p. 330. Anche l’art. 2 del progetto preparato nel 1927 dal Professor Strupp affermava che : “Eine Haftung wird nicht dadurch aufgehoben, dass einer der […] bezeichneten Personen oder Verbände seine Zuständigkeit überschritten hat, sofern er nach den für ihn bestehenden Züständigkeitsvorschriften die in Frage stehende Handlung an sich begehen konnte”. VON MÜNCH, op. cit., allegato 6, p. 333. 117 AGO, Premier rapport, allegato VIII, p. 155.. 118 Vedi supra, p. 11 ss.

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Convention on the International Responsibility of States for Injuries to Aliens, pubblicata nel

1961, riconosce all’art. 15 che un fatto illecito commesso da un organo può essere attribuito

allo Stato nel caso in cui abbia agito “within the scope of the actual or apparent authority or

within the scope of the function”119.

Il principio della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires degli

organi statali è stato infine affermato nel 1965 dall’American Law Institute nel paragrafo 169

del Restatement of the Law on Responsibility of States for Injuries to Aliens, secondo cui un

comportamento adottato da un organo può essere attribuito allo Stato nel caso in cui abbia

agito nell’ambito della sua competenza reale o apparente. Il paragrafo 207 lett. c), del

progetto adottato sempre dall’American Law Institute nel 1986 afferma invece che lo Stato è

responsabile delle violazioni degli obblighi da esso assunti in diritto internazionale risultanti

da condotte dei propri organi “acting within the scope of authority or under colour of such

authority”.

Il commentario di tale disposizione precisa inoltre che risulta irrilevante ai fini del sorgere

della responsabilità internazionale che le condotte non siano state autorizzate o conosciute

dall’autorità nazionale responsabile, oppure che siano contrarie alle disposizioni del diritto

interno. Vi si legge:

“A State is responsible for acts of officials and officials bodies, national or

local, even if the acts were not authorized or known to the responsible national

authority, indeed even if expressly forbidden by law, decree or instruction”120.

5. Piano generale dell’indagine

La presente indagine intende verificare l’esistenza in diritto internazionale di un principio

che riconosce la responsabilità dello Stato per i fatti illeciti tenuti nel mancato rispetto della

propria competenza o delle istruzioni ricevute da parte di individui o enti integrati nel suo

apparato statale. Nell’analizzare i dati ricavabili dalla prassi internazionale, oltre a verificare

se una condotta tenuta da un organo ultra vires sia o meno attribuibile allo Stato, si intende

effettuare un’analisi critica delle condizioni attributive, come i criteri in base ai quali una

condotta non autorizzata di un organo deve essere reputata un fatto statale

119 American Journal of International Law, 1961, vol. 55, p. 576.120 Restatement of the Law, The Foreign Relations Law of the United States, Minnesota, American Law Institute Publishers, 1987, vol. I, p. 96.

38

Page 40: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

nell’ordinamento internazionale e in quali circostanze, invece, deve essere assimilata ad un

fatto di un privato.

L’indagine si colloca inoltre nella prospettiva di esaminare se il problema dell’attribuzione

dei fatti ultra vires si pone soltanto con riferimento ad individui o enti che godono dello

status organico in base al diritto interno oppure se si estende anche a coloro che sono

integrati nell’apparato statale sulla base di elementi fattuali. In tal modo si avrà cura di

approfondire il ruolo giocato dal diritto interno sia con riferimento all’operazione di

attribuzione di condotte allo Stato nell’ordinamento internazionale sia rispetto

all’accertamento della qualità organica.

Se infatti si suppone che il principio dell’attribuzione di fatti ultra vires allo Stato sia una

regola attributiva individuata dal diritto internazionale soltanto in connessione alla categoria

generale di organo, la presente indagine può costituire anche l’occasione per verificare se la

qualità organica può essere accertata non soltanto grazie al riferimento al diritto interno,

ma anche sulla base della rilevazione di un legame effettivo dell’individuo o ente con lo

Stato.

Se il rinvio all’ordinamento statale consente indubbiamente di ottenere informazioni

puntuali circa il contenuto e i limiti delle funzioni, nel caso degli organi di fatto la questione

dell’attribuzione di condotte ultra vires allo Stato finirebbe per assumere una minore

rilevanza dal momento che il rispetto delle competenze risulterebbe inglobato nel problema

dell’accertamento della qualità di organo, trattandosi di stabilire se il grado di controllo

esercitato dallo Stato sulle condotte di un individuo è sufficiente a giustificarne

l’attribuzione.

Se si arrivasse alla conclusione che i criteri attributivi che si fondano sulla qualità formale

di organo di un individuo agente non possono essere applicati ad individui che sono legati

allo Stato da un rapporto di fatto a causa del necessario riferimento al diritto interno per la

determinazione delle funzioni lui spettanti, si potrebbe asserire che il diritto internazionale

assicura al diritto interno una sorta di riserva di campo non soltanto in relazione alla

definizione dell’organizzazione dello Stato ma anche in merito alla determinazione del

contenuto e dei limiti di tali funzioni121.

La validità di tale visione formalistica circa gli elementi necessari per determinare quali

siano le funzioni svolte da un individuo o ente all’interno dell’organizzazione dello Stato

verrà vagliata alla luce dei dati desumibili dalla prassi internazionale. In linea di principio,

121 Questa tesi è stata sostenuta da Ago, Quatrième rapport, cit., p. 78, par. 2, nota 4. Secondo Kress, tale osservazione “serait sans doute trop formelle et ignorerait la possibilité de l’application de la conception mutatis mutandis”, in L’organe de facto en droit international public. Réflexions sur l’imputation à l’Etat de l’acte d’un particulier à la lumière des développements récents, Revue générale de droit International public, 2001, p. 135.

39

Page 41: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

infatti, regole di attribuzione analoghe a quelle precedentemente descritte potrebbero

ritenersi applicabili anche con riferimento ad individui non formalmente integrati all’interno

dell’apparato statale, sulla base del fatto che la determinazione delle competenze assegnate

può essere condotta mediante un rinvio ai vari elementi di fatto che attestano il loro stretto

legame con lo Stato.

La dimostrazione della validità di questa ipotesi di lavoro sembra passare attraverso la

soluzione di due distinte questioni: da una parte si tratta di stabilire se trova effettivamente

riscontro nella prassi internazionale l’esistenza di un principio che riconosce la

responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires di individui o enti che

possiedono lo status organico e, in caso positivo, quali siano i criteri in base ai quali una

condotta non autorizzata di un organo deve reputarsi un fatto statale nell’ordinamento

internazionale e in quali circostanze, viceversa, deve essere assimilata ad un

comportamento di un semplice privato; dall’altra si vuole invece determinare se, alla luce

delle soluzioni preconizzate dalla prassi internazionale, il medesimo criterio attributivo trovi

applicazione anche con riferimento ad individui non formalmente integrati all’interno

dell’apparato statale.

Attraverso l’esame del primo dei due problemi ci si propone quindi di approfondire il

ruolo giocato dal diritto interno con riferimento all’operazione di attribuzione di condotte

allo Stato e all’accertamento della qualità organica. L’esame del secondo mira invece a

verificare se le regole di attribuzione che si fondano sulla qualità di organo dell’individuo

agente si prestano ad essere applicate anche con riferimento ad individui le cui funzioni

sono determinate sulla base di elementi fattuali.

Come già precedentemente rilevato, l’esame delle suddette questioni sarà condotto a

partire dallo studio dei dati ricavabili dalla prassi internazionale. Oltre che soddisfare

esigenze di carattere metodologico, tale approccio risulta preferibile in quanto consente di

analizzare il problema dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires alla luce di una

prospettiva poco esplorata. L’attenzione prestata dalla dottrina alla ricostruzione del modo

in cui si atteggia la prassi con riferimento al problema dell’attribuzione allo Stato

nell’ordinamento internazionale di condotte tenute nel mancato rispetto delle competenza

appare infatti limitata ai soli organi de jure e trova spesso origine in valutazioni di carattere

teorico.

L’indagine sarà divisa in tre parti. Seguendo un criterio cronologico, la prima sarà

dedicata all’analisi della prassi internazionale anteriore ai lavori di codificazione della

Commissione del diritto internazionale al fine di evidenziare le diverse tappe che hanno

portato dal rigetto al progressivo riconoscimento del principio della responsabilità allo Stato

40

Page 42: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

dei fatti ultra vires dei propri organi, avendo cura di considerare le condizioni in funzione

delle quali una condotta ultra vires deve essere ritenuto un fatto dello Stato

nell’ordinamento internazionale e, in quali circostanze, un fatto di un organo deve essere

assimilato ad un fatto di un privato ad esso non attribuibile. La seconda, invece, sarà

dedicata alla codificazione del principio dell’attribuzione allo Stato delle condotte ultra vires

dei propri organi da parte della Commissione del diritto internazionale e all’esame della

prassi più recente. L’ultima intende infine analizzare i risultati acquisiti avendo cura di

approfondire la nozione di organo ai fini dell’attribuzione e di rilevare se il principio

dell’attribuzione dei fatti ultra vires allo Stato trovi applicazione anche con riferimento ad

individui o enti ad esso legati da un rapporto fattuale.

CAPITOLO II

IL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI NELLA PRASSI E NELLA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALI PIÙ ANTICHE

SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive cirva l’individuazione della prassi e della giurisprudenza rilevanti. Sezione I. L’iniziale mancato riconoscimento del principio dell’attribuzione allo Stato delle condotte ultra vires dei propri organi: 1. Considerazioni sulla prassi degli Stati nel diciannovesimo secolo – 2. In particolare, la prassi degli Stati Uniti – 3. Segue: la prassi degli Stati latinoamericani – 4. La giurisprudenza arbitrale del diciannovesimo secolo – 5. Conclusioni circa la prassi e la giurisprudenza esaminate. Sezione II. La graduale affermazione ed il consolidamento del principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi nella prima metà del ventesimo secolo: 1. La prassi degli Stati Uniti – 2. La prassi degli Stati latinoamericani – 3. La prassi degli Stati europei – 4. La giurisprudenza arbitrale dei primi anni del secolo: gli arbitrati nei casi venezuelani – 5. Segue: le sentenze nei casi La Masica e The Coquitlam – 6. La giurisprudenza degli anni venti: le sentenze della Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Messico nel caso Youmans e della Commissione Francia/Messico nel caso Caire – 7. Le altre decisioni rese dalla Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Messico tra il 1926 ed il 1930 – 8. Segue: la sentenza resa nel caso Sthephens, un caso di responsabilità per comportamenti di organi di fatto che hanno agito contrariamente alle istruzioni ricevute – 9. Sentenze rese da altre commissioni arbitrali negli anni 1930/1950 – 10. Il parere reso dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Certaines dépenses des Nations Unies. Sezione III. La questione della responsabilità dello Stato per fatti illeciti ultra vires nei lavori di codificazione intrapresi tra il 1926 ed il 1930 sotto l’egida della Società delle Nazioni: 1. Il rapporto del Sottocomitato del Comitato di esperti – 2. Le risposte degli Stati ai punti V, n. 2 b) e 2 c) del questionario redatto dal Comitato di esperti – 2.1 Le risposte negative – 2.2 Le risposte positive – 3. La base di discussione N° 13 elaborata dal Comitato preparatorio della Conferenza per la codificazione progressiva del diritto internazionale e le posizioni degli Stati nella Conferenza – 3.1 Le posizioni critiche rispetto all’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires – 3.2

41

Page 43: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

L’orientamento favorevole al principio dell’attribuzione dei fatti ultra vires accolto nella base di discussione N° 13 – 3.3 L’emendamento proposto dalla delegazione svizzera – 3.4 L’articolo 8 par. 2, al.1 adottato in prima lettura dalla Terza Commissione – 4. Riflessioni conclusive circa l’evoluzione della prassi internazionale.

1. Considerazioni introduttive circa l’individuazione della prassi e della giurisprudenza

rilevanti

Prima di procedere all’esame delle prese di posizione degli Stati e della giurisprudenza,

sembra opportuno individuare la prassi rilevante con riferimento alla questione della

responsabilità dello Stato per i fatti illeciti ultra vires, al fine di evitare eventuali errori

interpretativi122.

La circostanza che uno Stato venga chiamato a risarcire un danno causato da un

individuo agente eccedendo la propria competenza non può considerarsi sempre un

elemento sufficiente per concludere che tale condotta è stata considerata un fatto statale

ad esso attribuito.

E’ ben possibile, infatti, che in tale circostanza si sia reputato che l’individuo non avesse

agito nella sua qualità ufficiale, bensì in quanto privato, ma che lo Stato sia stato considerato

responsabile del danno causato in ragione del mancato rispetto degli obblighi di

prevenzione o repressione spettanti ad altri organi123.

Al fine di asserire con certezza che uno Stato sia stato ritenuto internazionalmente

responsabile di un fatto illecito tenuto ultra vires da un suo organo, è inoltre necessario

verificare che la condotta tenuta nella qualità ufficiale, ma eccedendo i limiti della

competenza oppure contravvenendo alle istruzioni impartite, non sia stata successivamente

approvata da organi aventi l’autorità di riparare il torto. In tale ipotesi occorre verificare che

la violazione non sia stata sanata in virtù di una legittimazione della condotta ex post facto

da parte di organi che ne avevano l’autorità.

Si consideri ad esempio il caso Straughan v. United States. Un ufficiale della marina

britannica aveva illegittimamente arrestato alcuni disertori a bordo di un’imbarcazione

americana. La United States Court of Claims, nel considerare la Gran Bretagna responsabile

dell’illecito, ha posto l’accento sul fatto che il mancato rispetto delle disposizioni di diritto

122 In numerosi casi giurisprudenziali del diciannovesimo secolo in cui viene attestata la responsabilità internazionale dello Stato per illeciti commessi da un proprio organo, la questione del compimento della condotta ultra vires non viene affrontata nonostante ve ne fosse stata l’occasione. Tale silenzio può essere in parte spiegato dalla circostanza che le sentenze erano state rese sulla base di convenzioni in cui venivano esplicitamente indicate le categorie di illeciti per cui lo Stato doveva essere considerato responsabile. Si veda il caso Only Son del 1853 in MOORE, History and Digest of the International Arbitrations to which the United States has been a party, 1898, vol. IV, pp. 3404–3405; il caso William Lee in MOORE, Ibid., p. 3405 ss. e il caso Donoughho in MOORE, Ibid., p. 3012 ss. 123 Vedi infra, sezione 1, par. 5.

42

Page 44: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

interno in termini di competenza era stato sanato a posteriori dallo stesso Governo

britannico, il quale si era opposto al loro rilascio, reso possibile solo a seguito di 5 anni di

negoziati tra i due Governi124. Questo caso non può dunque essere citato a favore della tesi

della responsabilità statale per fatti illeciti internazionali ultra vires.

Ugualmente, nel caso Poggioli, lo Stato italiano ha sostenuto la responsabilità

internazionale del Venezuela per danni causati da organi statali nel mancato rispetto delle

istruzioni ricevute, non tanto perché i fatti erano comunque riferibili allo Stato, quanto per

la loro successiva approvazione da parte delle autorità superiori125.

Nella prassi statale meno recente, la questione dell’attribuzione allo Stato di fatti ultra

vires è stata inoltre spesso confusa con il problema dell’attribuzione allo Stato delle

condotte degli organi subordinati, talora non reputati fatti dello Stato nell’ordinamento

internazionale.

Ciò porterebbe a spiegare perché il Governo ricorrente, al fine di rendere più certo

l’accertamento della responsabilità internazionale, tendeva a mettere in luce il fatto che

l’illecito dell’organo subalterno fosse stato successivamente ratificato da parte dell’autorità

centrale.

Sarebbe infine errato interpretare come un’assimilazione della condotta ultra vires ad un

fatto di un privato la circostanza che uno Stato o un tribunale internazionale respingano un

ricorso presentato da uno Stato per conto di un proprio cittadino che ha subito un torto da

parte di un organo agente al di fuori della propria competenza, invitandolo a rivolgersi alle

corti nazionali.

Un tale atteggiamento potrebbe essere interpretato nel senso dell’impossibilità di

invocare la responsabilità internazionale di uno Stato senza aver prima esaurito i ricorsi

interni, piuttosto che come negazione dell’attribuzione allo Stato di un fatto ultra vires.

Un esempio in tal senso ci è fornito dalla lettera inviata dal Ministro degli Stati Uniti in

Austria ad un cittadino statunitense che sosteneva di essere stato vittima di una illecita

aggressione da parte delle forze di polizia austriache e che aveva richiesto al Governo

statunitense di far valere la responsabilità internazionale dell’Austria. Secondo il Ministro:

124 Il caso è citato da MERON, International responsibility of States for unauthorized acts of their officials, The British Yearbook of International Law, London, 1957, pp. 106-107. 125 In SIOI–CNR, La prassi italiana di diritto internazionale, vol. II, serie 2, n. 36. Si veda anche il caso Compagnie Générale des Asphaltes de France in cui la Commissione mista dei reclami, istituita tra Venezuela e Regno Unito in base ai Protocolli del 1903,ha considerato il Venezuela responsabile per atti ultra vires tenuti dal proprio console a Trinidad sulla base “…of the failure of the Government of Venezuela, after knowledge thereof, to make seasonable disclaimer of his acts and seasonable correction of his mistakes. If the respondent Government authorized or directed some of these acts, or only ratified them by silence and acquiescence, its responsibility is the same.” Cfr. Reports of International Arbitral Awards, vol. IX, p. 396.

43

Page 45: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“... A Government can only be held responsible when it sanctions the action

of its officials, done in violation of law; it ought not to be held responsible for

unauthorized acts which it promptly disowns upon being cognizant thereof; the

responsibility in such case falls upon the offending official. Your remedy lies in a

private action against the municipal officers who committed the outrage upon

you wilfully or through over-zeal in the performance of a supposed duty”126.

Nonostante a prima vista la lettera sembri affermare il principio dell’impossibilità di

riferire allo Stato le condotte non autorizzate di organi e sembri paragonarle a fatti di privati,

un’attenta lettura suggerisce che in realtà viene affermata l’esigenza del previo esaurimento

dei ricorsi interni. Il riferimento al necessario previo esaurimento dei ricorsi interni indica

implicitamente l’impossibilità di rivendicare la responsabilità internazionale finché non ci si

assicura che l’adempimento dell’obbligo internazionale non può essere garantito facendo

ricorso ai rimedi messi a disposizione dall’ordinamento interno127.

Ai fini di una corretta valutazione della prassi internazionale sembra inoltre opportuno

anticipare che, fino agli anni trenta del ventesimo secolo, nelle prese di posizione degli Stati

e nella giurisprudenza non si fa menzione della possibilità di attribuire i fatti ultra vires allo

Stato, quanto piuttosto solo della responsablità o meno dello Stato per i fatti in questione.

Sezione I

L’INIZIALE MANCATO RICONOSCIMENTO DEL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO

DELLE CONDOTTE ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI

1. Considerazioni sulla prassi degli Stati nel diciannovesimo secolo

Nel 19° secolo le prese di posizione degli Stati in tema di attribuzione di comportamenti

ultra vires degli organi statali non sono uniformi. Nella prassi nordamericana e

latinoamericana, ad esempio, si rinvengono più volte prese di posizione in cui si afferma

l’impossibilità di rendere lo Stato responsabile dei comportamenti tenuti dagli organi in

contraddizione alle disposizioni del rispettivo ordinamento interno.

Nella prassi nordamericana l’assimilazione dei comportamenti ultra vires degli organi

statali a condotte di privati veniva affermata sulla base di una trasposizione in diritto

internazionale di norme vigenti nel sistema giuridico interno, mentre per gli Stati

126 Stati Unitid’America, Dipartimento di Stato, Foreign Relations of the United States (Washington, D.C., U.S. Government Printing Office, 1894), p. 25.127 Si veda AGO, Quatrième rapport, cit., p. 75, par. 10.

44

Page 46: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

latinoamericani la ragione deve piuttosto essere ricercata nel contesto storico di

riferimento128.

Convinti che non fosse rispettato nelle relazioni internazionali il principio dell’eguaglianza

fra Stati sovrani, gli Stati latinoamericani hanno inserito nella propria Costituzione delle

clausole che prevedevano il primato del diritto interno sul diritto internazionale al fine di

limitare i casi in cui potesse sorgere la loro responsabilità a quelli previsti dal proprio

ordinamento.

Per le medesime ragioni hanno anche affermato di non essere tenuti al rispetto di regole

di diritto internazionale consuetudinario sviluppate dalle potenze coloniali, in quanto

finalizzate esclusivamente a cristallizzare il loro potere. Nei contratti di concessione conclusi

tra uno Stato latinoamericano e un concessionario estero era inoltre usuale inserire la

clausola Calvo.

In base a tale clausola il concessionario si impegnava a sottomettere le eventuali

controversie nate fra le parti alle corti dello Stato che aveva accordato la concessione e a

farle risolvere in base al diritto di tale Stato, rinunciando pertanto ad un eventuale

intervento in protezione diplomatica del proprio Stato129.

2. In particolare, la prassi degli Stati Uniti

Uno dei casi della prassi più significativi in cui viene asserito il principio secondo cui un

comportamento tenuto ultra vires da parte di un organo statale deve essere assimilato ad

una condotta privata è il caso Tunstall risalente al 1885. Un cittadino britannico di nome

Tunstall aveva tentato nel 1878 di fuggire dallo Stato del Nuovo Messico in cui risiedeva a

seguito della comunicazione da parte del vice-sceriffo del luogo di un ordine di sequestro del

suo bestiame. Nel tentativo di fermare la sua fuga, il vice-sceriffo aveva formato una

squadra, i cui componenti erano in parte nemici personali del fuggiasco. Una volta che essi

lo ebbero raggiunto, lo uccisero.

Attribuendo la responsabilità della morte di un proprio cittadino allo sceriffo, il Governo

britannico presentò una richiesta di risarcimento al Governo degli Stati Uniti. In una nota

128 BORCHARD, Responsibility of States for Damage Done in their Territories to Person or Property of Foreigners, American Journal of International Law 1926, vol. 20, p. 739; FRREMAN, The Contribution of the Inter-American Juridical Committee and the Inter-American Council of Jurists to the Codification and Development of International Law, ASIL,1965, p. 24.129 Si veda DIEZ DE VELASCO, La protection diplomatique des sociétés et des actionnaires, Recueil des cours, 1974-I, p. 96 ss.; LLANOS MANSILLA, Theoria y Practica del Derecho International Publico, El Estado como Sjeto de Derecho International, Santiago, 1980, p. 514; TÉNÉKIDES, Considérations sur la clause Calvo, essai de justification du système de la nullité intégrale, Revue générale de droit international public, 1936, pp. 278–281.

45

Page 47: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

diplomatica del 1° giugno del 1885, il Segretario di Stato americano Bayard rigettò tale

richiesta sostenendo che la responsabilità internazionale di uno Stato non può sorgere nel

caso in cui un organo tenga nella sua qualità ufficiale un comportamento in contravvenzione

agli ordini lui impartiti, soprattutto se spinto da motivazioni di astio personale.

La circostanza che la condotta fosse stata tenuta dall’organo statale nell’esercizio delle

proprie funzioni risultava irrilevante in virtù della motivazione puramente personale che lo

aveva spinto ad agire. Ad avviso di Bayard:

“Killing in personal malice, by an officer, of a defendant in a civil process in

such officer’s hands, such killing being subsequent to the execution of the writ,

is as collateral to the official action of the officer as would be the commission of

arson against the dwelling, or rape of a member of the family, of the party

(defendant) by such an officer after the civil process has been served…..for the

personal motive which may prompt an agent to do unlawful act not within the

scope of his agency, and entirely collateral to it, can in no wise affect the

question of the alleged responsibility of the principal for the agent’s acts…”130.

I comportamenti adottati da un organo nell’esercizio delle proprie funzioni ma in

contravvenzione alle istruzioni ricevute o alle disposizioni di diritto interno in tema di

competenza dovevano a suo parere essere assimilati agli atti di semplici privati, di cui lo

Stato non è tenuto a rispondere nell’ordinamento internazionale131. Dal momento che la

condotta non poteva considerarsi un fatto statale sul piano interno, in quanto tenuta nel

mancato rispetto degli ordini ricevuti, la responsabilità statale risultava impossibile anche

nell’ambito dell’ordinamento internazionale.

Alla luce del caso sopracitato, l’ordinamento interno sembra pertanto assumere un ruolo

fondamentale ai fini della riferibilità di comportamenti allo Stato in quanto una condotta

può ritenersi ad esso attribuibile soltanto nel caso in cui sia stata tenuta da un organo nel

rispetto delle disposizioni di diritto interno volte a definirne le funzioni e la portata della sua

competenza.

130 Cfr. MOORE, op. cit., vol. VI, Washington, 1906, p. 664 e p. 742. Tale nota diplomatica è stata citata dal Governo degli Stati Uniti nelle risposte fornite al questionario presentato all’attenzione degli Stati dalla Società delle Nazioni. Si veda Società delle Nazioni, Conferenza per la codificazione del diritto internazionale, Bases de discussion établies par le Comité préparatoire à l’intention de la Conférence, Supplément au tome III, Responsabilité des Etats en ce qui concerne les dommages causés sur leur territoire à la personne au aux biens des étrangers. Réponses des Gouvernements à la liste de points: Réponses du Canada et des Etats-Unis d’Amérique, Genève, 1929, p. 17.131 “ …it was not an act of the Government. It was executed neither by its orders, nor in any way for its benefit, but, on the contrary, in opposition to its laws and in violation of its peace.” Cfr. MOORE, op. cit., p. 672.

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Page 48: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Il principio della responsabilità dello Stato per le condotte tenute ultra vires da un

proprio organo è stato nuovamente negato dal Segretario di Stato Bayard nel caso American

Bible Society del 1885. In tale circostanza egli affermò che il diritto internazionale non

prevede che uno Stato risponda dei danni causati da un proprio organo ad uno straniero nel

caso in cui il comportamento risulta essere stato adottato al di fuori del quadro della sua

competenza sia reale che apparente132.

Non potevano pertanto considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale non

soltanto i comportamenti adottati dall’organo realmente al di fuori della propria

competenza, ma anche quelli che apparivano ai terzi come tenuti nel suo rispetto,

nonostante il reale superamento dei limiti delle proprie funzioni.

Il riferimento alla competenza non soltanto reale ma anche apparente dell’organo è stata

ripresa dal Segretario di Stato americano Adee in una lettera del 14 agosto 1900 indirizzata

all’ambasciatore italiano a Washington Baron Fava.

Nonostante prendesse in considerazione esclusivamente i comportamenti adottati dagli

organi subordinati, egli sostenne che:

“the general rule of international law observed by the United States is that

sovereigns are not liable in diplomatic procedure for damages occasioned by

misconduct of petty officials and agents acting out of the range not only of their

real but of their apparent authority”133.

La circostanza che un comportamento tenuto da un organo ultra vires non poteva

considerarsi un fatto dello Stato sul piano internazionale è stato infine ribadito il medesimo

anno dal Ministro della giustizia statunitense Griggs nell’ambito del caso Seal Fisheries

Behring Sea134.

Dopo aver ammesso il carattere illecito di un sequestro di armi operato da alcuni organi

degli Stati Uniti a bordo di una imbarcazione straniera, Griggs ha asserito che tale condotta

ultra vires era da assimilare al fatto di un semplice privato dichiarando che “the torts of an

officer may subject him to suit, but, not being within the orders as agent of the

Governament, the latter is not responsible for them”135.

132 “…it is a rule of international law that sovereigns are not liable, in diplomatic protection, for damages to a foreigner when arising from the misconduct of agents acting out of the range not only of their real but of their apparent authority.” Cfr. MOORE, op. cit., p. 743.133 MOORE, op. cit., p. 743.134 Si veda MERON, op. cit., p. 91. Tale caso è stato citato anche da PRZETACZNIK, The international responsibility of the States for the ultra vires acts of their organs , cit., p. 138 e The international responsibility of States for unauthorized acts of their organs, cit., p. 166.135 Ibid., p. 91.

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3. Segue: la prassi degli Stati latinoamericani

Anche nella prassi latinoamericana più risalente vi sono dei casi in cui viene asserita

l’impossibilità di riconoscere come fatti dello Stato in virtù del diritto internazionale i

comportamenti non autorizzati dei propri organi.

Un primo caso degno di nota riguarda una vicenda relativa alla decisione del Governo

colombiano di sospendere la pubblicazione dei quotidiani per un periodo di sei mesi a

seguito di alcune sommosse interne. Grazie ad un decreto del Presidente della Repubblica

della Colombia venne comunque concessa la diffusione di un periodico statunitense

pubblicato a Panama (all’epoca provincia colombiana) dal nome Star and Herald a patto che

si occupasse con cautela di questioni politiche.

Una settimana prima che venisse ripristinata la libertà di stampa, un ulteriore decreto

presidenziale ordinò al Governatore di Panama di avvisare il quotidiano americano di porre

fine al suo atteggiamento critico rispetto all’operato del Governo, pena la sua sospensione.

A causa del rifiuto del periodico di pubblicare alcuni documenti che erano stati inviati

all’editore dal Governatore panamense, quest’ultimo decise di dare seguito all’ordine

ricevuto dal governo centrale e di sospendere per due mesi la pubblicazione del giornale

nonostante la libertà di stampa fosse stata reintrodotta da qualche settimana.

A seguito delle proteste degli Stati Uniti, il Governo colombiano ordinò al generale Vila di

procedere senza indugio alla revoca della sospensione. Il generale si rifiutò di dare seguito

alle istruzioni ricevute dal proprio Governo e il 25 maggio 1886, una volta spirato il termine

della sospensione, presentò le proprie dimissioni.

Interessa qui notare il diverso atteggiamento adottato dalle parti rispetto alla necessità di

distinguere ai fini attributivi se una condotta di un organo è stata tenuta nel rispetto o meno

dei limiti della competenza. Il Governo colombiano ha negato di essere responsabile del

comportamento del Governatore di Panama facendo valere la tesi secondo cui uno Stato

non è chiamato a rispondere delle condotte ultra vires dei propri organi:

“according to the practice of nations and international law, no Government

is responsible for acts of its agents or subalterns which are not in perfect accord

with the faculties conferred upon them by law or the instructions which the

government itself may have given them...if, disobeying the laws or legal

instructions, they should adopt some procedure or take some measure that is

beyond their powers, their acts are illegal, arbitrary, and make them personally

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responsible for the consequences... For a government to share with its agents

the responsibility of acts of this nature it would be necessary that, having been

able to avoid them, it has not done so: that once accomplished, it has not

attempted to frustrate their effects: that it had not disapproved the conduct of

the agent: in a word, that it had ratified or sanctioned them in some manner” 136.

La condotta tenuta da un organo nel mancato rispetto delle istruzioni ricevute viene in

tale circostanza assimilata ad un comportamento di un privato. Ne deriva l’impossibilità di

attribuire tale fatto allo Stato, la cui responsabilità internazionale può sorgere in tale

occasione soltanto in ragione del mancato rispetto degli obblighi di protezione, cioè del fatto

che altri organi statali non hanno preso le misure idonee a prevenire o a reprimere tali atti.

In una successiva nota diplomatica del 10 novembre 1896 il Ministro degli affari esteri

colombiano ha tentato invece di fondare la mancanza di responsabilità internazionale dello

Stato sulla distinzione tra organi subordinati e superiori:

“…..according to the practice of nations and national legislation, no

government is responsible for the acts of its agents or subalterns which are not

in perfect accord with the faculties conferred upon them by law or the

instructions which the government itself may give them…..If there is any

responsibility, it must not be exacted from the Government, but from the

functionary who exceeded the powers with which he was invested through the

courts of Colombia”137.

Le condotte tenute da un organo subordinato nella sua qualità ufficiale ma nel mancato

rispetto dei limiti della propria competenza non potevano a suo parere essere riferite allo

Stato in quanto assimilabili alle condotte di semplici privati. Ne derivava soltanto la

responsabilità personale dell’individuo-organo che, non conformandosi alla competenza lui

conferitagli dall’ordinamento interno, non era in grado di rappresentare validamente la

volontà statale.

136 Cfr. MOORE, op. cit., pp. 779–780. Il Ministro degli affari esteri colombiano reitererà le sue osservazioni in un successivo rapporto: “Neither was it permissible that they should desire to make the National Government responsible for an act executed without its permission or authorization by an agent whose conduct was disapproved afterwards….To give such an extension to the responsibility of governments would have been but little in conformity with what is established by the common consent of natural right and the practice of nations”. In Papers Relating to the Foreign Relations of the United States, 1886, Washington, p. 231.137 Nota indirizzata al Ministro degli Stati Uniti in Colombia, ibid., p. 225.

49

Page 51: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Un ulteriore caso in cui un Governo latinoamericano ha rifiutato di riconoscere che uno

Stato è tenuto a rispondere internazionalmente dei comportamenti non autorizzati dei

propri organi è rinvenibile nell’ambito delle controversie sorte tra Italia e Perù per il

risarcimento dei danni subiti da alcuni cittadini italiani durante la guerra civile peruviana del

1894-1895.

Il Ministro degli affari esteri peruviano aveva indirizzato una nota diplomatica a diversi

Stati stranieri, fra cui l’Italia, in cui respingeva la propria responsabilità internazionale per gli

illeciti commessi ultra vires dalle autorità civili e militari del proprio paese in ragione

dell’impossibilità di riconoscere come fatti statali le condotte che non avevano alcun legame

con le loro competenze come stabilite dal diritto interno.

Secondo il Perù, uno Stato non poteva essere considerato internazionalmente

responsabile:

“…for damage caused by agents of the authority by virtue of acts unrelated

to their legal functions, if the Government disapproves of and censures their

conduct and subjects the offending official to appropriate proceedings to give

effect, in accordance with the law, to the civil and criminal responsibility he has

incurred….the State incurs responsibility and a diplomatic claim is justified only

in cases where damage and injuries are inflicted on aliens by acts contrary to

the provisions of treaties or, in the absence of these, to the law of nations,

which are committed by the Government or its civil and military agents in the

performance of their functions, on the orders or with the approval of the

Government and…by an absolute denial of justice” 138.

La responsabilità internazionale di uno Stato poteva pertanto sorgere nel caso in cui i

suoi organi commettevano, nell’esercizio delle proprie funzioni, un fatto illecito tenuto nel

rispetto delle istruzioni ricevute in quanto ad esso attribuibile sul piano internazionale.

Nell’eventualità in cui, invece, un organo adottava un comportamento in violazione delle

istruzioni ricevute conformemente al diritto interno o violava la propria competenza

secondo il diritto interno, si era in presenza di una condotta di un semplice privato non

attribuibile allo Stato, che poteva però essere l’occasione del sorgere della sua

responsabilità internazionale nel caso in cui ulteriori organi non rispettavano eventuali

obblighi di prevenzione o repressione loro spettanti.

138 In AGO, Fourth Report on State Responsibility, Yearbook of the International Law Commission, 1972, vol. II, p. 77, par. 17.

50

Page 52: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Con riferimento a tale controversia, assume particolare rilevanza anche l’atteggiamento

contrario assunto dai Governi italiano e spagnolo139. Le prese di posizione degli Stati europei

mirano principalmente a rigettare l’ipotesi che sia possibile richiedere un indennizzo per un

danno subito da un proprio cittadino solo se viene provato che gli organi responsabili

dell’illecito hanno agito su diretti ordini del Governo140.

Non essendo riusciti a risolvere la controversia mediante vie diplomatiche, i Governi

peruviano e italiano hanno firmato il 25 novembre 1899 un accordo con cui sottomettere i

reclami all’arbitrato del Ministro di Spagna a Lima Gil de Uríbarri.

4. La giurisprudenza arbitrale del diciannovesimo secolo

La responsabilità internazionale dello Stato per i comportamenti tenuti dagli organi in

contraddizione alle disposizioni del proprio ordinamento interno è stata negata nel

diciannovesimo secolo anche in alcune sentenze arbitrali.

Nel caso Lacaze un cittadino francese lamentava che il suo arresto avvenuto nel 1858 e la

messa sotto sequestro della sua impresa da parte delle autorità doganali di Concordia

fossero avvenute secondo una procedura contraria alle disposizioni del diritto interno

argentino.

Lacaze richiese un risarcimento al Governo argentino, il quale dopo alcuni anni accettò di

sottomettere la controversia ad arbitrato. Sebbene la Commissione arbitrale abbia

riconosciuto la responsabilità internazionale dello Stato, nelle motivazioni della sentenza è

contenuta una considerazione di ambigua interpretazione:

“...Whereas, although this indemnity should have been claimed before the

courts of ordinary law directly from the employee who caused the injury by an

abuse of his powers, the Argentine Government, by agreeing to diplomatic

intervention in this case and by consenting to its referral to arbitration, has

assumed responsibility for the reparation due”141.

Risulta difficile chiarire se con tale dichiarazione la Commissione arbitrale abbia voluto

ricordare che nel caso di specie il Governo argentino aveva rinunciato ad esigere dal

ricorrente il previo esaurimento dei ricorsi interni, oppure abbia ritenuto che una condotta

139 Vedi infra, p. 66 ss.140 AGO, ibid., p. 78, par. 17. 141 AGO, Fourth Report, cit., p. 83, par. 33.

51

Page 53: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

ultra vires di un organo subordinato non può far sorgere la responsabilità dello Stato

nell’ordinamento internazionale142.

Tale ultima tesi era stata sostenuta dal procuratore della Confederazione argentina che

in un rapporto del 21 maggio 1860 aveva affermato che nel caso in cui la condotta

dell’amministratore della dogana di Concordia fosse stata contraria al diritto interno,

sarebbe sorta soltanto la responsabilità personale dell’organo e non quella della

Confederazione143.

Una sentenza che è stata spesso erroneamente citata come una pronuncia in cui viene

asserita l’impossibilità di riconoscere lo Stato internazionalmente responsabile per i fatti

ultra vires dei propri organi è quella resa nel caso Joseph Forrest v The United States of

Venezuela144. La Commissione arbitrale istituita tra Stati Uniti e Venezuela ha rigettato la

richiesta di risarcimento formulata da un ricorrente americano sulla base del fatto che il

ritardato scarico da parte delle autorità portuali venezuelane di una grande quantità di

farina di una imbarcazione dal nome William Yeaton che, a seguito della riconquista del

territorio da parte delle forze spagnole, era stata sequestrata, non poteva essere

considerato un fatto statale sul piano internazionale.

Il commissario venezuelano Andrade motivò la decisione della Commissione richiamando

la tesi di Calvo secondo cui lo Stato incorre solo in una responsabilità morale per tutte le

azioni ed omissioni tenute dai propri organi nell’adempimento delle proprie funzioni

pubbliche:

“it is a principle of International law well recognized by civilized nations, that

governments are not ordinarily at least, held to be responsible, pecuniarily for

the acts of their officers in the exercise of their public duties, a principle more

than once supported by the opinion of the most prominent American

jurisconsults”145.

142 Gli autori di una nota dottrinale che ha accompagnato la pubblicazione di tale caso hanno ritenuto che l’arbitro con tale considerazione avesse voluto sostenere la tesi secondo cui la condotta ultra vires di un organo subordinato non può essere attribuita allo Stato. Si veda DE LAPRADELLE e POLITIS, op. cit., pp. 299–304.143 Ibid., p. 294.144 Si tratta di una sentenza non datata, ma resa in virtù della Convenzione del 5 dicembre 1885, p. 70. MOORE, op. cit., p. 2946 ss. 145 “it is a principle of International law well recognized by civilized nations, that governments are not ordinarily at least, held to be responsible, pecuniarily for the acts of their officers in the exercise of their public duties, a principle more than once supported by the opinion of the most prominent American jurisconsults.” Cfr. MOORE, op. cit., vol. III, Washington, 1898, p. 2947. Il Commissario venezuelano ha espresso la medesima opinione nella sentenza resa nel caso De Brissot and others, ibid., pp. 2949–2967.

52

Page 54: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

L’impossibilità di riconoscere lo Stato responsabile sul piano internazionale non sembra

qui però essere limitata esclusivamente ai fatti ultra vires, ma a qualsiasi condotta tenuta da

organi statali.

L’ultima sentenza arbitrale in cui è stata espressamente ammessa la tesi

dell’impossibilità di riconoscere lo Stato responsabile per i fatti ultra vires dei propri organi è

stata resa il 30 settembre 1901 nel caso Gadino, nel quadro dell’arbitrato istituito tra Italia e

Perù nel 1899 per il risarcimento dei danni subiti da alcuni cittadini italiani durante la guerra

civile peruviana del 1894-1895. Il reclamo numero 20 fu presentato dal ricorrente Jacinto

Gadino il quale lamentava di essere stato detenuto e torturato da alcuni agenti di polizia.

Dopo aver riconosciuto la contrarietà delle condotte all’ordinamento interno

peruviano146, l’arbitro ha ritenuto che il Perù non fosse tenuto a risponderne in ambito

internazionale in quanto aveva provveduto a dare inizio a dei procedimenti penali nei

confronti dei responsabili. Secondo l’arbitro Gil de Uríbarri :

“un principe de droit international, universellement reconnu, veut que

lorsqu’un Gouvernement n’emploie pas les moyens en son pouvoir pour

empêcher une agression contre un étranger neutre qui respecte et observe les

lois du pays où il réside, ou ne châtie pas les délinquants, il engage sa

responsabilité internationale, et que par conséquent l’étranger outragé a le

droit de réclamer la réparation du préjudice causé selon le cas; mais que le

même principe décharge de toute responsabilité le Gouvernement qui a

satisfait à l’un ou l’autre de ces devoirs”147.

Anche in tale circostanza l’arbitro ha quindi ritenuto che la responsabilità internazionale

in caso di un comportamento ultra vires di un organo statale può sorgere esclusivamente in

caso di un mancato adempimento da parte dello Stato dell’obbligo di prevenzione o di

repressione del fatto illecito che aveva causato un danno allo straniero, equiparando

pertanto il comportamento di un organo incompetente a quello di un privato.

La giurisprudenza arbitrale del diciannovesimo secolo è però caratterizzata da un elevato

grado di incertezza: mentre alcuni tribunali, come quelli appena menzionati, hanno rigettato

l’idea che lo Stato sia tenuto a rispondere sul piano internazionale dei comportamenti ultra

146 “….les coupables ont commis à raison de ces faits une faute grave, cela prouve seulement la volonté qui anima le ministère fiscal de châtier les auteurs des procédés auxquel Jacinto Gadino a été soumis au commissariat, procédés qu’aucune loi n’autorise dans aucun pays civilisé…… ledit certificat prouve l’attentat inqualifiable commis sur Gadino au commissariat, qu’il n’y avait aucun droit de soumettre à de tels procédés”. Cfr. Report of International Arbitral Awards, vol. XV, p. 415, par. 7–8.147 Ibid., p. 415, par. 9–10.

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Page 55: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

vires degli organi, altri l’hanno esplicitamente o implicitamente ammessa. Una implicita

ammissione della validità del suddetto principio è ad esempio rinvenibile nella sentenza resa

nel 1870 nel caso Canada da parte dell’arbitro Thornton, chiamato a dirimere una

controversia sorta tra Brasile e Stati Uniti148. Un’imbarcazione brasiliana, denominata

Canada, si era incagliata nelle acque territoriali brasiliane. Il tentativo di salvare la nave

intrapreso dal capitano e dal suo equipaggio è stato impedito con l’uso della forza

dall’intervento di un ufficiale brasiliano insieme ad alcuni soldati in armi.

A seguito della perdita dell’imbarcazione, il capitano li ha ritenuti responsabili

dell’accaduto. Il Governo brasiliano ha declinato la sua responsabilità e, dopo essersi

rifiutato di pagare agli Stati Uniti una somma di denaro a titolo di risarcimento, ha deciso di

accettare di sottoporre la controversia all’arbitro di Thornton. Abbracciando la tesi

sostenuta dal Governo degli Stati Uniti secondo cui la condotta degli organi brasiliani

costituiva un eccesso di potere di cui il Brasile doveva rispondere nell’ordinamento

internazionale149, l’arbitro pur riconoscendo che la condotta era stata tenuta ultra vires ha

condannato il Brasile al pagamento di un risarcimento per i danni causati150.

Nonostante l’arbitro non abbia esplicitato le ragioni che lo avevano portato a

pronunciarsi in tal senso, sembra plausibile sostenere che abbia giocato un ruolo

determinante il fatto che gli organi statali si erano avvalsi dei poteri loro conferiti rendendo

impossibile all’equipaggio di opporsi all’evento dannoso.

Valorizzando tale elemento, sembra che Thornton abbia voluto sottolineare che lo Stato

è tenuto a rispondere in ambito internazionale dei fatti ultra vires degli organi statali anche

quando neanche in apparenza possono rientrare nel quadro della propria competenza

allorché il compimento delle condotte illecite sia stato reso possibile da un uso abusivo dei

mezzi messi a disposizione dell’organo in virtù della funzione svolta.

Una sentenza in cui si è avuta una chiara enunciazione del principio secondo cui lo Stato

deve rispondere internazionalmente dei comportamenti dei propri organi anche se tenuti

nel mancato rispetto delle prescrizioni di diritto interno in tema di competenza o delle

istruzioni loro impartite è quella resa nel caso Speyers dalla Commissione arbitrale costituita

tra Stati Uniti e Messico in virtù di una Convenzione del 4 luglio 1868.

148 LAPRADELLE e POLITIS, op. cit., pp. 622–635.149 Ibid., p. 629.150 Ibid., p. 633. In numerose sentenze arbitrali rese della seconda metà del diciannovesimo secolo si è avuta l’attribuzione di condotte di organi allo Stato senza che fosse specificata la natura ultra vires o meno del comportamento. Si veda anche la sentenza resa nel caso Donoughho, MOORE, op. cit., vol. III, pp. 3012–3014; il caso Only son, MOORE, op. cit., vol. IV, pp. 3404–3405; il caso William Lee, ibid., pp. 3405–3407.

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Page 56: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Un cittadino americano aveva importato dei beni in Messico adempiendo al pagamento

di alcune tasse alle importazioni imposte da un regolamento doganale promulgato dal

generale a capo delle forze militari della regione in cui risiedeva. A seguito dell’abrogazione

del regolamento in quanto confliggente con una legge messicana adottata dal Congresso, le

autorità messicane hanno confiscato i beni sostenendo che la loro importazione era

avvenuta nel mancato rispetto del diritto interno.

Il membro messicano della Commissione sosteneva che l’importazione dei beni era stata

illegittima in quanto lo Stato messicano non poteva dirsi vincolato da un regolamento che il

generale non aveva la competenza di promulgare in base al testo della Costituzione

messicana. L’importazione dei beni risultava illegale alla luce della legge messicana vigente,

per cui il sequestro risultava essere pienamente giustificato.

Il membro americano della Commissione ha invece sostenuto che i beni erano stati

importati in maniera regolare, dal momento che il regolamento doganale del generale

Avalos impegnava il Governo messicano.

Il superarbitro Lieber ha rigettato l’argomentazione addotta dal Governo messicano al

fine di negare la propria responsabilità internazionale, dal momento che:

“what can a private individual do if the military commander of a whole

State, pressed by rebellion, prescribes a tariff (…), if this tariff, contradictory to

the general law of the land though it be, is openly maintained for a long time

and apparently countenanced by the general government (…)”151.

Uno straniero residente in Messico non poteva difatti sottrarsi dal rispettare un

regolamento ufficiale in vigore nel territorio di uno Stato e apparentemente approvato dal

Governo, dal momento che era per lui impossibile valutarne la liceità o meno rispetto

all’ordinamento interno152.

In tale circostanza l’elemento valorizzato dall’arbitro al fine di ritenere lo Stato

responsabile sul piano internazionale per la condotta ultra vires dei propri organi sembra

essere il fatto che agli occhi della vittima il comportamento era apparso come tenuto

dall’organo nel rispetto della competenza, nonostante il reale superamento dei limiti delle

proprie funzioni. Viene difatti dato rilievo al punto di vista della vittima che, al momento del

151 MOORE, op. cit., vol. III, p. 2870.152 “The individual, and especially the alien, could not possibly ascertain and distinguish, and therefore was not bound to do so. Nemo ad impossibilia obligatur.” Loc. cit. Si veda anche la sentenza resa nel caso Parrott, in cui la Commissione arbitrale istituita tra Stati Uniti e Messico ha ritenuto il Messico responsabile per un sequestro illegittimo avvenuto nei confronti dei beni di un cittadini americano, ibid., pp. 3009–3011.

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Page 57: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

compimento del fatto illecito da parte dell’organo, ha commesso in buona fede un plausibile

errore di apprezzamento.

5. Conclusioni circa la prassi e la giurisprudenza esaminate

Nel corso del diciannovesimo secolo, le prese di posizione degli Stati e la giurisprudenza

internazionale hanno in diverse occasioni rigettato la responsabilità dello Stato per i

comportamenti adottati dai propri organi ultra vires. A tal riguardo è opportuno notare

come nella prassi più antica la questione dei fatti ultra vires degli organi statali non veniva

trattata in funzione della loro attribuibilità allo Stato quale soggetto di diritto internazionale,

ma soltanto nel senso di indagare se lo Stato ne fosse internazionalmente responsabile.

Nonostante non se ne facesse una esplicita menzione, nei pochi casi in cui la responsabilità

internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires è stata ammessa, ha presumibilmente

trovato fondamento sulla loro attribuzione allo Stato quale soggetto internazionale.

Alla luce dei dati della prassi finora esaminata, le condotte tenute da un organo nel

mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno o delle istruzioni ricevute venivano

assimilate ai comportamenti adottati da un semplice privato, di cui lo Stato non era tenuto a

rispondere sul piano internazionale, se non per il fatto, imputabile ad ulteriori organi, di non

aver prevenuto o represso tali condotte pur essendo in grado di farlo.

L’ordinamento interno finiva per assumere un ruolo decisivo ai fini dell’attribuzione di

condotte allo Stato quale soggetto internazionale, in virtù della confusione della

determinazione delle persone fisiche o giuridiche facenti parte della macchina statale con

l’operazione di attribuzione allo Stato dei comportamenti adottati in determinate condizioni

dalle persone facenti parte la sua organizzazione. Veniva inoltre operata una identificazione

tra la definizione di un dato comportamento di un organo come fatto attribuibile allo Stato

nel diritto interno e la corrispondente definizione nell’ordinamento internazionale. Secondo

tale concezione, al fine di comprendere quando una condotta poteva essere attribuita allo

Stato sul piano internazionale, il diritto internazionale doveva rifarsi all’organizzazione

statale e alla ripartizione delle competenze previste dal diritto interno.

In base a tali presupposti, una condotta poteva essere considerata attribuibile allo Stato

sul piano internazionale soltanto nel caso in cui era stata tenuta da un organo statale in

conformità con le disposizioni di diritto interno volte a definirne le funzioni e la portata della

sua competenza. Nel caso in cui adottava un comportamento ultra vires, un organo non era

invece ritenuto in grado di rappresentare validamente la volontà statale dal momento che

aveva oltrepassato le funzioni conferitegli dal diritto interno.

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Page 58: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

I fatti ultra vires degli organi statali erano pertanto assimilati ai comportamenti di

semplici privati, in occasione dei quali uno Stato poteva essere ritenuto internazionalmente

responsabile esclusivamente per un suo eventuale mancato adempimento ad un obbligo di

prevenzione o repressione di tali condotte, cioè per il mancato rispetto di un proprio obbligo

di diligenza.

È opportuno comunque notare come già alla fine del diciannovesimo secolo alcuni

tribunali hanno esplicitamente o implicitamente ammesso la possibilità che lo Stato sia

tenuto a rispondere sul piano internazionale dei comportamenti ultra vires dei propri organi.

Pur ammettendo che l’organizzazione statale tende di regola a coincidere con quanto risulta

dall’applicazione delle norme interne, l’operazione di attribuzione allo Stato

nell’ordinamento internazionale dei comportamenti adottati in determinate condizioni dalle

persone facenti parte la sua organizzazione inizia ad essere concepita come autonoma

rispetto alla definizione di quali possano considerarsi sue condotte sul piano interno.

L’abbandono della tesi che attribuiva rilevanza esclusiva al diritto interno al fine di

determinare l’organizzazione dello Stato permetteva di ampliare notevolmente il novero

degli individui o enti le cui condotte erano ad esso attribuibili. Potevano pertanto

riconoscersi come propri dello Stato anche quei comportamenti di individui che godevano

della qualità organica in base al diritto interno nel caso in cui non avevano agito nel rispetto

delle competenze loro attribuite in base a tale ordinamento oppure delle istruzioni loro

impartite.

Sembra comunque opportuno notare come nella prassi più antica la responsailità dello

Stato per i fatti illeciti ultra vires venga preconizzata soltanto con riferimento ad individui o

enti che godono della qualità organica in base al diritto interno, in quanto si ritiene

necessario un rinvio al diritto interno dello Stato al fine di determinare quali siano le

funzioni esercitate.

I dati desumibili dalla prassi internazionale suggeriscono inoltre che gli elementi

valorizzati dall’interprete al fine di ritenere lo Stato responsabile delle condotte ultra vires

degli organi statali sono spesso stati la circostanza che il comportamento era stato reso

possibile in virtù dello status organico di cui un individuo o ente godevano e dell’autorità

che derivava loro dall’esercitare una funzione ufficiale. Lo Stato doveva pertanto rispondere

soltanto di quei comportamenti adottati da un organo che, nonostante il reale superamento

dei limiti delle proprie funzioni, apparivano ai terzi come tenuti nel rispetto della

competenza. Particolare riguardo veniva riservato al punto di vista della vittima la quale non

poteva plausibilmente rendersi conto del mancato rispetto della competenza o delle

istruzioni ricevute da parte dell’organo. Come corollario del criterio dell’apparenza della

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funzione, la responsabilità internazionale dello Stato non poteva invece sorgere nel caso in

cui la condotta illecita dell’individuo-organo, pur essendo tenuta nell’esercizio delle funzioni,

appariva manifestamente estranea alla sua competenza.

Sezione II

LA GRADUALE AFFERMAZIONE ED IL CONSOLIDAMENTO DEL PRINCIPIO

DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI

NELLA PRIMA METÀ DEL VENTESIMO SECOLO

1. La prassi degli Stati Uniti

La prassi degli Stati durante il secolo ventesimo si è progressivamente orientata nel senso

della necessità di considerare lo Stato internazionalmente responsabile per i comportamenti

tenuti da un organo ultra vires. Per quanto concerne le prese di posizione degli Stati Uniti, è

possibile notare come durante gli ultimi decenni del diciannovesimo secolo questo abbia

modulato l’accettazione o il rigetto di tale principio in base alle circostanze.

Con riferimento al caso Star and Herald (1885- 1899), ad esempio, il Ministro

statunitense a Bogotà ha sostenuto l’esigenza di considerare lo Stato responsabile per

qualsiasi condotta tenuta da un organo statale nell’esercizio delle proprie funzioni

indipendentemente dal rispetto o meno delle disposizioni di diritto interno in tema di

competenza o delle istruzioni impartite. A suo parere, se fosse stato ammesso il principio

contrario:

“…any commander of an American man of war, while in a Colombian port,

taking offence at the authorities, might shell a city and destroy it, but his

Government would not be held responsible because he in so doing had

exceeded his authority and must be held personally responsible for the act.

Such an interpretation of treaties and international law would be dangerous in

the extreme, and could not be submitted to by nations”153.

La motivazione addotta in tale circostanza al fine di reputare le condotte ultra vires dei

fatti statali nell’ordinamento internazionale si ispira all’esigenza di garantire la sicurezza

delle relazioni internazionali, che sarebbe altrimenti totalmente illusoria nel caso in cui uno

Stato potesse sottrarsi alla sua responsabilità internazionale, in caso di commissione di un

153 Foreign Relations, 1899, p. 227.58

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illecito da parte di uno dei suoi organi, obiettando il mancato rispetto delle prescrizioni di

diritto interno che ne regolano la competenza. La sicurezza delle relazioni internazionali

imporrebbe invece di riconoscere che uno Stato ha agito sul piano internazionale

ogniqualvolta persone o enti incaricati di agire per suo conto adottano dei comportamenti in

suo nome, senza che abbia alcuna importanza il fatto che non abbiano rispettato i limiti

formali della propria competenza, abbiano violato disposizioni del diritto interno oppure

abbiano contravvenuto alle istruzioni loro impartite dai superiori.

La medesima posizione è stata assunta dal Governo degli Stati Uniti nel 1885 nel caso

Young, in cui veniva lamentata l’uccisione di un cittadino americano ad opera di alcuni

soldati appartenenti alle truppe governative peruviane. In risposta alla presa di posizione del

Governo peruviano secondo cui non poteva essere ritenuto responsabile del fatto in quanto

non aveva avuto i mezzi per poterlo prevenire, il Segretario di Stato Bayard ha ribadito come

un comportamento tenuto da un organo nella sua qualità ufficiale non può essere

paragonato ad una condotta di un privato:

“It was not a case of collateral misconduct dictated by private malice, in

which case the Peruvian Government might disclaim responsibility. It was an

act….by an agent of that Government while in the line of his duty….The mere

fact that soldiers, duly enlisted as such, commit acts without orders from their

superiors in command, does not exempt their Government from liability for

such acts. A government may be responsible for the misconduct of its soldiers

when in the field, or when acting, either actually or constructively, under its

authority, if such misconduct, even though it had been forbidden by it, was in

contravention of the rules of civilized warfare”154.

In virtù dello stretto legame intercorrente fra l’illecito e la funzione ufficiale svolta, il

Segretario di Stato reputava impossibile non considerare uno Stato responsabile per i

comportamenti tenuti dai suoi organi nell’esercizio delle proprie funzioni.

Come si è visto, la tesi contraria alla responsabilità internazionale dello Stato per le

condotte ultra vires dei suoi organi è stata invece sostenuta nel medesimo periodo dal

Governo degli Stati Uniti nel caso Tunstall e nel caso American Bible Society155.

Soltanto nel ventesimo secolo le prese di posizione del Governo statunitense sono

diventate uniformi nel senso di ammettere il principio della responsabilità internazionale

154 MOORE, op. cit., vol. VI, pp. 758–759. Si veda anche la sentenza resa nel caso Pears, ibid., pp. 762–764.155 Vedi supra, p. 47.

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dello Stato per le condotte ultra vires dei propri organi. Una delle prime manifestazioni di

tale tendenza è rappresentata dal caso Miller, in cui il Dipartimento di Stato statunitense nel

1910 ha contestato il rifiuto del Segretario di Stato cubano di versare un risarcimento per

l’aggressione di un marinaio americano avvenuta per mano di un agente di polizia sulla base

del fatto che si fosse trattato di un comportamento ultra vires156.

A partire dagli anni ’30 del ventesimo secolo, il principio secondo cui uno Stato è tenuto a

rispondere in ambito internazionale dei comportamenti illeciti adottati dai propri organi nel

mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno o delle istruzioni ricevute non è più

stato messo in discussione nella prassi degli Stati ad eccezione di qualche raro caso.

Nel caso Royal Holland Llyod, A Corporation v. The United States, risalente al 1932, due

agenti della dogana statunitense, in contravvenzione alla legislazione americana in vigore,

avevano rifiutato di accordare ad una nave olandese l’autorizzazione a lasciare il porto di

New York.

Il Governo degli Stati Uniti ha tentato di sfuggire alla propria responsabilità

internazionale eccependo che secondo il proprio ordinamento interno lo Stato non era

tenuto a rispondere dei comportamenti non autorizzati dei propri organi157.

La Corte dei reclami statunitense ha rigettato tale argomento precisando di potersi

pronunciare esclusivamente sulla base del diritto internazionale e ha riconosciuto il principio

della responsabilità internazionale dello Stato per le condotte illecite tenute ultra vires dai

propri organi:

“The rights of the plaintiff as a citizen of a friendly foreign power, when

considered in the light of the principles of the law of nations, are very different

than those of a plaintiff relying wholly upon the municipal laws of the United

States……(who) does not admit, by its statutes, any responsibility for the

tortious or unauthorized acts of its officers. But in its relations with foreign

nations the United States bears….a wide, unlimited, unrestricted and vicarious

responsibility for the acts of its administrative officials and its military and naval

forces….Governments are responsible, in their international intercourse, for the

acts of their authorized agents, and if such acts were mistaken, or wrongful,

156Il Segretario di Stato cubano aveva cercato di giustificare il suo rifiuto di risarcire l’illecito causato dal proprio organo sulla base del fatto che “…there is no ground upon which this Government should accept Miller’s claim….because the State is not responsible for the acts of its agents except when deliberately executed by order of the Government – a circumstance which does not attend the case in point…”. HACKWORTH, Digest of International Law, vol. V, 1943, pp. 570-571.157 “The Government of the United States is not liable under its own laws for the alleged illegal and unauthorized acts of its officers, as it has never subjected itself to liability for the torts or wrongful acts of its officers”. Cfr. American Journal of International Law, vol.26, p. 399.

60

Page 62: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

liability arises against the Government itself for the consequences of the error

or the wrong”158.

Tale pronuncia risulta particolarmente rilevante in quanto viene operata una netta

distinzione tra la definizione della responsabilità dello Stato per un dato comportamento nel

diritto interno e la corrispondente responsabilità nell’ordinamento internazionale. Viene

difatti ammessa la possibilità che, con riferimento alla medesima condotta, possa sorgere

per lo Stato una responabilità sul piano internazionale, nonostante non sia invece chiamato

a risponderne nell’oridinamento interno.

Alla luce di tale sentenza sembra desumibile che il diritto interno, pur regolando il

fenomeno dell’organizzazione dello Stato, risulta del tutto ininfluente con riferimento

all’attribuzione di comportamenti ad esso nell’ordinamento internazionale. Esercitando il

proprio diritto ad auto-organizzarsi attraverso l’affidamento dell’esercizio di pubbliche

funzioni a persone fisiche o giuridiche, lo Stato sarebbe difatti tenuto a rispondere sul piano

internazionale dei comportamenti da esse tenuti ogniqualvolta queste agiscono per suo

conto, indipendentemente dal rispetto delle disposizioni di diritto interno o delle istruzioni

ricevute.

Un’ulteriore vicenda in cui un comportamento illecito adottato da un organo nel

mancato rispetto delle istruzioni ricevute è stato riconosciuto come un fatto di cui lo Stato è

chiamato a rispondere in ambito internazionale è il caso Colom y Piris del 1933.

Un cittadino statunitense di nome Edouardo Colom y Piris, mentre era in carcere nella

Repubblica Domenicana in attesa di essere processato per alcune sue affermazioni

riguardanti il Presidente della Repubblica, è stato segretamente prelevato da un membro

della guardia presidenziale e successivamente ucciso.

Il Dipartimento di Stato americano ha reputato che il Governo dominicano dovesse

rispondere in ambito internazionale dell’accaduto, dal momento che l’uccisione del proprio

cittadino era avvenuta a causa di un comportamento di un organo statale che aveva agito

contravvenendo all’incarico di proteggere colui la cui vita era stata distrutta159. Nonostante

l’organo avesse agito contravvenendo alle istruzioni impartitegli, il comportamento doveva

comunque essere riferito allo Stato in quanto tenuto nella sua capacità ufficiale.

158 Ibid., pp. 409 – 410.159 “…this Government has no other alternative than to hold the Dominican Government responsible for the death of the American citizen in question….it seems to be clearly established in the present case….that the murder was the act of an official of the Government of the Dominican Republic who was charged by that Government with the duty of protecting the life which he destroyed”. HACKWORTH, Digest, cit., vol. V, p. 570.

61

Page 63: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Il Governo domenicano ha in tale circostanza riconosciuto la propria responsabilità

internazionale e ha accettato di pagare una somma di denaro a titolo di risarcimento agli

eredi dell’individuo ucciso.

Un altro caso nell’ambito del quale uno Stato è stato chiamato a rispondere delle

condotte dei propri organi tenute ex qualitate è il caso Talamas del 1957, in cui due agenti

di polizia haitiani avevano percosso a morte un cittadino americano nel corso di un

interrogatorio160.

Il Dipartimento di Stato americano, oltre a riconoscere in capo al Governo di Haiti la

responsabilità internazionale per il mancato adempimento dell’obbligo di repressione del

fatto illecito, ha sostenuto che la stessa uccisione di Talamas fosse un fatto illecito di cui lo

Stato era tenuto a rispondere in ambito internazionale, in quanto provocata da un proprio

organo che aveva agito nella sua capacità ufficiale.

L’elemento valorizzato al fine di ritenere tale condotta un fatto statale nell’ordinamento

internazionale e di distinguerla dal comportamento di un semplice privato è stato difatti la

circostanza che l’individuo aveva trovato la morte proprio mentre era sotto la custodia dei

suddetti organi, cioè quando questi erano in servizio ed esercitavano le funzioni pubbliche

loro conferite161.

2. La prassi degli Stati latinoamericani

Sebbene in maniera meno omogenea, a partire dall’ultima decade del diciannovesimo

secolo, anche gli Stati latinoamericani hanno iniziato a riconoscere lo Stato

internazionalmente responsabile per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi.

Nel caso Campbell risalente al 1899, ad esempio, il Governo di Haiti ha accettato di

versare dieci mila dollari a titolo di risarcimento al Governo degli Stati Uniti per

un’aggressione ad opera di suoi soldati nei confronti di alcuni cittadini americani162.

Egualmente nel 1907 il Governo del Guatemala nel caso Shine e Milligen ha pagato un

risarcimento dei danni a dei cittadini americani che erano stati selvaggiamente picchiati e

successivamente imprigionati da alcuni agenti della polizia163.

160 WHITEMAN, Digest of International Law, cit., vol. 8, pp. 898–899.161 Il Dipartimento di Stato americano ha inoltre precisato che l’ipotesi che un organo compie un fatto illecito ultra vires deve essere tenuta distinta dal caso in cui un tale comportamento viene adottato da un privato: “…Talamas met death while in custody of local officials, thus differentiating the case from that where an alien meets death at the hands of a private individual”. Ibid., p. 898.162 MOORE, op. cit., vol. VI, pp. 764–765.163 HACKWORTH, op. cit., vol. V, p. 575. Sempre il Governo del Guatemala ha riconosciuto la sua responsabilità internazionale con riferimento ad un’aggressione subita da alcuni stranieri residenti sul

62

Page 64: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Nel caso Columbia e Buffalo164, il Governo di Panama ha presentato delle scuse ufficiali e

ha pagato un risarcimento al Governo statunitense per i comportamenti illeciti tenuti ultra

vires da alcuni suoi organi di polizia, che avevano maltrattato in più occasioni dei cittadini

americani.

Infine nel 1922, nel caso Scott, il Governo del Nicaragua ha accettato di versare un

risarcimento per i danni derivanti dai comportamenti tenuti da parte di un governatore di

provincia che aveva fatto imprigionare in violazione del diritto interno un cittadino

americano residente in loco165.

3. La prassi degli Stati europei

Per quanto concerne gli Stati europei, il principio della responsabilità dello Stato per le

condotte ultra vires degli organi statali ha trovato pieno riconoscimento sin dalla seconda

metà del diciannovesimo secolo.

Nel 1887 in occasione dell’uccisione con un colpo di arma da fuoco di un cacciatore

francese sul territorio di Vexaincourt da parte di un soldato tedesco, il Ministro degli Esteri

francese ha sostenuto che la Germania dovesse rispondere internazionalmente del fatto del

proprio organo nonostante si trattasse di un comportamento contrario alle sue prescrizioni

di diritto interno in tema di utilizzo lecito di arma da fuoco. La Germania non ha mai

contestato la sua responsabilità internazionale con riferimento a tale episodio e ha

prontamente provveduto a pagare un lauto risarcimento danni alla famiglia della vittima166.

Nell’ambito delle controversie sorte tra Italia e Perù per il risarcimento dei danni subiti

da alcuni cittadini italiani durante la guerra civile peruviana del 1894-1895, il Governo

britannico ed il Governo spagnolo sono stati chiamati ad esprimere una loro opinione su

sollecitazione del Governo italiano con riferimento alla possibilità di riconoscere il Perù

responsabile per i comportamenti tenuti da alcuni suoi organi ultra vires.

Il Governo britannico ha sostenuto l’inammissibilità della teoria espressa dal Perù,

secondo cui uno Stato è responsabile dei soli comportamenti tenuti dai propri organi nel

rispetto degli ordini ricevuti, affermando invece che uno Stato deve ritenersi responsabile

sul piano internazionale di tutti i comportamenti da essi tenuti nella loro qualità ufficiale:

proprio territorio ad opera di propri organi nel 1906. Si tratta di un caso senza titolo, rinvenibile Ibid., p. 571.164 HACKWORTH, op. cit., pp. 567-568.165 HACKWORTH, op. cit., pp. 609–610. Si vedano anche il caso Columbia e il caso Buffalo. Ibid., pp. 567-568.166 Il caso Vexaincourt è stato citato da KISS, Répertoire de la pratique française en matière de droit international public, tomo III, Paris, 1965, pp. 533–538.

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Page 65: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“…the theory that officials of the State are not responsible for acts which are

not the consequence of orders directly given them by their Government to be

inadmissible…hence all Governments should always be held responsible for all

acts committed by their agents by virtue of their official capacity”167.

Anche il Governo spagnolo ha sostenuto la tesi della responsabilità del Perù per tutti i

comportamenti tenuti da suoi organi nell’esercizio delle proprie funzioni in ragione della

circostanza che non è possibile sottrarsi ad essi sulla base dell’autorità da essi esercitata:

"[. . .] por los [danos] que causen los agentes de la autoridad en virtud de actos

ajenos a sus atribuciones legates, si el Gobierno desaprueba y condena su

conducta y somete el funcionario culpable al juicio correspondiente para hacer

efectiva, conforme a la ley, la responsabilidad civil y criminal en que hubiese

incurrido…Dediicese de todos los principios que dejo establecidos, que solo

afectan la responsabilidad del Estado y pueden, por tanto, ser materia de

reclamacion diplomdtica, los danos y perjuicios causados a los extranjeros por

actos contraries a las estipulaciones de los tratados y, en defecto de estos, al

derecho de gentes, practicados por el Gobierno o sus agentes civiles y militares

en el ejercicio de sus funciones, en virtud de orden suya o con su aprobacion y,

como he dicho en otro lugar, la denegacion absoluta de justicia"168.

Lo Stato veniva quindi ritenuto internazionalmente responsabile per i comportamenti

tenuti dagli organi statali nell’esercizio delle proprie funzioni, indipendentemente dalla

circostanza che fossero stati in qualche modo autorizzati dal proprio Governo. Alla luce di

tale dichiarazione sembra che gli elementi in grado di giustificare la responsabilità dello

Stato per i comportamenti illeciti ultra vires degli organi statali sono l’impossibilità da parte

di un terzo in buona fede sia di valutare nella maggior parte delle circostanze se l’organo

abbia effettivamente agito nel rispetto della competenza sia di sottrarsi all’illecito a causa

dell’abuso dell’autorità messa lui a disposizione per lo svolgimento regolare delle proprie

funzioni.

Alla luce dell’irrilevanza delle disposizioni del diritto interno con riferimento al sorgere

della responsabilità internazionale dello Stato, il Governo spagnolo sembra voler privilegiare

167 AGO, Quatrième rapport, cit., p. 77, par. 17.168 Archivio del Ministero degli Affari esteri italiano, serie politica P., No. 43. La traduzione in lingua inglese è rinvenibile in AGO, Quatrième rapport, cit., p. 77, par. 17.

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Page 66: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

la sicurezza delle relazioni internazionali riconoscendo che uno Stato agisce ogniqualvolta un

proprio organo tiene una condotta nell’esercizio delle proprie funzioni169.

Il Governo italiano non ha potuto che approvare tali prese di posizione e, in un parere del

19 febbraio 1899, il Consiglio del contenzioso diplomatico del Ministero degli affari esteri ha

affermato l’esigenza che uno Stato risponda internazionalmente di tutti i comportamenti

tenuti dagli organi nell’esercizio delle proprie funzioni, in primis per l’impossibilità di

resistervi in virtù della loro qualità ufficiale ed in secundis per la difficoltà di distinguere a

livello pratico quando un comportamento sia stato tenuto su ordini del proprio Governo o

meno:

“…. we can only endorse the views of the British and Spanish

Governments…, it is impossible to maintain that a government is not required

to compensate aliens for damage occasioned by its agents in the performance

of their functions…. We consider inadmissible the theory which maintains that

a government should not be held responsible for the acts committed by its

agents in the performance of their functions or by virtue of their official

capacity when such acts are not the consequence of orders received directly

from the government”170.

Il principio della responsabilità internazionale dello Stato per tutti i comportamenti tenuti

dai propri organi nella loro qualità ufficiale ha trovato pieno riconoscimento anche in prese

di posizione di Stati europei dell’inizio del ventesimo secolo. Nel caso Panther risalente al

1906, ad esempio, il Governo tedesco ha riconosciuto di dover rispondere

internazionalmente degli illeciti commessi ultra vires da suoi organi sul territorio dello Stato

brasiliano.

Il comandante di una nave da guerra tedesca ancorata in un porto brasiliano aveva

ordinato ad alcuni ufficiali di scendere a terra al fine di cercare un marinaio che nei giorni

precedenti aveva disertato, senza però richiedere previamente l’autorizzazione alle autorità

del posto. Gli ufficiali tedeschi una volta sbarcati hanno ucciso alcuni civili e costretto con la

forza degli altri a cooperare nelle ricerche.

Il Governo tedesco ha riconosciuto la propria responsabilità internazionale per quanto

avvenuto e ha fornito assicurazioni di punire i responsabili allo Stato brasiliano, il quale ha

da quel momento considerato risolta la controversia171.

169 AGO, ibid., p. 78, par. 17. 170 Il testo del parere è rinvenibile in lingua inglese in AGO, ibid., p. 78, par. 17.171 Revue générale de droit international public, 1906, pp. 201–202.

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Nell’ambito della prassi europea il principio della responsabilità internazionale dello

Stato per fatti illeciti ultra vires dei propri organi non è mai più stato messo in discussione a

partire dagli anni trenta.

Il 28 dicembre 1936 un membro del personale dell’ambasciata del Belgio a Madrid, il

barone Jaeques de Borchgrave, è stato trovato morto nella periferia della città. Sulla base di

vari indizi il Governo del Belgio era giunto alla conclusione che la morte era stata provocata

da truppe al servizio del Governo spagnolo dal momento che:

“seuls les éléments appartenant aux forces au service du Gouvernement

avaient pu perpétrer l’assassinat en usant des armes qui leur avait été remises

et abusant de l’autorité dont ils étaient revêtus”172.

Mediante compromesso i due Stati hanno rimesso il caso alla Corte permanente di

giustizia internazionale al fine di stabilire se il Governo spagnolo dovesse rispondere sul

piano internazionale dell’assassinio.

Il Belgio ha sostenuto la responsabilità internazionale della Spagna in virtù del fatto che

uno Stato deve rispondere di tutti i comportamenti adottati dai propri organi,

indipendentemente dalla circostanza che siano stati tenuti al di fuori dei limiti della

competenza.

Facendo esplicito riferimento al testo della risoluzione adottata nel 1927 dall’Institut de

droit international, il Belgio ha poi individuato nell’agire nella propria capacità ufficiale e

nell’uso dei mezzi messi a disposizione in virtù della funzione svolta le condizioni necessarie

al fine del sorgere della responsabilità internazionale di uno Stato nel caso in cui i suoi

organi abbiano agito ultra vires173.

Lo Stato sarebbe pertanto tenuto a rispondere internazionalmente dei fatti illeciti ultra

vires dei propri organi nel caso in cui appaiono agli occhi dei terzi come tenuti nella propria

qualità ufficiale oppure a patto che il loro compimento sia stato reso possibile da un uso

abusivo dell’autorità e dei mezzi messi loro a disposizione per lo svolgimento regolare delle

funzioni.

Nonostante la Corte non abbia potuto pronunciarsi in merito alla controversia in quanto i

Governi hanno di comune accordo deciso di risolverla mediante mezzi diplomatici, sembra

opportuno notare come la Spagna abbia alla fine accettato di pagare una somma a titolo di

risarcimento come richiesto dal Governo belga.

172 Caso Borchgrave, CPJI plaidoiries 1937, Serie C, N° 83, pp. 26–27, par. 38.173 Ibid., p. 26, par. 36.

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Una circostanza in cui la responsabilità internazionale di uno Stato per comportamento

ultra vires di propri organi è stata fatta dipendere dalla sola condizione che avessero agito

nella loro qualità ufficiale è il caso relativo all’incidente aereo del 27 luglio 1955174.

Un aereo civile della compagnia israeliana El Al Israel Airlines Ltd., inavvertitamente

penetrato nello spazio aereo della Bulgaria, era stato abbattuto da alcuni velivoli della difesa

anti-aerea di tale Stato. Tutti i passeggeri e l’intero equipaggio hanno trovato la morte nel

tragico incidente.

Israele, Stati Uniti e Regno Unito, gli Stati di cui erano cittadini le vittime, hanno inviato

una nota di protesta al Governo bulgaro in cui richiedevano una piena riparazione per il

danno subito175.

In una nota del 4 agosto 1955 il Governo bulgaro, dopo aver evidenziato come il velivolo

israeliano avesse deviato in maniera evidente rispetto al suo normale itinerario ed aver

riconosciuto che le forze della difesa anti-aerea non avevano preso tutte le misure

necessarie a costringere l’aereo ad atterrare, ha espresso “…a profound regret for this great

disaster which has caused the death of completely innocent people….. It will cause to be

identified and punished those guilty of causing the catastrophe to the Israeli aircraft and will

take all the necessary steps to ensure that such catastrophes are not repeated on the

Bulgarian territory”176.

Tali brani della nota diplomatica bulgara dimostrano come i militari abbiano

presumibilmente agito in violazione del proprio ordinamento interno o delle istruzioni

ricevute.

Nelle conclusioni il Governo bulgaro ha inoltre ammesso di dover rispondere in ambito

internazionale del comportamento illecito tenuto ultra vires dai propri organi affermando

che “…is prepared to assume responsibility for compensation due to their families, as well as

its share of compensation for material damage”177.

A seguito delle richieste di risarcimento formulate da parte dei Governi israeliano,

statunitense e britannico, il Governo bulgaro ha invece negato la propria responsabilità

internazionale per l’accaduto, giustificando il proprio comportamento con la circostanza che

l’aereo israeliano aveva profondamente penetrato il proprio spazio aereo.

174 I.C.J. Reports, 1959, pp. 127-146.175 Le note di protesta sono riprodotte in WHITEMAN, Digest of International Law, cit., pp. 891– 892.176 AGO, Fourth report on State responsibility, cit., p. 81, par. 26.177 Ibid., p. 81, par. 26. Al fine di stabilire la responsabilità internazionale del Governo bulgaro per l’accaduto, anche lo Stato israeliano ha fatto riferimento alle conclusioni espresse nella suddetta nota diplomatica. Del medesimo avviso sono AGO, Fourth Report, cit., p. 88, par. 27 e PRZETACZNIK, The International Responsibility of States, cit., p. 172.

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In una nota diplomatica dell’8 agosto 1957, trasmessa al Governo statunitense per mezzo

del Governo svizzero, la Bulgaria ha reso noto di essere però disponibile al pagamento di

una somma di denaro ex gratia ai familiari delle vittime178.

Sembra opportuno notare che il Governo bulgaro non ha tentato di sottrarsi alla propria

responsabilità internazionale per l’accaduto sulla base del mancato rispetto da parte dei

propri organi delle disposizioni di diritto interno in tema di competenza, bensì ha invocato la

colpa del pilota come possibile causa di esclusione dell’illecito.

4. La giurisprudenza arbitrale dei primi anni del secolo: gli arbitrati nei casi

venezuelani

A partire dal ventesimo secolo si è assistito ad un riconoscimento generalizzato da parte

della tribunali internazionali del principio della responsabilità dello Stato per le condotte

ultra vires dei propri organi. Le sentenze rese dalle Commissioni miste dei reclami

nell’ambito dei così detti “arbitrati venezuelani”179 possono però considerarsi una sorta di

“trait d’union” tra la giurisprudenza del diciannovesimo e quella del ventesimo secolo in

quanto, nonostante non venga più prevista un’assimilazione dei fatti illeciti ultra vires degli

organi statali a dei comportamenti di privati, in alcune circostanze la responsabilità

internazionale dello Stato viene fatta dipendere dall’atteggiamento adottato da parte del

Governo rispetto alla condotta illecita ultra vires.

Una pronuncia in cui la responsabilità internazionale del Venezuela è stata fatta derivare

dall’implicita approvazione da parte dello Stato di una condotta illecita tenuta ultra vires da

un proprio organo è quella resa dalla Commissione mista Gran Bretagna/Venezuela nel caso

Compagnie Générale des Asphaltes de France180. Un’impresa britannica che si occupava dello

sfruttamento delle risorse minerarie aveva subito delle forti perdite per la cessazione della

sua attività in Venezuela a causa del rifiuto da parte del console venezuelano a Trinidad

178 International Court of Justice Memories 1959, p. 30. I Governi israeliano, britannico e statunitense si sono opposti ad un tale regolamento delle controversie, reputando il Governo bulgaro l’unico responsabile della catastrofe. La questione della responsabilità internazionale della Bulgaria è stata sottomessa alla Corte Internazionale di Giustizia, la quale nella pronuncia del 26 maggio 1959 si è però dichiarata incompetente a pronunciarsi sulla questione. I.C.J. Reports 1959, pp. 127–147.179 Gli “arbitrati venezuelani” traggono origine da una controversia sorta tra la Repubblica del Venezuela e numerosi cittadini stranieri ivi residenti che reclamavano il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento per danni subiti sul suo territorio. Al fine di dirimere la controversia furono create dieci Commissioni miste in virtù della firma di altrettanti protocolli tra il Venezuela e gli Stati Uniti (protocollo del 17 febbraio 1903), il Belgio (7 marzo 1903), il Regno Unito (13 febbraio e 7 maggio 1903), la Francia (19 febbraio 1902 e 27 febbraio 1903), la Germania (13 febbraio e 7 maggio 1903), l’Italia (13 febbraio e 7 maggio 1903), il Messico (26 febbraio 1903), i Paesi Bassi (28 febbraio 1903), la Spagna (2 aprile 1903) e i paesi del Nord Europa (10 marzo 1903).180 RSA vol. ix, pp. 389 – 398.

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(colonia britannica) di accordare alle imbarcazioni di tale compagnia l’autorizzazione ad

entrare sul proprio territorio.

Dopo aver riconosciuto che il console aveva agito eccedendo le competenze conferitegli

dal diritto interno, il superarbitro ha fondato la responsabilità internazionale del Venezuela

sul mancato esplicito disconoscimento della condotta da parte del Governo:

“The umpire holds….that the question of responsibility of Venezuela for the

acts of their consul at Trinidad is found in the failure of the Government of

Venezuela, after knowledge thereof, to make reasonable disclaimer of his acts

and reasonable correction of his mistakes. If the respondent Government

authorized or directed some of these acts, or only ratified them by silence and

acquiescence, its responsibility is the same”181.

A partire dalle decisioni rese dalle Commissioni miste dei reclami con riferimento alle

controversie sorte tra la Repubblica del Venezuela e numerosi cittadini stranieri ivi residenti,

la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi sorge

non più in virtù del fatto che ulteriori organi statali hanno omesso di adottare le misure

idonee a prevenire o reprimere tali comportamenti, bensì alla luce della circostanza che per

il diritto internazionale tali fatti sono attribuibili allo Stato.

Nella sentenza resa nel caso Maal la Commissione mista Paesi Bassi/Venezuela ha

condannato il Governo venezuelano a versare un risarcimento dei danni causati dalla

condotta illecita di un proprio poliziotto, il quale aveva costretto un cittadino olandese a

svestirsi in pubblico prima di procedere al suo arresto.

Nel motivare la propria decisione il superarbitro Plumley non ha fatto alcun riferimento

all’atteggiamento assunto dal Governo venezuelano rispetto all’organo responsabile del

fatto illecito, bensì ha ritenuto il pagamento di un risarcimento al Governo olandese come

costituente l’equa riparazione di un danno causato ad un altro soggetto in virtù dello stesso

fatto tenuto ultra vires da parte dell’organo nell’esercizio delle proprie funzioni:

“….the acts of their subordinates in the line of their authority however

odious their acts may be, the Government that those in discharge of this

important duty of the Government of Venezuela have been reprimanded,

punished or discharged, the only way in which there can be an expression of

181 Ibid., p. 396. Si vedano anche il caso Davy, ibid., pp. 467 – 469, e il caso Poggioli, ibid., vol. X, pp. 669–692.

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regret on the part of the Government and a discharge of its duty toward the

subject of a sovereign and a friendly State is by making an indemnity thereof in

the way of money compensation”182.

In altre pronunce infine il Venezuela è stato condannato a pagare una somma a titolo di

risarcimento per un fatto illecito ultra vires di un proprio organo nonostante il responsabile

fosse stato previamente punito.

Ad esempio, nella sentenza resa nel caso Metzger dalla Commissione mista

Germania/Venezuela, il superarbitro Duffield, dopo aver appurato che il militare

venezuelano che aveva violentemente aggredito un cittadino tedesco aveva agito nella sua

qualità ufficiale, ha riconosciuto la responsabilità internazionale del Venezuela per il fatto

illecito ultra vires del proprio organo malgrado tale Stato avesse già provveduto al suo

arresto183.

Pur dovendosi interpretare la punizione del responsabile come volontà dello Stato di non

ratificare o approvare il comportamento illecito del proprio organo, sembra opportuno

sottolineare come la responsabilità internazionale dello Stato sia stata fatta dipendere dalla

circostanza che il fatto illecito ultra vires fosse un fatto dello Stato sul piano internazionale,

in quanto l’organo lo aveva compiuto dell’esercizio delle proprie funzioni.

5. Segue: le sentenze nei casi La Masica e The Coquitlam

Nel periodo antecedente i lavori della Conferenza di codificazione del 1930, numerose

pronunce arbitrali hanno confermato il principio dell’attribuzione allo Stato dei

comportamenti tenuti dagli organi nel mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno

in tema di competenza o delle istruzioni loro impartite.

Tale principio è stato espressamente affermato nella sentenza resa il 7 dicembre 1916

nel caso La Masica da parte del re di Spagna Alfonso XIII, nominato arbitro in base ad un

compromesso siglato tra Honduras e Gran Bretagna nel 1914. In relazione all’uccisione di un

cittadino britannico ed il ferimento di un secondo da parte di alcuni soldati dell’Honduras,

che avevano agito sotto la supervisione di un superiore contravvenendo alle disposizioni del

diritto interno, l’arbitro ha stabilito che l’Honduras doveva comunque risponderne

internazionalmente sulla base di “…principles of international law, in conformity with which

182 Reports of International Arbitral Awards, vol. X, pp. 732–733.183 Reports of International Arbitral Awards, vol. X, pp. 417–420.

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a State is bound on certain occasions, to make good the damage caused to foreign nationals

by illegal acts of omission or commission on the part of its authorities”184.

Nella sentenza resa nel 1920 nel caso The Coquitlam, il Tribunale arbitrale Gran

Bretagna/Stati Uniti ha rigettato la teoria del Governo statunitense secondo cui gli Stati Uniti

non erano tenuti a rispondere nell’ordinamento internazionale di un fatto illecito commesso

da un agente doganale sulla base del fatto che aveva agito in buona fede. Egli aveva

sequestrato l’imbarcazione britannica The Coquitlam credendo a torto che fosse stata

violata la legislazione doganale americana. Il Tribunale, non considerando la colpa un

elemento costitutivo del fatto illecito internazionale, ha affermato che lo Stato dovesse

rispondere nell’ordinamento internazionale della condotta tenuta ultra vires da un proprio

organo185.

6. La giurisprudenza degli anni venti: le sentenze della Commissione generale dei reclami Stati

Uniti/Messico nel caso Youmans e della Commissione Francia/Messico nel caso Caire

Una delle più significative pronunce, che rappresenta il punto di arrivo dell’evoluzione e

dell’affermazione progressiva del principio dell’attribuzione allo Stato delle condotte tenute

dagli organi statali pur nel mancato rispetto dei limiti della competenza, è stata resa dalla

Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Messico nel caso Youmans. È interessante

notare come tale decisione sia contemporanea alle prese di posizione adottate da alcuni

Stati nell’ambito dei primi tentativi di codificare la materia della responsabilità

internazionale dello Stato186.

La sentenza, resa nel 1926, considera il caso di tre cittadini americani di nome Youmans,

Connelly e Arnold, all’epoca impiegati in una società britannica, oggetto nel 1880 di atti di

violenza da parte di una folla di messicani. Dieci soldati, in compagnia del loro diretto

superiore, erano stati inviati ad Angangueo con la missione di proteggerli e di reprimere i

tumulti187. In luogo di eseguire gli ordini ricevuti, i soldati hanno sparato a uno degli stranieri

e hanno preso parte alla rivolta uccidendo gli altri due. Secondo il Governo degli Stati Uniti

184 AGO, Fourth Report, cit.,p. 85, par. 38.185 Owners of the Cargo “Coquitlam” (Great Britain) v. United States, Reports of Internationl Arbitral Awards, vol. VI, pp. 45–48. Anche in altre pronunce i tribunali arbitrali hanno affermato la responsabilità internazionale di uno Stato indipendentemente dalla buona fede dell’organo che aveva commesso l’illecito: Owners of the “Tattler” (United States) v. Great Britain, American Journal of International Law, 1921, pp. 297–301; Charterers and Crew of the “Kate” (Great Britain) v. United States, American Journal of International Law, 1922, vol. 16, pp. 328333.186 Vedi infra, p. 92 ss.187 Thomas H. Youmans (USA) v. United Mexican States, Reports of International Arbitral Awards, vol. IV, p. 115 ss.

71

Page 73: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

non c’era alcun dubbio che il Messico aveva l’obbligo di rispondere di tali comportamenti in

ambito internazionale:

“These troops, at a moment when they had the mob under control, and

when the complete quelling of the riot seemed an immediate possibility, in

utter disregard of the obligations of their office as preservers of the peace and

with wanton and deliberate violation of law, opened fire on the three

Americans, instantly killing one and joining with the infuriated mob in the

inhuman slaughter of the other two who were fleeing for their lives from their

burning cabin, which had been deliberately set fire to over their heads. It seems

almost needless to remark that such conduct on the part of soldiers or police,

under orders to preserve the peace and protect the lives and property of

peaceable inhabitants, on the plainest principles of international law and

independent of the treaty stipulations between the two nations, which are

contravened by such proceedings, renders the Government in whose service

they are employed, justly liable to the Government of the men, whose lives

were thus wantonly and needlessly sacrificed"188.

Il Messico si opponeva alla possibilità di rispondere internazionalmente dell’accaduto

sulla base della circostanza che i fatti illeciti sarebbero stati tenuti dagli organi nella loro

qualità privata:

“….even if it were assumed that the soldiers were guilty of such

participation, the Mexican Government should not be held responsible for the

wrongful acts of ten soldiers and one officer….who, after having been ordered

by the highest official….to protect American citizens, instead of carrying out

orders given them acted in violation of them in consequence of which the

Americas were killed….a Government is not responsible for malicious acts of

soldiers committed in their private capacity”189.

Secondo il Governo messicano, il fatto di aver agito contravvenendo agli ordini impartiti

rendeva i comportamenti tenuti dai soldati messicani assimilabili a quelli di semplici privati

di cui lo Stato non è tenuto a rispondere in ambito internazionale. In tale circostanza il

188 Ibid., p. 114, par. 8.189 Ibid., p. 115, par. 11 e p. 116, par. 14.

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Page 74: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Messico riproponeva pertanto la vecchia argomentazione secondo cui possono ritenersi fatti

dello Stato sul piano internazionale soltanto i comportamenti tenuti da un organo statale in

conformità con le istruzioni impartite o le disposizioni di diritto interno volte a definirne le

funzioni e la portata della competenza.

La Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Messico, istituita nel 1923 mediante una

Convenzione, ha condannato il Messico a riparare il danno subito dai cittadini statunitensi

criticando fortemente le argomentazioni addotte dal Governo messicano190.

La Commissione ha osservato che, se fosse vero che possono essere attribuiti allo Stato

esclusivamente i comportamenti tenuti dagli organi nei limiti della competenza stabiliti dal

diritto interno, qualsiasi illecito commesso da un organo nella propria qualità ufficiale

dovrebbe essere considerato estraneo all’ambito della sua competenza dal momento che

nessuna disposizione di diritto interno prescrive la violazione di obblighi di diritto

internazionale.

La Commissione ha ritenuto inoltre impossibile considerare le uccisioni di Angangueo

come delle condotte tenute da soldati nella loro capacità privata in quanto, al momento

dell’adozione del comportamento:

“….the men were on duty under the immediate supervision and in the

presence of a commanding officer. Soldiers inflicting personal injuries or

committing wanton destruction or looting always act in disobedience of some

rules laid down by superior authority. that any acts committed by soldiers in

contravention of instructions must always be considered as personal acts.”191.

A parere della Commissione, il causare nella propria qualità ufficiale dei danni ad

individui o ai loro beni deve considerarsi sempre un comportamento imputabile allo Stato

anche se contrario agli ordini ricevuti. La responsabilità internazionale dello Stato per tali

condotte diverrebbe illusoria se venisse accettata la teoria secondo cui i comportamenti non

autorizzati di soldati sono assimilabili a fatti di privati.

Un’altra significativa pronuncia, in cui si è affermato il principio dell’attribuzione allo

Stato delle condotte tenute dagli organi statali nel mancato rispetto dei limiti della

competenza, è la decisione resa il 7 giugno 1929 dalla Commissione dei reclami

190 La Commissione ha riconosciuto in capo al Messico tre differenti forme di responsabilità internazionale: una responsabilità diretta per la partecipazione dei soldati all’uccisione; una responsabilità per il fatto di altri organi in virtù della mancata adozione di misure preventive da parte delle autorità messicane ed infine una responsabilità per il fatto della mancata cattura e punizione dei responsabili da parte di altri organi.191 Ibid., p. 86, par. 40.

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Francia/Messico nel caso Caire. La Commissione era stata chiamata ad accertare se il

Messico fosse tenuto a rispondere internazionalmente dell’uccisione di un cittadino

francese da parte di alcuni funzionari messicani a seguito del suo reiterato rifiuto di fornire

loro un’ingente somma di denaro192.

Il Governo del Messico ha negato di dover rispondere dell’accaduto in ambito

internazionale dal momento che i funzionari avevano agito non solamente all’insaputa del

proprio capo, ma anche contravvenendo ad un espresso mandato193.

Il Presidente della Commissione arbitrale, Verzijil, ha rigettato tale argomentazione

chiarendo come la circostanza che un organo agisce o meno entro i limiti della propria

competenza deve considerarsi ininfluente ai fini dell’attribuzione di fatti illeciti allo Stato sul

piano internazionale:

“Il est notoire que, dans ce domaine, les conceptions théoriques ont

beaucoup évolué dans les derniers temps et que notamment l'oeuvre novatrice

de Dionisio Anzilotti a frayé le chemin aux idées nouvelles qui ne subordonnent

plus à une "faute" quelconque de l'Etat sa responsabilité pour les actes de ses

fonctionnaires…je les considère en tout cas comme parfaitement correctes, en

tant qu'elles tendent à grever l'Etat, en matière internationale, de la

responsabilité pour tous les actes commis par ses fonctionnaires ou organes et

qui constituent des actes délictueux au point de vue du droit des gens,

n'importe que le fonctionnaire ou l'organe en question ait agi dans les limites de

sa compétence ou en les excédant ”194.

Riprendendo quanto sostenuto in dottrina da Bourquin, l’arbitro Verzijil ha osservato

che, sebbene in base alle norme di diritto interno un fatto illecito ultra vires non possa

essere considerato un fatto dello Stato, la sua responsabilità internazionale si fonda in tale

ipotesi su una garanzia che esso presta agli altri Stati per fatti dannosi che derivano

dall’attività della propria organizzazione interna. La responsabilità internazionale,

nell’ipotesi di fatti illeciti ultra vires degli organi statali, trova quindi la sua ragion d’essere in

una esigenza propria dell’ordinamento internazionale: i rapporti diverrebbero difatti

eccessivamente insicuri se gli Stati esteri fossero costretti a tenere conto delle disposizioni di

192 Reports of International Arbitral Awards , vol. V, p. 519 ss.193 “ …la responsabilité du Mexique serait exclue par les faits suivants: a) les auteurs du crime n'étaient que des militaires isolés;b) ils ont agi, non seulement à l'insu du chef des troupes villistes, mais encore à l'encontre d'un mandat exprès de mise en liberté…” Ibid., p. 519.194 Ibid., pp. 529-530.

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diritto interno, spesso estremamente complesse, che disciplinano la ripartizione delle

competenze e delle funzioni all’interno di uno Stato. A suo giudizio al fine del sorgere della

responsabilità internazionale dello Stato per comportamenti illeciti tenuti dai propri organi

ultra vires, è necessario però che questi :

“aient agi au moins apparemment comme des fonctionnaires ou organes

compétents, ou que, en agissant, ils aient usé de pouvoirs ou de moyens

propres à leur qualité officielle”195.

Ai fini della sicurezza delle relazioni internazionali uno Stato deve pertanto rispondere sul

piano internazionale dei comportamenti non autorizzati dei propri organi dal momento che,

riconoscendo lo status organico a determinati individui o enti e fornendo loro i mezzi

necessari all’esecuzione delle proprie funzioni, non può rifiutare di esserne

internazionalmente responsabile purché all’esterno la condotta appaia come tenuta da un

individuo-organo nella propria qualità ufficiale196.

Nel caso di specie gli autori dell’assassinio del cittadino francese erano dei militari

messicani che avevano abusato della propria qualità ufficiale al fine di ottenere una somma

di denaro. Sempre in qualità di ufficiali della brigata del generale Tomas Urbina, inoltre, lo

avevano trasportato in una caserma delle truppe di occupazione e successivamente lo

avevano ucciso in risposta al suo rifiuto di accontentarli.

Nonostante avessero agito al di fuori della propria competenza e per finalità prettamente

personali, lo Stato era tenuto a rispondere sul piano internazionale dei fatti illeciti ultra vires

dei propri organi in quanto erano stati compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni e

mediante l’utilizzo degli strumenti messi loro a disposizione. L’unica circostanza in cui lo

Stato non è tenuto a rispondere delle condotte dei propri organi è solo nel caso in cui siano

prive di una connessione con la funzione ufficiale e siano state quindi tenute nella loro

qualità privata197.

Sembra possibile dedurre quindi che, pur non potendosi configurare come fatti

rappresentativi della volontà statale in quanto compiuti dagli organi abusando della propria

autorità, lo Stato ne era comunque internazionalmente responsabile perché si trattava di

195 Ibid., p. 530.196 A sostegno della sua tesi, l’arbitro Verzijil ha inoltre fatto menzione della risoluzione dell’’ Institut de Droit International adottata a Losanna nel 1927. Vedi supra, p. 38 ss.197 “…le fait pour un fonctionnaire d’agir en dehors de sa compétence n’exempte pas l’Etat de sa responsabilité internationale, toutes les fois que ce fonctionnaire s’est autorisé de sa qualité officielle, l’Etat n’étant pas responsable dans le seul cas où l’acte n’a eu aucun rapport avec la fonction officielle et n’a été, en réalité, qu’un acte d’un particulier” . Ibid., pp. 530–531.

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condotte che possedevano le caratteristiche tipiche di un fatto statale e si erano inoltre

prodotte in occasione dell’attività dello Stato.

7. Le altre decisioni rese dalla Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Messico

tra il 1926 ed il 1930

La Commissione dei reclami Stati Uniti/Messico ha reso numerose altre decisioni tra il

1926 ed il 1930 in cui ha affermato la responsabilità internazionale dello Stato per

comportamenti illeciti ultra vires dei propri organi.

Nella decisione resa il 16 novembre 1926 nel caso Falcón, ad esempio, gli Stati Uniti sono

stati ritenuti responsabili per l’uccisione di un contrabbandiere messicano da parte di alcuni

soldati che avevano aperto il fuoco contrariamente alle disposizioni dei regolamenti

militari198. Egualmente, nella decisione resa nel caso Conception Garcìa, gli Stati Uniti sono

stati dichiarati responsabili per la morte di una donna messicana causata da un militare

statunitense in circostanze analoghe199.

Nella decisione resa il 16 novembre 1926 nel caso Quintanilla la Commissione generale

dei reclami ha ritenuto gli Stati Uniti responsabili del comportamento di un proprio sceriffo il

quale, dopo aver arrestato un individuo resosi responsabile di molestie nei confronti di una

ragazza, lo aveva assassinato durante il tragitto verso la prigione.

Secondo la Commissione uno Stato è tenuto a rispondere nell’ordinamento

internazionale dei comportamenti irregolari dei propri organi nei confronti di detenuti posti

sotto la propria custodia, in quanto tenuti nella qualità ufficiale durante l’esercizio delle

proprie funzioni200.

Particolarmente significativa per la distinzione tra un comportamento privato e uno ultra

vires è invece la sentenza resa nel caso Mallén il 27 aprile 1927201.

Era accaduto che Juan Franco, agente della polizia statunitense di El Paso, nel Texas,

avesse aggredito per ben due volte il console messicano Francisco Mallén verso il quale

nutriva dei risentimenti di natura personale.

198 D. Guerrrero Vda De Falcón (United Mexican States) v. United States of America, Reports of International Arbitral Awards, vol. IV, pp. 104–106.199 Teodoro Garcìa and M.A. Garza (United Mexican States) v. United States of America , Reports of International Arbitral Awards, ibid., pp. 119–123.200 “A foreigner is taken into custody by a State official. It would go too far to hold that the Government is liable for everything which may befall him. But it has to account for him. The Government can be held liable if it is proven that it has treated him cruelly, harshly, unlawfully”. Francisco Quintanilla (United Mexican States) v. United States of America, ibid., p. 103, par. 3.201 Francisco Mallén (United Mexican States) v. United States of America, ibid., pp. 173–190.

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Nel corso della prima aggressione l’agente Juan Franco aveva espresso la sua intenzione

di uccidere il console e, dopo averlo avvicinato, lo aveva schiaffeggiato facendogli cadere a

terra il cappello. In tale circostanza la Commissione ha ritenuto che il comportamento

dovesse essere considerato una condotta illegale tenuta nella sua qualità privata da un

individuo che per coincidenza godeva dello status di organo in virtù del diritto interno202. Gli

Stati Uniti non erano pertanto tenuti a rispondere di questo atto.

La seconda aggressione si è svolta invece qualche mese più tardi quando Juan Franco,

salito su di un veicolo su cui si trovava anche il console, lo aveva più volte colpito con pugni

e sotto minaccia della sua arma da fuoco lo aveva condotto al carcere di El Paso dove lo ha

imprigionato.

La Commissione ha ritenuto senza fondamento il tentativo di Franco di giustificare il suo

operato con la volontà di sanzionare il console Mallén per un illegittimo porto d’armi dal

momento che in primis la legislazione del Texas in tema di porto di armi da fuoco veniva

attuata in modo da permettere ai funzionari del Governo messicano che erano soliti passare

il confine di portare un’arma ed in secundis il procuratore della contea ad El Paso aveva

esplicitamente concesso a Mallén di farlo, assicurandolo che non avrebbe dovuto subire

alcuna conseguenza.

Anche nell’eventualità in cui la reale intenzione di Franco fosse stata quella di dare

esecuzione al diritto interno del Texas, anzichè un semplice pretesto per eseguire una

vendetta privata, secondo la Commissione l’organo si era spinto assai al di là dei limiti

previsti per lo svolgimento della sua funzione ufficiale.

Tale seconda aggressione è stata considerata dalla Commissione un fatto di cui lo Stato

doveva rispondere sul piano internazionale sebbene l’organo avesse agito nella sua qualità

ufficiale contravvenendo alle disposizioni di diritto interno.

Gli elementi valorizzati al fine di dimostrare la qualità ufficiale dell’organo sono stati la

circostanza che al momento della commissione dell’illecito Franco era in servizio, avesse

mostrato il distintivo ed il fatto che non avrebbe mai potuto imprigionare Mallén se non

avesse agito in qualità di agente di polizia:

“It is…essential to note that both Governments consider Franco's acts as the

acts of an official on duty (though he came from the Mexican side), and that the

evidence establishes his showing his badge to assert his official capacity. Franco

could not have taken Mallén to jail if he had not been acting as a police officer.

202 “ The evidence as to the first assault on Consul Mallén…..clearly indicates a malevolent and unlawful act of a private individual who happened to be an official; not the act of an official” . Ibid., vol. IV, p. 174, par. 4.

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Though his act would seem to have been a private act of revenge which was

disguised, once the first thirst of revenge had been, satisfied, as an official act

of arrest, the act as a whole can only be considered as the act of an official”203.

La seconda aggressione è stata pertanto reputata un fatto attribuibile allo Stato sul piano

internazionale, e non il comportamento di un semplice privato, sulla base dell’esistenza di

un legame fra il fatto e gli strumenti messi a disposizione dell’organo per il regolare

esercizio delle proprie funzioni.

Alla luce di tale pronuncia, sembra desumibile che lo Stato non può quindi negare di

avere agito quando l’autorità e i mezzi messi a disposizione rappresentano la condicio sine

qua non per la realizzazione del fatto da parte dell’organo, in quanto elementi in grado di

attestare che in quella data circostanza egli ha agito nella sua qualità ufficiale.

La Commissione ha quindi riconosciuto in capo agli Stati Uniti con riferimento alla

seconda aggressione sia una responsabilità “diretta” per la condotta del suo funzionario, sia

una responsabilità per il fatto di altri organi per non aver prevenuto il suo verificarsi204.

Il Governo degli Stati Uniti ha riconosciuto la propria responsabilità internazionale per il

fatto ultra vires del proprio organo ammettendo che:

“…an official or other acting in a broad sense for the United States was…

found to have perpetrated an injustice upon Mr. Mallén….it would be

incumbent either upon the State of Texas or the National Government to

accord him reparation for this injuries”205.

Nella sentenza resa nel caso Way del 1928 la Commissione ha ritenuto il Messico

internazionalmente responsabile per il comportamento ultra vires di un proprio organo206.

Un pubblico ministero messicano aveva emanato nei confronti di un cittadino

statunitense un mandato di arresto che risultava essere nullo per mancanza di motivazioni.

203 Ibid., p. 177, par. 7.204 “The circumstance that within two months Franco, using the very same uncouth words to show his aversion for Mallen, availed himself of another opportunity to "get" Mallen, this second time misusing his official capacity, shows how imprudently and improperly the authorities acted in maintaining such a man, without any preventive measure, in a position in which he might easily cause great harm to peaceful residents. Mallen not long after August 25, 1907, applied to the county attorney at El Paso in order to inquire whether he was authorized to carry a pistol. The authorities of Texas therefore should have realized the risks they incurred by maintaining Franco in office and by not protecting Mallen from violence at the hands of Franco, and they must bear the full responsibility for their action..” Ibid., p. 175, par. 5.205 Ibid., p. 177, par. 9.206 William T. Way (USA) v. United Mexican States, ibid., pp. 391– 401.

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La sua esecuzione era stata affidata ad alcuni agenti della forza pubblica ai quali era stata

concessa la possibilità di usare le armi “as may be suitable”207. A seguito della resistenza

opposta nei confronti dell’arresto, il cittadino statunitense è stato brutalmente ucciso. La

Commissione generale dei reclami ha riconosciuto la responsabilità internazionale del

Messico “for this tragic violation of personal rights secured by Mexican law and by

International law”208.

Da ultimo nell’ambito della pronuncia resa nel caso Kling209, riprendendo le

argomentazioni sviluppate nel caso Youmans210, la Commissione ha affermato che l’omicidio

di un cittadino statunitense da parte di alcuni soldati messicani in servizio non poteva essere

considerato un comportamento tenuto a titolo privato211.

8. Segue: la sentenza resa nel caso Stephens, un caso di responsabilità per

comportamenti di organi di fatto che hanno agito contrariamente alle istruzioni

ricevute

207 Reports of International Arbitral Awards, vol. IV, p. 393.208 Ibid., vol. IV, p.401. Con riferimento a fatti illeciti ultra vires di poliziotti o funzionari di cui il Messico è stato ritenuto responsabile sul piano internazionale si vedano anche il caso Roper v. United Mexican States, AJIL 1927, pp. 777-778 e il caso Putnam v. United Mexican States, AJIL 1927, vol. 21, pp. 783-791. Per arresti illegali effettuati da funzionari senza una valida ragione si vedano inoltre il caso Kalklosch v. United Mexican States, Reports of the International Arbitral Awards, vol. IV, pp. 412-414; Knotts v. United Mexican States, RSA ibid., pp. 537-538. In alcune circostanze infine il Messico è stato ritenuto internazionalmente responsabile per l’abuso di potere delle proprie autorità amministrative quando hanno tenuto in carcere dei cittadini americani per un periodo eccessivo prima di procedere al loro giudizio. Si vedano i casi Roberts v. United Mexican States, AJIL 1927, vol. 21, pp. 537-561; Turner v. United Mexican States, AJIL 1928, VOL. 22, pp. 663-667 e Chazen v. United Mexican States, Reports of the International Arbitral Awards, vol. IV, pp. 564-575. 209 Lillie S. Kling v. United Mexican States, AJIL 1931, vol. 25, pp. 367-380.210 Vedi supra, p. 74 ss.211 La Commissione dei reclami Stati Uniti/Messico ha reso altre sentenze inerenti l’assassinio da parte di soldati messicani di cittadini americani nel caso Agnes Connelly (USA) v. United Mexican States (23 novembre 1926), American Journal of International Law 1927, pp. 579 – 581; Mary Evangeline Arnold Munroe (USA) v. United Mexican States (17 maggio 1929), Reports of International Arbitral Awards, vol. IV, p. 538. Per quanto concerne fatti illeciti non autorizzati di soldati, con riferimento ai quali il Governo messicano è stato ritenuto internazionalmente responsabile, è possibile ancora citare numerosi casi. Si vedano la sentenza resa il 16 novembre 1926 nel caso J.W. and N.L. Swinney v. United Mexican States, AJIL 1927, pp. 562-566 e RSA vol. IV, pp. 98-101. Nell’ambito del caso Gordon v. United Mexican States, il giudice Nielsen ha fatto riferimento alla pronuncia resa dalla medesima Commissione nel caso Youmans al fine di sostenere, contrariamente all’opinione della maggioranza dei suoi membri, che il comportamento illecito di due soldati messicani doveva essere attribuito allo Stato: il 23 novembre 1912, un cittadino statunitense di nome Gordon era stato accidentalmente ucciso da due militari messicani che si allenavano a sparare dal recinto di un forte. La maggioranza dei membri della Commissione non ha aderito alle conclusioni del Governo degli Stati Uniti, secondo cui gli organi avevano tenuto tale comportamento nell’esercizio delle proprie funzioni, e ha ritenuto che lo Stato non dovesse risponderne sul piano internazionale in quanto tali spari dovevano essere assimilati ad un atto di natura privata che non aveva alcun legame con l’esercizio della funzione ufficiale. AJIL 1931, vol. 25, pp. 384-388.

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Il caso Stephens aveva ad oggetto la questione della responsabilità del Messico per

l’uccisione di un cittadino statunitense da parte di un individuo, di nome Valenzuela, che

apparteneva ad un gruppo di irregolari che svolgevano funzioni di polizia nella regione di

Chihuahua, dove le forze regolari erano assenti in quanto impegnate a sedare rivolte nel sud

del paese212.

La notte in cui è avvenuta l’uccisione Valenzuela era in servizio insieme ad altri due

uomini, sotto il comando di un sergente. Essi stavano apparentemente agendo in linea con

la General ordinance for the army del 1897 e, in particolare, con l’art. 176 che obbligava tutti

gli individui che venivano fermati per un controllo di fermarsi per agevolare la loro

identificazione. Quando i quattro uomini hanno visto avvicinarsi la macchina di Stephens, il

sergente ha ordinato a due di loro esclusivamente di fermare il veicolo. Valenzuela, invece,

ha contravvenuto alle istruzioni e ha immediatamente sparato, provocando la morte del

conducente.

Il Messico ha negato la propria responsabilità internazionale sulla base del fatto che

l’autore dell’illecito aveva agito contravvenendo alle istruzioni ricevute dal proprio

superiore:

“Being under the orders of a sergeant, the guards should have halted the car

in accordance with his instructions, and Mexico contends that they were

merely ordered to stop the automobile, without being ordered to fire at it”213.

La Commissione, una volta preso atto che Valenzuela, oltre a non aver rispettato le

istruzioni del sergente, aveva in effetti agito in violazione delle regole previste

dall’ordinamento messicano in relazione ad attività di ispezione condotte da organi statali,

ha comunque ritenuto il fatto illecito attribuibile al Messico indipendentemente dalla

circostanza che fosse un atto punibile nell’ordinamento interno214.

La possibilità di ritenere la condotta del Valenzuela un fatto dello Stato sul piano

internazionale ha trovato giustificazione nella circostanza che esso poteva essere assimilato,

ai fini dell’attribuzione, ad un membro dell’esercito regolare in virtù della particolare

situazione della regione messicana in cui operava:

212 Charles S. Stephens and Bowman Stephens (U.S.A.) v. United Mexican States , in Reports of International Arbitral Awards, vol. IV, pp. 265-268.213 Ibid., p. 267, par. 6.214 “Bringing the facts to the tests expounded in paragraph 5 of the last cited opinion, there can be no doubt about the reckless character of the act. To hold this means a different thing from establishing that Valenzuela's act under Mexican law was punishable, a question which it is not for this Commission to decide…”. Ibid., p. 267.

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“Responsibility of a country for acts of soldiers in cases like the present one,

in the presence and under the order of a superior, is not doubtful. Taking

account of the conditions existing in Chihuahua then and there, Valenzuela

must be considered as, or assimilated to, a soldier”215.

Il riferimento alla circostanza che l’esercito regolare era assente nella regione di

Chihuahua non deve però essere inteso come un’allusione all’ipotesi dell’agente di

necessità. Dalla pronuncia risulta in verità che l’autore dell’illecito è stato immediatamente

arrestato dalle autorità civili dello Stato, a riprova del fatto che queste avevano comunque il

controllo della regione pur in assenza dell’esercito regolare.

La riferibilità allo Stato della condotta illecita è stata inoltre giustificata dalla circostanza

che Valenzuela aveva agito nell’esercizio delle proprie funzioni216. Questo riferimento è

significativo, in quanto la distinzione tra condotte poste in essere nell’esercizio delle funzioni

e comportamenti tenuti nella qualità privata è il criterio per stabilire quali tra le attività di un

organo possono essere attribuite allo Stato. La sua applicazione per riferire allo Stato il fatto

ultra vires di un membro di una forza irregolare sembra confermare l’impressione che

l’attribuzione trovi giustificazione in una sostanziale assimilazione di tale individuo ad un

organo statale. Nella decisione resa nel caso Stephens, sembra pertanto implicitamente

riconosciuta la possibilità di riferire allo Stato le condotte non autorizzate anche rispetto alla

situazione di individui che esercitano in fatto funzioni di governo per conto dello Stato, a

patto che agiscano nella loro capacità ufficiale.

9. Sentenze rese da altre commissioni arbitrali negli anni 1930/1950

Negli anni successivi, la giurisprudenza arbitrale offre poche sentenze che trattano il

problema della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti tenuti ultra vires

dai propri organi.

Merita comunque di essere ricordata la sentenza resa il 27 giugno 1933 nel caso Colunje

dalla Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Panama. Il Governo statunitense è stato

215 Ibid., p. 267, par. 7.216 “There should be no difficulty for the Commission to hold that Valenzuela when trying to halt the car acted in the line of duty”. Ibid., p. 267, par. 6.

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ritenuto internazionalmente responsabile per il comportamento non autorizzato di un

proprio organo217.

Nel 1917 un giudice della zona del canale di Panama (all’epoca posta sotto

amministrazione americana) aveva emesso un mandato di arresto nei confronti di un

cittadino panamense di nome Guillermo Colunje, per aver violato le leggi postali americane

in vigore nella zona.

Un agente di polizia statunitense si era recato in territorio panamense e aveva attirato

Colunje con falsi pretesti nella zona del canale al fine di poterlo arrestare.

La Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Panama ha rigettato la tesi del Governo

degli Stati Uniti secondo cui il comportamento del proprio organo doveva in quella

circostanza essere assimilato a quello di un privato in quanto non era stato incaricato di

tenere tale comportamento. Malgrado il carattere ultra vires della condotta tenuta dal

poliziotto, la Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Panama ha ritenuto che il

Governo statunitense dovesse rispondere in ambito internazionale per il fatto illecito

commesso da un proprio organo dal momento che quest’ultimo aveva agito nell’esercizio

delle proprie funzioni218.

Venendo agli anni successivi alla seconda guerra mondiale, merita ricordare che la

Commissione di conciliazione franco–italiana, istituita in virtù dell’articolo 83 del Trattato di

pace del 1947, si è occupata della questione della responsabilità internazionale di uno Stato

per fatti illeciti ultra vires di organi statali nelle decisioni rese il 17 gennaio 1953 nel caso

Différend Dame Mossé219 e il 5 luglio 1954 nel caso Différend Joseph Ousset220.

Il primo caso riguardava la illecita confisca di beni di una cittadina francese compiuta nel

1944 da due agenti di polizia della Repubblica di Salò. Il Governo italiano sostenne che si

trattasse “d’un vulgaire pillage” compiuto da alcuni funzionari nella loro capacità privata e

che, pertanto, non fosse tenuto a risponderne in ambito internazionale221.

Dopo aver rigettato la tesi italiana, la Commissione di conciliazione ha ritenuto che la

condotta fosse stata tenuta intra vires ed ha poi aggiunto che la circostanza che gli organi

avessero agito al di fuori dei limiti regolamentari della competenza non doveva comunque

portare a dedurre che il reclamo non avesse alcun fondamento:

217 Guillermo Colunje (Panama) v. United States, Reports of the International Arbitral Awards, vol. VI, pp. 342–344.218 “For this act of a police agent in the performance of his functions, the United States of America should be held liable”. Ibid., p. 534.219 Reports of International Arbitral Awards, vol. XIII, pp. 486–495.220 Reports of International Arbitral Awards, vol. XVIII, pp. 258-270.221 Ibid., p. 489.

82

Page 84: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“…si même on devait admettre qu’Albertini et les fonctionnaires qui

l’accompagnaient avaient agi…en dehors des limites réglementaires de

compétence de leur service, on ne devrait pas déduire de cela, sans plus, que la

demande n’est pas fondée. Il faudrait encore examiner une question de droit,

…. A savoir si, dans l’ordre international, la responsabilité de l’Etat doit être

admise pour les actes accomplis par les fonctionnaire dans les limites

apparentes de leurs fonctions, selon une ligne de conduite qui n’était pas

entièrement opposée aux directives reçues”222.

L’enunciazione da parte della Commissione della esigenza di considerare se

nell’ordinamento internazionale uno Stato è responsabile dei comportamenti adottati dai

propri organi nei limiti apparenti della funzione, secondo una linea di condotta non

totalmente opposta rispetto alle istruzioni ricevute, sembra significativa circa l’orientamento

favorevole alla responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei suoi

organi223.

Dalla sentenza nell’affare Dame Mossé sembra plausibile dedurre che nel caso in cui un

organo statale appaia agire nella sua qualità ufficiale agli occhi di un terzo, risulta irrilevante

ai fini dell’attribuzione di condotte l’effettivo rispetto della competenza dal momento che

sarebbe eccessivamente oneroso richiedere a quest’ultimo di verificare se il rappresentante

dello Stato abbia effettivamente agito in linea con le disposizioni del diritto interno oppure

con le istruzioni lui impartite. Il corollario della condizione attributiva dell’apparenza della

funzione risiede nell’impossibilità di considerare le condotte ultra vires degli organi dei fatti

dello Stato nell’eventualità in cui l’incompetenza degli organi è a tal punto manifesta da

risultare incontrovertibile agli occhi dei terzi.

Ne deriverebbe che lo Stato non è tenuto a rispondere nell’ordinamento internazionale

dei fatti dei propri organi sia nel caso in cui adottino dei comportamenti totalmente privi di

legame rispetto alle funzioni loro assegnate, vale a dire nel caso in cui agiscano nella loro

capacità privata, sia nel caso in cui tengano una condotta totalmente estranea alla propria

competenza, pur agendo nell’esercizio delle funzioni.

La medesima Commissione, nella sentenza resa nel caso Différend Joseph Ousset del 5

luglio 1954, ha ritenuto che il Governo italiano fosse tenuto a rispondere nell’ordinamento

internazionale del comportamento di un proprio organo che aveva agito ultra vires, dal

momento che:

222 Ibid., p. 494.223 Così anche AGO, Quatrième rapport, cit., p. 84, par. 42.

83

Page 85: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“si celui-ci (de Bernardis) outrepassa son mandat de contrôle, le

Gouvernement italien doit en être rendu responsable, car c’est lui qui avait

nommé le sieur Bernardis, et il aurait dû le surveiller”224.

Sebbene la condotta oggettivamente considerata abbia i caratteri di un fatto dello Stato

contrario al diritto internazionale, il modo in cui è stato posto in essere impedirebbe di

considerarlo ad esso attribuibile. Lo Stato ne dovrebbe però comunque rispondere sul piano

internazionale in virtù del concetto di culpa in eligendo, ovvero per aver affidato l’esercizio

di determinate funzioni pubbliche ad un individuo o ente assolutamente inidoneo a tale

scopo.

10. Il parere reso dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Certaines dépenses des

Nations Unies

Nel periodo considerato, la Corte permanente di giustizia Internazionale e la Corte di

giustizia internazionale non hanno mai avuto l’occasione di pronunciarsi specificatamente

sulla questione della responsabilità internazionale dello Stato per gli illeciti commessi ultra

vires dai propri organi.

La questione della possibilità di attribuire allo Stato i comportamenti adottati dai suoi

organi nel mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno o delle istruzioni ricevute era

stata sollevata dalle parti di fronte alla Corte permanente di giustizia Internazionale (1937)

nel caso Borchgrave ed alla Corte internazionale di giustizia (1959) nel caso relativo

all’incidente aereo del 27 luglio 1955, ma in entrambi i casi non vi è stata l’opportunità per la

Corte di pronunciarsi nel merito225.

Si può tuttavia ricordare che la Corte internazionale di giustizia ha fatto riferimento alla

questione del rilievo da riconoscere agli atti ultra vires nell’ambito del parere consultivo reso

il 20 luglio 1962 nel caso Certaines dépenses des Nations Unies226.

Con l’adozione della risoluzione n. 1731 (XVI) del 1961, l’Assemblea Generale delle

Nazioni Unite aveva richiesto alla Corte Internazionale di Giustizia di determinare se alcune

spese, precedentemente autorizzate dalla stessa Assemblea Generale per finanziare le

operazioni delle Nazioni Unite in Congo e la Forza d’urgenza delle Nazioni Unite in Medio

224 Reports of International Arbitral Awards, vol. XIII, pp. 258–270.225 Vedi supra, p. 69 ss.226 Certaines dépenses des Nations Unies, Avis consultatif du 20 juillet 1962, C.I.G. Recueil, 1962, pp. 151–180.

84

Page 86: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Oriente, potessero essere considerate delle spese dell’organizzazione alla luce dell’art. 17

par. 2 della Carta delle Nazioni Unite227.

La Corte ha rilevato che, al fine di determinare se tali spese fossero effettivamente delle

spese dell’organizzazione ai sensi del suddetto articolo, era necessario considerarle in

rapporto ai fini delle Nazioni Unite: soltanto una spesa in linea con i fini dell’organizzazione

poteva dirsi propria delle Nazioni Unite. La Corte ha inoltre sottolineato che, se una

determinata condotta rilevante nell’ambito delle funzioni dell’organizzazione veniva tenuta

da un organo non competente a farlo, non ne derivava necessariamente che la spesa

sostenuta non fosse una spesa dell’organizzazione visto che:

“le droit national comme le droit international envisagent des cas où une

personne morale, ou un corps politique, peut être lié envers les tiers par l’acte

ultra vires d’un agent”228.

È tuttavia opportuno sottolineare che in tale circostanza la Corte internazionale di

giustizia non ha fatto esplicito riferimento ad un caso di responsabilità internazionale per

fatto illecito.

La Corte non ha infatti espressamente affermato che uno Stato è tenuto a rispondere

nell’ordinamento internazionale dei comportamenti illeciti adottati ultra vires dai propri

organi, bensì ha ricordato il principio generale in base a cui l’irregolarità di una condotta di

un agente può in alcuni casi non inficiare gli obblighi assunti da parte di un soggetto nei

confronti dei terzi.

Sezione III.

LA QUESTIONE DELLA RESPONSABILITÀ DELLO STATO PER FATTI ILLECITI ULTRA VIRES NEI

LAVORI DI CODIFICAZIONE INTRAPRESI TRA IL 1926 ED IL 1930

SOTTO L’EGIDA DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI

1. Il rapporto del Sottocomitato del Comitato di esperti

Nella lista di argomenti di diritto internazionale da sottoporre a codificazione stilata da

un Comitato di esperti in seno alla Società delle Nazioni figurava anche la responsabilità

227 Yearbook of the United Nations 1961, pp. 510–511 e pp. 569 –572.228 Ibid., pp. 473–477, spec. p. 474.

85

Page 87: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

internazionale degli Stati per danni causati sul proprio territorio alla persona o ai beni di

stranieri, il cui studio venne demandato ad un sottocomitato composto da Gustavo Guerrero

e Wang Hui-Chang229. Alla luce della rilevanza che tali lavori hanno assunto con riferimento

alla codificazione del principio della responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti

ultra vires dei propri organi, si è ritenuto opportuno separare la sua trattazione dalle

ulteriori prese di posizione assunte dagli Stati nel medesimo lasso temporale e di dedicarvi

un’apposita sezione. Il problema di sapere se uno Stato sia tenuto a rispondere a livello

internazionale dei fatti illeciti ultra vires dei propri organi è stato difatti per la prima volta

impostato nel senso di accertare se possono essere riferiti allo Stato sul piano

internazionale.

Il principio dell’impossibilità di riferire allo Stato in ambito internazionale le condotte

tenute ultra vires dagli organi statali è stato inizialmente accolto nel rapporto redatto dal

suddetto sottocomitato nel 1926. Vi si legge:

“if the act of the official is accomplished outside the scope of his

competence, that is to say, if he has exceeded its powers, we are then

confronted with an act which, juridically speaking, is not an act of the State. It

may be illegal, but, from the point of view of international law, the offence

cannot be imputed to the State…”230.

Mentre riconosceva che lo Stato era tenuto a rispondere in ambito internazionale dei

comportamenti adottati dai propri organi nel rispetto delle competenze, Guerrero

considerava che le condotte ultra vires dovevano essere assimilate a quelle dei privati, in

quanto il mancato rispetto dell’ordinamento giuridico dello Stato nel corso dell’esercizio

delle funzioni implicava che gli organi non erano in grado di riflettere la volontà statale231.

Richiamandosi al principio della rilevanza esclusiva del diritto interno al fine di determinare

l’organizzazione dello Stato, Guerrero limitava fortemente il numero delle ipotesi in cui una

condotta era attribuita allo Stato. Potevano riconoscersi come propri dello Stato soltanto i

comportamenti di individui che godevano della qualità organica in base al diritto interno e

229 Si veda supra, p. 13 ss. Con riferimento alla questione della responsabilità dello Stato per I fatti illeciti ultra vires, sembra inoltre opportuno puntualizzare che il rapporto è stato materialmente redatto dal solo membro Guerrero.230 Report of the Sub-Committee , riprodotto in lingua inglese in ROSENNE, League of Nations, Committee of Experts for the Progressive Codification of International Law (1925-1928), vol. 2, Documents, p. 123.231 “…the act of the official, accomplished within the limit of his competence, is, from the point of view of international law, an act of the State, because it constitutes an application of the national law…”. Ibid., p. 123.

86

Page 88: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

che avevano agito nel rispetto delle competenze loro attribuite in base a tale

ordinamento232.

Non essendo considerato un fatto statale in ambito internazionale, un comportamento

ultra vires di un organo poteva essere l’occasione del sorgere della responsabilità

internazionale dello Stato soltanto per fatto o omissione propri, cioè nella circostanza in cui

altri organi non assumevano una condotta di prevenzione e repressione imposta dal diritto

internazionale233.

La tesi sostenuta da Guerrero si avvicinava alla posizione assunta da alcuni Stati

dell’America Latina nei precedenti decenni, secondo la quale, in linea con quanto previsto

dall’ordinamento interno, lo Stato non è tenuto a rispondere in ambito internazionale dei

fatti ultra vires dei propri organi.

Sulla base delle medesime premesse teoriche, anche nel rapporto del Sottocomitato si

affermava che possono essere considerati fatti dello Stato in ambito internazionale soltanto

quelle condotte che sono state ad esso attribuite in virtù di norme interne234.

2. Le risposte degli Stati ai punti V, n. 2 b) e 2 c) del questionario redatto dal Comitato di

esperti

Sulla base del rapporto del Sottocomitato, il Comitato di esperti ha elaborato un

questionario che è stato sottoposto all’esame degli Stati membri della Società delle Nazioni

al fine di valutare se la materia potesse tornare oggetto di una convenzione internazionale.

Il problema della responsabilità internazionale dello Stato per le condotte ultra vires dei

propri organi è stata inserito al punto V, N° 2 b) e N° 2 c) del questionario.

Il quesito era così formulato:

232 Guerrero ha sostenuto tale opinione anche in La codification du droit international, La Première Conférence (La Haye, 13 mars – 12 avril 1930), pubblicazioni della Revue générale de droit international public, n. 2, Paris, 1930. Vi si legge: “…an irregularity on the part of an official is an individual act, which is not willed by the State and may even be the result of malice on the part of the official…Act of private persons and acts of officials who exceeded their powers are alike private acts…”. Ibid., p. 109. Guerrero ha fortemente difeso la sua tesi durante il dibattito relativo alla base di discussione N° 13. Vedi infra, p. 97.233 Ibid., p. 124. Sostenitore di una definizione restrittiva di diniego di giustizia, Guerrero sosteneva che questo si limitasse al solo rifiuto di permettere ad uno straniero di far valere i suoi diritti. Ibid., p. 126 e p. 130.234 Per una critica alla tesi sostenuta da Guerrero si veda BORCHARD, Responsibility of States, cit., pp. 743–744; MERON, op. cit., p. 92; PRZETACZNIK, op. cit., p. 139. Le conclusioni del Sottocomitato sono state espressamente rigettate nella sentenza resa nel caso Caire, citata supra, p. 76 ss.

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Page 89: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“La responsabilité de l’Etat se trouve-t-elle engagée dans les cas suivants et,

dans l’affirmative, quel est le fondement de l’obligation: Actes ou omissions de

fonctionnaires:

(….)

b) Actes accomplis par des fonctionnaires sur le territoire national en

s’autorisant de leur qualité officielle (actes de fonction) mais en dehors de leur

compétence?235

c) Actes accomplis en pays étranger par des fonctionnaires tels que des

agents diplomatiques ou des consuls, agissant dans les limites apparentes de

leur fonctions, mais en les dépassant réellement? ”236.

2.1 Le risposte negative

Gli unici Governi che hanno risposto negativamente al punto V, N° 2 b) della richiesta di

informazioni, assimilando la condotta ultra vires tenuta dagli organi statali al

comportamento di un privato, sono stati quelli ungherese, norvegese e polacco.

Il Governo polacco ha affermato che il fatto illecito ultra vires tenuto da un organo nella

sua qualità ufficiale non può essere considerato “une activité d’Etat comme personne

juridique”237, pertanto la responsabilità internazionale dello Stato può in tal caso sorgere

esclusivamente in caso di mancato rispetto da parte di altri organi di un obbligo di

prevenzione o repressione del comportamento illecito oppure per diniego di giustizia238. Per

quanto concerne invece il punto V, N° 2 c), il Governo polacco ha sostenuto che devono

essere considerati attribuibili allo Stato tutti i comportamenti dei propri agenti diplomatici,

ma non le condotte ultra vires tenute dagli altri suoi funzionari all’estero239.

Anche il Governo norvegese ha sostenuto che lo Stato debba considerarsi responsabile

degli illeciti ultra vires soltanto nel caso di illeciti commessi dai propri rappresentanti

all’estero, negando invece tale possibilità per quelli compiuti da propri organi sul territorio

nazionale.

Il Governo ungherese ha fornito una risposta negativa al quesito posto dal questionario,

ritenendo non attribuibili allo Stato come soggetto internazionale tutti i fatti illeciti degli

235 SdN, Bases de discussion, cit., p. 74.236 Ibid., p. 78.237 SdN, Bases de discussion, cit., p. 77.238 Il Governo polacco si è esplicitamente riferito alla quarta conclusione del rapporto del sottocomitato, affermando che “L’admission de la responsabilité pourrait survenir dans des cas exceptionnels, prévus au point 4 des thèses du Comité d’expert….”. Ibid., p. 77.239 SdN, ibid., p. 81.

88

Page 90: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

organi statali indipendentemente dal rispetto delle disposizioni di diritto interno in tema di

competenza:

“Il est vrai qu’il existe également dans le droit international l’opinion que les

actes des personnes autorisées à représenter l’Etat (par exemple, ses

représentants à l’étranger) peuvent directement établir la responsabilité

internationale des Etats…Toutefois, cette opinion n’est pas encore

généralement reconnue dans la pratique internationale"240.

2.2 Le risposte positive

La maggioranza degli Stati ha invece risposto positivamente ad entrambi i quesiti posti

nel questionario. Molti hanno difatti risposto positivamente al quesito formulato dal punto

V, N° 2b), rigettando le conclusioni formulate dal Sottocomitato241, ed hanno fornito una

risposta analoga anche con riferimento al punto V, N° 2c)242.

È curioso notare che il Sottocomitato ha redatto la domanda nel punto V, N° 2b) in

maniera differente rispetto a quella relativa al punto V, N° 2 c). Solamente con riferimento a

questo ultimo punto viene fatta menzione della possibilità di attribuire allo Stato i

comportamenti adottati da un organo che, nonostante l’effettivo superamento dei limiti

delle proprie funzioni, appaiono come tenuti nel rispetto della competenza. È

probabilmente per tale ragione che numerosi Governi hanno fatto menzione di tale criterio

nel riconoscere il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali.

Ad esempio, secondo il Governo austriaco:

“l’Etat est directement responsable des dommages causés à des étrangers

par des actes contraires au droit des gens et effectués par ses organes

effectivement ou apparemment dans l’accomplissement de leurs devoirs”243.

240 Ibid., p. 83.241 I Governi di dodici Stati si sono esplicitamente espressi in senso favorevole a tale quesito: Africa del Sud, Bases de discussion, p. 74; Australia, ibid.; Austria, ibid., p. 75; Belgio, ibid.; Finlandia, ibid., p. 76; Gran Bretagna, ibid.; India, ibid.; Giappone, ibid.; Nuova Zelanda, ibid., p. 77; Paesi Bassi, ibid.; Canada, ibid., supplement au tome III, p. 3; Germania, ibid., pp. 168-169.242 SdN, Bases de discussion, pp. 78-81. Il Governo norvegese ha invece ammesso, come abbiamo visto, che lo Stato è tenuto a rispondere in ambito internazionale dei comportamenti ultra vires dei propri organi all’estero, ibid., p. 81.243 SdN, Bases de discussion, p. 75. Il Governo austriaco ha presentato delle osservazioni simili anche con riferimento al punto V, N° 2a), SdN, ibid., p. 71.

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Page 91: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Alla luce di tale risposta, possono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto

internazionale le sole condotte ultra vires di un organo che appaiono ai terzi come tenute

nella propria qualità ufficiale. La condizione attributiva dell’apparenza della funzione sembra

dare grande rilievo alla prospettiva della vittima che, al momento del compimento del fatto

illecito, può avere commesso in buona fede un plausibile errore di apprezzamento.

Nonostante il superamento dei limiti delle funzioni, le condotte dell’organo appaiono ai terzi

come tenute nel rispetto della competenza. Nel paragrafo successivo il Governo austriaco ha

espresso il logico corollario del criterio attributivo dell’apparenza della funzione, sostenendo

che lo Stato non è invece tenuto a rispondere in ambito internazionale dei fatti dei propri

organi nel caso in cui, pur avendo agito in qualità ufficiale, hanno tenuto una condotta al di

fuori delle proprie competenze in maniera manifesta244.

Mentre alcuni Governi sembrano aver implicitamente appoggiato la condizione

attributiva dell’apparenza della funzione semplicemente rispondendo in maniera

affermativa alla domanda posta al punto V, n°2c)245, i Governi dell’Australia246, del Belgio247,

della Gran Bretagna248 e del Giappone249 hanno fatto esplicito riferimento alla condizione

attributiva dell’apparenza della funzione riprendendo fedelmente la formula proposta dal

Sottocomitato con riferimento al punto V, N° 2 c). I Governi della Bulgaria, della Danimarca,

della Cecoslovacchia e degli Stati Uniti non hanno invece preso chiaramente posizione con

riferimento a tale questione250.

3. La base di discussione N° 13 elaborata dal Comitato preparatorio della Conferenza per la codificazione progressiva del diritto internazionale e le posizioni degli Stati nella Conferenza

Dall’analisi delle risposte fornite dai Governi, il Comitato preparatorio ha desunto che la

maggioranza degli Stati era favorevole al principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra

vires tenuti dai propri organi in virtù dell’esigenza di garantire la sicurezza delle relazioni

internazionali. Se lo Stato non fosse stato ritenuto responsabile nell’ordinamento

internazionale delle condotte illecite tenute dagli organi (nel proprio territorio come

all’estero) nel mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno riguardanti la loro 244 SdN, Bases de discussion, p. 75 e p. 179.245 Così la risposta del Sud Africa, SdN, Bases de discussion, p. 78 e quella fornita dal Governo norvegese, ibid., p. 78.246 SdN, Bases de discussion, p. 78.247 Ibid., p. 78.248 Ibid., p. 80. I Governi dell’India e della Nuova Zelanda si sono associati all’opinione espressa dal Governo britannico.249 Ibid., p. 80.250 SdN, Bases de discussion, p. 75 e p. 78 (Bulgaria), p. 75 e pp. 78-79 (Danimarca), p. 77 e p. 81 (Cecoslovacchia) e SdN, ibid., supplément au tome III, pp. 16-17 (Stati Uniti).

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Page 92: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

competenza sarebbe stato eccessivamente limitato l’intero regime della responsabilità

internazionale251.

Sulla base delle risposte fornite dagli Stati al punto V, N° 2b), il Comitato preparatorio ha

redatto la base di discussione N° 13 che è stata successivamente presa in considerazione nel

corso della Conferenza per la codificazione del diritto internazionale del 1930. Il testo di tale

base di discussione era il seguente:

“La responsabilité de l’Etat se trouve engagée si le dommage subi par un

étranger résulte d’actes accomplis par ses fonctionnaires, même en dehors de

leur compétence, mais en s’autorisant le leur qualité officielle, lorsque ces actes

sont contraires aux obligations internationales de l’Etat”252.

Prendendo atto delle osservazioni formulate dagli Stati con riferimento al punto V, N° 2

c) della richiesta di informazioni, il Comitato preparatorio ha invece indicato che è

sufficiente che un agente diplomatico o consolare adotti un comportamento che rientri

“dans les limites apparentes des fonctions” affinché lo Stato sia tenuto a risponderne sul

piano internazionale253. Alla luce di tali risposte ha poi redatto la base di discussione n° 14,

che però non è stata esaminata per mancanza di tempo. Tale base di discussione prevedeva

che:

“Les actes accomplis par les fonctionnaires d’un Etat en pays étranger (tels

que les agents diplomatiques ou les consuls) agissant dans les limites

apparentes de leur fonctions sont imputables à cet Etat et peuvent, à ce titre,

engager la responsabilité de celui-ci”254.

251 Osservazioni al punto V, N° 2b), Bases de discussion, p. 78. Sembra interessante notare che in dottrina numerosi autori si sono espressi nello stesso senso. Così JIMÉNEZ DE ARÉCHAGA: “…State responsibility would become illusory since a State official is hardly instructed or authorized to commit wrongful acts..”, in International Law in the Past Third of a Century, cit., p. 277; CONDORELLI: “…si une telle excuse devait être admise, ceci reviendrait pratiquement à abolir le régime de la responsabilité internationale tout entier”, op. cit., p. 81; BRIERLY: “Si l’on adoptait cette règle restrictive, la responsabilité de l’Etat serait grandement limitée, car, dans la plupart des cas où un dommage est causé à un étranger par l’action d’un fonctionnaire, on trouvera que celui-ci a agi contrairement aux lois de l’Etat auquel il appartient et, par conséquent, en dehors de sa propre compétence ou autorité”, in Règles générales du droit de la paix, p. 172.252 SdN, Actes de la Conférence, cit., Allegato 1, p. 198.253 Ibid., p. 82.254 SdN, ibid., p. 198.

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Proprio a causa delle importanti divergenze sorte in seno alla Terza Commissione con

riferimento a tale base di discussione, il delegato italiano ha proposto di sospendere il

dibattito e di trattare l’annosa questione in una ulteriore conferenza255.

3.1 Le posizioni critiche rispetto all’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires

Nel corso del dibattito in seno alla Conferenza per la codificazione del diritto

internazionale alcuni Stati hanno proposto di eliminare la base di discussione n° 13. Tale

proposta è stata avanzata ad esempio dal delegato del Governo messicano, Suarez, il quale

aveva anticipato la tesi dell’impossibilità di attribuire allo Stato i comportamenti adottati dai

propri organi ultra vires già nel dibattito relativo alla base di discussione n° 12 riguardante la

responsabilità dello Stato per le condotte tenute entro i limiti della competenza256.

Il delegato egiziano, Badawi Pacha, si è egualmente espresso a favore dell’eliminazione di

tale base di discussione in ragione della mancanza di una distinzione tra organi subordinati e

superiori ai fini dell’attribuzione di fatti allo Stato. A suo parere soltanto gli organi superiori

sarebbero stati in grado di esprimere la volontà statale: pertanto tutti i loro comportamenti

potevano essere considerati fatti statali nell’ordinamento internazionale

indipendentemente dal rispetto dei limiti della competenza stabiliti dal diritto interno:

“Dans ce domaine, on ne peut pas se détacher de l’idée, qu’on doit

considérer que l’organe officiel qui engage la responsabilité de l’Etat

internationalement, doit être capable d’exprimer la volonté de l’Etat….Mais

tandis que j’admets sans difficulté qu’un fonctionnaire supérieur exprime la

volonté de l’Etat, j’ai les plus grandes difficultés à considérer de même les

fonctionnaires subalternes”257.

Il delegato rumeno, Sipsom, ha invece giustificato la sua proposta di eliminazione della

base di discussione in virtù del fatto che l’organo incompetente non può per definizione

rappresentare lo Stato e pertanto i comportamenti di un organo che contravviene alle

disposizioni di diritto interno in tema di competenza devono essere assimilati a quelli di

semplici privati, non essendo in grado di esprimere validamente la volontà statale:

255 SdN, Actes de la Conférence, cit., p. 88.256 SdN, Actes de la Conférence, cit., pp. 82-83. Questa presa di posizione riflette le argomentazioni che il Governo messicano ha tentato di far valere in occasione di varie controversie. Si vedano ad esempio i casi Caire e Youmans, supra, p. 74 ss.257 Ibid., p. 97.

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Page 94: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“L’incompétent par définition ne représente pas l’Etat dans une telle

manifestation; ce n’est pas en tant que délégué ou représentant de l’Etat qu’il

commet cet acte. Donc, ne représentant pas l’Etat, il ne peut pas l’engager et

ne peut le rendre responsable de l’Inexécution d’une obligation internationale

qu’il n’a pas la charge de remplir. Qu’est le fonctionnaire incompétent au

regard d’un tel acte? Un simple particulier…je crois devoir me rallier à l’opinion

de ceux qui demandent la suppression de la base de discussion N° 13, ce qui

impliquera que, dans le cas d’incompétence, l’Etat n’est pas responsable”258.

Le proposte di soppressione della base di discussione N°13 si fondavano sull’idea che un

organo statale che non è in grado di esprimere validamente la volontà dello Stato non può

con la propria condotta far sorgere la sua responsabilità internazionale. Mentre per il

Governo egiziano solo gli organi superiori che agivano ex qualitate erano in grado di

rappresentare validamente la volontà statale, indipendentemente dalla qualificazione del

comportamento tenuto come ultra vires o meno, per il Governo rumeno invece, spettando

al diritto interno regolare l’attribuzione di un comportamento dell’individuo-organo allo

Stato, è proprio l’aver agito ultra vires a renderlo un puro atto individuale.

Nel corso del dibattito Gustavo Guerrero, in qualità di delegato del Salvador, ha

continuato a sostenere la tesi da lui espressa nel rapporto del Sottocomitato e ha proposto

di sostituire il testo della base di discussione n° 13 con uno nuovo in cui veniva enunciata

l’impossibilità di riconoscere lo Stato responsabile per i comportamenti illeciti tenuti dagli

organi ultra vires:

“La responsabilité de l’Etat ne se trouve pas engagée si le dommage subi par

un étranger résulte d’actes accomplis par ses fonctionnaires en dehors de leur

compétence même en s’autorisant de leur qualité officielle ”259.

Le proposte di eliminazione della base di discussione n° 13, una volta messe ai voti in

seno alla Terza Commissione, sono state rigettate dalla maggioranza degli Stati e Guerrero

ha ritirato il testo da lui proposto260.

258 SdN, Actes, pp. 99-100. Riprendendo una comparazione fatta da Guerrero durante il dibattito, il delegato rumeno ha sostenuto che, nel caso in cui uno Stato fosse chiamato a rispondere internazionalmente delle condotte ultra vires dei propri organi, esso diverrebbe una sorta di enorme compagnia assicurativa chiamata a risarcire tutti i danni subiti dagli stranieri per mano sia dei propri organi che dei privati. Ibid., p. 99.259 Ibid., p. 88.260 SdN, ibid., p. 102.

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3.2 L’orientamento favorevole al principio dell’attribuzione dei fatti ultra vires

accolto nella base di discussione N° 13

Il principio dell’attribuzione allo Stato delle condotte tenute ex officio dai propri organi in

violazione delle istruzioni ricevute, della propria competenza secondo il diritto interno o

comunque in violazione del diritto interno è stato accolto dalla maggioranza degli Stati al

termine di un acceso dibattito in seno alla terza Commissione della Conferenza di

Codificazione261. Tra le delegazioni che hanno approvato la base di discussione N° 13,

numerose hanno motivato la loro opinione.

Il delegato del Sud Africa, ad esempio, ha sostenuto che lo Stato è tenuto a rispondere in

ambito internazionale dei fatti illeciti ultra vires dei propri organi in ragione di un suo

mancato opportuno controllo sul loro operato. Il fondamento del riconoscimento di tali

comportamenti come fatti statali risiede in un omesso controllo da parte di altri organi, che

ha avuto l’effetto di far partecipare lo Stato alla commissione dell’illecito. In un

emendamento proposto con riferimento alla base di discussione n° 13, il delegato

sudafricano ha avuto modo di precisare che la responsabilità internazionale dello Stato per

comportamenti ultra vires può sorgere solo se esso, pur possedendo i mezzi per poter

impedire la sua adozione, non ha mostrato un livello di diligenza congruo ad uno Stato

civilizzato262.

La teoria appena esposta si differenzia da quella secondo cui può sorgere la

responsabilità internazionale dello Stato all’occasione di una condotta ultra vires di un

proprio organo in base alla mancata prevenzione o repressione del fatto illecito oppure per

diniego di giustizia, in quanto considera comunque un tale comportamento un fatto dello

Stato.

Guerrero ha fortemente criticato la tesi sostenuta dal delegato sud africano in quanto a

suo parere, nonostante lo Stato abbia l’obbligo di vigilare sul buon funzionamento della

261 Alcuni Stati hanno sostenuto il principio enunciato dalla base di discussione N° 13 senza però motivare la loro posizione. Tra gli altri si veda la Germania, ibid., p. 87; gli Stati Uniti, loc. cit.; l’Italia, ibid., p. 88; il Portogallo, ibid., p. 93; la Svizzera, ibid., pp. 94-95; i Paesi Bassi, ibid., pp. 97-98; la Gran Bretagna, ibid., p. 100; la Grecia, ibid., p. 225; la Spagna, ibid., p. 217.262 Secondo la delegazione del Sud Africa, la responsabilità internazionale di uno Stato può sorgere “si l’Etat avait le moyen d’empêcher l’abus de pouvoir en montrant, dans la direction de ses services et le contrôle de ses fonctionnaires, la diligence que, compte tenu des circonstances, on pouvait attendre d’un Etat civilisé”, “Observations et propositions”, cit., pp. 202–203.

94

Page 96: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

propria organizzazione interna, esso non è tenuto a rispondere sul piano internazionale dei

comportamenti ultra vires dei propri organi dal momento che non sono in grado di

rappresentare validamente la volontà statale. La responsabilità internazionale potrebbe

pertanto sorgere in occasione di una tale condotta soltanto se ulteriori organi omettessero

di punire coloro che avevano tenuto il comportamento in ragione dell’assenza di una

legislazione adeguata o di una mancata diligenza da parte della autorità. Il fatto attribuibile

allo Stato e fonte della sua responsabilità internazionale non sarebbe quindi la condotta

ultra vires, bensì il comportamento illecito tenuto in sua occasione da parte di ulteriori

organi statali263.

Il delegato dell’India ha invece affermato la responsabilità internazionale dello Stato per

comportamenti ultra vires dei propri organi in virtù della teoria del rischio statale264. Sulla

base dell’assunto che i danni derivanti da un’imperfezione del sistema governativo devono

essere supportati dall’intera comunità anziché da singoli individui, egli arrivava a riconoscere

un obbligo per lo Stato di rispondere nell’ordinamento internazionale delle condotte ultra

vires dei propri organi derivanti da carenze della sua organizzazione interna265.

De Visscher, in qualità di delegato del Belgio, ha sostenuto che il comportamento di un

organo che ha ecceduto la propria competenza non può essere considerato un fatto dello

Stato. Partendo da tale assunto, egli però giungeva ad ammettere che lo Stato è tenuto a

riparare i danni commessi da un proprio organo sulla base del legame intercorrente tra

l’organo responsabile e lo Stato che lo ha istituito, indipendentemente dalla circostanza che

questo abbia agito nel rispetto della propria competenza.

Il fondamento della responsabilità internazionale dello Stato per comportamenti ultra

vires dei propri organi risiederebbe a suo parere nella esigenza di garantire la sicurezza delle

relazioni internazionali che diverrebbe del tutto illusoria nel caso in cui uno Stato potesse

sottrarsi alla sua responsabilità internazionale facendo valere il mancato rispetto da parte

dell’organo delle disposizioni di diritto interno266.

La responsabilità internazionale dello Stato fondata sulla sicurezza delle relazioni

internazionali ha una natura prettamente oggettiva, “fondée sur le seul rapport de causalité

entre l’activité d’un Etat et le fait contraire au droit international”267.

263 GUERRERO, La codification du droit international, cit., pp. 112-113.264 Per un approfondimento della teoria del rischio statale si veda VON MÜNCH, op. cit., p. 173; GIERKE, Die Genossenschaftsttheorie und die deutsche Rechtsprechung, Berlin, 1887, pp. 743 – 809; BORCHARD, Responsibility of States, cit., p. 519.265 SdN, Actes de la Conférence, cit., pp. 93-94266 SdN, Actes de la Conférence, cit., pp. 98 – 99. Si veda anche DE VISSCHER, La responsabilité des Etats, cit., p. 92.267 Ibid., p. 92.

95

Page 97: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Ricordando che uno straniero non è tenuto a conoscere “exactement les limites de la

compétence du fonctionnaire”, il delegato svizzero, Dinichert, ha affermato che lo Stato è

tenuto a rispondere sul piano internazionale delle condotte dei propri organi “aussi

longtemps que l’incompétence n’apparaît pas d’une manière manifeste”268. Dopo aver poi

sostenuto che la responsabilità internazionale dello Stato deve essere ammessa con

riferimento alle condotte illecite tenute dai propri organi nel quadro apparente delle loro

funzioni, il delegato svizzero ha fatto allusione anche alla base di discussione N° 14,

affermando che i medesimi principi dovevano essere ammessi senza alcuna distinzione sia

con riferimento ai funzionari sul suolo nazionale sia ai diplomatici o consoli all’estero269.

Nonostante il diritto interno francese non prevedesse la responsabilità dello Stato per i

comportamenti irregolari dei propri organi, il delegato della Francia ha invece sostenuto che

lo Stato deve rispondere nell’ordinamento internazionale dei loro fatti illeciti ultra vires in

virtù della circostanza che gli stranieri non hanno la possibilità di partecipare

all’organizzazione interna dello Stato e non devono pertanto essere chiamati a subire le

conseguenze di comportamenti di organi che non hanno scelto270.

Il delegato del Governo francese ha inoltre chiarito che ai fini del sorgere della

responsabilità internazionale di uno Stato per fatto illecito tenuto da un organo al di là delle

proprie competenze è necessario che lo straniero abbia potuto credere che questo stesse

agendo nell’esercizio delle proprie funzioni. Riprendendo la tesi sostenuta dal Governo

svizzero, egli ha affermato che :

“…pour que la responsabilité de l’État soit engagée il faut que l’acte commis

par le fonctionnaire en dehors de sa compétence l’ait été dans des conditions

telles que l’étranger ait pu croire que le fonctionnaire agissait dans l’exercice de

ses fonctions….L’élément essentiel, en pareille matière, c’est la tromperie dont

l’étranger a pu être victime. Il faut que l’étranger, peu au courant des moeurs,

des usages, de l’organisation administrative du pays dans lequel il vit, ait pu

croire que l’agent de l’administration agissait dans l’exercice de ses

fonctions”271.

268 SdN, Actes de la Conférence, cit., p. 95.269 SdN, ibid., p. 94 e p. 234.270 SdN, Actes de la Conférence, cit., p. 96. La teoria della mancata partecipazione dello straniero all’organizzazione interna dello Stato al fine di non ammetterne la responsabilità internazionale per fatti illeciti ultra vires dei propri organi è stata fortemente criticata da Guerrero. A suo parere se tale teoria fosse stata riconosciuta come valida si sarebbe potuti giungere a sostenere che uno straniero non è tenuto a rispettare le leggi di uno Stato in quanto non ha preso parte alla sua elaborazione. GUERRERO, La codification du droit international, Paris, Pedone, 1930, pp. 114 -115.271 SdN, Actes de la Conférence, cit., p. 97. I delegati del Belgio e dell’Italia hanno egualmente approvato la presa di posizione della Svizzera. Si veda SdN, ibid., pp. 98-99 e p. 101.

96

Page 98: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Potrebbero quindi essere attribuiti allo Stato soltanto quei comportamenti adottati da un

organo che, nonostante l’effettivo superamento dei limiti delle proprie funzioni, appaiono ai

terzi come tenuti nel rispetto della competenza. La condizione attributiva dell’apparenza

della funzione finirebbe per dare rilievo al punto di vista della vittima, che, al momento del

compimento del fatto illecito, ha commesso in buona fede un errore di apprezzamento. Il

corollario di tale criterio risiede quindi nell’impossibilità di considerare come fatti dello Stato

nell’ordinamento internazionale i comportamenti illeciti adottati dai propri organi nel caso

in cui la vittima avesse potuto rendersi conto della loro effettiva incompetenza.

Il delegato statunitense, pur condividendo la tesi della responsabilità internazionale dello

Stato per le condotte ultra vires dei propri organi, riteneva che la formulazione della base di

discussione N° 13 non fosse del tutto corretta. A suo parere, il criterio risultava

eccessivamente restrittivo là dove stabiliva che uno Stato deve ritenersi internazionalmente

responsabile di un comportamento ultra vires di un proprio organo solo nel caso in cui abbia

effettivamente agito nel quadro generale delle competenze, essendo invece sufficiente a

suo avviso ai fini attributivi che abbia agito ex officio. Allo stesso tempo reputava che lo

Stato non fosse tenuto a rispondere in ambito internazionale delle condotte tenute

dall’organo manifestamente fuori dall’ambito della propria competenza, non esistendo

alcun tipo di legame tra il comportamento e la funzione ufficiale svolta272.

Un altro Stato tra quelli sostanzialmente favorevoli al principio enunciato nella base di

discussione N° 13, ma che ne ha criticato la formulazione, è stato il Giappone, il cui delegato

ha sottolineato che doveva essere ammessa l’attribuzione di fatti ultra vires allo Stato solo

nell’eventualità in cui l’organo apparisse all’esterno come aver agito nella sua qualità

ufficiale273.

3.3 L’emendamento proposto dalla delegazione svizzera

Pur ammettendo il principio della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti

illeciti ultra vires dei propri organi, alcuni Stati hanno ritenuto che non si trattasse di un

principio assoluto.

Il primo Stato ad aver proposto una limitazione è stato l’Austria nell’ambito della sua

risposta al punto V, N° 2b) della richiesta di informazioni preparata dal Comitato di esperti.

272 SdN, Actes de la Conférence, cit., p. 87.273 SdN, Actes de la Conférence, cit., p. 98.

97

Page 99: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Secondo il Governo austriaco, uno Stato è tenuto a rispondere in ambito internazionale

dei comportamenti illeciti adottati ultra vires dagli organi statali soltanto se almeno in

apparenza hanno agito nell’esercizio delle proprie funzioni. Nel paragrafo successivo, la

medesima idea è stata espressa in forma negativa, per cui viene escluso che uno Stato sia

internazionalmente responsabile delle condotte illecite tenute dai propri organi nel caso in

cui la loro incompetenza risulta manifesta274.

Riprendendo la formula negativa proposta dal Governo austriaco, la delegazione svizzera

ha successivamente presentato alla Terza Commissione un emendamento alla base di

discussione N° 13 che prevedeva di escludere la responsabilità internazionale dello Stato

nell’ipotesi in cui l’incompetenza dell’organo era manifesta o il comportamento da esso

adottato non aveva alcun tipo di rapporto con la sua funzione275.

La motivazione addotta dal Governo svizzero a favore di una tale limitazione del principio

si basa sulla circostanza che uno straniero non ha la possibilità di conoscere gli esatti limiti

della competenza di un organo come stabiliti dal diritto interno. Uno Stato pertanto non

sarà tenuto a rispondere dei comportamenti illeciti dei propri organi nel caso in cui la loro

manifesta incompetenza permetteva allo straniero di sfuggire agli effetti dannosi provocati

dall’abuso di potere del funzionario.

Allo stesso tempo, però, la responsabilità internazionale dello Stato non sorge nei casi in

cui :

“on se trouve en présence d’un fonctionnaire se comportant de telle

manière qu’on puisse dire que, sans aucun doute il ne peut pas agir

conformément aux instructions qu’il doit avoir reçues…à supposer, bien

entendu, que l’incompétence manifeste qui apparaît à l’étranger, permit à cet

étranger, de telle ou de telle manière, d’échapper aux effets dommageables de

l’abus de pouvoir du fonctionnaire”276.

Numerose delegazioni hanno approvato l’emendamento svizzero, ritenendo insufficiente

la base di discussione N°13277. Tra di esse sembra opportuno citare quella del Governo

olandese, il cui delegato ha fatto presente che, ai fini del sorgere della responsabilità

internazionale dello Stato, è necessario prendere in considerazione un elemento soggettivo,

274 SdN, Bases de discussion, cit., p. 75 e p. 179.275 SdN, Actes, cit., p. 94 e p. 234.276 Ibid., p. 95.277 Il delegato del Governo francese ha proposto una differente formulazione dell’emendamento svizzero: “Si son erreur (dell’organo) est si grossière, si manifeste, qu’elle éclate à des yeux tant soit peu avertis, il me paraît constant que la responsablité de l’Etat ne peut être engagée”. Ibid., p. 96.

98

Page 100: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

consistente nel chiedersi se lo straniero aveva realmente la possibilità di rendersi conto

dell’incompetenza dell’organo278.

Anche il delegato del Governo belga, De Visscher, ha ritenuto necessario prevedere una

limitazione al principio della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra

vires dei propri organi: uno straniero può rendersi conto quando un organo agisce

eccedendo la propria competenza in maniera evidente e deve pertanto sopportarne le

conseguenze nel caso in cui abbia cercato di trarne vantaggio279.

Una delegazione che si è invece fermamente opposta all’approvazione

dell’emendamento è stata quella sudafricana, sulla base del fatto che un tale limite al

principio generale avrebbe potuto costituire una scappatoia per gli Stati, i quali avrebbero

potuto in numerosi casi sfruttarla al fine di sfuggire alla propria responsabilità

internazionale280. Considerando il criterio di attribuzione dell’aver agito nella propria qualità

ufficiale eccessivamente restrittivo281, il delegato del Sud Africa ha inoltre proposto un

emendamento che prevedeva che lo Stato deve rispondere nell’ordinamento internazionale

dei comportamenti adottati dai propri organi “in the exercise of official power” e nel caso in

cui manchi al proprio obbligo di sorveglianza e di controllo282. In tale ultima circostanza

naturalmente lo Stato sarebbe comunque internazionalmente responsabile per un fatto o

omissione propri, anche se l’offesa viene materialmente rappresentata da un fatto compiuto

da un individuo-organo nella sua qualità privata.

3.4 L’articolo 8, par. 2, al.1 adottato in prima lettura dalla Terza Commissione

La base di discussione N° 13, come emendata su proposta della Svizzera, è stata

approvata dalla Terza Commissione il 25 marzo 1930 ed è stata successivamente inviata al

Comitato di redazione, il quale ne ha fatto confluire il testo in quello che sarebbe divenuto

l’art. 8, par. 2, del progetto di articoli adottato in prima lettura dalla Terza Commissione

della Conferenza:

278 Il delegato del Governo olandese ha dichiarato di essere disposto ad accettare l’emendamento svizzero a patto che fosse in tal modo modificato: “Dans le cas cependant où un fonctionnaire aurait agi en dehors de sa compétence, la responsabilité de l’Etat ne serait pas engageé au cas où l’étranger aurait dû comprendre que l’incompétence du fonctionnaire était manifeste ou que l’acte commis par lui n’avait aucun rapport avec sa fonction”. Ibid., p. 98.279 Ibid., p. 98.280 Ibid., pp. 98–99.281 Secondo il delegato sudafricano, basandosi soltanto sul criterio attributivo della qualità ufficiale, uno Stato riuscirebbe a sfuggire facilmente alla propria responsabilità internazionale nel caso in cui gli organi, abusando dei mezzi messi loro a disposizione in virtù della funzione svolta, fanno chiaramente sapere alla vittima che stanno tenendo la condotta nella propria qualità privata. Ibid., p. 86.282 Ibid., 86.

99

Page 101: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“La responsabilité internationale de l’Etat se trouve également engagée si le

dommage subi per un étranger résulte d’actes contraires aux obligations

internationales de l’Etat accomplis par ses fonctionnaires en dehors de leur

compétence, mais sous le couvert de leur qualité officielle ”283.

La limitazione al principio generale è stata inserita nel secondo capoverso dell’art. 8, nel

par. 2 e prevede che:

“Toutefois, la responsabilité internationale de l’Etat ne sera pas engagée si

l’incompétence du fonctionnaire était si manifeste que l’étranger devait s’en

rendre compte et pouvait, de ce fait, éviter le dommage”284.

A causa dei numerosi dissensi sorti, la Terza Commissione ha rinunciato a presentare alla

Conferenza delle conclusioni relative alla responsabilità degli Stati per danni causati sul loro

territorio alla persona o ai beni degli stranieri285.

4. Riflessioni conclusive circa l’evoluzione della prassi internazionale

A partire dall’inizio del ventesimo secolo la prassi degli Stati e la giurisprudenza

internazionale hanno progressivamente riconosciuto il principio della responsabilità

internazionale dello Stato per i comportamenti tenuti ex officio dai propri organi in

violazione di istruzioni ricevute, della propria competenza secondo il diritto interno o

comunque in violazione del diritto interno. Tale evoluzione si collega alla considerazione

dell’impossibilità per uno Stato di invocare una disposizione del proprio ordinamento al fine

di sottrarsi alla responsabilità internazionale. Sembrano pertanto ampiamente superate le

tesi che riconoscevano rilevanza esclusiva al diritto interno al fine di determinare

l’attribuzione dell’illecito internazionale allo Stato, secondo cui dovevano ammettersi come

propri dello Stato soltanto i comportamenti adottati intra vires da individui o enti dotati

della qualità organica in base al diritto interno.

283 SdN, Actes de la Conférence, cit., p. 238.284 Ibid., p. 238. Secondo Borchard, tale limitazione è stata inserita soltanto per venire incontro alle esigenze degli Stati che si erano opposti al principio della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi. BORCHARD, Responsibility of States, cit., p. 531.285 L’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires dei propri organi è stata una delle questioni che ha maggiormente ostacolato i lavori di codificazione della Conferenza. Si veda VON MÜNCH, op. cit., p. 174.

100

Page 102: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

È opportuno notare come, anche nella prassi internazionale dei primi anni del ventesimo

secolo, il problema dei fatti illeciti internazionali ultra vires venga ancora posto soltanto nel

senso di accertare se lo Stato sia tenuto a risponderne internazionalmente, piuttosto che

indagare la possibilità di considerarli fatti dello Stato quale soggetto di diritto internazionale.

Il principio della responsabilità dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi

non può comunque definirsi ancora pienamente cristallizzato all’inizio del novecento. Per

quanto concerne le prese di posizione degli Stati, ad esempio, tale principio veniva

generalmente invocato dallo Stato leso, al fine di rivendicare la responsabilità internazionale

dello Stato il cui organo aveva commesso il fatto. Ciò a riprova del fatto che, nella

corrispondenza diplomatica, le considerazioni di stampo giuridico sono spesso legate alle

particolarità del caso di specie e alle ragioni di natura prettamente politica.

Per quanto concerne la giurisprudenza internazionale, le decisioni rese dalle Commissioni

miste dei reclami nell’ambito degli arbitrati venezuelani possono considerarsi una sorta di

“trait d’union” tra la giurisprudenza del diciannovesimo e quella del ventesimo secolo in

quanto, nonostante non venga più prevista un’assimilazione dei fatti illeciti ultra vires degli

organi statali a comportamenti di privati, in alcune circostanze la responsabilità

internazionale dello Stato è fatta dipendere dall’atteggiamento adottato da parte del

Governo rispetto alla condotta illecita non autorizzata, quale ad esempio il suo mancato

esplicito disconoscimento.

Nonostante non si faccia ancora menzione dell’attribuzione di condotte allo Stato, a

partire dalle decisioni rese dalle Commissioni miste dei reclami con riferimento alle

controversie sorte tra la Repubblica del Venezuela e numerosi cittadini stranieri ivi residenti,

si è ammesso che la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei

propri organi sorga non in virtù del fatto che ulteriori organi statali hanno omesso di

adottare le misure idonee a prevenire o reprimere tali comportamenti, bensì alla luce della

circostanza che per il diritto internazionale tali fatti fossero riferibili allo Stato.

Le pronunce più significative, che rappresentano il punto di arrivo dell’evoluzione e

dell’affermazione progressiva del principio della responsabilità dello Stato per le condotte

tenute dagli organi statali pur nel mancato rispetto dei limiti della competenza, sono state

rese a partire dagli anni venti del ventesimo secolo.

Al fine del sorgere della responsabilità internazionale dello Stato per comportamenti

tenuti dai suoi organi ultra vires, è stato ritenuto necessario che questi avessero agito

almeno in apparenza nel rispetto delle competenze previste dal diritto interno oppure si

fossero avvalsi di mezzi messi loro a disposizione in virtù della funzione svolta.

101

Page 103: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Se ne desume che nel caso in cui un organo agisce nella sua qualità ufficiale, il fatto che il

comportamento è stato adottato al di fuori della sua competenza risulta in sé irrilevante ai

fini del sorgere della responsabilità internazionale dello Stato, il quale non è tenuto a

rispondere nell’ordinamento internazionale delle condotte dei propri organi soltanto nel

caso in cui siano prive di una connessione con la funzione ufficiale e siano state quindi

tenute a titolo privato.

Egualmente, nell’ambito dei lavori di codificazione avvenuti sotto l’egida della Società

delle Nazioni, la maggioranza degli Stati ha rigettato la tesi di Guerrero secondo cui le

condotte ultra vires degli organi non potevano essere considerate fatti statali

nell’ordinamento internazionale.

Mentre alcuni Stati hanno reputato che condotte tenute da funzionari nel territorio

nazionale, servendosi della propria qualità ufficiale ma eccedendo i limiti della propria

competenza, dovessero essere assimilati ad atti di privati in quanto non rappresentativi della

volontà statale, la maggioranza ha affermato il principio generale della responsabilità

internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires dei propri organi.

Dal momento che il diritto internazionale impone allo Stato l’obbligo di organizzarsi in

maniera adeguata e di esercitare un controllo sufficiente sull’attività dei propri organi, si

arrivava a concludere che un comportamento illecito non autorizzato da essi tenuto dovesse

comportare la responsabilità internazionale dello Stato in ragione della sua partecipazione

all’esecuzione del fatto, in virtù del suo omesso controllo o sorveglianza sui propri organi.

Rifacendosi alla teoria del rischio statale, lo Stato doveva quindi rispondere

internazionalmente di tali fatti illeciti in quanto erano frutto di carenze della propria

organizzazione interna. Poichè soltanto lo Stato gode della facoltà di scegliere quali individui

o enti dotare dello status organico, questi aveva come contropartita il dovere di sopportare

in ambito internazionale le conseguenze delle proprie scelte. La responsabilità

internazionale dello Stato, nell’ipotesi dei fatti illeciti ultra vires dei suoi organi, si fondava

quindi su una garanzia che esso prestava agli altri soggetti internazionali per i fatti dannosi

causati dall’attività della propria organizzazione interna, in modo tale da assicurare la

sicurezza delle relazioni internazionali.

Con riferimento alla prassi internazionale finora esaminata, la questione di sapere se lo

Stato sia tenuto a rispondere sul piano internazionale dei fatti illeciti ultra vires dei propri

organi si è posta esclusivamente rispetto a coloro che godono dello status di organo in base

al diritto interno. La possibilità di applicare questo principio anche alla situazione di individui

che esercitano in fatto funzioni di governo per conto dello Stato sembra riconosciuta in

102

Page 104: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

maniera implicita soltanto nella decisione resa nel caso Stephens286. In tale circostanza il

Messico aveva tentato di sfuggire la propria responsabilità internazionale sostenendo che

l’individuo autore dell’illecito, un privato incaricato di svolgere una pubblica funzione, aveva

agito senza rispettare le istruzioni ricevute. La Commissione, pur riconoscendo che erano

state violate le disposizioni dell’ordinamento interno in relazione ad attività di ispezioni

condotte da organi statali, ha comunque ritenuto che il fatto fosse attribuibile allo Stato.

Coloro che hanno reputato possibile che lo Stato rispondesse internazionalmente dei

fatti illeciti ultra vires dei propri organi hanno individuato anche delle eccezioni a tale

principio.

In numerose circostanze si è ad esempio sostenuto che possono essere considerati fatti

dello Stato quale soggetto internazionale le sole condotte ultra vires di un organo che

appaiono da questo tenute nel rispetto dei limiti della propria competenza. Risulterebbero

pertanto attribuibili allo Stato quei comportamenti adottati da un organo che, nonostante il

reale superamento dei limiti delle proprie funzioni, appaiono ai terzi come tenuti intra vires.

La condizione attributiva dell’apparenza della funzione finisce per dare rilievo al punto di

vista della vittima che, al momento del compimento del fatto illecito, può aver commesso in

buona fede un plausibile errore di apprezzamento.

Dal momento che il criterio dell’apparenza della funzione non era in grado di fornire in

alcune circostanze una soluzione soddisfacente con riferimento ai danni subiti dagli

stranieri, nella prassi internazionale si è fatto ricorso da parte di alcuni Stati al criterio

attributivo dei mezzi messi a disposizione dell’organo in ragione della funzione svolta.

Dal momento che in alcuni casi il terzo avrebbe potuto ragionevolmente rendersi conto

che l’organo nell’agire non stava rispettando la propria competenza, ma non per questo

evitare di subire il danno, tale ulteriore criterio permetteva di riferire allo Stato i

comportamenti ultra vires adottati dagli organi statali anche nei casi in cui neanche in

apparenza potevano sembrare rientrare nel quadro della competenza, allorché il

compimento dei fatti illeciti era stato reso possibile da un uso abusivo dei mezzi messi a

disposizione da parte dello Stato per l’esercizio regolare delle funzioni.

È stato infine sostenuto in alcune circostanze che lo Stato non è tenuto a rispondere sul

piano internazionale dei fatti illeciti ultra vires dei propri organi nel caso in cui la loro

incompetenza è a tal punto manifesta da apparire incontrovertibile agli occhi del terzo leso.

Tale limitazione al principio generale sembrava trovare riscontro nella prassi dell’epoca ed è

stata inoltre codificata, su proposta della Svizzera, all’art. 8 par. 2 del progetto di articoli

286 Vedi infra, p. 83 ss.103

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adottato in prima lettura dalla Terza Commissione della Conferenza di codificazione istituita

in seno alla Società delle Nazioni.

Alla luce della prassi fin qui esaminata sembra pertanto possibile affermare che, al fine di

garantire la sicurezza delle relazioni internazionali, lo Stato è tenuto a rispondere sul piano

internazionale delle condotte non autorizzate dei propri organi nel caso in cui l’illecito è

stato reso possibile in virtù della qualità di organo di cui un individuo o ente godono in base

al diritto interno e dell’autorità che deriva loro dall’esercitare una funzione ufficiale.

Secondo tale schema concettuale, la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti

illeciti ultra vires dei propri organi sarebbe invece esclusa sia nel caso in cui un organo agisca

nella propria capacità privata, sia nel caso in cui esso tenga una condotta totalmente

estranea alla propria competenza, pur agendo nell’esercizio delle funzioni.

CAPITOLO III

IL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI NELLA PRASSI E NELLA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALE RECENTI

SOMMARIO: Sezione I. La codificazione del principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi da parte della Commissione del diritto internazionale: 1. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei rapporti di García–Amador – 2. La nozione di organo nel progetto di articoli adottato in prima lettura - 3. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nel quarto rapporto di Ago – 4. Il dibattito in seno alla Commissione circa l’art. 10 proposto dal

104

Page 106: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

relatore speciale e la sua approvazione – 5. Le prese di posizione degli Stati con riferimento all’art. 10 adottato dalla Commissione – 6. L’ampliamento della nozione di organo nel progetto di articoli adottato in seconda lettura - 7. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nel primo rapporto di Crawford – 8. L’art. 7 del progetto adottato in seconda lettura: elementi comuni e di distinzione rispetto all’art. 10 adottato in prima lettura. Sezione II. La prassi e la giurisprudenza internazionale contemporanee e successive ai lavori di codificazione della Commissione del diritto internazionale: 1. Premessa – 2. La prassi degli Stati - 3. La giurisprudenza arbitrale – 3.1 Le pronunce rese dal Tribunale dei reclami Iran/Stati Uniti – 3.2 Le sentenze rese da Tribunali arbitrali istituiti in ambito ICSID prima dell’adozione in seconda lettura del progetto di articoli della CDI - 3.3 Segue: Le sentenze rese successivamente all’adozione in seconda lettura del progetto di articoli della CDI - 4. La giurisprudenza in tema di tutela internazionale dei diritti dell’uomo – 4.1 Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo – 4.1.1 La Corte europea dei diritti dell’uomo: la sentenza resa nel caso Irlanda c. Regno Unito – 4.1.2 La sentenza Assanidze c. Georgia – 4.1.3. La sentenza Ilascu e altri c. Moldova e Russia – 4.2 Le sentenze della Corte interamericana dei diritti dell’uomo – 4.2.1 La sentenza resa nel caso Velásquez Rodríguez– 4.2.2 La sentenza resa nel caso Mapiripán Massacre c. Colombia – 4.2.3 Altre sentenze della Corte interamericana in cui è stato enunciato il principio della responsabilità internazionale dello Stato per attività ultra vires dei propri organi – 4.3 L’orientamento del Comitato dei diritti umani – 5. La giurisprudenza del Tribunale penale internazionale per la ex-Iugoslavia – 6. La giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia – 6.1 La sentenza resa nel caso delle Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua - 6.2 La sentenza resa nel caso delle Attivitá militari sul territorio del Congo – 6.3 La sentenza resa nel caso della Applicazione della Convenzione sul genocidio - 7. Osservazioni sulla prassi e giurisprudenza recenti.

Sezione ILA CODIFICAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI ULTRA

VIRES DEI PROPRI ORGANI DA PARTE DELLA COMMISSIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

1. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei rapporti di García-

Amador

Come precedentemente accennato287, anche la Commissione del diritto internazionale

(CDI) si è occupata di codificare i principi di diritto internazionale inerenti la responsabilità

internazionale dello Stato e, alla luce dell’importanza del suo contributo all’identificazione

della regola in materia di attribuzione allo Stato di fatti illeciti ultra vires dei propri organi, si

è ritenuto opportuno dedicarvi un’apposita sezione.

In quanto organo sussidiario dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite incaricato di

promuovere la codificazione e lo sviluppo progressivo del diritto internazionale, la CDI ha

inserito la responsabilità internazionale dello Stato nell’elenco delle quattordici materie

suscettibili di essere codificate e, nel 1955, ha nominato Francisco García Amador come

primo relatore speciale per tale tema.

Nel corso della nona sessione della Commissione del diritto internazionale, il relatore

speciale ha presentato il suo secondo rapporto dedicato allo studio della responsabilità dello

Stato in ragione dei danni causati sul proprio territorio alla persona o ai beni degli

stranieri288. Per la prima volta il problema dei fatti illeciti internazionali ultra vires viene qui

287 Vedi supra, p. 14 ss.288 GARCÍA–AMADOR, Second Report on the International Responsibility of the States for injuries caused in its territory to the person or property of aliens, Yearbook of the International Law Commission, 1957, vol. II, p. 104 ss. Il primo rapporto, risalente al 1956, aveva un carattere introduttivo e si limitava solamente ad enunciare tra le questioni da esaminare quella dell’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires dei propri organi.

105

Page 107: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

studiato in termini di attribuzione di condotte, e non di responsablità internazionale. Ci si

domanda cioè se le condotte tenute dagli organi statali, eccedendo i limiti della competenza

oppure contravvenendo alle istruzioni ricevute, possano ritenersi dei fatti dello Stato quale

soggetto internazionale e non più soltanto se lo Stato sia tenuto a risponderne

internazionalmente.

Il rapporto del relatore considerava il problema dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra

vires solo con riferimento agli organi del potere esecutivo, come se escludesse

implicitamente che gli organi appartenenti al potere legislativo o giudiziario potessero

adottare tali tipi di condotte289.

L’art. 3, par. 2, del progetto del relatore prevedeva che la responsabilità internazionale di

uno Stato potesse sorgere nel caso in cui un funzionario statale adottava un comportamento

illecito eccedendo la propria competenza, ma agendo “by virtue of his official capacity”290.

Il paragrafo successivo conteneva una deroga al principio precedentemente esposto, in

quanto stabiliva che lo Stato non era tenuto a rispondere sul piano internazionale di un tale

comportamento nel caso in cui la mancanza di competenza fosse talmente evidente da

permettere allo straniero di rendersene conto ed evitare quindi il danno:

“Notwithstanding the provisions of the foregoing paragraph, the

international responsibility of the State shall not be involved if the lack of

competence was so apparent that the alien should have been aware of it

and could, in consequence, have avoided the injury”291.

Il caso in cui l’organo tenga una condotta in maniera manifestamente incompetente

viene paragonato dal relatore ad un comportamento di un semplice privato, di cui lo Stato

non è tenuto a rispondere nell’ordinamento internazionale.

Lo Stato sarebbe pertanto internazionalmente responsabile del comportamento illecito

non autorizzato dei propri organi nel caso in cui questi appaiano agire agli occhi del terzo nel

quadro delle loro funzioni, mentre la responsabilità internazionale non potrebbe sorgere nel

caso in cui le condotte apparissero manifestamente estranee alla loro competenza.

Al fine di garantire maggiore sistematicità al progetto, nel sesto rapporto presentato nel

1961, il relatore García–Amador ne ha presentato una seconda versione. I vari articoli

riguardanti l’attribuzione di condotte allo Stato sono riuniti all’interno di un unico capitolo.

La questione dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires è trattata dall’art 12, disposizione

289 Alcuni autori hanno fortemente criticato tale distinzione. Si veda VON MÜNCH, op. cit., p. 180.290 GARCÍA–AMADOR, Second Report on the International Responsibility of the States, cit., p. 107.291 Ibid., p. 145.

106

Page 108: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

dedicata agli atti e le omissioni degli organi e dei funzionari in generale. Essa era così

formulata:

“1. An act or omission which contravenes international law is imputable

to the State if the organs or officials concerned acted within the limits of

their competence. 2. An act or omission shall likewise be imputable to the

State if the organs or officials concerned exceeded their competence but

purported to be acting in their official capacity. 3. Notwithstanding the

provisions of the foregoing paragraph, the act or omission shall not be

imputable to the State if the act exceeding the competence of the officials

or organs concerned was by its nature totally outside the scope of their

functions and powers, even though they may to some extent have relied on

their official position or used the means at their disposal by reason of that

position. 4. Similarly, the act or omission shall not be imputable to the State

if it was so manifestly outside the competence of the organ or official

concerned that the alien should have been aware of the fact and could, in

consequence, have avoided the injury. 5. For the purposes of the provisions

of this article, the act or omission shall be proved in conformity with the

municipal law of the State to which it is imputed”292

Alla luce di tale disposizione potevano essere pertanto considerati fatti dello Stato quale

soggetto internazionale le sole condotte tenute ultra vires da un organo che apparivano alla

vittima come tenute nella propria qualità ufficiale, nonostante l’effettivo superamento dei

limiti delle proprie funzioni. Nel caso in cui invece il terzo in causa avesse potuto rendersi

conto dell’incompetenza dell’organo e avesse di conseguenza potuto evitare il danno, il

fatto ultra vires era assimilabile al fatto di un privato e non poteva pertanto essere attribuito

allo Stato.

Occupata con la codificazione di altre materie, la CDI non ha potuto poi procedere

all’esame dei progetti di articoli presentati da García-Amador prima che egli lasciasse la

Commissione. Nessuno dei progetti di articolo presentati è stato dunque adottato dalla CDI.

2. La nozione di organo nel progetto di articoli adottato in prima lettura

292 GARCÍA–AMADOR, Sixth Report on the International Responsibility of the States for injuries caused in its territory to the person or property of aliens, Yearbook of the International Law Commission, 1961, vol. II, pp. 47-48.

107

Page 109: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Con l’adozione il 18 dicembre 1961 della risoluzione 1686 (XVI), l’Assemblea Generale ha

raccomandato alla CDI di proseguire nella codificazione della responsabilità internazionale

dello Stato ed è stato nominato come nuovo relatore speciale Roberto Ago. Accogliendo le

critiche formulate circa l’approccio previamente adottato, egli ha deciso di affrontare il tema

focalizzandosi sulle conseguenze della violazione di un obbligo internazionale, senza

occuparsi delle norme sostanziali la cui violazione è all’origine della responsabilità

internazionale.

I principi in tema di attribuzione dell’illecito internazionale contenuti nel progetto di

articoli approvato in prima lettura dalla Commissione del diritto internazionale si rifanno in

larga misura proprio all’impianto proposto dal relatore Ago. Si ritiene dunque opportuno

soffermarsi sulla concezione accolta da quest’ultimo.

Pur partendo dal presupposto che l’operazione di riferire una certa condotta di individui

allo Stato è regolata da precisi criteri stabiliti da norme di diritto internazionale che sono del

tutto autonomi rispetto a quelli che disciplinano l’attribuzione di un fatto allo Stato

nell’ordinamento interno, Ago esclude che l’organizzazione dello Stato sia un fenomeno

regolato dal diritto internazionale. L’organizzazione dello Stato è per il diritto internazionale

un dato di fatto, costituendo “l’ensemble des structures concrètes par lesquelles il manifeste

son existence et exerce son action”293.

Sul piano del diritto internazionale, però, l’organizzazione dello Stato deve comunque

essere intesa come una realtà strutturata in base a regole giuridiche di cui lo stesso Stato si

è dotato, finendo così per essere identificata con la sua organizzazione giuridica interna 294.

La logica conseguenza derivante da tali premesse è che gli organi dello Stato corrispondono

a quegli individui o enti che godono di tale qualità in base al diritto interno statale.

Individuando nel riferimento al diritto interno l’unico criterio per identificare gli individui

che possiedono la qualità organica ai fini dell’attribuzione di una condotta allo Stato, il

progetto di articoli elaborato da Ago e, sulla base di esso, il progetto di articoli adottato in

prima lettura dalla CDI finisce per accogliere una nozione restrittiva di organo295.

In virtù dell’importanza assegnata al dato formale di diritto interno ai fini della

rilevazione della qualità di organo, nel progetto di articoli adottato in prima lettura si

293 AGO, Troisième rapport, cit., p. 249. 294 “Par organisation de l’Etat il faut entendre l’appareil de ce dernier, l’ensemble des structures concrètes par lesquelles il manifeste son existence et exerce son action. Il va se de soi que la formation de ces structures et la prévision de cette action sont l’objet d’une réglementation juridique, réglementation que l’Etat lui-même et lui seul peut établir ”. Così AGO, Troisième rapport, cit. p. 249.295 L’art. 5 del progetto adottato in prima lettura stabiliva: “Aux fins des présents articles, est considéré comme un fait de l'Etat d'après le droit international le comportement de tout organe de l'Etat ayant ce statut d'après le droit interne de cet Etat, pour autant que, en l'occurrence, il ait agi en cette qualité.”

108

Page 110: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

rinviene inoltre una distinzione fra gli organi e gli individui che, pur se formalmente

sprovvisti della qualità di organi, sono incaricati in base al diritto interno dell’esercizio di

prerogative del potere di governo296.

Tale categoria si distingue da quella degli individui o enti che godono della qualità di

organi dello Stato per il fatto di essere organi di enti che possiedono una personalità

giuridica di diritto interno distinta da quella dello Stato, pur assolvendo funzioni per suo

conto297. Secondo la CDI, le condotte di tali organi sono attribuibili allo Stato limitatamente

al caso in cui siano state tenute nel rispetto dei compiti espressamente loro conferiti dal

diritto interno298.

Fondandosi sul principio dell’autonomia del diritto internazionale nell’individuare i criteri

giuridici capaci di chiarire in presenza di quali condizioni un dato comportamento può essere

considerato un fatto dello Stato, Ago sostiene allo stesso tempo l’esistenza di criteri

attributivi ulteriori rispetto a quello del riferimento al diritto interno e maggiormente ispirati

al principio di effettività. Egli fa essenzialmente riferimento alle ipotesi in cui lo Stato si

avvale di individui o enti esterni all’apparato dello Stato al fine di svolgere determinate

attività.

296 Il principio in base al quale il comportamento di un individuo o un ente, che non sia formalmente organo dello Stato, è ad esso attribuito nella circostanza in cui gli siano state delegate funzioni di stampo pubblicistico è stato codificato nell’art. 5 del progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati adottato in seconda lettura dalla Commissione del diritto internazionale. L’art. 5 ha recentemente assunto una particolare rilevanza al fine di imputare agli Stati le condotte delle private military and security companies impiegate all’estero da taluni Stati in situazioni post-conflittuali. Si vedano SPINEDI, La responsabilità dello Stato per comportamenti di private contractors, in La codificazione della responsabilità internazionale degli Stati alla prova dei fatti. Problemi e spunti di riflessione , (a cura di Spinedi, Gianelli, Alaimo), Giuffré, Milano, 2006. Milano, 2006, pp. 67-103; LEHNARDT, Private Military Companies and State Responsibility, in From Mercenaries to Market. The Rise and Regulation of Private Military Companies, Oxford, 2007, pp. 139-157. Si veda la sentenza resa dal Tribunale arbitrale dei reclaim tra Iran-Stati Uniti nel caso Hyatt International Corporation v Government of the Islamic Republic of Iran, in Iran-US CTR, vol. 9, p. 93 e la sentenza resa dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Military and Paramilitary Activities in and against Nicaragua, in I.C.J. Reports, 1986, p. 14. 297 Si veda AGO, Troisième rapport, cit., p. 246. Ugualmente nell’opinione individuale nel caso Military and Paramilitary Activities in and against Nicaragua, il giudice Ago ritenne di non poter qualificare i membri della CIA come organi degli Stati Uniti per il fatto che essa costituiva sul piano del diritto interno un ente dotato di personalità giuridica diversa da quella dello Stato. In I.C.J. Reports 1986, p. 188.298 “La justification de l'attribution à l'Etat, d'après le droit international, du comportement d'un organe de l'une ou de l'autre des entités ici envisagées réside toujours, en dernière analyse, dans le fait que le droit interne de l'Etat a conféré à l'entité en question l'exercice de certaines prérogatives de la puissance publique. Il va de soi que, pour pouvoir être considéré comme un fait de l'Etat à des fins de responsabilité internationale, le comportement de l'organe d'une entité de ce genre doit avoir trait à un secteur d'activité à l'égard duquel l'entité en question est chargée de l'exercice des prérogatives indiquées. Ainsi, par exemple, le comportement d'un organe d'une société de chemins de fer à laquelle certains pouvoirs de police ont été réservés sera considéré comme un fait de l'Etat d'après le droit international s'il entre dans le cadre de l'exercice de ces pouvoirs". Cfr. Annuaire de la Commission du droit international, 1996, vol. II – 1, p. 293, par. 17.

109

Page 111: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Tra i vari criteri di attribuzione che si basano sull’esistenza di un legame fattuale tra

l’individuo agente e lo Stato, quello di portata generale fonda l’attribuzione allo Stato di un

comportamento tenuto da un individuo che non gode della qualità organica in virtù del

diritto interno sulla circostanza che abbia agito in fatto dietro istruzioni o sotto il controllo di

organi statali299. L’individuo non diviene organo dello Stato ai fini del diritto internazionale,

ma il suo comportamento è ugualmente attribuibile allo Stato.

L’esclusione della possibilità che elementi fattuali possano avere un ruolo nel

determinare lo status di organi dello Stato di individui che il diritto interno non qualifica

come tali, finisce per ricondurre lo schema elaborato dal relatore e accolto dalla

Commissione a delle regole attributive che si differenziano in base al tipo di relazione che

lega l’individuo agente allo Stato.

L’approccio della Commissione si fonda difatti sulla distinzione fra coloro che sono

formalmente legati allo Stato e gli individui che agiscono in fatto su istruzione, o sotto la

direzione o il controllo, di organi statali.

Nonostante il riferimento al diritto interno permetta indubbiamente di fissare un criterio

dotato di un elevato grado di certezza, rimane il fatto che la scelta di non dare rilevanza alla

possibilità che tra Stato ed individuo sussista un legame fattuale differente rispetto a quello

che prevede un controllo statale su ogni specifico comportamento adottato relega i criteri di

attribuzione ispirati al principio di effettività ad un ruolo marginale nel sistema elaborato.

In base ad esso, infatti, le condotte tenute nell’esercizio delle funzioni da individui che

godono della qualità organica in virtù del diritto interno sono attribuibili allo Stato sul piano

299 L’art. 8 del progetto adottato in prima lettura prevedeva: “Est aussi considéré comme un fait de l'Etat d'après le droit international le comportement d'une personne ou d'un groupe de personnes si: a) il est établi que cette personne ou ce groupe de personnes agissait en fait pour le compte de cet Etat; ou b) cette personne ou ce groupe de personnes se trouvait exercer en lait des prérogatives de la puissance publique en cas de carence des autorités officielles et dans des circonstances qui justifiaient l'exercice de ces prérogatives”. L’art. 8, lett. a) faceva genericamente riferimento ad individui che “agiscono per conto dello Stato”. Non sembra pertanto da escludere che la possibilità di riferire allo Stato le condotte di individui che non godono dello status organico in base al diritto interno potesse essere interpretata in maniera estensiva. Così SPINEDI, La responsabilità dello Stato per i comportamenti di private contractors, in Spinedi, Gianelli, Alaimo (a cura di), La codificazione della responsabilità internazionale degli Stati alla prova dei fatti, Milano, 2006, p. 84. Alla luce dei lavori della Commissione del diritto internazionale, l’interpretazione prevalente con riferimento all’ambito di applicazione dell’art. 8, lett. a) conduce soltanto all’ipotesi dell’individuo che agisce su istruzioni di organi dello Stato. Nel commentario della suddetta disposizione si precisa in effetti che “[…] dans chaque hypothèse concrète où il s'agit d'établir une responsabilité internationale de l'Etat, il doit effectivement être prouvé que la personne ou le groupe de personnes ont vraiment été chargés par des organes de l'Etat de remplir une certaine fonction ou d'exécuter une certaine tâche, qu'ils ont accompli une besogne donnée sur l'instigation de ces organes”. Cfr, Annuaire de la Commission du droit international, 1974, vol. II, p. 296. A conferma di questa interpretazione restrittiva dell’art. 8 lett. a), viene solitamente richiamata l’argomentazione sostenuta da Ago nella sua opinione separata resa nel caso delle attività militari e paramilitari degli Stati Uniti in e contro il Nicaragua, in I.C.J. Reports, 1986, pp. 188-189.

110

Page 112: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

internazionale senza che sia necessario determinare in base a quale impulso essi abbiano

agito300. Nel caso di comportamenti tenuti da un organo, è necessario quindi stabilire se chi

ha agito intrattiene con lo Stato un rapporto a tal punto stretto tale da giustificare

l’attribuzione in via generale ad esso del suo comportamento, salvo naturalmente il limite

delle condotte tenute a titolo privato. Nel caso in cui invece l’individuo agente sia privo di un

legame formale con l’apparato statale, risulta necessario accertare che abbia tenuto delle

condotte dietro istruzioni o sotto il controllo di organi al fine di considerarli fatti statali sul

piano internazionale. La possibilità di riferire allo Stato un comportamento sul piano

internazionale dipende dall’accertamento dell’esistenza tra l’ente e l’individuo-agente di un

rapporto puntuale che si è venuto a costituire in ragione e nei limiti delle istruzioni

ricevute301.

3. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nel quarto rapporto di Ago

Come precedentemente rilevato, il relatore Ago reputa che un particolare regime

attributivo trovi applicazione in relazione agli organi statali ed agli enti abilitati dal diritto

interno all’esercizio di prerogative del pubblico potere in virtù del legame formale che li lega

allo Stato

In sede di inquadramento generale delle regole in materia di attribuzione di condotte,

Ago utilizza quindi il termine “organo” per indicare coloro che sono legati allo Stato da un

tipo di vincolo particolarmente intenso, in virtù del quale si realizza la massima

identificazione tra un individuo o ente e l’organizzazione statale.

Proprio la realizzazione del massimo livello di identificazione tra un individuo o ente e

l’organizzazione statale giustifica quindi il particolare regime attributivo che si applica con

riferimento all’ipotesi dell’individuo-organo e la distinzione rispetto all’ipotesi di individui

che agiscono su istruzioni o sotto la direzione e il controllo di organi statali. Così, qualsiasi

condotta tenuta da un organo dello Stato nell’esercizio delle proprie funzioni deve essere

ritenuta un fatto dello Stato sul piano internazionale indipendentemente dal rispetto dei

limiti delle funzioni ad esso assegnate.

Dato che l’organizzazione dello Stato dal punto di vista del diritto internazionale viene

identificata con l’organizzazione giuridica interna, Ago ritiene che la questione della

300 Il criterio dell’organo non si differenzia in maniera sostanziale dai criteri previsti dagli articoli 5 e 6 del progetto di articoli, che si riferiscono rispettivamente all’ipotesi di enti o individui che esercitano prerogative dei pubblici poteri e a quello di organi statali messi a disposizione di un altro Stato.301 Per alcuni chiarimenti circa la determinazione degli atti che, a seconda del criterio applicato sono riferibili allo Stato sul piano internazionale, si veda CRAWFORD, First Report on the Responsibility of the States, in Yearbook of the International Law Commission, 1998, vol. 2, p. 78 ss.

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possibilità di attribuire allo Stato i fatti ultra vires sorga esclusivamente con riferimento agli

individui o enti che godono della qualifica organica in base al diritto interno ed agli individui

che godono della qualifica di organi di enti abilitati dal diritto interno all’esercizio di

prerogative del pubblico potere302.

In particolare, egli sostiene che la regola in base a cui lo Stato risponde solo delle

condotte tenute dall’organo nell’esercizio delle proprie funzioni presuppone

necessariamente un rinvio al diritto interno al fine di determinare quali siano le funzioni di

tale organo.

Non si possono invece reputare fatti dello Stato sul piano internazionale le condotte di

individui che agiscono in fatto per suo conto nell’eventualità in cui siano state tenute non

rispettando le istruzioni ricevute o senza il controllo di organi statali303.

Reputando l’attribuzione un’operazione giuridica fondata su autonomi criteri propri del

diritto internazionale, Ago si discosta inoltre dagli autori che ritenevano impossibile definire

una condotta irregolare dal punto di vista interno come un fatto statale nell’ambito

dell’ordinamento internazionale.

Egli definisce un comportamento adottato da un organo ultra vires come un fatto statale

sul piano internazionale, intendendo affermare l’esistenza di precise regole di attribuzione

appartenenti al diritto internazionale che non si limitano ad operare un rinvio

all’organizzazione che di fatto lo Stato ha provveduto a darsi, ma che offrono dei criteri

302 Ai fini della presente indagine, si utilizzerà il termine “organo” per individuare coloro che sono legati allo Stato da un vincolo formale, senza operare una distinzione fra il criterio dell’organo e l’ipotesi di individui o enti che esercitano prerogative dei pubblici poteri.303 “II va de soi qu'un pareil problème ne peut réellement se poser qu'en ce qui concerne des personnes ayant en droit interne la qualité d'organes de l'Etat ou d'une autre institution publique (c'est-à-dire des personnes qui rentrent dans les catégories envisagées aux sections 2 à 4 du présent chapitre). Par contre, il ne saurait en être question pour des personnes comprises dans les catégories dont on a traité à la section 5. On ne peut même pas envisager l'hypothèse d'un dépassement de compétence ou d'une contradiction avec les prescriptions concernant l'activité de certains organes à propos d'une personne qui, en droit, n'est nullement un organe et ne se trouve amenée qu'à exercer de fait, dans certaines circonstances, une fonction publique. Par contre, il est tout aussi évident qu'une personne qui n'est pas un organe de l'Etat ne pourra pas être considérée comme agissant pour le compte de ce dernier si ses agissements n'ont pas eu lieu sur instructions ou à l'instigation de l'Etat. Pour ce qui est de l'hypothèse prévue à la section 6 (celle d'une personne qui revêt la qualité d'organe dans le cadre de l'ordre juridique d'un Etat donné ou d'une organisation internationale, mais qui est mise à la disposition d'un autre Etat etagit sous l'autorité et le contrôle de ce dernier), le problème d'un comportement de cette personne dépassant la compétence que cet Etat lui a attribuée ou contrevenant aux prescriptions auxquelles il a soumis son activité trouvera nécessairement la même solution que celui d'un comportement adopté dans des conditions analogues par un organe propre de l'Etat en question. La seule précision qu'il importe d'ajouter, c'est que le problème peut se poser à propos de la violation de prescriptions émanant de l'Etat à la disposition duquel la personne se trouve et de l'autorité duquel elle dépend effectivement, et non pas de l'Etat dont elle est l'organe. L'éventuelle inobservance, par la personne en question, de prescriptions ou instructions émanant de l'Etat d'origine est sans pertinence pour l'attribution d'une telle action à l'Etat à la disposition duquel la personne se trouve”. Cfr. AGO, Quatrième rapport, cit., p. 72, par. 2, nota 4.

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giuridici identificabili attraverso l’esame della prassi in grado di individuare le condizioni in

presenza delle quali una certa condotta può essere ritenuta un fatto dello Stato.

Dal momento che la macchina statale e le disposizioni dell’ordinamento interno volte a

regolarne l’attività sono dei semplici fatti per il diritto internazionale, l’attribuzione o meno

di un comportamento allo Stato come soggetto di diritto internazionale avviene, a suo

parere, sulla base di regole giuridiche indipendenti rispetto a quelle che ne disciplinano la

natura di fatto statale dal punto di vista dell’ordinamento interno304.

Il criterio utilizzato dal diritto internazionale al fine di accertare se un comportamento

adottato da un organo debba essere considerato un fatto dello Stato non si fonda su

disposizioni di diritto interno; in questo contesto, il principio di effettività viene bilanciato

con esigenze di differente natura volte ad assicurare la stabilità e la sicurezza delle relazioni

internazionali.

Secondo Ago, sul piano internazionale uno Stato deve riconoscere di aver agito

ogniqualvolta persone o enti incaricati di agire per suo conto appaiono effettivamente

adottare dei comportamenti in suo nome, indipendentemente dal fatto che non abbiano

rispettato i limiti formali della propria competenza, abbiano violato disposizioni del diritto

interno oppure abbiano contravvenuto alle istruzioni loro impartite dai superiori.

Lo Stato deve quindi rispondere delle condotte non autorizzate dei propri organi in

quanto l’illecito è stato reso possibile in virtù dello status organico di cui un individuo o ente

gode e dell’autorità che deriva loro dall’esercitare una funzione ufficiale. L’apparenza creata

dallo Stato attraverso il riconoscimento della qualità organica prevale sulla circostanza che la

condotta effettivamente tenuta dall’organo non rifletta le scelte operate dall’ente.

L’irregolarità di una condotta dal punto di vista dell’ordinamento interno è ininfluente ai

fini della sua attribuzione allo Stato come soggetto di diritto internazionale, a condizione che

sia stata però tenuta dall’organo nell’esercizio delle proprie funzioni.

Seguendo sempre la logica dettata dall’esigenza di garantire la sicurezza delle relazioni

internazionali, Ago individua delle limitazioni all’applicazione del criterio attributivo

dell’apparenza della funzione: mentre possono essere riferite allo Stato le condotte ultra

vires che appaiono tenute dagli organi nel rispetto della propria competenza, non possono

essere ad esso attribuiti quei comportamenti ultra vires tenuti da un organo

manifestamente al di fuori della propria competenza oppure nell’ambito di funzioni statali

così visibilmente differenti rispetto a quelle a lui spettanti, da non lasciare alcun dubbio circa

l’impossibilità di riconoscerne la natura di fatto dello Stato quale soggetto di diritto

internazionale.

304 Si veda AGO, Troisième rapport, cit., p. 249.113

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La responsabilità dello Stato per i fatti dei propri organi sarebbe quindi esclusa sia nel

caso in cui un organo adotta un comportamento totalmente privo di legame con le funzioni

lui assegnate, vale a dire nel caso in cui agisce nella propria qualità privata, sia nel caso in cui

tiene una condotta a titolo ufficiale ma completamente estranea alla propria competenza.

La condizione attributiva dell’apparenza della funzione ed il conseguente corollario della

manifesta incompetenza dell’organo avevano fino a quel momento trovato fondamento

nella prassi su considerazioni prettamente soggettive. In altri termini, l’attribuzione di una

condotta non autorizzata allo Stato era stata fatta unicamente dipendere dalla circostanza

che il terzo leso non avesse potuto rendersi conto del mancato rispetto della propria

competenza da parte dell’organo.

Criticando l’approccio precedentemente adottato dal relatore García–Amador305, Ago

chiarisce che la “manifesta incompetenza” deve essere una qualità oggettiva dal momento

che sarebbe ingiusto far dipendere l’attribuzione allo Stato di una condotta non autorizzata

di un proprio organo dalla circostanza che la vittima, resasi conto dell’incompetenza, era in

grado di prevenire la commissione dell’illecito306.

305 Vedi supra, p. 109 ss.306 “II faut que ce que l'on désigne par l'adjectif « manifeste » soit entendu comme une qualité ressortant objectivement de la situation concrète. Il est important d'indiquer cela, car certains des textes auxquels on s'est rapporté — notamment celui de l'article VIII, par. 2 (second alinéa), du projet adopté en 1930 et celui de l'article 12, par. 4, du projet révisé de M. Garcîa-Amador — introduisaient à ce sujet un élément supplémentaire et typiquement subjectif. L'exclusion de l'attribution à l'Etat en tant que source de responsabilité n'était prévue que pour le cas où l'incompétence de l'organe auteur du fait préjudiciable était tellement manifeste que la partie lésée devait s'en rendre compte et pouvait, de ce fait, éviter le préjudice. Nous ne croyons pas qu'il faille introduire une idée de ce genre dans la règle à définir. On pourrait à la rigueur comprendre qu'elle figure dans des projets qui, comme les deux textes mentionnés, concerneraient les seuls problèmes de la responsabilité internationale pour dommages causés à des particuliers étrangers: sa présence ne s'expliquerait en tout cas pas dans un projet comme le nôtre, visant à couvrir le domaine entier du fait internationalement illicite et de la responsabilité internationale. De toute façon, on a quelque difficulté à admettre que le fait que la partie lésée, avertie du défaut de compétence, ait ou n'ait pas eu en l'espèce la possibilité d'éviter le dommage puisse être déterminant aux fins de l'attribution à l'Etat sujet du droit international du comportement de l'organe. La partie lésée qui avait connaissance de l'incompétence totale de l'organe agissant peut avoir eu — tout comme elle peut ne pas avoir eu — la possibilité d'éviter, grâce à cette connaissance, que l'on ne commette l'action préjudiciable. Or, abstraction faite de la difficulté de spéculer sur cette possibilité hypothétique, il serait illogique de considérer dans le deuxième cas l'action incriminée comme un fait de l'Etat cause de responsabilité alors qu'on n'en ferait pas autant dans le premier. Si l'on choisit d'exclure l'attribution à l'Etat du fait de l'organe agissant en condition d'incompétence manifeste, cette exclusion doit s'opérer dans les deux cas. Cela n'a rien à faire, répétons-le, avec le risque pour l'Etat d'encourir une responsabilité, non pas du fait de l'organe en question, mais du fait d'un autre organe (qui, par exemple, aurait omis d'empêcher l'action préjudiciable alors qu'il pouvait le faire). C'est dans une telle hypothèse que l'éventuelle possibilité de la partie lésée d'éviter le préjudice pourrait être prise en considération comme circonstance susceptible d'exclure ou d'atténuer la responsabilité de l'Etat”. Cfr., AGO, Quatrième rapport, cit., p. 95, par. 59, nota 115.

114

Page 116: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

L’applicazione delle sopramenzionate condizioni attributive sarebbe risultata

condizionata dalla determinazione delle circostanze del singolo caso di specie e della

conoscenza delle reali competenze dell’individuo-organo agente da parte del terzo.

Secondo il relatore, il limite della “manifesta incompetenza” sarebbe stato utile anche

per ragioni di coerenza con il testo dell’art. 46 della Convenzione di Vienna sul diritto dei

trattati, secondo cui un accordo si presume valido, anche se concluso in violazione delle

norme interne sulla competenza a stipulare, a meno che la violazione del diritto interno non

sia oggettivamente manifesta e non riguardi norme interne di importanza fondamentale307.

Il relatore ha concluso il proprio studio circa l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires

dei propri organi sottomettendo ai membri della CDI un progetto di art. 10, in cui il principio

generale e le limitazioni venivano enunciati in due distinti paragrafi308:

“Le comportement d’un organe de l’Etat ou d’une institution publique

distincte qui, tout en agissant en sa qualité officielle, dépasse sa compétence

selon le droit interne ou contrevient aux prescriptions de ce droit concernant

son activité est néanmoins considéré comme un fait de l’Etat sur le plan du

droit international.

Toutefois, un tel comportement n’est pas considéré comme un fait de l’Etat

si, de par sa nature, il était totalement étranger aux fonctions spécifiques de

l’organe ou si, même sous d’autres aspects, l’incompétence de l’organe était

manifeste”309.

L’assenza di riferimenti precisi a dati della prassi internazionale sembra suffragare

l’ipotesi che la qualità oggettiva della manifesta incompetenza sia stata codificata sulla base

di considerazioni di principio con il precipuo obiettivo di garantire la sua applicazione con

riferimento alla violazione di qualsiasi norma primaria, indipendentemente dal suo

contenuto.

L’oggettivizzazione della limitazione, però, non era del tutto funzionale alla logica dettata

dall’esigenza di garantire la sicurezza delle relazioni internazionali, dal momento che uno

Stato poteva comunque tentare di avvalersene per sfuggire alla propria responsabilità

internazionale negando che un fatto fosse ad esso riferibile in ragione della circostanza che

307 AGO, Quatrième rapport, cit., p. 95, par. 59.308 La scelta di codificare in due paragrafi differenti il principio generale e le sue limitazioni era volto a sottolineare “le caractère à la fois limitatif et exceptionnel de la seconde par opposition à la première”. AGO, Quatrième rapport, cit., p. 103, par. 58.309 AGO, Quatrième rapport, cit., p. 103, par. 60.

115

Page 117: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

nel caso di specie l’organo aveva ecceduto la propria competenza in maniera

oggettivamente manifesta ed evidente.

4. Il dibattito in seno alla Commissione circa l’art. 10 proposto dal relatore speciale e la sua approvazione

Nel corso del dibattito sull’art. 10 proposto da Ago, il principio generale in tema di

attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali ha ricevuto l’approvazione di

tutti i membri della Commissione310.

Le motivazioni da essi addotte al fine di giustificare tale principio attributivo si ispirano

all’esigenza di garantire la chiarezza e la sicurezza delle relazioni internazionali nel senso che

lo Stato deve riconoscere di aver agito ogniqualvolta un individuo o ente a cui ha conferito

lo status organico appare effettivamente agire per suo conto, indipendentemente dal

rispetto delle disposizioni del diritto interno o delle istruzioni impartite.

A loro parere se tale principio non fosse stato accettato, uno Stato avrebbe potuto

facilmente sfuggire alla responsabilità internazionale facendo valere il mancato rispetto

della propria competenza da parte dell’organo autore dell’illecito. Secondo Bedjaoui e Sette

Camara, chiedere allo Stato reclamante di provare che l’organo dello Stato convenuto non

abbia violato le disposizioni del diritto interno o contravvenuto alle istruzioni degli organi

superiori al fine del riconoscimento della sua responsabilità internazionale, significherebbe

esigere una probatio diabolica311.

L’introduzione del limite della manifesta incompetenza dell’organo ad agire è stata

invece fonte di un acceso dibattito in seno alla Commissione.

Alcuni membri hanno sostenuto che tale limitazione trovava riscontro esclusivamente

nella prassi in tema di trattamento degli stranieri e non poteva quindi essere estesa anche

ad altre ipotesi di violazione di norme internazionali. Secondo Ouchakov, se da una parte

310 Per Reuter, “toute règle autre que celle qui est proposée dans le projet d’article 10 aurait pour effet de nier la responsabilité de l’Etat”, Annuaire de la Commission du Droit International, 1975, vol. I, p. 7, par. 2. Hanno inoltre chiaramente approvato tale principio Bedjaoui, Ibid., p. 8, par. 7; Kearny, ibid., p. 8, par. 11; Elias, ibid., p. 9, par. 15; Sahovic, ibid., p. 9, par. 18; Martinez Moreno, ibid., p. 9, par. 21; Ouchakov, ibid., p. 10, par. 24; Tsuruoka, ibid., p. 11, par. 3; Hambro, ibid., p. 11, par. 6; Tammes, ibid., p. 12, par. 17; Ramangasoavina, ibid., p. 13, par. 20; Yasseen, ibid., p. 13, par. 24; Quentin-Baxter, ibid., p. 14, par. 27; Sette Camara, ibid., p. 16, par. 43; El-Erian, ibid., p. 16, par. 48; Bilge, ibid., p. 23, par. 31; Ustor, ibid., p. 23, par. 36.311 Sette Camara, ibid., p. 16, par. 45; Bedjaoui, Ibid., p. 8, par. 8.

116

Page 118: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

una eccezione al principio di base espresso nel primo paragrafo poteva essere presa in

considerazione con riferimento al trattamento degli stranieri, dall’altra risultava

inaccettabile nei casi di violazioni del diritto internazionale quali l’aggressione o la minaccia

alla pace312. Egli ha pertanto proposto di eliminare tale paragrafo o di mantenerlo solo con

riferimento ai casi di danni subiti da privati313.

Altri membri della Commissione hanno sostenuto che il secondo paragrafo previsto dal

relatore limitava eccessivamente la responsabilità internazionale dello Stato data

l’impossibilità per le vittime di sottrarsi ai fatti commessi dagli organi che abusano dei mezzi

messi loro a disposizione in relazione alla funzione svolta. Prendendo come esempio la

sentenza resa dalla Commissione generale dei reclami tra Stati Uniti d’America e Messico

nel caso Youmans314, essi hanno ritenuto inaccettabile che uno Stato potesse sottrarsi alla

responsabilità internazionale invocando la manifesta incompetenza degli organi autori

dell’illecito dal momento che le vittime non avrebbero in qualsiasi modo potuto evitare il

danno.

Secondo Kearney, ad esempio, con riferimento ai comportamenti adottati dalle forze

armate, dalla polizia e dagli organismi paramilitari, la responsabilità internazionale dello

Stato deve sorgere anche nel caso in cui siano manifestamente incompetenti dal momento

che “c’est sur l’ordre de l’Etat que ledits organes ont été dotés des moyens de causer un

dommage”315.

Altri ancora hanno affermato che era errato allineare la disposizione in tema di

attribuzione allo Stato di fatti ultra vires con l’art. 46 della Convenzione di Vienna sul diritto

dei trattati, mediante l’uso della limitazione della “manifesta incompetenza”.

Secondo Tammes, tale espressione assume in ambito di attribuzione di condotte allo

Stato ai fini di determinarne la responabilità un’accezione completamente differente

312 “…la restriction introduite au paragraphe 2 est, en tout cas, inacceptable dans le cas des crimes internationaux et des autres violations graves des principes du droit international, car, dans ce cas-là, tout comportement ultra vires d’un organe de l’Etat est un fait de l’Etat. Le cas des dommages causés aux étrangers constitue la seule exception possible au principe énoncé au paragraphe 1, et ce cas n’entre pas vraiment dans le cadre du projet d’articles”. Ouchakov, ibid., p. 10, par. 25. Ugualmente Tammes ha affermato che la non attribuzione allo Stato dei comportamenti manifestamente ultra vires non poteva essere prevista con riferimento alle violazioni delle norme di diritto internazionale volte a salvaguardare la pace e la sicurezza internazionale, bensì soltanto “aux cas relativement mineurs qui nécessitent l’exercise de la protection diplomatique”. Ibid., p. 12, par. 19. Si veda anche Yassen, ibid., p. 13, par. 25. 313 Ibid., p. 11, par. 29.314 Vedi supra, p. 74.315 Kearny, Annuaire de la Commission du Droit International, 1975, vol. I, p. 8, par. 13. Così anche Hambro, ibid., p. 12, par. 10. Quentin-Baxter ha espresso la medesima opinione prendendo ad esempio il caso Mantovani: il poliziotto italiano che aveva arrestato Mantovani sul territorio svizzero aveva sicuramente agito in maniera incompetente, ma tale circostanza non era stata ritenuta sufficiente ad esentare il Governo italiano dalla sua responsabilità internazionale. Ibid., p. 15, par. 37.

117

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rispetto a quella prevista nel diritto dei trattati. Un trattato internazionale è difatti concluso

in un contesto di buona fede, in cui gli organi legittimati alla sua conclusione sono

direttamente indicati all’art. 7 della Convenzione di Vienna. Se era evidente che l’organo di

una parte contraente non aveva la competenza a concludere il trattato, l’altra parte non può

lamentarsi se l’invalidità viene successivamente invocata. Nel contesto della responsabilità

internazionale, invece, la vittima si confronta con comportamenti di organi di un altro Stato

senza considerare se possono essere ritenuti fatti statali nell’ordinamento internazionale.

Soltanto in circostanze eccezionali l’ignoranza della parte lesa può avere un ruolo

determinante316.

Sette Camara riteneva che una tale limitazione al principio generale non avesse alcuna

ragion d’essere per un differente motivo. Nel caso in cui un organo agiva in maniera

manifestamente incompetente, la condotta era assimilabile a quella di un semplice privato

e, in base all’art. 11 del progetto che si occupava di comportamenti di privati, non poteva

essere attribuita allo Stato. Il secondo paragrafo dell’art. 10 era pertanto considerato

superfluo, in quanto considerava delle ipotesi che erano già ricomprese nel campo di

applicazione dell’art. 11317.

A seguito di tali osservazioni, il relatore speciale ha affermato che, nonostante il limite

della manifesta incompetenza trovasse riscontro nei dati offerti dalla prassi internazionale in

tema di trattamento degli stranieri, era preferibile non codificarlo al fine di evitare che uno

Stato potesse invocare scappatoie per sfuggire alla propria responsabilità internazionale318.

Nel corso del dibattito il relatore ha pertanto proposto di sopprimere il secondo

paragrafo oppure di conservarlo, modificandone però la formulazione nel senso seguente:

“l’attribution à l’Etat du comportement de l’organe n’est exclue que dans le

cas où il est manifeste que l’organe n’a agi qu’en qualité privée”319.

I membri della CDI hanno dubitato dell’opportunità di una tale disposizione. Dal

momento che già gli artt. 5, 7, 12 e 13 della prima parte del progetto prevedevano che

potevano essere attribuiti allo Stato soltanto i comportamenti di un organo che gode di tale

316 Tammes, ibid., vol. I, p. 11, par. 18.317 Sette Camara, ibid., vol. I, p. 16, par. 47. Egli riteneva inoltre che il paragrafo 2 dell’art. 10 fosse “une clause échappatoire pour les Etats désireux de se soustraire à leur responsibilité et s’écarte donc du propos de l’article, qui est de fermer toutes les portes de sortie”. Ibid. Così anche Sahovic, ibid., p. 9, par. 18; Ramangasoavina, ibid., p. 13, par. 23; El-Erian, ibid., p. 17, par. 51.318 Ago, Ibid., pp. 19 – 20. Si veda Condorelli, L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite, cit., p. 81 ss.; Pisillo Mazzeschi, “Due diligence” e responsabilità internazionale degli Stati, cit., p. 214 ss.319 Annuaire de la Commission du Droit International, 1975, vol. I, p. 18, par. 1.

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Page 120: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

status in base al diritto interno e che ha agito nella sua qualità ufficiale, ne derivava

logicamente che se un organo adottava un comportamento a titolo puramente privato, tale

comportamento non poteva essere attribuito allo Stato.

La precisazione contenuta nella nuova formulazione del secondo paragrafo era superflua

in quanto implicitamente contenuta nel testo delle disposizioni precedentemente citate 320 e

codificata all’art. 11 della prima parte del progetto321. La Commissione ha quindi deciso di

non prendere in considerazione l’incompetenza manifesta dell’organo come circostanza

suscettibile di escludere l’attribuzione di comportamenti allo Stato ed ha accolto in prima

lettura la seguente formulazione del principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires

dei propri organi:

“ Le comportement d'un organe de l'Etat, d'une collectivité publique

territoriale ou d'une entité habilitée à l'exercice de prérogatives de la puissance

publique, ledit organe ayant agi en cette qualité, est considéré comme un fait

de l'Etat d'après le droit international même si, en l'occurrence, l'organe a

dépassé sa compétence selon le droit interne ou a contrevenu aux instructions

concernant son activité. ”322.

L’aver agito in qualità ufficiale o nell’esercizio delle proprie funzioni è stato ritenuto

pertanto dalla Commissione l’unico criterio in grado di distinguere, tra i vari comportamenti

adottati da un individuo o ente che gode dello status organico, quali devono essere

considerati fatti attribuibili allo Stato e quali devono invece essere assimilati a fatti di

semplici privati.

La medesima condizione attributiva era già stata precedentemente codificata nell’art. 5

del progetto, che considera attribuibili allo Stato tutti i comportamenti tenuti dagli organi

nella propria qualità ufficiale.

L’art. 10 deve essere considerato, pertanto, un corollario di tale disposizione, volto a

sottolineare l’ininfluenza della regolarità di una condotta di un organo rispetto al diritto

interno ai fini della sua attribuzione allo Stato nell’ordinamento internazionale.

Benché alcuni membri della Commissione del diritto internazionale avessero fatto

riferimento alla condizione attributiva dei mezzi messi a disposizione dell’organo per il

320 Ramangasoavina, ibid., vol. I, p. 21, par. 10; Hambro, ibid., p. 21, par. 16.321 Sette Camara, ibid., p. 19, par. 4; Pinto, ibid., p. 20, par. 21. Si sono pronunciati a favore della soppressione del secondo paragrafo anche Ouchakov, ibid., p. 19, par. 6; Sahovic, ibid., p. 19, par. 7; Yasseen, ibid., p. 19, par. 8; Kearney, ibid., p. 19, par. 15; Martinez Moreno, ibid., p. 20, par. 24 e Quentin-Baxter, ibid., p. 20, par. 25.322 Annuaire de la Commission du droit international, 1996, vol. II, p. 48.

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Page 121: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

regolare svolgimento delle funzioni come criterio in grado di precisare quando una condotta

ultra vires deve essere riferita allo Stato323, di tale condizione l’art. 10 non fa menzione. Il

relatore, infatti, si era fermamente opposto in quanto a suo avviso la natura di fatto statale

di una condotta tenuta da un organo non può essere determinata dagli strumenti utilizzati

per il suo compimento. Difatti un organo statale potrebbe utilizzare i mezzi messi a

disposizione dallo Stato per lo svolgimento delle sue funzioni per tenere un comportamento

di natura puramente privata; allo stesso tempo la circostanza che esso non abbia fatto uso

di tali strumenti non significa necessariamente che una data condotta non possa essere ad

esso attribuita sul piano internazionale324.

Tale posizione è rinvenibile anche nel commentario della disposizione del progetto

adottato in prima lettura, secondo cui la qualità ufficiale con cui un organo agisce non può

essere determinata dall’uso dei mezzi della funzione. Ciò non toglie naturalmente che, nella

circostanza in cui un organo utilizzi i mezzi della funzione per adottare un comportamento in

qualità di privato, lo Stato possa comunque incorrere nella responsabilità internazionale in

ragione però del mancato rispetto degli obblighi di prevenzione o repressione spettanti ad

ulteriori organi statali325.

5. Le prese di posizione degli Stati con riferimento all’art. 10 adottato dalla Commissione

Gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno avuto modo di esprimersi nel 1975 sul

progetto di art. 10 adottato dalla CDI in prima lettura nel corso del dibattio sul rapporto della

CDI in seno alla sesta commissione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Numerose

sono state le prese di posizione con riferimento al principio dell’attribuzione allo Stato dei

fatti ultra vires dei propri organi.323 Facendo riferimento alla sentenza arbitrale resa nel caso Caire, Kearney aveva suggerito di sostituire l’espressione “pour autant qu’il ait agi en qualité d’organe” con “à moins qu’il ne soit manifeste que, lorsqu’il a agi ainsi, l’organe ou l’entité n’a exercé aucune des prérogatives de la puissance publique et n’a pas utilisé de moyens mis à sa disposition par l’Etat”. Cfr. Annuaire de la Commission du Droit International 1975, vol. I, p. 21, parr. 14-15. Reuter aveva sostenuto tale proposta dichiarando che “un acte commis par un agent public qui a perdu la raison est un acte de l’organe dès lors que cet agent a à sa disposition des moyens matériels qui lui sont fournis par l’Etat en tant qu’organe”. Ibid., p. 22, parr. 19-20. La formulazione proposta da Kearney era stata approvata anche da Pinto, ibid., p. 22, par. 22 e TABIBI, ibid., p. 23, par. 40.324 Annuaire de la Commission du droit international, 1975, vol. II, p. 75, par. 26. 325 “If a policeman off duty uses the weapon supplied to him by the State for the purpose of killing an alien of whom he is jealous, that is not sufficient, in the eyes of the Commission, to justify attributing such action to the State under international law. That does not mean, of course, that the State cannot, in certain circumstances, incur international responsibility in situations of this kind; but then the responsibility must be incurred through the act of organs other than the organ which committed the wrongful act. In other words, the conduct of organs acting in a purely personal capacity is entirely assimilable to the conduct of private persons which is dealt with in article 11 of the draft”. Yearbook of the International Law Commission, 1996, vol. II – 2, p. 44, par. 26.

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Nell’esprimere un’opinione circa la prima parte del progetto adottato dalla Commissione

del diritto internazionale in tema di responsabilità internazionale dello Stato, molti Stati si

sono mostrati favorevoli al principio espresso dall’art. 10, senza però motivare la propria

scelta326. Tra gli Stati che hanno sostenuto il principio, l’Oman e il Kuwait hanno sottolineato

l’irrilevanza del rispetto da parte dell’organo delle disposizioni di diritto interno in tema di

competenza o delle istruzioni impartitegli al fine dell’attribuzione delle sue condotte allo

Stato quale soggetto del diritto internazionale. Lo Stato difatti non può invocare il mancato

rispetto di disposizioni di diritto interno al fine di sfuggire alla propria responsabilità

internazionale327.

Alcuni Stati hanno criticato la scelta della condizione attributiva dell’aver agito nella

propria qualità ufficiale come criterio in grado di individuare quali comportamenti tenuti da

un organo possono essere considerati attribuibili allo Stato. Secondo il Paraguay, ad

esempio, il riferimento a tale condizione attributiva doveva essere eliminato dal testo

dell’art. 10, in virtù della difficoltà nella prassi internazionale di operare una distinzione tra i

comportamenti adottati da un organo nella sua qualità ufficiale e quelli tenuti come

privato328. Il delegato del Giappone, Yokota, pur accettando la formulazione della

Commissione secondo cui il solo criterio da applicare per l’attribuzione allo Stato dei

comportamenti ultra vires dei propri organi è la circostanza che abbiano agito nella loro

qualità ufficiale, ha espresso qualche perplessità.

Egli si preoccupava:

326 Così la Finlandia, Documents Officiels de l’Assemblée générale, trentième session, sixième commission, comptes rendus analytiques des séances (17 septembre – 5 décembre 1975), p. 42, par. 9; la Germania, ibid., p. 68, par. 3;l’Argentina, ibid., p. 74, par. 9; la Giamaica, ibid., p. 81, par. 20; la Svezia, ibid., p. 99, par. 22; la Turchia, ibid., p. 113, par. 17; il Cile, ibid., p. 119, par. 65; la Bolivia, ibid., p. 124, par. 30; lo Zambia, ibid., p. 137, par. 2; Israele, Documents Officiels de l’Assemblée générale, cinquante-troisième session, sixième commission, comptes rendus analytiques des séances, p. 8, par. 31.327 Il delegato dell’Oman, Al-Kindi, “considère comme essentiel que les Etats souverains assument la responsabilité des actes dommageables commis par leur organes, que ceux–ci aient agi ou non en dépassement de leur compétence ou en contradiction avec les instructions concernant leurs activités. Leur compétence ou leur instructions relèvent du droit interne et non du droit international ”, in Documents Officiels de l’Assemblée générale, trentième session, sixième commission, comptes rendus analytiques des séances (17 septembre – 5 décembre 1975), p. 108, par. 40. Il delegato del Kuwait, Al-Othman, ha ammesso che “l’Etat est responsable des actes commis par ses fonctionnaires dans l’exercice de leur fonctions, qu’ils aient agi ou non en dépassement de leur compétence. Les Etats ne pouvant alléguer les dispositions de leur droit interne pour se soustraire à leur responsabilité internationale…”, ibid., p. 133, par. 40.328 Si veda p. 65, par. 38. La medesima difficoltà è stata riconosciuta dalla Repubblica socialista sovietica della Bielorussia, ibid., p. 76, par. 32.

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“des difficultés que l’application de cette règle ne manquera pas de

soulever dans la pratique…Il n’est pas toujours facile d’établir dans un cas

donné en quelle qualité la personne en cause a agi”329.

Piena approvazione del principio, come formulato all’art. 10 da parte della Commissione,

è stata invece data dal Brasile. Il delegato del Governo brasiliano (oltre che membro della

Commissione), Sette Camara, ha ritenuto impossibile contestare la regola secondo cui uno

Stato è responsabile del comportamento dei propri organi e degli enti abilitati all’esercizio

del pubblico potere nel caso in cui abbiano agito nella loro qualità ufficiale, ma

contravvenendo alle disposizioni del diritto interno o alle istruzioni ricevute, in virtù della

necessità di garantire la sicurezza delle relazioni internazionali. L’intero istituto della

responsabilità internazionale, a suo parere, sarebbe stato fortemente minato nel caso in cui

l’attribuzione di una condotta allo Stato fosse stata fatta dipendere dalle regole in tema di

competenza stabilite dal diritto interno, le quali possono facilmente essere modificate dallo

Stato secondo le proprie esigenze mediante il ricorso alle procedure costituzionali.

La delegazione brasiliana ha inoltre visto con favore l’eliminazione del limite della

manifesta incompetenza dell’organo dal momento che:

“les actes qui dépassent manifestement la compétence des organes d’un

Etat ne sont évidemment, en effet, que de simples actes de personnes privées,

relevant à ce titre d’un article différent du projet, et en particulier de l’article 11

du projet d’articles”330.

La delegazione indonesiana, dopo aver individuato nella stabilità delle relazioni

internazionali la ragione per cui è necessario riconoscere l’attribuzione allo Stato delle

condotte ultra vires degli organi statali, ha invece sottolineato l’esigenza di limitare la

portata del principio enunciato all’art. 10. I dati offerti dalla prassi internazionale

dimostrerebbero che lo Stato non deve essere ritenuto internazionalmente responsabile dei

fatti illeciti dei propri organi nel caso in cui l’incompetenza dell’organo era manifesta e la

parte lesa avrebbe potuto evitare il suo verificarsi331.

329 Cfr, ibid., p. 106, par. 24. Si è espresso negli stessi termini anche il delegato dell’Iran, ibid.,p. 120, par. 4.330 Documents Officiels de l’Assemblée générale, trentième session, sixième commission, comptes rendus analytiques des séances (17 septembre – 5 décembre 1975), p. 62, par. 6 -7. Così anche il delegato delle Filippine, ibid., pp. 135–136, par. 65.331 Ibid., p. 121, par. 14.

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Nel dibattito in seno alla sesta Commissione dell’Assemblea Generale, soltanto due Stati

si sono mostrati contrari al principio attributivo espresso dall’art. 10.

Prendendo in considerazione il problema dalla sola prospettiva della responsabilità

internazionale dello Stato in caso di violazione delle disposizioni che regolano il trattamento

degli stranieri, il delegato cubano ha ritenuto impossibile che lo Stato debba rispondere in

ambito internazionale dei comportamenti dei propri organi che nell’agire non rispettano la

propria competenza, dal momento che la vittima, anche se è uno straniero, ha il diritto di

utilizzare i mezzi di ricorso interni332.

Durante il dibattito svoltosi nel 1975, anche il delegato del Bangladesh aveva ritenuto che

possono essere attribuiti allo Stato soltanto i comportamenti adottati dagli organi nel

rispetto dei limiti della competenza come stabiliti dal diritto interno333. Tuttavia

successivamente, nel 1979, durante la trentaquattresima sessione della sesta Commissione

dell’Assemblea Generale, il governo del Bangladesh ha ammesso che la condotta di un

organo che agisce nel mancato rispetto della propria competenza deve considerarsi

attribuibile allo Stato in linea con quanto previsto dall’art. 10 del progetto di articoli della

Commissione334.

Prima di procedere alla seconda lettura del progetto di articoli, la CDI ha deciso di

comunicare agli Stati membri delle Nazioni Unite i primi tre capitoli inerenti la sua prima

parte335. A seguito dell’approvazione di tale decisione da parte dell’Assemblea Generale, in

una lettera datata 18 gennaio 1979 il Segretario generale ha chiesto ai Governi di

comunicare per iscritto le loro osservazioni ed i loro commenti in merito alle disposizioni del

progetto.

Ad eccezione di qualche osservazione di pura forma riguardo alla redazione dell’art. 10,

nessun governo ha criticato il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei

propri organi.

In particolare il Governo del Cile ha ritenuto che tale disposizione trovava pieno riscontro

nei dati offerti dalla prassi internazionale e si fondava su considerazioni di ordine

meramente pratico, in quanto è impossibile per gli Stati sapere:

332 Idib., p. 85, par. 18. La delegazione cubana ha rigettato il principio attributivo codificato all’art. 10 anche l’anno successivo, durante la trentunesima sessione della sesta commissione dell’Assemblea Generale. Si veda Rapport de la Commission du droit international sur les travaux de sa vingt-huitième session, cit., p. 38, par. 97.333 Rapport de la Commission du droit international sur les travaux de sa vingt-septième session , cit., p. 112, par. 6.334 Rapport de la Commission du droit international sur les travaux de sa trente et unième session , cit., p. 10, par. 30.335 Si veda Annuaire de la Commission du droit international, 1978, vol. II, deuxième partie, p. 88, par. 92.

123

Page 125: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“de manière absolument sûre quand les organes étatiques ou les entités

connexes se maintiennent dans les limites fixées par la législation interne ou

quand ils les dépassent”336.

Al fine di garantire la sicurezza delle relazioni internazionali uno Stato deve pertanto

rispondere sul piano internazionale dei comportamenti non autorizzati dei propri organi in

quanto gli altri soggetti internazionali devono poter fare affidamento sulle scelte che esso

mostra di aver preso in riferimento al modo di essere della propria organizzazione.

L’apparenza creata dallo Stato attraverso il riconoscimento della qualità organica prevale

sulla circostanza che il comportamento adottato dall’organo in una data circostanza rifletta

effettivamente delle scelte da esso operate.

Anche i Governi dei Paesi Bassi337, della Jugoslavia338, della Repubblica federale di

Germania339 e della Mongolia340 hanno sostenuto il principio espresso dall’art. 10, senza però

motivare la propria scelta.

6. L’ampliamento della nozione di organo nel progetto di articoli adottato in seconda

lettura

A seguito dell’adozione in prima lettura del progetto di articoli sulla responsabilità

internazionale dello Stato nel 1996, il relatore speciale James Crawford, nel suo primo

rapporto, ha riesaminato gli articoli inerenti la prima parte del progetto341.

Accogliendo le critiche che erano state mosse da alcuni Stati342, il relatore ha in

particolare deciso di abbandonare l’idea secondo cui il riferimento al diritto interno è

l’esclusivo criterio al fine di determinare se un individuo gode della qualità di organo.

Crawford, pur non soffermandosi ad esaminare le ragioni che avevano indotto Ago ad

336 Observations et Commentaires, Annuaire de la Commission du droit international, 1980, vol. II, première partie, p. 95, par. 14.337 Ibid., p. 100, par. 8.338 Ibid., p. 103, par. 12.339 Observations et Commentaires, Annuaire de la Commission du Droit International, 1981, vol. II, première partie, p. 74.340 Ibid., p. 77, par. 3.341 CRAWFORD, First Report on State Responsibility, in Yearbook of the International Law Commission, 1998, vol. II, p. 35, par. 163.342 Secondo il Regno Unito “If the [municipal] law itself designates the organ as an organ of the State, it may be appropriate for international law to adopt a similar position. If, however, the municipal law of a State does not treat an organ as part of the State, it does not necessarily follow that the organ’s acts are not attributable to the State. The municipal law cannot have determinative effect in this context: attribution is a matter for international law”. Tale tesi è stata sostenuta anche dagli Stati Uniti. Cfr. Comments and Observations, in Yearbook of the International Law Commission, 1998, vol. II, p. 106.

124

Page 126: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

identificare l’organizzazione dello Stato sul piano internazionale con la sua organizzazione

giuridica interna, ha fondato invece la ricostruzione teorica del fenomeno attributivo

sull’idea che lo Stato è un ente reale organizzato, i cui organi sono tutti gli individui o enti

che compongono tale organizzazione.

Il riferimento al diritto interno risulterebbe a suo parere insufficiente al fine di accertare

la qualità di organo, sia perché in numerosi ordinamenti interni la prassi ha un ruolo

preminente a tal riguardo sia perché il diritto interno potrebbe non classificare in modo

esaustivo gli individui o enti che hanno tale qualità343. Il principale argomento addotto dal

relatore a sostegno della sua tesi concerne il timore di un uso distorto da parte dello Stato

del criterio del riferimento esclusivo al diritto interno, in grado di minare la sicurezza delle

relazioni internazionali.

Far dipendere l’attribuzione di un fatto illecito allo Stato dall’accertamento della qualità

di organo in base al criterio del riferimento esclusivo al suo diritto interno, avrebbe potuto

infatti essere da esso sfruttato al fine di sfuggire alla responsabilità internazionale invocando

l’impossibilità di considerare come propria la condotta tenuta da individui che, pur

risultando effettivamente integrati nella sua struttura di governo, non godono dello status

organico a causa dell’inesistenza di un legame formale di diritto interno344.

L’art. 4 del testo di articoli adottato in seconda lettura dalla Commissione segue le

indicazioni fornite dal relatore Crawford, non individuando nel riferimento al diritto interno

il criterio esclusivo al fine dell’accertamento di quali individui o enti godono della qualità

organica. La disposizione, corrispondente all’ 5 del progetto di articoli adottato in prima

lettura, prevede che:

343 Tali argomenti addotti dal relatore per giustificare l’abbandono del riferimento esclusivo al diritto interno sono stati criticati in dottrina. Per quanto concerne il peso che la prassi ha in numerosi ordinamenti nell’individuazione della qualità di organo, è ad esempio stato notato che l’art. 5 del progetto adottato in prima lettura già comprendeva in realtà un riferimento ad eventuali prassi costitutive o modificative di regole giuridiche. Con riferimento invece al secondo, è stato sottolineato che risulta irrilevante dal punto di vista del diritto internazionale l’uso di un particolare termine nell’ordinamento interno in quanto ciò che realmente conta è la possibilità di ricavare da esso delle indicazioni in grado di attestare l’esistenza di un legame sufficientemente stretto. Per tali considerazioni, si veda PALCHETTI, op. cit., pp. 31-32.344 Particolare preoccupazione circa la possibilità per gli Stati di sottrarsi alla propria responsabilità internazionale è stata mostrata a tal riguardo anche da parte di alcuni membri della Commissione durante il dibattito sul progetto di articoli. Secondo Simma, ad esempio, “…considerations of legal certainty came into play and tended to limit the scope of general references to internal law”. In Yearbook of the International Law Commission, 1998, vol. I, p. 239. In quanto presidente del Comitato di redazione, sempre Simma, ha riconosciuto “the supplementary role of international law in situations in which internal law does not provide any classification or provides an incorrect classification of a person or an entity which in fact operates as a State organ within the organic structure of the State”. Cfr. Statement of the Chairman of the Drafting Committee, p. 6.

125

Page 127: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“ The conduct of any State organ shall be considered an act of that State

under international law, whether the organ exercises legislative, executive,

judicial or any other functions, whatever position it holds in the organization of

the State, and whatever its character as an organ of the central Government or

of a territorial unit of the State.

An organ includes any person or entity which has that status in accordance

with the internal law of the State”.

Il par. 2 della disposizione, stabilendo che “an organ includes any person or entity which

has that status in accordance with the internal law of the State”, ammette in maniera

implicita che esistono ulteriori criteri di diritto internazionale, differenti rispetto al

riferimento al diritto interno, attraverso cui è possibile accertare lo status di organo.

L’estensione della nozione di organo risulta anche da alcune indicazioni fornite dal

commentario, dove si nota che non è sufficiente il riferimento al diritto interno ai fini

dell’accertamento dello status organico, dal momento che:

“while the State remains free to determine its internal structure and

functions through its own law and practice, international law has a distinct

role”345.

Sempre il commentario sembra chiarire inoltre che il legame fattuale a cui si riferisce

implicitamente la disposizione è cosa diversa dal criterio di attribuzione di condotte

corrispondente alla circostanza in cui lo Stato esercita un effettivo controllo sui

comportamenti adottati da individui o enti, criterio contemplato in un ulteriore articolo346.

Alla luce dei lavori della Commissione, la nozione di organo nel progetto adottato in via

definitiva sembra quindi individuare coloro che sono effettivamente integrati

nell’organizzazione statale mediante una connessione molto intensa, grazie a cui si realizza

la massima identificazione tra un individuo o ente e la struttura di governo dello Stato, siano

essi o meno organi dello Stato secondo il diritto interno.

La regola formulata dalla Commissione ha il limite di indicare in maniera eccessivamente

vaga i criteri da utilizzare per stabilire quando un individuo o ente deve essere considerato

organo dello Stato. Al di là della esplicita enunciazione del criterio del riferimento al diritto

345 In Yearbook of the International Law Commission, 2001, p. 39, par. 6.346 Nel chiarire l’ambito di applicazione del criterio dell’organo, il commentario all’art. 4 precisa che “certain acts of individuals or entities which do not have the status of organs of the State may be attributed to the State in international law, and these cases are dealt with in later articles of this chapter”. In Ibid., p. 40, par. 2.

126

Page 128: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

interno statale, non è chiarito infatti quali siano le altre circostanze in presenza delle quali è

possibile accertare la qualità organica347. Allo stesso tempo, pur non identificandole, la

disposizione ammette però implicitamente che ci sono delle circostanze in cui uno stretto

legame fattuale con lo Stato permette di assimilare un individuo o ente a coloro che sono

organi in base al diritto interno. Il commentario al progetto di articoli attribuisce al

riferimento al diritto interno un ruolo primario nella determinazione della qualità organica,

lasciando supporre che gli altri criteri abbiano essenzialmente un ruolo integrativo348.

Il silenzio della Commissione a tale riguardo non permette comunque di chiarire quale sia

il reale ambito di operatività della modifica introdotta in seconda lettura, cioè se la

possibilità di considerare organo dello Stato un individuo o un gruppo che non hanno tale

qualità in base al diritto interno abbia la sola finalità di rendere meno rigido il criterio del

riferimento esclusivo al diritto interno oppure se permetta di riconoscere lo status organico

a tutti coloro che sulla base di elementi fattuali risultano effettivamente integrati nella

struttura di governo dello Stato.

7. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nel primo rapporto di

Crawford

Con riferimento all’art. 10 adottato in prima lettura, il relatore Crawford ha condiviso il

principio dell’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires dei propri organi e ha

sottolineato che il carattere assoluto della sua formulazione trovava pieno riscontro nei dati

offerti dalla prassi internazionale.

Nonostante tale principio fosse a suo avviso incontestabile, Crawford ha ritenuto che ci

fosse una difficoltà pratica nel distinguere le condotte ultra vires tenute dagli organi

nell’esercizio delle proprie funzioni dai comportamenti da essi adottati totalmente al di fuori

della loro qualità ufficiale, comportamenti questi da assimilare a quelli di semplici privati.

Secondo il relatore, tale problema era di facile risoluzione con riferimento alle condotte

347 Nel corso del dibattito in seno alla Commissione, il relatore speciale Crawford ha osservato: “Many factors must be taken into consideration in that connection, including the structure of the organ, its responsibility vis-à-vis the central Government, and whether its employees had the status of public servants. It would also be necessary to examine what the courts had decided in the similar context of State immunity, where distinction had had to be made between the State and its various entities”. In Yearbook of the International Law Commission, 1998, vol. I, p. 244.348 “In determining what constitutes an organ of a State for the purposes of responsibility, the internal law and practices of each State are of prime importance […]. But while the State remains free to determine its internal structure and functions through its own law and practice, international law has a distinct role”. In Yearbook of the International Law Commission, 2001, p. 39, par. 6.

127

Page 129: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

tenute dagli organi in maniera sistematica o ricorrente, in quanto si presupponeva che lo

Stato ne fosse a conoscenza e facesse il possibile per prevenirle. In altre circostanze, invece,

si trattava di stabilire se l’individuo o ente appariva effettivamente agire in qualità ufficiale.

Anche il relatore Crawford, pertanto, ha ritenuto l’aver agito in qualità ufficiale o

nell’esercizio delle proprie funzioni l’unico criterio in grado di distinguere, tra i vari

comportamenti adottati da un individuo o ente che gode dello status organico, quali devono

essere considerati fatti attribuibili allo Stato e quali possono invece essere assimilati ad atti o

omissioni di semplici privati.

L’unico problema da risolvere a suo parere era stabilire se la formulazione dell’articolo

dovesse essere modificata in modo tale da mettere maggiormente in evidenza il principio

secondo cui uno Stato è tenuto a rispondere in ambito internazionale di tutti i

comportamenti adottati da un organo, a patto che all’esterno appaia agire nella sua qualità

ufficiale349.

Occorre precisare che sia i membri della Commissione sia gli Stati membri delle Nazioni

Unite, questi ultimi nel corso del dibattito sul rapporto della CDI in seno alla sesta

commissione dell’Assemblea generale, non si sono espressi con riferimento al principio

dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi.

8. L’art. 7 del progetto adottato in seconda lettura: elementi comuni e di distinzione rispetto all’art. 10 adottato in prima lettura

Una lettura sistematica delle disposizioni in tema di attribuzione di condotte, contenute

nel progetto adottato nel 2001 in seconda lettura, consente di comprendere le modifiche

introdotte su proposta del relatore speciale Crawford al principio della riferibilità allo Stato

delle condotte tenute ultra vires dai propri organi e dagli organi di enti a cui sia stato

formalmente delegato l’esercizio di prerogative del pubblico potere.

L’art. 7 del progetto adottato in seconda lettura (corrispondente all’art. 10 del progetto

adottato in prima lettura) enuncia:

“ The conduct of an organ of a State or of a person or entity empowered to

exercise elements of the governmental authority shall be considered an act of

349 Secondo il relatore, ad esempio, sembrava difficile poter sostenere che un funzionario doganale che commetteva un illecito ultra vires agendo in maniera stravagante e per fini privati, mentre era in servizio e facendo uso dei mezzi messi a disposizione, avesse realmente agito nella sua qualità ufficiale. L’attribuzione di tale fatto illecito poteva avvenire sulla base del fatto che l’organo, esternamente, appariva comunque agire nella sua qualità ufficiale. CRAWFORD, First Report, cit., p. 32, par. 243.

128

Page 130: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

the State under international law if the organ, person or entity acts in that

capacity, even if it exceeds its authority or contravenes instructions. ”350.

Il commentario di tale disposizione mette in evidenza come qualsiasi regola diversa da

quella codificata avrebbe contraddetto un principio di diritto internazionale generale,

secondo cui uno Stato non può fare riferimento al diritto interno al fine di negare che una

certa condotta è ad esso attribuibile nell’ordinamento internazionale. Lo Stato deve

pertanto riconoscere di aver agito ogniqualvolta un organo appaia aver adottato un

comportamento nella sua capacità ufficiale. A differenza della disposizione contenuta nel

progetto adottato in prima lettura, l’art. 7 non fa menzione però del diritto interno come

parametro in funzione del quale controllare il rispetto da parte di un organo dei limiti della

propria competenza.

L’art. 7 difatti considera attribuibile allo Stato una condotta di un organo “even if it

exceeds its authority or contravenes instructions”, mentre l’art. 10 stabiliva che lo Stato

deve rispondere a livello internazionale di un comportamento tenuto da un proprio organo

“even if, in the particular case, the organ exceeded its competence according to internal law

or contravened instructions concerning its activity”.

Tale modifica è stata introdotta in seconda lettura su impulso del relatore speciale

Crawford con l’intento di armonizzare tale disposizione con il contenuto dell’art. 4, par. 2,

che non considera più il diritto interno l’unico metro valido a determinare quali individui o

enti godono dello status di organo351.

Sebbene, come precedentemente rilevato352, anche in prima lettura il riferimento al

diritto interno non avesse il carattere di criterio esclusivo ai fini dell’attribuzione di condotte

allo Stato, la soluzione prospettata dal relatore Ago prevedeva l’identificazione degli organi

statali unicamente con gli individui o enti che possedevano tale qualità in virtù

dell’ordinamento interno. Il problema dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires,

pertanto, sorgeva esclusivamente con riferimento ad individui o enti legati allo Stato da un

rapporto formale: era necessario operare un rinvio all’ordinamento interno al fine di

determinare se la competenza dell’organo in questione era stata rispettata o meno.

350 Draft articles on Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts with commentaries, Yearbook of the International Law Commission, 2001, vol. II, p. 47.351 “It is, however, proposed that the concluding phrase in article 10 be amended to read “even if, in the particular case, the organ or entity exceeded its authority or contravened instructions concerning its exercise”. This is clearer, as well as consistent with the proposal already made to delete the reference to internal law in article 5”. CRAWFORD, First Report, cit., p. 33, par. 243. 352 Vedi supra, p. 112.

129

Page 131: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

In seconda lettura la Commissione ha ampliato – come si è detto353 - la nozione di organo

riconoscendo l’esistenza di tale status in presenza di un’effettiva integrazione di un

individuo o ente nell’organizzazione statale, ammettendo così in maniera implicita la

possibilità che in alcuni casi tale rapporto organico possa basarsi su un legame di fatto

esistente tra un individuo o ente e lo Stato, piuttosto che sulle prescrizioni del diritto

interno.

Ciò ha come conseguenza che, almeno in via di principio, l’attribuzione di fatti ultra vires

possa avvenire anche con riferimento a comportamenti di individui o enti che godono della

qualità organica in virtù di un legame fattuale, a tal punto stretto con lo Stato, da

determinarne l’integrazione nella sua struttura di governo.

L’assenza di riferimenti precisi, da parte della CDI, a dati della prassi internazionale

sembra suffragare l’ipotesi che l’eliminazione di qualsiasi riferimento al diritto interno sia

stata apportata dalla Commissione sulla base di mere considerazioni teoriche, allo scopo di

garantire coerenza con altre disposizioni del medesimo progetto. La regola formulata in

seconda lettura dalla Commissione, infatti, non indica in quale modo sia possibile accertare

l’esistenza dello status di organo e le competenze ad esso spettanti sulla base della

rilevazione di elementi fattuali, rendendo più incerto l’ambito applicativo del regime

attributivo fondato sulla nozione di organo.

Sezione II.

LA PRASSI E LA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALE CONTEMPORANEE E SUCCESSIVE AI

LAVORI DI CODIFICAZIONE DELLA COMMISSIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

1. Premessa

Per ragioni di sistematicità dell’esame dei dati offerti dalla prassi internazionale, anche

con riferimento alla prassi più recente la trattazione verrà distinta fra prese di posizione

degli Stati e giurisprudenza internazionale. Occorre evidenziare l’indubbia importanza che

tali manifestazioni della prassi assumono rispetto all’accertamento della regola

dell’attribuzione allo Stato dei fatti illeciti ultra vires dei propri organi.

353 Vedi supra, p. 129 ss.130

Page 132: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Come vedremo354, nella giurisprudenza internazionale recente si è fatto frequentemente

ricorso alla regola secondo cui devono considerarsi fatti dello Stato sul piano internazionale

tutte le condotte tenute dagli organi nella loro qualità ufficiale, mentre scarseggiano invece

le prese di posizione degli Stati in cui tale criterio attributivo viene enunciato.

Per quanto concerne la sezione dedicata alla giurisprudenza internazionale, sono state

incluse nella trattazione anche sentenze rese da alcuni tribunali la cui natura propriamente

“internazionale” è stata talora messa in discussione, quali ad esempio il tribunale Iran/Stati

Uniti e i tribunali arbitrali istituiti mediante ricorso all’ICSID. La giurisprudenza di tali

tribunali risulta tuttavia rilevante ai fini della presente indagine dal momento che nei casi

esaminati la controversia è stata risolta secondo gli arbitri alla luce di quanto stabilito dalle

norme di diritto internazionale. Si è ritenuto infine opportuno includere anche un parere

reso dal Comitato dei diritti dell’uomo, in quanto organo internazionale dalle funzioni “para-

giurisdizionali”.

A causa probabilmente anche della complessità di reperire i documenti diplomatici più

recenti, si riscontrano numerose difficoltà nell’individuare dei casi della prassi in cui dalla

descrizione delle circostanze risulta che la responsabilità internazionale di uno Stato sia

stata riconosciuta nonostante la condotta fosse stata tenuta dall’organo statale ultra vires.

Sovente quanto risulta da notizie apparse sulla stampa periodica o su riviste giuridiche

specializzate relativamente a controversie in cui si è posto il problema della responsabilità

per fatti di organi incompetenti non è sufficiente a ricostruire le argomentazioni degli Stati.

Indubbiamente la posizione degli Stati in questo periodo risulta maggiormente dalle

argomentazioni delle parti dinanzi i tribunali, che si è preferito però esaminare nella sezione

dedicata alla giurisprudenza al fine di non frammentare la trattazione dei casi presi in

esame.

Tenendo sempre conto del criterio cronologico, si è provveduto ad organizzare l’esame

della prassi diplomatica non più in funzione dell’area geografica di appartenenza dello Stato

autore della presa di posizione, bensì intorno ad alcune ipotesi rispetto alle quali, nel corso

degli ultimi decenni, con più frequenza si sono avute prese di posizione degli Stati con

riferimento al compimento di un fatto illecito ultra vires da parte dei propri organi.

Le ipotesi alle quali si fa riferimento sono, in particolare, l’abbattimento di velivoli o

l’affondamento di natanti stranieri, la violazione delle frontiere e il mancato rispetto

dell’inviolabilità personale degli agenti diplomatici. Rispetto alle suddette ipotesi, si

procederà quindi ad accertare in primis se il fatto sia stato effettivamente tenuto da un

354 Vedi infra, p. 145 ss.

131

Page 133: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

organo nel mancato rispetto della competenza o delle istruzioni ricevute, e in secundis quale

sia stato l’atteggiamento degli Stati coinvolti con riferimento al riconoscimento di tali fatti

come fatti dello Stato sul piano internazionale.

2. La prassi degli Stati

In ragione delle difficoltà di reperire la prassi recente relativa a controversie risolte in via

diplomatica, le prese di posizione di Stati che ci si appresta ad esaminare offrono

indubbiamente pochi spunti di riflessione. Malgrado la frammentarietà della prassi e la

difficoltà di ricostruire esattamente l’atteggiamento degli Stati in proposito, i casi esaminati

sembrano confermare che gli Stati devono rispondere internazionalmente anche dei fatti

ultra vires tenuti dai propri organi.

Nella seconda parte del ventesimo secolo in numerose circostanze gli Stati hanno

riconosciuto la propria responsabilità internazionale per l’abbattimento di velivoli o

l’affondamento di natanti stranieri da parte dei propri organi. Anche se non risulta sempre

evidente dall’esposizione dei fatti che gli individui-organi abbiano agito nel mancato rispetto

del diritto interno o delle istruzioni ricevute, sembra importante notare come in epoca

recente nessuno Stato abbia più tentato di sfuggire alla propria responsabilità internazionale

per un fatto illecito di un proprio organo obiettando che si trattasse di un fatto assimilabile a

quello di un privato in quanto tenuto ultra vires. Si pensi, ad esempio, all’incidente del 21

febbraio 1973, quando un aereo di linea libico B–727 è stato abbattuto da alcuni aerei da

guerra israeliani mentre sorvolava la penisola del Sinai durante un volo diretto al Cairo355.

Inizialmente Israele ha rigettato la propria responsabilità internazionale sostenendo che i

suoi organi non avevano commesso alcun tipo di illecito, bensì avevano agito nel rispetto

delle disposizioni del diritto internazionale. Soltanto in un secondo momento il Governo

israeliano ha espresso il suo cordoglio e ha riconosciuto la propria responsabilità

internazionale per il comportamento dei propri organi, accettando di pagare un

risarcimento di 30, 000 dollari per ciascuna vittima. La responsabilità internazionale di

Israele per tale disastro aereo è stata inoltre affermata in una risoluzione del Consiglio

dell’ICAO356.

Dalla descrizione dei fatti è estremamente difficile capire se l’organo abbia agito

oltrepassando la propria competenza contravvenendo alle istruzioni o alle disposizioni del

proprio ordinamento interno. Ai fini della presente indagine preme in ogni modo rilevare

355 American Journal of International Law, vol. 83,1989, p. 339.356 ICAO Doc. 9073 – C/1011.

132

Page 134: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

come Israele non abbia eccepito la circostanza che la condotta era stata tenuta dai propri

organi ultra vires al fine di non risponderne nell’ordinamento internazionale.

Una vicenda che ha suscitato grande scalpore nella comunità internazionale, a causa

dell’elevato numero delle vittime, è stato l’incidente aereo del 1° settembre 1983.

La mattina di tal giorno, un aereo coreano con 269 persone a bordo è stato abbattuto da

alcuni aerei da guerra dell’URSS a seguito della sua penetrazione nello spazio aereo sovietico

sul mare di Okhotsk357. Una settimana dopo il disastro aereo, nel Consiglio di sicurezza delle

Nazioni Unite l’ambasciatore statunitense Kirkpatrick ha criticato l’Unione Sovietica per non

avere riconosciuto la propria responsabilità internazionale per quanto accaduto:

“Had the Soviet Government taken responsibility for the action, admitted

that a terrible mistake had been made, offered compensation to the families

for the loss of life, and in co-operation with other States, undertaken a review

of the incident to ensure that such a tragedy would not recur, then the

consequences of the event would have been contained and, to the degree

possible, minimized”358.

Il giorno successivo alla presa di posizione degli Stati Uniti, il capo delle forze armate

sovietiche ha tenuto una conferenza stampa sul disastro aereo nel corso della quale ha

espresso il suo cordoglio, ma ha allo stesso tempo rigettato la responsabilità internazionale

dell’Unione Sovietica sostenendo che si potesse ammettere soltanto una responsabilità

personale degli autori di tale comportamento359. L’Unione Sovietica non ha successivamente

presentato scuse ufficiali, né ha pagato una cifra a titolo di risarcimento.

Una vicenda in riferimento alla quale è possibile sostenere che ci sia stata una implicita

affermazione del principio della responsabilità internazionale dello Stato per attività ultra

vires di propri organi è il caso U.S.S. Stark360.

Il 17 maggio 1987, la fregata U.S.S Stark, mentre stazionava nel Golfo Persico a circa 70

miglia dalle coste del Bahrain, è stata colpita da due missili sparati da un aereo da guerra

irakeno: 37 membri dell’equipaggio furono uccisi dall’esplosione e numerosi altri furono

gravemente feriti.

357 American Journal of International Law, vol. 83, 1989, pp. 340–341.358 UN Doc. S/PV.2474 (1983).359 “I’m certain that you all know that the Soviet Union’s Government has expressed his grief about the death of innocent people who were abroad the plane. As far as responsibility and not only financial responsibility is concerned, that falls on those who sent them to their deaths”. Marshal Nikolai V. Ogarkov, conferenza stampa del 9 settembre 1983 riprodotta in N.Y. Times, 10 settembre 1983, p. 4, colonne 1–6.360 American Journal of International law, vol. 83, 1989, p. 561 ss.

133

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In una lettera inviata al Presidente statunitense Reagan, il Presidente iracheno Saddam

Hussein ha espresso il suo “deepest regret for the tragic and unintentional incident” e si è

augurato che tale tragedia non compromettesse le relazioni tra i due paesi361.

In una nota diplomatica presentata il 20 maggio 1987 all’ambasciatore irakeno a

Washington, l’Assistente del Segretario di Stato ha esposto la posizione degli Stati Uniti con

riferimento all’attacco e ha sottolineato l’esigenza che il Governo irakeno riconoscesse la

propria responsabilità internazionale per l’accaduto, fornisse delle assicurazioni e garanzie

di non reiterazione e pagasse una somma di denaro a titolo di risarcimento 362. Il Ministro

degli Affari Esteri irakeno ha infine comunicato di accettare la richiesta americana del

pagamento di un risarcimento del danno in una nota diplomatica inviata all’Ambasciata

americana a Baghdad il 21 maggio 1987363. Alla luce delle circostanze fattuali, sembra

possibile ritenere che nel caso di specie gli organi avessero oltrepassato la propria

competenza contravvenendo alle istruzioni o alle disposizioni del proprio ordinamento

interno. Rileva pertanto ai fini della presente indagine l’atteggiamento dei Governi

favorevole a riconoscere la responsabilità internazionale dello Stato per gli illeciti commessi

dai propri organi nell’esercizio delle funzioni, indipendentemente dal rispetto delle norme

interne sulla competenza.

Con riferimento all’ipotesi di mancato rispetto dell’inviolabilità personale degli agenti

diplomatici, una vicenda in cui il Governo degli Stati Uniti ha riconosciuto la propria

responsabilità internazionale per un comportamento non autorizzato di propri organi è il

caso Guerrero del 10 agosto 1971364. Il console generale della Repubblica dominicana a Los

Angeles, Pablo Guerrero, e sua moglie erano corsi in aiuto dei propri vicini che si erano feriti

scivolando dal marciapiede. Mentre stavano portando i feriti in ospedale, i coniugi sono stati

fermati dalla polizia. Gli agenti, dopo aver messo le manette alla moglie del console, l’hanno

violentemente sbattuta contro la vettura procurandole una frattura alla spalla. Anche il

console Guerrero ha ricevuto il medesimo trattamento, senza ricevere ascolto mentre

361 Department of State, American Foreign Policy: current documents, 1987, p. 422.362 “The U.S.S STARK was attacked […] while […] engaged in peaceful activities in international waters. At the timeof the attack, the U.S.S. Stark was flying the American flag and its identification was clearly indicated in large white numerals on its hull. The U.S.S. Stark twice notified the Iraqi aircraft that it was approaching a U.S. warship [...].The United States Government expects that the Government of Iraq will accept its liability in accordance with international law and provide full compensation for the deaths, personal injuries, and the property damage sustained in this tragic event”. American Journal of International law, vol. 83, 1989, p. 562.363 “The Iraqi Government, respectful of the requirements of international law and concerned for the good relations with the United States of America and friendship between the Iraqi and the American peoples, agrees to give compensation for the unfortunate and unintentional accident which occurred [ …]”. Ibid., p. 563.364 ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue générale de droit public, 1972, pp. 1152–1153.

134

Page 136: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

eccepiva di godere dell’immunità consolare. Quando, alla stazione di polizia, è stata

scoperta l’identità delle persone arrestate, gli agenti hanno dichiarato di essere desolati per

l’incidente e le autorità americane hanno presentato pubbliche scuse. Anche in tale caso lo

Stato ha riconosciuto la propria responsabilità internazionale per i fatti tenuti dai propri

organi, nonostante nel caso di specie avessero presumibilmente agito in violazione delle

disposizioni del diritto interno.

Una ulteriore vicenda in cui non è stato eccepito il mancato rispetto delle disposizioni di

diritto interno nell’adozione di un comportamento illecito da parte di un organo ai fini del

rigetto da parte di uno Stato della natura statale della condotta e della sua conseguente

responsabilità internazionale è il caso Lazo Vracaritch365.

Un cittadino iugoslavo di nome Lazo Vracaritch, ex capitano delle forze della resistenza,

era stato arrestato a Monaco di Baviera il 2 novembre 1961 su mandato del Dipartimento

del Consiglio di Stato di Costanza con l’accusa di aver ucciso alcuni soldati tedeschi durante

l’occupazione della Iugoslavia nel 1941.

A seguito di una protesta ufficiale da parte del Governo iugoslavo per un arresto

avvenuto in contrasto con la normativa adottata a seguito della sconfitta della Germania

hitleriana, il Ministro degli affari esteri tedesco ha dichiarato che né il Ministro della giustizia

di Baden-Württemberg né il Ministro Federale erano al corrente di quanto accaduto366.

Subito dopo la scarcerazione di Vracaritch e la presentazione di pubbliche scuse da parte

delle autorità giudiziarie tedesche, il Ministro federale della Giustizia ha dichiarato che

l’incidente era da attribuire ad un errore di un funzionario burocratico e che erano state

prese le necessarie misure affinché non si ripetessero episodi di tal genere.

Il Governo iugoslavo non ha considerato sufficienti le scuse delle autorità giudiziarie

tedesche al fine della risoluzione della controversia e ha richiesto il pagamento di una

somma a titolo di risarcimento a favore del proprio cittadino. Il Governo tedesco non ha

fatto altro che rinnovare le scuse, ignorando invece le ulteriori richieste del Governo

jugoslavo.

Si può osservare che anche il Governo tedesco non ha messo in discussione l’attribuzione

allo Stato federale del comportamento dell’organo giudiziario benché fosse stato adottato in

violazione del diritto interno ed ha pertanto ritenuto appropriato risponderne in ambito

internazionale.

Un caso della prassi in cui è particolarmente difficile stabilire dalla descrizione dei soli

fatti se l’organo ha agito in connivenza con il suo Governo oppure ha oltrepassato la propria

365 ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue générale de droit public, 1962, pp. 376 – 379.366 Ibid., p. 377.

135

Page 137: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

competenza contravvenendo alle istruzioni o alle disposizioni del proprio ordinamento

interno è il caso Drew, risalente al 1978. Un dipendente dell’ambasciata britannica, di nome

Richard Drew, era stato prelevato dalla sua autovettura a Bagdad da alcuni agenti della

polizia irakena, era stato condotto in una stazione di polizia e successivamente picchiato367.

Secondo alcuni autori non si è trattato di un comportamento illecito adottato da organi

che agivano ultra vires, ma di una condotta tenuta su istruzioni del Governo irakeno come

reazione ad un episodio avvenuto qualche giorno prima, quando un diplomatico irakeno a

Londra era stato condotto in una stazione di polizia per aver violato alcune regole del codice

stradale368.

Un episodio invece in cui la violazione delle disposizioni del diritto interno risulta palese

risale al 1983, quando un poliziotto sudafricano ha picchiato e fratturato un braccio ad un

diplomatico dello Zimbabwe, di nome Buyanga, in ragione del suo rifiuto di lasciar perquisire

la propria autovettura alla frontiera tra i due Stati369. Nonostante la condotta fosse

evidentemente contraria alle disposizioni di diritto interno, il 4 gennaio 1984 il Ministro degli

affari esteri del Sudafrica ha riconosciuto attribuibile allo Stato sudafricano il

comportamento dell’agente presentando le proprie scuse ufficiali al Governo dello

Zimbabwe.

Nella prassi internazionale degli ultimi decenni sono stati infine registrati numerosi

episodi in cui gli organi di uno Stato hanno violato la sovranità territoriale di un altro Stato

non rispettando le norme sulla competenza. Uno dei casi più significativi della prassi recente

in tema di responsabilità internazionale dello Stato per fatti ultra vires dei propri organi

concerne questa ipotesi.

Il 18 febbraio 1962, due aerei militari, impegnati in una semplice missione di ricognizione

del territorio algerino, erano entrati nello spazio aereo del Marocco ed avevano bombardato

un centro di addestramento del Fronte di liberazione nazionale algerino, causando la morte

di cinque persone ed il ferimento di altre quaranta.

L’Ufficio stampa delle forze militari francesi in Algeria ha immediatamente pubblicato un

comunicato in cui l’accaduto veniva descritto come un comportamento non autorizzato di

due piloti che avevano “trahi la confiance de leurs chefs et abandonnant leur mission

étaient allés attaquer….un objectif au Maroc”370.

A seguito di una protesta ufficiale del Governo marocchino presso l’ambasciata di Francia

a Rabat, il Ministro degli affari esteri francese ha riconosciuto la responsabilità

367 ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue générale de droit public, 1979, p. 182.368 Ibid., p. 523.369 ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue générale de droit public, 1988, pp. 654–655.370 ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue général de droit public, 1963, p. 176.

136

Page 138: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

internazionale del proprio Stato per il raid dei due aerei presentando scuse ufficiali

all’ambasciata del Marocco a Parigi. Reputando il comportamento un fatto dello Stato, un

Tribunale militare ha inoltre condannato i due piloti a venti anni di reclusione per “actes

hostiles non approuvés par le gouvernement et de nature à exposer la France à une

déclaration de guerre..”371.

Sempre con riferimento all’ipotesi di violazione della sovranità territoriale di uno Stato

da parte di organi che hanno agito nel mancato rispetto delle norme sulla competenza, è

possibile inoltre citare il caso Mantovani. Nel marzo del 1975, tre ispettori della polizia

italiana hanno arrestato nella città svizzera di Lugano un cittadino italiano, certo

Mantovani372. Dopo averlo ammanettato, i tre ispettori lo hanno portato con la forza nella

enclave italiana di Campione e hanno tentato di fargli firmare una dichiarazione in cui

avrebbe riconosciuto di essere stato arrestato in territorio italiano. A seguito dell’intervento

della polizia ticinese, Mantovani è stato nuovamente ricondotto in territorio svizzero.

Qualche giorno più tardi il Dipartimento di giustizia federale ha pubblicato un

comunicato in cui veniva precisato che tale incidente di frontiera doveva essere attribuito

all’eccessivo zelo di sottufficiali della polizia italiana373. Il riconoscimento da parte del

Governo italiano del comportamento dei propri organi come fatto statale di cui dover

rispondere in ambito internazionale è provato dalla presentazione di scuse ufficiali per la

violazione della sovranità territoriale e dall’assicurazione sia di adottare idonee misure ad

evitare il verificarsi di episodi similari sia di punire gli organi che avevano agito all’insaputa

dei propri superiori.

Un ulteriore episodio della prassi recente che ha visto coinvolto un cittadino italiano è il

caso Corghi. Il 5 agosto 1976 un cittadino italiano di nome Benito Corghi, alla guida di un

autocarro, è stato ucciso da alcuni agenti della polizia doganale della Repubblica

democratica tedesca374. Dopo aver adempiuto tutte le formalità doganali, Corghi aveva

lasciato il territorio della Repubblica democratica tedesca e si era avviato verso il posto di

frontiera della Repubblica federale tedesca. Per ragioni che le autorità della Repubblica

371 Ibid., p. 177.372 ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue générale de droit international public, 1965, pp. 834–835.373 Ibid., p. 835. Si veda COUSSIRAT–COUSTERE e EISEMANN, op. cit., pp. 365 – 366: “Un enlèvement constitutif d’excès de pouvoir de la part d’un fonctionnaire est donc un acte imputable à l’Etat dont il relève, puisque l’agent a usé de la force matérielle que lui confère son statut d’organe de l’Etat. Peu importe que l’agent ait outrepassé sa compétence et agi par excès de zèle à l’insu de ses supérieurs”. Numerosi incidenti di frontiera sono intercorsi negli ultimi decenni tra Italia e Svizzera. Si veda il caso ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue générale de droit public, 1974, p. 851 e ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue générael de droit public, 1984, p. 725.374 Si veda Italian Yearbook of International Law, vol. III, 1977, p. 435 ss.

137

Page 139: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

democratica hanno dichiarato di non conoscere, Corghi stava ritornando indietro a piedi

quando è stato ucciso da alcuni colpi di arma da fuoco da parte degli agenti della DDR.

Il Ministro degli affari esteri della Repubblica democratica tedesca ha escluso in una nota

diplomatica che lo Stato dovesse essere ritenuto responsabile dell’accaduto, perché a suo

avviso gli agenti della DDR avevano agito correttamente.

Il 28 settembre 1976, rispondendo in Senato ad una domanda posta da alcuni senatori, il

Sottosegretario per gli affari esteri italiano ha commentato la suddetta nota diplomatica,

affermando che risultava assolutamente chiaro dal rapporto redatto in merito all’accaduto

dalla polizia bavarese che il cittadino italiano stava tornando nuovamente a piedi verso la

Repubblica democratica tedesca su apposita richiesta delle autorità della DDR.

In virtù delle circostanze fattuali con riferimento all’incidente, era possibile pertanto

affermare che:

“the German Democratic authorities exceeded any reasonable standard in

the adoption of security measures in relation to events that would have

required normal care to avoid such a tragic outcome. For this reason the

conduct of the GDR amounts to a breach of the customary international rules

on the treatment of aliens so as to clearly engage the international

responsibility of that Government.

Unfortunately the behaviour followed appears to be clearly inconsistent

with engagements undertaken by the Final Acts of the Conference on European

Security and Cooperation, whose first anniversary was being celebrated just in

those days. For these reasons, the Italian Government […] has vigourously

reiterated the inadmissibility of the denial of responsibility on the part of the

GDR”375.

Alla luce della descrizione degli eventi sembra plausibile ritenere che gli organi della DDR

avevano commesso un illecito internazionale, contravvenendo alle disposizioni del proprio

ordinamento interno. La Repubblica democratica tedesca doveva essere pertanto ritenuta

internazionalmente responsabile per aver violato le disposizioni di diritto internazionale

generale in tema di trattamento degli stranieri, indipendentemente dalla circostanza che gli

organi statali avessero o meno agito ultra vires. La Repubblica democratica tedesca ha

successivamente riconosciuto la propria responsabilità internazionale accettando di pagare

una somma di denaro a titolo di risarcimento ai familiari della vittima.

375 Il testo è riprodotto in lingua inglese Ibid., p. 437.138

Page 140: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Un ulteriore incidente di frontiera rilevante ai fini della presente indagine si è verificato

tra Gran Bretagna e Irlanda nel 1984. Durante un’operazione anti guerriglia, un’unità della

polizia britannica aveva oltrepassato la frontiera. Significativo è stato in tale circostanza

l’atteggiamento del Governo britannico, il quale, dopo aver precisato che tale incursione

non era stata autorizzata, si è assunto la responsabilità internazionale per il comportamento

adottato ultra vires dai propri organi presentando scuse ufficiali al Governo irlandese376.

Alla luce dei casi appena descritti, malgrado la frammentarietà della prassi e la difficoltà

di ricostruire esattamente la posizione degli Stati, è possibile rilevare come, a differenza di

quanto avveniva nella prassi meno recente, nessuno Stato ha più sostenuto sino in fondo la

tesi che le condotte tenute da un organo nel mancato rispetto delle disposizioni di diritto

interno o delle istruzioni ricevute devono essere assimilate ai comportamenti adottati da un

semplice privato, di cui lo Stato non è tenuto a rispondere sul piano internazionale. Tale

elemento sembra indubbiamente costituire anche indice del fatto che l’operazione di

attribuzione allo Stato nell’ordinamento internazionale dei comportamenti adottati in

determinate condizioni dalle persone facenti parte la sua organizzazione viene concepita

come autonoma rispetto alla definizione di quali possano considerarsi sue condotte sul

piano interno. Nonostante infatti nelle sopramenzionate prese di posizione di Stati la

questione dei fatti illeciti ultra vires degli organi statali venga più che altro affrontata in

relazione al punto se se lo Stato sia tenuto a risponderne internazionalmente, sembra

possibile ritenere che ciò avvenga comunque sulla base della constatazione che si tratti di

fatti dello Stato sul piano internazionale.

3. La giurisprudenza arbitrale

3.1 Le pronunce rese dal Tribunale dei reclami Iran/Stati Uniti377

Il Tribunale dei reclami Iran/Stati Uniti ha in più occasioni riconosciuto il principio della

responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires compiuti da organi

statali. Una delle sentenze più significative è quella relativa al caso Yaeger.

376 ROUSSEAU, Chronique des faits internationaux, Revue générale de droit public, 1984, p. 944. 377 Il Tribunale dei reclami Iran-Stati Uniti è stato istituito dagli Accordi di Algeri del 1981, con la competenza di decidere sui ricorsi privati scaturenti dagli eventi che condussero alla rivoluzione islamica in Iran. Sulla base dell’art. II degli Accordi, tale organismo arbitrale doveva decidere sui ricorsi avanzati dai cittadini statunitensi o iraniani rispettivamente contro l’Iran o gli Stati Uniti per controversie nascenti da “debts, contracts, expropriations or other measures affecting property rights”. Per quanto concerne la legge che il Tribunale era chiamato ad applicare per decidere il merito delle controversie internazionali, è opportuno menzionare che l’art. V della Claims Settlement Declaration indica come validi i principi contenuti in materia sia dall’art. 32 del regolamento UNCITRAL che dall’art. 42 della Convenzione di Washington del 1965.

139

Page 141: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Nel corso della rivoluzione islamica in Iran, numerosi cittadini degli Stati Uniti che

risiedevano in tale paese sono stati espulsi o hanno abbandonato il territorio iraniano per

esigenze di sicurezza. Nel quadro della pratica delle espulsioni di massa condotta dal

Governo iraniano, un cittadino americano di nome Kenneth P. Yaeger e sua moglie erano

stati condotti il 17 febbraio 1979 all’aeroporto di Teheran ed erano stati oggetto di due

distinte richieste di denaro: la prima ad opera di un funzionario della compagnia aerea di

Stato e la seconda da parte di alcuni membri dei comitati rivoluzionari.

Nella pronuncia resa nel 1987 nel caso Yaeger c. Iran, il Tribunale arbitrale Iran/Stati Uniti

si è occupato in primo luogo di accertare se lo Stato iraniano dovesse essere ritenuto

internazionalmente responsabile del comportamento adottato da un funzionario della

compagnia aerea di Stato, il quale aveva illegalmente richiesto al ricorrente il pagamento di

una ulteriore somma di denaro per il biglietto aereo che era già stato pagato in

precedenza378.

Secondo il Tribunale, una volta che l’Iran aveva assunto il controllo sulla compagnia

aerea, i comportamenti adottati dai suoi organi dovevano essere attribuiti allo Stato anche

se nell’agire avevano ecceduto la propria competenza come stabilita dal diritto interno o

avevano contravvenuto alle istruzioni ricevute.

Facendo esplicito riferimento all’art. 10 del progetto di articoli adottato in prima lettura

dalla CDI, il tribunale ha affermato che un comportamento non autorizzato di un organo

statale è un fatto attribuibile allo Stato sul piano internazionale a condizione che sia stato

adottato dall’individuo organo nella sua qualità ufficiale:

“It is widely accepted that the conduct of an organ of a State may be

attributable to the State, even if in a particular case the organ exceeded its

competence under internal law or contravened instructions concerning its

activity. It must have acted in its official capacity as an organ, however”379.

L’unica circostanza in cui una condotta tenuta da un organo non poteva essere attribuita

allo Stato era quindi quella in cui fosse stata tenuta dall’individuo organo nella sua qualità

privata, “even if it has used the means placed at its disposal by the State for the exercise of

its function”380.

378 Kenneth P. Yaeger v. the Islamic Republic of Iran, in Iran-United States Claims Tribunal Reports, vol. 17, pp. 110-111.379 Ibid., p. 111, par. 65.380 Ibid., p. 111.

140

Page 142: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

L’attribuzione di condotte viene pertanto intesa come un’operazione regolata dal diritto

internazionale; in riferimento ad essa il rispetto dell’ordinamento interno risulta irrilevante.

Inoltre, dalla motivazione della sentenza sembra risultare che il criterio valorizzato al fine di

riferire allo Stato una condotta non autorizzata di un organo è la circostanza che sia stata

tenuta nell’esercizio delle funzioni, senza che assuma alcun valore l’eventuale uso dei mezzi

messi a disposizione per il regolare svolgimento delle competenze.

Sulla base di tali premesse, il Tribunale ha concluso che l’Iran non era tenuto a

rispondere dell’accaduto in quanto nel caso di specie il funzionario aveva agito nella sua

qualità privata. Non essendo desumibile dai fatti che “he was acting for any other reason

than personal profit, or that he had passed on the payment to Iran Air” 381, risultava assente

il necessario legame tra il comportamento adottato e la funzione esercitata ai fini della sua

attribuzione allo Stato.

In secondo luogo, il Tribunale è stato chiamato ad accertare se fosse attribuibile all’Iran

l’estorsione di 1466 dollari subita dal ricorrente ad opera di alcuni membri dei comitati

rivoluzionari quando questi non possedevano ancora lo status di organo dell’Iran in base

all’ordinamento interno dello Stato382.

I comitati rivoluzionari si erano formati a seguito della caduta del regime dello Sha e la

loro posizione all’interno dell’apparato organizzativo dello Stato era rapidamente cambiata

nel tempo: nati in maniera spontanea col fine di contribuire alla nascita del nuovo governo,

sono stati successivamente incorporati in maniera formale all’interno dell’apparato

organizzativo dello Stato continuando a svolgere le medesime funzioni che di fatto

svolgevano precedentemente383.

Con riferimento al caso di specie, il Tribunale ha espresso dei dubbi circa la possibilità di

qualificare i comitati come organi statali all’epoca dei fatti, in quanto privi di tale status

nell’ordinamento interno.

Il tribunale ha però in parte ridimensionato il valore del dato formale ai fini

dell’attribuzione di condotte, sottolineando una sostanziale identità tra i gruppi che

esercitavano di fatto funzioni statali all’inizio del 1979 e quelli in seguito formalmente

incorporati nell’organizzazione dello Stato384. Viene quindi attribuito all’Iran il

381 Ibid.382 Ibid., p. 103.383 All’inizio del 1979, i comitati rivoluzionari svolgevano funzioni di polizia locale parallelamente alle autorità ufficiali dello Stato. Dopo alcuni mesi, con il consolidarsi del regime Khomeinista, i comitati rivoluzionari sono stati formalmente integrati nella struttura organizzativa dello Stato, ed hanno preso il nome di “guardie rivoluzionarie”. Si veda CARON, The Basis for Responsibility: Attribution and Other Trans-Substantive Rules, in LILLICH e BARSTOW MAGRAW (a cura di), The Iran-United States Claims Tribunal: Its Contribution to the Law of State Responsibility, New -York, 1998, pp. 138 – 139.384 Iran-United States Claims Tribunal Report, vol. 17, pp. 103-104.

141

Page 143: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

comportameno estorsivo tenuto dalle guardie rivoluzionarie in quanto individui legati

fattualmente allo Stato.

Gli elementi valorizzati al fine di accertare il tipo di legame esistente tra lo Stato e i

comitati rivoluzionari sono l’esistenza di un rapporto fattuale fondato sulla natura delle

funzioni esercitate dalle guardie rivoluzionarie e l’atteggiamento di tolleranza manifestato

dalle autorità ufficiali rispetto alle loro attività. Ciò porterebbe ad escludere che si fosse in

presenza delle condizioni per l’applicazione del criterio dell’agente di necessità, in quanto la

posizione delle autorità iraniane era quella di chi è potenzialmente in grado di impedire

l’adozione di comportamenti da parte del gruppo ma evita di farlo in quanto ne condivide

l’operato, piuttosto che quella di autorità ufficiali assenti o al massimo incapaci di esercitare

le proprie funzioni.

L’attribuzione allo Stato della sottrazione di denaro operata all’aeroporto dai due membri

delle guardie rivoluzionarie, soltanto in fatto ad esso legati, si fonda invece sulla circostanza

che “they were performing the functions of customs, immigration and security officers” e che

“they were, thus, obviously acting in their capacity as organs of the new Government or, at

least, on its behalf”385.

Nel caso di specie per giustificare l’attribuzione allo Stato di condotte di individui che non

erano considerati organi dall’ordinamento interno, si è affermato che il fatto illecito era

stato commesso nell’esercizio di funzioni in fatto loro assegnate, implicando che la

determinazione delle competenze può essere effettuata anche mediante l’esame dei

differenti elementi fattuali che attestano l’esistenza di uno stretto legame con lo Stato.

La distinzione tra comportamenti adottati nell’esercizio di funzioni e comportamenti in

qualità di privato troverebbe quindi applicazione anche con riferimento all’attività di

individui che non sono organi in base al diritto interno. Ne conseguirebbe logicamente la

possibilità di applicare la regola in materia di attribuzione di fatti ultra vires anche rispetto a

situazioni nelle quali le competenze assegnate ad un individuo possono essere determinate

sulla base di elementi di fatto.

La responsabilità internazionale dello Stato per le condotte non autorizzate dei propri

organi è stata poi affermata anche dal giudice Holtzmann nell’opinione separata allegata alla

sentenza resa dal Tribunale dei reclami Iran/Stati Uniti nel caso Sea-Land Service, Inc. c. Iran.

La maggioranza del collegio arbitrale aveva nutrito forti perplessità circa la possibilità di

attribuire all’Iran le condotte adottate dagli organi del Labour office durante il periodo della

385 Ibid., p. 110.142

Page 144: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

rivoluzione386. Secondo Holtzmann, invece, tale osservazione era del tutto irrilevante dal

momento che:

“… a State is responsible for acts of its officials – whether authorized,

unauthorized, or even contrary to specific governmental instructions”387.

3.2 Le sentenze rese da Tribunali arbitrali istituiti in ambito ICSID388 prima

dell’adozione in seconda lettura del progetto di articoli della CDI

Alla luce dell’abbondante giurisprudenza prodotta dai trbunali arbitrali istituiti mediante

ricorso all’International Centre for the Settlement of the Investment Disputes (ICSID) in tema

di responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires dei propri organi, la

trattazione che segue suddivisa in funzione della circostanza che fossero stati esaminati

prima o dopo l’adozione in seconda lettura del progetto di articoli da parte della

Commissione del diritto internazionale. Tale criterio può essere utile anche al fine di

valutare la rilevanza dei lavori della CDI nell’accertare l’esistenza o meno di una regola

internazionale generale operante in materia.

Una delle prime pronunce in cui un Tribunale arbitrale istituito mediante ricorso all’ICSID

si è occupato della questione della responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti

ultra vires dei propri organi è stata resa il 20 novembre 1984 nel caso Amco Asia c.

Indonesia389. All’origine della controversia, che vedeva contrapposti la società americana

Amco-Asia, la sua filiale locale P.T. Amco e la società Pan American (cessionaria di una parte

delle azioni P.T. Amco) all’Indonesia, c’era un contratto per il completamento della

costruzione e per la gestione dell’Hotel Plaza Kartika di Giakarta, contratto che era stato

stipulato fra l’Amco Asia e la società locale P.T. Wisma, proprietaria del terreno ed in toto

controllata da una cooperativa del personale dell’esercito indonesiano.

386 “The state of administrative chaos wich prevailed in Iran throughout the first few months of 1979 make it unsafe to attribute any such ostensibly governmental acts to the revolutionary Government that subsequently came to power”. In Iran – US CTR 1984 – II, vol. 6, p. 166.387 Ibid., p. 202.388 L’ICSID è un’istituzione, facente capo alla Banca per la ricostruzione e lo sviluppo, che assolve al compito di fornire meccanismi di conciliazione e di arbitrato per la soluzione delle controversie in materia di investimenti sorte tra Stati e investitori privati. Alla luce dell’art. 42 dell’Accordo istitutivo (Convenzione di Washington del 1965), nel decidere nel merito di una controversia, gli arbitri ICSID devono applicare il diritto che le parti hanno scelto. Nel caso in cui non abbiano provveduto a farlo, l’organo arbitrale è tenuto a decidere sulla base del diritto dello Stato ospite dell’investimento e delle regole di diritto internazionale applicabili.389 ICSID, Amco Asia Corporation et Al. v. Indonesia, sentenza del20/11/11984, riprodotta in Journal du droit Int., vol. 114, 1987, p. 145 ss.

143

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Una volta completata la costruzione dell’albergo, le due parti si sono trovate subito in

disaccordo con riferimento alla ripartizione dei profitti derivanti dalla sua gestione, che nel

frattempo le società straniere avevano affidato ad un terzo. L’11 marzo 1980 P.T. Wisma

inviava alla P.T. Amco una lettera di risoluzione del contratto e, dopo pochi giorni, la polizia

indonesiana si impadroniva dell’albergo per affidarne la gestione alla società indonesiana. Il

15 marzo 1980 il Governo indonesiano revocava l’autorizzazione alla gestione dell’albergo

conferita al gruppo straniero.

Non avendo ottenuto soddisfazione in alcuni procedimenti dinanzi alle giurisdizioni locali,

le società straniere per ottenere dall’Indonesia la riparazione del danno subito dalla confisca

dell’albergo e dalla revoca dell’autorizzazione ad investire hanno fatto ricorso all’ICSID per la

costituzione di un collegio arbitrale

La sentenza resa all’unanimità dal Tribunale ha accertato a carico dello Stato sia una

violazione dell’obbligo internazionale di protezione degli stranieri e dei loro investimenti sia

l’illegittimità del procedimento di revoca dell’autorizzazione ad investire, la quale non

risultava essere giustificata neanche dal fatto che il capitale estero investito non raggiungeva

l’importo precedentemente pattuito dalle società.

Nell’affermare la responsabilità internazionale dell’Indonesia per un fatto di propri

organi, il tribunale ha ribadito l’irrilevanza ai fini attributivi della circostanza che i membri

della polizia avevano agito contra legem, in quanto avevano tenuto il fatto illecito nella loro

qualità ufficiale:

“…en appliquant avec l’assistance de la police et de l’armée une décision

unilatérale contraire à ses obligations contractuelles, P.T. Wisma a méconnu

l’interdiction de se faire justice à elle-même…en y prêtant la main par

l’intervention de la police et de l’armée, l’Etat indonésien a commis un délit

dont il est internationalement responsable.[…]C’est une règle généralement

admise en Droit international, clairement exprimée dans les sentences

internationales et les jugements et communément admise par les auteurs, que

l’Etat a le devoir de protéger les étrangers et leurs investissement contre les

actes illégaux de ses nationaux. Lorsque de tels actes sont commis avec

l’assistance active des organes de l’Etat, on se trouve en présence d’une

violation du droit international.[…]Sur le fondement des actions et des

commissions établies de l’armée et de la police qui ont trait à la prise de

possession litigieuse, le Tribunal ne peut que tirer la conclusion qu’un délit

144

Page 146: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

international a été commis et que cet acte est imputable au Governement, qui

en est en conséquence responsable” 390.

Il 6 maggio 1986, un Comitato ad hoc istituito in applicazione dell’art. 52 della

Convenzione di Washington, ha emanato una decisione di annullamento della precedente

sentenza arbitrale. È opportuno sottolineare come il Comitato abbia però escluso

dall’annullamento la valutazione effettuata dal Tribunale circa l’illiceità, alla luce della

normativa indonesiana, dell’azione coercitiva della polizia nell’Hotel Plaza Kartika gestito

dalla Amco391.

Una rilevante sentenza con riferimento all’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei

propri organi è stata resa nel 1992 da un collegio arbitrale istituito in ambito ICSID nel caso

Southern Pacific Properties (Middle East) Limited c. Egitto392. All’origine della controversia si

trovava un contratto per la costruzione di complessi turistici nella zona archeologica delle

Piramidi e di Ras El Hekma, che era stato stipulato fra la Egyptian General Organization for

Tourism and Hotels (EGOTH)393 e la società di Hong Kong Southern Pacific Properties (SPP).

Alla fine del 1977 il progetto ha però incontrato l’opposizione di gran parte della classe

politica egiziana, che lo riteneva una minaccia per le antichità della zona non ancora venute

alla luce. A seguito dell’emissione il 27 maggio 1978 di un decreto con cui il Ministro

dell’Informazione e della Cultura considerava le Piramidi una “public property antiquity”, il

decreto presidenziale No. 267 cancellava il precedente decreto No. 245, con cui la zona

circostante l’area archeologica veniva catalogata ad utilizzo turistico, e la dichiarava terreno

di pubblica utilità. Contemporaneamente la General Organization for Investement of Arab

Capital and Tax-Free Areas provvedeva a revocare l’approvazione del progetto previamente

accordata.

390 Il testo della sentenza in lingua francese è rinvenibile Ibid., p. 148 ss.391 “The Tribunal found the acts of P.T. Wisma, and therefore also the acts of the Army and Police personnel involved, to be illegal under Indonesian law….the ad hoc Committee feels entitled to conclude that there existed…under general Indonesian law, a duty to protect a person, whether national or foreigner, in actual, peaceful possession of property…The ad hoc Committee is consequently unable to sustain Indonesia’s contention that the Tribunal failed to evaluate the acts of the Army and Police personnel concerned under Indonesian law”. Comitato ad hoc, Richiesta di annullamento della sentenza arbitrale resa nell’affare Amco Asia Corporation, Pan American Devolpment Limited e P.T. Amco Indonesia c. Indonesia, par. 59. La pronuncia è riprodotta in Rivista di diritto internazionale, vol. 70, 1987, p. 810 ss. La mancata estensione degli effetti dell’annullamento esclusivamente all’illiceità dell’azione delle forze di polizia indonesiane è stata ritenuta proceduralmente scorretta da LATTANZI, Convenzione di Washington sulle controversie relative ad investimenti e invalidità delle sentenze arbitrali, Rivista di diritto internazionale, vol. 70, 1987, p. 521 ss.392 ICSID, Southern Pacific Properties (Middle East) Limited v. Arab Republic of Egypt, Case No. ARB/84/3, sentenza del 20 Maggio 1992.393 Al tempo della stipulazione del contratto la EGOTH era un’impresa pubblica sottoposta al controllo del Ministero del Turismo egiziano.

145

Page 147: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

L’Egitto ha contestato che il decreto presidenziale No. 245 fosse invalido e che numerose

decisioni degli organi di vertice del Governo fossero state adottate contravvenendo alle

procedure previste dall’ordinamento interno. Nel pronunciarsi nel merito il Tribunale

arbitrale ha reputato irrilevante la circostanza che un fatto venga adottato dagli organi ultra

vires ai fini della loro attribuzione allo Stato. Nonostante la condotta non autorizzata non

costituiva un fatto illecito internazionale, il tribunale ha affermato che:

“It is possible that under Egyptian law certain acts of Egyptian officials,

including even Presidential Decree No. 475, may be considered legally non-

existent or null and void or susceptible to invalidation. However, these acts

were cloaked with the mantle of Governmental authority and communicated as

such to foreign investors who relied on them in making their investment.

Whether legal under Egyptian law or not, the acts in question were the acts

of Egyptian authorities, including the highest executive authority of the

Government. These acts, which are now alleged to have been in violation of the

Egyptian municipal legal system, created expectations protected by established

principles of international law. A determination that these acts are null and

void under municipal law would not resolve the ultimate question of liability for

damages suffered by the victims who relied on the acts. […] The principle of

international law that the Tribunal is bound to apply is that which establishes

the international responsibility of States when unauthorized or ultra vires acts

of officials have been performed by State agents under cover of their official

character. If such unauthorized or ultra vires acts could not be ascribed to the

State, all State responsibility would be rendered illusory”394.

Tale pronuncia evidenzia il principio che rispetto a fatti illeciti ultra vires degli organi

statali, lo Stato incorrebbe nella responsabilità internazionale; ciò si fonderebbe su una

garanzia che esso presta agli altri Stati al fine di assicurare la sicurezza delle relazioni

internazionali. Come già precedentemente osservato con riferimento alle prese di posizione

di Stati nell’ambito di controversie risolte in via diplomatica395, anche tale pronuncia

costituisce prova del fatto che l’operazione di attribuzione allo Stato nell’ordinamento

internazionale dei comportamenti adottati in determinate condizioni dalle persone facenti

parte la sua organizzazione viene considerata indipendente rispetto alla definizione di quali

394 Cfr. parr. 82-85 della sentenza.395 Vedi supra, p. 137 ss.

146

Page 148: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

possano considerarsi sue condotte sul piano interno. Nonostante gli organi statali abbiano

oltrepassato la propria competenza contravvenendo alle istruzioni ricevute o alle

disposizioni del proprio ordinamento interno, tali condotte risultano comunque fatti dello

Stato quale soggetto internazionale in quanto tenute nell’esercizio delle funzioni e di

conseguenza investite della qualità ufficiale

La questione della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti

internazionali ultra vires è stata nuovamente affrontata da un collegio arbitrale istituito in

ambito ICSID nel procedimento istituito dalla Metalclad Corporation contro il Messico.

Questa sentenza, del 30 agosto 2000, è stata la prima pronuncia resa da un tribunale

arbitrale istituito in ambito ICSID sulla base di quanto previsto dall’undicesimo capitolo del

North American Free Trade Agreement396.

La controversia era sorta in virtù della costruzione, da parte di una società controllata

dalla Metalclad, di una discarica per lo smaltimento di rifiuti tossici a Guadalcazar, nello

Stato centrale messicano di San Luis Potosi. A seguito dell’approvazione del progetto a

livello statale e federale, la costruzione della discarica era avvenuta in breve tempo. La sua

apertura era stata però ritardata da numerose manifestazioni di protesta.

Nonostante che, successivamente a tali episodi, la Metalclad avesse concluso un accordo

con le agenzie federali per la protezione dell’ambiente al fine di disciplinare le condizioni in

base a cui la discarica dovesse operare, l’amministrazione locale aveva negato alla società il

permesso di procedere e attraverso un’ingiunzione giudiziale era riuscita ad impedire che la

discarica per lungo tempo divenisse operativa.

Il Tribunale, nell’affermare che il Messico doveva rispondere in ambito internazionale

delle condotte tenute dagli organi della municipalità di Guadalcazar, ha inoltre precisato

che, secondo il diritto internazionale generale, come codificato all’art. 10 del progetto di

articoli adottato in prima lettura dalla CDI, devono ritenersi attribuibili allo Stato tutte le

condotte tenute in qualità ufficiale da parte degli organi statali indipendentemente dalla

circostanza che abbiano agito contra legem, nel mancato rispetto della competenza oppure

delle istruzioni ricevute:

“A threshold question is whether Mexico is internationally responsible for

the acts of SLP and Guadalcazar. The issue was largely disposed of by Mexico in

paragraph 233 of its post-hearing submission, which stated that “[Mexico] did

not plead that the acts of the Municipality were not covered by NAFTA.

396 ICSID (Additional Faculty), Metalclad Corporation v. United Mexican States, Case No. ARB(AF)/97/1. La sentenza è riprodotta in International Law Reports, vol. 119, p. 634 ss.

147

Page 149: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

[Mexico] was, and remains, prepared to proceed on the assumption that the

normal rule of state responsibility applies; that is, that the Respondent can be

internationally responsible for the acts of state organs at all three levels of

government”. […] A reference to a state or province includes local governments

of that state or province. […] This approach accords fully with the established

position in customary international law. This has been clearly stated in Article

10 of the draft articles on state responsibility adopted by the International Law

Commission of the United Nations in 1975 which, though currently still under

consideration, may nonetheless be regarded as an accurate restatement of the

present law: The conduct of an organ of a State, of a territorial government

entity or of an entity empowered to exercise elements of the Governmental

authority, such organ having acted in that capacity, shall be considered as an

act of the State under international law even if, in the particular case, the organ

exceeded its competence according to internal law or contravened instructions

concerning its activity”397.

Alla luce delle pronunce finora esaminate, è possibile concludere che il principio della

responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires dei propri organi,

indipendentemente dal rispetto delle istruzioni ricevute o delle disposizioni

dell’ordinamento interno, trova fondamento nel fatto che l’attività di un organo statale

nell’esercizio delle proprie funzioni deve ritenersi attribuibile allo Stato.

Sembra inoltre interessante rilevare come la disposizione adottata su tale questione dalla

CDI venga costantemente richiamata dagli interpreti come indizio dell’esistenza di una

regola internazionale generale operante in materia.

3.3 Segue: le sentenze rese successivamente all’adozione in seconda lettura del

progetto di articoli della CDI

Anche nel periodo successivo all’adozione in seconda lettura del progetti di articoli da parte

della CDI, la questione di sapere se lo Stato sia tenuto a rispondere internazionalmente dei

fatti illeciti ultra vires dei propri organi è stata spesso affrontata da tribunali istituiti

mediante ricorso all’ICSID. Si rammenta, ad esempio, la sentenza resa il 9 gennaio 2003 nel

397 Ibid., par. 73 della sentenza.148

Page 150: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

caso ADF Group Inc. v. United States of America da un tribunale arbitrale istituito in ambito

ICSID, sulla base di quanto previsto dall’undicesimo capitolo del NAFTA398.

La controversia era stata sottoposta ad arbitrato ICSID da parte di un’impresa canadese,

ADF Group Inc., che lamentava la violazione da parte del Governo degli Stati Uniti di alcune

disposizioni del capitolo del NAFTA relativo agli investimenti. La controversia era sorta in

relazione alla realizzazione di un importante snodo autostradale nel Nord dello Stato della

Virginia, il cui progetto proposto dal Commonwealth della Virginia, denominato Springfield,

era stato approvato dalla Federal Highway Administration.

La società ADF Group Inc. aveva ottenuto in subappalto la fornitura di acciaio per la

realizzazione del progetto, ma aveva visto negarsi da parte delle autorità dello Stato della

Virginia la possibilità di effettuare la lavorazione della materia prima in Canada, in quanto in

contrasto con alcune disposizioni contrattuali previamente accettate. La società, che era

stata costretta ad adempiere al contratto utilizzando impianti presenti negli Stati Uniti,

aveva visto aumentare notevolmente i propri costi.

La ricorrente lamentava, tra l’altro, la violazione dell’art. 1105 del NAFTA, che prevede il

principio del Minimum Standard Treatment. Fra gli argomenti avanzati a sostegno del ricorso

vi era anche la circostanza che i membri della Federal Highway Administration avevano agito

ultra vires, in quanto non avrebbe rispettato la sezione 165 del Surface Transportation

Assistance Act del 1982 nell’emanare i regolamenti di attuazione399.

Nell’affrontare tale questione, il Tribunale ha innanzitutto precisato che in realtà la

società lamentava un errore nell’interpretazione della normativa, cosa che non

corrispondeva automaticamente ad un mancato rispetto della competenza da parte degli

organi statali. Il Tribunale ha poi ammesso di non avere la competenza per pronunciarsi

circa la legittimità di atti nel diritto amministrativo statunitense, in quanto essa era

competente a valutare soltanto la coerenza delle misure adottate dall’organo statale

rispetto al capitolo 11 del NAFTA e alle regole di diritto internazionale generale e non

poteva, invece, svolgere la funzione di Camera di appello con riferimento alla conformità al

diritto interno di misure adottate da uno Stato400. Il collegio arbitrale ha infine sottolineato

che, anche se le misure fossero state adottate contra legem rispetto all’ordinamento interno

da parte degli organi statali, non ne derivava automaticamente la loro illiceità rispetto alla

398 ICSID, ADF Group Inc. v. United States of America, Caso No. ARB(AF)/00/1. La sentenza è riprodotta in ICSID Review— Foreign Investment Law Journal, 2003, p. 191 ss.399 ICSID Review— Foreign Investment Law Journal, 2003, p. 229, par. 72.400 Il Tribunale ha citato numerosi precedenti al fine di avallare la sua tesi. Tra questi sembra interessante menzionare la sentenza arbitrale resa nel caso Mondev International Ltd. v. United States of America l’11 ottobre 2002, par. 136.

149

Page 151: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

regola di diritto internazionale consuetudinario codificata all’art. 1105 del NAFTA401. Un

comportamento ultra vires adottato da un organo statale doveva comunque ritenersi un

fatto dello Stato in diritto internazionale a patto che questo avesse agito nella sua qualità

ufficiale, come previsto dall’art. 7 del progetto di articoli della CDI adottato in seconda

lettura:

“An unauthorized or ultra vires act of a governmental entity of course

remains, in international law, the act of the State of which the acting entity is

part, if that entity acted in its official capacity. But something more than simple

illegality or lack of authority under the domestic law of a State is necessary to

render an act or measure inconsistent with the customary international law

requirements of Article 1105, even under the Investor’s view of that Article”402.

Nonostante nel caso di specie non fosse stato quindi violato alcun obbligo del diritto

internazionale, il Tribunale ha ribadito che un fatto tenuto nella qualità ufficiale da un

organo statale deve essere comunque ritenuto un fatto dello Stato quale soggetto

internazionale indipendentemente dal rispetto delle istruzioni ricevute o del diritto interno.

Un’altra pronuncia interessante è stata resa nel 2005 da un Tribunale arbitrale istituito in

ambito ICSID nel caso Noble Ventures, Inc. c. Romania403. In relazione ad un Bilateral

Investment Treaty concluso dalla Romania e dagli Stati Uniti il 28 maggio 1992, era sorta una

controversia con riferimento ad un accordo riguardante l’acquisizione e la gestione di

un’azienda rumena, dal nome Combinatul Siderurgic Resita, concluso tra una società

statunitense, la Noble Ventures, e il Romanian State Ownership Fund (SOF), ente rumeno di

pubblico interesse costituito nel 1992 con lo scopo di privatizzare le imprese a

partecipazione pubblica. Sei mesi dopo la privatizzazione, il potere politico era passato nelle

mani di Nastase, leader del partito all’opposizione. Tale mutamento di Governo si era

riflesso nella sostituzione del SOF con la Authority for the Privatization and Management of

the State Ownership (APAPS).

A seguito di tali eventi erano sorti numerosi problemi per la società statunitense, che si

era vista costretta a ricorrere ad arbitrato lamentando la violazione di alcune disposizioni del

BIT concluso dagli Stati Uniti con la Romania. Con riferimento alla questione

401 Al fine di evidenziare che la non attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi nell’ordinamento interno non implica la medesima cosa in quello internazionale, il Tribunale ha fatto riferimento anche a quanto affermato nella sentenza resa nel caso Elettronica Sicula, S.P.A. (ELSI)(U.S. v. Italy), I.C.J. Reports, 1989, p. 270, par. 124. 402 ICSID Review— Foreign Investment Law Journal, 2003, p. 283, par. 190.403 ICSID, Noble Ventures, Inc. v. Romania, Case No. ARB/01/11, sentenza del 12/10/2005.

150

Page 152: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

dell’attribuzione, il ricorrente sosteneva che la Romania dovesse rispondere

internazionalmente dei fatti illeciti commessi dai membri del SOF e dell’APAPS, in quanto si

trattava di organi statali404. Dal canto suo la Romania rigettava la propria responsabilità

internazionale in virtù del fatto che tali enti, pur esercitando prerogative del potere

pubblico, non godevano della qualifica organica in virtù del diritto interno. Facendo

riferimento al progetto di articoli adottato in seconda lettura dalla CDI, il Tribunale ha

ritenuto che il SOF e l’APAPS non potevano essere ritenuti degli organi de iure dello Stato

rumeno, bensì erano degli enti a cui lo Stato aveva formalmente conferito l’esercizio di

prerogative del potere pubblico, le cui condotte dovevano pertanto essere riferite alla

Romania sul piano internazionale405. Nonostante gli enti avessero agito nel rispetto della

propria competenza nel caso di specie, il Tribunale ha reputato opportuno sottolineare che i

comportamenti da essi adottati sarebbero stati comunque attribuiti allo Stato anche nella

circostanza in cui avessero agito ultra vires, dal momento che erano stati da essi tenuti nella

loro qualità ufficiale:

“Even if one were to regard some of the acts of SOF or APAPS as being ultra

vires, the result would be the same. This is because of the generally recognized

rule recorded in Art. 7 2001 ILC Draft according to which the conduct of an

organ of a State or of a person or entity empowered to exercise elements of

governmental authority shall be considered an act of the State under

international law if the organ, person or entity acts in that capacity, even if it

exceeds its authority or contravenes instructions. Since, from the Claimant’s

perspective, SOF and APAPS always acted as if they were entities entitled by

the Respondent to do so, their acts would still have to be attributed to the

Respondent, even if an excess of competence had been shown406”.

Il principio in base a cui uno Stato deve rispondere internazionalmente dei fatti illeciti

ultra vires tenuti dai propri organi è stato ribadito da un collegio arbitrale istituito in ambito

ICSID in una pronuncia sulla giurisdizione resa il 6 luglio 2007 nel caso Kardassopoulos c.

Georgia407.

404 “Just as SOF’s actions are attributable to Romania, so too its contractual obligations are also obligations of Romania for the purpose of determining Romania’s liability under international law”. Cfr. par. 65 della sentenza.405 “In the judgment of the Tribunal, no relevant legal distinction is to be drawn between SOF/APAPS, on the one hand, and a government ministry, on the other hand, when the one or the other acted as the empowered public institution under the Privatization Law”. Cfr. par. 79 della sentenza.406 Paragrafo 81 della sentenza.407 ICSID, Kardassopoulos v. Georgia, Case No ARB/05/18, sentenza 6/07/2007.

151

Page 153: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

La controversia era stata sottoposta ad arbitrato da parte di un investitore greco che

lamentava la violazione da parte del Governo della Georgia di alcune disposizioni di un

Bilateral Investement Treaty concluso tra i due paesi nel 1994 e dell’Energy Charter Treaty

risalente al 1996. Con riferimento alla questione dell’attribuzione di condotte allo Stato, la

Georgia sosteneva che gli enti pubblici non territoriali che avevano provveduto a concludere

il contratto di joint venture per la fornitura di gas e petrolio con la società Tramex e avevano

emanato l’atto di concessione di tali risorse avessero agito contravvenendo alle disposizioni

dell’ordinamento interno. Il collegio arbitrale ha reputato irrilevante, al fine del sorgere

della responsabilità internazionale della Georgia, che nel caso di specie gli organi avessero

adottato degli atti nel mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno in tema di

competenza:

“It is immaterial whether or not SakNavtobi and Transneft were authorized

to grant the rights contemplated by the JVA and the Concession or whether or

not they otherwise acted beyond their authority under Georgian law. Article 7

of the Articles on State Responsibility provides that even in cases where an

entity empowered to exercise governmental authority acts ultra vires of it, the

conduct in question is nevertheless attributable to the State.

[…]

Thus, even if in the JVA and the Concession were entered into in breach of

Georgian law, the fact remains that these two agreements were cloaked with

the mantle of Governmental authority. Claimant had every reason to believe

that these agreements were in accordance with Georgian law, not only because

they were entered into by Georgian State-owned entities, but also because

their content was approved by Georgian government officials without objection

as to their legality on the part of Georgia for many years after. Claimant

therefore had a legitimate expectation that his investement in Georgia was in

accordance with relevant local laws. Respondent is accordingly estopped from

objecting to the Tribunal’s jurisdiction ratione materiae under the ECT and the

BIT on the basis that the JVA and the Concession could be void ab initio under

Georgian law”408.

408 Paragrafi 189-194 della sentenza.152

Page 154: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Come nella sentenza resa nel caso Southern Pacific Properties (Middle East) Limited c.

Egitto409, anche in tale pronuncia il tribunale arbitrale ha ribadito che l’operazione di

attribuzione allo Stato nell’ordinamento internazionale dei comportamenti adottati dai

propri organi deve considerarsi autonoma rispetto alla definizione di quali possano

considerarsi sue condotte sul piano interno. Alla luce di tale pronuncia, lo Stato, esercitando

il proprio diritto ad auto-organizzarsi, deve sopportare le conseguenze della propria scelta di

affidare ad una persona fisica o giuridica l’esercizio di pubbliche funzioni. Si troverebbe

pertanto in una situazione di estoppel che gli impedirebbe di contraddirsi nel sostenere di

non aver agito nel caso in cui uno degli organi da lui designati ha adottato un

comportamento nell’esercizio delle sue funzioni, ma ultra vires.

Da ultimo una recente vicenda in cui invece uno Stato ha tentato di sfuggire alla propria

responsabilità internazionale sulla base del fatto che non era a conoscenza dei

comportamenti adottati dai propri organi è stato l’affare Siag and Vecchi c. Egitto410.

I ricorrenti erano i principali investitori della Touristic Investments and Hotels

Management Company e della Siag Taba Company che, dopo aver comprato dallo Stato

un’ampia porzione di terreno nel Golfo di Aqaba al fine di costruire un albergo sul Mar

Rosso, avevano lamentato che l’Egitto aveva distrutto il valore dell’investimento da loro

effettuato mediante una serie di atti ed omissioni adottati a partire dal 1995. Mentre i

ricorrenti sostenevano che uno Stato dovesse rispondere di tutte le condotte tenute dai

propri organi nell’esercizio delle funzioni, l’Egitto, al fine di sfuggire alla propria

responsabilità internazionale per le condotte tenute dai tribunali interni, ha asserito che non

potevano essere ad esso attribuiti comportamenti adottati dai propri organi allorché si

trattasse di condotte lecite411. Facendo esplicito riferimento all’art. 7 del progetto di articoli

adottato in seconda lettura dalla CDI, il Tribunale arbitrale ha ritenuto che i comportamenti

degli organi statali adottati al di fuori della propria competenza o in violazione del diritto

interno devono considerarsi fatti statali nell’ordinamento internazionale. Il necessario

corollario di tale principio è che le condotte degli organi statali che non sono ultra vires

devono essere attribuite a fortiori allo Stato, per cui anche eventuali condotte lecite

adottate dagli organi giudiziari devono ritenersi fatti statali sul piano internazionale senza

409 Vedi supra, p. 151 ss.410 ICSID, Siag and Vecchi v. Egypt, Case No ARB/05/15, sentenza 11/5/2009.411 “Egypt submitted that Article 4 holds a State responsible only for the acts of its organs; it does not expect a State to have knowledge of every act carried out by those organs. In other words, Egypt claimed that, while it could be held responsible for the wrongful acts of its judiciary, it could not be expected to be aware of all the non-wrongful acts of its organs. The Claimants asserted that Article 4 was a general principle of international law, which was not limited to the wrongful acts of a state organ”. Cfr. paragrafo 194 della sentenza.

153

Page 155: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

che abbia alcun ruolo la loro eventuale mancata conoscenza da parte del Governo dello

Stato:

“The Tribunal prefers the arguments of the Claimants on this issue. In taking

that view, the Tribunal notes the provisions of Article 7 of the ILC Articles,

which states that: “The conduct of an organ of a State…shall be considered an

act of the State under international law…even if it exceeds its authority”.

[…]The clear corollary of that statement is that acts of a State’s organs that are

not contrary to law or in excess of authority will be applied a fortiori to the

State. Accordingly the non-wrongful acts of Egypt’s judiciary are the acts of the

Egyptian State. As Claimants have submitted, Egypt cannot deny knowledge of

its own acts”412.

È possibile trarre alcune brevi conclusioni con riferimento alla prassi sinora enunciata. In

tutti i casi la possibilità di riferire allo Stato sul piano internazionale le condotte non

autorizzate dei propri organi è stata subordinata al fatto che questi avessero agito nella

qualità ufficiale, cioè nell’esercizio di funzioni ufficiali loro affidate. Un organo statale che

agisce nella sua qualità ufficiale crea una situazione tale da indurre gli altri soggetti

internazionali a ritenere i suoi comportamenti imputabili allo Stato. Per tale ragione,

nell’ipotesi degli illeciti ultra vires dei propri organi, la responsabilità internazionale dello

Stato si fonda su una necessaria garanzia da assicurare agli altri soggetti di diritto

internazionale per i fatti dannosi che derivano dalla propria organizzazione interna.

Sembra opportuno notare che in nessuna delle pronunce è stato dato rilievo alla

possibilità che il terzo leso si fosse reso conto dell’incompetenza dell’organo e avesse potuto

conseguentemente evitare la commissione dell’illecito. Ne discende che in nessuna

circostanza l’eventuale manifesta incompetenza dell’organo è stata rivendicata come

limitazione al principio dell’attribuzione dei fatti ultra vires. Nella giurisprudenza più recente

la condizione attributiva dell’apparenza della funzione assume una nuova valenza: non più

intesa come possibilità per il terzo di rendersi plausibilmente conto dell’incompetenza con

cui un organo agisce, deve essere piuttosto interpretata come l’esistenza di un collegamento

fra la condotta tenuta e l’attività ufficiale normalmente svolta.

Facendo sovente esplicito riferimento alla disposizione codificata in materia da parte

della CDI, viene altresì considerato che la regola che riconosce l’irrilevanza della regolarità di

412 Ibid., par. 195 della sentenza.154

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un comportamento nell’ordinamento interno ai fini della sua attribuzione allo Stato in

ambito internazionale ha natura consuetudinaria.

4. La giurisprudenza in tema di tutela internazionale dei diritti dell’uomo

4.1 Le sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo

4.1.1 La Corte europea dei diritti dell’uomo: la sentenza resa nel caso Irlanda c.

Regno Unito

Gli organi di controllo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in numerose

circostanze hanno avuto modo di pronunciarsi sulla questione della responsabilità

internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi. Una delle pronunce

più significative è indubbiamente quella resa dalla Corte europea nel 1978 nel caso Irlanda

c. Regno Unito413.

Allo scopo di porre fine alla escalation di atti terroristici nell’Irlanda del Nord, il Governo

aveva deciso di ricorrere ai poteri di detenzione previsti dalla legge del 1922 circa i poteri

speciali delle autorità civili nel Nord Irlanda ed aveva contemporaneamente dato il via

all’operazione “Demetrius”, nel corso della quale l’esercito aveva arrestato alcune persone

sospettate di essere membri dell’Irish Republic Army (IRA). Dopo gli arresti, la stampa

britannica aveva dato notizia di trattamenti inumani e degradanti a cui tali individui erano

stati sottoposti al momento dell’arresto o durante il loro interrogatorio all’interno dei centri

di detenzione regionali dell’Irlanda del Nord.

Il 16 dicembre 1971, Il Governo della Repubblica d’Irlanda ha presentato un ricorso alla

Commissione europea dei diritti dell’uomo contro il Governo del Regno Unito, lamentando

la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea in ragione della sottoposizione dei

detenuti ad alcune particolari tecniche di interrogatorio, tra cui l’incappucciamento, la

privazione di viveri e la privazione del sonno414.

Il Governo del Regno Unito ha sostenuto di non essere tenuto a rispondere sul piano

internazionale di tali condotte dal momento che uno Stato non può essere reputato

internazionalmente responsabile, sulla base della Convenzione, di tutti i comportamenti

adottati dagli organi subordinati. La responsabilità internazionale del Regno Unito poteva

sorgere soltanto in caso di un mancato adempimento da parte del Governo o degli organi

413 CEDH, Série A: Arrêts et décisions, vol. 25.414 CEDH Mém., vol. 23-I, pp. 266-280.

155

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superiori dell’obbligo di prevenzione o di repressione del fatto illecito oppure in caso di

diniego di giustizia.

Assimilando i comportamenti illeciti tenuti ultra vires dagli organi subordinati a dei fatti

di semplici privati, il Regno Unito sosteneva di non poter essere ritenuto responsabile della

violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dal momento che non aveva autorizzato tali

condotte, aveva adempiuto il proprio obbligo di prevenzione e aveva prontamente punito

gli autori dei maltrattamenti:

“Des actes de mauvais traitements sont commis, peut-être avec la tolérance

d’agents subalternes, mais le gouvernement lui-même n’a ni autorisé ces

mauvais traitements ni fermé les yeux sur eux; il a au contraire tenté de les

empêcher en donnant des ordres, en organisant des enquêtes approfondies sur

les plaintes, en dépêchant des médecins aux centres de détention de la police

et en poursuivant en justice les membres des forces de sécurité lorsqu’il

dispose de preuves…En pareil cas, le gouvernement défendeur ne devrait pas

être considéré comme violant la Convention, parce qu’il ne serait coupable en

vertu ni de l’un ni de l’autre des deux principes reconnus par le droit

international et par la jurisprudence de la Commission: il ne serait pas coupable

au regard du principe du dommage direct, parce que le Gouvernement lui-

même n’aurait ni autorisé les mauvais traitements ni fermé les yeux sur

eux… ”415.

Al fine di giustificare la tesi dell’assenza di responsabilità internazionale, il Governo

britannico ha inoltre sostenuto che la Convenzione poteva essere violata soltanto

intenzionalmente da parte di uno Stato, considerando la colpa un elemento costitutivo

dell’illecito internazionale416.

Nel caso di specie il Regno Unito ha quindi riproposto la tesi secondo cui le condotte

tenute da un organo nel mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno o delle

istruzioni ricevute devono essere assimilate ai comportamenti di semplici privati, di cui lo

415CEDH Mém., vol. 23-I, pp. 354-355. Il Governo britannico ha inoltre affermato che, se la Commissione lo avesse ritenuto responsabile della violazione dell’art. 3 sulla base di alcune condotte non autorizzate tenute dai propri organi, nonostante avesse fatto il possibile per evitarle, si sarebbe giunti a “un résultat …injuste et [qui] irait à l’encontre du sens commun”. Ibid., p. 354.416 “…on ne pourrait le juger coupable d’une violation de l’article 3 que si l’on avait prouvé qu’il était en tort. La culpabilité serait le critère-clé. Il devrait, par l’intermédiaire d’agents appropriés, avoir agi avec une intention coupable en violant l’article 3 soit en donnant des ordres directs, peut-être sous la couverture d’ordres fictifs, soit en fermant délibérément les yeux sur ce qui se passait”. Ibid., pp. 351-352.

156

Page 158: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Stato non è tenuto a rispondere sul piano internazionale, se non per il fatto, imputabile ad

ulteriori organi, di non aver prevenuto o represso tali condotte pur essendo in grado di farlo.

Alla luce di tale concezione nel caso in cui adotti un comportamento ultra vires, un organo

non è ritenuto agire per conto dello Stato allorché oltrepassi le funzioni lui conferite dal

diritto interno. Occorre in ogni modo notare come il Regno Unito abbia riproposto tale tesi

primancora che il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi

venisse formulato dalla Commissione del diritto internazionale nel 1975.

Nella sua risposta, il Governo irlandese ha invece contestato tale tesi facendo appello ai

principi generali della responsabilità internazionale dello Stato. A sostegno della sua

posizione, ha citato la sentenza resa il 23 novembre 1926 dalla Commissione generale dei

reclami tra Stati Uniti d’America e Messico nel caso Youmans e l’art. 5 del progetto di articoli

della CDI417.

Nel rapporto reso il 25 marzo 1976, la Commissione europea dei diritti dell’uomo ha

rigettato la tesi sostenuta dal Regno Unito, sottolineando come gli obblighi internazionali di

uno Stato possono essere violati:

“par une personne exerçant une fonction officielle qui lui est confiée, quel

que soit le niveau, même le plus bas, sans autorisation expresse, voire en

dehors ou à l’encontre d’instructions”418.

Dopo il rapporto della Commissione, il Governo dell’Irlanda ha adito la Corte europea di

diritti dell’uomo419, la quale ha reso la sua sentenza il 18 gennaio 1978.

A differenza di quanto avvenuto dinanzi la Commissione, il Regno Unito non ha

contestato nel procedimento davanti alla Corte europea la propria responsabilità

internazionale sulla base del fatto che uno Stato non è tenuto a rispondere a livello

internazionale degli illeciti ultra vires commessi dai propri organi subordinati420,

417 Ibid., pp. 377-378. Sembra opportuno sottolineare che con grande probabilità l’Irlanda ha citato l’art. 5 del progetto di articoli della CDI, riguardante in generale l’attribuzione allo Stato dei fatti degli organi, perché non era ancora stata adottata dalla Commissione la disposizione che enunciapiù specificamente il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi.418 Ibid., p. 394.419 Nonostante il rapporto della Commissione riconoscesse la responsabilità internazionale del Regno Unito per la violazione di numerose disposizioni della Convenzione europea, l’Irlanda ha adito la Corte con il fine “d’assurer le respect, en Irlande du Nord, des engagements assumés par le gouvernement défendeur en qualité de Partie à la Convention […] A cette fin, elle invite la Cour, à examiner le rapport de la Commission, confirmer l’avis de cette dernière selon lequel ont eu lieu des violations de la Convention, examiner les thèses du gouvernement requérant quant à d’autres violations alléguées et constater toute violation de la Convention dont la Cour se sera convaincue ”. Cfr. paragrafo 148 della sentenza.420 Cfr. paragrafo 152 della sentenza.

157

Page 159: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

presumibilmente anche alla luce del contrario principio adottato nel 1975 dalla

Commissione del diritto internazionale.

Condividendo le conclusioni della Commissione, la Corte europea ha affermato che uno

Stato non può sfuggire alla propria responsabilità internazionale sostenendo che la condotta

illecita di un organo subordinato non era stata autorizzata. Anche se risultasse che le

autorità superiori ignoravano l’esistenza di tali pratiche illecite di interrogatorio, gli Stati

sono tenuti ad assumere rispetto alla Convenzione la responsabilità oggettiva delle condotte

tenute dai propri subordinati:

“On n’imagine pas que les autorités supérieures d’un Etat ignorent, ou du

moins soient en droit d’ignorer, l’existence de pareille pratique. En outre, elles

assument au regard de la Convention la responsabilité objective de la conduite

de leurs subordonnés; elles ont le devoir de leur imposer leur volonté et ne

sauraient se retrancher derrière leur impuissance à les faire respecter”421.

La Corte ha concluso che alcune tecniche di interrogatorio utilizzate dai membri delle

forze armate britanniche costituivano dei trattamenti disumani e degradanti adottati in

violazione dell’art. 3 della Convenzione. In virtù dell’attribuzione al Regno Unito dei

comportamenti illeciti adottati ultra vires dai propri organi, lo Stato era tenuto a

risponderne nell’ordinamento internazionale.

4.1.2 La sentenza Assanidze c. Georgia

Il principio in base a cui uno Stato non può sfuggire alla propria responsabilità

internazionale sostenendo che la condotta illecita di un organo subordinato non rispecchi le

istruzioni ricevute è stato ribadito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza

resa nel 2004 nel caso Assanidze c. Georgia422. In tale sentenza la Corte di Strasburgo si è

occupata della questione dell’attribuzione alla Georgia della condotta di un ente pubblico

territoriale, la Repubblica autonoma di Ajaria, la quale si rifiutava di liberare un individuo

detenuto dalle autorità locali contravvenendo ad una decisione della Corte suprema dello

Stato. La Georgia negava che tale omissione fosse ad essa attribuibile proprio a causa della

mancata collaborazione delle autorità ajariane423.

421 CEDH, Série A: Arrêts et décisions, vol. 25, p. 64, par. 159.422 Caso Assanidze c. Georgia, decisione di merito, ricorso n. 71503/01, resa dalla Corte riunita nella Grande Camera l’8 aprile 2004.423 Ibid., p. 3, parr. 133-134.

158

Page 160: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

La Corte, nella sentenza resa l’8 aprile 2004, non ha dato alcuna rilevanza alla circostanza

che il governo centrale dello Stato non fosse riuscito a far rispettare le proprie decisioni da

parte di un ente di governo decentrato. Dal momento che l’ordinamento interno

sottoponeva la Repubblica autonoma di Ajaria al potere di controllo delle autorità

georgiane, non sembrava sufficiente per escludere l’attribuzione allo Stato il fatto che nel

caso di specie l’ente pubblico fosse venuto meno agli obblighi inerenti la sua funzione424.

Ad avviso della Corte, lo Stato rimane responsabile delle condotte dei propri organi

anche quando non è in grado di assicurare che i rapporti tra di essi si svolgano sulla base di

quanto previsto dall’ordinamento interno425. Uno Stato non può pertanto negare di avere

agito nel caso in cui gli organi subordinati non rispettano le istruzioni ricevute dalle autorità

dello Stato centrale:

“The Convention does not merely oblige the higher authorities of the

Contracting States themselves to respect the rights and freedoms it embodies;

it also has the consequence that, in order to secure the enjoyment of those

rights and freedoms, those authorities must prevent or remedy any breach at

subordinate levels. The higher authorities of the State are under a duty to

require their subordinates to comply with the Convention and cannot shelter

behind their inability to ensure that it is respected”426.

Il fatto che organi dello Stato si sottraggano agli obblighi inerenti alle funzioni loro

assegnate dal diritto interno o non rispettino le istruzioni del governo centrale risulta

ininfluente ai fine del riconoscimento di una data condotta come fatto dello Stato sul

piano internazionale. Sembra potersi desumere che nel momento in cui uno Stato, in

base al proprio diritto interno, attribuisce delle funzioni di governo ad un individuo o

ente e ne inserisce l’attività nella sua organizzazione, crea una situazione tale da

dover sopportare le conseguenze della propria scelta organizzativa.

4.1.3 La sentenza Ilascu e altri c. Moldova e Russia

424 “Despite the malfunctioning of parts of the State machinery in Georgia and the existence of territories with special status, the Ajarian Autonomous Republic is in law subject to the control of the Georgian State. The relationship existing between the local Ajarian authorities and the central government is such that only a failing on the part of the latter could make the continued breach of the provision of the Convention at the local level possible”. Ibid., p. 33, par. 147.425 Nel valutare il rapporto intercorrente tra la Repubblica autonoma e lo Stato centrale, la Corte europea si è interrogata sulla possibilità che il mancato rispetto della decisione della Corte suprema fosse sintomo dell’esistenza di aspirazioni secessionistiche da parte della Repubblica autonoma. 426 Ibid., p. 33, par. 146.

159

Page 161: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto esplicitamente il principio

dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi anche nella sentenza resa l’8

luglio 2004 nel caso Ilascu e altri c. Moldova e Russia427, in cui è stata chiamata ad affrontare

il problema della responsabilità di uno Stato per la condotta di un ente che, grazie al suo

sostegno, esercitava un potere di governo all’interno del territorio di un altro Stato428.

Nel giugno del 1992 quattro cittadini moldavi sono stati arrestati a Tiraspol, in Moldavia,

da alcuni soldati dell’ex-Quattordicesima armata sovietica e da altri individui che

indossavano uniformi prive di segni distintivi. Essi erano accusati di attività antisovietiche e

di lotta illecita contro lo Stato della Transdniestria, una regione della Moldavia proclamatasi

indipendente nel 1991 all’indomani della costituzione della Repubblica moldava, e sostenuta

a livello militare prima dall’Unione sovietica e poi dalla Federazione russa.

Fra gli arrestati vi era anche Ilie Ilascu, leader del Fronte popolare, un partito della

Moldavia impegnato nella campagna per l’unificazione della Moldavia con la Romania.

I cittadini moldavi sono stati condotti al quartier generale della polizia di Tiraspol, dove

sono stati interrogati e sottoposti a maltrattamenti per diversi giorni. Il processo a loro

carico dinanzi alla Corte suprema della Repubblica moldava di Transdniestria si è concluso il

9 dicembre 1993 con una sentenza di condanna alla pena di morte per Ilascu e ad una pena

detentiva compresa fra i 12 e i 15 anni per gli altri imputati. Nel giugno del 1999 Ilascu e gli

altri cittadini moldavi hanno presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo

contro la Repubblica di Moldavia e contro la Federazione russa, lamentando la violazione

dell’art. 6 della Convenzione europea per essere stati giudicati da un tribunale

incompetente, dell’art. 5 per aver subito una detenzione arbitraria, e dell’art. 3 per essere

stati sottoposti a tortura e trattamenti inumani e degradanti. La responsabilità per le

suddette violazioni veniva attribuita dai ricorrenti sia alla Federazione russa, in virtù del

controllo effettivo da essa esercitato sul territorio della Transdniestria, sia alla Repubblica di

Moldavia dal momento che non aveva adottato le misure adeguate a porvi fine.

427 Caso Ilascu ed altri c. Federazione Russa e Repubblica di Moldavia, decisione di merito, ricorso n. 48787/99, resa dalla Corte riunita nella Grande Camera l’8 luglio 2004. Sul caso Ilascu si veda in dottrina LIJNZAAD, Trouble in Tiraspol. Some Reflections on the Ilascu Case and the Territorial Scope of the European Convention on Human Rights, in Hague Yearbook of International Law, 2002, pp. 17-38; NIGRO, Giurisdizione e obblighi positivi degli Stati Parti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: il caso Ilascu, Rivista di diritto internazionale, 2005, pp. 413-440; 428 L’ipotesi presa qui in esame è quella in cui uno Stato risponde della condotta di un altro ente che ha la parvenza di uno Stato, in quanto tale comportamento è ad esso direttamente attribuibile. Diverso è invece il caso in cui uno Stato risponde del fatto illecito di un altro Stato a titolo di responsabilità per fatto altrui.

160

Page 162: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

La Grande Camera, nel pronunciarsi nel merito della questione, ha ritenuto opportuno

distinguere la questione della responsabilità della Moldavia rispetto a quella della

Federazione russa.

Riprendendo quanto già affermato nella sentenza resa nel caso Irlanda c. Regno Unito429,

nel valutare se i due Stati potessero essere considerati internazionalmente responsabili per

le violazioni lamentate dai ricorrenti, la Grande Camera ha sottolineato che:

“a State may also be held responsible even where its agents are acting ultra

vires or contrary to instructions. Under the Convention, a State's authorities are

strictly liable for the conduct of their subordinates; they are under a duty to

impose their will and cannot shelter behind their inability to ensure that it is

respected”430.

Anche in tale circostanza pertanto la Corte europea ha affermato che uno Stato non può

sfuggire alla propria responsabilità internazionale sostenendo che la condotta illecita di un

organo subordinato non era stata autorizzata.

Con riferimento alla Federazione russa, la Grande Camera ha poi constatato la riferibilità

a tale Stato sia dei comportamenti tenuti dai propri organi sia di quelli degli organi del

regime separatista instauratosi nella regione moldava della Transdniestria, in virtù

dell’effettiva autorità esercitata dalla Federazione russa su tale territorio431:

“In the light of all these circumstances the Court considers that the Russian

Federation’s responsibility is engaged in respect of the unlawful acts committed

by the Transdniestrian separatists, regard being had to the military and political

support it gave them to help them set up the separatist regime and the

participation of its military personnel in the fighting”432.429 Vedi supra, p. 161 ss.430 Caso Ilascu ed altri c. Federazione Russa e Repubblica di Moldavia, decisione di merito, ricorso n. 48787/99, resa dalla Corte riunita nella Grande Camera, 8 luglio 2004, p. 75, par. 319.431La Federazione Russa è stata ritenuta responsabile per le violazioni degli artt. 3 e 5 della Convenzione europea a partire dal momento in cui aveva condotto in arresto i quattro ricorrenti nel 1992, data in cui la Convenzione non era ancora entrata in vigore per tale Stato: “the events which gave rise to the responsibility of the Russian Federation must be considered to include not only acts in which the agents of that State participated, like the applicants’ arrest and detention, but also their transfer into the hands of the Transdniestrian police and regime, and the subsequent ill-treatment inflicted on them by those police,since in acting in that way the agents of the Russian Federation were fully aware that they were handing them over to an illegal and unconstitutional regime”. Cfr. par. 384 della sentenza.432 Cfr. par. 382 della sentenza. Oltre alla responsabilità internazionale della Russia per i comportamenti adottati dalle autorità della Transdniestria, la Corte ha affermato anche la responsabilità della Moldavia, in quanto, pur non avendo il controllo su quella parte del proprio

161

Page 163: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Nonostante nel caso di specie un peso notevole sia stato dato al fatto che gli organi della

Russia avevano avuto un ruolo diretto nell’arresto e la detenzione dei ricorrenti, la Corte ha

comunque precisato che la responsabilità internazionale di tale Stato riguardava anche

condotte rispetto a cui non vi era stata la diretta partecipazione di suoi organi de iure, in

quanto tale territorio si trovava:

“under the effective authority, or at the very least under the decisive

influence, of the Russian Federation and in any event that it survives by virtue

of the military, economic, financial and political support given to it by the

Russian Federation”433.

Sembra pertanto possibile affermare che la Corte ha assimilato, sulla base dei sopracitati

elementi di fatto, il regime separatista ad un ente territoriale decentrato della Russia, la

quale sarebbe pertanto tenuta a rispondere in ambito internazionale di tutti i

comportamenti tenuti dagli organi del regime nell’esercizio delle proprie funzioni, senza che

assuma alcuna rilevanza l’eventuale mancato rispetto delle istruzioni ricevute434.

4.2 Le sentenze della Corte interamericana dei diritti dell’uomo

4.2.1 La sentenza resa nel caso Velásquez Rodríguez

Il 24 aprile 1986 la Commissione interamericana dei diritti dell’uomo ha sottoposto alla

Corte interamericana dei diritti dell’uomo il caso Velásquez Rodríguez435, riguardante la

prassi delle sparizioni forzose seguita in quegli anni dal Governo dell’Honduras.

La Commissione accusava l’Honduras di aver violato numerose disposizioni della

Convenzione americana dei diritti dell’uomo in ragione dell’arresto e della successiva

territorio, aveva violato obblighi positivi derivanti dalla Convenzione.433 Ibid., p. 92, par. 392. Gli elementi di fatto evidenziati dalla Corte al fine di attribuire i comportamenti degli organi del regime separatista alla Federazione russa sono stati il suo determinante sostegno politico, economico e militare a tale regime, la presenza di truppe russe sul territorio governato dal regime separatista e il contributo politico e militare fornito dalla Russia alla sua creazione.434 Si veda DE HOOGH, op. cit., pp. 272-273.435Cfr. caso Velásquez Rodríguez c. Honduras, sentenza della Corte interamericana dei diritti dell’uomo del 29 luglio 1988. La sentenza è consultabile sul sito web della Corte al seguente link: http://www.corteidh.or.cr/docs/casos/articulos/seriec_04_esp. Sul caso si veda anche COHEN-JONATHAN, Cour interaméricaine des droits de l’homme – l’arrêt Velásquez, Revue générale de droit public, 1990, pp. 455–471.

162

Page 164: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

detenzione senza mandato di un giudice, di uno studente, Angel Manfredo Velásquez

Rodríguez, da parte delle sue forze militari. Sulla base delle testimonianze raccolte, la

Commissione sosteneva che lo studente era stato sottoposto a tortura ed era stato

successivamente assassinato da parte delle stesse forze armate.

Essendo competente a pronunciarsi soltanto circa l’eventuale violazione da parte degli

Stati delle disposizioni della Convenzione, la Corte Interamericana dei diritti dell’uomo, nella

sentenza resa il 29 luglio 1988, si è preoccupata di stabilire se queste azioni facessero

sorgere la responsabilità dell’Honduras per violazione della Convenzione.

Secondo la Corte:

“According to Article 1 (1), any exercise of public power that violates the

rights recognized by the Convention is illegal. Whenever a State organ, official

or public entity violates one of those rights, this constitutes a failure of the duty

to respect the rights and freedoms set forth in the Convention. This conclusion

is independent of whether the organ or official has contravened provisions of

internal law or overstepped the limits of his authority: under international law a

State is responsible for the acts of its agents undertaken in their official capacity

and for their omissions, even when those agents act outside the sphere of their

authority or violate internal law”436.

Se le condotte illecite tenute da un organo statale in violazione del proprio ordinamento

interno non potessero essere considerate una violazione degli obblighi che uno Stato è

tenuto a rispettare in virtù della Convenzione, secondo la Corte, l’intero sistema di

protezione dei diritti umani da essa previsto diverrebbe illusorio437.

La Corte ha peraltro osservato come l’ordinamento giuridico dell’Honduras non

autorizzasse i comportamenti che erano stati tenuti dagli organi statali e che tali

comportamenti erano considerati reati, che non tutti i livelli di Governo erano

necessariamente al corrente di essi e che non era provato che fossero stati adottati sulla

base di istruzioni impartite dagli organi superiori. Tali circostanze non sono state comunque

ritenute suscettibili di esonerare lo Stato dalla sua responsabilità internazionale per la

violazione dei diritti dell’uomo da parte dei suoi organi durante l’esercizio delle proprie

funzioni:

436 Velásquez Rodríguez Case, cit., p. 153, par. 170.437 Ibid., par. 171.

163

Page 165: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“The Court notes that the legal order of Honduras does not authorize such

acts and that internal law defines them as crimes. The Court also recognizes

that not all levels of the Government of Honduras were necessarily aware of

those acts, nor is there any evidence that such acts were the result of official

orders. Nevertheless, those circumstances are irrelevant for the purposes of

establishing whether Honduras is responsible under international law for the

violations of human rights perpetrated within the practice of

disappearances”438.

Come la Corte europea nei casi precedentemente citati439, anche la Corte interamericana

dei diritti dell’uomo ha in tale circostanza riconosciuto l’irrilevanza ai fini del sorgere della

responsabilità internazionale dello Stato per un illecito commesso da un proprio organo, sia

del mancato rispetto delle istruzioni ricevute dagli organi superiori che dell’eventuale

violazione delle disposizioni del diritto interno in tema di competenza, purché tale organo

abbia agito nella sua capacità ufficiale.

La Corte ha dichiarato pertanto all’unanimità che il Governo dell’Honduras aveva violato

numerose disposizioni della Convenzione e l’ha condannato al pagamento di una somma di

denaro a titolo di risarcimento ai parenti delle vittime.

4.2.2 La sentenza resa nel caso Mapiripán Massacre c. Colombia

Dopo la sentenza resa nel caso Velásquez Rodríguez, la Corte interamericana per i diritti

umani, nell’affrontare la questione della responsabilità di uno Stato per le violazioni dei

diritti dell’uomo commesse da gruppi paramilitari, ha in numerose occasioni affermato il

principio di diritto internazionale secondo cui uno Stato è internazionalmente responsabile

438 Ibid., p. 158, par. 183. Secondo la Corte inoltre “violations of the Convention cannot be founded upon rules that take psychological factors into account in establishing individual culpability”. Ibid., p. 30, par. 173. La tesi secondo cui lo stato psicologico di un individuo che gode della qualità organica possa influire nel determinare se un comportamento è stato tenuto ultra vires oppure nella sua qualità privata è stata sostenuta dal giudice Nieto Novia nella sua opinione dissenziente nel caso Caballero Delgado e Santana c. Colombia, sentenza della Corte interamericana dei diritti dell’uomo dell’8 dicembre 1995, Serie C. No. 22, para. 53. In tale pronuncia, la Corte Interamericana dei diritti dell’uomo, nell’attribuire la responsabilità internazionale alla Colombia per la scomparsa di un uomo e di una donna per effetto del comportamento di alcuni militari non si è soffermata a stabilire se gli organi statali avessero agito ultra vires oppure su impulso di ordini dei propri superiori in quanto la liceitá di una condotta nell’ordinamento interno risultava ininfluente ai fini della sua attribuzione allo Stato quale soggetto del diritto internazionale. Per un’analisi della giurisprudenza della Corte Interamericana dei diritti dell’uomo con riferimento alle attività ultra vires degli organi statali si veda PASQUALUCCI, The Practice and Procedures of the Interamerican Court of Human Rights, Cambridge, 2003, pp. 223 – 225.439 Vedi supra, p. 161 ss.

164

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per le attività ultra vires dei propri organi e anche di quelli di gruppi paramilitari ad essa

collegati. La Corte interamericana, come spesso anche la Commissione interamericana, ha

giustificato la responsabilità internazionale dello Stato sulla base del tipo di legame che

univa i paramilitari allo Stato.

I gruppi paramilitari sono gruppi armati di individui dotati di una organizzazione interna

di cui lo Stato si avvale per lo svolgimento di funzioni militari o di polizia, parallelamente agli

organi statali istituzionalmente deputati allo svolgimento di tali mansioni. Nella prassi non

sono rari i casi in cui è il diritto interno a prevedere la costituzione di gruppi di privati

cittadini ai quali è affidato il compito di integrare l’azione delle forze di polizia nel

mantenimento dell’ordine pubblico. Talora l’attribuzione allo Stato dei comportamenti

adottati da tali gruppi si baserà sul riconoscimento formale del loro ruolo all’interno della

struttura organizzativa dello Stato440. Frequentemente, però, lo Stato non formalizza in

termini giuridici i rapporti intrattenuti con i gruppi paramilitari.

Una delle circostanze in cui lo Stato è stato ritenuto internazionalmente responsabile

dalla Corte interamericana dei diritti dell’uomo per i fatti commessi dai gruppi paramilitari è

il caso Mapiripán Massacre c. Colombia441.

Il 12 luglio 1997, circa un centinaio di membri delle Autodefensas Unidas de Colombia

sono atterrati all’aeroporto di San José de Guaviare con il benestare dell’esercito regolare

colombiano, che ha fornito loro anche i mezzi di trasporto per raggiungere il territorio di

Mapiripán. I membri del gruppo paramilitare, che indossavano divise dell’esercito regolare

ed erano dotati di armi il cui uso era ad esso riservato, sono rimasti sul luogo dal 15 al 20

luglio, giorni durante i quali hanno torturato ed ucciso decine di individui. Il massacro di

Mapiripán è avvenuto grazie al supporto logistico, la collaborazione, l’acquiescenza e le

omissioni di alcuni membri dell’esercito colombiano442.

440 Tale eventualità è abbastanza usuale nella prassi dei paesi dell’America Latina, il cui diritto interno prevede sovente la costituzione di gruppi di privati cittadini a cui è affidato il compito di mantenere l’ordine pubblico parallelamente alle forze di polizia. Su tale questione si vedano le considerazioni di ANNONI, La responsabilità internazionale dello Stato per le sparizioni forzate, Rivista di diritto internazionale, 2005, p. 683 ss.; SHELTON, Private Violence, Public Wrongs, and the Responsibility of States, in Fordham Law Journal, 1989-1990, p. 1 ss.441 Caso Mapiripán Massacre c. Colombia, sentenza della Corte interamericana dei diritti dell’uomo del 15 settembre.442 “The incursion of the paramilitary in Mapiripán was an act that had been meticulously planned several months before June 1997, carried out with logistic preparatory work and with the collaboration, acquiescence, and omissions by members of the Army. Participation of agents of the State in the massacre was not limited to facilitating entry of the AUC into the region, as the authorities knew of the attack against the civilian population in Mapiripán and they did not take the necessary steps to protect the members of the community. Omissions by the VII Brigade are not merely non-fulfillment of its legal duty to control the area, but rather, according to the Attorney General’s Office, they involved “abstaining from action, necessarily in connivance with the illegal armed group, as well as effective positive attitudes tending to enable the paramilitary to attain their objective, as they undoubtedly would not have been able to act without that support.” Ibid., p. 47,

165

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A seguito della presentazione alla Corte Interamericana dei diritti dell’uomo di un ricorso

da parte della Commissione, lo Stato colombiano ha riconosciuto, nell’udienza pubblica del

7 marzo 2005, la propria responsabilità internazionale per la violazione di alcune disposizioni

della Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo da parte di propri organi, che

avevano agito contravvenendo alle disposizioni dell’ordinamento interno:

“The State has acknowledged its international responsibility for the violation

of Articles 4(1), 5(1), 5(2), 7(1) and 7(2) of the Convention, in connection with

the facts mentioned in section B of Chapter VI of the application filed by the

Commission. Nevertheless, taking into account the content of domestic rulings,

it argues that said responsibility derives from irregular actions by its agents and

not from a policy of the State or of its Institutions “443.

Con riferimento agli avvenimenti di Mapiripán, lo Stato asseriva però che fossero ad esso

attribuibili soltanto i comportamenti adottati dai membri dell’esercito regolare ad esclusione

invece di quelli dei gruppi paramilitari, in opposizione a quanto sostenuto dalla

Commissione444.

Secondo il Governo colombiano, attribuire in via generale tali condotte allo Stato come

se fossero state tenute da organi statali significava contravvenire ai principi di diritto

internazionale generale in tema di responsabilità.

Nella sentenza resa nel 2005 nel caso Mapiripán Massacre c. Colombia, la Corte ha

affermato la responsabilità internazionale della Colombia per l’accaduto e ha sottolineato

che, in caso di violazione di una delle disposizioni della Convenzione da parte di organi

statali, risulta irrilevante l’eventuale mancato rispetto della propria competenza, in virtù del

principio di diritto internazionale generale secondo cui uno Stato è responsabile di tutti i

comportamenti adottati dai propri organi nella loro qualità ufficiale, anche nel caso in cui

abbiano agito ultra vires:

“In accordance with Article 1(1) any form of exercising public authority that

violates the rights embodied in the Convention is unlawful. In this regard, any

circumstances in which a body or official of the State or of a public institution

parr. 96. 43-96.44.443Ibid., p. 82, par. 97 della sentenza. 444 “What the State does not accept is attributing to it the acts of the self-defense groups, as the Inter American Commission argues in the application. Attributing the acts of members of said self-defense groups to the State as if they were its agents and arguing that the State incurs international responsibility for those acts would be contrary to International Law”. Ibid.

166

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inappropriately abridges one of said rights constitutes disregard for the duty to

respect rights, enshrined in that Article. This conclusion is independent of

whether the body or official acted contravening domestic legal provisions or

going beyond the limits of his own sphere of competence, as it is a principle of

International Law that the State is responsible for the acts of its agents carried

out in their official capacity and by their omissions, even if they act outside the

limits of their sphere of competence or in violation of domestic law”445.

Alla luce della particolare natura della Convenzione, dovuta ai diritti che intende

proteggere, la Corte ha inoltre sottolineato come le disposizioni previste da tale strumento

internazionale debbano essere interpretate in maniera evolutiva, al fine di garantire la

massima protezione possibile agli esseri umani. Con riferimento alla responsabilità

internazionale, la Corte ha ritenuto che la Convenzione americana deve considerarsi lex

specialis, per cui l’attribuzione deve avvenire sulla base di quanto previsto dalle sue stesse

disposizioni.

Prendendo in debita considerazione quanto contenuto nel rapporto dell’Alto

Commissario dei diritti umani delle Nazioni Unite circa il rispetto dei diritti umani in

Colombia nel 1997446, la Corte ha sottolineato che, nonostante il massacro fosse stato

materialmente perpetrato dalle AUC, aveva potuto essere compiuto soltanto grazie alla

collaborazione, acquiescenza e tolleranza da parte delle forze armate regolari della

Colombia. Nonostante mancassero le prove in base a cui attestare l’esistenza di un legame

di dipendenza tra l’esercito regolare e i gruppi paramilitari oppure una delega fattuale di

pubbliche funzioni da parte dello Stato, la Colombia doveva essere ritenuta

internazionalmente responsabile sia dei comportamenti dei propri organi che di quelli dei

paramilitari, sulla base del fatto che gli illeciti erano stati commessi in territori sottoposti alla

propria giurisdizione447. Le autorità statali, pur essendo pienamente a conoscenza delle

445 Ibid., p. 88, par. 108. Si vedano anche il caso Gómez Paquiyauri Brothers, sentenza dell’8 luglio 2004, Series C No. 110, par. 72; il caso “Five Pensioners”, sentenza del 28 febbraio 2003, Series C No. 98, par. 63; il caso Juridical Condition and Rights of the Undocumented Migrants, parere consultivo del 17 settembre 2003, Series A No. 18, paa. 76; il caso Baena Ricardo et al., sentenza del 28 novembre 2003, Series C No. 104, par. 178.446 “Specifically with regard to what happened in Mapiripán, the Report by the United Nations High Commissioner for Human Rights states that, “the specifics of the cases filed before the Office in Colombia suggest that the facts could not have taken place without that acquiescence, support, or complicity. Aside from the testimony of the witnesses and the observations by the Commissioner herself, the Ombudsperson [Defensor del Pueblo] also acknowledged that the paramilitary ha[d] become the illegal arm of the security forces, carrying out the dirty work that the latter cannot do.” Cfr. Report by the United Nations High Commissioner for Human Rights on the human rights situation in Colombia in 1997, E/CN.4/1998/16, March 9, 1998, parr. 29 e 91. Si veda anche il Fourth Report by the Ombudsman to the Colombian Congress, 1997, pp. 59-60.447 P. 95, parr. 129-120 della sentenza.

167

Page 169: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

intenzioni del gruppo paramilitare di instillare paura tra coloro che popolavano quel

territorio, non solo avevano collaborato al fine di rendere realizzabili i loro intenti, ma

avevano fatto il possibile affinché il massacro apparisse agli occhi dell’opinione pubblica

perpetrato senza la loro partecipazione o tolleranza:

“In brief, having established that there was a link between the armed forces

and this paramilitary group to commit the massacre, based on the

acknowledgment of the facts by the State and the body of evidence in the file,

the Court has reached the conclusion that the international responsibility of the

State has resulted from a set of actions and omissions by State agents and

private citizens, conducted in a coordinated, parallel or linked manner, with the

aim of carrying out the massacre. First of all, said agents collaborated directly

or indirectly with the acts committed by the paramilitary, and secondly, they

were remiss regarding their duty to protect the victims against said acts and

regarding their duty to effectively investigate them, all of which has led to

violations of human rights embodied in the Convention. In other words, since

the acts committed by the paramilitary against the victims in the instant case

cannot be considered mere acts amongst private individuals, as they are linked

to actions and omissions by State officials, the State is found to be responsible

for said acts, based on non-fulfillment of its erga omnes treaty obligations to

ensure the effective exercise of human rights in said relations amongst

individuals”448.

Come la Corte internazionale di giustizia in alcune pronunce riguardanti la riferibilità allo

Stato delle condotte di gruppi armati449, nel caso di specie anche la Corte interamericana dei

diritti dell’uomo ha valorizzato elementi fattuali al fine di ritenere attribuibili in via generale

allo Stato le condotte tenute da individui che non possedevano lo status di organo in base

all’ordinamento interno. In virtù dello stretto legame intercorrente con gli organi e

l’organizzazione statale in genere, le condotte tenute dal gruppo paramilitare non potevano

in alcun modo essere pertanto assimilate a dei comportamenti di semplici privati, bensì

risultavano attribuibili in via generale allo Stato senza che fosse necessario accertare

l’esistenza di un effettivo controllo sulle specifiche condotte.

448 P. 96, par. 121 della sentenza.449 Vedi infra, p. 185 ss.

168

Page 170: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

4.2.3 Altre sentenze della Corte interamericana in cui è stato enunciato il principio

della responsabilità internazionale dello Stato per attività ultra vires dei

propri organi

Un’altra circostanza in cui la Corte interamericana dei diritti dell’uomo è stata chiamata

dalla Commissione a pronunciarsi circa la responsabilità internazionale dello Stato per la

violazione di alcune disposizioni della Convenzione da parte di un gruppo paramilitare è il

caso Pueblo Bello Massacre c. Colombia, in cui veniva lamentato il massacro di alcuni

abitanti del villaggio di Pueblo Bello nel 1990, avvenuto con l’acquiescenza degli organi

statali450.

Secondo il Governo della Colombia, uno Stato non può essere chiamato

automaticamente a rispondere sul piano internazionale di fatti di privati. Lo Stato

contestava pertanto la propria responsabilità internazionale nel caso di specie sulla base del

fatto che “the structures for attributing responsibility to the State constitute numerus

clausus, because they consist of a rigorous description of the events in which the violation of

the treaty-based obligation is attributable to the State”451.

Nel pronunciarsi sul massacro di Pueblo Bello, la Corte interamericana ha sottolineato

che la responsabilità internazionale dello Stato sorge al momento della violazione degli

obblighi erga omnes di rispettare i diritti riconosciuti dalla Convenzione e di assicurare la

loro effettività in ogni circostanza e con riferimento a tutti gli individui sottoposti alla propria

giurisdizione. Pur riconoscendo che l’attribuzione di condotte allo Stato è un fenomeno

regolato da norme di diritto internazionale, la Corte ha criticato l’argomentazione della

Colombia considerando illusorio che sia possibile individuare a priori quali siano le specifiche

condizioni in presenza delle quali una certa condotta, tenuta da un suo organo o da privati,

deve esserle attribuita. La Corte ha però allo stesso tempo affermato che qualsiasi violazione

dei diritti umani riconosciuti dalla Convenzione dovuta al comportamento adottato nella

propria qualità ufficiale da un organo costituisce un fatto attribuibile allo Stato in virtù del

diritto internazionale generale, indipendentemente dalla circostanza che abbia oltrepassato

i limiti della propria competenza:

450 Caso Pueblo Bello Massacre c. Colombia, sentenza della Corte interamericana dei diritti dell’uomo del 31 gennaio 2006.451 Ibid., p. 87, par. 103.

169

Page 171: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

“It is a principle of international law that the State responds for the acts and

omissions of its agents in their official capacity, even if they overstep the limits

of their authority”452.

Con riferimento a tale obiter dictum della Corte, sembra interessante notare come il

principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi sia stato

riconosciuto nonostante in tale circostanza l’operazione attributiva venisse assimilata ad

un’operazione di mero accertamento di un legame fattuale esistente tra l’ente soggetto

internazionale e le persone fisiche o giuridiche che effettivamente agiscono per suo conto.

Pur escludendo che rientri tra le funzioni del diritto internazionale determinare

concretamente quale siano le condizioni in presenza delle quali un fatto può essere

attribuito ad uno Stato, l’aver agito ultra vires da parte di un individuo che gode della qualità

di organo in base al diritto interno è ritenuto irrilevante ai fini dell’attribuzione di fatti allo

Stato quale soggetto internazionale.

Il principio della responsabilità internazionale dello Stato per le attività ultra vires dei

propri organi è stato nuovamente riconosciuto dalla Corte interamericana nella sentenza

resa nel 2008 nel caso Yvon Neptune c. Haiti453.

Anche in tale circostanza la Corte, per stabilire l’eventuale violazione da parte di Haiti di

alcune disposizioni della Convenzione per l’irregolare arresto di un suo cittadino454, ha

ritenuto di dover sottolineare che un principio di diritto internazionale generale riconosce

che lo Stato è tenuto a rispondere nell’ordinamento internazionale di tutte le condotte

tenute dai propri organi nell’esercizio delle proprie funzioni, anche nel caso in cui abbiano

agito nel mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno in tema di competenza:

“[…]the Court has established that this responsibility arises from “acts or

omissions of any power or organ of the State, irrespective of its rank, that

violate the American Convention,” and it is generated immediately with the

international unlawful act attributed to the State, because it is a principle of

international law that the State responds for the acts or omissions of its agents

452 Ibid., p. 91, par. 111. Non essendo stato debitamente provato che membri dell’esercito regolare avessero collaborato con i gruppi paramilitari nella perpetrazione del massacro, nel caso di specie la Corte ha riconosciuto la responsabilità internazionale dello Stato soltanto con riferimento alla mancata adozione di debite misure di protezione nei confronti della popolazione civile. Si vedano i parr. 139-140 della sentenza.453 Caso Yvon Neptune c. Haiti, sentenza della Corte interamericana dei diritti dell’uomo del 6 maggio 2008. 454 “According to the Commission, at the time of his arrest, he was not informed of the reasons of his detention, nor was he informed of his rights…..The State did not bring Mr. Neptune promptly before a judge or other judicial official authorized by law to exercise judicial power…”. Ibid., p. 5, par. 10.

170

Page 172: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

in their official capacity, even if they act above and beyond the limits of their

competence”455.

L’aver agito in qualità ufficiale viene riconosciuto anche in tale fattispecie come la

condizione in base a cui un comportamento adottato da un organo al di fuori della propria

competenza può essere considerato un fatto dello Stato quale soggetto internazionale.

4.3 L’orientamento del Comitato dei diritti umani

Nel giugno del 1990, durante un’operazione militare, alcuni individui erano stati prelevati

dalle proprie abitazioni da parte di membri delle forze regolari dello Sri Lanka in quanto

sospettati di far parte del Liberation Tigers of Tamil Eelam456, erano stati portati in un campo

militare ed erano stati sottoposti a tortura. Mentre alcuni di essi erano stati liberati dopo

pochi giorni, altri, tra cui il figlio del ricorrente, non avevano più fatto ritorno.

Nell’ottobre 1999, un cittadino dello Sri Lanka ha presentato una comunicazione

individuale al Comitato dei diritti umani, organo di controllo sul rispetto del Patto ONU sui

diritti civili e politici del 1966, lamentando che suo figlio, nell’ambito degli avvenimenti

precedentemente descritti, era stato vittima di una violazione da parte dello Stato di

numerose disposizioni del Patto sui diritti civili e politici457. In tale circostanza lo Sri Lanka ha

tentato di sfuggire alla propria responsabilità internazionale sostenendo di essere all’oscuro

delle attività tenute dal caporale delle forze regolari che aveva compiuto il fatto, in quanto

totalmente separate e distinte rispetto alle operazioni intraprese in quella regione da parte

dell’esercito. In ragione della mancata conoscenza delle attività svolte dal caporale, la

violazione dei diritti garantiti dal Patto non poteva essere attribuita allo Stato, bensì doveva

essere considerata frutto di comportamenti tenuti nella propria qualità privata da un

individuo che godeva dello status organico458.

455 Ibid., p. 14, par. 43.456 Si tratta di un movimento insurrezionale nato nel 1976 con l’obiettivo di creare uno Stato tamil indipendente sull’attuale territorio dello Stato dello Sri Lanka.457 Views of the Human Rights Committee under the Optional Protocol to the International Covenant on Civil and Political Rights, communication No. 950/2000: Sri Lanka, CCPR/C/78/D/950/2000, 31 July 2003.458 “[…]the State party does not contest that the author's son has disappeared, even if it claims not to be responsible; that it confirms that the author's son was abducted on 23 June 1990 by Corporal Sarath and two other unidentified officers, although in a manner which was "distinctly separate and independent" from the cordon and search operation that was carried out by the Army in this location at the same time; and that it submits that officers of the Army had been unaware of Corporal Sarath's conduct and the author's son abduction.” Cfr., Ibid., par. 8.4.

171

Page 173: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Secondo il ricorrente, Thevaraja Sarma, la scomparsa di suo figlio si inseriva in una

pratica sistematica condotta dagli organi statali a partire dal 1989 nell’ambito della guerra

condotta contro il movimento di liberazione nazionale Tamil e doveva essere pertanto

considerata un fatto statale.

Individuando nell’attribuzione di tali comportamenti allo Stato la principale problematica

da affrontare, il ricorrente ha sostenuto che la scomparsa di suo figlio dovesse essere

considerata un fatto statale in quanto tenuta da organi dello Stato. Nei casi in cui la

violazione di una disposizione del Patto è frutto di un comportamento adottato da un

organo statale che si avvale della propria autorità per commettere un fatto, a suo parere, lo

Stato ne avrebbe dovuto rispondere. Secondo il ricorrente, risultava irrilevante la

circostanza che un organo statale avesse tenuto nella propria qualità ufficiale una condotta

ultra vires in quanto lo Stato gli aveva fornito i mezzi e l’autorità necessarie per compiere

quel fatto459.

Pronunciandosi nel merito, il Comitato dei diritti umani, nell’osservazione formulata il 31

luglio 2003, ha riconosciuto lo Sri Lanka responsabile degli illeciti lamentati, avendo modo di

sottolineare l’irrilevanza ai fini della responsabilità internazionale dell’eventualità che un

organo avesse agito in contravvenzione del proprio ordinamento interno, avesse

oltrepassato i limiti della propria competenza oppure che i suoi superiori fossero totalmente

all’oscuro del suo operato. Si legge nelle osservazioni del Comitato:

“The Committee considers that, for purposes of establishing State

responsibility, it is irrelevant in the present case that the officer to whom

the disappearance is attributed acted ultra vires or that superior officers

were unaware of the actions taken by that officer”460.

Il Comitato ha ritenuto che lo Sri Lanka dovesse rispondere internazionalmente del fatto

compiuto ultra vires tenuto da un proprio organo in quanto fatto ad esso attribuibile sul

piano internazionale. Il riferimento all’art. 7 del progetto di articoli adottato in seconda

459 “Where the violation of Covenant rights is carried out by a soldier or other official who uses his or her position of authority to execute a wrongful act, the violation is imputable to the State, even where the soldier or the other official is acting beyond his authority. The author, relying on the judgment of the Inter-American Court of Human Rights in the Velásquez Rodríguez Case and that of the European Court of Human Rights, concludes that, even where an official is acting ultra vires, the State will find itself in a position of responsibility if it provided the means or facilities to accomplish the act. Even if, and this is not known in this case, the officials acted in direct contravention of the orders given to them, the State may still be responsible”. Ibid., par. 8.5.460 Ibid., par. 9.2.

172

Page 174: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

lettura dalla CDI e all’art. 2 par. 3 lett. a) del Patto sui diritti civili e politici461 sembra inoltre

dimostrare che l’aver agito nella qualità deve essere considerata la condizione in base a cui

un fatto ultra vires di un organo statale può ritenersi un fatto dello Stato nell’ordinamento

internazionale.

5. La giurisprudenza del Tribunale penale internazionale per la ex-Iugoslavia

Un’applicazione del principio dell’attribuzione allo Stato delle condotte ultra vires dei

propri organi si è avuta nella sentenza resa dalla Camera d’appello del Tribunale penale

internazionale per la ex-Iugoslavia nel caso Prosecutor v. Dusko Tadić462. La Camera di

appello era stata chiamata a pronunciarsi sull’impugnazione di una sentenza della Camera di

prima istanza, promossa per preteso errore di diritto dalla difesa di Dusko Tad ić, un serbo

imputato di gravi crimini di guerra commessi nella regione di Prijedor, in Bosnia.

In tale pronuncia il Tribunale ha fatto ricorso alle regole sull’attribuzione di fatti illeciti ai

fini della responsabilità internazionale per poter determinare la natura interna o

internazionale del conflitto nella ex-Iugoslavia, ritenuto elemento rilevante per definire la

responsabilità penale di individui463. Se fosse stato accertato che le condotte dell’esercito

serbo-bosniaco e della Republika Srpska potevano essere attribuite alla Repubblica Federale

di Iugoslavia, si sarebbe giunti alla conclusione che si era trattato di un conflitto

internazionale e che quindi Tadić, membro dell’esercito serbo-bosniaco, dovesse rispondere

della violazione delle norme applicabili a tale tipo di conflitto. Al fine di stabilire se la

condotta di Tadić fosse attribuibile alla Repubblica federale di Iugoslavia, una delle questioni

preliminari trattate dalla Camera d’appello è stata l’interpretazione della sentenza resa dalla

Corte internazionale di giustizia nel caso delle attività militari e paramilitari degli Stati Uniti

in Nicaragua, con particolare riguardo all’affermazione che le condotte di individui che non

godono della qualità organica nell’ordinamento statale possono essere attribuite allo Stato

esclusivamente nel caso in cui siano state adottate previa istruzione o sotto l’effettivo

controllo di organi statali.

La Camera d’appello ha riconosciuto valida la distinzione tra criteri attributivi fondati

sull’esistenza di un rapporto fattuale e criteri che invece si basano sulla qualità di organo

461 “Each State Party to the present Covenant undertakes: (a) To ensure that any person whose rights or freedoms as herein recognized are violated shall have an effective remedy, notwithstanding that the violation has been committed by persons acting in an official capacity…”.462 Prosecutor v. Dusko Tadić, sentenza della Camera d’appello del 15 luglio del 1999.463 Per una critica all’impostazione seguita dal Tribunale si veda MERON, Classification of Armed Conflict in the Former Yugoslavia: Nicaragua’s Fallout, American Journal of International Law, 1998, p. 236 ss.

173

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dell’individuo-agente, precisando che lo status organico si riferisce al caso di individui o enti

che godono di tale qualità in base all’ordinamento interno464.

Nel prendere quindi in considerazione le circostanze in base a cui uno Stato può essere

ritenuto internazionalmente responsabile per i comportamenti adottati da individui o enti

che, pur non godendo della qualità organica in base al diritto interno, agiscono in fatto per

suo conto, la Corte ha sottolineato come i criteri utilizzati per le forze armate non possono

essere eccessivamente rigidi.

La ratio della formulazione dell’art. 8 adottato in prima lettura dalla CDI sarebbe difatti

quella di evitare che uno Stato, dopo aver delegato in fatto a privati lo svolgimento di

attività che non potrebbero essere svolte legittimamente dai propri organi, tenti di sfuggire

alla sua responsabilità internazionale argomentando che tali individui o enti, pur avendo

esercitato pubbliche funzioni, non godono della qualità di organo nel diritto interno.

L’esigenza di garantire la sicurezza delle relazioni internazionali impone che gli Stati non

possano permettere che individui agiscano di fatto per suo conto, per poi dissociarsi dal loro

operato nell’eventualità in cui commettano un fatto illecito465.

Pur riconoscendo che in diritto internazionale il requisito per riferire allo Stato le

condotte adottate da privati che agiscono per suo conto è che lo Stato abbia esercitato un

controllo sulle loro attività, secondo la Camera d’appello, il grado di controllo richiesto ai fini

dell’attribuzione varierebbe in funzione delle singole circostanze fattuali.

Nell’eventualità in cui un individuo o un gruppo non organizzato di individui, nello

svolgere una attività lecita che era stata loro di fatto affidata dallo Stato, commettano un

fatto illecito:

“[…] by anology with the rules concerning State responsibility for acts of

State officials acting ultra vires, it can be held that the State incurs responsibility

on account of its specific request to the private individual or individuals to

discharge a task on its behalf”466.

Nonostante quindi non vengano rispettate le istruzioni impartite, lo Stato dovrebbe

comunque rispondere in ambito internazionale degli eventuali illeciti in quanto commessi da

individui che, pur non essendo formalmente integrati a livello organizzativo nella struttura di

governo, esercitano in fatto funzioni implicanti l’esercizio di pubblici poteri per conto dello

Stato. A differenza di quanto accade con riferimento agli organi de jure, nell’ipotesi qui presa

464 Ibid., parr. 109–113. 465 Ibid., par. 117.466 Ibid., par. 119.

174

Page 176: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

in esame l’attribuzione di condotte allo Stato non è naturalmente condizionata dalla

circostanza che l’individuo o ente abbia agito nell’esercizio delle sue funzioni, bensì dal fatto

che sia stato lo stesso Stato a incaricarlo dello svolgimento di attività espressione dei suoi

poteri sovrani.

La Camera d’appello ha poi sottolineato la necessità di distinguere la situazione in cui

individui o enti agiscono per conto dello Stato senza specifiche istruzioni rispetto al caso dei

gruppi militari o paramilitari organizzati, degli irregolari o dei ribelli. In presenza di una

catena di comando e di regole ben prestabilite, si presuppone che la condotta posta in

essere da un individuo rispecchi la volontà del gruppo.

In tale circostanza non risulterebbe pertanto necessario accertare che il gruppo abbia

agito dietro istruzioni di organi statali con riferimento ad ogni singola condotta al fine di

attribuire la loro attività allo Stato, bensì sarebbe sufficiente verificare l’esistenza di un

controllo generale sul loro operato, che si reputa esistente nel caso in cui gli organi statali

abbiano equipaggiato e finanziato il gruppo ed abbiano partecipato alla pianificazione

generale della sua attività.

Secondo la Camera, la circostanza che lo Stato sia responsabile delle condotte dei

membri del gruppo indipendentemente da qualsiasi istruzione ad essi impartita, rende tali

individui assimilabili agli organi statali. I comportamenti adottati nello svolgimento delle

funzioni di governo da questi in fatto esercitate devono considerarsi in via generale

attribuibili allo Stato:

“Under the rules of State responsibility, as restated in Article 10 of the Draft

on State Responsibility as provisionally adopted by the International Law

Commission, a State is internationally accountable for ultra vires acts or

transactions of its organs. In other words it incurs responsibility even for acts

committed by its officials outside their remit or contrary to its behest. The

rationale behind this provision is that a State must be held accountable for acts

of its organs whether or not these organs complied with instructions, if any,

from the higher authorities. Generally speaking, it can be maintained that the

whole body of international law on State responsibility is based on a realistic

concept of accountability, which disregards legal formalities and aims at

ensuring that States entrusting some functions to individuals or groups of

individuals must answer for their actions, even when they act contrary to their

directives. The same logic should apply to the situation under discussion. As

noted above, the situation of an organised group is different from that of a

175

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single private individual performing a specific act on behalf of a State. In the

case of an organised group, the group normally engages in a series of activities.

If it is under the overall control of a State, it must perforce engage the

responsibility of that State for its activities, whether or not each of them was

specifically imposed, requested or directed by the State. To a large extent the

wise words used by the United States-Mexico General Claims Commission in

the Youmans case with regard to State responsibility for acts of State military

officials should hold true for acts of organised groups over which a State

exercises overall control”467.

La Camera ha avuto modo però di precisare che, mentre nel caso della commissione di

fatti illeciti ultra vires da parte di un organo de jure la responsabilità internazionale dello

Stato sorge in virtù della qualifica organica riconosciutagli dall’ordinamento interno, per

quanto concerne i gruppi organizzati la responsabilità internazionale deve intendersi come il

corollario del controllo generale esercitato su di essi dallo Stato468.

Nel caso dell’individuo-organo, quindi, è necessario accertare se chi ha agito intrattiene

con lo Stato un legame a tal punto stretto da giustificare la riconducibilità in via generale del

comportamento allo Stato anche nel caso in cui abbia agito ultra vires. Nell’ipotesi di gruppi

di individui non organi ma sottoposti al controllo globale invece, l’attribuzione dipende

dall’esistenza tra lo Stato e il gruppo organizzato di un rapporto fattuale costituitosi in forza

della partecipazione statale al finanziamento e alla pianificazione generale della sua attività.

È stato da ultimo affermato dalla Camera un terzo criterio attributivo fondato

sull’esistenza di un legame fattuale tra un singolo individuo e lo Stato, in base al quale

individui o enti possono essere assimilati ad organi dello Stato in ragione della collocazione

467 Ibid., parr. 121-122. La Camera d’appello ha inoltre sottolineato come dovessero ritenersi applicabili alla situazione presa in esame i principi esposti dalla Commissione dei reclami Stati Uniti/Messico nella sentenza resa nel caso Youmans.468 “What has just been said should not, of course, blur the necessary distinction between the various legal situations described. In the case envisaged by Article 10 of the Draft on State Responsibility […],State responsibility objectively follows from the fact that the individuals who engage in certain internationally wrongful acts possess, under the relevant legislation, the status of State officials or of officials of a State’s public entity. In the case under discussion here, that of organised groups, State responsibility is instead the objective corollary of the overall control exercised by the State over the group. Despite these legal differences, the fact nevertheless remains that international law renders any State responsible for acts in breach of international law performed (i) by individuals having the formal status of organs of a State (and this occurs even when these organs act ultra vires or contra legem), or (ii) by individuals who make up organised groups subject to the State’s control. International law does so regardless of whether or not the State has issued specific instructions to those individuals. Clearly, the rationale behind this legal regulation is that otherwise, States might easily shelter behind, or use as a pretext, their internal legal system or the lack of any specific instructions in order to disclaim international responsibility”. Cfr. Ibid., par. 123.

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della loro attività nella struttura organizzativa statale. Con riferimento a tali individui o enti,

non risulta determinante ai fini dell’attribuzione accertare se vi siano state istruzioni da

parte di organi dello Stato:

“The Appeals Chamber holds the view that international law aslo embraces

a third test. This test is the assimilation of individuals to State organs on

account of their actual behaviour within the structure of a State ( and

regardless of any possible requirement of State instructions)”469.

La Camera d’appello ha dunque riconosciuto che comportamenti adottati da un gruppo

di fatto controllato dallo Stato devono essere ad esso attribuiti anche nella circostanza in cui

siano stati tenuti in violazione di istruzioni ricevute da parte di organi statali.

Quanto sostenuto porta a concludere che il criterio del controllo globale conduce a

conseguenze giuridiche equivalenti rispetto al criterio che si fonda sullo status organico. Alla

luce di quanto affermato dalla Camera d’appello:

“…despite these legal differences, the fact nevertheless remains that

international law renders any State responsible for acts in breach of

international law performed by (i) individuals having the formal status of organs

of a State (and this occurs even when these organs act ultra vires or contra

legem) or (ii) individuals who make up organized groups subject to the State’s

control”470.

Pur ammettendo infatti che organi della Repubblica federale di Iugoslavia erano

direttamente coinvolti nella pianificazione delle attività dei gruppi armati serbo-bosniaci, la

Camera d’appello non si è preoccupata di determinare l’effettivo contenuto di tali piani471.

Sulla base dell’esistenza di un controllo globale, essa ha invece affermato che dovevano

essere riferiti alla Repubblica federale di Iugoslavia tutti i comportamenti adottati dal

469 Ibid., par. 141. La possibilità di equiparare ai fini dell’attribuzione le forze militari serbo-bosniache e la Repubblica Srpska a organi della Repubblica federale Iugoslava è stata sostenuta da DE HOOGH, op. cit., p. 264 ss.470 Ibid., par. 123.471 Con riferimento alle operazioni militari in cui era coinvolto l’imputato, la Camera d’appello ha affermato che “it follows that in the circumstances of the case it was not necessary to show that those specific operations carried out by the Bosnian Serb forces which were the object of the trial…had been specifically ordered or planned by the Yugoslav Army, it is sufficient to show that this Army exercised overall control over the Bosnian Serb Forces”. Ibid., par. 156.

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gruppo, pervenendo pertanto alle medesime conclusioni per quanto attiene all’attribuzione

di comportamenti a cui si sarebbe giunti mediante la loro assimilazione ad organi statali.

Una implicita conferma risiede inoltre nel riconoscimento da parte della Camera

d’appello della possibilità che in alcune circostanze individui o gruppi di individui possono

essere equiparati ai fini attributivi ad organi dello Stato. In tal caso si ritiene che tale

eventualità si sia realizzata con riferimento ad un gruppo organizzato operante in stretto

collegamento con l’organizzazione formale dello Stato.

6. La giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia

6.1 La sentenza resa nel caso delle Attività militari e paramilitari in e contro il

Nicaragua

La Corte internazionale di giustizia si è occupata del problema dell’attribuzione allo Stato

delle condotte dei propri organi in alcune pronunce relative alla riferibilità allo Stato delle

condotte di gruppi armati che non sono organi statali in base all’ordinamento interno. Tali

pronunce rese dalla Corte internazionale di giustizia con riferimento alle condotte tenute da

gruppi paramilitari si caratterizzano per una sostanziale uniformità nell’affrontare tale

questione. La soluzione prospettata dalla Corte muove dal presupposto che, oltre al criterio

in base a cui devono riferirsi allo Stato i comportamenti tenuti nella qualità ufficiale dagli

organi de jure, esistono due differenti criteri per giustificare l’attribuzione allo Stato dei

comportamenti adottati da individui ad esso legati da un rapporto fattuale. Al fine di riferire

allo Stato in ambito internazionale delle condotte tenute dai gruppi paramilitari, la Corte, in

primis, ha provveduto ad accertare l’esistenza di un legame organico di fatto in base a cui i

membri del gruppo paramilitare potevano essere assimilati a coloro che godono dello status

organico in base al diritto interno. Soltanto una volta accertata l’assenza di un tale legame,

la Corte ha provveduto a verificare se l’attribuzione poteva trovare giustificazione sulla base

del fatto che i paramilitari avevano agito dietro istruzioni o sotto il controllo effettivo degli

organi statali.

La prima occasione in cui la Corte ha utilizzato tali due criteri per giustificare

l’attribuzione allo Stato dei comportamenti adottati da individui ad esso legati da un

rapporto fattuale è stata nella sentenza resa 27 giugno 1986 nel caso Attività militari e

paramilitari in e contro il Nicaragua472.

472 I.C.J. Reports, 1986, p. 14 ss. Sul riferrimento a tali due distinti criteri di attribuzione nella sentenza resa nel caso Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua si vedano, fra gli altri, i contributi di VERHOEVEN, Le droit, le juge et la violence. Les arrêts Nicaragua c. Etats-Unis , Revue générale de

178

Page 180: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Nonostante nel caso di specie la Corte non abbia direttamente affrontato il problema

dell’attribuzione allo Stato sul piano internazionale dei fatti ultra vires dei propri organi, una

breve trattazione di tale pronuncia pare comunque essenziale ai fini della presente indagine,

alla luce dei numerosi riferimenti all’orientamento seguito in tal sede dalla Corte

riscontrabili nelle successive sentenze da essa rese sempre in materia di attribuzione ad uno

Stato della condotta di gruppi armati.

Nella fattispecie, al fine di verificare se le attività dei ribelli anti-sandinisti (i c.d.

Contras) erano attribuibili agli Stati Uniti, la Corte internazionale di giustizia aveva

innanzitutto verificato se tali individui potevano essere assimilati ad organi statali, con la

conseguenza che lo Stato avrebbe dovuto rispondere in via generale di tutti i

comportamenti da essi tenuti473. Tale ipotesi era stata sostenuta dinanzi la Corte dal

Nicaragua, secondo cui “any offences which they [Contras] have committed would be

imputable to the Government of the United States, like those of any other forces under the

latter’s command”474.

In particolare, la Corte si è impegnata ad accertare il grado di dipendenza del gruppo

paramilitare rispetto agli Stati Uniti alla luce di una indagine circa la sua struttura

organizzativa.

L’esame del problema dell’attribuzione sembra muovere quindi dall’idea che in

alcune occasioni la dipendenza di un gruppo di individui da uno Stato è a tal punto intensa

da poter giustificare in via generale la riferibilità ad esso delle condotte tenute.

Tale riferibilità in via generale delle condotte allo Stato è ad avviso della Corte

subordinata alla valutazione dell’esistenza di un controllo rigido, di tipo gerarchico, da parte

dello Stato nei confronti del gruppo paramilitare, spesso difficile da accertare in concreto.

Nella fattispecie la Corte non ha reputato sufficiente ai fini dell’accertamento della completa

dipendenza la circostanza che i comandanti del gruppo paramilitare erano stati selezionati

da organi degli Stati Uniti, che tale Stato aveva provveduto ad addestrare, armare ed

equipaggiare il gruppo, la cui attività dipendeva fortemente dal supporto logistico e

finanziario dello Stato. Il fatto che i Contras non fossero stati costituiti dagli Stati Uniti è

droit international public, 1986, p. 1231 ss.; DE HOOGH, Article 4 and 8 of the 2001 ILC Articles on State Responsibility, cit., pp. 268-270; MILANOVIC, State Responsibility for Genocide, European Journal of International Law, 2006, p. 576 ss. e PALCHETTI, L’organo di fatto, cit., p. 103 ss.473 Tale prima ipotesi è presa in esame dalla Corte nei paragrafi 109-112 della sentenza. In particolare al paragrafo 109, vi si legge: “What the Court has to determine at this point is whether or not the relationship of the contras to the United States Government was so much one of dependence on the one side and control on the other that it would be right to equate the contras, for legal purposes, with an organ of the United States Government, or as acting on behalf of that Government”.474 I.C.J. Reports, 1986, p. 64, par. 114.

179

Page 181: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

stato valorizzato inoltre più volte dalla Corte al fine di dubitare che l’attività del gruppo

paramilitare riflettesse in ogni occasione strategie decise dagli organi dello Stato.

Solo una volta accertata l’assenza nel caso di specie di un legame organico di fatto,

la Corte ha verificato se potesse trovare applicazione il criterio del controllo effettivo, in

base al quale potevano essere attribuiti allo Stato specifiche condotte adottate in violazione

dei diritti umani e del diritto umanitario da gruppi di individui che non rivestivano la qualità

di organi dello Stato475. In questa fase la Corte ha spostato invece l’attenzione sul controllo

esercitato dallo Stato rispetto alle specifiche condotte poste in essere dal gruppo

paramilitare.

Tale pronuncia contribuisce in maniera significativa a delineare l’ipotesi secondo cui

il riferimento al diritto interno non sia l’esclusivo criterio in base al quale sia possibile

accertare l’esistenza di un rapporto organico ai fini dell’attribuzione di condotte allo Stato.

Ai fini dell’indagine circa la possibilità di attribuire allo Stato i fatti ultra vires dei propri

organi, sembra pertanto assumere rilevanza la circostanza che in alcune circostanze

l’intensità del legame effettivo avrebbe la funzione di supplire all’assenza del dato formale di

diritto interno, consentendo di applicare in relazione a tale ipotesi lo stesso criterio di

attribuzione che si apllica in relazione agli organi de jure.

6.2 La sentenza resa nel caso delle Attività militari sul territorio del Congo

Nonostante contenga soltato sparute osservazioni riguardo la questione dell’attribuzione

di condotte allo Stato, uno schema concettuale simile a quello appena descritto con

riferimento al caso delle Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua è stato seguito

dalla Corte internazionale di giustizia anche nella sentenza del 19 dicembre 2005 resa nel

caso delle attività militari sul territorio del Congo476.

Prima ancora di acceratre se la Corte si sia interrogata anche in tale circostanza circa

l’esistenza di elementi fattuali in grado di qualificare come organo un ente che non godeva

di tale qualità in base all’ordinamento dello Stato, sembra importante innanzitutto

sottolineare come in tale pronuncia sia stato esplicitamente ammesso che i fatti commessi

dalle forze armate regolari ugandesi, Uganda People’s Defence Force, fossero riferibili allo

Stato, quale soggetto internazionale, sulla base di una norma di diritto internazionale

generale che riconosce come proprie dello Stato le condotte tenute dagli organi. La Corte ha

475 Tale ipotesi è presa in considerazione ai paragrafi 113-115 della sentenza.476 I. C. J. Reports, 2005, p. 29 ss.

180

Page 182: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

inoltre avuto modo di chiarire che risulta del tutto irrilevante ai fini dell’attribuzione di una

condotta di un organo allo Stato la circostanza che questo abbia agito non rispettando la

propria competenza o le istruzioni ricevute:

“The Court turns now to the question as to whether acts and omissions of

the UPDF and its officers and soldiers are attributable to Uganda. The conduct

of the UPDF as a whole is clearly attributable to Uganda, being the conduct of a

State organ. According to a well-established rule of international law, which is

of customary character, “the conduct of any organ of a State must be regarded

as an act of that State” (Difference Relating to Immunity from Legal Process of a

Special Rapporteur of the Commission on Human Rights, Advisory Opinion,

I.C.J. Reports 1999 (I), p. 87, para. 62) […]It is furthermore irrelevant for the

attribution of their conduct to Uganda whether the UPDF personnel acted

contrary to the instructions given or exceeded their authority”477.

Tale considerazione é stata formulata dalla Corte con riferimento alle condotte tenute

dalle forze armate. L’art. 3 della Quarta Convenzione dell’Aja concernente le leggi e gli usi

della guerra terrestre stabilisce, del resto, che la parte belligerante è responsabile di tutte le

condotte tenute da persone facenti parte le proprie forze armate, indipendentemente dalla

condizione che abbiano agito in qualità ufficiale. Il testo della suddetta disposizione è stato

ripreso anche dall’art. 91 del primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del

1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali.

Per quanto concerne invece le condizioni di fatto in presenza delle quali è possibile

qualificare un gruppo come organo dello Stato478, la Corte non ha fornito indicazioni precise,

limitandosi soltanto a negare che l’assistenza militare e logistica prestata da uno Stato a

favore dei gruppi paramilitari potesse bastare al fine di giustificare l’attribuzione ad esso

delle loro condotte479. In tale pronuncia la Corte ha quindi accertato che non potevano

essere attribuite all’Uganda le condotte tenute da un gruppo paramilitare, dal nome

Movimento di liberazione del Congo, sulla base del fatto che non era stato provato, né che

477 Parr. 213-214 della sentenza.478 Insieme al riferimento al criterio attributivo che si fonda sulla qualità di organo dell’individuo o ente autore dell’illecito, la Corte internazionale di giustizia ha richiamato anche il criterio dell’ente che esercita prerogative dei pubblici poteri per conto dello Stato. Tale riferimento non aggiunge in realtà molto al ragionamento della Corte, dal momento che anche esso, insieme a quello che si fonda sulla qualità di organo, prevede la riferibilità in via generale delle condotte di un ente allo Stato.479 Parr. 158 – 160.

181

Page 183: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

tale gruppo era un organo statale né che lo Stato aveva esercitato una direzione o un

controllo sugli specifici comportamenti da esso tenuti480.

In virtù del fatto che la Corte ha riconosciuto che devono essere attribuiti allo Stato i fatti

contrari alle istruzioni o alla propria competenza tenuti dagli organi ed ha inoltre

prospettato la possibilità che individui o enti possono essere assimilati sulla base di elementi

fattuali a coloro che godono della qualità organica nell’ordinamento interno, sembra

plausibile affermare che in via teorica l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires possa

essere ammessa anche con riferimento a coloro che risultano in fatto integrati all’interno

dell’organizzazione di governo dello Stato481.

6.3 La sentenza resa nel caso della Applicazione della Convenzione sul genocidio

Nell’affare relativo all’applicazione della Convenzione sul genocidio, una delle più

importanti questioni alle quali la Corte internazionale di giustizia doveva trovare una

soluzione nell’ambito della controversia tra la Bosnia–Erzegovina e la Serbia–Montenegro

era quella se gli atti di genocidio commessi a Srebrenica nel 1995 da membri dell’esercito

della Repubblica Srpska e dal gruppo paramilitare degli Skorpion fossero attribuibili alla

allora Repubblica federale di Iugoslavia. Nella sentenza resa il 26 febbraio 2007, la Corte ha

480 Par. 160 della sentenza. Sembra opportuno sottolineare come l’Uganda, nella sua contromemoria, aveva parlato di una incorporazione di fatto di gruppi paramilitari nell’esercito del Congo. A tal proposito, nella difesa dell’Uganda, Brownlie aveva osservato: “The circumstances of the present case are substantially at variance with the facts on which the Court relied in the Nicaragua case.[…] The armed bands formed part of a command structure which involved the central Government of Congo…”. Cfr. I.C.J. Verbatim Record, CR 2005/7, pp. 19-20. Corten, il difensore del Congo, aveva considerato tale presa di posizione un riferimento al criterio dell’organo. Egli ha sostenuto che la tesi dell’Uganda mirava a “…imputer au Congo tous les actes posés ensuite par ces forces rebelles qui seraient, en quelque sorte, des agents de droit de la République démocratique du Congo”. Cfr. Verbatim Record, CR 2005/11, p. 28. 481 Nella sua opinione separata e dissidente il giudice ad hoc Kateka, a differenza della Corte, ha ritenuto che l’Uganda non fosse internazionalmente responsabile per lo sfruttamento delle risorse minerarie della Repubblica democratica del Congo. I soldati ugandesi che avevano adottato un tale comportamento avevano a suo parere agito nella loro qualità privata, in quanto avevano contravvenuto le istruzioni loro impartite dai superiori. In linea con quanto previsto dall’art. 7 del progetto di articoli adottato in seconda lettura dalla CDI, era necessario operare una netta distinzione fra le condotte non autorizzate, ma comunque tenute dagli organi nella propria qualità ufficiale, e quelle che invece non avevano alcun tipo di legame con la funzione ufficiale svolta:“Hence, in my view, individual acts of UPDF soldiers, committed in their private capacity and in violation of orders, cannot lead to attribution of wrongful acts. Paragraph 8 of the Commentary to Article 7 of the draft Articles of the International Law Commission 2001 distinguishes between unauthorized, but still “official” conduct, on the one hand and “private” conduct on the other”.Nonostante l’esattezza della citazione del principio come codificato dalla CDI, l’esclusione dell’attribuzione allo Stato delle condotte tenute nella qualità privata da parte di membri delle forze armate sembra in realtà discutibile per due ordini di ragioni. In primis sembra difatti ormai accertata, alla luce della prassi, l’impossibilità di assimilare un fatto tenuto da un organo nel mancato rispetto delle istruzioni ad un fatto di un privato; in secundis è pacifico ritenere che il principio secondo cui devono essere attribuite allo Stato tutte le condotte tenute dai membri delle forze armate, previsto dalle norme in tema di diritto internazionale umanitario, può potersi considerare lex specialis.

182

Page 184: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

precisato le regole attributive in base alle quali possono essere riferiti allo Stato in ambito

internazionale i comportamenti adottati da gruppi armati organizzati che, pur non essendo

formalmente organi dello Stato in base al diritto interno, vengono da esso aiutati, finanziati

oppure organizzati482.

Una delle questioni più controverse riguardava la possibilità di riferire allo Stato sul piano

internazionale le condotte di tali individui sulla base di una loro equiparazione in fatto agli

organi statali. La Bosnia fondava su tale criterio attributivo la propria pretesa di ritenere la

Serbia-Montenegro internazionalmente responsabile per le condotte della Repubblica

Srspka e dei gruppi paramilitari. Condorelli, in veste di difensore della Bosnia, ha difatti

sostenuto la possibilità di attribuire allo Stato le condotte ultra vires tenute da organi di

fatto:

“L’Etat jouit du droit souverain de s’organiser à sa façon et que partant c’est

à son droit interne qu’il revient d’établir qui sont ses organes. Il s’ensuit que,

lorsque l’ordre juridique interne de l’Etat accorde le statut d’organe, l’existence

de ce statut est incontestable sur le plan international: tous les agissements de

tous ceux qu’un Etat qualifie, au moyen de son droit interne, comme ses

organes sont des faits de l’Etat en droit international. Mais la primauté absolue

du droit interne pour ce qui est de l’identification des organes de l’Etat ne peut

signifier exclusivité absolue. En effet, il y a des cas dans lesquels le droit

international a son mot à dire dans ce domaine, notamment lorsqu’un Etat,

seul maître de son droit interne, tenterait d’utiliser ce droit de manière

dolosive afin d’échapper à sa responsabilité internationale et dans ce but

éviterait d’octroyer le statut d’organe à des personnes ou des groupes de

personnes dont il se sert effectivement en tant qu’organes.[…]l’attribution à

l’Etat des comportements de ses organes (qu’ils soient ou non qualifiés comme

tels par le droit interne concerné) joue de jure de manière générale et n’est

soumise à aucune condition ; en particulier, aux fins de l’attribution, il n’y a

nullement à apporter la preuve que chacun des comportements des organes en

question a fait l’objet d’instruction ou de directives spécifiques de l’Etat, voire

qu’il a été effectué spécifiquement sous son contrôle. Enfin, je rappellerai

encore un concept important, que tout le monde s’accorde à considérer

comme indiscutable: l’attribution à l’Etat de tous les comportements de ses

482 I.C.J. Reports, 2007, p. 18 ss. Il problema dell’attribuzione è stato preso in considerazione dalla Corte nei paragrafi 377–415 della sentenza del 26 febbraio 2007.

183

Page 185: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

organes intervient même si ceux-ci ont agi ultra vires, c’est-à-dire en

outrepassant leurs compétences ou en violant les instructions reçues par des

organes supérieurs”483.

Richiamando la prassi in materia di rapporti tra Stati federali e Stati federati, egli ha

rilevato come il fatto che in alcune circostanze la Repubblica Srspka si fosse rifiutata di

seguire le istruzioni ricevute dalle autorità di Belgrado non fosse sufficiente a mettere in

discussione il suo status organico e quindi l’attribuzione delle sue condotte alla Repubblica

federale di Iugoslavia484.

Secondo la Serbia, invece, le condotte adottate dalla Repubblica Srspka e dai gruppi

paramilitari non erano attribuibili alla Repubblica federale di Iugoslavia in quanto non

sottoposte all’effettivo controllo da parte del Governo di Belgrado485.

La Corte internazionale di giustizia, nel ricostruire le regole generali in tema di

attribuzione di condotte, ha affermato che devono essere riferite allo Stato in primo luogo le

condotte di individui o enti che godono dello status organico in base al diritto interno, come

stabilito da un principio di diritto internazionale generale codificato all’art. 4 del progetto di

articoli della CDI sulla responsabilità internazionale degli Stati adottato in seconda lettura

nel 2001486.

Dopo aver accertato che la Repubblica Srspka e i gruppi paramilitari non godevano della

qualità organica alla luce del diritto interno serbo, la Corte ha verificato se, al di là del loro

apparente status, si trattasse comunque di persone o gruppi di persone assimilabili ad

organi statali487. Ricordando quanto già asserito nella sentenza resa nel caso delle attività

militari e paramilitari degli Stati Uniti in Nicaragua488, la Corte ha sottolineato la necessità

per il diritto internazionale di andare oltre il loro status secondo il diritto interno ai fini

dell’accertamento della qualità organica e di prendere in considerazione i reali rapporti tra

483 I.C.J. Verbatim Record, CR 2006/9, p. 52 e 56.484 “Il n’est pas utile non plus de se fourvoyer en discutant en détail l’argument que le défendeur croit pouvoir tirer du seul cas qu’il cite dans lequel la Republika Srpska aurait refusé de s’incliner face aux pressions de la RFY, à savoir lorsque l’acceptation du plan Vance-Owen était sur le tapis en 1993.[…]Mais dans n’importe quel système fédéral, que ce soit celui des Etats-Unis, du Canada, de la Suisse ou de la Fédération de Russie, ce serait le rêve pour le gouvernement fédéral de voir une quelconque unité fédérée s’opposer sérieusement à lui en une unique occasion! D’ailleurs le fait que , malgré le refus d’obtempérer, la Republika Srpska ait continué à jouir du soutien éperdu de la RFY, engendre bien des soupçons! ”. Cfr. I.C.J. Verbatim Record, CR 2006/10, p. 23, par. 30. 485 I.C.J. Verbatim Record, CR 2006/16, p. 31 ss.486 Si fa qui riferimento agli organi appartenenti alla struttura dello Stato in senso lato, comprensiva degli enti pubblici territoriali. Si veda il par. 375 della sentenza.487 Si veda par. 390 ss. della sentenza.488 Vedi supra, p. 185 ss.

184

Page 186: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

la persona che agisce e lo Stato, al quale essa si lega in maniera a tal punto stretta da

sembrare la sua longa manus:

“In such a case, it is appropriate to look beyond legal status alone, in order

to grasp the reality of the relationship between the person taking action, and

the State to which he is so closely attached as to appear to be nothing more

than its agent: any other solution would allow States to escape their

international responsibility by choosing to act through persons or entities

whose supposed independence would be purely fictitious”489.

Tale eventualità è espressamente riconosciuta come un’ipotesi eccezionale che si

configura solo a condizione che tali persone, gruppi di persone o entità agiscano in fatto

sotto la completa dipendenza dello Stato, divenendo dei suoi semplici strumenti:

“However, so to equate persons or entities with State organs when they do

not have that status under internal law must be exceptional, for it requires

proof of a particularly great degree of State control over them, a relationship

which the Court’s Judgment quoted above expressly described as complete

dependence”490.

A differenza delle precedenti pronunce, e in particolare di quella resa nel caso Nicaragua

c. Stati Uniti in cui la Corte non aveva precisato se il riferimento alla totale dipendenza dallo

Stato fosse l’unico criterio in grado di giustificare l’assimilazione di tali individui o enti agli

organi statali oppure soltanto l’elemento fattuale più adeguato da prendere in

considerazione con riferimento al caso di specie, nella sentenza del 2007 la Corte sembra

delimitare l’ambito di applicazione di tale criterio di attribuzione riconoscendo nella totale

dipendenza l’unica situazione di fatto in presenza della quale appare giustificata una

assimilazione di individui o enti ad organi dello Stato. Nonostante nella sentenza non siano

presenti indicazioni utili a comprendere quando un individuo o gruppo di individui possono

essere considerati completamente dipendenti dagli organi statali, la Corte ha affermato che

è sufficiente che si siano manifestate delle divergenze sulle strategie da seguire per rendere

impossibile la loro assimilazione ad organi statali491.489 Par. 392 della sentenza.490 Parr. 392–393 della sentenza.491 Con riferimento ai legami dell’esercito serbo-bosniaco e della Repubblica Srpska con la ex- Repubblica federale di Iugoslavia, la Corte ha affermato che, nonostante al momento dei fatti esistevano dei forti legami tra di essi in virtù di una identità di intenti e di un importante aiuto fornito

185

Page 187: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

L’impressione che si ricava è che la Corte assume una posizione particolarmente rigorosa

nel valutare il grado di controllo necessario ai fini dell’attribuzione, tanto più che

l’assimilazione di un individuo o ente ad un organo de iure dovrebbe in linea di principio

implicare che l’insieme dei comportamenti da esso adottati nell’esercizio delle funzioni è

attribuibile allo Stato, anche ove abbia agito contrariamente ai limiti imposti alla propria

attività o alle istruzioni ricevute:

“the question whether those persons should be equated with State organs

de facto, even though not enjoying that status under internal law depends […]

as previously explained, on whether those persons were in a relationship of

such complete dependence on the State that they cannot be considered

otherwise than as organs of the State, so that all their actions performed in

such capacity would be attributable to the State for purposes of international

responsibility”492.

Nonostante non sia possibile riscontrare nella sentenza delle esplicite indicazioni a

riguardo, la circostanza che la stessa Corte abbia ammesso che la distinzione fra

comportamenti tenuti nell’esercizio delle funzioni e comportamenti tenuti in qualità di

privato sia valida anche rispetto agli organi di fatto potrebbe lasciar supporre che la regola

che attribuisce allo Stato le condotte adottate in violazione delle competenze assegnate

trovi applicazione anche con riferimento a tale ipotesi493.

7. Osservazioni sulla prassi e giurisprudenza recenti

Alla luce della prassi internazionale recente, sembra possibile affermare che il principio

secondo cui lo Stato deve rispondere internazionalmente dei fatti illeciti ultra vires tenuti dai

propri organi nell’esercizio delle funzioni ha acquisito una natura consuetudinaria.

Probabilmente su impulso della codificazione della materia da parte della Commissione

del diritto internazionale, in epoca recente il problema dei fatti illeciti internazionali ultra

vires viene posto in termini di attribuzione di fatti allo Stato, e non solo di responsablità

da Belgrado al fine della conduzione delle principali operazioni militari, tali elementi non bastavano a farne una entità totalmente dipendente da Belgrado dal momento che erano emerse divergenze tra il Governo iugoslavo e la Repubblica Srpska in merito alle operazioni strategiche da seguire. Si vedano i parr. 394-395 della sentenza.492 Par. 397 della sentenza. Si veda PALCHETTI, op. cit., p.109 ss.493 Tale tesi è stata sostenuta da SPINEDI, L’attribuzione allo Stato dei comportamenti dei gruppi armati, da esso sostenuti nella sentenza della Corte internazionale di Giustizia sul genocidio in Bosnia-Erzegovina, Rivista di diritto internazionale, 2007, p. 417 ss, specialmente p. 424.

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Page 188: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

internazionale. Ci si domanda cioè se le condotte tenute dagli organi statali, eccedendo i

limiti della competenza oppure contravvenendo alle istruzioni ricevute, possano ritenersi dei

fatti dello Stato quale soggetto internazionale e non più soltanto se lo Stato sia tenuto a

risponderne internazionalmente.

Per quanto concerne le attività di individui che godono della qualità di organo in virtù di

un legame formale con lo Stato, è possibile innanzitutto mettere in luce una tendenziale

uniformità della giurisprudenza nel riconoscere che lo Stato ne è internazionalmente

responsabile anche nel caso in cui siano state compiute ultra vires nel senso che si tratti di

fatti ad esso attribuibili. Un indizio del chiaro allineamento della giurisprudenza con il

progetto di articoli adottato dalla Commissione del diritto internazionale in tema di

responsabilità internazionale degli Stati è rappresentato inoltre dal riconoscimento in via

generale del suddetto principio.

In particolare, nella giurisprudenza della seconda parte del ventesimo secolo non viene

più fatta menzione della limitazione della manifesta incompetenza dell’organo, in base alla

quale lo Stato non sarebbe tenuto a rispondere sul piano internazionale delle condotte ultra

vires dei propri organi nel caso in cui la loro incompetenza è a tal punto manifesta da

risultare incontrovertibile agli occhi del terzo. In epoca recente infatti lo Stato non è ritenuto

internazionalmente responsabile delle condotte illecite dei propri organi soltanto nel caso in

cui siano state adottate nella loro qualità privata, non esistendo alcun tipo di legame tra il

fatto e la funzione ufficiale esercitata tale da giustificarne la sua attribuzione ad esso.

Anche la prassi degli Stati, sebbene in maniera meno uniforme, appare nel complesso

orientata verso il riconoscimento in termini generali del principio della responsabilità

internazionale dello Stato per fatti ultra vires dei propri organi. Le sparute eccezioni in cui

uno Stato ha sostenuto di non dover rispondere internazionalmente di tali fatti sembrano in

realtà spiegabili alla luce di ulteriori elementi.

Si pensi, ad esempio, alle argomentazioni sostenute dal Governo britannico dinanzi gli

organi di controllo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel caso Irlanda c. Regno

Unito494. Al fine di sfuggire alla responsabilità internazionale per violazione del divieto di

trattamenti inumani e degradanti, il Regno Unito aveva riproposto la vecchia tesi secondo

cui i fatti ultra vires degli organi statali devono essere assimilati a dei fatti di privati, rispetto

ai quali lo Stato può essere ritenuto internazionalmente responsabile soltanto in caso di un

mancato adempimento da parte del Governo o degli organi superiori dell’obbligo di

prevenzione o di repressione del fatto illecito oppure in caso di diniego di giustizia. Il peso di

tale presa di posizione deve essere indubbiamente ridimensionato, in particolare alla luce

494 Vedi supra, p. 161 ss.187

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del fatto che essa è stata assunta dal Governo del Regno Unito prima ancora che il principio

dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi venisse adottato dalla

Commissione del diritto internazionale nel 1975. Un ridimensionamento di tale presa di

posizione sembra inoltre doveroso anche alla luce del radicale cambio di atteggiamento su

tale questione da parte dello stesso Stato dinanzi la Corte europea dei diritti dell’uomo solo

qualche anno più tardi.

Per quanto concerne invece la prassi recente relativa a controversie trattate in via

diplomatica, è possibile ricordare l’atteggiamento avverso al principio dell’attribuzione allo

Stato di fatti ultra vires degli organi assunto dall’URSS in occasione dell’incidente aereo del

1° settembre 1983495. Al fine di riconoscere il giusto valore anche a tale presa di posizione, si

ritiene debbano essere tenute in debito conto le difficoltà riscontrate in concreto nel

ricostruire relativamente a tale controversia le argomentazioni degli Stati da quanto risulta

da notizie apparse sulla stampa periodica o su riviste giuridiche specializzate. Si ricorda

inoltre come sia d’obbligo la prudenza nell’apprezzamento delle prese di posizioni assunte

dagli Stati nell’ambito di controversie trattate in via diplomatica: le considerazioni di stampo

giuridico appaiono sovente a tal punto connesse alle particolarità del caso specifico o a

considerazioni di natura politica da rendere opinabile la loro portata quali prove

dell’esistenza o meno di una regola internazionale generale.

Venendo ad analizzare la questione della possibilità di attribuire allo Stato i fatti ultra

vires tenuti da individui o enti ad esso connessi da un legame fattuale, va in primis indicato

che la giurisprudenza della seconda parte del ventesimo secolo, seppur non del tutto

uniforme, è indubbiamente più vasta rispetto a quella del periodo precedente.

Nella giurisprudenza internazionale recente, difatti, non mancano casi inerenti l’attività di

gruppi organizzati in cui si è fatto ricorso a criteri di attribuzione che si fondano su elementi

fattuali differenti rispetto all’istruzione o al controllo effettivo. La difficoltà riscontrata in

talune situazioni nell’accertare se le condotte tenute da individui o enti sia stata oggetto di

istruzioni o di uno specifico controllo da parte dello Stato, ha spinto gli interpreti a

ricostruire un criterio più generale di attribuzione, fondato su una sostanziale equiparazione

di tali individui ad organi statali de iure. Continuando a reputare valida la distinzione fra

organo e individuo che riceve istruzioni da parte dello Stato, nella prassi sono stati ritenuti

fatti attribuibili in via generale allo Stato le condotte di individui o enti che, pur non godendo

dello status di organi in base all’ordinamento interno, erano ad essi assimilabili alla luce

della forte integrazione nell’apparato di governo dello Stato e del tipo di funzione svolta.

495 Vedi supra, p. 138 ss.188

Page 190: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Tali recenti sviluppi della prassi internazionale assumono rilevanza anche in relazione al

problema dei fatti ultra vires, soprattutto alla luce del fatto che l’attribuzione allo Stato di

comportamenti di individui che non godono della qualità organica in base al diritto interno

ha trovato in alcuni casi fondamento nella circostanza che la condotta illecita era stata posta

in essere nell’esercizio delle funzioni in fatto assegnate a tale individuo. Tale riferimento

induce a ritenere che, soltanto nei casi in cui elementi fattuali permettano l’equiparazione di

individui o enti ad organi statali, le regole di attribuzione che si fondano sulla qualità di

organo possano essere applicate anche rispetto all’attività di individui legati fattualmente

allo Stato. La scelta di ricostruire in presenza di determinate circostanze il legame fattuale

tra individuo o gruppo di individui e lo Stato in termini di rapporto organico comporterebbe

quindi una limitazione dell’importanza assunta dal riferimento al diritto interno al fine della

determinazione del contenuto e dei limiti delle funzioni dell’organo.

Nella sentenza resa nel caso Yaeger496, ad esempio, il Tribunale arbitrale Iran/Stati Uniti,

dopo aver riconosciuto che le guardie rivoluzionarie non erano qualificabili come organi

statali alla luce dell’ordinamento interno all’epoca in cui avevano estorto del denaro ad

alcuni cittadini americani, ha riconosciuto l’Iran responsabile sul piano internazionale di tali

condotte alla luce dell’esistenza di un intenso legame fattuale con tali individui fondato sulla

natura delle funzioni da essi esercitate e sull’atteggiamento di tolleranza manifestato dalle

autorità ufficiali rispetto alle loro attività. Dal momento che l’attribuzione allo Stato delle

condotte è stata giustificata sulla base della circostanza che il fatto illecito era stato

commesso da tali individui nell’esercizio di funzioni in fatto loro assegnate, sembra che la

distinzione tra comportamenti adottati nell’esercizio delle funzioni e comportamenti

adottati in qualità di privato possa in determinate circostanze trovare applicazione anche

con riferimento ad individui che, pur non godendo dello status organico in base al diritto

interno, risultano fortemente integrati nella struttura organizzativa statale. Sembrerebbe

logico pensare pertanto che la determinazione delle competenze può essere effettuata

anche mediante l’esame dei differenti elementi fattuali che attestano l’esistenza di uno

stretto legame di un individuo o ente con lo Stato, rendendo logicamente possibile

l’applicazione della regola in materia di attribuzione di fatti ultra vires anche rispetto a

situazioni nelle quali le competenze assegnate ad un individuo possono essere determinate

sulla base di elementi di fatto.

Anche in altre circostanze elementi fattuali sono stati valorizzati al fine di ritenere

attribuibili in via generale allo Stato le condotte tenute da individui che non possedevano lo

status di organo in base all’ordinamento interno.

496 Vedi supra, p. 145 ss.189

Page 191: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Si ricorda, ad esempio, il caso Ilascu in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo, alla luce

dell’effettiva autorità esercitata dalla Federazione russa sulla regione moldava della

Transdniestria, ha assimilato il regime separatista instauratosi nella regione ad un ente

territoriale decentrato della Russia e ha, per tale ragione, ritenuto lo Stato responsabile in

ambito internazionale di tutti i comportamenti tenuti dagli organi del regime nell’esercizio

delle proprie funzioni.

Egualmente nel caso Mapiripán Massacre c. Colombia497, la Corte Interamericana dei

diritti dell’uomo, attribuendo rilevanza alla circostanza che il compimento di fatti illeciti da

parte di un gruppo paramilitare era stato reso possibile soltanto grazie alla collaborazione,

acquiescenza e tolleranza da parte delle forze armate regolari della Colombia, ha ammesso

che lo Stato dovesse risponderne internazionalmente. Alla luce dello stretto legame

intercorrente con gli organi e l’organizzazione statale in genere, le condotte tenute dal

gruppo paramilitare non sono state assimilate a dei comportamenti di semplici privati, bensì

sono state ritenute attribuibili in via generale allo Stato senza che fosse necessario accertare

l’esistenza di un suo effettivo controllo sulle specifiche condotte.

Si rammenta come una implicita indicazione nel senso della possibilità di applicare il

principio dell’attribuzione allo Stato delle condotte ultra vires in relazione all’attività di

individui fattualmente legati allo Stato è rinvenibile anche nei lavori della CDI. In seconda

lettura la Commissione ha ampliato la nozione di organo riconoscendo l’esistenza di tale

status in presenza di un’effettiva integrazione di un individuo o ente nell’organizzazione

statale e ha così ammesso in maniera implicita la possibilità che in alcuni casi tale rapporto

organico possa basarsi su un legame di fatto esistente tra un individuo o ente e lo Stato,

piuttosto che sulle prescrizioni del diritto interno. Ciò ha come conseguenza che, almeno in

via di principio, l’attribuzione di fatti ultra vires possa avvenire anche con riferimento a

comportamenti di individui o enti che godono della qualità organica in virtù di un legame

fattuale, a tal punto stretto con lo Stato, da determinarne l’integrazione nella sua struttura

di governo. L’art. 7 del progetto adottato in seconda lettura riconosce difatti il principio

dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi senza però menzionare il

diritto interno come parametro in funzione del quale controllare il rispetto da parte di un

organo dei limiti della propria competenza.

La possibilità di assimilare un individuo o ente legato allo Stato da un rapporto fattuale

ad un organo de iure è stata riconosciuta dalla Corte internazionale di giustizia in alcune

pronunce relative alla riferibilità allo Stato delle condotte di gruppi armati che non godevano

dello status organico in base all’ordinamento interno. Secondo la Corte, tale eccezionale

497 Vedi supra, p. 171 ss.190

Page 192: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

ipotesi si configurerebbe soltanto a condizione che tali persone, gruppi di persone o entità

agiscano in fatto sotto la totale dipendenza dello Stato ed avrebbe come conseguenza che

l’insieme dei comportamenti da esso adottati nell’esercizio delle funzioni sarebbe in via

generale attribuibile allo Stato. Pur in assenza di puntuali indicazioni, la scelta di ricostruire

in termini di rapporto organico il legame tra individuo o gruppo di individui e lo Stato porta a

ritenere che sia applicabile anche all’ipotesi presa in esame una regola analoga a quella che

attribuisce allo Stato i comportamenti adottati da organi in violazione delle competenze

assegnate.

Mentre nei casi appena menzionati la possibilità di attribuire allo Stato i fatti ultra vires

tenuti da individui o enti ad esso connessi da un legame fattuale è soltanto implicitamente

deducibile dalla circostanza che elementi fattuali sono stati valorizzati proprio al fine di

ritenere attribuibili in via generale allo Stato le condotte tenute da individui che non

possedevano lo status di organo in base all’ordinamento interno, una concreta applicazione

del principio dell’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires con riferimento ad

individui inseriti nell’apparato statale in base ad elementi fattuali si è avuta nella sentenza

resa nel caso Tadić498.

A differenza dei casi sopra menzionati, muovendo dal presupposto che il concetto di

organo si riferisce soltanto al caso di individui che godono di tale qualità in base al diritto

interno, la Camera d’appello ha proceduto ad individuare le differenti condizioni fattuali in

presenza delle quali le condotte adottate da individui che non sono organi alla luce

dell’ordinamento statale possono essere attribuite allo Stato.

Con riferimento alle condotte tenute da un gruppo organizzato in fatto controllato dallo

Stato, la Camera d’appello ha esplicitamente riconosciuto la possibilità che lo Stato debba

risponderne internazionalmente anche nella circostanza in cui siano state commesse in

assenza o in violazione di istruzioni ricevute da parte di organi statali.

Al di là delle affermazioni di principio fatte dalla Camera di appello, l’affermare che in

presenza di determinate condizioni di fatto, differenti rispetto all’istruzione o al controllo da

parte di organi statali su ogni singola condotta, gli atti di individui sono attribuibili in via

generale allo Stato, se tenuti nell’esercizio di funzioni di governo in fatto esercitate, porta

alle medesime conclusioni a cui si sarebbe giunti se si fosse riconosciuta la possibilità di

equiparare ad organi dello Stato individui ad esso legati da un rapporto fattuale. Ad una

attenta analisi, quindi, l’esistenza di un controllo globale da parte dello Stato su un gruppo

organizzato non sarebbe soltanto una delle condizioni fattuali in presenza della quale le

condotte di privati possono essere attribuite allo Stato, bensì costituirebbe un elemento di

498 Vedi supra, p. 180 ss.191

Page 193: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

fatto in grado di rilevare, in presenza di deteriminate circostanze, l’esistenza di un legame di

tipo organico tra lo Stato ed un gruppo di individui.

CONCLUSIONI

1. Riepilogo dei risultati acquisiti

Alla luce dei dati ricavati dallo studio dell’abbondante prassi internazionale esistente

in materia di responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires dei propri

organi, si può ora procedere a dare una risposta ai quesiti posti all’inizio di tale indagine.

In primo luogo, si tratta di rispondere al quesito se trovi effettivamente riscontro

nella prassi internazionale l’esistenza di un principio che riconosce la responsabilità

internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires di individui o enti che possiedono lo

status organico in base al diritto interno e, in caso positivo, se si tratti di un principio

assoluto o di un principio che soffre eccezioni: in altri termini se e quando una condotta non

autorizzata di un organo statale dia luogo alla responsabilità dello Stato al pari delle

condotte tenute dagli organi competenti e in quali circostanze, viceversa, debba essere

assimilata ad un comportamento di un semplice privato.

Posto che si giunga alla conclusione che lo Stato è tenuto a rispondere sul piano

internazionale dei comportamenti ultra vires tenuti dai propri organi (o quanto meno di

alcuni di questi comportamenti), si tratta in secondo luogo di rispondere al quesito se il

problema dei fatti illeciti ultra vires degli organi si ponga in termini di sapere se lo Stato sia

tenuto a risponderne internazionalmente anche se il comportamento non è ad esso

riconducibile, e in tal caso sulla base di quali motivazioni, oppure se si ponga in termini di

attribuzione, cioè nel senso di accertare se condotte tenute dagli organi statali, eccedendo i

limiti della competenza oppure contravvenendo alle istruzioni ricevute, possano ugualmente

ritenersi dei fatti dello Stato quale soggetto internazionale e a questo titolo dar luogo a

responsabilità ove contrarie ad obblighi internazionali dello Stato.

La terza questione su cui ci soffermeremo riguarda invece la possibilità che il

problema di sapere se uno Stato debba rispondere internazionalmente dei fatti illeciti ultra

192

Page 194: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

vires dei propri organi si ponga non soltanto con riferimento ad individui o enti che godono

dello status organico in base al diritto interno ma anche con riferimento a coloro che sono

integrati nell’apparato statale sulla base di elementi fattuali. In particolare ci si propone di

considerare se le regole di attribuzione che si fondano sulla qualità di organo dell’individuo

agente si prestano ad essere applicate anche con riferimento ad individui le cui funzioni

sono determinate sulla base di elementi fattuali. L’esame delle suddette questioni ci offre

anche la possibilità di approfondire il ruolo giocato dal diritto interno con riferimento

all’operazione di attribuzione di condotte allo Stato e all’accertamento della qualità

organica.

Prima di procedere all’analisi di questi problemi, può essere utile ripercorrere

rapidamente le principali indicazioni che si è ritenuto di poter dedurre dall’esame della

prassi rilevante.

Per quanto concerne la prassi più antica, è innanzitutto importante sottolineare

come la questione dei fatti ultra vires degli organi statali non venisse trattata in funzione

della loro attribuibilità o meno allo Stato quale soggetto di diritto internazionale, ma

soltanto nel senso di indagare se lo Stato ne dovesse rispondere internazionalmente. Le

condotte tenute da un organo nel mancato rispetto delle disposizioni di diritto interno o

delle istruzioni ricevute venivano all’epoca assimilate ai comportamenti adottati da un

semplice privato, in occasione dei quali uno Stato poteva essere ritenuto

internazionalmente responsabile esclusivamente per un suo eventuale mancato

adempimento ad un obbligo di prevenzione o repressione di tali condotte, cioè per il

mancato rispetto di un proprio obbligo di diligenza.

A partire dall’inizio del ventesimo secolo la prassi degli Stati e la giurisprudenza

internazionale hanno progressivamente riconosciuto il principio della responsabilità

internazionale dello Stato per gli illeciti commessi dai propri organi nella loro qualità

ufficiale, pure se in violazione di istruzioni ricevute, della propria competenza secondo il

diritto interno o comunque in violazione del diritto interno. Al di là di alcune circostanze in

cui la responsabilità internazionale dello Stato è stata fatta ancora dipendere

dall’atteggiamento adottato da parte del Governo rispetto alla condotta illecita non

autorizzata, quale ad esempio il suo mancato esplicito disconoscimento, a partire dalle

decisioni rese dalle Commissioni miste dei reclami concernenti danni recati dalla Repubblica

del Venezuela, si è iniziato ad ammettere che la responsabilità internazionale dello Stato per

i fatti illeciti ultra vires dei propri organi sorge non in virtù del fatto che ulteriori organi

statali hanno omesso di adottare le misure idonee a prevenire o reprimere tali

193

Page 195: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

comportamenti, del tutto a prescindere da quello che è stato il comportamento tenuto dagli

altri organi statali.

Nella prassi internazionale la circostanza che gli organi avessero agito almeno in

apparenza nel rispetto delle competenze previste dal diritto interno oppure si fossero

avvalsi di mezzi messi loro a disposizione in virtù della funzione svolta era peraltro reputata

una condizione in base alla quale poter attribuire allo Stato la responsabilità per tali fatti.

Nell’ambito dei lavori di codificazione avvenuti sotto l’egida della Società delle

Nazioni, la maggioranza degli Stati ha affermato il principio generale della responsabilità

internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires dei propri organi. Partendo dal

presupposto che il diritto internazionale impone allo Stato l’obbligo di organizzarsi in

maniera adeguata e di esercitare un controllo sufficiente sull’attività dei propri organi, si

arrivava a concludere che un comportamento illecito non autorizzato da essi tenuto dovesse

comportare la responsabilità internazionale dello Stato in ragione delle carenze della propria

organizzazione interna.

La responsabilità internazionale dello Stato, nell’ipotesi dei fatti illeciti ultra vires dei

propri organi, finiva così per fondarsi su una garanzia che esso prestava agli altri soggetti

internazionali per i fatti dannosi causati dall’attività della propria organizzazione interna, in

modo da poter assicurare la sicurezza delle relazioni internazionali.

Va anche ricordato che nel corso dei lavori della Società delle Nazioni il problema

della responsabilità dello Stato per i fatti illeciti compiuti da organi ultra vires inizia ad essere

presentato in termini di attribuibilità o meno allo Stato di detti fatti.

Il fatto che la logica dettata dall’esigenza di garantire la sicurezza delle relazioni

internazionali imponga di attribuire allo Stato le condotte di un individuo o ente a cui ha

conferito lo status organico quando egli o esso appare effettivamente agire per suo conto,

indipendentemente dal rispetto delle disposizioni del diritto interno o delle istruzioni

impartite, è stato ribadito anche nell’ambito dei lavori di codificazione avvenuti sotto l’egida

della Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite. L’aver agito in qualità

ufficiale o nell’esercizio delle proprie funzioni è stato ritenuto dalla Commissione il criterio

sufficiente a distinguere, tra i vari comportamenti adottati da un individuo o ente che gode

dello status organico, quali devono essere considerati fatti attribuibili allo Stato e quali

possono invece essere assimilati a fatti di semplici privati. La limitazione della manifesta

incompetenza, che trovava principalmente riscontro nei dati offerti dalla prassi

internazionale in tema di trattamento degli stranieri, dopo qualche iniziale incertezza non è

stata accolta dalla Commissione: ciò al fine di evitare che uno Stato potesse invocare

scappatoie per sfuggire alla propria responsabilità internazionale.

194

Page 196: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

L’analisi della prassi internazionale recente, contemporanea o successiva ai lavori della

Commissione del diritto internazinale, ci ha consentito di constatare come il principio

secondo cui lo Stato deve rispondere internazionalmente dei fatti illeciti ultra vires tenuti dai

propri organi nell’esercizio delle funzioni abbia ormai acquisito una natura consuetudinaria.

Il riconoscimento in termini assoluti del suddetto principio costituisce indubbiamente un

elemento di novità. La limitazione della manifesta incompetenza dell’organo, in base alla

quale lo Stato non è tenuto a rispondere sul piano internazionale delle condotte ultra vires

dei propri organi nel caso in cui la loro incompetenza è a tal punto manifesta da risultare

incontrovertibile agli occhi del terzo, non trova difatti più alcun riscontro nella prassi

internazionale recente.

Ulteriore elemento di novità è poi costituito dalla possibilità che il principio della

responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires, in presenza di

determinate circostanze, possa trovare applicazione anche rispetto all’attività di individui

che, pur non possedendo lo status organico alla luce dell’ordinamento interno, sono

fattualmente integrati nell’apparato di governo dello Stato. Seppur in maniera non del tutto

uniforme, la giurisprudenza recente sembra difatti ammettere che, nei casi in cui elementi

fattuali permettano l’equiparazione di individui o enti ad organi statali, le regole di

attribuzione che si fondano sulla qualità di organo possano essere applicate anche rispetto

all’attività di individui legati fattualmente allo Stato. Rimane indubbiamente ancora da

chiarire, ove si affermi la responsabilità dello Stato per i comportamenti di persone che non

sono suoi organi ma che operano per suo conto anche nel caso in cui abbiano agito senza o

contrariamente alle istruzioni ricevute, se veramente possa parlarsi di organi di fatto che

agiscono al di fuori della competenza o contrariamente alle istruzioni ricevute e quale sia la

ragione perché lo Stato sia chiamato a rispondere internazionalmente di tali fatti.

2. Il principio della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei

propri organi de iure: responsabilità per fatto proprio o responsabilità oggettiva?

All’inizio di questo lavoro si è rilevato come il problema della responsabilità internazionale

dello Stato per i fatti illeciti ultra vires sia stato in passato impostato essenzialmente in due

differenti modi. In base alla prima concezione, la rilevanza esclusiva riconosciuta al diritto

interno in materia di organizzazione dello Stato e di accertamento della qualità organica

comportava l’impossibilità di ammettere che le condotte tenute da individui che possiedono

lo status di organi in virtù del diritto statale siano considerate fatti statali allorché siano state

tenute in violazione delle disposizioni del diritto interno in tema di competenza. In caso di

195

Page 197: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

commissione da parte di un organo di un fatto illecito ultra vires, la responsabilità statale sul

piano internazionale poteva venire in essere esclusivamente in caso di complicità o di

diniego di giustizia da parte di altri organi dello Stato.

La seconda concezione, invece, ammetteva che lo Stato dovesse rispondere

internazionalmente dei fatti illeciti ultra vires dei propri organi in quanto, avendo conferito

ad alcuni individui o enti lo status organico e avendo fornito loro gli strumenti necessari

all’esecuzione della propria funzione, era tenuto ad assicurare gli altri soggetti di diritto

internazionale per i fatti dannosi che derivano dalla propria organizzazione interna.

Per alcuni autori questi fatti, pur non essendo attribuibili allo Stato sul piano internazionale

in quanto non conformi al diritto interno, farebbero in ogni modo sorgere la responsabilità

internazionale dello Stato in ragione del fatto che possiedono le caratteristiche tipiche del

fatto statale e all’esterno sembrano rappresentarne la volontà. Si tratterebbe di una sorta di

responsabilità oggettiva. Per altri, invece, nulla vieterebbe che anche i fatti degli organi

agentti ultra vires in base al diritto interno siano attribuiti allo Stato sul piano internazionale.

In questo senso, come si è visto, è orientata la quasi totalità della dottrina contemporanea e

la stessa Commissione del diritto internazionale.

In una prospettiva più ampia, il problema che sottende la contrapposizione tra questi

differenti orientamenti è stabilire in quale modo il fenomeno attributivo sia regolato. Con

riferimento al problema dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires, le soluzioni

ipotizzabili in funzione dell’impostazione seguita sono da ricondurre ad una semplice

alternativa: cioè se il diritto internazionale provveda, autonomamente oppure mediante

rinvio al diritto statale, a determinare i presupposti dell’attribuzione di un comportamento

ultra vires allo Stato di un individuo che gode della qualità organica oppure se in materia

opera soltanto un criterio generale ispirato al principio di effettività.

I risultati raggiunti nel corso della presente indagine evidenziano come l’esigenza di

certezza nelle relazioni internazionali è il principio al quale si ispira la regola che impone di

considerare come attribuibile allo Stato la condotta dei propri organi anche nel caso in cui

violino le competenze loro assegnate499. Tale regola riposa sulla considerazione che uno

499 Lo stesso commentario dell’art. 7 del progetto di articoli adottato in seconda lettura dalla CDI ravvisa nell’esigenza di certezza delle relazioni internazionali uno dei principi ai quali si ispira la regola in tema di attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali, (cfr. paragrafo 3). É bene evidenziare che in alcuni casi della prassi esaminata il problema dei fatti ultra vires venga in epoca recente affrontato in termini di accertare se si tratti di fatti dello Stato sul piano internazionale, piuttosto che solo se lo Stato sia tenuto a risponderne internazionalmente. Sul punto si veda la pronuncia resa nel 2003 nel caso ADF Group Inc. v. United States of America, in cui un Tribunale arbitrale, nonostante nel caso di specie non fosse stato violato alcun obbligo di diritto internazionale, ha comunque affermato che un fatto tenuto nella qualità ufficiale da un organo statale deve essere ritenuto un fatto dello Stato quale soggetto internazionale indipendentemente dal rispetto delle istruzioni ricevute o del diritto interno. Vedi supra, p. 155 ss.

196

Page 198: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Stato deve poter fare affidamento sulle scelte operate da un altro Stato in quanto al modo

di essere della propria organizzazione. Ragioni di sicurezza e stabilità delle relazioni

internazionali impongono difatti di considerare come fatti statali tutti i comportamenti

adottati dagli organi nella loro qualità ufficiale, indipendentemente dal rispetto dei limiti

della competenza o delle istruzioni ricevute. Lo Stato non può eccepire il mancato rispetto di

disposizioni dell’ordinamento interno per sfuggire alla propria responsabilità internazionale,

in quanto l’irregolarità di una condotta dal punto di vista interno risulta irrilevante ai fini del

sorgere della sua responsabilità nell’ordinamento internazionale500.

Non trovano alcuna conferma nei dati della prassi più recente le tesi che attribuiscono

rilevanza esclusiva al diritto interno ai fini della determinazione dei presupposti per riferire

un’attività allo Stato, nel senso che sia possibile considerare fatti di quest’ultimo solo le

condotte tenute da individui o enti che possiedono la qualità di organi in base al diritto

interno e che agiscono rispettando le competenze loro conferite dal medesimo

ordinamento. Se è vero che nelle numerose sentenze recenti in cui si dichiara lo Stato

responsabile per fatti compiuti da organi incompetenti non si precisa in genere

esplicitamente che ciò avviene perché si considerano tali fatti attribuibili allo Stato (anche se

pare implicito), ci sono anche alcune sentenze in cui lo si indica espressamente. Inoltre,

quanto alla prese di posizione degli Stati, pare opportuo rilevare come nei commenti da essi

formulati al progetto di articoli della Commissione del diritto internazionale vi è accordo

sulla possibilità di attribuire allo Stato sul piano internazionale fatti tenuti dai suoi organi in

violazione del diritto interno.

I dati offerti dalla prassi internazionale non confortano nemmeno la tesi, sostenuta in

passato da alcuni autori501, secondo cui il fondamento della regola che impone di

riconoscere come attribuibili allo Stato i fatti ultra vires dei propri organi risiede nel principio

del rinvio all’organizzazione effettiva dello Stato. Alla luce di tale orientamento,

l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi doveva essere subordinata alla

condizione che questi, pur violando le competenze loro assegnate dal diritto interno,

avessero comunque agito in conformità alla ripartizione di competenze che risultava

affermarsi in fatto in un dato momento. In base a tale soluzione l’attribuzione di condotte

era inoltre condizionata dall’accertare se gli altri organi dello Stato avessero reagito a fronte

500 “The State cannot take refuge behind the notion that, according to the provisions of its legal system, those actions and omissions ought not to have occurred or ought to have taken a different form. They have nevertheless occurred and the State is therefore obliged to assume responsibility for them and to bear the consequences provided for in international law”. Yearbook of the International Law Commission, 1975 – II, p. 67, par. 17.501 Così MORELLI, Nozioni di diritto internazionale, cit., p. 192 e SERENI, Diritto internazionale, cit., p. 465.

197

Page 199: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

del mancato rispetto delle competenze da parte dell’organo. I dati della prassi dimostrano

invece come lo Stato sia chiamato a rispondere nell’ordinamento internazionale delle

condotte degli organi senza che rilevi l’eventuale atteggiamento degli altri organi statali e

senza che sia necessario accertare se ci sia stata una modifica fattuale delle competenze

dell’organo.

L’esame della prassi ha messo quindi in luce come la regola di attribuzione allo Stato dei

fatti ultra vires, lungi dall’ispirarsi al principio di effettività, risponde invece ad esigenze

proprie dell’ordinamento internazionale quali la necessità di garantire la certezza e la

stabilità delle relazioni internazionali. Nel momento in cui uno Stato, in virtù del proprio

ordinamento interno, attribuisce delle funzioni di governo ad un individuo o ente e

provvede ad inserirne le attività nella sua organizzazione complessiva, crea una situazione

tale da indurre gli altri soggetti internazionali a ritenere tale individuo o ente come agente

per conto dello Stato. L’apparenza creata dallo Stato attraverso l’attribuzione della qualità

organica prevale sul fatto che la condotta effettivamente tenuta dall’organo non rifletta

delle scelte statali.

A prescindere dalla coincidenza fra l’organizzazione dello Stato quale risulta dal diritto

interno e quella effettivamente esistente, l’esigenza di garantire la certezza delle relazioni

internazionali impone di tutelare la situazione degli Stati che fanno affidamento sui dati

ricavabili dall’ordinamento interno che, oltre a svolgere un ruolo cruciale nell’indicare il

modo di essere dell’organizzazione di governo dello Stato, crea un’apparenza da cui

derivano per lo Stato delle conseguenze.

3. Prospettive de iure condito e de iure condendo: i limiti della regola che impone di

attribuire allo Stato i fatti ultra vires dei propri organi

Nonostante esista ormai una vastissima prassi a conferma del fatto che lo Stato sia

tenuto a rispondere in diritto internazionale anche di comportamenti ultra vires adottati dai

propri organi purché abbiano agito ex qualitate, sembra opportuno chiarire le precise

circostanze in cui sono da attribuire ad esso i fatti ultra vires. In altri termini, accertare se lo

Stato è tenuto a rispondere nell’ordinamento internazionale di tutti i comportamenti tenuti

da individui-organi nell’esercizio delle proprie funzioni, ad esclusione naturalmente dei

comportamenti adottati da individui-organi nella propria qualità privata, oppure se

l’attribuzione ad esso di fatti tenuti nella qualità di organi ma ultra vires può in alcune

circostanze essere esclusa. Come si è visto, infatti, è solo negli ultimi anni che si è venuta

affermando la tesi secondo cui la responsabilità dello Stato per i fatti degli organi agenti ex

198

Page 200: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

officio, anche se ultra vires, non subirebbe eccezioni. Anche in una prospettiva de jure

condendo appare dunque utile soffermarsi sul punto.

In alcuni casi della prassi analizzati502, il criterio che è stato ritenuto utile al fine di

operare una distinzione tra comportamenti ultra vires attribuibili allo Stato e comportamenti

che, al contrario, devono essere assimilati a quelli di semplici privati è la circostanza che la

condotta rientri nella competenza generale dell’organo. Secondo tale condizione, lo Stato

deve rispondere nell’ordinamento internazionale di tutte le condotte dei propri organi che,

pur non avendo nello specifico la competenza ad adottare il comportamento generatore

dell’illecito, godono comunque della competenza a tenere comportamenti dello stesso

genere o della stessa tipologia503. La condizione della competenza generale è criticabile a

nostro avviso in quanto eccessivamente imprecisa504. Nella pratica risulta difatti spesso

difficile determinare se un organo, nel commettere un fatto illecito, è rimasto nel quadro

generale delle competenze ad esso spettanti. Ad esempio, mentre pare plausibile ritenere

che l’attribuzione allo Stato dell’arresto illegale di uno straniero da parte di un organo

statale possa avvenire sulla base della circostanza che tale comportamento rientri nel

quadro generale delle competenze dell’organo, come desumibile dai dati offerti dalla prassi

internazionale, sembra invece difficile che la medesima condizione attributiva possa operare

nel caso di uso di armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine.

In numerosi casi della prassi internazionale505, in cui i fatti ultra vires adottati dagli

organi statali non potevano sembrare rientrare nel quadro generale della loro competenza,

l’attribuzione dei comportamenti allo Stato è stata fatta dipendere dalla circostanza che il

loro compimento era stato reso possibile da un uso abusivo dei mezzi messi loro a

disposizione da parte dello Stato per l’esercizio regolare delle funzioni. L’attribuzione allo

Stato del fatto illecito ultra vires veniva infatti giustificata sulla base dell’esistenza di un

rapporto tra il comportamento generatore dell’illecito adottato dall’organo e gli strumenti

messi lui a disposizione in ragione della funzione svolta506. In realtà, nonostante il criterio 502 Si veda, tra gli altri, il caso Vracaritch ed il caso Mantovani, rispettivamente supra p. 140 ss. e p. 142 ss.503 La condizione attributiva della competenza generale, nelle sue differenti formulazioni, è stata più volte citata in dottrina. Si vedano STRUPP, Das völkerrechtche Delikt, cit., p. 42.; BORCHARD, Responsibility of States, cit., p. 743; STARKE, Imputability, cit., pp. 110–111, BROWNLIE, System of the law of Nations, cit., p. 145.504 Numerosi autori hanno in passato criticato la condizione attributiva della competenza generale sulla base della sua vaghezza. Si veda QUÉNEUDEC, op. cit., p. 140; PRZETACZNIK, The International Responsibility of the States for ultra vires Acts of Their Organs, cit., pp. 148–149.505 Si vedano in particolare il caso Borchgrave, supra, p. 68 ss.; il caso Youmans, supra, p. 74 ss. ; il caso Mallén, supra, p. 79 ss. e il caso Caire, supra, p. 76 ss.506 Numerosi autori hanno ritenuto che tale criterio dovesse essere combinato con quello dell’apparenza della funzione per cui, nei casi in cui il comportamento appariva manifestamente adottato dall’organo al di fuori della propria competenza, la sua attribuzione allo Stato poteva comunque avvenire nel caso in cui l’organo avesse fatto un uso abusivo degli strumenti messi a sua

199

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dell’uso dei mezzi messi a disposizione degli organi per lo svolgimento della funzione

ufficiale sia stato spesso utilizzato nella prassi, esso non pare convincente. La circostanza che

un organo statale abbia commesso un fatto ultra vires utilizzando dei mezzi messi a sua

disposizione dallo Stato per lo svolgimento delle proprie funzioni non è difatti sufficiente ad

indicare che abbia agito nella propria qualità ufficiale. Ad esempio, il fatto che un agente di

polizia in un attimo di follia spari con l’arma di servizio ad un diplomatico straniero in

ragione di motivazioni prettamente personali non può considerarsi un fatto statale

compiuto da un organo nell’esercizio delle proprie funzioni, indipendentemente dal fatto

che l’omicidio sia avvenuto mediante l’utilizzo di strumenti messi a disposizione dell’organo

per lo svolgimento delle sue funzioni. Un’ulteriore critica che è possibile muovere nei

confronti della condizione dei mezzi messi a disposizione dell’organo per lo svolgimento

della funzione ufficiale si basa sulla constatazione che esso trova applicazione

esclusivamente rispetto agli illeciti commissivi. Nel caso in cui un poliziotto contravvenga alle

istruzioni ricevute omettendo di proteggere un diplomatico, non può certamente dirsi che

questo abbia commesso un fatto illecito abusando di mezzi messigli a disposizione per lo

svolgimento della sua funzione, con la conseguenza che lo Stato non sarebbe tenuto a

risponderne nell’ordinamento internazionale.

Nonostante le imperfezioni derivanti da una rigida applicazione di tale condizione,

dalla prassi si desume però che essa può rivestire una qualche rilevanza nei casi in cui gli

strumenti della funzione sono la condicio sine qua non per la realizzazione del fatto illecito.

Se, ad esempio, un pilota militare abbatte un velivolo civile straniero sul territorio del

proprio Stato507 oppure bombarda il territorio di uno dei paesi limitrofi508, sembra

ragionevole ritenere che lo Stato di cui l’organo è parte non potrà negare la propria

responsabilità internazionale, neanche nell’ipotesi in cui il pilota abbia disatteso le istruzioni

ricevute oppure dei regolamenti interni. I dati della prassi dimostrano come la necessità di

garantire la sicurezza delle relazioni internazionali impone allo Stato in tali circostanze di

rispondere sul piano internazionale di tali fatti illeciti ultra vires, in quanto la loro

realizzazione è stata possibile soltanto in virtù della scelta degli organi da esso operata e

dell’aver loro fornito i mezzi necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni.

disposizione per lo svolgimento regolare delle proprie funzioni. Si veda MERON, op. cit., p. 107; PRZETACZNIK, The International Responsibility of the States for ultra vires Acts of Their Organs , cit., p. 145; QUÉNEUDEC, op. cit., p. 151; JIMÉNEZ DE ARÉCHAGA, International Responsibility, cit., pp. 548 – 549. Alcuni autori hanno inoltre subordinato l’applicazione di tale criterio di attribuzione alla condizione che il terzo, pur rendendosi conto della palese incompetenza dell’organo, non potesse evitare la commissione dell’illecito. MERON, op. cit., p. 113; QUÉNEUDEC, op. cit., Pp. 157 – 158.507 Si veda il caso relativo all’incidente aereo del 27 luglio 1955, supra, p. 69 ss.508 Si veda il caso relativo alla violazione della frontiera del Marocco da parte di due piloti francesi, supra p. 142 ss.

200

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Nella prassi internazionale la condizione maggiormente citata dagli interpreti al fine

di giustificare la riferibilità allo Stato di condotte ultra vires dei propri organi è

indubbiamente il criterio dell’apparenza della funzione, secondo cui possono essere

considerati fatti dello Stato quale soggetto internazionale i comportamenti di un organo che

appaiono come tenuti nella propria qualità ufficiale509. Si tratta cioè di quelle condotte che,

nonostante il reale superamento dei limiti della funzione, appaiono come tenuti dall’organo

nel rispetto della competenza510. Nella prassi meno recente la condizione attributiva

dell’apparenza della funzione si caratterizza però nel dare particolare rilievo al punto di vista

della vittima al momento del compimento del fatto illecito, nel senso che lo Stato dovrebbe

rispondere dei comportamenti ultra vires tenuti dai suoi organi se la vittima, al momento del

compimento del fatto illecito, poteva in buona fede ritenere che l’organo agisse nell’ambito

della sua competenza511.

Il logico corollario della condizione attributiva dell’apparenza della funzione prevede

che lo Stato non debba rispondere sul piano internazionale delle condotte ultra vires dei

propri organi nel caso in cui la loro incompetenza è a tal punto manifesta da risultare

incontrovertibile agli occhi del privato vittima512.

Secondo tale schema concettuale, la responsabilità dello Stato per i fatti dei propri

organi sarebbe esclusa sia nel caso in cui un organo adotti un comportamento totalmente

privo di legame con le funzioni lui assegnate, vale a dire nel caso in cui agisca nella propria

capacità privata, sia nel caso in cui esso tenga una condotta completamente estranea alla

propria competenza, pur agendo nell’esercizio delle funzioni513.

509 Si veda, tra gli altri, il caso Caire, supra, p. 76 ss. La condizione attributiva dell’apparenza della funzione è stata più volte citata anche dagli Stati nell’ambito dei lavori di codificazione svoltisi sotto l’egida della Società delle Nazioni. Cfr., tra gli altri, la posizione dell’Austria, supra, p. 93 ss.510 Si veda CAVARÉ, Le droit international public positif, tomo II, p. 414; FREEMAN, Responsibility of States, cit., p. 313.511 Il principio che riconosce la responsabilità internazionale dello Stato per tutti i comportamenti adottati dai propri organi nel quadro apparente delle funzioni ha trovato numerosi sostenitori in dottrina. Secondo alcuni autori, nel caso in cui un organo sembra agire nel rispetto dei limiti della propria competenza, lo Stato è tenuto a rispondere nell’ordinamento internazionale degli eventuali illeciti da esso commessi, in quanto ha contribuito a creare l’ingannevole apparenza investendo un individuo o ente dei poteri propri ad una funzione ufficiale. Si veda STRISOWER, Rapport, cit., p. 461; ANZILOTTI, Cours, cit., pp. 470 – 471; MERON, op. cit., p. 105; QUÉNEUDEC, op. cit., p. 143.512 L’idea che il criterio dell’incompetenza manifesta sia il corollario dell’apparenza della funzione è stato espresso in passato da AGO, Quatrième rapport, cit., p. 99.513 Numerosi autori hanno sostenuto in dottrina la validità della condizione attributiva dell’incompetenza manifesta. Si veda MERON, op. cit., p. 113; VON MÜNCH, op. cit., p. 182; AMERASINGHE, Imputability, cit., pp. 112-113; JIMÉNEZ DE ARÉCHAGA, International Responsibility, p. 550; ROTH, op. cit., p. 20; COHN, op. cit., p. 294; VERDROSS, SIMMA, Universelles Völkerrecht –Theorie und Praxis, Berlin, 1980, p. 621. Alcuni hanno inoltre subordinato l’applicazione di tale criterio alla possibilità da parte del terzo di evitare la realizzazione del fatto illecito. La responsabilità internazionale dello Stato per un fatto illecito ultra vires di un proprio organo verrebbe meno nel caso in cui la parte lesa avrebbe potuto plausibilmente evitare il suo verificarsi in ragione della manifesta incompetenza dell’organo nell’agire. A contrario lo Stato non potrebbe sfuggire la propria

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Fondandosi su considerazioni prettamente soggettive, in quanto l’attribuzione di

una determinata condotta allo Stato viene fatta unicamente dipendere dalla circostanza che

un terzo non poteva plausibilmente rendersi conto del mancato rispetto della competenza,

tali criteri paiono ampiamente criticabili. Risulta difatti assai difficoltoso stabilire se un

determinato comportamento poteva apparire o meno alla vittima come effettivamente

tenuto da un organo nell’ambito delle sue reali funzioni514. L’applicazione delle suddette

condizioni attributive risulta difatti legata alla determinazione delle circostanze del singolo

caso di specie e della conoscenza delle reali competenze dell’individuo-organo agente da

parte del privato vittima. Nella pratica sarebbe quindi necessario basarsi su un elemento

soggettivo, quale la valutazione del livello di conoscenza dei limiti della competenza degli

organi statali da parte del terzo leso, al fine di determinare se una condotta può essere

riferita allo Stato sul piano internazionale.

Nonostante sia stata citata più volte nella prassi, una tale limitazione al principio

dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi comporterebbe il rischio che

gli Stati se ne avvalgano al fine di sfuggire alla propria responsabilità internazionale. Essi

potrebbero difatti negare che un fatto sia loro riferibile sul piano internazionale in ragione

della circostanza che nel caso di specie l’organo aveva ecceduto la propria competenza in

responsabilità internazionale nell’ipotesi in cui, pur essendo manifesta l’incompetenza dell’organo, la parte lesa non aveva la possibilità di evitare il fatto illecito. Si veda ROTH, op. cit., p. 20; COHN, op. cit., p. 294; VERDROSS, SIMMA, Universelles Völkerrecht, cit., p. 621. La subordinazione dell’applicazione del criterio attributivo della manifesta incompetenza dell’organo a tale ulteriore condizione sembra criticabile, dal momento che, al fine di valutare la possibilità di evitare la realizzazione dell’illecito da parte del terzo, sarebbe necessario ricorrere a considerazioni di carattere soggettivo, quali ad esempio la sua perspicacia nel valutare la manifesta incompetenza dell’organo oppure il suo coraggio e la sua capacità di evitare il compimento dell’illecito. Tale critica è stata mossa da AGO, Quatrième rapport, cit., p. 103, nota 115: “De toute façon on a quelque difficulté à admettre que le fait que la partie lésée, avertie du défaut de compétence, ait ou n’ait pas eu en l’espèce la possibilité d’éviter le dommage puisse être déterminant aux fins de l’attribution à l’Etat sujet du droit international du comportement de l’organe. La partie lésée qui avait connaissance de l’incompétence totale de l’organe agissant peut avoir eu – tout comme elle peut ne pas avoir eu – la possibilité d’éviter, grâce à cette connaissance, que l’on ne commette l’action préjudiciable…il serait illogique de considérer dans le deuxième cas l’action incriminée comme un fait de l’Etat cause de responsabilité alors qu’on n’en ferait pas autant dans le premier. Si l’on choisit d’exclure l’attribution à l’Etat du fait de l’organe agissant en condition d’incompétence manifeste, cette exclusion doit s’opérer dans les deux cas”. 514 Al fine di superare tale difficoltà, in dottrina è stata avanzata la tesi della “normalità della condotta” secondo cui, affinché un comportamento ultra vires di un organo possa essere attribuito allo Stato sulla base della condizione attributiva dell’apparenza della funzione, è necessario che l’errore in cui è incappato la vittima dell’illecito sia ragionevole e scusabile. Mentre la condizione della ragionevolezza dell’errore sembra poter avere un ruolo in caso di mala fede della vittima dell’illecito, non pare invece avere un fondamento logico nel caso in cui il terzo abbia realmente creduto, in buona fede, che l’organo avesse agito nel rispetto dei limiti della propria competenza. Si veda BOURQUIN, Règles générales du droit de la paix, cit., p. 216. Tale tesi è stata sostenuta anche da Quéneudec, secondo cui “l’Etat n’est rendu responsable, sur la base de l’apparence, que si l’acte de l’agent paraît raisonnablement rentrer dans les pouvoirs qui lui sont normalement reconnus, dans l’opinion générale qu’on se fait de la fonction considérée”. QUÉNEUDEC, op. cit., p. 135.

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maniera manifesta ed evidente. Una tale limitazione al principio dell’attribuzione allo Stato

dei fatti ultra vires dei propri organi finirebbe difatti per fornire agli Stati una scappatoia con

riferimento alla violazione di obblighi internazionali. Esigenze di sicurezza delle relazioni

internazionali imporrebbero invece di riconoscere che uno Stato ha agito sul piano

internazionale ogniqualvolta persone o enti incaricati di agire per suo conto adottano dei

comportamenti in suo nome, senza che abbia alcuna importanza il fatto che non abbiano

rispettato i limiti formali della propria competenza, abbiano violato disposizioni del diritto

interno oppure abbiano contravvenuto alle istruzioni loro impartite dai superiori. Far

dipendere l’attribuzione allo Stato di un comportamento ultra vires di un proprio organo

dalla circostanza che la vittima avrebbe ragionevolmente potuto rendersi conto della sua

incompetenza, fa pervenire inoltre ad un risultato contrario all’equità in quanto il terzo, pur

rendendosi conto della natura ultra vires di un dato comportamento, poteva in una data

circostanza non avere la possibilità di sottrarsi al fatto illecito a causa dell’uso dei mezzi

messi a disposizione dell’organo in virtù della funzione svolta.

Pur trovando riscontro esclusivamente nella prassi in tema di danni provocati alla

persona o ai beni degli stranieri, l’incompetenza manifesta era stata individuata come

limitazione al principio generale di attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires anche da Ago,

in qualità di relatore speciale per il tema della responsabilità internazionale dello Stato in

seno alla CDI515, avuto rigurdo però non ad una incompetenza che sia manifesta alla vittima,

bensì a chi è chiamato sul piano internazionale a decidere se vi sia responsabilità dello Stato.

A seguito delle numerose critiche mosse da alcuni membri della Commissione circa la

l’opportunità di codificare tale limite e per dare voce a “ l’aboutissement du long effort qui a

marqué l’évolution progressive du droit international en la matière”516, il relatore ha deciso

di riformulare l’articolo in termini di attribuzione allo Stato senza eccezioni del fatto

compiuto da un organo dello Stato agente nella sua qualità di organo ed è con tale

formulazione che l’articolo è stato adottato in prima lettura dalla Commissione del diritto

internazionale nel 1975.

Parimenti, nel progetto di articoli adottato in seconda lettura dalla Commissione del

diritto internazionale, l’art. 7 riconosce in termini assoluti il principio dell’attribuzione allo

Stato dei comportamenti ultra vires dei propri organi, a patto che però questi abbiano agito

nella loro qualità ufficiale517.

515 Vedi supra, p. 120.516 AGO, Quatrième rapport, cit., p. 102, par. 48517 Secondo CONDORELLI, L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite: solutions classiques et nouvelles tendances, cit., p. 81, la condizione della qualità ufficiale con cui l’organo ha agito finiva comunque per prendere in considerazione la limitazione dell’incompetenza manifesta. L’espressione “ledit organe ayant agi en cette qualité” escludeva che potessero essere attribuite allo

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Page 205: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

Nella prassi e nella giurisprudenza internazionali recenti si è assistito ad un

allineamento con il progetto di articoli adottato dalla Commissione del diritto internazionale

alla luce del riconoscimento in termini assoluti del principio dell’attribuzione allo Stato dei

fatti ultra vires. I dati forniti dalla prassi internazionale dimostrano infatti l’esistenza di un

principio di natura consuetudinaria che riconosce la responsabilità internazionale dello Stato

per i fatti illeciti tenuti nel mancato rispetto della propria competenza o delle istruzioni

ricevute da parte di individui o enti integrati nel suo apparato statale, sulla base del

presupposto che si tratti di comportamenti ad esso attribuibili nell’ordinamento

internazionale.

L’aver agito in qualità ufficiale o nell’esercizio delle proprie funzioni viene reputato

l’unico criterio in grado di distinguere, tra i vari comportamenti adottati da un individuo o

ente che gode dello status organico, quali devono essere considerati fatti attribuibili allo

Stato e quali possono invece essere assimilati a fatti di semplici privati. Lo Stato non è

tenuto a rispondere in ambito internazionale dei comportamenti di un organo solo se tenuti

nella sua qualità privata, non esistendo alcun tipo di legame tra la condotta e la funzione

ufficiale da esso svolta. In tale circostanza la sua responsabilità internazionale può sorgere

esclusivamente in caso di un eventuale mancato adempimento ad un obbligo di prevenzione

o repressione del fatto dell’organo incompetente da parte di ulteriori organi, cioè per il

mancato rispetto di un proprio obbligo di diligenza. La condizione attributiva dell’apparenza

della funzione sembra assumere una nuova connotazione: non più intesa come possibilità

per il terzo vittima di rendersi plausibilmente conto dell’incompetenza con cui un organo

agisce, essa deve essere piuttosto interpretata come la necessaria esistenza di un

collegamento fra la condotta tenuta e l’attività ufficiale normalmente svolta ai fini di

considerare un fatto di un organo attribuibile allo Stato.

Innegabilmente il principale inconveniente della formulazione in termini assoluti del

principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires risiede nel non indicare con

precisione gli elementi in base ai quali determinare quando un comportamento adottato da

un organo deve essere considerato un fatto statale sul piano internazionale e quando invece

esso è assimilabile alla condotta di un privato. Nell’utilizzare una formulazione così generica,

si finisce infatti per non determinare a priori con precisione il limite al di là del quale i

comportamenti degli individui-organi devono essere assimilati a quelli di semplici privati.

Una volta individuato nel criterio che si fonda sulla nozione generale di organo la regola

secondo cui possono essere attribuiti allo Stato sul piano internazionale anche i

Stato sia i comportamenti tenuti dall’organo a titolo puramente privato, sia quelli che non avevano “aucune sorte de lien, même apparent, avec les fonctions de l’organe”. L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite: solutions classiques et nouvelles tendances, cit., p. 81.

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comportamenti non autorizzati da esso adottati, rimane infatti il problema di stabilire in

quali circostanze un organo agisce nella sua qualità ufficiale. Per rispondere a tale quesito,

occorre muovere dalla varietà di elementi che possono servire ad accertare la qualità

ufficiale con cui un organo agisce e dalla difficoltà di fornire una classificazione tassativa di

tali elementi senza ricorrere a nozioni generiche suscettibili di differenti interpretazioni.

Allo stesso tempo è necessario riconoscere a tale criterio generale di attribuzione il

vantaggio di non fornire scappatoie allo Stato per poter sfuggire alla propria responsabilità

internazionale518. Evitando di individuare delle tassative condizioni in base a cui poter

determinare quando si possa ammettere che un individuo-organo abbia agito ex qualitate, si

finisce per dare un significato obiettivo all’accertamento nel singolo caso di specie se

l’organo abbia agito nella sua qualità ufficiale oppure a titolo privato. La soluzione

prospettata sembra quindi ispirarsi all’esigenza che il sistema di regole in materia di

attribuzione sia in grado di ovviare alla possibilità che uno Stato, ogniqualvolta un proprio

organo agisce nell’esercizio delle funzioni, possa sottrarsi alla propria responsabilità

internazionale.

4. La responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi di fatto

Come si è visto, la regola che impone di attribuire allo Stato i fatti ultra vires tenuti

da individui formalmente integrati nell’apparato statale nel caso in cui agiscono

nell’esercizio delle funzioni trova pieno riscontro nella prassi internazionale. L’esigenza di

garantire la certezza e la stabilità delle relazioni internazionali impone di tutelare

l’aspettativa degli Stati che fanno affidamento sui dati ricavabili dall’ordinamento interno,

idoneo a creare un’apparenza da cui derivano per lo Stato delle conseguenze. La possibilità

di considerare lo Stato internazionalmente responsabile per le condotte ultra vires dei

propri organi de jure sembra trovare fondamento nel principio che impone allo Stato di

rispondere delle conseguenze derivanti dalle scelte operate in ordine alla determinazione

della propria organizzazione.

Alla luce di quanto accertato, appare più controversa la possibilità che la regola che

impone allo Stato di rispondere internazionalmente dei fatti illeciti ultra vires trovi

518 Nel corso del dibattito in seno alla Commissione del diritto internazionale, il relatore speciale AGO ha sottolineato come si dovesse fare un bilancio tra “ les avantages et les inconvénients d’une formule qui serait plus explicite, mais qui pourrait par là-même laisser des échappatoires”, in Annuaire de la Commission du droit international, 1975, vol. I, p. 25, par. 49.

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Page 207: flore.unifi.it  · Web viewÈ un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo

applicazione anche rispetto all’ipotesi di individui o enti legati allo Stato da un rapporto di

fatto. In ragione di alcuni recenti sviluppi della giurisprudenza internazionale, la dottrina si è

recentemente confrontata su tale questione e le soluzioni da essa accolte possono essere

sostanzialmente ricondotte a due orientamenti di fondo.

Da una parte vi è la posizione secondo cui tale regola attributiva si applica

esclusivamente a coloro che godono dello status formale di organo in quanto la possibilità di

accertare che un individuo o ente abbia agito nell’esercizio delle proprie funzioni

presuppone un necessario rinvio al diritto interno al fine di determinare quali effettivamente

siano le sue funzioni519. Dall’altra vi è invece la posizione di coloro che, reputando il diritto

interno solo uno degli elementi idonei a determinare quali siano le funzioni attribuite a un

individuo o ente all’interno dell’organizzazione dello Stato, ammettono in via di principio

che la regola che impone allo Stato di rispondere internazionalmente dei fatti illeciti ultra

vires possa trovare applicazione anche rispetto all’ipotesi di individui fattualmente legati allo

Stato520.

Al riguardo sembra invece potersi senz’altro escludere che la regola attributiva in

questione si presti ad essere applicata ad individui o enti che agiscono dietro istruzione o

sotto il controllo effettivo di organi statali. Oltre a non trovare alcun tipo di riscontro nella

prassi esaminata, a differenza di quanto accade con riferimento agli organi de iure,

nell’ipotesi qui presa in esame l’attribuzione di condotte allo Stato non è condizionata dalla

eventualità che l’individuo o ente abbia agito nell’esercizio delle sue funzioni, bensì dalla

circostanza che sia stato lo stesso Stato a incaricarlo dello svolgimento di attività che sono

espressione dei suoi poteri sovrani. Risulta decisivo l’impulso ricevuto dallo Stato ad agire. In

altri termini, mentre il criterio attributivo della qualità organica si basa su una integrazione a

livello organizzativo di chi agisce nella struttura di governo dello Stato a tal punto intensa da

giustificare la riferibilità in via generale ad esso delle sue condotte, anche nel caso in cui

siano state adottate al di fuori della propria competenza, nell’ipotesi di individui che non

519 Si veda, fra gli altri, KRESS, L’organe de facto en droit international public. Réflexions sur l’imputation à l’Etat de l’acte d’un particulier à la lumière des développments récents, Revue générale de droit International public, 2001, p.136. Questa tesi è stata sostenuta anche da Ago, secondo cui “on ne peut même pas envisager l’hypothèse d’un dépassement de compétence ou d’une contradiction avec les prescriptions concernant l’activité des certains organes à propos d’une personne qui, en droit, n’est nullement un organe et ne se trouve amenée qu’à exercer de fait, dans certaines circonstances, une fonction publique”. Cfr. Quatrième rapport, cit., p. 78, par. 2, nota 4.520 L’opinione favorevole all’attribuzione allo Stato di fatti ultra vires compiuti da individui legati allo Stato da un rapporto di fatto è sostenuta da DE HOOGH, Article 4 and 8 of the ILC Articles on State Responsibility, the Tadic Case and Attribution of Acts of Bosnian Serb Authorities to the Federal Republic of Jugoslavia, British Year Book of International Law, 2001, p. 281 ss.; PALCHETTI, op. cit., p. 173 ss.; WOLFRUM, State Responsibility for Private Actors: an Old Problem of Renewed Relevance, in RAGAZZI (ed.), International Responsibility Today. Essays in Memory of Oscar Schachter, The Hague, 2005, p. 432.

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siano permanentemente integrati neppure in fatto nell’apparato statale ma che abbiano

agito su istruzioni dello Stato, ciò che viene in rilievo ai fini attributivi è il singolo

comportamento tenuto, che potrà ritenersi fatto statale a livello internazionale solo se si

accerta l’esistenza di un rapporto puntuale tra lo Stato e colui che agisce venutosi a

costituire grazie all’istruzione e al rispetto dei suoi limiti521.

Più complesso il caso di individui pur non formalmente organi dello Stato, ma

stabilmente integrati nell’apparato statale. Ai fini della presente indagine è rilevante

evidenziare come nella giurisprudenza internazionale recente si è fatto ricorso a criteri di

attribuzione che si fondano su elementi fattuali differenti, alla luce dei quali risulta possibile

una equiparazione di tali individui ad organi statali de iure. Quanto appena esposto trova

riscontro nella prassi esaminata nella quale in differenti occasioni sono stati ritenuti fatti

attribuibili in via generale allo Stato le condotte di individui o enti che, pur non godendo

dello status di organi in base all’ordinamento interno, erano ad essi assimilabili alla luce

della loro forte integrazione nell’apparato di governo dello Stato e del tipo di funzione

svolta.

Pur ammettendo che la scelta di ricostruire in termini di rapporto organico il legame

tra individuo o gruppo di individui e lo Stato comporti la riferibilità in via generale allo Stato

di tutti i comportamenti tenuti da individui inseriti nell’apparato statale in base ad elementi

fattuali, resta da chiarire se in tale circostanza possa realmente parlarsi di organi di fatto che

agiscono al di fuori della competenza o contrariamente alle istruzioni ricevute o se la

521 L’impossibilità che la regola che impone allo Stato di rispondere internazionalmente dei fatti illeciti ultra vires possa trovare applicazione anche rispetto all’ipotesi di individui che agiscono su istruzione o sotto controllo degli organi è stata sottolineata anche da Crawford, secondo cui: “In the case of a “corporate” entity such as the State it is useful to distinguish between organs of the State (persons or entities which are part of the structure of the State and whose conduct as such is attributable to the State) and agents. As explained in the commentary, “agents” for this purpose are persons or entities in fact acting on behalf of the State by reason of some mandate or direction given by a State organ, or (possibly) who are to be regarded as acting on behalf of the State by reason of the control exercised over them by such an organ. […] There are substantive differences between the two cases. For example, the unauthorized acts of organs are to be attributed to the State for the purposes of responsibility, whereas different considerations may apply to the unauthorized acts of agents…”. Cfr., CRAWFORD, First Report, cit., par. 166. Indicazioni simili sono contenute anche nel commentario al progetto adottato in seconda lettura dalla CDI. Vi si legge: “Where a State has authorized an act, or has exercised direction or control over it, questions can arise as to the State’s responsibility for actions going beyond the scope of the authorization. For example, questions might arise if the agent, while carrying out lawful instructions or directions, engages in some activity which contravenes both the instructions or directions given and the international obligations of the instructing State. Such cases can be resolved by asking whether the unlawful or unauthorized conduct was really incidental to the mission or clearly went beyond it. In general a State, in giving lawful instructions to persons who are not its organs, does not assume the risk that the instructions will be carried out in an internationally unlawful way. On the other hand, where persons or groups have committed acts under the effective control of a State, the condition for attribution will still be met even if particular instructions may have been ignored”. Cfr., Draft articles on Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts, cit., p. 48, par. 8.

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spiegazione del perché lo Stato sia chiamato a rispondere internazionalmente di tali fatti sia

di natura differente.

A nostro avviso, la logica sottostante la riferibilità in via generale allo Stato di tutti i

comportamenti tenuti da individui inseriti nell’apparato statale in base ad elementi fattuali è

diversa da quella che regola l’attribuzione allo Stato di fatti ultra vires dei propri organi de

jure. L’ipotesi di riferire allo Stato le condotte di individui fattualmente integrati nella sua

organizzazione non risponde come nel caso degli organi de jure ad esigenze proprie

dell’ordinamento internazionale quali la necessità di garantire la certezza e la stabilità delle

relazioni internazionali, bensì si fonda sulla necessità di non trascurare ai fini attributivi il

modo in cui si atteggia in concreto l’organizzazione dello Stato. Con riferimento agli

individui o enti a cui lo Stato ha attribuito la qualità organica in base al diritto interno, il

diritto internazionale provvede a tutelare la situazione degli Stati che fanno affidamento sui

dati ricavabili da tale ordinamento. Ne consegue che l’apparenza creata dallo Stato

attraverso il conferimento formale della qualità organica prevale sul fatto che la condotta

effettivamente tenuta dall’organo non rifletta scelte statali. Nell’ipotesi invece di individui

inseriti nell’apparato statale in base ad elementi fattuali la responsabilità internazionale

dello Stato per fatti commessi in assenza o contrariamente alle istruzioni ricevute deve

intendersi come il corollario del controllo generale esercitato su tali individui dallo Stato522.

Si intende mettere in evidenza come, nel caso delle attività di individui fattualmente

inseriti nella struttura statale, il problema di sapere se nell’agire siano state rispettate o

meno le competenze assegnate assume un’importanza marginale in quanto inglobato nella

prioritaria questione di accertare se il grado di controllo esercitato dallo Stato sia sufficiente

ai fini dell’accertamento di un legame di tipo organico.

522 Una differenza tra le due ipotesi è stata evidenziata anche nella pronuncia resa dalla Camera d’appello nel caso Tadić. Vi si legge: “What has just been said should not, of course, blur the necessary distinction between the various legal situations described. In the case envisaged by Article 10 of the Draft on State Responsibility (as well as in the situation envisaged in Article 7 of the same Draft), State responsibility objectively follows from the fact that the individuals who engage in certain internationally wrongful acts possess, under the relevant legislation, the status of State officials or of officials of a State’s public entity. In the case under discussion here, that of organised groups, State responsibility is instead the objective corollary of the overall control exercised by the State over the group. Despite these legal differences, the fact nevertheless remains that international law renders any State responsible for acts in breach of international law performed (i) by individuals having the formal status of organs of a State (and this occurs even when these organs act ultra vires or contra legem), or (ii) by individuals who make up organised groups subject to the State’s control. International law does so regardless of whether or not the State has issued specific instructions to those individuals. Clearly, the rationale behind this legal regulation is that otherwise, States might easily shelter behind, or use as a pretext, their internal legal system or the lack of any specific instructions in order to disclaim international responsibility.” Caso Prosecutor v. Dusko Tadić, p. 50, par. 123.

208

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Alla luce dell’indagine svolta, quindi, nei limitati casi in cui sia possibile accertare la

qualità organica di individui o enti sulla base della rilevazione di un rapporto di fatto, la

riferibilità in via generale allo Stato di tutti i comportamenti da essi tenuti non permette di

parlare di organi di fatto che agiscono al di fuori della competenza o contrariamente alle

istruzioni ricevute nel medesimo senso valevole per gli organi de jure. Se si attribuisce

piuttosto un rilievo al modo in cui si atteggia in concreto l’organizzazione dello Stato,

ammettere che tutte le condotte da essi adottate devono essere ritenute fatti statali sul

piano internazionale evita che lo Stato possa sottrarsi alla propria responsabilità

internazionale assegnando determinate funzioni ad individui o enti che non sono

formalmente inseriti nella sua struttura di governo.

INDICE DEI CASI CITATI

La prassi degli Stati

- Caso dell’abbattimento dell’aereo di linea libico B-727, 1973: p. 138

- Caso American Bible Society, 17 agosto 1885: p. 48

- Caso Borchgrave, 1936-1937: pp. 69-69

- Caso Buyanga, 4 gennaio 1984: p. 142

- Caso Colom y Piris, 1933: pp. 63-63

- Caso Columbia e Buffalo, 10 luglio 1909: p. 65

- Caso della controversia sorta tra Italia e Perù per il risarcimento dei danni subiti da alcuni cittadini italiani durante la guerra civile peruviana del 1894-1895, 1897-1899: pp. 52-55 e pp. 66-67

- Caso Corghi, 1976: p. 143

- Caso Drew, 1978: p. 141

- Caso Guerrero, 1971: p. 140

- Caso dell’incidente aereo del 27 luglio 1955, 1955-1959: p. 69

- Caso dell’incidente aereo del 1° settembre 1983, 1983: pp. 138-139

- Caso Lazo Vracaritch, 1961: pp. 140-141

- Caso Miller, 1910: p. 62

- Caso Only Son, 1853: p. 42, nota 122

209

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- Caso Panther, 1905-1906: p. 68

- Caso Royal Holland Llyod, A Corporation v. The United States, 1932: pp. 62-63

- Caso Scott, 1922: p. 65

- Caso Seal Fisheries Behring Sea, 1900: pp. 49-50

- Caso Shine e Milligen, 1907: p. 65

- Caso Star and Herald, 1885-1899: pp. 49-50 e pp. 60-61

- Caso Talamas, 1957-1958: p. 64

- Caso Tunstall, 1885: pp. 47-48

- Caso U.S.S. Stark, 1987: pp. 139-140

- Caso Vexaincourt, 1887: p. 66

- Caso della violazione della frontiera del Marocco, 1962: pp. 142-143

- Caso della violazione della frontiera irlandese, 1984: p. 144

- Caso Young, 1884-1886: p. 61

210

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La giurisprudenza internazionale

CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA

- parere consultivo 20 luglio 1962, caso Certaines dépenses des Nations Unies: pp. 87-88

- sentenza del 27 giugno 1986, caso Attività militari in e contro il Nicaragua: pp. 185-188

- sentenza del 19 dicembre 2005, caso attività militari sul territorio del Congo: pp. 188-189

- sentenza del 26 febbraio 2007, caso applicazione della Convenzione sul genocidio: pp. 190-194

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

- sentenza 18 gennaio 1978, caso Irlanda c. Regno Unito: pp. 161-165

- sentenza dell’8 aprile 2004, caso Assanidze c. Georgia: pp. 165-166

- sentenza dell’8 luglio 2004, caso Ilascu e altri c. Moldova e Russia: pp. 166-169

CORTE INTERAMERICANA DEI DIRITTI DELL’UOMO

- sentenza del 29 luglio 1988, caso Velásquez Rodríguez c. Honduras: pp. 169-171

- sentenza del 15 settembre 2005, caso Mapiripán Massacre c. Colombia: pp. 172-175

- sentenza del 31 gennaio 2006, caso Pueblo Bello Massacre c. Colombia: pp. 176-177

- sentenza del 6 maggio 2008, caso Yvon Neptune c. Haiti: pp. 177-178

TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE PER LA EX-IUGOSLAVIA

- sentenza del 15 luglio 1999, caso Prosecutor v. Dusko Tadić: pp. 180-185

TRIBUNALE DEI RECLAMI IRAN/STATI UNITI

- sentenza del 2 novembre 1987, caso Kenneth P. Yaeger v. the Islamic Republic of Iran, pp. 145-148

- sentenza del 22 giugno 1984, Sea-Land Service, Inc. v. Iran: p. 149

TRIBUNALI ARBITRALI

- Commissione arbitrale istituita tra Francia e Argentina, decisione del 19 marzo 1864, caso Lacaze: p. 53

- Commissione arbitrale istituita tra Stati Uniti e Messico, sentenza non datata ma resa in virtù della Convenzione del 4 luglio 1868, caso Speyers: pp. 57

- Tribunale arbitrale istituita tra Brasile e Stati Uniti, 11 luglio 1870, caso Canada: p. 155

- Commissione arbitrale istituita tra Stati Uniti e Venezuela, decisione del 9 maggio 1874, Joseph Forrest v. The United States of Venezuela: p. 54

- Tribunale arbitrale istituito tra Italia e Perù, 30 settembre 1901, caso Gadino: p. 55

211

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- Commissione mista istituita fra Paesi Bassi e Venezuela, sentenza non datata, caso Maal: p. 72

- Commissione mista istituita fra Gran Bretagna e Venezuela, sentenza non datata, caso Compagnie Générale des Asphaltes de France: p. 71

- Commissione mista istituita fra Germania e Venezuela, sentenza non datata, caso Metzger: p. 72-73

- Arbitro re di Spagna Alfonso XIII, 7 dicembre 1916, caso La Masica: p. 73

- Tribunale arbitrale istituito fra Gran Bretagna e Stati Uniti, 18 dicembre 1920, caso Owners of the Cargo of the Coquitlam (Great Britain) v. United States: p. 73

- Commissione generale dei reclami istituita fra Stati Uniti e Messico, 23 dicembre 1926, caso Thomas H. Youmans (USA) v. United Mexican States: pp. 74-76

- Commissione dei reclami istituita tra Stati Uniti e Messico, 16 November 1926, caso D. Guerrero v. De Falcón (United Mexican States v. United States of America): p. 79

- Commissione dei reclami istituita tra Stati Uniti e Messico, 3 dicembre 1926, caso Teodoro García and M. A. Garza (United Mexican States) v. United States of America: p. 79

- Commissione dei reclami istituita tra Stati Uniti e Messico, 16 novembre 1926, caso Francisco Quintanilla (United Mexican

States) v. United States of America: p. 79

- Commissione dei reclami istituita tra Stati Uniti e Messico, 27 aprile 1927, caso Francisco Mallén (United Mexican States) v. United States of America: pp. 79-82

- Commissione dei reclami istituita tra Stati Uniti e Messico, 18 ottobre 1928, caso William T. Way (USA) v. United Mexican States: pp. 81-82

- Commissione dei reclami istituita tra Stati Uniti e Messico, 15 luglio 1927, caso Charles S. Stephens and Bowman Stephens (U.S.A.) v. United Mexican States: pp. 83-84

- Commissione arbitrale istituita fra Francia e Messico, 7 giugno 1929, caso Estate of Jean-Baptiste Caire (France) v. United Mexican States: pp. 76-79

- Commissione dei reclami istituita tra Stati Uniti e Messico, 8 ottobre 1930, caso Lillie S. Kling v. United Mexican States: p. 82

- Commissione generale dei reclami istituita fra Stati Uniti e Panama, 27 giugno 1933, caso Guillermo Colunje (Panama) v. United States: pp. 85-72

- Commissione di conciliazione franco–italiana, 17 gennaio 1953, caso Différend Dame Mossé: pp. 85-86

- Commissione di conciliazione franco–italiana, 5 luglio 1954, caso Différend Joseph Ousset: p. 87

- Arbitrato ICSID, 20 novembre 1984, caso Amco Asia Corporation et Al. v. Indonesia, pp.149-151

212

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- Arbitrato ICSID, 20 maggio 1992, caso Southern Pacific Properties (Middle East) Limited v. Arab Republic of Egypt: pp. 151-153

- Arbitrato ICSID, 30 agosto 2000, caso Metalclad Corporation v. United Mexican States: p. 153-154

- Arbitrato ICSID, 9 gennaio 2003, caso ADF Group Inc. v. United States of America: pp. 155-156

- Arbitrato ICSID, 12 ottobre 2005, caso Noble Ventures, Inc. v. Romania: pp. 156-157

- Arbitrato ICSID, 6 luglio 2007, caso Kardassopoulos v. Georgia: pp. 158-159

- Arbitrato ICSID, 11 maggio 2209, caso Siag and Vecchi v. Egitto: pp. 159-160

COMITATO DEI DIRITTI UMANI

- osservazioni del 31 luglio 2003: pp. 178-180

COMMISSIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

- rapporto del 25 marzo 1976, caso Irlanda c. Regno Unito: pp. 162-163

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