for a transition to circular economy · 2016-07-05 · for a transition to circular economy...

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2016 Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 – DCB Milano - Contiene I.P. Italian Journal of Quality & Management Systems QUALITÀ TRA VALORI E RETI L’insegnamento della qualità nelle università: il caso del Politecnico di Torino Il contributo delle analisi qualitative nella valutazione del capitale economico Il management delle reti : considerazioni sullo stato dell’arte LA QUALITÀ PER L’EDUCATION Valutazione e riforme della scuola: dal dire al fare TRAINING PER LA QUALITÀ DEL LAVORO LUMSA Talent Academy Formare i lavoratori per migliorare le organizzazioni APPROFONDIMENTI & RUBRICHE FOR A TRANSITION TO CIRCULAR ECONOMY A META MODEL OF INTER-ORGANIZATIONAL COOPERATION Alessandro RUGGIERI e altri marzo/aprile n.2 IN PRIMO PIANO

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QUALITÀ TRA VALORI E RETIL’insegnamento della qualità nelle università: il caso del Politecnico di TorinoIl contributo delle analisi qualitative nella valutazione del capitale economicoIl management delle reti: considerazioni sullo stato dell’arte

LA QUALITÀ PER L’EDUCATIONValutazione e riforme della scuola: dal dire al fare

TRAINING PER LA QUALITÀ DEL LAVOROLUMSA Talent AcademyFormare i lavoratori per migliorare le organizzazioni

APPROFONDIMENTI & RUBRICHE

FOR A TRANSITION TO CIRCULAR ECONOMY A META MODEL OF INTER-ORGANIZATIONAL COOPERATION

Alessandro RUGGIERI e altri

m a r z o / a p r i l e

n.2COSTI e SPRECHI

RISCHI

PRESSING DEI CLIENTI

COMPLESSITA’

COGENZE NORMATIVE

Piattaforma potente e �essibile sintesi di oltre venticinque anni di esperienze in sistemi informativi

per Qualità, Sicurezza e Ambiente.

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F O L L O W U S

4 MAGGIO 2017

#BlulinkDay

10 NOVEMBRE 2016

...quando ci sono

cose che vorresti

proprio...

CANCELLARE.

ANNI DIQUALITÀ

1990 - 2015

IN PRIMO PIANO

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>> Editoriale1

marzo/aprile 2016www.qualitaonline.it

Il “paradigma di Enea”per la transizione generazionale

La bellezza inenarrabile del gruppo scultoreo «Enea, Anchise e Ascanio» realizzato dal grande scultore italiano GianLorenzo Bernini – su commissione del cardinale Scipione Borghese, grande mecenate - dà corpo all’affascinante rap-presentazione del passaggio dell’Eneide di Virgilio che narra del dramma di Enea che fugge da Troia in fiamme e portasulle spalle il proprio padre Anchise ed è seguito dal figlio, il piccolo Ascanio.

Gli studiosi di arte parlano di questa come della prima opera nella quale si manifesta una “psicologia espressiva” con un ele-vatissimo contenuto simbolico. Il gruppo rappresenta, la continuità responsabile e sussidiaria nei passaggi generazionali tra le differenti età della vita. Ognunodei tre personaggi ha un compito preciso da svolgere e costituisce uno dei protagonisti dello scenario della vita con un pro-prio ruolo.Enea rappresenta il presente (l’eroe del quotidiano chiamato a trovare le soluzioni idonee per risolvere problemi spesso gene-rati da altri), il padre Anchise rappresenta, invece, il passato (e costituisce il legame generazionali con le radici valoriali, lacultura ed i saperi delle tradizioni); il figlio Ascanio costituisce il futuro che segue il presente e porta con sé la “fiamma” conla quale è chiamato ad accendere le speranze per il nuovo.La sequenza Anchise-Enea-Ascanio ha costituito (sino a poco tempo fa) l’idealizzazione del paradigma che governava la trans-izione generazionale equilibrata tra i rappresentanti delle differenti stagioni della vita che, se ben gestita, avrebbe potuto con-tinuare ad assicurare modelli di vita sostenibili e la trasmissione della cultura, delle conoscenze e dei valori; affidando a tuttidei ruoli appropriati e dignitosi. Questo modello si sta progressivamente sublimando in questi ultimi decenni; i dati demografici e le rappresentazioni dellarealtà con i modelli delle scienze sociali danno una rappresentazione disarticolata di una società divenuta molecolare, indi-vidualista e focalizzata sui consumi voluttuari generati da campagne pubblicitarie che alimentano aspettative sempre diversee crescenti, quasi mai necessarie.La solidità delle scelte di vita davano un respiro più ponderato alle scelte quotidiane; la stessa affermazione medievaledell’«hic et nunc» [«qui e ora»] ha subìto una rivoluzione semantica e contestuale. Questa formula (che un tempo costituivaun fotogramma delle vicende quotidiane della vita che avrebbe dovuto traguardare all’eternità) è, invece, divenuta un invitoalla quotidianità senza prospettive, fatta di consumi e di scelte effimere «mordi e fuggi» senza investimenti per il futuro.Purtroppo, siamo arrivati ad un modello che è rappresentato dalla società volatile che esternalizza il tutto ed affida a terzitutto, compresi i saperi, gli averi e le esistenze. 1500 anni fa, al riguardo, l’antica Regula Benedicti prescriveva: «venerare ivecchi; amare i giovani» [RB IV, 68-69]. Più recentemente Gustavo Zagrebelsky nel suo ultimo libro [“Senza adulti”, ed. Einaudi] che approfondisce come la societàattuale affronta come i rapporti tra le età della vita a citato il pensiero di Émile Cioran: «a vent’anni, non avevo in mente altroche lo sterminio dei vecchi; continuo a crederlo urgente, ma ora ci aggiungerei quello dei giovani; con l’età si acquisisce unavisione più completa delle cose».I protagonisti del capolavoro marmoreo di Gian Lorenzo Bernini (che rappresenta mirabilmente anche la bellezza e la cul-tura occidentale) materializza il “paradigma di Enea per la transizione generazionale”; nei secoli è stata affidata alle istituzio-ni scolastiche ed universitarie il compito di governare saggiamente ed efficacemente la trasmissione della cultura, delle cono-scenze e dei saperi. Questo numero della Rivista è affidato proprio ai colleghi di questo complesso ed affascinante universocompetenziale ai quali è stato chiesto di trattare in modo chiaro e competente le tematiche della filiera formativa traguar-dandola al mondo del lavoro.Ringrazio gli autorevolissimi autori per i preziosissimi contributi scientifici che hanno voluto mettere a disposizione dei letto-ri e dei Soci AICQ. Buona lettura! Sergio BINI

Il Direttore

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Editoriale 1 Il “paradigma di Enea”

per la transizione generazionaleSergio BINI

Tema 1Qualità tra valori e reti

10 Qualità nelle università:il caso del Politecnico di TorinoFiorenzo FRANCESCHINI, Maurizio GALETTO,

Domenico Augusto MAISANO, Luca MASTROGIACOMO

14 Analisi qualitative e valutazione del capitaleMatteo CAVALIERI, Amalia Lucia FAZZARI

19 Il Management delle “reti”: stato dell’arteLuciano CONSOLATI

DossierLa Qualità per l’Education

25 Valutazione e riforme della scuola: dal dire al farea cura di Paolo SENNI GUIDOttI mAGNANI

IN pRIMO pIANO

4 For a transition to circular economy

Alessandro RUGGIERI, Enrico Maria MOSCONI,

Alessio Maria BRACCINI, Stefano POPONI

s o m m a r i o

- prof. Alessandro rUGGIErI, Magnifico Rettore dell’Università

degli Studi della Tuscia di Viterbo, presidente;

- prof.ssa Fiammetta mIGNEllA CAlvOSA, professore ordinario

di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso l’Università

LUMSA di Roma;

- prof. ing. massimo trONCI, professore ordinario di Impianti In-

dustriali Meccanici presso il Dipartimento di Ingegneria Meccani-

ca e Aerospaziale dell’Università di Roma la Sapienza;

- prof. Salvatore lA rOSA, professore ordinario di Statistica

Aziendale e Controllo della qualità presso la Facoltà di Econo-

mia dell’Università degli Studi di Palermo;

- prof. Enrico maria mOSCONI, direttore del Centro per l’Innova-

zione Tecnologica e lo Sviluppo del Territorio presso Diparti-

mento di Economia e Impresa dell’Università degli Studi della

Tuscia di Viterbo;

- prof. ing. Antonio SCIPIONI, direttore del Centro Studi Qualità

Ambiente presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale del-

l’Università degli Studi di Padova;

- prof. arch. maria Antonietta ESPOSItO, professore ordinario

di Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di Archi-

tetture dell’Università degli Studi di Firenze.

COMITATO TECNICO SCIENTIFICO DELLA RIVISTA

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marzo/aprile 2016

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Tema 2Training per la Qualità del Lavoro

47 LUMSA Talent AcademyGiovanni FERRI, Riccardo DI STEFANO

50 Formare i lavoratori per migliorare le organizzazioniSelene ZORZI

Lo scaffale di Qualità

52 a cura della DIREZIONE

«Il Berrettaio». Il protagonista di questa incisione di Annibale

Carracci (una delle pochissime che presenta il proprio volto)

consegna a domicilio dei “berretti”; fa tornare alla mente Edward

De Bono il maltese padre del «pensiero laterale» che “si mette in

moto allo scopo di generare una direzione” (stimolante) [che si

contrappone al «pensiero verticale» che “si mette in moto

solamente se esiste una direzione in cui muoversi (analitico)].

Per il proprio modello, De Bono utilizza la metafora dei “sei

cappelli per pensare" per schematizzare le modalità possibili

utilizzate per affrontare i problemi da ottiche differenti; di seguito

si riportano i significati dei sei possibili “cappelli”:

1) cappello bianco (neutrale): analisi dei dati, di informazioni, di

eventi precedenti, analogie ed elementi che sono raccolti senza

esprimere giudizi;

2) cappello blu (razionale): stabilisce priorità, metodi, sequenze

funzionali, pianifica, organizza, stabilisce le regole del gioco.

Conduce il gioco;

3) cappello nero (negativo): l’avvocato del diavolo che rileva gli

aspetti negativi, le ragioni per cui la cosa non può andare;

4) cappello giallo (positivo): l’avvocato dell’angelo, rileva gli

aspetti positivi, i vantaggi, le opportunità che si aprono;

5) cappello rosso (emotivo): emotività, esprime di getto le

proprie intuizioni, come suggerimenti o sfoghi liberatori, come

se si ridiventasse bambini, emozioni, sentimenti;

6) cappello verde (creativo): indica sbocchi creativi, nuove idee,

analisi e proposte migliorative, visioni insolite.

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L’IMMAGINEDI

COpERTINA

prof. Enrico Maria MOSCONI, coordinatore

dott. Ercole COLONESE

prof. Amalia Lucia FAZZARI

ing. Pier Luigi GUIDA

prof. Alberto PADULA

prof. Cecilia SILVESTRI

ing. Giampaolo STELLA

prof. Simona TOTAFORTI

comm. ing. Sergio BINI

[email protected] - via di San Vito, 17 - 00185 Roma - fax 06.4464145

COMITATO EDITORIALE [email protected]

DIRETTORE RESpONSAbILE

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marzo/aprile 2016www.qualitaonline.it

marzo/aprile

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Page 6: FOR A TRANSITION TO CIRCULAR ECONOMY · 2016-07-05 · For a transition to circular economy Introduction Circular Economy (CE) offers the opportunity to re-target the development

For a transitionto circular economy

IntroductionCircular Economy (CE) offers the opportunity to re-target thedevelopment of the economy worldwide on a path of enhancedsustainability. Although this concept dates back to the sustainabledevelopment theories proposed twenty years ago, the challenge ofCE is that of producing a strategic change made necessary by theawareness of the (imminent or future) paucity of natural and energeticresources, and of the negative consequences in terms ofenvironmental impacts deriving from their intensive exploitation[Bertram , 1986; Van Den Bergh, 1993; Hofkes, 1996]. A transitionto a CE is particularly relevant in the EU. Being it currently dependenton foreign countries for the import of raw materials, this transitionrepresents a strategic opportunity to reduce risk factors created bysuch dependence in periods of international instability and economicturmoil.The main objective of the CE is to reduce the environmental impactof the productive systems and to increase their sustainability over ti-me shifting the production capacity from the linear axiom resource-

product-waste [Zengwei et al. 2006; Pauliuk et al., 2012] to a circu-lar approach where natural resources are reused within new produc-tion cycles in a global, circular, supply chain [Mathews & Tan, 2011;Geng, 2012; Naustdalslid, 2014]. Raw materials, semi-manufactu-red and final products are recovered at the end of their life cycles,re-manufactured, and re-used in future production cycles as raw andsecondary materials, avoiding the dispersion of their potential value,and also reducing the environmental impact deriving from their sto-rage in landfills.Today, there are both the conditions that make such transition ap-propriate, and the technologies for redesign production systems,products and processes for a reduced environmental impact thatmake it possible.The elimination of most of the pollutants from theproduction processes is now more than necessary, as it is also cru-cial to rethink the design and processing of the products so to redu-ce their environmental impact and increase the possibility to reusesome parts or raw and secondary materials and the production ofwaste.

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>> di Alessandro rUGGIErI, Enrico maria mOSCONI, Alessio maria BrACCINI, Stefano POPONI

marzo/aprile 2016 www.qualitaonline.it

L’economia circolare offre l’opportunità di indirizzare il cammino dell’economia mondiale verso una maggiore sostenibilità. Sebbene si tratti

di un concetto già contenuto nelle teorie dello sviluppo sostenibile di 20 anni fa, la sfida dell’economia circolare consiste in un cambiamento

strategico reso necessario dalla consapevolezza della scarsità (attuale o prossima) di risorse naturali ed energia, e delle conseguenze in termini

di impatto ambientale che il loro sfruttamento ha da tempo mostrato [Bertram , 1986; Van DenBergh, 1993; Hofkes, 1996]. Ciò è di particola-

re importanza per l’Unione Europea che soffre di dipendenza da altri paesi per l’importazione delle materie prime e costituisce un intrinseco

fattore di rischio, in periodi di instabilità, per l’economia e la produzione industriale.

L’Economia Circolare ha l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dei sistemi produttivi spostando la logica produttiva da un approccio linea-

re risorsa–prodotto–rifiuto [Zengwei et al. 2006; Pauliuk et al., 2012] ad un approccio circolare [Mathews& Tan, 2011; Geng, 2012;

Naustdalslid, 2014], dove le risorse sono utilizzate più volte in una ciclicità di processi, prefigurando una globale supplychain circolare.

Secondo questo approccio le materie prime, i semilavorati e i prodotti vengono recuperati a fine vita, rilavorati, e riutilizzati in successivi cicli

di produzione come materie prime seconde, evitando la dispersone del loro potenziale valore e riducendo l’impatto ambientale derivante dal

loro stoccaggio in discarica.

Oggi esistono tanto le condizioni che rendono opportuno un passaggio ad una economia circolare, quanto le tecnologie che consentono di

ricombinare i cicli di produzione e la progettazione di prodotti e processi in modo da ridurne l’impatto ambientale.

E’ necessario eliminare dai processi produttivi i materiali molto inquinanti, ripensare prodotti e processi per ridurne l’impatto ambientale e

aumentare la possibilità di riutilizzo di parti o materiali, come materie prime seconde, riducendo al tempo stesso la quota di rifiuto residuo.

Allo stato attuale manca un quadro di riferimento per l’applicazione di un modello di cooperazione transnazionale, capace di valorizzare i

modelli di produzione locali (come i distretti industriali o parchi industriali) e supportare un cambiamento di produzione-consumo che accol-

ga e veicoli i principi della circular economy. Attraverso lo sviluppo di un meta modello, il paper si propone di raffigurare le direttrici di svi-

luppo della circular economy partendo dall’analisi di un caso di studio multiplo comparato.

A meta model of inter-organizational cooperation

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At the current state of knowledge, a framework for the application ofainter-organizational cooperation model to support this shift to CEhas not been provided yet. We posit that such framework would beuseful to enhance the local production models (such as industrialdistricts and industrial parks) and support a change in the produc-tion-consumption model embracing and transfer the principles ofCE. This paper contributes consequently proposing a meta-model foranalysing CE compliant inter-organizational business models defi-ned on top of literature and from the results of a compared multiplecase study analysis.

BackgroundA typical limitation of several initiatives aiming to achieve an increa-sed environmental sustainable production system is the difficulty toinclude the so called rebound effect. To stimulate the growth of anarea, like that of the EU, it is necessary to adopt a systemic perspec-tive focusing on three main ingredients: (i) the design of the product/process, (ii) the business model, and (iii) consumers’ behaviour. On the side, the factors of policy, education, and technological andfinancial tools are in the position to stimulate and support suchtransition.A concrete contribution to the circularity of the products/servicescan be offered by a different approach to their design. Recycling andreusing possibilities shall be considered since the design phase[Beuren, Gomes Ferreira, and Cauchick Miguel 2013; Mont andTukker 2006], making use of innovative assembling/disassemblingpractices and providing services along with the product to increaseits reuse/recycle potential [Leimeister and Glauner 2008]. Under thispoint of view there is much to be done. For example, the principlesof the partition of technical and biological nutrients and the toxi-

cants in products and production processes are still under-used [Maet al., 2014; Jiliang & Chen, 2013; Li et al., 2013]. New business models based on inter-organizational cooperation,both within a local and an international context and thanks to theintegration of products and services systems, can make productionand consumption more sustainable and circular [Schulte 2013].Among the enabling and facilitating contextual factors a key role isplayed by the consumers’ behaviour. It is in fact central to determinea change in the consumption styles so to shift from possession to use[Ellen Macartur Foundation 2015].Many advantages are expected from this approach for many diffe-rent stakeholders: first, the reduction of costs and resources; second,the maximization of profitability; third, the generation of knowledgeand the possibility to use this knowledge for advisory services; andfinally, the reuse of products in several services [Mittermeyer, Njugu-na, and Alcock 2010].From an environmental point of view, the benefits accruing from thereduced exploitation of natural resources results in a reduction ofwaste, the reuse of those products with longer life-cycles and mate-rials and components recycling [Baines et al. 2007; Li et al. 2010].

Main focus of the paperThe transition to CE requires a systemic perspective that goes be-yond the limits of a single organization [Frey, 2013], and stimulatesa cooperation among different actors within a logic of deconstruc-tion of the value chain and the reconstruction of new ones over net-works [Normann and Ramirez 1993; Stabel and Fjeldstad 1998]. Inturn, this offers new opportunities for the implementation of econo-mic initiatives, also at local level, for example exploiting the pecu-liarities of industrial districts, or promoting the cooperation betweencompanies supporting the production fabric and increasing marketopportunities, in the tertiary sector in particular.

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Company type Relevant enabling Potential new Incentives Consumer

regulation industrial symbiosis behaviour

Sanitary ceramic DM 5/02/98 New ceramic based products: Absence of tax relief for Water saving potential

tiles and clay tiles, ceramic sustainable activities of products

mixtures for sanitary ware. Presence of ERDF certificates Eco-sustainability

Fertilizers of production

Existing but not structured

network for CE activities

Edible oil crop Decree 3 Apr. 2006, Valorisation of the vegetation FEASR Traceability and safety

nr. 152 and as waters for the production PSR of food

subsequently amended of cosmoceutics EAFRD

Reuse of waste PSR

(pomace, biomass)

Wood transformation DM 5/02/98 Setting up of symbiosis with FESR Sustainability

the pharmaceutical sector ERDF of materials

Principles of the Harmonization of the Industrial symbiosis Specific actions for Consumer liability in the

Meta model inter-sectorial regulatory accelerators cooperation products purchasing

framework and development within EU and disposal decisions

Regulatory framework

supported product design

> Tabella 1 – Multiple conceptual analysis

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This approach does not only contribute to increase the resilience ofthe production systems, presently affected by geopolitical and/or en-vironmental shocks, but can also reduce the exploitation of the re-sources, such as critical raw materials [EU Action Plan for the Circu-lar Economy, 2015].There are already experiences, yet limited the action of individualcompanies (see for instance the Xerox case), which make use of pro-duct-service systems [Tukker, 2013] that can act as a reference todesign a model of CE based not on a single product/waste to berecycled, but rather on smart design and disposal characterized by amixture of products and services managed trough an inter-organiza-tional cooperation model [Tukker and Tischner, 2006].This double configuration is used to facilitate the planning ofsystems with a low environmental impact, on the basis of equal eco-nomic growth [Lieder and Rashid, 2015], which would finally con-tribute to the application of the CE and to add innovative services tothe characteristics of a product, in order to support the sustainabilityof production, recycling and consumption.Considering such practice, the paper describes and discusses the de-velopment of a meta-model of inter-organizational cooperation toassess and evaluate CE enabled business models.

Methor or approachThe representation through a meta-model allows to configure anddescribe the most relevant aspects of a considered factor [Höfferer,2007]. It is an inductive analysis [Johnson, 1998] in which concep-tual systems, categories and variables come from implicit and expli-cit models, and from a theoretical model not directly based on em-

pirical data, and are eventually integrated into a new holistic model.The necessary pieces of knowledge to derive the meta-model wereobtained from three case studies: (i) manufacturing of sanitary ceramic, (ii) production of extra virgin olive oil, and (iii) wood transformation. The comparison allowed a multiple analysis aimed to identify theenabling key factors of the CE. The results were compared with theliterature and lead to the creation of a reference meta-model that al-lows the configuration of synergies aimed to the application of theparadigm of the CE.

Case studiesThe analysis of the case studies is summarized bythe conceptualmatrix presented in Tab. n. 1. The first case belongs to the sanitaryceramic sector, which has accumulated a delay in innovation, con-firmed by the low technological level of the product, and by themassive resort to traditional and artisan manual processes. The ma-nufacturing processes are characterized by a low production effi-ciency, are ascribable to the high quantity of wastes, and productsshow a defect rate higher than the average of other sectors, with si-gnificant high margins of variability over the whole year. Furthermo-re, the analysed firm falls within the category of energy-intensiveusers with a total energy cost equal to 3% of the turnover.The second caseis in the edible oil crop sector, and is closely con-nected with the local territory and renewable natural resources (soil,water, agro-forestry, fishery and biological resources). The context-studied involves several actors in the different stages of production

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and processing of the products. The farm (where the crop produc-tion takes place), the first-stage processing industry (oil mills andprocessing places where the olives are crushed), the second-stageprocessing industry (pomace processing, refinery, and packaging).Adding to this all the manufacturing companies producing the tech-nical equipment and the inputs (for example, the nursery, mechani-cal and agro-chemical industries) produce an impact. The produc-tion chain represented by these activities generates waste at all sta-ges of production: cultivation (waste biomass and pruning residual),oil extraction (virgin and exhausted pomaces, vegetation waters),and distribution (disposable packaging).The third caseanalysed is in the wood processing industry, with acompany operating from the semi-finished to the finished furnitureproduct with a high degree of specialization. The loss of the know-how that has taken place in this highly specialized sector, has beendetermined by the increased competition of substitute products,such as panels, laminated timber. The perspectives, as regards ex-ploitation of the results, are ascribable to the increased sensitivity ofthe consumers towards natural and renewable materials, the possibi-lity to realize shorter production chains, the introduction of innovati-ve and eco-sustainable products with high physical and mechanicalperformances.The most difficult aspect in the three cases is represented by the ab-sence of a structured and sound network, not only in the design-pro-duction stages, but also in the most innovative activities related to ar-chitecture and design, so to support situations of green public pro-curement. The waste of production is literally reused but throughlow-added value processes such as the production of pellet wood.The companies described above have a high potential of innovative-ness, and are characterized by the improving efficiency in produc-tion processes and the possibility to reduce the environmental im-pact, thanks to the use of waste, to reduce the resort to non-renewa-ble energy sources and to support the residue treatment/valorisation.In order to ensure the sustainability of the products, it is possible tointervene during the operating time of the cycle time of the pro-ducts, so reducing the consumption of resources such as water, che-mical detergents for the sanitization, or for the most correct disposalof the products. Tab. 1 shows the key factors identified for the com-position of a meta-modelling model for each of the companies con-sidered in this study.

Key factors emerging from the literature The literature shows that the application of the CE model is relatedto two different logics of development [Lieder and Rashid 2015]: thetop down model – supported by the effort of the Nations to promotethe EC model – and the bottom up model – promoted by businessindividual actions and efforts to activate low environmental impactprocesses.The application of this model depends on all the stakeholders ex-pressing converging views, so to produce benefits in terms of recy-cling of waste, scarcity of resources and resulting business economicbenefits. Lieder & Rashid [2015] identify in this approach the trigge-ring factors towards a convergence of interests, legislations and poli-cies: support infrastructure and social awareness in the first case,and profitability, competitiveness e manufacturing industries, in the

second.The regulatory framework plays a crucial role in the disseminationnot only of the principles of the EC, but to produce a radical changewithin the production systems. Such aspect is emphasized espe-cially in the case of China with the imposition of industrial manage-ment policies [J.-H. Zhang and Chen 2015; C. Yu, de Jong, and Dij-kema 2014; Wübbeke and Heroth 2014; Xue et al. 2010; Geng etal. 2012; Dong et al. 2013; Foundation 2014; F. Yu, Han, and Cui2015; T. Zhang et al. 2011]. The application of the CE principles ispursued by the creation of eco-industrial parks in producing impor-tant improvements in terms of exchange of waste, of economic andenvironmental benefits [Mathews, 2011; Shi, Chertow, & Song,2010; F. Yu et al., 2015], though such regulations require serious pe-riodical revision to improve industrial policies.Yu et al. [2014] study of the economic-technological developmentarea is based on 5 keys activities for driving the changes of systemeco-industrial parks (institutional activity, technical facilitation, eco-nomic and financial enablers, informational activity and companyactivity). On one hand, they find that the support of public institu-tions became an important and relevant tool able to trigger thechange towards sustainability, on the other they attribute the com-pany activity a marginal role.In the literature, the policies of targeted incentives are also connec-ted to the possibility of tax relief, trade facilitation measures, removalof market entry barriers or the reduction of imbalances related to thecompany size or to benefit from grants for the prize of clean electri-cal power [Chang et al. 2011]. These policies are often contradictory[Wübbeke and Heroth 2014] and don’t necessarily reveal a concre-te commitment/intention on the part of the institutions to facilitatethis kind of support to EC composition of models [Y. Liu and Bai2014].Another key factor deriving from the application of the CE is repre-sented by the promotion of industrial symbiosis [Jiliang and Junting2011; Shi, Chertow, and Song 2010; C. Yu, de Jong, and Dijkema2014; Jiao and Boons 2014; Dong et al. 2013; F. Yu, Han, and Cui2015; Yang and Feng 2008]. The symbiosis illustrates the systemicrelationships between several types of business, based on a collabo-rative approach, and is run by competitive advantage [Bain et al.,2010] deriving from the physical exchange of materials, power, wa-ter and by-products [F. Yu, Han, and Cui 2015; Chertow, 2007]. Inparticular, it provides an analytical method useful to understandhow cooperation between companies helps achieving competitiveadvantage. [Bain et al., 2010]. Industrial symbiosis represents the collector that helps define strin-gent environmental standard in the implementation of the model ofthe CE, on the part of the governments [F. Yu, Han, and Cui 2015]called to take action applying restrictive regulations, taxes and in-centives and provide instruments fostering the development of eco-industrial parks (especially in China)Public funding is one of the enabling factors of the CE, despite theincreased difficulty in accessing the credit on the part of the compa-nies. The resort to these funds is central in the pre-cycling stage tosupport community initiatives which incentivize participationthrough the definition of the cycles of local material, the sharing ofcompetences and the supply of unwanted goods object of recycling

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[Greyson 2007] and, in the next stage, in order to help the compa-nies upgrading their eco-industrial technologies, support researchand development, as well as the construction of new recycling faci-lities.Gabriela-Cornelia, Iudith, & Alexandru [2015] consider the strategicrole of implementation of environmental projects in the transitionfrom a linear economy to a CE. They maintain, in fact, that these ac-tions enhance the interdependence and interaction among differentcomponents of the funding (sources, tools, products, institutions) soto ensure future perspectives and the simplification and the multipli-cation of cash flows.In this context the financing networks represent interactive modelsthat will in turn direct investments and measure and their impact onenvironmental policies. At the same time the scarcity of investmentsin research activities and innovation can turn into a barrier for theapplication of a sustainable approach [see for e.g. Matus, Xiao, &Zimmerman [2012] for the green chemistry] and in more generalterms for the promotion of CE models.Liu et al. [2009] in their study on the promotion of the CE model inTianjin (China) highlight a limited awareness and a poor understan-ding of the EC program and the outcome of such interventions onthe part of the beneficiary populations. However, they also underli-ne a pattern of economy consumption behaviours rather than a con-servation-conscious behaviour, because of people’s concern aboutsafety and health rather than environmental issues. Liu and Bai [2014] underline that, also with the increase of aware-ness of the positive effects of the CE, the consumer would not wil-lingly pay higher prices for cleaner products. On the other hand, Xi-nan and Yanfu [2011] propose three distinct interventions to directgovernment behaviours pattern to support the economic develop-ment based on a CE model, that is to define the coordination me-chanisms on the part of the local government and enhance the regu-latory frame on CE; build an industrial chain at regional level and,more important, create a public instruction system able to transferknowledge about CE.

The meta-model: discussion and implicationThe meta-model was developed starting from the key factors identi-fied through the comparative analysis of case studies and the litera-ture.The first enabling factor, regulations supporting CE, includes all theregulatory aspects and the law governing the reuse of products. Re-gulatory barriers are not only relevant at trans-regional level, but of-ten represent an obstacle within the same national systems, wherethe many territorial competences (for example regional laws) canturn into a limitation for the waste transfer and by consequence forthe industrial symbiosis. To overcome these obstacles would allowthe adoption of common policies across Europe. This implies thateach member nation should work towards a common regulatory fra-mework so to promote good practices and propose common guide-lines to facilitate integration.The second enabling factor, incentive system is represented by allthe actions taken by each member state to support the transition tonew business models of CE. According to F. Yu, Han, and Cui [2015]economic benefits result from the application of a strict regulatory

frame where tax incentives and financial grants can contribute to aproduction change finally bringing environmental benefits.The huge repertoire of knowledge accumulated over the past yearsby the EC, thanks to the opportunities offered by funding and re-search framework programs, represent the added value and the firststep towards a valorisation of what has been most recently done[Chen & Du, 2009]. Such progress must accompany the efforts ma-de by the US towards the promotion of several incentives and taxdeductions to support the implementation of good practices, the ac-tivation of EC business models and encourage commercial transac-tions, so making the EC market more convenient for the firms.Consumer behaviour represents a further enabling factor for the EC.If consumers are more aware of the environmental impacts and pro-duction processes [Manzini, Vezzoli, and Clark 2001; Sakao, Pans-hef, and Dörsam 2009], such awareness must be general and trigge-red by a cultural change on the part of both producers and consu-mers. These latter are accustomed to buy and own products, but areless used to buy their functions and this influences (or has been in-fluenced by) in turn production processes. This behavioural aspectrepresents a potential obstacle for the realization of a CE [Rexfeltand Ornäs 2009], considering the elasticity of the demand of pro-ducts, and for such reason cannot be left to individual entrepreneu-rial initiatives but is to be directly supported by education and cultu-ral policies. Industrial symbiosis processes allow to start new formsof collaboration between networks, not necessarily operating withinthe same business sector but capable to identify, thanks to the use ofthe best available techniques new ways of valorise waste. New ECbusiness models based on the planning of the recycling and decon-struction processes, as well as the combination of products and ser-vices, could be triggered from this enabling factor, according to thelogic of products service systems.The production process ought to be characterized by environmentalsustainability and the ability to realize an interchange with recycledproducts at home level or coming from other production systems (asa consequence of the application of new industrial symbiosis). Con-sumers behaviour, both at the purchasing and the replacement sta-ge, ought to be accompanied by a cultural change induced by ECenabling factors in order to support the reuse and re-cycling of theproducts.

Future research directionsThe current proposal of the meta-model is still at the research in pro-gress stage. The model was developed over recent literature discus-sing circular economy, and it is informed by key factors identified inthree empirical cases over a regional territory. Further researchshould be conducted in the future to validate and eventually extendthe meta-model in different territorial contexts and industries.

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ALESSANDRO RUGGIERIRettore Università degli Studi della Tuscia, Viterbo

ENRICO MARIA MOSCONI, ALESSIO MARIA BRACCINI, STEFANO POPONIDipartimento di Economia e Impresa - Università degli Studi della Tuscia,

Viterbo

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L’insegnamento della Qualità nei Corsi di IngegneriaOrmai da diversi anni l’insegnamento del-la Qualità è entrato a pieno titolo nei cur-riculum formativi di gran parte dei Corsi diIngegneria. Sia esso declinato secondo l’ap-proccio del Quality Engineering o del Qua-lity Management, rappresenta attualmenteuno dei pilastri portanti per la formazioneingegneristico/gestionale dei nuovi inge-gneri.L’introduzione di insegnamenti specifici sul-la Qualitàrisale ai tardi anni ottanta / primianni novanta, con l’istituzione dei primiCorsi di Laurea in Ingegneria Gestionale delPolitecnico di Milano e del Politecnico diTorino. L’insegnamento allora era preva-lentemente basato sui concetti di controllostatistico di processo e sullo studio dellanormativa di settore. I principali contenuti riguardavano le tec-niche statistiche di controllo qualità (cartedi controllo e piani di campionamento perl’accettazione), i concetti di base dell’affi-dabilità (soprattutto nell’ambito dei corsi di

laurea a forte connotazione ingegneristica)e dei principi di applicazione della norma-tiva, con particolare riferimento alla normaISO 8402, per i termini e le definizioni, ealle norme ISO 9001, 9002 e 9003, perquanto riguardava l’Assicurazione Qualità. Solo in un secondo tempo, ed, in partico-lare, per i corsi universitari specialistici, siiniziarono ad introdurre nuovi argomenti

quali il Design of Experiments (DOE) e al-tre tecniche statistiche avanzate per la pro-gettazione e l’analisi dei dati sperimentali(vedere figura n. 1).Solo a partire dalla seconda metà degli an-ni novanta, parallelamente al consolida-mento del concetto di Qualità in ambito in-dustriale, si è iniziato a progettare insegna-menti universitari maggiormente calati sulconcetto di Qualità di Sistema. È di questianni, infatti, l’introduzione di nuove tema-tiche quali quelle della qualità nella pro-gettazione, dell’estensione del concetto diqualità a tutto il ciclo di vita di un prodot-to/servizio, della qualità nei servizi, e cosìvia.I corsi attuali puntano, pertanto, alla co-struzione di competenze trasversali, conuna forte componente ingegneristico/ge-stionale, focalizzata sicuramente sulla co-noscenza delle metodologie, ma anche sulloro utilizzo per poter prendere decisioniavvedute sul prodotto, sul processo pro-duttivo e sull’intero sistema di gestione.

10y Qualità tra valori e reti y

Qualità nelle Università: il caso del Politecnico di Torino

>> Fiorenzo FrANCESCHINI, maurizio GAlEttO, Domenico Augusto mAISANO e luca mAStrOGIACOmO

Tem

a

Quality has become one of the main subjects in the university education, with special in-

terest in the field of Engineering and Management.

At the Politecnico di Torino all the Bachelor or Master students are given the chance to

attend Quality classes. In particular, for Master students of Engineering and Management

a specific compulsory second level course of Quality Engineering is included in their

study plan.

Using as reference this last course, the main topics covered are: Design for Quality (QFD,

FMEA, …), Statistical Process Control (SPC), Acceptance Sampling, Quality standards,

Measurement Theory and Key Performance Indicators.

Much interest is also dedicated to laboratory applications, experts’ presentations and ca-

se studies.

The goal is to train a Quality expert with transversal competencies which range from

technical organization of processes to data analysis up to managerial decisions.

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I corsi sulla Qualità al Politecnico di Torino La formazione universitaria al Politecnicodi Torino, come stabilito nel D.M. 270/2004,si differenzia in tre cicli o livelli formativi:la Laurea (I livello) di durata triennale, laLaurea Magistrale (II livello) di durata bien-nale ed i corsi cosiddetti di III livello, tra iquali il Dottorato di Ricerca.A seconda del Corso di Laurea, Laurea Ma-gistrale o Dottorato, sono previsti insegna-menti specifici sulla Qualità per gran partedei percorsi formativi erogati. È previsto, in particolare, un insegnamentofacoltativo - denominato Gestione Indu-striale della Qualità (sia in lingua inglese,sia in italiano) - fortemente consigliato aglistudenti del terzo anno di tutte le Lauree inIngegneria. Tale insegnamento mira a for-nire gli strumenti essenziali per la condu-zione di un Sistema di Gestione per la Qua-lità. Il programma si concentra prevalentemen-te sulle metodologie di progettazione e sul-le tecniche di base del controllo statisticodi processo.Per la formazione di II secondo livello, par-ticolare importanza riveste l’insegnamen-to di Ingegneria della Qualità, erogato initaliano ed in inglese per gli studenti del se-condo anno del Corso di Laurea Magistra-le in Ingegneria Gestionale ed aperto, co-me corso opzionale facoltativo, anche adaltri Corsi di laurea Magistrale. L’insegna-mento, pur partendo dalle tematiche di ba-se, si concentra in maniera approfondita su-gli argomenti attinenti agli indicatori di pro-cesso e alla misura della Qualità, sia in am-bito manifatturiero, sia in quello dell’ero-gazione dei servizi, ampliandone i conte-nuti nella direzione delle metodologie tipi-che delle scienze cognitive e comporta-mentali.Per il Dottorato in Gestione, Produzione eDesign (proseguimento naturale del Corsodi Laurea Magistrale in Ingegneria Gestio-nale) è poi erogato un insegnamento spe-cifico, ma aperto a tutti i Corsi di Dottora-to del Politecnico e dell’Università di Tori-no, denominato Tecniche Avanzate per laGestione della Qualità, che si focalizza inmaniera ancora più accentuata sui temi-della misura della Qualità, con particolareriferimento agli ambiti di confine della me-trologia classica (ad esempio, proponendo

tecniche di analisi ed interpretazione deidati raccolti su scale di tipo ordinale o ca-tegorico).

La domanda di formazione sulla Qualità Anche l’interesse del mondo dell’industria,in termini di obiettivi e di richieste di lau-reati con competenze sulla Qualità, è va-riato nel corso degli anni. Mentre nei primianni novanta il focus era prevalentementeorientato sulle problematiche della certifi-cazione dei Sistemi di Gestione per la Qua-lità, secondo la normativa ISO 9000, oggil’attenzione si è spostata verso la forma-zione di una figura con una preparazione“a tutto tondo”, in grado di padroneggiarele metodologie ed interpretarne in otticamanageriale i risultati e le ricadute sull’or-ganizzazione. Gli aspetti legati all’applica-zione della normativa ed all’ottenimento

della certificazione sono pertanto posizio-nati in un ruolo meno centrale, sebbene im-portante per la gestione ed il successo delSistema.Il profondo interesse del mondo industria-le verso un ingegnere che possegga appro-fondite conoscenze sulla Qualità, è testi-moniata, oltre che dall’ampio numero dilaureati impiegati nelle aree aziendali di ge-stione della Qualità, anche dai molteplicitirocini e argomenti di tesi che vengono ognianno proposti per gli studenti dei vari Cor-si di Laurea e Laurea Magistrale in Inge-gneria.

I contenuti degli insegnamenti Volendo entrare ancora più nel vivo dei con-tenuti, in questo paragrafo sarà fornito il det-taglio degli argomenti trattati nel corso diIngegneria della Qualità.L’insegnamento si rivolge ad un bacino di

y Qualità nelle Università: il caso del Politecnico di Torino yTem

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> Figura 1 - Ricostruzione di superfici geometriche attraverso sistemi SEM (Microscopio a Scansione Elettronica) per il con-

trollo Qualità.

> Figura 2 - Laboratori didattici per la Qualità al Politecnico di Torino.

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circa 250 studenti (divisi in due classi dacirca 120/130 studenti ciascuna), per il cor-so in italiano, e di circa 100 per quello ininglese.Gli obiettivi basilari del corso puntano sul-la necessità di sviluppare la sensibilità del-l’allievo intorno ai concetti di Qualità di unprodotto/servizio e di progettazione orien-tata alla concorrenza. Particolare attenzio-ne è, infatti, dedicata al problema genera-le della misura della Qualità nelle sue mol-teplici sfaccettature. Con riferimento allanormativa vigente, viene, poi, presentatoun quadro ragionato del Sistema QualitàItalia e delle attività di accreditamento ecertificazione. Tra le tematiche centrali dell’insegnamentofigurano senz’altro gli approfondimenti sul-le tecniche per il Controllo di Processo e ilControllo di Accettazione, con un’atten-zione particolare a tutti i passaggi concet-tuali che caratterizzano l’intera catena difornitura industriale (Supply Chain), par-tendo dall’analisi della domanda, fino alleeventuali politiche di outsourcing/insour-cing delle strutture di supporto. Le lezioni tradizionali all’interno dell’inse-gnamento sono spesso integrate con attivi-tà di laboratorio, testimonianze di esperti ecasi di studio, che ne completano l’impiantoformativo (vedere figura n. 2).L’insegnamento, articolato in lezioni fron-tali, esercitazioni in aula ed attività di la-boratorio, si focalizza in modo specifico suiseguenti argomenti:1)Concetti di base. In questa sezione sonoanalizzati i concetti basilari della Quali-tà, il glossario e l’excursus storico che haportato questa branca dell’ingegneria daiprimi approcci rudimentali del secoloscorso all’attuale formalizzazione di unSistema di Gestione. Viene spiegato per-ché la Qualità sia da intendere come unfattore strategico di sviluppo e competi-tività e come ad essa debbano essere as-sociati opportuni strumenti metodologi-ci ed operativi di supporto decisionale.Un rapido cenno è poi dato sulla classi-ficazione e sulla stima dei costi della Qua-lità e della non-Qualità.

2)Strumenti per la Qualità nella progetta-zione. Questa parte tratta in maniera ap-profondita le metodologie di ConcurrentEngineering, del Quality Function De-ployment (QFD), del Failure Mode and

Effects Analysis (FMEA) di progetto e diprocesso, delle tecniche di Benchmar-king e dei problemi inerenti la definizio-ne del profilo di Qualità di un prodot-to/servizio. Alla descrizione concettualeviene di solito associato lo sviluppo di uncaso di studio, realizzato dagli studentidurante le ore di esercitazione in aula conil supporto del docente, che sarà ogget-to di valutazione ai fini dell’esame fina-le.

3)Misurazione della Qualità. Questa se-zione affrontalo studio della Teoria Rap-presentazionale della Misurazione, conparticolare enfasi alle proprietà di scaladelle informazioni utilizzate per la valu-tazione della Qualità. Viene altresì forni-ta allo studente una approfondita tratta-zione delle principali problematiche con-nesse con la definizione e lo sviluppo diun Sistema di Misura delle Prestazione diun processo (Performance Measurement

System) e del conseguente progetto de-gli Indicatori di Prestazione (KPI – KeyPerformance Indicators) (vedere figura n.3).

4)Cenni sulla Qualità nei servizi. In taleambito viene messo a fuoco il concettodi servizio e delle sue peculiarità rispet-to ai prodotti. Particolare enfasi è data aiproblemi della progettazione e della in-dustrializzazione dei servizi. Per ultimosi forniscono alcuni cenni sui modelli perl’operazionalizzazione della misura del-la Qualità nei servizi.

5)Tecniche approfondite per il ControlloStatistico della Qualità. Le tematiche af-frontate riguardano lo studio della varia-bilità dei processi, delle Carte di Con-trollo, degli elementi base della teoria del-l’ispezione, dei piani di Campionamentoper variabili e attributi, deipiani con ret-tifica, sequenziali e per produzioni con-tinue. A tutto ciò viene normalmente as-

y Qualità tra valori e reti yTe

ma

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> Figura 3 - Gli indicatori di prestazione come mezzo per rappresentare i processi.

> Figura 4 - Attrezzature di Laboratorio per il controllo in linea della Qualità.

Dettaglio di una Macchina di Misura a Coordinate (CMM)utilizzata per misure dimensionali di componenti meccanici.

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sociata una esercitazione di laboratoriobasata sull’applicazione delle tecnichestudiate ad uno specifico caso di studio(vedere figura n. 4).

6)Gestione in Qualità della catena di for-nitura. Gli argomenti trattati riguardano ladefinizione dei principali modelli di rife-rimento per l’analisi della catena di for-nitura, l’analisi delle tecniche per la va-lutazione, il coordinamento e la qualifi-cazione dei fornitori, e la definizione laraccolta e l’analisi degli indicatori di pre-stazione ad essi associati. Vengono pre-sentati alcuni modelli sulle politiche dioutsourcing e insourcing, sui meccani-smi di incentivazione dei fornitori, suipremi per la Qualità (Deming, Baldridge,EFQM), sull’influenza della domanda sul-le strategie di gestione degli approvvi-gionamenti e sulla gestione dei reclami.

7)Norme e regole per la conduzione di unSistema Qualità. Sono presentati gli ele-menti base del Sistema Qualità Italia, del-le tecniche di progettazione e realizza-zione di un Sistema Qualità, delle normead esso connesse (ISO 9000, 14000, ecc.),della definizione dei concetti di accredi-tamento e certificazione, edinfine, delruolo dei certificatori e degli organismidi accreditamento e certificazione.

Al fine di dare allo studente un riferimentoconsultabile per lo studio e la preparazio-ne dell’esame finale, oltre ai testi canonicisulla gestione e controllo della Qualità, èmessa a disposizione una serie di mono-grafie specifiche sugli argomenti trattati alezione. Alcuni dei testi di riferimento so-no riportati in bibliografia.

Il legame tra ricerca e didattica Di rilevanza non trascurabile è lo stretto le-game che sussiste tra attività di ricerca edattività didattica nel campo della Qualità.Come in ogni branca della scienza e del-l’ingegneria, le tecniche di analisi, gestio-ne e controllo della Qualità sono in conti-nua evoluzione. Nel corso degli anni sonostati proposti e studiati nuovi principi e nuo-ve tecniche, mentre l’ausilio di sistemi tec-nologici via via più evoluti ha permesso im-plementazioni più raffinate delle tecnichedi misurazione e controllo. Pertanto anchel’attività didattica e gli argomenti trasmessinegli insegnamenti sulla Qualità sono in

continuo aggiornamento per rimanere alpasso con le novità più recenti.Particolare enfasi è attualmente riservata dalmondo della ricerca ai metodi statistici avan-zati, con specifiche applicazioni nei cam-pi:(i) della gestione massiva dei dati (la co-

siddetta “big data analysis”); (ii) dell’integrazione tra i concetti del Qua-

lity Engineering e della gestione dei si-stemi/processi complessi;

(iii) dell’analisi dei processi che coinvolgo-no l’uso di dati funzionali (caso tipico delcontrollo in linea di profili e superficidi risposta).

Molto interesse è anche riversato sulle nuo-ve tecnologie di misura e diagnostica: le re-centi tecnologie di acquisizione e tratta-mento dell’immagine stanno infatti deter-minando una rivoluzione radicale nei si-stemi di misura dimensionale e di control-lo visivo per individuazione di difetti su-perficialio di anomalie.Continua, infine, ad essere argomento di stu-dio approfondito l’affidabilità dei sistemi, siacome tematica in senso metodologico, sianei suoi svariati campi di applicazione.Alla luce di tutto ciò, è fondamentale che gliinsegnamenti sulla Qualità siano costante-mente allineati con i nuovi strumenti residisponibili dalla tecnologia e dall’evolu-zione dei processi primari. Per fare un esem-pio, nell’ambito del controllo statistico diprocesso, le tecniche operative si focaliz-zano sempre più sui sistemi automatici diacquisizione dati e sull’implementazioneautomatica di soluzioni di miglioramento.Un insegnamento sulla Qualità, forse piùdi altri, dovrebbe essere sempre pronto adaggiornarsi ed a rinnovarsi rispetto alla con-tinua evoluzione del mondo tecnico/scien-tificoe non solo.

Uno sguardo al futuroAll’esperto di Qualità, soprattutto in cam-po ingegneristico, viene sempre più richie-sta un’abilità ad integrare conoscenze in-gegneristiche e capacità gestionali/mana-geriali.Le competenze che un Ingegnere espertodi Qualità deve essere in grado di esprime-re riguardano quella ininterrotta catena di at-tività che parte dall’analisi del processo/si-stema, ne determina le modalità di osser-vazione, gestisce l’acquisizione del dato,

ne conduce l’elaborazione e porta alla pre-sa delle decisioni manageriali. Ciò implicasia conoscenze tecnologiche per l’inter-pretazione del processo, sia preparazionemetodologica per la rilevazione e l’analisidei dati e per l’individuazione delle azionida intraprendere.L’evoluzione degli insegnamenti sulla Qua-lità dovrà, pertanto, integrare sempre di piùle lezioni frontali con specifiche sessioni dilaboratorio per mettere gli studenti in gradodi confrontarsi con le nuove tecnologie di-gitali e di processo. Contemporaneamentedovranno essere orientati verso strategie diproblem solving su specifici casi di studio,eventualmente fondati su dati di casi reali,proposti da testimonianze di tecnici e ma-nager provenienti dal mondo industriale.Da ultimo sarà sempre più necessario im-postare programmi di studio che contem-plino strumenti metodologici per il proget-to e il controllo della Qualità nei servizi,settore in continua espansione, che con buo-ne probabilità farà la parte del leone nelprossimo futuro.

n BIBLIOGRAFIABibliografia di riferimento per i corsi sulla Qualità al

Politecnico di Torino

Corso in inglese

• Franceschini F., Advanced Quality Function De-

ployment, St. Lucie Press/CRC Press LLC, Boca Raton,

FL, 2002;

• Franceschini F., Galetto M., Maisano D., Management

by Measurement: Designing Key Indicators and Per-

formance Measurements, Springer, Berlin, 2007.

Corso in italiano

• Franceschini F., Quality Function Deployment: uno

strumento progettuale per coniugare Qualità e In-

novazione. Ed. Il Sole 24 ORE Libri, Milano, 2003;

• Franceschini F., Galetto M., Maisano D., Indicatori e

misure di prestazione per la gestione dei processi,

CLUT, Torino, 2011;

• Franceschini F., Galetto M., Esercizi di Ingegneria

della Qualità, CELID, Torino, 2011.

y Qualità nelle Università: il caso del Politecnico di Torino yTem

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FIORENZO FRANCESCHINI, MAURIZIO GALETTO, DOMENICO AUGUSTO MAISANO E LUCA MASTROGIACOMODIGEP – Dipartimento di Ingegneria Gestionale e

della Produzione

Politecnico di Torino

www.digep.polito.it

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Nel momento in cui si abbia la necessi-tà di definire il valore del capitale

economico di un’azienda o di un ramo diazienda, è necessario accettare di include-re nella valutazione oltre ad elementi tipi-camente numerico quantitativi, anche unaampia gamma di elementi qualitativi. Ilfatto che tali elementi abbiano un peso ri-levante nella quantificazione del valoreeconomico e quindi del risultato che sia-mo orientati a definire non deve spingercia immaginare che ciò abbia un effetto de-qualificante del risultato ottenuto; la cultu-ra quantitativa cui ci stiamo sempre piùorientando, infatti, ci spinge a immaginareche un risultato sia tanto più correttoquanto più supportato da dati numerici.Tuttavia, come tenteremo di dimostrare,almeno a livello economico aziendale,questa equivalenza non è sempre verifica-ta. In un’impresa, infatti, anche se fosseropienamente rispettate le condizioni quan-titative relative:• all’equilibrio finanziario inteso come ne-cessità di sviluppare adeguate correlazio-ni (quantitative e qualitative) tra investi-menti e fonti;

• all’equilibrio monetario inteso come ca-

pacità di far fronte al normale flusso diuscite monetarie nel tempo;

• e all’equilibrio economico inteso classi-camente come eccedenza dei ricavi suicosti;

e pertanto, ad una analisi prioritariamentequantitativa, non risultasse percepibile al-cun segnale di pericolo per la continuità del-la gestione o per la stabilità degli andamentidell’impresa nel suo immediato futuro, talipresupposti appaiono tutt’altro che sconta-ti in un ambiente dinamico e competitivocome quello attuale.Un lecito dubbio, allora, consiste nel chie-dersi se sia maggiormente rigoroso un ap-proccio strettamente numerico rispetto aduno studio effettuato mediante l’utilizzo diuna analisi prettamente qualitativa. Indub-biamente se avessimo interesse a valutareesclusivamente il passato di un’impresa nonavremmo problemi, a patto di disporre deidati corretti, a farlo attraverso un’analisi quan-titativa e ad illustrare dettagliatamente, tra-mite uno studio a consuntivo, tutte le pecu-liarità di quell’impresa, con riferimento alperiodo storico di osservazione. Tuttavia ai fini gestionali e valutativi, so-prattutto laddove ci sia interesse ad affinare

le capacità previsionali, l’osservazione e laquantificazione dei risultati passati, in unmondo dinamico come quello attuale, han-no ben poco interesse. Ed infatti, sempre piùappare necessario affiancare ai dati men-zionati analisi dettagliate. Se è vero, infatti, che la creazione del valo-re cui un’azienda deve per natura essereorientata non può prescindere dalle moda-lità attraverso le quali tale valore viene crea-to, è necessario puntualizzare che “le con-dizioni che debbono orientare e qualifica-re la creazione del valore riguardano altre-sì le condizioni qualitative relative all’e-quilibrio strategico complessivo”1: intesocome posizione di equilibrio simultaneo afronte dei differenti interlocutori sociali e deimercati. Tale equilibrio si estrinseca in:• un adeguato e vincente posizionamentoprospettico sui mercati;

• un equilibrio della struttura organizzativaed operativa che valorizzi i contributi deisoggetti che vi partecipano facendo cre-scere il livello della conoscenza e dellecompetenze distintive;

• un equilibrio delle relazioni con gli inter-locutori esterni che sviluppi rapporti di ti-po cooperativo (soddisfazione dei clienti,pagamento dei fornitori, trasparenza ver-so l’esterno, equilibrio e correttezza neirapporti con le istituzioni);

• un rispetto sistematico dell’ambiente na-turale nel quale l’azienda opera.

E, allora, riguardo alla valutazione del ca-pitale economico che per definizione è lavalutazione delle capacità potenziali del-l’impresa ossia della sua capacità prospet-tica di produrre ricchezza, particolare at-tenzione andrà posta proprio alle qualità chel’impresa ha e che sono quelle che le forni-scono la possibilità di operare con riferi-

14y Qualità tra valori e reti y

Analisi qualitativee valutazione del capitale

>> matteo CAvAlIErI, Amalia lucia FAZZArI

Tem

a

When you need to define the value of the capital of a company or a business unit, you

should include in the assessment together with numerical quantities items, also a wide ran-

ge of qualitative elements. Undoubtedly if we would interested in only evaluating the past

of a company, a full set of quantitative data would be enough to draw a conclusion.

However, to define the economic value of capital is necessary to define the cash flows that

the company will be able to produce throughout its future activities and the related risk.

In this analysis, to be conducted in a thorough and detailed manner, the evaluator needs to

join the company collaborating directly with company organization. This is, without a

doubt, the most complex and longest part of the evaluation work, and to do that can be

very useful the presence of a formalized management system and, in particular, a quality

management system compliant with ISO 9001

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mento al futuro. Tali qualità sono, come os-servato, in parte analizzate tra le condizio-ni dell’equilibrio strategico complessivo. Tuttavia per definire il valore economico delcapitale è necessario definire i flussi di ric-chezza che l’impresa sarà in grado di pro-durre attraverso la sua futura attività e il ri-schio cui tali flussi di ricchezza sono assog-gettati. Ecco, pertanto, che il problema della valu-tazione del capitale economico, e pertantoil sottostante aspetto della creazione del va-lore, ad una analisi superficiale, appare nuo-vamente un problema correlato ad aspettidi tipo strettamente quantitativo.Infatti, nel-la pratica professionale, le principali atten-zioni sono solitamente poste, in fase di va-lutazione delle aziende, sulle scelte meto-dologiche ossia sulla giustificazione del me-todo (formula di calcolo) prescelto. Il piùdelle volte è principale preoccupazione delvalutatore quella di andare a sottolineare labontà del risultato raggiunto attraverso la ri-costruzione del medesimo risultato mediantepiù di una metodologia di calcolo. Cosa c’è,infatti, di apparentemente più corretto, e per-tanto inattaccabile, se non la convergenza suun unico risultato di un ingente numero dirisultati collegati ad indicatori matematici?In realtà il problema valutativo è purtroppomolto meno semplificabile di quanto possaapparire. E non si può risolvere neppure at-traverso scappatoie come quelle di andare adutilizzare i metodi dei moltiplicatori o delletransazioni comparabili basati su confronticon eventuali prezzi di cessione di aziendeche operano nello stesso settore, di dimen-sioni simili (le cosiddette imprese similari). Ta-li metodi, seppur basati su procedimenti stret-tamente matematici e quantitativi, escludonoogni capacità contributiva nella creazione delvalore delle competenze distintive dell’aziendae tralasciano ogni considerazione sul rag-giungimento da parte dell’azienda stessa del-l’equilibrio strategico complessivo.Appaionopertanto privi di significato economico pur es-sendo, nella pratica, estremamente comodi e,pertanto, sovente utilizzati. Per definire il valore economico di un’a-zienda, dunque, è necessario costruire unabase informativa, ossia effettuare uno studiodell’impresa in cui dobbiamo concentrarela nostra attenzione sul quadro macro eco-nomico, sul quadro di settore e sulla quali-tà degli elementi della formula imprendi-

toriale2. In particolare:• con riferimento al quadro macroecono-mico: le analisi da porre in atto includo-no le valutazioni relative all’andamentodelle variabili economiche più significa-tive in relazione all’attività produttiva, al-la localizzazione e alla dimensione del-l’impresa;

• con riferi-mento al qua-dro di setto-re: le atten-zioni del va-lutatore devo-no essere ri-volte a rileva-re le caratte-ristiche tipi-che del setto-re (in espan-sione, matu-ro, in decli-no); ad ana-lizzare l’an-damento del-le più signifi-cative impre-se che in essooperano (in-vestimenti,fonti, indici di varia natura, trend); i livel-li di competitività (settore con un nume-ro di concorrenti elevato o scarso) e le for-me attraverso le quali la competizione sisviluppa (ricerca di leadership di costo odi qualità barriere all’ingresso per i nuo-vi competitori, barriere all’uscita, e cosìvia);

• per completare la base informativa è oranecessario volgere l’attenzione all’inter-no dell’impresa da valutare al fine di de-finire il suo posizionamento strategico ela qualità degli elementi della formula im-prenditoriale che lo determinano.

A tal fine è necessario che il valutatore ana-lizzi: 1. Il sistema competitivo: che definisce ecomprende l’ambiente in cui l’impresa vaa competere (aree strategiche, mercati esegmenti di mercato), definisce il posi-zionamento dell’impresa ed i problemiche lo caratterizzano (tipologia e grado dileadership, vantaggi competitivi e com-petenze distinitive che li sorreggono), de-finisce i livelli di competitività (capacità

competitiva in relazione a quella delle im-prese concorrenti e conseguenti rischi diesclusione, difficoltà a gestire i limiti strut-turali imposti dal mercato di riferimentoin termini di eventuali barriere all’entratae all’uscita). Si possono valutare anche i li-velli di consenso e la forza dell’immagi-ne di cui l’impresa gode. Si tratta di ele-menti rilevanti in quanto creano una ri-serva di credibilità utile a mantenere piùa lungo posizioni di rilievo o di leadership.

2. Il sistema di prodotto: che individua l’in-tera gamma delle produzioni (beni, servi-zi, pacchetti integrati di beni e servizi) of-ferte dall’impresa sui differenti mercati,ne definisce i livelli qualitativi e la fasedel ciclo di vita che ciascun prodotto staattraversando.

3. Il sistema di relazioni con gli interlocu-tori sociali: che si focalizza sulle modali-tà attraverso le quali l’impresa mantienei rapporti con la società civile, i fornitori,i clienti, i finanziatori, le istituzioni ed ognialtro stakeholder. Individua pertanto i livellie l’intensità delle forme di cooperazione

y Analisi qualitative e valutazione del capitale yTem

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esterna e di rispetto ambientale che l’im-presa ha ritenuto opportuno attivare permeglio competere.

4.La qualità della struttura organizzativa:che è relativa alle modalità di composi-zione di tutte le forze produttive che ope-rano all’interno del sistema impresa e de-finisce i ruoli e le connesse responsabilitàdei soggetti, i rapporti e le relazioni inter-ne. Nell’analisi della struttura organizzati-va rientra anche la valutazione delle scel-te dell’imprenditore di realizzare il propriodisegno attraverso una struttura di gruppoo, piuttosto, mediante l’articolazione in di-visioni o, ancora, l’opzione di operare al-l’interno di una rete ed i vincoli connessi.

5. La qualità della struttura operativa: che,in una prima accezione, e in senso stretto,si riferisce all’assetto patrimoniale e riguardal’entità e la composizione degli investimentie l’adeguatezza delle relative fonti di co-pertura. L’importanza di tali osservazioniper una corretta valutazione prospetticadella solidità finanziaria dell’impresa è spes-so erroneamente trascurata.

6.La qualità della struttura operativa: che,in una seconda accezione che si riferisceai processi e alle modalità attraverso le qua-li l’impresa è capace di operare, ossia i li-velli di professionalità e competenza con iquali svolge le attività relative all’approv-vigionamento dei fattori, alla realizzazionedei prodotti, al loro collocamento sui mer-cati di sbocco, all’ottenimento ed alla con-cessione dei finanziamenti. Tali modalitàoperative dipendono dall’insieme delle co-noscenze che gli individui hanno potutoacquisire ed accumulare nel tempo per ef-fetto dell’esperienza.

È ora chiaro che l’analisi degli elementi del-la formula imprenditoriale è in grado di for-nirci le coordinate del posizionamento stra-tegico dell’impresa oggetto di valutazione eci fornisce, pertanto, il livello delle qualitàe degli strumenti posseduti ad oggi da det-ta impresa e che costituiscono la sua attua-le dotazione.In questa analisi, che per essere svolta in ma-niera approfondita e dettagliata richiede alvalutatore di entrare in azienda e relazionar-si direttamente con chi vi opera e che rap-presenta, senza dubbio, la parte più com-plessa e lunga del lavoro valutativo, può ri-sultare estremamente utile la presenza, al-l’interno dell’impresa di un sistema di ge-

stione formaliz-zato e, in parti-colare, un Siste-ma di Gestioneper la Qualitàconforme allostandard ISO9001.Il Sistema di Ge-stione dellaQualità si di-stingue per lasua attitudine acoordinare lagestione di pro-cessi sia all’in-terno delle sin-gole catene delvalore sia nelleinterazioni chesi instaurano tra diverse catene del valore ediverse aziende nel più ampio sistema al qua-le appartengono. Il Sistema di Gestione del-la Qualità può essere definito come uno stru-mento di gestione che assicura la qualità ela conformità delle prestazioni del sistemadei processi aziendali rispetto alle esigenzeespresse o implicite della clientela. Tale stru-mento spinge l’azienda verso una ridefini-zione della struttura organizzativa per areefunzionali e la orienta ad una struttura inte-grata focalizzata sui processi che meglio sup-porta strategie di creazione del valore. Il prin-cipio di base su cui si sviluppa il Sistema diGestione della Qualità risulta individuato nelconcetto di “assicurare la qualità” in tutte lefasi di un processo produttivo intendendosicon tale espressione «l’integrazione di mol-teplici attività che, tra loro collegate, con-corrono a determinare la qualità del prodot-to. Le attività comprendono: predisposizio-ni organizzative, pianificazione delle attivi-tà, addestramento del personale, verifichedella progettazione, controlli della qualità,preparazione e gestione della documenta-zione, azioni correttive e valutazione del-l’efficacia del sistema». Sulla base del prin-cipio enunciato lo strumento si sviluppa nel-la logica del più ampio controllo di gestionein tutte le fasi del ciclo pianificazione – spe-rimentazione – controllo – azione attraver-so la predisposizione di flussi informativi esistemi di verifica (autoregolazione) che neconsentano il continuo miglioramento.3 Il modello che viene a delinearsi è quello di

un’impresa che fa della flessibilità produtti-va ed organizzativa uno dei suoi fondamen-tali presupposti, che pone come essenzialecondizione la valorizzazione ed il coinvol-gimento delle risorse umane, sempre menoimpegnate su operazioni di esecuzione di-retta e sempre più devolute ai compiti di con-trollo, coordinamento e miglioramento del-le prestazioni. Esso inoltre consente di su-perare i confini aziendali e coinvolge, se-guendo lo sviluppo del processo di creazio-ne del valore, gli altri attori del sistema del va-lore divenendo, nella sua completa applica-zione – certificazione di qualità – un rego-latore dell’attività del sistema stesso. L’introduzione del Sistema di Gestione perla Qualità, infatti, porta ad estendere a mon-te in tutta la catena di fasi che compongo-no il processo produttivo fino alla distribu-zione ed ai servizi post vendita, l’esigenza diassicurare la soddisfazione delle esigenzedel cliente. Questa diffusione dell’impegnoverso la qualità in tutte le fasi sequenzialidel processo che precedono la vendita alcliente-utilizzatore trova supporto in un si-stema di relazioni – informazione e coordi-namento – che possiede i suoi punti nodalinei momenti di interfaccia tra fasi successi-ve e che responsabilizza direttamente sul-l’obiettivo qualità il soggetto immediata-mente a monte. Lo sviluppo di questo mec-canismo di coordinamento tende ad esten-dersi al di là dei confini legali dell’impresaper penetrare all’interno del sistema di of-ferta a partire dalle imprese fornitrici sino al

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sistema di relazioni con gli interlocutori so-ciali ivi incluse le Istituzioni. Un miglioramento di tali posizioni relazio-nali risulta, pertanto, indubbiamente utilead implementare le strategie verso la domi-nanza ambientale che dovrebbero consen-tire all’impresa un maggiore controllo dellevariabili ambientali e pertanto dovrebberocontribuire alla durabilità dell’azienda. Tragli obiettivi del sistema, inoltre vi è, quellodi aiutare a mantenere standard che per-mettano il sistematico rispetto delle norma-tive vigenti. Ulteriori impatti positivi si possono avere alivello di struttura organizzativa in quantol’implementazione di un sistema per pro-cessi è in grado di contenere e controllare lespinte disgregative che le organizzazionicomplesse tendono, per loro natura, ad ave-re. Questo fattore ha un notevole significa-to in termini di posizionamento strategicoperché consente all’organizzazione di man-tenere un più elevato grado di integrazione.La presenza di un sistema che mappa i pro-cessi è determinante anche per ridurre laconcentrazione della conoscenza (e parlia-mo pertanto di struttura operativa) in singo-li individui, che diventerebbero insostitui-bili e senza i quali si rischierebbe la parali-si operativa. Una maggiore distribuzione del-le conoscenze è un fattore determinante nel-l’abbattimento del rischio aziendale e faci-lita enormemente anche il passaggio gene-razionale che, nelle imprese familiari di pic-cole e medie dimensioni, rappresenta spes-so un momento traumatico e di grossa espo-sizione al rischio, proprio a causa dell’ele-vata concentrazione delle competenze nel-le mani dell’imprenditore.Si può pertanto affermare che l’implemen-tazione di un sistema di gestione per la qua-lità indubbiamente contribuisce, a parità del-le altre condizioni, a migliorare il posizio-namento strategico dell’impresa e pone lebasi per un probabile incremento del valo-re economico della stessa.Il capitale economico, tuttavia, è collegatoanche alle potenzialità di sviluppo future e,dunque, è necessario analizzare le modali-tà attraverso le quali l’imprenditore intendemettere a frutto il suo attuale posizionamentostrategico. È necessario valutare il piano stra-tegico che l’imprenditore ha elaborato (inmodo più o meno formale) al fine di con-frontarlo con il livello di competenze di cui

è oggi dotata l’impresa e valutare così il ri-schio cui sono sottoposti i flussi prospetticidi ricchezza ipotizzati dall’imprenditore nelsuo piano di sviluppo.Dovrebbe pertanto apparire chiaro che, ilvalutatore assume un ruolo centrale nel pro-cesso valutativo. È, infatti, colui che devedefinire l’adeguatezza delle competenze di-stintive dell’impresa (ossia la qualità deglielementi della formula imprenditoriale chene individuano il posizionamento strategi-co) in relazione al progetto imprenditoriale(contenuto nel piano strategico). Dal con-fronto ragionato tra competenze distintive epiano strategico il valutatore dovrà estrapo-lare, infatti, i flussi attesi e il tasso di rischio. Se ha seguito il procedimento valutativo il-lustrato, solo a questo punto Egli si troverànelle condizioni di dover scegliere il meto-do (ossia la formula) da utilizzare per il cal-colo del valore economico del capitale.È chiaro, pertanto, che il compito delle for-mule (cioè dei metodi di calcolo) non è al-tro se non quello di elaborare il valore eco-nomico partendo da un definito flusso di ric-chezza e da un definito tasso di rischio. I me-todi, quindi, all’interno di un processo valu-tativo correttamente strutturato, non sono al-tro che traduttori delle osservazioni e delleconsiderazioni fatte dal valutatore e cometali non possono che portare, se corretta-mente utilizzati, all’espressione del medesi-mo concetto, ossia al raggiungimento di unintorno di valori ragionevolmente contenu-to, seppure con linguaggi diversi (flussi direddito, flussi di cassa, metodi misti, e cosìvia). In ciascuna formula il flusso atteso diricchezza sarà semplicemente espresso inmaniera diversa e le criticità dell’impresa sa-ranno evidenziate sotto aspetti differenti.Avendo illustrato e sottolineato l’importan-za delle analisi e della componente quali-tativa nel processo di valutazione, in chesenso è possibile sostenere che ciò non deb-ba essere considerato come elemento di inat-tendibilità del valore risultante?Elemento determinante a tal fine è che nel-la logica valutativa vengano tenuti in con-siderazione tre orientamenti principali cuiil valutatore si deve strettamente attenere:• la razionalità: il processo di valutazione de-ve essere portato avanti con metodo e conaccuratezza secondo uno schema logico;

• la trasparenza: è necessaria una puntua-le e motivata esposizione da parte del va-

lutatore del lavoro eseguito e delle scelteeffettuate. Il valutatore deve cioè esplici-tare chiaramente il procedimento seguitoe le modalità con le quali i valori sonostati determinati

• la ragionevolezza: con riferimento ai va-lori da inserire nelle formule.

In conclusione, se si valuta un’azienda conriferimento al futuro, come nel caso dellavalutazione del capitale economico non èpossibile, in un mondo competitivo e incertocome quello attuale, ritenere attendibili deidati che, seppure quantitativamente inec-cepibili hanno a che fare esclusivamentecon il passato dell’impresa. Non esistonod’altro canto, dati quantitativi che siano ri-feribili al futuro e che non siano da inter-polare con osservazioni qualitative, affinchéassumano significato economico con riferi-mento al contesto aziendale cui si riferisco-no.A nostro parere, pertanto, risulta molto me-no attendibile una valutazione d’aziendasvolta solo attraverso procedimenti stretta-mente quantitativi e, dunque, apparente-mente oggettivi, piuttosto che un lavoro che,per quanto inevitabilmente condizionato dal-le capacità e dalle sensibilità proprie del sog-getto valutatore, laddove opportunamenteragionato, illustrato e svolto con ragionevo-lezza, è sicuramente più pieno di significa-tività economica. A conferma di ciò, e soloa titolo esemplificativo, è necessario sottoli-neare che solo attraverso una valutazionequalitativa è possibile apprezzare, in tutta lasua importanza, l’impatto che un sistema digestione formalizzato può avere in terminidi miglioramento del posizionamento stra-tegico e conseguentemente di implementa-zione del valore economico. Il vantaggio è,infatti, di duplice natura: da un lato il più al-to livello raggiunto in termini di posiziona-mento strategico dovrebbe essere correlatocon un migliorato livello delle conoscenzepossedute e ciò, a catena, dovrebbe fornireall’impresa la possibilità di elaborare strate-gie di più alto livello permettendo cosi unamoltiplicazione dell’effetto positivo relativoal risultato conseguito. Da un secondo pun-to di vista, a parità di obiettivi strategici cheil management si pone, il grado di rischioconnesso al mancato raggiungimento deglistessi dovrebbe risultare sostanzialmente di-minuito per effetto del più elevato punto dipartenza (posizionamento strategico) che

y Analisi qualitative e valutazione del capitale yTem

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l’impresa ha raggiunto grazie all’esistenza diun sistema di gestione formalizzato.Anche il compito del valutatore chiamato aporre in atto un processo di valutazione delvalore economico del capitale di un’impre-sa certificata risulta semplificato. Nella co-struzione della base informativa, infatti, il va-lutatore, una volta verificata l’effettiva effi-cacia del sistema di gestione, potrà sostan-zialmente dare per assodate una serie di con-dizioni altrimenti tutte da verificare. Tali con-dizioni risultano direttamente riferibili allavalutazione della qualità degli elementi del-la formula imprenditoriale. In particolare inpresenza di un Sistema di Gestione per laQualità conforme ai requisiti della normaISO 9001:2015 il valutatore avrà a disposi-zione informazioni documentate circa:• l’ambiente competitivo nel quale l’impresasi trova ad operare con specifico riferi-mento ai «fattori esterni ed interni rile-vanti per le sue finalità e indirizzi strate-gici e che influenzano la sua capacità diconseguire il risultato atteso» (cap. 4.1norma ISO 9001). L’analisi del contestoelaborata dall’azienda rappresenta infattil’output di un processo strutturato di ana-lisi delle minacce ed opportunità colle-gate all’ambiente competitivo attraversoil quale il valutatore potrà verificare il po-sizionamento dell’azienda e la sua capa-cità di gestire la variabilità ambientale.

• il sistema di prodotto e la qualità dellastruttura operativa che l’impresa sviluppaattraverso i propri processi operativi ed ilivelli di qualità garantiti dai prodotti (be-ni e servizi) ottenuti (cap. 4.2 norma ISO9001). Il documento di mappatura dei pro-cessi e delle loro interazioni e la struttu-rata identificazione delle attività di piani-ficazione e controllo sulle attività opera-tive fornisce al valutatore elementi ogget-tivi di analisi della qualità del sistema pro-duttivo aziendale.

• il sistema di relazioni con gli interlocuto-ri sociali che l’impresa instaura risulta, inun’azienda con Sistema di Gestione per laQualità, il frutto di uno strutturato proces-so di analisi e pianificazione del quale il va-lutatore trova evidenza documentata.

• la qualità della struttura organizzativa chetrova espressione attraverso la strutturata do-cumentazione dei compiti e delle respon-sabilità delle risorse coinvolte, la pianifica-ta gestione della formazione delle risorse

umane e dell’informazione ad esse desti-nata, la pianificata verifica dell’adeguatez-za della struttura organizzativa rispetto al-l’analisi del contesto svolta dall’azienda.

Ciò apre ampi spazi di riflessione laddove pro-prio la qualità dell’elemento umano dovreb-be essere quello che, come visto, in un’eco-nomia complessa come quella attuale rap-presenta la condizione in grado di differen-ziare e sostenere il vantaggio competitivo diun’impresa rispetto alla concorrenza e con-temporaneamente sembra essere quello me-no considerato nelle logiche di definizionedel valore creato, proprio per la difficoltà diquantificazione del suo contributo. Si correpertanto il rischio che per la paura di com-mettere un errore nella quantificazione nu-merica del contributo dell’elemento umanoal valore creato, si cerca di escluderlo dal cal-colo andando in contro in tal modo ad un er-rore concettuale e conseguentemente nume-rico indubbiamente assai più grave.

n NOTE1 in tal senso si veda: Enrico CAVALIERI, Economia azien-

dale, vol. I, Giappichelli, Torino, 2010.

2 in tal senso: Vittorio CODA, L’orientamento strategico

dell’impresa, Utet, Torino 1988.

3 La logica enunciata riprende l’eredità del controllo

statistico di qualità e degli strumenti a tal fine predi-

sposti per trasferirne (arricchire) il contenuto nella lo-

gica del miglioramento continuo delle prestazioni

aziendali. Essa trae la propria impostazione metodo-

logica dagli studi sviluppati a partire dagli anni ’50

dal professor Deming che per primo sistematizzò le

azioni osservate in aziende leader americane e giap-

ponesi impegnate in progetti di assicurazione della

qualità.

n BIBLIOGRAFIAAldo AMADUZZI, L’azienda nel suo sistema e nell’or-

dine delle sue rilevazioni, Utet, Torino, 1966.

Roberto CAFFERATA, Sistemi, ambiente e innovazione,

Giappichelli, Torino, 1995.

Enrico CAVALIERI – Rosella FERRARIS FRANCESCI, Eco-

nomia aziendale, vol. I, Attività aziendale e processi

produttivi, Giappichelli, Torino,2010.

Matteo CAVALIERI, La determinazione del valore eco-

nomico del capitale d’impresa, Giappichelli, To, 2010.

Vittorio CODA, L’orientamento strategico dell’impre-

sa, Utet, Torino, 1988.

Giovanni COSTA - Raul NACAMULLI, Manuale di or-

ganizzazione aziendale, vol. I, Le teorie dell’orga-

nizzazione, Utet, Torino 1996.

Luigi GUATRI, Il giudizio integrato di valutazione, Egea,

Milano 2000.

Luigi GUATRI – Mauro BINI, La valutazione delle azien-

de, Egea, Milano, 2007.

Luciano OLIVOTTO, La valutazione economica del-

l’impresa, Cedam, Padova, 1983.

Massimo SAITA, Economia e strategia aziendale, Giuf-

frè, Milano 2001.

Gianfranco ZANDA – Marco LACCHINI – Tiziano ONE-

STI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Tori-

no, 1994. 0

y Analisi qualitative e valutazione del capitale yTe

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AMALIA LUCIA FAZZARI professore aggregato di Economia

Aziendale - Università di Roma Tor Vergata;

dottore commercialista.

[email protected]

MATTEO CAVALIERIprofessore aggregato di Valutazioni d’Azienda

- Università di Roma Tor Vergata.

[email protected]

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PremesseCon l'approvazione da parte del Governoitaliano nel 2010 della Direttiva del Presi-dente del Consiglio dei Ministri sullo SmallBusiness Act, in attuazione della Comuni-cazione della Commissione U.E. “Pensareanzitutto in piccolo” del 2008 e la sua revi-sione del 2011, è iniziato un processo cheha messo al centro della riflessione sullepolitiche di crescita la micro, piccola e me-dia impresa.Il nome simbolico di “Act” dato allo SBAsottolinea la necessità di attivare un quadrodi interventi per le imprese molto articola-to, grazie a dieci principi guida per la for-mulazione e l’attuazione delle politiche siaa livello dell’Unione Europea che dei sin-goli Stati membri seguendo il principio del“pensare in piccole” e della proporzionalitàdegli interventi di policy. Con lo SBA, ac-canto alla “politica industriale” più vicinaalle esigenze della medio-grande impresa

(MGI), si è introdotta una “nuova politicaproduttiva” riferita alle micro e piccole im-prese (MPI), la cui base è formata prevalen-temente da imprese terziarie, artigiane, ma-nifatturiere, della filiera agroalimentare, icui interventi affiancherebbero e rafforze-rebbero le misure adottate nell'ambito della“politica industriale”, secondo il principiodi “filiera produttiva” e delle reti di impresa.In questo contesto, affrontare il problemadella limitata dimensione di impresa risultaessere propedeutico e trasversale ad ogniiniziativa di policy e il suo superamento co-stituisce una precondizione allo sviluppodelle nostre imprese. Partendo da queste considerazioni, il “mo-dello rete” è stato individuato come il mo-dello organizzativo tra quelli maggiormenterispondenti alle esigenze delle nostre pic-cole imprese che potesse più facilmente fa-vorire il superamento delle carenze struttu-rali presenti nel sistema produttivo. Il con-

cetto di rete, dunque, dal nostro punto divista, rappresenta un possibile ed efficaceapproccio alle questioni sollevate in prece-denza. Esso vuol dire interdipendenza sta-bile e governata, che affida a un legame af-fidabile la possibilità di usare al meglio – intermini di risultati economici – la cono-scenza posseduta dai suoi singoli nodi. Chi non lavora in rete, in altri termini, nonè soltanto più “isolato”, ma è anche menoefficiente, più rigido e meno creativo equindi meno performante. Poiché questecarenze riducono il rendimento degli inve-stimenti in conoscenza, è possibile stimareche col passare del tempo l'impresa “isola-ta” diventi anche meno “sapiente”, ossiameno dotata di conoscenze originali e direlazioni esclusive da far valere sul merca-to. L’utilizzo della rete come modello orga-nizzativo favorisce questi processi di aggre-gazione, riduce l'isolamento e migliora ilposizionamento competitivo delle impreseanche in un momento congiunturale di for-te crisi.

Il “contratto di rete”Il contratto di rete nasce giuridicamente nel2009, da allora sono stati stipulati circa2600 contratti a scala nazionale, con circa13.000 imprese coinvolte, a conferma dellavalidità di tale strumento di politica indu-striale: moderno perché in grado di rispon-dere alle attuali esigenze di riposiziona-mento competitivo del sistema produttivoitaliano ma, allo stesso tempo, direttamentericollegabile alle tradizionali relazioni dicollaborazione proprie dei nostri distretti/fi-liere e sistemi industriali. In uno scenarioeconomico sempre più globalizzato e com-petitivo, quindi, la rete può rappresentareper le imprese un’opportunità per uscire dal

19y Qualità tra valori e reti y

Il management delle “reti”: stato dell’arte

>> luciano CONSOlAtI

Tema

The state of business networks at the beginning of 2016

The network contract was juridically born in 2009. Since then, about 2600 contracts we-

re concluded at national level, involving approximately 13.000 enterprises and corrobo-

rating the validity of this industrial policy tool in support of SMEs’ competitiveness.

Today, however, the priority is not only to encourage the spread of network contracts but

to support their qualification and consolidation.

Organization, networks governance, network managers are the key words for the coming

months, which will represent a crucial test for the Network Contract tool.

Starting from our enterprises, it’s time that the whole business system acquires the awa-

reness of the benefits of the network contract, in order for it to be applied at its best.

In this regard, it will be essential to maximize awareness services, training and support in

favor of this tool.

An activity that has to develop in accordance with networks close to enterprises, relying

on the efforts of all the local development actors (starting from Camera di Commercio,

business associations, and business culture as AICQ in close collaboration with the pro-

fessions world).

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mercato nazionale e penetrare in nuovimercati esteri che rappresentano, ormai,sbocchi commerciali sempre più vitali, mache una impresa di micro, piccole e mediedimensioni da sola non potrebbe raggiun-gere. Il contratto di rete comporta quindi una se-rie di vantaggi, tra cui quello di condividereknow-how, progetti di ricerca, strategie disviluppo aziendale, miglioramento delleperformance aziendali con altre impreseanche se geograficamente distanti. Ad oggi (2016), più della metà delle reti ve-de la partecipazione di 3 (31,4%) o 4 im-prese (21,3%), industria (35,4%) e servizi(37,0%) rimangono di gran lunga i settori diattività prevalenti tra le imprese che aderi-scono ai contratti di rete, ma sono in cresci-ta anche i soggetti attivi nel commercio(11,3%), nelle costruzioni (11,1%) e soprat-tutto nell’agricoltura, che sebbene rappre-senti ancora una quota minoritaria (3,8%),nel corso degli ultimi due anni ha visto piùche raddoppiare il numero di imprese coin-volte. Il contratto di rete, quindi, sembra porsi co-me strumento utile a risolvere alcune pro-blematicità legate alla competitività dellemicro e piccole imprese, in particolare perquanto attiene i processi di innovazione edi internazionalizzazione.Appare evidente, quindi, come le spinte adintraprendere questo percorso sono nume-rose, ma tutte frutto della volontà di avviarecollaborazioni su programmi condivisi: in-novare, puntare sulla sostenibilità ambien-tale, ampliare o intercettare una nuova do-manda, aprirsi ai mercati esteri, razionaliz-zare i processi, migliorare la logistica. Tuttociò grazie alla possibilità di mettere a fattorcomune informazioni, competenze eknow-how, pur mantenendo, al contempo,l’autonomia imprenditoriale, elemento“culturalmente” ancora fondamentale perle nostre MPMI.In termini di azioni futureper i nostri policies-makers oggi la prioritànon è più soltanto favorire la diffusione deiContratti di rete ma sostenere la loro quali-ficazione. Organizzazione e governancedelle reti, saranno per i prossimi mesi unbanco di prova decisivo per lo strumentodel Contratto di rete. A partire dalle nostreimprese, infatti, e’ il momento che tutto ilsistema imprenditoriale acquisisca la con-sapevolezza dei vantaggi legati al contratto

di rete, per essere in grado di poterlo utiliz-zare al meglio: intendendolo?–?sulla sciadelle migliaia di imprese che già lo hannoattivato?–?come strumento per lo sviluppodi un’ulteriore progettualità comune nelcampo dell’innovazione, della sostenibilità,dell’internazionalizzazione. In questo sen-so, sarà fondamentale potenziare al massi-mo i servizi di sensibilizzazione e forma-zione a favore di questo strumento. Un’atti-vità che deve svilupparsi secondo networkcapillari “di prossimità”, facendo leva sullosforzo di tutti gli attori dello sviluppo locale(a partire dalle Camere di commercio e dal-le associazioni imprenditoriali, e di culturad’impresa come AICQ, in stretta collabora-zione con il mondo delle professioni), mos-si dall’obiettivo di promuovere le reti, offri-re know-how specialistico per avviare e ge-stire le dinamiche di aggregazione tra im-prese. In questa direzione l’esperienza ma-turata in questi anni ha posto in evidenzaalcune criticità operative e decisionali, chehanno fatto capire l’importanza dell’intro-duzione di una figura di un arbitro superpartes che, al tempo stesso, fosse in gradodi guidare gli imprenditori nella giusta dire-zione: questa figura è stata definita “Mana-ger di Rete”. Il Manager di Rete è un ruolo complesso edelicato: se da un lato deve garantire im-parzialità tra le Aziende della Rete, allostesso modo deve riuscire a stimolare ed acreare le condizioni più giuste per permet-tere alla Rete il raggiungimento degli obiet-tivi comuni. Nel futuro, un’attività più evo-luta del manager di Rete, potrà prevedereanche il compito di cercare ed individuareimprese che siano potenzialmente adatteper mettersi in Rete. Rimane, quindi, ungrande lavoro da fare per fare affermare ilcontratto di rete come strumento di politicaindustriale destinato a rafforzare la compe-titività delle nostre MPMI. In questo senso èaltrettanto opportuno favorire la nascita del-le reti ma anche e soprattutto il loro conso-lidamento, inteso come esempio virtuosoda seguire.

L’evoluzione delle “reti”L’aggiornamento al 2014 dei dati disponi-bili dal registro imprese UNIONCAMEREevidenziano come al 31 dicembre 2014 ri-sultavano registrati in Camera di Commer-cio a scala nazionale 1.884 contratti di rete

in cui erano coinvolte 9.866 imprese. La classifica regionale continua a essereguidata dalla Lombardia con 2.112 impresein rete, anche se si tratta di una forma di ag-gregazione che coinvolge ancora una mi-noranza di imprese, circa 2 su mille inLombardia, un quota che è però fortementecresciuta nel corso del 2013 e che nei pri-mi mesi del 2014 ha visto aggiungersi oltre200 imprese lombarde.A scala provinciale, Milano da solo ha unaquota del 30% delle reti lombarde (701contratti) seguita da Brescia con il 17%(355 contratti) e Bergamo con il l’11% (242contratti) a seguire con quote comprese trail 5 ed il 7% le altre provincie.Più della metà delle reti che coinvolgonoalmeno un’impresa con sede in regione ve-de la partecipazione di 3 (31,4%) o 4 im-prese (21,3%), mentre il numero medio diimprese per contratto risulta superiore (5,4). Poco più di un quarto (27,4%) dei contrattidi rete “lombardi” aggrega imprese di un’u-nica provincia, mentre circa un terzo(33,7%) registra la partecipazione di impre-se con sedi in diverse province della regio-ne. Quasi 4 contratti su 10 (38,9%) allargano ilproprio ambito territoriale oltre i confinilombardi (Fonte UNIONCAMERE Lombar-dia).Industria (35,4%) e servizi (37,0%) riman-gono di gran lunga i settori di attività preva-lenti tra le imprese lombarde che aderisco-no ai contratti di rete, ma sono in crescitaanche i soggetti attivi nel commercio(11,3%), nelle costruzioni (11,1%) e soprat-tutto nell’agricoltura, che sebbene rappre-senti ancora una quota minoritaria (3,8%),nel corso dei primi mesi del 2014 ha vistopiù che raddoppiare il numero di impresecoinvolte. Tra le forme giuridiche prevalgono netta-mente le società di capitali (72,8%), seguitedalle società di persone (10,5%) e dalle co-operative (7,2%).Il contratto di rete, quindi, sembra porsi co-me strumento utile a risolvere alcune pro-blematicità legate alla competitività dellemicro e piccole imprese, in particolare perquanto attiene i processi di innovazione edi internazionalizzazione.Le MPMI, infatti, possono raggiungere attra-verso la partecipazione al network, vantag-gi derivanti da:

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1) economie di scala;2) economie di specializzazione;3) riduzione dei costi di transazione;4) sviluppo di una produzione condivisa.Per quel che riguarda il primo punto, si ri-corda che “i vantaggi della produzione sularga scala” sono noti in relazione ad unariduzione dei costi unitari di produzione. Per quel che riguarda il secondo punto, sievidenzia che le reti permettono forme didivisione coordinata del lavoro che consen-tono specializzazione flessibile, in grado diadattarsi, meglio delle grandi imprese, aimutamenti tecnologici e ad altri shockesterniIl terzo profilo pone l’accento sull’impor-tanza dei costi di transazione. Unendosi inuna rete, un’impresa può incrementare ilproprio potere di mercato, e di conseguen-za il proprio potere contrattuale. Inoltre, lereti comportano una riduzione dei costi ditransazione propriamente detti. Instaurareuna relazione duratura con altri soggetti ri-duce sia i costi di ricerca dei partner chequelli relativa al raggiungimento di un ac-cordo. Ed infine, come già citato, si ricorda la pos-sibilità di avviare una produzione ex no-vo di beni o servizi sulla base del vantaggiocompetitivo dato dalla cooperazione.Il contratto di rete comporta quindi una se-rie di vantaggi, tra cui quello di condividereknow-how, progetti di ricerca, strategie disviluppo aziendale, miglioramento delleperformance aziendali con altre impreseanche se geograficamente distantiLa condivisione si può basare su risorsemateriali, ma anche su risorse immateriali,come possono essere brevetti, conoscenzee soprattutto il know how. La ricerca di co-noscenza può essere molto costosa, edinoltre, è caratterizzata da un alto tasso dirischiosità. In contesti molto competitivi il reperimentodi conoscenza può essere così costoso darendersi difficilmente ottenibile, se non to-talmente irreperibile dalle MPMI. Per ren-dere disponibile tutte queste risorse leMPMI possono far ricorso alla rete. La rete,infatti, è un ottimo strumento di circolazio-ne della conoscenza, che essa sia diretta oindiretta. Le imprese che collaborano, infat-ti, possono avere accesso a conoscenze cherappresentano un surplus nel vantaggiocompetitivo.

Appare evidente, quindi, come le spinte adintraprendere questo percorso sono nume-rose, ma tutte frutto della volontà di avviarecollaborazioni su programmi condivisi: •innovare, •puntare sulla sostenibilità ambientale, •ampliare o intercettare una nuova doman-da,

•aprirsi ai mercati esteri, •razionalizzare i processi, •migliorare la logistica. Tutto ciò grazie alla possibilità di mettere afattor comune informazioni, competenze eknow-how, pur mantenendo, al contempo,l’autonomia imprenditoriale, elemento“culturalmente” ancora fondamentale perle nostre MPMI. Si pensi per fare un esempio all’innovazio-ne, tradizionalmente intesa come processolineare di progresso tecnologico, che inrealtà è interessata da una continua evolu-zione che ne fa l’espressione di processicomplessi e interattivi, che sempre piùspesso vedono la collaborazione tra attoridiversi.Oggi l’innovazione è considerata un feno-meno molto più ampio, che esprime al pro-prio interno processi più complessi e inte-rattivi.Innanzitutto, l’innovazione è “aperta”, ca-ratterizzata sempre più dalla collaborazio-ne oltre che dalla competizione tra attori. In secondo luogo, si va affermando unanuova geografia dell’innovazione, dove in-teragiscono, spesso in modo complesso, di-mensioni globali e locali, che concorronoalla determinazione di un vantaggio com-parato basato sull’innovazione. In terzo luogo, bisogna considerare conmaggiore attenzione il ruolo degli assetsimmateriali e dell’innovazione non tecno-logica. Si deve guardare al di là della ricerca esviluppo, per considerare più attentamen-te gli investimenti in beni immateriali e ilruolo dei servizi. Infine, l’innovazione sifonda sempre di più su piattaforme tecno-logiche come quelle dell’informazione edella comunicazione (Information andCommunication Technology, ICT), chestanno assumendo un’importanza pari omaggiore di quella delle “condizioni dicontesto” nel sostegno all’innovazione.Tutto questo, naturalmente, richiede an-che di guardare con occhi nuovi alle poli-

tiche per l’innovazione.Per fare fronte, infatti, all’intensificarsi dellacompetizione globale e ai costi crescentiper la ricerca e sviluppo, le imprese stannoaccrescendo la collaborazione con partneresterni – fornitori, clienti, Università – perespandere il proprio mercato, per attingerea una base ampia di idee e di tecnologie eper immettere sul mercato stesso nuovi pro-dotti e servizi prima dei concorrenti. Forni-tori e clienti sono i partner più ricercati perl’innovazione aperta. Si pensi, ancora all’internazionalizzazione,che oggi è un must per le imprese che vo-gliono riuscire a sopravvivere. I processi diglobalizzazione e apertura dei mercati han-no sconvolto gli schemi tradizionali dellacompetizione economica ed aumentato lacomplessità dei sistemi economici e deimercati. Entrare in un nuovo mercato, soprattutto sestraniero, può comportare non poche diffi-coltà. Ci possono essere barriere all’entrata,vincoli legali, e in ogni caso ci sono costi diinformazione relativamente ampi. Le retipossono essere la vera risposta alle multina-zionali, proponendosi come modelli orga-nizzativi che mirano all’internazionalizza-zione, evitando l’integrazione proprietariaInoltre parlando di internazionalizzazioneper le MPMI si deve partire dal presuppo-sto che ormai da tempo la nostra economiasi basa su un modello organizzativo di fi-liera, anche i distretti, si sono trasformatiin filiere multi localizzate, con Reti che sipropagano a scala internazionale versomonte (tecnologia, approvvigionamenti, la-vorazioni conto terzi) e verso valle (distribu-zione, servizi al cliente). In uno scenario economico sempre più glo-balizzato e competitivo, quindi, la rete puòrappresentare per le imprese un’opportuni-tà per uscire dal mercato nazionale e pene-trare in nuovi mercati esteri che rappresen-tano, ormai, sbocchi commerciali semprepiù vitali, ma che una impresa di micro,piccole e medie dimensioni da sola nonpotrebbe raggiungere.L’estensione e l’efficacia delle reti che al-lacciano i diversi specialisti delle filiere pro-duttive è un elemento fondamentale delvantaggio competitivo;•più ampia e ramificata è la rete della forni-ture e maggiori sono le economie di spe-cializzazione e di scala che ciascun utiliz-

y Il management delle “reti”: stato dell’arte yTem

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zatore può trarre dall’uso di materiali, com-ponenti, macchine, lavorazioni conto terzi,competenze, servizi provenienti da tale ba-cino;

•più ampio e ramificato è il sistema della dis-tribuzione e vendita a cui ci si appoggia, emaggiore è la quantità e qualità dei clientia cui si possono offrire le proprie compe-tenze, i propri prodotti, i propri servizi.

L’assetto della rete discende fortemente dal-la mission del network, poiché il processodi internazionalizzazione può coinvolgeresia la fase di distribuzione sia la fase piùprettamente produttiva. Si possono indivi-duare, quindi, reti distributive e reti produt-tive che andranno valutate diversamente.Nel caso di reti produttive, la rete è caratte-rizzata da relazione di sub-fornitura e ma-ker hip, mentre nel caso della distribuzionespesso il distributore si configura come unintermediario. In questo quadro l’elemento cruciale, quin-di, è la capacità di spostare l’asse dell’atten-zione del processo di internazionalizzazio-ne dal livello della singola impresa (nellerelazioni con altre imprese e nei loro pro-cessi decisionali) al livello della rete o dellefiliere multi localizzate. Ciò significa pensa-re a progetti di internazionalizzazione piùcomplessi e duraturi e che coinvolgano unapluralità di imprese ed altre organizzazionied istituzioni pubbliche di supporto.

Il consolidamento delle reti.L’elevata e diffusa attenzione che il tessutoproduttivo sta mostrando nei confronti dellereti spinge a riflettere sul suo carattere stra-tegico, sulle modalità per renderlo semprepiù rispondente alle esigenze delle impre-se, Oggi la priorità non è più soltanto favo-rire la diffusione dei Contratti di rete ma so-stenere la loro qualificazione.In questo percorso di riposizionamentocompetitivo delle nostre micro e piccoleimprese, al fine di non renderlo inefficace,si tratta di distinguere gli aspetti formali daquelli sostanziali: fare rete è determinanteper la sopravvivenza di gran parte delle no-stre MPMI, farlo attraverso un contratto puòaiutare ma non è una precondizione asso-luta. Generalmente, infatti, la legge arriva a rati-ficare sul piano formale sistemi di relazioneche emergono, nella realtà, in modo infor-male o sotto altro nome.

É già accaduto con i distretti, che sono statiignorati dalla legge (e dall’accademia)quando erano in pieno sviluppo, e sonostati “riconosciuti” ufficialmente quando or-mai erano arrivati alla maturità, e pericolo-samente vicini al limite fisiologico del lorociclo di crescita. Le reti (di fatto) nascono come sistemi di di-visione del lavoro cognitivo, tra partner chestabiliscono tra loro un rapporto stabile eaffidabile, che si riproduce nel corso deltempo. Quando ce la fanno ad emergere e a resi-stere, le reti hanno due grandi vantaggi:•prima di tutto, permettono alle parti la re-ciproca specializzazione e dunque econo-mie di scala nella produzione e nell’uso del-la conoscenza;

•in secondo luogo permettono di ampliareil bacino di uso e dunque il valore dellebuone idee, che, appoggiandosi alle reti,possono scavalcare i confini aziendali, lo-cali, settoriali.

Le reti (di diritto), secondo la nuova norma-tiva, sono libere associazioni di impreseche si mettono insieme per realizzare ilprogetto o per qualche altro scopo condivi-so. Il contratto di rete, in altri termini, può defi-nire diritti e obblighi tra le parti, in funzionedello scopo, ma può anche essere soggettogiuridico riconosciuto rispetto ai terzi e allapubblica amministrazione, compreso quel-la fiscale. Adesso che le reti sono state giu-ridicamente riconosciute c’è da aspettarsiche la politica industriale possa favorire inqualche modo l’aggregazione a rete tra im-prese Le reti possono essere interne ai distretti,ma anche trans-distrettuali. In generale pursapendo che le imprese vivono già in un in-treccio di reti informali, il contratto di retepuò servire per rendere più diretti e garanti-ti i rapporti tra imprese che si specializzanoa vicenda e condividono progetti o cono-scenze. A questo proposito si tratta di tener presen-te che le reti sono una grande opportunitàdi crescita, ma a tali opportunità si affianca-no grandi criticità. Alcuni problemi sonocomuni a tutti gli strumenti di associazionedi imprese, altri sono tipici delle reti di im-prese.Per i problemi comuni vale la pena citare leprincipali evidenze:

- la concorrenza, anche solo potenziale, trale MPMI ha un effetto negativo sulle perfor-mance dell’aggregazione; - le aggregazioni che coinvolgono MPMI si-mili o potenzialmente concorrenti funzio-nano meglio quando le imprese fanno partedella stessa filiera produttiva. In caso con-trario, la concorrenza prevale;- le aggregazioni che funzionano megliosono quelli in cui la presenza di un partnertecnologicamente esperto come un'univer-sità o una grande impresa si combina conun numero di MPMI che hanno un qualchegrado di capacità di assorbimento;- nella formazione delle aggregazioni i ri-sultati di diverse analisi mostrano che i casiche contribuiscono di più al miglioramentodei processi innovativi delle MPMI sonoquelli in cui le imprese erano già più “inno-vative” (prima dell'avvio dell’aggregazio-ne).Questo suggerisce che i “migliori” tendonoa raggrupparsi in un ambiente che offrel'opportunità di scambiare alti spillover tec-nologici e di produttività, i quali a loro vol-ta innalzano il contributo dell’aggregazionealla performance delle MPMI. Al contrario,alle MPMI meno produttive la partecipazio-ne ad aggregazioni di R&S giova di meno.Mentre per le “reti” gli interrogativi chepossono insorgere sono riassumibili nei se-guenti punti:1) la governance: nella gestione e il coordi-namento di una rete sono insiti due fatto-ri di criticità: il costo della governance ela distribuzione del potere decisionale.a) Il costo della governance. Per quel cheriguarda questo fattore si deve tenerein conto che una rete per funzionare ri-chiede coordinamento e strumenti de-cisionali comuni. Spesso gli strumentidi coordinazione, e in special modo lereti, creano organi comuni a cui affida-no l’efficiente gestione del network. Ta-le assetto organizzativo sarà più com-plesso quanto più paritario sarà la dis-tribuzione del potere all’interno dellarete. A sistemi di governance maggior-mente complessi corrispondono livellidi coordinamento maggiore, ma ancheun costo di governo maggiore. Vieneda sé che il costo di “governo”, presoin senso lato, deve essere inferiore al-l’eventuale vantaggio della “rete”.

b) Il secondo fattore di criticità è la distri-

y Qualità tra valori e reti yTe

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buzione del potere decisionale. L’orga-nizzazione interna delle reti è uno deipunti in cui questo strumento spesso siarena. Se è vero che la caratteristicaprincipale della rete è di accomunare ivantaggi dell’associazione d’impresa eil mantenimento dell’identità delle sin-gole imprese, è anche vero che la dis-tribuzione del potere decisionale è unmomento particolarmente delicato;

2) la gestione del conflitto d’interessi: il si-stema di governance deve sia ambire araggiungere l’efficienza, sia risolvere iproblemi di conflitto d’interesse.Gli interessi delle parti in campo possononon coincidere perfettamente, e addirit-tura possono essere in conflitto. Non solole imprese facenti parte del network pos-sono avere interessi incompatibili, ma so-prattutto, può realizzarsi l’eventualità chegli interessi della rete e delle singole im-prese siano in conflitto. Il conflitto d’inte-resse è maggiormente ipotizzabile quan-do, all’interno della rete, ci siano soggettidi diversa natura, in ogni caso il conflittod’interessi fra i vari soggetti può provoca-re problemi gestionali, problemi di op-portunismo, problemi d’interdipendenza;

3) l’interdipendenza: il sistema delle reti ècaratterizzato dai costi e dai rischi dell’in-terdipendenza che rende il reddito e la re-putazione di ciascuna impresa dipendentedal comportamento e dalle scelte di altri.L’interdipendenza «… può esplicarsi sialungo la dimensione verticale, in praticalungo la catena di generazione del valore(ad esempio un fornitore ed un cliente),sia rispetto alla dimensione orizzontale,ossia tra imprese che svolgono le medesi-me attività ed operano nello stesso am-biente (ad esempio due concorrenti)». Lapiù intuitiva delle interdipendenze è quel-la delle risorse. Si possono individuare in-terdipendenza con separazione e concondivisione delle risorse:a) nel primo caso le imprese agiscono se-paratamente, con risorse e processi se-parati ma complementari. In questocaso si ha una forte dipendenza, mauna bassa interdipendenza;

b)nel secondo caso invece i processi sibasano su di un’unica risorsa comune(ad esempio la risorsa conoscenza), inquesto caso l’interdipendenza è mag-giore;

Sul versante dell’organizzazione e della go-vernance delle reti, i prossimi passi rappre-sentano un banco di prova decisivo per lostrumento del Contratto di rete. A partiredalle nostre imprese. È il momento che tut-to il sistema imprenditoriale acquisisca laconsapevolezza dei vantaggi legati al con-tratto di rete, per essere in grado di poterloutilizzare al meglio: non avendo come finel’agevolazione, ma intendendolo?–?sullascia delle migliaia di imprese che già lohanno attivato?–?come strumento per losviluppo di un’ulteriore progettualità comu-ne nel campo dell’innovazione, della soste-nibilità, e della internazionalizzazione.In questo senso, sarà fondamentale poten-ziare al massimo i servizi di sensibilizzazio-ne e formazione a favore di questo stru-mento.

Il ruolo del “manager di rete”Un’attività che deve svilupparsi secondonetwork capillari “di prossimità”, facendoleva sullo sforzo di tutti gli attori dello svi-luppo locale (a partire dalle Camere dicommercio e dalle associazioni imprendi-toriali, in stretta collaborazione con ilmondo delle professioni), mossi dall’obiet-tivo di promuovere le reti, offrire know-how specialistico per avviare e gestire ledinamiche di aggregazione tra imprese.E’ in questa direzione che vuole collocarsila proposta del “manager di rete”. Si è detto che la priorità non è solo far na-scere le reti, ma è anche e soprattuttoquella di consolidarne la presenza neltempo con risultati tangibili per le impresee in questo caso la figura del manager direte diventa centrale.L’esperienza maturata in questi anni haposto in evidenza alcune criticità operati-ve e decisionali, che hanno fatto capirel’importanza di doversi dotare di un “Con-tratto di Rete” ed anche di un Regolamen-to di Rete, introducendo la figura di un ar-bitro super partes che, al tempo stesso,fosse in grado di guidare gli imprenditorinella giusta direzione: questa figura è statadefinita “manager di rete”.Il “manager di rete” è un ruolo complessoe delicato: se da un lato deve garantire im-parzialità tra le aziende della “rete”, allostesso modo deve riuscire a stimolare ed acreare le condizioni più giuste per permet-tere alla “rete” il raggiungimento degli

obiettivi comuni. Il “manager di rete” non partecipa allescelte delle Imprese in Rete, ma preparadiverse opzioni, mettendo in luce i possi-bili aspetti sia positivi che negativi, perconsentire alle imprese di prendere deci-sioni sulle opportunità e sulle modalitàdell’aggregazione.Nel futuro, un’attività più evoluta del “ma-nager di rete”, potrà prevedere anche ilcompito di cercare ed individuare impreseche siano potenzialmente adatte per metter-si in “rete”.Il “manager di rete” deve essere capace dicreare le condizioni per far combinare lediverse esigenze degli imprenditori e delleimprese, utilizzando metodologie che favo-riscano lo sviluppo e l’esposizione di puntidi vista differenti tutelandoli ma, al tempostesso, cercando di farli convergere versoconclusioni comuni, idonee al loro busi-ness.Certamente, a fronte del grande fermento edel grande interesse in merito alla figura del“manager di rete”, i casi reali di “reti di im-prese” ci faranno capire quali altre attività omansioni dovrà esercitare questa figura. Il manager che si propone porta a prestareparticolare attenzione non solo a mantene-re alta la sensibilizzazione delle imprese inmerito ai principi di aggregazione, ma an-che e soprattutto a progettare ed implemen-tare i processi e le procedure della collabo-razione nonché a impostare un sistema dimonitoraggio e di misurazione delle presta-zioni delle singole imprese e della “rete” infunzione degli obiettivi prefissati; in altreparole la “governance” della rete.Rimane, quindi, un grande lavoro da fareper fare affermare il contratto di rete comestrumento di politica industriale destinato arafforzare la competitività delle nostreMPMI. In questo senso è altrettanto opportu-no favorire la nascita delle reti ma anche esoprattutto il loro consolidamento, intesocome esempio virtuoso da seguire.

y Il management delle “reti”: stato dell’arte yTem

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LUCIANO CONSOLATIPresidente del Settore AICQ “Reti di Imprese”;

Professore di Geografia Politica ed Economica

Università degli Studi Guglielmo

Marconi - Roma;

CEO di Metamanagement

[email protected]

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1 - PresentazioneSenni G. M. in apertura indica una nuovasfida per AICQ Education: la metodologiadelle qualità applicata alla didattica in parti-colare alla didattica per competenze Il contributo di Bombardi e Senni G. M.,quasi un articolo di fondo, riveste il caratte-re di una riflessione fondante perché oltread informare su luci e ombre dell’andamen-to del processo di rinnovamento della scuo-la italiana in atto, alla luce della filosofiaTQM del Settore nazionale AICQ Educa-tion, presenta interpretazioni e riflessioni alungo termine e di prospettiva dall’internodei processi che coinvolgono la scuola inquesto momento.Cerini Dirigente Tecnico MIUR, Membrodella conferenza per il coordinamento fun-zionale del SNV e direttore de “La rivistadell’istruzione” fa il punto sulla prima valu-tazione esterna su larga scala della scuolaitaliana che ha preso le mosse nell’aprile2016 e è in corso.Il GLSNV -settore nazionale AICQ Educa-tion descrive formula, struttura, contenuti emetodologia della proposta formativa, de-nominata open day, che ha ricevuto una no-tevole accoglienza da parte delle scuole delnord, del centro e del sud.Il lavoro sulla premialità e sui comitati di va-

lutazione interni di Pavanini, membro sva-riati comitati di valutazione, offre alle scuoleuna possibile linea di utilizzo sperimentaledi matrice TQM del comitato stesso.La dott.ssa Ira Vannini docente di pedagogiasperimentale presso il Dipartimento diScienze della formazione dell’Università diBologna presenta uno strumento di granderilevanza per la qualità delle scuole dell’in-fanzia, che per la prima volta introduce cri-

teri di qualità di tipo qualitativo nel rapportorelazionale insegnante-allievo.Vito Infante, coordinatore della rete SIRQ,oltre a fornire informazioni su una iniziativastrategica, la fondazione della rete delle re-ti,approfondisce significato, ruolo e missio-ne della “quarta gamba” del Sistema nazio-nale di valutazione: le scuole come detentri-ci della priorità di ricerca e applicazione delmiglioramento continuo.

y La Qualità per l’Education y25

Settore «AICQ Education»

Valutazione e riforme della scuola: dal dire al fare

a cura di Paolo SENNI GUIDOttI mAGNANI

SOMMARIO

Il Settore AICQ Education affianca le scuole - IL GLDPC (Gruppo di Lavoro Didattica per

Competenze), Paolo SENNI GUIDOTTI MAGNANI

Un anno shock per la scuola, Sheila BOMBARDI e Paolo SENNI GUIDOTTI MAGNANI

La valutazione esterna delle scuole: primi exit-polls, Gian CARLO CERINI

Gli "open day" un intervento formativo mirato e di successo

Struttura degli open day, Mercedes TONELLI

I laboratori degli open day come processo - I ruoli del conduttore AICQ, Giovanna CHIRICOSTA

Il laboratorio miglioramento nelle prove nazionali standardizzate, Francesca CARAMPIN

Il laboratorio miglioramento nei risultati scolastici, Roberta TOSI

Il laboratorio miglioramento nelle competenze di cittadinanza, Nerino ARCANGELI,

Nicoletta CHERISCIONE, Nicoletta GUERRA

Il laboratorio miglioramento nei risultati a distanza, Marina BATTISTIN

Il laboratori POF Triennale

Premialità e valore al merito. Sperimentare il comitato di valutazione interno, Questionario di

monitoraggio all.1 fig. 1, Autodichiarazione all. 2 fig. 2, 3 e 4, Giulio PAVANINI

PraDISI – Valutare le prassi didattiche nella scuola dell’infanzia, Ira VANNINI

Una Rete delle Reti per il miglioramento, Vito INFANTE

Dossier LA

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per l’EDUCATION

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y La Qualità per l’Education y

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scolastici.Volendo affiancare le scuole nel migliora-mento, quindi nella costruzione e nella mes-sa a punto dei Piani di Miglioramento pre-visti dalla norma, che il Ministero giusta-mente invita a essere innovativi (se non c’èinnovazione come si possono migliorare irisultati di apprendimento ripetendo le stes-se routine?), sapendo che innovazione cipuò essere non solo nell’organizzazione,ma anche nella metodologia didattica (ge-stione della classe e dei gruppi), non pote-vamo continuare a trincerarci dietro l’assio-ma: se migliora l’organizzazione miglioranoanche i risultati di apprendimento.Abbiamo così iniziato a studiare le innova-zioni metodologiche dal punto di vista TQMe abbiamo visto che il focus gira attorno alconcetto di competenza e alle otto compe-tenze chiave di cittadinanza europee, met-tendone in luce ancora una volta il carat-tere sistemico dell’apprendimento: non so-lo conoscenza e abilità, ma attività e com-piti contestualizzati.Ciò lo sappiamo vuol dire ricerca e speri-mentazione. L’hanno capito gli amici del-la rete SIRQ di Torino con ad esempio laloro ricerca sui fattori di cambiamento e oralo capisce il Settore Nazionale AICQ «Edu-cation» grazie alla sua politica di affian-camento alle scuole.Ciò vuol dire affronta-re con decisione ciò che le scuole stannosegnalando come bisogno formativo prio-ritario: la didattica per competenze, la cer-tificazione delle competenze, l’alternanzascuola lavoro.Quindi ci sentiamo di proporre a fianco delGLSNV l’avvio di un nuovo gruppo di la-voro del Settore Nazionale AICQ «Educa-tion» il GLDPC, gruppo di lavoro didatticaper competenze, al quale si augura il suc-cesso che ha avuto il GLNV con gli openday.

3 -UN ANNO SHOCKPER LA SCUOLA

di Sheila BOmBArDI, Paolo SENNI GUIDOttI mAGNANI

A soli nove mesi dall’approvazione dellanota legge n. 107/2015 - denominata «LaBuona Scuola» per il documento politico eprogrammatico che l’ha preceduta - non è

ancora possibile tracciare un primo sostan-ziale bilancio sulle ricadute sulla sfera edu-cativa e sugli apprendimenti, sia per la va-stità dei temi trattati, sia perché molte par-ti della legge o non sono ancora in appli-cazione o sono oggetto di future leggi de-lega (entro gennaio 2017).È tuttavia utile ed interessante ripercorrerequali impegni le scuole abbiano dovuto af-frontare – in termini di un considerevole ca-rico organizzativo e ideativo - in un brevelasso di tempo e in un contesto alquantocomplesso. In sintesi, nel corso del 2015, il MIUR haavviato, in una concomitanza non volon-taria (e ad un certo punto non governabi-le), almeno cinque diversi e rilevanti inter-venti di sistema: l’avvio del PON 2020 (Pia-no operativo nazionale, con fondi struttu-rali UE)6, le prime fasi a regime del Siste-ma Nazionale di Valutazione - SNV7, l’av-vio del nuovo Piano nazionale scuola digi-tale8, il programma nazionale per l’ediliziascolastica (le c.d. “scuole sicure”, “scuolenuove”, “scuole belle”)9 e la prima appli-cazione di alcune parti della legge di rifor-ma (la citata legge n. 10710), finalizzata a da-re piena attuazione all’autonomia scolasti-ca. A questi interventi si può aggiungere an-che l’avvio del programma pluriennale Era-smus+.11

Spostandoci da una visione generale del si-stema scolastico nel suo insieme al livellodella singola scuola, si può senza dubbiodire che si è trattato di un periodo molto fa-ticoso e spesso anche confuso, a causa del-la portata delle innovazioni, a causa del-l’acceso dibattito sulle scelte e sui valorinonché a causa delle difficoltà interpreta-tive. Al di là del giudizio sul merito dellescelte politiche, è indubbio che all’attivitàscolastica ordinaria, che certamente nonpuò essere rallentata o ridotta, si sono ag-giunte e sovrapposte numerose nuove one-rose attività, sempre finalizzate all’efficacia

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2 - AICQ «EDUCATION»AFFIANCA LE SCUOLE

Il GLDPC – Gruppo di LavoroDidattica per Competenze

di Paolo SENNI GUIDOttI mAGNANI1

Non abbiamo fatto mistero, noi del GLSNVdel Settore AICQ «Education»2, di guarda-re con interesse e entusiasmo il DPR 80SNV: autovalutazione, miglioramento e ren-dicontazione; abbiamo subito pensato sonoil nostro background, il nostro sapere.Abbiamo processato attentamente e speri-mentato dall’interno (come valutatori IN-VALSI VALES e VM) i format INVALSI-MIURtrovando quanto si distanziava la conce-zione di processo TQM, che noi crediamoessere l’unica che possa garantire miglio-ramento, dalla concezione di processo pre-sente nei documenti operativi per le scuo-le INVALSI-MIUR (una centralina vs un in-dice di capitoli, una reticolo di processi col-legati vs settori indipendenti).Sappiamo che cambiare un particolare an-che importante dell’organizzazione nonvuol dire migliorare, nel caso della scuolache gli allievi imparino di più.Abbiamo ritenuto che la nostra cultura TQM,i nostri principi e i nostri strumenti non fos-sero contrari all’impostazione MIUR-IN-VALSI, ma complementari in quando es-sendo sistemici sono per loro natura inclu-sivi e non esclusivi.Abbiamo quindi deciso di “stare sul pez-zo” vicino alle scuole col GLSNV e, quin-di, di affiancarle e aiutarle col nostro sape-re e coi nostri strumenti.Ciò ci ha portato a inventare l’«open day»,una formula di seminario formativo che co-niuga: cultura e saperi TQM, bisogni pri-mari delle scuole nel dover soddisfare gliadempimenti urgenti, informazione-forma-zione, lavoro laboratoriale dei partecipan-ti, opzionalità di scelta nell’ambito dell’of-ferta formativa proposta in relazione ai pro-pri bisogni, considerazione della scuola nelsuo insieme come cliente da soddisfare3.Ci siamo mossi con una vision sistemicaonnicomprensiva e ciò ha significato deci-dere di impegnarsi anche sulla didattica,che, tranne poche eccezioni, ha esulato fi-nora dalle applicazioni TQM negli istituti

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educativa e dell’apprendimento. Dal pun-to di vista di una istituzione scolastica, nel-l’anno scolastico 2015/2016 possiamo infattiregistrare almeno sei fatti rilevanti:•l’introduzione di una prospettiva d’azio-ne pluriennale con la contestuale revisio-ne della propria offerta formativa (si pen-si, ad esempio, all’alternanza scuola-la-voro e al CLIL)12 e delle modalità del ser-vizio scolastico (ad esempio l’ampliamentodell’orario di apertura)13;

•la revisione e il riadattamento dell’asset-to organizzativo e del personale docentein relazione alle assegnazioni di organi-co potenziato (così detto organico del-l’autonomia), quale conseguenza, princi-palmente, delle stabilizzazioni dei lavo-ratori precari14;

•la pianificazione del fabbisogno di risor-se e il reperimento di finanziamenti attra-verso la partecipazione a bandi (nazionalio regionali) per poter realizzare specificie basilari progetti scolastici (progetti sugliimmobili e sugli ambienti di apprendi-mento, su elementi rilevanti dell’offertaformativa e educativa, sull’innovazione di-dattica, ecc.);

•l’analisi e l’autovalutazione del propriooperato istituzionale (RAV) nell’ottica delmiglioramento (PdM), della trasparenza edella rendicontazione (in parallelo,è sta-ta introdotta la valutazione delle profes-sionalità)15;

•l’affermarsi della formazione continua –a domanda individuale e in servizio - qua-le elemento obbligatorio, permanente estrutturale del percorso professionale16;

•un nuovo assetto delle relazioni inter-or-ganiche, dovuto al cambiamento di alcu-ne delle attribuzioni degli organi collegiali(senza una specifica riforma normativa) ealla precisazione delle funzioni del DS.17

Le organizzazioni scolastiche hanno perciòdovuto tempestivamente mobilitare, nel gi-ro di pochi mesi, persone e competenze perfronteggiare le numerose sollecitazioni (siè parlato di ingorgo di adempimenti) e perrealizzare diverse attività straordinarie. Lescuole sono normalmente abituate a ri-spondere al mandato pubblico applicandovia via nuovi provvedimenti e indicazioni,ma in questo caso si è presentata una con-centrazione di elementi straordinari che haportato a focalizzare l’attenzione generalesulla sola dimensione organizzativa-gestio-

nale, solitamente considerata secondaria inquanto a servizio di quella educativa e for-mativa. Solo per avere un’idea, è come se, in pochimesi, in un’impresa di piccole/medie di-mensioni (magari senza amministratore de-legato …):•fosse stato ridefinito il servizio offerto (equindi il posizionamento sul mercato);

•fosse cambiato il quadro contrattuale na-zionale per la quasi totalità del personalecon i conseguenti riflessi organizzativi in-terni;

•la strategia di sviluppo fosse stata subor-dinata all’ottenimento di risorse attraver-so bandi pubblici;

•gli stabilimenti fossero oggetto di manu-tenzione o di progetti di ristrutturazione;

•al contempo l’impresa fosse sottoposta adun audit generale interno e pubblico.

Una sfida davvero impegnativa, tanto piùconsiderato che in un istituto scolastico so-litamente non ci sono figure professionaliad hoc con specificità gestionale e che i do-centi impegnati nelle nuove attività non han-no avuto particolari distacchi dal loro pri-mario compito di insegnamento18.Nei fatti, cosa hanno dovuto fare per la pri-ma volta le scuole in questo anno scolastico?Quali gli effetti al loro interno? E che cosa leaspetta ancora nei prossimi 15 mesi?Da settembre 2015, gli organi di governo del-l’autonomia scolastica degli istituti (dirigen-za, staff, funzioni strumentali alla didattica,collegio dei docenti, consiglio di istituto, di-partimenti), con l’aggiunta di NIV (nuclei in-terni di valutazione), gruppi di lavoro e com-missioni, hanno lavorato alla definizione:•degli indirizzi per le attività della scuola edelle scelte di gestione e di amministra-zione,

•del piano triennale dell’offerta formativaper il potenziamento dei saperi e dellecompetenze (recependo le priorità edu-cative e formative della L. n. 107/2015),basato su un determinato fabbisogno diorganico teorico (e poi sull’organico rea-le) e sul fabbisogno di attrezzature,di in-frastrutture materiali e finanziario,

•dei piani di ampliamento dell’apertura de-gli edifici per servizi scolastici ed extra-scolastici,

•di reti e di convenzioni per l’alternanzascuola-lavoro e l’educazione al lavoro (nelsecondo ciclo), per la formazione, per il

miglioramento,•del programma delle attività formative diistituto rivolte al personale docente e am-ministrativo, tecnico e ausiliario (anche inriferimento alla carta individuale per lespese di formazione),

•del rapporto di autovalutazione RAV e delconseguente Piano di miglioramento (conil relativo monitoraggio)e di eventuali pro-getti di lavoro in rete;

•dei progetti per i bandi PON relativi agliambienti di apprendimento,alla disper-sione scolastica e allo sviluppo delle com-petenze,

•dei progetti per il digitale (cablaggio e wi-reless, strumentazione, animazione, in-novazione, ecc.) per il Piano nazionalescuola digitale,

•dei comitati di valutazione interna (istitu-zione) e dei criteri per l’utilizzo del fondoper la valorizzazione dei docenti (in rife-rimento al cd bonus premiale),

•dei piani di manutenzione ordinaria estraordinaria e piani di innovazione degliimmobili e degli ambienti di apprendi-mento, con le note tensioni sul tema del-la sicurezza.

Inoltre, molte scuole hanno elaborato pro-getti di scambio e di mobilità internazio-nale Erasmus+, hanno definito piani relati-vi ai trasporti e alla mobilità quotidiana de-gli studenti (attraverso il nuovo ruolo delmobility manager) e, in alcuni casi, hannoanche predisposto laboratori territoriali perl’innovazione e l’accusabilità. Il contesto esterno ha presentato una ele-vata complessità e una notevole incertezza(con un livello di attenzione dei media edell’opinione pubblica verso la scuola sen-za precedenti recenti) e ha dunque sotto-posto le scuole a forti pressioni ad agire, apianificare, a rendicontare, a migliorare. Va-le la pena di ricordare che le scuole pre-sentano già un naturale elevato livello dicomplessità interna in quanto comunità dieducazione, di relazione e di apprendi-mento. Cosa è accaduto all’interno dellesingole organizzazioni scolastiche autono-me? E all’insieme delle scuole? I dati dis-ponibili sulla risposta delle scuole in rea-zione alle richieste del contesto sono an-cora ridotti19, ma pare possibile ipotizzarealcune risposte deducibili dalla conoscen-za che disponiamo di ciò che succede dinorma nelle organizzazioni complesse. È

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Non tutte le scuole hanno reagito con la stes-sa flessibilità, per scelta o per circostanze da-te. Verosimilmente, saranno necessari alcu-ni anni e un periodo di relativa stabilità le-gislativa per consentire alle organizzazioniscolastiche di comprendere il nuovo conte-sto, per studiare i processi gestionali allo sco-po di semplificarli e di ridurli; per creare ri-dondanza cognitiva (come ricchezza, al po-sto della frequente dispersione di conoscen-za), ripensare le assegnazioni di responsabi-lità, aumentare il livello di chiarezza rispet-to ai ruoli e ai compiti individuali e degli or-gani. Rispetto all’efficacia e al miglioramen-to del sistema scuola nel suo insieme, man-ca una risposta chiara a due cruciali do-mande: le reti di scuola in che modo posso-no beneficiare dell’apporto di soggetti ester-ni? Come è possibile accelerare lo sviluppo

reticolare tra le istituzioni scolastiche, sino-ra variamente sollecitato da singoli e fram-mentati provvedimenti del Ministero?Pare ora opportuno considerare gli ulteriorisviluppi di questa vicenda soprattutto dalpunto di vista della qualità e del migliora-mento del servizio e degli esiti scolastici. Ilciclo previsto dal citato Sistema nazionaledi valutazione SNV è articolato in una pri-ma fase di autovalutazione (2015), seguitada una fase di lavoro sul miglioramento(2015/2016 e a seguire, con obiettivi triennali)e in una terza fase di rendicontazione (pre-vista nel 2017). A partire dalla primavera 2016, ogni auto-nomia scolastica deve, tra l’altro:•aggiornare o modificare il rapporto di au-tovalutazione (anche disponendo della se-rie storica dei dati Invalsi sugli apprendi-

marzo/aprile 2016 www.qualitaonline.it

noto che le organizzazioni apprendono an-che attraverso le discontinuità e le instabi-lità. Pare pertanto possibile ipotizzare che lacomplicata (e talora caotica) situazione ab-bia consentito, o forzato, da un lato lo svi-luppo di competenze professionali nei do-centi e nel dirigente scolastico e, da un al-tro lato, abbia indotto – necessità e virtù? –un più forte livello di aggregazione, sia trale persone nei gruppi all’interno della sin-gola scuola, sia tra le scuole nelle reti isti-tuzionali, formali o non formalizzate.Un elenco non completo di nuovi approccie di nuove abilità che si sono sviluppati (mol-ti dei quali già presenti nelle scuole, in for-ma anche implicita) potrebbe comprendere:•l’agire secondo il ciclo PDCA, •l’identificazione delle priorità da persegui-re e l’attenzione alla qualità dei risultati,

•la pianificazione pluriennale con riferimentoalle risorse umane e economiche (integra-zione),

•la condivisione di valori e organizzativa, illavoro in gruppo (cooperazione),

•la contezza dei legami esistenti tra i pro-cessi, la ricerca sulla didattica,

•la lettura del contesto territoriale, •l’analisi della coerenza tra le scelte dichia-rate e i documenti di programmazione,

•l’analisi e il riesame del dato quantitativo, •la rendicontazione del proprio operato in unnuovo equilibrio tra i dati e la narrazione,

•la rilevazione dei fabbisogni formativi delpersonale vista in modo funzionale ai biso-gni degli allievi (orientamento all’utenza),

•il reperimento di dati e informazioni inter-ne e esterne,

•l’interazione con istituzioni e organismi(networking)

•e, non ultima, la capacità di apprenderedall’esperienza.

Il capitale intangibile di ogni scuola si è co-sì arricchito nella sua componente profes-sionale (ad esempio: conoscenze e capaci-tà), relazionale (ad esempio: collaborazio-ne, condivisione) e strutturale (ad esempio:dati e informazioni, processi).Incrociando i documenti e gli adempimentirichiesti alle scuole con la classificazionedelle capability quali risorse immateriali diuna organizzazione20, si possono eviden-ziare,in sintesi, le capacità prevalenti che sisono rafforzate o sviluppate nell’ultimo pe-riodo facendo riferimento a quattro macro-aree.

y La Qualità per l’Education yD

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macro-capacità organizzative21

Indirizzi attività e scelte di gestione

e amministrazione

piano triennale dell’offerta formativa

programma delle attività formative

di istituto

piano fabbisogno attrezzature,

infrastrutture, finanziario

reti e convenzioni

progetti PON - Erasmus+

progetti PNSD

piani su immobili e ambienti

di apprendimento

rapporto di autovalutazione RAV

comitati e criteri per valorizzazione

dei docenti

monitoraggio trasversale

piano di miglioramento

ripensare

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*

*

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*

connettere

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condividere

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acquisire

*

*

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*

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*

Piano di miglioramentoRevisione piano triennale

MonitoraggioAutovalutazione

Piano triennalePiano di formazione

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menti);•aggiornare o modificare il Piano dell’offer-ta formativa triennale (soprattutto alla lucedell’organico disponibile nel 2016/17);

•attuare il piano di miglioramento (e moni-torarlo);

•ricevere l’eventuale visita dei nuclei ester-ni di valutazione.

Nella fase di autovalutazione - che per la pri-ma volta nelle scuole italiane non è stata so-lo sperimentale e facoltativa - sono stati at-tivati da parte dell’amministrazione scolasti-ca molti servizi di supporto (incontri, corsidi formazione, team di consulenza); al con-tempo numerosi soggetti – anche estranei almondo scolastico e non sempre interessatial valore della scuola – hanno proposto con-sulenza, supporto e formazione. Tali apporti esterni non sono ancora suffi-cienti per mettere le scuole in grado di ri-spondere a un elevato livello di complessitàinterna e esterna; occorrerebbe un lavoro ca-pillare di formazione senza distogliere ai do-centi tempo e attenzione dalla ricerca di-dattica e all’insegnamento. La differenziazione dei ruoli e delle man-sioni e le rilevazioni dei fabbisogni formati-vi sono un nuovo punto di partenza e unadelle pre-condizioni attuative delle innova-zioni in atto.

4 - LA VALUTAZIONEESTERNA DELLE SCUOLE:PRIMI EXIT-POLLS

di Gian Carlo CErINI22

Nello scenario dell’autovalutazioneDopo il tormentone del RAV (ovviamente èun benevolo riferimento ironico) che ha ca-ratterizzato la vita della scuola italiana nei

mesi scorsi, un altro “evento” si è affaccia-to sulla scena degli istituti scolastici in que-ste ultime settimane. Si tratta dell’avvio del-la valutazione esterna in un campione perora limitato di scuole di ogni ordine e gra-do, statali e paritarie, ad opera di appositiNuclei Esterni di Valutazione (NEV) impe-gnati in sopralluoghi diretti presso le scuo-le individuate per sorteggio. Non è una sor-presa, perché questa azione era già delineatanell’ambito delle procedure previste per l’av-vio del Sistema Nazionale di valutazione,regolamentate nel 1983. Infatti il DPR80/2013 inserisce la valutazione esterna (cioèuna visita diretta “in situ”) nel ciclo che ve-de intrecciarsi l’autovalutazione con il mi-glioramento e con la successiva rendicon-tazione pubblica.La presenza nelle scuole di nuclei esterni divalutazione non segnala un indurimento del-le procedure valutative nell’ottica di un “con-trollo” del sistema, ma appare coerente conil significato complessivo del nuovo sistemache mette al centro del processo la richiestadi una affidabilità del servizio scolastico nelperseguire le finalità istituzionali affidateglidal Paese. Elevare i livelli di apprendimen-to degli allievi, garantire competenze chia-ve e di cittadinanza, realizzare una mag-giore equità nei risultati, migliorare il rap-porto con il sistema sociale e produttivo: so-no obiettivi di sistema molto chiari e si tro-vano ben delineati nella Direttiva 11/2014che ha scandito le diverse fasi del processo.Per questo ogni scuola è stata invitata, nel2015, a sottoporsi ad un check-up (auto-diagnosi) sul proprio funzionamento, che èsfociato nel Rapporto di Autovalutazione(RAV)23.

Vizi e virtù del RAVDobbiamo osservare: che tutte le scuole han-no elaborato il RAV, (fatta salva qualche de-

faillance tecnica verificatasi in alcune scuo-le private); che l’operazione è stata consi-derata utile e positiva (soprattutto dai diri-genti scolastici); che ogni scuola disponeoggi di un quadro conoscitivo articolato maal contempo unitario del proprio modo diessere; che le decisioni di intervento e lenuove strategie organizzative possono in-nestarsi su dati meno aleatori del solito. Mol-ti “critici” avevano paventato l’inutilità delprocesso autovalutativo, equiparandolo aduna operazione di immagine tutta proietta-ta verso l’utenza. I primi dati però sembra-no smentire questo assunto. Le scuole si so-no impegnate a fondo (e non mancavanocerto altri adempimenti concomitanti nellastagione delle riforme!). I processi sono ri-sultati di solito partecipati e condivisi (an-che se è mancata la “voce” della commit-tenza: genitori e stakeholder). Le valutazio-ni appaiono equilibrate e non necessaria-mente sovrastimate. Ha convinto soprattutto la mappa del RAV,cioè la descrizione della vita della scuolaattraverso 15 aree tematiche raggruppate in4 grandi ambiti (il contesto, i processi orga-nizzativi, la didattica, gli esiti), poi svilup-pati in 49 indicatori. Un modello sostenibi-le, né troppo generico né troppo frammen-tato e specialistico. E’ piaciuto anche il con-trappunto tra elementi quantitativi (i dati sta-tistici, i benchmark, le evidenze numeriche)e dimensione qualitativa (le domande guida,le interpretazioni, le sintesi, le motivazioni),perché consente di raccontare una scuola(la sua identità, la sua storia) appoggiando pe-rò questa narrazione su dati presentati conancoraggi a standard di riferimento. Restaperò sempre il retrogusto di una valutazio-ne tutta giocata tra le pareti della scuola e re-sa pubblica in senso quasi agonistico (pernon incrinare l’immagine della scuola), conun impatto tutto da verificare.

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Livello di giudizio

[7 max – 1 min]

7 – eccellente

6 - …

5 - positiva

4 - …

3 – con qualche criticità

2 - …

1 – molto critica

Risultati

scolastici

9,4

26,1

31,2

24,6

7,8

0,8

0,1

Risultati prove

standard

4,2

13,0

21,4

29,6

18,8

11,2

1,7

Competenze chiave

di cittadinanza

5,6

15,6

35,9

29,0

12,8

1,0

0,1

Risultati

a distanza

8,1

18,8

33,8

26,5

7,7

3,1

2,0

> Tabella 4.1 - I giudizi sugli esiti degli allievi indicati dalle scuole nel RAV (2015). Valori in percentuale. Fonte: MIUR, SNV, 2015 (http://www.istruzione.it/snv/index.shtml )

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Di qui scaturisce l’esigenza di un interven-to di osservatori esterni, che pur confermandoil disegno autovalutativo, con tutte le suepossibili virtù, lo irrobustisce con una spon-da robusta che consente di restituire una let-tura più distaccata e meno empatica dellascuola ai suoi abitanti interni, alle prese – sipresume - con dinamiche autoreferenzialinon facili da sciogliere.

Il “senso” della valutazione esternaIl duetto interno-esterno parte dal presup-posto che la valutazione di una scuola siaun processo aperto, ricorsivo, che non si puòcristallizzare in un giudizio sintetico e defi-nitivo, che magari colloca la scuola in unagraduatoria di merito senza che siano reseesplicite le connessioni con l’ambiente so-cio-culturale, le caratteristiche dei ragazzi,i modelli organizzativi e didattici. Il SNV fadivieto di costruire graduatorie, ma proprioper questo diventa indispensabile “valida-re” le autovalutazioni attraverso un riscon-tro “terzo”, curato da professionisti dell’au-diting capaci di leggere un contesto scola-stico con occhio scevro da pregiudizi e sen-za alcuna volontà punitiva. L’auspicio è checiclicamente ogni scuola sia sottoposta adun processo di revisione esterna (ad esem-pio, in Inghilterra, ciò avviene mediamenteogni quattro anni) che l’aiuti a posizionarsi,a leggersi, ad impegnarsi ad evolvere. Que-sto è il senso dell’avvio in Italia delle verifi-che esterne24. Si parte con 400 scuole visitate nel corsodel 2016, meno del 5% dell’intero parcoscuole, ma con un effetto d’urto assai piùvasto perché potenzialmente tutte le scuolepossono essere incluse nel campione da vi-sitare, estratto per sorteggio e non reso pub-blico se non pochi giorni prima ai diretti in-teressati. Il sorteggio cambia le regole delgioco (il DPR 80/2013 prevedeva infatti l’in-dividuazione con parametri oggettivi, adesempio scuole in situazione critica) e con-sente di incontrare le scuole nella loro nor-malità: con le loro storie, i problemi, le spe-ranze, le zone d’ombra, i possibili slanci. E’pur sempre una valutazione, ma già orien-tata alla scoperta di tracce, di indizi, di ipo-tesi e spunti per il miglioramento. Non a ca-so l’individuazione di priorità per il miglio-ramento rappresenta la pagina finale del RAVe al contempo la pagina iniziale del PdM(piano di miglioramento).

I protocolli di osservazioneLe verifiche esterne sono affidate a team com-posti di tre valutatori. Un ispettore tecnico neassume il coordinamento e garantisce la le-gittimazione e la correttezza dell’operazio-ne. Egli è affiancato da due figure che espri-mono due diversi approcci: il profilo “A” pro-viene dal mondo della scuola e sarà in gra-do di apprezzare la qualità dei processi pro-fessionali e didattici dell’istituto, il profilo “B”è un esterno “puro” (ricercatore, metodologo,esperto di organizzazione, ecc.) e sarà piut-tosto interessato a capire le dinamiche ge-stionali, le strategie, i sistemi di controllo e dimonitoraggio. La procedura è regolata daiprotocolli e dagli strumenti messi a disposi-zione dall’INVALSI, proprio per evitare rischidi soggettività, di prevalenza di approcci per-sonali, di approssimazioni intuitive.In sostanza, il processo si struttura in tre fasimetodologicamente distinte: ogni membrodell’equipe acquisisce preliminarmente in-formazioni, dati, documenti progettuali (RAV,PdM, POF, PdM e altri) e li analizza con laguida una griglia standardizzata. Dunque, siparte con una conoscenza di tipo documen-tale. C’è poi la fase vera e propria del con-tatto diretto con la realtà indagata, che è fo-calizzata sulle testimonianze di chi agiscenella scuola. L’approccio è quello tipico della ricerca sociale (interviste, focus group, in-contri informali, osservazioni di ambienti) chemette al centro le aree tematiche del RAV ele analizza e ricostruisce attraverso la com-parazione di diversi punti di vista. Volendo capire se la scuola lavora per labo-ratori non saranno ascoltati solo i responsa-bili di tali strutture (che certamente faranno iltifo per le loro “creature”), ma i docenti “or-dinari” (fruitori saltuari, distratti o convinti de-gli stessi), magari i ragazzi ed i loro genitori,il personale ausiliario, le figure intermedie. At-traverso questi sguardi incrociati si può com-porre un attendibile “ologramma” del feno-meno che si intende sondare e valutare, cer-tamente più veritiero delle sole dichiarazionidi principio che abbondano nei documentiprogettuali della scuola. Capita di trovare mo-numentali PTOF25 di molte pagine ricchi diintenti “politicamente corretti”, ma sappiamoche la scuola “vera” non abita lì …. Questa miniera, a volte disordinata, di dati edi impressioni in mano agli osservatori ester-ni (in verità ben incanalati nei protocolli diintervista, negli spazi per le annotazioni, nel-

le impressioni a margine) confluirà nel reportdi sintesi in cui dovranno trovare un equilibrioi dossier separati dei singoli “valutatori”. Latriangolazione dei punti di vista diventa cosìla scelta metodologica portante dell’interaoperazione. Non sarà una valutazione og-gettiva, ma l’intersoggettività è assicurata.26

Ma dopo cosa succede? Gli esiti della valutazione operata dal nucleiesterni di valutazione (NEV) sono rielaboratiin un apposito report di visita che viene re-stituito ad ogni scuola ad un mese di distan-za dal primo sopralluogo, per dare tempo al-lo staff interno di visionarlo e di prepararsi al-l’incontro di restituzione con il coordinatoredel NEV (o altro membro) che dunque ritor-nerà nell’istituto per illustrare le risultanzedella valutazione. Il Rapporto non è, al mo-mento, pubblico e viene dunque riconsegnatoin via riservata alla sola scuola (una copia èinserita nella piattaforma riservata che l’In-valsi ha predisposto per l’operazione). In so-stanza, il Rapporto di visita non è un atto am-ministrativo da consegnare gerarchicamenteal Direttore Generale dell’Ufficio ScolasticoRegionale. Il momento della “restituzione” siinserisce in quella dimensione di dialogo pro-fessionale (tra sguardo interno e sguardo ester-no) che è alla base della filosofia del SistemaNazionale di Valutazione. L’obiettivo è quel-lo di stimolare la scuola a compiere una si-cura ricostruzione delle sue pratiche orga-nizzative e didattiche, analizzando critica-mente i risultati e le condizioni di contesto,ma anche prefigurando (con l’aiuto della ri-cognizione effettuata dal NEV) le possibilistrade da intraprendere per il consolidamen-to dei processi di miglioramento. Il giudizio del Nucleo sulla scuola non è di ca-rattere sintetico, come avviene in Inghilterraove l’OFFSTED al termine delle sue visite ri-lascia un report (che è pubblico) accompa-gnato dall’attribuzione di un livello (eccel-lente, buono, non del tutto accettabile, ina-deguato) che assume dunque un forte valoredi deterrenza ed è assai stringente per la scuo-la che lo riceve (e che lo mantiene fino al suc-cessivo “tagliando”). Il giudizio rilasciato daiNEV italiani è assai più articolato e passa inrassegna distintamente gli 11 aspetti che con-traddistinguono la mappa del RAV (quelliespressi con un punteggio sintetico nella sca-la da 1 a 7). Potrà dunque capitare che nelconfronto dei punti di vista alcune autovalu-

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tazioni operate dalle scuole siano conferma-te, altre siano migliorate (anche per ricono-scere e rafforzare l’impegno riscontrato), al-tre ancora siano “abbassate” per richiamarela scuola ad una analisi più realistica delleproprie condizioni di funzionamento. Il giudizio esterno non si contrappone né so-stituisce quello interno: nessuno dei due con-tiene la verità, entrambi rappresentano un le-gittimo punto di vista ed è dal confronto tra idue punti di osservazione che può scaturireun condiviso processo di miglioramento. Sa-ranno decisive le evidenze raccolte dai valu-tatori o presentate dagli “interni”, come pu-re la qualità delle analisi, delle argomenta-zioni, delle connessioni tra i diversi fenome-ni rilevati. Il quadro interpretativo del RAV(che accomuna interni ed esterni) non è unamatrice deterministica, come se certi processiorganizzativi e didattici portassero sicura-mente a determinati risultati degli allievi. E’piuttosto un ecosistema di variabili (tra le qua-li assai influenti quelle legate ai contesti), cheinteragiscono tra di loro in più direzioni. Nona caso il quadrante punti di forza-punti di cri-ticità si incrocia, in un ideale SWOT, con ilquadrante vincoli e opportunità.

Cosa ci si aspetta da questa nuova faseIn Italia il processo valutativo è appena agli ini-zi ed è già una forte novità la presenza nellascuola di gruppi di valutatori. L’obiettivo è diaiutare la scuola ad uscire da una dimensio-ne di autoreferenzialità accentuata. Già laelaborazione del RAV ed il suo costante ag-giornamento, la sua pubblicazione su “scuo-le in chiaro”, l’esigenza di rendere conto eargomentare su certi dati (risultati di appren-dimento, successo scolastico, dispersione,qualità dei processi organizzativi e didattici),sono elementi di trasparenza e di accounta-bility che fanno bene alla scuola. Non è in gioco l’introduzione della compe-tizione tra le scuole per accaparrarsi nuovefette di mercato, ma la responsabilità (costi-tuzionale) di rendere ai ragazzi il miglior ser-vizio di istruzione nelle condizioni date, ten-dendo all’ottimale. Le rubriche valutative, daaffinare e perfezionare anche nel dialogo conla scuola; la descrizione degli indicatori cor-redata di evidenze anche statistiche; le do-mande-guida per favorire l’analisi; il conti-nuo aggiustamento delle valutazioni e deigiudizi nello scambio valutativo interno-ester-no delineano un quadro di standard di fun-

zionamento (quelli di cui parlava già l’art. 8del DPR 275/1999, il Regolamento sull’au-tonomia scolastica) che tutte le scuole sonoinvitate a perseguire. E non è questione di po-co conto.

5 - STRUTTURA DELL’«OPEN DAY»

di mercedes tONEllI27

In seguito alle novità normative del D.P.R. n. 80/2013 e della Legge 107, «la Buona Scuo-la», il GLSNV (Gruppo di Lavoro Sistema Na-zionale di Valutazione) del Settore «Educa-tion» di AICQ ha organizzato per le scuole po-meriggi di affiancamento e approfondimen-to dedicati al RAV (Rapporto di autovaluta-zione) da ottobre 2015 e gennaio 2016 e alPdM (Piano di miglioramento) da gennaio2016 ad oggi.Lo schema di lavoro al quale sono stati invi-tati Dirigenti Scolastici, Referenti e Compo-nenti delle Unità di autovalutazione dellescuole pubbliche e paritarie, Funzioni Stru-mentali e docenti è stato il seguente: relazioniintroduttive di stampo tecnico e attuativo de-gli adempimenti richiesti nelle scadenze pre-viste per le scuole, partecipazione a uno o piùlaboratori opzionali fra i quali sempre pre-senti i quattro sulle quattro aree in cui il MIURha richiesto alle scuole di migliorare nel trien-nio 2015-2018: risultati nelle prove nazio-nali standardizzate, nei risultati scolastici,nelle competenze di cittadinanza e nei risul-tati a distanza. Nell’ottica di offrire alle scuo-le ciò di cui in quel dato momento avevanobisogno e rivestiva un carattere di difficilecomprensione e difficoltà28 la proposta si èmossa sulle seguenti parole chiave: soddisfa-zione di un bisogno condiviso, tempestività,opzionalità nella scelta del laboratorio in cuiera possibile la soddisfazione dei bisogni piùsentiti, strumentazioni TQM adattate alla scuo-la, supporto documentale29.

Luoghi, Date e numero dei partecipanti:Luogo Data N. part.Modena 14 aprile 2015 83Bologna 15 aprile 2015 65Forlì 28 aprile 2015 45Ferrara 12 maggio 2015 23Bologna 9 giugno 2015 73

Padova 7 luglio 2015 115Bologna 4 novembre 2015 111Padova 12 novembre 2015 120Firenze 27 gennaio 2016 75Matera 10 marzo 2016 80Potenza 11 marzo 2016 120

Condizioni di accessoLa partecipazione è a domanda e gratuita. Indue casi è stato richiesto un contributo di10,00 Euro quale partecipazione, regolar-mente fatturato.

Titoli delle relazioni introduttive e degli in-pout metodologiciLa UAV al lavoro: prime mosse, strumenti,operazioni da compiereProdurre il RAV- Istruzioni per l’uso: comeservirsi di scuole in chiaro, come analizzarele prove INVALSI, come interpretare i datiIndividuare criticità, obiettivi e mete a lungotermineFare rete: istruzioni per l’usoIl miglioramento del "benessere personale" edella "qualità delle relazioni" è funzione (f)dei processi di autovalutazione nella scuola–comunità: RAV 2.3 ovvero anche "compe-tenze di personalità" e "competenze di citta-dinanza"Dall’autovalutazione al miglioramentoAttribuirsi una delle sette “situazioni” dellarubrica del RAVRelazioni sugli elementi base della qualitàdel Piano di Miglioramento e delle attività re-lativeAttività nei laboratori partendo dalle prioritàespresse nel Rapporto di Autovalutazione:contesto, esiti, processi educativi, processigestionali, individuazione delle priorità peril Piano di MiglioramentoIl miglioramento e il PDCA

Denominazione dei Laboratori:PRIMA FASE - FARE il RAVLaboratori opzionali attivati Laboratorio 0.0: per principiantiattività: primi passi (accesso alla piattaforma,analisi delle parti, lettura dei dati, suggeri-menti di percorso)Laboratori 0.1-0.3 B per scuole con espe-rienze di autovalutazione e miglioramentoattività: presentazione e modalità di lavoro;analisi per gruppi di scuole dei propri dati(mezz’ora), confronto plenario (mezz’ora),compilazione dell’area (mezz’ora), rassegna

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dei punti di debolezza, analisi delle prioritàstrategiche, individuazione dei processi di ri-ferimento , condivisione finalelaboratori attivati:•Laboratorio 0.1Contesto•Laboratorio 02 Esiti2.1, 2.2, 2.3,2.4•Laboratorio 0.3 A Processi 3.1,3.2,3.3,3.4•Laboratorio 0.3 B Processi 3.5,3.6,3.7•Laboratorio 0.5 individuazione delle prioritàSECONDA FASE FARE IL PdMLaboratori opzionali attivati (max 2 labora-tori)•Realizzazione e monitoraggio del PdM neirisultati scolastici

•Realizzazione e monitoraggio del PdM nel-le prove standardizzate

•Realizzazione e monitoraggio del PdM nel-le competenze chiave e di cittadinanza

•Realizzazione e monitoraggio del PdM neirisultati a distanza

•Realizzazione e monitoraggio del POFTattività:condivisione dei significati di priorità, tra-guardi, obiettivi di processo, azioni, indica-tori e dei loro intrecci, elementi innovativi neiprocessi e nelle azioni: curricolari, discipli-nari, gestione della classe e dei gruppi, orga-nizzativi, in partenariato, esempi di costru-zione delle tabelle 2, 3 e 4 della nota0007904.01-09-2015

Metodologia dei laboratori•Adesione ai laboratori sulle base di prefe-renze espresse nella scheda di iscrizione

•Richiesta a ogni scuola di partecipare con2 o più docenti del NIV

•A domanda risposta: la parola agli interve-nuti

•Utilizzo della metodologia e degli strumentiTQM (partire dai bisogni del cliente e del-la normativa, analisi di processo, analisi del-le cause, l’impostazione del miglioramen-to dl CAF EDUCATION) - Utilizzo del ma-nuale AICQ Education e del sito www.va-lutazionescuole.it vedi precedente nota n. 2..

•Condivisione di rete delle attività in esserenelle scuole partecipanti al laboratorio

•Analisi nel RAV e del PdM dei punti di de-bolezza dell'area di miglioramento presa inconsiderazione nel laboratorio e confron-to sugli aspetti emersi

•Approccio peer to peer: gruppi di lavorosulla base delle preferenze espresse in re-lazione alle priorità del Rapporto di Auto-valutazione e della pianificazione del mi-

glioramento nel PdM; sulla base di inputmetodologici operativi confezionati dalGLSNV ad hoc quali la check list per unPdM di qualità, la griglia di valutazione delproprio PdM, il registro di monitoraggio del-le azioni di miglioramento.

•Ruolo del conduttore del laboratori nelleduplice veste di facilitatore e esperto (tutti iconduttori dei laboratori sono esperi di scuo-la e esperti di TQM)

Il lavoro è stato coordinato da Paolo SenniGuidotti Magnani presidente Settore nazio-nale AICQ Education e da Caterina Pasqua-lin vice presidente Settore nazionale AICQEducation, coordinatrice AICQ EducationTri-venetoHanno partecipato agli open day i soci AICQEducation come relatori e/o come condutto-ri di laboratorio: Arcangeli Nerino, AscioneTeresa, Barreca Scriva Benito, Battistin Mari-na Battistin , Benini Anna Maria, BerghellaMonia, Bombardi Sheila, Caramalli Erika, Ca-rampin Francesca, Cerrigone Maria Nicolet-ta, Chiricosta Giovanna, De Cillis Federico,Francucci Alessandra , Nicoletta Guerra, Pas-qualin Caterina, Pavanini Giulio, Pelli Alfio,Senni Guidotti Magnani Paolo, Stellati MariaAntonietta, Summa Ivana, Tonelli Mercedes,Tosi Roberta.Alcuni open day sono stati realizzati in par-tenariato con altre associazioni accreditate alMIUR come enti di formazione: CIDI, ANDISe con la rete di scuole AMICO di Bologna.

6 - I LABORATORIDELL’«OPEN DAY» COMEPROCESSO:

fasi, materiali, contenuti, obiettiviformativi, risultati attesi.Il conduttore di laboratorio conapproccio TQM.

di Giovanna CHIrICOStA30

I conduttori dei laboratori hanno introdottole attività con il supporto di specifiche slideche hanno permesso di avviare le attività dipeer to peer al fine di promuovere il pro-cesso di confronto nel gruppo. Prioritaria èstata la focalizzazione dell’attenzione allepriorità, traguardi e azioni e far emergere in-certezze, problemi incontrati e/o temuti. Il

percorso è stato improntato in un’ottica di “ri-cerca-azione” e ha avuto come suo cardinela metodologia del problem solving che con-sente di trasformare la “solitudine del pro-blema” in “condivisione della problematica”e di ricerca di possibili strategie/sinergie perla sua risoluzione/attenuazione. Tale modusoperandi consente di osservare la problema-tica da più punti di vista, ottimizzare i tempi,trovare soluzioni diverse e innovative.Il conduttore dei laboratori ha scelto di voltain volta gli strumenti da utilizzare anche inrelazione ai bisogni espressi dal gruppo e al“patto formativo” dichiarato n precedenza.L’invito alla lettura e riflessione individualeo per piccolo gruppo della ceck list per otti-mizzare il proprio PdM ha previsto l’uso didomande guida:•cosa c’è nella check list che mi può servi-re?

•Sento nel gruppo soluzioni migliori dellemie?

•Ho dimenticato qualcosa? •C’è qualcosa che mi fa risparmiare tempo? •Ho risolto in altro modo? •Intravvedo soluzioni per ottenere risultatimigliori?

L’uso di domande guida hanno consentitoal gruppo di essere stimolato ad una mag-giore riflessione critica sull’operato generan-do nuove e più efficaci soluzioni.

7 - IL LABORATORIO PROVENAZIONALISTANDARDIZZATE.PROVE INVALSI.

di Francesca CArAmPIN31

Il laboratorio si è realizzato con discussioni peril confronto di come nelle diverse scuole siera impostato il miglioramento nei risultatidelle prove nazionali standardizzate e la ri-

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cerca comune di buone pratiche.Lo scopo è stato quello di rendere visibilequanto il Piano di Miglioramento richiestodal MIUR per quest’anno scolastico fosserigoroso e concreto e come potesse esseremigliorato anche strada facendo nell’in-treccio richiesto fra (vedi l’esempio di unascuola sotto):•analisi di partenza dei risultati delle prove(confronto su come le scuole avevano at-tuato l’analisi dei loro rispettivi risultati In-valsi e analisi delle cause),

•definizione della priorità (sono in genereemersi l’aumento percentuale seguito dal-la disciplina e dall’ordine scolastico, la di-minuzione della varianza fra le classi e delciting),

•individuazione dei traguardi a lungo ter-mine (le scuole con dati sotto la mediahanno in genere indicato un aumento per-centuale di fra i 2 e i 5 punti percentualiin tre anni),

scelta dei processi, dei relativi obiettivi di pro-cesso su cui intervenire e delle azioni da at-tuare (le scuole hanno spaziato dalla forma-zione dei docenti, alla organizzazione e al-la metodologia didattica per competenze einnovativa). Aspetto discusso nel laboratorio è stato il con-fronto con i risultati dei voti scolastici. In par-ticolare nei laboratori sono stati visti insiemee confrontati i casi di differenza sostanziale frai due tipi di dati. Tale approccio si è rivelatoassai fecondo in quanto ha permesso di ap-profondire l’analisi dei risultati delle provestandardizzate e veder cose prima non vistee al tempo stesso migliorare le prove disci-plinari orizzontali fra le classi e verticali dipassaggio da una classe all’altra e da un or-dine all’altro.Il laboratorio ha sottolineato che compito del-la scuola, dal punto di vista dei risultati delleprove nazionali standardizzate, è anche quel-lo di mettere al corrente i propri clienti delle

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Fase del laboratorio

Materiali utilizzati

Contenuti

Obiettivo

Risultato atteso

Esito

Introduzione dei lavori

Slide appositamente costruite

•Strumenti TQM per il PdM

•Elementi di qualità per il POFT

•RAV - Piano di Miglioramento - Professionalità

docente: il piacere di vivere significati e motiva-

zioni

•Definire, Pianificare e comunicare il Migliora-

mento

•Glossario

Fornire una cornice di riferimento normativo e me-

todologico a supporto delle attività proposte

Facilitazione nel processo di costruzione gruppo

Comune base culturale e lessicale

Operatività

Ceck-list, griglie, tabelle e slide

•Check list per il confronto fra istituzioni scolasti-che alla ricerca delle migliori pratiche – Istruzio-

ni per l’uso

•Griglia di autovalutazione del PdM a scala di in-

tensità degli elementi di qualità

•Realizzazione e monitoraggio del PdM nei risul-

tati scolastici

•Realizzazione e monitoraggio del PdM nelle pro-

ve standardizzate

•Realizzazione e monitoraggio del PdM nelle com-

petenze chiave e di cittadinanza

•Realizzazione e monitoraggio del PdM nei risul-

tati a distanza

•Benchlearning mediante check list esecutiva del

PdM

•Condivisione e confronto di PdM : priorità, tra-

guardi, azioni, sviluppi nel triennio, indicatori di

risultato, monitoraggio in itinere - messa a punto

delle strategie attuative del PdM

•Realizzazione e monitoraggio del POF Triennale

•Una App per il POF Triennale

•Confronto e condivisione dei POF Triennali – Il

processo di produzione e le strategie attuative

Supportare la riflessione sulla propria esperienza

Sostegno nella valutazione critica dell’operato:

•confronto•Benchlearning•apprendimento organizzativo

•definizione di focalizzazioni operative•potenziamento di empowerment, mindfulness,

benessere personale, qualità delle relazioni e cli-

ma emotivo nella scuola-comunità

Riferimenti pratici per la condivisione e la costruzione

di benessere sul luogo di lavoro e nella società

Esplicitazione metodologica

PDCA – TQM – CAF – GANTT -SWOT

•Alcuni strumenti TQM: funzionigramma, analisi

di processo e tabella ALI, significato della parola

“processo” in ambito TQM e nel RAV; indicatori,

descrittori, priorità, traguardi, obiettivi di proces-

so, un esempio col PDCA

Introdurre/rafforzare le conoscenze/competenze

nell’uso degli strumenti di supporto per la qualità

Valorizzazione di efficaci pratiche operative

Uso di strumenti per la qualità riferiti nello specifi-

co al contesto scuola

Restituzione complessiva

Report di restituzione

•griglie di comparazione dei dati quantitativi e qua-

litativi emersi

•considerazioni conclusive dei formatori

Riassumere i punti significativi dell’esperienza a

supporto della costruzione/valutazione dei percor-

si di miglioramento nelle singole realtà scolastiche

Spazio di riflessione a-posteriori e di stimolo per le

azioni future

Condivisione guidata dell’esperienza

Indicazioni per la ricerca personale

•AAVV, “Rapporto di autovalutazione (RAV) e mi-

glioramento – Un manuale per le scuole, i docenti

e i dirigenti”, Maggioli, 2015

•Sito del GLSNV-AICQ Educationwww.valutazio-

ne scuole.it

•Linee guida MIUR/INDIRE

•Tabelle ufficiali MIUR

capitolo 1 del manuale Maggioli

Da dove e come partire

preliminari per l’autovalutazione

capitolo 2 del manuale Maggioli

Interpretare e usare dati

alcune nozioni di base

capitolo 3 del manuale Maggioli

Elaborare il RAV

alcune nozioni di base

capitolo 4 del manuale Maggioli

Pianificare l’Autovalutazione e il Miglioramento

alcune nozioni di base

capitolo 5 del manuale Maggioli

Agire la rendicontazione sociale alcune nozioni di

base

Implementare la personale ricerca

Condivisione di specifici riferimenti

Creazione di un linguaggio comune in relazione ad

una specifica tematica

> Tabella 6.1

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posizioni sia locali che nazionali dei risultati ot-tenuti, per attivare da parte di tutta la comuni-tà scolastica le azioni necessarie al migliora-mento, compresi ovviamente i genitori. Il laboratorio ha messo inoltre in luce comele prove standardizzate nazionali se vengonopreso come uno strumento di crescita e dimiglioramento (e non solo come mero datostatistico) abbiano a che fare sia sul versantedocenti e scuola sia sul versante studenti conciò che attiene alla responsabilità e come pos-sa essere utile mettere la misurazione del pro-cesso didattico la valutazione esterna stan-dardizzata oltre a quella interna e all’auto-valutazione al centri dell’attività formativa.

8 - IL LABORATORIOMIGLIORAMENTO NEIRISULTATI SCOLASTICI.

di roberta tOSI32

Anche il lavoro nel laboratorio “migliora-mento nei risultati scolastici” ha preso le mos-se dalle esperienze e dalle richieste degli in-tervenuti cercando di stimolare il confronto ela condivisione, rassicurare e rafforzare le mo-tivazioni al cambiamento utilizzando un lin-guaggio comprensibile, evidenziare e condi-

videre le buone pratiche. Per ogni quesito po-sto i partecipanti sono stati invitati all’appro-fondimento con gli strumenti e i metodi TQM(vedi materiali creati ad hoc dal GLSNV perle diverse fasi dell’autovalutazione e del mi-glioramento quali la check list esecutiva e lagriglia di autovalutazione di un PdM di qua-lità e “il registrino” di monitoraggio delle azio-ni)33. In tale ottica di tutoraggio e facilita-zione si è cercato di condividere un lessicopreciso e univoco nei seguenti termini chia-ve: priorità, traguardi, processi, strategie, areedi intervento, azioni, che evitasse frainten-dimenti o errori nell’analisi dei dati o nellapianificazione.Il lavoro di riflessione in corso d’opera sull’e-sperienza e sulla ricerca di soluzioni utiliz-zando metodi, strumenti, lessico condivisi siè dimostrata una metodologia vincente nellaboratorio perché veniva riprodotto il lavo-ro della classe e i docenti si sono trovati a lo-ro agio. Altro elemento di forza è stata la co-munanza di esperienze e di cultura fra i con-duttori dei gruppi e i partecipanti, entrambiprovenienti dal mondo della scuola e consa-pevoli dei vincoli, dei pregiudizi e delle resi-stenze. Una difficoltà nei laboratori è stataquella di pianificare il miglioramento con lametodologia TQM in modo inclusivo, senzasemplificare concetti e metodologie molto

complessi per loro natura, indicandone gliaspetti maggiormente funzionali al migliora-mento dei risultati scolastici quali:•distinzione fra azioni/fattori abilitanti ed esi-ti/risultati,

•possibilità di misurare il miglioramento equindi di confrontare e condividere,

•realizzazione di azioni sinergiche in areediverse tese ad un unico obiettivo,

•realizzazione di singola azione che produ-ca effetti in aree diverse,

•possibilità di operare in modo flessibile sul-la base di verifiche degli effetti positivi e ne-gativi e quindi di evitare modelli non idonei.

Ciò ha comportato nel laboratorio la praticadelle seguenti azioni formative:•suggerire il modello PDCA come modalitàdi lavoro sia per la progettazione del PdM,sia per le fasi di attuazione, di monitoraggioe di ripianificazione;

•spingere a considerare l’importanza dellamission e della vision dell’Istituto scolasti-co, e quindi di tener conto del quadro d’in-sieme (coerenza fra PdM, Atto di Indirizzo,Piano dell’Offerta Formativa Triennale e Le-gislazione, in particolare innovazioni in-trodotte dalla Legge 107);

•sconsigliare dal porsi obiettivi troppo ‘alti’o complessi, valutando gli impatti futuri ela fattibilità e sostenibilità;

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Priorità

Esiti prove standar-

dizzate nazionali

Innalzare i livelli di

matematica nelle

prove standardizzate

nazionali

Traguardo

Alzare di 2 punti per-

centuali il livello 3

nelle classi seconde e

quinte della scuola

primaria

Obiettivi di processo

Migliorare di 2 punti

nel triennio i risultati

di matematica delle

prove INVALSI delle

classi 2°, 5° primaria

e 3° secondaria

Azioni

1.Formazione docenti: Area del pensiero logico

1.1 Ricerca del formatore, anche mediante reti,

e organizzazione corso

1.2 Momenti/incontri di formazione

1.3 Ricerca azione e sperimentazione per la

realizzazione di una attività

1.4 Socializzazione dei risultati con eventuale

presenza del formatore.

2. Attività a classi aperte

2.1 Individuazione delle difficoltà attraverso

strumenti condivisi

2.2 Analisi dei bisogni

2.3 Individuazione di referenti

2.3 Progettazione di azioni con classi aperte

2.4 Azioni con piccoli gruppi di classi parallele

(Progetto P.R.A.D.A.)

2.5 Coordinamento e monitoraggio delle azioni

2.6 Costruzione format strumento di raccolta dati

2.7 Individuazione di soglie minime e massime

2.8 Lettura del raggiungimento dell’obiettivo

rispetto ai dati raccolti

Documenti

•Prove Invalsi•Test ingresso, intermedi e finali

per classi parallele

•Verbali Consigli di classe ed interclasse

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•segnalare l’importanza nella fase inizialedella costruzione del Pdm:- della scelta delle aree di intervento e del-le azioni da intraprendere,

- della riflessione approfondita sulle causedei punti di debolezza rilevati nel RAV escelti come priorità e relativi traguardi;

•consigliare l’importanza che siano coin-volti fin dall’inizio della costruzione del PdMnon solo i membri del Nucleo di Valuta-zione, ma anche i soggetti coinvolti nei pro-cessi e nelle azioni innovative. (Per esem-pio se si intendono migliorare i risultati sco-lastici di un Istituto Superiore si o indivi-duano le cause e poi si decide di agire su va-rie aree (Ambiente di Apprendimento, Cur-ricolo, Valutazione, Orientamento, Ri-orientamento, Recupero, Inclusione, ecc.):è importante che tutti i referenti siano co-involti anche nella progettazione dei pro-cessi e delle varie fasi delle attività e nell’e-laborazione di indici e indicatori per mo-nitorarle);

•consigliare l’importanza di documentare lemotivazioni delle scelte e l’attività di pro-gettazione:- affinché nelle fasi di riesame risulti più fa-cile ripercorrere il cammino svolto e indi-viduare eventuali punti deboli e aggiusta-menti e correzioni;

- per facilitare la condivisione delle moti-vazioni dei processi decisionali.

9 - IL LABORATORIOMIGLIORAMENTO DELLE COMPETENZE DI CITTADINANZA

di Nerino ArCANGElI34, maria Nicoletta CErrIGO-

NE35, Nicoletta GUErrA36

In occasione dei laboratori condotti durantel’Open Day è stata fornita particolare atten-zione al miglioramento delle competenze

chiave e di cittadinanza, vista l’alta richiestadi iscrizioni a tale laboratori da parte degliiscritti all’open day.I conduttori, dopo una parte introduttiva dipresentazione delle competenze chiave di cit-tadinanza all’interno dei quadri di riferimen-to europei ed italiani, hanno fornito possibiliesempi di indicatori e descrittori che ogni scuo-la avrebbe potuto utilizzare sulla base delleesigenze e dei punti di debolezza emersi inseguito alla compilazione del Rapporto di Au-tovalutazione. Infatti moltissime scuole han-no inserito nelle priorità del RAV da affronta-re con i traguardi triennali il miglioramentonelle competenze di cittadinanza.L’attenzione si è poi focalizzata a partire dagennaio 2016 sulla realizzazione e sul moni-toraggio dei PdM inerenti le competenze dicittadinanza. I formatori hanno spiegato chel’attività principale che segue la fase di auto-valutazione è la pianificazione del migliora-mento37. Si è fatto notare come sia necessa-rio non solo rilevare le competenze di citta-dinanza esistenti (analisi dei bisogni, dei pun-ti deboli e dei punti forti), ma anche promuo-verle, incrementarle, consolidarle e valutarle.A tal fine è stato consigliato di assegnare com-piti “di cittadinanza attiva” veri e/o verosimi-li che coinvolgano gli studenti nella realizza-zione di un servizio o di un prodotto38. E’ stato messo in luce che tali compiti/pro-dotti devono essere valutati per mezzo di“protocolli di osservazione” che permettano,attraverso indicatori e descrittori, di certifica-re i diversi livelli di competenza possedutidagli studenti.

10 - IL LABORATORIO RISULTATI A DISTANZA

di marina BAttIStIN39

Il RAV individua quattro tipologie di esiti, suimiglioramenti dei quali insiste la normativa

su RAV e Piani di Miglioramento obbligato-ri: esiti scolastici, esiti delle prove standar-dizzate, esiti di cittadinanza, esiti a distanza.I primi tre esiti si verificano all’interno di cia-scuna istituzione scolastica e coi confrontiforniti dai dati INVALSI con le medie dellealtre scuole della stessa o altra porzione ita-liana o analoga. Il quarto esito “a distanza” in-vece necessita di un confronto aperto con al-tre istituzioni scolastiche di ordine superioree con l’Università e il mondo del lavoro. Inquesto caso più di un confronto si tratta diseguire un percorso nel tempo. Il confronto ov-viamente si può fare fra percorsi lunghi simi-li e analoghi, ma ciò che interessa le scuoleè il destino che aspetta i propri allievi quan-do proseguono gli studi e entrano nel mon-do del lavoro per brevi esperienze (alternan-za scuola-lavoro) o per iniziare la carrieraprofessionale. “Risultati a distanza” apparel'esito che dà valore e consistenza agli altri,e risulti un segnale esplicito dei traguardi cuiil cittadino in formazione può aspirare per lasua vita futura. Negli Open Day organizzatidal GLSNV di AICQ Education40 il labora-torio sugli esiti a distanza ha elaborato i se-guenti fuochi di interesse e di impegno:1. l’individuazione nelle classi del primo ci-clo di competenze utili a sostenere i risul-tati negli ordini di scuola successivi, in unastrategia curricolare di continuità tra scuo-la dell’infanzia e scuola primaria, tra scuo-la primaria e scuola secondaria di primogrado. Tale individuazione curriculare econseguente cura didattica è compito deidipartimenti disciplinari verticali dei Col-legi Docenti che si realizza con la lettu-ra attenta della Indicazioni Nazionali peril Curriculo del primo ciclo, con l’atten-to monitoraggio degli esiti scolastici rag-giunti nelle prove standardizzate e congli esiti nelle competenze chiave euro-pee fra le quali in primis le competenzedi cittadinanza.

2. la responsabilità delle scuole che prece-

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Priorità individuata nel RAV

•Sviluppo delle competenze

chiave di cittadinanza

Traguardo a lungo termine

•Creare un curricolo di istituto verticale•Individuare descrittori per il voto di comportamento da utilizzare

per una compilazione coerente del documento di valutazione

•Elaborare prove comuni periodiche e costruire una rubrica valu-

tativa, unica e condivisa, contenente una scala numerica per i sin-

goli obiettivi

Obiettivi di processo

•Prove Invalsi•Test ingresso, intermedi e finali

per classi parallele

•Verbali Consigli di classe ed interclasse

Azioni

•Prove Invalsi•Test ingresso, intermedi e finali

per classi parallele

•Verbali Consigli di classe ed interclasse

> Esempio di uno stralcio del PdM di una scuola fornito nel laboratorio

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dono sugli esiti degli studenti che fre-quentano le scuole dell’ordine successivo,cui si collega il tema della scarsa autore-volezza del consiglio orientativo e dellemotivazioni del suo scarso appeal sulle fa-miglie e le loro scelte.

3. l’attenzione delle scuole secondarie agliesiti a distanza, supportata dai dati che IN-VALSI fornisce sugli esiti alla conclusionedel primo anno di corso universitario per chicontinua a studiare, cui si contrappone l’as-senza di informazioni sulla ricaduta nelmondo del lavoro della competenza capi-talizzata, che vanno faticosamente inter-cettate dalle scuole.

4. l’indispensabilità dei dati sull’impatto nelmondo del lavoro per permettere alle scuo-le secondarie superiori di progettare i pro-pri percorsi formativi, attivare le azioni dialternanza scuola - lavoro, migliorare le ca-pacità imprenditoriali degli studenti.

11 - IL LABORATORIO PIANODELL’OFFERTA FORMATIVATRIENNALE

di monia BErGHEllA41, mercedes tONEllI42

Il Dirigente Scolastico, in relazione ai risultatidel RAV,emana l’atto di indirizzo sulla basedel quale il Collegio Docenti elabora il POFtriennale, di seguito approvato dal Consigliodi Istituto (Legge 107/201543). Si creano co-sì le condizioni per realizzare una “gover-nance cooperativa”: mentre si costruisce ilPOF Triennale, si progetta in base all’esito delRAV; si coinvolgono i processi strategici e ilpersonale in essi coinvolti; si allunga lo sguar-do sui tre anni, creando lo spazio per una vi-sion d’istituto; si dettagliano le azioni di mi-glioramento nell’ambito del PdM, rivedibileannualmente; si orientano le risorse in dire-zione di obiettivi strategici e più condivisi sela scuola ha lavorato collegialmente alla co-struzione del proprio percorso di autovaluta-zione e miglioramento. Il laboratorio sul Piano dell'Offerta Formati-va Triennale, all’interno degli Open Day ha of-ferto l’occasione per riflettere su quanto so-pra esposto. Sono inoltre emersi i seguentifuochi di interesse e di impegno :1)curricolo: ampliamento, arricchimento;curricolo verticale, curricolo per compe-tenze, cittadinanza, prove comuni;

2)continuità: espressione dell'Atto di indi-rizzo del Dirigente senza tralasciare lo sto-rico della scuola;

3)qualità della didattica: progettualità stabi-le e a lungo termine; fabbisogni e azioniformative del personale principalmente supercorsi innovativi, anche con l'uso di nuo-ve tecnologie;

4)ambiente educativo: modalità di collega-mento con le diverse articolazioni profes-sionali della scuola;

5)gestione delle risorse: per questo anno dipassaggio, difficoltà di gestione dell'orga-nico potenziato, mancanza di certezza deifinanziamenti e incessante richieste allescuole da parte dell’amministrazione dipartecipazione a bandi;

6)assetti organizzativi e funzionamento: ne-cessità di migliorare la comunicazione; lastrategia di ascolto e i rapporti con il con-testo sociale.

12 - PREMIALITA’ E VALORE AL MERITO. SPERIMENTAREIL COMITATO DI VALUTAZIONE INTERNO.

«commi 126-130 della legge n 107, “la buo-na scuola”»

di Giulio PAvANINI 44

I commi 126-130 della Legge 107 assegnanoal Comitato di valutazione interno per lavalutazione dei docenti delle nuove fun-zioni, ivi compresa la formulazione di pro-poste al dirigente scolastico della scuoladi criteri per la valorizzazione dei docenti.Sono previsti tre anni di sperimentazione altermine dei quali verranno fissate delle lineeguida nazionali. Prescindendo da qualsiasi giudizio in me-rito riteniamo pertanto importante e in li-nea coi principi TQM utilizzare al meglioquello che ci è offerto dalla nuova normaper avviare non solo meritati riconoscimenti,ma, soprattutto, incentivi al cambiamentoe all’innovazione del sistema scuola.

Un volano per il miglioramento?La valorizzazione riguarda potenzialmen-te tutti i docenti. L’assegnazione effettivadel bonus varrà solo per una parte dei do-centi ritenuti più meritevoli. Si tratta di va-

lorizzare soprattutto coloro che più contri-buiscono al miglioramento del servizio sco-lastico, alla realizzazione del Piano di Mi-glioramento (PdM), del Piano dell’offertaformativa Triennale (POFT), della missione della vision dell’istituto scolastico, del-l’apprendimento degli studenti. Si premia-no comportamenti ritenuti funzionali a que-sti scopi. Il premio quindi potrebbe essereincentivo alla diffusione di comportamen-ti e prassi didattiche di qualità o che ri-chiedono responsabilità aggiuntive. Inol-tre, valorizzando i docenti che verificanol’efficacia della loro attività didattica, po-trebbe diventare prassi diffusa la sommini-strazione di test di soddisfazione. L’obiettivo ideale è che tutti i docenti as-sumano questi comportamenti come mo-delli e se ne approprino via via. In questomodo la valorizzazione di una parte di-verrebbe incentivo al miglioramento di tut-ti45. Sarebbe opportuno quindi che tutti idocenti conoscessero i criteri di valutazio-ne prima dell’avvio dell’anno scolastico. Se si condividono queste premesse sarà ne-cessario considerare il 2015-16 come an-no di transizione prevedendo l’avvio effet-tivo della sperimentazione dal settembre2016. Infatti l’anno in corso sta già per con-cludersi e quindi necessariamente dovran-no individuarsi dei criteri applicabili an-che ex post.

Strategie e strumenti di supporto all’at-tuazione dei commi della L. 107. Comma 3 dell’art.11 del DL 297/94 (comemodificato dal c.129 della L.107):Il comitato individua i criteri per la va-lorizzazione dei docenti sulla base:a) della qualità dell'insegnamento e delcontributo al miglioramento dell'isti-tuzione scolastica, nonché del suc-cesso formativo e scolastico degli stu-denti;

b)dei risultati ottenuti dal docente o dalgruppo di docenti in relazione al po-tenziamento delle competenze deglialunni e dell'innovazione didattica e me-todologica, nonché della collaborazio-ne alla ricerca didattica,alla documen-tazione e alla diffusione di buone prati-che didattiche;

c) delle responsabilità assunte nel coordi-namento organizzativo e didattico e nel-la formazione del personale.

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1.Come applicare i criteri?DifficoltàL’articolo11 del DL 297/94 (come modifi-cato dal c.129 della L.107), al c. 3, punto “a”parla di “successo formativo e scolasticodegli studenti” e di “potenziamento dellecompetenze degli alunni” nel punto “b”. Si presentano alcuni interrogativi relativiprima al punto “a” e “b”.

Punto “a” come misurare i risultati in termini di pro-fitto e competenze per ciascun docente, permateria insegnata e per classe? Anche se siriuscisse, hanno valore questi dati in asso-luto o relativamente al livello di partenzadi ogni singolo alunno e delle classi? E’ opi-nione diffusa che si debba misurare il “va-lore aggiunto”, il progresso, i passi avanti.Quindi sarebbero da ipotizzare prove stan-dard disciplinari ogni anno. Sono possibiliin tutte le materie? Se anche fosse possibi-le svolgerle richiederebbero delle proce-dure di svolgimento che garantissero unavalutazione il più possibile oggettiva, comenei test OCSE-PISA o INVALSI. In realtà dis-poniamo solo dei test INVALSI per mate-matica e italiano e solo per alcuni anni.

Punto “b”quante scuole sono in grado di misurare lecompetenze dei propri studenti e quindi dimisurarne il potenziamento? Anche se è or-mai diffusa una programmazione ed unaprassi didattica attenta anche alle compe-tenze e non solo ai contenuti, la valutazio-ne finale rimane per legge unica e di tipodisciplinare. La legge parla di “risultati ot-tenuti”. Vale anche qui la considerazionefatta per i risultati di profitto. Se le compe-tenze da tener presenti sono quelle, adesempio, “di cittadinanza” la valutazionesi complica ancor più perché, a parte la pos-sibilità di esprimere un voto numerico sulcomportamento, gli insegnanti non dis-pongono di indicatori e descrittori specifi-ci in proposito.

ProposteSi propone come primo atto strategico, inassenza di risultati certi sui rapporti diretticausa-effetto fra metodologie didattiche eapprendimento in fatto di competenze diiniziare dall’osservazione sistematica delprocesso di insegnamento, avvalendosi sul-

la scorta dell’esperienza professionale e delbuon senso di indicatori probabilistici quin-di di declinare un elenco condiviso di com-petenze docente, desunte dai curricoli mi-nisteriali previsti e nella singola scuola at-tuati, dai bisogni dichiarati nel POF Trien-nale e dalle priorità selezionate nel RAV(una o due) e il cui miglioramento è statopianificate nel PdM della scuola in cuioperano i docenti da valutare ai fini dellapremialità46, come ad esempio: «Cosa fa un bravo insegnante per insegna-re con efficacia e migliorare i risultati deipropri studenti sia in termini di profitto chedi competenze? Cosa deve saper fare il bravo insegnanteper migliorare l’efficacia della sua didatti-ca?»

Per il punto “a”: •docente disponibile a svolgere compiticomplessi per il miglioramento dell’inse-gnamento secondo le linee guida nazionali(per esempio i docenti CLIL47 o a intro-durre la cultura digitale nella didatticamettendola in pratica con miglioramentiosservabili negli studenti (es. votazioni,autonomia, motivazione, ecc.);

•docente che si aggiorna e che applicaquanto appreso o studiato nella sua prati-ca didattica (vedi autodichiarazione (all. 2)su: corsi, libri o articoli letti con riportataapplicazione pratica e risultati raggiunti48,una specie di portfolio del docente.);

•docente – formatore nei confronti dei pro-pri colleghi;

•docente che svolge attività di personaliz-zata per colmare gli squilibri all’internodella classe

•docente con compiti di responsabilità nelpiano di miglioramento della scuola o nel-l’ICT

Per il punto “b”:•docente disponibile al job shadowing tracolleghi;

•docente che condivide con i colleghi:- didattica- moduli didattici (learning objects) anchecon articolazione del gruppo classe

- Verifiche comuni per classi parallele conintreccio nella verifica

•docente disponibile a mettere in comunerisorse didattiche (area riservata nel sitoweb, o Moodle, per esempio)49;

•docente che applica flessibilità ed artico-lazione ex L. 10750 (in base a giorni / set-timane / mesi e classi);

•docente che propone e utilizza test di sod-disfazione ai propri studenti per verifica-re gli esiti empatici delle innovazioni di-dattiche applicate (interesse, motivazio-ne, empowerment ..) secondo item con-cordati nella scuola

Per il punto “c”Le valutazioni attinenti al punto “c” godo-no di più ampia letteratura e non si adden-trano in temi come si è visto sopra di trans-izione per la scuola italiana col passaggiodalla didattica per materie alla didattica percompetenze prevista dagli accordi europeidi Lisbona e dalla relative otto competenzechiave fatte proprie dalla normativa italia-na51. Ciò pertanto ha portato questa rifles-sione propositiva di ispirazione TQM a pro-porre strumenti di supporto quali le auto-dichiarazioni (all. 1 , fig. 1) e i questionaridi misurazione della soddisfazione di chiha ricevuto la formazione (all. 2, fig. 2), cuiè stato possibile pervenire con le seguenticonsiderazioni.Se, ad esempio le valutazioni da esprimeresono le seguenti:•docente che sa svolgere “bene” il ruolo dicoordinatore del consiglio di classe

•docente che sa svolgere “bene” il ruolo diresponsabile di dipartimento disciplinare

•docente che promuove e coordina attivi-tà di formazione con i colleghi (declinan-do numero di colleghi coinvolti, applica-zione effettiva dei risultati nelle classi ecc.ecc.)

•Altro52 …………………………………….quali strumenti utilizzare per raccoglieredati sul “bene”per i ruoli di coordinamen-to53? In questo caso potrebbe essere efficace larichiesta ai colleghi individualmente o conun focus group collettivo. Descrivendo inmodo condiviso quali sono i comportamentimeritevoli del buon coordinatore del CdCo di dipartimento si può immaginare unacheck list di valutazione positiva su itemconcordati (rispetto dell’odg., rispetto del-l’enunciato dell’opinione di tutti, rispettodei tempi assegnati, efficacia nelle decisio-ni assunte, controllo ordinato del team, ca-pacità di mantenere un clima collaborati-vo, capacità di sintesi …..)

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Tutte le proposte esposte hanno il vantag-gio di essere facilmente documentabili emisurabili.Da molte parti si immagina l’utilizzo di que-stionari di valutazione o di genere “reputa-zionale” come nel progetto Valorizza54.Si presentano nell’allegato 2, fig. 2, 3 e 4esempi di questionari ai colleghi ma ancheagli studenti, nella secondaria di secondogrado e alle famiglie. L’ottica sistemica TQM non può non esse-re favorevole all’utilizzo diffuso di questio-nari di soddisfazione rivolti a studenti e ge-nitori, rappèresentati nel Comitato di valuta-zione (comma 2 art.11 DL 297/94 come mo-dificato dal c. 129 della L.107), che abbianocome oggetto la valutazione e il gradimentodell’efficacia del servizio e dell’offerta scola-stica, ivi compresa la prassi didattica che neè al centro. Gli esiti di questi questionari so-no utili per individuare i punti forti e di de-bolezza della scuola, per avviare pratiche dimiglioramento e per misurarne gli effetti ne-gli anni, ovviamente collegati al POF Trien-nale e al PdM. Operativamente proponiamo di elaborare neiComitati si valutazione interna un elenco dicomportamenti ritenuti fautori di realizzazio-ne del POF Triennale, del PdM e migliora-mento nelle quattro aree previste obbligato-riamente dal MIUR55, individuandone alcunigià valutabili nell’anno in corso ed altri a par-tire dal settembre del 2016. Per esempio i do-centi CLIL56 già stanno svolgendo il loro la-voro, come pure i docenti impegnati nei PdMo nella flessibilità didattica o con funzioni dicoordinatori o che formano o si aggiornanoin vista dell’applicazione di metodologie di-dattiche innovative; tutti questi e molti altripossono esser valorizzati già con i dati da re-gistrare o raccogliere entro l’anno in corso.Tutte le attività di condivisione didattica, senon sono già prassi diffusa nella scuola, po-trebbero diventare criteri aggiuntivi a partire dalprossimo anno scolastico.Proponiamo inoltre di predisporre una sche-da di autodichiarazione57 con le voci con-cordate da compilare da ciascun docente (all.2, fig. 2), ove i docenti dichiarano gli studicompiuti e messi in pratica negli ambiti con-cordati di miglioramento. I passi che proponiamo in questo anno di pri-ma esplorazione e prima sperimentazione so-no:•Il DS nomina quanto prima una commis-

sione per la produzione di criteri e strumentiutilizzando una procedura dal basso intesacome scelta di docenti graditi e con generale

consenso,•Il DS fa circolare quanto prima le proposteconcrete operative fra i docenti,

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AUTODICHIARAZIONE ai fini della valorizzazione del merito

(commi 126-130 Legge 107/2015 - annunciata prossima emanazione di direttiva ad hoc)

Docente: ���………………………………………………………………………

Disciplina insegnata:�………………………………………………………………………

Eventuale ruolo organizzativo occupato nella propria scuola e/o in una rete:

si prega di crocettare i piccoli riquadri davanti alle frasi i e compilare gli spazi bianchi nelle tabelle

�A1) Dichiaro di aver svolto le seguenti attività didattiche conformi agli obiettivi di miglioramento pre-

visti dalle linee guida nazionali, riportati nel POF Triennale e nel Piano di Miglioramento della scuola

Innovazioni desunte

dal comma 7 Legge 107

immesse nel PdM

e nel POFT e realizzate

Competenze linguisti-

che e CLIL

Competenze matemati-

co-logiche e scientifiche

Competenze di cittadi-

nanza attiva

Competenze sulla lega-

lità e sostenibilità am-

bientale

Alfabetizzazione ai me-

dia di produzione e dif-

fusione delle immagini

Potenziamento delle di-

scipline motorie per uno

stile di vita sano

Competenza digitali de-

gli alunni

Metodologie laborato-

riali e attività di labora-

torio

Prevenzione dispersione

scolastica e inclusione

(Recupero e BES)

Alternanza scuola lavoro

Percorsi individualizzati

e coinvolgimento degli

alunni

Valorizzazione del meri-

to degli alunni (percorsi

o progetti di eccellenza)

Attività

Svolta

Criteri

quantitativi

Numero studenti coinvolti

Ore per questa attività

………

Numero studenti coinvolti

Ore per questa attività

………

Numero studenti coinvolti

Ore per questa attività

………

Numero studenti coinvolti

Ore per questa attività

………

Numero studenti coinvolti

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Numero studenti coinvolti

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Numero studenti coinvolti

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Numero studenti coinvolti

Ore per questa attività

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Verifica

dei risultati

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Questionario di soddisfazio-

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Questionario di soddisfazio-

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> Figura n. 12.1

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•Il DS convoca un Collegio dei docenti per lacondivisione dei criteri,

•Il DS informa dei criteri approvati dal Collegiodei docenti il Consiglio di istituto,

•Il DS applica i criteri e attribuisce le quote delbonus con decreti motivati secondo unoschema concordato

Criteri condivisi applicati in modo trasparen-te in un’ottica di miglioramento continuo è ilcontributo che l’approccio TQM può offrire,con semplici strumenti come quelli qui pre-sentati, alla sperimentazione del Comitato divalutazione interno e alla distribuzione deiprimi bonus nel presente anno scolastico. Sefino adesso l’organizzazione scolastica traeva

vantaggio dal maggior lavoro di alcuni do-centi la sua retribuzione condivisa pianifica-ta in un ciclo triennale può solo essere fun-zionale al benessere generale.

B2) Condivisione materiali - shadowing - peerto peer•� Dichiaro di essermi attenuto ai seguenticriteri dii collaborazione e partenariato coicolleghi i cui materiali sono agli atti dellascuola (anche più di una crocetta):

•�Docente disponibile al job shadowing tracolleghi

•�Docente che condivide con i colleghi- � Programmazione didattica

- � Moduli didattici (learning objects) an-che con articolazione del gruppo classe

- �Verifiche comuni per classi parallele conintreccio nella verifica

•� Docente disponibile a mettere in comu-ne risorse didattiche.C) Incarichi del Collegio dei docenti o dellaDirigenza (anche più di una crocetta)•� docente referente per il POF�•� docente referente per la scuola digitale •� docente impegnato nel piano di miglio-ramento

•�Dichiaro di essere stato designato come co-ordinatore del consiglio della classe…………..- Di aver presieduto n. ………… consigli- Di aver partecipato a n. …………. riunio-ni dei coordinatori

- Di aver predisposto n. …….. PDP per al-trettanti studenti

- Di aver predisposto il documento del 15maggio (solo per classi quinte scuola se-condaria superiore)

- Di aver proposto ai colleghi il questiona-rio di soddisfazione standard con gli esitiche allego (cfr. allegato 2, figura 3)

•� Dichiaro di essere stato designato co-me coordinatore del dipartimento dei do-centi di …………..- composto da n. …………….. docenti- di aver coordinato n. ……………. Riunio-ni per un totale di ………. Ore

- di aver elaborato i seguenti documenti dicoordinamento

- programmazione comune SI / NO- prove comuni per classi parallele SI / NOnum. Prove …………

•�Di aver proposto ai colleghi il questiona-rio di soddisfazione standard con gli esiti cheallego

•�Dichiaro di aver promosso e coordinato laseguente attività di formazione con i colle-ghi

Argomento ……….................………………numero di colleghi coinvolti, ……………….applicazione effettiva dei risultati nelle classi…………………………•� Dichiaro di aver proposto ai colleghi ilquestionario di soddisfazione standard (cfr.allegato 2, figura 4) con gli esiti che allego(anche più di un allegato)

•�modello di questionario di soddisfazioneper studenti su specifiche attività o innova-zioni

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A2) Formazione in servizio:

� Dichiaro di aver frequentato i seguenti corsi/convegni o letto e studiato i seguenti testi

� Dichiaro di aver svolto attività di aggiornamento come formatore dei colleghi

B1) Innovazione didattica

Dichiaro di aver svolto le seguenti attività didattiche conformi agli obiettivi di miglioramento previsti dal-

le linee guida nazionali, riportati nel POF Triennale e nel Piano di Miglioramento della scuola

Titolo del corso

e/o degli studi svolti

nel corso a.s.

Cosa ho appreso Come e dove

l’ho applicato

durante l’a.s.

Risultati riscontrati

(questionario

di soddisfazione)

Corso / argomento

(per es. tutor per

collega neoassunto

in anno di prova)

Numero ore di

docenza (escluse

quelle organizzative,

solo monitoring)

Numero docenti

partecipanti

Risultati riscontrati

(questionario soddi-

sfazione o colloquio

con docente in anno

di prova)

Tipologia

Classe capovolta

Cooperative learning

Debate

Articolazione flessibile

della classe e del tempo

scuola (cfr. c.3 L107)

Attività

Svolta

Criteri

quantitativi

Numero studenti coinvolti

Numero ore: ………

Numero studenti coinvolti

Numero ore: ………

Numero studenti coinvolti

Numero ore: ………

Numero studenti coinvolti

Numero ore: ………

Numero studenti coinvolti

Numero ore ………

Numero studenti coinvolti

Numero ore ………

Verifica

dei risultati

Questionario di soddisfazio-

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Questionario di soddisfazio-

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Questionario di soddisfazio-

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•�questionario di soddisfazione per attività diaggiornamento (se docente formatore)

•�questionario di soddisfazione per docen-ti coordinatori

13 - PraDISI - VALUTARE LEPRASSI DIDATTICHE NELLASCUOLA DELL’INFANZIA

di Ira vANNINI59

Negli anni 2011-2015, presso il Dipartimentodi Scienze dell’Educazione dell’Università diBologna, Rossella D’Ugo e Ira Vannini metto-no a punto una rating scale per l’osservazionedelle “prassi didattiche dell’insegnante dellascuola dell’infanzia”. La Scala PraDISI (D’U-go, Vannini, 2015) ha come principale obietti-vo quello di entrare all’interno dei processi di-dattici dei contesti tre-sei anni per osservarlisulla base di specifici indicatori di qualità e con-durre gli insegnanti verso una maggiore con-sapevolezza e intenzionalità progettuale, a par-tire da dati osservativi rilevati in modo valido eaffidabile. L’utilizzo del PraDISI consente di ri-flettere sul “buon insegnamento” nella scuoladell’infanzia; un buon insegnamento definitosulla base di scelte valoriali “a priori”, che aiu-tano a concentrarsi fin da subito, e in modospecifico, sui processi di insegnamento-ap-prendimento messi in atto, al di là della loroefficacia rispetto ai risultati di apprendimento deibambini.Ciò non significa che il PraDISI intenda rinun-ciare alla possibilità di analizzare le relazioni traprassi didattiche e risultati di apprendimento;bensì vuol dire che l’intenzione prioritaria del-lo strumento è quella di conoscere i processiche si svolgono in classe, di analizzarli nel det-taglio, di discuterli con gli insegnanti stessi chesono stati osservati, al fine di riprogettarli. Tut-to questo per evitare il rischio opposto: quellodi parlare di qualità della didattica attraversoinferenze a posteriori, a partire dai risultati diapprendimento degli allievi.

1.L’idea di “buon insegnamento” secondo laScala PraDISILa Scala PraDISI si focalizza su un’idea dibuon insegnamento (inteso come buone pras-si didattiche dell’insegnante) che poggia fon-damentalmente su due modelli teorici riferitiall’insegnamento di qualità (Fenstermacher&

Richardson, 2005).Da un lato, un’idea di insegnamento conce-pito nell’ottica delle scienze cognitive, cen-trato sul docente che conosce a fondo le stra-tegie di apprendimento degli studenti e li gui-da intenzionalmente – osservandoli durante iprocessi didattici e fornendo loro feedbackmirati – verso l’acquisizione di specifiche com-petenze, nei vari ambiti disciplinari (dei qua-li ha una profonda conoscenza) e all’internodi un ambiente motivante.

Entro tale prospettiva, il PraDISI recupera an-che alcuni aspetti caratterizzanti il modello diinsegnamento di tipo comportamentista, qua-li in particolare: l’attenzione dell’insegnantea mantenere un buon clima di classe, favore-vole all’apprendimento e alla motivazione ditutti gli alunni; la cura nel valutare progressi-vamente gli apprendimenti di ciascun alun-no allo scopo di portare tutti al raggiungimentodi buon livelli di competenza. Il PraDISI ten-de, in questo senso, a sostenere un approccio

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QUESTIONARIO DI MONITORAGGIO DELL’IMPATTO DELL’UTILIZZO DI ATTIVITA’ DIDATTICHE

INNOVATIVE (per studenti di Scuola Secondaria di II grado)

Titolo/descrizione dell’attività (max 20 parole)…………………………………………………

svolta nella classe/gruppo …………………………….. con n. studenti ………………………..

dal …………………… al …………………………… per un totale di ore ………………

Con questa metodologia /attività

……………

1.Penso di aver assimilato me-

glio i contenuti

2.È cresciuto il mio interesse per

la materia

3.Ho acquisito ed esercitato al-

tre competenze e abilità

Se sì alla domanda 3, quali tra

quelle di seguito indicate?

(puoi segnarne più di una)

Vorresti ripetere l’esperienza?

Avresti dei suggerimenti da pro-

porre per migliorarla?

per niente

per niente

per niente

Lavorare

in gruppo

abbastanza

abbastanza

abbastanza

Saper fare

una ricerca

SI

molto

molto

molto

Sapere predi-

sporre una re-

lazione

moltissimo

moltissimo

moltissimo

Saper parlare

in pubblico

NO

> Figura n. 12.2

Esprimi quanto sei d’accordo con le 3 frasi indicate nella prima

colonna

QUESTIONARIO DI VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DI FORMAZIONE PER DOCENTI ATTUATA

DA DOCENTE IN VESTE DI FORMATORE DI COLLEGHI

Titolo del corso/argomento (max 20 parole)………………………………………………….

Dal …………….. al ………………………… Numero ore ………………………..

Ti prego di esprimere una valutazione sullo svolgimento e sull’interesse connessi al corso che hai se-

guito e sulla sua efficacia. Grazie per la collaborazione

I contenuti del corso sono stati

esposti in modo chiaro e i mate-

riali ricevuti sono stati utili

La frequenza del corso ha susci-

tato il tuo interesse?

Quanto appreso e i suggerimen-

ti ricevuti ti sono/saranno utili

per la tua attività di docente?

Complessivamente come valuti

l’efficacia del corso seguito in

rapporto alle attese?

per niente

per niente

per niente

per niente

abbastanza

abbastanza

abbastanza

abbastanza

molto

molto

molto

molto

moltissimo

moltissimo

moltissimo

moltissimo

> Figura n. 12.3

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learning dependent (Fenstermacher& Ri-chardson, 2005) nell’ottica di una didattica di“responsabilità” nei confronti dei risultati diapprendimento degli allievi; e che, pur nellaconsapevolezza di non essere essa stessa l’u-nico fattore di efficacia dell’apprendimento,assume responsabilmente su di sé la necessi-tà di progettare, valutare, rivedere le prassi di-dattiche nel tentativo costante di recuperaree portare tutti gli allievi all’apprendimento,senza lasciare indietro nessuno.Dall’altro lato, un’idea di insegnamento con-cepito come facilitazione dell’apprendimen-to, nella prospettiva teorica del costruttivismo,dove il docente diviene soprattutto colui cheorganizza l’ambiente e fornisce stimoli facili-tando l’allievo nella costruzione autonomadelle proprie competenze. In questo model-lo, troviamo un insegnante attento soprattut-to alle peculiarità dell’alunno, che vanno ri-conosciute e incentivate in modo mirato, sen-za preoccuparsi per il raggiungimento di spe-cifici apprendimenti o competenze da parte ditutta la classe. I feedback dell’insegnante so-no, in questa prospettiva, orientati soprattuttoa mantenere il coinvolgimento attivo dell’al-lievo nella costruzione del proprio percorsodi apprendimento.All’interno di queste due prospettive teoriche,

il PraDISI definisce la propria idea operativadi prassi didattiche di qualità articolandola at-torno alle varie aree di competenza (o campidi esperienza) definite dalle Indicazioni Na-zionali per il curricolo della scuola dell’in-fanzia.Tali due prospettive portano a definire, via viache PraDISI percorre i vari “campi”, prassi di-dattiche maggiormente cognitive based e in-dividualizzate (Baldacci, 2005) e prassi di-dattiche maggiormente constructivistbased epersonalizzate.In maniera operativa, se dovessimo sintetiz-zare i principali elementi della “qualità” del-la didattica così come è descritta dai 23 indi-catori del PraDISI, potremmo dire che le pras-si didattiche nella scuola dell’infanzia sonoeccellenti quando:•danno evidenza di una progettazione in-tenzionale e collegiale da parte degli inse-gnanti della sezione;

•si svolgono all’interno di un contesto edu-cativo pensato, motivante, ricco di stimoliadeguati all’età dei bambini e ai molteplicibisogni formativi che generalmente si pos-sono incontrare nei contesti tre-sei anni;

•stimolano periodicamente e ciclicamente leabilità dei bambini in tutti i campi di espe-rienza sfruttando sia tutti i momenti della vi-

ta scolastica quotidiana (quando se ne pre-senta l’occasione), sia momenti specifica-mente dedicati e dando spazio sia a percorsididattici con una prevalenza disciplinare,sia a percorsi didattici di tipo multi- e inter-disciplinare;

•sostengono e guidano i bambini verso nuo-vi apprendimenti e scoperte, in tutti i cam-pi di esperienza:a. sia mediante occasioni di individualizza-zione (con prevalenza di direttività del-l’insegnante verso obiettivi di apprendi-mento specifici). In questo caso l’inse-gnante:- esplicita gli obiettivi di apprendimentoai bambini;

- motiva all’apprendimento; - diversifica i percorsi, i materiali, le si-tuazioni;

- usa momenti ludici per fare valutazioneformativa;

- predispone attività di recupero e soste-gno;

b. sia mediante occasioni di personalizza-zione (con prevalenza di un insegnantefacilitatore e organizzatore dell’ambien-te). In questo caso l’insegnante:- è attento alle specifiche attitudini e in-teressi dei bambini;

- stimola la creatività di ciascun bambi-no/a e ne valorizza l’impegno;

- stimola ciascun bambino/a a costruirein autonomia alcune competenze in ba-se ai propri interessi;

- fanno uso dell’osservazione sistematicadel comportamento dei bambini duran-te la didattica, come strumento di valu-tazione formativa nel caso della didatti-ca individualizzata e come strumento diconoscenza degli interessi e dei bisognidi ciascun bambino/a nei percorsi di per-sonalizzazione.

2. PraDISI: definizione e validazione degli in-dicatori di qualitàLe idee di qualità delineate più sopra sonostate declinate in veri e propri indicatori ope-rativi, attraverso una lunga fase di ricerca esplo-rativa (negli anni dal 2010 al 2011) nel sensolumbelliano del termine (Lumbelli, 2006), cheha consentito di mettere in connessione l’ap-parato teorico-deduttivo del PraDISI (costrui-to attraverso l’analisi della letteratura peda-gogica nazionale e internazionale sulla di-dattica nella scuola dell’infanzia e sulle di-

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QUESTIONARIO DI VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DI COORDINAMENTO ATTUATA DA DO-

CENTE IN VESTE DI COORDINATORE

Sottolineare il gruppo o la commissione coordinati: Consiglio di classe, Consiglio di dipartimento, com-

missione ………………….., altro: …………………………)

Ti prego di esprimere una valutazione sull’efficacia del ruolo di coordinamento svolto dal/la collega

durante questo a.s.

Nel corso delle riunioni si è rispettato l’ordine

del giorno e si sono raggiunte deliberazioni

chiare e condivise

Nel corso delle riunioni sono stati garantiti

tempi e opportunità di intervento equilibrati

per tutti i partecipanti

Quando si sono presentati problemi il/la col-

lega è stato/a in grado di proporre soluzioni

efficaci e condivise

(solo per coordinatore CdC) Nel corso del-

l’anno il/la collega ha svolto un efficace ruolo

di ascolto e mediazione con studenti e fami-

glie della classe

(solo per coordinatore di dipartimento) Nel

corso dell’anno il/la collega ha svolto un effi-

cace ruolo di ascolto e mediazione con i col-

leghi del dipartimento

abbastanza

abbastanza

abbastanza

abbastanza

abbastanza

molto

molto

molto

molto

molto

moltissimo

moltissimo

moltissimo

moltissimo

moltissimo

ottimo

ottimo

ottimo

ottimo

ottimo

> Figura n. 12.4

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mensioni dello sviluppo dei bambini dai tre aisei anni, così come anche previste nei curri-coli ministeriali della scuola italiana, quali gliOrientamenti del 1991 e le Indicazioni Na-zionali per il Curricolo 2007 e 2012) conle evidenze ricavate da osservazioni diret-te sul campo, all’interno di scuole dell’in-fanzia bolognesi riconosciute socialmentecome “eccellenti” sul territorio emiliano-romagnolo.Gli indicatori che ne sono sca-turitidanno ragione di una mappatura il piùpossibile rispondente alle idee di qualitàdelineate. Per analizzare più nel dettaglio la validitàdel PraDISI, nell’anno 2011, gli indicatoridel PraDISI sono stati sottoposti al giudiziodi un panel di 16 esperti nazionali dell’a-rea pedagogico-didattica. Sulla base dell’a-nalisi dei giudizi degli esperti, lo strumen-to PraDISI è stato rivisto e migliorato.Al fine di interrogarsi sulla validità di crite-rio, il PraDISI è stato poi analizzato a con-fronto con la Scala SOVASI (Harms, Clifford,1994), mettendone in rilievo soprattutto la di-versità di sguardo: dell’una, sui contesti edu-cativi in particolare e, dell’altro, sulle pras-si dell’insegnante. Inoltre, pur senza un con-fronto con specifici strumenti, le ricercatri-ci si sono interrogate sulla coerenza dellaScala PraDISI con gli elementi-chiave deldibattito internazionale sulla earlychildhoodper la qualità delle scuole. Entro tale dibat-tito è stato fondamentale il riferimento aglistudi americani della NAEYC (National As-sociation for the Education of Young Chil-dren) sul DAP-DevelopmentallyApproprai-tePractices60 e i suoi principi ritenuti indi-spensabili per un insegnamento che pro-muova pienamente l’apprendimento.In merito all’analisi dell’affidabilità dellostrumento, il primo try out è avvenuto ne-gli anni 2010-12 all’interno di un gruppodi scuole dell’infanzia comunali della cittàdi Bologna.Negli anni successivi, è emersal’esigenza di compiere nuovi passi nella di-rezione di una ulteriore “messa alla prova”dello strumento in contesti istituzionali eterritoriali differenziati. Per questo motivo,nell’anno 2013/14 si è proceduto ad utiliz-zare l’ultima revisione della Scala PraDISIin differenti contesti della scuola dell’in-fanzia italiana (scuole private, comunali estatali; del nord, del centro e del sud), otte-nendo risultati di affidabilità di livello mol-to buono (D’Ugo, Vannini, 2014).

3. La struttura della scala PraDISI. Le areedi interesse osservabiliEntrando nello specifico delle aree di inte-resse del PraDISI, si può osservare in figu-ra1 la struttura complessiva dello strumen-to, suddiviso nelle sue tre macro aree:A.routine della giornata educativaB.promozione delle competenzeC.scelte di metodo dell’insegnante.Con uno sguardo importante, pur se maiacritico, rivolto alle Indicazioni Nazionaliper il Curricolo (2007-2012), gli indicatoridel PraDISI consentono di osservare diret-tamente le pratiche degli insegnanti in se-zione, ponendosi ogni volta questa do-manda-chiave: quali strategie mette in cam-po l’insegnante per promuovere gli ap-

prendimenti del bambino? 4. La natura “formativa” della scala Pra-DISILe idee di qualità sottese al PraDISI assu-mono significato solamente entro la corni-ce teorico-metodologica della valutazioneformativa (Bondioli, Ferrari, 2004): nelle in-tenzioni delle autrici, le prassi didattiche“di eccellenza” descritte nei vari indicato-ri della Scala non possono in alcun modo(pena un uso scorretto dello strumento) es-sere usate per distinguere tra “buone e cat-tive prassi didattiche”, né per costruire clas-sifiche. Esse invece costituiscono delle me-te formative, dei punti di riferimento versocui orientare le prassi degli insegnanti at-traverso utili e opportuni percorsi di forma-

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Il PraDISI: aree e indicatori.

PraDISI - Prassi Didattiche dell’Insegnante nella Scuola dell’Infanzia

A.Routine della giornata educativa

1.accoglienza dei bambini e dei genitori

2.circle time di inizio giornata educativa

3.igiene personale

4.pranzo

5.riposino

6.commiato dai bambini e dai genitori

B.Promozione delle competenze

B1. Linguistiche

7.linguaggio attivo e passivo fra i bambini

8.scambi verbali adulto/bambini

8a.letture

8b.parole

B2. Logico-matematiche-naturalistiche

9.logica e ragionamento

10.spazio, ordine e misura

11.natura, ambiente, eco sostenibilità

B3. Motorie

12.motricità fine

13.motricità globale

14.motricità ritmica

B4. Espressive

15.arte

16. musica

17.tecnologie, nuovi media e comunicazione

B5. Relazionali e sociali

18.qualità dell’interazione sociale tra bambini e insegnante

19.gioco spontaneo dei bambini

20.educazione alle differenze culturali

21.cittadinanza

C.Scelte di metodo dell’insegnante

22.individualizzazione

23.personalizzazione

> Figura n. 13.1

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zione in servizio, progettabili a partire dauna riflessione condivisa con gli insegnan-ti interessati e in una logica di sviluppo del-la loro professionalità (Danielson, 2007),attraverso l’uso della pratica osservativa.L’uso del PraDISI è dunque ammissibile so-lo all’interno di itinerari valutativi di tipoformativo, capaci di attivarsi e concludersientro momenti di progressiva condivisione(collegiale e democratica) dei significati del-la qualità didattica proposta dallo strumen-to stesso.

Riferimenti bibliografici•Baldacci, M. (2005). Personalizzazione oindividualizzazione?. Trento: Erickson.

•Bondioli, A., Ferrari, M. (2004). Verso unmodello di valutazione formativa. Ragio-ni, strumenti e percorsi. Bergamo: Edizio-ni Junior.

•Danielson, C. (2007). Enhancing Profes-sional Practice: A Framework for Teaching.2nd Edition (Professional Development).ASCD. Paperback.

•D’Ugo, R., Vannini, I. (2014). “Osservarele prassi didattiche nella scuola dell’in-fanzia. Il PraDISI come opportunità di for-mazione e sostegno della professionali-tà”. In Giornale Italiano della Ricerca Edu-cativa-Italian Journal of Educational Re-search, VII, n. 13, pp. 99-116.

•D’Ugo, R., Vannini, I. (2015). PraDISI. Lavalutazione formativa delle Prassi Didat-tiche dell’Insegnante di Scuola dell’Infan-zia: osservare per riprogettare. Milano: An-geli.

•Fenstermacher, D.G., Richardson, V. (2005).On making determinations of quality inteaching. “Teachers college Record”,107(1), 186-213.

•Harms, T., Clifford, R. M. (1994). Sovasi.Scala per l’osservazione e la valutazionedella scuola dell’infanzia, adattamento ita-liano di M. Ferrari e A. Gariboldi. Berga-mo: Junior.

•Lumbelli, L. (2006). Costruzione dell’ipo-tesi ed astrazione nella pedagogia speri-mentale. In A. Bondioli (a cura di), Fare ri-cerca in pedagogia. Saggi per Egle Bec-chi. Milano: FrancoAngeli, pp. 25-60.

ABSTRACT

From a theorical-methodological framework on

the formative educational evaluation (and its ap-

plications on teacher observation in classroom),

the article presents the PraDISI Scale for teaching

observation in kindergarden. Author present the

idea of teaching quality that is at the base of this tool

and its main structural features.

The PraDISI Scale, already validated between 2011

and 2013, was used during the 2013-2016 school

year for the observation and formative evaluation

in many different Italian kindergardens. The main

results on the teacher professionalism, the strengths

and weakness of the tool are briefly analyzed in

the paper.

14 - UNA RETE DELLE RETI PER IL MIGLIORAMENTO

di vito INFANtE 61

PremessaMolti anni fa chiesi a un alto dirigente del-l’amministrazione scolastica del Piemonteun parere sulle nascenti reti di scuole, in-trodotte nel Regolamento sull’autonomiascolastica approvato con il DPR 275 del1999. Mi rispose che per l’Amministrazio-ne le reti di scuole rappresentavano con-temporaneamente un'opportunità, per lagestione di alcune problematiche impor-tanti (acquisti, organizzazione eventi, pro-getti continuità in rete) e contemporanea-mente una possibile fonte di rischio, per-ché le reti, sensibili alle istanze locali, nel-la loro azione potevano confliggere con lescelte dell’Amministrazione centrale o pe-riferica.In tutti questi anni si è avuto modo di ap-prezzare soprattutto Il contributo positivodato dalle reti al miglioramento della qua-lità del servizio scolastico, proprio graziealla loro capacità di coinvolgere la comu-nità locale e le parti interessate, acquisen-do da esse competenze, risorse e propostedi miglioramento.Questi apporti positivi sono stati evidenziatianche dalle ricerche accademiche condot-

te durante quel periodo sulle reti di scuolee sulla loro capacità di interagire tra di lo-ro e con il contesto sociale di riferimento62. L’autonomia scolastica del 2000 è stata,pertanto, all’origine della costituzione del-le reti di scuole contribuendo ad apportareuna modifica sostanziale nella gestione cen-tralizzata del Sistema, già anticipata per al-tro nel 1974 con i decreti delegati.Alcune delle prime reti, le più longeve, con-tinuano ancora oggi a svolgere la loro fun-zione di raccordo, recentemente rivalutatacon l’ avvio del Sistema nazionale di valu-tazione e con la legge 107 sulla “buonascuola”.Contrariamente a quello che temeva il fun-zionario sopra citato, in tutti questi anni lereti hanno svolto la funzione di supporto al-le scuole, hanno contrastato la frammenta-zione e autoreferenzialità del Sistema e sod-disfatto sempre meglio le esigenze delle fa-miglie e del territorio per migliorare Il ser-vizio e soddisfare meglio le esigenze del si-stema cliente. Oggi tra le novità introdotte dal processo diriforma avviato con il Servizio nazionale divalutazione e con la “buona scuola” stia-mo assistendo a un forte rilancio del pro-cesso di aggregazione degli istituti e alla na-scita di reti in ogni parte d’Italia.Molte scuole stanno affrontando in rete l’au-tovalutazione, la gestione del cambiamentoe la formazione del personale e stanno ri-scoprendo l’importanza degli strumenti edei principi della qualità per governare iprocessi di miglioramento. Insieme è più fa-cile ed economico affrontare le sfide versonuove responsabilità e obblighi di rendi-contazione, rispetto alle quali le reti si stan-no rivelando una risorsa per battere una stra-da non ancora tracciata: insieme il viaggioè più sicuro.Altro fattore aggregante che favorisce la for-mazione delle reti è costituito dall’annosoproblema delle risorse professionali, mate-riali ed economiche da investire nei pro-

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> Figura n. 14.1

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cessi di miglioramento del servizio. Le sin-gole scuole sono in grado di acquisirne dalterritorio ma una rete offre possibilità di uti-lizzo e diffusione maggiori.La rete permette di mettere insieme le tan-te piccole risorse delle singole scuole perraggiungere la massa critica necessaria periniziative importanti che altrimenti reste-rebbero al di là delle possibilità del singo-lo istituto: questo rende possibile un saltodi qualità verso un panorama più ampio diopportunità più qualificate.

Nasce la rete delle reti (RdR)Sulla base di queste esperienze, da quest’an-no, per volontà di quattro reti nazionali auto-revoli per competenze e tradizioni, FARO,AUMIRE, SIRQ e AICQ (con il settore Educa-tion), il discorso sulle opportunità che le retipossono offrire per lo sviluppo dell’autono-mia e per il sostegno al miglioramento delleprestazioni degli istituti potrà avere un ulte-riore sviluppo. Lo scopo principale dell’iniziativa consiste nelcreare un coordinamento all’interno dellequattro reti per non disperderne le potenzia-lità innovative. Tra gli obiettivi: sostenere e promuovere ri-cerche, introdurre innovazioni negli istituti eindirizzare la formazione del personale se-condo le reali esigenze delle scuole. La RdR potrà quindi essere un elemento disostegno critico e costruttivo per l’avvio delnascente Sistema nazionale di valutazione epotrà diventare un interlocutore autorevoleper MIUR, INDIRE, INVALSI, Enti, istituzioni(RR come quarta gamba del Servizio Nazio-nale di Valutazione) e tutte le parti interessa-te non istituzionali.63

La Rete delle Reti ha mosso I primi passi nelconvegno internazionale INDIRE di Napoli enei seminari di Stresa sul Cambiamento.

I significatiL’idea della rete delle reti di scuole rimandaa una metafora utilizzata in molti settori. Im-maginiamo un sistema di nodi e di fili intrec-ciati di collegamenti che svolgono una fun-zione precisa in rapporto a uno o più scopi:reti di pescatori, rete internet, ...). Una rete non ha limiti o confini e si può esten-dere a piacere in tutte le direzioni purché visia un motivo per farlo e una disponibilità dirisorse. La comunicazione tra I suoi nodi av-viene attraverso I fili di collegamento che ten-

gono legati I nodi tra loro. I nodi e stabili-scono un sistema di legami interni, che, nelcaso delle scuole, possono essere rappresen-tati dagli scopi, dai progetti, dalle modalitàoperative e dalle relazioni.Una rete non ha un vertice o punti privile-giati, tutti I nodi possono esserne il centro. Al-cuni nodi possono essere più pesanti di altrie possono determinare curvature nella rete oaddirittura romperla quando le tensioni di-ventano superiori alla resistenza dell’insiemedei fili. Le eventuali smagliature, se sostenu-te dall’intera struttura, non portano alla rottu-ra della rete. Ogni nodo comunica con tuttigli altri senza gerarchie poiché nei fili flui-scono flussi informativi in ogni direzionecon un codice condiviso per la lettura e l’u-so dei dati da parte di tutti.La rete può avere una struttura e una me-trica. Quando le reti hanno la stessa strut-tura e condividono lo stesso scopo, posso-no collegarsi tra loro e dare luogo a reti piùgrandi disegnando strutture in cui I nodi so-no formati dalle reti stesse e I legami sonole forme di comunicazione condivise. Su un ordine di scala superiore, ogni nododi una rete di reti costituisce a sua voltauna rete. Ogni aggregazione porta con séuna capacità di ordine superiore di fissaresempre nuovi obiettivi e attivare scambi piùefficaci con l’ambiente. Il processo potreb-be continuare finché sussistono risorse. Questa è la strada percorsa per la costitu-zione della RdR, che va costruita con at-tenzione alle specificità e agli obiettivi deisingoli partner.La Rete delle Reti di scuole deve quindi pro-porsi come primo risultato quello del so-stegno al miglioramento dei singoli istituti,mettendo in comune le migliori pratiche erispettando le caratteristiche e le modalitàoperative di ciascuna: nell'ottica della qua-lità e del miglioramento continuo di risul-tati e processi.Nei Forum di Stresa è emer-so che il cambiamento nelle scuole può av-venire in molti modi e che non sempre co-incide con il miglioramento. Il riferimento resta sempre la centralità del-le esigenze dei destinatari del servizio e del-le parti interessate, nel rispetto della cornicecostituita dai fini istituzionali, senza I qualiviene a mancare il processo principale dellaqualità: realizzare l’incontro della scuola conI propri “clienti” per coglierne le esigenze esoddisfarle.

Questo processo dovrebbe essere il motorein grado di “tirare” e orientare i processi in-terni della scuola evitando sprechi di tempi edi energie, oltre ad appesantimenti burocrati-ci inutili, in una logica che migliori efficaciaed efficienza (lean thinking).Il miglioramento non può che derivare da unosnellimento delle procedure e dei mezzi perfare delle esigenze del Sistema cliente il cen-tro delle attività e delle iniziative formative. Alcune reti stanno lavorando a ricerche di al-leggerimento dei carichi di lavoro non ne-cessari in logica “Lean School”64.I soggetti fondatori della RR sono: •SIRQ, Scuole in rete per la qualità – Mar-chio SAPERI–TorinoE’ una Associazione di scuole fondata nel2001 per supportare i processi di autovalu-tazione e miglioramento degli istituti, pro-muovere ricerche, svolgere attività di for-mazione e contribuire a diffondere la cultu-ra della qualità e del servizio negli istituti.La rete SIRQ promuove a livello nazionalela metodologia della peer review e in colla-borazione con i propri partner gestisce ilMarchio Collettivo Nazionale “SAPERI” perla qualità e l’eccellenza delle scuole.(www.sirq.it; www.marchiosaperi.it )

•FARO, Formazione, Autoanalisi, Ricerca,Output – PalermoE’ una Rete di Scuole fondata nel 2001 perla ricerca della qualità nel sistema di istru-zione. Nel corso degli anni ha tracciato unpercorso di autoanalisi finalizzato al mi-glioramento attraverso lavori di ricerca e diconfronto in rete, anche a livello europeo.La Rete fornisce occasioni di formazione eorganizza periodicamente incontri delleScuole aderenti e convegni a carattere mo-notematico. (www.progettofaro.it)AU.MI.RE. ( già AU.MI. ) Autovalutazione –Miglioramento – Rendicontazione Sociale -AnconaLa rete, costituita da 154 istituzioni scolastichedi ogni ordine e grado della regione Marcheha ideato, sperimentato ed implementato mo-delli di autovalutazione, di miglioramento edi rendicontazione sociale. La sua esperienzadi ricerca bottom up ha contribuito alla cre-scita della cultura della qualità e della valu-tazione fin dal 1997 in sinergia con gli inten-ti della regione Marche e dell’USR Marche(Protocolli d’Intesa). La rete offre alle scuole servizi per la riela-borazione dei dati e per la loro comparazio-

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ne sul piano regionale; offre inoltre servizi diformazione del personale e di documenta-zione on line delle esperienze.AICQ Nazionale «Education», AssociazioneItaliana Cultura Qualità – MilanoE’ un settore nazionale di AICQ , associazio-ne accreditata MIUR per la formazione, cheha introdotto in Italia negli anni Cinquanta lametodologia e la cultura della Qualità (TQM).Il Settore AICQ Education si occupa di adat-tare al mondo della formazione e della scuo-la la cultura e la metodologia della Qualità, imodelli e i sistemi più diffusi quali: ISO, EFQM,CAF, producendo materiali e strumenti sumetodologia della Qualità, autovalutazione emiglioramento. Supporta e facilita la nascita direti di scuole. Ha istituito il GLSNV (Gruppo di lavoro siste-ma nazionale di valutazione) che affianca lescuole per realizzare autovalutazione, mi-glioramento e rendicontazione.Nel protocollo sottoscritto dalle quattro retisono state evidenziati con chiarezza gli sco-pi della RdR:•creare uno spazio libero per la circolazionedelle idee e delle iniziative delle reti

•diffondere la Cultura della Qualità nell’or-ganizzazione e nella didattica

•mettere in comune le migliori pratiche svi-luppate all’interno delle singole reti

•promuovere attività di ricerca, formazione,tutoring su temi condivisi

•organizzare periodicamente eventi comunidi condivisione e confronto

•esprimere una rappresentanza unitaria na-zionale nei confronti di enti ed istituzioni.

L’accordo prevede, in particolare, la costitu-zione di un Comitato per il coordinamentodelle attività, composto da membri designatida tutti i soggetti aderenti. L’adesione alle varie proposte e attività da par-te delle singole reti è basata sulla condivisio-ne degli obiettivi.Ogni rete potrà dedicare un’area nei rispetti-vi siti web alla RdR , con link ai singoli siti.L’adesione alla “Rete delle Reti” da parte dialtri soggetti, quali scuole, istituzioni, enti eassociazioni, operanti nell’Unione europea,viene approvata dal Comitato.Negli ultimi mesi i partner hanno avuto mo-menti di confronto e scambi di idee per l’av-vio delle attività della RdR. Una prima discussione ha riguardato i seguentipunti:•condividere link nei rispettivi siti delle Quat-

tro reti per la circolazione delle conoscen-ze su attività, progetti, materiali,

•sviluppare progetti nazionali: un Osserva-torio sulla formazione dei docenti,

•condividere materiali per la formazione, •continuare insieme attività di studio e ricer-che già in essere e promuoverne altre in li-nea con I problemi emergenti con l’avviodei processi di gestione del cambiamento,

•promuovere sperimentazioni comuni,•definire una giornata nazionale delle Reti oaltre iniziative analoghe da approvare,

•costituire un albo nazionale di esperti per laformazione e il miglioramento .

Ogni nuova rete che vorrà iscriversi a RdR do-vrà essere presentata da uno dei quattro sociRR e approvata dagli altri. La nuova rete, peressere iscritta, dovrebbe avere inoltre I seguentirequisiti: •una rappresentanza minima, in termini diiscritti, allo scopo di evitare un'eccessivaframmentazione (20 soci)

•avere attivato un sito web•perseguire scopi coerenti con quelli RdR•avere attività e storia documentateLa modalità per l’approvazione e per la cir-colazione in RdR delle proposte d’interessegenerale potrà avvenire tramite mail.

ConclusioniPer dibattere questi temi si sta organizzandoun primo convegno della RdR a Palermo. Ladata prevista è il 20 maggio. A Palermo sa-ranno poste le basi per fare della RdR la “Quar-ta gamba” del Sistema nazionale di valuta-zione, evidenziando il contributo che le varierealtà scolastiche possono dare al migliora-mento del servizio.Lo scopo della RdR è quindi quello di darevoce e spazio alle scuole creando un sogget-to competente e autorevole, in grado di por-si obiettivi ambiziosi e di raggiungerli.Un secondo incontro è già previsto a Stresa,nell’annuale Forum sul Cambiamento che siterrà quest’anno il 29 e 30 agosto.Questi due eventi saranno occasioni importantiper evidenziare i nuovi importanti obiettiviche si possono porre sistemi di scuole sem-pre più articolati e complessi.Le reti di scuole e la rete delle reti potranno co-stituire un antidoto contro la frammentazio-ne del sistema scolastico e mettere a disposi-zione risorse importanti per assicurare il mi-glioramento del servizio in un ottica di qua-lità e responsabilità etica e sociale.

n BIBLIOGRAFIAS. CAPOGNA, La traduzione locale di un si-stema formativo integrato. Il ruolo delle strut-ture intermedie, Franco Angeli, Milano, 2006.

A. COCOZZA, Dalla scuola alla rete: per unascelta consapevole, in “Rivista dell’istruzio-ne”, 2, marzo-aprile ‘11, Maggioli, Rimini.

G. ANSALDI, V. INFANTE, Atti convegno in-ternazionale INDIRE 2015, pg 231

M. PAGLIALUNGA, Atti convegno interna-zionale INDIRE 2015, pg 189

S. PULVIRENTI, Autonomie scolastiche e si-nergie operative sul territorio, Atti convegnoLagopesola (Potenza) 2006

S. PULVIRENTI, Atti convegno internaziona-le INDIRE 2015, pg 196

P. SENNI GUIDOTTI MAGNANI, Atti con-vegno internazionale INDIRE 2015, pg 232

n NOTE1 Presidente Settore Nazionale AICQ «Education»; co-

ordinatore GLSNV (Gruppo di lavoro sistema nazio-

nale di valutazione) AICQ «Education»; coordinatore

seminari di formazione open day; pubblicista in am-

bito scolastico [[email protected]],

2 Vedi Senni G. M: e Infante V., Progetto di supporto

alle scuole, in Qualità 3/2014, pp. 24-27.

3 Vedi in questo stesso dossier la documentazione rela-

tiva agli open day.

4 Sheila BOMBARDI è auditor Marchio Saperi, qualifi-

ca auditor ISO, valutatore esterno SNV [sheila.bom-

[email protected]]

5 Paolo SENNI GUIDOTTI MAGNANI è Presidente

Settore Nazionale AICQ «Education»; coordinatore

GLSNV (Gruppo di lavoro sistema nazionale di valu-

tazione) AICQ «Education»; coordinatore seminari di

formazione open day; pubblicista in ambito scolasti-

co [[email protected]].

6 ht tp: / /hubmiur.pubbl ica. is t ruzione. i t /web/

istruzione/pon/programmazione_2014_2020;

7 http://www.istruzione.it/snv/index.shtml;

8 PNSD, http://www.istruzione.it/scuola_digitale/;

9 http://www.istruzione.it/edilizia_scolastica/

10 http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/07/15/

15G00122/sg

11 http://www.erasmusplus.it/

12 Content and Language Integrated Learning

13 L. n. 107/2015, Riforma del sistema nazionale di

istruzione e formazione e delega per il riordino delle

disposizioni legislative vigenti. art. 1, c. 14

14 L. n. 107/2015, art. 1, c. 3

15 DPR 28 marzo 2013, n. 80, Regolamento sul sistema

nazionale di valutazione in materia di istruzione e for-

mazione

16 L. n. 107/2015, art. 1, c. 124

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17 L. n. 107/2015, in particolare art. 1, c. 78

18 È stata spesso dibattuta l’introduzione di un livello di

middle management stabile e dedicato

19 Alcuni dati: il 95% delle autonomie scolastiche ha

pubblicato il RAV; 47.000 docenti hanno fatto parte

dei nuclei interni di valutazione. Per i PdM sono fi-

nanziati 535 progetti di scuole (singole o in rete) e 20

progetti per le attività di formazione.

20 A.F. De Toni, A. Fornasier, “Knowledge manage-

ment”, Edizioni Sole 24 ore, 2012

21 Una quinta macro-capacità afferisce alla ridondanza

(di informazioni, competenze, ecc.); per approfondi-

menti A.F. de Toni, G. De Zan, Il dilemma della com-

plessità, Marsilio, 2015

22 Gian Carlo CERINI è Dirigente tecnico MIUR –

Membro della conferenza per il coordinamento fun-

zionale del SNV - Direttore de “La Rivista dell’istru-

zione”, Maggioli editore, Rimini.

23 G.Cerini, M.Spinosi, Autovalutazione. Costruiamo

insieme il RAV, Voci della Scuola, 7/2015, Tecnodid,

Napoli, 2015. Con interventi di A.M. Ajello, M. Ca-

stoldi, M.T. Stancarone, R. Stornaiuolo, F. Da Re, R.

Garuti, V. Monducci, A. Carlini, T. Montefusco, D. Cri-

stanini, G. Cerini., M. Spinosi.

24 INVALSI, La valutazione esterna delle scuole in Ita-

lia: a cosa serve, com’è realizzata? A cura Conferen-

za per il coordinamento funzionale del Sistema Na-

zionale di Valutazione. Febbraio 2016. www.invalsi.it.

25 Piano dell’offerta formativa triennale previsto dalla L.

107, la Buona Scuola.

26 M. Castoldi, Valutare le scuole dall’interno o dall’e-

sterno?, in “Rivista dell'istruzione”, n. 1, gennaio-feb-

braio 2011, Maggioli, Rimini. D. Poliandri, Quale

rapporto fra valutazione esterna e autovalutazione?,

in “Rivista dell'istruzione”, n. 3, maggio-giugno 2013,

Maggioli, Rimini.

27 Mercedes TONELLI è Insegnante scuola primaria; col-

laboratrice del Dirigente con funzione vicaria; re-

sponsabile/referente del Nucleo Interno Valutazione;

supervisore di Tirocinio presso la facoltà di Scienze

della Formazione Primaria di Bologna; conduttrice di

gruppo negli open day. [[email protected]]

28 Da questo punto di vista vedi nel presente dossier

Education l’approfondita e documentata riflessione

di Bombardi e Senni Guidotti Magnani, a pag. xx

29 Nella realizzazione degli open day sono stati di es-

senziale aiuto il manuale prodotto da AICQ Educa-

tion edito da Maggioli nel marzo 2015: A.A.V.V., Rap-

porto di Autovalutazione (RAV) e miglioramento –

Un manuale per le scuole, i docenti e i dirigenti e il

sito del GLSNV www.valutazionescuole.it

30 Giovanna CHIRICOSTA è Collaboratrice Vicaria del

DS IC 16 Bologna; Tutor coordinatrice C/O SFP UNI-

BO; Consigliere Onorario in Corte d'Appello; Peda-

gogista Counsellor specialista, CTU e PP.

[[email protected]]

31 Francesca CARAMPIN, già dirigente scolastica, mem-

bro del gruppo AICQ Education del Triveneto, con-

duttrice di gruppo negli open day [francesca.caram-

[email protected]]

32 Roberta TOSI è Docente al Liceo Sabin di Bologna,

collaboratrice del Dirigente con funzione vicaria; re-

sponsabile/referente del Nucleo Interno Valutazione,

conduttrice di gruppo negli open day

[[email protected]]

33 Vedi anche i riferimenti ai capitoli specifici del già ci-

tato Manuale Maggioli e gli strumenti offerti del Mini-

stero o dell’INDIRE

34 Nerino ARCANGELI è Vice presidente Settore AICQ

Education; Psicoterapeuta, valutatore INVALSI, [neri-

[email protected]]

35 Maria Nicoletta CERRIGONE è F.S. Nuove Tecnologie

e Animatore Digitale [[email protected]].

36 Nicoletta GUERRA è F.S. Valutazione e Autovaluta-

zione d'Istituto [[email protected]]

37 Come previsto dal modello TQM, sono state presenta-

te le fasi di processo del PdM: PLAN, DO, CHECK,

ACT

38 Vedi le caratteristiche dei “compiti significativi” e al-

tro in Franca Da Re, La didattica per competenze –

Apprendere competenze, descriverle, valutarle, Pear-

son, Milano, 2013

39 Marina BATTISTIN è Dirigente IC 16 Bologna; Coor-

dinatrice della rete di scuole AMICO (autovalutazione

miglioramento continuo);

[[email protected]]

40 Vedi ivi la tabella degli open day organizzati e tenuti

fra il 2015 e il 2016

41 Monia BERGHELLA è Insegnante di scuola seconda-

ria 1° grado; FS valutazione; RAV, miglioramento

PdM; valutatore ISO e INVALSI; membro Consiglio

Nazionale AICQ Education; conduttrice di gruppo

negli open day. [[email protected]]

42 Mercedes TONELLI è Insegnante scuola primaria; col-

laboratrice del Dirigente con funzione vicaria; re-

sponsabile/referente del Nucleo Interno Valutazione;

supervisore di Tirocinio presso la facoltà di Scienze

della Formazione Primaria di Bologna; conduttrice di

gruppo negli open day. [[email protected]]

43 Articolo 1 C 14 legge 107 13 luglio 2015

44 Giulio PAVANIN è ….[mail]

45 Cfr. Antonio Valentino, Del merito e delle responsabi-

lità, www.pavonerisorse.it, 11-01-2016

46 La legge 107, comma 7, individua 17 obiettivi di mi-

glioramento.

47 Punto a) del c.7 della L. 107

48 Risultati di profitto e di competenze raggiunte anche

sulla base di test di soddisfazione proposti agli studen-

ti (per la secondaria di II grado) in merito all’attività

svolta (vedi proposta al punto b)

49 La misura di qualità non dipenderà solo dal numero

di materiali inseriti ma soprattutto dal numero di col-

leghi che ne fanno uso.

50 Art. 1 comma 3

51 Vedi in proposito Franca Da Re, La didattica per

competenze, Pearson, Milano, 2013

52 Altre figure, come le FS e i due collaboratori del diri-

gente, sono già riconosciute nel FIS

53 Sul “gradimento” cfr. anche Stefano Stefanel, Valutare

il merito senza farsi male, www.pavonerisorse.it, 9

marzo 2016

54 MIUR, Dipartimento per la programmazione e la ge-

stione delle risorse umane, finanziarie e strumentali,

Progetto sperimentale VSQ – Valutazione per lo Svi-

luppo della Qualità nelle scuole, 2011.

55 Il RAV ha obbligato le scuole a individuare priorità

e traguardi a lungo termine nelle seguenti quattro

aree di miglioramento dei risultati di apprendimen-

to: prove standardizzate, risultati scolastici, compe-

tenze di cittadinanza e risultati a distanza. Vedi nel

presente dossier Education la breve descrizione d ei

quattro laboratori tenuti negli open day AICQ Edu-

cation intestati alle quattro aree obbligatorie di mi-

glioramento.

56 CLIL sta per Content and Language Integrated Lear-

ning e indica l’aggiornata metodologia per l’insegna-

mento delle lingue stranire.

57 Alcuni suggeriscono invece un’autovalutazione per

ogni voce. Sa la finalità è il miglioramento personale

auto valutarsi è utile e necessario ma trattandosi di as-

segnazione di un bonus sarebbe bene lasciare la valu-

tazione al dirigente.

58 Il contributo è stato progettato e rivisto in ogni sua

parte da entrambe le autrici; in particolare i paragrafi

1 e 3 sono stati scritti da Ira Vannini e i paragrafi 2, 4 e

5 sono stati scritti da Rossella D’Ugo.

59 Ira VANNINI è professore associato di Pedagogia

Sperimentale presso il Dipartimento di Scienze dell’E-

ducazione “G.M. Bertin”, Alma Mater Studiorum

Università di Bologna [[email protected]]

60 L’intero documento è consultabile all’indirizzo inter-

net: http://www.naeyc.org/files/naeyc/file/ positions/

PSDAP.pdf (consultato il 24.04.2016).

61 Vito INFANTE è Coordinatore SIRQ, Rete di Scuole e

Esperti per la qualità; Responsabile del Centro di Do-

cumentazione sul Marchio collettivo nazionale SAPE-

RI per la qualità e l’eccellenza della scuola. [mail]

62 A. Cocozza, Reti scolastiche e prospettive, Relazione

introduttiva al seminario LUISS Roma 30 novembre

2010. Nella ricerca è coinvolta anche la rete SIRQ.

63 Infante, V., La quarta gamba del sistema nazionale di

valutazione, in “Qualità”, n. 3, 2014

64 Sulla “Lean school” stanno seguendo un itinerario

formativo gruppi di ricerca costituiti da docenti e diri-

genti del Piemonte, della Sardegna e della Campania

y Valutazione e riforme della scuola: dal dire al fare yD

ossi

er L

A Q

UA

LITà

per

l’EDUCATION

46

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marzo/aprile 2016www.qualitaonline.it

Nonostante varie riforme lo abbiano re-so più funzionale, il mercato del la-

voro è e sarà sempre caratterizzato dalproblema intrinseco di come realizzare ilmatching tra domanda e offerta. Da un la-to, l’azienda (la domanda di lavoro) vuoleimpiegare soggetti talentuosi, che posseg-gano certe professionalità ed esprimanoun’adeguata motivazione verso quell’a-zienda. Dall’altro, chi offre il suo lavorodesidera trovare un impiego quanto piùpossibile adatto alle proprie capacità e al-la propria vocazione, insomma un impie-go che valorizzi il proprio talento. Perciò,far incontrare domanda e offerta richiededue passaggi, spesso difficili. Primo, un’azione di Talent Discovery daparte dei singoli: chi si offre deve cono-scere il proprio talento per individuare iltarget giusto, altrimenti rischia di offrirsinel luogo e/o nel ruolo sbagliati. Secondo, i Manager delle Risorse Umanedebbono impegnarsi nel Talent Scoutingper riconoscere il candidato che possiedeil talento desiderato.Che Talent Discovery e Talent Scoutingsiano questioni non banali lo testimonia ilfatto che, proprio su questi temi, a Mi-

chael Spence è stato assegnato il premioNobel 2001 per l’economia per il suomodello di segnalazione nel mercato dellavoro (pubblicato nel 1973), cui è segui-ta un’enorme letteratura. Nel modello, ilJob Seeker segnala il proprio talento aidatori di lavoro acquisendo un certo gra-do di istruzione, che è costosa per lui. I datori di lavoro offrono salari più elevatiai Job Seekers più istruiti, sapendo che lapercentuale di Job Seekers più talentuosiè più alta tra quelli istruiti, perché acqui-sire l'istruzione è meno costoso per lorodi quanto lo sia per i Job Seekers menotalentuosi. Così, l’istruzione trasmette aldestinatario (datore di lavoro) un segnalesul talento del mittente (Job Seeker).Inoltre, il proliferare delle forme di istru-zione e bisogni professionali sempre piùvariegati delle aziende complicano oggiulteriormente il matching nel mercato dellavoro. Perciò, assicurare la qualità delservizio agli studenti non può più limitarsia offrire una buona didattica ma deveestendersi anche a favorire il Talent Dis-covery e il Talent Scouting.È per questo che da ottobre 2015 è attivala Lumsa Talent Academy (LTA), nata dal-

la collaborazione tra la LUMSA e HRCAcademy Community, il network dei di-rettori delle Risorse Umane di oltre tre-cento tra le aziende più prestigiose ope-ranti in Italia, dedicato all’orientamento allavoro dei giovani.LTA è un programma articolato di JobGuidance che sviluppa forme avanzate distrutturazione della ricerca di impiego emezzi innovativi per stabilire il contattotra studenti (Job Seekers) e aziende, nellosforzo di far emergere per ciascun indivi-duo il proprio talento e alla ricerca di unmatching ottimale tra Job Seekers e azien-de.LTA ha ricevuto il plauso dell’On. StefaniaGiannini, Ministro dell’Istruzione, Univer-sità e Ricerca. Il Ministro ha fortementeauspicato una sempre più intensa colla-borazione tra mondo delle imprese e si-stema delle università, giudicando taleconnubio essenziale per affrontare il temacruciale di una disoccupazione giovanileche per il 40% non è dovuta alla con-giuntura economica, ma a fattori struttura-li tra cui spicca il disallineamento dellecompetenze possedute dai giovani all’u-scita dal sistema dell’istruzione rispetto aquelle richieste dalle imprese e dai datoridi lavoro in un mondo produttivo che sievolve a velocità inedite.Il programma si snoda in un’intensa seriedi seminari, laboratori, workshop e con-corsi di idee, finalizzati a fornire un’assi-stenza costante durante l’intero anno ac-cademico a chi a breve dovrà confrontarsicon le insidie di un mercato del lavoroquanto mai competitivo e in forte evolu-zione.Il reale valore aggiunto di tali attività ècertamente rappresentato dal coinvolgi-

47

i manager delle Risorse Umaneincontrano il talento dei giovaninell’Università LUMSA di Roma

y Training per la qualità del lavoro y

LUMSA Talent Academy

>> Giovanni FErrI e riccardo DI StEFANO

Tema

How can we match supply and demand of labor? Companies seek talented individuals,

job-seekers chasegood jobs. Matching demands that job-seekers learn their own talent

via a “Talent Discovery”, while companies’ HR Managers make a “Talent Scouting”. In-

creasing diversity in education forms and companies’ professional needs confuses the

matching.

Thus, academic quality must also favor job matching. That’s why Lumsa Talent Academy

(LTA) started as a partnership between LUMSA and HRC Academy, the HR Directors net-

work of most prestigious companies in Italy. LTA is a Job Guidance structured program

featuring advanced forms of organizing employment research and innovative means to

establish contact between students and companies to favor Talent Discovery and Talent

Scouting.

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marzo/aprile 2016 www.qualitaonline.it

mento dei Responsabili delle RisorseUmane con cui gli studenti hanno mododi interagire nell’ambito di un contesto in-formale, che favorisce il dialogo e il net-working. Inoltre, partecipando alle inizia-tive LTA si ha la possibilità di entrare a farparte della HRC Community e di esserecostantemente aggiornati sulle posizioniaperte nelle aziende del Network.Altro elemento rilevante è costituito dalsupporto allo sviluppo di una strategia diricerca attiva di lavoro grazie ai “tips &tricks” svelati dai Responsabili delle Risor-se Umane, perché se è vero che la situa-zione lavorativa non è semplice, è altret-tanto vero che i Job Seekers molto spessonon riescono a cogliere le opportunitàprofessionali esistenti perché privi del giu-sto orientamento, che parte dalla profon-da consapevolezza di se stessi, passa at-traverso la conoscenza del contesto che cicirconda e si conclude con l’acquisizionedegli strumenti per presentarsi al megliosul mercato del lavoro.«I progetti di LUMSA Talent Academy rap-presentano un’occasione unica per i no-stri studenti – ha dichiarato il Rettore del-la LUMSA, prof. Francesco Bonini – un’i-niziativa importante di orientamento al la-voro, un processo che comincia già du-rante il corso di studi, per valorizzare, ol-tre alle competenze che si acquisiscononel percorso accademico, il talento e le

attitudini dei singoli studenti, aiutandoli ascoprirli. Questo programma è fortementeinnovativo per la LUMSA e a livello na-zionale, è un progetto di apertura dell’u-niversità al lavoro».Giulio Beronia – Project Manager di HRCAcademy – sostiene: «Grazie alla nostradecennale attività a contatto con coloroche ogni giorno si occupano di lavoronella gestione del personale, abbiamo ac-quisito un’esperienza che ci rende grandiesperti delle dinamiche aziendali e delmercato del lavoro. Esperienza che abbia-mo deciso di mettere a frutto in una seriedi progetti dedicati all’orientamento deigiovani, che si ispirano ai principi di quel-la che chiamiamo HR Social Responsibi-lity secondo un’ottica che passa dal Re-sponsabile di Selezione alla Selezione Re-sponsabile. Ad esempio, le attività dei Ta-lent Days permettono agli studenti e aineo-laureati di sfatare alcuni falsi miti sulmercato del lavoro e di entrare in contattodiretto con Testimonial HR di prestigioseaziende del Network HRC che, per unagiornata intera, si mettono a disposizionedei giovani per rispondere alle loro do-mande e curiosità».«Nel 2016 – aggiunge Beronia – la profi-cua collaborazione tra HRC e LUMSA staproseguendo con un calendario fitto diappuntamenti e, in ogni evento, la rispo-sta dei partecipanti è stata davvero positi-

va. I giovani si sono sempre mostrati mol-to partecipativi e propensi all’interazionecon i Manager HR, cogliendo al megliol’occasione di sentire dalla viva voce deiprotagonisti delle Risorse Umane le dina-miche dei processi aziendali e di selezio-ne. Inoltre, ci fa molto piacere quando, altermine dei Job Corner, i giovani ci chie-dono di poter partecipare nuovamenteperché hanno acquisito strumenti utili alloro orientamento e al loro ingresso nelmondo del lavoro».Scendendo nel dettaglio il programmaLTA si suddivide in quattro tipologie di at-tività: i) Job Corner;ii) Talent days; iii) Job Contest, culminando poi con l’evento di chiusuraannuale denominato iv) Talent Meeting.Il Job corner rappresenta il servizio per-manentemente presente presso gli spazidell’Ateneo mirato a fornire le informazio-ni continuamente aggiornate sulle oppor-tunità di lavoro, ed in quest’ambito la par-tecipazione alla LTA si pone come unapalestra eccezionale per conoscere imeccanismi di recruiting delle aziende, invista di un imminente colloquio di lavoro.All’interno del format, i partecipanti sonocoinvolti in una serie di attività. In parti-colare, ricevono i dettagli delle job op-

y Training per la qualità del lavoro yTe

ma

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marzo/aprile 2016www.qualitaonline.it

portunities attive tra le aziende del net-work HRC e personalizzano i propri curri-culum vitae e profilo on-line, strumentiindispensabili a finalizzare una ricerca dilavoro. La tipologia di workshop Job Cor-ner si prefigge anche l’obiettivo di incre-mentare le capacità degli studenti di lavo-rare in team attraverso sessioni di ricercain co-working. Il servizio è erogato al ve-nerdì mattina con cadenza quindicinaleed in tutte le sessioni del Job Corner ipartecipanti hanno la possibilità di con-sultare oltre 1.500 posizioni aperte attive.Durante l’attività del Job corner, il primoargomento che viene affrontato con i gio-vani è quello dell’importanza della cono-scenza di se stessi. Infatti, senza un’ade-guata consapevolezza di sé, di quali sonole proprie attitudini e inclinazioni profes-sionali, non è possibile intraprendere al-cun percorso di orientamento. Per questaragione, il programma prevede sessioni diesercitazioni pratiche in cui i partecipantihanno la possibilità di “testare” le propriecompetenze, primo passo utile per com-prendere dove si vuole arrivare e qualeprofessione svolgere.Completata la riflessione su se stessi, sipassa alla conoscenza del contesto in cuibisogna inserirsi, dunque del mercato dellavoro, attraverso un’analisi delle caratte-ristiche e dei trend professionali in Italia eall’estero, con un focus sulle skills fonda-mentali per entrare in una organizzazio-ne: competenze linguistiche e digitali so-no un must oggi per lavorare in azienda,ma altrettanto importante è la capacità difare network.I Talent Days sono invece giornate diorientamento particolarmente intense per-ché occupano l’intera giornata e coinvol-gono circa un centinaio di partecipanti. L’obiettivo del meeting è, anche in questocaso, rendere consapevoli i partecipantidelle opportunità presenti attualmente nelmercato del lavoro promuovendouna cultura non discriminatoria dell’o-rientamento con il messaggio positivo sin-tetizzato nello slogan “siamo tutti talenti”.I giovani vengono guidati nella compila-zione di un bilancio di competenze, raf-frontandole poi con il panorama delle fi-gure professionali più richieste ed impa-rando ad utilizzare il corretto “glossariodel mondo del lavoro”.

Le attività sono costantemente presidiatedai professionisti HR, che correggono unodopo l’altro tutti i curricula dei giovani,fornendo preziosi consigli per una effica-ce redazione del cv. “Il Talent day – afferma Franco Di DioMagrì, Vice Presidente di HRC Academy –è un momento di orientamento al lavoroche si svolge partendo dalla necessità diprendere consapevolezza delle propriecapacità e dei propri mezzi, all’internodei quali il percorso di studi è un elemen-to propedeutico a diventare ciò che sia-mo. Siamo promotori di una logica di in-clusione, in cui ciascuno, identificando ilproprio talento nei confronti di un percor-so, lo specializza, persegue la propriapassione e di conseguenza sviluppa la ca-pacità di promuovere se stesso nel mondoaziendale”.Nei Talent days, un focus particolare è ri-servato alla ricerca di opportunità di lavo-ro tramite i social network e le banchedati specializzate, cui le aziende ricorro-no con sempre maggiore frequenza perindividuare i candidati più validi. I parte-cipanti hanno modo di far analizzare ilproprio profilo LinkedIn e di ricevere ri-scontri favorevoli per una congrua reputa-zione digitale.Infine, gli studenti sono coinvolti in unasessione di Co-working time, un vero eproprio laboratorio di ricerca attiva di la-voro in cui hanno potuto confrontarsi econdividere idee e contatti potenzialmen-te utili per identificare il proprio percorsodi orientamento.Il Job Contest è il concorso di autocandi-datura alle imprese di LTA. La partecipa-zione al concorso, oltre ad offrire oppor-tunità per forme di apprendistato e stagein azienda, permette di sviluppare capaci-tà auto-imprenditoriali attraverso un labo-ratorio di creatività e “start-up” mettendoin risalto gli studenti più talentuosi.Ogni iscritto sceglie dalla lista delleaziende del Network HRC quella a cuicandidare il proprio progetto. Una giuria ad hoc valuta le proposte mi-gliori, che saranno presentate in plenaria,davanti a oltre 200 HR Director delle piùimportanti realtà aziendali italiane e mul-tinazionali.Gli organizzatori garantiscono che tutti glielaborati saranno comunque inviati alle

aziende, che si renderanno disponibili aricevere una presentazione delle idee pro-gettuali, de visu o in web conference. Glistudenti e i neolaureati LUMSA che parte-cipano al Job Contest sono supportati nelfine tuning di produzione del progettodallo Staff HRC durante gli appuntamentiquindicinali del Job Corner.Il Contest, si sviluppa in 3 fasi: nella pri-ma, ogni partecipante sceglie l’aziendatarget a cui proporre il proprio elaborato"Project Proposal". In un secondo mo-mento la giuria composta da un giornali-sta, uno start-upper e un HR manager, se-lezioneranno le idee progettuali.I migliori elaborati vengono presentati inplenaria nell’annuale Talent meeting da-vanti ai direttori delle risorse umane pre-senti. Il meeting in questione rappresentail quarto ed ultimo format del ProgrammaLTA, un evento di grande risonanza cheaffronta i principali temi dell’agenda poli-tica nazionale su lavoro e welfare e chevedrà la partecipazione di oltre 150 pro-fessionisti del settore Human Resource ol-tre che gli interventi del Ministro del La-voro, Giuliano Poletti e degli amministra-tori delegati delle aziende strategiche delnostro paese. La giornata si concluderàcon una ”Opprotunity Fair” con gli standdelle aziende impegnate nella ricerca dipersonale.Lumsa Talent Academy è un'innovazioneche ci voleva, una palestra dove si impa-rano gli esercizi di base per approcciarsial lavoro. Ciascuno ha in sé un talento:deve scoprirlo per dare il meglio e ottene-re buoni posti di lavoro. In questa palestragli allenatori sono proprio gli HR Mana-gers delle principali aziende, che qui sie-dono dalla stessa parte dei giovani, nondall'altra parte della scrivania. Buon lavoro a tutti!

y LUMSA Talent Academy yTem

a49

GIOVANNI FERRI Prorettore alla didattica e al diritto allo studio

Università LUMSA di Roma; presidente

del Comitato scientifico della LTA.

www.lumsa.it

RICCARDO DI STEFANO studente del Dottorato in Scienze dell’economia

civile; membro del Comitato scientifico della LTA

- Università LUMSA di Roma

www.lumsa.it

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Selene ZOrZI

Formare i lavoratoriper migliorare le organizzazioni

persi fissare obiettivi e darsi regole, la ge-stione delle emozioni, l’equilibrio tra vitaprivata e vita lavorativa, la collaborazio-ne, l’abbattimento dei limiti che rendonole relazioni difficili, la gestione non-vio-lenta del potere? Dietro ogni modello dileadership c’è un idea di potere che infondo si basa su un’idea di essere umano.Il potere è la possibilità di mettere in mo-to il reale [Romano Guardini] e nasce trae per le relazioni umane [Aristotele].Ogni persona quindi esercita il poterenella modalità in cui gestisce le sue rela-zioni. Le degenerazioni del potere sempreanche relazioni degenerate [HannahArendt].

Chi ha una formazione umanistica risultacreativo e, come i sognatori e visionari,aiuta nei tempi di crisi, perché sa immagi-nare un mondo non ancora presente.Cosa c’entra questo con la formazione deilavoratori? Si potrà mettere un operaio di nuovo suun banco di scuola a studiare i rudimentidel latino? Certamente no.L’azienda però è rimasta forse l’unico luo-go in cui si fa ancora formazione, vistoche la scuola e la parrocchia stanno velo-cemente cedendo il passo, sostituiti dallatelevisione e dai social network.In azienda si possono ancora fornire ai la-voratori percorsi di formazione umana,che permettano di migliorare la consape-volezza del senso della vita e del lavoro,di elicitare la naturale attrattiva delle per-sone ai valori e alla bellezza, di provoca-re a riflettere e sviluppare le competenzenecessarie non solo a rendere il tempo eil luogo del lavoro un’occasione di ma-turazione e crescita personale, ma tuttoil territorio della propria persona comeun giardino da custodire e coltivare.Papa Francesco direbbe che per avereun’etica ci vuole prima una capacità con-templativa, cioè la presa di coscienza che“tutto è connesso” e della vasta rete di cuisiamo parte: ogni azione ha un impatto suuna rete biotica globale.Migliorare la situazione personale e inte-riore dei lavoratori non con l’obiettivo difarli produrre di più, per una speculazio-ne maggiore, ma per la convinzione l’im-presa di diventare persone migliori non vamai in fallimento. Ci si chiede come non possano diventa-re capitale sociale e aziendale la consa-pevolezza di sé, la responsabilità e il sa-

Un recente libro uscito negli Stati Unitiha trovato una caratteristica comune

a molti terroristi: una laurea in ingegneria.Secondo questo studio, i laureati/diplo-mati in ingegneria mostrano più propen-sione ad accettare le gerarchie e a inter-pretare il mondo attraverso categorie netteche mettono le sfumature in secondo pia-no. Queste caratteristiche risultano preva-lenti anche tra i “rivoluzionari”. Ovviamente questa non è una risposta alperché una persona possa arrivare a farescelte così drammatiche, e ci sono motivicertamente determinanti quali la povertà,le ingiustizie sociali, gli interessi di poterieconomici occulti, che spesso vengonoverniciati con la motivazione religiosa,ma che poco hanno a che fare con la spi-ritualità autentica. È comunque accertato che in campo reli-gioso il fondamentalismo si combatte gra-zie ad una corretta e attualizzata interpre-tazione dei testi.Se l’ermeneutica, cioè la capacità di inter-pretare, ci salva spesso anche dal poten-ziale violento dei nostri dialoghi e rela-zioni quotidiane, bisogna riconoscere chela formazione umanistica permette unaelasticità mentale capace di cogliere lesfumature, di non cadere preda di pregiu-dizi e stereotipi, di riformulare schemi dipensiero capaci di sviluppare potenzialitàinedite.Sembra che col latino e greco si impari ilsenso critico, si sviluppino capacità diconnessione e penetrazione dei significa-ti, ci si abitui a sentirsi più partecipi di unmondo globale. Certe discipline più di al-tre favoriscono l’approccio alle altre cul-ture, per la convinzione profonda che ildiverso è sempre comunque traducibile.

marzo/aprile 2016

y Training per la qualità del lavoro y50

www.qualitaonline.it

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marzo/aprile 2016

Se il potere è relazione, la modalità equalità di gestione dipenderà dalla perso-na che sono: a ben guardare scopriremoche il modo in cui gestisco l’azienda, saràil modo in cui gestisco le mie relazioni, lecarte, i bilanci, il modo in cui tratto miamoglie, i miei figli, e in fondo me stesso eil mio mondo interiore.La corruzione infatti è un modo di stare almondo al quale ci si abitua e che da

schema mentale diventa rete relazio-nale e cultura condivisa.L’idea che la personaumana sia un individuoisolato, come il centro

di un cerchio, eche per esistere de-ve eliminare gli al-tri; l’idea che cia-scuno sia mossoanzitutto dai suoiistinti e che questiistinti seguano lalegge del più forte

e della sopravvi-venza, porteràa pensare il po-tere come pos-sibilità di so-vrastare e co-

mandare sugli al-tri e lo si gestirà in modoviolento, così da avere ra-gione sugli altri.L’idea che la persona uma-

na sia come uno dei due fuochi di un ellis-se, e che dunque realizzi se stessa davverosolo in relazione all’altro, porterà a com-prendere che il suo bene proprio non puòessere a scapito del bene altrui, e condurràla persona ad una gestione del potere co-me potenza per mettere in atto qualcosa,per muovere leve di costruzione del benee del valore.Troppo spesso la dirigenza delle organiz-zazioni manca di competenze umane edetiche, pur avendo spesso quelle tecnico-scientifiche. Le competenze di gestionedel potere però sono sostanzialmentecompetenze umane e spirituali, nonscientifiche. È urgente quindi investirenella formazione umana, etica e spiritualedi lavoratori e manager, perché sono le le-ve spirituali che ci permetteranno di af-frontare e sopravvivere a trasformazioniprofonde e radicali come quelle attuali.L’importanza di formare alle competenzecostitutive della persona in relazione co-me il silenzio, l’ascolto, la comunicazio-ne, l’interpretazione critica della realtà, laconsapevolezza dei propri schemi cogni-tivi, la gestione delle emozioni, delle rela-zioni di genere e delle diversità culturali,emerge dalla diffusione che hanno avutole discipline che ci sembrano nuove comela PNL, il Coaching, il (diversity) Manage-ment (non-violento).Ma le questioni della conoscenza di sé,dell’analisi del linguaggio e della gestionedella comunicazione e delle relazioni so-

y Formare i lavoratori per migliorare le organizzazioni yTem

a51

no stati i temi fondamentali della filosofiaantica, della dottrina spirituale antica, del-la teologia e delle grandi narrazioni spiri-tuali che insegnano a scoprire le grandileggi della vita per poterla affrontare consapienza.I valori intangibili che nessun indicatorepotrà mai rappresentarli adeguatamenteproprio perché relazionali restano anchealtamente trafficabili, nonostante oggisembra non trasmetterli più nessuno.Il capitale spirituale è invisibile ma produ-ce effetti visibili, ove il trenta ove il ses-santa ove il cento per uno. Proprio per talimotivi urge una nuova alfabetizzazionesu questo capitale umano in azienda enella società..

n BIBLIOGRAFIA• CB. S. ZORZI - N. BRESCIANINI, Politica ed econo-

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http://www.orizzontescuola.it/news/scuola-e-lavoro-alle-

aziende-italiane-piace-liceo-classico-allena-mente-cer-

care-soluzioni, (consultato il 14.04. 2016);

• M. GRAMELLINI, “Il latino e la cyclette”, La Stampa

(31.10.2006), in:http://kellianos.blogspot.it/2016/02/

massimo-gramellini-latino-e-greco-sono.html, (con-

sultato il 14.4.2016.

SELENE ZORZIteologa, formatrice e Coach spirituale�

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Politica ed economiaUno sguardo spirituale

Natale BrescianiniBenedetta Zorzi

Editore San Paolo Edizioni

Pagine 112

2014

CollanaProblemi sociali d'oggi

www.qualitaonline.it

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www.qualitaonline.itmarzo/aprile 2016

LA CONCRETA UTOPIA DI ADRIANO OLIVETTIAutore: Franco FERRAROTTIEdizione: 2013Editore: Centro editoriale Dehoniano, BoPagine: 104Prezzo: € 6,50Il sociologo Franco Ferrarotti (unico supersti-te dei tre stretti collaboratori di Adriano Oli-vetti tra il 1948 e il 1960) racconta in modomagistrale il protagonista di quello che è sta-to “uno degli incontri più importanti” della suavita con la convinzione che sia necessario ren-dere giustizia all’opera dell’ing. Adriano e al-l’intento profondo che l’ha mossa. Non fu sol-tanto un buon padrone che voleva bene ai suoioperai; più che comandare voleva compren-dere. L’ing. Adriano (1901-1960) è stato unimprenditore illuminato, un «utopista tecni-camente provveduto», sindaco e deputato; al-la ricerca di un rapporto armonico tra città ecampagna, fra industria e comunità aveva ri-nunciato al “cottimo” ed aveva modificato lacatena di montaggio affinché la sua fabbricadiventasse un modello di socialità e di indu-strializzazione senza disumanizzazione. Pur-troppo con la sua scomparsa si è dissolto que-sto grande sogno italiano, anche se «molti so-no olivettiani e non lo sanno. Le idee pensa-te liberamente fino in fondo e vissute con co-erenza, camminano adagio, ma camminano,e possono ancora aiutare a costruire, pazien-temente, dal basso, una nuova storia»La struttura del libro: prefazione; l’uomo e lesue idee; un imprenditore creativo; politica ecomunità; la terza via; Vangelo e rilevazione;Documenti: dichiarazione di Ivrea(22.01.1955); l’esperienza sindacale di Ivrea;il «fordismo».

LA MORALE DEL TORNIOCultura d’impresa per lo sviluppoAutore: Antonio CALABRO’Edizione: 2015Editore: Università Bocconi Editore, MilanoPagine: 232Prezzo: € 16,50Perbattuta di Giulio Tremonti c’era «più mora-lità in un tornio che in un certificato di unabanca d’affari»; così ragionava i sul declinoproduttivo italiano e sull’esigenza di reagi-re.Nerché ella buona manifattura c’era «la chia-ve migliore per la crescita dell’Italia». L’atten-zione deve andare «alle attitudini al “bello eben fatto” che affonda le sue radici nelle bot-teghe del più vivace Medioevo e soprattuttonel Rinascimento di artisti e artigiani, architet-ti e costruttori ati(…). Ma anche alla straordinariavarietà delle produzioni italiane, ancor oggi at-tuale e competitive; ma anche allo sguardo col-to e curioso, creativo e innovativo, che ci hasempre portati a fare “all’ombra dei campani-li, cose belle che piacciono al mondo”; pro-dotti di qualità, forti di un ineguagliabile valo-re funzionale ed estetico, radicati nei valori delterritorio e in grado di conquistare» tutti. L’im-presa è cultura politecnica, sulla scia di Ulis-se, dei maestri del Rinascimento e di ingegne-ri filosofi. Capitoli del testo: 1) mercato, buone regole e capitalismo familiare; 2) competitività da ritrovare; 3) legalità, cultura contro mafia e corruzione; 4) neofabbrica, la forza del medium tech; 5) Ulisse politecnico, umanesimo e scienza; 6) capitale umano, tra diversità e inclusione; 7) ascoltare e decidere, qualità da buon manager; 8) impresa è cultura, tra umanesimo e scienza; 9) civiltà delle macchine e musica in fabbrica.

TOYOTA WAYI 10 insegnamenti di Taiichi Ono Autore: Yoshihito WAKAMATSUEdizione: 2011Editore: FrancoAngeli, MilanoPagine: 190Prezzo: € 25,50Yoshihito Wakamatsu dopo aver lavorato peranni al fianco del mitico Taiichi Ono (padre delnetodo “just in time” o Toyota ProductionSystem) ha sistematizzato gli insegnamenti delmaestro trasformandoli in i 10 “Insegnamen-ti”: 1) tu sei un costo! Prima di tutto riduci glisprechi; senza far questo, non potrai sviluppa-re le tue capacità; 2) una volta che hai comin-ciato, persevera nelle attività senza rinunciarefino a quando non ne sei veramente capace;mai fermarsi a metà strada; 3) cerca di trovar-ti in difficoltà e metti in difficoltà gli altri! Sicreerà così un divario di capacità rimarchevo-le con chi ama la vita comoda; 4) il tuo riva-le ti è superiore! In altre parole, tu puoi esserevincitore solo se cominci adesso; 5) lascia unatraccia nel tuo lavoro! Se ti si comanda dieci,con il tuo impegno cerca di fare undici; 6) fat-ti seguire, ma senza costringere nessuno a in-ginocchiarsi! Quindi devi guardare alle perso-ne con lungimiranza; 7) prima di tutto devi di-re: «ci riesco»! Troverai allora il modo per far-lo; 8) fai dell’insuccesso il tuo punto di forza!L’autentica fiducia in se stessi e perfino la buo-na fortuna nascono dal sollevarsi dopo una ca-duta; 9) evita di aggravare le condizioni di la-voro! Le persone sfruttano nel migliore dei mo-di il proprio cervello per “stare più comode”;10) le critiche dei clienti sono un richiamo peril successo! Non lasciartele sfuggire, non es-serne diffidente e riflettici a lungo.

Sergio BiniDirettore

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AssociAzionE iTALiAnA cuLTurA QuALiTàFEDERAZIONE NAZIONALEPresidente: Claudio ROSSOVicepresidenti: Sergio BINI, GiorgiaGAROLA, Ernesto SCURATIAssemblea: Giorgia GAROLA, MaurizioCONTI, Antonio SCIPIONI, AndreaMINARINI, Ettore LA VOLPE, Sergio BINI, Diego CERRA, VittorioCECCONIGiunta esecutiva: Sergio BINI, Giorgia GAROLA, Vincenzo MAZZARO,Claudio ROSSO, AntoninoSANTONOCITO, Ernesto SCURATISegreteria Nazionale: Annalisa ROSSI

ASSOCIAZIONI TERRITORIALIDELLA FEDERAZIONEAICQ - Associazione Italia Centronord20124 Milano - via M. Macchi, 42tel. 02 67382158fax 02 67382177 [email protected]: Maurizio CONTIAICQ - Associazione Piemontese10128 Torino - via Genovesi, 19tel. 011 5183220fax 011 537964 - [email protected]: Giorgia GAROLAAICQ - Associazione Triveneta30038 Spinea (VE) - Via E. De Filippo, 80/1tel. 351 0800386 - [email protected]: Antonio SCIPIONIAICQ - Associazione Emilia Romagna40129 Bologna - via Bassanelli, 9/11tel. 3355745309 - fax 051 [email protected]: Andrea MINARINIAICQ - Associazione Tosco Ligure

Piazza di Sant’Ambrogio (snc)50121 FirenzeTel. e fax 055 481524 - [email protected]. 340 7406432Presidente: Ettore LA VOLPEAICQ - Associazione Centro Insulare00185 Roma - via di San Vito, 17tel. 06 4464132fax 06 4464145 - [email protected]: Sergio BINIAICQ - Associazione Meridionale80126 Napoli - Via Cinthia, 39tel. 081 2396503 - cell 392 [email protected]: Diego CERRAAICQ - Associazione Sicilia90139 Palermo - via F. Crispi 108-120,c/o Ordine degli Ingegneri della Provinciadi Palermocell. 320 4376481 - fax [email protected]: Vittorio CECCONI

SETTORI TECNOLOGICISettore AlimentarePresidente: Claudio MARIANISettore AutoveicoliPresidente: Federico RIVOLOSettore CostruzioniPresidente: Antonino SANTONOCITOSettore Elettronico ed ElettrotecnicoPresidente: Giovanni MATTANASettore Servizi per i TrasportiPresidente: Luigi ZANNISettore TurismoPresidente: Dianella MANCINSettore Trasporto su RotaiaPresidente: Gianfranco SACCIONE

Settore EducationPresidente: Paolo SENNI GUIDOTTIMAGNANISettore SanitàPresidente: Mauro TONIOLOSettore Reti di ImpresePresidente: Luciano CONSOLATI

COMITATI TECNICIComitato Ambiente e EnergiaPresidente: Antonio SCIPIONIComitato Salute e SicurezzaPresidente: Diego CERRAComitato Metodi StatisticiPresidente: Egidio CASCINIComitato Metodologie di Assicurazione della QualitàPresidente: Francesco CARROZZINIComitato Normativa e Certificazionedei Sistemi Gestione QualitàPresidente: Cecilia DE PALMAComitato Qualità del Software e dei servizi ITPresidente: Valerio TETAComitato Risorse Umane e Qualità del LavoroPresidente: Piero DETTINComitato Laboratori di Prova e TaraturaPresidente: Massimo PRADELLAComitato Responsabilità SocialePresidente: Sergio BINI

Per l’attività formativa, ove non indicata, fare riferimento al sito internet delle Federate AICQ

n. 2 marzo/aprile 2016Edizione Nazionale AICQ

Autorizzazione del Trib. di Torino n. 783

del Registro del 28/11/52

ISSN 2037-4186

Direttore responsabile:

Sergio BINI

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Redazione: sede legale

Segreteria di redazione

AICQ - via Cornalia, 19 - 20124 Milano

Tel. 02 66712484 - Fax 02 66712510

Editore: Mediavalue srl

Via G. Biancardi, 2 20149 Milano

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Redazione e grafica: [email protected]

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Stampa: Italgrafica - Novara

Gli articoli vengono pubblicati sotto la responsabi-

lità degli Autori.

In conformità al D.lgs. 196 del 30/6/2003 e fatti

salvi i diritti dell’interessato ex art. 7 del suddetto de-

creto, l’invio di Qualità autorizza AICQ stessa al

trattamento dei dati personali ai fini della spedi-

zione di questa pubblicazione.

Distribuzione: La rivista stampata in 8.000 copie a

numero viene inviata a tutti i Soci AICQ in abb.

post., e ai responsabili qualità delle aziende.

Spedizione in abb. post. - DL 353/2003 (conv. in L.

27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Mi. Per l’I-

talia: 1 copia € 5,00, 1 copia arretrata € 15,00, ab-

bonamento annuo (6 numeri) € 55,00.

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ORGANISMO ACCREDITATO DICERTIFICAZIONE DI PERSONALE AICQ – SICEV SRL20124 Milano - via E. Cornalia, 19tel. 02 [email protected]

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