il mondo domani

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ISSN 1724-7594 POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABB.POSTALE DL 35372003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 - N.46) ART. 1, COMMA 2 - DCB - ROMA ANNO XXX NUOVA SERIE - N.3 MAGGIO - GIUGNO 2009 la morsa della crisi uniti per i bambini il MONDODOMANI Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF - Onlus il MONDODOMANI Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF - Onlus

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Questo numero del Mondo Domani è incentrato sulla crisi che ha colpito l'economia mondiale a partire dal 2008. Presenta le riflessioni di giornalisti, economisti e ricercatori che prendono in analisi gli effetti della crisi sulla popolazione mondiale, con particolare riferimento ai paesi in via di sviluppo. Dai diversi contributi emerge come le ricadute della crisi sui più poveri impongano un uso più consapevole degli strumenti finanziari e una conduzione più equa delle politiche economiche globali. Contributi, tra gli altri, di Michele Tucci, Gianni Rufini, Tommaso Portogalli, Guido Barbera e Loretta Napoleoni.

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Anno XXX nuova serien°3 maggio-giugno 2009Il mondodomani

Registrazione Tribunale di Roma n. 304 del 25.5.89

DirettoreVincenzo Spadafora

Direttore responsabileSusanna Bucci

RedazioneSilvia AntoniniPatrizia PaternòRaffaella Zannetti

Si ringraziano tutti coloroche hanno collaborato a questo numero:

Guido Barbera, Gaspar Fajth,Loretta Napoleoni,Tommaso Portogalli,Gianni Rufini,Michele Tucci,Ronald U.Mendoza,

Redazione e amministrazioneVia Palestro, 6800185 Romatel 06478091fax [email protected]/mondodomani

Progetto grafico

Silvia Persi

Impaginazione

Kaoma

Stampa

PrimeGrafVia Ugo Niutta, 2 00176 Romatel 062428352 fax 062411356

Finito di stampare il 30/06/2009su carta ecologica e riciclataSymbol Freelife Satin

Le opinioni espresse dagli autori nonriflettono necessariamente il pensierodell’UNICEF e del Comitato Italianoper l’UNICEF - Onlus

Contributo annuale per spese distampa e spedizione 20,00 euroda versare sul ccp 745000intestato a Comitato Italiano perl'UNICEF - Onlus, con causale: “ilmondodomani”

editoriale

Un pericoloso alibidi Vincenzo Spadafora, Presidente Comitato Italiano per l’UNICEF

Ogni crisi nasconde in séalmeno un'opportunità. Lacrisi economica e finanziaria inatto comincia a far sentirepesantemente le sue ricadutesociali. Le statistiche inter-nazionali forniscono un quadronon roseo in tema di disoccupazione, parlanodi un abbassamento progressivo della soglia dipovertà e, contestualmente, di un aumento delnumero di "nuovi poveri". Questa crisi ha unadoppia faccia: quella dei paesi in via di svilup-po, dove la debolezza strutturale di scenarionon fa che aggravare le condizioni di povertà edi endemica arretratezza già presenti e quelladei paesi sviluppati, dove ritornano fenomeni diindigenza diffusa, emarginazione e disagiosociale. Le fasce più vulnerabili sono quelletradizionalmente più deboli, a cominciare dadonne e bambini. Occorre mettere in campo una risposta artico-lata a questa emergenza, per poi gettare lefondamenta di una ridefinizione delle regoledello sviluppo internazionale. Sotto il primo profilo, l’UNICEF ha più voltereiterato l'appello a garantire misure adeguatedi tutela sociale, con particolare riferimentoall'infanzia e ai nuclei familiari più vulnerabili. Alcontempo appare necessario, come ricordatoda numerose e autorevoli voci, non assumerequesta crisi finanziaria come un alibi per unaridotta attenzione alle politiche dello sviluppo edella cooperazione internazionale. L'Italia, nella sua veste di Presidente di turnodel G8, ha il dovere di portare al tavolo pro-poste operative e concrete per un nuovo pianodi aiuti internazionali, che siano, rispetto alrecente passato, il frutto di un nuovo "patto perlo sviluppo" sottoscritto da paesi donatori ebeneficiari. Quella che stiamo attraversando è

una crisi pesante e pervasiva,per la quale non appare suffi-ciente un semplice palliativo.Se i governi commetterannol'errore di sottostimarla, nontenendo nella giusta consider-azione l'effetto di allargamento

della forbice mondiale tra un numero ristrettodi nuovi ricchi e una fascia sempre più poveradella popolazione mondiale, allora ci staremosemplicemente preparando alla prossima, de-vastante depressione. L'opportunità risiede invece nel fare tesoro del-l'esperienza e nel non posticipare più neltempo la ricerca di una soluzione duratura aemergenze quali povertà, malattie, sfruttamen-to minorile, cambiamenti climatici, assenza diun livello di istruzione adeguata per troppibambini.Per discutere di questi temi l’UNICEF Italiacelebrerà a Napoli, dal 9 all'11 luglio, il suomeeting annuale dei volontari. Esperti, accade-mici, intellettuali italiani e internazionali si con-fronteranno per tre giorni sulle implicazioni diun'autentica cultura dei diritti nel XXI secolo. Un appuntamento reso ancora più importantedalle significative celebrazioni, in corso pertutto il 2009, del ventennale della Convenzioneinternazionale sui diritti dell'infanzia e dell’ado-lescanza. In quegli stessi giorni, peraltro, sisvolgerà a L'Aquila il fondamentale vertice deiCapi di Stato e di governo del G8. Attendiamo a Napoli tutti i nostri collaboratori, inostri volontari, i responsabili degli uffici territo-riali. A loro desidero rinnovare il mio personaleringraziamento per la straordinaria opera cheprestano quotidianamente. Grazie al loro con-tributo sappiamo di poter affrontare con mag-giore consapevolezza e con entusiasmo le diffi-cili sfide che ci attendono.

03 Affrontare le prossime ristrutturazioni tecnologiche di Michele Tucci

05 Proteggere i più vulnerabilidi Gaspar Fajth e Ronald U.Mendoza

08 La guerra delle banconotedi Gianni Rufini

10 Una concreta alternativa di Tommaso Portogalli

12 Cominciare dall’ascoltodi Guido Barbera

14 Verso una nuova Bretton Woods?di Antonio Panetta

15 Riflessioni di Loretta Napoleoni

16 Libria cura di Patrizia Paternò

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In Somalia, le conseguenze delle carestie dovute alla grande siccità del 2006 hanno determinato, insieme alla mortedel bestiame, l’aumento dei tassi di malnutrizione nei bambini e negli adulti. Le famiglie, a causa dell’instabilità

politica e della crisi economica si spostano in cerca di acqua e cibo. Sono oltre otto milioni le persone cherichiedono assistenza di emergenza nei paesi del Corno d’Africa, oltre alla Somalia: Kenya, Etiopia e Gibuti.

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L’esperienza ci mostra come, in ogni epoca, i siste-mi economici siano caratterizzati da continui muta-menti. Se tali variazioni vengono ritenute nellanorma, nessuno si preoccupa. Nel nostro immagi-nario attribuiamo all’economia una struttura mecca-nicistica: in analogia alle oscillazioni del pendolo,supponiamo che esista un punto di equilibrio,intorno al quale si verifichino delle periodiche flut-tuazioni. Nulla di più errato! In realtà, i sistemi eco-nomici sono continuamente sottoposti ad unprocesso evolutivo: si trasformano nel tempo se-condo meccanismi complessi, la cui comprensioneè ancora lontana dal potersi considerare adeguata.Il punto di partenza per lo studio di tali fenomeni ècostituito dalla teoria sviluppata da Darwin per ana-lizzare l’evoluzione degli esseri viventi. Se applichia-mo tale approccio alla sfera economica, è evidentecome in realtà ogni tipo di mutamento, indipenden-temente dall’ordine di grandezza, implichi una mod-ifica nella struttura del sistema. Tuttavia, nel mondo della natura i processi evolutivipossono limitarsi ad alterare il colore del piumaggioin una specie di uccelli, oppure possono causarel’estinzione dei dinosauri. Certamente si tratta di fenomeni ben diversi! Specialmente se ci poniamo dal punto di vista deidinosauri... Nell’ ambito dell’economia possiamoosservare andamenti del tutto analoghi: le piccolevariazioni – quelle che le statistiche indicano nell’or-dine dei decimali – e le grandi depressioni sonoambedue il risultato di processi evolutivi. Se siesaminano gli eventi da tale punto di vista, non cisi preoccuperà di ricondurre il sistema economicoverso un fantomatico stato di equilibrio, ma sicercherà di intuire la natura della trasformazione,per tentare di facilitare il cambiamento, attenuan-done gli aspetti più traumatici. In conclusione, sin-tetizzando il punto di vista appena esposto in unasingola frase, potremmo dichiarare: «Più Darwin,meno Newton!». Oppure: «Evoluzione, piuttostoche equilibrio!».

La situazione attuale viene paragonata allaGrande Crisi – la crisi per antonomasia, quella del’29. Se poi risulterà essere più o meno grave di

quest’ultima, potremo capirlo solo quando ne sare-mo usciti. Ma la fine è ancora lontana... Il fenome-no che ha dato inizio alla situazione attuale puòessere definito come l’improvvisa liquefazione divalore economico nel cuore stesso del sistema,ovvero nella sfera della finanza internazionale. Ingergo, possiamo sintetizzare il problema con l’e-spressione: «C’è in giro troppa cartaccia» – ovverole istituzioni finanziarie sono piene di titoli a cui nonè possibile attribuire un valore certo. Ma come si ègiunti a tale situazione?

Difficile dirlo... Eppure, è innegabile che gli ulti-mi decenni siano stati caratterizzati da una notevolecrescita dell’economia reale su scala mondiale.

Nuove aree del pianeta sono state investite daun intenso processo di sviluppo industriale.

Paradossalmente, malgrado tutto ciò, sem-brerebbe che sia venuto a mancare quel clima difiducia, necessario a rendere accettabile il livello diincertezza richiesto dalla situazione. Da chedipende questo venir meno della credibilità?

Se non può essere imputato ad un’insufficientecrescita dell’economia reale, potrebbe forsederivare da timori riguardanti gli sviluppi che ciattendono nel prossimo futuro? Si tratta di un que-sito che sembrerebbe suggerire scenari funesti...Non è certo possibile dimenticare che la crisi del’29 ha aperto la strada alla Seconda guerra mondiale.

Evitando di abbandonarci a stati d’animo nega-tivi, dobbiamo sgombrare il campo dagli interroga-tivi legati al bisogno psicologico di essere rassicu-rati. Chi sono i colpevoli di questa crisi? Era possi-bile evitarla? Perché non si è operato in taledirezione? È possibile stabilire delle norme che cisalvino dalle crisi future? Anche se a tali domandepotessimo rispondere adeguatamente, non ne trar-remmo in ogni caso suggerimenti utili peraffrontare gli eventi attuali. Ciò non vuol dire tut-tavia che non sia possibile fare alcunché. O chenon possiamo tentare di formulare qualche previ-sione. Se è vero che il fenomeno nella sua globalitàci sfugge, ciononostante siamo in grado di analiz-zare alcuni aspetti specifici. Ad esempio, la politicaseguita dalle banche centrali, consistente nell’inon-

copertina

Affrontare le prossimeristrutturazioni tecnologiche

I sistemi economici mondiali subiscono, nel corso degli anni, fisiologici cambiamenti dovuti agli stessi criteri evoluzionistici che Darwin applicava agli esseri viventi. Per individuare possibili soluzioni e rimedi alle crisi bisogna ricercare, a ritroso, i motivi che le hanno determinate.

di Michele Tucci

Docente di analisi economica della trasformazione sociale, dipartimento di Economia Pubblica,

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

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dare il mondo della finanza di liquidità a tassi pres-soché nulli – e quella dei governi, basata sullaspesa pubblica – presentano tutta una serie diaspetti che possono essere valutati con ragione-vole certezza. Si tratterà di vedere se nel prossimofuturo avranno la prevalenza gli effetti positivi –consistenti essenzialmente nel sostegno all’econo-mia reale – oppure quelli negativi: l’aumento dell’in-flazione e l’appesantimento dei bilanci pubblici.

Cerchiamo dunque di individuare qualche lineadi tendenza per i prossimi sviluppi della situazioneeconomica, con particolare riferimento alle areemeno sviluppate del globo.

La politica dei flussi

La prima, e più ovvia, considerazione consiste nelprevedere una diminuzione degli aiuti internazionaliforniti ai paesi più disagiati. In alcuni casi, ciò avver-rà senz’altro. In altri, considerazioni politichepotrebbero mettere in ombra ogni valutazione dibilancio: non è certo il momento di abbandonare ase stesse regioni ove potrebbero nascere peri-colosi conflitti. Del resto, rimane aperta la que-stione relativa al buon utilizzo dei flussi finanziari,indirizzati verso le aree meno sviluppate del globo:a volte risulta impossibile impedire fenomeni dicorruzione. In passato, tali meccanismi hanno osta-colato lo sviluppo economico. Nel contesto pre-sente, è chiara la politica da seguire nei paesiappartenenti alla fascia con reddito pro capite piùbasso: impedire l’aggravamento delle condizioni dipovertà della popolazione. Per ottenere tale obietti-vo, spesso è necessario mantenere in vita formeeconomiche basate su tecnologie superate: perprimo, le iniziative volte a creare posti di lavoroattraverso la pratica dell’agricoltura tradizionale. Nelbreve periodo, non c’è alcun dubbio che tali pro-poste possano mitigare lo stato di disagio diffusofra la popolazione il quale, se lasciato crescere,potrebbe sfociare in contrasti sociali altamente di-struttivi. Tuttavia, è innegabile che nel lungo periodo

tali politiche debbano essere affiancate – e se pos-sibile sostituite – da iniziative volte a inserire i paesiin questione nel mondo delle tecnologie avanzate.

Vediamo qualcosa di più su quest’ultimo punto. Nella sfera economica, le grandi trasformazioni

evolutive implicano una profonda modifica del si-stema produttivo. Tale evento si accompagna sem-pre alla comparsa sulla scena di tecnologie innova-tive. È altamente probabile, dunque, che anchequesta volta la crisi in atto acceleri il processo disostituzione delle tecnologie obsolete, rendendocosì possibile un ulteriore sviluppo dell’economiareale e mitigando nel contempo la carenza di fidu-cia, alla base della crisi finanziaria. Se non si vuoleaccrescere il divario fra le regioni più avanzate delglobo e i paesi meno sviluppati, questi ultimi nonpossono rimanere estranei a tale mutamentoepocale. Dunque, ogni sforzo deve essere fatto perfar sì che un sufficiente numero di studenti, prove-nienti dalle regioni in via di sviluppo, sia messo ingrado di accedere all’istruzione superiore, cosicchépossa operare da tramite per attenuare il divario frale due aree del pianeta. A tal fine, è necessario chevenga fornita un’educazione adeguata nella primainfanzia. Solo in questo modo risulta possibile far sìche chi abbia il desiderio e la capacità di continuaregli studi possa raggiungere tale traguardo. Sussisteun elemento in grado di facilitare il progetto inquestione: le tecnologie avanzate tendono a dipen-dere fortemente dal capitale umano: il bagaglio diconoscenze in possesso degli specia-listi. Ancheun ristretto gruppo di studiosi, che abbiano rag-giunto un sufficiente livello di preparazione, puòconseguire risultati di grande valore. Dunque,seppure i paesi in via di sviluppo non potrannocontare su un numero di ricercatori pari a quellodei paesi più avanzati, tuttavia la possibilità di svol-gere un ruolo di rilievo non è così bassa come laprima impressione tenderebbe a suggerire.Occorre tuttavia la volontà di percorrere tale stra-da!

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La parte più cospicua del reddito delle famigliepovere è spesa in viveri di prima necessità. Di con-sequenza un incremento dei prezzi dei generi ali-mentari ha un effetto sproporzionato su questefamiglie rispetto a quelle benestanti. Nonostanteun recente ribasso, i prezzi dei cereali rimangonooggi a un livello sostanzialmente più alti del trenddi lungo termine. Secondo i nostri calcoli, anchedopo l’incredibile punta dell’anno scorso, i prezzidel riso e del mais sul mercato globale rimangonoancora un 40-50% al di sopra del trend mediodegli ultimi dieci anni. I prezzi interni dei generi ali-mentari, nei paesi più poveri del mondo, riman-gono molto al di sopra dei livelli storici. La realtà èche per la maggioranza delle famiglie a basso red-dito, la crisi alimentare non è ancora finita.

Rapporti e indagini mostrano un aumento allar-mante della malnutrizione nei bambini. L’annoscorso un numero crescente di famiglie povere èstato costretto a ridurre la quantità e la qualità deipropri alimenti. In Mali, per esempio, l’UNICEF haprevisto un aumento del 14% nel tasso di malnu-trizione infantile. In Kenia le scuole hanno segnala-to un numero sempre più alto di bambini che

arrivano a lezione affamati, perchè le famiglie nonpossono più permettersi il latte per la colazione emolte volte neanche un po’ di porridge e di tè. Giàprima della crisi, un bambino su sette nel mondosoffriva per la fame. Un recente studiodell’UNICEF fa notare che nell’Asia meridionale400 millioni di persone soffrono oggi la fame, unincremento di quasi un quarto rispetto a primadella crisi dei prezzi.

Intanto, l’effetto a onda della crisi finanziariacrea nuove vulnerabilità. Usando una sempliceanalogia potremmo dire che la crisi nei paesi indu-strializzati è come un macigno buttato nel mezzodel lago dell’economia globale: per via delledimensioni e dell’importanza dei mercati di questipaesi, gli effetti della loro crisi si allargano benoltre le loro frontiere. La crisi dei consumi neipaesi ricchi frena o danneggia le possibilità disviluppo dei paesi esportatori, come la Cina,l’India, il Messico, la Tailandia o il Vietnam. Questoa sua volta ribassa il mercato per le risorse pri-marie, che sono la prima fonte di reditto per moltipaesi poveri, specialmente in Africa. Il tutto èseguito da un declino netto degli investimenti

l’azione dell’UNICEF

Proteggere i più vulnerabili

di Gaspar Fajth e Ronald U.Mendoza

Gli autori sono rispettivamente il responsabile e un economista dell'Unita di Politica Sociale e Analisi

Economica dell'UNICEF Internazionale

Circa la metà della popolazione infantile mondiale rimane ancora oggi immersa nellapovertà. L’impatto della volatilità del costo degli alimenti e del petrolio, l’instabilitàfinanziaria e la recessione globale - che sono gli elementi critici dell’attuale situazioneeconomica - minacciano di incrementare sostanzialmente il numero dei bambini che vivetra fame e stenti.

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casi, anche degli aiuti economici diretti ai paesipoveri. Si peggiora così lo squilibrio dei bilanci dipagamento e dei bilanci fiscali di questi paesi, chesono cosi costretti a tagliare sulle spese.Pressione sulle finanze pubbliche significa contra-zione delle spese per l’istruzione, la sanità e deglialtri investimenti sociali, causando il declino dellaqualità e accesibilità di scuole, servizi sanitari ealtri beni e servizi di pubblica necessità.

Il divario che si sta aprendo nei bilanci dei paesiin via di sviluppo minaccia di vanificare i recentiprogressi ottenuti nella riduzione della povertà, nelmiglioramento della nutrizione, della salute e del-l’istruzione dei bambini, che sono i risultati degliobiettivi posti dalla Millenium DevelopmentAgenda. Nelle crisi del passato i budget per lasalute e l’istruzione hanno sempre sofferto, tra-ducendosi in rischi maggiori per le donne in gravi-danza. Inoltre molte famiglie non hanno più potutomandare i propri bambini a scuola o compraremedicinali, con conseguenze drammatiche.

Durante la crisi del 1989-1990 per esempio, inPerù la mortalità infantile è cresciuta del 2,5%,mentre in Messico, durante la “Tequilla crisis” lamortalità dei bambini al di sotto dei cinque anni èaumentata di un vertiginoso 7%. Durante la crisi finanziaria asiatica del 1997, inIndonesia, la percentuale dei bambini tra i sette e idodici anni che non frequentava la scuola rad-doppiò, dal 6 al 12%.

Rispondere alle minacce della crisi

L’UNICEF ha sempre portato la voce dei bambini aipiù importanti fora internazionali, spesso indirizzan-do i propri appelli ai livelli più alti della politicanazionale e globale. L’UNICEF promuove unapproccio basato sull’analisi e la raccolta di dati diuna determinata situazione e sulle molteplicicause della vulnerabilità dei bambini nei vari paesi;promuove il knowledge networking sulle motiva-zioni della povertà infantile per facilitare la messain atto di interventi preventivi e infine promuove laconoscenza su come le iniziative legislative, lepolitiche e i programmi sociali contribuiscono asoddisfare i diritti dei bambini.

Lo scorso anno l’UNICEF ha risposto alla crisidei prezzi degli alimentari riallocando 50 millioni didollari del proprio budget per aiutare 42 paesipoveri, dove la malnutrizione dei bambini è a livellicronici o acuti e la salute di madri e figli è in gravepericolo, prestando attenzione specialmente allecomunità afflitte da povertà acuta, malaria,HIV/AIDS. Grazie a questo aiuto centinaia di miglia-ia di bambini, donne incinte e neonati, che vivononelle condizioni più precarie, sono stati raggiunticon cibi terapeutici, supplementi nutritivi, servizisanitari di emergenza. Grazie alla collaborazionecon organizzazioni partner, molte comunità sonostate raggiunte con acqua potabile e interventi sa- ©

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nitari di base.Combattere i molteplici effetti della crisi glo-

bale pone ancora più difficiltà che combattere lacrisi dei prezzi. Diventa così necessaria una col-laborazione più stretta tra le parti interessate, igoverni locali e federali, le organizzazioni civili e leorganizzazioni internazionali, comprese le isti-tuzioni del Bretton Woods (la Banca Mondiale, ilFondo Monetario Internazionale). Per questa col-laborazione è necessaria una base di infor-mazione comune migliore, per poter valutare lasituazione attuale e gli sviluppi futuri. Per questoscopo è inoltre necessario raccogliere più infor-mazioni in tempo reale, per esempio attraversoindagini e rapporti dai cosiddetti “siti sentinella”,che sono in genere scuole e ospedali (dove leinformazioni sugli sviluppi possono essere rac-colte e trasmesse attraverso format più moderni,come per esempio un messaggio SMS).

Sostenere e migliorare l’accesso ai servizisociali - la nutrizione, l’istruzione, l’approvvigiona-mento di acqua potabile, l’assistenza sanitaria pri-maria e la protezione dei minori - rimangono criti-ci per donne e bambini. Per i paesi con risorsefiscali libere (come la Cina, l’India, il Brasile ol’Indonesia), le iniziative per accrescere la doman-da dei mercati interni offrono opportunità impor-tanti per sostenere interventi chiave per i bambi-ni. Nei paesi dove le risorse fiscali sono piùridotte è necessario riconsiderare le priorità deibilanci pubblici. L’UNICEF e i team regionali delleNazioni Unite stanno lavorando in un rapportosempre più stretto con i Ministeri della finanza ele altre istituzioni relative in tutti i maggiori sce-nari.

È importante inoltre far notare che in moltipaesi in via di sviluppo esiste un’opportunità dirispondere alla crisi dei mercati introducendo orafforzando interventi sociali sensibili ai bambini,come certe forme di transfer monetari condizio-nali o incondizionali, la distribuzione di beni innatura per le comunità e le famiglie bisognose eaiuti speciali per i più svantaggiati (per esempiobambini che vivono con disabilità o senza genito-ri, che appartengono a minoranze, che vivono instrada o che sono esposti alla migrazione) chehanno prodotto risultati concreti e misurabili suilivelli di nutrizione, istruzione, ecc. Per massimiz-zare gli effetti positivi sulla vita dei bambinil’UNICEF è costantemente impegnato, con i suoipartner, in 145 programmi di previdenza sociale einiziative di riforma nei paesi in via di sviluppo.

Insieme con gli interventi alimentari e con l’ac-cesso ai servizi di base, queste iniziative di previ-denza sociale potrebbero far parte di un “socialfloor”, le fondamenta di un edificio di previdenzasociale, che potrebbe essere presente in ognipaese che intende proteggere i suoi bambinidagli effetti della crisi in atto e di quelle future.

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Naturalmente, la crisi finanziaria avrà effetti negati-vi sugli aiuti internazionali. In un ambito in cui leiperboli sono molto comuni, non possiamo fare ameno di definire questi effetti come devastanti,per quantità, qualità e durata nel tempo.

Partiamo, intanto, dal quadro dei bisogni, cioèdagli effetti finanziari diretti sui paesi poveri, chevedranno una riduzione degli introiti fiscali e com-merciali tra i 270 e i 700 miliardi di dollari2.

Questo avrà un forte impatto anche sulle politi-che di restituzione del debito, introducendo ulte-riori fattori di crisi, tagli del bilancio pubblico e deiservizi sociali, politiche monetarie restrittive.

Colpiti - negli ultimi anni - dall’aumento dell’in-flazione, da fame crescente e aumento delladisoccupazione, i paesi poveri affrontano adessoun calo nelle rimesse degli emigranti ed un taglio- da molti stimato del 30% - nei finanziamenti perlo sviluppo e l’aiuto umanitario. Già lo scorsoanno, a causa dell’aumento del prezzo del cibo edell’energia, è ritornato a crescere il numero dellepersone colpite da fame estrema. Sono 100 milio-ni in più rispetto al 2007 (+10%)3.

Tradotto in termini di impatto sulla vita dellagente, la Banca Mondiale stima che nel solo2009, la crisi finanziaria provocherà la morte di 200-400.000 bambini nella fascia sotto i cinqueanni d’età. E se continuerà nei prossimi anni, arri-veranno a 2,8 milioni, nel 20154.

In questo quadro di accresciuta vulnerabilità sivanno a inserire le prevedibili riduzioni dei finan-ziamenti. Guardando agli ultimi decenni, si capi-sce che occorrono due condizioni perché avvengaun taglio netto degli aiuti internazionali: una reces-sione nei paesi donatori, e una conseguente poli-tica di imposizione fiscale tale da comportare fortiriduzioni della spesa pubblica. Si stanno verifican-do entrambe, e già diversi donatori (tra i qualil’Italia) hanno annunciato una significativa diminu-zione dei fondi.

Fino ad oggi, ogni crisi finanziaria massiccia haproiettato i suoi effetti sulla cooperazione interna-zionale. Dopo un periodo di stagnazione negli anniSessanta, l’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) èstato in crescita dagli anni Settanta ad oggi, con

l’eccezione del periodo tra il 1992 e il 1997, che hacoinciso con la recessione economica dei primianni Novanta.

Questo è avvenuto anche nel caso di paesiparticolarmente virtuosi. Basti pensare alle conse-guenze della crisi del ‘90 sulle politiche di aiutodel Giappone o dei paesi scandinavi. Il primotagliò gli aiuti del 44% - tra il 1990 e il 1997 - pertornare ai livelli pre-crisi, dopo dieci anni. LaSvezia li ridusse del 17% e la Finlandia del 62%.Anche lì il recupero ha richiesto un decennio5.

Da uno studio recentemente pubblicatodall’UNCTAD6, su tutte le crisi bancarie degli ultimi30 anni, si ricava che nel primo anno normalmen-te la riduzione è contenuta in 1 o 2 punti percen-tuali, per arrivare mediamente al 30% nel quintoanno dall’inizio della crisi.

Cosa accadrà questa volta? Il 2008 è stato unbuon anno per l’APS globale, con lo stanziamentodi 120 miliardi di dollari da parte dei paesi OCSE.

Un record, per quanto sia ancora molto al disotto degli obiettivi che gli stessi paesi si eranodati. Ma, temo che diventi anche una buona scusaper cominciare un’inversione del trend tiepida-mente positivo degli ultimi dieci anni. Se si ripete-ranno gli schemi adottati nelle crisi precedenti,avremo una prima moderata flessione nel 2009,che si farà sempre più marcata negli anni succes-sivi, per tornare alla “normalità” verso la metà delprossimo decennio.

Se il ritorno allo stato pre-crisi avverrà tra i cin-que e i dieci anni, i paesi in via di sviluppo non riu-

cooperazione

La guerra delle banconote

“La crisi finanziaria mondiale potrebbe essere il colpo finale, a cui tanti dei poveri del mondo non potranno sopravvivere” - Ban Ki-Moon, SegretarioGenerale delle Nazioni Unite.

di Gianni RufiniEsperto di aiuto umanitario, è stato impegnato in missioni in Africa, Asia, Medio Oriente, Balcani eAmerica Latina con diverse Ong italiane e internazionali ed agenzie delle Nazioni Unite.Attualmente è direttore di ricerca per il Centro studi di politica internazionale, e coordinatore di corsi presso le università "La Sapienza" di Roma e "IUAV" di Venezia.

Fonte: World Development Indicators 2008

Aiuto pubblico allo sviluppo, in milioni di dollari USA

1 World Bank (2009) SwimmingAgainst the Tide. World Bank,Washington DC

2 Blas, J. (2008) Another foodcrisis year looms, says FAO.Financial Times, 6 November2008

3 World Bank (2009) The GlobalFinancial Crisis: AssessingVulnerability for Women andChildren. World Bank,Washington DC

4 David Roodman - GlobalDevelopment: Views from theCenter. History Says FinancialCrisis Will Suppress Aid.October 13th, 2008

5 UNCTAD Policy Brief n.7 –Marzo 2009

6 The morning after the nightbefore. The impact of thefinancial crisis on the develop-ing world. A Christian Aidreport. November 2008

7 La rete che rappresenta le 180principali ONG americane

8 Stockholm International PeaceResearch Institute (SIPRI) -2008 Year Book onArmaments, Disarmament andInternational Security for 2007.Stockholm, 2008

9 Stockholm International PeaceResearch Institute (SIPRI) -2008 Year Book onArmaments, Disarmament andInternational Security for 2007.Stockholm, 2008

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sciranno a cogliere l’opportunità della ripresa, per-ché i loro apparati produttivi, a quel punto, saran-no troppo indeboliti. E questo prolungherà eaggraverà la loro fragilità.

Ma oltre ai tagli, ci sono altri problemi, legatialla recessione economica. Per esempio, la svalu-tazione di gran parte delle valute occidentali hagià comportato una riduzione drastica dei finanzia-menti, in termini reali. Inoltre, molti donatori fissa-no il proprio APS come percentuale sul prodottointerno lordo, previsto in forte riduzione nei paesiricchi.

Poi, molti dei fondi annunciati al recente G20sono semplici riallocazioni di residui del periodoprecedente la crisi, manca il “denaro fresco”, eben poco (solo il 2,4%) è stato assegnato a van-taggio dei paesi a più basso reddito, quelli mag-giormente colpiti.

Per finire, la maggior parte dei fondi promessiper combattere la crisi nei PVS consiste in prestitia tasso di mercato, che potranno generare unanuova crisi del debito. Solo dei finanziamenti atasso zero potrebbero evitare una nuova spiraledebitoria.

Il Segretario Generale dell’UNCTAD, SupachaiPanitchpakdi, ha detto di recente che la crisi stacreando gravi squilibri nelle aree dell’alimentazione,dell’energia e della sicurezza, e che in questa situa-zione una moratoria del pagamento del debito èindispensabile. E questa sembra una prima politicada adottare, in tempi stretti, per consentire ai paesipiù poveri la possibilità di mantenere a livelli decen-ti il proprio sistema di servizi sociali e non minarele future possibilità di ripresa. Ma si può fare altro.

Christian Aid7 stima che ogni anno, oltre 160miliardi di dollari fuggano da Sud verso Nord informa di evasione o elusione fiscale. Se allocatesecondo gli schemi di spesa correnti, questi soldibasterebbero a salvare la vita di 350.000 bambinisotto I 5 anni. Questo priva i pvs di una quota fon-damentale della ricchezza nazionale. Una mossadecisiva per contrastare la crisi potrebbe consisterenel definire nuove regole impositive per le societàche producono nei pvs o importano da lì i loro pro-dotti, e risolvere il problema dei paradisi fiscali. Inparticolare, due misure, peraltro importanti ed utilianche per i paesi ricchi:

- un provvedimento che imponga alle impreseche operano trans-nazionalmente di dichiararepubblicamente quanto pagano di tasse in ognipaese in cui operano;

- un accordo per rimuovere la cappa del segretobancario dai paradisi fiscali.

Un altro aspetto da affrontare, per contrastare glieffetti della crisi, sarebbe quello di migliorare laqualità degli aiuti. La tendenza crescente verso l’as-sistenza tecnica diretta da governo a governo e icondizionamenti politici hanno spinto verso unagrande frammentazione. Progetti più piccoli, più

numerosi, meno coordinati, maggiormente piegatiad obiettivi politici che di sviluppo. Sempre piùspesso sono eseguiti da imprese o da agenziegovernative (inclusi i militari e le protezioni civili).

Infatti, tra le vittime della crisi, rischiano di tro-varsi anche le Ong, colpite tanto dalla riduzione delfinanziamento pubblico, quanto dall’inevitabile con-trazione delle donazioni private. L’allarme è giàstato lanciato negli Stati Uniti, dove BarbaraWallace, vice-presidente di InterAction8, ha dettoche «molti dei nostri membri si sentono stretti inuna morsa. (…) Al momento molte organizzazionisono ancora stabili, ma tra un anno, o un anno emezzo, i loro finanziamenti si saranno esauriti, enessuno sa se ne arriveranno degli altri». Ma anchele Nazioni Unite e le altre organizzazioni internazio-nali rischiano una battuta d’arresto.

Paradossalmente, i periodi di recessione spinge-ranno verso le forme di aiuto bilaterale, meno effi-ciente ed efficace, a danno degli aiuti multi-lateralie delle Ong. Correggere queste tendenze potrebbecontribuire ad un maggiore impatto dei progetti e agrandi economie di scala.

Naturalmente ci sono anche altri fattori, che con-tribuiranno a disegnare il futuro. Un’ampia letteratu-ra conferma l’influenza di motivazioni di politicaestera estranee allo sviluppo, in tutta la storia dellacooperazione: le politiche post-coloniali, quelleenergetiche, la Guerra fredda, la Guerra al terrore,la Guerra alla droga, ecc. Come si vede, la parola“guerra” ritorna spesso, e ci suggerisce un’altraipotesi di lavoro. A fronte della costante crescitadelle spese militari, giunte ormai a 1.339 miliardi didollari9 (ovvero 12 volte gli aiuti internazionali), ci sidomanda se una politica della sicurezza più rivoltaalla prevenzione (e quindi anche allo sviluppo eall’aiuto umanitario) e meno alla risposta militare,non sarebbe più sostenibile sia economicamenteche politicamente.

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Parlare oggi di finanza etica, alla luce dell’odiernacrisi finanziaria ed economica globale, appare piùche mai necessario e attuale. In un momento incui gli istituti bancari registrano il minimo storicodi consenso e credibilità presso le opinioni pub-bliche di ogni latitudine, risulta evidente come lacondotta perseguita nel corso degli ultimi

trent’anni, dettata da precise scelte politiche eideologiche, si sia rivelata pesantemente falli-mentare.

S’impone dunque un’inversione di rotta e ilritorno ad un uso più consapevole del denaro,non solo sotto l’aspetto puramente economicoma anche e sopratutto sulla base di criteri dietica, solidarietà e responsabilità. In pratica,significa riuscire a vedere nella finanza un mezzoal servizio dell’economia produttiva e di attivitàcommerciali che tengano in adeguata considera-zione la tutela e il rispetto dei diritti umani, deilavoratori, dell’ambiente e delle comunità locali,il cui sviluppo sociale troppo spesso viene calpe-stato in favore di rigide logiche di mercato.

La finanza etica e i principi di trasparenza adessa correlati ispirano quotidianamente l’operatodi realtà da tempo presenti a livello nazionalecome Banca Popolare Etica. Utilizzando gli stessistrumenti e meccanismi di base propri del siste-ma finanziario tradizionale (come la raccolta dirisparmio, l’intermediazione, il prestito) si scegliedi puntare a un utilizzo etico del denaro, in un’ot-tica di gestione trasparente e fortemente orien-tata a favorire processi di inclusione finanziaria esociale quali la promozione di pari opportunitànell’accesso all’istruzione, alla formazione, all’oc-cupazione, all’alloggio, ai servizi collettivi, all’as-sistenza sanitaria.

In un mondo dove più di un miliardo di perso-ne vive in condizioni di estrema povertà, un cor-retto utilizzo del denaro può fornire un contributofondamentale nel favorire iniziative che promuo-vano lo sviluppo; ad esempio attraverso l’acces-so al credito per coloro che sono solitamenteesclusi dal circuito bancario tradizionale. Per que-ste persone la disponibilità di un piccolo capitaleè spesso fondamentale per poter avviare un’atti-vità e, più in generale, per poter essere messinella condizione di poter incidere sui processi dicrescita sociale, economica e politica della pro-pria comunità.

In questo senso l’attività svolta nel corsodegli ultimi trent’anni dall’economista delBangladesh e Premio Nobel per la Pace, M.Yunus, basata sull’efficace applicazione in chiavemoderna del concetto di microcredito, ha fornito

mercati

Una concreta alternativa

di Tommaso Portogalli

Responsabile del progetto Save for Good – UCODEP, Unità e Cooperazione per lo Sviluppo dei Popoli

La finanza etica è un vero e proprio approccio alternativo all’idea di finanza, senza però ripudiarne i meccanismi di base, come l’intermediazione, la raccolta, il prestito, ma riformulandone i valori di riferimento: la persona e non il capitale, l’idea e non il patrimonio, l’equa remunerazione dell’investimento e non la speculazione.

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un contributo di eccezionale importanza alla dif-fusione di un’idea fino ad allora ritenuta diimpossibile attuazione: l’erogazione di prestiti apoveri senza alcuna garanzia. Al contrario, èstato ampiamente dimostrato come siano pro-prio gli istituti di credito dei paesi maggiormentesviluppati a incorrere di frequente in alti tassi disofferenza (prestiti che non riescono ad essereonorati) mentre i poveri che hanno ricevuto fidu-cia, come afferma Yunus, non intendono tradirla.

Un progetto e una guida ad hoc

Nonostante la costante crescita di interesse daparte dell’opinione pubblica per le tematichelegate al mondo della finanza etica, della microfi-nanza e del microcredito, rimane ancora moltis-simo da fare in termini di sensibilizzazione ecoinvolgimento della società civile su questitemi, spesso di non facile e immediata com-prensione per tutti.

Il progetto “Save for Good: mobilizing actorsto build global inclusive financial sectors in deve-loping countries” lavora in questa direzione,puntando a sensibilizzare e promuovere l’attivocoinvolgimento di risparmiatori e investitori pri-vati, della società civile e degli enti locali italiani,allo scopo di facilitarne gli investimenti nellafinanza etica, sostenendo così la realizzazione diattività generatrici di reddito per lo sviluppo loca-le nei paesi del Sud del mondo.

L’iniziativa, tuttora in corso, è realizzata con ilcontributo della Commissione Europea e si svi-luppa su un arco temporale di due anni, damarzo 2008 a febbraio 2010.In occasione dell’ultima edizione di Terra Futura,svoltasi a Firenze alla fine di maggio, è statainoltre lanciata la campagna internazionale“error104.it” (www.error104.it) orientata a sensi-bilizzare e informare i risparmiatori sulle concre-te possibilità di investimento in finanza etica.

Negli stessi giorni è stata presentata la pub-blicazione “Guida per Risparmiatori” (disponibileanche in formato pdf), che si propone come unostrumento semplice ed efficace ad uso deirisparmiatori italiani che desiderano saperne dipiù sulle concrete possibilità d’investimento infinanza etica e sui prodotti finanziari ad essa col-legati, volti allo sviluppo economico dei paesi delSud del mondo. I contenuti della Guida, redattida Fondazione Culturale Responsabilità Etica,presentano con chiarezza e incisività un grannumero di informazioni, di carattere storico oltreche tecnico, di solito confinate alle discussionidegli esperti o all’attenzione degli operatori delsettore.

Partendo dalle indispensabili definizioni difinanza etica, microfinanza e microcredito, chemolto spesso si mescolano e si sovrappongonoeliminando le distinzioni che invece le caratteriz-

zano, il testo passa poi a un rapido excursus trale banche e le reti di finanza etica attive inEuropa. Il capitolo centrale della Guida è quindiinteramente dedicato alle crisi finanziarie inter-nazionali che ciclicamente (ultima, ma solo inordine di tempo, quella scatenata dalla bolla deimutui subprime negli USA) scuotono l’economiamondiale e in particolare alle risposte che lafinanza etica è in grado di offrire; un‘alternativaconcreta a un approccio che in questi anni, nelvortice della “finanziarizzazione” dell’economia,ha deformato e distorto le stesse regole delmercato nelle sue diverse declinazioni. Un siste-ma abnorme che è arrivato a produrre – come civiene ricordato – su mercati non regolamentati,negoziazioni di prodotti finanziari pari a 12 volte ilpil del pianeta.

Ci si rivolge in ultima istanza direttamente allettore-risparmiatore, che ci si augura a questopunto sia un poco più consapevole del proprioruolo e in possesso delle informazioni giuste percompiere scelte adeguate ed evitare i tranellitesi dal mercato, solitamente più interessato ase stesso che al bene comune. Vengono illustra-ti anche alcuni utili accorgimenti da seguire peressere certi di agire da risparmiatore eticamenteresponsabile (cfr box).

Solo attraverso una maggiore presa dicoscienza di noi stessi come cittadini e investito-ri consapevoli sarà possibile costruire quella retedi alleanze nella società civile nel Sud e Nord delmondo che sia in grado di superare l’attualecrisi, trasformandola in un’opportunità da coglie-re per inserire finalmente tra le priorità assolutee imprescindibili il riequilibrio delle disuguaglian-ze e il tema della lotta alla povertà. Certo, occor-re volerlo; ma oggi non si può non essere consa-pevoli che ognuno di noi, con le proprie scelte,può fare la differenza.

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Piccoli accorgimenti…

• Controllare che la propria banca non sia una “banca armata”.• Aprire (o tenere) un conto corrente in una banca che offra garanzie

di trasparenza e in piccole banche locali.• Chiedere sempre informazioni e chiarimenti su fondi,

azioni e altri investimenti.• Prendersi il tempo di pensare e raccogliere informazioni prima di firmare

e dare i propri soldi in mano a qualcuno.• Non chiedere consulenza ai promotori finanziari, visto che il loro scopo

è vendere, ma trovare qualcuno con competenze e neutralità.• Valutare bene i tempi di utilizzo del proprio risparmio.• Investire in azioni di imprese eticamente corrette e a tal fine consultare indici

costruiti appositamente.• Chiedersi non solo come fare in modo che il proprio risparmio renda il più

possibile, ma anche a chi si sta affidando, quali sono gli strumenti di controlloche si hanno a disposizione e che ruolo si ha nel poter decidere il settore diinvestimento.

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Oggi dovremmo, forse, insieme alla citazione dell’exSegretario generale dell’ONU, ricordarne un’altra,molto più antica: «Se non diventerete come bambi-ni, non entrerete mai nel regno dei cieli». Il futuro e ilbenessere dei popoli partono dal rispetto e dallatutela dei minori, in quanto "futuro dell'umanità". Inquanto soggetti più deboli e vulnerabili all'interno diqualsiasi comunità, i bambini sono i primi a fare lespese di ogni crisi, a soccombere in caso di calamitào di guerra. Aiutarli a raggiungere il loro pieno poten-ziale, è un dovere degli adulti e il miglior investimen-to nel progresso dell'umanità. I bambini sono però,anche, la testimonianza più autentica della veracooperazione, della naturale capacità di relazione tragli esseri umani, di dialogo e di collaborazione disin-teressata, spontanea, semplice. Pensiamo ai bambi-ni che giocano tra loro, senza barriere, senza divi-sioni di razza, sesso, lingua, religione… forse cosìcapiremo come tante barriere sono costruite nelnostro “essere adulti”, dai nostri interessi, egoismi,protagonismi. La cooperazione internazionale giudicai minori come la "risorsa prioritaria" delle trasfor-mazioni sociali e considera il loro ruolo particolar-mente importante, nei processi di sviluppo, deipaesi e dei popoli di tutto il mondo.

Cambiare il ruolo e l'importanza - sociale e politi-ca - delle generazioni più giovani, è il presuppostoper la costruzione di una società civile, che vogliadavvero ritenersi tale. Affermare che i bambini hannodei diritti, significa metterli sullo stesso piano degliadulti, promuovendo una vera e propria cultura, omeglio un'educazione alla legalità e all'uguaglianza,non solo da un punto di vista formale, ma soprattut-to sotto il profilo materiale. Non è sufficiente pen-sare o riconoscere i diritti dei bambini per poi con-segnare loro una società disgregata, un pianeta con-sumato e inquinato, una vita sociale sgretolata,piena di barriere, razzista, basata sul potere e sugliinteressi personali piuttosto che collettivi.

In questo contesto, diventa ancora più grave l’at-tuale crisi finanziaria ed economica globale che stia-mo attraversando. I poveri, i disoccupati, i più svan-taggiati, i bambini, sono ancora una volta le prime eprincipali vittime di questa crisi che colpisce famigliee imprese, chiedendoci un forte esercizio di “solida-rietà”.

Il panorama italiano

In Italia, secondo i dati Istat, sono 2 milioni e 653mila le famiglie che vivono sotto la soglia dipovertà, l'11,1% di quelle residenti. Il 22,5% dellefamiglie povere è al Sud, 299 mila le famiglienumerose; 7 milioni e 537 mila invece le personepovere, il 12,8% dell'intera popolazione. «Dal 1997al 2007 - spiega Laura Sabbadini, direttore centraleindagini, condizioni e qualità della vita dell'Istat - èpeggiorata la situazione soprattutto delle famigliecon tre o più figli e ancor più per le famigliemonoreddito. La situazione si è aggravata soprat-tutto al Sud per le famiglie con due figli minori».

L'incidenza dei minori a basso reddito è al25%, pari a quella della Romania ed è la più alta inEuropa. Un milione e 655 mila, nel 2007, i minoriin famiglie povere. Il 69,3% dei minori poveri alSud, tra cui spicca la situazione della Sicilia con il37,6%, poi la Basilicata con il 30,1% e la Campaniacon il 27,8%.

Ci troviamo in una situazione critica rispettoall'Europa. L'Italia è tra i paesi che stanno peggio.È la terza nazione per livello di povertà rispetto atutti gli altri. Prima eravamo al quinto posto, oggisiamo al terzo. In sostanza facciamo passi indietro,non in avanti. Oggi più che mai il lavoro minorile èforse il principale indice delle nuove povertà edelle conseguenze dell'attuale crisi economica.Spesso il contributo economico dei bambini lavora-tori al budget familiare è fondamentale e lefamiglie ne dipendono sempre, fino a considerarlopiù importante dell'educazione dei loro figli. Il 36%dei minori italiani, quasi uno su quattro, è a rischiopovertà. Circa un milione di giovani abbandonanoprematuramente gli studi. La loro salute fisicaviene messa in pericolo e il loro benessere socialee intellettuale è compromesso da un'alimen-tazione e una scolarizzazione inadeguate.

Aumentano i bambini poveri. I bambini soli.Spesso sfruttati o abusati da adulti privi di scrupoli.I bambini che chiedono soldi ai semafori. E possia-mo continuare con i minori migranti, un gruppoancora insufficientemente tutelato sin dall’arrivoalle nostre frontiere, dove approdano anche ragazziprovenienti da paesi in guerra, magari ex bambinisoldato. Una volta entrati in Italia la difficoltà di

diritti

Cominciare dall’ascolto«Ogni generazione deve confrontarsi con nuove sfide, una delle nostre è imparare adascoltare la voce e le opinioni dei bambini». Così Kofi Annan apriva, nel maggio del 2002,i lavori dell'UNGASS, la Speciale Sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite dedicataall'infanzia. Da allora, siamo riusciti ad ascoltare queste voci e queste opinioni nel modogiusto?

di Guido Barbera

Presidente CIPSI – Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale

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accedere a programmi di integrazione e successi-vamente di avere un permesso di soggiorno limette in una condizione di solitudine, di debolezzae quindi a rischio di cadere vittime di sfruttamentosia sessuale che lavorativo e di devianza. Sonoalmeno 10.000 i minori stranieri non accompagna-ti. Provengono per lo più da Romania, Marocco,Albania. Di questi, una percentuale rilevante èsenza un regolare titolo di soggiorno, nonostantenon possano essere espulsi e abbiano dunquediritto al rilascio di un permesso di soggiorno.Moltissimi di questi minori si allontanano immedi-atamente dalle comunità di accoglienza in cui ven-gono inseriti, tornando a vivere in condizioni asso-lutamente inadeguate: in case o fabbriche abban-donate o per strada. Non vanno a scuola, nonaccedono all’assistenza sanitaria e sono dunqueesposti a varie forme di sfruttamento e devianza.Milioni di bambine e bambini, di adolescenti intutto il mondo, oggi, dopo vent’anni dallaConvenzione internazionale sui loro diritti, continu-ano a subire abusi e soprusi di ogni tipo. A tutt’og-gi, dopo venti anni, abbiamo paesi come gli StatiUniti che non hanno ancora voluto ratificare laConvenzione! Parlare di diritti umani significa, par-lare di "cittadinanza universale", ossia della capac-ità di tutti gli esseri umani e di tutti i popoli, digodere formalmente di diritti, di poterli concreta-mente esercitare. Il "diritto" è il nostro punto di

partenza, l’espressione della solidarietà tra ipopoli. Garantire a tutti i bambini il godimento deidiritti fondamentali è l’inizio della nostra capacitàdi fare cooperazione. Non solo perché i bambinicostituiscono il “futuro”, ma soprattutto perchéquesto ci obbliga a costruire tutte le nostrerelazioni attorno al rispetto dei diritti e delle per-sone. Ci obbliga a ragionare con un pensierosociale, non individualistico, con un pensiero diben--essere, non di profitto. Questo è il significatoe il valore di solidarietà. Non servono nuovenorme internazionali o nuovi documenti. Occorresemplicemente focalizzare nella “qualità” del no-stro “vivere insieme” e del nostro “essere soci-età” l’obiettivo del nostro lavoro, liberandoci dal-l’assurda concezione di cooperazione come aiutoo come progetti. I bambini non sono oggetti desti-natari dei nostri interventi, ma i protagonisti diuna “vita” che sia il più accogliente e gratificantepossibile per tutti. Dobbiamo imparare insieme aindividuare le “migliori pratiche” di vita sociale apartire dall’infanzia, sensibilizzando tutta l’opinionepubblica e acquisendo la piena consapevolezzache un’infanzia violata significa un’umanità senzafuturo. Nel dialogo e nel confronto tra "cittadini-adulti" e "cittadini-bambini" possiamo ritrovare ipunti di partenza per una nuova identità dellacooperazione, fondata sulla relazione e sulla con-vivenza.

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togliere un pò di giallo dalla foto o di rosso
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La crisi che ha colpito il si-stema economico inter-nazionale è ormai unanime-mente considerata come lapiù rilevante fase di depres-sione dal 1929, con la dif-ferenza che l’interdipendenzadel mercato internazionaleattuale ne ha immediata-mente amplificato gli effetti. I governi di numerosi paesihanno subito predispostomisure di risposta all’emer-genza, al fine di salva-guardare l’andamento delleeconomie nazionali. Il proble-ma, però, si è dimostrato piùprofondo, riguardando lastessa struttura del sistemaeconomico-finanziario internazionale. Negli ultimianni, infatti, l’idea che la liberalizzazione e inter-nazionalizzazione dei mercati rappresenti l’unicadirettrice di sviluppo possibile si è concretizzata inuna deregolamentazione del sistema finanziariointernazionale concependo quasi l’idea del merca-to come non-luogo del diritto. I recenti avvenimen-ti hanno smentito questa impostazione dimostran-do la necessità di creare un nuovo quadro giuridi-co internazionale di riferimento. Il G8 Summit chesi terrà in luglio a L’ Aquila rappresenterà il Forumnel quale i leader delle grandi potenze economichedovranno confrontarsi, inter alia, su tale questione,in quello che da taluni è stato preannunciato comeuna nuova Bretton Woods. L’ idea sostenuta daigoverni di Italia, Francia, Germania e alla quale, inun certo qual modo, anche gli USA aderiscono,consiste nel ripensare le regole etico-giuridiche delmercato internazionale delineando un “global legalstandard” discusso nel corso della riunione deiMinistri dell’economia e delle finanze tenutasi aLecce il 12 e 13 giugno. I partecipanti hanno con-cordato circa l’esistenza di segnali di uscita dallacrisi affidando al Fondo Monetario Internazionale ilcompito di delineare una “exit strategy” per eli-minare, a tempo debito, le misure di stimolo del-l’economia adottate. Le nuove regole del mercato

internazionale, invece sonoracchiuse nel cosiddetto“Lecce Framework”, uninsieme di principi comuni suregole di correttezza,integrità e trasparenza per lafinanza e il business inter-nazionale. Il documento,reso pubblico alla fine dellaconferenza, si fonda sucinque principi-base sui qualii Capi di Stato e di governodovranno pronunciarsi a L’ Aquila. Si tratta di: gover-nance aziendale; integrità delmercato; supervisione eregolamentazione della finan-za; cooperazione e coordina-mento fiscale; trasparenza

delle politiche macroeconomiche e dei relativi dati.A fianco di queste grandi aree di intervento, i

Ministri delle Finanze concordano sulle necessitàdi operare insieme su questioni specifiche, quali ilcoordinamento dell’azione delle principali isti-tuzioni finanziarie internazionali, la cooperazionegiurisdizionale in materia economica, la valu-tazione dei dati economici e delle agenzie di ratingabilitate alla loro elaborazione. Le linee d’azionedelineate dai Ministri economici sono da valutarsicome sicuramente positive per una nuova regola-mentazione del mercato finanziario, ma la loroconcreta attuazione non è così scontata. Se è purvero che il G8 riunisce le principali potenze eco-nomiche e, molte di quanto emerso dal Summit diLecce riprende le proposte già elaborate dal G20tenutosi a Londra nell’aprile scorso, le decisioniprese nell’ambito del G8 Summit di luglio nonavranno valore vincolante per gli Stati.

L’adesione a una regolamentazione uniformesulle materie, dunque, potrà essere sostenutadagli Stati del G8 nei propri rapporti bilaterali e uti-lizzata come forma di pressione o pre-requisitonella conclusione di accordi con Stati terzi. Ma perdiventare realmente effettiva dovrà sicuramentetrovare ulteriore consacrazione in sedi multilateralia più ampia partecipazione.

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Verso una nuova Bretton Woods?

La pesante crisi che si è abbattuta sull’economia mondiale ha imposto ai leader di tutti ipaesi di rivedere l’intero assetto dell’economia internazionale ripensandone le regolefondamentali. Il G8 che si terrà a L’ Aquila potrebbe diventare il punto di partenza per lacreazione di un nuovo ordine economico internazionale.

di Antonio Panetta

Avvocato, dottorando di ricerca in diritto internazionale e dell’Unione europea presso l’Università

degli Studi di Roma “La Sapienza”, consulente giuridico dell’UNICEF Italia

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La finanza globalizzata ha trasformato la mano magica diAdam Smith nei trucchi del prestigiatore. Ce ne siamo accor-ti negli ultimi mesi, la ricchezza accumulata era tutta illusoria.Adesso che la crisi del credito si ripercuote duramente sull’e-conomia reale, un altro principio dell’economista britannico èsott’accusa: il libero commercio. Specializzandosi nella pro-duzione di alcuni prodotti invece di perseguire l’autosufficien-za, scrive Smith, ogni nazione trae vantaggio dallo scambiointernazionale. Gli fa eco David Ricardo che individua, nelvantaggio comparato di ogni nazione, i beni da produrre equelli da scambiare. Per secoli questi sono stati i pilastri del-l’economia mondiale, colonne che hanno vacillato ogni qualvolta la crisi economica imperversava.

Il problema è che i politici non sanno gestire i periodi dicontrazione e crisi economica. Eppure la storia e la dottrinaeconomica ci insegnano che fanno parte del ciclo economicotanto quanto i periodi di crescita e prosperità. Così ogni voltache le cose vanno come non dovrebbero andare, la politicacerca di riscrivere la teoria economica peggiorando la situ-azione e la reazione classica alla recessione è il protezionis-mo. Anche oggigiorno ci viene proposta questa alternativaper uscire dalla morsa che ci attanaglia: da una parte la pauradi Al Qaeda che ci ha distratto dai pericoli veri, quelli dell’economia canaglia e dall’altra l’avidità del-l’alta finanza che ha dilapidato i nostri risparmi creando la crisi del credito.

Protezionismo è anche sinonimo di nazionalismo e questo è un jolly che funziona sempre. Chi perdela casa e il lavoro vuole essere rassicurato, e se il governo non può promettergli un impiego, almenos’impegna a non darlo a qualcun altro, a uno straniero. Gli emigrati, specialmente quelli provenientidal Sud del mondo sono quindi presi di mira.

I pericoli di queste politiche li conosciamo tutti. La depressione degli anni Trenta è diventata“grande” quando le nazioni si sono trincerate dietro politiche protezioniste. Negli Stati Uniti questovento soffiava già da diversi anni: è infatti dall’inizio degli anni Venti che Washington alza le tariffedoganali per salvaguardare i propri lavoratori; ma il colpo di grazia al libero commercio arriva nel1930 con la legge Smoot-Hawley, patrocinata dall’impopolare Presidente Hoover, che diventa il ma-nifesto protezionista del mondo. Invece di migliorare la situazione, tariffe e barriere doganali la peg-giorano: il commercio internazionale crolla e nel 1934 si riduce al 40% di quello che era nel 1929. Leesportazioni americane passano da 2,3 milioni di dollari nel 1929 ad appena 784 dollari nel 1933.Lungi dal risolvere il problema della disoccupazione, la legge la fa gravitare dal 7,8% nel 1930 al 25%nel 1933.

I paesi più duramente colpiti furono quelli in via di sviluppo. Oggigiorno questi stessi rischianogrosso dalla politica americana del Buy American, l’esortazione ad acquistare prodotti americani, lan-ciata da Barak Obama. Uno studio recente dimostra che per ogni 1.200 nuovi posti di lavoro creatidalla nuova politica, 6.500 se ne perdono nei paesi esportatori. Rischiamo quindi di commettere glistessi errori del passato. Il protezionismo come l’ostilità verso gli emigrati danneggia sempre la soci-età civile.

Economista e saggista italiana, si è occupata in modo appro-fondito dello studio dei sistemi finanziari ed economici attra-verso cui il terrorismo finanzia le proprie reti organizzative.Nata e cresciuta a Roma, vive da molti anni a Londra.

Riflessioni di Loretta Napoleoni

Il fascino discreto del protezionismo

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Begun Rokheya Sakhwat HossainIl sogno di Sultana

Illustrazioni di Durga BaiRoma, Donzelli, 2008, Euro 20,00

Pensare che questa storia sia

stata pubblicata per la prima

volta nel 1905 sembra

impossibile e straordinario.

L’autrice, vissuta durante gli

ultimi anni del dominio

coloniale nel Bengala orientale

(l’attuale Bangladesh), fu una

pioniera dei diritti delle donne.

Si capisce leggendo questa

splendida storia svelata sul filo

di un sogno della giovane indiana Sultana che, assopitasi sotto

la luna e le stelle, incontra una donna. Questa magica presenza

l’accompagnerà alla scoperta di un mondo alla rovescia in cui il

sistema di reclusione delle donne, entro appositi spazi domestici

e pubblici detti zenana, si capovolge.

Sultana attraversa così luoghi popolati solo di presenze

femminili, poiché agli uomini è stata imposta la reclusione entro

le mura domestiche, per occuparsi delle faccende quotidiane.

Le donne rappresentano, al contrario, la forza della mente che

tutto può senza usare la violenza. Grazie alle loro pionieristiche

ricerche, riescono a ridurre la fatica dei lavori manuali ricorrendo

a due avveniristiche invenzioni: una mongolfiera che cattura

l’acqua dalle nuvole e una macchina che assorbe l’energia del

sole.

E sarà proprio il loro ingegno ad aiutarle nel compito più

difficile: sconfiggere gli eserciti maschili alimentati dalla

prepotenza.

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Libri a cura di Patrizia Paternò

Gabriele BuracchiOcchio alle merendine

Arezzo, Bracciali, 2008, pp. 148, Euro18,00

Un corso accelerato di sana

alimentazione dei bambini, con

buone informazioni e tante

curiosità. Sotto accusa sono come

sempre le merendine, molto amate

dai più piccoli per ghiottoneria e

spesso anche dagli adulti per

“rapidità di somministrazione”.

Attenzione, però, sottolinea l’autore

– nutrizionista e psicologo – alle

conseguenze del cibo-spazzatura,

quello più amato dai bambini. Secondo i dati, esso rappresenta un

terzo delle calorie assorbite da bambini e ragazzi durante una giornata

tipo. Nessuna demonizzazione del grasso, che svolge funzioni

essenziali per la nostra vita: protegge dal freddo, è un’ottima riserva

energetica e ha anche una funzione estetica. Il volume presenta anche

tante informazioni interessanti sulle caratteristiche delle principali

sostanze nutritive e sui vari gruppi alimentari, che sono importanti non

solo per il loro contenuto in nutrienti, ma anche per il loro maggiore o

minore contenuto negli altri principi nutritivi, cioè vitamine, sali

minerali, fibre ecc. Al volume è allegato un divertente CD Rom che

presenta alcuni strumenti-gioco: il Panciometro, che esprime

attraverso il numero di pance la maggiore o minore capacità di farci

ingrassare, lo Schifezzometro, che fornisce visivamente un indice della

pericolosità di ogni prodotto in base al suo contenuto in sostanze

chimiche e il Risparmiometro, che calcola immediatamente il costo al

chilo di ogni prodotto, permettendoci così un facile confronto con il

costo degli alimenti naturali.

Maria Cristina Castellani

Manuale di pedagogia interculturale

Genova, De Ferrari 2009, pp. 174, Euro 16,50

Il volume affronta un tema interessante e

attuale, quello della pedagogia interculturale

che, come rileva l’autrice, si fonda sul

confronto del pensiero, dove al centro è posto

il soggetto nella propria interezza, a

prescindere dalla cultura di appartenenza. La

struttura del libro è articolata in cinque

moduli, all’interno dei quali si aprono finestre

di carattere narrativo, lessicale e informativo.

Il primo modulo definisce i confini e le

strategie della pedagogia interculturale e

rappresenta la base di lavoro di tutto il

manuale. Il secondo modulo affronta

l’argomento degli stereotipi e pregiudizi, una

“foresta intricata” sostiene l’autrice, che li

analizza partendo dalla loro origine. Il terzo fa

riferimento al nucleo di lezioni

multidisciplinari dell’autrice, docente di

Pedagogia interculturale alla Facoltà di Lingue

dell’Università degli Studi di Genova, e invita

a riflettere sul nostro stesso essere uomini e

donne che imparano, pensano e conoscono e

che si conoscono per conoscere gli altri. Più

avanti, nel quarto modulo, si affronta il

fenomeno del razzismo direttamente

correlabile a quanto analizzato

precedentemente in tema di stereotipi e

pregiudizi. Il volume si conclude con il

naturale completamento del significato e

dell’importanza della mediazione

interculturale, che suggella l’importanza delle

differenze e della comunicazione tra culture. In

appendice una sorta di “ripasso” dei cinque

moduli attraverso alcune domande che

ripercorrono i punti chiave di questo volume.

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ABRUZZOPescaraTel. 0854219158Fax 0854210251www.unicef.it/pescaraChietiTel. 0871331081www.unicef.it/chietiL'AquilaTel. e Fax 0862420401www.unicef.it/laquilaTeramoTel. e Fax 0861241541www.unicef.it/teramo

BASILICATAPotenzaTel. e Fax 097137529www.unicef.it/potenzaMateraTel. e Fax 0835388055www.unicef.it/matera

CALABRIACosenzaTel. 0984391455www.unicef.it/cosenzaCatanzaroTel. 0961771901 - 0961775060Fax 0961771741www.unicef.it/catanzaroCrotoneTel. 096224453www.unicef.it/crotoneReggio CalabriaTel. e Fax 0965810655www.unicef.it/reggiocalabriaVibo Valentiacell. 3409022187www.unicef.it/vibovalentia

CAMPANIANapoliTel. 0817147057Tel. e Fax 081645895 www.unicef.it/napoliAvellinoTel. 0825792276Fax 0825281420www.unicef.it/avellinoBeneventoTel. e Fax 0824482065www.unicef.it/beneventoCasertaTel. 0823320055www.unicef.it/casertaSalernoTel. 089756054www.unicef.it/salerno

EMILIA ROMAGNABolognaTel. e Fax 051272756www.unicef.it/bolognaFerraraTel. e Fax 0532211121www.unicef.it/ferraraForlì - CesenaTel. 054334937www.unicef.it/forlicesenaModenaTel. e Fax 059244401www.unicef.it/modenaParmaTel. 0521821547Punto d'IncontroTel. 0521235914www.unicef.it/parmaPiacenzaTel. e Fax 0523335075www.unicef.it/piacenzaRavennaTel. e Fax 05443955www.unicef.it/ravennaReggio EmiliaTel. e Fax 0522454841www.unicef.it/reggioemiliaRiminiTel. e Fax 054123344www.unicef.it/rimini

FRIULI VENEZIA GIULIATriesteTel. e Fax 040351485www.unicef.it/triesteGoriziaTel. e Fax 0481530224www.unicef.it/gorizia

PordenoneTel. e Fax 043443743www.unicef.it/pordenoneUdineTel. e Fax 043221901www.unicef.it/udine

LAZIOFrosinoneTel. e Fax 0775604618www.unicef.it/frosinoneLatinaTel. 0773691746www.unicef.it/latinaRietiTel. 0746498456www.unicef.it/rietiRomaTel. 0647809264www.unicef.it/romaCivitavecchiaTel. e Fax 076620484www.unicef.it/civitavecchiaViterboTel. e Fax 0761325833Punto d'IncontroTel. e Fax 0761304830www.unicef.it/viterbo

LIGURIAGenovaTel. e Fax 010532550www.unicef.it/genovaChiavariTel. 0185320063www.unicef.it/chiavariImperiaTel. 338149107Punto d'IncontroTel. 0184500930www.unicef.it/imperiaLa SpeziaTel. e Fax 0187515707www.unicef.it/laspeziaSavonaTel. 019812358www.unicef.it/savona

LOMBARDIAMilanoTel. 024654771Punto d'IncontroTel. e Fax 0286996612www.unicef.it/milanoCinisello BalsamoTel. e Fax 0266017376www.unicef.it/cinisellobalsamoBergamoTel. 035219517Punto d'IncontroTel. 035249649www.unicef.it/bergamoBresciaTel. e Fax 0303752647www.unicef.it/bresciaComoTel. e Fax 031571174www.unicef.it/comoCremonaTel. 037223577Punto d'incontroTel. e Fax 037230475www.unicef.it/cremonaLeccoTel. e Fax 0341282994www.unicef.it/leccoLodiTel. 0371431660www.unicef.it/lodiMantovaTel. 0376223520www.unicef.it/mantovaPaviaTel. e Fax 038229937www.unicef.it/paviaSondrioTel. e Fax 034336045www.unicef.it/sondrioVareseTel. e Fax 0332238640www.unicef.it/vareseSaronnoTel. 0296280096www.unicef.it/saronno

MARCHEAnconaTel. e Fax 071202750Punto d'IncontroTel. 0712080600www.unicef.it/anconaAscoli PicenoTel. e Fax 0735581227www.unicef.it/ascolipicenoMacerataTel. 0733264406www.unicef.it/macerataPesaro - UrbinoTel. 0721638033www.unicef.it/pesarourbino

MOLISECampobassoTel. e Fax 0874484541www.unicef.it/campobassoIserniaTel. e Fax 0874413752www.unicef.it/isernia

PIEMONTEBiellaTel. e Fax 01521021www.unicef.it/biellaAlessandriaTel. 0131610487Punto d'IncontroTel. 0131821458www.unicef.it/alessandriaAstiTel. e Fax 0141358023www.unicef.it/astiCuneoTel. 0171690291www.unicef.it/cuneoNovaraTel. e Fax 0321390591www.unicef.it/novaraTorinoTel. 0115625272 - 0115622875www.unicef.it/torinoVerbaniaTel. e Fax 032353699www.unicef.it/verbaniaVercelliTel. 0161215788Punto d'IncontroTel. e Fax 016327495www.unicef.it/vercelli

PUGLIABariTel. 0805235482www.unicef.it/bariBrindisiTel. 0831986135www.unicef.it/brindisiFoggiaTel. 0881721392www.unicef.it/foggiaLecceTel. e Fax 0832241744www.unicef.it/lecceTarantoTel. e Fax 0994795009www.unicef.it/taranto

SARDEGNACagliariTel. 0702776034www.unicef.it/cagliariNuoroTel. 0784238627www.unicef.it/nuoroOristanoTel. 078371117www.unicef.it/oristanoSassariTel. e Fax 079278981www.unicef.it/sassari

SICILIAMessinaTel. e Fax 09043804www.unicef.it/messinaAgrigentoTel. 092228949www.unicef.it/agrigentoCaltanissettaCell.: 3804593200www.unicef.it/caltanissettaCataniaTel. 095320445Fax 0957151638www.unicef.it/catania

EnnaTel. e Fax 0935960532www.unicef.it/ennaPalermoTel. e Fax 0916810605www.unicef.it/palermoRagusaTel. e Fax 0932682450www.unicef.it/ragusaSiracusaTel. 0931442631www.unicef.it/siracusaTrapaniTel. e Fax 092321500www.unicef.it/trapani

TOSCANAFirenzeTel. 0552207144www.unicef.it/firenzeArezzoTel. 0575908484www.unicef.it/arezzoGrossetoTel. 0564418051www.unicef.it/grossetoLivornoTel. 0586882937Punto d'IncontroTel. e Fax 0586802188www.unicef.it/livornoLuccaTel. e Fax 0583467791www.unicef.it/luccaMassa CarraraTel. e Fax 0585633590www.unicef.it/massacarraraPisaTel. e Fax 05048663www.unicef.it/pisaPistoiaTel. 057322000www.unicef.it/pistoiaPratoTel. 057427013www.unicef.it/pratoSienaTel. 0577232151Fax 0577232392www.unicef.it/siena

TRENTINO ALTO ADIGETrentoTel. e Fax 0461986793www.unicef.it/trentoBolzanoTel. e Fax 0471982011www.unicef.it/bolzano

UMBRIAPerugiaTel. e Fax 0755849590www.unicef.it/perugiaTerniTel. 0744300711www.unicef.it/terni

VAL D’AOSTAAostaTel. 016541119 - 0161238500www.unicef.it/aosta

VENETOVeneziaTel. 0412793878www.unicef.it/venetoVeneziaTel. 0415239950www.unicef.it/veneziaBellunoTel. e Fax 0437942987www.unicef.it/bellunoPadovaTel. 0498754988Punto d'IncontroTel. 0498751886www.unicef.it/padovaRovigoTel. e Fax 042529449www.unicef.it/rovigoTrevisoTel. e Fax 0422412314www.unicef.it/trevisoVeronaTel. e Fax 045575345www.unicef.it/veronaVicenzaTel. e Fax 0444300484www.unicef.it/vicenza

Sedi e punti d’incontro dei Comitati Regionali e Provinciali UNICEF

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