la via italiana all'intercultura

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    Aggiornamento Chieppa del 15/10/2007

    9.24.591

    Ministero della Pubblica Istruzione

    La via italiana per la scuola interculturale elintegrazione degli alunni stranieri

    Osservatorio nazionale per lintegrazione degli alunni stranieri

    e per leducazione interculturale

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    La via italiana per la scuolainterculturale e lintegrazione

    degli alunni stranieri

    Osservatorio nazionale per lintegrazione degli

    alunni stranieri e per leducazione interculturale

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    Cari dirigenti, cari insegnanti,

    per voi si appena aperto un nuovo anno di lavoro, denso di novit e di

    interrogativi ma popolato soprattutto di volti e di voci, quelli degli alunni

    delle vostre scuole. Questi volti sono sempre pi spesso di ragazzi che pro-

    vengono da mondi geograficamente e culturalmente lontani dallItalia e che

    arricchiscono con il proprio patrimonio quello della nostre generazioni pi

    giovani.

    La presenza di alunni stranieri un dato infatti ormai strutturale del

    nostro sistema scolastico. Molti studenti sono figli di immigrati di seconda

    generazione e a volte parlano litaliano con le sonore inflessioni locali dei

    nostri bei dialetti regionali.

    Molti di voi ci segnalano esperienze positive ma anche preoccupazioni. Altri

    intravedono alcuni rischi quali ad esempio la concentrazione delle presenze

    in singole scuole e territori e vivono il timore che le scuole con tanti alunni

    stranieri possano diventare scuole meno qualificate.

    A queste preoccupazioni vogliamo rispondere con i fatti: la scuola italianarisponde con professionalit e anche con un suo modello.

    Competenze degli insegnanti, creativit delle autonomie scolastiche, colla-

    borazione con gli Enti Locali, caratterizzano questa linea di impegno nella

    scuola. Un impegno non solo a mettere in atto progetti di integrazione ma

    anche a cogliere loccasione per approfondire i contenuti del sapere.

    La presenza di alunni stranieri pu essere davvero unopportunit e

    unoccasione di cambiamento per tutta la scuola, se essa ben attrezzata.

    Questo Ministero si impegnato a sostenere le iniziative prese in autono-

    mia dagli istituti scolastici ma nel contempo ha intrapreso un impegno

    straordinario per la formazione del personale, in particolare, dei dirigenti

    scolastici.

    LOsservatorio nazionale per lintegrazione degli alunni stranieri e leduca-

    zione interculturale, attivo presso il MPI da alcuni mesi ha messo a punto

    un documento dal titolo significativo: la via italiana alla scuola intercul-

    turale.

    Adottare la prospettiva interculturale, la promozione del dialogo e del con-

    fronto tra culture, significa non limitarsi soltanto ad organizzare strategiedi integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie di carattere

    speciale.

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    Insegnare in una prospettiva interculturale vuol dire piuttosto assumere

    la diversit come paradigma dellidentit stessa della scuola, occasione pri-

    vilegiata di apertura a tutte le differenze.

    Spero che le indicazioni e le linee dazione contenute in questo documentopossano costituire un quadro di orientamento entro il quale collocare e

    valorizzare il multiforme e ricco patrimonio di esperienze, di strumenti, di

    buone pratiche gi costruite sul campo dalle scuole dellautonomia. Una

    bussola per una navigazione nella quale siamo tutti fermamente impegnati.

    Un augurio a tutti di buona navigazione

    Giuseppe Fioroni

    Ministro della Pubblica Istruzione

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    Lobiettivo di individuare un modello italiano deriva dallesigenza di: evidenziare le specificit delle condizioni, scelte e azioni che hanno ca-

    ratterizzato lesperienza italiana; individuare i punti di forza che devono diventare sistema; individuare le debolezze da affrontare con nuove pratiche e risorse; dare visibilit a nuovi obiettivi e progettualit.

    Specificit non significa differenza radicale da altre esperienze europee,ma diversit nella composizione di dati strutturali, di scelte e di azioni. Il

    legame allUnione europea del modello italiano carattere imprescindi-bile del medesimo.Individuare un modello significa mettere a fuoco un insieme di principi,decisionied azionirelative allinserimento nella scuola e nella societ ita-liana dei minori di origine immigrata, attribuibili ad una pluralit di attori,nel riconoscimento generalizzato della rilevanza collettiva del problema edella responsabilit istituzionale pubblica.

    Elementi di scenario in movimento

    La presenza di minori stranieri nella scuola si inserisce come fenomenodinamico in una situazione in forte trasformazione a livello sociale, cultu-rale, di organizzazione scolastica: globalizzazione, europeizzazione e allargamento dellUnione Europea, processi di trasformazione nelle competenze territoriali (decentramen-

    to, autonomia ecc.), trasformazione dei linguaggi e dei media della comunicazione, trasformazione dei saperi e delle connessioni tra i saperi, processi di riforma della scuola.

    Il modello italiano pertanto strutturalmente dinamico, nonostante il fe-nomeno migratorio stia assumendo caratteri di stabilizzazione sia per lecaratteristiche dei progetti migratori delle famiglie, sia per la quota cre-scente di minori di origine immigrata che nascono in Italia o comunquequi frequentano lintero percorso scolastico.La dinamicit del modello deriva inoltre in maniera imprescindibile dalletdei soggetti che richiede comprensione e rispetto di tempi non standar-dizzati di crescita.

    Le caratteristiche delle trasformazioni in corso rappresentano rischi eopportunit per tutte le nuove generazioni e richiedono che le istituzionieducative generino per tutti significati e strumenti capaci di intrecciare

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    Premessa

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    unicit personale, appartenenza e responsabilit societaria, condizioneumana.La presenza dei minori stranieri funziona in realt da evidenziatore di

    sfide che comunque la scuola italiana dovrebbe affrontare anche inassenza di stranieri. Cos per la questione dei nuovi modi di intende-re e farsi intendere, per la riforma degli indirizzi della scuola secondariadi secondo grado e, in modo assolutamente preminente, per la costru-zione di forme di integrazione sociale rispettose delle persone e dellediversit.

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    Le migliori pratiche realizzate nelle scuole fin dal primo presentarsi dialunni stranieri nella scuola, la normativa italiana espressa in varie formedai governi centrali e le azioni degli enti locali si richiamano prioritaria-mente a quattro principi generali. Essi sono anche espressione delle mol-teplici dimensioni (personale, relazionale, culturale, socio-economica,organizzativa) che la questione migratoria coinvolge nel suo impatto conla scuola e vanno intesi ed accolti in prospettiva integrata.

    Universalismo

    Lassunzione di criteri universalistici per il riconoscimento dei diritti deiminori stata introdotta fin dagli anni novanta a partire da due elementivaloriali forti: lapplicazione alla realt italiana delle norme previste dalla

    Convenzione internazionale dei diritti dellinfanzia, approvata in sedeONU nel 1989, ratificata dallItalia nel 1991 e confermata nelle norma-tive di quegli anni sulla tutela dellinfanzia e delladolescenza;

    la tradizione della scuola italiana messa a punto gi negli anni settantanei confronti delle varie forme di diversit.

    Ci ha significato riconoscere che:a) listruzione un diritto di ogni bambino quindi anche di quello che

    non ha la cittadinanza italiana considerato portatore di diritti non solocome figlio data la sua minore et, ma anche come individuo in s,indipendentemente dalla posizione dei genitori e anche indipendente-mente dalla presenza dei genitori sul nostro territorio;

    b) listruzione scolastica parallelamente un dovere che gli adulti devo-no rispettare e tutelare, in particolare per quanto riguarda la scuoladellobbligo;

    c) tutti devono poter contare su pari opportunit in materia di accesso,di riuscita scolastica e di orientamento.

    Questa prospettiva adottata dallUnione Europea, espressa nelle suedichiarazioni e direttive.Il riferimento alle pari opportunit supporta la possibilit di alcune azionispecifiche (politiche selettive) per i minori immigrati, aventi comeobiettivo linnalzamento del livello di parit e la riduzione dei rischi diesclusione.

    Scuola comune

    La scuola italiana si orientata fin da subito a inserire gli alunni di citta-

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    I principi

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    dinanza non italiana nella scuola comune, allinterno delle normali classiscolastiche ed evitando la costruzione di luoghi di apprendimento sepa-rati, differentemente da quanto previsto in altri Paesi e in continuit con

    precedenti scelte della scuola italiana per laccoglienza di varie forme didiversit (differenze di genere, diversamente abili, eterogeneit di prove-nienza sociale). Si tratta dellapplicazione concreta del pi generale prin-cipio dellUniversalismo, ma anche del riconoscimento di una valenzapositiva alla socializzazione tra pari e al confronto quotidiano con ladiversit.Tale scelta non messa in discussione da pratiche concrete di divisionein gruppi, in genere per brevi periodi e per specifici apprendimenti, prin-cipalmente legati allo studio della lingua italiana.Questo principio deve oggi fare i conti con i fenomeni di concentrazio-ne/segregazione che si stanno verificando in vari contesti e livelli di scu-ola e con la richiesta di scuole differenziate da parte delle famiglie. Restaessenziale il riferimento alla Legge n.62/2000 secondo la quale le scuo-le paritarie che rientrano nel sistema pubblico di istruzione devono esse-re improntate ai principi di libert stabiliti dalla Costituzione e accettareliscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richie-sta, purch in possesso di un titolo di studio valido per liscrizione allaclasse che essi intendono frequentare.

    Centralit della persona in relazione con laltro

    La pedagogia contemporanea, sia pure con varie sfumature, orientataalla valorizzazione della persona e alla costruzione di progetti educativiche si fondino sullunicit biografica e relazionale dello studente. Taleimpostazione caratterizza il quadro normativo della scuola italiana, pre-sente sia nella Legge n.30/2000 di riforma del sistema scolastico chenella Legge di riforma n.53/2003 ed confermato nelle Nuove Indi-cazioni nazionali per la scuola dellinfanzia e per il primo ciclo dellistru-zione. Si tratta di un principio valido per tutti gli alunni, particolarmente

    significativo nel caso dei minori di origine immigrata, in quanto rende cen-trale lattenzione alla diversit e riduce i rischi di omologazione e assimi-lazione. Contemporaneamente, lattenzione al carattere relazionale dellapersona, pu evitare le derive di unimpostazione individualistica esaspe-rata e aiutare la scuola a riconoscere il contesto di vita dello studente, lasua biografia familiare e sociale.

    Intercultura

    La scuola italiana sceglie di adottare la prospettiva interculturale ovve-

    ro la promozione del dialogo e del confronto tra le culture per tutti glialunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, discipline, rela-zioni, vita della classe. Scegliere lottica interculturale significa, quindi,

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    non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati, n amisure compensatorie di carattere speciale. Si tratta, invece, di assume-re la diversit come paradigma dellidentit stessa della scuola nel plura-

    lismo, come occasione per aprire lintero sistema a tutte le differenze(diprovenienza, genere, livello sociale, storia scolastica). Tale approccio sibasa su una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusuradegli alunni/studenti in una prigione culturale, sia gli stereotipi o la folklo-rizzazione. Prendere coscienza della relativit delle culture, infatti, nonsignifica approdare ad un relativismo assoluto, che postula la neutralitnei loro confronti e ne impedisce, quindi, le relazioni. Le strategie inter-culturali evitano di separare gli individui in mondi culturali autonomi edimpermeabili, promuovendo invece il confronto, il dialogo ed anche la re-ciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affronta-re i conflitti che ne derivano.La via italiana allintercultura unisce alla capacit di conoscere ed apprez-zare le differenze la ricerca della coesione sociale, in una nuova visionedi cittadinanza adatta al pluralismo attuale, in cui si dia particolare atten-zione a costruire la convergenza verso valori comuni.

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    In questa parte, portiamo lattenzione sulle linee di azioneche caratteriz-zano il modello di integrazione interculturale della scuola italiana. Essetengono conto, da un lato, delle molteplici esperienze condotte in questianni e, dallaltro lato, delle necessit evidenziate da una situazione inforte cambiamento che chiede di procedere con lungimiranza, qualit,efficacia.

    Abbiamo individuato nella pratica e nella normativa dieci principali linee diazione, riconducibili a tre macro-aree:

    Azioni per lintegrazione

    Si tratta di strategie che vedono come destinatari diretti, o comunqueprivilegiati, gli alunni di cittadinanza non italiana e le loro famiglie. Sonorivolte in modo particolare a garantire agli studenti le risorse per il dirittoallo studio, la parit nei percorsi di istruzione, la partecipazione alla vitascolastica.Sono riconducibili a questa area le pratiche di accoglienza e di inserimen-to nella scuola, lapprendimento dellitaliano seconda lingua, la valorizza-zione del plurilinguismo, le relazione con le famiglie straniere e lorienta-mento.

    Azioni per linterazione interculturale

    Si tratta di linee di intervento che hanno a che fare con le gestione peda-gogica e didattica dei cambiamenti in atto nella scuola e nella societ,con i processi di incontro, le sfide della coesione sociale, le condizionidello scambio interculturale e le relazioni tra uguali e differenti. In altreparole, prevedono come destinatari tutti gli attori che operano sullascena educativa.

    Sono riconducibili a questa area gli interventi relativi alle relazioni a scuo-la e nel tempo extrascolastico, alle discriminazioni e i pregiudizi, alle pro-spettive interculturali nei saperi e nelle competenze.

    Gli attori e le risorse

    In questa sezione sono contenute le linee di intervento che hanno a chefare con gli aspetti organizzativi, gli attori dentro e fuori la scuola, leforme e i modi della collaborazione tra scuola e societ civile, le specifi-cit territoriali, a partire dalla consapevolezza che lintegrazione si co-

    struisce insieme, a scuola e fuori dalla scuola. Si tratta della dirigenza,dellautonomia e delle reti tra istituzioni scolastiche, societ civile e ter-ritorio, della formazione dei docenti e del personale non docente.

    Le linee di azione

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    Allinterno di queste tre macroaree, le dieci linee dazione individuatesono le seguenti.

    1. Pratiche di accoglienza e di inserimento nella scuolaIl momento dellaccoglienza e del primo inserimento risulta cruciale ai finidel processo di integrazione perch in questa fase che si pongono lebasi per un percorso scolastico positivo. In misura maggiore esso si col-loca allinizio dellanno scolastico, ma, per una parte degli alunni stranie-ri (circa un quinto delle presenze), linserimento nella scuola italianaavviene in corso danno. Anche per questa ragione, il copione largo(chi fa che cosa) che regola questo momento importante deve esseredefinito e condiviso nella scuola e fra i docenti a partire innanzi tutto dallenorme che regolano liscrizione. Esse sanciscono (DPR n.394/1999;C.M. n.24/2006) alcuni principi e indicano le modalit di inserimento. Inspecifico, la C.M. n 93/2006 relativa alle iscrizioni per la.s. 2007/2008ribadisce che:

    Liscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordinee grado avviene nei modi e alle condizioni previste per i minori ita-liani e pu essere richiesta in qualunque periodo dellanno scola-stico I minori stranieri vengono iscritti alla classe corrisponden-te allet anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberiliscrizione ad una classe diversa, tenendo conto: dellordinamen-to degli studi nel Paese di provenienza, che pu determinareliscrizione ad una classe immediatamente inferiore o superiorerispetto a quella corrispondente allet anagrafica; del corso distudi eventualmente seguito nel Paese di provenienza; del titolo distudio eventualmente posseduto; dellaccertamento di competen-ze, abilit e livelli di preparazione. La stessa normativa richiedeche il collegio dei docenti formuli proposte per la ripartizione deglialunni stranieri nelle classi, evitando la costituzione di classi in cuirisulti predominante la loro presenza ai fini di una migliore integra-

    zione e di una maggiore efficacia didattica per tutti.

    Nella fase dellaccoglienza, molti sono i fattori che entrano in gioco e cherichiedono di essere considerati con attenzione. Essi sono, tra laltro, ditipo: conoscitivo: si deve ricostruire la storia personale, scolastica e linguisti-

    ca del minore straniero, attraverso i documenti presentati, il colloquiocon i genitori, la collaborazione di mediatori linguistico-culturali ecc.;

    amministrativo: sulla base degli elementi di conoscenza raccolti duran-

    te i colloqui iniziali, i momenti di osservazione dellalunno neoarrivato,le indicazioni della normativa, si procede a definire la classe e la sezio-ne di inserimento pi adeguata;

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    relazionale: nella fase iniziale si stabilisce un patto educativo con lafamiglia straniera, considerata come partner educativo a tutti gli effet-ti e si mettono le basi per una collaborazione positiva tra i due spazi

    educativi. Al tempo stesso, si inaugura, nel gruppo-classe dellalunnoneo-arrivato, una dinamica relazionale tra i pari, che va seguita eaccompagnata con cura;

    pedagogico-didattico: vengono rilevati durante i primi giorni dellinseri-mento i bisogni linguistici e di apprendimento, in generale, e anche lecompetenze e i saperi gi acquisiti e, sulla base di questi dati, si ela-bora un piano di lavoro individualizzato;

    organizzativo: la scuola predispone i dispositivi pi efficaci perrispondere ai bisogni linguistici e di apprendimento degli alunni neo-inseriti: modalit e tempi dedicati allapprendimento dellitaliano se-conda lingua; individuazione delle risorse interne ed esterne allascuola; attivazione dei dispostivi di aiuto allo studio anche in tempoextrascolastico.

    Particolare attenzione deve essere data allinserimento dei minori neo-arrivati ultraquattordicenni: per loro, la fase dellaccoglienza viene di fattoa coincidere con il momento cruciale dellorientamento e con la sceltadel percorso scolastico.Una scuola che accoglie in maniera competente deve quindi essereattrezzata a tale scopo e deve poter contare su: una conoscenza aggior-nata della normativa in materia di inserimento scolastico; la disponibilitdi materiali informativi e di modulistica plurilingui; lattivazione di risorseinterne (ad esempio un gruppo di lavoro sullaccoglienza formato da: diri-gente, docenti e personale amministrativo); la definizione di procedure diaccoglienza condivise (ad esempio, il protocollo di accoglienza).

    2. Italiano seconda lingua

    Lacquisizione e lapprendimento dellitaliano rappresenta una compo-

    nente essenziale del processo di integrazione: costituiscono la condizio-ne di base per capire ed essere capiti, per partecipare e sentirsi partedella comunit, scolastica e non. Lazione complessiva si articola in duetipi di attivit, organizzativa la prima, glottodidattica la seconda:La fase organizzativa, intesa a fronteggiare lurgenza immediata, mira a: individuare modelli organizzativi (istituzione di Laboratori di Ital2; tempi

    e durata del laboratorio; personalizzazione del curricolo e adattamentodel programma, ecc.);

    definire i ruoli dei facilitatori linguistici sia esterni (in collaborazione con

    Enti locali, Associazioni, Centri, Universit e loro studenti in tirocinio,iniziative con fondi FSE, e cos via); sia interni, attraverso docenti confunzione strumentale e docenti formati nella didattica dellItal2;

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    prevedere strumenti di stimolo alla creazione di reti di scuole e di lorofinanziamento;

    elaborare materiali e strumenti (trasmissioni televisive, modelli di test

    di determinazione dei livelli daccesso, ecc.) ed erogare risorse dadestinare sia alla pubblicazione e diffusione di materiali di riferimentoper gli insegnanti sia allacquisto di materiali di Ital2 per le scuole e gliapprendenti stranieri.

    La fase glottodidattica prende le mosse contemporaneamente allaprima ma produce risultati in un momento successivo; essa riguarda: la definizione di un modello di competenza comunicativa di italiano di

    base (ItalBase) e lindividuazione dei problemi dellitaliano per lo studio(ItalStudio), in modo da offrire ai docenti un quadro comune di riferi-mento;

    la diffusione di strumenti la definizione dei diversi livelli di competenzadi ItalBase che tengano conto del Quadro comune europeo di riferi-mento per le lingue e del livello di ItalStudio per progettare interventimirati;

    lelaborazione e diffusione di modelli operativi sia per le attivit in clas-se sia per quelle in Laboratorio Ital2;

    la formazione di docenti di riferimento per le singole scuole e la sensi-bilizzazione di tutti i docenti sui problemi della facilitazione nella com-prensione dellitaliano.

    3. Valorizzazione del plurilinguismo

    La situazione di plurilinguismo che si sta sempre pi diffondendo nellescuole rappresenta unopportunit per tutti gli alunni oltre che per glialunni stranieri. Lazione riguarda: il plurilinguismo nella scuola, cio di sistema: oggi si insegnano due lin-

    gue comunitarie, che le tabelle di abilitazione riducono a inglese, fran-cese, tedesco e spagnolo, pi il russo; si deve ripensare lofferta gene-

    rale (non limitata agli immigrati) delle LS includendo le lingue parlatedalle collettivit pi consistenti a seconda delle aree del Paese e pre-

    vedendo le relative abilitazioni: i corsi possono essere organizzati sullabase delle reti di scuole, in modo da consentire la creazione di gruppi-classe numerosi. In tutti i casi, anche nelle scuole primarie, gli inse-gnanti possono valorizzare il plurilinguisno dando visibilit alle altre lin-gue e ai vari alfabeti, scoprendo i prestiti linguistici tra le lingue ecc.;

    il plurilinguismo individuale: il mantenimento della lingua dorigine undiritto delluomo ed uno strumento fondamentale per la crescita

    cognitiva, con risvolti positivi anche sullItal2 e sulle LS studiate nellascuola. Linsegnamento delle lingue dorigine, nella loro versione stan-dard, pu essere organizzato insieme a gruppi e associazioni italiani e

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    stranieri, mentre saranno le famiglie e le collettivit ad esporre i figlialle variet non-standard da loro parlate.

    4. Relazione con le famiglie straniere e orientamentoViene unanimemente riconosciuta come centrale la relazione con le fami-glie immigrate, con particolare attenzione a tre dimensioni: la scelta consapevole della scuola nella quale inserire i figli. Fermo

    restando lesercizio del diritto di scelta, necessario offrire alle fami-glie un preventivo orientamento, un bagaglio di informazioni pertinentisul sistema formativo e sulla pluralit di scuole presenti nel territorio esulle loro peculiarit, per evitare decisioni non adeguate alle reali esi-genze, attitudini e diverse condizioni dei figli o, come spesso accade,dettate da quei motivi di vicinanza spaziale che finiscono per aggrava-re forme di concentrazione in isole scolastiche e territoriali separate;

    il coinvolgimento della famiglia nel momento dellaccoglienza deglialunni, che evidentemente va di pari passo con quella della famiglia nelsuo insieme. necessario, da parte della scuola, un ascolto capace dicomprendere la specifica condizione in cui la famiglia si trova, quasisempre contrassegnata da delicati percorsi di destrutturazione-ristrut-turazione culturale, con frequenti crisi nelle relazioni intergeneraziona-li. Accogliere la famiglia e accompagnarla intelligentemente nel difficileviaggio cui sottoposta, aiutandola nella graduale dinamica integra-zione nel nuovo contesto, indubbiamente uno dei compiti pi com-plessi della scuola aperta allintercultura;

    la partecipazioneattiva e corresponsabile delle famiglie immigrate alleiniziative e alle attivit della scuola, alla conoscenza e condivisione delprogetto pedagogico, ad unalleanza pedagogica che valorizzi le speci-ficit educative.

    I mediatori linguistico-culturali rappresentano una risorsa importante pertutte queste forme di relazione.

    5. Relazioni a scuola e nel tempo extrascolasticoLintercultura in classe assume il significato di un paradigma per linterosistema-scuola. In questo senso, predisporre misure di sostegno ad unastabile integrazione ed i necessari interventi specifici da un punto di vistadidattico, non significa concentrare lattenzione sul recupero degli immi-grati come alunni-problema, ma integrare questo sforzo in un piampio programma di educazione interculturale, coinvolgente tutta la clas-se. Tale approccio interculturale fondato su una concezione dinamicadella cultura, espressa soprattutto nellambito delle relazioni tra linse-

    gnante e gli alunni e tra gli alunni stessi.In passato, da parte di molti insegnanti stata assunta una concezioneculturalista, che tende a confrontarsi con le culture dorigine in quan-

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    to tali, e che rischia di assolutizzare lappartenenza etnica degli alunni,predeterminando i loro comportamenti e le loro scelte. Una concezionepersonalistadella cultura, invece, valorizza le persone nella loro singola-

    rit e nel modo irripetibile con cui vivono gli aspetti identitari, lapparte-nenza, il percorso migratorio. La relazione interculturale opera il ricono-scimento dellalunno con la sua storia e la sua identit, evitando, tutta-

    via, ogni fissazione rigida di appartenenza culturale e ogni etichettamen-to. Formare in senso interculturale significa riconoscere laltro nella suadiversit, senza tacerla, ma neanche creando gabbie etnico/etno cultu-rali, esprimendo conferma e attivando canali di comunicazione senzariduzionismi.Quando gli individui si incontrano si crea accordo o conflitto, scambio oincomprensione. La classe, il gruppo, o il sito educativo, in questosenso, non sono altro che la zona di mediazione tra le culture, il conte-sto comune in cui si rende possibile il dialogo. La scuola svolge per tuttigli alunni, ed in particolare quelli stranieri, un ruolo di mediazione e disocializzazione. Di conseguenza, una comunicazione centrata soltantosul contenuti, i fatti, potrebbe aumentare la distanza tra gli interlocuto-ri, o a irrigidire lo scambio. Al contrario, le strategie centrate sulle rela-zioni e sulla collocazione del discorso in un contesto, facilitano la com-prensione.La classe interculturale si presenta, in sintesi, come un luogo di scambiocon lesterno, uno spazio di costruzione identitaria di tutti gli alunni, ed inparticolare di quelli immigrati, dove compito dellinsegnante sar quellodi favorire lascolto, il dialogo, la comprensione nel senso pi profondodel termine. Allo stesso tempo, si favorisce la socializzazione degli alun-ni anche nello spazio extra-scolastico e nei gruppi di pari.Si tratta di fare della classe un luogo di comunicazionee cooperazione.In questo senso, sono da sviluppare le strategie di apprendimento coo-perativoche, in un contesto di pluralismo, possono favorire la partecipa-zione di tutti ai processi di costruzione delle conoscenze.

    Linterculturalit come cambiamento nelle relazioni, infine, riguarda so-prattutto linsegnante: leffetto specchio induce il docente a confron-tarsi e a criticarsi, svelando rigidit e stereotipi del proprio modo di pen-sare, aprendo nuove possibilit di comprensione.

    6. Interventi sulle discriminazioni e sui pregiudizi

    La presenza di immigrati nella scuola pu rendere pi evidenti alcunimeccanismi naturali e frequenti in tutte le persone, relativi alletnocen-trismo, come cercare di rendere pi simili possibile i comportamenti e le

    azioni posti nella stessa categoria, e sottolineare le differenze tra perso-ne appartenenti a gruppi diversi. Questo tipo di procedimento (come glistereotipi, immagini o rappresentazioni che riuniscono caratteri o tratti

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    collegati tra loro, nella forma di clich ripetitivo) risponde a criteri di eco-nomicit e di semplificazione mentale al fine di preservare una differenzaa favore di s e del proprio gruppo.

    Sono per anche frequenti i pregiudizi, opinioni e atteggiamenti precon-cetti, in genere su base emozionale, condivisi da un gruppo, rispetto allecaratteristiche di un altro gruppo. Spesso, portano a evitare contatti conle persone oggetto di rifiuto, rendendo cos difficile contraddire le opinio-ni e i giudizi prevenuti. Stereotipi, pregiudizi, forme di etnocentrismo pos-sono fare da elemento scatenante della xenofobia o del vero e propriorazzismo, nelle sue varie forme e livelli (da quello istituzionale a quelloscientifico a quello non teorizzato ma ugualmente pericoloso). La scuoladeve affrontare questi problemi senza tacerli o sottovalutarli; leducazio-ne antirazzista pu essere considerata uno degli obiettivi allinterno del-lintercultura, anche se non coincide interamente con essa. In questoambito sono comprese anchetutte le strategie attraverso cui si costrui-sce lalterit, che oggi devono mirare in modo specifico a contrastare: antisemitismo (la didattica della Shoah dovrebbe approfondire il rap-

    porto tra storia e memoria al fine di evitare ogni negazione, distorsio-ne e banalizzazione di questa tragedia. Essa dovrebbe inoltre sfociarein una pedagogia capace di prevenire efficacemente ogni forma diintolleranza e violenza);

    islamofobia (anche a causa di una informazione a volte insufficientesulla complessit della civilt islamica, i musulmani tendono ad esserepercepiti come un agglomerato indistinto e come portatori di inquietan-ti atteggiamenti estranei ed inconciliabili, piuttosto che di valori a voltediversi);

    antiziganismo (lostilit contro i Rom e i Sinti assume laspetto, a volte,di una forma specifica di razzismo che leducazione interculturale devecontrastare anche attraverso la conoscenza della loro storia).

    Respingere il razzismo significa, dunque, contrastare la costruzione del-laltro come nemico e una visione essenzializzata e stereotipata di esso.

    Leducazione interculturale deve comprendere la dimensione dellantiraz-zismo, altrimenti si avrebbero istanze pedagogiche ingenue, prive dicontatto con la realt delle problematiche della discriminazione; dove cisi limitasse allantirazzismo, invece, si rischierebbe di limitarsi ad affron-tare la dimensione socio-politica del pensiero prevenuto, ignorandone leimplicazioni pi ampie. Si parler, quindi, di educazione interculturale cheaffronta tra i suoi compiti lelaborazione di strategie contro il razzismo,antisemitismo, islamofobia, antiziganismo, allinterno di un quadro globa-le di incontro tra persone di culture diverse.

    Leducazione interculturale come educazione alla diversit deve tende-re a svilupparsi su due dimensioni complementari.La prima mirata ad ampliare il campo cognitivo, fornire informazioni,

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    promuovendo la capacit di decentramento, con lobiettivo di mostrarela variet di punti di vista da cui osservare una situazione, organizzando-ne lo scambio. La relativizzazione di criteri e concetti, base indispensa-

    bile del pensiero critico, non approda al relativismo radicale, ma alla ri-cerca di criteri condivisi di lettura della realt e alla promozione di atteg-giamenti di apertura e sensibilit verso la diversit. Gli apporti dellantro-pologia e della storia saranno allora particolarmente importanti, nel qua-dro di una visione del mondo sfaccettata e complessa, capace di mette-re in questione gli stereotipi.Tuttavia, agire a livello cognitivo non basta, poich il pregiudizio pi radi-cato non viene messo in dubbio dalla smentita alle proprie opinioni; cos,se da una parte fondamentale sottoporre a critica le informazioni di tipofalsamente naturalistico che accettano e gerarchizzano le differenze,daltro canto occorre agire anche sul piano affettivo e relazionale, attra-

    verso il contatto, la condivisione di esperienze, il lavoro per scopi comu-ni, la cooperazione.La complessit del problema del razzismo nella societ attuale richiedenegli educatori, negli insegnanti e nei genitori uno sforzo di acquisizionedi competenze, di capacit di osservazione e soprattutto di responsabi-lit che, a partire dalla conoscenza personale, si concretizzi in progetti.La scelta delle strategie dovr soprattutto essere fatta nel senso dellaconvergenza, mirando cio maggiormente alla ricerca dellinclusione,di ci che unisce. In questo senso, leducazione interculturale quan-do non cede a tentazioni differenzialistiche pu arricchire le anali-si e le proposte operative contro il razzismo, agendo in senso globale,elaborando strategie di relazione o curricoli in cui siano presenti sialazione contro il pregiudizio, sia la difesa dei diritti umani, sia lespe-rienza diretta.

    7. Prospettive interculturali nei saperi e nelle competenze

    La possibilit di trattare i temi interculturali come prospettiva trasversale

    appare, allo stato attuale, una soluzione rispondente alle esigenze del-lapproccio che abbiamo fin qui definito alla diversit. Lintroduzionetrasversale e interdisciplinare delleducazione interculturale nella scuolarisponde alla necessit di lavorare sugli aspetti cognitivi e relazionali piche sui contenuti, evitando loggettivizzazione delle culture, lessenziali-smo, la loro decontestualizzazione, il rischio di folklorizzazione e di eso-tismo.Tuttavia, chiaro che questo approccio non pu divenire un alibi per con-tinuare sulla via delle improvvisazioni, eludendo lintroduzione di uno spa-

    zio curricolare specifico. Uno spazio di questo genere deve essere con-cepito nella forma di una nuovaeducazione alla cittadinanza; infattiin un ambito di questo tipo che potranno essere integrati gli aspetti pi

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    propriamente interculturali. Come direzione pi valida va indicata, in sin-tesi, uneducazione alla cittadinanza che comprenda la dimensione inter-culturale e si dia come obiettivi lapertura, luguaglianza e la coesione

    sociale.Anche se lo spazio per lintercultura non individuabile in una disciplinaspecifica, ma pu essere considerata come una prospettiva attraversocui guardare tutto il sapere scolastico, si rende necessario ripensare lacollocazione della prospettiva interculturale allinterno dei curricoli,tenendo presente sia lobiettivo dellapertura alle differenze, sia il finedelluguaglianza tra gli alunni e della coesione sociale.Sono da coltivare gli orientamenti assunti in molte scuole per ridefiniresaperi, i contenuti e le competenze in una prospettiva autenticamenteinterdisciplinare, arricchendoli con lintegrazione di fonti, modelli cultura-li, punti di vista altri.Storia, geografia, letteratura, matematica, scienze, arte, musica, nuovilinguaggi comunicativi e altri campi del sapere costituiscono unoccasio-ne ineludibile di formazione alla diversit, permettendo di accostarsi nonsolo a diversi contenuti, ma anche a strutture e modi di pensare diffe-renti. A titolo esemplificativo, in attesa di ulteriori approfondimenti colle-gati alle Nuove indicazioni e alla revisione dei curricoli della scuola, sisegnala la necessit di superare le proposte marcatamente identitarie eeurocentriche nel campo dellinsegnamento della storia, concettualizzan-do il nesso storia-cittadinanza; di considerare la geografia unoccasionequanto mai privilegiata per la formazione di una coscienza mondialistica;o lopportunit di allargare lo sguardo degli alunni stessi in chiave multi-religiosa, consapevoli del pluralismo religioso che caratterizza le nostresociet e le nostre istituzioni educative e della rilevanza della dimensio-ne religiosa in ambito interculturale.

    8. Lautonomia e le reti tra istituzioni scolastiche, societ civile e

    territorio

    Le migliori iniziative promosse in questi anni dalle istituzioni scolasticheper far fronte al tema dellintegrazione degli alunni stranieri tracciano unamodalit organizzativa/tipo della scuola accogliente, integrativa e inter-culturale. Essa muove dallassunzione responsabile del concetto di auto-nomiae dalla piena consapevolezza di dover educare e istruire in unacomunit che cambiata, diventata pi complessa, arricchita di storiediverse e di bisogni specifici.Contemporaneamente, lautonomia scolastica e la diversit delle politi-che e degli investimenti locali in materia di integrazione scolastica degli

    alunni stranieri hanno evidenziato in questi anni il rischio di una sorta dilocalizzazione dei diritti. In alcune scuole e aree del Paese, il tema stato assunto in maniera chiara e responsabile e sono stati attivati risor-

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    se e dispositivi mirati; in altri casi, invece, i bisogni della popolazionestraniera presente nella scuola sono ancora nellinvisibilit, o sono trat-tati, caso per caso, con risposte di tipo emergenziale e di scarsa quali-

    t. Questo porta ad una differenziazione dei percorsi/progetti di integra-zione e a una evidente discrezionalit delle risposte da scuola a scuola eda citt a citt.In termini di riposta positiva e di possibili collaborazioni tra scuola e ter-ritorio, segnaliamo tre necessit e attenzioni.La prima necessit quella di portare a sistema e di diffondere la cono-scenza delle situazioni positive e consolidate, in termini di: modalit dicollaborazione interistituzionale (protocolli tra enti locali e scuole, vade-mecum operativi); azioni realizzate; integrazione delle risorse; elaborazio-ne e diffusione di materiali e strumenti; coinvolgimento delle associazio-ni, delle comunit immigrate, delle famiglie straniere; coinvolgimento deimediatori culturali, formazione degli operatori e dei docenti.Uno strumento potente di diffusione delle pratiche, delle modalit orga-nizzative della scuola e delle forme della collaborazione interistituzionale oggi rappresentato dalle reti di scuole, che hanno contribuito fin quia scambiare esperienze, indicare possibili strade e impostazioni pro-gettuali.La seconda necessit, che oggi si impone con forza soprattutto in alcu-ne zone e citt, quella di collaborare insieme per prevenire fenomeni diconcentrazione delle presenze straniere in una determinata scuola oplesso. Lazione congiunta delle istituzioni scolastiche e del territorio pucontribuire a prevenire tali situazioni, o a governarle qualora esse si pre-sentino. Vi sono gi esperienze positive in tal senso (protocolli di intesaa livello cittadino) che possono diventare modalit paradigmatiche peraltre citt e scuole.La terza necessit, infine, quella di sottolineare il fatto che lintegrazio-ne scolastica una parte importante, ma non esaustiva dellintegra-zione complessiva. Per favorire il processo di inclusione dei minori stra-

    nieri nelle citt e nelle comunit, la scuola e il territorio devono lavorarein maniera congiunta, fianco a fianco, per far s che i luoghi comuni diven-tino davvero luoghi di tutti.

    9. Il ruolo dei dirigenti scolastici

    La scuola dellautonomia attribuisce una maggiore centralit alle risorseprofessionali del personale e, in specifico, rende strategica la funzionedella dirigenza. Ci vale in modo particolare per le istituzioni che opera-no in contesti multiculturali e a forte complessit sociale.

    Una scuola efficace in termini di integrazione interculturale presenta, ingenere, una leadershipriconosciuta e autorevole, capace di promuove-re un ethosbasato sullapertura e sul riconoscimento reciproco e unas-

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    sunzione collettiva di responsabilitrispetto ai temi dellintegrazione, del-leducazione interculturale, delle nuove prospettive della cittadinanza.Si rende indispensabile una formazione dei dirigenti mirata anche ad

    accrescere specifichecompetenze gestionali e relazionali sia interne allascuola (organizzazione del personale, dispositivi di accoglienza e di pro-mozione dellinclusione, laboratori linguistici, procedure amministrative edi valutazione), sia esterne, con riferimento ai rapporti con lamministra-zione statale, con le altre scuole, le istituzioni e la societ civile del ter-ritorio.

    10. Il ruolo dei docenti e del personale non docente

    Una rinnovata visione della formazione degli insegnanti come sensibilialle culture mira ad una costruzione di tipo riflessivodella personalitdei docenti, per renderli capaci di apertura alla diversit ed interpretazio-ne del bagaglio culturale degli alunni/studenti nei loro aspetti singolari esoggettivi. Questi elementi di sviluppo delle competenze degli insegnan-ti segnano la tendenza verso il superamento di forme prevalentementeinformativo-culturali o estetiche della formazione, per rivolgersi ad inten-zionalit di formazione critica, in grado di sollecitare il ripensamento delruolo insegnante in quanto tale.In tale prospettiva, di tipo esperienziale, la formazione interculturale siconfigura come una prospettiva di innovazione dellinsegnamento com-plessivamente inteso e, di conseguenza, del ruolo docente. Il contestodella diversit culturale obbliga linsegnante a uscire dai canoni della tra-smissione lineare per dialogare con particolari esigenze. Tuttavia, ci nonsignifica formare i docenti a rispondere a bisogni speciali, bens, alcontrario, abituarsi a leggere lintero contesto scolastico sotto il segnodella differenza.

    A questo aspetto va per aggiunta la competenza di gestire le grandiquestioni eticheinerenti allintercultura, tra relativismo e rischio di assi-milazione. Linsieme costituito da un impianto teorico forte e dallespe-

    rienza critica deve prevedere la capacit, da parte dellinsegnante, diaffrontare i dilemmi dellincontro (e scontro) di valori diversi. Possono, inquesto senso, essere messi in grado di collocare la loro posizione tra unastratto universalismo, che rilegge la diversit sotto il segno dellomoge-neit, e un radicale relativismo che accentua le differenze.La formazione pi accreditata fornisce gli insegnanti di strumenti meto-dologici per inserire la prospettiva interculturale nelle discipline scolasti-che(storico-geografiche, letterarie, artistiche, scientifiche ecc.).Infine, non pu mancare limmersione e la scoperta, per quanto parziale,

    di almeno un universo culturale degli immigrati, per confrontarsi con unadiversit sperimentata e non solo immaginata.

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    Per quanto riguarda in specifico la formazione iniziale, va promossa lapresenza di insegnamenti di Pedagogia interculturale nelle FacoltUniversitarie, in particolare nei corsi di Scienze della Formazione

    Primaria e nelle Scuole di Specializzazione per linsegnamento. In taliCorsi opportuno individuare contenuti tematici comuni da integrarenelle discipline impartite ai futuri insegnanti, per incrementare la cono-scenza delle problematiche culturali, antropologiche, pedagogiche, psi-cologiche e sociali relative allintercultura. Uno scambio ed una riflessio-ne tra docenti in servizio promossa dal Ministero P.I. potrebbe fornirenuove indicazioni per la didattica universitaria.Nella scuola interculturale di particolare importanza anche la formazio-ne degli operatori scolastici amministrativi, tecnici ed ausiliari. Essi sonospesso i primi interfaccia dellistituzione, direttamente coinvolti in unaorganizzazione che affronta le esigenze complesse della diversit. Ancheper loro le modalit della formazione dovrebbero caratterizzarsi per unapprofondimento di tipo autoriflessivo (attitudini personali nei confrontidella diversit, riconsiderazione critica delle esperienze pregresse, con-fronti di pratiche), ed esperienziale (valorizzazione delle sensibilit svilup-pate nei confronti delle diversit, vigilanza nei momenti comuni dellascuola, gestione operativa dellaccoglienza).

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    Si presentano, in modo essenziale, i riferimenti legislativi italiani piimportanti che negli ultimi quindici anni hanno gradualmente definito iltema delleducazione interculturale e dellintegrazione degli alunni stra-nieri.Di fronte allemergenza del fenomeno migratorio, leducazione intercul-turale individuata inizialmente come risposta ai problemi degli alunnistranieri/immigrati: in particolare, si inteso disciplinare laccesso gene-ralizzato al diritto allo studio, lapprendimento della lingua italiana e la

    valorizzazione della lingua e cultura dorigine (v. C.M. 8/9/1989, n. 301,

    Inserimento degli alunni stranieri nella scuola dellobbligo. Promozione ecoordinamento delle iniziative per lesercizio del diritto allo studio).In seguito si afferma il principio del coinvolgimento degli alunni italiani inun rapporto interattivo con gli alunni stranieri/immigrati, in funzione delreciproco arricchimento (v. C.M. 22/7/1990, n. 205, La scuola dellob-bligo e gli alunni stranieri. Leducazione interculturale).Questa disposizione introduce per la prima volta il concetto di educazio-ne interculturale, intesa come la forma pi alta e globale di prevenzionee contrasto del razzismo e di ogni forma di intolleranza. Gli interventididattici, anche in assenza di alunni stranieri, devono tendere a preveni-re il formarsi di stereotipi nei confronti di persone e culture (v. anche lapronuncia del C.N.P.I. del 24/3/1993, Razzismo e antisemitismo oggi:il ruolo della scuola).Si individua lEuropa, nellavanzato processo di integrazione economicae politica in corso, come societ multiculturale, imperniata sui motivi del-lunit, della diversit e della loro conciliazione dialettica, e si colloca ladimensione europea dellinsegnamento nel quadro delleducazione inter-culturale, con riferimento al trattato di Maastricht e ai documenti dellaComunit Europea e del Consiglio dEuropa (v. documento Il dialogointerculturale e la convivenza democratica, diffuso con C.M. 2/3/1994,n. 73). utile, poi, richiamare la sottolineatura, contenuta nella legge sullimmi-grazione n. 40 del 6 marzo 1998, art. 36, sul valore formativo delle dif-ferenze linguistiche e culturali: Nellesercizio dellautonomia didattica eorganizzativa, le istituzioni scolastiche realizzano, per tutti gli alunni, pro-getti interculturali di ampliamento dellofferta formativa, finalizzati allavalorizzazione delle differenze linguistico-culturali e alla promozione di ini-ziative di accoglienza e di scambio

    Il Decreto Legislativo del 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delledisposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sullacondizione dello straniero riunisce e coordina le varie disposizioni in

    Riferimenti normativi nazionali

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    vigore in materia con la stessa Legge n. 40/98, ponendo, anche in que-sto caso, particolare attenzione sulleffettivo esercizio del diritto allo stu-dio, sugli aspetti organizzativi della scuola, sullinsegnamento dellitalia-

    no come seconda lingua, sul mantenimento della lingua e della cultura diorigine, sulla formazione dei docenti e sullintegrazione sociale.Tali principi sono garantiti nei confronti di tutti i minori stranieri, indipen-dentemente dalla loro posizione giuridica, cos come espressamenteprevisto dal Decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto1999, n. 394, Regolamento recante norme di attuazione del testo unicodelle disposizioni concernenti le disciplina dellimmigrazione e normesulla condizione dello straniero. In particolare, si legge che liscrizionescolastica pu avvenire in qualunque momento dellanno e che spetta alCollegio dei docenti formulare proposte per la ripartizione degli alunnistranieri nelle classi, evitando la costituzione di sezioni in cui la loro pre-senza sia predominante, e definire, in relazione ai livelli di competenzadei singoli alunni, il necessario adattamento dei programmi di insegna-mento. Inoltre, per sostenere lazione dei docenti, si affida al Ministerodellistruzione il compito di dettare disposizioni per lattuazione di proget-ti di aggiornamento e di formazione, nazionali e locali, sui temi delledu-cazione interculturale.Ulteriori azioni di sostegno nei confronti del personale docente impegna-to nelle scuole a forte processo immigratorio sono definite dalla C.M. n.155/2001, attuativa degli articoli 5 e 29 del CCNL del comparto scuola:fondi aggiuntivi per retribuire le attivit di insegnamento vengono asse-gnati alle scuole con una percentuale di alunni stranieri e nomadi supe-riore al 10% degli iscritti. La C.M. n. 160/2001 invece finalizzata allat-tivazione di corsi ed iniziative di formazione per minori stranieri e per leloro famiglie, tesi a realizzare concretamente il diritto allo studio, in uncontesto in cui la comunit scolastica accolga le differenze linguistiche eculturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco edello scambio tra le culture. La legge 30 luglio 2002, n. 189, cosiddetta

    Bossi-Fini, che modifica la precedente normativa in materia di immigra-zione ed asilo, non ha cambiato le procedure di iscrizione degli alunnistranieri a scuola, che continuano ad essere disciplinate dal Rego-lamenton. 394 del 1999.La Pronuncia del CNPI del 20/12/2005 Problematiche interculturaliun documento di analisi generale sul ruolo della scuola nella societ mul-ticulturale.La C.M. n. 24, del 1 marzo 2006Linee guida per laccoglienza e linte-grazione degli alunni stranierifornisce un quadro riassuntivo di indica-

    zioni per lorganizzazione di misure volte all inserimento degli alunnistranieri.In occasione della pubblicazione della circolare n. 28 del 15 marzo 2007

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    sugli esami di licenza al termine del primo ciclo di istruzione, il ministero,al paragrafo n.6 del capitolo relativo allo Svolgimento dellesame di Sta-to, ha raccomandato alle commissioni esaminatrici di riservare partico-

    lare attenzione alla situazione degli alunni stranieri in condizioni di critici-t per linadeguata conoscenza della lingua italiana.

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    LOsservatorio per lintegrazione degli alunni stranieri e leducazioneinterculturale articolato in un comitato scientifico composto da espertidel mondo accademico, culturale e sociale; da un comitato tecnico com-posto da rappresentanti degli Uffici del ministero e da una consulta deiprincipali istituti di ricerca, associazioni ed enti che lavorano nel campodellintegrazione degli alunni stranieri.LOsservatorio presieduto dal Sottosegretario di stato prof.ssa LetiziaDe Torre.Il Comitato scientifico coordinato dalla prof.ssa Graziella Giovannini.

    Comitato Scientifico

    - GiulioAlbanese, fondatore di MISNA (Missionary internationalService News Agency; Agenzia missionaria di servizio per linforma-zione internazionale);

    - Paolo Balboni, preside della Facolt di lingue e letterature straniere,Universit C Foscari di Venezia;

    - Antonio Brusa, docente di didattica della storia, Universit di Bari;

    - Mauro Ceruti, preside della Facolt di Scienze della Formazione,

    Universit di Bergamo;- Maria E. Esparragoza, mediatrice culturale (culture latinoamericane),

    Genova;

    - Paola Falteri, docente di antropologia culturale, Universit di Perugia;

    - Graziella Favaro, coordinatrice della rete dei centri interculturali,Milano;

    - Graziella Giovannini, docente di sociologia delleducazione,Universit di Bologna;

    - Karim Hannachi, docente di lingua e letteratura araba, Universit diCatania;

    - Huang Heini, mediatrice linguistico-culturale (culture asiatiche),Firenze;

    - Giuseppe Milan, docente di pedagogia generale e pedagogia intercul-turale, Universit di Padova;

    - Leonardo Piasere, docente di antropologia culturale, universit diVerona;

    - Melita Richter, mediatrice culturale (culture balcaniche), Trieste;- Brunetto Salvarani, esperto di educazione interculturale e dialogo

    interreligioso;

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    LOsservatorio

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    - Milena Santerini, docente di pedagogia generale, Universit Cattolicadi Milano;

    - Ribka Sibhatu, mediatrice linguistico-culturale (culture africane),

    Roma;- Francesco Susi, preside della facolt di Scienze della formazione,

    Universit di Roma Tre.

    Comitato Tecnico

    - LuigiAiello, Dipartimento per listruzione Dirigente Uff III.

    - Gianna Barbieri, Direzione Generale Studi e Programmazione Dirigente Uff. II.

    - Luigi Calcerano, Direzione Generale Personale della Scuola Dirigente Uff. VII.

    - Raffaele Ciambrone, Direzione Generale per lo Studente DirigenteUff. VI.

    - Elisabetta Davoli, Direzione Generale Ordinamenti Scolastici Dirigente Uff. VI.

    - Giulia De Nicuolo, Direzione Generale Affari internazionalidellIstruzione Dirigente tecnico.

    - Giovanna Grenga, Direzione Generale Affari InternazionalidellIstruzione - Docente comandata.

    - Stefano Jedrkiewicz, Ministro plenipotenziario, ConsigliereDiplomatico del Ministro.

    - Vinicio Ongini, Ufficio di Gabinetto del Ministro.

    - Angelo Panvini, Direzione generale per listruzione post-secondaria Dirigente Tecnico.

    - Anna Piperno, Direzione Generale Ordinamenti Scolastici DirigenteTecnico.

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