luce serafica

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Luce Serafica La forma più evoluta della vita? Numero 2/2011 - Trimestrale - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - CNS/CBPA/sud/BENEVENTO/109/2007 Dialogo e immigrazione La gioia del Tempo Pasquale Il monogenitore e la vera famiglia... Era digitale e annuncio Verso l’unità d’Italia...

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RIVISTA DEI FRATI MINORI CONVENTUALI

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Page 1: LUCE SERAFICA

Luce Serafica

La forma più evolutadella vita?

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Dialogo e immigrazione

La gioia delTempo Pasquale

Il monogenitore e la vera famiglia...

Era digitalee annuncio

Verso l’unitàd’Italia...

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Cari lettori, Buona Pasqua!Qualche teologo attento al dialogo tra “scienza efede” ha pensato all’evento della risurrezione diGesù – e quindi anche alla nostra – come alla formapiù evoluta della vita umana. Non che la risurre-zione sia il frutto della nostra capacità di adatta-mento all’ambiente combinata all’azione pressantedella selezione naturale. Né si può ridurre allo sforzodel progresso scientifico e tecnologico in atto. Nientedi tutto ciò. Non si tratta neanche di una forma diimmortalità che ci possiamo garantire liberandocidal corpo e dalla materia. Anzi, è proprio l’opposto.Semplicemente si crede che la vita umana, rinata inCristo, attraverso la partecipazione alla sua Pasqua,si apra al senso definitivo e pieno della vita stessa: lacomunione con Dio. Celebrare la Pasqua, dunque,significa scoprire il significato del nostro esserecorpo, carne, materia, fino a ritrovare in noi stessi ilsenso ultimo e nuovo dell’esistenza.Alla domanda “Che cosa significa risuscitare?”, Il Ca-techismo della Chiesa Cattolica risponde così: «Dionella sua onnipotenza restituirà definitivamente lavita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle no-stre anime, in forza della Risurrezione di Gesù» (n.997). Cristo è risorto con il suo proprio corpo: «Guar-date le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!» (Lc24,39); ma egli non è ritornato a una vita terrena.Allo stesso modo, in lui, tutti risorgeranno coi corpidi cui ora sono rivestiti, ma questo corpo sarà trasfi-gurato in corpo glorioso (cf. Fil 3,1), in «corpo spiri-tuale» (1Cor 15,44).La Pasqua sembra dirci che il nostro è un destinofatto di carne, di materia che si apre all’azione po-tentissima dello Spirito che riempie di vita e di lucetutto ciò che è la creazione.Allora, alla luce di tutto quello che sta accadendo(inquinamento dell’ambiente, rischio nucleare,masse migratorie in movimento, scarsità di risorseenergetiche e idriche, precarietà economica e disa-stri finanziari), abbiamo veramente bisogno di au-gurarci: Buona Pasqua! Perché da soli non ce lapossiamo proprio fare. Senza Dio non ci è garantitoalcun futuro, né evoluzione o progresso vitale.

EDOARDO SCOGNAMIGLIO

Sommario 2/2011 EditorialeEditorialedi Edoardo ScognamiglioFinestra sul mondodi Felice AutieriVoci di ChiesaLa redazioneFamiglia oggidi Gianfranco GriecoPsicologiadi Caterina CrispoOrizzonte giovani di Luca BaseliceDialogodi Edoardo ScognamiglioMissionidi Angela PecoraLiturgia di Giuseppe FalangaDabardi Cyrille KpalafioPastoraledi Antonio VetranoIl puntodi Filippo SuppaFormazione di Simone SchiavoneCostume e societàdi Vincenzo PicazioVocazionedal Postulato di BeneventoSpiritualità di Raffaele di MuroAsterischi francescanidi Orlando TodiscoCimpdi Agnello StoiaArte di Paolo D’AlessandroEventiLa redazioneSport La redazioneCinema di Giuseppina CostantinoIn book La redazioneFumettiLa redazione

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Luce SeraficaPeriodico francescano del Mezzogiorno d’Italia dei Frati Minori Conventuali della Provincia NapoletanaAutorizzazione del Tribunale di Benevento n. 3 del 24/04/2006Anno VII – n. 2/2011Abbonamento annuale 20 euro.CCP: 15576804, intestato a Luce Serafica, Periodico francescano,Convento S. Lorenzo Maggiore – Via Tribunali, 316 – 80138 NapoliDirettore Responsabile Raffaele Di Muro Direttore Paolo D’Alessandro E-mail: [email protected]

La forma più evoluta della vita?

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FINESTRA SUL MONDO

di Felice Autieri

Quest’anno l’Italia festeggia il 150°anniversario dell’unità nazionale. Il17 marzo 1861 si riuniva a Torino ilprimo Parlamento del nuovo Regnod’Italia. Non voglio entrare nel dibat-tito storiografico dell’unità d’Italia, odella questione politica riguardante lecelebrazioni, ciò che più colpisce è lasostanziale indifferenza all’eventoche denota, al di là delle scelte politi-che personali e del giudizio storicodell’evento in sé, lo scontato poco at-taccamento italico ad eventi riguar-danti la giovane storia del nostro stato

unitario. È un dato di fatti oggettivo,che noi italiani ci sentiamo unitiquando la nazionale vince i mondialidi calcio, quando la stampa estera ciattacca con i soliti luoghi comuni,quando nei paesi stranieri vediamocampeggiare insegne di trattorie conpizza, spaghetti e caffè, o quando,tutti insieme, abbiamo la possibilitàdi manifestare la nostra solidarietà achi è stato vittima di eventi catastro-fici o a chi, per un motivo o per unaltro, vive in condizioni svantaggiate.Il problema vero è che oltre a questobuon italico sentimento restiamo etemo, rimarremo “italiani senza me-moria”. Infatti, la memoria storica di

un popolo è fondamentale non per-ché debba offrire una chiave inter-pretativa nazionalistica, ma perchéconoscere la propria storia, il propriopassato ci aiuta a capire veramentequello che noi siamo oggi. Ritengoche la celebrazione civile del 17marzo 2011 non è solo il festeggiareil 150° anniversario dell’Unità d’Italia,ma è un evento che debba essere ac-colto da noi tutti con l’obiettivo di farscaturire una riflessione sul nostrosenso di appartenenza al popolo ita-liano in un momento di valutazione

e di retrospezione profonda diversodalle solite manifestazioni culturali.Infatti, potremmo partire da questacelebrazione per riflettere sui conte-nuti dell’esistenza di questo paese, sulproblema dell’Italia che non èquando sia stata fatta o la datazione diuna coscienza nazionale ma quale co-scienza della propria storia ha chi lasta effettivamente facendo. Per unperiodo lungo la formatrice di questacoscienza è stato il libro “Cuore” delDe Amicis, con i suoi personaggiquali la maestra dalla penna rossa, ilsentimentalismo garibaldino, una let-teratura che ha accompagnato la for-mazione di intere scolaresche fino

alla revisione dei programmi scola-stici di questi anni. Attenti osserva-tori commentarono già da tempo cheuna democrazia senza un sano “amorpatrio” ha vita stentata e che “non c’èpatriottismo senza una buona poli-tica; ma non ci può essere buona po-litica senza patriottismo”. Essi sierano accorti che il mito della na-zione stava scomparendo dalla co-scienza civile degli italiani, portandocon sé l’amor di patria e il senso delloStato. Alla vigilia di questo evento,ormai imminente, il nostro paesesembra afflitto da una grave crisi disfiducia nella propria esistenza. Moltipensano che la nascita dello Statounitario sia stato un errore e che unanazione italiana non sia mai esistita:quindi ritengono che non dovrebbeesistere neppure uno Stato italiano.Purtroppo, molti Italiani non hannomai avuto il sentimento comune deisacrifici compiuti insieme ed il ri-cordo del passato sembra un inutileesercizio retorico. Paradossalmentesembra che per unire il nostro po-polo, sarebbe necessario avvalersidell’oblio, che cancella il ricordo chedivide. Non è questo il vero messag-gio, perché a chi non sa che farsenedello Stato nazionale, bisogna rispon-dere con forza che al momento nes-suno, tanto meno gli italiani, possonoevitare di vivere in un mondo di na-zioni e di Stati nazionali, i qualispesso hanno provocato sofferenze epersecuzioni, annientando la dignità,la libertà, la vita di molti uomini. Mahanno anche permesso a milioni diindividui di conquistare un maggiorebenessere, una maggiore dignità euna maggiore libertà. Auguri Italiaper i tuoi 150 anni.

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VOCI DI CHIESA

La redazione

In occasione della XLV GiornataMondiale delle Comunicazioni So-ciali, che si celebrerà il prossimo 5giugno 2011, Benedetto XVI si è sof-fermato su un fenomeno caratteri-stico del nostro tempo: il diffondersidella comunicazione attraverso larete internet. Per l’occasione, il mes-saggio s’intitola proprio Verità, an-nuncio e autenticità di vita nell’eradigitale.1. Un nuovo modo di comunicare«Le nuove tecnologie non stannocambiando solo il modo di comuni-care, ma la comunicazione in sestessa, per cui si può affermare che siè di fronte ad una vasta trasforma-zione culturale. Con tale modo di dif-fondere informazioni e conoscenze,sta nascendo un nuovo modo di ap-prendere e di pensare, con inedite op-portunità di stabilire relazioni e dicostruire comunione. Si prospettanotraguardi fino a qualche tempo fa im-pensabili, che suscitano stupore per lepossibilità offerte dai nuovi mezzi e,al tempo stesso, impongono in modosempre più pressante una seria rifles-sione sul senso della comunicazionenell’era digitale. Ciò è particolar-mente evidente quando ci si con-fronta con le straordinariepotenzialità della rete internet e conla complessità delle sue applicazioni.Come ogni altro frutto dell’ingegnoumano, le nuove tecnologie della co-municazione chiedono di essere posteal servizio del bene integrale dellapersona e dell’umanità intera. Seusate saggiamente, esse possono con-tribuire a soddisfare il desiderio disenso, di verità e di unità che rimanel’aspirazione più profonda dell’essereumano».

2. La sfida di essere autentici«Soprattutto i giovani stanno vivendoquesto cambiamento della comunica-zione, con tutte le ansie, le contrad-dizioni e la creatività proprie dicoloro che si aprono con entusiasmoe curiosità alle nuove esperienze dellavita. Il coinvolgimento sempre mag-giore nella pubblica arena digitale,quella creata dai cosiddetti social net-work, conduce a stabilire nuoveforme di relazione interpersonale, in-fluisce sulla percezione di sé e ponequindi, inevitabilmente, la questionenon solo della correttezza del proprioagire, ma anche dell’autenticità delproprio essere. La presenza in questispazi virtuali può essere il segno diuna ricerca autentica di incontro per-sonale con l’altro se si fa attenzionead evitarne i pericoli, quali il rifu-giarsi in una sorta di mondo parallelo,o l’eccessiva esposizione al mondovirtuale. Nella ricerca di condivi-sione, di “amicizie”, ci si trova difronte alla sfida dell’essere autentici,fedeli a se stessi, senza cedere all’illu-sione di costruire artificialmente ilproprio “profilo” pubblico». 3. Un nuovo mondo«Le nuove tecnologie permettono allepersone di incontrarsi oltre i confinidello spazio e delle stesse culture,inaugurando così un intero nuovomondo di potenziali amicizie. Questaè una grande opportunità, ma com-porta anche una maggiore attenzionee una presa di coscienza rispetto aipossibili rischi. Chi è il mio “pros-simo” in questo nuovo mondo? Esisteil pericolo di essere meno presentiverso chi incontriamo nella nostravita quotidiana ordinaria? Esiste il ri-schio di essere più distratti, perché la

Verità, annuncio e autenticità di vitanell’era digitale

nostra attenzione è frammentata e as-sorta in un mondo “differente” ri-spetto a quello in cui viviamo?Abbiamo tempo di riflettere critica-mente sulle nostre scelte e di alimen-tare rapporti umani che sianoveramente profondi e duraturi? È im-portante ricordare sempre che il con-tatto virtuale non può e non devesostituire il contatto umano direttocon le persone a tutti i livelli della no-stra vita».

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FAMIGLIA OGGI

di Gianfranco Grieco

Sei favorevole a che un single possaadottare un bambino, come auspi-cato dalla Corte di Cassazione? «Ri-sponderò con la consueta chiarezza:sì no però dipende» - scriveva sulgiornale torinese La Stampa, il bennoto e graffiante giornalista Mas-simo Gramellini -. E confessava:«Sono stato cresciuto da un genitoresolo, maschio per giunta, ma a par-tire dai nove anni: prima avevo an-cora la mamma ed è nel periododello svezzamento, asseriscono glipsicologi, che la presenza di en-trambi ha un ruolo cruciale». «Sefossi nato ieri – continuava- non mifarebbe impazzire l’idea di un geni-tore unico, che fra l’altro non vedrei

quasi mai perché sarebbe costretto alavorare dal mattino alla sera permantenermi (come le coppie, peral-tro, in virtù del poco part-time e deibassi stipendi). Se però l’alternativafossero l’orfanotrofio o la strada,sarei felicissimo di finire fra le brac-cia di un single, alleviando la mia ela sua solitudine».Messo in questo modo il problemaconserva le sue giuste ragioni. Manon è proprio così. All’orfanotrofioche è solo un triste ricordo, si è orasostituito la strada. Guardate i bam-bini del Brasile e dell’hinterland dimegalopoli come Calcutta, Manila eCittà del Messico, e poi ci si doman-derà se il peggio è già passato. La re-

altà resta, purtroppo, ancora tristee dolorosa. Basta vedere alcune im-magini in tv. Come reagire , quindi?Bisogna a tutti i costi che tutti ibambini e le bambine del mondoabbiano un papà e una mamma, se-condo il progetto creativo di Dio.Bisogna prima guardare al bene diun bambino o di una bambina e poial bene di un e di una single. Moltevolte è l’egoismo a prevalere e poi siscaricano sul bambino le propriefrustrazioni, i desideri assopiti e fe-riti . Non possono diventare leggi i «de-sideri», anche se buoni e legittimi.Restano pur sempre desideri. Sivenga incontro alla vera coppia chevuole adottare e viene legata mani epiedi solo perché a lavorare è soloil marito o la consorte. Si dia piùspazio alla vera «solidarietà interna-zionale» e non al «traffico interna-zionale» che gestisce secondo gliaffare il via-vai dei bambini dal sudal nord del mondo. Si facciano leggi,senza troppi steccati nazionali e conlungimiranza umana.Dal fondo della lista d’attesa, si ma-cerano da tempo immemorabiletantissime coppie. In materia di di-ritti civili, però non si tratta di sta-bilire un obbligo, ma di togliere undivieto. Non di concedere un privi-legio, ma di offrire una possibilità.Non bisogna consentire a nessuno difabbricarsi il suo pupo su misura. Nella babele che ci circonda bisognadettare regole chiare e precise. Ilbambino non è un giocattolo. È unessere umano che ha bisogno di duecuori. Andare contro natura è, pur sempre,rischioso e temerario.

Mono-genitore:quando il problema è serio

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PSICOLOGIA

di Caterina Crispo

Dare alla luce un figlio è un’impresastraordinaria, nella vita di una donnacostituisce un momento di svolta e,come tutti i passaggi impegnativi,può essere accompagnato da senti-menti diversi e complessi, talora diconfusione e\o da veri disturbi emo-tivi.Secondo recenti studi, infatti, circail 20-40% delle donne riferisce qual-che disturbo emotivo nel periodosuccessivo all’evento del parto.Molte donne riferiscono entro il se-condo-quinto giorno dal parto sin-tomi come tristezza, improvvisodesiderio di piangere, senso di soli-tudine e svuotamento,ansia, stan-chezza eccessiva, difficoltà con ilpartner. Questa situazione definibile di “ma-linconia post partum”è fisiologica epuò ascriversi alle variazioni ormo-nali del postpartum, alla stanchezzafisica e psichica provocata dal trava-glio, all’aumento di responsabilitàche la maternità comporta. Talestato tende a risolversi spontanea-mente dopo un paio di settimane,quando la neomamma inizia a rista-bilirsi fisicamente, i livelli ormonalisi normalizzano,impara d accudire ilneonato e assicurarsi l’aiuto necessa-rio per non dover far tutto da sola.In alcune donne, però, questa sensa-zione di malinconia non migliora epuò evolvere nella Depressione PostPartum vera e propria. Le stimedell’incidenza di questo fenomenosono molto varie, al 5 al 20% delledonne nel corso del primo anno divita del figlio; i dati sembrerebberofalsati dalla reticenza di molte donnea riconoscere il problema e chiedereaiuto. la depressione post partum cli-

nicamente significativa è più fre-quente nelle donne che in passatohanno già purtroppo sofferto di de-pressione, nelle gravidanze a rischioe in quelle gemellari, nei parti diffi-cili. I sintomi più tipici sono, di solito, in-stabilità emotiva, umore depresso,mancanza di interesse per le comuniattività, anche per la cura quotidianadel neonato,insonnia persistente esintomi fisici come stanchezza einappetenza. Le neomadri spessoambiscono a essere perfette e si sen-tono inadeguate nella cura del pic-colo, avvertendo un grande senso dicolpa per questa situazione.Questo acuisce le difficoltà emotivein atto: è ingiusto che le mamme sicolpevolizzino,anzi devono essereaiutate a comprendere che hannoanche il diritto di essere stanche e la-mentarsi oppure di non sentirsi felicidella nuova situazione che stannovivendo.

È fondamentale che le madri sianoadeguatamente preparate ad affron-tare l’eventualità di una fase depres-siva successiva al parto, magari conappositi incontri prepartum, cheevitino di estraniarsi dal mondo, ma-gari cercando il contatto con altreneomamme e l’aiuto di parenti eamici per la gestione delle incom-benze domestiche, che si rivolganoal medico di famiglia e agli specialistidel settore, che possano frequentareuna delle associazioni e dei gruppi disostegno che si occupando dei di-sturbi emotivi più comuni del po-stpartum. Ogni madre, quindi, dovrebbe sem-pre rammentare che sta facendo delsuo meglio e che non esiste un modogiusto o sbagliato di imparare a co-noscere e amare i propri figli, che illegame con il bimbo e il raggiungi-mento di un nuovo stile di vita av-verranno secondo tempi personali eimprevedibili.

I disturbi emotiviPostpartum

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ORIZZONTE GIOVANI

di Luca Baselice

“Ecco il momento favorevole, ecco il tempo dellasalvezza”! Con questo invito del salmista, mi piaceiniziare questo tempo prezioso per descrivere l’espe-rienza profonda di preghiera che la gioventù fran-cescana insieme all’Ordine francescano secolareregionale ha vissuto, con le sorelle di Santa Chiara,nei vari monasteri sparsi nella Campania e Basilicata,all’inizio del tempo di Quaresima. Soprattutto è utilee quanto mai prezioso, vivere un’esperienza di pre-ghiera così forte e incisiva, che serve sicuramente apreparare il nostro cuore alla Parola di Dio, che neitempi forti liturgici, scende abbondante e copiosa,sulla terra riarsa del nostra vita per portare frutti ab-bondanti di opere buone e trarre da essa forza peruna generosa e quanto mai necessaria conversione. Il giorno 12 Marzo, alle ore 16:00, in comunione dipreghiera con le altre fraternità locali gifra e ofssparse per le regioni di Campania e Basilicata , cisiamo ritrovati a vivere questa esperienza meravi-gliosa di preghiera in preparazione alla Quaresima.Giovani della Gioventù francescana, terziari dellefraternità limitrofe, coordinate dal ministro regio-nale dell’Ordine Francescano Secolare, AntonioBruno, con noi assistenti regionali fra Luca Baseliceper la gifra e fra Giuseppe Celli per il terzo Ordine,con la presenza preziosa, la voce e il canto melodiosodelle sorelle di Santa Chiara, abbiamo vissuto questomomento di preghiera affidando a Gesù il nostro de-siderio di offrire al Signore mente e cuore per unasincera e perseverante conversione a Lui. Abbiamosoprattutto, fatto nostro l’invito che Gesù ci fa attra-verso l’evangelista Matteo: “Costruiamo la nostracasa sulla Roccia!”. Costruire la nostra casa sulla Roc-cia che è Cristo, vuol dire lasciarsi coinvolgere dal-l’invito alla speranza che Cristo è sempre con noi,soprattutto sotto la Croce, e che Lui che è la nostragioia, vuole condurci ad un approdo di pace e di sal-vezza. Come segno la gioventù francescana ha pre-parato un segnalibro, che ci ricorda che la Croce èmistero di salvezza e non di morte.

Costruiamo insieme una casa sulla roccia

Visita il nostro sito Gi-Fra. Campania - Basilicatawww.gifracampaniabasilicata.org

Domenica 13 febbraio 2011 si è tenuto il secondo appunta-mento del percorso di formazione organizzato dall’OPGVper i giovani della Provincia religiosa dei Frati Minori Con-ventuali di Campania e Basilicata. Il percorso di quest’annoha come tema la preghiera del “Padre nostro”. Nel conventodi san Francesco a Folloni in Montella, guidati da fraAgnello Stoia e fra Cyrille Kpalafio, si è parlato della pre-ghiera in relazione alla “profondità dell’anima” nella spiri-tualità cristiana occidentale ed orientale. Al mattino,attraverso la proiezione di un filmato sulla vita e il pensierodello psichiatra svizzero Gustav Jung (“Dal profondo del-l’anima” disponibile su youtube), esploratore dell’inconscioe teorico delle forme archetipe, si è riflettuto sull’importanzadell’introspezione e della conoscenza di sé come un percorsointeriore cognitivo ed esperienziale di apertura della mentee del cuore alla vita spirituale. L’incontro è poi proseguitocon una riflessione di fra Agnello sulle diverse modalità dipreghiera: partendo dal brano di Mt 6, 5-6 ha spiegato cheesiste una preghiera esteriore ed interiore, che la preghieraconsiste essenzialmente nel “restare con la mente nel cuoredavanti a Dio” (Giorgio Govorov o Teofane il Recluso) e glistadi della preghiera, che sono essenzialmente la preghieraverbale o corporale, la preghiera della mente, la preghieradella mente nel cuore ovvero la preghiera spirituale. La pre-ghiera liturgica è la preghiera della Chiesa e la preghierapersonale è la preghiera che accompagna l’orante in ognimomento della giornata nella forma del ricordo (memoriaviva) del Signore, e della sua presenza costante nell’intimitàdel cuore. Nel pomeriggio fra Cyrille ha tenuto una cate-chesi sulla seconda petizione del Padre nostro: “Venga il tuoregno”, illustrandone il contenuto attraverso un itinerarioscritturistico che ha toccato vari momenti della storia diIsraele, del messaggio dei Profeti e della predicazione diGesù sul “Regno di Dio”. Il prossimo appuntamento è pre-visto a Montella il 3 aprile.

ALESSANDRO BARBONE

Sulla preghiera del Padre nostro

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Monitorare attraverso un dossier annuale i flussi migra-tori nel Mediterraneo è il primo obiettivo concreto dellarete delle Caritas dei Paesi del Mediterraneo, lanciata nelgiugno 2010 al Forum Migramed organizzato da CaritasItaliana. La prima edizione del dossier, realizzato con lacollaborazione delle organizzazioni caritative cattolichedi 12 Paesi affacciati sul Mar Mediterraneo, dovrebbe ve-dere la luce quanto prima. L’obiettivo dell’iniziativa, haspiegato Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Ca-ritas Italiana, è quello di portare la questione all’atten-zione non solo dell’opinione pubblica in Italia, in Greciao in Egitto, ma anche delle istituzioni europee alle qualichiederemo di essere ricevuti per ottenere un partenariatoforte in termini non solo di lobbying e advocacy maanche di risorse necessarie per sostenere e promuovereuna rete che oggi può contare sul contributo volontariodei molti operatori della Caritas che a vario titolo lavo-rano a tutela di migranti e richiedenti.Se guardiamo a quello che sta succedendo sulle coste ita-liane negli ultimi mesi ci rendiamo veramente conto cheil lavoro della Caritas è veramente profetico. Occorre mo-nitorare i flussi migratori sulle nostre coste per evitare undisordine non solo sociale, ma anche civile e politico. Inu-tile far entrare nuovi immigrati se quelli già presenti per-dono il posto di lavoro. Questa la conclusione di fronte a un dato che emerge dauna recente indagine della Fondazione Leone Moressa diMestre (Venezia): il numero di disoccupati stranieri è au-mentato di oltre 95mila unità dall’inizio della crisi, pari

ai nuovi ingressi di lavoratori extracomunitari previsti daldecreto flussi 2010, ossia 100mila unità. Meglio, insomma, riassorbire quelli che hanno perso il la-voro, piuttosto che far entrare altri stranieri, i quali quasisicuramente non troveranno un posto e che, per questimotivi, rischiano di cadere in una situazione di irregola-rità. E la provocazione questa volta non è del solito espo-nente del centrodestra, ma del direttore della Caritas diVenezia, don Dino Pistolato: “La situazione occupazionaleè drammatica: non si possono aprire i flussi migratori acentomila persone in questo momento, è una scelta peri-colosa”. Il riferimento è a ciò che sta accadendo in questi mesi inItalia e, soprattutto, in Veneto, dove il fenomeno è benpiù accentuato. Non solo. Attualmente, il tasso di disoc-cupazione degli stranieri si attesta al 9,8%, contro unamedia degli italiani del 7,3%. E questo è il quadro degliultimi anni: le aree settentrionali, oltre a mostrare la piùalta numerosità di disoccupati stranieri, evidenziano i tassidi disoccupazione più elevati: 10,4% contro il 9,0% delCentro e il 9,1% del Mezzogiorno. I disoccupati stranierisono oltre 235mila e rappresentano il 12,6% di tutti isenza lavoro in Italia. Nel corso dell’ultimo biennio, acausa della crisi il numero dei disoccupati stranieri, è sa-lito di oltre 95mila unità, di cui 68mila solo al Nord. Inuovi disoccupati stranieri incidono a livello nazionaleper il 28,4%. Nelle regioni del Nord, la percentuale au-menta al 30,4%, al Centro e nel Mezzogiorno si tratta ri-spettivamente del 23,5% e del 26,3.

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DIALOGO

di Edoardo Scognamiglio

Migrazionee disorientamento

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MISSIONI

di Angela Pecora

A distanza di un mese dalla dipartita di padre CarloLuongo, una messa a suffragio è stata celebrata il 15 no-vembre scorso, nella chiesa del Beato Bonaventura daPotenza, alla presenza di mons. Agostino Su-perbo, del padre provinciale dei frati minoriconventuali, padre Edoardo Scognamiglio, delparroco del B. Bonaventura padre Cosimo An-tonino, di padre Angelo Palumbo, già missiona-rio in Africa e di don Peppino Nolè. All’inizio della celebrazione, padre Angelo, havoluto ricordare questa speciale figura rimar-cando il messaggio che lui stesso lasciava achiunque incontrava sul suo cammino: la gioia,il sorriso, la letizia. Nonostante la malattia, chelo aveva reso inerme per mesi, accettò serena-mente “sorella nostra morte”. I parrocchiani delBeato Bonaventura lo ricordano con affetto,quando nella sua permanenza a Potenza, loascoltavano con stupore e meraviglia nell’affer-mare che tutta la sua vita era lo Zambia, quandoparlava dei suoi fedeli, dei suoi bambini, dei suoiragazzi. Insomma un uomo di frontiera, capacedi andare “sempre più in là”, condividendo se-riamente la sorte degli ultimi. Ha dedicato più diquarant’anni ai poveri, ai carcerati, agli orfani,ai malati e ultimamente ai drogati e ai malati diAids, aprendo il cuore alla speranza e alla gioia.Inoltre, nel suo apostolato si è impegnato a farnascere e crescere tante comunità cristiane inAfrica, facendo di queste realtà centri di missio-narietà. Ha vissuto la sua consacrazione per lamissione, vivendola e realizzandola con spiritoe secondo il metodo della comunione e della cor-responsabilità. Insomma una comunità di fratelli, che ha fatto di padreCarlo il servo della chiesa rendendolo animatore dellapromozione umana integrale. Mons. Agostino Superbo,nella sua omelia, ha evidenziato lo zelo apostolico dipadre Carlo Luongo, un uomo e, ancor di più, un fratefrancescano che ha dato tutto, la sua stessa vita per larealizzazione della missione evangelica per la forestadello Zambia, a fare bene il bene e a farlo senza tantochiasso, nella semplicità e nell’umiltà qual’era appunto

il suo carisma. Lo spirito di adattamento e la sua inces-sante disponibilità lo ha reso sempre libero e sollecitonel servire gli ultimi del mondo, dove si è richiesti ed

inviati. Ha evangelizzato e fatto conoscere “il Cristo”dove ancora non si conosceva, ha promosso progettiumanitari come la costruzione di chiese, scuole per han-dicappati e per gli analfabeti. Ha esercitato l’attività diparroco, di rettore del seminario e di cappellano del car-cere. Oggi tutti lo ricordano con quel sorriso stampato sul suovolto, con il suo mal d’Africa, con il suo dire a gran voce“sono diventato un missionario”.

Ricordando un testimoneIl volto sorridente di fra Carlo Luongo

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LITURGIA

di Giuseppe Falanga

Celebrare e vivere il Tempo pasquale – periodo formato dallesettimane che decorrono dalla Domenica di Pasqua a quelladi Pentecoste – sempre più ci aiuta a renderci conto, per labellezza e per i testi che ci vengono offerti dalla Liturgia, chequesta è la parte centrale dell’anno, perché verso di essa con-verge l’intero ciclo liturgico. È dalla Pasqua, infatti, come ciha ricordato l’Annunzio fatto il giorno dell’Epifania, che sca-turiscono tutti i giorni santi. Il Triduo del Signore crocifisso,sepolto e risorto è il centro di tutto l’Anno liturgico, periodoricco di frutti, tempo di Dio che si avvicenda nel ritmo del-l’uomo, eternità che ogni anno si ripropone nel suo misteroper pervadere e compenetrare sempre più la vita di ciascunodi noi e, attraverso noi, dell’intera storia.Proprio perché è il centro di tutto l’Anno liturgico, il Tempopasquale non è altro che l’irradiarsi della luce della risurre-zione, un tempo di cinquanta giorni che sono come un sologiorno di festa, «come una sola Domenica», scrive sant’Ago-stino; un tempo in cui, sempre più e sempre meglio, siamochiamati a comprendere l’importanza della festa di Pasqua,chiamata fin dagli inizi del cristianesimo la “Festa delle feste”;un tempo in cui celebriamo le tre grandi manifestazioni del-l’amore e del potere divino – la Risurrezione, l’Ascensione ela Pentecoste – e che si conclude con il dono dello SpiritoSanto, che completa l’opera del Risorto.Gioia, rendimento di grazie, celebrazione della luce e dellavita, tale è il Tempo pasquale. Tutta la cinquantina ha più omeno questo carattere gioioso, nel quale sono privilegiati gliepiloghi evangelici delle manifestazioni di Gesù dopo la suarisurrezione e nel quale, inoltre, possiamo far nostro, perchélo comprendiamo, l’ultimo discorso di Gesù contenuto nelVangelo di Giovanni: la grande “preghiera sacerdotale” perl’unità; come pure possiamo far nostri gli ultimi suoi insegna-menti sul comandamento dell’amore, sull’unione intima fralui e il Padre, sulla promessa di un altro Consolatore: lo Spiritodi verità.Lo Spirito che procede dal Padre e dal Figlio, che è dono delPadre e del Figlio, viene riversato nei nostri cuori, rende te-stimonianza a Cristo e vivifica la Chiesa che, da lui sostenutae condotta, nasce, si manifesta e si sviluppa, facendo sì che –come gli apostoli –, superata ogni umana debolezza, diven-tiamo testimoni di Cristo Signore per tutte le genti. «Erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcunedonne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui»

(At 1,14). Gli Atti degli Apostoli, con poche e rapide pennel-late, delineano la fisionomia della comunità credente: gli apo-stoli erano assidui e perseveranti; frutto di quest’impegno era,poi, lo stare insieme nella condivisione di quanto possede-vano, così che fra di loro non c’era più chi si trovasse nel bi-sogno e chi invece nell’abbondanza. Questa era l’immaginedella Chiesa, nella quale tutti pregavano per invocare il donodello Spirito Santo che era stato loro promesso da Cristo ancorprima della Passione e, di nuovo, prima dell’Ascensione alcielo.Uno stile certamente accattivante per quei tempi, ma nonmeno attraente al giorno d’oggi, in un tempo in cui – anchese viviamo la frammentarietà dell’occasione e l’immediatezzadel momento presente – il desiderio di amore e la ricerca seriadell’unità non mancano nel cuore dell’uomo e delle nostreChiese.Lo Spirito Santo ci aiuti a essere cristiani autentici, che pog-giano la loro speranza sulla croce e la risurrezione di Cristo,testimoni e apostoli del Signore, che diventano, come ci fapregare la Liturgia, «segno di salvezza e di speranza per tutticoloro che dalle tenebre anelano alla luce».Alla Vergine Maria, modello della Chiesa orante nel Cena-colo, chiediamo di custodirci come figli carissimi che a lei ealla sua incessante preghiera si affidano, e con lei, Madreamatissima, anche noi chiediamo il dono dello Spirito perpoter testimoniare Gesù Cristo Signore nostro. Alleluia!

Il Tempo Pasquale: cinquantagiorni per continuare a gioire

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DABAR

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di Cyrille Kpalafio

L’annuncio della risurrezione vienefatto alle due donne che erano andatea vedere il sepolcro dall’angelo, dal-l’aspetto sfolgorante, apparso in unacornice di sconvolgimento cosmico: ilgrande terremoto, che in genere ac-compagna la manifestazione escatolo-gica di Dio e il gesto potente ed eroicodell’angelo che rotola la pietra e vi sisiede sopra. Per capire bene il contesto, bisogna ri-cordare che il racconto della passionee morte di Gesù si conclude con la suasepoltura a opera di Giuseppe di Ari-matea. Subito dopo però si ricorda lasollecitudine dei sommi sacerdoti chechiedono a Pilato di mettere delleguardie al sepolcro per evitare che idiscepoli di Gesù lo portassero via. Leguardie avrebbero poi sigillato il se-polcro. Il racconto salta poi al giornodopo, il primo della settimana, al-l’alba. E qui troviamo le donne chevanno al sepolcro; Era usanza presso iGiudei vegliare la tomba di una per-sona amata fino al terzo giorno dopola morte, per assicurarsi che la sepol-tura non fosse stata prematura. Edecco l’evento straordinario:2. Vi fu un gran terremoto. Infatti, unangelo del Signore, sceso dal cielo eavvicinatosi, rotolò la pietra e si se-deva sopra di essa.Mentre in Marco le donne si chie-dono chi avrebbe spostato per loro lapietra e poi la trovano già spostata, quiil fatto avviene in presa diretta. Anchequi come nel racconto della morte diGesù vi è un terremoto: la resurre-zione di Gesù è di natura apocalittica,come la sua morte, e i dueavvenimenti si illuminano a vicenda.Nei racconti dell’infanzia di Gesù inMatteo gli angeli avevano avuto una

parte importante nel comunicare echiarire la volontà di Dio. Qui egliperò non è un semplice interpretedell’evento, è uno dei protagonisti,poiché fa rotolare la pietra del sepol-cro. Appunto il terremoto che accom-pagna i gesti dell’angelo, forse ad unaprima lettura questo particolare passainosservato, ma, insistendo, si notanoi particolari ed è solo Matteo chemette il terremoto alla morte di Gesùe il terremoto alla risurrezione diGesù. Il terremoto non è semplicemente unfenomeno fisico, questa indicazionedell’evangelista non riporta un fatto dicronaca, ma è un modo letterario perdire lo sconvolgimento che è suc-cesso; l’evento è enorme, ha cambiatola faccia del mondo, niente è più comeprima, Cristo è risorto. Notiamo nel racconto di Matteo chela tomba, che rappresenta il segno vi-sibile dello sheôl è aperta, e la grandepietra sigillata e controllata è fatta ro-tolare via e l’angelo vi si siede sopracome un eroe vittorioso. Questa rap-presentazione visiva del trionfo sullamorte è commentata dalla reazionedei presenti, le guardie e le donne. Iprimi erano incaricati di vigilare latomba di Gesù, sono sconvolti da unevento straordinario e cadono comemorti dalla paura, infatti l’evangelistausa il verbo greco esèithēsan, da seiodi cui il sostantivo è usato per parlaredel terremoto “seismós” per esprimerelo sconvolgimento delle guardie chedivennero hos nekrói “come morti”.Nell’originale greco, intraducibile, c’èancora un verbo al passivo; noi po-tremmo dire “furono resi comemorti”. Quell’intervento di Dio, che butta via

la pietra per liberare la vita, produceun terremoto nelle persone che si op-pongono e le rende come morte; nonche le ammazza, ma le rende comemorte. Opponendosi a questa forza diDio la persona viene sconvolta e di-venta come morta, cioè la sua vita èpersa, non ha più significato. Al centro del racconto troviamo pro-prio la reazione delle guardie; c’eranoall’inizio che facevano la custodia, cisono alla fine che raccontano un in-ganno e ci sono nel mezzo, quando sirendono conto che tutta la loro forzanon esiste, è scossa, annientata, ilsenso della loro presenza al sepolcro ènullo perché la potenza di Dio havinto. La loro opposizione è morta perla paura. Di fronte alla manifestazionedi Dio hanno paura, si pongono comeil servo infingardo che ha paura delSignore. 5. Ma l’angelo disse alle donne: «Nonabbiate paura, voi!». Quel pronome personale “voi” serveproprio per dare un tono. Dire “nonabbiate paura” è diverso dal dire “nonabbiate paura, voi”, si crea infatti unacontrapposizione: quelli hanno avutopaura. Davanti alla tomba ci sono due donnee alcuni uomini, con atteggiamentidifferenti. Di fronte all’evento apoca-littico dell’intervento di Dio gli uo-mini reagiscono con paura. L’angelo dice alle donne: Voi, invece,non dovete avere paura, perché que-sto intervento non vi danneggia, nonè contro di voi, ma è per voi; so checercate, so che cosa cercate, so chicercate. Non abbiate paura, voi, per-ché… So che cercate Gesù il croci-fisso. Proprio perché cercate il crocifisso, gli

«Non abbiate paura... non è qui, infatti è risorto come aveva predetto»

(Mt 28,5-6)

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povero; l’evangelista adopera il verbodella gioia, è la stessa espressione cheadopera l’angelo Gabriele salutandoMaria: chàire, cioè “rallegrati”. È ilmodo abituale con cui i greci salu-tano, però la radice è il verbo dellagioia ed è la chàris: la “grazia”. L’angelo aveva detto: “Non abbiatepaura. Andate…, Gesù dice di più:“Rallegratevi”, siate contente che èmolto di più di “Buongiorno”; è lacreazione di un autentico giornobuono. È ben più di un semplice“State allegre”, è la comunicazionedella grazia e della gioia: il Signorerealizza quello che dice. La parola di Gesù risorto è una parolache mette in movimento; a non state,ma andate, andate a dire che vadanoin Galilea e là mi vedranno». Là potranno incontrarmi, ma è beneche vadano, che si muovano. Inizia lamissione della Chiesa. La risurrezione di Cristo è una esplo-sione che mette in movimento, checrea una nuova dinamica, che dà lapossibilità di una vita nuova; è la pre-senza del Risorto che continua inmezzo a noi a dare questa forza percontinuare il cammino. Rallegratevi, non abbiate paura ditutti i problemi e le difficoltà cheavete, andate ad annunciare che ilCristo ha vinto la morte, ed è la po-tenza di vita. Andate a dire agli altriche vadano, che si mettano in cam-mino, che accettino di attraversare laGalilea di tutti i giorni.

dica l’ambiente pagano. La comunità di Matteo sa che il van-gelo ha attecchito nel mondo greco etanta gente lontana, che dimoravanelle tenebre, sentendo la predica-zione evangelica ha visto la luce e si èalzata, si è rallegrata e ha trovatonuovi motivi di vita e di gioia. Le donne vengono mandate ad inco-raggiare gli apostoli e ha invitarli amuoversi. 8. Abbandonato in fretta il sepolcro,con timore e gioia grande. C’è il timore normale e giusto di unaesperienza straordinaria; l’incontrocon il divino lascia sempre intimoriti,ma soprattutto c’è una gioia grande; ledonne sono state riempite di questapresenza e … corsero a dare l’annunzio ai suoi di-scepoli. 9. Ed ecco Gesù venne loro incontrodicendo: «Salute a voi». Immaginate la scena. Queste duedonne corrono per dare l’annuncio aidiscepoli e vedono venire loro incon-tro Gesù in persona. Matteo raccontaquesta apparizione alle donne, è unincontro di affetto, è una delle appa-rizioni pasquali. Nel vangelo secondoMatteo è praticamente l’unica, perchépoi, quella sul monte in Galilea, è il di-scorso finale di missione e l’incontroavviene in una dimensione di affetto,di riconoscimento immediato. La parola di Gesù, la prima parola cheil Cristo risorto pronuncia, è chàirete.Tradurre con “Salute a voi” è proprio

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andate dietro, proprio perché siete di-scepole del Maestro che ha accettatola croce, non abbiate paura. Chi lo harifiutato deve avere paura, ma voi no,perché voi lo cercate. Però… 6. Non è qui, infatti (perché) è risorto,come aveva detto; venite a vedere illuogo dove giaceva. Venite a vedere dove giaceva, c’è soloil luogo, non c’è più niente; non è qui,è altrove, è oltre. Quindi, fate bene acercarlo, ma dovete cercarlo altrove,non qui, e lo aveva già detto; qui Mat-teo ricorre alla memoria gli insegna-menti di Gesù sulla sua morte.E allora, arriva la svolta, le donne ri-cevono la missione di annunciareanche loro l’evento ai discepoli, conurgenza: 7. Presto, andate a dire ai suoi disce-poli: «È risuscitato dai morti, e ora viprecede in Galilea; là lo vedrete. Ecco,io ve l’ho detto». Le donne vengono mandate ad an-nunciare la risurrezione, vengonomandate a portare ai discepoli l’an-nuncio di quello che è capitato e uncomando, l’invito ad andare in Gali-lea, con questa indicazione: “Vi pre-cede”. Il Cristo risorto precede idiscepoli in Galilea, là lo possono ve-dere.Il riferimento alla Galilea richiamal’inizio del vangelo; l’inizio del mini-stero pubblico di Gesù avvenne in Ga-lilea, la Galilea delle genti, il distrettodei pagani, “quel popolo che era nelletenebre, seduto per terra, vide unagrande luce”. Là, in quella situazione del mondo,nelle tenebre, nelle difficoltà, nellavita di tutti i giorni, il Cristo precede isuoi discepoli, là del mondo, nelle dif-ficoltà, nella vita di tutti i giorni i di-scepoli lo possono vedere. Non èsemplicemente un riferimento geo-grafico per cui gli apostoli si spostanodalla giudea alla Galilea, ma qui la Ga-lilea diventa una cifra simbolica cheindica la nostra quotidianità, che in-

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PASTORALE

di Antonio Vetrano

Non vedevo l’ora, che arrivasse la Quaresima, per cam-biare il Lezionario! Ero “stanco” delle martellate sullegengive della Parola, dalla IV Domenica (Mt 5,1) alla IXDomenica del Tempo Ordinario (Mt 7, 27). Tutto sotto-sopra. Tutto in discussione!Pare che il Mahatma Gandhi considerasse il “discorsodella montagna” di Matteo come la pagina più illumi-nante della letteratura mondiale. Una pagina, che, a ra-gione, è considerata la carta costituzionale del Regno diDio; che ha ispirato molte persone, nella storia. Un nuovoMosè, che consegna le “nuove” tavole della Legge... E il discorso della montagna inizia con le Beatitudini (Mt5,1-10), un testo “poco conosciuto” da noi stessi cristiani.E ancora meno “capito”...Otto scudisciate, otto afferma-zioni che, se prese sul serio, ribaltano le nostre prospet-tive. Sconvolgono le nostre certezze. Forse per questosono quasi del tutto ignorate.Gesù indica, apoditticamente, in che cosa consista la fe-licità, il senso della vita, la piena realizzazione. Era ora,finalmente! Ma… Ad una prima lettura si resta spiazzatida ciò che riporta Matteo: Gesù sembra esaltare la po-vertà, il pianto, la rassegnazione, la persecuzione...Macome? Gesù conferma il luogo comune? conferma la ter-ribile impressione, che danno molti cristiani di esseredelle anime sofferenti e piagnucolose? Gesù avvaloral’idea della vita come “una serie di disgrazie”, e di un cri-stianesimo “dolorante e crocifisso”? torniamo al cliché?al cliché del cristianesimo, come religione che esalta lasofferenza, come strumento di espiazione?No! La Croce è per tre giorni, la Risurrezione per l’eter-nità! Gesù propone, in realtà, una autentica “rivoluzione”interiore.Beati quelli, che sono consapevoli della loro povertà in-teriore, e cercano altrove; che sono consapevoli del li-mite, che portiamo scolpito nel cuore, e che, perciò,cercano il senso. Ma anche beati coloro, che vivono conun cuore semplice, essenziale, trasparente. Beati, perchélasciano Dio regnare in loro, anche se non se ne accor-gono…Beati coloro, che, pur nella sofferenza, guardano oltre. Esi accorgono del Dio che fa loro compagnia. Si accorgonoche Egli sta affianco. Si accorgono che sta con chi è solo.Si accorgono che con-sola. Beato chi sa con certezza, che

la sua vita è inserita in ungrande progetto. E che, seanche la singola vicendaumana può essere avvilente,e può sembrare una scon-fitta, sa che il grande pro-getto di Dio avanza. Beatochi scopre, che la vita è pre-ziosa agli occhi di Dio. E lecitazioni sono tante: Mt10,30; Sal 56,9; Lc 12,6. Lasofferenza, allora, non è laparola definitiva della vita.Beati quelli, che non ce-dono alla violenza, che por-tano in se stessi. Chevedono il lato positivo dellepersone. Che credono nella redenzione dell’uomo. Anchese all’apparenza vincono i malvagi, la Storia vera passa at-traverso le persone che hanno imitato Dio nella sua mi-tezza compassionevole.Beati quelli, che non si arrendono all’ingiustizia. Chesanno mettersi in gioco. Che sono autentici e sinceri. Cheportano il peso delle loro scelte e dei loro sbagli. Beatiquelli, che non cedono alla seduzione del compromesso,dell’astuzia malevola, del basso profilo.Beati quelli, che, come Dio, guardano alla miseria colcuore. Che hanno imparato ad amarsi come Dio li ama ea guardarsi come Dio li guarda; che sono i gestori e non ipadroni della loro vita. Che non sono, dunque, in dirittodi giudicarsi (impietosamente!), e né, tantomeno, sono indiritto di giudicare. Che chiedono responsabilità e coe-renza, sì, ma che non fanno, della “giustizia”, un idolo.Se guardano gli altri con Verità e com-passione (cioè congli stessi sentimenti che Dio ha), troveranno Verità ecom-passione per loro stessi.Beati quelli, che hanno uno sguardo trasparente; che nonsono ambigui; che non hanno malizia; che non vedonosempre e solo il negativo; che non passano il tempo a sot-tolineare l’ombra degli altri, per attenuare la propria. Laloro purezza diventa una trasparenza, attraverso cui poteraccedere a Dio.Beati quelli, che scommettono sulla Pace. Che sono pa-

Beato te... e beato meIl Vangelo della gioia

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cifisti perché pacificati. Chenon fanno un idolo dellarazza, del paese, della pro-pria religione. Beati quelliche non solo parlano dipace, ma che la pace la co-struiscono giorno pergiorno, con le loro azioni.Beati quelli, che si assu-mono le proprie responsa-bilità; che non scaricanosugli altri; che hanno il co-raggio di pagare fino infondo le proprie scelte, eanche per i propri errori.Beati i discepoli, che nonrinnegano la loro fede perpaura.Mi convince questa logica.Magari fatico a viverla. Ma,sinceramente, ci credo.Gesù per primo l’ha vissuta.Gesù per primo, coerente-mente, ha mostrato che è

possibile vivere nella logica di Dio. Certo, sostenuti dalloSpirito. Anche in questi tempi.Sono assolutamente d’accordo con voi. Che stridore leg-gere le parole sulle beatitudini, proprio in questi tempi,che ci spingono a spiare dal buco della serratura. Che di-sagio farlo in un momento, in cui tutti danno il peggio.Dobbiamo forse rassegnarci, e lasciar perdere? Tenere lafede chiusa in una scatoletta da tirare fuori la domenica,e il resto della settimana “si salvi chi può”? Ha senso, dav-vero, realisticamente, tenere nel cuore una pagina, comequella delle beatitudini, e cercare di orientare la propriavita alla luce di quella Parola? Domande urticanti. Do-mande spinose, certo.Domande che si sono posti anche i primi cristiani. Chehanno fatto i conti con la fatica della quotidianità, con leincomprensioni della comunità nascente. Schiacciati frauna religiosità tradizionale totalizzante - o una inin-fluente - e una vita sociale e politica aggressiva e deca-dente. Proprio come oggi.Gesù vive le beatitudini che proclama. Ci svela il volto diun Dio diverso dalle nostre paure, e il volto di un uomoche è all’opposto di ciò che vorremmo. Se il mondo esaltai belli, i forti, gli arroganti, gli spregiudicati, i falsi, gli am-biziosi, Dio ci svela, che un cuore mite, sincero, fiducioso,pronto a portare le conseguenze delle proprie azioni, co-struisce una nuova umanità. Gesù non esalta la sfortuna,

ma proclama beati i poveri, i perseguitati e coloro chepiangono, perché proprio a loro Dio destina il suo mes-saggio, e nella sofferenza la verità si fa più chiara (Dosto-iewskj). E sono beati perché, nonostante tutto, riesconoa vedere Dio, e a vederlo al loro fianco. Beati noi, se cer-chiamo di imitare le scelte del Signore. Beati noi, se nonci spaventiamo di quello che accade. Beati noi, se non cilasciamo prendere dallo sconforto, perché nel mare agi-tato ci manca la fede.Gesù, invece di abbassare il tiro, lo alza. Davanti alla per-plessità, alla fatica di vivere. Non mette dei bemolle, noncerca compromessi. Alza la posta in gioco: se il sale perdeil sapore, con che cosa lo possiamo salare? Ahimè!La fede insaporisce la vita. Il vangelo è un pizzico di sale,che dona sapore a tutto il resto. È vero: chi, fra noi, hafatto esperienza della bellezza di Dio, sa che la sua vita ècambiata, che è stata illuminata dalla Parola. Vede sé, egli altri, in maniera diversa. Possiede una chiave di letturainnovativa della storia, della grande Storia e della propria,piccola, storia. Il mondo non è un susseguirsi di eventiviolenti ed inesplicabili, ma la manifestazione del grandeprogetto d’amore che Dio ha sull’umanità. Ma, ammoni-sce Gesù, il terribile rischio è: che il sale prenda umidità.La sensazione è proprio questa: che siamo diventati insi-pidi. Badate, che non è necessario molto sale per insapo-rire una pietanza: non abbiamo bisogno di folle dicristiani per insaporire la società. Non “molti cristiani”,ma “cristiani che amino molto”. E che credano in ciò chedicono.Il dramma del nostro tempo è proprio sperimentare uncristianesimo senza Cristo. Una religione senza fede. Unculto senza celebrazione. Un cristianesimo culturale e so-ciale, che ancora permea la nostra società, ma che non èpiù sufficiente a creare discepoli. Un cristianesimo che siriduce ad abitudine, a tradizione, a etica, a solidarietà…ma che non dona più sapore alla vita!Siamo diventati luce sotto lo sgabello? timorosi nell’esseretrasparenza di Dio? preoccupati di proporci con un cri-stianesimo “politicamente corretto”, con tutti i distinguoe le precisazioni? o ci vergogniamo, troppo spesso, di es-sere appartenenti ad una Chiesa, che presta il fianco a fa-cili critiche ed ironie?L’essenziale della fede. Già fatico ad ascoltarlo…Figuria-moci a viverlo. Eppure quelle indicazioni, preziose, in cuiGesù si permette di correggere - meglio: di riportare al-l’origine la Legge che Dio ha donato agli uomini -, ci sve-lano tantissimo di Dio. Di Gesù. E di noi.Ridurre la fede cristiana a una serie di comportamenti,ad una morale, non è possibile. Peggio: la morale cri-stiana, senza Cristo, è immorale, perché impossibile!

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IL PUNTO

di Filippo Suppa

Con i livelli di radioattività «superioriai limiti legali» riscontrati in questigiorni in Giappone nel latte prodottonei pressi della centrale nucleare diFukushima e negli spinaci coltivatinella vicina prefettura di Ibaraki,nonché le tracce di iodio radioattivonell’acqua di rubinetto a Tokyo, eccouna mappa dei rischi a tavola legati alnucleare. «Rischi appunto, e non ef-fetti certi» come ha sottolineato il di-rettore dell’Istituto di fisiologiaclinica del Cnr Eugenio Picano: leeventuali conseguenze – ha detto – dinatura oncologica dipendono dalladose, la lontananza dalla fonte diemissione, e dalla durata dell’esposi-zione a radiazioni degli alimenti as-sunti, con i bambini e le donne più arischio rispetto alla categoria degliuomini adulti.Dalle fughe radioattive legate allecentrali nucleari nipponiche messeko dal terremoto e dallo tsunamidell’11 marzo, «nessun rischio» si pa-venta per l’Italia, afferma il nostroministero della Salute che, sui rischiteorici legati all’import di cibo dalGiappone, ha disposto l’aumento deicontrolli soprattutto su pesci, crosta-cei, caviale, soia, alghe, tè verde.Mentre sono «pari allo zero» rassicuraColdiretti le importazioni di latte espinaci Made in Japan. «Se si sospettadi essere stati esposti a radiazioni –sono le indicazioni della ProtezioneCivile nei casi di rischio nucleare – èimportante riporre gli alimenti incontenitori chiusi o in frigorifero, emettere al riparo il bestiame fornen-dogli foraggio di magazzino». È buona prassi di precauzione, comeavvenne per l’emergenza Cernobyl,

evitare di mangiare i vegetali freschia foglia larga, come appunto gli spi-naci, broccoli, cavolfiore e l’insalata,e il latte e la carne degli animali chesi nutrono di questi vegetali coltivatia cielo aperto. Per lo iodio, l’Autoritàeuropea per la sicurezza alimentare(Efsa), in un parere del 25 gennaio2005, ricorda che «tra gli alimenti ot-tenuti da animali terrestri sono lattee uova a mostrare le maggiori con-centrazioni di iodio. Ancora l’Efsa, inun parere scientifico del 29 maggio2009, ricorda che l’uranio può esserepresente nell’acqua, nell’aria, neglialimenti e nei mangimi a concentra-zioni variabili, per emissioni dell’in-dustria nucleare. Circa un terzodell’uranio assorbito rimane nell’or-ganismo: nell’uomo per 180-360giorni. L’Organizzazione Mondialedella Sanità (Oms) ha stabilito in 0,6æg/kg di peso corporeo al giorno l’as-sunzione giornaliera di uranio tolle-rabile

Intervista alla giovane AtsukoAtsuko è una donna giapponese di 37anni, che vive a Osaka. Lavora comeinterprete e guida turistica per gli ita-liani. Le abbiamo chiesto come sta vi-vendo questi momenti in Giappone.Le immagini di quello che sta acca-dendo in Giappone stanno facendo ilgiro del mondo. Sono immaginidrammatiche e il nostro pensiero èper le vittime. Com’è la situazioneora?«Per fortuna non conoscevo nessunorimasto coinvolto nella tragedia, maalcuni nostri amici non riescono an-cora ad avere notizie dei propri pa-renti. Se sono vivi o no, non lo sanno

ancora… La linea telefonica è saltatae i telefonini hanno dei problemi inqueste zone.La zona interessata dallo tsunami èmolto ampia e i paesini sono sparsilungo la costiera frastagliata: moltisono stati rasi al suolo, compresi gliedifici dei municipi che avrebberoavuto una funzione di controllo e dicoordinamento per la stima dei feritie dei danni. Molte strade sono statedistrutte e qualche posto rimane an-cora isolato. Inoltre, bisogna dire che,essendo nella zona nord-est del Giap-pone, lì fa molto freddo e gli evacuatidevono vivere questo ulteriore disa-gio. Mi dispiace molto».Osaka è distante dalle zone colpite:che cambiamenti sta producendo ildisastro?«Attualmente qui non è cambiatoniente. Solo i prezzi della benzinasono cambiati. Ma nei supermercatile merci sono ancora abbondanti emantengono gli stessi prezzi.A Tokyo c’è però confusione… l’elet-

I rischi del nucleare e la paura del contagio

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tricità è stata razionata, le linee fer-rovie limitate, la benzina insuffi-ciente a causa dei danni alle raffinerie(ci vorranno due settimane per ripa-rarli).Il cibo inizia a scarseggiare perché èstato mandato nella zona più colpita.Anche ieri ho chiamato mia zia perchiedere se manca qualcosa: nono-stante non ci sia bisogno di nulla, ilcibo inizia a scarseggiare».La razionalizzazione dell’energia ri-guarda tutto il Giappone?«In Giappone, ogni regione è servitada una società elettrica autonoma,che gestisce l’energia in maniera mo-nopolistica. Qui da noi a Osaka,l’energia non manca».Che cambiamenti ci sono stati nellatua vita quotidiana?«Praticamente la nostra vita non ècambiata per niente, qui, ad Osakatutto procede normalmente: in cen-tro le persone fanno shopping, e i tra-sporti, i lavori, le scuole, e i negozivanno avanti tranquillamente. Ma

mentalmente sono addolorata perquello che è successo che mi ha fattorendere più conto del prossimo terre-moto che colpirà la nostra regioneentro 30 anni».E nel paese che aria si respira?«C’è sgomento, sbalordimento, do-lore, solidarietà e preoccupazione peril centro nucleare di Fukushima.Anche se in realtà sembra che la fi-ducia tra le persone si sia rafforzata inun momento di crisi come adesso».Abbiamo sempre paura delle centralinucleari. Però nel frattempo sap-piamo di non potere farne a meno.Infatti, per esempio, nella nostra re-gione, il 50 % dell’elettricità dipendedall’energia nucleare. Vogliamo chesia controllate più assiduamente e chesiano rafforzate le misure di sicu-rezza. C’è un rischio di radioattività?«Il premier Kan ha detto che nelle vi-cinanze è aumentata la quantità di ra-dioattività ma non ha detto che cisono rischi per la salute dei cittadini,anche per quelli di Tokyo. Nelle vi-

cinanze i livelli salgono e scendonoripetutamente, e negli altri posti, il li-vello di radioattività è aumentatatemporaneamente, ma attualmentenon tale da mettere sul serio in peri-colo le persone. Per esempio, a Tokyoè meno di fare una radiografia. ATokyo vivono mio fratello e sua mo-glie, i miei zii, i miei cugini, i lorobambini piccoli e tanti amici. Sonomolto preoccupata per loro e sto se-guendo le notizie attentamente…».In Italia guardiamo con molta ap-prensione l’evolversi della situazionea Fukushima: come vi state prepa-rando per affrontare un’eventualeesplosione?«Non ci stiamo preparando, pen-siamo, anzi, speriamo, che ad Osakanon ci siano i pericoli…». In che maniera possiamo esservid’aiuto ora, noi, dall’Italia?«Servirebbero di tutto, denaro, cibo,materiali. Ma in giro di pochi giorniho ricevuto tantissime e-mail e soli-darietà dagli amici».

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FORMAZIONE

di Simone Schiavone

Il tempo quaresimale che ci ha ora-mai condotti all’incontro con Cristocrocifisso e risorto ci invita del restoad esaminare il cammino vissuto, se-condo un metodo analitico che è ne-cessario, oltre che proficuo, ad ogniesperienze di ricerca, umana e spiri-tuale. Le risposte che ne scaturisconopossono aiutarci ad entrare afferma-tivamente nello spirito glorioso dellaPasqua di resurrezione; al contrariopossono sollevare sentimenti chelasciano l’amaro in bocca, per nonaver sfruttato adeguatamente e inpienezza il tempo concesso allaconversione. Ma non è certamentequesto il momento opportuno perdare spazio e approfondire questielementi negativi: il gioioso annun-cio della Pasqua annienta la morte(1Cor 15,54) e la risurrezione delSignore Gesù è la luce che illuminae trasforma radicalmente la storiafino a rischiarare l’angolo più buiodella nostra vita. Perciò, per il cri-stiano, morire è in definitiva neces-sario -San Paolo parla di guadagno-perché morendo Cristo è rinato a vitanuova, eterna (Fil 1,21). Tuttavia, lanostra unione alla morte di Cristo,iniziata già con il battesimo, deve at-tualizzarsi nella vita di tutti i giorni(1Cor 15,31): Cristo ci invita infatti ascegliere la vita (Dt 30,19), a mettercicioè sui suoi passi. Allontaniamoquindi ogni scoraggiamento e lascia-moci temprare dalle parole di unuomo, Francesco d’Assisi, che nono-stante la sua esemplarità di conforma-zione a Gesù crocifisso, a sei mesidalla sua morte (1226), così parlava aisuoi frati bramando di ritornare agliumili inizi, allietato da grande spe-ranza: “Cominciamo, fratelli, a ser-

vire il Signore Iddio perché finora ab-biamo fatto poco o nessun profitto!”(1Cel VI,103). La stessa simbologia della liturgiadella Quaresima ha in sé il traguardoardito della gioia pasquale. Le ceneriche abbiamo ricevuto all’inizio diquesto cammino ricordano sì la cadu-cità del nostro corpo e di tutte le coseche ci circondano, sono sì un invito

alla penitenza, un’esortazione a co-minciare una conversione, ma celanoin sé un profondo quanto mai signi-ficativo segno di rinascita e di spe-ranza. Anche il Serafico Padre si servìdella cenere per le sue pratiche peni-tenziali, utilizzandola sui cibi cotti(LegM 5,1), cospargendosi il corpo(1Cel 8,110) anche per predicare piùcon l’esempio che con la parola (2Cel157,207), preferendone l’abito di quelcolore e delle fattezze di quello indos-sato dai contadini, testimonianza dipovertà e di castità, vale a dire del suodistacco totale dalle cose terrene e delsuo stato di oblazione totale a Dio,mediante l’integerrima purezza ditutto se stesso, carne e spirito. Come

non farci aiutare a riguardo, per la suaimmediatezza espressiva e didasca-lica, dalla rappresentazione de L’alle-goria della Povertà dipinta su unavela della volta che sovrasta l’altaremaggiore della Basilica inferiore diSan Francesco in Assisi, dove due an-geli presentano al Padre come offertasacrificale i tre bisogni fondamentalidi cibo, di vesti e di riparo; persino le

case il Santo desiderava che fosserodi legno e non di pietra, di vimini edi fango, a motivo della precarietàdei materiali e della loro riduzionea polvere sotto l’azione del fuoco. Ma la cenere trae dalle tradizionaliconsuetudini contadine e dalla cul-tura rurale anche diverse accezionipositive, tutte accomunate da unfine rigenerativo. La cenere era in-fatti utilizzata per ridare biancore efreschezza alla biancheria e, nellaconcia, per addolcire il saporeamaro delle olive prima di passarlein salamoia per la loro conserva-zione; immediato è a tal proposito

il parallelismo con le parole con cuil’Assisiate stesso descrive la sua con-versione a seguito di un percorso dipenitenza, quando giungendo tra ilebbrosi “ciò che era amaro si mutò indolcezza di animo e di corpo”(Test.,1-2). Ancora oggi, per ultimare,la cenere è impiegata sulla brace du-rante la cottura della carne per evi-tare che i grassi, colando, alimentinole fiamme o come fertilizzante neicampi.Sono queste note di speranza, il can-dore e la freschezza che ne ricavanoe il corpo e l’anima, la dolcezza e lagenuinità che le nostre parole e operepossono esprimere per convertirci erisorgere con Cristo a vita nuova.

Il dolce e l’amaro...

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COSTUME E SOCIETÀ

di Vincenzo Picazio

L’obesità infantile è un problemasanitairo e sociale, in crescita anchenel nostro Paese. Secondo i datidella recente indagine ministeriale“Okkio alla Salute”, più di 1 milionedi bambini è in sovrappeso. Questosignifica che, nel nostro Paese, oltreun bambino su tre di età compresatra i 6 e gli 11 anni ha un peso su-periore a quello che dovrebbe avereper la sua età. Inoltre, l’obesità neiprimi dieci anni di vita si traduce inobesità nel 75% dei casi quandol’individuo raggiunge l’età adulta.La parola chiave, come sempre, èprevenzione. Una prevenzione affi-data non solo ai pediatri, ma soprat-tutto alle famiglie, che devonoessere indirizzare ad educare i figlia stili di vita corretti sin da picco-lissimi. Per combattere l’obesità neipiù piccoli, il Ministero della salutee la Società Italiana di Pediatria

hanno siglato un protocollo d’intesache vede anche il coinvolgimentoattivo della SIPPS, Società di Pedia-tria Preventiva e Sociale, affiliataalla SIP.Il Progetto individua dieci azionipreventive di importanza fonda-mentale per ridurre il rischio diobesità tra cui: allattamento esclu-sivo al seno per i primi sei mesi divita, apporto proteico controllatofino a 2 anni, sospensione del bibe-ron entro 2 anni, eliminazione disucchi e tisane, uso limitato della tve giochi all’area aperta. Per laprima, volta queste 10 regole do-vranno essere attuate, tutte in-sieme, dal pediatra di famigliacoinvolgendo i genitori in manieraattiva nel progetto, “stringendoun’alleanza” con loro nell’interessedella salute del loro figlio.Il Protocollo d’intesa nasce nel con-

testo del Programma “GuadagnareSalute” promosso dal Ministero evolto a diffondere abitudini di vitasalutari.Secondo una ricerca durata circa 2anni e mezzo i cui risultati sonostati pubblicati sull’American Jour-nal of Clinical Nutrition, a favorirel’obesità infantile concorre non sol-tanto una alimentazione errata e lamancanza di attività fisica ma anchela carenza di vitamina D che favo-risce l’accumulo di grasso addomi-nale nei bimbi. Lo studio hariguardato 479 bambini fra i 5 e i 12anni di età ed è stato condotto dascienziati dell’Università del Michi-gan (Stati Uniti. La vitamina D èpresente in diversi alimenti, unaquantità altissima la si trova nel-l’olio di fegato di merluzzo. Sitrova, fra gli altri, nei formaggi enelle uova.

Obesità infantile: dieci regole

e vitamina D

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VOCAZIONE

dal Postulato di Benevento

Mi chiamo Massimiliano, ho 28 anni e vengo da Enna. Dasettembre mi trovo nel postulato di Benevento, dove stocontinuando il cammino di discernimento e di forma-zione alla vita francescana. Il mio desiderio più grande èconoscere in modo più intimo Gesù Cristo, autore della

vita e la sua volontà vivendo la pre-ghiera soprattutto come ascolto. È unviaggio che mi conduce sempre più ascoprire l’essenza della vita: l’Amore diDio. La vocazione non è frutto di unprogetto umano ma un dono di Dio enoi siamo chiamati sin dal grembo dinostra madre a scoprirlo.

Mi chiamo Davide, ho 29 anni e vengoda Palermo. Prima lavoravo comecuoco e da settembre sono in postu-lato a Benevento. Avevo una vitamolto movimentata, conoscevo tantepersone ed economicamente stavomolto bene. Con il tempo ho com-preso che in realtà la mia vita eravuota. Un giorno Dio mi diede un grande segno! Mentreero per le vie della città, mi sentii toccare sulla spalla, migirai e vidi una chiesa di cui non sapevo nemmeno l’esi-stenza: la basilica di S. Francesco. Spinto dall’ardore vi en-trai e dopo un po’ incontrai un frate che era animatorevocazionale, frà Antonio. Ebbi la conferma di quella chia-mata a una settimana di esercizi spirituali vocazionali adAssisi. In quella settimana dissi con tutto il cuore il mioSi a Dio ai piedi della tomba di S. Francesco piangendoper la gioia. E adesso ringrazio Dio, mio Padre per l’amoreche mi dona ogni giorno.

Sono Rosario, ho 26 anni e vengo da Marineo (Pa). Daquasi tre anni ho iniziato questa me-ravigliosa avventura con Dio e adessosono al secondo anno di postulato aBenevento. Se devo descrivere breve-mente il mio cammino... è una storiad’Amore con Dio! Da parte Sua: uncontinuo donarmi tutto; da parte mia:una continua ricerca dei suoi doni e un

farne partecipi i miei fratelli; insomma, posso parlare dellamia vocazione come un Dono!

Mi chiamo Salvatore Lentini ho 36 anni e vengo da Villa-rosa (En). Prima di entrare in postulato lavoravo come elet-tricista. Dopo la mia conversioneavvenuta guardando il film “Berna-dette”, cominciai ad andare a Messa, aconfessarmi, a ricevere la comunione,a pregare e a far parte del gruppo dipreghiera del RnS. Iniziavo a chiedermiqual’era la volontà di Dio. Un giornomentre mi trovavo in Chiesa davanti alSantissimo Sacramento a pregare per ricercare la volontàdi Dio, passò un uomo che senza conoscermi e senza salu-tarmi mi disse a bruciapelo: “Perché non pensi al sacerdo-zio?”. Subito capii con grande gioia che quella era larisposta che Dio dava alla mia preghiera. Quando poi co-nobbi questa persona, adesso padre Giacomo, egli mi regalòun libro su San Francesco. Con grande amore cominciai aleggerlo innamorandomi sempre più di questo grandesanto e sentendo in me che Dio mi chiamava a essere unfrancescano. Così chiesi di essere accolto nell’Ordine deiFrati Minori Conventuali per poter servire il Signore.Giornate vocazionali...“Questo è il discepolo che rende testimonianza”(Gv21,24), è il tema delle due giornate che i ragazzi postulantihanno dedicato alla testimonianza della loro scelta di vita.Una delle due giornate si è svolta a Nola(Na) dal 25 al 27novembre nella parrocchia di S. Biagio e nella scuola G.Bruno, l’altra ad Aversa(Ce) dal 24 al 26 Febbraio nel con-vento di S. Antonio al Seggio dei frati e nelle scuoleI.T.G/I.T.C. Andreozzi e nel liceo Scientifico E. Fermi.Momento principale delle giornate vocazionali è stato lavisita nelle scuole del posto e il contatto con i ragazzi nelleloro classi e un dibattito su una traccia del film “S. Fran-cesco” di L. Cavani che mostrava la conversione del santo.Abbiamo incontrato ragazzi e ragazze con un fortissimodesiderio di buttarsi nel “vuoto apparente” della fede macon tantissime paure. Perché proprio noi chiamati a daretestimonianza? E poi, a testimoniare che cosa? In effetti,non siamo migliori di tantissimi altri ragazzi e nemmenovogliamo ergerci a modelli da imitare. Ciò che ci spinge a

I giovani che rendono testimonianza

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dare la nostra testimonianza è l’aver incontrato nella no-stra vita una persona: Gesù Cristo! Beh, non è solo questo!È che quest’incontro ha cambiato la nostra vita dandoleun senso e continua a farlo ogni giorno. L’incontro conGesù Cristo ci ha permesso di vincere le nostre paure, difidarci e di fare la scelta di buttarci in un progetto di cuinon conosciamo niente se non solo l’inizio e di cui ognigiorno è un dono e una sorpresa. E se questo è avvenutoper noi perché non trasmettere questa “bella notizia=Vangelo” agli altri ragazzi che come noi cercano il sensodella loro vita e sono bloccati da tante paure così come loeravamo noi? Naturalmente la testimonianza non è sol-tanto portare un messaggio agli altri come uno sloganpubblicitario ma richiede, a noi per primi, un impegnoancora più radicale nella fedeltà ai valori del Vangelo cheintendiamo professare e una grande coerenza della nostravita. In altre parole vi stiamo dicendo che è possibile riu-scire a cambiare il mondo cominciando a cambiare noistessi. D’altronde se diventiamo migliori noi cambiaanche il mondo. Noi abbiamo scelto di farlo insieme atanti altri fratelli, che con noi sono la Chiesa e con le armidella preghiera. Date anche voi ascolto alla sete di Dio chec’è nel vostro cuore, al desiderio di cercarlo e di esseresuoi amici fondando così la vostra vita su basi solide. Di-venterete così anche voi testimoni instancabili del suoAmore.Il messaggio che desideriamo lasciarvi non è altro che lacontinuazione della nostra preghiera, una condi-visione di ciò che ha trasformato la nostra vita. Evogliamo continuare a metterlo in pratica dandotestimonianza coerente e fedele. La preghieracambia veramente la vita!La sorgente della nostra vita non è in quello chefacciamo o in quello che siamo ma in un’altra di-mensione, che va oltre questo mondo e che a essodà senso. La preghiera ci aiuta a riconoscere chequesto Mistero, Dio, è ciò che riempie di senso la

nostra vita. È quello che facciamo noi, in comunità, fer-mandoci per la recita della liturgia delle ore. L’interru-zione di qualsiasi attività esprime che al centro di ogninostra giornata c’è la ricerca di una relazione con Dio.Detto così sembrerebbe che fermiamo alcune attività perandare a compierne un’altra, si più importante ma pursempre nostra. In realtà non è così! La preghiera è il ri-spondere con un Si a una chiamata da parte di Dio. Egliintende elevarci, dalla realtà terrena, ci fa allargare losguardo per guardare ogni momento nel contesto del pro-getto salvifico. Ecco perché la preghiera non è rifugio,scappatoia dalla realtà, ma ingresso nel mondo reale. Adimostrazione, i tanti momenti in cui san Francesco si ri-fugiava tra i monti a pregare, non erano una fuga dai pro-blemi ma un andare in ricerca delle soluzioni.A vivere un’esistenza senza preghiera si corre il rischio digiungere alla fine dei nostri giorni senza essersi mai chiestise la nostra vita ha un senso; se quello che stiamo facendonella nostra vita è veramente quello che vogliamo. La preghiera ci indica il modo migliore per realizzare idesideri che sono nel nostro cuore, realizzando la nostrae la felicità degli altri.La preghiera ci rende felici perché ci fa scoprire, leggendola nostra storia, di essere oggetto di un immenso Amoreda parte di Dio nostro Padre che vuole solo il bene pernoi. Ci rende liberi perché non dobbiamo fare niente perguadagnarlo ma soltanto accoglierlo.

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SPIRITUALITÀ

di Raffaele di Muro

Grazie al lavoro minuzioso e competente di padre Bona-ventura Danza, nella Biblioteca del Seraphicum è statotrovato un reperto di grandissimo valore storico e spiri-tuale, riguardante la figura del Beato Bonaventura da Po-tenza. Si tratta di un manoscritto vergato dal Vescovo diRavello e Scala, mons. Giuseppe Perrimezzi indirizzato alpredicatore don Mauro Troiani. La lettera è scritta cinquemesi dopo la dipartita del Beato e racconta di quanto ac-caduto immediatamente dopo la sua morte.

La letteraIl padre Bonaventura diPotenza Religioso conven-tuale di S. Francesco, di-morò qui in Ravello pressoa due anni mio confessore,chiesto da me al superioredi quel tempo per questoloro convento da me inloro beneficio reintegrato.Fu sempre egli tenuto datutti i suoi di non usuale bontà e per detto tempo fu quipure universalmente sperimentato non diverso dal co-mune concetto che di lui si avevo la sua Religione. Venne egli finalmente a morire nel mese di ottobre pros-simo passato, e nella sua morte di compiacque Iddio illu-strare con molti segni le sue virtù con molti segnisuperiori all’ordine della Natura. Un dì e una notte di poi che egli fu morto, sudò il suovolto e da me e da me ne fu in più volte asciugato il su-dore; nel medesimo tempo coll’incisione di una vena,mandò fuori umido sangue. Il suo corpo era in tutto mor-bido e flessibile; stiede tre giorni e tre notti insepolto emai non diede cattivo odore, anzi sempre si conservògrato alla vista e arrendevole al tatto. Il concorso anchedei forestieri fu grande, da alcuno dei quali gli fu tagliatoun pezzo di carne furtivamente nel petto e ne usci sangue[in] abbondanza. L’avidità di tutti gli strappò quasi tutto l’abito di cui eravestito, e con pezzetti di questo si compiacque Addio gior-nalmente di fare moltissime grazie.Inoltre corone di nascosto toccate nelle sue mani quandoegli era già morto, danno un soavissimo odore. Predisse

egli la sua morte,ed in particolareragionando meconell’ultima con-fessione che feci con lui, mi disse che trovassi doppo luiun buon confessore.Inoltre altre cose potrei anche dirle se io ne avessi la li-bertà come potrò avere se non mi trovassi in quel puntoche indegnamente sto occupando. Basterà però questopiccolo saggio che qui glie ne ho dato per appagare la di-vota curiosità di cotesto Molto Reverendo Padre Provin-ciale e per servire la P.[aternitò] S.[ua] M. [olto]R.[everenda], alla quale raccomando la mia antica e cor-diale amicizia.Resto pregandola di ulteriori comandi. Di paternità moltoreverenda.Obbl[ligatiossimo] e Cordia [lissimo]Servi [lissimo]Fra Giuseppe PerimezziVescovo di Ravello,e Scala

Il mittenteGiuseppe Maria Perimezzi, OMin, vescovo. Nato a Paola(Cosenza) il 17 dicembre 1670. Entrò tra i Minimi e fu or-dinato sacerdote il 19 dicembre 1963. Provinciale di Ca-labria, Reggente degli Studi a Roma nel 1704, venne elettovescovo di Ravello e Scala l’11 aprile 1707. Trasferito allaDiocesi di Oppido (Reggio Calabria) che resse dal 1714 al1734. Morì a Roma il 17 febbraio 1740.

Il destinatarioLa lettera fu inviata a Don Mauro Troiani, valido e notopredicatore dei Celestini che proprio in quel tempo avevapredicato la Quaresima a Cividale del friuli (Udine).La testimonianza del vescovo Perrimezzi attesta la famadi santità del padre Bonaventura da Potenza che, a cinquemesi della morte, faceva parlare ancora di sé e delle virtùche ne avevano caratterizzato il vissuto spirituale. Il Pre-sule scrive di alcuni fatti davvero straordinari. Innanzitutto, dalla lettera emerge la notorietà del futuro Beato, ilcui corpo esanime era oggetto di venerazione da parte diuna moltitudine di fedeli che ebbero la possibilità di am-mirare il suo grande esempio di religioso e di sacerdote.

Tracce della santità del BeatoBonaventura da Potenza

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ASTERISCHI FRANCESCANI

di Orlando Todisco

La fraternità francescana è cosmica o non è francescanaNel Cantico delle creature, dettato alla vigilia della morte,c’è tutto Francesco, la sua partecipazione alla vita delcosmo, l’indole della comunione cristiana, al di là del mil-lenarismo mistico o del naturalismo estetico. E’ l’esalta-zione di Dio da parte delle creature che si riconosconoespressione dell’atto creativo, del tutto gratuito. Invasodal calore e dalla luce della parola divina, il cuore di Fran-cesco vive entro quell’onda creativa che nel 1225 gliesplode dentro, quando le forze erano esauste e gli occhiprossimi alla cecità. La fratellanza francescana delle creature non è però soloun dato, da esaltare, ma anche un compito da assolvere.‘Sora nostra madre terra’ dà la vita, ma anche la morte,alimenta e affama. Inneggiando al creatore per la bellezzadelle creature, Francesco ha inteso dissolvere l’horror na-turae, che ha avuto tanta eco nella prospettiva gnosticacome nel tema manicheo e cataro della liberazione dallanatura, non amica né madre. Francesco non ha intesoproporre un naturalismo arcadico o privilegiare forme divita pre-tecnologiche o sognare un giardino di rose senzaspine. Egli ha inteso ribadire che le creature sono un donoe che dunque noi viviamo entro la logica oblativa divina,di cui il creato è il compendio. Ma come esserne la voceintelligente se non attraverso quel sapere e quel fare checontribuiscano a rendere benigno il volto della natura,madre e non matrigna, grembo di vita e non abisso dimorte, e dunque a controllarne le forze minacciose e tal-volta catastrofiche? E lo scienziato, prima di intraprenderela sua avventura, non deve forse essere consapevole cheai suoi occhi si dispiega, prezioso e misterioso, il dono cheDio ha fatto all’uomo, suo altare nel tempo, da abbellire,non profanare, intervenendo con sagacia e misura, perchéle tempeste siano prevenute o contenute, e la vita soste-nuta, non mortificata? Siamo al rapporto creativo tral’uomo e la natura.Tutti i viventi esercitano violenza sulla natura, ma re-stando nella natura, perché momenti del ritmo delle suetrasformazioni. Solo l’uomo, il più terribile tra i viventi,dà luogo a opere che non rientrano nel ciclo della natura,sottratta a se stessa, per diventare momento di un’altrastoria, la storia numana. È il tema del rapporto tra naturae cultura. Fin dove è possibile spingere tale rapporto, per-ché non sia distruttivo e fonte di morte? Se alla natura-

lizzazione della cultura ha fatto seguito, crescente e ine-sorabile, la culturalizzazione della natura, questa fin doveva spinta? La scienza del rischio calcolato degli interventimodificativi e distruttivi della natura è tale, e dunque af-fidabile, se non trascende i limiti al di là dei quali qualun-que forma di violenza contro la natura diventa ancheviolenza contro la cultura e dunque un impedimentoreale e irreversibile della vita dell’uomo come essere cul-turale. La natura ha bisogno dello spirito per essere aperta,così come lo spirito – la cultura - ha bisogno della natura,per essere sostanziosa e incisiva. E qui interviene, forte epersuasivo, l’invito francescano alla sobrietà, conferma einsieme sostegno della libertà creativa, come anche èsenza ambiguità la denuncia della cattiva coscienza delfare e insieme del naturalismo libertino, senza freni per-ché senza misura.Ma quale la misura che funga anche da freno? Il valore-legame, anima nobile e sostegno inesauribile di tutti i va-lori, perché include e non esclude, apre il circuito senzachiuderlo. È l’affratellamento cosmico, propriamentefrancescano. Prima che alla luce del valore d’uso e del va-lore di scambio, che l’economia classica ha assolutizzato,escludendo dal consorzio sociale quanti non rientrano intale logica mercantile, un qualunque prodotto andrebbegiudicato in rapporto alla forza che ha di stringere gli uo-mini tra loro – i singoli, i gruppi, le nazioni – non controma assieme alla natura.

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Presso il Saracen Village a Isola delleFemmine (PA) nella Provincia reli-giosa di Sicilia, si è da poco conclusala XVI Assemblea del Collegio deiGuardiani CIMP-Sud (17-20 gen-naio). Ha avuto un buon riscontrocon 37 presenze tra frati guardiani,ministri provinciali e custode: dallaCustodia di Calabria 5, dalla Provin-cia di Malta 5, dalla Provincia di Na-poli 7, dalla Provincia di Puglia 8,dalla Provincia di Sicilia 12.L’incontro con Mons. Calogero Peri(OFMCap), vescovo di Caltanissetta,ci ha offerto molti spunti per appro-fondire il tema “Il guardiano uomo diriconciliazione e di pace”. Anzituttoha colpito la testimonianza di questofrate vescovo, nel suo modo di rela-zionarsi così semplice e diretto. Laprospettiva evangelica e francescanacon cui ha proposto il suo interventoci ha offerto un percorso sapienzialee pasquale a partire dal personalecambiamento di disposizioni e atteg-

giamenti, indicandoci strade per fa-vorire relazioni redente, invitandociad aprirci alla cultura della differenza.Questa prospettiva – uno scorciomolto convergente ai contenuti dellalettera del Ministro generale - è stataarricchita dalla meditazione biblica difra Cyrille Kpalafio (OFMConv) sultema della fraternità come dono e re-sponsabilità, partendo dal versetto diGenesi 4, 9b: “Sono forse il guardianodel mio fratello?”. Nel lavoro deigruppi e negli interventi in Aula ab-biamo condiviso le nostre esperienzecomunitarie, calando nel concreto glispunti dei relatori e volendo conver-tire i nostri sguardi a considerare ledifficoltà della vita comune come op-portunità di crescita. La prossima assemblea si terrà dal 16al 19 gennaio 2012 a Bari nella Pro-vincia pugliese che precederà il turnodi Malta dove i frati sono impegnatial capitolo provinciale il prossimo ot-tobre. Il tema su cui l’Assemblea si è

orientata è “Per una fraternità in dia-logo: ascolto e comunione”.Ringrazio cordialmente tutti i fratiguardiani per la partecipazione attivaa questo momento di fraternità e diformazione. Per il contributo datoalle celebrazioni liturgiche ringraziofr. Giorgio Tassone e fr. MassimilianoDi Pasquale, un particolare ringrazia-mento va alla Provincia di Sicilia, aisuoi frati guardiani - permettete unringraziamento a fra Salvino Puliz-zotto per la disponibilità nell’organiz-zazione logistica della Cappella pressoquesta struttura alberghiera e a fraGuglielmo Barbasso per l’accoglienzache abbiamo ricevuto nel Conventodi san Francesco in Trapani e pressoil Baglio Villa Immacolatella – un rin-graziamento particolare al Ministroprovinciale fra Angelo Busà per labella accoglienza che ci ha riservatoin questa Provincia religiosa cosìricca di umanità, di fede, e di tradi-zioni francescane.

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CIMP

di Agnello Stoia

Sono forse io il guardiano del mio fratello?

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ARTE

di Paolo D’Alessandro

In questo numero di Luce Seraficavi presento un mio dipinto: “Em-manuele”, che vuol dire Dio connoi, una tecnica mista su legno, dimetri 2,30 per 1,30, collocatonella chiesa di Santa Lucia inCellole (CE). In quest’operaho cercato di compiere unasintesi sul piano simbolico efigurativo tra la tradizioneiconografica d’Oriente e l’artecristiana d’Occidente. In un cielo luminoso - inquanto il Verbo eterno, il Fi-glio unigenito di Dio, con lasua incarnazione ha portatola luce al mondo, e solo chivuole chiudere gli occhi ri-mane ancora nel buio -, vi èraffigurato il Risorto con isegni della Passione; eppureegli, il Vivente, vive ed èasceso al cielo. Il Dio-con-noiè racchiuso nella mandorla –la luminosa forma ovoidale –che richiama la dimensionedivina e trascendente delCrocifisso-Risorto e asceso alcielo. Le tre gradazioni di blu,dal più scuro al più chiaro,rinviano al mistero d’amoredella Santissima Trinità. Lestelle richiamano il signifi-cato cosmico della redenzione ope-rata dal Cristo. Il Verbo vive, ora,anche con il corpo, nella sua di-mensione originaria divina e nellostesso tempo vuole vivere anchenella storia. Infatti, alza la vestecon la mano destra per permettereal piede di poter scendere sullaterra. Notiamo, infatti, la sua

ombra. Questo movimento delCristo avviene soprattutto ognivolta che il presbitero celebra l’Eu-carestia. Gesù Cristo si rende pre-

sente, pienamente, in modoipostatico (secondo la naturaumana e quella divina) nei poverie semplici doni dell’altare: il panee il vino. Egli è con noi e ci so-stiene con la grazia dello SpiritoSanto, (rappresentato dal soffioleggero che agita la veste del Ri-sorto), nel nostro cammino verso

la Patria, l’Origine, cioè verso ilmistero di Dio Padre. L’Emma-nuele, allora, è un Dio-pellegrinoin quanto cammina con noi. È il

Cristo-Luce, il Vivente, il Cro-cifisso-Risorto. Il suo volto ègioioso, sereno sorridente, glo-rioso. E non per questo è di-stante da noi, dal dramma dellastoria, dalle sofferenze degliuomini, dai problemi delmondo. Anzi, proprio per que-sto, egli richiama la nostra spe-ranza, ne fonda le attese, ildesiderio di liberazione, e civiene incontro nel desiderio diessere accolto da noi mediantela fede, la speranza e la carità.Il quadro si completa – sia perla comprensione che per lameditazione – solo durante lacelebrazione dell’Eucarestia,ove il Cristo si fa povero eumile allo spezzare del pane enella benedizione del vino. Èquesto l’Amore umile di Dio,che dall’incarnazione delVerbo, raggiunge il verticedella sua rivelazione nellamorte di Croce e nella Risurre-zione, mistero della Pasquache l’Eucarestia ben manifesta.Il mio augurio, allora, per que-

sta pasqua 2011 è quello di poterfare sempre più esperienza delCristo morto e risorto, il Vivente,il Signore della storia e del tempo,affinché impregnati del suo amore,possiamo scendere nelle nostre te-nebre e in quelle del mondo, sa-pendo che solo così siamo in gradodi salire con Lui nella gloria.

L’Emmanuele, il Dio-pellegrino

Risurrezione - Cellole Chiesa s Lucia -2003

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EVENTI

La redazione

Il Cardinale Dionigi Tettamanzi in visita a San

Lorenzo Maggiore - Napoli 24 febbraio 2011

Palmi, festa di Santa Rita

Rassegna Natalizia Cori S. Gaetano, Salerno

Carnevale degli Araldini a Benevento: a sinist

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Palmi: celebrazione eucaristica

Incontro dei frati della Custodia di Calabria - marzo 2011

Incontro guardiCimp-Sud - Pal17-20 gennaio

Palermo, incontro ministri provinciali della Cimp - 22-26 m

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Incontro interfrancescanodi preghiera Benevento 12 marzo 2011

tra il gruppo di Salerno e a destra il gruppo di Maddaloni (Ce)

Incontro OPGVMontella 13 febbraio 2011

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Madonna di Lourdes 11/02/2011

S. Gaetano - Salerno

Pozzuoli, ritiro Usmi - 27 marzo 2011

fra Gianfranco M Del Giudice celebra la prima messa. Aversa 9 gennaio 2011

aniermo2011

Il capitolo dell’OFS della comunitàdi S. Gaetano a Salerno

Sopra: La comunità di Salerno ad Assisi 20 marzo 2011 Sotto: Coro Basilica SS. Apostoli (Roma)

diretto da Fra Gennaro Becchiamanzi

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arzo 2011Maddaloni - Centro Studi FrancescaniCorso di Italiano per immigrati

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SPORT

La redazione

Cos’è Parma 2011

1) Lo sviluppo delle competenze manage-riali nel sistema sportivo di baseLa formazione, spesso poco consideratanel movimento sportivo, è un fattoresempre più importante per mettere i diri-genti in condizione di gestire le società inmodo adeguato e sempre più “professio-nale”, sia pure come volontari. Il corso èorganizzato dall’Assessorato allo Sport delComune e dal Coni comitato provincialedi Parma, in collaborazione con la ScuolaRegionale dello Sport Emilia-Romagna edè rivolto ai dirigenti delle società spor-tive, delle federazioni e degli enti di pro-mozione ma anche a studentiuniversitari, over 65 o altre persone chevogliono avvicinarsi al mondo manage-riale sportivo.

2) Promuovere la pratica sportivaSpiegare cosa significa avere la fortuna diun figlio che pratica sport: è questo ilsenso del progetto di “scuola per genitori”proposto dal Comune per il 2011. Da gen-naio a marzo si terranno, in tutte le so-cietà sportive disponibili, una serie diincontri con un gruppo di psicologimesso a disposizione da Comune e Coni ecoordinato da Roberto Mauri, esperto inpsicologia sportiva. Il modulo formativo -che coinvolge anche allenatori e dirigenti- prevede alcuni incontri collettivi, ge-stiti dal coordinatore, e almeno due in-contri “personalizzati”, condotti daglipsicologi del team, con allenatori e geni-tori, presso le società che li richiedono.

I corsi di formazione

L’ACES, Associazione Capitali Europee dello Sport (EuropeanCapitals of Sport Association, www.aces-europa.eu) è un’asso-ciazione benemerita del Coni che assegna annualmente i rico-noscimenti di “Capitale”, “Città” e “Comuni” Europei dello Sportsecondo i principi di responsabilità e di etica dettati dal LibroBianco della Comunità Europea: lo sport è fattore di aggrega-zione della società, di miglioramento della qualità della vita, dibenessere psico-fisico degli individui e di piena integrazionedelle fasce sociali in condizioni di disagio.ACES ha conferito a Parma il titolo di Città Europea dello Sport2011. Comune di Parma e Coni intendono celebrare e vivere il ri-conoscimento coinvolgendo ad ogni livello la Società parmigianae parmense. Il progetto prevede oltre 230 eventi e 19 iniziativespeciali per promuovere i valori dello sport, aumentare la praticasportiva, qualificare le strutture e gli enti che operano nel settore.La rete di realtà che hanno scelto di sostenere Parma Città Eu-ropea dello Sport 2011 è in continuo ampliamento; di seguito icomponenti della “squadra” aggiornati a gennaio 2011.

PromotoriComune di Parma, Comitato provinciale Coni ParmaPartner IstituzionaliUniversità degli Studi di Parma, Provincia di ParmaComitato Italiano Paralimpico, Fondazione Sport ParmaMain SponsorCariparma Crèdit AgricoleSponsor TecnicoGruppo IrenCon il sostegno diCingi&Campari, Edicta EventiARA – Concessionaria Iveco per Parma e provincia, Gruppo Ferrari SpA

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Il rito

Michael è un giovane americano che esce dal semina-rio non convinto delle vere motivazioni della suascelta. Vorrebbe lasciare la strada che ha intrapreso,ma viene mandato a Roma, a frequentare in Vaticanoun corso sull’esorcismo, pratica a cui la Chiesa Catto-lica attribuisce una grande importanza. Lì incontrauna giornalista interessata all’argomento, e soprattuttol’anziano esorcista padre Lucas, che vive solo e circon-dato da gatti in un piccolo paese, e lo fa assistere al-l’esorcismo di Rosaria, una adolescente incinta.Michael continua a credere che il diavolo non abbianulla a che fare con gli inspiegabili fenomeni manife-stati dalle sue vittime, ma una notte, a casa di padreLucas, si troverà ad affrontarlo. Arriva nelle nostre sale Il rito, un film diretto da Mi-kael Håfström, già autore di 1408 da Stephen King.Al centro della storia c’è la presenza devastante deldiavolo nella nostra società, e un rituale che richiedea chi lo compie una fede assoluta e incrollabile. Trattoda un libro del giornalista americano Matt Baglio, rea-listico nella costruzione e ben interpretato, è un filminteressante e ben fatto che si distanzia in parte daaltre analoghe pellicole, anche se non sempre riesce asfuggire alle trappole di un genere, l’horror, a cui re-gista e interpreti lo dichiarano estraneo.GENERE: Drammatico, HorrorANNO: 2011 DATA: 11/03/2011NAZIONALITÀ: USAREGIA: Mikael HåfströmCAST: Anthony Hopkins, Colin O’Donoghue, Alice Braga,Ciarán Hinds, Toby Jones, Maria Grazia Cucinotta

Rango

Un solitario camaleonte di nome Rango decide di an-dare a scoprire la vera vita nel deserto del Mojave. Dasempre desideroso di avere un proprio pubblico, lìfinge di essere un avvocato e di poter aiutare la citta-dina di Dirt a combattere la carenza di acqua. Ma pre-sto si accorgerà della differenza tra la realtà e lafinzione e scoprirà il valore dell’amicizia.GENERE: Animazione, Azione, AvventuraANNO: 2011 DATA: 11/03/2011NAZIONALITÀ: USAREGIA: Gore VerbinskiCAST: Johnny Depp, Isla Fisher, Bill Nighy, AbigailBreslin, Ian Abercrombie, Hemky Madera

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CINEMA

di Giuseppina Costantino

L’uomo alla scoperta di se stesso e di Dio

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IN BOOK

La redazione

P. BRANCA, «Noi e l’islam». Dall’accoglienza al dialogo. Vent’anni dopo,Collana Hiwâr-Dialogo 3, Edizioni Messaggero, Padova 2010, pp. 157, euro13,50.In questo agile volume dell’affermato studioso Paolo Branca, docente di Lin-gua e Letteratura araba presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Mi-lano e relatore in numerosi seminari di studio sull’islam presso prestigioseistituzioni, è ripreso e commentato un famoso intervento del cardinale Mar-tini sul dialogo islamo-cristiano che, per la sua profondità e puntualità, offremolti spunti di riflessione. Sono passati vent’anni da quando questo discorsofu pronunciato, il 6 dicembre del 1990. Molte cose sono cambiate, e non soloa Milano, e tuttavia la prospettiva tracciata resta attualissima: i cristiani e imusulmani devono incontrarsi e dialogare, nella verità e nell’amore, se nonvogliamo uno scontro che sarebbe irreparabile.Il dialogo tra cristiani e musulmani appare ancora più urgente di ieri. PaoloBranca invita a un dialogo sereno affinché sia superato sia l’islam di popoloche un cristianesimo di massa, così come anche un islam e un cristianesimo dei solo dotti. Il saggio si componedi cinque capitoli: Chi siamo «noi» e chi è «l’islam» (pp. 25-46); I valori storici dell’islam (pp. 47.52); L’islam inEuropa (pp. 53-84); L’atteggiamento della Chiesa e il dialogo (pp. 85-132); Annunciare il Vangelo di Gesù (pp.133-150). Dopo aver presentato la complessa e variegata presenza delle comunità islamiche in Europa, l’autorenon esprime un giudizio definitivo sull’evoluzione in corso a proposito della non facile convivenza tra personedi culture e religioni diverse. Egli spinge, tuttavia, ad approfondire il dialogo con quelle comunità musulmaneche sinceramente vogliono confrontarsi con la modernità e l’Occidente. Certo è che nonostante queste diffe-renze, stupisce e addolora la totale mancanza di un progetto pedagogico finalizzato a valorizzare tanta espe-rienza accumulata nelle diverse scuole cristiane frequentate da arabi e musulmani non solo in Europa ma anchein Africa, in Asia e in Medio Oriente.

G. JOSSA, Gesù. Storia di un uomo, Carocci editore, Roma 2010, pp. 163, euro 16,80.Anche se mancano fonti di carattere tecnicamente «biografico» sulla vita di Gesù, lo storico Giorgio Jossa, autore diquesto saggio è convinto che un racconto della sua breve vicenda pubblica possa essere scritto fondatamente. Non èuna questione di poco conto se si considera che gli storici che si muovono entro l’ambito della cosiddetta ricerca delGesù storico affermano che sia per loro impossibile scrivere una «storia di Gesù» ovvero un racconto coerente dellasua vicenda terrena, a causa della loro impostazione, che è squisitamente storica non teologica.

Preferiscono così presentare i vari aspetti della sua figura all’interno di meda-glioni: il Gesù carismatico, il Gesù profeta, il Gesù guaritore, Gesù e il Regno (cosìTheissen, Meier). Tale metodo ha i suoi vantaggi ma costringe a rinunciare aun’interpretazione non frammentaria e potrebbe denunciare, secondo Jossa, unresiduo inconsapevole di impostazione dogmatica» e «una fondamentale carenzadi senso storico, consegnando un Gesù proiettato fuori dal tempo.In realtà, i Vangeli canonici, pur non essendo biografie in senso stretto, non sonoaffatto privi di valore per ricostruire gli aspetti biografici di Gesù. In Marco, adesempio, i dati storici fondamentali sono riconosciuti attendibili da tutti gli stu-diosi e costituiscono la base per ogni sua presentazione. Jossa afferma che Marconon è una fonte diversa da tutte le altre fonti storiche e va perciò usato. Del resto,sui fatti essenziali della vita di Gesù c’è accordo sostanziale fra gli studiosi. Jossamostra i limiti della ricerca liberale, della scuola di Bultmann e della “terza” ri-cerca auspicando una nuova stagione nella quale si possa riconoscere l’innegabilecontinuità tra Gesù e il giudaismo ma anche quello che esiste fra Gesù e il cri-stianesimo.

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FUMETTI

La redazione

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