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pediatria ANNO II - NUMERO 4/2007 ISSN 1970-8165 ORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE POSTE ITALIANE S.P .A - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, AUT. N° 060019 DEL 15/09/06 - DCB BO Mattioli 1885 4/2007 preventiva & sociale LATTE ARTIFICIALE NEI PRIMI GIORNI DI VITA DAL PEDIATRA ALL’INTERNISTA IMPEDENZIOMETRIA INTRALUMINALE MULTICANALE OLTRE LA PET-THERAPY

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pediatriaA N N O I I - N U M E R O 4 / 2 0 0 7 I S S N 1 9 7 0 - 8 1 6 5

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SSOOCCIIEETTÀÀ IITTAALLIIAANNAA DDII PPEEDDIIAATTRRIIAA PPRREEVVEENNTTIIVVAA EE SSOOCCIIAALLEE

PPRREESSIIDDEENNTTEEGiuseppe Di Mauro

PPAASSTT PPRREESSIIDDEENNTTGiuseppe Chiumello

VVIICCEE PPRREESSIIDDEENNTTIISergio BernasconiTeresa De Toni

CCOONNSSIIGGLLIIEERRIIGiuseppe BanderaliGiacomo BiasucciMirella StrambiGiovanna Weber

SSEEGGRREETTAARRIIOOPaola Sgaramella

TTEESSOORRIIEERREENico Sciolla

RREEVVIISSOORRII DDEEII CCOONNTTIILorenzo MarinielloLeo Venturelli

PPEEDDIIAATTRRIIAA PPRREEVVEENNTTIIVVAA && SSOOCCIIAALLEE OORRGGAANNOO UUFFFFIICCIIAALLEE DDEELLLLAA SSOOCCIIEETTÀÀ

DDIIRREETTTTOORREE RREESSPPOONNSSAABBIILLEE

Guido Brusoni

DDIIRREETTTTOORREE

Giuseppe Di Mauro

CCOOMMIITTAATTOO EEDDIITTOORRIIAALLEEGiuseppe Di MauroGiuseppe ChiumelloSergio BernasconiTeresa De ToniGiuseppe BanderaliGiacomo BiasucciMirella StrambiGiovanna WeberPaola SgaramellaNico SciollaLorenzo MarinielloLeo Venturelli

Registrazione Tribunale di Parma - N. 7/2005Finito di stampare Dicembre 2007

EEDDIITTOORRIIAALLEE

3 G. Di Mauro

Da Torino a Caserta

AAPPPPRROOFFOONNDDIIMMEENNTTII

4 G. Collacciani Conseguenze della somministrazione e/o prescrizione di latte artificiale neiprimi giorni di vita sul proseguimento dell’allattamento al seno fino alsesto mese

7 S. Bernasconi, G. Cremonini, L. Melandri, C. Volta Dal pediatra all’internista: una fase di transizione da organizzare

13 A.M. Magistà, D. Intini, F. Nicastro, C. De Ruvo, C. Fontana, G. De Caro,C. Cucco, N. Bucci, R. Francavilla Una nuova frontiera nella diagnosi del reflusso gastroesofageo delbambino: l’Impedenziometria Intraluminale Multicanale

18 E. NapoleoneRegolamento europeo. Sperimentazione dei farmaci per uso pediatrico

24 B. Zaniboni, F. NoviLa Clown terapia. Un’esperienza in ospedale per vivere in positivo

26 T. Di GiampietroFitoterapia: conosciamola meglio

29 C. Buongiovanni, M. Sticco, O. D’Amico, A. Franzese Prevenire l’obesità dei bambini: il ruolo del pediatra di base. Seconda parte

33 A. MilazzoOltre la pet-therapy: quando un animale ... fa la differenza

39 G. D’Onofrio, G. Di Mauro, L. MarinielloStrategie ed azioni per migliorare la qualità delle cure: curare meglio con meno

RRUUBBRRIICCHHEE

LLEETTTTOO PPEERR VVOOII

43 S. Bernasconi Infezioni e farmacoterapia pediatrica

45 L. Venturelli Il pediatra e la famiglia. Il counselling sistemico in pediatria

pediatriapreventiva & socialeORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA PREVENTIVA E SOCIALE

Mattioli 1885

SpA - Via Coduro 1/bFidenza (PR)Tel. 0524 84547Fax 0524 84751

[email protected]

EEDDIITTIINNGGValeria Ceci Natalie CerioliCecilia MuttiAnna Scotti

MMAARRKKEETTIINNGG EE PPUUBBBBLLIICCIITTÀÀMassimo RadaelliDirettore Marketing e Sviluppo Luca RanzatoMarketing ManagerSimone AgnelloECM - Formazione ContinuaMartine BrusiniSegreteria Marketing

4/2007

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4/2007 3

Si è da poco concluso positivamenteil Congresso Nazionale di Torino,dove hanno avuto ampia eco le te-matiche relative alla prevenzione ealle problematiche sociali, e già è incantiere il prossimo XX CongressoNazionale che nel 2008 si terrà aCaserta dal 30 maggio al 2 giugno.L’esperienza di Torino è stata estre-mamente interessante sia per gli ar-gomenti clinici affrontati, dai distur-bi respiratori all’endocrinologia, dal-la nutrizione all’allergologia, per ci-tarne solo alcuni, sia per l’ampiospazio dedicato alle complesse pro-blematiche che emergono nell’uni-verso che circonda il bambino. Sonostati affrontati i temi relativi allevaccinazioni vecchie e nuove, agliscreening nel primo anno di vita, al-l’alimentazione come prevenzione ealla nuova realtà sociale in cui ilbambino si trova, in particolare la fa-miglia attuale, così diversa e più “dif-ficile” rispetto a quella patriarcale dialcuni decenni fa.Il Congresso di Caserta rappresen-terà la continuazione naturale deldiscorso iniziato, soprattutto sullafamiglia e la prevenzione.La SIPPS infatti, non solo a Caser-ta, ma anche nelle altre iniziative chesaranno attuate nel corso dell’anno,vuole impegnarsi sempre di più suitemi del sociale, della prevenzione,della comunicazione e dell’ambien-

te, come è scritto nel suo DNA.Vuole essere, in modo dinamico, at-tenta all’evoluzione continua delcontesto di vita del bambino per co-glierne gli aspetti critici e potenziarequelli positivi.Sarà dato uno spazio particolare al-l’ascolto della famiglia per eviden-ziarne i bisogni e le aspettative, percostruire insieme, nel modo miglio-re, un percorso di comunicazione ri-spondente alle necessità vere e per-cepite.Tutto ciò richiederà un grande lavo-ro e un grande impegno ma, assiemeal Direttivo, abbiamo deciso di af-frontare queste sfide, nella convin-zione che al pediatra non debba in-teressare professionalmente solo lapatologia del bambino o la preven-zione tout court, ma anche tutto ciòche sta attorno a lui, che lo condi-ziona, che contribuisce o meno allasua crescita e alla formazione dellasua personalità.Sono argomenti che solo superficial-mente sembrano non coinvolgere ilnostro lavoro quotidiano, ma più liapprofondiamo, più ci rendiamoconto che nella presa in carico glo-bale del bambino hanno un peso ri-levante e determinante, soprattuttorispetto alle nuove tendenze dellasocietà e alla buona qualità della vitaper lui. Quella attuale e quella futu-ra, una volta diventato adulto.

DA TORINO A CASERTA

G. Di MauroPresidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

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4 pediatria preventiva & sociale

Introduzione

Per favorire e incentivare l’allattamen-to al seno è stata condotta una ricercanella Regione Abruzzo tendente adindividuare i fattori che favoriscono oinibiscono tale pratica. In particolare siè cercato di evidenziare le conseguen-ze della somministrazione prescrizio-ne di latte artificiale alla dimissione.

Riassunto

Il dr G. Monaco, responsabile del ser-vizio epidemiologico ASL 11 Lom-bardia ha selezionato con metodolo-gia random 30 Pediatri di famiglianella Regione Abruzzo su un totale di190 in modo tale che fossero un cam-pione rappresentativo della realtà diquesta regione ed i dati espressionedella situazione regionale.I pediatri hanno intervistato le mam-me durante il 1° mese di vita. Era pre-visto un numero minimo di bambinidi 280 su un totale di nascite previstedi 10.274.Sono stati reclutati 318 bambini. Unaseconda intervista è stata effettuata al-le madri degli stessi bambini sei mesidopo.Abbiamo ricercato i comportamenti

che influenzano in senso positivo onegativo l’allattamento al seno.

Obiettivi

Con questa ricerca si è cercato di evi-denziare le procedure che potesseroinfluenzare in maniera positiva o ne-gativa l’allattamento al seno e il suoproseguimento. Si è cercato in primoluogo di vedere cosa accade quandonel luogo di nascita viene effettuata lasomministrazione e/o la prescrizione(s./p.) di latte artificiale (L.A.) e se cisono differenze tra strutture pubbli-che e non pubbliche. Si è analizzato sela s./p. di L.A. aumenta la quantità diconsigli divergenti che le donne rice-vono riguardo all’allattamento al seno.Si è valutato quale ruolo gioca il pedia-tra di famiglia in questo contesto. Si èverificato se i bambini allattati artifi-cialmente hanno maggior numero diricoveri rispetto a quelli allattati al seno.1) Stabilire se una politica di s./p. di

L.A. sia dannosa per l’allattamentoal seno.

2) Identificare se una politica di s./p.di L.A. aumenti l’incidenza di pro-blemi connessi con l’allattamentoal seno e/o riduce la durata dell’al-lattamento al seno.

3) Identificare se una politica di s./p.di L.A. dopo la nascita aumenta laquantità di consigli divergenti chele donne ricevono riguardo all’al-lattamento al seno.

4) Identificare se una politica di s./p.di L.A. dopo la nascita aumenta icosti di assistenza post-natale,compresi i costi di allattamento ar-tificiale.

5) Identificare se una politica di p. diL.A. dopo la nascita aumenta laquantità di consigli divergenti chele donne ricevono riguardo all’al-lattamento al seno.

6) Identificare se una politica di s./p.di L.A. dopo la nascita aumenta icosti di assistenza post-natale,compresi i costi di allattamento ar-tificiale.

Risultati

Il 63,3% delle donne ha dichiarato diaver allattato al seno dopo poche oredalla nascita del bambino (in un ana-logo studio condotto a Sesto SanGiovanni in Provincia di Milano lapercentuale è di 79,7%).Il 36,33% dei bambini è allattato alseno al sesto mese di vita.È evidente come una più adeguata in-

Conseguenze della somministrazione e/oprescrizione di latte artificiale nei primi giornidi vita sul proseguimento dell’allattamento alseno fino al sesto mese

Giuseppe CollaccianiPediatra di FamigliaConsigliere SIPPS Abruzzo

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6 pediatria preventiva & sociale

formazione durante la gravidanza,una migliore assistenza ed un mag-giore sostegno potrebbero ulterior-mente migliorare i dati rilevati.La prescrizione di latte artificiale hariguardato il 77% delle donne intervi-state ed ha influenzato negativamentel’allattamento al seno fino al sestomese La consegna di campioni di latte arti-ficiale ha riguardato l’11% delle don-ne intervistate ed ha influenzato ne-gativamente l’allattamento al seno fi-no al sesto mese Pertanto è statisticamente significati-va la correlazione tra prescrizione e/osomministrazione di latte artificialealla dimissione e la riduzione dell’al-lattamento al seno.La prescrizione di latte artificiale do-po la nascita ha ostacolato, secondol’8,2% delle donne intervistate, l’allat-tamento al seno.Risulta evidente che nel vissuto ma-terno la sospensione dell’allattamentoprima dei 6 mesi è legato solo in par-te trascurabile ad esigenze e sceltepersonali (il lavoro è addotto comemotivo da una sola donna o a malattiadella madre (5,71%), mentre nellamaggior parte dei casi viene riferital’insufficiente produzione di latte ma-terno (68,6%), l’assenza di latte ma-terno 10,7%), che insieme a quasi tut-te le altre cause indicate non sono ve-re controindicazioni all’allattamento eche potrebbero essere rimosse più ef-ficacemente con un maggior sostegnopsicologico e con semplici consiglipratici.Le informazioni relative all’allattamen-to sono state ricevute principalmentedal pediatra di famiglia: 71,63%.Nell’esperienza delle donne i parentihanno favorito l’allattamento prolun-gato al seno nel 44,03% delle donne,il personale ospedaliero nel 53,46%, ilpediatra di famiglia nel 74,84%, i librie le riviste nel 49,69%.L’allattamento al seno risulta protetti-

vo anche se non in modo statistica-mente significativo nei confronti del-le allergie ed in particolare nei con-fronti dell’allergia al latte vaccino

Conclusioni

I dati ricavati da questo studio sugge-riscono alcune riflessioni:

1) Le informazioni relative all’allatta-mento sono state ricevute princi-palmente dal pediatra di famiglia:71,63%.

2) È documentato in maniera statisti-camente significativa che:a) La prescrizione di latte artificia-

le ha influenzato negativamentel’allattamento al seno fino al se-sto mese.

b) La consegna di campioni di lat-te artificiale ha influenzato ne-gativamente l’allattamento al se-no fino al sesto mese.

c) L’allattamento al seno ha unruolo protettivo statisticamentesignificativo nei confronti del ri-covero in Ospedale.

3) Alcuni dati anche se non statistica-mente significativi confermano al-cune evidenze della nostra attivitàprofessionale:a) La motivazione più frequente

addotta dalla madre per la so-spensione dell’allattamento pri-ma dei 6 mesi è l’insufficienteproduzione di latte materno(68,6%).

b) Chi partorisce nelle strutturenon pubbliche ha meno proba-bilità di allattare al seno fino alsesto mese.

c) È positivo aver frequentato uncorso di preparazione al parto.

d) Le donne che hanno accuditoaltri neonati allattano di più.

e) L’allattamento al seno già duran-te il ricovero favorisce l’allatta-mento al seno sino al sesto mese

f ) L’allattamento al seno risultaprotettivo anche nei confrontidelle allergie ed in particolarenei confronti dell’allergia al lattevaccino.

Questo studio è stato realizzato conuna spesa minima, ed è stato reso pos-sibile grazie alla preziosa, gratuita col-laborazione di 30 pediatri di famigliadella regione Abruzzo, cui va il mioringraziamento.

Bibliografia

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La Società Americana di Medicinadell’adolescente ha definito la trans-izione come “un passaggio, pro-grammato e finalizzato, di adole-scenti e giovani adulti affetti da pro-blemi fisici e medici di natura croni-ca da un sistema di cure centrato sulbambino ad uno orientato sull’adul-to” (1).Per comprendere meglio le proble-matiche che possono insorgere deveessere tenuto presente che questopassaggio è parte di una più ampiatransizione dal bambino dipendenteall’adulto indipendente e che, in talefase, i pazienti vanno incontro aduna profonda modificazione, nonsolo clinica, ma anche culturale e so-ciale (2). Con il raggiungimento del-la maturità cambiano anche le ne-cessità personali e cliniche dei giova-ni pazienti e diventa fondamentalericevere cure mediche appropriateper l’età (3).Il pediatra deve divenire parte attivain questo processo (4) che, se com-piuto in modo corretto ed efficiente,può condurre ad uno dei più signifi-cativi risultati ottenuti dai vari servi-zi sanitari pubblici (5).L’interesse per la transizione e la ne-cessità di approfondirne le proble-matiche nascono sostanzialmente datre fattori:a) l’evoluzione delle conoscenze me-

diche ha nettamente migliorato laprognosi di molte malattie croni-

che permettendo ad un sempremaggior numero di bambini af-fetti di raggiungere l’adolescenzae l’età adulta (6).Per esempio, nel 1973 la sopravvi-venza media per la fibrosi cistica eradi 7 anni mentre oggi nei paesieconomicamente più sviluppatimetà dei pazienti raggiunge i 31anni di età e negli Stati Uniti metàdei pazienti affetti ha raggiunto osuperato i 21 anni (6). Ugualmentenel 1970 meno di un terzo dei pa-zienti con spina bifida raggiungeval’età adulta mentre oggi questo tra-guardo viene raggiunto da oltrel’80% di questi pazienti (6).I progressi compiuti sul piano cli-nico-assistenziale negli ultimi an-ni hanno portato a calcolare cheoltre il 90% dei bambini che na-scono con una malattia cronicae/o disabilitante o la sviluppanoin seguito, ha oggi un’aspettativadi vita notevolmente aumentatarispetto al passato, stimata oltre i20 anni d’età (7).

b) L’elevato numero di pazienti conmalattie croniche destinato a rag-giungere l’età adulta [è stato cal-colato che il 20% dei bambini sta-tunitensi soffre di una patologiacronica lieve, il 9% moderata e il2% di una forma grave (8)] e lasempre maggiore attenzione po-sta sulla necessità di assicurare aipazienti e alle loro famiglie non

solo cure appropriate, ma unaqualità di vita accettabile, ha im-posto nel tempo una riflessionesulle modalità di passaggio da or-ganizzazioni sanitarie di tipo pe-diatrico ad altre gestite da medicidell’adulto (3). La transizione cli-nica è un processo multidimen-sionale e multidisciplinare, voltonon solo ad occuparsi delle neces-sità cliniche nel passaggio dallapediatria alla medicina specialisti-ca dell’adulto, ma anche delle esi-genze psicosociali, educative eprofessionali Si tratta di un pro-cesso dinamico, incentrato sul pa-ziente, che deve garantire conti-nuità, coordinazione, flessibilità,sensibilità, secondo linee guidaprestabilite, con attenzione alleesigenze individuali (9).

c) La strutturazione della fase ditransizione non sembra essere an-cora sufficientemente adeguata,come risulta anche da una nostrarecente indagine, che evidenzia co-me il 50% dei medici coinvolti nonsi ritenga soddisfatto dei risultatiraggiunti (8). Il problema non èsoltanto italiano: conferme in pro-posito sono giunte anche da variAutori statunitensi e britannici,che hanno sottolineato come nonsi sia ancora raggiunto un gradoottimale di organizzazione (3-5).

Partendo da queste considerazioni siè cercato in vari contesti di analizza-

4/2007 7

Dal pediatra all’internista: una fase ditransizione da organizzare

S. Bernasconi, G. Cremonini, L. Melandri, C. VoltaClinica Pediatrica – Dipartimento dell’Età Evolutiva -Università degli Studi - Parma

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8 pediatria preventiva & sociale

re le motivazioni che rendono diffi-cile il passaggio in modo da propor-re modelli organizzativi adatti.In sintesi gli ostacoli che rendonodifficile la transizione possono ma-nifestarsi a vari livelli.Il team pediatrico può essere rilut-tante a trasferire un paziente con cuinegli anni si sono venuti creando le-gami affettivi sempre più profondi.Tale atteggiamento può essere raf-forzato da una non completa fiduciae/o conoscenza delle strutture e del-le equipe internistiche che non si ri-tengono sufficientemente espertesoprattutto per determinate malattie(5, 10). Inoltre il pediatra può avereun evidente interesse scientifico aprolungare il periodo di follow upper acquisire tutta una serie di infor-mazioni cliniche che gli permettanodi analizzare criticamente il suo ope-rato di tanti anni (10).Molte resistenze possono proveniredall’adolescente o giovane adulto.Anche l’adolescente sano tendespesso a sfuggire ai controlli sanitarie se affetto da malattia cronica puòtemere di lasciare una struttura fa-miliare, un centro magari frequenta-to dalla nascita per una strutturasconosciuta in cui può non avere unreferente fisso; il giovane pazientepuò dubitare che i suoi bisogni glo-bali vengano compresi e può trovar-si mescolato a un gran numero dipersone anziane, in assenza anchedell’appoggio dei familiari che gliinternisti tendono a coinvolgeremolto meno intensamente rispetto aquanto venga fatto dai pediatri (10-11). La natura solidale del pediatrapuò permettere l’instaurarsi di unrapporto di dipendenza quasi geni-toriale, rendendo ulteriormente pro-blematico il distacco. Le paure delgiovane paziente possono essere ac-centuate dal fatto che l’immagine disé dei pazienti cronici è spesso di ti-po infantile e dipendente (5).

La particolare vulnerabilità, tipicadell’età adolescenziale, potrà risulta-re accentuata nei pazienti con pato-logia cronica, nei quali la malattiapuò aver interferito con il processodi maturazione, crescita e sviluppocognitivo fin dalla prima infanzia.In aggiunta a questi aspetti riguardan-ti la sfera emotiva, anche l’assentei-smo scolastico e la perdita di occasio-ni professionali e sociali possono ri-durre la sicurezza in sé stessi, contri-buendo a creare uno stato di poten-ziale isolamento sociale e relazionale.Anche il tipo di malattia può influi-re nel senso che la transizione puòessere più facile per stati morbosiche il medico dell’adulto conosce etratta da molto tempo (per esempioil diabete mellito), mentre può esse-re più difficile per malattie fino apochi anni fa curate sostanzialmentesoltanto dal pediatra (per esempio lemalattie metaboliche), che possonocomportare la creazione di strutturead hoc per gli adulti, non sempre fa-cilmente raggiungibili e disponibili(12).È poi indubbio che la medicina del-l’adulto è praticata in un ambientedove ci si attende che il paziente siacompletamente autonomo, diversa-mente dal modello pediatrico di as-sistenza, incentrato su una gestionedella malattia più di tipo ‘familiare’.Nella tabella 1 sono riassunte alcunedelle più importanti differenze tra

servizi pediatrici e quelli dedicati al-l’adulto (13).Perplessità possono infine veniredalla famiglia che non si sente piùun interlocutore importante, per ilmedico, anche se spesso continua arappresentare per il giovane malatoun sostegno indispensabile (14).D’altro canto non è trascurabile ilsentimento di esclusione riferito daigenitori all’atto di questo passaggio,in cui si riduce la necessità del lorocoinvolgimento, fino a quel momen-to vitale, e subentra la presa di co-scienza di un allontanamento (5).Recenti studi hanno cercato inoltre diindividuare le difficoltà e le mancanzenella gestione di questo passaggiospecialistico dal pediatra al medicodell’adulto, che è spesso decretato piùdal raggiungimento di una età crono-logica che da effettivi indicatori dimaturità o indipendenza.Tra le carenze segnalate emerge lamancanza di comunicazione tra pe-diatri ed internisti/specialisti dell’a-dulto, unitamente alle rispettive dif-ferenze nella gestione e nel tratta-mento della patologia cronica. Que-sto sottintende essenzialmente l’as-senza di linee guida condivise da en-trambe le figure professionali coin-volte (8).Dal nostro studio la problematicadella comunicazione è poi emersaparticolarmente in termini di “ritor-no di informazioni” sul paziente:

Tabella 1 - Differenze tra unità pediatriche e dell’adulto

Pediatriche AdultoConsultazione familiare Consultazione individualeTeam multidisciplinare e Supporto di team limitatosupporto psicosociale Meno pazienti Grande numero di pazientiSpecifiche competenze Scarsa esperienza in malattie rareper malattie rareListe di attesa più corte Liste di attesa più lungheSostegno da coetanei Assenza di ambulatori per “giovani”Assenza di ticket Ticket sanitari

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nella maggioranza dei casi viene in-viata allo specialista dell’adulto unasintesi clinica sul malato da parte delpediatra, spesso seguita da una tele-fonata, mentre nel 30% dei casi nonviene inversamente fornita al pedia-tra una relazione sul successivo an-damento del paziente presso i servi-zi dell’adulto (8). Viene dunque amancare un adeguato meccanismodi feed-back, che potrebbe fornireinteressanti elementi anche di tipoformativo al pediatra di base.Prendendo in considerazione questied altri fattori che possono renderedifficile la gestione di questa fase,sono comparsi in letteratura pedia-trica differenti programmi di trans-izione, senza però che emergesse unmodello unico e privilegiato (5).In particolare è stata sottolineatal’importanza di sviluppare modellichiari di comunicazione, di avere deipunti di riferimento sicuri (procedu-re standardizzate, ma flessibili) e distrutturare luoghi sanitari che facili-tino tale passaggio.Alcune raccomandazioni generali de-vono comunque essere tenute presen-ti nel tentativo di organizzare unapropria modalità di trasferimento :1) Tempo del trasferimento: non esi-

ste una data fissa, anche se molticonsiderano i 18 anni oppure l’etàin cui viene lasciata la scuola comeetà a cui fare riferimento in modoflessibile. Viene comunque ricor-dato da vari Autori che tale tempoè in funzione della maturità rag-giunta dall’adolescente, che deveacquisire consapevolezza dellapropria malattia, autonomia neltrattamento della stessa , nonchéresponsabilità per il proprio statodi salute (5-10).

2) Periodo di preparazione e pro-gramma di educazione: è necessa-rio iniziare molto precocemente,preferibilmente nella prima partedell’adolescenza, un programma

educazionale specifico che tenda a“far comprendere la natura dellamalattia, il razionale del tratta-mento, la causa dei sintomi e a farriconoscere un eventuale peggio-ramento e le misure per contra-starlo oltre che le modalità perchiedere l’aiuto del personale sa-nitario e per orientarsi nel sistemasanitario” (5). In questo contesto ipazienti devono essere in grado digestire la propria terapia e di svi-luppare una propria tempistica ditransizione.

3) Processo coordinato di trasferi-mento: con la struttura degliadulti destinata a seguire il singo-lo paziente va coordinata un’azio-ne congiunta (ambulatorio ditransizione per esempio) che per-metta una reciproca conoscenza eun passaggio coordinato di conse-gne tra le equipes mediche. Neisistemi sanitari anglosassoni unruolo importante in questo sensoviene svolto dal personale infer-mieristico. E’ stato dimostratoinoltre che sia l’incontro tra il pa-ziente ed il futuro specialista pri-ma della transizione clinica, che lapresenza del pediatra durante laprima visita, presso la medicinadell’adulto, sembrano essere dinotevole efficacia nel successo deltrasferimento. Indubbiamente lavicinanza spaziale dei due servizi,in particolare all’interno dellostesso complesso ospedaliero,agevola la compliance al cambia-mento (15).Essenziale è il reperimento di unastruttura che non solo garantiscal’esperienza specifica necessaria,ma che sia anche in grado di darealla famiglia tutti i supporti ammi-nistrativi e sociali di cui necessita.

4) Coinvolgimento del pediatra difamiglia e/o del medico di base: inmolte esperienze è stata segnalatala frequente assenza del pediatra

di base che dovrebbe essere alcontrario intensamente coinvoltonell’intero processo. Il principaledeficit in questo caso è rappresen-tato dalla ridotta comunicazionetra i medici specialisti delle strut-ture ospedaliere ed i pediatri difamiglia.

Il tipo di informazione ritardata oframmentaria, che spesso è riportataal medico di base può indubbiamen-te determinare influenze negativeche tendono a ripercuotersi sul pa-ziente, sulla continuità assistenziale,nonché sul personale rapporto di fi-ducia medico/paziente (16).La comunicazione tra i due ambitidescritti dovrebbe realizzarsi in ma-niera ottimale a seguito di qualsiasitipo di intervento assistenziale, dalricovero del paziente presso la strut-tura ospedaliera per un evento acuto,al follow-up ambulatoriale per pato-logia cronica.La relazione clinica scritta rappre-senta il più comune metodo per do-cumentare accertamenti diagnosticie procedure terapeutiche, realizzatidallo specialista, fornendo al medicodi famiglia gli elementi necessari al-la gestione del paziente anche al difuori dell’ambito ospedaliero.Questo tipo di relazione dovrà quin-di essere caratterizzata da requisitiessenziali, che ne garantiscano lafruibilità da parte del medico e/o delpediatra di base.Un recente studio di review statuni-tense della American Medical Asso-ciation ha analizzato le principaliproblematiche legate alla comunica-zione tra medici ospedalieri e medi-ci di base, arrivando a stilare alcunisuggerimenti per il miglioramentonella stesura di tale relazione clinica,che dovrà essere inviata al medico difamiglia (via e-mail, via fax o al mas-simo per via postale) il giorno stessodella visita specialistica e/o della di-missione dalla struttura ospedaliera,

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in quanto uno dei principali deficitrilevati dallo studio in questione ri-guardava proprio il ritardo nell’ac-quisizione delle informazioni relati-ve al paziente (17). Secondo questostudio, le relazioni cliniche dovreb-bero includere le informazioni sche-matizzate nella tabella 2.Dal punto di vista organizzativo,inoltre, il miglioramento della co-municazione potrebbe realizzarsianche attraverso la possibilità dicreare un archivio tecnologico di fa-cile consultazione, che contenga tut-te le relazioni cliniche riguardanti ilpaziente, in modo da garantire l’ac-cesso ad una storia clinica il piùpossibile completa ed aggiornata.Il paziente dovrebbe infine conser-vare una copia di tale relazione eportarla con sé in occasione dei suc-cessivi controlli (17).In generale, i numerosi autori che sisono occupati dell’argomento dellacomunicazione tra l’ambito ospeda-liero specialistico e quello della me-dicina di base, hanno stressato ilconcetto della necessità di astrarsidalle tradizionali pratiche di trasfe-rimento di informazioni, che si ba-savano su un idea univoca di comu-

nicazione, per arrivare ad un trasfe-rimento più appropriato e di tipo bi-nunivoco (18).Partendo dunque da queste conside-razioni di carattere generale, può es-sere utile riassumere alcune espe-rienze di “transizione specialistica”,ovvero riguardanti pazienti affetti dapatologie croniche:A) Un recente studio retrospettivocondotto nella nostra Clinica, ripor-ta il successo di una procedura ditransizione di adolescenti affetti daDiabete Mellito di tipo I.Tale sistema si caratterizza per lagraduale preparazione del paziente edei genitori all’imminente cambia-mento, attraverso precedenti contat-ti con lo specialista dell’adulto all’in-terno della medesima struttura ospe-daliera. Tale procedura viene dunqueanticipata alla famiglia, allo scopo dilasciare tempo sufficiente per fami-liarizzare con l’idea di presa in cari-co da parte di personale e contestidifferenti rispetto agli abituali.Nei due terzi dei pazienti sono risul-tati necessari almeno due-quattrocolloqui in preparazione della trans-izione, mentre in altri casi l’iter si èrivelato più lungo, con un tempo

massimo di accettazione del passag-gio pari a circa due anni (15).Anche in accordo con altri recentistudi realizzati in Europa, la mag-giore difficoltà di accettazione po-trebbe derivare da un inadeguatocontrollo metabolico, unitamente aduna ridotta capacità di autogestionee consapevolezza di malattia (16).L’abbandono del contesto clinicopediatrico prevede indubbiamenteuna maggiore responsabilizzazionedel paziente, a fronte di una nuovatipologia di follow-up; il coinvolgi-mento parentale manterrà una cen-tralità nella fase del passaggio e neicasi di ridotta compliance.Quest’ultimo aspetto ha confermatola possibile differente percezione dipazienti e medici rispetto all’età pre-vista per una transizione adeguata disoggetti affetti da diabete: preceden-ti studi affermavano che i mediciconsiderano appropriato un passag-gio nel corso della prima adolescen-za, mentre la maggioranza dei pa-zienti percepisce come ideale un’etàintorno ai 20 anni. Questo trend èstato dunque confermato dallo stu-dio in questione, nonché dalle lineeguida stilate dalla Società Italiana diDiabetologia (19).B) Per quanto riguarda adolescentiaffetti da nefropatia cronica, essi de-vono necessariamente relazionarsicon farmaci e complesse procedureterapeutiche per preservare il lorostato di salute con un esiguo margi-ne d’errore. Sottrarsi ad un tratta-mento può significare danno irrever-sibile o addirittura decesso.Cause importanti di danno renale inetà pediatrica includono malforma-zioni urologiche congenite, richie-denti in certi casi una complessa chi-rurgia ricostruttiva e disordini/dis-turbi ereditari, come rene policistico,patologie queste che necessitano dicure interdisciplinari continue costi-tuite da figure quali nefrologi, urolo-

10 pediatria preventiva & sociale

Tabella 2 - Informazioni essenziali da includere nella relazione clinica

- Diagnosi primaria e secondaria- Storia clinica e reperti obiettivi rilevati- (in caso di ricovero) Periodo di ricovero, terapie somministrate e breve

diario clinico- Risultati di procedure diagnostiche e test di laboratorio- Raccomandazioni inerenti ulteriori consulenze specialistiche necessarie- Informazioni fornite al paziente e/o alla sua famiglia riguardanti lo stato

di malattia- Aggiornamento sulle presenti condizioni cliniche del paziente- Piano terapeutico aggiornato, con eventuali motivazioni in caso di varia-

zioni ed indicazioni relative alla prescrizione di nuovi farmaci- Informazioni dettagliate inerenti a tempi e modalità di follow-up e test

diagnostici da effettuare in tale regime- Eventuali servizi socio-assistenziali attivati - Nome e recapito del medico ospedaliero responsabile

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gi, ginecologi, internisti, neurologi,gastroenterologi ed altri specialisti.L’impatto su un adolescente diun’Unità di Dialisi dell’adulto, o diuna clinica di trapianti, in cui lamaggioranza dei pazienti è rappre-sentata da soggetti più anziani emalati, potrebbe produrre reazionidi paura e rifiuto.Gli adolescenti vengono a ritrovarsiin un contesto nel quale può essereminore la tolleranza nei confronti diuna loro eventuale immaturità. Que-sti giovani pazienti giungono instrutture in cui sono attese autono-mia, puntualità ed affidabilità; le visi-te sono di breve durata e la sopporta-zione del dolore è data per scontata.Un recente studio svolto in NordAmerica ed Europa sulle modalità ditransizione in Unità di Dialisi ha di-mostrato un’impressionante man-canza di preparazione. Al tempo deltrasferimento molti adolescenti nonsi sono mostrati capaci di indipen-denza per quanto concerneva sem-plici mansioni, volte ad ottenerecompliance terapeutica (20).C) Per quanto riguarda la gestionedella transizione per le principali pa-tologie di interesse reumatologico,recentemente è stato descritto il mo-dello di Vancouver.È stata costituita una clinica specia-listica per giovani adulti, dedicata apazienti maggiori di 18 anni per fa-cilitare il processo di transizione egarantire l’appropriata continuitànell’assistenza.Questo rappresenta un esempio assi-stenziale interdisciplinare, costituitoda un team di infermieri specializza-ti, fisioterapisti, assistenti sociali egiovani medici specialisti, nel qualel’ambiente stesso garantisce un sup-porto mirato in questa fase destinataa concludersi intorno ai 22-24 anni.I genitori dei pazienti sono invitati aseguire unicamente la prima visitapresso il Centro e solo qualora i figli

siano d’accordo.In questo caso specifico, il cambia-mento del luogo fisico di assistenzarappresenta un vantaggio nell’incorag-giare l’autonomia del paziente (21).D) Per quanto riguarda le cardiopa-tie congenite uno studio canadesedel 2004 ha sostenuto che il passag-gio allo specialista dell’adulto di pa-zienti a rischio debba avvenire primadei venti anni, previa acquisita con-sapevolezza dell’importanza dellaprofilassi antibiotica.Il passaggio si è dimostrato positivonei casi in cui all’ interno della clini-ca cardiologica dell’adulto vi era unastretta collaborazione con i cardio-chirurghi pediatrici (22).E) Lo studio svolto nel 2002 presso lanostra Clinica, in merito al processodi transizione nel caso di endocrino-patie croniche, ha rilevato come etàmedia di trasferimento i 18 anni.Nel 47% dei casi la ragione del trasfe-rimento era rappresentata da un per-sonale convincimento dello specialistapediatra, nel 37% per ragioni di tipoamministrativo e nel 16% per volontàpropria del paziente. Nella maggio-ranza dei casi è stata inviata allo spe-cialista dell’adulto una relazione clini-ca del paziente da parte del pediatra,seguita da una telefonata, ma nel 30%non si ha avuto evidenza di un “reportback” da parte dell’endocrinologo del-l’adulto. La metà dei Centri coinvoltisi è dichiarata soddisfatta, pur segna-lando come deficit del sistema lamancanza di comunicazione, l’assenzadi comuni linee guida e le differenzenella gestione del paziente (8).F) Dalla valutazione di recenti arti-coli in merito alla gestione degliadolescenti disabili è stato possibileevidenziare il quadro attuale dei ser-vizi per giovani con handicap fisici ementali e sono emersi sia fattori disupporto che di ostacolo al processodi transizione (23).Le barriere architettoniche limitano

indubbiamente il completo inseri-mento nella vita sociale e le struttu-re ed i supporti ambientali spessorappresentano un vero e proprio“ponte” necessario tra giovane dis-abile e mondo dell’adulto. Risultainoltre di fondamentale importanzala necessità di sviluppare abilità mo-torie e psicosociali con approcci in-dividualizzati, nel contesto di talistrutture adeguate (24).È stato recentemente presentato unprogetto pilota canadese per facilitarela transizione di ragazzi disabili attra-verso la costituzione di una CCB(Community Capacity Building).L’obiettivo è fornire a questi adole-scenti la consapevolezza delle loroforze e capacità in un contesto protet-to e attento alle loro esigenze (25).L’attenzione è rivolta in particolare adeducazione sessuale, preparazione allapaternità/maternità con particolare ri-ferimento a condizioni che possano ri-chiedere consulenza genetica, nonchéall’acquisizione di capacità professio-nali (terapia occupazionale) (26).Tale processo di inserimento nel con-testo sociale rappresenta la base perl’accettazione del proprio stato croni-co di malattia, e del conseguente fol-low-up a lungo termine, consentendouna transizione maggiormente consa-pevole e rispondente ai bisogni.In generale, qualsiasi sia il processodi transizione da realizzare, resta in-dubbio che l’obiettivo finale siaquello di far acquisire all’adolescentele competenze necessarie alla com-prensione della sua condizione digiovane adulto e di malato cronico.A questo proposito l’American Aca-demy of Pediatrics, e nello specifico laCommission for Children with Spe-cial Health Care Needs, ha propostoun elenco di conoscenze che l’adole-scente dovrebbe acquisire in fase ditransizione (27). Tali raccomandazio-ni sono riassunte nella tabella 3.In conclusione, appare oggi indispen-

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sabile che i vari “attori” che possonosvolgere un ruolo nella fase dellatransizione (personale sanitario e am-ministrativo, società scientifiche, re-sponsabili di strutture sanitarie, asso-ciazioni di genitori ecc) elaborino nel-le varie realtà, in cui i pazienti si tro-vano a vivere dei percorsi, che da unlato facilitino il passaggio dall’orga-nizzazione pediatrica a quella dell’a-dulto e che dall’altro garantiscano ilcompleto soddisfacimento di quelconcetto di “care” globale, che vieneoggi considerato indispensabile perun’assistenza di elevata qualità.

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12 pediatria preventiva & sociale

Tabella 3 - Conoscenze che l’adolescente deve acquisire in fase di transizione

1. Saper comprendere il funzionamento degli organi/apparati interessatidalla malattia ed essere in grado di spiegarla ad altri;

2. Essere capaci di riconoscere un eventuale peggioramento delle condizio-ni cliniche e il subentrare di complicanze (ulcere da decubito, infezionidelle vie urinarie, stipsi, contratture muscolari, etc.), essendo in grado diprevederle e prevenirle;

3. Conoscere il funzionamento di eventuali apparecchiature ed essere ingrado di risolvere problemi relativi di piccola entità;

4. Conoscere i nomi dei farmaci, i loro effetti e le reazioni avverse, acqui-sendo piena autonomia nell’assunzione;

5. Sapersi occupare della propria igiene personale;6. Riconoscere figure di riferimento e supporto alle quali rivolgersi in caso

di problemi;7. Essere consapevoli di come la propria condizione possa eventualmente

influire sulla sessualità; essere informati su contraccezione, prevenzionedelle malattie sessualmente trasmesse e tematiche riproduttive (cicli me-struali, gravidanza, malattie genetiche);

8. Essere a conoscenza dei rischi connessi all’abuso di tabacco/droghe/al-cool/cibo e delle loro possibili interazioni con i farmaci assunti; saper leg-gere i foglietti illustrativi;

9. Praticare regolarmente attività fisica

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La pHmetria esofagea è storicamen-te considerata l’indagine “gold stan-dard” nella diagnosi della malattia dareflusso gastroesofageo (MRGE).Attraverso la registrazione prolun-gata della concentrazione idrogenio-nica endoluminale, la metodica con-sente di quantificare l’esposizione alcontenuto gastrico della mucosaesofagea, condizione questa implica-ta nella patogenesi della malattia. Lascarsa correlazione tra l’esposizioneall’acido dell’esofago e la sintomato-logia lamentata da alcuni pazienti,l’alta prevalenza di MRGE non ero-siva e la persistenza di sintomi incorso di trattamento con antisecre-tori in una porzione non trascurabi-le di soggetti hanno, più di recente,portato ad ipotizzare che il refluirein esofago di materiale a scarso onullo contenuto acido o di gas pos-sano svolgere un ruolo aggiuntivonella genesi della patologia. All’im-possibilità della pHmetria di rilevarereflussi non acidi o gassosi si aggiun-gono, peraltro, altri limiti quali lamancata definizione dell’estensioneprossimale del materiale refluito e ladifferenziazione tra reflussi e deglu-tizioni acide. Considerando tali li-mitazioni, l’impedenziometria intra-luminale multicanale (IIM), nata al-la fine degli anni ’80, si sta impo-nendo come indagine altamentesensibile nello studio del RGE.

Principi metodologici

La metodica consente di rilevare ilpassaggio di un bolo in un organo ca-vo sfruttando il concetto di impeden-za elettrica, ossia di resistenza che sioppone al flusso di una corrente alter-nata tra due elettrodi adiacenti quan-do del materiale è presente tra questi.La misurazione nel lume esofageoviene effettuata mediante un cateterein polivinile sottile e flessibile, intro-dotto per via trans-nasale che, nellavariante pediatrica, presenta lungo ilsuo decorso 7 elettrodi metallici cilin-drici che delimitano 6 segmenti dimisurazione (canali di impedenza)(Fig. 1). Quando tra i due elettrodi,separati dal mezzo isolante (catetere),viene applicata una corrente alternata,il circuito che si crea tra questi è chiu-so dal numero limitato di ioni presen-ti nella mucosa esofagea e nella por-zione di lume circostante e la resisten-za al passaggio della corrente si man-tiene relativamente alta e stabile (fase1, Fig. 2). L’ingresso di un bolo nelsegmento di misurazione, general-mente preceduto da aria (fase 2),comporta un incremento del conte-nuto di ioni endoluminale e, quindi,della conducibiltà elettrica, cui si asso-cia una brusca caduta dell’impedenza(fase 3), che persiste bassa per tutto iltempo di permanenza del bolo (fase4), per poi risalire in concomitanza

con la fuoriuscita del materiale e la si-multanea contrazione muscolare (fase5). Successivamente, la parete si rila-scia e l’impedenza ritorna al valoreiniziale (fase 6). Il pattern di conduci-bilità elettrica dei diversi mezzi ciconsente di definire la composizionefisica del bolo (liquido, gassoso o mi-sto) mentre l’utilizzo di più canali im-pedenziometrici collocati sequenzial-mente sul singolo catetere consentiràsia di distinguere tra movimenti ante-rogradi (deglutizioni) e retrogradi (re-flussi) che di definire l’altezza rag-giunta dal materiale refluito. Poiché

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Una nuova frontiera nella diagnosi del reflussogastroesofageo del bambino: l’ImpedenziometriaIntraluminale MulticanaleA.M. Magistà, D. Intini, F. Nicastro, C. De Ruvo, C. Fontana, G. De Caro, C. Cucco, N. Bucci,R. FrancavillaDipartimento di Biomedicina dell’Età Evolutiva, Clinica Pediatrica “B. Trambusti” – Policlinico, Bari – Italy

Fig. 1 - Schematizzione di un catete-re impedenziometrico caratterizzatoda sette contatti metallici di impeden-za che delimitano sei canali di impe-denza

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14 pediatria preventiva & sociale

l’IIM non fornisce informazioni sullaconcentrazione idrogenionica del re-flusso, i cateteri d’impedenza attual-mente in uso sono provvisti di unelettrodo in antimonio per la rileva-zione del pH che, nella variante pe-diatrica, è posizionato a livello del ca-nale impedenziometrico distale. Sullabase delle informazioni combinate, unreflusso rilevato all’impedenziometriapotrà pertanto definirsi acido (pH<4),debolmente acido (pH compreso tra 4e 7) e debolmente alcalino (pH>7)(1). I dati rilevati nel corso della regi-strazione vengono analizzati da unsoftware, ma è comunque opportunocompletare l’elaborazione con unaanalisi manuale.

Il reflusso non acido: la dimensionedel problema

La prevalenza dei reflussi non acidiin soggetti sani ed in pazienti affettida MRGE è tuttora in fase di valu-tazione (2). È intuibile come questi

prevalgano in fase post-prandiale,dato l’effetto tampone degli alimen-ti sull’acidità gastrica ed in corso ditrattamento con farmaci antisecreto-ri. Per l’età pediatrica il problema as-sume una dimensione più ampia, da-to il tipo e la modalità di alimenta-zione, essendo il latte un tamponedell’acidità gastrica.I dati di normalità, oltre che nell’a-dulto (3), sono stati recentemente re-si disponibili in una popolazione sanadi 21 pretermine in assenza di sinto-mi suggestivi di MRGE; i risultatimostrano come i reflussi debolmenteacidi giustifichino il 73% degli episo-di totali (con una mediana di reflussidebolmente alcalini dello 0%) e sinoal 94% dei reflussi rilevati durante ilpasto latteo (4). E’ verosimile che talidati sovrastimino la reale dimensionenel problema nella popolazione pe-diatrica complessiva, dati il tipo e lamodalità di alimentazione dei sog-getti in epoca neonatale rispetto alleetà successive; secondo quanto con-fermato da diverse evidenze, il tempo

intercorso dal pasto precedente rap-presenterebbe infatti uno dei princi-pali fattori predittivi della natura nonacida del reflusso (5). Non sono at-tualmente disponibili i valori di nor-malità nella popolazione pediatrica.Pur riconoscendo i limiti del con-fronto riportiamo la nostra esperien-za, condotta sulla più vasta popola-zione di soggetti pediatrici [105 pa-zienti; mediana di età 1,5 anni (range0,2 mesi-15,9 anni)] riferiti per unasospetta MRGE; se la mediana deireflussi non mostra significative dif-ferenze in soggetti di età inferiore osuperiore ai 12 mesi (74 e 67 per re-gistrazione rispettivamente), ciò chesignificativamente varia, in funzioneinversa rispetto all’età, è la prevalenzadei reflussi debolmente acidi passan-do dal 57% nel primo anno di vita al38% nelle epoche successive; sovrap-ponibile è invece nei due gruppi laprevalenza dei reflussi debolmente al-calini (1%). Riguardo al ruolo svoltodal pasto, per quanto i reflussi preval-gano in fase post-prandiale indipen-dentemente dall’età, giustificando inentrambi i gruppi circa i due terzi delnumero totale di reflussi, in questa fa-se vi è una prevalenza significativa-mente superiore dei non acidi nelgruppo dei lattanti rispetto alle epo-che successive, a conferma dell’effettotampone svolto dal pasto latteo.Ma se la popolazione pediatrica costi-tuisce un campo di applicazione pro-mettente dell’IIM, prevalentementenelle prime epoche di vita, altrettantolo è quella di soggetti con MRGEnon responsivi al trattamento con an-tisecretori e sottoposti a rivalutazionestrumentale in corso di terapia. Dauno studio multicentrico condotto sudi una ampia popolazione di soggettiadulti con sintomatologia persistentein corso di trattamento con inibitoridi pompa protonica, emerge un au-mento drammatico della quota di re-flussi non acidi rispetto a quanto ri-

Fig. 2 - Comportamento dell’onda d’impedenza al passaggio di un bolo in un ca-nale d’impedenza

vvuI risultati mostrano come i reflussi debolmenteacidi giustifichino il 73% degli episodi totali e sinoal 94% dei reflussi rilevati durante il pasto latteo

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portato nella popolazione sana e chearriva a giustificare l’80% dei reflussitotali (6). Un’analoga valutazione,fatta su di un gruppo ristretto di pa-zienti pediatrici “on-therapy”, docu-menta una prevalenza dei reflussi nonacidi significativamente superiore ri-spetto a quanto riscontrato in ungruppo “off-therapy” omogeneoquanto ad età (66% vs. 43%) (7).

Il reflusso non acido nella genesidella MRGE

Il refluire in esofago di materiale conpH compreso tra 4 e 7 è ipotizzabileche non possa intervenire nella gene-si di un danno mucosale di tipo ero-sivo, data la mancata attivazione en-zimatica della pepsina; è comunqueplausibile che questo tipo di reflussi,insieme ai gassosi, possano giustifica-re una sintomatologia clinica, come sievince dalla percentuale non trascu-rabile di soggetti in trattamento conantisecretori con persistenza di sinto-mi in assenza di alcun danno muco-sale. Nel su citato studio multicentri-co, rispetto al totale dei soggetti adul-ti con sintomatologia persistente “on-therapy” ed associazione sintomato-logica positiva [Sintom Index (SI)>50%], nel 78% dei casi questa ri-guardava reflussi non acidi che, per-tanto, sarebbero sfuggiti alla pHme-tria tradizionale; l’associazione erapiù frequente per i sintomi tipici qua-li la pirosi ed il rigurgito e per il do-lore toracico (6). Simili considerazio-ni possono essere estese all’età pedia-trica, come confermano i risultati diuno studio condotto su di una popo-lazione di soggetti con sintomi atipi-ci (tosse cronica, desaturazioni, asmaintrattabile, infezioni respiratorie re-cidivanti) non responsivi a terapiacon antisecretori. In corso di tratta-mento, il ruolo svolto dal refluire dimateriale non acido in esofago sem-

bra confermato dall’incremento stati-sticamente significativo del numerodi pazienti con un SI>50% all’indagi-ne combinata pH-IIM rispetto allasola pHmetria; la natura non acidadel reflusso si è inoltre rivelata essereil fattore maggiormente suggestivodell’associazione (8).

Quali le informazioni aggiuntiveofferte dalla IIM nello studio deipazienti con sospetta MRGE?

Non disponendo di valori normali inetà pediatrica, l’informazione che lanuova metodica offre in merito ai re-flussi non acidi è prevalentemente le-gata allo studio di una correlazionesintomatologica. I dati a riguardo so-no contrastanti, soprattutto in funzio-ne della popolazione studiata (on- ooff-therapy) e dei sintomi indagati. Inmerito alla sintomatologia respirato-ria, una elegante applicazione dellapH-IIM nello studio di pazienti adul-ti con tosse cronica si ritrova in Sifrim(9). Nella popolazione in esame, l’au-tore ha individuato un gruppo di sog-getti (25% circa) in cui il sintomo erachiaramente correlato ad un reflussodebolmente acidi. Non sono risultatipredittivi di una associazione né ilpattern clinico del sintomo (frequen-za, prevalenza della tosse nel corsodelle ore notturne piuttosto che diur-ne) né la presenza di sintomi tipicidella malattia; ne deriva, pertanto, loscarso ruolo svolto dalla clinica nellaselezione dei pazienti con sintomato-logia respiratoria da sottoporre ad ap-profondimenti diagnostici nel sospet-to di una MRGE. In età pediatrica,come riportato, Rosen descrive ungruppo di 28 soggetti pediatrici consintomi respiratori con un RGE pato-logico documentato ad una preceden-te pHmetria ma con persistenza deisintomi in corso di trattamento (8).L’IIM mostrava un incremento stati-

sticamente significativo del numero dipazienti con SI positivo rispetto allasola indagine pHmetrica; la naturanon acida del reflusso, inoltre, si è ri-velata essere il fattore maggiormentesuggestivo dell’associazione, seguitodalla minore età dei pazienti, dallacomposizione liquida del materiale re-fluito e dalla estensione prossimaledello stesso. Per quanto in corso di te-rapia con antisecretori potrebbe esser-vi una “selezione” a favore dei reflussinon acidi, il loro ruolo nella genesi deisintomi in soggetti off-therapy è ri-portato tanto nell’adulto (6) quanto inetà pediatrica. In un gruppo di 34 lat-tanti, Condino documenta un guada-gno significativo offerto dall’indaginecombinata rispetto alla pHmetria tra-dizionale in merito al SI, per quantoquesto sia notevolmente variabile inrelazione ai sintomi studiati (dal 96%delle eruttazioni al 33% della tosse)(10). La stessa autrice, in un lavorosuccessivo condotto su 24 soggetti pe-diatrici con asma intrattabile, ugual-mente documenta una bassa correla-zione sintomatologica tra gli episodidi reflusso e la tosse (17% dei casi);nessuno dei fattori impedenziometricidescrittivi del reflusso (composizionechimica o fisica, altezza raggiunta dalmateriale refluito) è inoltre risultatopredittivo dell’associazione (5). Un li-mite di entrambi gli studi è comunquerappresentato dal fatto che i soggetti,per quanto “off-therapy”, erano statiriferiti al Centro dopo aver fallito unaterapia con antisecretori il che potreb-be apportare una selezione a favoredell’associazione tra sintomi e reflussinon acidi o escludere l’esistenza di unaMRGE. La nostra esperienza, con-dotta su di una popolazione di 105soggetti naive quanto a terapia, mo-stra un guadagno rilevante offerto dal-la nuova metodica in merito ad unacorrelazione sintomatologia positiva,sia nello studio dei sintomi tipici (vo-mito, rigurgito, pirosi) che, prevalen-

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temente, degli atipici (tosse) e riguar-da tutte le fasce di età. Il guadagnodella pH-IIM rispetto alla solapHmetria si esprime sia in termini dimediana del SI (95% vs. 36% per i sin-tomi tipici e 67% vs. 17% per gli atipi-ci) che del numero di pazienti con in-dice positivo (81% vs. 45% per i sinto-mi tipici e 69% vs. 19% per gli atipici).Oltre che nell’identificazione dei re-flussi non acidi, la nuova metodica of-fre inoltre importanti informazioni inmerito all’estensione prossimale delreflusso, alla composizione fisica delbolo ed alla clearance esofagea espres-sa dal bolus clearance time (BCT).Riguardo all’altezza raggiunta dalmateriale refluito, questa sembrerebbepiù frequentemente riguardare i cana-li prossimali, passando dal 90% del to-tale dei reflussi nei nati pretermine”sani” di Lopez-Alonso (4), al 79%dei lattanti ed al 69% dei bambini del-la nostra esperienza. Una spiegazionedi questo potrebbe essere data dallamaggiore brevità delle vie aeree neisoggetti di età minore, ma forse ancheda un maggior grado di distensionedello stomaco nei neonati e nei lattan-ti; questo fattore pare infatti influen-zare l’altezza raggiunta dal reflusso,come dimostrato da una maggioreestensione prossimale del materialerefluito in fase post-prandiale (11).Studi condotti sull’adulto avrebbero,inoltre, documentato una diversa dis-tribuzione in altezza in funzione dellacomposizione chimica, con una mi-nore estensione prossimale dei reflus-si debolmente acidi rispetto agli acidi

(3). Riguardo alla composizione fisi-ca del bolo, sembra esservi una preva-lenza dei reflussi liquidi sia in sogget-ti adulti (3) che in età pediatrica (8)indipendentemente dall’età (51% deilattanti e 49% delle epoche successivenella nostra esperienza). In merito alBCT, esprimendo questo il tempo direale permanenza fisica del bolo inesofago, è risultato maggiormentepredittivo della clearance esofagea ri-spetto all’acid clearance time (ACT)della pHmetria, che esprime invece lacapacità dell’organo di ripulirsi dalmateriale acido; dai dati di normalidell’adulto è emerso un rapportoACT/BCT del 2,1 circa (3). La clea-rance esofagea è inoltre significativa-mente più rapida per i reflussi debol-mente acidi rispetto a quelli con pHinferiore a 4, tanto nei soggetti adultisani che, in misura maggiore, in quel-li con MRGE (3,12).Oltre che alla capacità di rilevare re-flussi non acidi, il vantaggio diagno-stico dell’IIM si estende alla capacitàdi rilevare reflussi acidi di breve dura-ta (<5 sec) o rapidamente successivi(latenza tra i reflussi <10 sec) non ri-levabili dalla pHmetria tradizionale eche complessivamente, nella nostraesperienza giustificano il 20% circadegli episodi acidi totali. Resta inveceda definire il significato degli episodirilevati dalla sola pHmetria; per quan-to alcuni tra questi siano interpretabi-li come deglutizioni acide e pertantocome falsi positivi (40% dei reflussi ri-levati dalla pHmetria, nella nostra ca-sistica), è verosimile che per altri pos-

sa trattarsi di reflussi a segmento cor-to e che, pertanto, non soddisfano icriteri IIM di reflusso, ossia di una ca-duta di impedenza che interessi alme-no due canali successivi. Ne derivache, tuttora, non si dispone di un in-dagine gold standard nella diagnosi diRGE; considerando pertanto le infor-mazioni combinate pH-IIM, nellanostra casistica la sensibilità della pH-IIM risulta essere significativamentesuperiore rispetto alla pHmetria tra-dizionale, tanto nella rilevazione com-plessiva dei reflussi, acidi e non, (96%vs 40%) quanto, pur se in misura mi-nore, nella rilevazione dei reflussi apH inferiore a 4 (90% vs 80%).

E nei pazienti con ALTEs o conapnee della prematurità?

Tra i sintomi atipici della MRGE,alcuni autori riportano le ALTEs(apparent life threatening events) ele apnee del pretermine (AOP); l’av-vento della IIM è verosimile chepossa apportare un contributo rile-vante nello studio di queste associa-zioni sintomatologiche, essendo inqueste popolazioni la pHmetria“cieca” per un periodo significativodel tempo di studio.Wenzl ha per primo studiato l’asso-ciazione tra le ALTEs ed i reflussi ri-correndo ad una valutazione combi-nata polisonnografica e pH-impe-denziometrica in una popolazione di22 lattanti; una correlazione tempo-rale sarebbe stata documentata nel30% circa degli eventi sintomatologi-ci e, degli episodi di reflusso associa-ti, l’80% circa era non acido quindinon rilevabile con la pHmetria tradi-zionale (13). Rispetto alla duratacomplessiva dell’esame la frequenzadelle apnee rilevata durante i reflussiera significativamente superiore ri-spetto a quella documentata nel pe-riodo “reflux-free”, concludendo per

16 pediatria preventiva & sociale

vvuIl vantaggio diagnostico dell’IIM si estende allacapacità di rilevare reflussi acidi di breve duratao rapidamente successivi non rilevabili dallapHmetria tradizionale e che complessivamentegiustificano il 20% circa degli episodi acidi totali.

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una associazione tra le due condizio-ni. In una valutazione più recente-mente condotta, Mousa ha inveceproposto un criterio di correlazionetemporale tra RGE e apnee che ten-ga maggiormente conto della “varia-bilità inter-individuale” dell’associa-zione; nella sua esperienza l’autriceavrebbe in effetti documentato unarelazione temporale scarsamente si-gnificativa tra apnee ed episodi di re-flusso (15%), peraltro ugualmenterappresentati in funzione della com-posizione chimica (acidi nel 46% deicasi e non acidi nel restante 54%)(14). Nella nostra esperienza, con-dotta in un gruppo di 11 lattanti conALTEs, non abbiamo ugualmente ri-portato alcuna correlazione significa-tiva tra episodi di reflusso ed eventicardiorespiratori rilevati alla polison-nografia suggestivi di ALTEs (apnee,ipopnee, desaturazioni, arousals, bra-dicardie e respiro periodico) (15).In merito all’associazione tra RGE edAOP, nella nostra esperienza, condot-ta in un gruppo di 6 neonati preter-mine omogeneo quanto a possibilifattori confondenti nella genesi delleAOP, abbiamo invece riportato unaassociazione tra reflussi non acidi edepisodi di apnee (16); l’estensioneprossimale in faringe del materiale re-fluito non si è rilevato essere uno deifattori predittivi dell’associazione, fa-cendo ipotizzare meccanismi patoge-netici diversi dalla microaspirazione.Per quanto i dati riportati in lettera-tura siano a tutt’oggi controversi, so-prattutto in relazione ai criteri di se-lezione adottati, è comunque certoche l’avvento dell’indagine impeden-ziometrica ha apportato e potrà ulte-riormente apportare un contributo ri-levante nello studio di questa associa-zione sintomatologica, in una popo-lazione quale quella dei lattanti in cuil’acidità gastrica è tamponata per unperiodo di tempo significativo.

Conclusioni

L’avvento dell’indagine combinatapH-IIM ha offerto un contributo si-gnificativo nella rilevazione e caratte-rizzazione del RGE proponendosicosì come una metodica altamentesensibile, prevalentemente nelle pri-me epoche di vita in cui la pHmetriaè “cieca” per un periodo di tempo si-gnificativo. Non disponendo di valorinormali in età pediatrica, l’informa-zione che la nuova metodica offre inmerito ai reflussi non acidi è prevalen-temente legata allo studio della corre-lazione sintomatologica. I dati in me-rito sono contrastanti, soprattutto infunzione della popolazione studiata(on- o off-therapy) e dei sintomi in-dagati, ma sono comunque concordinel documentare la superiorità dell’in-dagine. Il potenziale ruolo svolto daireflussi non acidi nella genesi dei sin-tomi dà pertanto un nuovo impulsoalla ricerca di presidi terapeutici alter-nativi agli antisecretori nella gestionedel paziente pediatrico con MRGE.

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Dal Bollettino d’Informazione suiFarmaci (AIFA) ANNO XII N°5-6del 2005:“La popolazione pediatrica è ungruppo vulnerabile che si differenziadagli adulti per caratteristiche fisio-logiche, psicologiche e di sviluppo.Questo rende particolarmente im-portante la ricerca di medicinaliorientati in funzione dell’età e dellosviluppo. Ad oggi, oltre il 50% deimedicinali impiegati per il tratta-mento dei bambini in Europa non èstato studiato, né autorizzato per usopediatrico. La salute e la qualità divita dei bambini possono quindisubire le conseguenze della mancatasperimentazione e autorizzazionedei medicinali per tale uso. Ai picco-li pazienti, molto di frequente, ven-gono somministrati farmaci conce-piti per gli adulti, semplicemente adosi ridotte, senza considerare chel’organismo dei più piccoli li assorbeo li elimina in maniera diversa, o svi-luppa effetti secondari particolari. Ibambini hanno bisogno di composi-zioni farmaceutiche differenti daquelle per gli adulti, non soltanto peruna tolleranza migliore, ma anche aifini di una maggiore efficacia. Pocheindustrie farmaceutiche, tuttavia,producono medicinali specificidestinati ai bambini poiché gli studiclinici sono più difficili e i tempi perla loro messa a punto più lunghi.In questo contesto l’Unione Europea

ha deciso di dotarsi di mezzi efficaciper sostenere lo sviluppo dei medici-nali pediatrici e colmare questa ca-renza nel settore della sanità pubbli-ca. A questo proposito, il ConsiglioEuropeo con la Risoluzione del 14dicembre 2000 ha invitato la Com-missione Europea a presentare pro-poste sottoforma di incentivi, misuredi regolamentazione o altre misure disostegno in tema di ricerca clinica esviluppo, affinché i medicinali nuovi equelli commercializzati destinati allapopolazione pediatrica siano ad essadel tutto adeguati.Tale proposta è direttamente corre-lata ai seguenti atti legislativi comu-nitari che disciplinano:• il quadro regolamentare per i me-

dicinali,• l’istituzione dell’Agenzia Europea

per i Medicinali (EMEA),• la regolamentazione ed esecuzione

della sperimentazione clinica nellaComunità,

• la designazione di medicinali orfaniin ambito comunitario e incentivivolti a promuoverne lo sviluppo.

In tal modo si istituisce un quadronormativo specifico ed eventuali ul-teriori disposizioni saranno adottatedalla Commissione sotto forma dilinee-guida, previa consultazionedegli Stati membri, dell’EMEA edegli enti coinvolti.”:Il giorno 26 gennaio 2007 è stataapprovata dalla C.E la Legge

n.1901: Regolamentazione europeasui medicinali per uso pediatrico.I presupposti pricipali di tale Rego-lamento nascono dall’esigenza che,prima di essere immesso in commer-cio in uno o più Stati membri unmedicinale per uso umano deve, ingenere, essere sottoposto a studi ap-profonditi, comprese le prove precli-niche e le sperimentazioni cliniche,al fine di garantire la sicurezza, l’ele-vata qualità e l’efficacia del suo im-piego nella popolazione cui è desti-nato.Molti dei medicinali attualmenteimpiegati nella popolazione pedia-trica non sono stati studiati o auto-rizzati a tal fine. I problemi che ri-sultano dalla mancanza di medicina-li adatti per l’uso pediatrico includo-no rischi più elevati di reazioni av-verse.Il presente regolamento mira adagevolare lo sviluppo e l’accessibilitàdi medicinali per uso pediatrico, agarantire che i medicinali utilizzatinella popolazione pediatrica sianooggetto di una ricerca etica di quali-tà elevata e di un’autorizzazione spe-cifica per l’uso pediatrico, nonché amigliorare le informazioni disponi-bili sull’uso dei medicinali nelle di-verse popolazioni pediatriche.Tale obiettivo deve essere raggiuntocon mezzi che non impediscono lalibera circolazione dei medicinali si-curi all’interno della Comunità. L’i-

Regolamento europeo. Sperimentazione deifarmaci per uso pediatrico

E. NapoleoneResponsabile Nazionale FIMP Ricerca e Sperimentazione Farmacologica, Vice Presidente SIPPS Molise

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stituzione di un sistema di obblighi,premi ed incentivi si è dimostratonecessario per raggiungere taliobiettivi.Qualsiasi preoccupazione per la spe-rimentazione nella popolazione pe-diatrica andrebbe controbilanciatadalle preoccupazioni etiche riguar-danti la somministrazione di medi-cinali a una popolazione su cui nonsono stati adeguatamente sperimen-tati.È opportuno istituire un comitatoscientifico, il comitato pediatrico, al-l’interno dell’Agenzia europea per imedicinali che disponga delle cono-scenze e competenze necessarie nel-l’ambito dello sviluppo e della valu-tazione di tutti gli aspetti dei medi-cinali destinati alle popolazioni pe-diatriche. A tal fine il comitato pe-diatrico dovrebbe essere indipen-dente dall’industria farmaceutica.Detto comitato dovrebbe essere re-sponsabile innanzitutto della valuta-zione scientifica e dell’approvazionedei piani d’indagine pediatrica e delrelativo sistema di deroghe e differi-menti; dovrebbe inoltre costituire unelemento chiave delle diverse misuredi sostegno contenute nel presenteregolamento.Il piano d’indagine pediatrica do-vrebbe includere dettagli sul calen-dario e sulle misure proposte per di-mostrare la qualità, la sicurezza el’efficacia del medicinale per la po-polazione pediatrica. I piani d’inda-gine pediatrica andrebbero presenta-ti, pertanto, nella fase iniziale dellosviluppo del prodotto, in modo daconsentire l’esecuzione di studi nellapopolazione pediatrica prima dellapresentazione delle domande di au-torizzazione all’immissione in com-mercio.Per i nuovi medicinali e per quelliautorizzati protetti da un brevetto oda un certificato protettivo comple-mentare è necessario introdurre l’ob-

bligo di presentare i risultati deglistudi effettuati in campo pediatrico,conformemente ad un piano d’inda-gine pediatrica approvato, oppure laprova di una deroga o un differi-mento ottenuti all’epoca della pre-sentazione di una domanda di auto-rizzazione all’immissione in com-mercio oppure di una domanda ri-guardante una nuova indicazione te-rapeutica, forma farmaceutica o viadi somministrazione.È opportuno prevedere che la ricer-ca per i farmaci ad uso pediatriconon coperti da brevetto o da certifi-cato protettivo complementare siafinanziata all’interno dei programmicomunitari per la ricerca.Al fine di garantire che la ricerca pe-diatrica sia condotta unicamente perrispondere alle esigenze terapeutichedella popolazione pediatrica, è ne-cessario istituire procedure che con-sentano all’Agenzia di derogare allaprescrizione per prodotti specifici oper classi o parti di classi di medici-nali.Garantire che la ricerca sia condottasolo in condizioni di sicurezza, ri-spondenti alle norme etiche, e che laprescrizione relativa ai dati pediatri-ci non sia motivo di ostacoli o ritar-di per l’autorizzazione di medicinalidestinati ad altre popolazioni.Per incentivare gli sponsor che svi-luppano medicinali per uso pediatri-co l’Agenzia dovrebbe mettere a dis-posizione un servizio gratuito diconsulenza scientifica.Le autorità competenti dovrebberoverificare la conformità degli studi alpiano d’indagine pediatrico appro-vato e la concessione di eventuali de-roghe e differimenti. Includere nelleinformazioni relative al prodotto irisultati degli studi in campo pedia-trico, nonché informazioni sullo sta-tus dei piani d’indagine pediatrica,sulle deroghe e sui differimenti. Dis-porre che le etichette dei medicinali,

a cui è stata concessa un’indicazionepediatrica, esibiscano un simboloscelto dalla Commissione su racco-mandazione del comitato pediatrico.Istituire un nuovo tipo di autorizza-zione all’immissione in commercio,ossia l’autorizzazione all’immissionein commercio per uso pediatrico, Ladomanda di autorizzazione all’im-missione in commercio per uso pe-diatrico dovrebbe comprendere i da-ti relativi all’impiego del prodottonella popolazione pediatrica raccolticonformemente al piano d’indaginepediatrica approvato.Il titolare dell’autorizzazione all’im-missione in commercio dovrebbe es-sere obbligato a commercializzare ilprodotto tenendo conto delle infor-mazioni pediatriche entro due annidalla data di approvazione dell’indi-cazione.È opportuno istituire una proceduraopzionale che renda possibile otte-nere un unico parere, valido in tuttala Comunità, per quanto riguarda unmedicinale autorizzato a livello na-zionale, qualora i dati pediatrici rac-colti conformemente ad un pianod’indagine pediatrica approvato fac-ciano parte della domanda di auto-rizzazione all’immissione in com-mercio.È indispensabile garantire che imeccanismi di farmacovigilanza sia-no adattati in modo da soddisfare icriteri specifici per la raccolta deidati sulla sicurezza dell’uso nella po-polazione pediatrica, inclusi i possi-bili effetti a lungo termine. Nell’in-teresse della salute pubblica, è neces-sario assicurare la costante disponi-bilità di medicinali autorizzati perindicazioni pediatriche sicuri ed ef-ficaci, sviluppati a norma del presen-te regolamento.Ai prodotti che rientrano nella pre-scrizione relativa alla presentazionedi dati pediatrici bisognerebbe con-cedere un premio, consistente in una

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proroga di sei mesi del certificatoprotettivo complementare.È opportuno estendere il periodo diesclusiva di mercato per i medicinaliorfani da dieci a dodici anni.Al fine di garantire la trasparenzadei diversi provvedimenti a livellocomunitario e nazionale, la Com-missione dovrebbe compilare unelenco dettagliato di tutti gli incen-tivi disponibili, basandosi sulle in-formazioni fornite dagli Stati mem-bri.Per aumentare la disponibilità di in-formazioni sull’uso pediatrico deimedicinali ed evitare la duplicazionenon necessaria di studi in campo pe-diatrico che non accrescono le cono-scenze collettive, la banca dati euro-pea di cui all’articolo 11 della diret-tiva 2001/20/CE dovrebbe includereun registro europeo della sperimen-tazione clinica dei medicinali ad usopediatrico che comprenda tutti glistudi sui medicinali per uso pediatri-co in corso, interrotti o completati,effettuati nella Comunità e in paesiterzi. Previa consultazione dellaCommissione, degli Stati membri edegli interessati, il comitato pedia-trico dovrebbe istituire e aggiornareregolarmente un inventario delle esi-genze terapeutiche della popolazio-ne pediatrica, Le sperimentazionicliniche nella popolazione pediatricapossono richiedere conoscenze spe-cifiche, una metodologia particolaree, talvolta, strutture specifiche. Do-vrebbero inoltre essere effettuate daricercatori con una formazione ap-propriata. Una rete che colleghi tut-te le iniziative ed i centri di studionazionali e comunitari esistenti, alloscopo di potenziare le necessariecompetenze a livello comunitario, eche tenga conto dei dati della Co-munità e dei paesi terzi contribui-rebbe a facilitare la cooperazione ead evitare la duplicazione non neces-saria degli studi. Tale rete dovrebbe

aiutare l’opera di rafforzamento del-le basi dello Spazio europeo della ri-cerca nel contesto dei programmiquadro delle azioni comunitarie diricerca, di sviluppo tecnologico e didimostrazione, beneficiare la popo-lazione pediatrica e fungere da fontedi informazione e conoscenza perl’industria.Vediamo in dettaglio quelli che sonogli articoli più importanti :

Oggetto e definizioni

Articolo 1Il presente regolamento istituisce lenorme che disciplinano lo sviluppodi medicinali per uso umano al finedi rispondere alle esigenze terapeu-tiche specifiche della popolazionepediatrica, senza sottoporre la popo-lazione pediatrica a sperimentazionicliniche o d’altro tipo non necessariee conformemente alla direttiva2001/20/CE.

Articolo 2Oltre alle definizioni di cui all’arti-colo 1 della direttiva 2001/83/CE, aifini del presente regolamento si ap-plicano le seguenti definizioni:1) «popolazione pediatrica»: la parte

della popolazione dalla nascita aidiciotto anni;

2) «piano d’indagine pediatrica»:programma di ricerca e sviluppoche mira a garantire che siano ge-nerati i dati necessari per deter-minare le condizioni in cui unmedicinale può essere autorizzatoper uso pediatrico;

3) «medicinale autorizzato perun’indicazione pediatrica»: medi-cinale autorizzato per l’impiego inparte o in tutta la popolazione pe-diatrica e per il quale i dettaglidell’indicazione autorizzata sonospecificati nel riassunto delle ca-ratteristiche del prodotto redatto

conformemente all’articolo 11della direttiva 2001/83/CE;

4) «autorizzazione all’immissione incommercio per uso pediatrico»: au-torizzazione all’immissione incommercio concessa ad un medici-nale per uso umano che non è pro-tetto da un certificato protettivocomplementare a norma del rego-lamento (CEE) n. 1768/92 o da unbrevetto che può beneficiare di uncertificato protettivo complemen-tare e che copre esclusivamente leindicazioni terapeutiche importan-ti per l’uso nella popolazione pedia-trica o in sue sottopopolazioni, in-cluse le indicazioni riguardanti ildosaggio appropriato, la forma far-maceutica o la via di somministra-zione del prodotto.

CAPO 2Comitato pediatrico

Articolo 31. Entro il 26 luglio 2007 è istituitoun comitato pediatrico all’internodell’Agenzia europea per i medici-nali istituita dal regolamento (CE)n. 726/2004 (di seguito «l’Agen-zia»). Il comitato pediatrico è consi-derato istituito all’atto della nominadei membri di cui all’articolo 4,paragrafo 1, lettere a) e b).L’Agenzia assicura le funzioni di se-gretariato del comitato pediatrico egli fornisce assistenza tecnica escientifica.2. Salvo disposizioni diverse del pre-sente regolamento, al comitato pe-diatrico si applica il regolamento(CE) n. 726/2004.3. Il direttore esecutivo dell’Agenziacoordina adeguatamente i lavori delcomitato pediatrico e del comitatoper i medicinali per uso umano, delcomitato per i medicinali orfani, deiloro gruppi di lavoro e di qualsiasialtro gruppo consultivo scientifico.

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L’Agenzia istituisce le procedurespecifiche per eventuali consultazio-ni tra di essi.

Articolo 41. Il comitato pediatrico si componedei seguenti membri:….2. I membri del comitato pediatricosono nominati per un periodo di treanni rinnovabile.

Articolo 51. Nell’elaborazione dei pareri il co-mitato pediatrico si adopera al mas-simo per raggiungere un consensoscientifico.

Articolo 61. I compiti del comitato pediatricoincludono:a) la valutazione del contenuto di

qualsiasi piano d’indagine pediatri-ca per un medicinale presentatoconformemente al presente regola-mento e l’espressione di un parere;

b) la valutazione delle deroghe e deidifferimenti e l’espressione di unparere;

c) su richiesta del comitato per i me-dicinali per uso umano, di un’au-torità competente o del richie-dente, la valutazione della confor-mità della domanda di autorizza-zione all’immissione in commer-cio al relativo piano d’indaginepediatrica approvato e l’espressio-ne di un parere;

d) su richiesta del comitato per i me-dicinali per uso umano o di un’au-torità competente, la valutazionedei dati generati conformementead un piano d’indagine pediatricaapprovato e l’espressione di unparere sulla qualità, la sicurezza el’efficacia del medicinale per l’usonella popolazione pediatrica;

e) l’espressione di un parere sul con-tenuto e sul formato dei dati chevanno raccolti per l’indagine dicui all’articolo 42;

f ) il sostegno e la consulenza dell’A-genzia in relazione all’istituzionedella rete europea di cui all’artico-lo 44;

g) l’assistenza scientifica per l’elabo-razione dei documenti relativi allarealizzazione degli obiettivi delpresente regolamento;

h) su richiesta del direttore esecutivodell’Agenzia o della Commissio-ne, l’offerta di consulenza su qual-siasi Questione connessa ai medi-cinali per uso pediatrico;

i) istituzione di un inventario specifi-co delle esigenze di medicinali pe-diatrici e suo aggiornamento rego-lare, come indicato all’articolo 43;

j) consulenza all’Agenzia e allaCommissione in merito alla co-municazione delle modalità concui viene condotta la ricerca nelcampo della medicina pediatrica;

k) fare una raccomandazione allaCommissione sul simbolo di cuiall’articolo 32, paragrafo 2.

2. Nell’esecuzione dei propri compi-ti il comitato pediatrico valuta se glistudi eventualmente proposti possa-no presumibilmente apportare unbeneficio terapeutico significativoalla popolazione pediatrica e/o sod-disfarne un’esigenza terapeutica.

Prescrizioni relative all’autorizza-zione all’immissione in commercioCAPO 1Prescrizioni generaliDeroghe

Articolo 111. Una deroga alla presentazionedelle informazioni di cui all’articolo7, paragrafo 1, lettera a), può essereconcessa per medicinali specifici oclassi di medicinali, se esistono datiche dimostrano una delle situazioniseguenti:a) il medicinale specifico o la classe di

medicinali non offre probabilmen-

te una garanzia di efficacia o di si-curezza per parte o per l’insiemedella popolazione pediatrica;

b) la malattia o l’affezione a cui è de-stinato il medicinale specifico o laclasse di medicinali si verifica so-lo nelle popolazioni adulte;

c) il medicinale specifico non rap-presenta un beneficio terapeuticosignificativo rispetto alle terapieesistenti per i pazienti pediatrici.

Piano d’indagine pediatricaSezione 1Richieste di approvazione

Articolo 151. Per le domande di autorizzazioneall’immissione in commercio pre-sentate conformemente alle disposi-zioni dell’articolo 7, paragrafo 1, let-tere a)o d), dell’articolo 8 o dell’arti-colo 30 è necessario elaborare unpiano d’indagine pediatrica da sot-toporre all’Agenzia con una richiestadi approvazione.2. Il piano d’indagine pediatrica spe-cifica il calendario e le misure pro-poste per accertare la qualità, la sicu-rezza e l’efficacia del medicinale intutte le sottopopolazioni pediatricheinteressate.Esso descrive inoltre qualsiasi misu-ra volta ad adattare la formulazionedel medicinale in modo da rendere ilsuo impiego più accettabile, facile,sicuro o efficace per le diverse sotto-popolazioni pediatriche.

Differimenti

Articolo 201. Contemporaneamente alla pre-sentazione del piano di indagine pe-diatrica a norma dell’articolo 16,paragrafo 1, è possibile presentareuna richiesta di differimento dell’av-vio o del completamento di alcune o

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di tutte le misure previste nel piano.Tale differimento deve essere giusti-ficato da motivi scientifici, tecnicioppure attinenti alla salute pubblica.

Modificazione di un piano d’inda-gine pediatrica

Articolo 22Se il richiedente, successivamenteall’approvazione del piano d’indagi-ne pediatrica, incontra difficoltà diattuazione tali da rendere il pianonon eseguibile o non più appropria-to, questi può proporre modificazio-ni o presentare al comitato pediatri-co una richiesta di differimento oderoga dettagliatamente motivata.

Articolo 24Se nel corso della valutazione scien-tifica di una domanda di autorizza-zione all’immissione in commerciovalida, l’autorità competente conclu-de che gli studi non sono conformial piano d’indagine pediatrica ap-provato, il prodotto non può benefi-ciare dei premi e degli incentivi dicui agli articoli 36, 37 e 38.

Autorizzazione all’immissione incommercio per uso pediatrico

Articolo 301. La presentazione di una domandadi autorizzazione all’immissione incommercio per uso pediatrico nonpreclude in alcun modo il diritto dipresentare una domanda di autoriz-zazione all’immissione in commer-cio per altre indicazioni.2. Una domanda di autorizzazioneall’immissione in commercio per usopediatrico è corredata delle informa-zioni e dei documenti necessari perstabilire la qualità, la sicurezza e l’ef-ficacia per la popolazione pediatrica,compresi i dati specifici necessari a

sostegno del dosaggio, della formafarmaceutica o della via di sommini-strazione appropriati del prodottoconformemente al piano d’indaginepediatrica approvato.

Articolo 321. Qualora ad un medicinale sia con-cessa l’autorizzazione all’immissionein commercio per un’indicazione pe-diatrica, l’etichetta riporta il simboloapprovato conformemente al para-grafo2. Il foglietto illustrativo contieneuna spiegazione del significato delsimbolo.3. Entro il 26 gennaio 2008, laCommissione sceglie un simbolo se-guendo una raccomandazione delcomitato pediatrico. La Commissio-ne rende pubblico tale simbolo.

Prescrizioni relative alla fase suc-cessiva all’autorizzazione

Articolo 341. Il richiedente, oltre alle ordinarieprescrizioni relative alla sorveglianzapost-commercializzazione, indica indettaglio le misure volte a garantireil monitoraggio dell’efficacia e dellepossibili reazioni avverse all’uso pe-diatrico del medicinale nei casi se-guenti:a) domande di autorizzazione al-

l’immissione in commercio cheincludono un’indicazione pedia-trica;

b) domande di inclusione di un’indi-cazione pediatrica in un’autoriz-zazione all’immissione in com-mercio esistente;

c) domande di autorizzazione al-l’immissione in commercio peruso pediatrico.

2. Per eventuali preoccupazioni par-ticolari, l’autorità competente puòrichiedere, come condizione per laconcessione dell’autorizzazione al-

l’immissione in commercio, l’istitu-zione di un sistema di gestione deirischi oppure l’esecuzione di studispecifici successivi alla commercia-lizzazione e la presentazione dei re-lativi risultati. Il sistema di gestionedei rischi comprende un insieme diattività di farmacovigilanza ed inter-venti mirati ad identificare, preveni-re o minimizzare i rischi connessi aimedicinali, inclusa la valutazionedell’efficacia di tali interventi.

Premi e incentivi

Articolo 361. Qualora una domanda a normadegli articoli 7 o 8 includa i risultatidi tutti gli studi effettuati conforme-mente al piano d’indagine pediatricaapprovato, il titolare del brevetto odel certificato protettivo comple-mentare ha diritto ad una proroga disei mesi del periodo di cui all’artico-lo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamen-to (CEE) n. 1768/92.

Articolo 391. Oltre ai premi e agli incentivi dicui agli articoli 36, 37 e 38, i medici-nali per uso pediatrico possono be-neficiare di incentivi forniti dallaComunità o dagli Stati membri persostenere la ricerca, lo sviluppo e ladisponibilità dei medicinali per usopediatrico.

Articolo 401. Nel bilancio della Comunità sonoprevisti fondi di ricerca concernentimedicinali pediatrici destinati a so-stenere gli studi attinenti ai medici-nali o alle sostanze attive non tutela-ti da un brevetto o da un certificatoprotettivo complementare.2. Il finanziamento comunitario èconcesso attraverso i programmiquadro delle azioni comunitarie diricerca, di sviluppo tecnologico e di

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dimostrazione o qualsiasi altra ini-ziativa comunitaria volta al finanzia-mento della ricerca.

Comunicazione e coordinamento

Articolo 411. La banca dati europea istituitadall’articolo 11 della direttiva2001/20/CE include sperimentazio-ni cliniche effettuate in paesi terzifiguranti in un piano d’indagine pe-diatrica approvato, oltre alle speri-mentazioni cliniche di cui agli arti-coli 1 e 2di detta direttiva. Nel casodi simili sperimentazioni cliniche ef-fettuate in paesi terzi, i dettagli elen-cati nell’articolo 11 della succitatadirettiva sono inseriti nella bancadati dal destinatario della decisionedell’Agenzia su un piano d’indaginepediatricaapprovato.

Articolo 431. In base alla informazioni di cui al-l’articolo 42 e previa consultazionedella Commissione, degli Statimembri e delleparti interessate, ilcomitato pediatrico istituisce un in-ventario delle esigenze terapeutiche,in particolare al fine di individuarelepriorità per la ricerca.L’Agenzia rende accessibile al pub-blico tale inventario entro il 26 gen-naio 2009 e lo aggiorna periodica-mente.2. Per l’istituzione dell’inventariodelle esigenze terapeutiche si tieneconto della prevalenza delle affezio-ni nella popolazione pediatrica, del-la gravità di tali affezioni, della dis-ponibilità e dell’adeguatezza deitrattamenti alternativi per tali affe-

zioni, incluse la loro efficacia e la na-tura delle reazioni avverse, di qual-siasi questione di sicurezza esclusi-vamente di natura pediatrica, non-ché di qualsiasi dato derivante dastudi condotti in paesi terzi.

Articolo 441. L’Agenzia sviluppa, con il soste-gno scientifico del comitato pedia-trico, una rete europea delle reti na-zionali ed europee esistenti, dei ri-cercatori e dei centri con competen-ze specifiche nell’esecuzione di studinella popolazione pediatrica.2. La rete europea mira, tra l’altro, acoordinare gli studi relativi ai medi-cinali per uso pediatrico, potenziarele competenze scientifiche e ammi-nistrative necessarie a livello euro-peo ed evitare l’inutile duplicazionedegli studi e della sperimentazione-nella popolazione pediatrica.3. Entro il 26 gennaio 2008 il consi-glio di amministrazione dell’Agen-zia adotta, su proposta del direttoreesecutivo e previa consultazione del-la Commissione, degli Stati membrie delle parti interessate, una strategiadi attuazione per l’avvio e l’applica-zione della rete europea. Tale retedeve, se del caso, essere compatibilecon i lavori di rafforzamento dellebasi dello Spazio europeo della ri-cerca nell’ambito del programmaquadro delle azioni comunitarie diricerca, di sviluppo tecnologico e didimostrazione.

Articolo 491. Senza pregiudizio del protocollosui privilegi e sulle immunità delleComunità europee, ogni Statomembro determina le sanzioni da ir-

rogare, in caso di violazione delledisposizioni del presente regolamen-to o delle misure di esecuzione adot-tate in forza del medesimo in rela-zione ai medicinali autorizzati me-diante le procedure stabilite dalla di-rettiva 2001/83/CE, e adotta tutti iprovvedimenti necessari per assicu-rarne l’applicazione.

Alla luce di quella che è la nuovaRegolamentazione Europea sullasperimentazione dei farmaci in pe-diatria della Legge n. 1901 del 26gennaio 2007, si aprono nuovi oriz-zonti per la Pediatria (Art.44).Dobbiamo essere pronti ad affrontarequella che definirei la “European pe-diatric challenge”: ossia dobbiamoimplementare e ramificare il più pos-sibile la Rete dei Pediatri Ricercatori ecostituire l’“Expertise” pediatrica fi-nalizzata alla ricerca di Qualità.Per ottenere questo però c’è necessitàdella collaborazione di tutti, in un la-voro di squadra che ci vedrà impegna-ti a saper far riconoscere all’Europatutta, l’etica, la metodologia e la qua-lità della rete dei pediatri ricercatori.Non più isolati nei nostri studi mainsieme saremo soggetti attivi nellaproduzione di prove di efficacia e ditollerabilità, nello sviluppo di cono-scenze scientifiche che ci permette-ranno di migliorare le nostre compe-tenze professionali, organizzative eculturali. Sarà infatti merito di tuttise ai Pediatri italiani verrà ricono-sciuta quella “espertise” necessariaper il salto di qualità, per far si che inostri studi non siano più unica-mente luoghi di applicazione del sa-pere, ma protagonisti di produzionescientifica.

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La Clownterapia offre un supportoalla medicina tradizionale come par-te integrante del percorso di cura.L’obiettivo fondamentale è la personae la capacità empatica di rapportarsisviluppando nel volontario le sinergiecomunicative in modo da entrare insintonia con l’interiorità degli ospiti.Vivere in Positivo vuol dire partireda un atteggiamento positivo allabellezza della vita e considerare ognipersona una ricchezza.Questo è un approccio operativofondamentale che si attua attraversolo strumento gioioso e positivo delclown è teso a sviluppare nella perso-na la consapevolezza del proprio va-lore e la propria responsabilità rispet-to alla guarigione o al miglioramentodelle proprie condizioni di vita.“Uniti per crescere insieme” è il mot-to dell’associazione VIP Italia. Il “cre-scere insieme” è la modalità con cuiVIP Italia coinvolge i suoi volontariin un progetto e come lo stesso vieneattuato: dalla formazione al tipo dirapporto che dovranno tenere con lepersone a cui il servizio è rivolto.I Clown sono gli strumenti che of-frono speranza e forza per ritrovaremomenti gioiosi e sereni.

Da ormai 4 anni all’interno della no-stra Azienda un gruppo di clown diBologna dell’associazione VIPClown (Viviamo in Positivo) offro-no il loro servizio di volontariato

nella giornata di sabato pomeriggionei reparti di Chirurgia Pediatrica,Pronto Soccorso Pediatrico, Geria-tria, Endocrinologia e Post-Acutidell’Ospedale Maggiore e di Chirur-gia Maxillo-facciale, Neurologia,Neurochirurgia Infantile e Post-acuti dell’Ospedale Bellaria.Il volontario clown, con il suo cami-ce colorato, il suo naso rosso, le sueparrucche dai colori sgargianti e so-prattutto con il suo sorriso si propo-ne di portare uno spiraglio di spen-sieratezza nei reparti.Lo scopo dei volontari è quello direndere l’ ambiente più allegro e co-lorato cercando di creare un mo-mento di svago e di divertimento al

fine di aiutare, anche solo per qual-che momento, i degenti grandi epiccoli a sentirsi più a loro agio inospedale.Durante le loro visite i bambini ri-dono e vivono questo come un mo-mento di festa.La loro risata, l’attimo di spensiera-tezza che i bimbi vivono aiuta anchei genitori a ritrovare l’energia per so-stenere i loro figli nel cammino ver-so la guarigione.Nella vita quotidiana quando vedia-mo un clown ci viene spontaneo disorridere, per cui ritrovare questa fi-gura in un luogo come l’ospedaledove si vive a fianco di situazioni do-lorose porta sicuramente attimi di

La Clown terapiaUn’Esperienza in Ospedale per Vivere in Positivo

B. Zaniboni1, F. Novi2

1Infermiera, Dipartimento Igienico Organizzativo, Azienda Usl di Bologna, sede lavorativa: Ospedale Maggiore L.go B. Nigrisoli 2 40133 Bologna; e-mail: [email protected], 2Collaboratore Amministrativo, Dipartimento Igienico Organizzativo, U.O. Accoglienza e Comunicazione, AziendaUsl di Bologna, sede lavorativa: Ospedale Maggiore L.go B. Nigrisoli 2 40133 Bologna, tel 0516478455; e-mail: [email protected]

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conforto, sostegno e gioia alle perso-ne in grande difficoltà.Il volontario clown entra “in puntadi piedi”, chiede sempre al personalemedico o infermieristico il permessodi poter svolgere la propria attivitànel rispetto assoluto delle decisioniprese.Dopo di che entrano nelle stanze ar-mati di ciucci, papillon, palloncini,cravatte e parrucche colorate per in-trattenere, supportare e sosteneredegenti e familiari con momenti disvago e gioco.L’ingresso nelle camere di degenzaavviene utilizzando tecniche parti-

colari: suonando campanelli imma-ginari, aspettando di essere invitatiad entrare oppure entrando in ma-niera goffa facendo finta di inca-strarsi nella porta coinvolgendo i piùpiccoli in una sorta di aiuto/giocoper liberarsi.Non c’è nessun tipo di imposizione,viene chiesto il consenso alle perso-ne anche utilizzando tecniche percapire se ben accolti, in caso di mes-saggio negativo si limitano a un sor-riso e ad un breve saluto.Un esperienza vissuta: “Credo, e nonparlo da operatore ma da mammache si è trovata a dover affrontare il

ricovero della propria bimba, che laloro sia una attività complementareimportante, ritengo che debba esse-re svolta, ampliata e supportata an-che dagli organismi istituzionali.Il ricovero di un figlio, di un con-giunto, è un momento di grandetensione e di grande preoccupazionedove a volte si è obbligati a sorridereper non fare trapelare il dolore.Incontrare tali persone, che sono lìper te, per far sorridere e divertire iltuo bambino e creare un momentodi normalità aiuta a rendere più sop-portabile questa evenienza così nuo-va e difficile come un ricovero ospe-daliero.”Credendo fermamente nella impor-tanza di quest’attività il gruppoHPH (Ospedali per la promozionedella salute) Accoglienza che operanella nostra azienda allo scopo dipromuovere ed incentivare la culturaal corretto uso di servizi sanitari edare visibilità a iniziative eccellenti,da quest’anno ha coinvolto nel pro-prio team di progetto i volontari diVIP-Clown che collaboreranno aiprogetti del gruppo stesso.Una delle prime iniziative è stataquella di estendere la loro presenzaagli ospedali della provincia proprioper rafforzare gli aspetti relazionalidi tipo amicale di sostegno psicolo-gico per contribuire a creare un cli-ma sereno e rassicurante.

HPH Accoglienza Azienda USL diBolognaIl team di progetto: Sonia Cavallin –Patrizia Farruggia – Francesca Raggi– Francesca Novi – Doriana Grazia –Mariarosaria Di Niro – Valerio Gior-ni – Barbara Zaniboni – LoredanaFauni – Alessandra Maccaferri – Ma-riagrazia Bedetti – Lucia Rubbi –Ivano Adversi – Clown Molla

Bologna, 6-12-2002. Natale con i Clown. All’Ospedale Maggiore i bambini rico-verati con i loro parenti allestiscono l’albero insieme ai medici e agli infermieri.Archivio AUSL città di Bologna - foto Paolo Righi

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Impiegare le piante per curarsi è unistinto vecchio, come la storia dell’u-manità, che si riflette anche nelcomportamento degli animali.Fitoterapia o terapia con le piante èla scienza che si occupa dell’impiegodei medicamenti vegetali per la curadelle malattie umane.

La conoscenza delle piante medici-nali e il loro impiego terapeutico inOccidente data più di 5.000 anni:- Durante gli scavi di Nippur furo-

no ritrovate tavolette di argilla Su-meriche, risalenti al 3.000 a.C.,dove, incise con caratteri cuneifor-mi, erano raccolte ricette di for-mule per l’uso delle piante medici-nali.

- A Ebla, in Siria, sono ritrovate mi-gliaia di tavolette in molte dellequali, a caratteri cuneiformi, è de-scritta la medicina vegetale meso-potamica.

- Imothep, sacerdote dell’anticoEgitto (costruttore della Piramidea gradoni di Saqqara) descrivecentinaia di formule con piantemedicinali; al 2.850 a.C. risale il

Papiro di Ebers ritrovato nei pres-si di Luxor.

- Nel 1.300 a.C. in Grecia, Asclepiocreò centri di cura in cui la musica,lo sport e le sue cure con le pianteformavano un tutt’uno. L’Ascle-pianesimo divenne un importanteordine di guaritori di cui fece an-che parte Ippocrate, il padre dellaMedicina, il quale, nel 400 a.C.descriveva la conoscenza di 100piante. Nel 280 fu pubblicato ilCorpus Hippocraticum

- Nel 100 d.C. Dioscoride nella suaMateria Medica descrive più di600 “semplici”

- Nel 200 d.C. Galeno (medico del-l’Imperatore Marco Aurelio) ini-zia la verifica sperimentale dell’at-tività terapeutica delle piante, dan-do il via alla ricerca farmaceutica.

La fitoterapia moderna ha originenel Rinascimento con le primescuole mediche laiche e le primeUniversità:- La Scuola Salernitana (XI-XIII

sec.) è la prima nel suo genere ediviene famosa in tutto il mondoper i suoi maestri e per il suo orto

botanico. Aperta agli allievi di tut-to il mondo, era ispirata alla verifi-ca delle conoscenze scientifiche.

- Nel XII sec. Nasce l’Università diMontpellier, considerata l’erededella scuola Salernitana. Ne è illu-stre maestro lo spagnolo Arnaldoda Villanova (1240-1312) che è ilprimo a intuire che i principi atti-vi vengono ceduti dalle piante al-l’alcool durante la macerazione.

- La badessa Ildegarda di von Bin-gen (XII sec.) scrive in Germaniail primo trattato di fitoterapia.

- Paracelso (1493-1541) raggruppale piante in base a caratteristichemorfologiche definendo una sortadi “Similitudine delle Signature”(analisi comparativa di forma e co-lore di fiori, foglie, radici con for-ma e colore di organi e visceri delcorpo umano). Hahnemann con-trappose la legge di Similitudinealla dottrina delle Signature.

- Lo stesso Leonardo da Vinci(1452-1519) studiò la botanica e lafisiologia vegetale e tentò di isolarei principi attivi di alcune piante.

Col progredire delle conoscenze chi-miche e la messa a punto di apparec-chiature adatte alle ricerche quali equantitative si va verso una maggio-re verifica scientifica.- In particolare lo svedese Carlo

Linneo (1707-1778), viene consi-derato il padre della Botanica Si-stematica per la sua opera di clas-

Fitoterapia: conosciamola meglio

T. Di GiampietroSIPPS Regionale Abruzzo

vvuFitoterapia o terapia con le piante è la scienzache si occupa dell’impiego dei medicamenti vegetali per la cura delle malattie umane.

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sificazione delle piante.- Henry Leclerc (1870-1955) che

visse ed esercitò a Parigi, introdus-se nel vocabolario scientifico il ter-mine Fitoterapia e pubblicò nu-merosissimi studi sul periodicofrancese La Presse Medicale, leaderin campo medico e nel libro “Li-neamenti di fitoterapia”, divenutoun classico.

- Pol Henry, medico belga, negli anni50 mette a punto lo studio e la spe-rimentazione dei gemmoderivati.

Queste tecniche terapeutiche domi-narono la scena fino ad epoche re-centi.Dopo la II guerra mondiale la tec-nologia ebbe un improvviso salto inavanti che anche la chimica di sinte-si condivise. Pertanto fu incrementa-ta la produzione dei farmaci di sinte-si e i semplici medicamenti vegetalifurono in gran parte dimenticati.L’indirizzo della ricerca era orienta-to alla comprensione sperimentale diazioni misurabili e definibili con cer-tezza e i cui risultati fossero ripro-

ducibili in ogni momento con do-saggi calcolati in pesi dell’ordine dimilligrammi.Questa metodologia però, indicataper i farmaci chimici, permise la so-pravvivenza delle sole piante medi-cinali “eroiche”, ad azione forte , in-tensa e immediata (belladonna, digi-tale, strofantina) mentre si trovavanomolte difficoltà con le piante medi-cinali ad azione mite (biancospino,valeriana, camomilla) e intermedia(iperico, arnica, liquirizia).Da alcuni anni tuttavia, la terapiacon le piante conosce un rinnovatofervore, come sembrano confermarei dati riportati dalla stampa sulle ri-chieste del pubblico.Dunque, dopo una indiscussa fedeprofessata verso i prodotti di sintesichimica, si prospetta un ritorno aifarmaci naturali, soprattutto vegeta-li, che senza alterazioni e manipola-zioni, sono in grado di fornirci le so-stanze chimiche che contengono ingran quantità.Per spiegare questo fenomeno sipossono avanzare due ipotesi princi-

pali: la prima che le droghe di sinte-si, utili e in alcuni casi indispensabi-li, troppo spesso associano alla po-tenza un’aggressività seguita da ef-fetti collaterali più o meno gravi, so-prattutto se prescritte in dosi ecces-sive e per troppo lungo tempo.La seconda è che, grazie ai nuovistrumenti di indagine, vengono dateprecisazioni e composizione dei co-stituenti vegetali per cui le proprietà,conosciute empiricamente per seco-li, vengono oggi spiegate in manierascientifica.Dunque la Fitoterapia moderna nonè un indirizzo terapeutico alternati-vo ma una farmacoterapia scientifi-camente fondata.Agisce sul principio “dei contrari”,in dosi “ponderali e ponderabili” edunque essa è atossica e non iatroge-na solo in condizioni d’uso estrema-mente rigorose.La metodica terapeutica è basatasulla somministrazione di Fitocom-plessi, insieme di Principi Attiviestratti mediante macerazione insolvente appropriato.L’azione della droga non è mai colle-gabile a quella del solo costituenteprincipale o di più di essi singolar-mente considerati poiché l’intera-zione che si realizza fra di essi e coni costituenti “inerti” regola la biodi-sponibilità e quindi l’effetto tera-peutico: tannoidi, pectine, mucilla-gini, agiscono come sostanze “ritar-do” per il rilascio del principio atti-vo, mentre acidi minerali o organicisalificano le basi alcaloidiche ren-dendole più solubili e disponibili al-l’azione terapeutica.

Questa è un’altra differenza fonda-mentale tra la fitoterapia e il farma-co chimico: quest’ultimo è costituitoda un singolo principio attivo, sia es-so una molecola di sintesi o isolatada un fitocomplesso, che ha lo scopodi colpire un preciso bersaglio, svi-Fig. 1 - Ginko

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luppando un effetto potente e rapi-do. Gli additivi sono farmacologica-mente inerti (ma non allergenica-mente!).Il fitocomplesso è costituito da un in-sieme di sostanze, sia principi attiviche altre componenti che concorronoall’effetto globale con meccanismi diinibizione o facilitazione che attuti-scono gli effetti lesivi o potenzianoquelli troppo blandi della droga.Per “droga” si intende quella partedella pianta (corteccia, radice, fogliao fiore) che possiede una determina-ta azione farmacologica e che con-tiene la maggiore concentrazione deiprincipi attivi responsabili di taleazione.Il Principio Attivo è quella molecolache, prodotta dal metabolismo di unorganismo vegetale, è dotata di atti-vità farmacologica per cui, introdot-ta nell’organismo, è in grado di pro-vocare delle modificazioni di una opiù funzioni della cellula vivente chela rendono suscettibile di impiegoterapeutico.È importante quindi conoscere i co-stituenti, principali e secondari, del-la pianta medicinale che sono: car-boidrati, glucosidi, olii essenziali, al-caloidi, antibiotici, vitamine, sali mi-nerali, lipidi, resine, tannini….. lasomma dei singoli componenti co-stituisce un meccanismo unitarioche produce effetto terapeutico solonella sua totalità.

La forma fitoterapica è molto im-portante perché da essa dipende laconcentrazione dei principi attiviche un paziente può assorbire a li-vello intestinale e di cui può dispor-re ai fini dell’azione farmacologica.Usando tecniche estrattive diverse sipossono ottenere dalla stessa piantafitopreparati che esplicano attivitàfarmacologiche diverse. (es. RibesNigrum m. g. 1 DH e T.M.)Il Macerato Glicerinato o Gemmode-rivato si prepara mettendo a mace-rare in una miscela di acqua, glice-rolo e alcool etilico le parti più gio-vani della pianta: gemme, semi e

germogli (giovani getti) allo statofresco, per determinati periodi ditempo. Si fa riferimento alla Far-macopea Francese. Derivando dalleparti più giovani della pianta ilGemmoderivato è quello che, in as-soluto, contiene la più alta concen-trazione di fitocomplesso e pertan-to quello che possiede la maggioreefficacia terapeutica sia in terminidi potenza che di rapidità d’azione.La diluizione usata è la prima deci-male Hahnemaniana (1DH): unaparte del preparato di base viene di-luito con 9 parti di una miscelacontenente 50% glicerina, 30% al-cool, 20% acqua.L’ Olio Essenziale è una miscela disostanze organiche, per lo più vola-tili, con odore aromatico caratteri-stico. E’ una preparazione altamen-te medicamentosa data la notevoleconcentrazione di fitocomplesso inesso contenuta, per cui 1 o 2 goccesono spesso sufficienti per ottenerela risposta terapeutica, mentre dosipiù alte divengono facilmente tossi-che (epatotossicità…).

Fig. 2 - Sambuco

vvuIl fitocomplesso è costituito da un insieme di so-stanze, sia principi attivi che altre componentiche concorrono all’effetto globale con meccani-smi di inibizione o facilitazione che attutisconogli effetti lesivi o potenziano quelli troppo blan-di della droga.

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La prevenzione e il pediatra di famiglia

È allarmante l’inizio sempre più pre-coce della Sindrome Metabolica intenera età (un elegante “case report”di Weghuber, in Eur J Ped 2007, de-scrive un bambino affetto da obesitàsevera con segni cerebrali di sindro-me metabolica già all’età di 2.5 anni)(1) e la prevalenza di obesità con untrend sempre più in crescita specienelle regioni del Sud Italia. Questoimpegna in modo stringente la piùprecoce e accanita possibile strategiapreventiva.Proseguiamo il discorso già iniziatonel numero 1 del 2007, cercando didelineare la parte che spetta al Pedia-tra di Famiglia (PdF) nel complessoscenario della Prevenzione dell’Obe-sità in età evolutiva.Un problema preliminare è la consa-pevolezza del PdF:1 - della “morbilità” dell’Obesità in-

fantile;2 - della necessità della sua Preven-

zione;3 - della centralità del suo ruolo del

PdF in questo scenario.Da questo nasce il ruolo cruciale del

PdF che infatti è il primo a:1 - ottenere la fiducia dei genitori del

bambino quando è ancora un neo-nato;

2 - a intervenire sulla sua alimenta-zione e sullo stile di vita;

3 - a indirizzare i principi generalidell’allevamento del bambino.

La fiducia- il PdF incontra i piccolipazienti e i loro genitori già dai primigiorni di vita pertanto ha l’onore e l’o-nere di affiancare subito le famiglie nelfavorire e ottenere una crescita psico-fisica “sana” dei bambini. La continui-tà di relazione mira a instaurare, attra-verso un’adeguata comunicazione,quel rapporto di fiducia e stima fonda-mentale per tutti gli scambi futuri.Questa fiducia nel PdF è un elemen-to di incalcolabile valore in tutto quel-lo che interverrà nella direzione di se-guire lo sviluppo psico-fisico del bam-bino nella maniera migliore possibile.Nessuno è sicuramente in grado distabilire l’entità dell’impatto di questafiducia, purché entrambe le parti (ge-nitori e PdF) siano disposti a crearla emantenerla. È evidente che nessunmedico avrà mai nella vita un ruolocosì “personale” e ben spendibile perscopi preventivi come il PdF.Alimentazione e stile di vita- il PdF in-dirizza tradizionalmente l’allattamen-

to e il divezzamento. In genere non sioccupa dell’alimentazione successivaal primo anno di vita, né dell’eserciziofisico che il bambino svolge. La men-talità del passato è che ormai il bimboè in grado di avere un’alimentazionespontaneamente guidata dal proprioequilibrio personale tra fame e sazietàe che può seguire senza problemi lebuone regole di un’alimentazioneadulta. Inoltre tutti i bimbi sono rite-nuti come in continua e spontanea at-tività fisica (qualche volta si potrebbepensare di intervenire per farli starefermi!).Bisogna riflettere che questi precon-cetti non sono più veri e scontati nel-la società che ci ritroviamo oggi nelmondo occidentale.Principi generali dell’allevamento - Datutto quanto detto ne consegue che ilPdF può avere un ruolo fondamenta-le anche nelle condotte generali che lafamiglia tiene con il bambino. Con-dotte di ansia o di serenità, di sciatte-ria o di cura attenta, di delega o di im-pegno a tempo pieno. Egli può auto-

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Prevenire l’obesità dei bambini:il ruolo del pediatra di baseSeconda parte

C. Buongiovanni, M. Sticco, O. D’Amico, A. FranzeseDipartimento di Pediatria, Università di Napoli Federico II

vvuIl PdF incontra i piccoli pazienti e i loro genitori già dai primi giorni di vita pertanto hal’onore e l’onere di affiancare subito le famiglienel favorire e ottenere una crescita psico-fisica “sana” dei bambini

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revolmente affiancare i genitori neldifficile compito di accompagnare efavorire il miglior sviluppo psico-fisi-co del bambino, rispettandone e favo-rendone i diritti e il bisogno di auto-nomia. Non dimentichiamo che laPsicologia e la Pedagogia ci insegnanoche l’impostazione dell’educazione edell’apprendimento si fa subito, nelleprime epoche di vita, ben prima cheintervenga la scuola o qualunque figu-ra esterna alla famiglia.

I mezzi della prevenzione del PdF

I bilanci di salute

Nei punti nascita è fornito alle fami-glie dei nuovi nati il Libretto Pedia-trico Regionale su cui vengono regi-strate dal PdF visite in età-filtrochiamate Bilanci di Salute. Sono vi-site di controllo approfondite di cuila prima viene fatta in un’età com-presa tra i 15 e i 30 g di vita del bam-bino e l’ultima tra i 12 e i 13 annipassando per le età intermedie.Ogni bilancio di salute contiene unaspecifica sezione riguardante l’ali-mentazione, anzi a partire dal 3° bi-lancio (tra i 5 e i 6 mesi di vita) esi-ste una voce specifica “promozionedi un’alimentazione sana” a testimo-

nianza di quanto gli estensori del li-bretto abbiano ritenuto importantecontrollare presto lo stile alimentare.I PdF si sono resi conto che per i ge-nitori ed in particolare per moltissi-me madri c’è sempre la paura che ilproprio bambino mangi poco, spe-cialmente in caso di allattamentomaterno il timore di non avere abba-stanza latte è sempre dietro l’angolo(è forte l’equazione: non sono unabuona madre se non sono in grado dinutrire mio figlio).

L’allattamento al seno

Il PdF può rendersi facilmente contodell’efficacia dell’allattamento mater-no semplicemente osservando unapoppata. Può trarre utili informazionisu quanto la madre è tranquilla, quan-to tempo tiene il piccolo al seno, se ri-esce a vivere questo momento comeesclusivo e salutare per entrambi o locarica di ansie e aspettative dalle qualitrae spesso un giudizio sul fatto di es-sere una buona madre oppure no. Staal pediatra rassicurare su tempi, moda-lità e finalità dell’allattamento mater-no invitando i genitori a capire quan-do il bambino è sazio e appagato conla semplice osservazione e insegnandoche bastano pochi minuti di una vali-da suzione affinché il piccolo assumatutto il latte di cui ha bisogno. Unpianto può essere espressione di undisagio personale diverso dalla famecome il caldo o il sentirsi bagnato osporco o può dipendere dalla tensioneaddominale nelle coliche gassose tipi-che delle prime età e che nulla hannoa che fare con l’eventuale inadeguatez-za dell’allattamento al seno. Pesare ilpiccolo in studio a distanza ravvicina-ta (esempio ogni settimana per 2-3volte) permette di rassicurare i genito-ri ed evitare inutili integrazioni di lat-te adattato spesso solo confondenti:questo è un primo intervento di pre-venzione.

Il divezzamento

Il momento del divezzamento rappre-senta un’altra tappa importante poi-ché, se non vengono impartite indica-zioni chiare sulla qualità e sulla quan-tità degli alimenti da somministrare,spesso i genitori preparano pappe sbi-lanciate con tendenza ad un apportoproteico e/o calorico maggiore (2, 3)del fabbisogno con una scarsa atten-zione per l’uso delle verdure e un co-stante eccesso di latte e biscotti.Spesso dopo il divezzamento la cur-va di crescita in peso di un lattantesubisce una brusca impennata. Inoccasione di queste visite un supple-mento di anamnesi alimentare per-mette di far emergere gli errori.Considerando che il fabbisogno ca-lorico di un lattante di 6 mesi di vi-ta è di 96 cal/Kg/die e che 110cal/die in più (date da un cucchiaiodi pastina e 100 g di latte in più aldi) incrementano di 470 g/mese ilpeso corporeo del bambino.Questa fase è di particolare efficaciapoiché è più semplice fare piccolicambiamenti nel regime alimentarepiuttosto che grosse modifiche di tut-to lo stile di vita. È utile dare suggeri-menti sulla palatabilità dei cibi consi-derando che a 6 mesi di vita il lattan-te sviluppa il senso del gusto per lepietanze: pertanto, saggiare la pappadel bambino è buona norma. Le pap-pe non vanno addizionate di saccaro-sio né di sale da cucina. Devono esse-re sapide, ma già le verdure contengo-no i sali necessari al sapore. A propo-sito delle verdure, esse vanno intro-dotte fin dal primo momento del di-vezzamento, alternate e non mescola-te in modo da abituare il bambino aisingoli gusti, abitudine che probabil-mente continuerà per tutta la vita.È importante ribadire un assoluto di-vieto per le pappe dolci e per i pro-dotti del commercio nutrizionalmen-te sbilanciati poiché ricchi di grassi

Tabella 1 - Bilanci di salute: visitein età filtro1° 15 – 30 giorni di vita2° 2 – 3 mesi3° 5 – 6 mesi4° 10 – 12 mesi5° 15 – 18 mesi6° 24 – 36 mesi7° 4 – 5 anni8° 5 – 6 anni9° 8 – 10 anni10° 12 – 13 anni

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(esempio: dessert a base di formaggi);così come bisogna scoraggiare l’usodei succhi di frutta e di altre bevandezuccherate, cercando di orientare ilbambino sempre verso la frutta fresca,che fornisce, oltre ai carboidrati, le fi-bre e quindi elementi di regolazioneimportanti del senso di sazietà.

Dopo il primo anno

Per fortuna il dialogo empatico insie-me ad informazioni adeguate, scienti-ficamente corrette ed impartite senzaaggressività riescono spesso a correg-gere comportamenti inadeguati conrisultati soddisfacenti quanto più pre-cocemente si riesce a intervenire. Alcontrario quando viene saltato qual-che bilancio di salute, magari uno diquelli cruciali per il controllo della

crescita in peso, il PdF non di rado sitrova con dispiacere di fronte a situa-zioni di sovrappeso o di obesità dovenon è più sufficiente dare solo qualcheconsiglio ma sono necessari interventipiù complessi sullo stile di vita delbambino e della intera famiglia.È buona norma consegnare ai geni-tori un semplice schema alimentarecon le quantità di alimenti da som-ministrare nella fascia di età che vada uno a tre anni in modo da evitareeccessi e squilibri dei nutrienti. Tut-te le occasioni saranno buone perscoraggiare l’uso dei “fuori pasto” edelle bevande zuccherate e consi-gliare semplici trucchi per continua-re a somministrare le verdure (unsandwich con lattuga, pomodoro etonno può essere molto gradito co-me pasto veloce da un bambino).

Quali bambini sorvegliare in modospeciale?

Particolare attenzione meritano ibambini con familiarità per obesità,iperlipemia, diabete, malattie car-diovascolari precoci e disagio socia-le, poiché essi sono a maggior rischiodi cattiva alimentazione. In questicasi il PdF può chiedere incontri piùfrequenti con entrambi i genitori edeventualmente chiedere l’appoggiodei Servizi Sociali.Da ciò ci rendiamo conto come il PdFnon può efficacemente operare da so-lo, bensì in rete con gli altri pediatriche operano sul territorio, con il per-sonale dell’ASL di appartenenza (apartire dai dirigenti fino agli ammini-strativi), con i Servizi Sociali e i Con-sultori in modo da creare una vera e

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Fig. 1 - Il caso di Mattia

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propria task force capace di preveniree di arginare situazioni “difficili. Op-portuna è anche l’organizzazione co-me Pediatria di Gruppo, dove ci sipuò dotare di salette per l’allattamen-to e per aerosolterapia, di un piccololaboratorio e dove è possibile operarefacilmente un valido scambio cultura-le tra i professionisti.

È vero che il PdF non ha tempo suffi-ciente per l’obesità?(vedi sopra)

Il problema “tempo” per il PdF nonè trascurabile. L’unico modo per la-vorare più serenamente e per offrireall’utente un servizio migliore èquello di limitare il proprio massi-male di scelta oltre che di avere instudio la figura del “collaboratore”che smaltisce parte del lavoro nonmedico e consente al PdF di dedica-re più tempo a situazioni particolaricome i bambini obesi.

Quando “inviare” un bambino che di-venta troppo “pesante”?

Non sempre il pediatra di base riescein questo intento nonostante le buo-ne intenzioni, le più frequenti chiac-chierate, gli incoraggiamenti e i rin-forzi positivi in caso di successo;questo perché nonostante l’autore-volezza il pediatra di famiglia è vistoun po’ come “complice” delle dina-miche familiari e quindi anche dellerelative distorsioni. In questi casi ènecessario inviare i propri pazienti

in strutture di secondo e/o terzo li-vello con la speranza che figureesterne accreditate riescano a incide-re positivamente dove lui ha fallito.

Un esempio pratico in ambulatorio

Questa è la curva di crescita di Mat-tia, (Fig. 1) un bambino di circa 6 an-ni seguito dal PdF con controlli rego-lari fino ai 18 mesi di vita, poi rivistodirettamente a 4 anni e mezzo.Come si può notare già tra i 12 e i 18mesi la curva di crescita in peso (quel-la in lunghezza è sempre stata regola-re) subiva un’impennata. Da un ap-profondimento dell’anamnesi alimen-tare la madre eccedeva nella sommini-strazione di latte e derivati e carboi-drati. Nel bilancio di salute a 18 mesisono stati segnalati questi squilibri edè stata suggerita una più corretta ali-mentazione oltre all’invito ad inco-raggiare il movimento libero del bam-bino. Per motivi legati a problemi fa-

miliari, Mattia è stato rivisto dal pro-prio pediatra a 4 anni e mezzo quan-do presentava un quadro di grave obe-sità. Le cattive abitudini alimentari sierano perpetuate e complicate. L’in-tervento è consistito in una vera epropria dieta per obesità, incontri rav-vicinati per il controllo del peso e perregistrare le modifiche dell’alimenta-zione e dello stile di vita, ma tuttol’impegno del PdF non è servito anulla come si vede dall’ulteriore incre-mento della curva di crescita in pesoall’età di circa 6 anni.

Intervento sullo stile di vita

L’obesità deve essere sempre piùconsiderata, in pazienti genetica-mente suscettibili come una rotturadell’abile equilibrio tra alimentazio-ne e comportamento. Da qui unnuovo compito per il pediatra di fa-miglia (come se non ne avesse giàtroppi!): raccomandare un sano econtinuo esercizio fisico.Non basta consigliare lo sport, biso-gna effettuare un’accurata anamnesisulle abitudini comportamentali delbambino, soprattutto valutare quan-to tempo dedica alla TV ed ai video-giochi, e stressare con i genitori l’im-portanza della costante attività fisi-ca. Già in altri Paesi europei si è ca-pito come le abitudini di vita influi-scano sullo sviluppo dell’obesità e ibambini affetti da tale patologiavengono coinvolti in progetti tera-peutici nei quali grossa importanzarivestono l’attività sportiva e lo stiledi vita, combinati ai consigli sullanutrizione. È questo il futuro ruolodel Pediatra di Famiglia: controllaresempre di più lo stile di vita delbambino e dell’intera famiglia, con-sigliando l’attività fisica, magari an-che con programmi concreti e conun rinforzo periodico (ad es. duran-te i bilanci di salute).

Bibliografia essenziale

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3. Iughetti L,Bernasconi S,et al. L’obesità inetà evolutiva, ed. Mc Graw-Hill 2005; 3:57-60.

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vvuÈ questo il futuro ruolo del Pediatra di Famiglia:controllare sempre di più lo stile di vita del bambino e dell’intera famiglia, consigliando l’attività fisica, magari anche con programmi concreti e con un rinforzo periodico

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“Felicità è un cucciolo caldo”, affer-mava una famosa massima di Char-lie Brown, ed il buon Charles Schulzdi ragione ne aveva da vendere.In effetti, fin dall’antichità, gli ani-mali soprattutto quelli da compa-gnia, hanno sempre rivestito un im-portante ruolo affettivo, e non di ra-do terapeutico. Questo rapporto so-litamente “soft”, ma molto ricco ecomplesso, è stato progressivamenterivalutato nel corso degli ultimi de-cenni, trovando una strutturazionemetodologica e persino veri e propriimpieghi terapeutici, mirati versospecifiche patologie.Il termine “pet therapy”, che avrebbedovuto indicare: “la terapia dellecoccole con piccoli animali”, è ormaidiventato obsoleto ed estremamentelimitativo. Pertanto, già a partire da-gli anni ottanta, si sono affermate ledenominazioni:- attività assistita dagli animali

(AAA);- educazione assistita dagli animali

(AAE);- terapia assistita dagli animali

(AAT) indicata anche, soprattut-to nella letteratura neuropsichia-trica italiana, come: uso terapeuti-co degli animali da compagnia(UTAC).

Del resto la convinzione degli italianiriguardo agli effetti benefici degli ani-mali da affezione viene attestata daquesti semplici dati: circa 7 milioni di

cani, oltre 7 milioni di gatti; un terzodelle famiglie italiane possiede unqualche esemplare di animale dome-stico. Questa enorme realtà ha trova-to riscontro anche a livello legislativo.È stato raggiunto un importante Ac-cordo tra il Ministero della Salute e leRegioni il 6 Febbraio 2003, pubblica-to sulla GURI n. 51/2003. Questo hasancito tra l’altro che è necessario:“agevolare…il contatto tra le le perso-ne, anziani e bambini in particolare,…con animale da compagnia o conanimali comunque utilizzabili per la“pet therapy”….Rendere tutti i luoghipubblici accessibili anche per i cani diaccompagnamento per i disabili”.Principi analoghi erano stati peraltroaffermati nel 1995 da una specificaConferenza Internazionale, svoltasi aGinevra. Molti Enti Pubblici hannoconseguentemente elaborato: norma-tive, piani, progetti-obiettivo, albiprofessionali.Pertanto, uno dei compiti anche delPediatra di Famiglia è quello di fa-vorire la convivenza con gli animali,tenendo conto anche dell’età del

bambino. Infatti, fino a 4-5 anni d’e-tà il bambino vede gli animali comeoggetti misteriosi da osservare edesplorare; successivamente sviluppaverso di loro un sentimento di prote-zione e di accudimento, fino a consi-derarli come “figli” o “fratelli”.Del resto la “Pet Therapy” fu elabora-ta negli anni 50 in America, ad operadel neuropsichiatra infantile Boris Le-

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Oltre la pet-therapy: quando un animale…fa ladifferenza

Angelo MilazzoPediatra di famiglia

vvuFin dall’antichità gli animali, soprattutto quelli da compagnia, hanno sempre rivestito un importante ruolo affettivo e non di rado terapeutico

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vinson, che notò come la presenza delproprio cane facilitasse enormementele sedute con un bambino affetto daautismo. In Italia, fra le Istituzioni cheper prime hanno realizzato studi edesperienze con animali annoveriamo:l’Ospedale “Bambin Gesù”, l’Ospeda-le “Meyer”, l’Istituto Superiore di Sa-nità, l’Istituto Zooporofilattico del-l’Abruzzo e Molise.

Fisiologia del rapporto con anima-li da affezione. Benefici.

Ad eccezione delle situazioni di dis-agio, oppure di vera e propria pato-logia, la relazione con l’animale met-te in moto dei meccanismi “fisiolo-gici”. In effetti, le controindicazioniche riguardano l’essere umano sonomolto limitate: fobie e comporta-menti aggressivi proprio nei con-fronti degli animali, allergie specifi-che, immunodepressioni gravissime.La comunicazione uomo-animale sibasa su una forma di linguaggiomolto semplice, cadenzata, ripetiti-va, rassicurante, fondamentalmentepre-verbale.

La stimolazione mentale si attua es-senzialmente attraverso l’intratteni-mento, il gioco, la rievocazione di ri-cordi. L’etologia degli ultimi decenniha dimostrato le capacità di recipro-cal mind reading tra la specie uma-na ed alcune specie di mammiferi.Il contatto corporeo facilita la forma-zione della propria identità. La pre-senza di un animale costituisce spessooccasione di interazione con altrepersone. L’attaccamento con l’anima-le risulta solitamente complementarea quello interumano. L’empatia e l’an-troporfismo solitamente fanno partedi uno stato particolarmente favore-vole all’interesse per tutto il mondoesterno.I benefici sonoconseguenti atale rapporto,che è squisita-mente “ecolo-gico” e chepuò migliorare“la qualità del-la vita” (Barba,1995; Heim-lich, 2001).

Le mansioni operative di accudi-mento di un animale sviluppanol’autostima e la capacità di autono-mia. L’utilizzo di comandi e strategieben definite, facilita il coordinamen-to di comandi verbali, gesti, postura,mimica.

Attività assistite da animali.

Sono interventi di tipo prettamenteassistenziale, e/o educativo, e/o ri-creativo, finalizzati al supporto odalla facilitazione di determinate fun-zioni od attività. Necessitano dell’u-tilizzo di animali che rispondano adeterminati requisiti, spesso formatida operatori che abbiano sviluppatoparticolari professionalità. La gran-de maggioranza delle esperienze so-no state realizzate con l’ausilio di ca-ni. Pertanto, se non indicati specifi-camente, tutti i dati da me qui ripor-tati sono riferiti ai più collaudatiamici dell’uomo.Su questi interventi, e soprattutto suquelli che riguardano le terapie veree proprie, esiste una letteratura ster-minata. Farò riferimento essenzial-mente agli studi “quantificati” me-diante: rilevazioni statistiche, batte-rie di test, indagini di laboratorio. Igruppi di soggetti oggetto di studiosono stati appaiati a campioni, com-parabili per tipologia e che eventual-mente hanno praticato terapie “clas-

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siche” identiche, ma che non aveva-no ricevuto l’intervento dell’anima-le. Non è stato possibile realizzarestudi in cieco riguardanti i pazienti,poiché l’utilizzo di un animale “pla-cebo”, ovvero di un pupazzo più omeno animato, potrebbe “ingannare”esclusivamente bambini con graveritardo mentale, o affetti da autismo,ed in pochissime altre situazioni.Talvolta è stato realizzato il cieco a ca-rico degli operatori, per mezzo dell’af-fidamento dell’elaborazione dei dati apersonale che non aveva avuto nessunanotizia sugli interventi terapeutici ef-fettuati.Gli esperti che utilizzano animali alivello delle scolaresche riportanoche l’AAA serve a: combattere lasolitudine, tenere occupati, respon-sabilizzare, stimolare l’esercizio fisi-co, infondere sicurezza.L’uso di cani come assistenza, comeaccompagnamento o come supportodelle persone cieche o gravementeipovedenti, rappresenta forse il piùantico esempio di AAA. (Sanders,2000). Recentemente, si sono esteseanche le esperienze riguardanti sog-getti con sordità o ipoacusie gravi(Hart, 1996).L’effetto anti-stress dell’esposizioneanche breve, rispetto a gruppi dicontrollo, è stato dimostrato me-diante: tests, dosaggi dell’ormoneepinefrina, la misurazione dei valoripressori, anche a livello dell’arteriapolmonare (Gerhardt, 2000).Effetti benefici, sia sui bambini rico-verati, sia sui loro familiari che li ac-cudivano, ed anche sul personale di

assistenza, sono stati documentati inmolti Ospedali (Fine, 2000). Sonostati riferiti sensazioni di rilassa-mento, e di diminuzione dell’ansia edella depressione. (Gerhardt, 2000)Effetti benefici sugli stati ipertensivie nei disturbi funzionali del ritmocardiaco sono stati ampiamente do-cumentati.Studi su soggetti con gli arti inferio-ri paralizzati che facevano uso di se-die a rotelle, hanno dimostrato effet-ti positivi su: tono dell’umore, accet-tazione sociale, performance negli

spostamenti (Eddy, 1998). La soddi-sfazione dei soggetti con varie dis-abilità sembra essere correlata anchealla soddisfazione del cane stesso cheli aiuta (Lanea, 1998).

Bambini vittime di abuso o di incu-rie hanno migliorato le loro capacitànel prendersi cura di se stessi e deglianimali.Bambini con esperienze di divorziodei genitori hanno riferito che i lorocani sono stati indispensabili nell’af-frontare i loro problemi, nel 95% deicasi.La regolarizzazione di abitudini divita trova una ovvia spiegazione nelfatto che bambini ed animali hannole stesse elementari esigenze: gioca-re, mangiare, dormire.

Terapie assistite da animali (AAT)

Si intendono per AAT interventimirati al raggiungimento di: funzio-ni fisiche, sociali, emotive e/o cogni-

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vvuGli esperti che utilizzano animali a livello delle scolaresche riportano che l’attività assistita dagli animali serve a: combattere la solitudine, tenere occupati, responsabilizzare,stimolare l’esercizio fisico, infondere sicurezza

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tive, che siano alterate da patologievere e proprie. Risultano necessariel’individuazione di obiettivi specificiper ciascun destinatario e la valuta-zione dei progressi ottenuti. Tutto ilprocesso deve essere documentato evalutato. L’animale deve essere statoopportunamente addestrato, e devecorrispondere ad esigenze di tempe-ramento e di dimensioni, che lo ren-dano adatto al processo terapeutico.Nell’addestramento dell’animale daparte di istruttori qualificati deve es-sere particolarmente verificata l’ob-bedienza ai comandi. Sarebbero op-portuni: coperture assicurative, non-ché il consenso informato da partedei genitori del paziente. Un veteri-nario deve escludere qualsiasi pato-logia trasmissibile e deve controllarelo stato di stress dell’animale. Il mal-trattamento degli animali rappre-senta infatti un reato anche penal-mente perseguibile. L’istruttore del-l’animale deve possedere particolariattestazioni della sua professionalità.Esistono brevetti e Corsi specifici,anche a livello universitario, o certi-ficati da parte di Società internazio-nali, quali l’americana Delta (DeltaSociety,1999). Un ruolo importante,soprattutto in campo pediatrico, vie-ne svolto dal volontariato. ParecchieRegioni hanno emanato normativeriguardanti queste attività, legate al-l’utilizzo degli animali.

La Rivista Anthrozoos è quella che, alivello internazionale, tratta maggior-mente queste tematiche. Proprio nelnumero di Settembre 2007 è statarealizzata una meta-analisi , con unarevisione di oltre 250 studi, dei quali49 sono stati giudicati rispondenti acriteri di evidenza scientifica (Nymeret Al.). L’AAT è stata ritenuta essereassociata con risultati benefici “mode-rati” ma significativi, nel contribuire almiglioramento dei pazienti, in benquattro settori della patologia umana:sintomi appartenenti alle sindromiautistiche, problemi comportamenta-li, stati emozionali, disturbi medicifunzionali. Contrariamente alle aspet-tative, le caratteristiche dei parteci-panti e degli studi effettuati non han-no rappresentato una variabile impor-tante. L’AAT in tutti gli studi signifi-cativi è stata aggiunta ed abbinata alleterapie farmacologiche, fisiche o psi-cologiche che venivano effettuate neigruppi appaiati. Pertanto l’AAT deveessere considerata una terapia “dolce”,non “alternativa”, ma complementareed aggiuntiva rispetto alle terapieclassiche.L’ intervento con gli animali in ospe-dale, oltre che una attività di assi-stenza, può, in certi casi, rappresen-

tare terapia di disturbi legati al rico-vero, quali: ansia, depressione, dis-turbi del comportamento, del sonno,dell’appettito, nonché enuresi, statidolorosi (Kaminski, 2002). Classi-che sono ormai le esperienze nelcontrollo del dolore, ad esempio inoccasioni di prelievi o di altre mano-vre (Sobo, 2006). Sono state regi-strate anche regolarizzazioni dellafrequenza cardiaca e respiratoria,sempre correlate ad un acquisito sta-to di minore ansietà. La frequenzainiziale degli approcci non deve peròsuperare un accesso alla settimana,in modo da consentire un progressi-vo adattamento bambino-animale.Esperienze sono state realizzate per-sino in Reparti di Oncologia pedia-trica, ovviamente evitando l’accessonelle stanze sterili (Bouchard, 2004).Numerosi studi hanno riguardatobambini con problemi familiari trau-matici e con disturbi dell’apprendi-mento. L’AAT è stata studiata cometerapia aggiuntiva a quella ludica inbambini abusati sessualmente.Nel bambino autistico gli studi han-no ovviamente dato risultati partico-larmente incoraggianti nelle formead alto funzionamento e nella sin-drome di Aspergen, anche se si è

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tentato di fare interagire anche isoggetti più gravi (Redefer, 1989).Bambini con Disturbi pervasivi del-lo sviluppo sono stati studiati in“cieco”, dividendoli in tre gruppi.Sono stati fatti interagire rispettiva-mente con: una palla, un cane distoffa, un cane vero.Risultati significativi sono stati do-cumentati nei disturbi della lettura edel linguaggio (Kane, 2001), nonchénei disturbi dell’apprendimento, an-che in soggetti affetti da sindrome diDown.Studi sono stati effettuati nei Dis-turbi da stress post-traumatici, de-terminatesi in conseguenza deglieventi bellici, nella ex-Jugoslavia(Dawson, 2004).

Effetti terapeutici sono stati rilevatisui disturbi psichici presenti in ado-lescenti vittime di abuso sessuale,anche mediante l’utilizzo di gatti(Barker, 1995).

Utilizzo di altre specie animali

Il gatto viene utilizzato per la sua in-dipendenza e facilità di accudimen-to, che lo rende particolarmente uti-le nel caso di persone sole e con dif-ficoltà negli spostamenti.Criceti e conigli hanno conosciutonegli ultimi anni un vero boom nel-la diffusione presso le famiglie. Rap-presentano i veri “pet”, particolar-mente adatti per le “coccole”.Il cavallo è risultato particolarmenteutile nella terapia di disturbi motori,neuromotori, e di postura, anche insoggetti Down. È necessario il sup-porto di personale specificamenteaddestrato. Inoltre viene utilizzatonei Disturbi: della comunicazione,dell’apprendimento, ansioso-depres-sivi, ed anche nell’ADHD.Il delfino ha dimostrato effetti in-credibili e persino commoventi nel-l’ambito delle AAT. Questo animalenon si arrende mai nel tentare un ap-

proccio con l’uomo, anche quandoviene respinto. I delfini restano sem-pre disponibili, e ciò li rende parti-colarmente utili con i bambini auti-stici e nelle forme gravi di depressio-ne (Basil, 2005).Pesci ed uccellini possono svolgereun ruolo essenzialmente “rilassante”Asini, capre e mucche vengono usa-ti molto limitatamente, nell’ambitodi strutture quali: fattorie, agrituri-smi, ecc.

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Negli ultimi anni, in tutti i paesi oc-cidentali si sta assistendo alla ristrut-turazione dei modelli organizzativisanitari in modo da rafforzare le cu-re primarie. Ciò per cercare di mi-gliorare il rapporto costo/efficaciadel sistema sanitario realizzando lamigliore assistenza possibile in rap-porto alle risorse disponibili. Dopo il2000 si sta assistendo ad una, seppurlenta, evoluzione della Sanità inproiezione sociale, cioè non più ilmassimo delle cure per ciascun pa-ziente, ma le migliori cure per ognimalato compatibilmente con risorselimitate che devono bastare per tutti(Giorgio Meneghelli).Alla fine degli anni ’90 la prescrizio-ne farmaceutica raggiunge livelli darecord. Il BMJ nel 1988 riporta chel’85% delle prescrizioni medichenon giova alla salute e il 30% è addi-rittura dannoso. Garattini affermache il 50% dei farmaci in classe C incommercio in Italia non ha una di-mostrata efficacia terapeutica.Il progetto ARNO, che ha analizza-to le ricette prescritte a bambini dietà da 0 a 13 anni nel 2003 in 24

ASL italiane, ha evidenziato chel’84% delle prescrizioni sono anti-batterici e antiasmatici. Gli antibat-terici sono stati i più prescritti(63.8% delle prescrizioni) seguiti daifarmaci per l’apparato respiratorio(20.3% delle prescrizioni). Estrema-mente distanziate sono le prescrizio-ni per altre indicazioni. Lo stessoprogetto ha evidenziato che il far-maco più prescritto nel 1° anno divita era il beclometasone, prescrizio-ne sicuramente impropria. Nelle etàsuccessive al primo posto risultaval’associazione amoxicillina-acidoclavulanico, che superava nettamen-te l’amoxicillina rispetto a preceden-ti studi nonostante le indicazioni in-verse delle linee guida. Eccessiva èrisultata, in tale studio, la prescrizio-ne di cefalosporine, claritromicinaed azitromicina, nonostante la lette-ratura consideri questi farmaci di se-conda scelta e da riservare a situa-zioni particolari, poco frequenti inetà pediatrica. Per quanto riguardagli antiasmatici si è assistito in Italia,negli ultimi anni, a un iperconsumoche non ha riscontri internazionali.

Ma la progressiva riduzione delle ri-sorse a fronte dell’aumento dei biso-gni e all’aumento delle richieste “im-proprie”, costringono ormai a uncambiamento inevitabile. Il medicoè costretto, nell’espletare la propriaprofessione, a fare i conti continua-mente con le regole della Bioetica econ le regole dell’Economia. Ogginon è più possibile fare tutto ciò chesi ritiene utile per i pazienti in basealla propria esperienza, ma occorreevitare gli sprechi seguendo le “pro-ve di efficacia”.Un altro problema che occorre af-frontare nel nostro Paese è l’alto nu-mero di ospedalizzazione in età evo-lutiva, molto più elevato rispetto aglialtri paesi dell’Europa e rispetto aipaesi del Nord America. Tale diva-rio, secondo uno studio portatoavanti dal Ministero della Sanità, di-pende dal non corretto utilizzo delPronto Soccorso ospedaliero tantoda far decidere l’introduzione di unticket per gli accessi non seguiti daricovero nella finanziaria del 2007.Di certo la situazione è miglioratanegli ultimi anni, ma ancora moltoresta da fare per raggiungere l’obiet-tivo di curare i bambini in ospedalesolo allorquando l’assistenza di cuihanno bisogno non può essere forni-ta adeguatamente a domicilio.È chiaro che i cambiamenti profes-sionali sono sempre difficili da ac-cettare. È stato dimostrato che perottenere risultati sul campo sulla

Strategie ed azioni per migliorare la qualitàdelle cure: curare meglio con meno

G. D’Onofrio1, G. Di Mauro2, L. Mariniello3

1Direttore Sanitario ASL CE/2 Regione Campania2Pediatra di famiglia, Presidente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale3Pediatra di famiglia, Componente Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

vvuIl progetto ARNO, che ha analizzato le ricetteprescritte a bambini di età da 0 a 13 anni nel 2003in 24 ASL italiane, ha evidenziato che l’84% delleprescrizioni sono antibatterici e antiasmatici

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40 pediatria preventiva & sociale

corretta prescrizione di farmaci e diesami di laboratorio e strumentali,inducendo il medico a fare costante-mente una valutazione dei costi/be-nefici, costo/utilità, costo/efficacia ecosto/efficienza, sono necessarimeccanismi premianti per i medici.E’ in tale contesto che il 12 maggio2003 viene siglato nell’ASL CE/2un accordo aziendale per la pediatriadi famiglia che rende operativi mol-ti punti previsti dal nuovo accordonazionale, non ancora recepiti a li-vello regionale, adattandoli alle par-ticolari esigenze di quel contestoterritoriale. Tra l’altro viene attivatala Pediatria in associazione per au-mentare la possibilità di accesso deigenitori alle prestazioni del pediatradi famiglia, di fornire un serviziomigliore e al fine di ridurre gli acces-si in Pronto Soccorso con conse-guente riduzione dei ricoveri. Vieneresa eseguibile la diagnostica di self-help prevista dal DPR 272/2000 al-l’allegato B al fine di migliorare l’ef-ficienza, l’efficacia e la razionalitàassistenziale. Infatti il self-help mi-gliora la capacità di selezionare i ca-si da inviare al livello successivo,semplifica, a vantaggio degli utenti, ipercorsi assistenziali, offre al pedia-tra di famiglia la possibilità di effet-tuare diagnosi precoci con terapiemirate. Vengono introdotti i bilancidi salute all’adolescente: uno tra 8 e9 anni, uno tra i 10 e gli 11 anni euno tra i 12 e i 14 anni. Tali bilancidi salute sono definiti con rapportocosto-beneficio estremamente favo-revole, in grado di salvaguardare lostato di salute in età evolutiva. Il pe-diatra di famiglia viene individuatocome il professionista più idoneo adintercettare precocemente, con lostrumento dei bilanci di salute, nonsolo i problemi di salute ma anche leproblematiche di disagio e di devia-zione così frequenti in tale epocadella vita.

La somma prevista per l’applicazionedei nuovi istituti, pari a euro 228.453,viene considerata corrisposta a titolodi anticipazione e si stabilisce che sa-rà recuperata in caso di non raggiun-gimento dell’obiettivo di riduzionedel 5% sulla spesa farmaceutica, didiagnostica e di assistenza riabilitativarispetto all’anno 2002.Tale obiettivo èstato largamente raggiunto.A gennaio 2005, tenuto conto delsuccesso ottenuto con il precedente,venne stipulato un nuovo contrattoaziendale al fine di applicare local-mente il nuovo contratto regionale.Si convenne di accettare tutte le do-mande per l’associazionismo e per ilcollaboratore di studio effettuate en-tro il 31 dicembre 2004 anche se ec-cedenti la quota regionale prevista.Al fine di rafforzare l’assistenza a li-vello territoriale fu concordato chetutte le associazioni potevano de-cidere di aumentare e coordinare l’o-rario di apertura degli ambulatori inmodo da coprire, complessivamente,una fascia oraria massima ore 8-20dal Lunedì al Venerdì. Per ogni oraeccedente lo standard minimo previ-sto dal contratto regionale (5 ore per2 pediatri, 6 ore per 3 pediatri e 7

ore per 4 o più pediatri) si stabilì unincentivo di Euro 1.03 per assistitoin carico per anno oltre a quantoprevisto per la quota base.Si decise anche di mantenere il pre-cedente progetto salute infanzia ri-ferito agli adolescenti.Ovviamente a fronte di quanto otte-nuto, considerato le ristrette risorsedisponibili e il grave deficit in bilan-cio di tutte le ASL della regione e inparticolare della nostra, si legò talecontratto a due obiettivi specifici:1) riduzione del 10% degli accessi

impropri al pronto soccorso daparte degli assistiti in carico aicolleghi in associazione rispettoal 2004;

2) contenimento della spesa nettafarmaceutica aziendale indottadai pediatri di famiglia di almenoil 5% rispetto alla spesa media re-gionale per lo stesso periodo;

3) partecipazione obbligatoria a 4eventi formativi organizzati dallaFIMP in collaborazione conl’ASL su percorsi diagnostico-te-rapeutici sulle principali patolo-gie di riscontro ambulatoriale.

Si convenne inoltre con la partepubblica che a fine di ogni anno si

Tabella 1 - Valori di riferimento ASL CE/2 per i pediatri di libera scelta e con-fronti con anno precedente

Indicatori 004 2005 Scostamenti %Totale spesa 3.310.159 2.990.084 - 9,67Totale pezzi 297.087 291.582 - 1,85Totale ricette 191.970 192.133 0,08Totale assistibili 63.927 63.927 0,00Totale trattati 45.881 44.324 - 3,39Rapporto trattati/assistibili 71.77 69.34 - 3,39Costo medio ricetta 17.24 15.56 - 9,74Costo medio pezzo 11.14 10.25 - 7,99Costo medio assistibile 51.78 6.77 - 9,68Costo medio trattato 72.15 67.46 - 6,50Numero specialità 1.264 1.222 - 3,32Numero sostanze 417 350 - 16,07Elaborazione CINECA- Consorzio interuniversitario – Bologna

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sarebbe effettuata una verifica dacompletarsi non oltre Giugno del-l’anno successivo e, in caso di man-cato raggiungimento dei predettiobiettivi, le somme corrisposte al dilà di quanto previsto dal contrattoregionale, sarebbero state recuperate.Nei primi mesi del 2005, in collabo-razione tra la Federazione Italianadei Medici Pediatri (FIMP), l’ASLCE/2 e la Società Italiana di Pedia-tria Preventiva e Sociale (SIPPS),furono organizzati quattro corsi resi-denziali di sviluppo professionalediretti a tutti i pediatri ambulatoria-li, ospedalieri e dell’UOMI del-l’ASL dal titolo: “Strategie ed azioniper migliorare la qualità delle cure:curare meglio con meno” con l’inter-vento di esperti docenti sugli argo-menti scelti: “La gestione ed il con-trollo delle infezioni respiratorie inetà pediatrica”, “L’asma in età pedia-trica”, “Le infezioni delle vie urinarienel bambino”, “La diarrea acuta nelbambino”.In particolare si riportarono lineeguida sugli argomenti scelti soffer-

mandosi sul corretto trattamento diquelle patologie, rimarcando in chemodo curare meglio con meno con-ciliando il binomio Economia-Far-maci. Alla prima verifica, dopo po-chi mesi, si evidenziò un cambia-mento sostanziale delle prescrizionida parte dei pediatri dell’ASL connetto risparmio nella spesa farma-ceutica per calo dell’effetto mix. Ta-le effetto consiste nello spostamentodella prescrizione nell’ambito dellastessa categoria terapeutica dallemolecole più costose, le nuove, aprincipi meno costosi, i vecchi.La verifica effettuata a fine annoconfrontando la spesa farmaceuticadell’anno 2005 con quella dell’annoprecedente dimostrò il pieno rag-giungimento degli obiettivi previsti .In particolare tale spesa si ridussedel 9,67%, a fronte del 5% previstoTab. 1.Gli accessi e i ricoveri risultavano ri-dotti nel 2005 rispetto al 2004 nel-l’ospedale Moscati, mentre risulta-vano aumentati negli altri ospedalidell’ASL nelle cui zone l’associazio-

nismo era meno diffuso (Fig. 1).Dopo l’approvazione, a dicembre2005, del nuovo Accordo CollettivoNazionale per la pediatria di liberascelta, che ha voluto perseguire l’o-biettivo di una progressiva valorizza-zione del ruolo del Pediatra di liberascelta visto come parte essenziale del-l’organizzazione complessiva dellecure primarie, in data 31 Maggio2006, nell’ambito del Comitato exart. 23, è stato riesaminato il ruolo delPediatra di famiglia in particolare ri-spetto all’uso appropriato delle risor-se nell’ambito dell’offerta delle pre-stazioni sanitarie. In tale sede fu defi-nita la bozza per il nuovo contrattoaziendale per l’anno 2006, che è dive-nuto esecutivo nel mese di settembre.I punti salienti previsti sono:1) Introduzione dell’istituto della dis-ponibilità telefonica, il cui fine èquello di migliorare la fruibilità delleprestazioni sanitarie primarie, agevo-lando i cittadini nell’accesso al servi-zio, in modo da ridurre il ricorso im-proprio al Pronto Soccorso e all’assi-stenza sanitaria di secondo livello. Ladisponibilità telefonica, aumentandola disponibilità nel settore delle cureprimarie, concorre alla razionalizza-zione dell’utilizzo delle risorse.L’istituto della disponibilità telefoni-ca è così articolato:- L’adesione dei pediatri è facoltati-

va - Il PdF s’impegna a garantire una

disponibilità telefonica sino a mas-simo 6 ore giornaliere al di fuoridell’orario di studio, dal lunedì alvenerdì, quando non è attiva laguardia medica.

- I medici identificano nell’ambitodella loro forma associativa idoneemodalità di sostituzione per ga-rantire la disponibilità telefonicaprevista in caso di assenza di uno opiù componenti dell’associazione.

- In caso di sostituzione di un me-dico aderente a questa attività, il

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sostituto accetterà implicitamentela disponibilità telefonica.

- Ai pediatri che aderiscono in for-ma associata o singola alla seguen-te forma di attività integrativad’assistenza, viene erogata unaquota di € 0,10 per assistito in ca-rico per ogni ora di disponibilitàper mese.

2) Confermato il progetto salute in-fanzia previsto dal precedente con-tratto aziendale.3) Possibilità per i pediatri ad asso-ciarsi sino ad un massimo dell’80%previo parere positivo del Comitatoex art. 23.4) Incremento della quota previstaper l’associazionismo da 8 a 10 europer assistito in carico per anno.5) Incremento della percentuale dicollaboratore di studio dall’attuale50% dei pediatri al 55%.I pediatri di famiglia dell’ASL CE/2a fronte di questi incentivi propostinella presente contrattazione azien-dale si impegnano a realizzare i se-guenti obiettivi:- riduzione degli accessi impropri

(non seguiti da ricovero) al prontosoccorso di almeno il 5% rispettoall’anno 2004, durante i giorni fe-riali dalle 8.00 alle 20.00 relativiagli assistiti in carico ai pediatri difamiglia partecipanti alla pediatriain associazione e alla disponibilitàtelefonica;

- contenimento della spesa netta far-maceutica Aziendale indotta daipediatri di libera scelta di almeno il12% rispetto alla spesa del 2004;

- riduzione dell’assistenza speciali-stica esterna, compresa quella dia-gnostica, per immagini e di labo-ratorio di almeno il 7% rispetto al-la spesa aziendale per l’anno 2004;

- riduzione dell’assistenza ospeda-liera esterna dell’8% rispetto allaspesa aziendale per l’anno 2004;

- interventi mirati a prevenire e ri-durre la percentuale degli obesinell’infanzia promovendo correttistili di vita nell’ottica di ridurre lecomplicanze ad essa correlate;

- promozione ed incentivazione del-le vaccinazioni;

- promozione ed incentivazione del-

l’allattamento al seno;- obbligatorietà a partecipare ad

eventi formativi organizzati dallaFIMP in collaborazione conl’ASL al fine di ottimizzare lestrategie previste dal contrattoaziendale.

Si conviene che a fine anno, dopoverifica dell’azienda, in caso di man-cato raggiungimento dei predettiobiettivi su base annuale, le sommecorrisposte saranno recuperate in seirate di pari importo.L’esperienza avviata, da pochi anni,nell’ASL CE/2 dimostra cha la ra-zionalizzazione della spesa sanitariaè difficile da ottenere con sterili ap-pelli alla ragionevolezza. Ottimi ri-sultati, invece, possono essere otte-nuti con meccanismi premianti per imedici, punto che non è mai statosinora affrontato dal nostro SSN.Dunque sarebbe opportuno un cam-bio di rotta nella gestione della real-tà sanitaria italiana, che dovrebbe se-guire un’ottica aziendale in grado diottimizzare, con vari interventi,l’impiego delle ridotte risorse dispo-nibili.L’esperienza, che si va sempre piùconsolidando, dell’ASL CE/2 dimo-stra che una migliore organizzazionecomplessiva delle cure primarie rap-presenta la chiave per razionalizzarel’impiego delle risorse umane edeconomiche disponibili per la Sanitàpermettendo di raggiungere l’auspi-cato obiettivo di “curare meglio conmeno”.

vvuL’esperienza, dell’ASL CE/2 dimostra che unamigliore organizzazione complessiva delle cureprimarie rappresenta la chiave per razionalizzarel’impiego delle risorse umane ed economiche dispo-nibili per la Sanità permettendo di raggiungerel’auspicato obiettivo di “curare meglio con meno”.

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Infezioni e farmacoterapia pediatricadi G. Caramia

Le malattie infettive rappresentanouna delle principali problematichecliniche dell’età pediatrica e pertan-to, la conoscenza approfondita edaggiornata di terapia e prevenzionedi tali patologie rappresenta un do-vere per ogni medico. La difficoltàin tale campo deriva essenzialmentedalla sua complessità e dalla conti-nua evoluzione delle conoscenzescientifiche, in un ambito nel qualela ricerca consente non solo l’identi-ficazione di nuovi ceppi patogeni odi nuovi meccanismi di resistenza aifarmaci, ma anche lo sviluppo di in-novativi presidi terapeutici.In questo panorama si colloca laquarta edizione dell’opera di Giusep-pe Caramia, Ermanno Ruffini e Vas-silios Fanos “Infezioni e Farmacotera-pia Pediatrica” della Biomedia SourceBooks, che nasce dall’esigenza di per-fezionare ed aggiornare, alla lucedelle più recenti conoscenze, il leg-gendario ‘taccuino’ che alberga nelletasche del camice di ogni medicoappassionato, che giorno dopo gior-no riporta di suo pugno le conoscen-ze acquisite nel corso della forma-zione sul campo. Questo manuale,nella sua estrema praticità, si rivolgea medici e studenti di medicina chenecessitino di uno strumento com-pleto, di rapida consultazione.

Gli autori si prefiggono con succes-so l’ambizioso obiettivo di fornire unvalido aiuto per giungere ad unascelta del farmaco antinfettivo ra-gionata e basata sui criteri della Evi-dence Based Medicine.L’impostazione di una terapia dovràinfatti tener conto, come spiegato nel-la sezione introduttiva “Norme per unacorretta scelta del farmaco e conduzionedella terapia” delle evidenze a favoredel farmaco di prima scelta e delleeventuali alternative, dell’agente pato-geno identificato attraverso esami col-turali e della valutazione clinica, allaluce delle ultimi studi della letteratura.Anche il dibattuto tema dell’appli-cazione di una determinata terapiain età infantile è trattato in questotesto attraverso l’analisi delle più re-centi sperimentazioni, fornendo intale modo uno strumento di studioche potrà sostituirsi ad una indagi-nosa e lunga ricerca di altre fonti diaggiornamento.La struttura del libro risulta funzio-nale a tali scopi; il testo è suddiviso insette differenti sezioni. La prima diqueste è dedicata ai “Farmaci antibat-terici” ed esordisce con una parte in-troduttiva nella quale, attraverso ta-belle di rapida consultazione, vengo-no classificati i differenti microrga-nismi e si identificano farmaci di pri-ma scelta ed alternative terapeutiche.In questa sezione sono presenti inol-tre altri due tipi di tabelle sinottiche:nella prima è riportata una classifica-

zione ulteriore di patologie suddiviseper organi ed apparati, e relative tera-pie specifiche; nella seconda sonopresenti le indicazioni per la duratadei diversi trattamenti. Seguono leschede relative alle diverse categoriedi farmaci antibatterici, che riportanooltre a generalità, meccanismo e spet-tro d’azione, resistenza e caratteristi-che farmacologiche, anche elementidi carattere clinico quali indicazioni,effetti indesiderati, interazioni e do-saggi. Utile inoltre risulta l’elenco deiprincipali nomi commerciali disponi-bili attualmente.Per quanto concerne le successive tresezioni, che prendono in esame“Farmaci Antimicotici”, “FarmaciAntiparassitari” e “Farmaci Antivi-rali”, l’organizzazione è sostanzial-mente identica. Particolarmentecompleto ed aggiornato risulta esse-re il capitolo relativo all’Infezione daHIV, che si articola in numerose ta-belle relative a specifici aspetti dia-gnostico-terapeutici, compresi i cri-teri per le eventuali variazioni dellaterapia antiretrovirale ed i regimiraccomandati in caso di insuccessodel trattamento farmacologico.La quinta e la sesta parte prendonoinfine in esame le caratteristiche e leapplicazioni di “Vaccini” ed “Immuno-globuline” nella pratica clinica; anchein questo caso numerose tavole sche-matiche consentono un orientamentogenerale introduttivo, prima di ad-dentrarsi nello studio delle caratteri-

Letto per Voi

S. BernasconiClinica pediatrica - Dipartimento dell’età evolutiva - Università degli Studi; Parma

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stiche dei singoli presidi terapeutici.Nell’ultima sezione, denominata“Tavole fuori testo”, sono riportate ul-teriori tabelle illustrative di alcuniaspetti della farmacoterapia che pos-sono richiedere un interesse supple-mentare; oltre ad indicazioni sullachemioprofilassi, vengono illustratealcune caratteristiche specifiche re-lative a determinati farmaci, quali lapossibile fotosensibilità, o il passag-

gio nel liquor, o ancora l’uso in cor-so di gravidanza ed allattamento.La completezza del testo è notevole,le fonti eccellenti, la forma chiara erapida nella fruizione.Oltre ad uno strumento per la prati-ca clinica, gli autori hanno infine vo-luto fornire ulteriori spunti per l’ap-profondimento e lo studio, attraver-so un elenco puntuale di libri, rivistee siti internet da consultare.

L’interesse del bambino rappresen-ta il punto di partenza e di arrivo diquesto libro ed anche se, come re-cita la dedica iniziale:“La vera gioianon deriva dalle ricchezze o dalla lo-de degli uomini, ma dal fare qualcosache valga la pena”, non posso cheportare agli autori il mio augurioper una ampia diffusione di que-st’opera, lodando l’immane lavorocondotto.

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Il pediatra e la famiglia. Il con-suelling in pediatriadi S. Quadrino

La prima caratteristica che contrad-distingue questo libro è quella di es-sere stato progettato per consentireal lettore modalità di uso diverse, aseconda dei suoi obiettivi, dellecompetenze che già possiede, degliinteressi… e del tempo disponibile.Basta sfogliarlo per accorgersi cheogni capitolo permette di sceglierefra una lettura ordinata e completa,un veloce percorso attraverso esempidi sequenze comunicative, un appro-fondimento su casi specifici analiz-zati passo per passo. Per i più curio-si, la sezione “per saperne di più” of-fre riflessioni e ampliamenti sui con-cetti affrontati nel capitolo.Il campo che Silvana Quadrino per-corre insieme al lettore è quello del-la comunicazione quotidiana fra ilpediatra e la famiglia con bambino,che di quella comunicazione è il ve-ro interlocutore. Il metodo del co-unselling sistemico, che Quadrinopropone ai pediatri in questo libro,si basa sulla capacità di tenere contodi un sistema famiglia che non si ve-de ma agisce in tutto ciò che ha ache fare con la salute del bambino:tenerne conto non sforzandosi ditrasformarsi in terapeuti della fami-glia, ma imparando ad utilizzare unamodalità di comunicazione più con-

sapevole, che riduca il rischio di ma-lintesi, conflitti inutili, contrapposi-zioni improduttive, e che dia al pe-diatra la possibilità di agire positiva-mente sullo sviluppo delle compe-tenze genitoriali per la promozionedella salute del bambino.I primi due capitoli del libro forni-scono le basi metodologiche di unintervento di comunicazione consa-pevole basato sull’ottica sistemica: apartire dai concetti, a molti ormainoti, della pragmatica della comuni-cazione umana, vengono proposteed esemplificate modalità comuni-cative capaci di aumentare l’efficaciadell’ interazione pediatra-genitore-bambino e di migliorare il livello diascolto reciproco, senza che questorichieda mai di utilizzare tempi in-conciliabili con i ritmi dell’attivitàdel pediatra.Il testo porta con gradualità il letto-re a intravedere le possibilità di unaconduzione dei colloqui più efficacee più equilibrata. Il timore, semprepresente quando a parlare di collo-quio o di famiglia non è un pediatrama uno psicologo, di essere traspor-tati in ambiti estranei o di essere ob-bligati ad addentrarsi nei meandridelle dinamiche della famiglia (o al-meno a “capirle”), si dissolve fin dal-le prime pagine. Come viene piùvolte ribadito, il contesto è e deverimanere quello dello studio medi-co, e gli obiettivi devono restare le-

gati al mantenimento e alla promo-zione della salute del bambino.Semmai, l’invito che viene più volteripetuto è di aumentare la consape-volezza degli obiettivi che il pedia-tra si pone in ogni fase della sua co-municazione, e di diventare capacidi esplicitarli in modo assertivo, se-gnalando anche in quali ambiti, in-vece, il pediatra non intende adden-trarsi (problemi della coppia, sceltedi vita ecc.)Concetti che spesso rimangono unpo’ vaghi, come quello di ascolto at-tivo, di narrazione, di facilitazione,vengono accuratamente tradotti insequenze di atti comunicativi trattedall’esperienza quotidiana dei pe-diatri, illustrati e resi più fruibili daimmagini in margine che indicanole sequenze consigliabili e quelle in-vece che comportano rischi di ma-lintesi o di conflitti. Di particolareutilità pratica la parte dedicata allascelta e alla formulazione delle do-mande, che fornisce al lettore esem-pi facilmente trasferibili nella suaattività di ogni giorno.Nei capitoli seguenti l’autrice accom-pagna il pediatra nelle diverse fasi divita del sistema famiglia con bambi-no, da “prima della nascita” all’adole-scenza: ancora una volta l’obiettivonon è quello di approfondire i temidella psicologia dei cicli di vita, ma difornire al pediatra gli strumenti percollocarsi in modo costruttivo all’in-

Letto per Voi

L. VenturelliDirettivo SIPPS

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terno di quel sistema in evoluzione,per individuare obiettivi realistici, perfronteggiare i momenti più critici, perevitare le trappole di proposte rela-zionali rischiose. Lo strumento èsempre quello della competenza co-municativa, che capitolo dopo capi-

tolo il lettore si accorge di poter affi-nare, scoprendo a volte con sorpresadi poter modificare con relativa faci-lità vecchie abitudini consolidate, dipoter introdurre piccoli ma fonda-mentali cambiamenti: una domandain più, un segnale di accoglienza in-

vece di una brusca contrapposizione;la rinuncia a domande basate sul“perché”, l’uso di segnali di positiviz-zazione. Piccoli cambiamenti chepossono tradursi in maggior benesse-re. Per il pediatra, non solo per i ge-nitori e il bambino.

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