my world 2

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Catalogo realizzato in occasione della mostra My World 2, Venezia 8-23 maggio 2010. Project concept&interviews: Giuliana Tammaro Graphic Design: Benedetta Crippa

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My World2

a cura di

Giuliana Tammaroe Francesco Liggieri

dall’8 al 23maggio 2010

Chiesa diSanta Maria Ausiliatrice

Fondamenta San Gioachin Castello 450

Venezia

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Colophon

allestimentiCosimo Patisso

My World 2a cura di Giuliana Tammaro e Francesco Liggieri

dall’8 al 23 maggio 2010 Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice

Fondamenta San Gioachin, Castello 450, Venezia

interviste a cura diGiuliana Tammaro

graphic design catalogo, editing immagini e testi

Benedetta Crippa

foto manifestoGiuliana Tammaro

grafica manifesto e flyerGiuliana Tammaro

hanno collaborato all’eventoNicola Lucchese e Omero Vanin

(from: Captain Mantell)

[email protected]

http://myworldproject.blogspot.comcon la collaborazione di

artisti in mostra108, Alia Lootah, Chiara Gasparini,

Francesco Liggieri, Giuliana Tammaro+Silvia Basso, Luca Bidoli,

Kaitlin Zorah McDonough, Knore, Koes, Maicol e Mirco, Massimiliano Boschini e

Nazzarena Poli Maramotti.

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Indice

My World 2Artisti 108 Alia Lootah Chiara Gasparini Francesco Liggieri Giuliana Tammaro+Silvia Basso Kaitlin McDonough Knore Koes Luca Bidoli Maicol e Mirco Massimiliano Boschini Nazarena Poli MaramottiRingraziamenti

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My World 2Le domande spesso nascono dalla curiosità, dalla voglia di conoscere, di avvicinarci a qualcosa di diverso, di andare oltre una linea immaginaria che delimita l’“area protetta” entro cui non rischiamo nulla ma che, a lungo andare, può irrimediabilmente smorzare la motivazione che ci spinge ad agire in modo propositivo. Le mostre spesso viaggiano su due diversi binari: il primo è quello di una realtà fatta di addetti ai lavori che non amano confrontarsi con il mondo vero e che per questo rimangono nella mediocrità… e poi c’è l’altro binario, quello lungo il quale si incontrano personaggi a volte bizzarri, sempre volenterosi, pieni di idee, coraggiosi e con il sincero desiderio di rimettersi in gioco, in discussione, di tentare e di andare oltre la rassicurante linea di delimitazione.

Il progetto My World, quest’anno alla sua seconda edizione, siamo convinti faccia parte della seconda categoria: è un progetto energico, forte, e che quest’anno si avvale di una maturità nuova, frutto di impegno costante e passione allo stato puro. Un progetto che cresce spinto da una forte motivazione e con una linea ben precisa: qualità dei lavori degli artisti invitati a partecipare, trasparenza nelle informazioni, buona volontà.

Questo è My World.

Un progetto artistico nato un anno fa e che, con determinazione, arriva alla seconda edizione rinnovato e carico di buoni propositi. Un progetto come ce ne sono pochi in giro, forse per questo così seguito, forse per questo così ben voluto. Un progetto apparentemente semplice ma che rimane nella memoria di chi l’ha incontrato.

Non siamo presuntuosi, questa è la pura verità.

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Nome108

Viene da Alessandria

Sito webwww.108nero.com

108

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Come definiresti il tuo lavoro?

Difiicile: potrei definire il mio lavoro come non figurativo, enigmatico.

Usi spesso il nero, cosa ti attrae di questo colore?

Il nero è il colore più pieno di tutti. Sicuramente è quello che dà più forza alle mie forme e in cui ci si può perdere più facilmente. È anche un simbolo del mio lato oscuro, inteso non come negativo ma come lato più incomprensibile, misterioso, spirituale e interessante.

Che rapporto hai con l’ambiente (inteso come spazio che ti circonda, natura, etc.)?

Io sono parte dell’ambiente. Le mie opere sono concepite come parte dell’ambiente in cui si trovano. L’ambiente è essenziale. Nella maggior parte dei casi, i miei lavori sono parte di un ambiente urbano o post industriale, il motivo è che io ho sempre abitato in città. Se potessi, però, vorrei

vivere e lavorare in ambienti naturali, il più possibile lontano dai centri umani: è per questo che preferisco mille volte di più un muro in totale rovina ad un muro bianco. Un muro in rovina, oltre ad essere esteticamente bellissimo, è un manufatto che sta tornando a fare parte della natura.

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inverno 2010 — idropittura su muro, 300x200 cm, 2010

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Alia Lootah

Nome Alia Lootah

Viene daDubai

Sito web www.art-obsession.deviantart.com

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Che rapporto c’è tra il tuo lavoro e le tue origini?

Il mio lavoro mi riflette, indipendentemente dalle mie origini. Tuttavia penso che l’imprecisione della figura che rappresento ora rifletta l’anonimato degli individui odierni.

esaminato la fotografia in generale concentrandomi sull’aspetto del movimento di un’immagine sfuocata.

Pensi che l’arte abbia uno scopo? Se sì quale?

Penso che l’arte sia un linguaggio universale che invia direttamente o indirettamente un messaggio. L’arte è leggibile, è un mezzo di comunicazione, sia che l’artista stia comunicando un messaggio universale che un messaggio personale.

Nel tuo lavoro da cosa ti fai ispirare?

Nel mio lavoro l’immagine digitale è stata l’ispirazione primaria. Ho iniziato suddividendo in pixel l’immagine, ottenendo così la figura anonima che poi ho manipolato in diversi modi ottenendo così i riferimenti per la mia pittura. Nello stadio successivo ho

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ANONYMOUS — incisioni su carta, misure variabili, 2010

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Nome Chiara Gasparini

Viene da Portegrandi (Ve)

Sito web [email protected]

Chiara Gasparini

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Perché hai scelto l’incisione per raccontare il tuo mondo?

L’incisione permette di costruire un mondo fatto di segni. Sceglierla come linguaggio per il mio lavoro è stato come permettere ai segni che conservo nella memoria di fuoriuscire e prendere corpo nelle lastre.

Vivere nel tuo paese, Portegrandi (Ve), ha influenzato in qualche modo le tue scelte artistiche?

Certo, i paesaggi che si delineano nei miei lavori derivano e sono lo specchio dei luoghi in cui sono cresciuta.

Ci parli di un desiderio che hai rispetto al tuo lavoro?

Desidererei non arrivare mai ad un punto, in modo da mettere sempre in discussione tutto il lavoro che svolgo.

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polline — acquaforte, 15.4x14.6cm, 2009

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NomeFrancesco Liggieri

Viene da Venezia

Sito webwww.liggierifrancesco.com

Francesco Liggieri

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Quanto ha influenzato il tuo lavoro vivere a Venezia?

Dunque, Venezia mi ha adottato come un figlio, di certo mi ha dato molto, sia umanamente che come artista, mi ha regalato i suoi colori, e sono diventato molto più “romantico” nella mia tavolozza. Alcuni colori li ho trovati solo qui a Venezia: certi visi, certe situazioni che poi sono diventati i miei quadri, li ho vissuti solo qua. Sì, mi ha influenzato in maniera positiva, ogni giorno mi regala nuove cose, Venezia è la mia città ideale, non la cambierei per nulla al mondo.

Perché hai scelto di fare il curatore, oltre che l’artista?

In realtà non ho scelto di fare il curatore, io sono un artista e tale rimarrò. Fare il curatore è un gioco nato tempo fa da una discussione avuta con altri artisti che mi hanno spinto a provarci, dato

che a loro avviso, essendo artista anche io ed essendo bravo a organizzare e cercare sponsor, ero la persona più adatta a capire le esigenze degli artisti e i vari percorsi. Fortuna vuole che mi riesca bene, ma preferisco sempre fare l’artista: fare il curatore rimane un gioco divertente, l’essere artista rimane il mio gioco preferito.

Cosa significa per te la parola “pittore”?

Questa parola a me cara significa tanto e dice ancora di più. Il pittore è quella persona che riesce attraverso degli strumenti, i pennelli, a creare immagini bidimensionali e non, a volte di grande impatto, e a volte no. È una storia lunga tanto quanto la storia del mondo, ma in realtà il pittore è una condizione umana, tanto quanto quella di un poeta, di un cantante, di un attore o di un santo. Essere un pittore è un dono, una fortuna, una sfiga, un dolore ed una gioia. Sarebbe difficile dire cos’è un pittore tanto quanto dire cos’è l’arte,

quindi userò una frase di un grande maestro nonché il più grande pittore dello scorso secolo che è la seguente: “Se sapessi cosa significa, mi terrei alla larga dal dirlo”.

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live forever — acrilico su tela, 100x70cm, 2009

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Giuliana Tammaro +Silvia Basso

NomeGiuliana Tammaro e Silvia Basso

Vengono da Treviso+Pordenone

Sito webgiulianatammaro.blogspot.comwww.silviabasso.com

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Giuliana Tammaro e Silvia Basso non costituiscono un collettivo, un gruppo di lavoro fisso: ci raccontate un po’ com’è nata la vostra unione e come vivete questa collaborazione?

Ci siamo incontrate prima come coinquiline che come artiste: abbiamo imparato a conoscerci nella quotidianità; poi un giorno, in occasione di un laboratorio universitario, abbiamo iniziato a collaborare per un progetto, Private Spaces, scoprendo grande

affinità e competenze complementari.Il dialogo e il confronto sono per noi elementi fondamentali, anche per quanto riguarda lo sviluppo di progetti personali ed indipendenti dal nostro rapporto di collaborazione.Abbiamo deciso di non costituire un collettivo per non incastrarci in una struttura che, a lungo andare, sentiamo potrebbe risultare limitante e rovinare l’armonia del rapporto che finora abbiamo costruito.

Come funziona il vostro processo creativo?

La vita quotidiana è del nostro lavoro il punto di partenza principale. Ci muove il desiderio - ed il bisogno - di indagare

lì dove sembra non ci sia nulla di interessante. I nostri progetti nascono dalle piccole cose che spesso si danno per scontate: noi, con il nostro lavoro, le riscopriamo portando in luce aspetti con cui desideriamo che l’osservatore si confronti e rifletta a sua volta.

Cosa ritenete fondamentale nel vostro lavoro?

Per noi è fondamentale il rispetto reciproco che, di conseguenza, diviene atteggiamento con cui indaghiamo il mondo. La sincerità è fondamentale perché non vi siano incomprensioni o scorrettezze che troppo spesso, nel campo dell’arte, ci si ritrova a subire. Inoltre è importante che nei nostri progetti si parli della vita,

del mondo reale, delle persone vere: è nostro obiettivo creare arte evitando l’auto-referenzialità; noi desideriamo costruire, consapevoli che le nostre azioni possano influenzare ciò che ci circonda, e decise a farlo in modo positivo.

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Private Spaces — performance e installazione, dimensioni variabili, 2009-2010

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Kaitlin McDonough

NomeKaitlin McDonough

Viene da New Jersey

Sito webkaitlinmcdonough.com

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Raccontaci dell’equilibrio che hai raggiunto vivendo tra New York e Venezia.

Per me è bellissimo vivere a Venezia. Io vengo dal New Jersey e la maggior parte dei miei contatti ed amici sono di New York e di Boston. Sono cresciuta in una famiglia che, da parte di madre, ha origini assiro-armene, quindi, da piccola, mi sono sentita sì Americana, ma non al 100%…Forse, quando ho cominciato a vivere a Venezia, la realtà è andata d’accordo con

questo sentimento. Amo molto il mondo, ma non mi sento sempre parte di esso. Questo mi fa ricordare un’insegnante che mi ha consigliato di disegnare con “la leggerezza degli dei”.Non mi piace l’idea dell’artista che sta fuori dal mondo, anche se mi rendo conto che questo sentimento spesso mi appartiene.

Nella tua pittura ci sono richiami ad altri artisti famosi: qual è il tuo preferito? E perché?

Recentemente gli artisti che stimo di più sono Peter Doig, Cecily

Brown, Per Kirkeby, Alex Katz e Matisse. Sono diversi, lo so, ma tutti hanno la capacità di realizzare quadri che sono sospesi tra figurazione ed estrazione. Tutti loro hanno una grande maestria nell’uso del colore - tonalità ricche, superfici vive, che si muovono a ritmi diversi - ed hanno una bellezza che non vorrei mai dimenticare.

Ci descrivi la tua giornata tipo in atelier?

La mia giornata tipica nello studio comincia di solito con venti minuti di osservazione. Guardo tutto quello che è accaduto nella giornata precedente e, contemporaneamente, sposto degli oggetti mentre decido da dove vorrei iniziare. Passo un po’ di tempo mescolando i colori e poi comincio un quadro fino a quando il quadro resiste (proprio come se fosse una persona

che stesse ascoltando tutti i miei pensieri, recependoli sotto forma di colori e forme) ed io non mi sento stanca. A questo punto comincio a dipingerne un altro fino a quando mi rendo conto che non sto più lavorando bene. Quindi faccio una pausa disegnando o guardando i libri d’arte che tengo in studio. Mi piace ascoltare diversi podcast mentre lavoro: è bellissimo imparare cose così. Mi piace anche ascoltare la musica (nonostante non tutta la musica sia di aiuto)... Certo è che anche lavorare in silenzio è molto bello.

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Last Muting — olio e acrilico su tela, 40x40cm, 2009

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KnoreNomeKnore

Viene da Bassano del Grappa

Sito webwww.diegoknore.com

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Nelle tue opere emerge un legame forte con la storia dell’arte: in che equilibrio fai vivere tradizione e contemporaneità?

Mmm…Della tradizione…Qualcosa mi ha segnato, mi ha colpito…Dalle figure sacre ai simboli massonici, dall’uso di certi colori “oscuri” che riflettevano la difficoltà del vivere e i problemi difficili da risolvere…Arrivo alla contemporaneità perché ci vivo, perché mi guardo intorno, perché faccio street art.

Oltre che artista, hai curato diversi eventi, tra cui infart collective, un progetto molto complesso ed impegnativo che coinvolge il mondo della streetart: come gestisci questa tuo doppio interesse?

Infart è un collettivo, a volte solo amici a volte una famiglia…Senza di loro, non riuscirei a portare avanti entrambe le cose…Ormai quello che faccio per me lo faccio per infart, ci muoviamo insieme, ci divertiamo, ma intanto portiamo avanti una passione…

Su cosa stai lavorando adesso?

Progetti vari, collaborazioni, t-shirt, sculture di carne macinata, rumori corporali, finire l’album di figurine degli sgorbions, mantenere il controllo…Far piangere la madonna di mollica che ha costruito il mio amico koes, e tante altre cose che non si possono dire…

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il bene costretto dal male — tecnica mista, 80x120cm, 2009

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Koes

NomeKoes

Viene da Bassano del Grappa

Sito webwww.koes.it

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Nella tua vita quanto e in che modo dialogano arte e comunicazione grafica?

Vi è lo stesso dialogo che c’è tra la remora e lo squalo. Una semplice e quieta convivenza, una simbiosi che dura da tempo, con la consapevolezza di entrambi della vita distinta di ognuno. Si accompagnano in giro per il mare ma mantengono la propria identità. Come si sa, lo squalo è il più famelico e ruba parecchio tempo al pacifico vivere della remora.

Che rapporto hai con le forme che dipingi?

Nascono da proporzioni che ho maturato nel tempo con le esperienze che ho fatto e le persone che ho incontrato. Mi hanno sempre colpito le campiture piatte e i segni marcati ma sicuramente la chiave di volta mi viene sempre suggerita dal supporto o dalla superficie con cui mi devo confrontare.

Stai lavorando molto in questo periodo, qual è un sogno nel cassetto che vorresti si realizzasse?

In questo periodo lavoro parecchio, anche se non tra colori e superfici. Sicuramente la cosa che più mi piacerebbe sarebbe avere la possibilità di vivere tra l’Italia e la Svezia e, anche se ritengo sia improbabile, vorrei potere incontrare un alce allo stato selvatico.

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Senza titolo — spray, 300x300cm circa, 2006

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Luca Bidoli

NomeLuca Bidoli

Viene da Gorizia

Sito webwww.lucabidoliarte.it

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Perché hai scelto la pittura come medium espressivo?

Fondamentalmente perché l’adoro, successivamente ho capito che ben si adatta ad esprimere con la giusta

complessità le cose di cui voglio parlare. Inoltre trovo interessante che la pittura possa offrire una maggiore imprevedibilità rispetto ad altri mezzi: il quadro devi vederlo una volta finito e questo vale per l’autore e soprattutto per il fruitore che, difficilmente, sarà in grado di valutare un quadro da una fotografia perché verrebbero a mancargli molti aspetti che l’artista ha riversato sulla tela.

Hai cominciato “tardi” a lavorare come artista però hai guadagnato molto presto i consensi del settore, qual è il tuo segreto?

Nei miei lavori parlo della nostra visione antropocentrica creata dalla cultura cattolica, un concetto comune anche ad altre religioni che hanno alla loro base un’idea netta e definitiva di tipo creazionista. Con i miei lavori non voglio mettere in discussione l’esistenza o meno di un Dio, mi interrogo piuttosto sul dogma di “Dio che ci ha posti al comando di tutto il creato”.Con un linguaggio pittorico conciso,

metto in relazione elementi differenti a volte sovrapponendoli, come nella mia ultima serie dove compare il corpo di un uomo e la testa di un animale da preda, e direi che oltre al titolo Everyone will be eaten non ci sia bisogno di dire molto altro. Cerco di ottenere sempre una leggerezza formale perché mi interessa creare un contrasto (che è alla base di tutto il mio lavoro) tra forma e sostanza.

Se tu fossi un animale, quale saresti e perché?Ma io sono un animale.

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everyone will be eaten 26 — smalto ed acrilico su tela, 50x70cm, 2010

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Maicol & Mirco

NomeMaicol & Mirco

Viene da Grottammare (Ap)

Sito webmaicolemirco.blogspot.com

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Com’è lavorare in coppia?

In realtà siamo in cinque persone a lavorare dietro il nostro strano nome.Io, Luigi, disegno principalmente i cerchi; Mario, il più giovane, è il tipo che usa il computer, poi c’è Vincenzo, il biondino, che è il mago della carta.Chiudono il gruppo i gemelli Luisa e Daniele, rispettivamente la punta e il manico della nostra matita chiamata maicol&mirco.

C’è molta ironia nei vostri lavori e vi immaginiamo ridere mentre li create. Ci sbagliamo?

Siamo cinque ragazzi normali normali, abbiamo i nostri momenti bui, ma… sì, direi che insieme ci si diverte un mondo!

Una cosa che non vi piace del vostro lavoro?

Possiamo dirlo? La mermellata! Ad ogni brainstorming che facciamo è sempre presente. Panini con la marmellata, crostate di marmellata, cornetti alla marmellata, gelato alla marmellata!Sappiamo che è da irriconoscenti dirlo e che tanti coetanei a dieta potrebbero irritarsi, ma c’è troppa marmellata nel nostro lavoro!

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tappo coltello e sangue — pennarello su carta e colorazione digitale, 21x30cm, 2009

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Massimiliano Boschini

NomeMassimiliano Boschini

Viene da Mantova

Sito webwww.maxboschini.com

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Hai spesso rappresentato la fotografia italiana in giro per il mondo, secondo te perché in Italia è così difficile emergere?

Una bella domanda, che io stesso mi pongo con periodica frequenza. Devo dire che, purtroppo, non ho ancora ben chiari i motivi per cui è più facile ottenere attestazioni di stima fuori dai patri confini, ma qualche idea in merito ce l’ho. Primo, sono più educati. Sì,

perché rispondono alle e-mail, anche quando devono dirti che non sono interessati a ciò che proponi. In Italia è un’utopia, nessuno si prende la briga di farti sapere nulla, salvo poi riempirti la casella di spazzatura per ogni iniziativa portata avanti. Questa è la cosa che più mi infastidisce. In secondo luogo, all’estero le regole sono più chiare: sai cosa devi preparare, in che modo e a chi inviare il “plico”. Da noi questo avviene con meno frequenza ed è più facile, o difficile - dipende dai casi - accedere alle porte del paradiso. I nomi

che girano sono sempre quelli, con buona pace di tutti gli altri. Infine il “mercato” non aiuta, visto che la propensione all’acquisto di fotografie dei nostri connazionali è pari a zero. Difficile quindi trovare chi abbia il coraggio di investire in questo settore. Quei pochi che lo fanno puntano su nomi sicuri, o quasi. Tempo fa un gallerista mi disse che per esporre da lui dovevo avere un pedigree all’altezza, con un buon numero di mostre fatte in gallerie di serie C e di serie B. Lui era la serie A, a cui potevo

aspirare dopo la normale gavetta. Non entro nel merito di tutto ciò, ma così facendo “giocano” sempre i soliti. E si torna al punto di partenza.

Nelle tue fotografie usi molto i colori saturi, cosa muove questa scelta?

Mi ha sempre affascinato di più il surreale del reale, la coscienza onirica a quella della veglia. Sono

convinto che i colori saturi aiutino a favorire tutto ciò, stimolando un piano “altro” della nostra percezione. È ormai assodato che l’assioma secondo il quale la fotografia costituisca una rappresentazione fedele del soggetto è privo di fondamento. Tanto vale tenerne conto e sfruttare questa cosa a proprio favore, aumentando quanto più possibile la distanza tra immagine e realtà. Ecco, credo che i colori saturi siano un buon viatico a tutto ciò.

Qual è stato un lavoro, tra i tuoi, che ti ha emozionato di più? E perché?

C’è stato un lavoro che mi ha emozionato e reso orgoglioso. Un paio di anni fa la direzione di Rintracciarti, un festival artistico legato ai diritti sociali che si tiene a Mantova, ha utilizzato una mia fotografia dedicata alla “follia gentile” per la propria campagna promozionale. Ritrovare un mio scatto, particolare come tecnica e come messaggio, stampato in dimensioni abnormi mi emozionava ogni qual volta ci passavo sotto…

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Blur — foto analogica, dimensioni variabili, 2008

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Nazarena Poli Maramotti

NomeNazarena Poli Maramotti

Viene da Urbino

Sito webwww.premioceleste.it/polimaramotti

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Sei molto giovane ma hai già raggiunto una tua riconoscibilità formale, come e dove ti vedi, artisticamente parlando, tra dieci anni?

È difficile a dirsi, non ho progetti precisi. So dove e come non voglio essere tra dieci anni e questo è un buon punto di partenza.

Vivi in una città dalla lunga storia artistica. Quanto influisce sul tuo percorso?

Influisce nella misura in cui questo influenza tutto il funzionamento della città, dal modo di pensare di chi ci vive ai presupposti che hanno coloro che arrivano sia per stare che per passare.

L’atto creativo per alcuni è sofferenza, tribolazione; per altri divertimento, gioia: tu come lo vivi?

Dipende, ma è difficile che mi turbi. Può spossarmi, ma il più delle volte mi rilassa.

Volente o nolente, in una città d’arte come Urbino si è completamente immersi in quest’atmosfera, è innegabile. È talmente presente che, a volte, quasi te ne dimentichi, ma non ci puoi non fare i conti prima o dopo. Perciò non so precisamente in che misura influisca sul mio percorso ma temo che sia più di quel che credo. “Temo” in senso buono.

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senza titolo — olio su carta, 30x40cm, 2010

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ER RÈFOLOcastello 1580 - 30122 venezia

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Bottega dell ’arte Venezia

bottega dell’artesan marco 1756 - venezia0412770812

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d.i.y. forniture designVia Cesare Battisti 11 - 30027 San Donà di Piave - [email protected]

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hotel ca’ due leoni Cannaregio 565 - 30135 venezia 041 5244138

Hotel Ca’ Due Leoni

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Ringraziamenti

I curatori di My World 2 ringraziano: la Municipalità di Venezia ed in particolar modo Rossana Papini, Cosimo Patisso, Benedetta Crippa, Nicola Lucchese e Omero Vanin, Ester Baruffaldi, Andrea Meneghin, Stefano Nobile, Paolo Formisano, Silvia Basso e gli sponsor che li hanno sostenuti anche quest’anno.

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Questo catalogo è stato composto con il carattere Filosofia™,progettato dalla designerZuzana Licko nel 1996e pubblicato dalla fonderia Emigre.

Emigre Magazine, giornale culturale rivolto a fotografi, artisti e architetti, fu fondato nel 1984 da Zuzana e Rudy. La rivista ebbe da subito un discreto successo, dovuto anche alla bellezza dei caratteri tipografici utilizzati, tutti disegnati da Zuzana.

L’avvento dei computer Macintosh, che stava rivoluzionando il modo di fare grafica di quel periodo, fu di grande spinta per Zuzana, che disegnò i primi caratteri proprio perché potessero essere utilizzati su questa piattaforma.

Il Macintosh e, con esso, la tecnologia what you see is what you get, dotarono da quel momento i progettisti grafici di estrema libertà nell’uso della tipografia.

Emigre conta oggi un catalogo di oltre 50 famiglie di caratteri, la maggior parte dei quali è disegnata da Zuzana.

www.emigre.com

Zuzana Licko,designer e progettista di caratteri di origine cecoslovacca,è insieme al marito Rudy VanderLans fondatore di Emigre, prima rivista e poi fonderia di caratteri digitali.

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