natura morta

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DOUGLAS PRESTON &LINCOLN CHILDNATURA MORTA

(Still Life With Crows, 2003)

Lincoln Child dedica questo libro asua figlia Veronica.

Douglas Preston dedica questo libro aMario Spezi

RINGRAZIAMENTILincoln Child: desidero ringraziare

l'agente speciale Douglas Mangini per lasua puntuale consulenza tanto suquestioni investigative quanto sullechitarre elettriche. Un ringraziamentoanche a mio cugino Greg Tear e agli

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amici Bob Wincott e Pat Allocco, per iloro saggi consigli sul manoscritto, ealle persone che hanno permesso che lavita di uno scrittore non diventassequella di un monaco: Chris e SusanYango, Tony Trischka, Irene Soderlund,Roger Lasley, Patrick Dowd, Gerald eTerry Hyland, Denis Kelly, BruceSwanson, Malou e Sonny Baula. Graziea Lee Suckno per vari aiuti assortiti. Masoprattutto un ringraziamento ai mieigenitori, Nancy e Bill Child, a miofratello Doug, a mia sorella Cynthia, amia figlia Veronica e in particolar modoa mia moglie, Luchie, per il loro affettoe sostegno. E infine alla mia cittàd'adozione, Northfield, Minnesota, che,nel nostalgico cannocchiale della

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memoria, mantiene il fascino e la graziadi una cittadina americana senza avernei difetti.

Douglas Preston: vorrei esprimere ilmio grande apprezzamento nei confrontidi Bobby Rotenberg, per aver letto ilmanoscritto e avere offerto preziosisuggerimenti, e ringraziare mia figliaSelene per i suoi insostituibili consigli,specialmente riguardo al personaggio diCorrie. Con Karen Copeland sonoprofondamente in debito per il suogrande aiuto e per la sua disponibilità.Grazie inoltre a Niccolo Capponi, perle innumerevoli conversazioni letterariee le idee eccellenti; a Barry Turkus, peravermi trascinato in bici su e giù per le

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colline toscane, e a sua moglie Jody.Vorrei ringraziare anche i miei amicifiorentini per avere compensato le oresolitarie trascorse di fronte alcomputer: sono Myriam Slabbinck,Ross Capponi, Lucia Boldrini eRiccardo Zucconi, Vassiliki Lambrou ePaolo Busoni, Edward Tosques, Phyllise Ted Swindells, Peter e MargueriteCasparian, Andrea e VaheKeushguerian, Catia Ballerini. Devomolto poi al nostro traduttore italiano,Andrea Carlo Cappi, per la suaamicizia, l'attivo sostegno ai nostri librie per gli eccellenti suggerimenti che ciha dato per questo romanzo. E comepotrei non nominare l'incomparabileAndrea G. Pinketts? Infine, vorrei

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esprimere il mio più grandeapprezzamento a mia moglie Christine eagli altri miei due figli, Aletheia e Isaac,per il loro costante affetto e il loro aiuto.

E, come sempre, vogliamo ringraziarele persone senza le quali i romanzi diPreston e Child non esisterebbero:Jaime Levine, Jamie Raab, EricSimonoff, Eadie Klemm e MatthewSnyder.

Anche se per l'ambientazione diquesto romanzo ci siamo serviti del sud-ovest del Kansas, tanto Medicine Creekquanto Cry County e molte altre localitàmenzionate nel testo sono immaginarie ousate in modo fantasioso. Lo stesso valeper i personaggi che le popolano. Non

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abbiamo esitato ad alterare la geografiae l'agricoltura del sud-ovest del Kansasper adattarla alle nostre esigenzenarrative.

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Medicine Creek, Kansas. Primi di

agosto. Al tramonto.Il grande mare giallo di mais va da un

orizzonte all'altro, sotto un cielominaccioso. Quando il vento si solleva,le spighe si scuotono rumorosamente,come se fossero vive. Quando il ventosi spegne, tornano ad ammutolirsi.L'ondata di caldo dura da tre settimane el'aria, immobile, grava sopra i campicome un su dario luminescente.

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Una strada taglia i campi da nord asud, un'altra da est a ovest. La cittadinasorge all'incrocio. Nel centro siaccatasta un gruppo di tristi edifici grigi,che si fanno sempre più radi a mano amano che ci si allontana lungo l'una ol'altra strada: al loro posto s'incontranoabitazioni unifamiliari, poi fattorieisolate e infine il nulla. Un torrentebordato di alberi scheletrici scende danord-ovest, gira pigramente intorno allacittadina e svanisce verso sud-est. Èl'unico elemento curvo in un paesaggiodi linee rette. A nord-est si alza ungrappolo di collinette circondate da unbosco.

A sud della città, sperduto in mezzo al

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granturco, sorge un mattatoio diproporzioni gigantesche, con le paretimetalliche levigate da anni di tempestedi sabbia. Un lieve sentore di sangue edisinfettanti fluttua in direzione sud,seguendo le occasionali correnti d'aria.Più in là, appena dietro l'orizzonte, sialzano tre silos colossali, che fannopensare agli alberi di una nave persa inmezzo al mare.

La temperatura è di trentotto gradi. Anord balenano silenziosi lampi dicalore. Le pannocchie rigonfie sfioranoun'altezza di due metri. Mancano duesettimane alla mietitura.

Il crepuscolo scende sul paesaggio. Ilcielo arancione si tinge di rosso sangue.In città si accende una manciata di luci.

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Un'auto bianca e nera della poliziapercorre la strada principale, puntandoa est, verso il grande nulla dei campi. Ifari sciabolano l'o scurità crescente.

Quattro chilometri più avanti, unacolonna di avvoltoi volteggia sopra icereali, planando su una correntetermica. Gli uccelli calano a spirale,poi si risollevano lentamente. Salgono escendono con regolarità, in un ciclocontinuo.

Lo sceriffo Dent Hazen tentò di

regolare le manopole sul cruscotto eaccolse con un'imprecazione l'ariatiepida che uscì dalle bocchette. Saggiòil flusso col dorso della mano: l'aria non

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si raffreddava. Il condizionatore avevadefinitivamente tirato le cuoia. Losceriffo mormorò un'altra imprecazionee abbassò il finestrino, gettando fuori ilmozzicone della sigaretta. L'auto fuinvasa all'istante dall'aria di fine estate:odorosa di terra e di pannocchie,rovente come una fornace. Lo sceriffovide gli avvoltoi scendere e salire,scendere e salire sopra le ultimestriature del tramonto. Uccellacci dimerda, pensò, occhieggiando la lungacanna del Winchester Defender sulsedile accanto al suo. Con un po' difortuna poteva avvicinarsi quantobastava per spedirne un paio all'altromondo.

Rallentò, tornando a guardare le

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silhouette degli avvoltoi che sistagliavano nel cielo. Perché non neatterra nessuno? Lasciò la stradaprincipale, inoltrandosi in una dellestradine sterrate che attraversavano lemigliaia di chilometri quadrati di campiintorno a Medicine Creek. Proseguì,tenendo d'occhio il cielo, fino a trovarsiquasi sotto gli uccelli. Di più non potevaavvicinarsi, in automobile. Da lì inavanti gli toccava camminare.

Parcheggiò l'auto e, più per abitudineche per necessità, accese ilampeggiatori. Sgusciò fuori dal veicoloe si fermò di fronte alla parete di mais,grattandosi il mento ispido. Le pianteerano allineate nella direzione sbagliata

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e attraversarle sarebbe stato un casino.Il pensiero di doversi fare largo aspallate non gli andava a genio e per unistante fu tentato di fare marcia indietroe tornarsene in città. Ma ormai eratroppo tardi: la telefonata era stata giàmessa a registro. La vecchia WilmaLowry non aveva niente di meglio dafare che guardare fuori dalla finestra esegnalare la posizione degli animalimorti. Ma questa era l'ultima chiamatadel giorno e qualche ora extra di venerdìsera gli avrebbe garantito una lunga epigra domenica a bere birra e a pescareal parco statale di Hamilton Lake.

Hazen si accese un'altra sigaretta,tossì e si grattò, conti nuando a fissare lespighe incolonnate. Probabilmente la

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mucca di qualcuno si era avventurata nelcampo ed era morta di fame e di sete.Da quando è responsabilità di unosceriffo controllare le carcasse deglianimali? Ma già conosceva la risposta:da quando l'ispettore del bestiame sen'era andato in pensione. Non c'eranessuno che potesse prendere il suoposto. Né d'altra parte ce n'era piùbisogno. Da un anno all'altrodiminuivano le fattorie, il bestiame, lefamiglie, le persone. La maggior parte diquelli che ancora tenevano vacche ecavalli lo facevano solo per nostalgiadei vecchi tempi. Tutto il paese stavaandando a rotoli.

Rendendosi conto di averla tirata più

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in lungo del necessario, Hazen emise unsospiro. Sistemò il cinturone, sfoderò latorcia elettrica, mise in spalla il fucile esi fece strada nel granturco.

Nonostante l'ora tarda, l'aria calda eumida non se ne voleva andare. Il raggiodella torcia lampeggiò tra i fusti, che siestendevano davanti a lui comeinterminabili sbarre di prigione. Il nasogli si riempì di un odore rugginoso, ilfamiliare profumo delle pannocchie chefaceva parte della sua vita. Le scarpecalpestavano le zolle secche di terra,sollevando polvere. La primavera erastata piovosa e, fino all'ondata di caldodi qualche settimana prima, l'estate siera mostrata clemente. Lo sceriffo nonricordava piante tanto alte: lo

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sovrastavano di almeno una trentina dicentimetri. Era stupefacente come laterra nera si trasformasse in polvere, inassenza di pioggia. Una volta, dapiccolo, Hazen si era nascosto in uncampo per sfuggire al fratello maggiore.Ma si era perduto, per due ore. Ildisorientamento di allora tornò insuperficie proprio in quel momento. Lìin mezzo l'aria era calda, fetida,appiccicosa, come in una trappola.

Hazen aspirò una boccata dallasigaretta e proseguì, scostando irritatole spighe rigogliose. Il campoapparteneva alla Buswell Agricon diAtlanta e allo sceriffo non importavaminimamente di rovinare qualche pianta

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passandoci attraverso senza troppicomplimenti. Tempo due settimane,sarebbero passate le grossemietitrebbiatrici della Agricon, ognunain grado di raccogliere e immagazzinareil mais in un flusso continuo. Il raccoltosarebbe poi stato trasportato agli enormisilos che si stagliavano a nord control'orizzonte. Quindi sarebbe statocaricato su vagoni ferroviari diretti nelNebraska o nel Missouri, per finire nellemangiatoie di stupidi bovini castrati, chea loro volta sarebbero stati trasformatiin grosse e grasse bistecche per i ricchistronzi di New York o di Tokyo. O forsequesto era uno dei campi destinati allaproduzione di combustibile, il cuigranturco non sarebbe andato in pasto né

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a uomini né ad animali, ma avrebbealimentato i motori delle automobili.Che mondo...

Hazen continuò a farsi largo di spigain spiga, il naso irritato dalla polvere.Gettò via il mozzicone, rendendosi contoin ritardo che avrebbe dovutoassicurarsi che fosse spento. All'inferno.Potevano andare a fuoco un migliaio diacri e la Buswell Agricon nemmeno sene sarebbe accorta. Avrebbero dovutopreoccuparsi loro dei propri terreni eprovvedere a recuperare da soli glianimali morti. Ma era molto probabileche, in tutta la loro vita, i manager nonavessero mai messo piede in un campodi grano.

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Come quasi tutti a Medicine Creek,Hazen veniva da una famiglia diagricoltori che avevano smesso dilavorare nei campi e venduto i loroterreni a compagnie come la BuswellAgricon. Da mezzo secolo lapopolazione locale continuava adiminuire. I campi gestitiindustrialmente erano punteggiati di caseabbandonate, le cui finestre fissavanocome orbite vuote le onde sul mare dipannocchie. Ma Hazen era rimasto. Nonche fosse particolarmente affezionato aMedicine Creek. Quello che amava eraindossare un'uniforme ed essererispettato. La città gli piaceva perchéconosceva tutto di lei. Ogni persona,

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anche la più insignificante; ogni angolo,anche il più buio; ogni segreto, anche ilpiù imbarazzante. La verità era che nonpoteva immaginare di vivere danessun'altra parte. Era parte di MedicineCreek quanto Medicine Creek era partedi lui.

Hazen si fermò di colpo. Con il raggiodella torcia esplorò le spighe davanti asé. Nell'aria satura di polvere aleggiavaun altro odore. Il tanfo dellaputrefazione. Alzò lo sguardo. Gliavvoltoi erano molto in alto, propriosopra di lui. Doveva mancare ancorauna cinquantina di metri. L'aria eraimmobile, il silenzio assoluto. Losceriffo imbracciò il fucile e avanzò conmag giore cautela.

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Il fetore si fece dolciastro. Lo sceriffodistinse un'apertura tra le spighe, unaradura proprio di fronte a lui. Dopo unultimo addio rosseggiarne, il cielo siera ormai fatto completamen te nero.

Hazen sollevò il fucile, tolse la sicuracol pollice e mise piede nella radura.Per un istante rimase sbigottito. Poi, dicolpo, comprese che cosa stavavedendo.

Cadendo a terra, il fucile lasciòpartire un colpo. La scarica di pallettonigli passò molto vicino all'orecchio. Malui non vi fe ce caso.

2

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Due ore dopo, lo sceriffo Dent Hazensi trovava pressappoco nello stessopunto. Ma nel frattempo il campo eradiventato la scena di un delitto,all'esame di una vasta delegazione delleforze di polizia. Intorno alla raduraerano state installate lampade portatili aivapori di sodio, che inondavano loscenario di una gelida luce bianca. Daqualche parte giungeva il ronzio di ungeneratore. Un bulldozer aveva apertouna strada d'accesso al luogo delritrovamento. Intorno, in un parcheggioimprovvisato nei campi, erano ferme unadozzina di automobili della Polizia diStato, insieme a camion dellaScientifica, ambulanze e altri veicoli. I

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lampi dei flash di due fotografibrillavano nella notte, mentre un unicoagente, inginocchiato a terra pocolontano, armato di pinze, raccoglievacampioni dal suolo.

Hazen fissò la vittima, sentendo lanausea salire dallo stomaco. Era ilprimo delitto commesso a MedicineCreek da quando era nato. L'ultimoomicidio risaliva al proibizionismo,quando vicino al fiume qualcuno avevasparato a Rocker Manning durante lacompravendita di un carico di alcoolclandestino. Era accaduto... quando? Nellontano '31? Era stato suo nonno aoccuparsi del caso e ad arrestarel'assassino. Ma questo era un altro paiodi maniche. Tutta un'altra storia. C'era di

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mezzo un fottutissimo maniaco.Hazen distolse gli occhi dal cadavere

e si voltò verso la strada aperta in frettae furia dalla Polizia di Stato, perrisparmiare ai suoi uomini unapasseggiata di quattrocento metri. C'erauna buona possibilità che il bulldozeravesse distrutto qualche prova. Losceriffo si chiese se quella fosse laprocedura standard degli statali, o se difatto esistesse una procedura persituazioni di quel genere. Tutta l'attivitàaveva un che di approssimativo, comese gli agenti procedessero a tentoni,scon volti dal delitto.

Lo sceriffo non aveva particolareconsiderazione per la Polizia di Stato.

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In fin dei conti, non era altro che unbranco di teste di cazzo con l'aria daduri e gli stivali tirati a lustro. Ma inquesto caso li capiva: era fuori daqualsiasi esperienza. Si accese unanuova Carnei col mozzicone dellaprecedente e ricordò a se stesso chequesto in realtà non era il s u o primoomicidio. Non era affatto un suo caso.Anche se era stato lui a trovarlo, ilcadavere era fuori città, e pertanto fuoridalla sua giurisdizione. Questo casotoccava agli statali e c'era da ringraziareDio per questo.

"Sceriffo Hazen?" Un rumore di passisulle spighe schiacciate e il capitanodella Polizia del Kansas torreggiò difronte a lui, con gli stivali lucidi, la

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mano tesa e la bocca piegata in quelloche forse voleva essere un sorriso.Hazen gli strinse la mano, infastiditodall'altezza dell'uomo. Era la sua terzastretta di mano da quando era arrivato:Hazen si chiese se il capitano avesseuna cattiva memoria o se tendere ladestra fosse una reazione nervosa.Probabilmente era buona la seconda.

"Il medico legale è in arrivo daGarden City", annunciò il capitano."Dovrebbe essere qui tra una decina diminuti."

Lo sceriffo Hazen si pentì di nonavere spedito il suo vice, Tad, acontrollare i campi. Avrebbe sacrificatovolentieri il proprio week-end di

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pesca... Cristo, sarebbe stato dispostoanche a restare sobrio, pur dirisparmiarsi lo spettacolo. D'altro canto,rifletté, per uno come Tad questosarebbe stato troppo. Sotto molti aspetti,era ancora un ragazzino

"Abbiamo un artista, qui", disse ilcapitano, scuotendo il capo. "Un veroartista. Pensa che ne parleranno sulKansas City Star?"

Hazen non rispose. Era un'idea nuova,per lui. S'immaginò la propria foto sulgiornale e il solo pensiero lo infastidì.Un agente che portava un fluoroscopiolo urtò. Cristo, quel posto stavadiventando più affollato di unmatrimonio battista.

Lo sceriffo si riempì i polmoni di

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tabacco, poi si costrinse a riguardare lascena del delitto. Gli sembravaimportante controllare un'ultima volta,prima che fosse smantellato,incellofanato e asportato. Riesaminòtutto con attenzione, memorizzando ogniorribile dettaglio.

Sembrava quasi una scenografiateatrale. Una radura circolare, deldiametro di una dozzina di metri, apertanel cuore del campo. Le spighe spezzateerano state accuratamenteammonticchiate da una parte. Anchenella terribile irrealtà di quelmomento, Hazen si meravigliò dellaprecisione geometrica con cui il cerchioera stato tracciato. In un punto della

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circonferenza c'era una foresta inminiatura, formata da bastonciniappuntiti alti dai sessanta ai novantacentimetri, conficcati nel terreno. Leestremità crudelmente acuminatepuntavano verso l'alto. Esattamente alcentro della radura, disposti a cerchio,più di una ventina di corvi morti eranoimpalati su frecce indiane dalle punte diselce. Gli occhi vacui degli uccellierano sbarrati. I becchi giallastri eranorivolti verso l'interno dellacirconferenza.

In mezzo al cerchio di corvi c'era ilcorpo di una donna.

Per lo meno, lo sceriffo Hazensupponeva che si trattasse di una donna:mancavano le labbra, il naso e le

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orecchie.Il cadavere giaceva sulla schiena. La

bocca spalancata sembrava l'ingressodi una caverna dalle pareti rosate. Partedei capelli ossigenati era statastrappata. I vestiti erano stati lacerati inun'infinità di accurate linee parallele. Siaveva l'impressione di un ordinepreciso. Qualcosa non quadrava tra latesta e le spalle: lo sceriffo pensò chele fosse stato spezzato il collo, eppurenon si vedeva alcun livido che facessepensare a uno strangolamento: se ilcollo era rotto, doveva essere statospezzato in un colpo solo.

L'assassinio, concluse, doveva esserestato commesso da qualche altra parte.

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Si notavano sul terreno segni cheindicavano come il corpo fosse statotrascinato sul terreno. I segni arrivavanofin quasi al margine della radura.Proseguendo idealmente la linea, losceriffo notò una spiga spezzata, fuoridalla circonferenza. Gli statali nonl'avevano notata. Del resto, in quellostesso momento, l'andirivieni degliagenti stava cancellando le tracce sulterreno.

Hazen si voltò verso il capitano perfarglielo notare. Ma si trattenne. Checosa gli passava per la testa? Questocaso non era suo. Non era sotto la suaresponsabilità. Al momento buono,sarebbero stati cazzi della Polizia diStato, non suoi. Ma se solo avesse

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aperto bocca, se avesse detto:"Capitano, lei ha distrutto delle prove",di lì a due mesi si sarebbe ritrovato albanco dei testimoni e avrebbe dovutoripeterlo di fronte a un coglione diavvocato difensore. Perché qualsiasicosa dicesse in quel momento sarebbetornata fuori al processo del maniacoomicida. Perché un processo ci sarebbestato. Uno così pazzo non potevare stare a piede libero per molto.

Lo sceriffo inalò un'ultima, acreboccata di fumo. Tieni il becco chiuso.Lascia che siano loro a commettere glierrori. Questo caso non è tuo. Gettò aterra il mozzicone e lo schiacciò.

Un'altra automobile sobbalzava

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lentamente sul fondo dissestato dellastrada d'accesso, falciando i cereali conla luce dei fari. Il veicolo si fermò nelparcheggio improvvisato. Ne scese ungiovanotto vestito di bianco, con unavaligetta nera. McHyde, il medicolegale.

Lo sceriffo lo guardò incamminarsicircospetto sulle zolle, timoroso dimacchiarsi il vestito immacolato. Ildottore scambiò due parole col capitano,poi si accostò al cadavere. Lo studiò davarie angolazioni, prima di chinarsi peravvolgere le mani e i piedi dellavittima in sacchetti di plastica. Quindiestrasse dalla valigetta uno stranoattrezzo, che Hazen riconobbe come unasonda anale. Così la chiamavano. Il

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medico si apprestava a fare qualcosa diintimo col cadavere. Ne misurava latemperatura. Dio, non lo farei per nullaal mondo.

Lo sceriffo alzò gli occhi verso ilcielo, ma gli avvoltoi erano spariti da unbel po'. Loro, almeno, capivano da soliquando era il momento di andarsene.

Il dottore e i suoi assistenti siaccinsero a portare via il cadavere,mentre uno statale sfilava dal terreno lefrecce con infissi i corvi, etichettandoogni reperto prima di depositarlo neicontenitori frigoriferi. E lo sceriffo siaccorse di dover pisciare. Tutto queldannato caffè. Ma c'era di peggio: unrigurgito acido stava montando dallo

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stomaco. Si augurò che non gli stessetornando l'ulcera. E l'ultima cosa cheavrebbe voluto sarebbe stato vomitaredi fronte a quella gente.

Si guardò in giro e, sinceratosi chenessuno gli facesse caso, scomparve trale spighe. S'incamminò, inspirandoprofondamente. Voleva allontanarsiquanto bastava perché la sua urina nonfosse a sua volta scoperta e catalogatacome prova. Non doveva fare moltostrada: gli statali non mostravano grandecuriosità per quanto si trovava al difuori della radura. A Hazen fusufficiente uscire dal cono di luce. Inmezzo al mare di pannocchie, ilmormorio delle voci, il tenue ronzio delgeneratore e la bizzarra violenza della

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scena del delitto sembravano distanti.Passò un alito di brezza, soltanto unlieve movimento dell'aria, che tuttaviaagitò le spighe, facendole frusciare.Rimase immobile per un istante,riempiendosi le narici di aria più fresca.Poi abbassò la cerniera lampo, emise ungrugnito e urinò rumorosamente sullaterra secca. Infine, con uno scossone chefece tintinnare pistola, manette, chiavi emanganello, rimise a posto tut to quanto.

Quando si voltò, gli parve di notarequalcosa nel chiarore riflesso delleluci. Si fermò a esplorare le spighe allaluce della torcia. Eccolo, nella filasuccessiva. Guardando più da vicino,risultò essere un brandello di tela,

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rimasto impigliato su uno stelo secco.Sembrava dello stesso materiale deivestiti della vittima. Hazen illuminò ilcqrridoio tra le piante, ma non videnient'altro, né in una direzione nénell'altra.

D'un tratto si rese conto di esserciricascato. Quel caso non era di suacompetenza. Poteva dirlo agli statali.Ma poteva anche lasciare che loscoprissero da soli. Sempre chequell'indizio significasse qualcosa.

Quando Hazen tornò alla radura, ilcapitano gli corse incontro. "La stavocercando, sceriffo", gli disse. Aveva unGPS portatile in una mano e una cartatopografica dell'USGS nell'altra. Sul suovolto c'era un'espressione molto diversa

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rispetto a quella di qualche minutoprima. "Congratulazioni."

"In che senso?" domandò Hazen.Il capitano gli mostrò il GPS. "Stando

a questa lettura, ci troviamo entro iconfini di Medicine Creek. Di quattrometri, per la precisione. Il che significache questo caso è suo, sceriffo. Siamo asua disposizione, naturalmente, ma ilcaso è suo. Quindi mi permetta di essereil primo a congratularmi con lei." E, conun sorriso, gli tese la mano.

Lo sceriffo Dent Hazen la ignorò.Prese invece il pacchetto dal taschinodella camicia e ne sfilò una sigaretta. Sela mise tra le labbra, l'accese, inspiròuna boccata e sbuffò insieme fumo e

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parole. "Quattro metri?" ripeté. "GesùCristo."

Il capitano lasciò cadere la mano suun fianco.

"La vittima è stata uccisa altrove etrasportata qui", cominciò Hazen."L'assassino è passato per il campo, daquella parte, trascinandola per l'ultimadecina di metri, più o meno. Se seguitea ritroso il percorso, a partire da quellaspiga spezzata, troverete un pezzo distoffa, identica a quella del vestito dellavittima. Il brandello è impigliato troppoin alto perché la donna stessecamminando, quindi l'assassino deveaverla portata in spalla. Troverete anchele mie impronte, fino al punto in cuisono andato a pisciare, vicino alla fila

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di spighe adiacente. Non fateci caso. E,per l'amor di Dio, capitano, a che cosaserve tutta questa gente? Questa è lascena di un delitto, non il parcheggio diun centro commerciale. Voglio cherestino solo il medico, i fotografi el'agente che ha raccolto gli indizi. Dicaagli altri di to gliersi di torno."

"Sceriffo, abbiamo le nostreprocedure da seguire..."

"Adesso le vostre procedure sono lemie procedure."

Il capitano deglutì."Voglio subito un paio di cani

poliziotto ben addestrati, che seguano lapista. E faccia venire la squadra dellaScientifica di Dodge."

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"Bene.""E un'altra cosa.""Cioè?""Voglio che i suoi ragazzi tengano alla

larga i giornalisti, se dovesseroarrivare. Specialmente i camion dellatelevisione. Tratteneteli finché nonabbiamo finito il lavoro qui."

"E come li tratteniamo?""Multateli per eccesso di velocità. È

la cosa che i suoi ragazzi sanno faremeglio, no?"

La mascella rigida del capitano siirrigidì ulteriormente. "E se non vannoveloci? "

Lo sceriffo Hazen sogghignò. "Oh,andranno veloci come razzi. Ci può

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scommettere il culo."

3 Il vicesceriffo Tad Franklin era seduto

alla scrivania, chino sulla montagna dimoduli da riempire, a lui poco familiari,nel tentativo di fingere di non vederel'assembramento di reporter assiepatidavanti alla vetrata. A Tad era semprepiaciuto che l'ufficio dello sceriffooccupasse i locali di un vecchio negozio"5-&-10-Cent": attraverso la vetrinapoteva salutare i passanti, scambiaredue chiacchiere con gli amici, tenered'occhio chi andava e veniva. Ma inquel momento la posizione delDipartimento dello Sceriffo di

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Medicine Creek si rivelavapartico larmente infelice.

La luce intensa di un'altra torrida albadi agosto aveva appena cominciato ariversarsi sulla strada, proiettandosull'asfalto le lunghe ombre dei camiondelle troupe televisive e illuminando ivolti accigliati dei giornalisti. Laprocessione era cominciata durante lanotte e ora la situazione era peggiorata.C'era un flusso continuo da e verso ilMaisie's Diner, sull'altro lato dellastrada, ma il cibo semplice della tavolacalda sembrava renderli ancora piùaggressivi.

Tad Franklin cercò di concentrarsisulle scartoffie, ma gli era difficile

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ignorare il continuo bussare alla vetrata,le domande e gli occasionali insulti. Lasua pazienza era al limite. E seavessero svegliato lo sceriffo Hazen,che stava cercando di schiacciare unpisolino nelle celle sul retro, le cosepotevano anche mettersi peggio. Si alzòin piedi, cercando di esibire la suaespressione più severa, e aprì unafinestra.

"Per l'ultima volta, vi chiedo diallontanarvi dalla vetrata."

In risposta, si sollevò un corosommesso di proteste. Qualcuno gridòuna domanda. Una corrente di irritazioneattraversava la folla dei giornalisti.Dalle scritte sui camion Tad sapeva chenon si trattava di reporter locali:

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arrivavano da Topeka, Kansas City,Tulsa, Amarillo e Denver. Be', potevanoanche tor narsene a casa e...

Dietro di sé, Tad sentì una porta chesi apriva e un colpo di tosse. Si voltò.Tra uno sbadiglio e l'altro, lo sceriffo sistava grattando il mento non rasato.Aveva i capelli tutti da una parte, chespuntavano orizzontalmente dalla testa.Hazen li sistemò, quindi si calcò intesta il cappello con entrambe le mani.

Tad chiuse la finestra. "Spiacente,sceriffo, ma questi non se ne voglionoandare."

Lo sceriffo sbadigliò, fece un gesto dinoncuranza e voltò le spalle aigiornalisti. Dalla folla, sul fondo, giunse

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un torrente di invettive, tra le quali sidistinse nettamente un "Nano bifolco".Hazen prese la caffettiera e si riempìuna tazza. Ne bevve un sorso e fece unasmorfia. Sputò il caffè nella tazza,scatarrò, sputò di nuovo e rovesciò iltutto nuovamente nella caffettiera.

"Vuole che prepari dell'altro caffè?"si offrì il vicesceriffo.

"No, grazie, Tad", rispose Hazen,dandogli una rude pacca sulla spalla.Poi si voltò nuovamente verso la vetrata."Questa gente vorrà qualcosa per ilnotiziario delle sei, non credi? È ora difare una conferenza stampa."

"Una conferenza stampa?" gli fece ecoTad. Non ne aveva mai vista una in vitasua, tantomeno vi aveva preso parte. "E

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co me si fa?"Lo sceriffo sbottò in una risata,

mostrando i denti ingialliti. "Andiamofuori e rispondiamo alle domande."Andò alla porta a vetri, girò la chiave emise fuori la testa. "Come va, ragazzi?"

Per tutta risposta fu investito daun'incomprensibile raffica di domande.

Lo sceriffo alzò una mano, scoprendouna mezzaluna di sudore chedall'ascella scendeva fino alla vita.Indossava ancora l'uniforme con lemaniche corte che portava la seraprecedente. Era un uomo tarchiato, marobusto come un bulldog, e qualcosa inlui incuteva rispetto. Una volta Tad loaveva visto mettere in riga un sospetto

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che era il doppio di lui. Mai fare abotte con un tappo incazzoso, si eradetto.

La folla si zittì e indietreggiò.Lo sceriffo abbassò il braccio. "Tra

breve il mio vice, Tad Franklin, e ioterremo una conferenza stampa.Vediamo di comportarci da personecivili, d'accordo?"

Tutti si misero in posizione. Siaccesero i riflettori e i microfoni siprotesero in avanti. Si udirono gli scattidei tasti dei registratori e degli obiettividelle macchine fotografiche.

"Tad, diamo un po' di caffè a questiragazzi."

Il vicesceriffo guardò Hazen, che glirispose con una strizzatina d'occhio.

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Il vice prese la caffettiera, ne sbirciòil contenuto e la scosse. Poi uscì con unapila di bicchieri di plastica e cominciò adistribuire il caffè. Qualcuno ne bevveun sorso, qualcun altro lo annusòfurtivo.

"Bevete!" li incoraggiò Hazen. "Chenon si dica che noi di Medicine Creeknon siamo gente ospitale!"

Movimenti, altri sorsi, qualcheocchiata di nascosto al contenuto deibicchieri. Il caffè sembrava avereplacato, se non piegato, lo spirito delgruppo. Il sole era appena sorto, ma ilcaldo era già opprimente. Non c'eranessun cestino dei rifiuti per buttare viai bicchieri e un cartello sulla porta dello

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sceriffo ammo niva:

VIETATO GETTARE RIFIUTI:100 $ DI MULTA.

Hazen si aggiustò il cappello e uscì

sul marciapiede. Si guardò intorno, rittodavanti alla folla, mentre le macchine dapresa entravano in azione. E cominciò aparlare, raccontando in un asciuttolinguaggio da poliziotto il ritrovamentodel cadavere. Descrisse la radura, ilcadavere e i corvi impalati. Non lesinò idettagli, ma riuscì a mantenersiobiettivo, senza calcare sugli aspetti piùtruculenti e aggiungendo qualchespiegazione qua e là. Tad si stupì diquanto il suo capo potesse mostrarsi alla

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mano, quasi amichevole, quando lovoleva.

In un paio di minuti la relazione siconcluse. E subito dopo fioccarono ledomande.

"Uno alla volta. Alzate la mano", liinvitò Hazen. "Come a scuola: chi gridaparlerà per ultimo. Cominci lei." Epuntò il dito verso un giornalista inmaniche corte, di un'obesitàspettaco lare.

"Qualche sospetto?""Stiamo seguendo piste interessanti.

Non posso dire altro."Tad lo guardò sorpreso. Quali piste?

Fino a quel momento non avevano inmano niente.

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"Lei", disse Hazen, rivolto a un altroreporter.

"La vittima era del posto?""No. Stiamo procedendo

all'identificazione, ma non era di qui.Conosco tutti, da queste parti, quindi velo posso garan tire."

"Sa come l'hanno uccisa?""Ci auguriamo che lo possa dire il

medico legale. Il corpo è stato mandatoa Garden City. Quando avremo i risultatidel l'autopsia, sarete i primi a saperlo."

L'autobus del mattino imboccò con unruggito la strada principale. Era ilGreyhound diretto a nord, versoAmarillo. Con uno sbuffo dei freni, siarrestò di fronte al Maisie's Diner. Che

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strano, pensò Tad. Capitava di rado chel'autobus si fermasse. Chi arrivava opartiva più da Medicine Creek? Forseerano altri reporter, giornalisti cosìsquattrinati che non disponevanonem meno di un mezzo di trasporto.

"La signora, lei, laggiù", riprese losceriffo. "La sua do manda?"

Una rossa dall'aspetto battaglieropuntò un microfono ver so Hazen. "Qualiforze dell'ordine sono impegnate nelleinda gini?"

"La Polizia di Stato è stata di grandeaiuto, ma dal momento che il corpo èstato scoperto entro i confini diMedicine Creek, il caso spetta a noi."

"L'FBI?""L'FBI non si occupa di delitti a

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livello locale e non ci aspettiamo ches'interessino a questo. Varie unità diottimo livello sono già all'opera,compresi il laboratorio criminalespeciale e la squadra omicidi di DodgeCity, i cui uomini hanno passato la nottea fare rilievi sul posto. Nonpreoccupatevi: Tad e io non siamo dasoli a lavorare al caso. Sappiamo fare lavoce grossa. E pretenderemo tutto ilnecessario per risolvere questo caso. Eanche in fretta." Hazen sorrise e strizzòl'occhio.

Con un rombo che per qualche istantecoprì la conferenza stampa, l'autobus sirimise in marcia, lasciandosi dietro unanube di polvere e diesel combusto.

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Quando la nube si diradò, una figurasolitaria apparve sul marciapiede, conaccanto una valigia di pelle appoggiata aterra. Era un uomo alto e magro, vestitodi nero, quasi a lutto. Alla luce delprimo mattino la sua ombra si allungavafino in mezzo alla strada, nel pienocentro di Medici ne Creek.

Tad guardò lo sceriffo. Anche lui loaveva visto.

Dall'altro lato della strada, losconosciuto li stava fissando.

Dopo un momento di distrazione,Hazen si rivolse nuovamente aipresenti. "Prossima domanda", disse,bruscamente. "Smitty?" Indicò il voltopienotto di Smit Ludwig, proprietario ereporter del Cry County Courier, il

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giornale locale."Qualche spiegazione per lo... ecco,

per lo strano scenario? Avete qualcheteoria per spiegare la sistemazione delcorpo e gli elementi di contorno?"

"Contorno?""Sì, lo sa, tutto quello che c'era

intorno.""Non ancora.""Potrebbe trattarsi di una specie di

culto satanico?"D'istinto Tad guardò dall'altra parte

della strada. La figura ammantata di neroaveva sollevato la valigia, ma non si eraspo stata di un millimetro.

"È una possibilità. Indagheremo inproposito, questo è certo. Abbiamo

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chiaramente a che fare con un individuopericolo samente squilibrato."

Tad si accorse che l'uomo in nerostava attraversando la strada, puntandoverso di loro. Chi poteva essere? Dicerto non aveva l'aria del giornalista, nédel poliziotto, e neanche del commessoviaggiatore. In effetti, a Tad Franklindava piuttosto l'idea di un assassino.Forse era l'assassino.

Il vicesceriffo notò che anche il suocapo stava guardando lo sconosciuto eche pure alcuni reporter si erano voltati.

Hazen pescò un pacchetto di sigarettedal taschino della camicia e riprese aparlare. "Che si tratti di una setta, di unpazzo o di qualsiasi altra cosa, vogliosottolineare... occhio, Smitty: questo è

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molto importante per i tuoi lettori...voglio sottolineare che si tratta dielementi che provengono da fuori città,forse anche da un altro Stato."

Lo sceriffo rimase senza parolequando l'uomo vestito di nero si fermòai margini della folla. Malgrado cifossero più di trenta gradi, losconosciuto portava un completo nero dilana pettinata, con una camicia candida einamidata e una cravatta di seta dal nodoben stretto. E ciononostante apparivaassolutamente impeccabile. I suoipenetranti occhi color argento eranofissi su Hazen.

Il silenzio cadde sulla folla.La figura in nero prese la parola. Non

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parlava a voce alta, ma il suo tonosembrava dominare i presenti. "Unpresupposto non confermato", obiettò losconosciuto.

Nessuno aprì bocca.Hazen prese tempo. Aprì il pacchetto,

ne scosse fuori una sigaretta e se lamise in bocca, senza dire nulla.

Tad osservava lo sconosciuto. Eracosì magro, con la pelle quasitrasparente e quei luminiscenti occhi diun grigio-azzurro così chiaro cheavrebbe potuto essere un morto vivente,un vampiro uscito di fresco dalla tomba.Se non era uno zombie, poteva passarequantomeno per un becchino. In entrambii casi, un'inconfondibile aria di mortegli aleggiava intorno. Il vice-sceriffo si

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sentì a disagio.Accesa la sigaretta, finalmente Hazen

replicò: "Non ricordo di avere chiesto ilsuo parere, signore".

L'uomo si fece avanti. La folla si aprìper lasciargli il passo. Lo sconosciuto sifermò a una decina di passi dallosceriffo. Parlò di nuovo, con un accentomellifluo del profondo sud. "L'assassinoagisce di notte, senza luna. Appare escompare senza lasciare traccia. Èproprio così sicuro, sceriffo Hazen, chenon sia di Medicine Creek?"

Hazen tirò una lunga boccata e soffiòil fumo azzurrino in direzione dellosconosciuto. "E che cosa fa di lei unesperto?"

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"Questa è una domanda cui saràmeglio che io risponda nel suo ufficio,sceriffo." Lo sconosciuto fece un cennocon la mano, invitando Hazen e Tad arientrare nel loro piccolo quartiergenerale.

"Ma chi diavolo è lei, che si permettedi dirmi di andare nel mio maledettoufficio?" protestò Hazen, sul punto diperdere le staffe.

Calmissimo, l'uomo rispose con lostesso tono di voce, mite e mellifluo."Posso suggerirle, sceriffo, che anche aquesta eccellente domanda sarebbeopportuno dare risposta in privato?Voglio dire, nel suo interesse."

Prima che Hazen potesse replicare, lo

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sconosciuto si voltò verso i giornalisti."Sono dolente di informarvi che questacon ferenza stampa è conclusa."

Tad constatò con assoluto stupore chea quelle parole i giornalisti fecerodietro-front e cominciarono adisperdersi.

4

Lo sceriffo depose la sua mole dietro

il consunto piano di formica dellascrivania. Tad si mise sulla solita sedia,provando un brivido di anticipazione.Lo sconosciuto vestito di nero depositòil proprio bagaglio accanto alla porta.

Hazen lo invitò a sedersi sullaseggiola di legno destinata ai visitatori,

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quella che, a detta dello sceriffo, era ingrado di piegare la volontà di qualsiasisospetto nel giro di cinque minuti.L'uomo vi si accomodò con un unicomovimento fluido ed elegante,accavallò le gambe, si appoggiò alloschienale e guardò l'interlocutore negliocchi.

"Offri al nostro ospite una tazza dicaffè", disse Hazen, abbozzando unsorriso.

Ne era rimasto a sufficienza perriempirne una mezza tazza, che Tad siaffrettò a porgere al nuovo arrivato.

Questi l'accettò, le diede un'occhiata el'appoggiò sulla scrivania. "Lei è moltogentile", disse affabilmente, "ma io

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predili go il tè. Tè verde."Tad si chiese se l'uomo non fosse un

po' strano. O forse era finocchio.Hazen si schiarì la voce, si accigliò e

cambiò posizione. "Okay, signore, laconsiglio di non farmi perdere tempo."

Lo sconosciuto sfilò un portafogli dipelle dalla tasca della giacca e lo aprìcon un gesto quasi languido del polso.

Hazen si protese in avanti, esaminò latessera e con un sospiro si riappoggiòallo schienale, " F BI . Porca puttana,abbiamo un pezzo grosso qui."

"Sissignore", fece Tad. Non avevamai incontrato nessuno dell'FBI, maquesto tipo sembrava esattamentel'opposto di quello che il vicesceriffos'immaginava come un agente fede rale.

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"E va bene, signor...""Agente speciale Pendergast. ""Pendergast. Pendergast. Non ho

memoria per i nomi." Hazen si acceseun'altra sigaretta e aspirò con forza. "Èqui per il delitto dei corvi?" disse,accompagnando le parole con una nubedi fumo.

"Sì.""In veste ufficiale?""No.""È qui per suo conto?""Per ora.""Da quale ufficio viene?""Tecnicamente, faccio parte

dell'ufficio di New Orleans. Ma operoin base... diciamo, a un accordo

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speciale." Pendergast fece un sorrisoamichevole.

"Quanto si tratterrà?" bofonchiòHazen.

"Per tutto il tempo."Tad si domandò: Il tempo di cosa?L'uomo dell'FBI rivolse i suoi occhi

chiari verso Tad e, sorridendo,aggiunse: "Delle mie vacanze".

Tad rimase senza parole. Ma quellogli leggeva il pensiero?

"Le sue vacanze?" Hazen, a disagio,cambiò nuovamente posizione sullasedia. "Pendergast, questa faccenda èirregolare. Mi servirà una specie diautorizzazione ufficiale. Non siamo unClub Med per voi di Quantico."

Per qualche secondo nessuno disse

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nulla. Poi l'uomo chiamato Pendergastreplicò: "Suppongo che lei preferiscache la mia presenza non sia ufficiale,sceriffo Hazen". Di fronte al silenziodello sceriffo, l'uomo dell'FBI proseguì,in tono cordiale: "Non intendointerferire con le sue indagini. Lavoreròautonomamente. Mi consulterò con leiregolarmente e, se sarà il caso,condividerò le informazioni. Qualsiasi...qualsiasi merito sarà suo: non sono incerca di fama, né m'interessaguadagnarne. Chiedo solo il consuetoscambio di cortesie tra forzedell'ordine".

Hazen inarcò le sopracciglia, sigrattò, corrugò la fronte. "Quanto ai

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meriti, francamente non m'importa unaccidente di chi se li prende. Io vogliosolo mettere le mani su quel figlio diputtana."

Pendergast assentì in segno diapprovazione.

Hazen tirò una boccata dalla sigaretta,sbuffò il fumo e ne tirò un'altra. "E vabene, Pendergast: si faccia le suevacanze di lavoro qui da noi. Non simetta troppo in mostra e non parli con lastampa."

"S'intende.""Dove andrà a stare?""Contavo su un suo provvido

consiglio."Lo sceriffo scoppiò a ridere. "In città

c'è solo un posto, quello della signorina

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Kraus. Kraus's Kaverns. Ci sarà passatodavanti con l'autobus: una grossa,vecchia casa in mezzo ai campi, circa unmiglio a ovest della città. La vecchiaWinifred Kraus affitta le stanze al pianodi sopra. Non che abbia avuto molticlienti, ultimamente. La convincerà afare un giro delle grotte. Probabilmentelei sarà il primo visitatore da un anno aquesta parte."

"Grazie", rispose Pendergast,alzandosi in piedi e andando a prenderela valigia.

Hazen lo seguì con lo sguardo. "Cel'ha una macchina?"

"No."La bocca dello sceriffo si incurvò

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leggermente. "Posso darle unpassaggio."

"Mi piace camminare.""Ne è sicuro? Ci sono quasi quaranta

gradi, là fuori. E non direi che il suovestito sia il più appropriato, da questeparti." La smorfia di Hazen era diventataun sogghigno.

"Fa davvero tanto caldo?" L'agentedell'FBI si voltò verso la porta e tese lamano verso la maniglia, ma Hazen avevaun'ulti ma domanda.

"Come ha fatto a sapere così prestodel delitto?"

Pendergast si fermò. "In base a unaccordo. Ci sono persone al Bureau checontrollano il traffico di telegrammi eposta elettronica delle forze di polizia

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locale. Quando viene commesso undelitto che rientra in una certa categoria,vengo informato tempestivamente. Ma,come le stavo dicendo, sono qui perragioni personali, avendo appenaconcluso un'indagine alquantoimpegnativa sulla costa orientale. È soloche mi incuriosisce la... ehm, naturapiuttosto interessante di questoparticolare caso."

Qualcosa nel modo in cui Pendergastaveva detto "interessante" fece rizzare icapelli sulla nuca di Tad.

"E di quale certa categoria stiamoparlando in questo caso?" Nella vocedello sceriffo c'era una nota disarcasmo.

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"Omicidi seriali.""Divertente. Ho visto un solo

omicidio, finora."La figura vestita di nero si voltò

lentamente. I suoi occhi grigi sifissarono sullo sceriffo Hazen. "Finora",disse Pendergast, a bassa voce.

5

Winifred Kraus interruppe il suo

lavoro a maglia per osservare la stranaapparizione fuori dalla finestra delsalotto. Un uomo alto, vestito di nero,con una valigia di pelle, stavacamminando in mezzo alla strada. Eralontano un centinaio di metri, ma

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Winifred Kraus aveva occhi buoni enotò immediatamente l'aria spettraledello sconosciuto, magro e quasiincorporeo nella vivida luce estiva.L'apparizione la spaventò. Ricordavache quando era bambina, molti anniprima, suo padre le aveva detto checosì sarebbe arrivata la morte, quandomeno se lo sarebbe aspettata. Nient'altroche un uomo che camminava per lastrada, saliva gli scalini e bussava allaporta. Un uomo vestito di nero. Equando avesse guardato i suoi piedi, alposto delle scarpe avrebbe visto un paiodi zoccoli e poi avrebbe sentito l'odoredel fuoco e dello zolfo e quellasarebbe stata la fine e sarebbe statatrascinata urlante fino al l'Inferno.

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L'uomo si stava avvicinando conlunghi passi sicuri. La sua ombraaffamata lo precedeva sulla strada.Winifred Kraus si diede della stupida:non era che una storia, e poi la mortenon avrebbe portato una valigia. D'altraparte, perché vestirsi così in questastagione? Nemmeno il pastore Wilbur simetteva in nero, con questo caldo. Eoltretutto lo sconosciuto indossava unvestito, con tanto di giacca. Chevendesse qualcosa? Ma allora, doveaveva la macchina? Nessunocamminava lungo la Cry County Road,nessuno. Almeno non da quando erabambina, prima della guerra, quandoall'inizio della primavera passavano i

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vagabondi diretti verso i campi dellaCalifornia.

Lo sconosciuto si era fermato nelpunto in cui dalla strada si dipartiva ilpolveroso vialetto sterrato della casa, eguardava dritto verso il suo salotto... oalmeno così le parve.Automaticamente, Winifred mise daparte i ferri da calza. Ora stava propriovenendo verso di lei. I capelli dellosconosciuto erano così bianchi, la suapelle così pallida, il suo vestito cosìnero...

La donna sentì bussare lievemente allaporta e si portò una mano alla bocca.Doveva andare ad aprire? O era meglioaspettare che se ne andasse? Ma lui sene sarebbe andato?

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Winifred Kraus attese.Lo sconosciuto bussò di nuovo, con

insistenza.Winifred si accigliò. Si stava

comportando da vecchia stupida.Inspirò profondamente e si alzò dallasedia. Attraversati il salotto e l'atrio,aprì la porta di uno spiraglio.

"Signorina Kraus?""Sì?"L'uomo fece un vero e proprio

inchino. "Non sarà per caso la signorinaKraus che offre alloggio ai viaggiatori?E, ho sentito dire, una cucina tra lemigliori di Cry County, Kansas?"

"Be', sì." Winifred Kraus aprì la portaun po' di più, soddisfatta di trovare,

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anziché la morte, un distinto gentiluomo."Mi chiamo Pendergast." Il nuovo

venuto le tese la mano.Dopo una breve esitazione, Winifred

gliela strinse. Era sorprendentementefresca e asciutta. "Mi sono spaventata,vedendola camminare sulla strada.Nessuno va più a piedi, ora mai."

"Sono arrivato con l'autobus."Ricordandosi d'un tratto delle buone

maniere, Winifred spalancò la porta esi fece da parte. "Mi scusi. Prego, entri.Le an drebbe un po' di tè freddo? Moriràdi caldo, con quel vestito. Oh, miperdoni, non sarà per caso in lutto..."

"Il tè freddo è graditissimo, laringrazio."

Winifred, sentendosi piacevolmente

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confusa, corse nella dispensa e riempìun bicchiere con tè e ghiaccio,aggiungendo una fogliolina fresca dimenta dalla piantina sul davanzale. Poitornò in salotto, portando il bicchiere suun vassoio d'argento. "Ecco a lei, signorPendergast."

"Lei è troppo gentile.""Non si vuole accomodare?"Si sedettero in salotto. Il distinto

gentiluomo accavallò le gambe esorseggiò il tè. Guardandolo da vicino,Winifred notò che era più giovane diquanto le fosse sembrato a prima vista. Icapelli che le erano parsi così bianchierano in realtà di un biondochiarissimo. L'uomo era molto elegante,

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di bell'aspetto, se non si faceva casoagli occhi così chiari e al suo estremopallore.

"Ho tre camere in affitto, di sopra",spiegò lei. "Purtroppo c'è un bagno solo.Ma non c'è nessuno, al momento..."

"Prenderò tutto il piano. Le bastanocinquecento dollari al la settimana?"

"Oh, santo cielo.""Pagherò un supplemento per la

pensione, s'intende. Mi basterà unaleggera colazione e, occasionalmente, tèal pomeriggio e cena."

"È una somma più alta rispetto aquanto chiedo di solito. Non miparrebbe corretto..."

L'uomo le sorrise. "Non vorrei che miconsiderasse un pensionante troppo

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esigente.""Be', in tal caso..."Il nuovo arrivato bevve un altro sorso,

depose il bicchiere sul tavolino e siprotese verso di lei. "Non vorreiturbarla, signorina Kraus, ma devorivelarle chi sono e per quale motivosono qui. Mi ha chiesto se c'era stato unlutto. Be', in effetti, come forse saprà, ècosì. Sono un agente speciale dell'FBI esto investigando sull'assassinio aMedicine Creek." L'uomo usò lacortesia di mostrarle il propriotesserino.

"Un assassinio!""Non ha saputo? Dal lato opposto

della città. È stato scoperto la scorsa

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notte. Senza dubbio lo leggerà sulgiornale di domani."

"Oh, per carità. " Winifred Kraus sisentiva girare la testa. Un assassinio? AMedicine Creek?

"Sono spiacente. Ha cambiato ideariguardo alla mia richiesta? Se non mivolesse come pensionante, sarebbecomprensibile.

"Oh, no, signor Pendergast. Per niente.A dire il vero, mi sento molto piùsicura, sapendola qui. Un assassinio, checosa orribile." La signorina Kraus ebbeun brivido. "Ma chi mai..."

"Temo che dovrò deluderla, comefonte d'informazione su questo caso. Eadesso, posso dare un'occhiata allestanze? Non occorre che mi accompagni

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di sopra.""Ma certo." Winifred Kraus fece un

sorriso. Ansante, seguì con lo sguardo ilnuovo arrivato mentre saliva le scale.Era un gentiluomo così distinto, così...Poi le tornò in mente l'assassinio. Sialzò e andò al telefono. Forse JennyParker ne sapeva di più. Sollevò ilricevitore e compose il numero,scuotendo il capo.

Dopo una rapida ispezione,

Pendergast scelse la camera piùpiccola, quella sul retro, e depose lavaligia sul letto a baldacchino. Sullacassettiera avevano trovato posto unospecchio girevole e, davanti a esso, una

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bacinella e una brocca in porcellana.L'uomo dell'FBI aprì il cassettosuperiore, da cui fuoriuscì un lievesentore di acqua di rose e legno dirovere. Il fondo del cassetto era copertodi fogli di giornale verniciati congommalacca: quotidiani del primoNovecento, con la pubblicità diattrezzature agricole. In un angolo c'eraun vaso da notte, con il coperchioappoggiato capovolto, secondo lavecchia usanza. La tappezzeria allepareti era di gusto vittoriano, con unosbiadito disegno a fiori. Stipiti e infissierano dipinti di verde, mentre il soffittoera grigio perla. Le tende erano di pizzo,lavorato a mano.

Pendergast tornò verso il letto, e

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appoggiò lievemente la mano sulcopriletto trapuntato. Si chinò aesaminarlo da vicino: il ricamo con unmotivo di rose e peonie era stato fatto amano. Doveva avere richiesto almeno unanno di lavoro. Senza dubbio lasignorina Kraus lo aveva fatto con le suemani.

Per qualche istante l'uomo dell'FBI,quasi ipnotizzato dal ricamo, rimaseimmobile a respirare l'aria di altri tempiche aleggiava nella camera da letto. Poisi raddrizzò e, camminando sulpavimento scricchiolante, si avvicinò aivetri offuscati della finestra. Guardandoverso il basso, alla sua destra, vide labassa e malconcia tettoia metallica del

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negozio di souvenir, separato dalla casa.Dietro il negozio, una passerella dicemento con molte crepe scendevalungo una depressione, verso una vastafessura nel terreno, per poi scomparirenel buio. Accanto al negozio, un'insegnascrostata diceva:

KRAUS'S KAVERNS

LE GROTTE PIÙ GRANDI DI CRYCOUNTY, KANSAS

ESPRIMETE UN DESIDERIO

NELLO SPECCHIODELL'IMMENSITÀ

SUONATE LE CAMPANE DICRISTALLO

GUARDATE IL POZZO SENZA

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FONDO

VISITE TUTTI I GIORNI ALLE10.00 E ALLE 14.00

COMITIVE E AUTOBUS SONO IBENVENUTI.

Pendergast provò ad aprire la finestra,

che risultò sorprendentemente benoliata. L'afa irruppe nella stanza,portando con sé odore di mais e dipolvere. Le tende di pizzo si gonfiarono.Fuori, il grande mare di pannocchie siestendeva fino all'orizzonte, interrottosoltanto da un lontano filare di alberi, inprossimità del fiume. Uno stormo dicorvi si alzò dalla distesa di mais e vi si

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rituffò immediatamente, per banchettarecon le pannocchie mature. A occidentesi accumulavano nubi minacciose. Ilsilenzio era sconfinato, così come ilpaesaggio.

Nell'atrio, ai piedi delle scale,

Winifred Kraus riagganciò ilricevitore: Jenny Parker non era incasa. Forse era andata in città araccogliere notizie. Winifred avrebberiprovato a chiamarla do po pranzo.

Si domandò se non fosse il caso dioffrire un altro bicchiere di tè freddo aquel gentile signor Pendergast. La gentedel sud era così beneducata! Se liimmaginava a bere litri di tè freddoseduti nelle loro spaziose verande

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ombreggiate. Dopotutto, il signorPendergast era venuto a piedi fin dallacittà, in una giornata caldissima.Winifred andò in cucina, preparò unaltro bicchiere e fece per salire igradini. Meglio di no: avrebbe dovutodargli il tempo di disfare il bagaglio,concedergli un po' di privacy. Checos'aveva in testa? La notiziadell'assassinio l'aveva emozionata.

Stava per tornare sui suoi passi, ma sifermò di nuovo. Una voce era risuonatadalla cima delle scale. Pendergast stavadicendo qualcosa. Stava parlando conlei?

Winifred inclinò il capo, tendendo leorecchie. Per un istante, nella casa regnò

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il silenzio più completo. PoiPendergast parlò di nuovo e, stavolta,la donna riuscì a distinguere le parole.

"Eccellente", stava dicendo l'uomo, intono soave. "Davve ro eccellente."

6

La strada era diritta, nei limiti di chi

l'aveva tracciata nel diciannovesimosecolo, e correva tra due paretiimmobili di graminacee. Le lucideOxford nere dell'agente specialePendergast, fatte a mano da John Lobbdi St. James Street, Londra, lasciavanouna serie di lievi orme sull'asfaltoappiccicoso.

Davanti a sé, nella luce tremula,

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Pendergast scorse le tracce marroni e lechiazze di terriccio lasciate sul mantostradale da veicoli pesanti entrati eusciti dai campi. Quando arrivò in quelpunto, svoltò sul sentiero apertobrutalmente dai bulldozer la notteprecedente e che portava al luogo delritrovamento. Le scarpe affondarononella polvere.

In fondo al sentiero, nello spiazzoadibito a parcheggio, era fermaun'automobile della Polizia di Stato, colmotore acceso e l'acqua che gocciolavadall'impianto di aria condizionata. Abordo era seduto un agente, intento aleggere un libro tascabile. L'area delritrovamento era recintata da un nastro

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giallo teso tra alti paletti infissi nelterreno.

Pendergast bussò al finestrino.L'agente sobbalzò, ma si ripreserapidamente. Si affrettò a mettere daparte il libro e a scendere dall'auto. Simise di fronte a Pendergast, con gliocchi socchiusi per difendersi dalla lucee le mani sui fianchi, le dita infilate neipassanti della cintura. Una ventata diaria fresca fuo riusciva dall'abitacolo.

"E lei chi diavolo è?" chiese l'agente.Aveva le braccia coperte da una finepeluria rossa. La pelle degli stivaliscricchiola va a ogni suo movimento.

Pendergast esibì il suo distintivo."Oh, FBI. Mi scusi." L'agente si

guardò intorno. "Dov'è la sua

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macchina?""Vorrei dare un'occhiata alla scena",

rispose invece Pender gast."Si accomodi. Ma non è rimasto

niente. Hanno portato via tutto quanto.""Ve bene lo stesso. Grazie, non

intendo disturbarla oltre.""Benissimo, signore." L'agente,

visibilmente sollevato, tornò a sedersinell'auto e richiuse la portiera.

Pendergast si allontanò dallamacchina e si chinò lentamente perpassare sotto il nastro. Proseguì per unaventina di metri, fino alla radura, dovesi fermò a studiare il terreno. Comel'agente gli aveva preannunciato, nonera rimasto niente, a parte terriccio,

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spighe calpestate e migliaia d'impronte.Esattamente al centro della radura c'erauna macchia, non molto estesa.

L'uomo dell'FBI rimase immobile perdiversi minuti, sotto il sole impietoso.Solo i suoi occhi si spostavano,passando in rassegna ogni angolo dellaradura. Mise una mano nella giacca,prendendo di tasca una fotografia delcadavere in situ, scattata da vicino.Un'altra fotografia mostrava invecel'intero scenario, compresa la foresta dibastoncini e i corvi impalati. Pendergastricostruì l'immagine originale nellapropria mente e ve la tenne,cominciando a esaminarla.

Restò fermo per un quarto d'ora, senzafare alcun movimento. Poi, finalmente,

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rimise in tasca le fotografie e fece unpasso indietro, fissando la sua attenzionesu una spiga che giaceva ai suoi piedi.Era stata spezzata, non tagliata. Avanzò,raccogliendone una seconda, una terza,una quarta. Tutte spezzate. Tornò aimargini della radura e scelse unapiantina ancora in piedi. Si inginocchiò,l'afferrò dal fondo, ma per quanti sforzifacesse non fu in grado di spezzarla.

Tornò verso il centro della radura,senza curarsi di dove metteva i piedi: ilterreno era stato calpestato da troppepersone. Si muoveva lentamente,chinandosi di quando in quando perguardare da vicino qualcosa, in mezzoal caos di polvere e mais.

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Occasionalmente, raccoglieva qualchecampione con un paio di pinzette cheteneva nel taschino, lo osservava e lolasciava ricadere. Continuò così perquasi un'ora, chino sotto il sole cocente.

Non conservò alcun campione.Quando ebbe finito, lasciò la radura e

s'inoltrò nella foresta di granturco, versol'area in cui erano stati trovati brandellilacerati di stoffa. Non era difficilelocalizzare le etichette che neindicavano la posizione. Pendergastavanzò nel corridoio tra le spighe, ma leimpronte di uomini e di cani erano cosìtante da non lasciare speranza di seguirealcuna traccia. Stando al rapporto, bendue diverse squadre di cani erano statemesse sulla pista, ma gli animali si

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erano rifiutati di seguirla.Pendergast sfilò di tasca un cilindro di

carta lucida e lo srotolò. Era unafotografia aerea di quella zona, scattatain un'epoca imprecisata anteriore aldelitto. Viste dall'alto, le piante di maisnon risultavano disposte in linea retta,come poteva sembrare da terra, macurvavano per seguire la topografia,dando origine a percorsi ellittici elabirintici. L'uomo dell'FBI identificò ilpunto in cui si trovava e seguì conattenzione la curvatura del tracciato.Poi, con qualche difficoltà, passò alcorridoio adiacente, quindi a quellosuccessivo, esaminando ogni volta lafotografia per ricostruirne l'andamento.

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Stavolta andava meglio: il corridoio trale spighe proseguiva per un lungo trattosu terreno pianeggiante, per digradareverso la riva del torrente, nel punto incui il corso d'acqua svoltava verso lacittà.

Di fatto, era l'unico corridoio che siaprisse sul torrente.

Pendergast si incamminò,allontanandosi dal luogo delritrovamento. Il calore si era insediatonel campo e, in assenza di vento, loaveva trasformato in una vera e propriafornace. Quando il terreno cominciò adeclinare, il monotono paesaggio deicampi si rivelò in tutta la sua opprimentevastità. In lontananza il torrente, coi suoidecrepiti e scheletrici filari di pioppi,

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dava il suo contributo al generale sensodi desolazione. Nel suo cammino,l'uomo dell'FBI si soffermavaoccasionalmente a esaminare una spigao una zolla di terra, prendendo qualchecampione con le pinzette, malasciandolo cadere poco dopo.

Finalmente le pannocchie e la polverelasciarono il posto alla sabbia deidepositi alluvionali lungo la riva deltorrente. Pendergast si fermò a studiareil terreno. Sulla sabbia erano rimasteimpronte profonde e ben delineate dipiedi scalzi. Chi le aveva lasciatedoveva portare il quarantacinque discarpe. E si era caricato in spalla unpesante fardello.

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L'uomo dell'FBI si rimise in piedi eseguì le impronte fino al punto in cuiscomparivano nel torrente, ma non videtracce corrispondenti in uscita sull'altrasponda. Percorse avanti e indietro iltorrente, ma continuò a non trovarne,concludendo che l'assassino avessepercorso un lungo tratto seguendo ilcorso d'acqua.

Tornò verso i campi e ripercorse ilcorridoio fino alla radura. La città diMedicine Creek era come un'isola inmezzo al mare: sarebbe stato arduoandare o venire senza essere avvistati.Tutti conoscevano tutti e cento paia diocchi anziani ma attenti controllavano ilpassaggio di automobili dai portici e

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dalle finestre. C'era un solo modo perarrivare in città senza essere visti:attraversare la distesa di mais. E lacittà più vicina era a più di trentachilometri.

La soluzione più probabile era chel'assassino fosse tra loro, proprio lì aMedicine Creek.

7

Era ormai piuttosto raro che Harry

Hoch, l'uomo che occupava il secondoposto tra i migliori venditori diattrezzature agricole a Cry County,raccogliesse un autostoppista. Ma inquesto caso decise di fare un'eccezione:il signore vestito a lutto che se ne stava

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in piedi sul ciglio della strada avevaun'espressione così desolata! La madredi Hoch era stata sepolta l'anno prima, eperciò sapeva che cosa si provava.Fermò la sua Ford Taurus color argentosulla ghiaia qualche metro più in là,diede un colpo di clacson e abbassò ilfinestrino. "Senta, dove deve andare?"domandò.

"All'ospedale di Garden City, se nonle è di disturbo."

Il venditore provò un brivido.Poveraccio, pensò. L'obitorio dellacontea era proprio laggiù, nelsotterraneo. Doveva essere appenacapitato. "Nessun disturbo. Salga."

Harry lanciò un'occhiata furtiva

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all'autostoppista, mentre questi saliva abordo. Con quella pelle così chiara,rischiava di prendersi una bruttainsolazione, se non ci stava attento. Disicuro non era di quelle parti. Non conquell'accento.

"Mi chiamo Hoch. Harry Hoch." Ilvenditore tese la destra al passeggero,che gliela strinse con una mano fresca easciutta.

"Lieto di fare la sua conoscenza. Io michiamo Pendergast."

Hoch attese che arrivasse anche ilnome di battesimo, ma non ebbesoddisfazione. Lasciò la mano e regolòl'aria condizionata, scatenando unaventata gelida dalle bocchette. Era uninferno, là fuori. Si rimise in marcia,

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premendo sull'acceleratore eriprendendo velocità.

"Fa un bel caldo, vero, signorPendergast?"

"Per essere sincero, signor Hoch,trovo il caldo alquanto pia cevole."

"Sì, okay, ma quaranta gradi col centoper cento di umidità..." Hoch ridacchiò."Si potrebbe friggere un uovo sulcofa no della macchina."

"Non lo metto in dubbio."Seguì una pausa di silenzio. Strano

tipo, si disse Hoch.Il passeggero non sembrava dell'idea

di fare quattro chiacchiere, per cuiHoch se ne rimase zitto e pensò solo aguidare. La Taurus percorse il rettilineo

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a centocinquanta, lasciandosi dietro unascia di spighe tremolanti. Il panoramaera tutto uguale e non c'erano maipoliziotti in quella zona. Harry preferivasbrigarsi, quando viaggiava su quellestrade secondarie in mezzo al niente.Oltretutto era di buon umore: avevaappena venduto una Case 2388Combine da sei file con estensione perspandifieno a 120.000 dollari. Era laterza della stagione e, perbacco, si erameritato un week-end a San Diego trasbronze e ragazze al Del Mar Blu.

La strada si allargò e l'auto sfrecciòdavanti a un gruppo di case e magazzinidiroccati e a un silo abbandonato che siprotendeva verso binari soffocati dalleerbacce.

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"Che cos'è?" chiese Pendergast."Crater, Kansas. O meglio, era Crater,

Kansas. Fino a trent'anni fa era una cittànormale. Poi si è rinsecchita, comemolte altre. Sempre la stessa storia:prima sparisce la scuola, poi il negozio,poi la manodopera. L'ultimo adandarsene è il codice di avviamentopostale. No, non è esatto: l'ultimo adandarsene è il saloon. Sta capitandodappertutto, a Cry County. Ieri Crater,oggi De Pew, domani... chissà?Potrebbe toccare a Me dicine Creek.

"La sociologia di una città morentedev'essere molto com plessa", consideròPendergast.

Hoch non capì che cosa intendesse il

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suo passeggero; preferì non azzardareuna risposta.

In meno di un'ora i silos di GardenCity apparvero all'orizzonte comegrattacieli a forma di bulbo. Dietro diessi si nascondeva la città, piatta einvisibile.

"La lascio giù all'ospedale, signorPendergast", annunciò Hoch. "E... senta,mi dispiace, per il suo lutto. Spero chenon sia qualcuno morto anzitempo."

Dalla tenue foschia apparve la sagomaa mattoni color arancio dell'ospedale,circondata da un mare di automobili. "Iltempo è una tempesta in cui tutti ciperdiamo, signor Hoch", risposePendergast.

Al venditore occorse un'altra mezz'ora

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di guida a forte velocità e coi finestriniabbassati per farsi passare i brividi.

Lo sceriffo Hazen, con indosso un

camice da chirurgo di due misure piùgrande e un cappellino di carta che lofaceva sentire ridicolo, abbassò losguardo sul tavolo metallico. Unatarghetta di identificazione pendevadall'alluce del piede destro, ma losceriffo non aveva bisogno di leggerla.La signora Sheila Swegg, due voltedivorziata, niente figli, età trentadueanni, domiciliata al numero 40A delWhispering Meadows Trailer Estate diBromide, Oklahoma.

Un relitto umano del cazzo.

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Eccola lì, stesa sulla lastra, affettatacome costolette di maiale, con gli organiordinatamente impilati accanto al corpo.La calotta cranica era scoperchiata e ilcervello era su un vassoio pocolontano. L'odore della putrefazione erainsostenibile: al momento delritrovamento, il cadavere si trovava inmezzo al campo da almenoventiquattr'ore.

Il dottor McHyde, quel giovane ebrillante pallone gonfiato, sembrava dibuon umore mentre riversava frasi digergo medico nel microfono chependeva sopra la lastra. Diamogli altricinque anni, pensò Hazen, e l'acidodella realtà corroderà un bel po' della

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sua allegria.McHyde, passato dal torace alla gola,

continuava a lavorare sulla salma, conrapidi movimenti a scatto del bisturi.Alcuni dei tagli producevano un suonosimile a uno strappo, che a Hazen nonpiacque per niente. Lo sceriffo cercò unasigaretta nel taschino sotto il camice,ma poi si ricordò del cartello chevietava di fumare. Prese allora ilvasetto di Mentolathum e se ne spalmòun po' sotto le narici, cercando diconcentrarsi su qualcos'altro: JayneMansfield in Gangster cerca moglie, leserate di polka all'Elks Lodge diDeeper, le domeniche passate a pescareal parco statale di Hamilton Lake incompagnia di una confezione di birra da

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sei bottiglie. Qualsiasi cosa che nonfossero i resti di Sheila Swegg.

"Hmm", fece il dottore. "Guardi un po'qui."

I pensieri gradevoli svanirono in unlampo. "Che cosa?" chiese Hazen.

"Come sospettavo. Osso ioidespezzato. Anzi, osso ioide frantumato.Avevo notato i lievissimi segni sul colloe questo lo conferma."

"Strangolata?""Non esattamente. L'assassino l'ha

presa per il collo e gliel'ha spezzato dinetto. È morta per la rottura dellacolonna vertebrale, prima chesopraggiungesse il soffocamento."Taglia, taglia, taglia. "La forza è stata

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tremenda. Guardi qui: la cartilaginecricoidea è completamente separatatanto da quella tiroidea quanto dallalamina. Mai visto niente del genere. Glianelli tracheali sono in pezzi. Levertebre cervicali sono rotte in... milasci vedere... in quattro punti. Cinquepunti."

"Le credo sulla parola, dottore",replicò Hazen, guardando da un'altraparte.

Il dottore alzò lo sguardo e sorrise."Prima autopsia, eh?" Lo sceriffocominciava a irritarsi. "Certo che no",mentì. "È difficile abituarcisi, lo so.Specie quando cominciano a esserebelli maturi. L'estate è una bruttastagione, brutta davvero."

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Mentre il dottore tornava al suolavoro, Hazen avvertì una presenza alleproprie spalle. Si voltò e quasi fece unbalzo: era Pendergast, materializzatosidal nulla.

Il dottore alzò gli occhi, sorpreso."Signore, mi scusi, ma stia mo..."

"Va tutto bene", lo interruppe Hazen."È dell'FBI, lavora per me su questocaso. Agente speciale Pendergast."

"Agente speciale Pendergast", ripetéMcHyde, cambiando tono, "lespiacerebbe identificarsi al registratore?E si metta un camice e una mascherina,per favore. Li troverà laggiù."

"Certamente."Hazen si domandò come diavolo

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avesse fatto Pendergast a raggiungerel'ospedale senza un'automobile. Ma allosceriffo non dispiacque che fosse lì. Gliera venuto in mente, e non per la primavolta, che averlo a disposizione inquell'indagine potesse essere utile.Fintante che stava ai patti.

Pendergast tornò un minuto dopo. Larapidità con cui aveva indossato tutto ilnecessario denotava una certaesperienza. Intanto il dottore si eramesso a lavorare sul volto della vittima,o ciò che ne restava dopo che ne eranostati asportati naso, labbra e orecchie.Hazen guardò le fasce di muscoli, ilbianco dei legamenti, le striaturegiallognole di grasso. Dio, era davverospa ventoso.

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"Posso?" si fece avanti Pendergast.Il medico fece un passo indietro e

Pendergast si chinò sul corpo,fermandosi a cinque centimetri dallafaccia fetida, rigonfia e deturpata perstudiare gli squarci sanguinolenti checorrispondevano al naso e alle labbra.Dalla testa era stato asportato lo scalpo,ma si intravedevano ancora i resti deicapelli decolorati, neri all'attaccatura.Compiuto il suo esame, indietreggiò."L'amputazione sembra essere stataeffettuata con uno strumentorudimentale."

McHyde inarcò le sopracciglia. "Unostrumento rudimenta le?"

"Suggerirei un esame microscopico

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superficiale, con una serie completa difotografie. E parte dello scalpo è statastrappata, come senza dubbio avrànotato."

"Certo. Bene." Il dottore sembravairritato dai consigli.

Hazen si trovò a sorridere. L'agentestava dando al patologo una piccolalezione. Ma, se Pendergast avevaragione... Si trattenne dal porsi ilproblema di che cosa avesse inteso con"strumento rudimentale". Provò un sensodi nausea e cercò di ripensare a JayneMansfield.

"Qualche traccia di labbra, orecchie ecapelli?"

"La polizia non è riuscita a trovarli",rispose il medico legale.

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Lo sceriffo fu infastidito daquell'osservazione, che sottintendevauna critica al suo operato. Per tutto ilpomeriggio il dottore non aveva fattoaltro che lamentarsi delle lacune delrapporto di Hazen e, conseguentemente,del suo operato. Il fatto era che, nelmomento in cui era entrato in gioco,ormai la Polizia di Stato avevacombinato un casino pauroso.

Il patologo tornò a tagliare le spogliemortali di Sheila Swegg. Pendergastgirò intorno al tavolo, esaminando gliorgani con le mani intrecciate dietro laschiena, come se stesse guardando unascultura in un museo. Poi notò latarghetta appesa all'alluce. "Vedo che

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avete un'identificazione.""Già", disse Hazen, tossendo. "Una

pazzoide dell'Oklahoma. Abbiamotrovato la sua automobile, una di quellescatolette coreane, nascosta tra i campia otto chilometri da Medicine Creek,nella direzione opposta."

"Non ha idea di che cosa ci facesse?""Nel bagagliaio abbiamo trovato

vanghe e scalpelli. Una cacciatrice direliquie. Ce ne sono, intorno ai Tumuli,che scavano alla ricerca di antichitàindiane."

"Capita di frequente, dunque?""Da queste parti non molto, ma sì, c'è

gente che riesce a viverci. Viaggiano inauto da uno Stato all'altro, perlustrandovecchi siti archeologici in cerca di

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oggetti da vendere ai mercatini dellepulci. Non c'è tumulo, terreno dibattaglia o collina degli stivali daDodge City alla California che nonabbiano saccheggiato. Non hannoritegno."

"Aveva precedenti?""Cazzate. Frode con carta di credito,

vendita di falsi via Internet, truffe daquattro soldi alle assicurazioni."

"Ha fatto eccellenti progressi,sceriffo."

Hazen fece un lieve cenno del capo."Bene", disse il dottore, "qui abbiamo

praticamente finito. Qualcuno di voi hadomande o richieste particolari?"

"Sì", rispose Pendergast. "Gli uccelli

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e le frecce.""In frigorifero. Li vuole vedere?""Se non le spiace."McHyde si allontanò, ricomparendo

poco dopo dietro un carrello su cui icorvi erano stati disposti in fileo r d i na te . Ciascuno con la suatarghetta al piede, notò Hazen, poi sicorresse. Alla zampa. Vicino agliuccelli erano ammucchiate le frecce sucui erano stati impalati.

Pendergast si chinò sul carrello, teseuna mano ma si trattenne. "Posso?"chiese nuovamente.

"Si accomodi."Con la mano nel guanto di lattice,

l'agente dell'FBI raccolse una freccia ela girò lentamente.

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"Di queste imitazioni se ne possonocomperare quante se ne vuole, in tutte lestazioni di servizio da qui a Denver",sentenziò McHyde.

Pendergast continuò a rigirare lafreccia sotto la luce, prima di smentirlo."Questa non è un'imitazione, dottore.Questa è una genuina freccia di cannadei cheyenne del sud, con una penna diaquila calva e una punta Plain Cimarrontipo II, in selce nera di Alibates,databile tra il 1850 e il 1870."

Hazen fissò Pendergast con gli occhisgranati, mentre questi rimetteva a postola freccia. "Sono tutte così?"

"Tutte. Evidentemente hanno la stessaprovenienza. Una simile collezione di

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frecce, in queste superbe condizioni,raggiungerebbe senz'altro i diecimiladollari da Sotheby's, se non di più."

Nel silenzio che seguì, l'agentedell'FBI raccolse un corvo e lo rigirò inmano, tastandolo delicatamente. "Sidirebbe che sia stato stritolato."

"Davvero?" La voce del dottore orasuonava spazientita.

"Sì. Tutte le ossa sono frantumate. Ècome un sacchetto di materiaspappolata." Pendergast alzò lo sguardo."Suppongo che intenda fare l'autopsiaanche agli uccelli, vero, dottore?"

McHyde sbuffò. "A tutti eventiquattro? Ne faremo uno o due."

"Le raccomanderei caldamente diesaminarli tutti."

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Il medico legale fece un passo avanti,allontanandosi dal carrello. "AgentePendergast, non riesco a vedere a qualescopo, se non quello di sprecare il miotempo e il denaro dei contribuenti.Come le ho detto, ne faremo una o due."

Senza replicare, Pendergast depose ilcorvo sul carrello e ne prese in esamealtri, tastandoli allo stesso modo, fino asceglierne uno. Prima che il medicopotesse obiettare, afferrò un bisturi dalvassoio chirurgico e praticò una lunga,deliberata incisione sul corpodell'animale.

McHyde ruppe il proprio silenzio."Un momento: lei non è autorizzato..."

Hazen guardò Pendergast mettere a

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nudo lo stomaco del corvo e restareimmobile per qualche istante, con ilbisturi sol levato.

"Lo metta subito giù", intimò ildottore, rabbioso.

Con un taglio netto, Pendergastsquarciò lo stomaco del corvo. Tra ichicchi di mais putrescenti spuntò unasagoma rosea e deforme, che Hazenriconobbe d'un tratto come un nasoumano. L'apparato digerente dellosceriffo ebbe un altro sobbalzo.

Pendergast rimise il corvo sulcarrello. "Lascio il compito di ritrovarele labbra e le orecchie alle sue manicapaci, dottore", disse, sfilandosi iguanti e il camice. "La prego di inviarmicopia del suo rapporto finale presso lo

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sceriffo Hazen."E, senza voltarsi indietro, uscì dalla

sala.

8 Smit Ludwig si sedette al banco del

Maisie's Diner, di fronte a un piatto dipolpettone ormai freddo e pressochéintonso, intento a mescolare la sua tazzadi caffè. Erano le sei, aveva una storiain mano e non stava concludendo nulla.Che fosse una faccenda troppo grossaper lui? Forse, dopo essersi occupatoper tanti anni di fiere dell'associazionegiovanile 4-H e di occasionali incidentid'auto, aveva perso mordente. O forse il

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mor dente non l'aveva mai avuto.Continuò a rimescolare la tazza.Fuori dalla vetrata, sull'altro lato

della strada, vedeva la porta chiusadell'ufficio dello sceriffo. Dio, non losopportava più, quel maledetto ostinatodi uno sbirro. Non era riuscito acavargli uno straccio d'informazione. Ela Polizia di Stato non si era mostratamolto più disponibile. Ludwig non eranemmeno riuscito a farsi passare altelefono il medico legale. Come diavolofacevano quelli del New York Times?Probabilmente tutto dipendeva dal fattoche lavoravano per un giornale grande epotente e che rifiutarsi di parlare conloro poteva risultare controproducente.Ludwig abbassò gli occhi sulla tazza. Il

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problema era che nessuno temeva il CryCounty Courier. Più che un giornalelocale, era lo zimbello locale. Comepoteva pretendere di essere preso sulserio se un giorno si presentavacercando di vendere spazi pubblicitari eil giorno dopo guidava il camion delleconsegne perché l'autista, Pol Ketchum,doveva portare la moglie a Dodge Cityper la chemioterapia?

E adesso Ludwig aveva tra le mani lastoria più grossa di tutta la sua carrierae non sapeva che cosa pubblicare sulgiornale dell'indomani. Non avevaniente. Certo, poteva sempre riciclarequanto aveva già scritto, esaminandoloda un altro punto di vista. Poteva

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sottintendere che ci fosse qualche pista egiocare sui "no comment", tirando fuoriqualcosa di leggibile. Ma la naturabrutale e bizzarra del delitto avevarisvegliato l'interesse dellasonnacchiosa Medicine Creek. La gentevoleva di più. E una parte di lui volevaraccogliere la sfida e, ora che finalmentene aveva l'opportunità, seguire quellastoria come un vero gior nalista.

Sorrise a se stesso e scosse il capo.Eccolo lì, alle soglie dei sessantacinqueanni, con una moglie sottoterra e unafiglia partita da lungo tempo in cerca dipascoli più verdi sulla costaoccidentale, col giornale che perdevasoldi. E voleva diventare un verogiornalista. Ma che cosa si era messo in

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mente?Ludwig si accorse che il sommesso

mormorio delle conversazioni nellocale si era acquietato all'improvviso.Con la coda dell'occhio vide unasagoma scura fuori dalla tavola calda.Era quell'agente dell'FBI che leggeva ilmenù appeso con il nastro adesivo sullavetrina. Poi la figura spinse la porta,facendo tin tinnare la campanella.

Il giornalista ruotò leggermente sullosgabello. Forse non tutto era perduto.Forse sarebbe riuscito a farsi direqualcosa dall'agente. Gli sembravaimprobabile, ma valeva la pena ditentare. Gli sarebbe bastata una minimabriciola. Smit Ludwig sapeva fare

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miracoli, con le briciole.L'uomo dell'FBI (come si chiamava?)

si sedette a uno dei tavolini e Maisie sifece avanti per prendere l'ordinazione.Non era difficile sentire Maisie: la suavoce tonante riecheggiava in ogni angolodel locale. Ma il giornalista dovetteaguzzare l'orecchio per sentire lerisposte a bassa voce dell'agente.

"Il piatto speciale del giorno", tuonòMaisie, "è il polpetto ne."

"Naturalmente", rispose l'uomodell'FBI, "il polpettone."

"Già. Polpettone in salsa bianca epurè di patate all'aglio, fatto in casa, noncon le scatolette, con contorno difagiolini a parte. Nei fagiolini c'è ilferro. Sono sicura che un po' di ferro le

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farebbe bene."Ludwig trattenne un sorriso. Maisie

era partita alla carica con lo straniero.Non sarebbe stata soddisfatta se fosseripartito senza aumentare di almenocinque chili.

"Vedo anche che avete maiale confagioli", considerò l'uomo. "Che generedi legumi usate, con precisione?"

"Legumi? Niente legumi, nel nostromaiale con fagioli! Solo ingredientifreschissimi. Prendo i migliori fagiolirossi, ci metto lardo, melassa e spezie eli faccio cuocere per tutta la notte colfuoco basso come un sospiro. I fagioli sisciolgono in bocca. Uno dei nostri piattipiù richiesti. Maiale con fagioli,

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al lora?"La faccenda cominciava a farsi

divertente. Ludwig ruotò lo sgabelloancora un po', per godersi meglio lascena.

"Lardo, santo cielo, sì, buono..."considerò l'agente in tono vago. "E ilpollo fritto?"

"Doppia impanatura speciale diMaisie, fritto fino ad avere una crostadorata e croccante, ammorbidita in salsabianca. Va a nozze con le nostre specialipatatine fritte."

L'uomo spostò lo sguardo dal menù aMaisie e poi di nuovo al menù, con unastrana espressione vacua. "Da questeparti avrete accesso a manzo Angus dialta qualità."

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"Ma certamente. Posso fare unabistecca in dieci modi diversi. Fritta,doppia impanatura, grigliata, allospiedo, al forno, arrostita... Con fritturadi Velveeta e insalata verde. Al sangue,cotta e ben cotta. Mi dica come la vuolee se non la so fare non esiste."

"Non ha per caso del lombo dimanzo?"

"Ci può scommettere. Lombata,filetto... lo dica e ce l'abbia mo."

L'agente tacque per un istante. "Hadetto che è disposta a preparare la carnein qualsiasi modo?"

"Infatti. Ci prendiamo cura dei nostriclienti." Maisie si voltò verso SmitLudwig. "Vero, Smitty?"

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"Proprio così, Maisie", rispose questi."Il polpettone è divino."

"Allora farai bene a finirlo!"Ludwig assentì, divertito.Maisie tornò a rivolgersi all'agente.

"Mi dica come la vuole e io glielapreparo volentieri."

"Mi chiedevo se può essere cosìgentile da farmi vedere un buon taglio difiletto da circa un etto e mezzo."

Maisie non batté ciglio alla richiesta.Se il cliente voleva vedere la bisteccaprima della cottura, che così fosse.Ludwig la seguì con lo sguardo mentreandava in cucina e tornava poco dopocon un bel filetto. Il migliore, Ludwig losapeva, era riservato a Tad Franklin,

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per il quale la donna aveva un debole."Ecco qua", disse Maisie,

depositando il piatto sotto il nasodell'agente. "E non ne troverà uno ugualeda qui a Denver, glielo possoassicurare."

L'uomo dell'FBI occhieggiò labistecca, prese forchetta e coltello easportò la striscia di grasso da un latoprima di restituirle il piatto. "Le sareigrato se lo passasse al tritacarne,regolato in posizione media."

Ludwig fu sorpreso. Passare un filettoal tritacarne? Come l'avrebbe presaMaisie? Il giornalista quasi tratteneva ilrespiro.

Maisie fissò l'agente. Nella tavolacalda nessuno apriva più bocca. "E

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come vuole che le cuocia il suo...hamburger?"

"Crudo.""Vuole dire molto al sangue?""Voglio dire crudo, se non le spiace.

La prego di servirmelo con un uovocrudo, completo di guscio, agliofinemente tritato e prezzemolo."

Maisie deglutì visibilmente. "Sesamoo focaccia?"

"Niente pane, grazie."La donna annuì, girò sui tacchi e,

voltandosi indietro solo una volta,scomparve in cucina portando con sé ilpiatto. Ludwig attese un istante prima difare la sua mossa. Prese fiato, sollevò lasua tazza e scese dallo sgabello,

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dirigendosi verso il tavolinodell'agente, che gli rivolse una lungaocchiata coi suoi occhi freddi echiarissimi.

Il giornalista gli si fermò davanti etese la destra. "Smit Ludwig,caporedattore del Cry County Courier."

"Signor Ludwig", rispose l'agente,stringendogli la mano. "Mi chiamoPendergast. Si accomodi, prego. L'hovista stamattina alla conferenza stampa.Ho notato che ha posto alcunedo mande decisamente acute."

Ludwig arrossì a quella lodeinaspettata, mentre adagiava la sua pocoagile figura sulla sedia di fronte a quelladi Pender gast.

Maisie riapparve dalla porta della

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cucina, portando due piatti: in uno siergeva la montagnetta di filetto appenamacinato, nel secondo erano raccolti glialtri ingredienti e un portauovo."Qualcos'altro?" domandò, dopo avermesso entrambi i piatti davanti alcliente. Sembrava turbata. E chi non losarebbe stato, dopo avere tritato unfiletto come quello?

"Va bene così, grazie mille.""Il cliente ha sempre ragione." Maisie

cercò di sorridere, ma Ludwig constatòche le riusciva difficile. Non aveva maivisto niente di simile in vita sua.

Il giornalista e tutti gli altri nella salaguardarono Pendergast sparpagliarel'aglio sulla carne cruda, aggiungere sale

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e pepe, quindi rompervi sopra l'uovo,per poi rimescolare gli ingredienti.Modellato il composto con la forchetta,l'agente ne cosparse la sommità diprezzemolo e si appoggiò alla spallieraper contemplare il risultato.

Finalmente Ludwig comprese. "Unatartare?" domandò, accennando alpiatto.

"Esatto.""L'ho vista fare in TV, su Food

Network. Com'è?"Pendergast si portò alla bocca una

forchettata e masticò con gli occhisemichiusi. "Ci manca solo un Leoville-Poyferre del '97."

"Dovrebbe sul serio assaggiare ilpolpettone", replicò Ludwig,

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abbassando la voce. "Maisie ha i suoipunti di forza e il polpettone è uno diquelli. In effetti è ottimo."

"Lo prenderò in considerazione.""Da dove viene, signor Pendergast?

Non riesco a collocare il suo accento.""NewOrleans.""Che coincidenza. Ci sono andato una

volta, per il carne vale.""Dev'essere stato interessante. Io non

vi ho mai assistito."Ludwig tacque, con il sorriso

congelato sulla faccia, chiedendosicome orientare la conversazione su temipiù pertinenti. Intorno a loro ilmormorio delle conversazioni eratornato normale. "Questo omicidio ci ha

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davvero scossi", riprese il giornalista,a voce ancora più bassa. "Niente delgenere era mai capitato nella piccola esonnolenta Medicine Creek."

"Il caso presenta aspetti atipici."A quanto pareva, Pendergast non

abboccava. Ludwig trangugiò quantorestava del suo caffè e sollevò la tazza."Maisie! Un altro!"

Maisie arrivò con la caffettiera e unanuova tazza. "Devi imparare un po' dibuone maniere, Smit Ludwig", lorimproverò, riempiendo di nuovo tantola sua tazza quanto la seconda,destinata a Pendergast. "Non tirivolgeresti a tua madre in questomodo."

Ludwig sogghignò. "Maisie sta

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cercando di insegnarmi le buonemaniere da vent'anni."

"È una causa persa", si lamentò ladonna, allontanandosi.

Fallito il tentativo di abbindolarlofacendo quattro chiacchiere, Ludwigdecise di tentare un approccio direttocon Pendergast. Estrasse dalla tasca unblocco da stenografia e lo mise sultavolo. "Ha tempo per qualchedomanda?"

Pendergast si fermò con unaforchettata di carne cruda a mezz'aria."Lo sceriffo Hazen preferirebbe che nonparlassi con la stampa."

" H o bi sogno di qualcosa per ilgiornale di domani", mormorò. "Gli

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abitanti di questa città soffrono. Hannopaura. Hanno il diritto di sapere. Perfavore." Si interruppe, sorpreso dalproprio coinvolgimento emotivo.

Gli occhi dell'agente sostennero il suosguardo per qualche interminabileminuto. Poi Pendergast, deposta laforchetta sul piatto, parlò a voce ancorapiù bassa. "A mio parere, l'assassino èdel luogo."

"Che cosa vuol dire del luogo? Delsud-ovest del Kansas?"

"No, di Medicine Creek."Ludwig sentì il sangue defluire dal

volto. Non era possibile. Lui conoscevatutti in città. L'agente dell'FBI avevapreso una cantonata. "Che cosa glielo fadire?" chiese, con voce incerta.

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Pendergast finì il suo piatto e siappoggiò allo schienale. Spinse da parteil caffè e prese la lista. "Com'è ilgelato?" domandò con un lieve maevidente tono di speranza.

Ludwig sussurrò: "Marca Niltona XtraCreamy."

Pendergast rabbrividì. "Il tortino dipesca?"

"In scatola.""La torta scacciamosche?""Si tenga lontano."Pendergast rimise la lista sul tavolo.Ludwig si sporse in avanti. "Il dessert

non sono il forte di Maisie. Lei è unaragazza da carne e patate."

"Mi rendo conto." Pendergast tornò a

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guardarlo coi suoi occhi pallidi."Medicine Creek è un luogo isolato.Come un'isola in mezzo all'OceanoPacifico. Nessuno può andare o venirelungo le strade senza essere notato. Eper arrivare a Deeper, la città più vicinadotata di un motel, sarebbe necessariopercorrere venti miglia attraverso icampi." Tacque, accennò un sorriso eguardò il taccuino. "Vedo che prendeappunti."

Ludwig ridacchiò, nervoso. "Mi diaqualcosa che possa stampare. In questacittà c'è un incrollabile articolo di fede:tanto l'assassino quanto la vittimavengono da fuori. Abbiamo anche noi lanostra quota di casinisti, ma, mi creda,nessun omicida."

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"Che cosa esattamente si consideracasino a Medicine Creek?" Lo sguardodi Pendergast denotava una moderatacu riosità.

Ludwig comprese che, se volevainformazioni, doveva dargli qualcosa incambio. Non che avesse molto da dirgli."Qualche caso di violenza domestica. Alsabato sera abbiamo anche noi i nostriatti di vandalismo, o le corse di autosulla Cry Road. Lo scorso annoqualcuno ha scassinato una porta allaGro-Bain. Quel tipo di cose." Fece unapausa.

Pendergast sembrava attenderedell'altro.

"Ragazzi che sniffano, un'occasionale

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overdose. E le gravidanze indesiderate.Quello è sempre stato un problema."

Pendergast inarcò un sopracciglio."Di solito si risolvono col

matrimonio. Ai vecchi tempi la ragazzaveniva spedita fuori città fino almomento del parto e il bambino venivadato in adozione. Sa com'è, in unacittadina come questa... Non c'è moltoda fare, qui, per i giovani, a parte..."Ludwig sorrise, ripensando ai tempi incui lui e sua moglie andavano al liceo eil sabato sera parcheggiavano lungo iltorrente, coi vetri appannati...Sembrava così tanto tempo fa. Un mondocompletamente svanito. Ludwigallontanò i ricordi dalla mente. "Be',qui da noi non succede nient'altro.

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Finora."L'uomo dell'FBI sorrise e si protese a

sua volta sul tavolino. Parlò a voce cosìbassa che a stento Ludwig riuscì asentirlo. "La vittima è stata identificatacome Sheila Swegg, di Bromide,Oklahoma. Una delinquente di bassolivello, specializzata in truffe. La suaautomobile è stata trovata nei campi, aquattro miglia dalla città, lungo la CryRoad. Si ritiene che stesse scavando inuno dei Tumuli indiani dell'area."

Smit Ludwig guardò Pendergast."Grazie", disse. Ora tutto andava moltomeglio. Era qualcosa di più di unabriciola. Era praticamente una torta. Ilgiornalista provò un moto di

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gratitu dine."E un'altra cosa", aggiunse l'agente.

"Vicino al corpo è stato trovato un buonnumero di antiche frecce dei cheyennedel sud, in condizioni quasi perfette."

Ludwig ebbe la sensazione chePendergast studiasse le sue reazioni."Straordinario", ribatté.

"Sì."Furono interrotti da un improvviso

vociare proveniente dalla strada,punteggiato da acute proteste. Ludwigguardò fuori e vide lo sceriffo Hazentrascinare una teen-ager ossuta lungo ilmarciapiede, verso il suo ufficio. Laragazza cercava di ribellarsi: sirifiutava di camminare e scuoteva i polsiammanettati. Le unghie smaltate di nero

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fendevano l'aria. Il giornalista lariconobbe all'istante: minigonna inpelle nera, pelle chiarissima, collarechiodato, capigliatura viola fluorescentee riflesso dei piercing. Una delle frasistrillate dalla ragazza passò attraversola vetrata del Maisie's Diner: "Grassoscoreggione del cazzo..." prima che losceriffo la sospingesse in ufficio esbattesse la porta.

Ludwig scosse il capo, divertito eincredulo.

"Chi è?" chiese Pendergast."Corrie Swanson, la nostra casinista

numero uno. Quelle come lei i ragazzile chiamano goth, o qualcosa del genere.A giudicare dalle manette, stavolta ne

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ha combinata una di troppo."Pendergast depose una banconota di

grosso taglio sul tavolo e si alzò,facendo un cenno di saluto a Maisie. Poisi rivolse al giornalista. "Sono certoche ci rivedremo ancora, signorLudwig."

"Sicuro. E grazie delle dritte."Con un tintinnio, la porta della tavola

calda si richiuse alle spalle dell'agentespeciale Pendergast. La sagoma oscurasvanì nel crepuscolo.

Ludwig sorseggiò il suo caffè,riflettendo su quanto gli era stato detto.E, nella sua mente, la prima pagina giàpronta del giornale cambiòradicalmente. Modificò i caratteri eriscrisse il paragrafo di apertura. Era

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dinamite, quella, specie il dettaglio sullefrecce. Come se il delitto non fosse giàabbastanza inquietante, quelle freccesarebbero suonate tristemente familiaria chiunque ricordasse la storia diMedicine Creek. Appena ebbe elaboratomentalmente l'articolo, si alzò daltavolino. Aveva passato i sessanta e legiunture gli dolevano per l'umidità. Maanche se non era più quello di una volta,era ancora in grado di passare metàdella notte sveglio, scrivere un belpezzo mandando giù un paio di whisky,comporlo impeccabilmente e arrivarepuntuale per la stampa. E quella notteaveva una gran bella storia daraccontare.

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9

Winifred Kraus si aggirava nella sua

cucina, preparando fette di pane tostato,un uovo sodo, una caraffa di succod'arancia e una tazza di tè verde per ilsuo ospite. La vera ragione per cui sidava tanto da fare era lo sforzo ditenere la mente lontana dalle orribilinotizie che aveva letto quel mattino sulCry County Courier. Chi poteva averefatto una cosa del genere? E le freccetrovate accanto al corpo nonsignificavano per caso... Con unbri vido, Winifred scacciò quel pensierodalla testa. Malgrado gli orari

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stravaganti dell'agente specialePendergast, era lieta di averlo sotto ilsuo tetto.

Il suo pensionante aveva abitudiniparticolari quanto a cibo e tè, e Winifredsi era industriata perché tutto fosseperfetto. Aveva persino tirato fuori latovaglia di pizzo di sua madre el'aveva stirata per metterla in tavola acolazione, con un vasetto di calenduleappena colte. Cercava di rallegrarequanto possibile l'atmosfera, più per sestessa che per l'ospite.

Un po' per volta, l'angoscia perl'omicidio lasciò il posto a unasensazione più gradevole. Winifredcominciava a pregustare la visitamattutina alle grotte di cui Pendergast

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aveva fatto richiesta. Be', non chel'avesse proprio chiesta, ma era parsoquantomeno interessato quando la seraprima lei gliel'aveva proposta. Gliultimi visitatori delle Kraus's Kavernsrisalivano a oltre un mese prima: duegiovani e simpatici testimoni di Geovache dopo il giro delle grotte le avevanousato la cortesia di trattenersi achiacchierare con lei per quasi tutto ilgiorno.

Alle otto precise, Winifred sentì deipassi leggeri sulle scale e vide apparireil signor Pendergast, impeccabile nelsuo consue to vestito nero.

"Buon giorno, signorina Kraus", lasalutò.

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Winifred lo accompagnò in sala dapranzo e gli servì la colazione. Sisentiva piuttosto emozionata. Fin daragazza aveva preso a cuore l'attività difamiglia: le diverse persone chevenivano da tutto il paese, il parcheggiopieno di automobili, i mormoni distupore e di sorpresa durante le visiteguidate... Era stato dando una mano nellagestione delle grotte e lavorando comeguida che aveva cercato di guadagnarsil'approvazione di suo padre. E anche sele cose erano cambiate completamente,da quando era stata costruita la stradainterstatale, su a nord, Winifred nonaveva mai perso quel senso dieccitazione prima di una visita. Anche

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se il gruppo era costituito da una solapersona.

A fine colazione, lasciò il pensionantein compagnia del Cry County Courier diquel mattino e lo precedette nelle grotte,per i necessari preparativi. Scendevanelle Kraus's Kaverns almeno una voltaal giorno, anche quando non c'eranovisitatori, non foss'altro per spazzare viale foglie e sostituire le lampadinebruciate. Questa volta le bastò unrapido controllo per assicurarsi che tuttofosse in ordine perfetto. Dopo di che sipiazzò al banco del negozio di souvenire attese. Quando mancavano pochiminuti alle dieci, arrivò il signorPendergast, che acquistò un biglietto.Due dollari. Winifred lo condusse lungo

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la passerella di cemento e attraverso lafenditura nel terreno fino alla porta diferro chiusa con un lucchetto. Anchequella era una giornata torrida e l'ariafresca che fuoriusciva dall'ingressodelle grotte era piacevole e invitante.Winifred aprì il lucchetto, si voltòverso il pensionante e diede inizio alsuo discorso introduttivo, che non avevasubito variazioni da quando suo padregliel'aveva fatto imparare a memoria abacchettate mezzo secolo prima.

"Le Kraus's Kaverns", cominciò,"sono state scoperte da mio nonno,Hiram Kraus, arrivato nel Kansas dalloStato di New York nel 1888, percominciare una nuova vita. Hiram Kraus

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fu uno dei primi pionieri di Cry County.La sua tenuta si estendeva per 160 acri,nel territorio di Medicine Creek."Riprese brevemente fiato, quasiarrossendo per l'attenzione dimostratadal suo pubblico. "Il 5 giugno 1901,cercando una giovenca che si eraperduta, trovò l'imboccatura di unacaverna, quasi completamente nascostadalla sterpaglia. Fece ritorno con unalanterna e una scure, sgombrò ilpassaggio e co minciò l'esplorazione."

"Trovò poi la giovenca?"La domanda colse Winifred di

sorpresa. Nessuno chiedeva mai notiziedella giovenca. "Oh, be', sì. La giovencaera finita nella grotta ed era caduta nelPozzo Senza Fondo. Sfortunatamente

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era morta.""Grazie.""Vediamo..." Winifred si soffermò

sulla porta, cercando di riprendere ilfilo. "Ah, sì. Proprio in quel periodo lecorriere facevano il loro debutto sullascena americana e cominciavano a farsivedere lungo la Cry Road, per lamaggior parte trasportando famiglieverso la California. Ci volle un anno dilavoro perché Hiram Kraus costruisse lepasserelle di legno, le stesse chepercorreremo tra breve, e gli fossepossibile aprire al pubblico le grotte.All'epoca l'ingresso costava unnichelino." Fece la solita pausa per lerisatine ma rimase delusa nel

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constatare che non ce n'erano. "Fu unsuccesso immediato. Poco dopo fuallestito il negozio di souvenir, in cui ivisitatori potevano comprare rocce,minerali e fossili, così come oggettiartigianali e ricami, il cui ricavato eradevoluto in beneficenza presso laparrocchia. Il tutto con il dieci per centodi sconto per coloro che visitavano legrotte. E ora, se vuole gentilmenteseguirmi, ci apprestiamo a entrare."

Spalancata la porta, Winifred invitòPendergast a seguirla. Discesero unascalinata grezza e consumata, ricavatada un declivio che conduceva fino alleviscere della terra, tra pareti di calcareche si riunivano ad arco formando untunnel. Dal soffitto roccioso pendeva

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una serie di lampadine nude. Dopo unadiscesa di circa una sessantina di metri,i gradini lasciavano il posto a unapasserella di legno. Dietro l'angolo siapriva la ca verna.

Sottoterra, in profondità l'aria sapevadi acqua e pietra umida, un odore cheWinifred amava. Non c'era alcun sentoredi muffa né di guano: non c'eranopipistrelli nelle Kraus's Kaverns.Davanti a loro, la passerellaserpeggiava in una foresta distalagmiti. Altre lampadine, collocatead arte tra le stalattiti, proiettavanoombre bizzarre sulle pareti. La voltadella caverna spariva nel buio. Winifredproseguì fino al centro della grotta, si

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fermò e si voltò, allargando le braccia,esattamente come le aveva insegnatopapà.

"Ci troviamo ora nella Cattedrale diCristallo, la prima delle tre grandi salenel sistema di caverne. Queste stalagmitihanno un'altezza media di sei metri emezzo. La volta sopra di noi raggiunge itrenta metri e la grotta misura quarantametri, da un la to all'altro."

"Magnifico", apprezzò Pendergast.Winifred, compiaciuta, si lanciò nelle

disquisizioni geologiche sugli strati digesso del sud-ovest del Kansas e sullaformazione della caverna, dovuta alleinfiltrazioni d'acqua nel corso di milionidi anni. Concluse il monologo recitandoi nomi con cui nonno Hiram aveva

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battezzato le varie stalagmiti: i SetteNani, l'Unicorno Bianco, la Barba diBabbo Natale, l'Ago e il Filo. Quinditacque, lasciando spazio alle domande.

"Ha mai avuto visitatori da MedicineCreek?" chiese Pendergast.

Winifred fu colta nuovamente disorpresa. "Oh, be', sì certo, credo di sì.Non facciamo pagare il biglietto, allagente del posto. Non sarebbe correttotrarre profitto dai nostri vicini."Constatato che il visitatore non avevaaltre domande, Winifred si rimise incammino e lo precedette in un passaggiostretto e basso che conduceva alla salaadiacente. "Attenzione alla testa",ammonì. Una volta entrata nella

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seconda grotta, ne raggiunse il centro esi voltò, facendo frusciare il vestito. "Citroviamo ora nella Biblioteca delGigante. Mio nonno la battezzò cosìperché, se guarda alla sua destra, noteràcome i vari strati di travertinodepositatisi nel corso di milioni di annifanno pensare a una pila di libri.Mentre da quella parte, le formazioni diargilla verticali sulle pareti ricordano ilibri su uno scaffale. E ora..."

Fece un passo in avanti. Stava perarrivare alla parte che preferiva: leCampane di Cristallo. E all'improvvisosi rese conto di avere scordato ilmartelletto di gomma. Tastò la tasca incui solitamente lo nascondeva, pronta aestrado per sorprendere i visitatori.

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Non c'era. Doveva averlo lasciato nelnegozio di souvenir. E avevadimenticato anche di prendere la torcia,che portava sempre con sé nel caso chel'impianto elettrico venisse meno.Winifred si sentiva mortificata. Incinquant'anni di visite guidate, mai unavolta si era scordata del suo piccolomartelletto di gomma.

Pendergast la stava osservando. "Sisente bene, signorina Kraus?"

"Ho dimenticato il martelletto persuonare le Campane di Cristallo." Quasile veniva da piangere.

Pendergast si guardò intorno, nellabirinto di stalattiti. "Capisco.Immagino che risuonino quando sono

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percosse."L'anziana signorina annuì. "Ci si può

suonare l'Inno alla gioia di Beethoven.È il momento clou della visita."

"Davvero affascinante. Allora saràbene che uno di questi giorni io facciaun altro tour."

Winifred cercò di rammentare ilproseguimento del discorso, ma questavolta non le riuscì. Si sentì in preda a unpanico crescente.

"Questa città dev'essere ricca distoria", notò Pendergast, osservando conaria distratta alcune formazioni di pietracalcarea simili a piume, cheluccicavano riflettendo la luce.

Winifred gli fu grata per quella viad'uscita. "Oh, certamen te!"

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"E lei deve conoscerla bene.""Suppongo di sapere quasi tutto",

disse lei. Ora si sentiva meglio. Avevala prospettiva di una seconda visita,nella quale non si sarebbe certo scordatadel martelletto di gomma.Quell'orribile omicidio doveva averlasconvolta più di quanto imma ginasse.

Pendergast si chinò a esaminare ungrappolo di cristalli. "Ieri sera, mentreero al Maisie's Diner, ho assistito a uncurioso incidente. Lo sceriffo haarrestato una ragazza di nome CorrieSwanson."

"Oh, sì. È da parecchio che quellaragazza non fa altro che combinare guai.Il padre è scappato e la madre fa la

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cameriera al Candlepin Castle." Fece unpasso in avanti e, abbassando la voce,aggiunse: "Credo che beva. E ches'incontri con... uomini."

"Ah!" fece Pendergast.Winifred si sentì incoraggiata. "Sì.

Dicono che Corrie si droghi. Prima opoi se ne andrà da Medicine Creek,come hanno fatto in tanti, ma nel suocaso non sarà una grande perdita. Cosìvanno le cose oggigiorno, signorPendergast. Diventano grandi e se nevanno, per non tornare mai più. Anchese potrei fare i nomi di qualcuno chefarebbe davvero meglio ad andarsene.Come quel Brushy Jim, per dirne uno."

L'agente dell'FBI parve affascinato auna formazione calcarea. Era una

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soddisfazione vedere un visitatore cosìinteressato. "Lo sceriffo sembravaentusiasta per l'arresto della signorinaSwanson."

"Non mi meraviglio. D'altra partequello sceriffo è un prepotente. Così lapenso. E sono pronta a dirlopubblicamente. Praticamente l'unicapersona con cui si comporta in modoeducato è il suo vice, Tad Franklin."S'interruppe, chiedendosi se non avesseesagerato.

Il signor Pendergast la guardò,facendo un cenno di assenso.

"E anche suo figlio è un prepotente",riprese allora. "Crede che avere unpadre sceriffo gli dia il diritto di fare

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quello che gli pare. Ho sentito dire che èil terrore del liceo."

"Capisco. E quel Brushy Jim che hamenzionato?"

"L'individuo più riprovevole che sipossa immaginare", sentenziò l'anzianasignorina. "Vive in un deposito dirottami lungo la Deeper Road. Sostienedi essere il discendente dell'unicosuperstite del massacro di MedicineCreek. È stato in Vietnam, sa? E laguerra gli ha fatto qualcosa. Gli haguastato il cervello. Non si può trovareun altro essere umano che scenda così inbasso, signor Pendergast. Pronuncia ilnome del Signore invano, beve, nonmette mai piede in chiesa."

"Ho visto una bandiera issata sul

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prato davanti alla chiesa, ieri sera.""È per quel signore dello Stato del

Kansas."Pendergast le rivolse uno sguardo

interrogativo. "Prego?""Vuole riorganizzare i campi. Una

specie di esperimento. Sono rimastecandidate solo due città: la nostra eDeeper. La decisione sarà annunciatalunedì. Questo signore dello Stato delKansas dovrebbe arrivare oggi eMedicine Creek gli stenderà davanti untappeto rosso. Non che ne siano tutticontenti, natu ralmente."

"E per quale motivo?""Qualcosa che ha a che fare col

granturco che vogliono sperimentare,

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una cosa artificiale. Non è che cicapisca molto, per essere sincera."

"Bene, bene", commentò Pendergast."Mi deve scusare, ho interrotto la visitacon le mie domande."

Winifred ritrovò il filo. Riacquistatoil buonumore, si rimise in cammino,guidando il visitatore sull'orlo di unatetra voragine da cui saliva aria ancorapiù fredda. "Ed ecco qui il Pozzo SenzaFondo. Quando il nonno venne qui laprima volta, vi gettò una pietra e non lasentì toccare terra." Fece una pausadrammatica.

"E come fece a scoprire che lagiovenca era finita là sotto?" chiesePendergast.

Un panico improvviso sopraffece

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Winifred. Nemmeno quella domanda leera mai stata rivolta. "Be'... non lo so",dovette ammettere.

Pendergast sorrise e fece un cennorassicurante con una mano. "La prego,continui."

Passarono accanto allo Specchiodell'Immensità, dove, con grandedelusione di Winifred, il visitatore siastenne dall'esprimere un desiderio. Untempo la raccolta delle monetine erastata una proficua attività collaterale.Dallo Specchio tornarono verso l'uscita,ripassando dalla Cattedrale di Cristallo.La donna concluse il suo discorso,strinse la mano di Pendergast e sisorprese quando questi le lasciò una

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mancia generosa. Poi, lentamente, locondusse lungo gli scalini, fino allasuperficie. All'ingresso, il calore lefece l'effetto di una superficie solida. Sisoffermò un'ultima volta. "Come le hoaccennato, tutti i visitatori hanno dirittoa uno sconto del dieci per cento alnegozio di souvenir, valido per tutto ilgiorno della visita." Si affrettò indirezione del negozio, lieta di vedereche il signor Pendergast la seguiva.

"Mi piacerebbe vedere i ricami", ledisse.

"Ma certo", approvò Winifred, e loguidò verso la vetrina. Passò in rassegnal'intera esposizione, prima di mostrargliuna bella federa lavorata all'uncinetto.Ne era particolarmente sod disfatta, dato

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che era frutto del suo lavoro."La mia cara prozia Cordelia

l'adorerà", disse Pendergast,acquistando la federa. "Vede, è invalidae può trarre piacere solo dalle piccolecose."

Winifred sorrise, mentreimpacchettava il regalo. Era bello avereintorno un gentiluomo come lui; ecom'era carino, a pensare alla suaanziana parente. Non aveva dubbi: laprozia del signor Pendergast avrebbeadorato quella federa.

10

Seduta sulla brandina pieghevole

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nella solitaria cella di detenzionenell'ufficio dello sceriffo di MedicineCreek, Corrie Swanson guardava igraffiti sulle pareti scrostate. Ce n'era unbell'assortimento e, a dispetto dellavarietà di inchiostri e calligrafie, gliargomenti erano fondamentalmentemonotematici. In sottofondo si sentiva ilrimbombo del televisore, nell'ufficio sulretro. Era una di quelle soap-opera percasalinghe dall'esistenza vuota, con tantodi musica d'organo vibrante e istericisinghiozzi femminili. La colonna sonoraera accompagnata da un frusciare dicarte, un bel po' di telefonate e passirumorosi dello sceriffo, con le suescarpe da pagliaccio: sembrava unfuretto in gabbia. Come mai un uomo

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così basso aveva piedi così grossi? Enon faceva altro che fumare. L'aria erastantia. Ancora quattro ore e sua madresarebbe tornata sobria, quanto bastavaper venire a prenderla. E intanto leirestava lì, "a imparare la lezione",parole della mamma, e ad ascoltarel'andirivieni dell'uomo più simile a untopo che si potesse incontrare sullafaccia della terra. Bella lezione. Be',non era peggio che restarsene a casa, adascoltare le ramanzine che le faceva suamadre, quando non stava russando sottol'effetto di una sbronza. Quanto allabrandina, non era più scomoda delconsunto materasso di camera sua.

Sentì sbattere la porta dell'ufficio e,

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subito dopo, altri passi e uno scambio disaluti. Corrie riconobbe una delle voci:era Brad Hazen, figlio dello sceriffo esuo compagno di classe, insieme ai suoiamici. Li sentì dire qualcosa riguardo altelevisore. Si affrettò a sdraiarsi sullabrandina, lo sguardo rivolto alla parete.

Udì i passi nell'ufficio sul retro.Qualcuno cominciò a cambiare i canali,tenendo il dito premuto sul pulsante inun rapido passaggio dai quiz alle soap-opera ai cartoni animati, intervallati darisate e dal crepitio delle stazioni nonsintonizzate.

Fallita la ricerca, il rumore di piedistrascicati e il borbottio ripresero, fino aquando Corrie sentì aprirsi la porta dicomunicazione che portava alle celle.

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Ci fu un attimo di silenzio, poi Bradmormorò: "Ehi, ragazzi, guardate chiabbiamo qui. Bene, bene, bene".

Seguirono passi, risatine e sussurri.Dovevano essere almeno in due, forse intre. Di sicuro Chad non mancava e,probabilmente, c'era anche Biff. Brad,Chad e Biff. Gli Hardy Boys del cazzo.

Qualcuno fece una pernacchia,ottenendo in risposta altre risatesommesse.

"E quest'odore cos'è?" fecenuovamente la voce di Brad. "Chi hapestato una merda?"

Ancora risate. "Che cos'hai fattostavolta?"

Corrie rispose senza voltarsi. "Il tuo

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scagnozzo John Q. Musoditopo halasciato la sua auto col motore acceso,le chiavi nel cruscotto e i finestriniabbassati per mezz'ora davanti al WagonWheel, intanto che faceva il pieno die c l a i r al cioccolato. Come potevoresistere?"

"Il mio che?""Quello strano-ma-vero, fumatore a

catena, fabbricamerda di papà.""Ma di che diavolo stai parlando?"

Brad stava alzando la voce."Tuo padre, coglione."I due amici trattennero a stento le

risate."Che figata! Io almeno ce l'ho un

padre, tu no. E non hai neanche ungranché di madre." Scoppiò a ridere,

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mentre uno degli altri, probabilmenteChad, si esibiva in un'altra pernacchia."La troia della città. Era in cella proprioil mese scorso, per ubriachezza molesta.Tale madre tale figlia. La mela non cademai lontano dall'albero. O, nel tuo caso,la merda non cade mai lontano dal culo."

Un'altra raffica di risate soffocate.Corrie non si mosse, continuando afissare il muro.

Brad tornò a parlare sottovoce. "Ehi,l'hai letto il giornale di oggi? Dice chel'assassino potrebbe essere di qui. Forseun adoratore del diavolo. Potrestiessere tu, con quei capelli viola delcazzo e gli occhi truccati di nero. Èquesto che fai la notte? Vai in giro a fare

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la strega?""Hai indovinato, Brad", rispose

Corrie, senza voltarsi. "Quando c'è lunanuova, mi bagno nel sangue di un agnelloappena nato, recito la maledizione delleNove Porte e invoco Lucifero perché tifaccia cascare l'uccello. Sempre che tuce l'ab bia."

Stavolta Brad non si unì al coro dirisatine. "Troia!" proruppe. Si avvicinòdi un passo alla cella e, abbassando lavoce, aggiunse: "Ma guardati. Credi diessere figa, tutta vestita di nero. Be', nonlo sei. Sei una perdente. E per una voltascommetto che non è una palla: ti civedo ad andare in giro di notte adammazzare gli animali. Anzi, a farticiinculare". Ridacchiò. "Perché tanto a te

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nessun uomo ti scoperebbe, strega.""Quando mi capiterà di vedere un

uomo da queste parti ti farò sapere",ribatté Corrie.

Sentì riaprirsi la porta. Calò unsilenzio improvviso. Lo sceriffo parlòcon voce calma e minacciosa. "Brad?Che cosa cre devi di fare?"

"Oh, ciao papà. Stavamo facendo duechiacchiere con Corrie, tutto qui."

"Tutto qui?""Certo.""Non voglio sentire stronzate. Lo so

benissimo cosa stavate facendo."Il silenzio si caricò di tensione."Se ti ribecco a disturbare un mio

detenuto, metto in cella anche te. Mi hai

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sentito?""Sì, papà.""E adesso fuori dai piedi, tu e i tuoi

amici."I ragazzi se ne andarono con la coda

tra le gambe."Tutto bene, Swanson?" chiese lo

sceriffo, in tono rude.Corrie ignorò la domanda. Dopo un

po' la porta si richiuse e lei rimaseinerte, sdraiata sulla branda, di nuovosola, ad ascoltare la televisione e levoci dall'ufficio adiacente. Cercò dimantenere regolare il respiro, didimenticare le parole di Brad. Ancoraun anno e se ne sarebbe andata da quellacittà di falliti, la capitale dei coglionidel Kansas. Ancora un anno. E poi tanti

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saluti, Merdicine Creek. Le tornò inmente per la milionesima volta che, senon si fosse fatta bocciare, a quell'orasarebbe già stata lontana. E adesso neaveva combinata un'altra. Be', nonser viva a niente pensarci.

La porta d'ingresso tintinnònuovamente. Era entrata un'altrapersona: si sentiva parlare. Che fosseTad, il vicesceriffo? Oppure sua madre,una volta tanto sobria? Il nuovo arrivatoparlava così basso che nemmeno sicapiva se fosse un uomo o una donna. Lavoce dello sceriffo, invece, si fecesevera. Ma col rimbombo deltelevisore Corrie non riusciva adistinguere le parole.

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Dopo un po' qualcuno raggiunse lacella.

"Swanson?" Era lo sceriffo. Lo sentìaspirare una boccata di fumo e avvertìl'odore della sigaretta accesa. Poi udì ilrumore delle chiavi e lo scatto dellaserratura. La porta cigolò mentre siapriva. "Fuori di qui."

Corrie non si mosse. La voce diHazen era più dura del solito. Qualcunolo aveva fatto arrabbiare. Ma lei nonfece un mo vimento.

"Qualcuno ti ha pagato la cauzione."Lei rimase nella stessa posizione.Poi risuonò un'altra voce, bassa e

gentile, con un accento che non le erafamiliare. "Signorina Swanson, è libera

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di andarse ne.""Chi è lei?" domandò Corrie, senza

voltarsi. "L'ha mandata la mamma?""No. Sono l'agente speciale

Pendergast dell'FBI."Dio. Era quel tipo da brividi vestito

da becchino che aveva visto girare incittà. "Non mi serve il suo aiuto."

Hazen intervenne, con voce seccata."Forse avrebbe fatto meglio arisparmiare i suoi soldi e a starsenefuori dalle faccende della polizialocale."

Ma Corrie, malgrado tutto, si eraincuriosita. Dopo un istante, non potéfare a meno di chiedere: "Dov'è lafregatura?"

"Ne parleremo di fuori", consigliò

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Pendergast."Allora c ' è la fregatura. Non faccio

fatica a immaginare qua le, pervertito!"Lo sceriffo Hazen sbottò in una risata

che degenerò in un accesso di tosse."Pendergast, che le avevo detto?"

Corrie restò rannicchiata sullabrandina. Si domandava perché quelPendergast si fosse offerto di pagarle lacauzione. Era chiaro che Hazen non loaveva in grande simpatia. Le venne inmente una frase: i nemici dei tuoi nemicisono tuoi amici. Si mise a sedere e siguardò intorno. Eccolo lì, il becchino, abraccia conserte, che la guardavapensoso. Quel piccolo bulldog diHazen era in piedi accanto a lui, le

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mani sui fianchi, il cranio lucido sotto icapelli tagliati alla marine e le guanceirritate dalla ra satura.

"Allora posso alzarmi e andarmene?"chiese Corrie.

"Se è questo che vuole", fu la rispostadi Pendergast.

Corrie si mise in piedi, accantoall'agente dell'FBI, e si diresse verso laporta.

"Non scordarti le chiavi dellamacchina", le fece presente Hazen.

La ragazza si fermò sulla porta, sivoltò e tese la mano. Lo sceriffo, con lechiavi appese a un dito, non avrebbefatto un passo per dargliele. Lei gli siavvicinò quanto bastava perstrap pargliele di mano.

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"La tua macchina è nel parcheggio sulretro", disse Hazen. "Ricordati che midevi settantacinque dollari per larimozio ne."

Corrie uscì dall'ufficio dello sceriffo.Dopo il fresco della cella, aveva lasensazione di camminare dentro uriabroda bollente. Quasi abbagliata dallaluce del giorno, svoltò l'angolo eimboccò il vicolo che portava alparcheggio. Ecco lì la sua Gremlin. Edecco lì, appoggiato all'auto, il pervertitovestito di nero. Quando lei si avvicinò,lui si fece da parte e le aprì la portiera.Corrie salì senza dire una parola,chiudendosi rumorosamente dentrol'auto. Infilò la chiavetta e cercò di

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avviare il motore. Dopo vari tentativi,con un colpo di tosse l'automobileprese vita, sputando una nube di fumonerastro dallo scappamento. L'uomo innero si scostò. Lei esitò un istante, poiabbassò il finestrino. "Grazie", dissecontro voglia.

"È stato un piacere."Corrie premette l'acceleratore e il

motore si ingolfò. Merda.Lo riavviò e lo fece girare. Lo

scappamento emise altro fumo. L'uomodell'FBI non si toglieva di torno. Chediavolo voleva da lei? Una cosa dovevaammettere: in realtà non aveva l'aria delpervertito. La curiosità ebbe ilsopravvento e lei si sporse nuovamentedal finestrino. "E va bene, signor agente

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speciale. Co sa vuole in cambio?""Glielo spiegherò mentre mi dà un

passaggio a casa di Winifred Kraus. È lìche alloggio."

Corrie Swanson ci pensò un istante,poi gli aprì la portiera. "Salga." Spazzòsui tappetini i residui di un pasto diMcDonald's che ingombravano il sediledel passeggero. "Spero che non abbiastrane idee in testa."

L'agente sorrise e si infilò in macchinacon l'agilità di un gatto. "Lei può fidarsidi me, signorina Swanson. E io possofidar mi di lei?"

Lei lo squadrò. "No."Corrie premette il pedale e l'auto

schizzò fuori dal parcheggio,

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lasciandosi dietro una nube di fumo edue strisce di pneumatici sull'asfalto.Mentre sbucava dal vicolo e svoltavanella strada, ebbe la gratificazione divedere quel mostriciattolo dellosceriffo agitarsi sulla porta e gridarledietro qualcosa, prima che la scianerastra dell'auto lo cancellasse dallospec chietto retrovisore.

11

Il quartiere commerciale di Medicine

Creek, Kansas, consisteva in tre isolatidi mattoni incolori, con le porte deinegozi in legno. Corrie lo percorse in unbatter d'occhio. Quando premevasull'acceleratore, l'intera struttura della

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Gremlin cominciava a vibrare. Tra isedili anteriori erano ammonticchiatealmeno tre dozzine di nastri, i suoipreferiti di musica death metal, darkambient, industrial e grindcore. Laragazza li scorse con una mano,oltrepassando le cassette di Discharge,Shinjuku Thief e Fleshcrawl prima discegliere quella dei Lustmord. I suonisconnessi e innaturali di Heresy, Part Iriempirono il ristretto abitacolo. Suamadre rifiutava di lasciarle ascoltare lasua musica nella roulotte, motivo percui Corrie aveva equipaggiato lavecchia Gremlin con un registratore.

E, a proposito della cara e affettuosagenitrice, sarebbe stato un casino

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rientrare. A quell'ora sua madre dovevaessere a metà strada tra la sbronza e ipostumi, la combinazione peggiore.Corrie decise che, dopo aver lasciatoquel Pendergast a casa Kraus, avrebbeparcheggiato l'auto sotto i tralicci dellalinea elettrica e avrebbe ammazzatoqualche ora con un libro. Si voltò versoil passeggero. "Allora, perché il vestitonero? Morto qualcuno?"

"Come lei, ho una predilezione perquesto colore."

Corrie sbuffò. "Allora, che cosa vuolein cambio?"

"Mi servono un'auto e un'autista."Lei non poté fare a meno di ridere. "E

ha pensato a me e alla mia strettissimaAMC Gremlin?"

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"Sono arrivato in autobus e trovoalquanto scomodo girare a piedi."

"Ma sta scherzando? La marmitta èpartita, brucia olio che è un piacere, nonc'è l'aria condizionata e l'interno è unacamera a gas: anche d'inverno devotenere giù i finestrini."

"Le propongo un compenso di centodollari al giorno per auto e autista, piùun rimborso standard di diciannovecentesimi al chilometro per i consumi eil deprezzamento del vei colo."

Cento carte erano più soldi di quantiCorrie avesse mai visti tutti in una volta.Non poteva essere vero. Dovevaproprio esserci dietro qualchefregatura. "Se lei è un superagente

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dell'FBI, dove sono la sua auto e il suoautista?"

"Dato che tecnicamente sono invacanza, non mi sono stati assegnati nél'una né l'altro."

"Va bene, ma perché me?""Molto semplice. Mi serve qualcuno

che conosca Medicine Creek, chedisponga di un'auto e non abbia niente dimeglio da fare. Lei risponde airequisiti. Non è più minorenne, giusto?"

"Ho appena compiuto diciott'anni. Mami manca ancora un anno di liceo. E poime ne vado da questo merdaio delKansas."

"Spero di avere concluso il miolavoro prima dell'inizio delle scuole, ilmese prossimo. La cosa importante è:

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lei conosce Medicine Creek, vero?"Lei rise. "Se odiare significa

conoscere... Ci ha pensato a come losceriffo prenderà questo accordo?"

"Mi aspetto che sia lieto che lei abbiatrovato un impiego."

Corrie scosse il capo. "Lei non ne samolto di come vanno le cose qui, vero?"

"Ed è a questo che sto cercando dirimediare. Lasci che sia io a vedermelacon lo sceriffo. Allora siamo d'accordo,signori na Swanson?"

"Cento carte al giorno? Certo chesiamo d'accordo! E per favore, lesembro una signorina Swanson? Michiami Corrie."

"Io la chiamerò signorina Swanson e

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lei chiamerà me agente specialePendergast."

Lei alzò gli occhi al cielo, scostandosiun ciuffo viola dalla fronte. "Okay,agente speciale Pendergast. "

"Grazie, signorina Swanson."Pendergast prese il portafogli dalla

tasca interna della giacca e ne sfilòcinque biglietti da cento dollari. Corrienon riusciva a togliere gli occhi daisoldi, mentre il passeggero apriva loscomparto del cruscotto e vi depositavala somma.

"Tenga conto per iscritto delchilometraggio. Ogni straordinario al difuori delle otto ore lavorative quotidianesarà ricompensato nella misura di ventidollari l'ora. I cinquecento dollari sono

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il pagamento anticipato della primasettimana." Dalla giacca uscìqualcos'altro. "E questo è il suo telefonocellulare. Lo tenga accesoininterrottamente, anche quando loricarica di notte. Non faccia e nonriceva chiamate personali."

"E chi potrei chiamare, a MerdicineCreek?"

"Non ne ho la più pallida idea. Eadesso, sarebbe così gentile da fareun'inversione e guidarmi in un tour delvillaggio?"

"Subito." Corrie guardò nellospecchietto retrovisore, per assicurarsiche la via fosse libera. Poi ruotò ilvolante con violenza, frenando e

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accelerando al tempo stesso. In unostridore di pneumatici, la Gremlin feceun testacoda, ritrovandosi col musopuntato in direzione della città. Laragazza si voltò sorridendo versoPendergast. "Questo l'ho imparatogiocando a Grand Theft Auto suicomputer della scuola."

"Davvero impressionante. Tuttaviadevo insistere su una cosa, signorinaSwanson."

"E sarebbe?" domandò lei,accelerando nuovamente in direzione diMedicine Creek.

"Quando è al mio servizio, non deveviolare la legge. Le regole del codicestradale devono essere seguitescrupolosamente."

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"Okay, okay.""Il limite di velocità su questa strada è

di settanta chilometri orari, se nonsbaglio. Inoltre non ha messo la cinturadi sicurezza."

Corrie constatò che stava andando aottanta e scese fino alla massimavelocità consentita. Rallentòulteriormente, in vista della periferiadella città. Nel frattempo cercava diripescare la cintura di sicurezza dietro ilsedile, tenendo il volante colginocchio. La Gremlin cominciò asbandare.

"Forse sarebbe più opportuno seaccostasse al ciglio della strada perallacciare la cintura."

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Corrie emise un sospiro e si fermò.Recuperò la cintura, l'allacciò e ripartìcon un'altra sgommata.

Pendergast si appoggiò allo schienale.Il sedile era rotto e l'agente si ritrovòsemidisteso, con la testa appenaall'altezza del finestrino. "Il tour,signorina Swanson?" mormorò, con gliocchi socchiusi.

"Tour? Credevo che scherzasse.""Non vedo l'ora di visitare la città.""Lei dev'essere drogato. Qui da

vedere ci sono solo gente grassa, bruttiedifici e campi di granturco."

"Me ne parli."Corrie rise. "E va bene, certo. Ci

stiamo avvicinando alla ridente

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cittadina di Medicine Creek, Kansas,popolazione trecentoventicinque, inrapida diminuzione."

"E perché mai?""Solo un coglione può restare in una

città di merda."Ci fu una pausa di silenzio."Signorina Swanson?""Che c'è?""Mi sembra di notare che un processo

di socializzazione insufficiente, o forsedifettoso, l'ha indotta a ritenere che itermi ni scatologici conferiscano energiaal linguaggio."

A Corrie occorse qualche istante peranalizzare l'affermazione di Pendergast."C o g l i o n e non è un terminescatologico."

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"In effetti è un termine anatomico.""Anche Shakespeare, Chaucer e Joyce

usavano termini ana tomici.""Vedo che ho a che fare con una

quasi-letterata. Ma è anche vero cheShakespeare scrisse:

In una notte come questa,

col vento che baciava dolce i ramilasciandoli silenti, in tale notte,Troilo, da sopra le troiane muraverso le tende greche sospirava,

ov'era Cressida". Corrie guardò l'uomo accanto a lei sul

sedile reclinato. Pendergast avevaancora gli occhi semichiusi. Era

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davvero un tipo strano."Adesso possiamo proseguire con il

tour?"La ragazza si guardò intorno. I campi

stavano ricomparendo su entrambi i latidella strada. "Finito. Abbiamo giàoltrepassa to la città."

Non vi fu una risposta immediata daparte di Pendergast. Per un attimo Corrieebbe il timore che intendesse ritirarel'offerta e far scomparire nuovamentesotto il vestito nero tutti i soldi cheaveva messo nello scomparto delcruscotto.

"Posso sempre portarla ai Tumuli.""I Tumuli?""I Tumuli indiani, più avanti, lungo il

corso del fiume. Sono l'unico luogo

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d'interesse in tutta la contea. Ne avràsentito parlare: la Maledizione deiQuarantacinque e tutte le altrestronzate."

Pendergast parve riflettere. "Magaripiù tardi andremo ai Tumuli. Per ilmomento, per favore, faccia inversione eripassi dalla città, il più lentamentepossibile. Non voglio perdermi nulla."

"Non credo sia consigliabile, per me.""Perché?""Allo sceriffo non piacerà: non gli va

che ci siano automobili che vannoavanti e indietro."

Pendergast chiuse completamente gliocchi. "Non ho detto che mi sareipreoccupato io dello sceriffo?"

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"Be', è lei il capo."Corrie accostò al ciglio della strada,

fece un'elegante manovra e tornò versoMedicine Creek, per attraversarla apasso d'uomo. "Alla sua sinistra c'è laWagon Wheel Tavern, gestita da SwedeCahill, un tipo a posto, non moltosveglio. Sua figlia è nella mia classe,una vera Barbie. È un locale in cui si vasoprattutto a bere. Da mangiare non c'èmolto, a parte patatine, noccioline ecetrioli. E, be', gli eclair al cioccolato.Ci creda o no, sono famosi per i loroeclair al cioccolato."

Pendergast rimase immobile."La vede la signora che cammina sul

marciapiede, quella con la pettinatura

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t i p o La moglie di Frankenstein? ÈClick Rasmussen, sposata con MeltonRasmussen, proprietario del localene gozio di stoffe e utensili. Sta tornandodal pranzo al Castle Club e in quellaborsetta ci sono i resti di un sandwich diroast-beef destinati al suo cane, Peach.Click Rasmussen si rifiuta di mangiareda Maisie, dal momento che Maisie erala ragazza di suo marito prima che sisposassero, circa trecento anni fa. Sesolo sapesse che cosa combina Meltoncon la moglie del professore diginnastica..."

Pendergast non disse nulla."E quel mucchietto d'ossa che esce dal

Coast to Coast con una torta è la signoraBender Lang. Suo padre morì trent'anni

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fa nell'incendio della loro casa,appiccato da persona non identificata.Non scoprirono mai l'incendiario, né ilmovente." Corrie scosse il capo. "C'èchi dice sia stato il vecchio GregoryFlatt. Era l'ubriacone della città ed eramezzo pazzo. Un giorno è sparito in uncampo e nessuno lo ha più visto. Il suocorpo non è mai stato trovato. Parlavasempre di UFO. Personalmente, credoche si sia avverato il suo desiderio e chelo abbiano rapito gli alieni. La notte incui è scomparso c'erano strane luci, anord." Le uscì una risata sprezzante."Medicine è una cittadina All-American.C'è uno scheletro nell'armadio di tutti. Odi tutte."

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L'ultima frase ebbe il potere dirisvegliare Pendergast, che aprì gliocchi quel tanto che bastava a guardarlaincuriosito.

"Oh, sì. Anche quella cara vecchiettache la tiene a pensione, Winifred Kraus.Potrà sembrare tutta casa e chiesa, manon è affatto così. Suo padre trafficavain alcolici durante il Proibizionismo,ma in compenso era un bigotto fanatico.E non è tutto: ho sentito dire che lavecchia Winifred, da teen-ager, era lavamp della città."

Pendergast batté le palpebre.Corrie ridacchiò e alzò gli occhi al

cielo. "Sì, non è insolito a MedicineCreek. Come Vera Estrem, che si dà da

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fare col macellaio di Deeper. Se suomarito la scoprisse, scorrerebbe ilsangue. Dale Estrem è il capo dellacooperativa agricola ed è l'uomopeggiore di Medicine Creek. Suo nonnoera un immigrato tedesco che, durante laseconda guerra mondiale, se ne tornò inGermania per combattere coi nazisti. Sipuò immaginare come reagì la città. Ilnonno non fece mai ritorno, ma finìugualmente per fottere l'interafamiglia."

"Non ne dubito.""Abbiamo anche la nostra quota di

matti. Come lo stagnino che viene daqueste parti una volta l'anno e siaccampa da qualche parte tra i campi.O come Brushy Jim, che ha passato

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qualche mese di troppo in Vietnam.Dicono che abbia fatto deliberatamentesaltare in aria il suo tenente. Tutti siaspettano che un giorno o l'altro facciairruzione all'ufficio postale sparandoal l'impazzata."

Pendergast era tornato a sdraiarsi sulsedile. Sembrava ad dormentato.

"Comunque, lì c'è il Rexall DrugStore. L'edificio vuoto è quello in cuiuna volta c'era il Music Shop. Lì avantic'è la Chiesa Luterana del Calvario, unsinodo del Missouri. Un branco dirompipalle, se vuole saperlo. Il pastoreJohn Wilbur è un esemplare di fossilevivente come pochi."

Nessuna risposta da Pendergast.

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"Stiamo passando davanti allastazione di servizio Exxon di Ernie. Nonsi faccia aggiustare la macchina da lui.Quello alla pompa è Ernie in persona.Suo figlio è la più grossa testa di cazzoin città, ma Ernie sarà l'ultimo adaccorgersene. E quella vecchiacostruzione di legno è il negozio diRasmussen, di cui le ho detto. Il loromotto è: Se non lo trovate qui, non viserve lì. Non ho mai capito l ì dovefosse. E sulla destra c'è il Maisie'sDiner. Il suo polpettone è appenacommestibile. E i suoi dessertfarebbero venire la diarrea a una iena.Uh-oh. Lo sapevo. Ecco che arriva."

Nello specchietto retrovisore Corrie

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vide l'auto dello sceriffo mettersi inmoto, con tanto di lampeggiante.

"Ehi", fece Corrie, "si svegli. Qui miarrestano di nuovo."

Ma Pendergast sembravaprofondamente addormentato.

L'auto dello sceriffo tallonò laGremlin e fece partire la sirena.Dall'altoparlante giunse la vocegracchiante di Hazen. "Accosta alciglio della strada. Non uscire dalveicolo."

Corrie obbedì. Era la stessasituazione in cui si era trovata almenouna decina di volte, solo che stavoltaaveva Pendergast a bordo. Lo sceriffonon doveva averlo visto, tanto l'agenteera sprofondato nel sedile. Nonostante

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la sirena e l'altoparlante, gli occhi diPendergast erano rimasti chiusi.

Non sarà mica morto? si disse lei. Disicuro non sembrava molto vivo.

La porta dell'automobile dietro di leisi spalancò. Ne scese lo sceriffo, colmanganello che sobbalzava su un fianco.Hazen appoggiò i palmi sudaticci sulfinestrino aperto del passeggero, maappena vide Pendergast fece un passoindietro. "Cristo!" esclamò.

Pendergast aprì un occhio. "Qualcheproblema, sceriffo?"

Corrie gioì nel vedere l'espressionesul volto di Hazen, che si fece tuttorosso, dal collo irsuto fino alla puntadelle orecchie pelose. La ragazza si

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augurò che da grande Brad finisse perso migliare al padre.

"Be', agente Pendergast", disse losceriffo, "da queste parti nonpermettiamo di andare avanti e indietrocon la macchina. È la terza volta che vivedo passare." Hazen tacque, in attesa diqualche spiegazione, ma dopo una lungapausa di silenzio fu evidente che non cene sarebbero state. Finalmente siallontanò dalla Gremlin. "Be', poteteandare."

"Dal momento che sta facendo caso ainostri movimenti", disse alloraPendergast, pigramente, "ritengodoveroso informarla che passeremo unaquarta volta e forse anche una quinta. Lasignorina Swanson mi sta mostrando la

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città. Dopotutto, sono in vacanza."Notando l'espressione rabbuiata dello

sceriffo, Corrie si domandò se questocosiddetto agente speciale sapessequello che stava facendo. Non era unoscherzo farsi nemico lo sceriffo, in unposto come Medicine Creek. Lei nesapeva qualcosa.

"La ringrazio per il suointeressamento, sceriffo." Pendergast sirivolse alla ragazza. "Vogliamo andare,signorina Swanson?"

Corrie esitò, guardando la faccia diHazen. Poi scrollò le spalle. E chediavolo... pensò, mentre si staccava dalmarciapiede con una lieve sgommata,lasciandosi dietro un'altra nuvoletta di

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fumo nerastro.

12 Il sole tramontava in una macchia

sanguinolenta di nubi all'orizzontequando l'agente speciale Pendergastlasciò il Maisie's Diner accompagnatoda un uomo magro con l'uniforme dellaFederal Express.

"Mi hanno detto che l'avrei trovataqui", stava dicendo l'uomo. "Nonvolevo disturbare la sua cena."

"Non si preoccupi", risposePendergast. "Non avevo molto appetito."

"Se firma qui adesso, posso lasciarletutto davanti alla porta sul retro."

Pendergast appose una firma sul

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modulo che il corriere gli porgeva. "Lasignorina Kraus le dirà dove mettereogni cosa. Le spiace se do un'occhiata?"

"Prego. Occupa metà del camion."Il camion della FedEx era

parcheggiato fuori dalla tavola calda.La sua carrozzeria tirata a lustrosembrava fuori luogo in quella stradapolverosa. Pendergast sbirciòall'interno. Addossata a una parete c'erauna dozzina di casse, su alcune dellequa li c'erano etichette che ammonivano:

MERCE DEPERIBILE

CONTENUTO IN GHIACCIO. "Arrivano tutte da New York", disse

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il corriere. "Ha intenzione di aprire unristorante, o qualcosa del genere?"

"È la mia dichiarazioned'indipendenza da Maisie's."

"Come dice?""Sembra tutto a posto. Grazie."Pendergast guardò il camion

allontanarsi nella foschia, pois'incamminò verso est, voltando lespalle alle ultime luci del crepuscolo.Dopo cinque minuti era già fuori daMedicine Creek. La strada tagliava icampi come una faglia oscura.

L'agente affrettò il passo. Non avevaun obiettivo preciso: era piùun'intuizione che una certezza. D'altraparte, sapeva che l'intuizione era ilrisultato finale dei più sofisticati

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ragio namenti.Nella luce del tramonto, i corvi si

levavano dai campi e l'odore di terra edi pannocchie si diffondeva nell'aria. Unpaio di fari apparvero all'orizzonte es'ingrandirono, fino a quando presecorpo un grosso semiarticolato chepassò traballante lungo la strada,lasciando una scia di diesel e polvere.

Pendergast si fermò a tre chilometridalla città. Un sentiero sterrato sistaccava dalla striscia di asfalto,curvando verso sinistra, tra i campi. Loimboccò, a lunghi passi silenziosi. Ilsentiero era in salita e conduceva a unamacchia di alberi che incoronava tresagome oscure nel cielo violaceo: i

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Tumuli.Lasciati i campi, il viottolo si

allargava leggermente, puntando versogli alberi, pioppi giganteschi dai tronchimassicci e dalla corteccia ruvida comepietra scheggiata. Rami spezzati dalleestremità accuminate come artigligiacevano dissemi nati sul terreno.

Entrando nei tenebrosi confini delpendio, Pendergast si voltò indietro. Ilterreno scendeva in un dolce declivioverso la città. In lontananza, i lampionitracciavano una croce luminescente nelmare di pannocchie. A sud sorgeva laGro-Bain, Turkey Sociable, un nucleo diluci a sé stante. E in mezzo, tra la città elo stabilimento, scorreva il torrente, unastriscia di acqua fiancheggiata dai

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pioppi che serpeggiava attraverso ilpaesaggio. Anche se a prima vista lazona sembrava pianeggiante, dalpendio rivelava un accenno di rilievo.Quel punto di osservazione era il piùalto, nel raggio di parecchie miglia.

La buia notte estiva era ormai discesa.L'afa sembrava aumentata, se possibile.Nel cielo brillava qualche stella.Pendergast riprese il cammino,inoltrandosi nell'oscurità tra arbusti ecespugli, praticamente invisibile col suovestito nero. Dopo quasi mezzochilometro, si fermò nuovamente.Davanti ai Tumuli. Erano tre, bassi etozzi, disposti a triangolo, e si alzavanoper sei o sette metri dal livello del

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terreno. Le fiancate di due di essierano state erose dal tempo, che avevamesso a nudo vene di pietra calcarea epesanti massi. Qui gli alberi erano piùfitti e le ombre più profonde.

Pendergast ascoltò i rumori della notted'agosto. Un coro d'insetti trillavafuriosamente. Uno sciame di lucciolevagava fra i tronchi, confondendosi coilampi di calore che balenavano a nord.Nel cielo si vedeva una falce di lunacrescente con entrambe le punte rivolteverso il basso. Pendergast restòimmo bile. Il cielo notturno germogliò distelle e altri suoni si fecero udire: ilfruscio dei movimenti di piccolianimali, le ali degli uccelli. Un paio diocchi ravvicinati luccicarono nel buio.

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In prossimità del torrente un coyotelanciò il suo ululato, cui dalla cittàrispose, appena udibile, il latrato di uncane. Nell'erba i grilli cominciarono illoro canto a cappella.

Finalmente Pendergast riprese acamminare, lento e silenzioso, verso iTumuli. Calpestò una foglia secca e igrilli si zittirono. Attese cheriprendessero il coro, quindi raggiunsela base del tumulo più vicino.S'inginocchiò, spazzò le foglie morte etuffò la mano nel terreno,raccogliendone un pugno. Lo schiacciònel palmo e lo annusò.

Ogni terreno ha un suo odorecaratteristico. E questo era,

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effettivamente, lo stesso che era statoritrovato sugli attrezzi di Sheila Swegg.Lo sceriffo aveva ragione: la vittimaaveva scavato fra i Tumuli, in cerca direliquie. Pendergast lasciò cadere laterra in una provetta di vetro, la tappò ela rimise nella tasca della giacca.

Si rialzò. La luna era sparita dietrol'orizzonte, le lucciole erano svanite e ilampi di calore si erano diradati. Ora iTumuli erano immersi nel buio.Pendergast raggiunse il centro deltriangolo e si mise in attesa. I Tumulierano sagome scure indistintenell'oscurità assoluta.

Trascorse mezz'ora. Un'ora.E poi, all'improvviso, i grilli si

zittirono di nuovo.

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Pendergast, coi muscoli in tensione,attese che il coro riprendesse. Avvertìuna presenza quasi invisibile allapropria destra. Una presenza moltosilenziosa, persino per il suo uditosensibile. Ma i grilli erano in grado dipercepire vibrazioni nel terreno chesarebbero sfuggite a qualsiasi essereumano. I grilli sa pevano.

L'agente dell'FBI continuò adaspettare, finché la presenza non fu a unmetro e mezzo da lui. Si era fermata,anch'essa in at tesa.

Si mosse di nuovo, lentamente,sempre più vicina. Un passo, un altro,ora Pendergast poteva toccarla.

Con un unico movimento, si gettò a

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terra su un fianco, estraendosimultaneamente la torcia e la pistola epuntandole entrambe sulla figura. Laluce illuminò un uomo dall'ariaselvatica, accovacciato a terra, con unfucile a due canne orientato verso laprecedente posizione dell'agente. Ilcolpo partì, assordante, e l'uomo caddeall'indietro, lanciando un urloinintelligibile. In quell'istante,Pendergast fu su di lui. In un attimo ilfucile finì sul terreno e l'uomo si trovòstretto in una morsa, con la pistolapuntata alla tempia. Tentò di reagire, maalla fine si arrese.

Pendergast allentò la presa e losconosciuto cadde a terra, una figuraimponente vestita di pelli e di stracci,

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con una striscia di scoiattoli sporchi disangue che gli pendeva da una spalla. Ungigantesco e rudimentale coltellaccioera appeso alla cintola. I piedi eranoscalzi, con le piante larghe e imbrattatedi terra. Due occhi minuscoli eranoinfissi in un reticolo di rughe, su unvolto che sembrava più antico deltempo. Eppure il suo fisico e i capellinerissimi e straordinariamente lunghi ela barba scura lo identificavano come unindividuo robusto che non dovevaave re più di cinquant'anni.

"Non è consigliabile sparare allacieca", lo redarguì l'agente dell'FBI,torreggiando sopra di lui. "Avrebbepotuto ferire qual cuno."

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"Chi diavolo sei?" protestò losconosciuto, da terra.

"La stessa domanda che stavo perrivolgerle."

L'uomo deglutì, si riprese lentamente esi mise a sedere. "Toglimi quellamaledetta luce dalla faccia."

Pendergast lo accontentò."Allora, chi diavolo ti credi di essere,

per spaventare a morte le bravepersone?"

"Ancora non ci siamo presentati",replicò Pendergast. "La prego di alzarsie di identificarsi."

"Cocco, puoi pregare quanto vuoi.Non me ne frega niente." L'uomo si misein piedi, ripulendosi la barba e i capelli

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da foglie e ramoscelli. Poi scatarròrumorosamente e sputò nell'oscurità. Sipassò la mano lercia sulla bocca e sputòdi nuovo.

Pendergast prese di tasca il tesserinoe glielo mise davanti al la faccia.

Lo sconosciuto spalancò gli occhi, masolo per un istante. "FBI? Chi l'avrebbemai detto?"

"Agente speciale Pendergast", sipresentò questi, chiudendo di scatto ilportafogli di pelle e riponendolo nellagiacca.

"Non ci parlo con I'FBI.""Prima di fare dichiarazioni affrettate

che si potrebbero in seguito rivelarecontroproducenti, deve sapere che hadue alternative. Una è un colloquio

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informale qui..." Pendergast fece unapausa.

"L'altra?"Improvvisamente Pendergast sorrise,

aprendo le labbra sottili su una chiostradi denti candidi e perfetti. Alla lucedella torcia, l'effetto era tutt'altro cherassicurante.

L'uomo estrasse da una tasca un pezzodi tabacco da masticare e ne strappò unpo' con i denti. "Merda", bofonchiò, esputò un'altra volta.

"Posso chiederle il suo nome?"Il silenzio si protrasse per uno, due

minuti. "Diavolo", si decise l'uomo."Non sarà un delitto avere un nome,vero? Gasparilla. Lonny Gasparilla.

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Posso riavere il mio fucile?""Vedremo." Pendergast puntò la torcia

sui corpi insaguinati degli scoiattoli."Era qui per questo? Per andare acaccia?"

"Non vengo certo per il panorama.""Ha una residenza nei dintorni, signor

Gasparilla?"L'uomo abbaiò una risata. "Questa è

buona."Pendergast rimase impassibile.Gasparilla chinò il capo da un lato.

"Sono accampato laggiù."L'agente raccolse il fucile, lo aprì,

espellendone i bossoli, e lo restituì alproprietario. "Mi faccia vedere, se nonle spiace. "

Dopo cinque minuti erano fuori dalla

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macchia. Gasparilla si infilò in uncorridoio tra le spighe, che si rivelòessere un sentiero polveroso. Adessoerano al filare di alberi di fianco altorrente, che scorreva lieve sul suo lettosabbioso. Davanti a loro, sulla rivaargillosa, rosseggiava il bagliore di unabrace, su cui ribolliva un paiolo. L'ariaumida sapeva di cipolle, patate epeperoncino.

Lonny Gasparilla prese alcuni ceppida un cumulo e li gettò tra le braci. Lefiamme si alzarono, illuminando ilpiccolo accampamento, costituito dauna tenda unta e sporca. Una porta dilegno montata su quattro ceppi faceva datavolo, mentre un ceppo più grosso

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fungeva da sedia.L'uomo si sfilò gli scoiattoli dalle

spalle e li fece cadere sul tavolo. Poiprese il coltello infilato nella cintola esi mise al lavoro. Squarciò il ventre delprimo, ne estrasse le viscere e le gettòda parte, prima di spellarlo con unattrezzo acuminato. Con rapidi colpiamputò la testa, le zampe e la coda,tuffando la carne nel paiolo. Per ogniscoiattolo l'intero processo richiedevauna ventina di secondi.

"Che cosa ci fa qui?" domandòPendergast.

"Faccio il mio giro.""Giro?""Sono un arrotino. Due giri dalle mie

parti nei mesi caldi, poi a sud, a

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Bronsville, per l'inverno. Affilo di tutto:dalla motosega alla mietitrebbiatrice."

"Come si muove?""Ho un pick-up.""Dove l'ha parcheggiato?"Un altro colpo e anche l'ultimo

scoiattolo finì nel paiolo. Gasparillaaccennò con la testa verso la strada."Laggiù, se vuole controllare."

"Lo farò.""In città mi conoscono. Non sono mai

stato dalla parte sbagliata della legge.Chieda allo sceriffo. Lavoro per vivere,proprio come lei. Solo che io non mimetto in agguato nel buio, accecando lagente e spaventandola a morte." Gettònel paiolo una manciata di fagioli

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bruciacchiati."Se, come dice, in città la conoscono,

come mai si accampa qui?""Mi piace stare largo.""E i piedi scalzi?""Uh?"Pendergast puntò la torcia sulle dita

sudice dei piedi del l'uomo."Le scarpe costano." Lonny si frugò

nella tasca, prese il tabacco e nestrappò un altro pezzo coi denti. "E checosa ci fa qui un agente dell'FBI?"chiese, ficcandosi un dito in bocca persi stemare il tabacco.

"Immagino che possa rispondere dasolo a questa domanda, signorGasparilla."

L'altro lo guardò di traverso, senza

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rispondere."Quella donna stava scavando fra i

Tumuli, non è così?" chiese Pendergast,di lì a poco.

Gasparilla sputò. "Già.""Da quanto tempo?""Non so.""Aveva trovato qualcosa?"L'uomo alzò le spalle. "Non è la prima

volta che qualcuno scava nei Tumuli.Non ci faccio molto caso. Quando sonoqui ci vado solo per andare a caccia.Non ci penso neanche a disturbare imorti."

"Ci sono tombe, nei Tumuli?""Così si dice. C'è stato anche un

massacro, una volta. Non so altro e non

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voglio saperlo. Quel posto mi dà ibrividi. Non ci andrei nemmeno, se nonfosse lì che stanno gli scoiattoli."

"Ho sentito parlare di una leggendariguardante i Tumuli. La Maledizionedei Quarantacinque, se non erro."

Gasparilla non disse nulla. Per un po'sull'accampamento regnò il silenzio.L'uomo rimescolò il cibo nel paiolo,guardando di tanto in tanto Pendergastdi sottecchi.

"Il delitto è stato commesso tre nottifa, con la luna nuova. Ha visto o sentitoqualcosa?"

Lonny sputò. "Niente.""Quali sono stati i suoi movimenti,

quella sera?"Gasparilla continuò a mescolare. "Se

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vuol dire che io ho ucciso quella donna,allora secondo me questa conversazioneè fi nita, bello."

"Direi che è appena cominciata.""Non faccia il furbo con me. Non ho

mai ucciso nessuno in tutta la mia vita.""Allora non avrà obiezioni a espormi

nel dettaglio i suoi movimenti di quellasera."

"Era il mio secondo giorno qui aMedicine Creek. Sono andato a cacciaai Tumuli, nel tardo pomeriggio. Lei eralà, che scavava. Sono tornato altramonto e ho passato qui tutta la se ra."

"L'ha visto, la donna?""Mi ha visto, lei?""Dove stava scavando, esattamente?"

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"Dappertutto. Sono stato alla larga.Non voglio guai." Gasparilla diedeun'altra mescolata, raccattò una scodelladi latta e la riempì. Con un cucchiaiomalridotto prese un po' di stufato, cisoffiò sopra e l'assaggiò. Rituffò ilcucchiaio nella scodella e alzò losguardo. "Ne vuole anche lei,immagino."

"Non dico di no."Senza aggiungere altro, Gasparilla

prese un'altra scodella, la riempì e laporse all'agente.

"Grazie." Dopo averlo assaggiato,Pendergast disse: "Burgoo, direi".

Gasparilla annuì, riempiendosi labocca. L'intingolo gli colò sulla barba.

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Masticava rumorosamente, sputandoqualche ossicino e deglutendo. Si pulì labocca con la mano e la mano nellabarba.

Finirono di mangiare in silenzio. PoiLonny raccolse le scodelle, tornò asedersi e riprese il tabacco. "E adesso,signore, se ha trovato quello checercava, torni pure agli affari suoi. Mipia ce stare tranquillo, la sera."

Pendergast si rimise in piedi. "Lalascerò in pace. Ma prima, se vuoleaggiungere qualcosa, le consiglio difarlo subito, anziché aspettare che loscopra da solo."

Gasparilla sputò un filo marrone disaliva in direzione del torrente. "Non miva di essere messo in mezzo."

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"Lei è già in mezzo. I casi sono due: oè lei l'assassino, signore, oppure la suapermanenza in questo luogo la mette inserio pericolo."

L'uomo grugnì, morse il tabacco esputò di nuovo. "Lei ci crede alDiavolo?" domandò.

Gli occhi chiari dell'agente dell'FBIluccicarono alla luce del fuoco. "Perchéme lo chiede?"

"Perché io non ci credo. Per quanto miriguarda, il Diavolo è una della tantestronzate dei predicatori. Ma il maleesiste, su questa terra, signor agentedell'FBI. Ha parlato della Maledizionedei Quarantacinque. Be', tanto vale chese ne torni subito a casa, perché quella è

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una storia di cui non verrà mai a capo. Ilmale di cui parlo, la maggior parte dellevolte ha una spiegazione. Ma qualchevolta..." Lonny Gasparilla sputò un altrogrumo di tabacco e si protese in avanti,come per condividere un segreto."Qualche volta proprio non ce l'ha."

13

L'AMC Pacer di Smit Ludwig entrò

nel parcheggio della chiesa, affollato diautomobili dalla carrozzeria lucida erovente. Sulla facciata di mattoni rossidella chiesa era affisso un cartellone chegià si stava deformando sotto il soled'agosto. Vi si leggeva:

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33° FESTA ANNUALE DELTACCHINO GRO-BAIN.

Accanto a esso, un cartellone ancora

più grosso dichiarava:

MEDICINE CREEK DÀ ILBENVENUTO

AL PROFESSOR STANTONCHAUNCY!!!

C'era una sfumatura di disperazione,

rilevò Ludwig, in quei tre puntiesclamativi. Il giornalista lasciò l'auto infondo al parcheggio, scese, si tamponòla nuca con un fazzoletto e si avviòverso l'ingresso. Nel corso degli anni, la

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città si era assuefatta agli articoli dicostume che lui scriveva, ai suoi pezziconcilianti sulla chiesa e sulla scuola,sui ragazzi del 4-H, i Boy Scout e iFuture Farmers of America. I suoiconcittadini si erano abituati al fatto chei l Courier minimizzasse o addiritturaignorasse i piccoli reati dei giovani delposto, dalle corse in automobile allesbronze moleste. Avevano dato perscontato che passasse quasi sottosilenzio il problema delle ispezioni allaGro-Bain Turkey Sociable, l'aumentodegli incidenti sul lavoro nellostabilimento, le questioni sindacali.Avevano dimenticato che il Courier eraun giornale, non l'organo ufficiale delmunicipio. Il giorno prima, tutto era

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cambiato. Il Courier era divenuto unvero giornale, su cui si leggevano verenotizie.

Smit Ludwig si domandava qualesarebbe stata la reazione.

Tenne una mano sulla maniglia e siportò l'altra al nodo della cravatta,aggiustandoselo nervosamente. Avevapresenziato a tutte le trentatré edizionidella Festa del Tacchino Gro-Bain, manon vi si era mai avvicinato con unasimile trepidazione. Era in momenticome questi che sentiva più forte lamancanza di sua moglie, Sarah. Sarebbestato tutto molto più semplice, sel'aves se avuta al suo fianco.

Fatti forza, Smitty, si disse,

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spingendo avanti la porta.La sala parrocchiale era strapiena.

C'era praticamente tutta la città. Alcunierano già seduti a mangiare, altri eranoin coda al buffet, per riempirsi i piatti dipurè, intingolo e fagiolini. C'era purechi mangiava il tacchino, anche seLudwig notò che, come al solito, glioperai dello stabilimento se ne tenevanoalla larga. Nessuno parlava mai diquanto poco tacchino si consumassealla Festa del Tacchino.

Un grande striscione di plasticaappeso a una parete ringraziava la Gro-Bain Turkey Sociable e il suo direttoregenerale, Art Ridder, per la lorogenerosità nel fornire i tacchini. Masulla parete opposta un altro striscione,

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il più grande di tutti, celebrava l'arrivodi Stanton Chauncy, l'ospite d'onoredell'anno. Ludwig si guardò intorno:erano tutte facce familiari. Uno deipiaceri di vivere in una cittadina.

In fondo alla sala, Art Ridderintercettò il suo sguardo. Il direttoregenerale indossava un abito dipoliestere bianco e marrone. Il solitosorriso era stampigliato sul suo voltoinnaturalmente privo di rughe. Robustocome un bovino, si fece largo tra lafolla, lentamente, ma senza deviare dallasua traiettoria. Era la gente a muoversiper Ridder, pensò Ludwig, nonviceversa. Forse era per il vago sentoredi tacchino macellato che sembrava

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aleggiargli intorno, nonostante le fortidosi di Old Spice. O forse era perchéRidder era l'uomo più ricco della città:aveva venduto il suo stabilimento allaGro-Bain Turkey Sociable in cambio diun cospicuo assegno, ma era rimastocome direttore. Diceva che gli piacevail lavoro. Ma secondo Ludwig apiacergli era lo status di Padre dellaCittà che gli conferiva il ruolo didiret tore dello stabilimento.

Ridder puntava proprio su di lui,occhio fisso e sorriso di circostanza. Ditutti i presenti, era quello cui menopoteva piacere l'articolo sul delittopubblicato il giorno prima. Ludwig sipre parò all'impatto.

La salvezza giunse all'improvviso. La

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signora Bender Lang comparve dal nullae mormorò qualcosa all'orecchio diRidder, che cambiò subito direzione e siallontanò con lei. Dev'essere arrivatoquesto Chauncy, suppose Ludwig.Nient'altro avrebbe potuto costringereRidder a muoversi così veloce.

In tutti i trentatré anni della Festa delTacchino, quella era la prima volta chel'ospite d'onore non era stato scelto tragli abitanti di Medicine Creek. Il cheera sufficiente a dimostrare quanto fosseimportante per la città fare buonaimpressione sul dottor Stanton Chauncydella Kansas State University. Sarebbestato lui a decidere, entro il lunedìsuccessivo, se i campi di Medicine

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Creek avrebbero ospitato gliesperimenti sul mais modificatogeneticamente, oppure...

"Smit Ludwig! Come osi?" Una voceacuta s'intromise nei suoi pensieri.

Si voltò e abbassò lo sguardo. KlickRasmussen gli arrivava all'altezza delgomito anche se la sua traballantepettinatura cotonata gli raggiungeva laspalla.

"Come potrebbe essere uno di noi?"gemette la donna.

"Andiamo, Klick, non ho detto checredevo..."

"Se non ci credevi, perché l'haipubblicato?"

"Perché è mio dovere riportare tutte leteorie..."

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"Che fine hanno fatto quei begliarticoli che scrivevi una volta? IlCourier era un giornale così carino."

"Non tutte le notizie sono carine,Klick..."

Ma lei non lo lasciò finire. "Se vuoiscrivere robaccia, perché non parli diquell'agente dell'FBI che se ne va in giroper la città a fare domande, a mettere ilnaso in questioni che non lo riguardanoe a riempirti la testa di idee assurde?Vediamo un po' come la prende lui. E,come se non bastasse, hai tirato in balloquella storia dei Guerrieri Fantasma edella Maledizione dei Quarantacinque..."

"Non c'era niente sul giornale in

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proposito.""Non esattamente in questi termini.

Ma con quella faccenda delle vecchiefrecce indiane, che altro vuoi che pensila gente? Proprio questo ci mancava:che tornasse fuori quella vecchia storia."

"Per favore, siamo ragionevoli."Ludwig fece un passo indietro. Avevaavvistato Gladys, la moglie di SwedeCahill, che si apprestava ad accorrere inaiuto di Klick. Era peggio di quanto luiavesse immaginato.

D'un tratto apparve Maisie, con la suafigura robusta avvolta in un grembiulebianco. "Klick, lascia in pace Smitty.Siamo fortunati ad averlo. La maggiorparte delle contee grandi come la nostranon ha nemmeno un settimanale,

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tantomeno un giornale."Klick cedette le armi. Ludwig fu

doppiamente grato a Maisie, benconoscendo l'attrito che esisteva tra ledue donne. D'altra parte, Maisie eraforse l'unica persona in tutta la sala chepotesse zittire così in fretta la signoraRasmussen. Lanciata un'ultimaocchiataccia a Ludwig, Klick raggiunseGladys Cahill, con la quale si spostòverso il buffet del tacchino, parlando abassa voce.

Ludwig si rivolse a Maisie. "Grazie.Mi hai salvato."

"Mi prendo sempre cura di te, Smit."La donna batté le ciglia e tornò alla suapostazione, a trinciare tacchini.

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Il giornalista si apprestò a seguirla,ma si accorse che il silenzio stavacalando nella sala. Gli occhi di tuttierano puntati verso l'ingresso. Ludwigguardò nella stessa direzione, scorgendosulla porta una figura in nero che sistagliava contro il cielo dorato dellasera.

Pendergast.C'era qualcosa che dava i brividi,

nell'immobilità dell'agente dell'FBI:sembrava un pistolero sulla soglia di unsaloon. Pendergast entrò nella sala conpasso sicuro, guardandosi intorno fino aincrociare lo sguardo di Ludwig.Cambiò rotta e, fendendo la folla, loraggiunse.

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"Sono lieto di vederla, signorLudwig", gli disse. "Non conosconessun altro a parte lei e non possoaspettarmi dallo sceriffo, con tuttoquello che ha da fare, che trovi il tempoper fare le presentazioni. La prego, mifaccia strada."

"Farle strada?""Ho bisogno di essere presentato,

signor Ludwig. Dalle mie parti, nelleoccasioni sociali, è sconvenientepresentarsi da soli, ed è sempreopportuno che sia una terza persona afarlo. Come editore, redattore eprincipale giornalista del Cry CountyCourier, presumo che lei conosca tutti,in città."

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"Suppongo di sì.""Eccellente. Vogliamo cominciare

dalla signora Rasmussen? Se ho bencapito, è una delle signore più in vistadella città."

Ludwig trattenne il respiro. ProprioClick Rasmussen, con tutta la fatica cheaveva fatto a liberarsene. Il giornalistasi sentì depresso. Localizzò Klickdavanti a uno dei buffet del tacchino, incompagnia di Gladys Cahill e dellasolita banda. "Laggiù", disse,incamminandosi rassegnato.

Al loro arrivo, il chiacchiericciodelle signore s'interruppe. Sul viso diKlick, alla vista di Pendergast, sidisegnò un'espres sione di fastidio.

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"Vorrei presentarvi..." cominciòLudwig.

"So benissimo chi sia quest'uomo",tagliò corto Klick. "Voglio dire solouna cosa..."

Klick rimase impietrita quandoPendergast fece un inchino e unbaciamano alla francese, fermandosi conle labbra a un paio di centimetri. "Sonooltremodo lieto, signora Rasmussen. Michiamo Pendergast."

"Cielo", mormorò Klick. La manosembrò diventarle di pa stafrolla.

"Mi sembra di capire, signoraRasmussen", proseguì Pendergast, "cheè lei la responsabile delle decorazioni."

Il giornalista si chiese da dove l'uomo

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dell'FBI avesse preso questainformazione. L'accento del sud si fecedolce come la melassa, mentreguardava intensamente Klick coi suoistranissimi occhi.

"Sì, sono io", ammise la donna, earrossì.

Ludwig rise tra sé."Sono incantevoli", aggiunse l'agente

speciale."Grazie, signor Pendergast."Senza lasciare la mano della signora,

Pendergast fece un altro inchino. "Hosentito parlare molto di lei. È un veropiacere fare la sua conoscenza."

Klick arrossì ancora di più.In quel momento arrivò Melton

Rasmussen, che aveva assistito da

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lontano alla presentazione. "Bene,bene", disse questi, protendendo la manotra la moglie, ormai paonazza, ePendergast. "Benvenuto a MedicineCreek. Io sono Mel. MeltonRasmussen. Peccato che non siacapitato qui in circostanze più felici,ma credo che troverà ugualmente mododi apprezzare la calda ospitalità delKansas."

"La sto già apprezzando", replicòl'agente dell'FBI, stringen dogli la mano.

"Da dove viene, signor Pendergast?Non riconosco il suo ac cento."

"New Orleans.""Ah, la grande città di New Orleans.

È vero che mangiano carne di

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alligatore? Ho sentito dire che sa dipollo."

"A mio avviso, ricorda di più la carned'iguana o quella di serpente, che nonquella di pollo."

"Be', in tal caso, io continuo coltacchino." Rasmussen rise. "Quandovuole passare a dare un'occhiata al mionegozio, è il benvenuto."

"Lei è molto gentile.""Allora", continuò Rasmussen,

facendosi più vicino, "quali novità? Cisono nuove piste?"

"La giustizia non dorme mai, signore.""Be', io ho una mia teoria. Le

interessa?""Moltissimo.""È stato quel tizio che si accampa

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vicino al torrente, Gasparilla. Io loterrei d'occhio. È uno strano tipo, lo èsempre stato."

"Andiamo, Mel", lo sgridò la moglie."Lo sai che sono anni che viene daqueste parti e non ha mai combinato unguaio."

"Non si può mai sapere quando unapersona si mette a dare i numeri. Eperché si accampa così lontano, lungo ilfiume? La città non è abbastanza bellaper i suoi gusti?"

La domanda rimase sospesa nell'aria,senza risposta. Klick guardò dietro laspalla del marito e la sua bocca formòun piccolo cerchio perfetto. Ludwigsentì un lieve mormorio percorrere la

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folla, seguito da un accenno di applauso.Si voltò e vide Art Ridder e lo sceriffoche scortavano nella sala unosconosciuto: un uomo basso e magro,con la barba molto corta e un vestito dilino azzurro. Alle loro spalle c'erano lasignora Bender Lang e un drappello dialtre illustri cittadine.

"Signore e signori, amici econcittadini di Medicine Creek!" tuonòArt Ridder, rivolto a tutti i presenti. "Hoil grande privilegio di presentarvil'ospite d'onore di quest'anno, il dottorStanton Chauncy della Kansas StateUniversity!"

Le parole furono accolte da unfragoroso applauso e da qualche fischioacuto. Il dottor Chauncy fece un cenno di

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saluto alla folla e si voltò perconsultarsi con Ridder. L'applauso sismorzò lentamente.

"Signor Ludwig, quel gruppo disignori nell'angolo laggiù..." fecePendergast.

Il giornalista guardò nella direzioneche gli era stata indicata. Quattro ocinque uomini vestiti da contadiniconfabulavano tra loro, bevendolimonata. Non avevano alcuna intenzionedi unirsi agli applausi e, anzi,guardavano Chauncy con una certaostilità.

"Oh, quello è Dale Estrem, coi suoicolleghi della cooperativa agricola",rispose Ludwig. "Gli ultimi contadini,

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duri a morire: quelli che non hannovoluto svendere i propri terreni allegrandi compagnie e che tengono durocon le loro fattorie, nei dintorni diMedicine Creek."

"E per quale motivo non condividonol'entusiasmo dei loro concittadini?"

"La cooperativa agricola non vede dibuon occhio il mais modificatogeneticamente. Temono cheun'impollinazione incrociata possaguastare i loro raccolti."

Nel frattempo Ridder stavapresentando l'ospite a una schie ra sceltadi notabili.

"Ci sono altre persone che, col suoaiuto, vorrei conoscere. Il pastore, peresempio."

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"Ma certo." Ludwig cercò tra la follail pastore Wilbur, localizzandolo in unacoda vicino a un buffet. "Da questaparte."

"Mi dica prima qualcosa sul suoconto, per favore."

Ludwig esitò. Non gli piacevasparlare delle persone. "Il pastoreWilbur è qui da quarant'anni, comeminimo. È pieno di buone intenzioni.Solo che..." Si trattenne.

"Sì?" insistette Pendergast.Sotto lo sguardo indagatore

dell'agente, Ludwig avvertì unasensazione di disagio. "Credo si possadire che è fatto a suo modo. Non è alpasso con quello che succede, o che non

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succede oggigiorno a Medicine Creek."Il giornalista lottò per qualche istantecon la propria coscienza. "C'è chi pensache un pastore più giovane e attivopotrebbe ridare vita alla città econvincere i giovani a restare,riempiendo il vuoto spirituale che si èvenuto a creare."

"Capisco."Vedendoli arrivare, il pastore alzò lo

sguardo. Come di consueto, teneva inbilico sulla punta del naso un paio diocchialini da lettura, che non si toglievamai, probabilmente perché riteneva glidessero un aspetto autorevole. "PastoreWilbur?" disse Ludwig. "Vorreipresentarle l'agente speciale Pendergast,dell'FBI."

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Wilbur gli strinse la mano."La invidio, pastore", disse

Pendergast. "Prendersi cura delle animein una comunità come quella diMedicine Creek..."

Wilbur lo guardò con benevolenza. "Avolte la responsabilità nei confronti dicentinaia di persone può essere gravosa,signor Pendergast. Ma voglio pensaredi essere per loro un bravo pastore."

"La vita qui sembra bella", proseguìPendergast. "Voglio dire, consona a unuomo di Dio come lei."

"Dio ha ritenuto di darmi unabenedizione e al tempo stesso dimettermi alla prova. Noi tutticondividiamo la colpa di Adamo ma

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forse un uomo di Chiesa ne avverte ilpeso più di altri." Il volto del pastoreassunse un'espressione da santo, quasida martire, che Ludwig riconobbe: stavaper recitare uno dei suoi frammenti dipoesia. E infatti: "Ahimè, a che servel'incessante cura dell'umile e stancopastore?" Compiaciuto, guardòPendergast attraverso gli occhialini."Milton, naturalmente."

"Naturalmente. Lycidas."Il pastore Wilbur fu colto alla

sprovvista. "Ah, credo che sia esatto,sì."

"Mi viene in mente un altro verso diquella poesia: Fame han le greggi manessun le nutre."

Vi fu un istante di silenzio, durante il

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quale Ludwig guardò l'uno e l'altro,domandandosi se gli fosse sfuggitoqualcosa.

Wilbur batté le palpebre. "Io...""Io non vedo l'ora di incontrarla

ancora in chiesa, questa domenica", lointerruppe Pendergast, stringendoglinuovamen te la mano.

"Ah, sì, anch'io", replicò il pastore,cui era rimasto un tono di sorpresa nellavoce.

"Scusatemi!" La voce di Art Ridder,amplificata da un altoparlante,sopraffece il vocio della conversazioni."Signore e signori, se sarete cosìcortesi da prestare attenzione, il nostroospite d'onore vorrebbe dire qualche

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parola. Il dottor Stanton Chauncy!"Tutt'intorno, nella sala parrocchiale, i

cittadini di Medicine Creek deposero leforchette e rivolsero la loro attenzione alpic colo uomo vestito di azzurro.

"Grazie", esordì questi. Se ne stavadritto, con le mani unite di fronte a sé,come se fosse a una veglia funebre. "Michiamo Stanton Chauncy. Dottor StantonChauncy. Rappresento la facoltà diAgraria della Kansas Stanton University.Ma naturalmente questo lo sapete già."Il tono era acuto, le parole così scanditee precise da suonare quasi affettate. "Ilperfezionamento del mais attraverso lagenetica è un argomento complesso enessuno potrebbe darne una definizioneesaustiva in questo contesto. Occorrono

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opportune nozioni di discipline quali lachimica organica e la biologia dellepiante, di cui un pubblico di profani nonpuò disporre." Inspirò rumorosamente."Tuttavia, quest'oggi, cercherò diesporvelo in termini comprensibili."

Tutti i presenti, come animati da unacomune volontà, chinarono il capo esospirarono in coro. Se si aspettavano disentire lodi sulla loro città e sulla lorofesta, o se addirittura avevano osatosperare in un accenno all'imminentedecisione di Chauncy, erano rimastitristemente delusi. Al contrario, ildottore si lanciò in un'elencazione divarietà di granturco così dettagliata daperdere per strada anche i più ferventi

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agricoltori. Ludwig ebbe l'impressioneche Chauncy cercasse intenzionalmentedi risultare quanto più noioso possibile.Tra il pubblico, a bassa voce, ripreserole conversazioni. Bocche furtive siriempirono di purè e tacchino. Lepersone ripresero a muoversi lungo lepareti della sala. Dale Estrem e gli altridella cooperativa agricola rimasero nelloro angolo, a braccia conserte e scuri involto.

Smit Ludwig smise di ascoltare ilronzio della voce del dottore. Malgradotutto, amava l'aria di piccola città che sirespirava alla festa, quell'atmosferaprovinciale e il fatto che tutta la città visi riunisse, costringendo a un minimo dirapporti civili anche coloro che si

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detestavano a vicenda. Era una delleragioni per cui lui non sarebbe maiandato via da Medicine Creek. Nessunoera trascurato, nessuno era dimenticato,ognuno aveva il proprio posto. Non eracome a Los Angeles, dove ogni giornogli anziani morivano soli e abbandonati.Sua figlia gli aveva telefonatoparecchie volte, negli ultimi tempi,spronandolo a trasferirsi vicino a lei.Ma lui sarebbe rimasto dov'era. Nonavrebbe lasciato quella città, nemmenoquando avesse chiuso il giornale efosse andato in pensione. Nel bene o nelmale, avrebbe finito i suoi giorni aMedicine Creek e sarebbe stato sepoltoal cimitero lungo la Deeper Road,

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accanto a sua moglie.Guardò l'orologio. Da dove

arrivavano questi pensieri sulla morte?Aveva un'ora limite da rispettare, anchese era lui stesso a imporsela. Era giuntoil momento di andarsene a casa ascri vere l'articolo.

Senza dare nell'occhio, raggiunse leporte aperte dell'ingresso. Fuori la lucedel tardo pomeriggio illuminava ilgrande prato verde della chiesa. Ilcalore era una coltre impenetrabile chegravava sull'erba, sul parcheggio e suicampi. Ma, a dispetto del caldo, adispetto di tutto, Smit Ludwig provavaun senso di sollievo. Aveva temuto dipeggio da parte dei suoi concittadini:doveva ringraziare Maisie e forse

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anche Pendergast per essersela cavatacosì a buon mercato. E, su un pianomeno personale, avrebbe potuto scrivereil pezzo sulla festa annuale senza doverricorrere all'ipocrisia. Dapprima gli eraparso di avvertire una certaoppressione, un senso stoico dellospettacolo che deve continuare, poil'atmosfera si era alleggerita. La cittàtornava a essere se stessa, e nemmenogli effetti soporiferi della conferenza diChauncy, la cui voce ancora gli ronzavanelle orecchie, riuscivano a turbarla. Latrentatreesima Festa Annuale delTacchi no Gro-Bain era un successo.

Ludwig tirò un lungo sospiro, mentrescendeva i gradini della chiesa. E

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all'improvviso restò come paralizzato.Alle sue spalle, tutti fecero lo stesso,

lo sguardo rivolto a qualcosa fuori dallacornice di legno della porta. Si udìqualche singhiozzo soffocato e uncrescente mormorio, che, come unacorrente elettrica, si trasmise da unapersona all'altra, fino a lambire tutti icittadini riuniti nella sala. Quando ilmormorio ebbe raggiunto un livello taleda disturbare la dissertazione sullevarie tipologie di chicchi di mais,persino Chauncy si interruppe a metà diuna frase.

"Che cosa c'è?" chiese. "Che cosasuccede?"

Nessuno rispose. Gli occhi di tuttierano ormai fìssi sulle porte aperte della

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sala, oltre le quali, nel cielo giallo, sivedeva una colonna di avvoltoi chevolteggiava a cerchi sempre più strettisopra i campi.

14

Corrie Swanson fermò la macchina

davanti alla chiesa, notando che dallafolla raccolta a gruppi sul prato silevava un mormorio preoccupato. Diquando in quando qualcuno si staccavada un gruppo e dirigeva lo sguardoverso i campi. Doveva esserci almenouna cinquantina di persone, maPendergast non era tra loro. Corrie nonriusciva a capire: era stato lui a

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raccomandarle di venirlo a prendere.L'assenza di Pendergast fu quasi un

sollievo. Corrie se lo sentiva: l'agentedell'FBI rischiava di peggiorareulteriormente la sua posizione. Già tuttaMedicine Creek la considerava il parianumero uno. Una volta di più, la ragazzasi chiese in che guaio si fosse cacciata.Non osava nemmeno toccare il denaronello scomparto del cruscotto.Pendergast le avrebbe complicato lavita, poi se ne sarebbe andato,lasciandola sola ad affrontare leconseguenze. La cosa più intelligente dafare era restituirgli i soldi e lavarsi lemani dell'intera faccenda.

Sobbalzò involontariamente quandovide una figura vestita di nero

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materializzarsi dal nulla accanto allaGremlin. Pendergast aprì la portiera econ l'agilità di un gatto occupò il sediledel passeggero. Il modo in cui l'uomodell'FBI si muoveva a volte le dava ibrividi. La ragazza abbassò il volumeassordante di Starfuckers dei Nine InchNails. "Allora, dove si va, agentespeciale?" disse, simulandononcuranza.

Pendergast indicò i campi. "Vedequegli uccelli?"

Con una mano, lei si riparò gli occhidalla luce del tramonto. "Quali, quegliavvoltoi? Che cosa c'entrano?"

"È là che andiamo."La ragazza aumentò i giri,

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l'automobile vibrò e tossì fumo nerastro."Non ci sono strade, da quelle parti. Equesta è una Gremlin, non una Hummer."

"Non si preoccupi, signorinaSwanson, non resterà intrappolata inmezzo al granturco. Si diriga a ovestlungo la Cry Road, per favore."

"Come vuole." Corrie pigiòsull'acceleratore e con un sussulto laGremlin si staccò dal marciapiede."Allora, che ne dice della Festa delTacchino? Qui a Merdicine Creek èl'evento dell'anno."

"Molto istruttiva... da un punto di vistaantropologico."

"Antropologico? Sì, certo: l'agentespeciale Pendergast tra i selvaggi. C'eraanche quel tale della Kansas State

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University che vuole coltivare maisradioattivo da queste parti?"

"Mais modificato geneticamente. Sì,c'era."

"Che aspetto ha? È un uomo con treteste?"

"In tal caso, due devono essere staterimosse con successo nell'infanzia."

Corrie lo guardò. Dal sedilefracassato, Pendergast ricambiò losguardo con la sua consueta espressioneseria ma accondiscendente. Non siriusciva mai a capire se stessescherzando. Era probabilmente l'adultopiù strano che avesse mai visto, e, con ilcampionario di personaggi che giravanoper Medicine Creek, era un autentico

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record."Signorina Swanson, sta correndo

troppo.""Scusi." Corrie rallentò. "Credevo che

voi agenti dell'FBI non aveste limiti divelocità."

"Io sono in vacanza.""Lo sceriffo va dove gli pare a

centosessanta all'ora, anche quando èfuori servizio. E quando al WagonWheel ci sono gli eclair freschi, sfiora iduecento."

Per qualche minuto nell'abitacolo siudì solo il suono del motore, mentre laGremlin percorreva il liscio nastro diasfalto della Cry Road.

"Signorina Swanson, prenda quellastrada, per favore. Vede dov'è

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parcheggiata l'auto dello sceriffo? Simetta dietro."

Corrie strinse gli occhi nella luce delcrepuscolo. Davanti a sé videl'automobile di Hazen parcheggiatacontromano sul ciglio della strada, collampeggiante in funzione. Quattrocentometri più in là, sopra i campi, sidistingueva più chiaramente la colonnadi avvoltoi. D'un tratto comprese."Gesù!" esclamò. "Un altro?"

"Questo è ancora da vedere."La ragazza si fermò dietro l'auto dello

sceriffo e accese le luci lampeggiantidella Gremlin.

"Starò via per un po'", dissePendergast, scendendo.

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"Non vengo con lei?""Temo di no.""Nessun problema. Ho portato un

libro."Corrie seguì con lo sguardo l'agente

che scompariva nel mais, vagamenteindispettita. Si voltò verso il sedileposteriore, dove teneva sempre cinqueo sei libri gettati alla rinfusa:fantascienza, horror, splatterpunk e,occasionalmente, qualche romanzo rosaper teen-ager che mai e poi mai sisarebbe fatta vedere a leggere. Diedeun'occhiata alla pila. Intanto cheaspettava, poteva cominciare quel nuovotechnothriller, Beyond the Ice Limit-Oltre la barriera. Lo prese in mano, ma

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esitò ad aprirlo. Per qualche ragione, inquel momento l'idea di restare seduta inmacchina a leggere, tutta sola, lesembrava meno allettante del solito.Non riusciva a staccare lo sguardodalla colonna di avvoltoi, che ora si erasollevata più in alto nel cielo. Anchenella tenue luce del crepuscolo si capivache erano agitati. Forse era stato losceriffo a spaventarli. Provò un moto dicuriosità: forse laggiù, in mezzo alcampo, c'era qualcosa di piùinteressante di qualsiasi avventuranar rata dai suoi romanzi d'evasione.

Sbuffando d'impazienza, Corrie gettòdi nuovo il libro sul sedile posteriore.Pendergast non poteva lasciarla nelleretrovie. Lei aveva diritto a vedere

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come chiunque altro.Spalancò la portiera e si inoltrò tra i

cereali. Nella polvere erano visibili letracce lasciate dallo sceriffo, con le suescarpe da pagliaccio. Vi sisovrapponeva una serie di tracce piùpiccole, probabilmente appartenenti alvolonteroso ma ottenebratovicesceriffo Tad. E, accanto, più lievi,le impronte di Pendergast.

Tra il mais il calore era insostenibilee la crescente oscurità si accompagnavaa un senso di claustrofobia. Il respiro diCorrie accelerò. Le spighe erano piùalte di lei e, vibrando al suo passaggio,la cospargevano di polvere e di polline.Cominciava a chiedersi se fosse stata

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davvero una buona idea. Nonattraversava mai i campi. Li avevasempre odiati, fin da piccola. Inprimavera non erano che una vastadistesa di terra. Poi arrivavano le grandimacchine e sollevavano una nube dipolvere che si depositava su tutta lacittà: Corrie se la trovava persino nelletto. Il granturco cresceva e per quattromesi la gente non faceva che parlare deltempo. Un po' per volta ai lati dellestrade si alzavano le pareti di spighe.Sembrava di guidare in un tunnel verde esoffocante. E ora il mais era maturo epresto le macchine sarebbero tornate,lasciandosi dietro un terreno squallido espoglio, come un barboncino rasato azero.

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Era orribile: la polvere le riempiva ilnaso e le pungeva gli occhi, mentrel'odore di carta ammuffita le facevavenire la nausea. Tutto quel granturco,che probabilmente non serviva nemmenoa nutrire uomini o animali, ma soltantoautomobili. Mais per le macchine.Nauseante, nauseante.

E poi, d'un tratto, si ritrovò in unapiccola radura. Lo sceriffo e Tad eranochini su qualcosa, con le torce elettriche.Vedendola arrivare, Pendergast si voltòverso di lei. I suoi occhi chiarisembravano quasi luccicarenell'oscurità.

Corrie sentì il cuore balzarle nelpetto. C'era qualcosa di morto, in mezzo

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alla radura. Si impose di guardaremeglio e si rese conto che era solo uncane, gonfiato a tal punto dai gas dellaputrefazione che il pelo marrone gli siera rizzato, dandogli un aspettoinnaturale, come un grosso pesce palla aquattro zampe. Un odore dolciastro eripugnante aleggiava nell'aria immobile,popolata di mosche.

"Bene, Pendergast", disse lo sceriffo,con aria divertita, "sembra che ci siamomessi in allarme per niente." Fu in quelmomento che Hazen la scorse. Corriesentì i suoi occhi su di lei per qualcheinterminabile secondo, prima che losceriffo tornasse a guardare l'agentedeU'FBI.

Questi non disse nulla. Estratta di

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tasca una piccola torcia elettrica,esaminò a sua volta la carcassa.

Corrie sentì ritornare la nausea: avevariconosciuto il cane. Era il labrador delfiglio di Swede Cahill, un simpaticododi cenne lentigginoso.

"Okay, Tad." Lo sceriffo batté unamano sulla spalla del suo vice."Abbiamo visto quello che c'era davedere. Chiudiamo bottega."

Pendergast si era inginocchiato peresaminare il cane più da vicino. Ilnugolo di mosche, disturbato, si eraalzato dalla car cassa.

Lo sceriffo passò accanto a Corrie,ignorandola, e si voltò indietro."Pendergast, lei non viene?"

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"Non ho ancora finito.""Trovato qualcosa d'interessante?"Dopo un istante di silenzio, l'agente

dell'FBI annunciò: "Questa è un'altrauccisione".

"Un'altra uccisione? È un cane mortoin un campo e siamo a tre chilometri dadove è stato trovato il corpo dellaSwegg."

Pendergast sollevò la testa del cane ela mosse lentamente su e giù. Poi ladepose a terra e alla luce della torciaesaminò la bocca, le orecchie e il restodel corpo. Corrie lo guardava con unsenso di orrore. Il ronzio rabbioso dellemosche aumentò di vo lume.

"Allora?" domandò Hazen, in tono

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seccato."Il collo è stato spezzato con

violenza", dichiarò Pendergast."L'avrà investito un'auto. Si è

trascinato fin qui ed è morto. Capita dicontinuo."

"Un'auto non avrebbe fatto questo allacoda."

"Quale coda?""Appunto."Lo sceriffo e Tad puntarono le torce

sul fondoschiena del cane. Al postodella coda era rimasto un tronconerosato e spelacchiato, con un ossobianco al centro.

Hazen non disse una parola."E laggiù..." Pendergast puntò la

torcia in direzione dei cereali.

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"Immagino che troverete le improntedell'assassino. Piedi scalzi, numeroquarantacinque, diretti verso il torrente.Le stesse impronte trovate sul luogo delprimo ritrovamento."

Dopo un'altra pausa di silenzio, losceriffo riprese la parola. "Be',Pendergast, che cosa posso dire? È unsollievo. Lei pensava che avessimo ache fare con un serial killer. Adessosappiamo che è solo un pazzoide.Ammazzare un cane e tagliargli la coda,Gesù Cristo!"

"Ma noterà una differenza. Non c'ènessun elemento rituale in questauccisione. Il corpo non è stato dispostoen tableau."

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"E allora?""Non corrisponde allo schema. Ma

naturalmente questo significa solo chesiamo di fronte a un nuovo schema. Untipo del tutto inedito."

"Di cosa?""Di serial killer."Hazen alzò teatralmente gli occhi al

cielo. "Per quanto mi riguarda, c'è statoun unico delitto. Il cane non conta." Sirivolse a Tad. "Chiama il dottore,facciamo portare questo cane a GardenCity per l'autopsia. E fai venire i ragazzidella Scientifica perché eseguano irilievi e facciano attenzione alleimpronte. E di' agli statali di fare laguardia. Voglio che questo posto sia

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recintato. Che nessuno entri senzaautorizzazione. Capito?"

"Sì, sceriffo.""Bene. E adesso, Pendergast, voglio

sperare che porterà via di qui qualsiasipersona non autorizzata,immediatamente."

Corrie sobbalzò quando Hazen puntòla torcia su di lei.

"Sceriffo, si sta riferendo alla miaassistente?"

A questa frase seguì un pesantesilenzio. Corrie guardò l'agentedell'FBI, chiedendosi a che gioco stessegiocando. Assistente? Le tornarono isospetti che aveva avuto al loro primoincontro: che un momento o l'altroPendergast pretendesse che l'assistenza

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proseguisse anche a letto."Assistente?" ripeté lo sceriffo. "Si

riferisce a questa giovane delinquente,accusata di furto di secondo grado, cheguarda caso, è un reato nello Stato delKansas?"

"Proprio lei."Hazen fece un cenno di assenso e

parlò con voce insolitamente gentile."Sono un uomo paziente, Pendergast. Male dico una cosa, una soltanto: la miapazienza ha un limite."

Pendergast non gli rispose. "SignorinaSwanson, le spiacerebbe reggere latorcia mentre io esamino il posteriore diquesto cane?"

Tappandosi il naso per difendersi dal

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fetore, Corrie prese la torcia e la puntòsulla zona in esame, avvertendo su di sélo sguardo dello sceriffo. Sentì rizzarsi ipeli sulla nuca.

Pendergast si alzò in piedi e appoggiòuna mano su un braccio dello sceriffo,che la guardò come se volessescuotersela di dosso. "Sceriffo Hazen",disse l'agente dell'FBI, in tono quasideferente. "Potrà sembrarle che io siavenuto qui al solo scopo di infastidirla.Ma le assicuro che c'è una validaragione per tutto quello che faccio. Iospero che continuerà a esercitareancora per un po' la pazienza che hafinora così ammirevolmente dimostratonei confronti della mia persona, dei mieimetodi poco ortodossi... e della mia

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assistente poco ortodossa."Lo sceriffo rifletté per un momento.

"Sinceramente, non posso dire che mipiaccia il modo in cui lei sta affrontandoil caso", replicò, in tono meno ostile."Voi dell'FBI sembrate sempredimenticarvi che, una volta scoperto ilcolpevole, siamo n o i a doverloarrestare. Sa come vanno le cose, diquesti tempi: basta una svista qualunquee l'assassino se ne esce impunito."Dopo un'occhiata a Corrie, aggiunse:"Sarà meglio che la ragazza abbiaun'autorizzazione ufficiale, per restaresulla scena del delitto".

"L'avrà.""E tenga presente che impressione

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potrà fare sulla giuria, con quei capelliviola e il collare chiodato da cane. Pernon par lare della sua fedina penale."

"Di questo ci preoccuperemo a tempoe luogo debiti."

Lo sceriffo gli rivolse uno sguardosevero. "E va bene. La lascio qui conFido. Si ricordi quello che le ho detto.Vieni, Tad, andiamo a fare quellechiamate." Voltò le spalle a Pendergast,si accese una sigaretta e sparì nel mais,seguito dal vicesceriffo. Lo stormiredelle spighe si affievolì e il silenziotornò a regnare sul campo.

Corrie indietreggiò dalla carcassa."Agente Pendergast?"

"Signorina Swanson?""Cos'è questa stronzata

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dell'assistente?""Ho presunto che ambisse a questa

posizione, avendo disobbedito ai mieiordini e avendomi seguito fin qui,dimostrando un certo interessenell'attività investigativa."

La stava prendendo in giro? "È soloche non mi piace essere lasciataindietro. Senta, io non so un accidente diattività investigativa. Io non so battere amacchina, non so rispondere altelefono e tantomeno scrivere appuntisotto dettatura o fare qualsiasi altra cosache fanno le assistenti."

"Non è di questo che ho bisogno. Ilfatto potrà sorprender la, ma ho riflettutosulla questione e sono giunto alla

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conclusione che lei sarebbe un'ottimaassistente. Mi serve una persona checonosca la città, la gente, i loro segreti,ma che al tempo stesso sia unaoutsider, senza legami. Una personalibera di dirmi la verità su tutto quelloche vede. Non le sembra di esserequesto tipo di persona?"

Corrie soppesò le sue parole.Outsider. Senza legami. Per quantodeprimente potesse sembrare, quello erail suo ri tratto.

"La promozione", riprese Pendergast,"comporta un aumento a centocinquantadollari al giorno. Ho con me tutti idocumenti necessari, compresaun'autorizzazione ufficiale a esserepresente sulla scena del delitto. Il che

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implica obbedire ai miei ordini allalettera. Incluso restare in auto se io dicodi farlo. Discuteremo successivamentele sue nuove responsabilità in mododettagliato."

"Chi mi paga? L'FBI?""Sarò io a pagarla, di tasca mia.""Andiamo, lo sa che non valgo così

tanto. Sta gettando via i suoi soldi."Pendergast si voltò verso di lei,

sorprendendola ancora una volta conl'intensità dei suoi occhi grigi. "Io so cheabbiamo a che fare con un assassinoestremamente pericoloso e che non hotempo da perdere. Mi serve il suo aiuto.Quanto può valere ogni vita salvata?"

"Sì, ma come posso esserle d'aiuto?

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Voglio dire, lo sceriffo ha ragione, nonsono altro che una giovane delinquente."

"Signorina Swanson, non sia sciocca.Siamo d'accordo?"

"D'accordo. Ma sarò la sua assistentee nient'altro. Come ho già detto, non simetta in testa strane idee."

Pendergast le rivolse uno sguardointerrogativo. "Prego?"

"Lei è un uomo. Sa benissimo checosa voglio dire."

L'agente fece un gesto di diniego."Signorina Swanson, ciò che leisottintende è semplicementeinconcepibile. Veniamo da mondidiversi. C'è una gran differenza tra noi,in termini di età, temperamento,educazione, background e relative

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posizioni gerarchiche... per non parlaredel suo piercing alla lingua. Può staresicura che una simile relazione, perquanto potrebbe garantire a entrambiqualche distrazione, sarebbe oltremodosconsi gliabile."

Corrie si sentì irritata dallaspiegazione. "Che cosa c'è che non vanel mio piercing alla lingua?"

Pendergast sorrise. "Forse nulla. Trale donne della tribù wimbu, nelle IsoleAndamane, vige l'usanza del piercingalle grandi labbra, cui esse appendonocollane di cipridi. Quando camminano,le conchiglie tintinnano sotto le lorogonne. Gli uomini della tribù lo trovanomolto attraente."

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"Ma è disgustoso!"Il sorriso sul volto di Pendergast si

allargò. "Dunque lei è meno aperta alrelativismo culturale di quanto avessiimmagi nato."

"Lei è un tipo veramente strano, sa?""Non vorrei essere altrimenti,

signorina Swanson." Si fece restituire latorcia e la puntò nuovamente sui restidell'animale. "E ora, assistente, puòcominciare col dirmi di chi era questocane."

Lo sguardo di Corrie tornòinvolontariamente sulla carcassarigonfia. "Si chiamava Jiff. Era il canedi Andy, il figlio di Swede Cahill."

"Jiff aveva un collare?"

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"Sì.""E di solito veniva lasciato libero?""Per legge dovrebbero avere un

guinzaglio, ma di fatto la maggior partedei cani di qui è libera."

Pendergast fece un cenno diapprovazione. "Sapevo di poter contaresu di lei."

Corrie lo fissò, divertita. "Lei nonfinisce mai di stupir mi."

"La ringrazio. A quanto pare abbiamoqualcosa in comune."

Nel silenzio della radura, Corrie sidomandò se fosse un insulto o uncomplimento. Ma subito dopo, seguendocon gli occhi il raggio di luce dellatorcia, provò un'improvvisa pietà. Era

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qualcosa che trascendeva il fetore dimorte e il ronzio delle mosche. AndyCahill ne avrebbe sofferto. Qualcunodoveva dargli la notizia e, da comestavano le cose, quel qualcuno sarebbedovuta essere lei. Di certo non potevalasciare che a dirglielo fossero losceriffo o il suo vice, con la lorocompleta mancanza di tatto. E nemmenoPendergast, con tutta la sua cprtesia,poteva essere la persona giusta. Quandoalzò gli occhi, Corrie si accorse che luila stava guardando.

"Sì", disse Pendergast. "Sarebbemolto gentile da parte sua dare la notiziaal ragazzo."

"Ma come ha...?""E nel contempo, signorina Swanson,

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potrebbe informarsi, con una certadelicatezza, su quando Andy Cahill havisto Jiff per l'ultima volta e dove ilcane fosse diretto?"

"In altre parole, vuole farmi giocarealla detective."

Pendergast annuì. "Dopotutto, lei è lamia nuova assistente."

15

Seduta alla vecchia scrivania di legno

del suo ufficio spartano, MargeryTealander era intenta e ritagliare buonisconto, tenendo un occhio su Ok, ilprezzo è giusto. L'immagine sul suovecchio televisore in bianco e nero era

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scadente, ragione per cui aveva alzato almassimo il volume, per essere sicura dinon perdersi i momenti clou. Non che cifosse molto di emozionante, quel giorno:non aveva mai visto dei concorrenti cosìnegati. Puntavano alto, puntavano basso,ma non azzeccavano mai il prezzo giustodi niente. La donna rimase con le forbicia mezz'aria e ascoltò. Era l'ultimooggetto del giorno e tutti avevano fattola loro puntata, tranne l'ultimaconcorrente, un'ossuta ragazza asiaticache non doveva avere più di vent'anni.

"Io direi millequattrocentouno dollari,Bob", rispose la ragazza, sorridendotimidamente e chinando il capo.

"Diavolo!" esclamò Marge, in tono didisapprovazione, tornando ai suoi

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ritagli. Millequattrocento dollari per unalavatrice Maytag? Ma su quale pianetavivevano? Non poteva valere più dinovecentocinquanta, ed era già tanto. Eil pubblico, che lanciava urlad'incoraggiamento per ogni rispostasbagliata, non era certo d'aiuto. Se alquiz avesse partecipato lei, allora sì cheavrebbero visto qualcosa di serio!Marge indovinava sempre il prezzo esceglieva sempre la porta giusta. E se cifosse stata lei in gara, non si sarebbeaccontentata di quei premi del cavolo,come lo scaffale in legno o iportacianfrusaglie o la fornitura di cerada pavimenti per un anno. No, leiavrebbe puntato dritta al motoscafo

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Chris-Craft da cinque metri: suo cuginoaveva un posto barca, su a Lake Scott.Era triste che, proprio quando erariuscita a convincere Rocky, buonanima,a portarla a Studio City, tempo unasettimana gli avevano diagnosticato unenfisema. E adesso non poteva certoandare da sola, sarebbe stato troppoper... Oh, questo sì che era interessante:venti per cento di sconto sul Woolite perun acquisto in negozio di almeno trentadollari. Non lo scontavano mai. E colbuono triplo del week-end potevacomprarlo quasi a metà prezzo. Dovevafarne una scorta. Quanto a offertespeciali, nessuno batteva lo Shopper'sPalace di Ulysses. Il Red Owl di GardenCity ci andava vicino, d'accordo, ma se

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si voleva risparmiare sul serio non c'eraniente come il Palace. E il SabatoSuper c'era anche lo sconto di trecentesimi al litro per la benzinanormale, che ammortizzava la spesa perarrivare fin là. Certo, Marge si sentivaun po' in colpa ad approfittare di Ernie,ma erano tempi difficili e bisognavaguardare il lato pratico delle cose. Mapensa: la Maytag costavanovecentoventicinque dollari. Margepensò che avrebbe fatto la sua figura difianco al lavandino. Chissà, se fosseriuscita a convincere Alice Franks afarci un salto in autobus...

D'un tratto si accorse che uno stranoindividuo era in piedi davanti alla sua

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scrivania. "Santo cielo!" esclamòMarge, affrettandosi ad abbassare ilvolume del televisore. "Giovanotto, miha fatto paura." Era quel signore vestitodi nero che aveva visto in giro per lacittà negli ultimi giorni.

L'uomo accennò un inchino. "La pregodi scusarmi", disse, con una voce chefaceva pensare a mint julep, praline ecipressi. Teneva le braccia lungo ifianchi. Marge notò con sorpresa che ledita affusolate erano state sottoposte auna lieve ma profes sionale manicure.

"Non deve scusarsi", ribatté. "Solo,non entri di soppiatto, spaventando lagente. Mi dica, che cosa posso fare perlei?"

L'uomo accennò ai buoni sconto.

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"Spero di non averla disturbata nelmomento sbagliato."

Marge scoppiò a ridere. "Ah! Unmomento sbagliato. Questa è buona!"Spinse da parte i buoni. "SignorStraniero, ha la mia completaattenzione."

"Devo scusarmi di nuovo. Hoscordato di presentarmi. Mi chiamoPendergast."

Marge si ricordò dell'articolo sulgiornale. "Ma certo, lei è quel signoredel sud che indaga sul delitto.Naturalmente sapevo che lei non era diqui. E poi, ha un accento diverso." Simise a osservarlo con rinnovatacuriosità. Era piuttosto alto, con i

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capelli così biondi da sembrare bianchie gli occhi chiarissimi e penetranti. Erasnello, ma non sembrava fragile, anzi, ilcontrario, per quanto con quel vestitonero fosse difficile a dirsi. Era dibell'aspetto, con quell'aria dagentiluomo del sud. "Piacere diconoscerla, signor Pendergast. Lainviterei ad accomodarsi, ma la mia èl'unica sedia. La gente che viene qui, disolito, non ama trattenersi a lungo."Scoppiò a ridere di nuovo.

"E per quale ragione, signoraTealander?"

"Lei cosa crede? A lei piace pagare letasse e compilare moduli?"

"Naturalmente. Mi rendo conto."L'uomo si avvicinò alla scrivania.

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"Signora Tealander, mi è parso di capireche..."

"Porta numero due", lo interruppe lei."Prego?""Niente." Marge staccò gli occhi dal

televisore, ora silen zioso."Mi è parso di capire che sia lei a

tenere i registri pubblici di MedicineCreek."

Marge fece un cenno affermativo conla testa. "Proprio così."

"E a svolgere il ruolo diamministratrice comunale."

"Un lavoro part-time. Molto part-time,ultimamente."

"E a gestire il dipartimento lavoripubblici."

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"Oh, questo consiste solo nel tenered'occhio Henry Fleming, quello cheguida lo spazzaneve e cambia lelampadine dell'illuminazione stradale."

"E a occuparsi delle imposte sugliimmobili."

"Sì. E questa è la ragione per cuiKlick Rasmussen non m'invita alle sueserate di canasta."

Dopo una breve pausa, Pendergastconcluse: "Dunque, si potrebbe dire cheè lei a mandare avanti Medicine Creek".

Marge fece un ampio sorriso."Giovanotto, nemmeno io avrei trovatoparole migliori. Peccato che né losceriffo Hazen né Art Ridder la pensinoallo stesso modo."

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"Lasciamo che pensino quello chevogliono."

"Diavolo, lo sapevo!" Gli occhi diMarge erano tornati al televisore e leoccorse un certo sforzo per tornare aoccuparsi del suo ospite.

"Signora Tealander..." Pendergastsfilò dalla tasca della giacca unportafogli di pelle e lo aprì, mostrandoleil suo distintivo dorato. "Lei è alcorrente del fatto che sono un agente delFederal Bureau of Investigation?"

"L'ho sentito dire dal parrucchiere.""Vorrei conoscere l'aspetto, diciamo

c o s ì , burocratico degli abitanti diMedicine Creek. Che cosa fanno, dovevivono, quali sono le loro condizioni

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economiche. Questo tipo di cose.""Allora è venuto nel posto giusto. So

tutto quello che si de ve sapere sul pianolegale di ogni benedetta anima di questacittà."

"Tecnicamente, per una richiesta delgenere occorrerebbe un mandato."

"Giovanotto, dove pensa di essere? AGreat Bend? A Wichita, forse? Nonvoglio fare cerimonie con unrappresentante della legge. D'altra parte,non abbiamo segreti, qui. O almeno,segreti di sua competenza."

"Quindi non sarà un problema perlei... ehm, farmi conoscere meglio isuoi concittadini."

"Signor Pendergast, non ho niente inagenda fino al 22 agosto, quando dovrò

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battere a macchina i moduli per le tassesugli immobili del quarto trimestre."

Pendergast si protese verso di lei."Spero di non impegnarla fino a quelladata."

Un'altra risata. "Fino a quella data?Uhiiii. Diavolo, questa è buona!" Margeruotò la sedia verso la vecchiacassaforte alle sue spalle. Eramassiccia, decorata agli spigoli condisegni sbiaditi di foglie dorate. Insiemealla scrivania e a un piccolo scaffale,costituiva tutto l'arredamentodell'ufficio.

La donna compose la combinazione,afferrò la maniglia e aprì lo sportello diferro. All'interno c'era una cassetta

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chiusa da un lucchetto. Marge ne portavala chiave al collo. Dentro la cassettac'era una scatola più piccola, in legno,che la donna depose sulla scrivania, difronte a Pendergast. "Ecco qua." Battécompiaciuta la mano sul coperchio. "Dadove vuole co minciare?"

Pendergast abbassò gli occhi sullascatola. "Come?"

"Ho detto: da dove vuolecominciare?"

"Vuole dire che..." Per un breveistante l'agente parve incredulo, primadi tornare alla consueta espressione dimoderata cu riosità.

"Che cosa credeva? Che ci volesse uncomputer per mandare avanti una cittàdelle dimensioni di Medicine Creek? In

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questa scatola c'è tutto quello che miserve. E quello che non è qui dentro, èq u i dentro." Si batté un dito su unatempia. "Guardi, le faccio vedere."

Aprì la scatola e pescò una scheda acaso. Il rettangolo di carta era occupatoda una dozzina di righe scritte in bellagrafia, seguite da una fila di numeri,qualche simbolo, un paio discarabocchi e alcune strisce di nastroadesivo colorato: rosso, giallo, verde.

"Ecco." Sventolò la scheda sotto ilnaso di Pendergast. "Questo è DaleEstrem, il giovane contadino irrequieto.Suo padre era un vecchio contadinoirrequieto. E suo nonno... be', megliolasciar perdere. Dale e quegli altri della

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cooperativa agricola, sempre a cercaredi ostacolare il progresso. Vede? Dallascheda risulta che è indietro colpagamento di due trimestri, che suofiglio maggiore è stato bocciato, che ilsuo pozzo nero non è a norma e che ognianno, da sette anni a questa parte, hafatto richiesta dei fondi del soccorsoagricolo." Schioccò la lingua, in segnodi disapprovazione.

Pendergast guardò Marge, poi lascheda, poi di nuovo lei. "Capisco."

"Ho novantatré schede, qui dentro.Una per ogni famiglia di MedicineCreek e aree limitrofe. Potrei parlarle diciascuna famiglia per un'ora, o anchedue, se fosse necessario." Marge sisentiva quasi emozionata. Non le

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capitava tutti i giorni che qualcuno siinteressasse ai suoi registri in vesteufficiale. E, da quando Rocky erapassato a miglior vita, Dio solo sapevaquanto poche fossero le persone con cuipoteva scambiare quattro chiacchiere."Glielo assicuro: quando avrò finito,saprà tutto quello che le occorre saperesu Medicine Creek."

A questa dichiarazione fece seguito ilsilenzio più completo.

Pendergast sembrava perso nei propripensieri. "Naturalmente", disse, dopoqualche istante.

"Glielo chiedo di nuovo, signorPendergast: da dove vuole cominciare?"

"Suppongo che dovremmo partire

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dalla lettera A.""Non ci sono cognomi che comincino

con la A, qui a Medicine Creek.Cominceremo da David Barness, cheabita sulla Cry Road. Mi dispiace di nonavere una sedia. Se vuole, domaniposso portargliene una dalla miacucina." Marge rimise al suo posto lascheda di Estrem. Si umettò un dito,pescò la prima scheda dalla scatola ecominciò a parlare. Accanto a lei, iltelevisore era ancora acceso, ma ormaiMarge si era dimenticata del gioco apremi.

16

Con un crepitio di ghiaia, l'auto del

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vicesceriffo si fermò nel parcheggio trala vecchia casa vittoriana e il negozio disouvenir. Tad Franklin aprì la portiera escese dalla macchina, sotto il soled'agosto. Si stiracchiò, si grattò i capellineri rasati a zero e occhieggiò lacostruzione. La recinzione di legno checircondava la casa stava cadendo apezzi e la vernice bianca era scrostata. Ilgiardino interno sembrava piuttosto unaselva. E la casa stessa non dovevaessere stata ridipinta da almeno unacinquantina d'anni. Le tempeste disabbia del Kansas avevano messo anudo il legno e la carta catramata.L'insegna delle Kraus's Kaverns,anch'essa scrostata e sbilenca,

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sembrava uscita da un film dell'orroredi serie B. Tad lo trovava un postodeprimente.

Anche lui avrebbe voluto andarseneda Medicine Creek, ma era ancorapresto. Voleva fare un po' di esperienza.E poi lo spaventava l'idea di dirlo aHazen. Lo sceriffo, Tad lo sapeva, lostava preparando a prendere il suo postoe non l'avrebbe mandata giù quando luigli avesse annunciato che intendevacercarsi un posto a Wichita o a Topeka.Da qualsiasi parte che non fosseMedicine Creek.

Di malavoglia, Tad oltrepassò ilcancello, percorse il vialetto soffocatodalla vegetazione e salì i gradini fino alportico, il cui pavimento risuonò sordo

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sotto i suoi stivali. L'aria era immobilee dal granturco arrivava il cantomonotono delle cicale. Dopo una breveesitazione, bussò alla porta.

La porta si aprì così in fretta daspaventarlo.

Era l'agente speciale Pendergast."Vicesceriffo Franklin, prego, si

accomodi."Tad si tolse il cappello ed entrò,

provando una sensazione di disagio. Losceriffo gli aveva ordinato di controllarecon discrezione che cosa stessecombinando Pendergast e di accertareche cosa avesse scoperto riguardoall'uccisione del cane. Ma, ora che sitrovava lì, Tad si sentiva in imbarazzo.

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Non aveva idea di come andaresull'argomento senza che lo scopo dellasua visita diventasse troppo evidente.

"Giusto in tempo per il pranzo", dissel'agente, chiudendo la porta alle suespalle. Le tende erano tirate e al riparodal sole si stava più freschi, ma Tadsentiva la mancanza dell'ariacondizionata. Sul pavimento, vicino allaporta erano appoggiate due giganteschevaligie, più esattamente due bauli inpelle, dall'aria molto costosa, con leetichette di un corriere. Sembrava chePendergast si fosse organizzato pertrattenersi più a lungo.

"Pranzo?" gli fece eco Tad."Insalata con qualche antipasto.

Prosciutto di San Daniele, formaggio

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pecorino con miele tartufato, legumi,pomodori e rucola. Un pasto leggero peruna giornata calda."

"Ehm, certo, benissimo." Se volevamangiare italiano, non bastava unapizza? Fece un passo in avanti, senzasapere che cosa dire. Era l'una delpomeriggio. Chi mangiava a quell'ora?Tad aveva pranzato normalmente alleundici e trenta.

"La signorina Kraus non si sentetroppo bene, è rimasta a letto. Io misono arrangiato da solo", spiegòPendergast.

Tad lo seguì in cucina. "Vedo." In unangolo c'era una pila ordinata discatoloni della Federal Express che

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arrivava fino al soffitto. Il buffet eraoccupato da una dozzina di confezioni diprodotti alimentari con nomi stranieri:Balducci, Zabar... Tad si chiese sePendergast fosse italiano o francese. Disicuro non mangiava come unamericano.

L'agente dell'FBI si stava dando dafare in cucina, sistemando conmovimenti rapidi strane qualità di cibosu tre piatti diversi; salumi, formaggio euna specie di insalata. Tad lo guardò,passando il cappello da una manoall'altra.

"Porto questo piatto alla signorinaKraus", annunciò Pen dergast.

"Bene, okay."L'agente scomparve nel retro della

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casa. Tad sentì la flebile voce diWinifred e i mormoni di risposta diPendergast, che tornò poco dopo.

"Come sta la signorina Kraus?"s'informò Tad.

"Discretamente. È più una questionepsicologica che fisica. Simili reazioniritardate sono piuttosto comuni. Puòimmaginare quanto l'abbia sconvolta lanotizia dell'omicidio."

"Siamo rimasti tutti sconvolti.""Lo credo. Io stesso recentemente ho

affrontato un caso al quanto spiacevole aNew York, dove pure i delitti sonotristemente più comuni. Vi sonoabituato, signor Franklin, nella misurain cui ci si può abituare a queste cose.

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Ma per tutti voi non ho dubbi che questasia stata, e sia tuttora, un'esperienzanuova e per nulla gradita. Prego, sisieda."

Tad obbedì. Appoggiò il cappello sultavolo, ma decise che non fosse il postoadatto. Lo appoggiò su una sedia, ma poilo riprese in mano, timoroso didimenticarselo.

"Glielo prendo io", disse Pendergast,e lo appese a un attac capanni.

Tad, sempre più a disagio ogni minutoche passava, cambiò posizione sullasedia.

Pendergast gli mise un piatto davanti,invitandolo a un assaggio. "Buonappetito", gli disse, in italiano.

Tad prese una forchetta e la conficcò

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in un pezzo di formaggio. Ne tagliò unpezzettino e se lo portò alla bocca, conuna cer ta esitazione.

"Vorrà provarlo con sopra un po' diquesto miele al tartufo bianco", suggerìPendergast, offrendogli un vasettodall'odore strano, per trattarsi di miele.

"Lo preferisco liscio, grazie.""Assurdo." Con un cucchiaino dal

manico di madreperla, Pendergast fececadere un filo di miele sul formaggio nelpiatto del vicesceriffo.

Tad lo assaggiò e scoprì che non eramale.

Mangiarono in silenzio. Tad trovò ilcibo di suo gradimento, specie certefettine di salume. "Cos'è questo?"

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"Cinghiale.""Oh."Pendergast innaffiava tutto

generosamente con olio d'oliva e unliquido scuro come catrame. Ne versòanche sul piatto di Tad. "E adesso,vicesceriffo, immagino che vorràqualche ag giornamento."

Dal momento che era stato lo stessoagente ad andare sull'argomento senzamezzi termini, Tad non ebbe difficoltà ari spondere. "Be', sì, certo."

Pendergast si pulì la bocca con untovagliolo e si appoggiò allo schienale."Il cane si chiamava Jiff e appartenevaad Andy Cahill. A quanto ho saputo, alragazzo piace fare l'esploratore. Era

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solito andare ovunque col suo cane.Sono in attesa che la mia assistente miriferisca i risultati di un colloquio colgiovane Cahill."

Tad cercò il suo taccuino e si mise aprendere appunti.

"Si direbbe che il cane sia statoucciso la notte precedente ilritrovamento. Ricorderà che il cielo èrimasto coperto per qualche ora, dopomezzanotte: quello sembra essere ilmomento dell'uccisione. Ho appenaricevuto i risultati dell'autopsia. Levertebre C 2, 3 e 4 erano letteralmentefrantumate. Non vi era traccia dell'uso dimacchine o strumenti di sorta, il che èproblematico: per frantumare le ossa amani nude occorrerebbe una forza

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considerevole. La coda risulta rimossacon uno strumento rudimentale e mancadalla scena, così come il collare e lamedaglietta."

Tad prendeva appunti freneticamente.Era tutto molto interessante. Lo sceriffoavrebbe apprezzato. Anche se, a dire ilvero, doveva avere ricevuto lo stessorapporto. Nel dubbio, lui continuò aprendere appunti.

"Ho seguito le impronte dei piediscalzi, tanto quelle dell'andata quantoquelle del ritorno. In entrambi i casil'assassino si è servito dello stessopassaggio tra le spighe, in direzione diMedicine Creek. Una volta raggiunto iltorrente, non è più possibile seguire le

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tracce. Perciò ho trascorso la mattinata aparlare con la signora Tealander,l'amministratrice comunale, perraccogliere informazioni sui residenti.Ho paura che questo lavoro richiederàpiù tempo di quanto avessioriginariamente..."

Dal retro della casa giunse una vocetremula. "Signor Pendergast?"

L'agente dell'FBI si portò un dito allabocca. "La signorina Kraus dev'essersialzata", mormorò. "Non è opportuno checi senta parlare di queste cose." Si voltòe disse, a voce più alta: "Sì, signorinaKraus?"

La vecchia signora si affacciò allaporta, con indosso la vestaglia sopra lacamicia da notte. Tad scattò in piedi.

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"Oh, salve, Tad. Non mi sento moltobene, sai, e il signor Pendergast si èpreso gentilmente cura di me. Ma nonstare in piedi, prego, siediti pure."

"Sissignora", disse il vicesceriffo.La signorina Kraus si lasciò cadere

stancamente su una sedia. Il suo voltosembrava affaticato dallepreoccupazioni. "Devo dire checomincio a stancarmi di restare a letto.Non so come facciano gli invalidi.Signor Pendergast, le spiacerebbeversarmi una tazza di quel suo tè verde?Trovo che mi calmi i nervi."

"Sarà un piacere", assicurò l'agentedell'FBI, avvicinandosi alla cucina agas.

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"Non è terribile, Tad?" riprese lavecchia signora.

Il vicesceriffo non sapeva che cosarispondere.

"L'assassinio. Chi sarà stato?Qualcuno lo saprà!"

"Stiamo seguendo varie piste",rispose Tad. Era la frase standard a cuisi atteneva sempre lo sceriffo.

La signorina Kraus si strinse lavestaglia sopra la gola. "Mi spaventadavvero il pensiero che una persona delgenere sia a piede libero. E, se devocredere ai giornali, potrebbe essere unodi noi."

"Sissignora."Pendergast servì il tè e il silenzio calò

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nella cucina. Fuori dalla finestra, oltrele tende di pizzo, Tad vedeva campi aperdita d'occhio, un uniforme coloregiallo rugginoso. Ci si affaticava lavista, a guardarli. Per la prima voltanella mente del vicesceriffo si affacciòl'idea che, qualora si fosse giunti a unasoluzione, quel caso sarebbe potutodiventare il suo biglietto di sola andata,l'occasione che stava aspettando. D'untratto, il colloquio con Pendergast nongli parve più un incarico troppofastidioso, ma piuttosto una sanaabitudine da prendere.

La signorina Kraus stava continuandoa parlare e Tad si sentì in dovere diascoltarla. "Ho paura per la nostracittadina", stava dicendo Winifred.

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"Con quell'assassino là fuori, hovera mente paura."

17

Corrie Swanson inchiodò la Gremlin,

sollevando da terra un'ondata di polvereche continuò a turbinare lentamentenell'aria. Dio, che caldo. La ragazza sivoltò verso Pendergast, che ricambiò losguardo con le sopracciglia lievementeinarcate.

"Questo è il posto", disse lei. "Maancora non mi ha detto perché ci siamovenuti."

"Stiamo andando a trovare un certoJames Draper."

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"Brushy Jim? Perché?""Sembra che quell'uomo abbia

qualcosa da dire a proposito delMassacro di Medicine Creek."

"Brushy Jim ne dice tante.""Lei dubita di lui?"Corrie rise. "Mente anche quando dice

ciao.""Ho constatato che alla fine i bugiardi

rivelano più verità de gli altri.""E com'è possibile?""Perché la verità è la menzogna più

sicura."Corrie rimise in moto l'automobile,

scuotendo il capo. Non c'era dubbio:strano, strano, strano quel Pendergast.

La proprietà di Brushy Jim era un

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terreno recintato con filo spinato che siaffacciava sulla Deeper Road. La suacasa, fatta di assi di legno inchiodate,consisteva di sole due stanze e sorgeva auna certa distanza dalla strada, al riparodi un pioppo solitario che garantiva unaparvenza di privacy. Tutt'intorno c'eraun mare di relitti: automobili, vecchitrattori, caldaie arrugginite, frigoriferiabbandonati, lavatrici, vecchi palitelefonici, compressori, un paio di scafidi barche, qualcosa che sembrava unalocomotiva a vapore e altri articoliormai troppo decrepiti per esserericonoscibili.

Sull'ultimo tratto della strada sterrata,Corrie diede troppo gas. Il ritorno difiamma fece sussultare la Gremlin e il

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motore si spense. Per un attimo tutto fuimmobile. Poi la porta della casa sispalancò e un uomo apparve all'ombradel portico. Mentre Pendergast e laragazza scendevano dall'auto, la figurauscì allo scoperto.

Come molti a Medicine Creek, Corrieera solita cambiare strada pur di evitareBrushy Jim. Tuttavia non le parve mutatoda come se lo ricordava: un ammasso dicapelli e barba rosso chiaro che glicoprivano la faccia, da cui spuntavanosolo due lucenti occhietti scuri, le labbrae un breve tratto di fronte. Era vestito dijeans, con grossi stivali color cioccolatoe un consunto cappello di feltro dacowboy. Quasi nascosto dalla barba,

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sopra la camicia azzurra decorata diperline, portava un sottile cravattino dicuoio, ornato con un turchese grandequanto bastava per fracassare il craniodi un mulo. Aveva passato da parecchioi cinquanta, ma con tutto quel pelodimostrava una decina d'anni di meno.Brushy Jim appoggiò una mano a un paloe scrutò i nuovi arrivati con sospetto.

Pendergast si incamminò verso ilportico, i lembi della giacca cheoscillavano dietro di lui.

"Fermo lì", intimò Brushy Jim. "Edica cosa vuole. Subito."

Corrie trattenne il respiro. Sequalcosa di brutto stava per accadere,quello era il momento.

Pendergast si fermò. "Se non sbaglio

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lei è James Draper, nipote di IsaiahDraper. Giusto?"

Brushy Jim parve incuriosito, macontinuò a mostrarsi sospettoso. "E conquesto?"

"Mi chiamo Pendergast. Miinteresserebbe sapere qualcosa di piùsul Massacro di Medicine Creek del 14agosto 1865, del quale suo nonno ful'unico superstite."

Alla parola "Massacro", Brushy Jimcambiò bruscamente atteggiamento. Losguardo si fece meno ostile. "E quellasignori na, se così si può dire? Chi è?"

"La signorina Corrie Swanson",rispose Pendergast.

Jim si raddrizzò. "La piccola Corrie?"

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chiese, sorpreso. "Dove sono finiti queituoi bei capelli biondi?"

Ho mangiato troppe melanzane,Corrie fu quasi sul punto di dire. MaBrushy Jim era un tipo imprevedibile esuscettibile. La ragazza si limitò adalzare le spalle, la risposta menorischiosa.

"Sei tremenda, Corrie, tutta vestita dinero." Brushy Jim rimase fermo aguardarli per qualche istante, poi fece uncenno con la testa. "Be', potete anchevenire dentro."

Seguirono l'uomo all'interno: c'eranopoche finestre, faceva più fresco ed eraquasi buio. La casa era ingombra distrani oggetti e l'aria stantia sapeva dicibo andato a male e animali

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im pagliati."Sedetevi, bevete una Coca." Quando

Brushy Jim aprì il frigorifero, unrettangolo di luce si proiettò nellastanza. Corrie si mise su una sediapieghevole, mentre Pendergast, dopo unarapida ispezione, occupò l'unicaporzione di un divano di pelle che nonfosse tappezzata di copie polverose diArizona Highways. Corrie non era maistata in quella casa e si guardò intorno,a disagio. Alle pareti erano appesivecchi fucili, pelli di daino, panopliecon punte di frecce, reperti della GuerraCivile, placche con diversi esemplaridi filo spinato. Su uno scaffale siallineavano vecchi libri ammuffiti. Alle

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estremità dello scaffale, comefermalibri, c'erano due grossi pezzi dilegno pietrificato grezzo. In un angolofaceva la guardia un intero cavalloimbalsamato, un appaloosa, sbranatodalle tarme. Il pavimento era cosparsodi biancheria sporca, pezzi di sella,brandelli di cuoio e altro ciarpame. Erasorprendente: la casa era di fatto unmuseo polveroso delle reliquie delVecchio West. Corrie si aspettava ditrovare souvenir del Vietnam: armi,mostrine, fotografie. Ma non c'eraneppure una traccia della guerra che, adetta di tutti, aveva cambiato per sempreBrushy Jim.

"Allora, signor Pendergast", dissel'uomo, porgendo una lattina a ciascuno

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dei suoi ospiti. "Che cosa vuole saperedel Mas sacro?"

Pendergast appoggiò accanto a sé lalattina senza aprirla. "Tutto quanto."

"Be', la faccenda ebbe inizio durantela Guerra Civile." Brushy Jim sprofondòpesantemente su una grossa poltrona erisucchiò rumorosamente un sorso dallasua lattina. "Come storico, lei sapràtutto del sanguinoso passato del Kansas,signor Pendergast."

"Non sono uno storico, signor Draper.Sono un agente speciale del FederalBureau of Investigation."

Dopo un silenzio di tomba, BrushyJim si schiarì la gola. "Molto bene,signor Pendergast. Sicché lei è dell'FBI.

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Posso chiederle che cosa la porta aMedicine Creek?"

"Il recente omicidio."Il sospetto ricomparve negli occhi di

Brushy Jim, più forte che mai. "E checosa ha a che fare esattamente tuttoquesto con me?"

"La vittima era una cacciatrice direliquie di nome Sheila Swegg. Stavascavando nei Tumuli."

Brushy Jim sputò sul pavimento,coprendo di polvere la chiazza di salivacon uno stivale. "Maledetti cacciatori direliquie! Dovrebbero lasciare quellaroba sottoterra." Poi tornò a guardarePendergast. "Ancora non mi ha detto checosa c'entro io con l'omicidio."

"Mi risulta che la storia dei Tumuli e

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quella del Massacro di Medicine Creeksiano intrecciate, insieme a qualcosa dicui ho sentito parlare come 'laMaledizione dei Quarantacinque'. E,come forse avrà sentito, accanto alcadavere è stata trovata una serie difrecce dei cheyenne del sud."

Brushy Jim rifletté a lungo prima diparlare. "Che tipo di frecce?"

"Di canna, con piume di aquila calvae punte Plain Cimarron tipo II in selce diAlibates e diaspro rosso di Bighorn.Una serie completa, in condizioni quasiperfette, databile più o meno all'epocadel Massacro."

Brushy Jim si lasciò sfuggire unfischio e aggrottò le sopracciglia,

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silenzioso."Signor Draper?" lo incalzò

Pendergast.Brushy Jim restò immobile ancora per

qualche secondo. Poi, scuotendo la testa,cominciò la sua storia. "Prima dellaGuerra Civile, il sud-ovest del Kansasera un territorio irrequieto, diviso tracheyenne, arapaho, pawnee e sioux. Gliunici bianchi erano quelli chepassavano lungo la pista di Santa Fe. Madall'altro lato della frontiera, nel Kansasorientale, erano già in parecchi aguardare con interesse le vallate delCimarron River, dell'Arkansas, delCrooked Creek e del Medicine Creek.Quando scoppiò la Guerra Civile, tutti isoldati partirono, lasciando i territori

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indifesi. I pionieri avevano brutalizzatogli indiani e quella era l'ora della resadei conti. Lungo tutta la frontiera gliattacchi erano continui. Poi, alla fine delconflitto, molti soldati tornarono a casa,armati e amareggiati. Avevano visto laguerra, signor Pendergast, la guerra sulserio. Quel tipo di violenza può farequalcosa agli uomini. Può arrivare alcervello."

Fece una pausa per schiarirsi la gola."Così i soldati tornarono qui e

formarono squadre di vigilantes perrespingere gli indiani e occupare le loroterre. Per ripulire il paese, cosìdicevano. C'era un gruppo, i cosiddettiQuarantacinque, che si era riunito a

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Dodge. All'epoca non era an cora DodgeCity, era solo il ranch dei fratelliHickson. Quarantacinque uomini tra ipeggiori, assassini e delinquenti,lasciarono le loro città e siavventurarono nei territori indiani. Miononno, Isaiah Draper, aveva solo sedicianni, aveva appena smesso i calzonicorti, e si fece trascinare dagli eventi.Immagino che, essendosi perso laguerra, avesse fretta di dimostrare diessere un uomo finché ce n'eral'opportunità."

Brushy Jim risucchiò un'altra sorsata."E così andò che, nel giugno del '65, i

Quarantacinque si scatenarono. Sceseroa sud, lungo i corsi del Cimarron e delCanadian, fino all'Oklahoma. Erano a

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piedi, il che potrebbe sembrare unosvantaggio, ma proprio per questo gliindiani erano terrorizzati. Queicheyenne non avevano mai affrontatoavversari appiedati. La loro tatticaconsisteva nell'uccidere per primi icavalli, o quantomeno rubarli. Ma iQuarantacinque non avevano cavalli:erano veterani della Guerra Civile cheavevano combattuto in fanteria esapevano come affrontare da terra unnemico a cavallo. Erano uomini duri eincattiviti, sopravvissuti della peggiorespecie. Erano passati attraverso lefiamme dell'inferno, signor Pendergast.Ma erano anche dei vigliacchi. Se sivuole sopravvivere a una guerra, niente

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può essere d'aiuto come agire dacodardi e starsene comodi mentre glialtri si fanno ammazzare. IQuarantacinque aspettavano che gliuomini fossero partiti per la caccia eattaccavano i villaggi indiani di notte,uccidendo soprattutto donne e bambini.Non mostravano alcuna pietà. Avevanoun detto: da pidocchio nasce pidocchio.Uccidevano anche i neonati. Con lebaionette, per risparmiare munizioni."

Un altro sorso. La voce profonda,cavernosa, aveva un effetto quasiipnotico nella stanza oscura. Corrieaveva l'impressione che Brushy Jimstesse raccontando eventi di cui era statotestimone. E forse lo era stato davvero,anche se in altre circo stanze.

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La ragazza distolse lo sguardo."Mio nonno era nauseato. Né stuprare

e uccidere donne né squartare bambinicorrispondeva alla sua idea di diventareun uomo. Voleva lasciare il gruppo, ma,con gli indiani tutt'intorno, allontanarsida solo per cercare di tornare a casasarebbe stato un suicidio. Così fucostretto a restare. Una notte i suoicompagni si sbronzarono e lomassacrarono di botte perché non avevavoluto unirsi al divertimento generale.Gli ruppero qualche costola. Fu quelloa salvargli la vita, alla fine: le costolerotte. Verso la metà di agosto, iQuarantacinque devastarono una mezzadozzina di accampamenti cheyenne,

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scacciando i superstiti verso nord eovest, lontano dal Kansas. O almenocosì pensavano. Erano di ritorno alranch degli Hickson quando passaronodi qui. Medicine Creek. Era la notte del14 agosto. Si accamparono ai Tumuli...Lei è stato ai Tumuli, signorPender gast?"

L'uomo dell'FBI annuì."Allora saprà che è il punto più alto

della zona. A quei tempi non c'eranoalberi, solo una collinetta spogliacoperta di sterpi. Da lassù si puòvedere intorno per chilometri echilometri. Come sempre, organizzaronoturni di guardia. C'erano quattrosentinelle, in corrispondenza dei punticardinali, a quattrocento metri

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dall'accampamento. Il sole era quasi altramonto, una perturbazione era in arrivoe il vento si stava sollevando, alzando lapolvere. Mio nonno era stato adagiato suuna barella, proprio dietro i Tumuli, aun centinaio di metri dagli altri. Con lesue costole rotte non riusciva ad alzarsie la polvere che si levava dal terreno lofaceva impazzire. Perciò lo ripararonocon una tettoia di sterpaglia: credo chesi sentissero in colpa per quello che gliavevano fatto. Tutto si consumò altramonto, mentre i Quarantacinque siapprestavano a cenare."

Brushy Jim piegò indietro la testa ebevve una lunga sorsata.

"Proprio sopra di loro si udì un

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rumore di zoccoli. Trenta guerrieriindiani su cavalli bianchi, dipinti dirosso ocra, apparvero dalla polvere.Indossavano maschere, piume e sonagli.Erano spuntati dal nulla, urlando escagliando frecce. I Quarantacinquefurono colti di sorpresa. Con un paio diincursioni, i guerrieri li uccisero tutti,fino all'ultimo uomo. Le sentinelle nonavevano visto niente. Non avevano vistoavvicinarsi i guerrieri, non avevanosentito un rumore. Le sentinelle, signorPendergast, furono uccise per ultime. E,se lei conosce la storia militare delWest, saprà che è esattamente ilcontrario di quanto avveniva di solito.

"Non fu una passeggiata nemmeno peri cheyenne. I Quarantacinque erano

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uomini tenaci e duri combattenti:lasciarono a terra un terzo degliavversari e molti dei loro cavalli. Miononno assistette alla scena dal suogiaciglio. Dopo aver ucciso l'ultimavittima, i guerrieri sparironocavalcando nella nube di polvere.Scomparvero, signor Pendergast. Equando la polvere si diradò non c'eranopiù indiani né cavalli. Soloquarantacinque uomini bianchi, uccisi escalpati. Persino i caduti tra i cheyennee i loro cavalli erano svaniti.

"Una pattuglia del Quarto Cavalleriaraccolse mio nonno due giorni dopo, neipressi della pista di Santa Fe. Loriportarono sul luogo del massacro.

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Trovarono il sangue e le viscere deicavalli cheyenne uccisi in battaglia, manon le loro carcasse e nemmeno segnifreschi di sepoltura. C'erano tracce dizoccoli ovunque sulla collina, ma nonaltrove. Non c'erano orme che andasserooltre le postazioni delle sentinelle. Conil Quarto c'erano degli scout arapaho:spaventati a morte dall'assenza diimpronte, si rifiutarono di proseguire,sostenendo che si trattava di guerrierifantasma. La notizia fece molto rumoree, per buona misura, la cavalleria bruciòmolti altri villaggi cheyenne. Ma lamaggior parte delle persone fu contentache i Quarantacinque fossero morti. Erabrutta gente.

"Quella fu la fine dei cheyenne, nel

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Kansas occidentale. Dodge City fufondata nel 1871, la ferrovia di Santa Fearrivò nel 1872 e ben presto Dodgedivenne la capitale dei cowboy delWest, il capolinea della Texas Trail:sparatorie, Wyatt Earp, Boot Hill e tuttoil resto. Medicine Creek venne fondatanel 1877 da un allevatore di nome H.H.Keyser: marchio per i bovini una H inalto sulla spalla sinistra, marchio per icavalli una H sulla destra. La tempestadi neve dell'86 spazzò via undicimilacapi. Il giorno dopo Kayser appoggiò latesta alle canne del suo fucile e premetteil grilletto. Dissero che era stata laMaledizione. Poi arrivarono icoltivatori e i coloni e i giorni dei

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baroni del bestiame ebbero fine. Primaci furono frumento e sorgo, quindi arrivòla grande siccità degli anni Trenta,dopo di che i campi furono coltivati agranturco a scopo alimentare e, oggi, agranturco per produrre gasolio. Ma intutto questo tempo nessuno ha mairisolto il mistero dei Guerrieri Fantasmae del Massacro di Medicine Creek."

Bevve un ultimo sorso e, con un toccodrammatico, stritolò la lattina.

Corrie si voltò verso Pendergast. Erauna bella storia e Brushy Jim l'avevaraccontata bene. L'agente dell'FBI eracosì immobile da sembrareaddormentato, con gli occhi semichiusi,le dita intrecciate e il corpo sprofondatonel divano.

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"E suo nonno, signor Draper?"mormorò.

"Si stabilì a Deeper, si sposò tre voltee seppellì tutte le mogli"

"Lo ha conosciuto?""Morì prima che nascessi. Scrisse

tutta la storia in un diario, con molti piùdettagli di quelli che le ho raccontato.Ma il diario fu venduto, insieme ai suoioggetti di valore, negli anni dellaGrande Depressione. Adesso sarà inqualche biblioteca all'Est. Non ho maiscoperto dove. Ho sentito raccontare lastoria da mio padre."

"E come fece suo nonno ad assisterealla scena, nel mezzo di una tempesta disabbia?"

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"Io so solo quello che mi raccontòmio padre. Ma le tempe ste di sabbia, daqueste parti, sono a raffiche."

"E i cheyenne, signor Draper, nonerano noti alla Cavalleria come gliSpettri Rossi per la loro abilità nelnascondersi e tagliare la gola allesentinelle prima ancora che se neaccorges sero?"

"Per essere dell'FBI, sembra sapernemolto, signor Pendergast. Ma devericordare che tutto questo è avvenuto altramonto, non di notte. E che queiQuarantacinque avevano combattuto coiConfederati e avevano perso la guerra.Lo sa che cosa vuol dire? Che puòscommettere che tenevano gli occhi ben

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aperti.""Perché i cheyenne non scoprirono

suo nonno?""Come ho detto, i suoi compagni si

erano pentiti di averlo preso a botte e loavevano riparato dal vento con unatettoia di sterpi. Mio nonno vi si nascosedietro."

"Capisco. E, dal quel punto strategico,sdraiato, coperto di sterpi, a uncentinaio di metri dal campo, lungo ilpendio, nel pieno di una tempesta disabbia, suo nonno fu in grado di vederetutto ciò che lei ha descritto in cosìvividi dettagli. I Guerrieri Fantasmache apparivano e scomparivano comeper ma gia."

Brushy Jim fece per alzarsi. Negli

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occhi gli balenò un lampo minaccioso."Non sto cercando di venderle niente,signor Pendergast. Mio nonno non èsotto processo. Le sto soloraccontando la storia come me l'hannoriferita."

"Allora ha una teoria, signor Draper?Un'opinione personale, forse? O pensadavvero che si trattasse di fantasmi?"

Silenzio.Brushy Jim era in piedi. "Non mi

piace questo tono, signor Pendergast",disse. "FBI o non FBI, se sta insinuandoqualcosa voglio che lo dica chiaramente.Subito."

Pendergast non risposeimmediatamente.

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Corrie deglutì a fatica, sbirciando indirezione della porta.

"Andiamo, signor Draper", dissefinalmente l'agente speciale. "Lei non èstupido. Vorrei sentire la sua veraopinione."

Seguì un momento carico di tensione,durante il quale nessuno si mosse. PoiBrushy Jim si ammorbidi. "SignorPendergast, vuole farmi uscire alloscoperto. No: non penso che queicheyenne fossero fantasmi. Se visita iTumuli, anche se ora non è facile notarlocon tutti quegli alberi, c'è un lievependio che sale dal torrente. Un gruppodi trenta indiani, smontati da cavallo,potrebbe risalire dal pendio senza

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essere visto dalle sentinelle. Il tramontoavrebbe potuto favorirli, proteggendolicon l'ombra dei Tumuli. Potrebberoavere atteso che si sollevasse lapolvere per montare rapidamente acavallo e partire all'assalto. Questospiegherebbe l'improvviso rumore dizoccoli. I cheyenne potrebberoessersene andati allo stesso modo,caricandosi i corpi dei loro caduti ecancellando le impronte. D'altra parte,non ho mai sentito di un arapaho ingrado di seguire le tracce di uncheyenne." Scoppiò in una risata senzagioia.

"E i cavalli morti dei cheyenne? Comesono scomparsi, se condo lei?"

"Non è facile accontentarla,

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Pendergast. Ho pensato anche a quello.Quando ero un ragazzo, ho visto un capolakota di ottant'anni macellare un bisontein meno di dieci minuti. Un bisonte èben più grosso di un cavallo. Gli indianimangiavano carne di cavallo. Avrebberopotuto macellare gli animali e caricarliinsieme ai loro morti, oppure trascinarlis u i t ravois . Non per niente hannolasciato le viscere sul campo dibattaglia: si sono alleggeriti il carico. Enon è detto che i cavalli cheyenneuccisi fossero così tanti: potevanoessere due o tre. Può darsi che nonnoIsaiah abbia esagerato un po' quando hadichiarato che erano una dozzina."

"Può darsi", ammise Pendergast. Si

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alzò in piedi e si diresse allo scaffale."La ringrazio per la sua storia, davveroilluminante. Ma che cosa collega ilMassacro alla Maledizione deiQuarantacinque, che lei stesso hamenzionato e di cui nessuno sembravoler parlare?"

"Be', signor Pendergast", ribattéBrushy Jim, tornando a sedersi, "forse èun po' eccessivo dire che nessuno vuoleparlarne. È solo una brutta storia, tuttoqui."

"Sono tutt'orecchie, signor Draper."Brushy Jim s'inumidì le labbra e si

protese in avanti. "D'accordo. Le ho giàdetto che le sentinelle furono le ultime aesse re uccise."

Pendergast annuì. Aveva preso in

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mano una copia consumata di Butler &Company's New American First Readere la stava sfogliando.

"L'ultimo a essere ucciso in assolutofu un tale di nome Harry Beaumont. Erail capo dei Quarantacinque e unindividuo molto pericoloso. I cheyennelo odiavano per quanto aveva fatto alleloro donne e ai loro bambini e perquesto lo punirono. Non si limitarono atogliergli lo scalpo. Lo arrotondarono."

"Questo termine non mi è familiare.""Be', diciamo che lo ridussero in

modo tale che nessuno della suafamiglia potesse riconoscerlonell'aldilà. Dopo di che gli fecero apezzi gli stivali e gli scuoiarono le

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piante dei piedi, di modo che il suospirito non potesse inseguirli. Infine, persicurezza, seppellirono gli stivali unoda una parte e uno dall'altra dei Tumuli,così da intrappolare per sempre il suospirito mal vagio."

Pendergast ripose il libro e ne preseun altro, ancora più malridotto,intitolato Commerce of the Prairies."Mi rendo conto. E la maledizione?"

"Ogni persona può darle una versionediversa. Secondo alcuni, il fantasma diBeaumont continua ad aggirarsi tra iTumu li, in cerca dei propri stivali. Altrine dicono anche di peggio e, se per lei èlo stesso, eviterò di parlarne di frontealla signorina. Ma una cosa posso dirlecon certezza: poco prima di morire,

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Beaumont maledisse la terra che locircondava. Per tutta l'eternità. Miononno lo sentì dal suo nascondiglio, conle proprie orecchie. Era l'unicotestimone vivente."

"Capisco." Pendergast prese dalloscaffale un altro volume, alto e stretto."Grazie, signor Draper, perl'interessantissima le zione di storia."

Brushy Jim si alzò. "Di niente."Ma Pendergast non sembrò nemmeno

sentirlo. Era affascinato dal volume conl'umile copertina di tela. Corrie ebbel'impressione che si trattasse di unquaderno a righe, con le pagine riempitedi disegni rozzi.

"Ah, quella vecchia cosa", commentò

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Brushy Jim. "Mio padre la compròdalla vedova di un soldato, molti annifa. Si fece imbrogliare. Mi vergogno chesi sia lasciato ingannare da un falsocome quello. Non mi sono ancora decisoa gettarlo in pattu miera."

"Non è un falso." Pendergast voltò unapagina, poi un'altra, con unatteggiamento prossimo alla riverenza."Sotto tutti gli aspetti, questo è unautentico libro mastro indiano.Assoluta mente intatto, per di più."

"Libro mastro?" ripeté Corrie. "Checos'è?"

"I cheyenne erano soliti impadronirsidi un libro mastro dell'esercito eillustrare le pagine con scene dibattaglia, di corteggiamento e di caccia.

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Le illustrazioni erano la cronaca dellavita di un guerriero, una sorta dibiografia. Gli indiani ritenevano che ilibri mastri, una volta decorati,acquisissero poteri soprannaturali e chelegarsene uno al proprio corpo potesserenderli invincibili. Al Museo di StoriaNaturale di New York se ne conservauno di proprietà di un cheyennechiamato Unghia del Mignolo. Purtropponon aveva i poteri magici da luiauspicati: si vede distintamente il forodel proiettile che passò tanto attraversoil libro quanto attraverso il suoproprietario."

Brushy Jim lo fissò con gli occhispalancati. "Vuole dire..." mormorò, in

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tono incredulo. "Vuole dire che per tuttoquesto tempo... quella cosa era vera?"

Pendergast annuì. "Non solo. Ma, senon sto prendendo un abbaglio, si trattadi un'opera di singolare importanza.Questa scena sembra emblematica diLitde Bighorn. E quest'altra, in fondo allibro, si direbbe un'illustrazione dellareligione della Danza degli Spiriti."Richiuse il volume con grande cura e loporse al proprietario. "Questo libroapparteneva a un capo sioux. E questopotrebbe essere il suo glifo,interpretabile come Gobba di Bisonte.Sarebbe necessario un esame piùaccurato per averne la certezza."

Brushy Jim prese in mano il libro e lotenne col braccio disteso, quasi temesse

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di farlo cadere."Si renderà conto che potrebbe valere

parecchie centinaia di migliaia didollari, qualora lei volesse venderlo. Inogni caso, il volume ha bisogno direstauro: la pasta della carta del libroma stro ha un elevato tenore di acidità."

Lentamente, Brushy Jim avvicinò a séil libro, sfogliandolo. "Voglio tenerlo,signor Pendergast. Il denaro non miserve. Ma come faccio a farlo... uhm,restaurare?"

"Conosco un signore che può faremiracoli anche con libri danneggiati efragili come questo. Sarei lieto diaffidarlo alle sue cure... gratis,s'intende."

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Brushy Jim guardò il libro per unistante. Poi, senza dire una parola, loporse a Pendergast.

Si salutarono.Mentre Corrie guidava la Gremlin alla

volta di Medicine Creek, Pendergast nondisse una parola. Rimase perso nei suoipensieri, con gli occhi chiusi, tenendodelicatamente in mano il libro mastro,impacchettato con cura.

18

Willie Stott inondò il liscio pavimento

di cemento sotto l'Area di Eviscerazionecon il getto di acqua e candeggina,sospingendo verso il grande scarico

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quelli che gli operai chiamavanocomunemente g i b s : ventrigli, teste,creste, viscere e altri rimasugli dipollame. Con l'esperienza che derivavada anni di lavoro, Stott muoveva ilbocchettone a destra e a sinistra,radunando i resti sparpagliati dalla forzadel getto e guidandoli verso lo scaricodi acciaio inossidabile. Maneggiaval'idrante come un pittore il pennello,raccogliendo tutto in una lunga linearossastra prima di dare il suo toccopersonale: una spinta in avanti checonvogliava tutto nello scarico con unsordo gorgoglio. Diede un'ultima passataal pavimento, facendo serpeggiare lacanna in tutte le direzioni, per catturaregli ultimi becchi e bargigli che fossero

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sfuggiti, rimettendoli rapidamente in rigasotto il getto della miscela.

Stott aveva smesso di mangiaretacchino pochi giorni dopo avercominciato a lavorare alla Gro-BainTurkey Sociable. Dopo qualche meseera diventato completamentevegetariano. Lo stesso valeva per lamaggior parte degli altri lavoratori dellostabilimento. Il Giorno delRingraziamento la Gro-Bain TurkeySociable regalava il tacchino a tutti isuoi dipendenti, ma Stott non aveva maiconosciuto nessuno che riuscisse amangiarlo.

Finito il lavoro, Stott chiuse ilrubinetto e arrotolò la canna. Erano le

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dieci e un quarto e l'ultimo operaio delsecondo turno se n'era andato da ore.Negli anni precedenti c'era stato ancheun terzo turno, dalle otto fino alle quattrodel mattino. Ma quei tempi eranolontani.

Nella tasca posteriore dei pantaloni,avvertiva la rassicurante presenza dellafiaschetta da una pinta di Old-Grand-Dad. Come premio finale la prese, svitòil tappo e bevve un sorso. Il whisky,riscaldato a temperatura corporea, glidiede una piacevole sensazione dibruciore dalla gola allo stomaco che,poco dopo, riecheggiò nella testa.

La vita non era poi così male.Svuotò la fiaschetta con un'ultima

sorsata, quindi la rimise nella tasca e

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staccò il grande spazzolone dalla paretepiastrellata. Avanti e indietro, avanti eindietro, e in cinque minuti il pavimento,la piattaforma di lavoro e la catena dimontaggio erano così lustri e asciuttiche ci si poteva mangiare sopra. L'odoredi merda di tacchino, sangue, sudore eviscere putride era stato rimpiazzato daquello asettico e pulito dellacandeggina. Un altro lavoro fatto bene,pensò con soddisfazione.

Fece per riprendere la fiaschetta, masi ricordò che era vuota. Guardò l'ora.Il Wagon Wheel era aperto ancora permezz'ora. Se Jimmy, il guardianonotturno, arrivava puntuale, ci sarebbepotuto arrivare largamente in tempo.

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Era un pensiero confortante.Mentre metteva in ordine gli attrezzi,

sentì Jimmy entrare nello stabilimentocon ben cinque minuti di anticipo. Oforse era l'orologio di Stott a essererimasto indietro. Andò ad aspettarlonell'area di scarico. Un minuto dopo losentì arrivare, con le chiavi e tutto ilresto che tintinnavano come il camion diun gelataio.

"Yo, Jimmy-boy.""Ehi,Willie.""Tutto per te.""Che diamine."Stott s'incamminò nel parcheggio dei

dipendenti, deserto, dove la sua autocoperta di polvere se ne stava tutta sola

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sotto un lampione. Dal momento chearrivava nel pieno del secondo turno,doveva sempre lasciare la macchina infondo al parcheggio. La notte era caldae silenziosa. Stott entrò nel cono di luceche circondava la sua auto. Poco più inlà cominciava la distesa oscura deicampi. Le spighe più vicine, quelle chesi riuscivano a distinguere nel buio,erano ritte e immobili. Sembrava cheascoltassero. Il cielo era coperto,rendendo impossibile capire dovefinisse il mais e dove cominciasse lanotte. Era come un gigantesco buco discarico. Stott affrettò il passo. Non eranaturale essere circondati da tutto quelmaledetto granturco. Era una cosa chefaceva diventare strana la gente.

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Aprì la portiera e, una volta inmacchina, la chiuse con forza. Il sottilestrato di polvere e polline depositatosisul tetto scivolò sui vetri. Quando fecescattare la chiusura, Stott si accorse diavere le mani impolverate. Quellamerda era dappertutto. Cristo. Pregustòil bruciante whisky di Swede Cahill, chegli avreb be ripulito la gola.

Avviò il motore della sua vecchiaAMC Hornet, che tossì, sputacchiò e sispense.

Imprecò e guardò fuori dai finestrini.A destra, buio. A sinistra, il parcheggiovuoto, con qualche occasionalepozzanghera di luce.

Attese, prima di girare di nuovo la

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chiavetta. Stavolta il motore partìregolarmente. Premette l'acceleratore,tirando il motore su di giri.L'automobile partì, con il suo abitualerumore di metallo.

Wagon Wheel, eccomi che arrivo.Una piacevole sensazione lo pervase alpensiero di un'altra pinta, quanto bastavaad arrivare fino a Elmwood Acres, ladeprimente zona di edilizia popolaredall'altra parte di Medicine Creek.Meglio due pinte: era una di quelle notti.

Lasciandosi alle spalle le luci dellostabilimento, l'automobile avanzònell'oscurità, tra le due indistinte paretidi granturco che si alzavano ai marginidella strada. I fari illuminavano solo unapiccola parte della strada polverosa, che

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poco più avanti curvava pigramente indirezione di Medicine Creek. La cittàera una macchia luminosa sulla sinistra,un bagliore che si alzava nel cielo al disopra dei campi.

Lungo la curva, dal motore giunse unsuono metallico, molto piùpreoccupante rispetto a prima. Poi, conun sibilo e un altro colpo di tosse, sispense.

"Merda", sbottò Willie Stott.La vecchia Hornet rallentò lungo il

ciglio della strada, fino a fermarsi. Stottriprovò a girare la chiavetta, ma nonaccadde nulla. L'automobile aveva resol'anima.

"Merda!" gridò, percuotendo il

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volante. "Merda, merda, merda!"L'eco della sua voce si affievolì

nell'abitacolo, lasciandolo solo nelsilenzio e nell'oscurità. Qualunque cosafosse capitata a quel cazzo di motore,aveva l'aria di essere definitiva. E nonaveva con sé neanche una torciaelettrica per dare un'occhiata sotto ilcofano.

Prese di tasca la fiaschetta, l'aprì easpirò l'ultimissima goccia. Si leccò lelabbra, rigirandosi la bottiglia tra lemani. Era a secco anche a casa. Lanciòla fiaschetta fuori dal finestrino e guardòl'orologio. Mancavano venti minuti allachiusura del Wagon Wheel. A unchilometro e mezzo di distanza. Se sisbri gava, poteva farcela a piedi.

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Si fermò con la mano sulla maniglia,ripensando al recente delitto e aglispiacevoli dettagli riportati dal giornale.

Sì, certo. Cinque miliardi di acri digrano e il pazzo è proprio qui adaspettarti, sulla strada per il WagonWheel.

L'aria umida lo investì appena aprì laportiera. Cristo, le undici meno venti efaceva ancora un caldo porco. Si sentivaodore di rugiada e di granturco. I grillicanticchiavano nel buio. All'orizzontebalenavano lampi di calore.

Stott si voltò verso l'auto,domandandosi se non fosse il caso diaccendere le luci di emergenza. Decisedi no, altrimenti oltre al motore fuori uso

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si sarebbe trovato la batteria scarica. Epoi nessuno sarebbe passato da quellastrada fino a prima dell'inizio del turnosuccessivo, cioè alle sette.

Se voleva arrivare per tempo alWagon Wheel, faceva bene a muoversi.

Camminò a passo di marcia, con legambe magre che divoravano la strada.Per il suo lavoro allo stabilimento lopagavano sette dollari e cinquantacentesimi all'ora. Come potevaaggiustare la macchina, con soli sette ecinquanta all'ora? Ernie poteva venirgliincontro, ma i pezzi di ricambiovalevano una fortuna. Un nuovo starterpoteva costare trecentocinquanta,quattrocento dollari. Due settimane dilavoro. Poteva farsi dare un passaggio

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da Rip. Oppure, come l'ultima volta,avrebbe dovuto prendere a prestitol'auto di Jimmy per tornare a casa, mapoi sarebbe dovuto ripassare aprenderlo alle sette. Il problema era cheJimmy esigeva che, per tutta la duratadell'accordo, fosse lui a pagare labenzina. E la benzina del cazzo costavauna cifra, ul timamente.

Non era giusto. Era un buonlavoratore, avrebbe dovuto guadagnaredi più. Nove dollari l'ora. Otto ecinquanta, come minimo.

Camminò ancora più in fretta,pensando alla luce gialla del WagonWheel, al lungo bancone di legno, allamento del juke-box, al luccichio di

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bicchieri e di bottiglie sugli scaffali,davanti alla specchiera. Quelleimmagini gli ritempravano il cuore, glifacevano accelerare il passo.

D'un tratto si fermò. Gli era parso disentire un fruscio tra le spighe, alla suadestra.

Attese un istante, le orecchie tese, manon udì nulla. L'aria era immobile;soltanto i lampi continuavano a balenareall'oriz zonte.

Riprese il cammino, mantenendosi alcentro della strada. Non si sentivavolare una mosca. Doveva essere statoqualche animale, forse un procione,oppure la sua immaginazione.

Riprese a pensare al Wagon Wheel.Poteva vedere la sagoma familiare

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dietro al bancone, con le sue gote rossee i baffoni a manubrio: buon vecchioSwede, sempre cordiale con tutti. Se loimmaginò mentre gli metteva davanti ilbicchierino pieno fino all'orlo, si vidementre lo portava alle labbra, pregustòla sensazione del fuoco dorato che glicolava nell'esofago. Invece dicomprarsi una pinta, avrebbe pagatoqualcosa di più e se lo sarebbe bevutoal banco. Swede gli avrebbe dato unostrappo fino a casa: era sempre gentilecoi clienti. Oppure poteva lasciarlodormire nel retro, così l'indomanisarebbe potuto andare subito da Ernie.Non sarebbe stata la prima volta chepassava la notte in quel locale, come

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quando doveva smaltire una sbronza.Molto meglio che tornarsene a casa daquella palla al piede di sua moglie.Poteva darle un colpo di telefono dalbar, con qualche scusa...

Di nuovo quel rumore tra le spighe.Si fermò una frazione di secondo, poi

riprese a camminare, le suole morbidedelle scarpe da lavoro silenziosesull'asfalto. E poi lo sentì di nuovo,stavolta più vicino e riconoscibile.

Il fruscio di qualcuno che si facevastrada in mezzo alle spi ghe secche.

Guardò alla sua destra. Ma non sidistingueva altro che la sommità delgranturco contro il fondale più chiarodel cielo. Il resto era un muro di tenebre.

E, proprio davanti ai suoi occhi, uno

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stelo vibrò.Che cos'era? Un cervo? Un coyote?"Ah!" gridò, agitando le braccia verso

la fonte del rumore.Gli si ghiacciò il sangue quando sentì

la risposta. Un suono umano, e alcontempo non umano.

"Moh."«Chi diavolo è?"Nessuna risposta."Vaffanculo." Stott accelerò,

spostandosi sul lato opposto dellastrada. "Non so chi diavolo sei, mavaffanculo."

Il fruscio aumentò, tenendo il passocon lui.

Moh.

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Stott cominciò a correre sull'altro latodella strada.

Il rumore continuava. La voce, quellastrana voce singhiozzante, si fece piùforte e insistente. Moh. Moh.

Stott si mise a correre a perdifiato.Alla sua destra il granturco si agitavafreneticamente. Il fruscio eraaccompagnato da schiocchi di spighespezzate. D'un tratto, Stott intravide unasagoma scura che spuntava. Correvaveloce, prima parallelamente a lui, poisempre più vicina.

Un istinto atavico indusse l'uomo asaltare il fossato alla sua sinistra e alanciarsi nel mais. Mentre quel mareverde-dorato lo inghiottiva si guardò

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indietro. Fu solo un istante, ma bastò adistinguere la grossa sagoma scura chelo tallonava a una velocitàimpressionante.

Ansante, Stott attraversò una parete digranturco, e poi un'altra, spingendosisempre di più nell'oscurità soffocante. Ilrumore continuava a seguirlo.

Svoltò di novanta gradi, imboccandoun corridoio tra gli steli. Alle suespalle, il rumore cessò. Stott corse.Aveva gambe lunghe e al liceo erasempre stato il più veloce. Era statomolti anni prima, ma sapeva ancoracome si faceva. E si slanciò in avanti,senza pensare ad altro che non fossemettere un piede dinanzi all'altro,tentando di seminare l'inseguitore.

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Non aveva perso l'orientamento nellabirinto di mais: Medicine Creek eraproprio davanti a lui, a poco più di unchilome tro. Poteva ancora farcela...

Dietro di sé udì il rumore di passipesanti sul terreno. E ogni passo erascandito da un grugnito.

Moh. Moh. Moh.Il lungo corridoio curvava seguendo

l'andamento del terreno. Lo seguì a tuttavelocità, spinto in avanti dal panico.

Moh. Moh. Moh.Cristo, era sempre più vicino. Si gettò

oltre un'altra parete di mais, senzasmettere di correre.

L'inseguitore si fece largo a sua voltanel granturco, continuando a guadagnare

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terreno.Moh. Moh. Moh. Moh."Vaffanculo, lasciami stare!" urlò.Moh. Moh. Moh. Moh.Lo stava raggiungendo. Stott aveva

quasi la sensazione di sentire il caloredel fiato sul collo. I passi di corsariecheggiavano sonori. Un liquidocaldo gli colò lungo i pantaloni: lavescica si era lasciata andare. Si gettò inavanti e riprese la corsa.

Moh. Moh. Moh. Moh.Si avvicinava ancora, sempre di più.Stott si sentì afferrare per i capelli da

qualcosa di incredibilmente forte.Cercò di liberarsi, ma la morsa eratroppo forte e il dolore insostenibile.Sentiva i polmoni andare a fuoco. Le

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gam be gli cedettero, in preda al terrore."Qualcuno mi aiuti!" gridò,

gettandosi di lato e scuotendosi cosìviolentemente da sentirsi strappare loscalpo dal cranio. La cosa era sopra dilui. D'improvviso Stott avvertì unastretta all'altezza della nuca, unatorsione brutale e uno schiocco.

Ebbe la sensazione di essersi staccatoda terra e di volare in alto nel cielo,mentre una voce trionfante urlava:"Mooooooooooooooohhhhhhhhhhhhhhhhhh!

19

Smit Ludwig chiuse la porta della

redazione del Cry County Courier e

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lasciò cadere le chiavi in tasca.Svoltando l'angolo, alzò lo sguardoverso il cielo dell'alba. A nord si eranoraccolte all'orizzonte nuvole gonfie masterili, come capitava ormai ogni giornoda due settimane. Al calar della seraavrebbero coperto interamente il cielo,solo per disperdersi al mattino. Ungiorno di questi il caldo le avrebbe fattescoppiare e ci sarebbe stata tempesta.Ma a quanto pareva la città sarebbe statastretta nella morsa del caldo ancora perun po'.

Si era fatto un'idea su quanto ArtRidder e lo sceriffo intendessero dirgli.Peggio per loro. Aveva già scritto ilpezzo sul cane, che sarebbe andato instampa nel pomeriggio. Si avviò lungo

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il marciapiede, sentendo il calorefiltrare dalle suole delle scarpe e i raggidel sole sulla testa. Il Magg's CandlepinCastle era solo a cinque minuti dicammino da lì. Ma dopo due minuticomprese che era stato un errore nonandarci in macchina. Sarebbe arrivato adestinazione sudato e in disordine: unamossa sbagliata, sul piano tattico. Senon altro, al Magg's l'aria condizionataraggiungeva temperature artiche.

Appena ebbe spinto le porte, fuaccolto da una ventata di aria gelida eda un profondo silenzio. A quell'ora delmattino le piste del bowling eranodeserte, i birilli sembravano dentibianchi nel buio, i macchinali tacevano.

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In fondo al corridoio si vedevano le luciaccese del Castle Club, dove ognimattina Art Ridder si dedicava allacerimonia della lettura del giornale edella colazione. Ludwig si rassettò ilcolletto, drizzò le spalle e si fece avanti.

Più che un circolo, il Castle Club erauna zona ristorante con pareti di vetro,divanetti rossi in finta pelle, tavoli diformica color legno e false specchiereantiche. Il giornalista si avvicinò altavolo d'angolo, dove Ridder e Hazenparlavano tra loro a bassa voce.

Vedendolo entrare, il direttoregenerale dello stabilimento si alzò inpiedi ostentando un sorriso, tendendoglila mano e guidandolo verso una sedia."Smitty, sono lieto che tu sia venuto."

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"Sicuro, Art."Lo sceriffo non si era alzato,

limitandosi a un cenno dietro allacortina di fumo. "Smit."

"Sceriffo."Nel silenzio che seguì, Ridder si

guardò intorno, dilatando il colletto dipoliestere. "Ehm! Caffè! E portate alsignor Ludwig uova e bacon."

"Non mangio molto a colazione.""Ma oggi è un giorno particolare.""Davvero?""Il dottor Stanton Chauncy, il

professore della Kansas StateUniversity, ci raggiungerà tra un quartod'ora. Gli mostrerò la città."

Il direttore indossava una camicia

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rosa a maniche corte e pantaloni grigiochiaro. La giacca bianca era appoggiataallo schienale della sedia. Era robusto,ma non flaccido: si era fatto i muscolianni prima coi tacchini. Sembravascoppiare di sa lute.

"Non abbiamo molto tempo, Smitty",riprese, "quindi sarò molto diretto. Miconosci: sono Mister Diretto."Ridacchiò.

"Sicuro, Art." Ludwig si tirò indietro,permettendo alla cameriera di metterglidavanti un piatto oleoso di uova ebacon. Si domandò che cos'avrebbe fattoal suo posto un vero reporter.Andarsene? Declinare cortesemente?

"Okay, Smitty: andiamo al punto. Saiche questo tipo, Chauncy, sta cercando

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una sede per la coltura sperimentale. Lascelta è tra noi e Deeper. Deeper ha unmotel, due stazioni di servizio ed è piùvicina all'Interstatale di trentachilometri. E tu mi dirai: non c'è nienteda fare. Perché dovrebbe scegliere noi?Mi segui?"

Ludwig annuì. Mi segui? Era la frasepreferita di Art Ridder.

"Noi abbiamo qualcosa che Deepernon ha. Ascoltami bene, perché questanon è la linea ufficiale della KansasState University. Noi siamo isolati."Fece una pausa a effetto. "Perché èimportante l'isolamento? Perché questicampi saranno impiegati per maisalterato geneticamente." Canticchiò il

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tema di Ai confini della realtà esogghignò. "Mi segui?"

"Non proprio.""Noi tutti sappiamo che il mais

alterato geneticamente è innocuo. Mac'è un branco di cittadini ignoranti,progressisti, ambientalisti... sai checosa intendo... che credono che ci siaqualcosa di pericoloso." Riprese acanticchiare lo stesso tema di Ai confinidella realtà. "La vera ragione per cuiMedicine Creek è in lizza è proprio ilsuo isolamento. Nessun albergo.Distante. Nessun centro commerciale. Lestazioni radiotelevisive più vicine sonoa centocinquanta chilometri. Insomma,questo è il posto meno probabile perinscenare una protesta. Certo, Dale

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Estrem e quelli della cooperativa nonsono troppo contenti, ma sono pochi e liposso gestire. Mi segui?"

Ludwig fece cenno di sì."Ma adesso abbiamo un problemino.

Questo pazzo figlio di puttana che va ingiro di notte. Ha ucciso una persona, haucciso un cane e chissà che altrocombina, magari s'incula le pecore.Proprio quando Stanton Chauncy,direttore progettuale del Programma diSviluppo Agricolo della Kansas StateUniversity, arriva in città per deciderese Medicine Creek è il posto giusto perl'esperimento. E noi vogliamo farglivedere che è il posto giusto. Nientedroga, niente hippie, niente proteste.

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Certo, ha sentito dell'omicidio, mapenserà che si è trattato di un casoisolato. Non se ne preoccupa e nonvoglio che cominci a farlo. Quindi hobisogno del tuo aiuto per due cose."

Ludwig attese."Primo: dare un taglio a questi

maledetti articoli sull'omicidio.D'accordo, è successo, ma oraprendiamocela calma. Ma soprattutto,per l'amor di Dio, non scrivere nessunpezzo sul ca ne morto!"

Ludwig deglutì.Ridder lo fissava in silenzio con gli

occhi arrossati, circondati da occhiaiescure. Stava prendendo la questione sulserio.

"Ma questa storia è comunque una

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notizia", rilevò Ludwig; la voce glitremò a metà frase.

Ridder sorrise, appoggiandogli unamano sulla spalla. Abbassò la voce. "Tichiedo questo, Smitty, come un favore:lascia perdere questa storia per qualchegiorno, almeno adesso che abbiamo quiil tipo dell'Università. Non ti ho chiestodi mollarla del tutto." Diede una strettaalla spalla del giornalista. "Senti, tu e iosappiamo entrambi che lo stabilimentodella Gro-Bain Turkey Sociable non è ilmassimo della sicurezza. Ma quandohanno tagliato il turno di notte, nel '96,venti famiglie hanno lasciato la città:erano buoni posti di lavoro, Smitty, lagente ne ha sofferto, si è dovuta

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sradicare, ha abbandonato le casecostruite dai loro nonni. Io non vogliovivere in una città morente. Tu non vuoivivere in una città morente. Questoesperimento potrebbe fare una grossadifferenza per il nostro futuro. Uno o duecampi sono solo l'inizio. Mal'ingegneria genetica nelle coltivazioni èil nostro domani, è dove si punterannotutti i soldi. E Medicine Creek potrebbefarne parte. C'è parecchio in ballo,Smitty. Molto più di quanto tu possaimmaginare. Tutto quello che ti chiedo,tutto quello che ti chiedo, è un intervallodi due o tre giorni. Il tipo annuncerà lasua decisione lunedì prossimo. Metti daparte questa storia e ritirala fuoriquando se ne sarà andato. Martedì

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mattina. Mi segui?""Capisco il tuo punto di vista.""Io ci tengo a questa città. E anche tu,

Smitty, lo so. Non lo faccio per me, lofaccio solo come dovere civico."

Ludwig deglutì. Le uova gli si stavanocoagulando nel piatto e il bacon si eragià irrigidito.

Finalmente prese la parola lo sceriffoHazen. "Smitty, lo so che abbiamo avutole nostre divergenze di opinioni. Ma c'èun'altra ragione per non pubblicare lastoria del cane. Gli psicologi dellaScientifica a Dodge City pensano chel'assassino si possa esaltare con lapubblicità. Il suo obiettivo è terrorizzarela città. La gente sta già cominciando a

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riesumare le vecchie dicerie sulMassacro e sulla Maledizione deiQuarantacinque. E quelle dannate freccesembrano messe apposta per alimentarequeste voci. Sembra che l'assassinopossa agire in preda a qualche assurdafantasia legata alla maledizione. Glipsicologi temono che gli articoli sulgiornale potrebbero incoraggiarlo. Nonvogliamo niente che possa scatenare unaltro omicidio. Questo tipo non è daprendere alla leggera, Smitty."

Ci fu un lungo silenzio.Ludwig sospirò, rassegnato. "Forse

posso sospendere la storia del cane perun paio di giorni", mormorò.

Ridder sorrise. "Bene. Molto bene."Diede un'altra stretta alla spalla di

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Ludwig."Avevi detto due cose", disse questi

con voce flebile."Infatti. Così ho detto", riprese

Ridder. "Okay. Anche questo è solo unsuggerimento, Smitty. Potresti riempireil buco nel giornale con un bel serviziosul dottor Stanton Chauncy. A tut ti piacesentirsi al centro dell'attenzione e questotipo non è da meno. Il progetto... quelloè meglio non approfondirlo troppo. Mauna storia su di lui, chi è, da dove viene,tutte le sue lauree, tutte le grandi coseche ha fatto all'Università... Mi segui,Smitty?"

"Non è una brutta idea", mormorò ilgiornalista. E, in effet ti, non lo era.

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Se il professore si rivelavainteressante, ne sarebbe uscito un buonarticolo, proprio quello che la gentevoleva leggere. Il futuro della città erasempre l'argomento numero uno nellecon versazioni a Medicine Creek.

"Benissimo. Sarà qui tra cinqueminuti. Io ti presento, poi ti lascio solocon lui."

"D'accordo." Ludwig deglutìnuovamente.

Ridder allentò finalmente la presasulla spalla del giornalista, lasciandogliuna macchia di umidità sulla camicia,nel punto in cui aveva appoggiato ilpalmo della mano. "Sei un bravoragazzo, Smitty."

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"Già."Proprio in quel momento la radio

dello sceriffo crepitò. Hazen la staccòdalla cintura e premette il tasto diricezione. Ludwig sentì la voce acuta diTad che aggiornava il suo capo suglieventi del mattino. "Qualche spiritoso hasgonfiato gli pneumatici dell'autoall'allenatore di football."

"Poi?" chiese Hazen."Un altro cane morto. Stavolta sul

ciglio della strada.""Cristo. Altro?""La moglie di Willie Stott dice che lui

non è tornato a casa ieri notte."Lo sceriffo alzò gli occhi al cielo.

"Controlla con Swede al Wagon Wheel.

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Probabilmente è nel retro a dormire e asmalti re la sbornia."

"Sissignore.""Il cane lo controllo io.""E a quattro chilometri lungo la

Deeper Road, sul lato ovest.""Ricevuto."Hazen riappese la radio alla cintura e

schiacciò la sigaretta nel posacenere.Prese il cappello, appoggiato sulla sediaaccanto alla sua, e se lo calcò in testa."Ci vediamo, Art", disse, alzandosi inpiedi. "Grazie, Smitty. Devo scappare."

Nel preciso istante in cui lo sceriffose ne andava, il dottor Stanton Chauncycompariva in fondo alle piste dabowling, guardandosi intorno.

Ridder lo chiamò, facendogli cenno

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da dietro la vetrata. Chauncy rispose alsaluto e raggiunse il Castle Club. Avevalo stesso passo rigido che Ludwig avevanotato durante la Festa Annuale delTacchino. Al giornalista non sfuggìl'espressione che passò per un istantenegli occhi del professore quando videl'arredamento del locale.

Divertimento? Disprezzo?Ridder si alzò in piedi e Ludwig lo

imitò."Non alzatevi per me", disse Chauncy.

Strinse le mani a entrambi e si sedette asua volta.

"Dottor Chauncy", cominciò Ridder."Le voglio presentare Smit Ludwig delCry County Courier, il nostro giornale

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locale. Lui è il direttore, il redattore e ilreporter. Fa tutto da solo." Accompagnòil commento con una risatina.

Il giornalista vide su di sé un paio digelidi occhi azzurri. "Dev'essere moltointeressante, signor Ludwig."

"Lo chiami Smitty. Non facciamocerimonie, qui a Medicine Creek. Siamouna cittadina affabile."

"Grazie, Art." Chauncy si rivolsenuovamente al giornalista. "Smitty,chiamami pure Stan."

Ridder s'intromise prima che Ludwigpotesse rispondere. "Ascoltami, Stan:Smitty vuole fare un servizio su di te. Iodevo scappare, quindi vi lascio soli.Ordinate quello che volete: offro io."

In un attimo Ridder uscì di scena e

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Chauncy tornò a guardare Ludwig. Perun istante, il giornalista si chiese checosa stesse aspettando. Poi si ricordòche avrebbe dovuto fargli un'intervista.Prese il taccuino per la stenografia e unapenna.

"Se non le spiace, preferireirispondere a domande preparate inanticipo", esordì il professore.

"Vorrei che fossimo così organizzati",replicò Ludwig, con un sorriso di scusa.

Chauncy non sorrise. "Mi dica chegenere di servizio ha in mente."

"Fondamentalmente, un profilo. Sa,l'uomo dietro il progetto, cose delgenere."

Stan rimase in silenzio per un istante.

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"È un argomento molto delicato. Edev'essere trattato come tale."

"Sarà un articolo a suo favore, senzaalcuna polemica, focalizzato su di lei,non sui dettagli dell'esperimento."

Il professore rifletté brevemente."Dovrò vedere il pezzo prima che siastampato."

"Non è nostra abitudine.""Nel mio caso dovrà fare

un'eccezione. Politica universita ria."Ludwig sospirò. "Come vuole.""Proceda.""Gradisce del caffè, qualcosa per

colazione?""Ho già fatto colazione ore fa, a

Deeper.""Molto bene, dunque. Vediamo."

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Ludwig aprì il taccuino su una paginabianca, la lisciò, svitò il cappucciodalla penna e cercò di uscirsene conqualche domanda sensata.

Il professore guardò l'orologio. "Sonoun uomo molto impegnato, quindiapprezzerei se riuscisse a cavarsela inquindici minuti. La prossima volta faràbene a prepararsi le domande inanticipo, invece di inventarle almomento. È una semplice questione dicortesia, quando si intervista unapersona il cui tempo è prezioso."

"Allora", sospirò Ludwig, "mi parli dilei: dove ha compiuto gli studi, come siè interessato all'agricoltura, questoti po di cose."

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"Sono nato e cresciuto a Sacramento,in California, dove sono rimasto fino alliceo. Poi ho frequentato la University ofCalifornia, a Davis, indirizzobiochimica. Mi sono laureato come PhiBeta Kappa nel 1985, summa cumlaude." Fece una pausa. "Vuole che ledica come si scrive summa cum laude?"

"Credo di potercela fare da solo.""Dopo di che mi sono specializzato

alla Stanford University, conseguendo inquattro anni, vale a dire nel 1989, ildottorato in Biologia Molecolare, per ilquale posso aggiungere di averericevuto la Medaglia Hensley. Si scriveH-E-N-S-L-E-Y. Qualche tempo dopomi sono unito al Dipartimento di

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Biologia della Kansas State University.Nel 1995 mi è stata conferita lacattedra di Leon Throckmorton, inqualità di Distinto Professore diBiologia Molecolare. Esuccessivamente, nel 1998, ho assunto ladirezione del Programma di SviluppoAgricolo."

Fece una pausa, per consentire aLudwig di mettersi alla pari.

Il giornalista si era occupato di cosìtante storie noiose da saperle ormairiconoscere dall'odore. La MedagliaHensley. Ma questo era un coglione oche cosa? "Bene, grazie. Mi dica, daquando l'ingegneria genetica ha di fattocatturato il suo interesse? In qualemomento ha saputo che cosa voleva

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diventare?""Noi non usiamo la definizione

ingegneria genetica. Preferia moperfezionamento genetico."

"Perfezionamento genetico, dunque."Chauncy sembrò assumere

un'espressione quasi sacrale. "Quandoavevo dodici o tredici anni, vidi sullarivista Li f e una fotografia raffiguranteuna folla di bambini del Biafra, affamati,che si ammassavano intorno a un camiondelle Nazioni Unite nella speranza diricevere un pugnetto di riso. Mi dissi:devo fa re qualcosa per quei bambini."

I pocr i t a , pensò Ludwig, mentreannotava tutto meticolosamente. "E suopadre, sua madre? Di che cosa si

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occupavano? Può considerarsi figliod'arte?"

Pausa di silenzio. "Preferirei chel'attenzione restasse focalizzata su dime."

Il padre faceva il camionista e forsepicchiava la moglie, ipotizzò Smit."Bene. Mi dica: ha pubblicato articoli olibri?"

"Sì, parecchi. Le posso far inviare inufficio una copia del mio curriculumvitae, se mi dà il suo numero di fax."

"Spiacente, non ho il fax.""Capisco. Francamente, mi sembra

uno spreco di tempo rispondere dipersona a domande di questo genere,quando per lei sarebbe più semplicericevere le informazioni dal

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Dipartimento Pubbliche Relazioni dellaKansas State University. Hanno undossier alto trenta centimetri sul mioconto. E sarebbe decisamente opportunose lei leggesse qualcuno dei miei testiprima di intervistarmi. Risparmierebbea tutti tempo prezioso." Il professoreguardò nuovamente l'orologio.

Ludwig passò a un altro argomento."Perché Medicine Creek?"

"Posso ricordarle che non è detto chela nostra scelta ricada su MedicineCreek?"

"Lo so. Ma perché è in lizza?""Eravamo alla ricerca di un posto

medio, con condizioni di crescitatipiche. Medicine Creek e Deeper sono

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emerse da uno studio computerizzatocostato duecentomila dollari, su circa uncentinaio di città del Kansasoccidentale. Sono stati impiegatimigliaia di criteri diversi. Attualmenteci troviamo nella Fase III dello studio,che comporta la scelta finale per ilprogetto. Abbiamo preso opportuniaccordi con varie compagnie agricoleper un possibile accesso ai loro terreni.Tutto quello che ci rimane da fare èscegliere una delle due città. E questa èla ragione per cui mi trovo qui: pereffettuare questa decisione finale, chesarà annunciata lunedì prossimo."

Ludwig trascrisse tutto quanto,rendendosi conto che, passando alsetaccio tutte le sue dichiarazioni,

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Chauncy non gi aveva detto niente. "Mache cosa pensa della città?"

Il giornalista percepì che questa fossel'unica domanda per cui il professorenon aveva una risposta pronta. "Be', io...Purtroppo qui non c'è un hotel e l'unicoalloggio disponibile era occupato daqualcun altro. Un uomo molto difficile,che aveva già prenotato tutto il piano esi è rifiutato categoricamente di cedereanche solo una stanza." Serrò le labbra,sollevando la corta peluria intorno allabocca. "Perciò mi sono dovuto stabilirea Deeper, e sono costretto a percorreretrenta chilometri tutte le mattine e tutte lesere. In questa città non c'è niente, inrealtà, tranne una sala da bowling e una

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tavola calda. Nessuna biblioteca,nessun evento culturale, né musei o saleda concerti. Medicine Creek,francamente, non ha alcuna attrattivaraccomandabile." Accennò un rapidosorriso.

Ludwig si sentì punto sul vivo. "Lanostra è una buona cittadina, solida,basata su valori americani di vecchiostampo. Non è cosa da poco."

Chauncy si strinse nelle spalle. "Nonlo metto in dubbio, signor Ludwig.Quando farò la mia scelta finale traDeeper e Medicine Creek, lei saràsenz'altro tra i primi a conoscere la miadecisione. E ora, se non le spiace, avreiimpegni importanti a cui dedicarmi."

Ludwig si alzò a sua volta e gli strinse

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la mano. Con la coda dell'occhio vide dilà dal vetro, nella sala da bowling, DaleEstrem, col suo faccione arrossato dalsole, in compagnia di altri dueagricoltori. Dovevano avere scorto ilprofessore e stavano aspettando cheuscisse. Il giornalista trattenne a stentoun sorriso.

"Potrà inviare il suo pezzo via fax ovia e-mail al Dipartimento PubblicheRelazioni della Kansas StateUniversity", concluse Chauncy,mettendo il proprio biglietto da visitasul tavolo, "che provvederà a darle ilbenestare e a restituirle il tutto entro lafine della settimana."

La fine della settimana. Ludwig lo

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guardò allontanarsi tutto tronfio, testaalta, schiena dritta e gambe corte che simuovevano come quelle di un pupazzomeccanico. Quando aprì la porta chedava sulla strada, Chauncy si trovò difronte Dale Estrem, che veniva verso dilui con le braccia muscolose cheremigavano nell'aria. Le voci concitaterisuonarono fin nel santuario del CastleClub. A quanto pareva, il professoredoveva affrontare un'altra discussione.

Ludwig sorrise. Dale Estrem: quellosì che era un uomo che parlava senzamezzi termini. Vaffanculo Chauncy,vaffanculo Ridder e vaffanculo anche losceriffo. C'era un giornale dapubblicare.

Il cane restava dov'era.

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20

Uscendo dal Wagon Wheel, Tad ebbe

la sensazione di entrare in una fornace.Nessuna fortuna, fino a quel momento:non aveva trovato Willie Stottaddormentato nel retro. In ogni caso,Tad era ben contento di avere fatto untentativo. Si mise in bocca una mentina,la seconda della giornata, per coprirequalsiasi traccia della Coors che Swedegli aveva passato sottobanco. In unagiornata così calda, una birra ghiacciatafaceva piacere. Swede Cahill era ungran bravo ragazzo.

L'automobile cuoceva sotto il sole,

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fuori dall'ufficio dello sceriffo. Tad laraggiunse, salì e avviò il motore,cercando di esporre il minimo dischiena e natiche alla copertura roventedel sedile. Se fosse riuscito a trovare unlavoro a tavolino a Topeka o a KansasCity, non sarebbe stato costretto apassare i suoi giorni a correre nel caldosoffocante e a ribollire su un'automobileche sembrava un inferno montato suruote.

Regolò la radio sulla frequenza delcentro informazioni della contea. "UnitàVentuno a centro Informazioni."

"Ciao, Tad", gli arrivò la voce diLaVerne, che faceva il turno del mattino.Era molto carina con Tad e forse, se leiavesse avuto vent'anni di meno, anche

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lui lo sarebbe stato."LaVerne, ci sono novità?""Qualcuno alla Gro-Bain ha appena

segnalato un veicolo parcheggiato sulciglio della strada che porta allostabilimento. Sembra abbandonato."

"Che modello?" Tad non avevabisogno di domandare la marca: tolta laCaprice di Art Ridder e le due Mustangdel '91 della polizia, comprate diseconda mano dal Dipartimento diPolizia di Great Bend, praticamente ognialtra automobile in città era dell'AMC.Era l'unico concessionario a non più diun'ora di macchina. Anche se, comemolte altre attività commerciali, avevachiuso i battenti da anni.

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"Hornet. Targa Whiskey-Echo-Foxtrot-Due-Nove-Sette."

Tad ringraziò LaVerne prima ditornare a un linguaggio più formale:"Unità Ventuno diretta sul luogo".

Quella doveva essere la Hornet diStott. E di sicuro lui stava dormendo sulsedile posteriore, come l'altra volta,quando quel suo catorcio si era bloccatofuori città. Stott si era messo comodo eaveva passato una bella serata in buonacompagnia: lui e Old-Grand-Dad.

Tad mise in moto e partì. Gli civollero quindici secondi per uscire dallacittà, e quattro minuti dopo era già sullastrada per lo stabilimento. Davanti a luic'era un grosso semiarticolato carico di

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tacchini vivi, che si lasciava dietro unapuzza di merda così densa che la sivedeva quasi. Appena possibile, superòil camion dando un'occhiata alla pila digabbie brulicanti di tacchini in preda alpanico, con gli occhi strabuzzati.

Un paio di volte il vicesceriffo eradovuto andare per lavoro allostabilimento. La sua prima visita erastata poco prima di un Giorno delRingraziamento. Quell'anno, lui e lamadre vedova avevano celebrato lafesta con un bel maiale arrosto. E daallora, sempre maiale arrosto, il Giornodel Ringraziamento. Il vicesceriffo eralieto di non aver mai dovuto visitare unalleva mento di maiali.

Eccola là: la Hornet di Stott,

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parcheggiata sul ciglio della strada,quasi invisibile all'ombra delle spighe.Tad si fermò davanti all'auto, attivò ilampeggiatori e scese.

I finestrini erano abbassati. A bordonon c'era nessuno. Mancava la chiavettadi avviamento.

Il camion dei tacchini passòrumorosamente, scuotendo il granturcosull'altro lato della strada e lasciandouna scia fetida di diesel e bestiespaventate. Con una smorfia, Tad sivoltò dall'altra parte, prima di prenderela radio dalla cintura.

"Sì?" fece la voce di Hazen, inrisposta alla chiamata.

"Sono davanti all'auto di Stott,

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parcheggiata sulla strada per lostabilimento Gro-Bain. È vuota. Nessunsegno di Stott."

"Tipico. Probabilmente sta dormendonel campo."

Tad guardò verso il mare dipannocchie. Per qualche ragione, non glisembrava probabile che chiunque, ancheun ubriaco, potesse pensare di dormirelà in mezzo. "Lo crede davvero?"

"Sicuro. Che altro?"La domanda rimase sospesa nell'aria."Be'...""Tad, Tad, non lasciarti prendere da

questa follia. Non è che adesso tutte lepersone scomparse devono per forzaricomparire uccise e mutilate. Peresempio, io sono qui davanti al cane. E

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indovina che cosa?""Che cosa?" Tad sentiva una stretta

alla gola."È stato semplicemente investito da

un'auto. Ha ancora la coda e tutto ilresto."

"Una buona notizia.""E allora ascolta: conosci Willie

quanto lo conosco io. Gli si rompe lamacchina e decide di andare a piedi finoal Wagon Wheel. Come al solito ha consé la fiaschetta nella tasca deipantaloni. Se la tracanna finché è vuota.E mentre cammina, decide di farsi unsonnellino in mezzo al campo. E lì lotroverai, sbronzo fradicio ma per ilresto in salute. Torna indietro piano

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lungo la strada: probabilmente lo trovivicino al fosso. D'accordo?"

"Sì, sceriffo.""Bravo ragazzo. Fa' attenzione, eh?""Certo."Mentre risaliva in auto, Tad notò un

riflesso sul terreno, vicino alla Hornet.Una fiaschetta vuota da una pinta. Andòa raccoglierla e l'annusò: odoravaancora di bourbon.

Era proprio come aveva detto il suocapo. Hazen sembrava sapere tutto,prima ancora che accadesse. Era unbravo poliziotto. E nei suoi confronti siera sempre comportato come un secondopadre. Tad si disse che doveva essergligrato: era una fortuna lavorare per unuomo come lui.

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Il vicesceriffo mise la fiaschetta in unsacchetto di plastica per la raccolta diprove e segnalò con una bandierina ilpunto del ri trovamento.

Il capo apprezzava la precisione,anche nelle piccole cose. Mentretornava verso la propria automobile,passò un altro camion. Questo andavanella direzione opposta: un camionfrigorifero pieno di belle fettine pulite econgelate. Nessun odore, niente diniente. Il camionista gli fece un allegrocenno di saluto. Tad salutò a sua volta,salì in macchina e partì alla ricerca diStott.

Si fermò duecento metri più in là.A sinistra le spighe erano state

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spezzate. E anche sulla destra c'eranotracce analoghe. A prima vista, sisarebbe detto che qualcuno si fossetuffato nel campo a sinistra, mentrequalcun altro era spuntato dal mais adestra, attraversando la strada.

Tad si fermò, in preda a una tensionecrescente.

Scese dall'automobile e osservò ilterreno sul lato sinistro della strada.Dalle tracce sulle zolle sembrava chequalcuno fosse passato, forse di corsa,tra una spiga e l'altra. Più in là ilvicesceriffo vide alcune piantinespezzate e qualche pannocchia seccastrappata dal fusto.

Proseguì, continuando a guardare ilterreno. Sentiva il cuore battere

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all'impazzata. Non era facile seguire letracce sul terreno secco, ma notò alcunedepressioni nel suolo che potevanoessere impronte e qualche punto in cuile zolle, rivoltate, mostravano i marginipiù scuri. Resistette alla tentazione dichiamare lo sceriffo. La pistacontinuava. Qualcuno era passatoattraverso la parete di granturco,spezzando cinque o sei spighe.

Le impronte erano confuse eincomplete, ma sembravano appartenerea due persone diverse. Tad non osavaarrivare ad alcuna conclusione, ma tuttoquesto cominciava ad assomigliare a uninseguimento. Gesù, una vera cacciaall'uomo.

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Continuò a camminare, sperando diessere smentito dai fatti.

Le tracce attraversavano un'altrabarriera di granturco, svoltavano,proseguivano in linea retta e poisparivano di nuovo dietro altre spighe.D'un tratto Tad si trovò in un'areacompletamente a soqquadro. Unadozzina di steli erano stati spezzati egiacevano al suolo. Il terreno erarivoltato. Doveva essere accadutoqualcosa di terribilmente violento.

Sempre più spaventato, studiòattentamente il terreno. E finalmentetrovò un'impronta chiara, ai marginidell'area.

Un piede scalzo.

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Oddio, pensò Tad, con un forte sensodi nausea che saliva dallo stomaco.Oddio. La mano gli tremava mentre siportava la radio alla bocca.

21

Corrie Swanson parcheggiò la

Gremlin sulla ghiaia del parcheggiodelle Kraus's Kaverns. L'orologio sulcruscotto segnava le sei e trenta inp unto . Dio, che caldo. Spense ilregistratore che suonava a tutto volume eaprì la portiera. Uscendo, prese con sé ilsuo nuovo taccuino.

Si incamminò verso l'entrata dellacadente casa vittoriana. Le finestre ovali

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rivelavano ben poco di quanto sitrovava all'interno. Corrie sollevò ilpesante battacchio di ferro e lo lasciòcadere. Ripeté l'operazione. Si udironopassi leggeri e Pendergast apparve sullaporta.

"Signorina Swanson. Puntuale,davvero puntuale. Siamo noi a essere inritardo. Devo confessare che ho qualchedifficoltà ad adeguarmi agli orari deipasti di questa città."

Corrie lo seguì nel salotto, dove, allaluce delle candele, si distinguevano iresti di quella che doveva essere statauna cena piuttosto elaborata. WinifredKraus, seduta a capotavola, si puliva labocca con un tovagliolo di pizzo.

"Prego, si sieda. Tè o caffè?"

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"Niente, grazie."L'agente dell'FBI scomparve in cucina

e tornò con una buffa teiera di metallo.Riempì due tazze di un liquido verde ene porse una a Winifred, tenendo l'altraper sé. "Dunque, signorina Swanson, senon sbaglio lei ha avuto un colloquiocon Andy Cahill."

Corrie cambiò posizione, sentendosi adisagio sulla sedia. Appoggiò iltaccuino sul tavolo.

Pendergast inarcò le sopracciglia."Che cos'è?"

"Il mio taccuino", rispose lei, sulledifensive, anche se non ne capiva laragione. "Voleva che parlassi con Andye l'ho fatto. Dovevo scrivere da qualche

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parte quello che mi diceva.""Eccellente: mi faccia il rapporto." Si

accomodò su una sedia, intrecciando ledita.

Con un certo imbarazzo, Corrie aprì iltaccuino.

"Oh, che graziosa calligrafia hai, miacara", intervenne Winifred,avvicinandosi un po' troppo per i suoigusti.

"Grazie", rispose la ragazzaallontanando il taccuino. Vecchiapettegola. "Sono andata a casa di Andyieri sera. Era appena rientrato in città,da una gita del 4-H alla Fiera Statale.Gli ho detto che il suo cane era morto,ma che non sapevo come fosse accaduto.In un certo senso, ho lasciato che

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pensasse che Jiff fosse stato investito dauna macchina. Ne è rimasto sconvolto.Voleva molto bene a quella bestiola."

Gli occhi di Pendergast si stavanoriducendo a due fessure sottili. Corrie siaugurò che non stesse per addormentarsidi nuovo.

"Ha detto", riprese, "che nei duegiorni precedenti Jiff si comportava inmodo strano. Non voleva uscire e giravaper casa continuando a guaire. Quandoera ora di mangiare dovevano tirarlofuori a forza da sotto il letto." Corrievoltò una pagina. "Finché, due giornifa..."

"La data precisa, per favore.""10 agosto."

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"Proceda.""Il 10 agosto Jiff, ha, ehm... cacato sul

tappeto del salotto." Accortasi delsilenzio seguito alle sue parole, Corriealzò lo sguardo, nervosa. "Chiedo scusa,ma è esattamente quello che ha fatto."

"Mia cara", la rimproveròcordialmente Winifred, "dovresti direpiuttosto che il cane ha sporcato iltappeto."

"Ma non si è limitato a sporcarlo, sa?Lo ha smerdato. Diarrea, per laprecisione." Ma che cosa faceva quellavecchia impicciona? Ascoltava ilrapporto? Si chiese come facessel'agente speciale a sopportarla.

"La prego, continui, signorina

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Swanson.""Allora, quella troia della signora

Cahill si è incazzata e ha sbattuto il canea calci fuori di casa, imponendo adAndy di pulire. Il ragazzo avevaintenzione di portare Jiff dal veterinario,ma la mamma non voleva spenderesoldi. E quella fu l'ultima volta cheAndy vide il suo cane." Corrie alzò losguardo e notò che la signorina Krausstava facendo una smorfia. Tardò unsecondo a capire che non doveva averegradito il termine troia.

"Che ora era?" chiese Pendergast."Le sette di sera."L'agente dell'FBI fece un cenno di

assenso, allargando le dita fino adappoggiare i polpastrelli gli uni contro

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gli altri. "Dove vi vono i Cahill?""Nell'ultima casa lungo la Deeper

Road, a circa un miglio a nord dellacittà, non lontano dal cimitero e pocoprima del ponte."

L'uomo assentì nuovamente. "Jiffaveva indosso il collare quando è statoscacciato dalla casa?"

"Sì", rispose Corrie, dissimulando uncerto compiacimento per essersiricordata di fare quella domanda.

"Lavoro eccellente", approvòPendergast, raddrizzandosi sulla sedia."Notizie dello scomparso WilliamStott?"

"No. Lo stanno ancora cercando. Hosentito dire che avrebbero fatto arrivare

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un aereo da Dodge City."Pendergast si alzò in piedi e si

avvicinò alla finestra, intrecciando lemani dietro la schiena.

"Pensa che sia stato assassinato?" glidomandò Corrie.

L'agente dell'FBI continuava aguardare la distesa di granturco. La suafigura sembrava ancora più scura, incontrasto con il cielo. "È un po' chetengo d'occhio i volatili di MedicineCreek."

"Sì, bene", lo assecondò Corrie."Per esempio, vede quell'avvoltoio?"La ragazza si avvicinò alla finestra e

si mise al suo fianco. Non vedevaniente.

"Laggiù."

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Ora lo vedeva. La silhouette di unuccello solitario che si stagliava nelcielo color arancio. "Si vedono spessoavvoltoi che gi rano intorno."

"Sì. Ma un minuto fa stava seguendouna corrente, come aveva fatto per tuttala mezz'ora precedente. Ora sta volandocontrovento."

"E allora?""Un avvoltoio consuma parecchia

energia per volare controvento. Lo fasolo in una circostanza." Attese,seguendo i movimenti dell'uccello inlontananza. "Ora guardi: ha virato. Havisto quello che voleva." Si voltò discatto. "Venga. Non abbiamo tempo daperdere. Dobbiamo arrivare sul posto...

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giusto nell'eventualità, mi capisce...prima che arrivino le legioni dellaPolizia di Stato a rovinare tutto." Sirivolse a Winifred, parlando a voce piùalta. "Ci scusi se dobbiamo andare cosìdi fretta, si gnorina Kraus."

La vecchia zitella si alzò in piedi,pallida in viso. "Non sarà un altro..."

"Può essere qualunque cosa."La donna si lasciò cadere sulla sedia,

congiungendo le mani. "Oh, santo cielo.""Seguiamo la linea elettrica", propose

Corrie, mentre usciva con l'agentedell'FBI fuori dalla porta. "Ma gli ultimiquattrocento metri dovremo farceli apiedi."

"Capito", replicò Pendergast, salendoin automobile. Chiuse la portiera.

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"Questa è una delle situazioni in cui puòsuperare i limiti di velocità, signorinaSwanson."

Cinque minuti più tardi, la Gremlin

sobbalzava sulla strada stretta,polverosa e accidentata nota localmentecome "la linea elettrica". Corrie laconosceva bene: lì, sotto i tralicci, siritirava per leggere, sognare a occhiaperti, o semplicemente starsene allalarga dalla madre o da quegli imbecillidei suoi compagni di scuola. Il pensieroche un assassino avesse vagato... ostesse ancora vagando in quella zonaremota le faceva venire i brividi.

Davanti a loro, al primo avvoltoio se

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n'erano aggiunti altri, che volteggiavanopigramente nell'ultima gloria deltramonto: un'orgia di nubi color sangueche cedeva rapidamente il passo allanotte.

"Qui", mormorò Pendergast, quasi trasé.

La Gremlin si fermò. Sceserodall'auto. Preoccupati dalla loropresenza, gli avvoltoi salirono più inalto. Pendergast si incamminò nelcampo, seguito dalla ragazza.

D'un tratto, l'agente dell'FBI siimmobilizzò. "Signorina Swanson",disse, "ricordi quello che le ho già detto.In questo campo potremmo trovarequalcosa di più sconvolgente di un canemorto."

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Corrie annuì."Se volesse aspettarmi in auto..."La ragazza si impose di parlare con

voce calma. "Sono la sua assistente,ricorda?"

Pendergast la squadrò per unmomento, poi fece un cenno di assenso."Molto bene. So che ne sarà capace. Laprego di tenere a mente che il suoaccesso alla scena del crimine èlimitato: non tocchi niente, camminidove cammino io e segua le mieistruzioni alla lettera."

"Capito."Silenzioso e agile come un gatto,

Pendergast s'inoltrò nell'intrico dispighe. Corrie lo seguiva, cercando di

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stare al passo. Ma lo sforzo perattraversare il campo aveva unvantaggioso effetto collaterale: ladistraeva dal pensare a ciò che potevaaspettarla là in mezzo. E in ogni caso,restare da sola sull'automobile,nell'oscurità crescente, le sembrava unaprospettiva ancora meno piacevole.Sono già stata sulla scena di uncrimine. Ho visto il cane. Qualsiasicosa ci sia, ce la posso fare.

All'improvviso, l'agente speciale sifermò di nuovo. Davanti a loro le spigheerano state spezzate e messe da parte,fino a formare una piccola radura.Corrie rimase paralizzata, inchiodata alsuolo dallo choc. La luce era scarsa, manon abbastanza da risparmiarle l'orrore

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della scena.Malgrado tutto, la ragazza non

riusciva a muoversi. L'aria, immobile, leriempì le narici di un odore chericordava il prosciutto andato a male.Provò una stretta alla gola, unasensazione di bruciore, uno spasmo agliaddominali.

Oh, merda. No, non adesso. Nondavanti a Pendergast.

In quell'istante dovette piegarsi di latoper vomitare. Poco dopo si raddrizzò,ma dovette piegarsi di nuovo, scossa daiconati. Tossì e, con fatica, si rimise inpiedi, pulendosi la bocca col dorsodella mano. Si sentì in preda a un mistodi mortificazione, paura e orrore.

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Ma Pendergast non sembravaessersene nemmeno accorto. Si eraspinto al centro della radura,concentrato esclusivamente sull'esamedella scena.

In qualche modo, l'atto fisico divomitare aveva liberato Corrie dallaparalisi, dandole il tempo di abituarsialla vista. Si ripulì la bocca e avanzòcautamente nella radura.

Il corpo era nudo, a pancia in giù, conle braccia e le gambe spalancate. Lapelle aveva qualcosa di irreale: era diun colore bianco-grigiastro, quasiartificiale, interamente ricoperto di unasostanza lucida e collosa. Sembrava chela pelle e la carne si stessero

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liquefacendo e fossero sul punto distaccarsi dalle ossa. E infatti si stavanostaccando dalle ossa. Corrie provò unbrivido, La pelle del viso pendevainerte, separata dalla mascella e daidenti. Sulla spalla, la carne tagliata eripiegata metteva a nudo un ossobiancastro. Un orecchio, completamentestaccato dal corpo, era per terra,deforme e gelatinoso. L'altro orecchiomancava all'appello. Corrie sentì dinuovo quella sensazione in gola.Distolse lo sguardo, abbassò le palpebree cercò di controllare il respiro. Poiriaprì gli occhi.

Il cadavere era completamente privodi peli. I genitali erano caduti, anche sesembrava che qualcuno avesse tentato di

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riattaccarli al posto giusto. Corrieaveva visto in giro Willie Stott, ma eraimpossibile collegare quel cadavere aun ubriacone ossuto che faceva lepulizie allo stabilimento della Gro-BainTurkey Sociable. Non sembrava neppureumano. Ed era gonfio come un maiale.

Mentre l'orrore e lo choc recedevano,la ragazza cominciò a notare alcunidettagli. Qua e là le pannocchie eranostate disposte secondo strane formegeometriche. C'erano un paio di oggettiottenuti lavorando in modo moltoapprossimativo il cartoccio di fogliesecche che le ricopre: potevano esserescodelle, o tazze, o qualcos'altro, non sicapiva bene.

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D'un tratto Corrie si accorse di unsonoro ronzio che proveniva dall'alto.Sopra di loro, un piccolo aereo stavasorvolando il campo, a bassa quota. Nonlo aveva nemmeno sentito arrivare.L'aereo virò e fece rotta verso nord.

Pendergast la stava guardando."L'aereo da ricerca inviato da DodgeCity", le spiegò. "Lo sceriffo sarà qui tradieci minuti e la Polizia di Statoarriverà subito dopo."

"Oh." Corrie si accorse di fare faticaa parlare.

Pendergast teneva in mano la suapiccola torcia. "Si sente bene? Puòtenere la torcia?"

"Credo di sì."

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"Eccellente."Tappandosi il naso, la ragazza inspirò

una lunga boccata d'aria. Prese la torciae puntò il fascio di luce sul corpo. Letenebre scendevano rapidamente. Unaprovetta era apparsa tra le manidell'agente speciale, che si inginocchiò,raccogliendo invisibili campioni con unpaio di pinzette. Un'altra provetta,un'altra ancora. Lavorava alacremente,girando intorno al cadavere a cerchisempre più stretti e mormorandoistruzioni sull'orientamen to della luce.

In lontananza, lei udì la sirena dellosceriffo.

Pendergast si affrettò, chinandosi sulcadavere fino ad ave re la faccia a pochi

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centimetri dalla pelle grigiastra,recuperando altri campioni. L'odore diprosciutto marcio non se ne volevaandare. Corrie sentì un altro sussultoalla bocca dello stomaco.

La sirena si stava avvicinando. Poi sispense. Poco lontano, oltre la muragliadi mais, si udirono due portiere chesbattevano.

L'agente dell'FBI si alzò in piedi.Come per miracolo, tutti gli attrezzierano svaniti nelle pieghe del suostiratissimo vestito. "Indietro", suggerì.

Tornarono all'imbocco della radura,giusto in tempo per l'arrivo dellosceriffo e del suo vice. Altre sirene sistavano avvicinando. Dal campogiungeva il rumore delle radio della

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po lizia."Allora è lei, Pendergast", disse lo

sceriffo. "Da quanto è qui?""Chiedo il permesso di esaminare il

sito.""Come se non l'avesse già fatto!

Permesso negato, finché non abbiamocompletato i nostri rilievi."

Altri uomini erano in arrivo: poliziottistatali e uomini dall'aspetto torvo,vestiti di blu, che Corrie immaginòappartenere alla Squadra Omicidi diDodge City.

"Recintate il perimetro! Tad, metti giùun po' di nastro!" ordinò lo sceriffo. Sivoltò verso l'agente dell'FBI. "Lei puòstare di là dal nastro, come tutti gli altri,

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e aspettare il suo turno."Corrie si stupì della reazione di

Pendergast. Sembrava avere perso ogniinteresse. Si mise infatti a camminaresenza meta apparente nelle vicinanzedella radura. Non cercava niente inparticolare, si sarebbe detto che stessevagando nel campo. Lei lo seguì.Inciampò un paio di volte, rendendosiconto di non essersi ancora del tuttoripresa dallo choc.

Pendergast si fermò di nuovo, tra duefile di spighe. Si fece ridare la torcia eilluminò il terreno. La ragazza guardò,ma non vide nulla.

"Nota questi segni?" mormoròl'agente.

"Più o meno."

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"Impronte. Di piedi scalzi. Sembranopuntare verso il tor rente."

Corrie fece un passo indietro.Pendergast spense la torcia. "Oggi lei

ha fatto... e visto, più che a sufficienzaper una giornata, signorina Swanson. Lesono molto grato per il suo aiuto."Guardò l'orologio. "Sono le otto e trenta,fa ancora in tempo a rincasare senzapericolo. Torni alla sua automobile,vada dritta a casa e si riposi. Iocontinuerò da solo."

"Ma chi la riporterà indietro?""Mi farò dare un passaggio da

qualcuno di questi volonterosipoliziotti."

"Ne è sicuro?"

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"Sì."Corrie esitò. Non era certa di

volersene andare. "Uh, mi spiace diavere vomitato, prima."

Nell'oscurità le parve di cogliere unsorriso sul volto di quello strano uomo."Non si preoccupi. Diversi anni fa ècapitata la stessa cosa a un mioconoscente, un tenente del Dipartimentodi Polizia di New York, sulla scena diun delitto. Non è che la prova della suaumanità."

Corrie fece per andarsene."Un'ultima cosa, signorina Swanson."Lei si voltò. "Sì?""Quando arriva a casa, chiuda bene la

porta. A chiave. In tesi?"

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Corrie annuì. Attraversò il campo,verso le luci rosse intermittenti delleauto della polizia, ripensando alleparole di Pendergast: fa ancora intempo a rincasare senza pericolo.

22

Coprendo la luce della torcia per

illuminare solo la zona che gliinteressava, Pendergast seguì le traccedi piedi scalzi nell'oscurità del campo.Ora le impronte sulla terra secca eranopiuttosto nitide. A mano a mano chel'agente se ne allontanava, il vociareproveniente dalla scena del crimine siaffievoliva. Il terreno cominciò a

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digradare verso il torrente. Si voltòindietro. I tralicci torreggiavano nelcielo, come scheletriche sentinelled'ac ciaio.

Sopra di essi, le stelle cominciavanoa brillare. I corvi, appollaiati suitralicci, gracchiavano rumorosamente.Pendergast attese pazientemente che sizittissero, com'erano soliti fare alcalare delle tenebre, finché non si udìpiù nulla. L'aria era immobile, comeall'interno di una tomba, e sapeva dipolvere e pan nocchie secche.

Infilò la mano sotto la giacca edestrasse la sua Les Baer calibro 45.Sempre attento a schermare i riflessidella luce, esaminò ancora le impronte.Chi le aveva lasciate camminava dritto,

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senza fretta, metodico, in direzione deltorrente.

Verso l'accampamento di Gasparilla.L'uomo dell'FBI spense la torcia e

aspettò che i suoi occhi si adeguasseroall'oscurità. Poi proseguì, silenziosocome una linee, un'ombra tra le ombre.Le file di spighe curvavano leggermente,in prossimità del corso d'acqua. Distinseappena il punto in cui l'assassino vi siera fatto brutalmente largo,spezzandone qualcuna. L'agente si infilòa sua volta nel passaggio e in un minutosi trovò fuori dal campo.

Il terreno scendeva verso il ruscello,seminascosto dai pioppi. Cercando difare meno rumore possibile, un minuto

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dopo Pendergast era nascosto tra glialberi. Lo scroscio dell'acqua eraappena udibile. L'uomo dell'FBIcontrollò la propria arma, accertandosidi avere un colpo in canna. Quindis'inginocchiò e, coprendola con le mani,riaccese la torcia. Il ristretto cerchio diluce illuminò altre impronte, orachiarissime sulla sabbia. Erano sempredirette verso l'accampamento diGasparilla. Da vicino, risultavanoidentiche alle altre: piedi scalzi, di unuomo, numero quarantacinque. Ma nellasabbia fine si notavano altri dettagli:una serie di segni irregolari, incorrispondenza dell'alluce, come se lapianta fosse insolitamente ruvida ecallosa. Prese qualche appunto e fece

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uno schizzo delle orme, prima diappoggiare le dita su una di esse.Risaliva a dodi ci-quindici ore prima, dipoco antecedente l'alba. In quel puntol'assassino aveva accelerato: non si eramesso a correre, ma quantomeno acamminare di buon passo, con unobiettivo preciso. Non si avvertivaalcuna sensazione di fretta o di pauranei suoi movimenti. Era rilassato,soddisfatto. Come se stesse tornando acasa.

Tornando a casa...L'accampamento di Gasparilla era

proprio davanti a Pendergast, qualchecentinaio di metri più in là. Coprì latorcia in modo da illuminare soltanto le

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impronte. L'agente era costretto aprocedere a una lentezza esasperante. Sifermò, tese le orecchie e riprese ilcammino. Davanti a lui tutto era buio:nessun fuoco, nessuna luce. Quando fu aun centinaio di metridall'accampamento, spense la torcia,proseguendo alla cieca. Il silenzio eraassoluto.

E poi lo sentì: un rumore lievissimo.Rimase immobile.

Trascorse un minuto.Eccolo di nuovo, più forte: un lungo

gemito.Pendergast abbandonò la pista e si

diresse a destra, costeggiandocautamente l'accampamento. Erasottovento, ma non sentiva odore di

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fumo né di cibo. Né vedeva il baglioredelle braci.

Eppure c'era inequivocabilmentequalcuno, laggiù.

Un altro sospiro, umido, stentato,quasi un sibilo, con una connotazionesospetta, più animalesca che umana.

Attento a non farsi sentire, Pendergastsollevò la pistola. Il gemito provenivadal centro dell'accampamento.

Eccolo di nuovo.Gasparilla, o chiunque fosse la fonte

del rumore, doveva essere a unaquindicina di metri. Nell'oscurità totale,l'agente dell'FBI non vedeva niente.

Si chinò a terra e raccolse un sasso,che lanciò verso il lato opposto

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dell'accampamento.Tap.Si fece subito silenzio. Poi si udì un

suono gutturale, come il ringhio di unanimale.

Lasciò che tornasse il silenzio e atteseper diversi minuti. Teneva i sensiall'erta, cercando di determinare sequalcosa si stesse avanzando verso dilui oppure no. Gasparilla si era giàmostrato in grado di muoversi al buio.Che lo stesse facendo di nuovo?

Lentamente, l'uomo dell'FBI raccolseun altro sasso e lo lanciò in un'altradirezione.

Tap.Anche stavolta si udì uno strano verso

in risposta: breve, sonoro e proveniente

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dallo stesso punto. Chiunque fosse,qualunque cosa fosse, la fonte delrumore non si era mossa.

Simultaneamente, Pendergast accesela torcia e strinse il cal cio della pistola,attivando il puntatore laser. Il raggio diluce inquadrò un essere umano chegiaceva di schiena sul terreno, gli occhirossi spalancati e rivolti verso l'alto. Ilvolto e la testa erano inondati disangue.

Il punto rosso del laser si trattennesulla faccia.

Pendergast rimise l'arma nella fondinae fece un passo in avanti. "Gasparilla?"

La testa si mosse. La bocca si aprì,lasciando fuoriuscire una bolla di saliva

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sanguinolenta.Un attimo dopo, l'agente speciale era

chino su di lui, la torcia puntata sul voltorossastro. Non c'era dubbio: eraGasparilla. La barba e i capelli eranostati strappati, insieme al cuoiocapelluto. I lembi delle feritedenotavano l'uso di un attrezzorudimentale, forse un coltello di pietra.Pendergast esaminò rapidamente il restodel corpo: parte del pollice sinistro erastata strappata brutalmente, mettendo anudo l'osso e la cartilagine. Nonostantela mutilazione e lo scalpo, le suecondizioni sembravano accettabili. Nonc'erano state altre perdite di sangue,oltre a quelle dal cuoio capelluto. Piùche fisici, i traumi sembravano essere

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mentali.Uhmm! Fece Gasparilla, cercando di

protendersi verso l'alto. Il suo sguardoera quello di un folle. Dalla boccacolava un flusso continuo di salivarossastra.

L'uomo dell'FBI gli parlò all'orecchio."Va tutto bene, adesso."

Gli occhi si muovevano senzacontrollo, incapaci di fissarsi suPendergast o su qualsiasi altra cosa. Ditanto in tanto si fermavano, vibrandofuriosamente, come se a Gasparilla iltentativo di mettere a fuoco qualcosaimponesse uno sforzo insostenibile, poiriprendevano a roteare.

L'agente gli strinse una mano. "Mi

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prendo cura io di lei. La porteremo viadi qui." Si alzò in piedi, esplorandol'accampamento con la torcia. Il puntodell'aggressione era a una dozzina dimetri più in là, verso nord: segni di unacolluttazione, con le ormedell'aggressore che si mescolavano aquelle della vittima. Si vedevano letracce lasciate da Gasparilla cadendo aterra e quelle che aveva lasciatotrascinandosi lentamente,faticosamente nelle quindici oresuccessive. Più in là, nella direzioneopposta, restavano le improntedell'assassino sulla sabbia umida, bendelineate, dirette verso il torrente.

L'assassino, che portava via i propritrofei.

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La sabbia raccontava tutta la storia.Pendergast si girò verso l'aggredito,

che continuava a roteare gli occhi,disperato. In quello sguardo non sileggeva niente: né intelletto, né ricordi,né umanità. Solo il terrore assoluto.

Non ci sarebbero state risposte daGasparilla. Non in quel momento. Forsemai più.

23

Entrato nel laboratorio sotterraneo, lo

sceriffo Hazen si guardò istintivamenteintorno. C'era il solito odore acidonell'aria, aggravato da disinfettanti eprodotti chimici, le stesse pareti color

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diarrea, illuminate dalle luci al neon.Ogni respiro lasciava in bocca un gustosgradevole e la mascherina chirurgicanon faceva che aggiungere unasfumatura di carta antisettica. Ci sarebbevoluta una fottuta maschera antigas.

Lo sceriffo evocò alla mente unavarietà di suoni e immagini confortanti:le ballate di Hank Williams, il gusto delprimo Grain Belt di una serata, gliHarvest Festival cui andava daragazzino con suo padre e il fratellomaggiore... Non fu sufficiente:continuava ad avere i brividi. E non soloa causa dell'odore della morte.

Accompagnato dal fruscio del camice,si diresse verso la zona illuminata,dove il medico legale, anch'egli in

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camice azzurrino, era già in posizione.C'era un'altra persona accanto a lui:Hazen la sentiva mormorare. Riconobbela cadenza del sud: Pendergast.

L'agente dell'FBI aveva ragione. Eraproprio un serial killer. E probabilmenteera vero che fosse qualcuno di MedicineCreek. Hazen non aveva potuto crederci,non aveva voluto crederci. Si era fattoquattro risate quando aveva saputo chePendergast stava passando ore e ore aparlare con Marge Tealander,immaginando che quella vecchiapettegola gli avrebbe fatto perderetempo e lo avrebbe mandato su falsepiste in giro per la città. Ma adesso,dopo questo nuovo omicidio, lo sceriffo

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era costretto ad ammettere che ogniindizio lasciava pensare che l'assassinofosse qualcuno del posto. Eraimpossibile andare e venire daMedicine Creek senza che nessuno sene accorgesse. Specie di notte, quandobastava un paio di fari perché tutti siappostassero alla finestra per vederechi stesse arrivando. No, questa non eral'opera di un vagabondo che veniva,uccideva e se ne andava. Era qualcunodi Medicine Creek. Era incredibile, manon c'era altra spiegazione.

Il che voleva dire che lui conosceval'assassino.

"Ah, sceriffo Hazen, piacere divederla." McHyde gli fece un cenno disaluto, quasi con deferenza. Aveva

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cambiato musica: non era più il DottorArroganza. Era una storia grossa,adesso, e il medico legale sentiva odoredi pubblicità. Poteva voler dire Bye byeKansas per chiunque volesse saltare sultreno.

"Sceriffo Hazen", fece l'agentedell'FBI, con un lieve cenno del capo.

"Buon giorno, Pendergast."Il corpo giaceva sul tavolo, ancora

coperto da un lenzuolo. Il medico legalenon si era ancora messo all'opera. Hazensi rammaricò di essere arrivato cosìpresto.

McHyde si schiarì la voce."Infermiera Malone?"

Una voce giunse da fuori campo. "Sì,

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dottore?""Pronta per la ripresa?""Sì, dottore.""Bene, accenda la videocamera.""Sì, dottore."Cominciarono dai preliminari: ognuno

dei presenti si identificò con nome equalifica. Hazen non riusciva a staccaregli occhi dal corpo sotto il lenzuolo. Loaveva già visto nei campi, ma rivederloin quel contesto sterilizzato e artificialeera diverso. Peggiore.

McHyde prese un lembo del lenzuoloe lentamente, con attenzione, lo sollevò.Ecco lì Stott, rigonfio, con la carne checa deva dalle ossa.

Lo sceriffo distolse rapidamente losguardo. Poi, conscio del proprio ruolo,

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lentamente si obbligò a guardare ilcadavere.

Ne aveva visti parecchi di morti, mamai in simili condizioni. La pelle eratagliata lungo lo sterno e si era ritiratadal tessuto adiposo, come se si fosseristretta. Lo stesso era avvenuto suifianchi e sulla faccia. Il grasso scioltoera colato in vari punti, formandopiccole pozze che si erano imbiancate eindurite per il congelamento. Nonc'erano larve. Strano, molto strano. Esembrava mancare un pezzo del corpo...sì, un brandello di carne era statostrappato dalla coscia sinistra. Il segnodei denti era ancora visibile. Un cane, inapparenza. Il miglior amico dell'uomo.

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Hazen deglutì.McHyde cominciò a parlare.

"Abbiamo qui il corpo identificatocome appartenente a William LaRueStott, maschio bianco di trentadueanni", disse con voce monotona, abeneficio della videocamera. Se nonaltro, la prolusione iniziale fu breve.L'anatomopatologo si rivolse aPendergast e chiese con voce untuosa:"Ha qualche commento o qualchesuggerimento da fare, agente specialePendergast, prima di procedere?"

"Al momento no, grazie.""Molto bene. Un esame preliminare

della vittima è stato effettuato questamattina. Ho avuto modo di riscontrarealcune importanti anomalie. Comincerò

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dalle condizioni generali." Fece unapausa per schiarirsi la voce.

Hazen colse un suo sguardo verso lavideocamera posizionata sopra iltavolo. Sì, dottore, sei telegenico.

"La prima cosa che ho notato èl'assenza di attività entomologica sulcadavere. Inoltre, la decomposizione eraappena iniziata, nonostante la vittimafosse deceduta da almeno diciotto ore edesposta a temperature non inferiori aitrentacinque gradi, restan do sotto il soleper non meno di dodici ore." Si schiarìancora la voce. "La seconda anomalia èpiù evidente: la carne alle estremità hacominciato a separarsi dalle ossa. Ildistacco è più pronunciato qui, intorno

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alla faccia, sulle mani e sui piedi. Ilnaso e le labbra sembrano quasi sciolti.Entrambe le orecchie sono stateasportate. Una è stata ritrovata accantoal cadavere. Qui, in corrispondenzadelle anche e delle spalle, la pelle si èlacerata, separandosi e ritraendosi daitessuti adiposi sottostanti. Si nota lapreponderanza di una sostanza sebacea,simile a sego, corrispondente a unoscioglimento e a un successivoraffreddamento. I capelli e lo scalposono stati asportati, evidentemente postmor t em e pos t , ehm... processo. Iltessuto adiposo appare parzialmentelique fatto. Tutto questo e numerose altrecaratteristiche anomale possonorispondere a un'unica spiegazione."

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Il dottore s'interruppe per prenderefiato.

"Il corpo è stato bollito."Pendergast annuì. "Precisamente."Hazen non riusciva a capire.

"Bollito?""Il corpo è stato apparentemente

immerso in acqua, portato a ebollizionee lasciato in quello stato per almeno treore, ma probabilmente più a lungo.L'autopsia e alcuni esami biochimicidetermineranno la durata con maggioreprecisione. Basti dire che l'ebollizionesi è protratta il tempo necessario perprovocare la separazione visibile allamascella, alla mandibola..." McHydetoccò la bocca aperta con un dito,

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staccando la guancia dall'ossosottostante. "E qui, sul piede, si noteràche mancano la maggior parte delleunghie. Devono essersi staccate. Allostesso modo, le unghie sono assenti sullamano. Della sinistra mancano inoltrel'indice e il medio, fino al mediometacarpo. Occorre notare che anche lacapsula alla giunzione delle falangi hasubi to un distacco, qui e qui."

Hazen guardava il cadavere concrescente incredulità. Accidenti,sembrava proprio un maiale bollito."Ma... per bollire un corpo come questooccorrerebbero giorni."

"Sbagliato, sceriffo", lo contraddisseil dottore. "Una volta che la temperaturaha raggiunto i cento gradi centigradi, un

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elefante cuoce con la stessa rapidità diun pollo. Vede, la cottura èessenzialmente un processo in cui sispezza la struttura quaternaria dellemolecole proteiche, mediantel'applicazione di calore..."

"Ho capito", tagliò corto Hazen."Le dita mancanti non sono state

ritrovate sulla scena del crimine",intervenne Pendergast. "Dunque bisognapresumere che si siano separate durantel'ebollizione."

"Supposizione ragionevole. Inoltre,noterà che ai polsi e alle caviglie sonovisibili abrasioni dovute a corde. Il chefa pensare che l'ebollizione sia, ehm,cominciata pre mortem."

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Cazzo, questo è troppo. Hazen aveval'impressione che il suo piccolo mondostesse girando vorticosamente. Di sopra,nell'ospedale, era ricoveratoGasparilla, un tipo eccentrico mainnocuo, cui erano stati strappati nonsolo lo scalpo, ma anche la barba e ipeli delle ascelle e persino del ventre.Qui sotto giaceva la seconda vittima.Bollita viva, nientemeno. E lui dovevadare la caccia a un massacratore dellasua città, che se ne andava in giroscalzo a rapire e scalpare le sue vittime,per poi sistemarle come in un presepio."Ma dove ha trovato una pentola cosìgrande da farci bollire un corpo? Enessuno ne ha sentito l'odore, durante la

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cottura?"Gli occhi grigi di Pendergast lo

stavano fissando. "Due domandeeccellenti, sceriffo, ognuna delle qualisuggerisce interessanti lineed'indagine."

Interessanti linee d'indagine. Maquello era Stott, con cui Hazen avevabevuto fianco a fianco al Wagon Wheel.

"Inutile dire", riprese McHyde, "cheverificherò questa ipotesi con l'esamedi sezioni di tessuto e analisibiochimiche. E adesso vorrei dirigere lavostra attenzione sulla lacerazionediagonale lunga otto centimetri sullacoscia sinistra. Il taglio è profondo e vad a l vastus lateralis a l vastusintermedius, espo nendo il femore."

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Controvoglia, Hazen osservò il morsopiù da vicino. I bordi erano moltoirregolari. La carne, scura dopol'ebollizione, era stata strappatadall'osso.

"Un esame approssimativo ha rivelatosegni di denti", proseguì McHyde. "Ilcorpo è stato parzialmente mangiato."

"Cani?" chiese lo sceriffo, facendouno sforzo per formulare la domanda.

"Non direi proprio. Lo schema deidenti, a parte rivelare tracce di carie instadio avanzato, è inequivocabilmenteuma no."

Hazen distolse nuovamente losguardo. Non gli venivano in mente altredomande.

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"Abbiamo preso misure, scattatofotografie e analizzato i tessuti. Il corpoè stato mangiato dopo la cottura."

"Molto probabilmente subito dopo",aggiunse Pendergast. "Osservate come iprimi morsi siano piccoli, esplorativi,come per verificare che il cadavere sifosse raffreddato a sufficienza."

"Ehm, sì. C'è qualche possibilità diidentificare il DNA della persona cheha, ehm, morso il cadavere, in base allasaliva. Malgrado le misere condizionidei denti, ci sono ugualmente tracce diuna masticazione vigorosa."

Lo sceriffo si trovò a contemplare ildisegno delle piastrelle del pavimento,lasciando che nella sua mente

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l'interpretazione di Jambalaya da partedi Hank Williams coprisse la voce deldottore.

Mangiato.La canzone risuonò per qualche

minuto. Quando finì e lo sceriffo rialzòlo sguardo, vide Pendergast chino sulcadavere, a pochi centimetri dalla pellerigonfia e screziata. Lo sentì annusare.

"Posso palparlo?" chiese l'agentedell'FBI, protendendo un dito.

Il medico assentì.Pendergast affondò il dito, lo affondò,

sul cadavere, percorrendone poi unbraccio e la faccia con il polpastrello.Poi guardò il dito, lo sfregò contro ilpollice e lo annusò.

Questo era troppo. Hazen tornò a

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fissare le piastrelle, ricostruendomenta l mente Lovesick Blues. Maproprio mentre stava per cominciare lachitarra, sentì la voce dell'agentedell'FBI. "Posso fare un'ipotesi?"

"Prego", lo invitò McHyde."La pelle sembra rivestita di una

sostanza oleosa, diversa dal grassoumano liquefatto a causa della bollitura.Sembra piuttosto che il corpo ne siastato deliberatamente ricoperto.Raccomanderei una serie di analisichimiche per determinare con esattezzagli acidi grassi presenti."

"Lo prenderemo in considerazione,agente Pendergast."

Ma l'agente speciale non gli diede

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retta. Fissava il cadavere, nel silenziogenerale. Persino Hazen si accorse diessere in atte sa di quanto stava per dire.

"Noto inoltre una seconda sostanzasulla pelle." Concluso l'esame, l'uomodell'FBI fece un passo indietro."Suggerisco di verificare la presenza diC12H22O11"

"Non vorrà dire che..." Il medicos'interruppe.

Hazen alzò lo sguardo. McHydesembrava sconvolto. Che cosa diavolopoteva esserci di peggio rispetto aquanto avevano già scoperto?

"Temo di sì", sentenziò Pendergast. "Ilcorpo, a quanto pare, è stato imburratoe zuccherato."

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24

Lo stabilimento della Gro-Bain

Turkey Sociable era una costruzionepiatta e allungata, le cui pareti dilamiera ondulata erano lambite dalgrande mare di granturco. Lostabilimento stesso aveva il colore delmais: un marroncino sporco che lorendeva quasi invisibile a distanza.Corrie si fermò nel grande parcheggio,affollato di automobili lucenti sotto ilsole. L'unico posto libero era moltolontano dall'ingresso.

Pendergast aprì la portiera, allungò legambe e uscì con un unico movimento

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agile e fluido. "È mai stata là dentro,signorina Swanson?" domandò,guardandosi intorno.

"Mai. Ho sentito fin troppe storie.""Confesso di essere curioso di vedere

come fanno.""Come fanno cosa?""A trasformare ogni giorno

quarantacinque tonnellate di tacchinivivi in carne congelata."

Corrie sbuffò. "Io no."Con un sibilo di freni, un grosso

semiarticolato si accostò al pontile dellostabilimento per scaricare le gabbiepiene di tacchini. Dietro il pontile c'eraun'apertura da cui pendevano striscenere di gomma, come quelle che Corrieaveva visto all'autolavaggio di Deeper.

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Sotto i suoi occhi, il camion vennefagocitato all'interno, finché all'esternorimase solo la motrice. Con un altrosibilo, il camion si fermò.

"Agente Pendergast, posso chiedereche cosa siamo venuti a fare?"

"Certo che può. Siamo qui perscoprire qualcosa in più sul conto diWilliam LaRue Stott. "

"Qual è il collegamento?""Signorina Swanson, nel mio lavoro

ho scoperto che tutto è collegato. Devoarrivare a conoscere questa città, ognicosa e ogni persona che ne faccianoparte. Medicine Creek non è solo unpersonaggio in questo dramma, ne è laprotagonista. E qui abbiamo l'attività,

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per la precisione un mattatoio, da cuidipende la vita economica della città. Illuogo in cui lavorava la nostra secondavittima. Il cuore pulsante della zona, semi perdona la metafora."

"Forse è meglio che resti in macchina.I tacchini morti non sono il massimo perme."

"Avrei pensato che si adattassero allaperfezione alla sua Weltanschauung",rilevò Pendergast, indicando gli adesividi gusto gotico che costellavano laGremlin. "E non sono ancora morti,quando arrivano. In ogni caso, è liberadi fare come preferisce." E si avviòallegramente verso il parcheggio.

Corrie lo seguì con lo sguardo. Poispalancò la portiera e gli corse dietro.

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Pendergast si stava avvicinando a unaporta d'acciaio priva di finestre, su cuiera scritto

INGRESSO DIPENDENTI

SI PREGA DI USARE LA CHIAVE. L'agente dell'FBI provò la maniglia,

ma la porta era effettivamente chiusa achiave. Infilò una mano sotto la giacca,poi parve cambiare idea. "Mi segua",disse a Corrie.

Percorsero un marciapiede dicemento, fino a una rampa di scale checonduceva direttamente al pontile. Ilcamion era ancora fermo nell'area discarico. L'uomo dell'FBI si chinò sotto

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le strisce di gomma e scomparveall'interno. Lei prese fiato e lo seguì.

Dall'altra parte, il pontile si apriva inuna grande sala. Un uomo con indossoun grosso paio di guanti di gommaprendeva le gabbie dei tacchini e lespalancava. Sopra di lui correva unnastro trasportatore, da cui pendevanoganci metallici. Altri tre operaiprendevano i tacchini dalle gabbieaperte e li appendevano ai ganci per lezampe. Ormai così lerci dopo iltragitto sul camion da essere amalapena riconoscibili come uccelli, lebestie starnazzavano, cercandodebolmente di liberarsi. Appesi a testain giù, boccheggianti, si smerdavanoaddosso dal terrore. Il nastro

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trasportatore scompariva attraverso unastretta apertura sulla parete di fondo.Nella sala l'aria condizionataraggiungeva livelli polari, ma noncancellava l'odore. Dio, che puzza.

"Signore?" Un giovanotto con ildistintivo della guardia di sicurezza sifece avanti. "Signore?"

Pendergast si voltò verso di lui."FBI", disse, cercando di sovrastare ilrumore, e sventolò il distintivo in facciaal ragazzo.

"Va bene, signore. Ma a nessuno èconsentito l'accesso allo stabilimentosenza autorizzazione. O almeno, così mihanno detto. Sono le regole..." Il giovanes'interruppe, preoccupato.

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"Naturalmente", concordò Pendergast,rimettendosi in tasca il portafogli."Sono qui per parlare col signor JamesBreen."

"Jimmy? Di solito faceva la notte, madopo l'assassinio ha chiesto di passareal giorno."

"Così ho sentito. Dove lavora?""Alla catena. Senta, deve mettere

l'elmetto e il camice, e io devo dire alcapo..."

"La catena?""La catena..." Il giovane sembrava

confuso. "Lo sa, il nastro..." Puntò ildito verso l'alto, verso la processione ditacchi ni appesi ai ganci.

"In tal caso, non faremo altro che

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seguire la catena fino a tro varlo.""Ma, signore, non è consentito..." Il

giovane guardò Corrie, sperando nel suoaiuto. Lei lo conosceva: Bart Bledsoe,detto Dingleberry Bart. Diplomatol'anno prima. Ed eccolo qui. Una tipicacarriera di successo, stile MedicineCreek.

Pendergast si incamminò lungo ilpavimento di cemento, con i lembi dellagiacca nera che gli svolazzavano dietro.Bledsoe lo seguì, continuando aprotestare, ed entrambi sparirono in uncorridoio. Corrie si affrettò dietro diloro, tappandosi il naso, attenta aschivare la merda di tacchino checadeva a pioggia dal nastrotrasportatore.

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La stanza successiva era più piccola eospitava solo una lunga vasca pienad'acqua. Una serie di cartelli gialliammoniva contro il pericolo di scosseelettriche. I volatili venivano irrorati daun getto d'acqua, prima di sprofondarenella vasca. Da una distanza disicurezza, Corrie vide come le testedegli animali sprofondassero sotto illivello dell'acqua. Si udì un ronzio,seguito da un breve crepitio. I tacchiniavevano smesso di ribellarsi. Quandoemergevano dall'acqua eranocompletamente inerti.

"Folgorati, dunque", osservòPendergast. "Umano, molto umano."

Corrie deglutì ancora. Poteva

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indovinare quale fosse il passaggiosuccessivo.

Il nastro proseguiva attraverso unostretto pertugio nella parete di fondo,fiancheggiato da due finestre. Pendergastsi affacciò a una di esse, subito imitatodalla ragazza, trepidante.

La stanza successiva era ampia ecircolare. Mentre i tacchini, ormaiimmobili, l'attraversavano, unamacchina provvedeva a tagliare loro lagola con una lama. Immediatamente,fiotti di sangue pulsavano dal collodell'animale, schizzando sulle paretiinclinate e colando sul pavimento. Omeglio, su quello che a Corrie parve unlago di sangue. Seduto in un angolo, unuomo con un'arma simile a un machete

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era pronto a dare il colpo di grazia aqualsiasi tacchino risparmiato dallamacchina. La ragazza si allontanò dallafinestra.

"Come si chiama questa stanza?"domandò Pendergast.

"La Camera del Sangue", risposeBledsoe. Aveva smesso di protestare ese ne stava a testa bassa, con l'ariasconfitta.

"Nome appropriato. Che cosa succededel sangue?"

"Viene pompato in serbatoi e portatovia dai camion. Non so dove."

"Per essere convertito in mangime,senza dubbio. Il livello del sangue sulpavimento sembra piuttosto alto."

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"Una cinquantina di centimetri, direi,a quest'ora del giorno. Aumenta a manoa mano che il turno procede."

Corrie fece una smorfia. Era quasipeggio del cadavere di Stott.

"E dove vanno poi i tacchini?""Allo Sterilizzatore.""Ah. E come si chiama lei?""Bart Bledsoe, signore."Pendergast gli batté una mano sulla

spalla. "Molto bene, signor Bledsoe.Faccia strada, se non le spiace."

Attraversarono il locale camminandosu una passerella. L'odore del sanguefresco era vomitevole. Oltrepassaronouna porta e, improvvisamente, l'edificiosi allargò davanti a loro. Si trovavano

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in uno spazio cavernoso, un salonegigantesco in cui il nastro trasportatorecoi suoi tacchini appesi andava a destrae a sinistra, in alto e in basso, entrando euscendo da colossali scatole d'acciaio.Sembrava un'infernale invenzione diRube Goldberg. Il baccano eraassordante e l'aria era satura di umidità.Corrie sentì formarsi goccioline sullebraccia, sul naso, sul mento. L'ariapuzzava di piume di tacchino bagnate,escrementi e di qualcos'altro ancora piùsgradevole, che non riuscì aidentificare. Cominciava a pentirsi dinon essere rimasta in auto.

Gli uccelli morti e dissanguatiemergevano dalla parete della Cameradel Sangue per scomparire subito in una

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delle grandi casse di acciaioinossidabile, da cui proveniva un sibilospaven toso.

"Che cosa succede lì dentro?""Quello è lo Sterilizzatore. I tacchini

vengono inondati di va pore."L'interminabile nastro trasportatore

spuntava dall'altra parte. Ora i tacchinierano fumiganti, gocciolanti, puliti,bianchi e parzialmente spiumati.

"E da lì?" chiese Pendergast."Allo Spennatoio.""Naturalmente, lo Spennatoio."Bledsoe fu incerto, poi sembrò

prendere una decisione. "Mi aspetti qui,per favore." Se ne andò.

Ma l'agente dell'FBI non aspettò. Si

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rimise in marcia, seguito da Corrie, eattraversò una bassa parete diseparazione che circondava loSpennatoio, costituito in realtà daquattro macchinari in serie, ciascuno deiquali era munito di bizzarre propagginidi gomma simili a dita. Le dita digomma si muovevano all'impazzata,strappando le penne ai tacchini, finchédall'altra parte ne uscivano i corpi nudie rosei. Poi il nastro trasportatoreproseguiva verso l'alto, svoltava unangolo e scompariva alla vista. Fino aquel punto l'intero processo eraautomatizzato. Tolto l'uomo nellaCamera del Sangue, gli unici lavoratorisembravano limitarsi a seguire ilfunzionamento dei macchinari.

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Pendergast si accostò a una donna chesorvegliava alcuni quadranti sullaconsole dello Spennatoio. "Possodisturbarla?"

Lei si voltò verso l'agente e Corriericonobbe Doris Wilson, cinquant'anni,robusta, bionda ossigenata, faccia rossae labbra color nicotina. Viveva da solanello stesso parcheggio di roulotte in cuiabitava Corrie, il Wyndham ParkeEstates.

"Lei è quello dell'FBI?""E lei è?""Doris Wilson.""Posso farle qualche domanda,

signora Wilson?""Spari."

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"Conosceva Willie Stott?""Faceva le pulizie di notte.""Stott si trovava bene qui?""Era un buon lavoratore.""Dicono che bevesse.""Solo ogni tanto. Non ha mai

interferito col suo lavoro.""Era di qui?""Veniva dall'Alaska.""E che cosa faceva lassù?"Doris regolò alcune leve. "Inscatolava

il pesce.""Sa perché se ne sia andato?""Storie di donne, ho sentito dire.""E perché stesse a Medicine Creek?"Doris sorrise, mostrando una chiostra

di denti marroni e cariati. "La domanda

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che ci facciamo tutti noi. Nel caso diWillie, perché aveva trovato un amico."

"Chi?""Swede Cahill. Swede è il miglior

amico di tutti quelli che bevono nel suobar."

"Grazie. E ora potrebbe dirmi dovetrovare James Breen?"

La donna accennò al nastrotrasportatore. "Area di Eviscerazione. Lìavanti, prima della Stazione diDisossamento. Grasso, capelli neri,occhiali, chiacchierone."

"Ancora grazie.""Nessun problema." Doris fece un

cenno di saluto a Corrie.Pendergast e la ragazza salirono una

scaletta di metallo. Accanto a loro, il

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nastro trasportatore saliva a sua volta,con il carico di carcasse penzolanti,dirette finalmente a una piattaformasopraelevata in cui non c'eranomacchine, ma esseri umani, in camice ecopricapo bianchi. Gli operai aprivano itacchini con mani esperte e nerisucchiavano gli organi con grossiaspiratori. Poi gli uccelli procedevanoalla stazione successiva, dovevenivano lavati con pompe ad altapressione. Più avanti due uominidecapitavano i tacchini, gettando le testein un contenitore.

Il Giorno del Ringraziamento nonsarà più lo stesso, pensò lei.

Alla catena c'era un tipo grasso dai

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capelli neri, che stava raccontando aicolleghi una storia a voce alta.Cogliendo le parole "Stott" e "ultimo avederlo vivo", la ragazza si voltò versoPendergast.

"Credo che quello sia il nostro uomo."Mentre si incamminavano lungo la

piattaforma per raggiungere Breen,Corrie guardò in basso, verso ilpavimento. Bart, spettinato, stavacorrendo dietro il direttore dellostabilimento, Art Ridder, che sembravaun tozzo animale partito alla carica.

"Perché nessuno mi ha detto che c'eraq u i I ' F BI? " gridò Ridder, senzarivolgersi a nessuno in particolare. Erapiù rosso in viso del solito e aveva unapiuma di tacchino incollata ai capelli.

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"Questa è un'area off-limits!""Spiacente, signore." Bart era in preda

al panico. "È entrato così di punto inbianco. Sta indagando..."

"Lo so benissimo su cosa staindagando." Ridder salì la scaletta e,ansante, cercò di rivolgere a Pendergastil suo abituale sorriso. "Come sta,agente?" Gli tese la mano. "Art Ridder.L'ho vista alla Festa del Tacchino."

"Lieto di fare la sua conoscenza",rispose Pendergast, stringendogli lamano.

Il direttore si voltò verso Bart,cancellando il sorriso dalla faccia."Toma al pontile. Facciamo i conti piùtardi." Poi vide Corrie. "E tu che ci fai

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qui?""Io sono con lui."Ridder occhieggiò l'agente speciale,

ma questi sembrava assorto nellacontemplazione di alcuni strani attrezziappesi al soffitto.

"Sono la sua assistente", spiegò alloraCorrie.

Il direttore sbuffò. Pendergast si misealle spalle di Breen, che si era zittitoall'arrivo del capo, e lo osservò mentrelavorava.

"Signor Pendergast", riprese Riddercon voce più calma, "posso invitarla nelmio ufficio, dove si troverà senz'altropiù comodo?"

"Devo fare qualche domanda al signorBreen."

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"Lo faccio venire in ufficio.""Non c'è bisogno di interrompere il

suo lavoro.""Ma in ufficio c'è più silenzio..."Pendergast lo ignorò: aveva già

cominciato a parlare con Jimmy. L'uomolanciò un'occhiata prima all'uno, poiall'altro, e continuò a lavorare,inserendo il bocchettone in un tacchino easpirandone le viscere con un sonoroschloock!

"Signor Breen, mi hanno detto che leiè stato l'ultimo a vedere Willie Stottvivo."

"Sì, è vero. Poveraccio. Colpa dellamacchina. Mi spiace dirlo, ma seinvece di spendere tutti i suoi soldi da

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Swede avesse fatto aggiustare quelcatorcio... Era sempre rotto."

Corrie sbirciò la faccia di Art Ridder,in piedi accanto a Jimmy: il sorrisoposticcio gli si era nuovamente stampatosul volto. "Jimmy", intervenne, "ilbocchettone deve andare fino in fondo,non così. Mi scusi, signor Pendergast,ma oggi è il suo primo giorno di lavoroin questo reparto."

"Certo, signor Ridder", risposeJimmy.

"Su, così: verso l'alto e fino in fondo."Il direttore spinse il bocchettone dentroe fuori dalla carcassa diverse volte, atitolo di dimostrazione, prima diripassarlo a Jimmy. "Mi segui?" Poi sirivolse nuovamente all'agente dell'FBI.

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"È proprio da qui che ho cominciato,signor Pendergast. Nell'Area diEviscerazione. E sono arrivato fino incima a forza di lavorare. Mi piacevedere le cose fatte bene." C'era unanota di orgoglio nella sua voce, che allaragazza diede i brividi.

"Sicuro, signor Ridder", disse Jimmy."Cosa stava dicendo?" Pendergast non

aveva tolto gli occhi da Breen."Be', solo il mese scorso, l'auto di

Willie lo ha lasciato a piedi e iodovevo accompagnarlo avanti e indietro.Scommetto che si è rotta di nuovo e chelui ha cercato di arrivare da Swede conle proprie gambe. E lo hanno beccato.Gesù. Ho fatto richiesta di essere

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trasferito al mattino il giorno stesso incui l'hanno trovato. Vero, signorRidder?"

"Vero.""Preferisco aspirare tacchini morti,

piuttosto che finire morto come untacchino", fece Jimmy con un sogghigno.

"Non lo metto in dubbio", ribattéPendergast. "Mi parli del suo lavoroprecedente."

"Ero il guardiano notturno. Stavonello stabilimento da mezzanotte allesette, quando arrivavano quelli del pre-turno."

"Che cosa fanno quelli del pre-turno?""Si assicurano che tutti i macchinari

siano funzionanti, così appena arriva ilprimo camion si comincia subito il

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lavoro. Non si possono lasciare gliuccelli su un camion fermo e rovente,intanto che si aggiusta qualcosa,altrimenti ci si ritrova un bel carico ditacchini morti."

"Capita spesso?"A Corrie non sfuggì la rapida occhiata

che Breen rivolse a Ridder."Quasi mai", rispose questi."Quando è arrivato in auto allo

stabilimento, quella notte, ha notatoqualcosa o qualcuno lungo la strada?"

"Perché crede che abbia chiesto ilturno di giorno? Al momento ho pensatoche fosse una mucca dispersa nel grano.Qualcosa di grosso..."

"Dove lo ha visto, esattamente?"

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"A metà strada, tre chilometri da qui etre dalla città. Sul lato sinistro. Come inattesa. Appena ho svoltato dalla curva,ha visto i fari ed è partito al galoppo,come se corresse a quattro zampe. Nonne sono proprio sicuro: poteva essereun'ombra. Ma se era un'ombra, era bellagrossa."

Pendergast annuì. Si voltò verso laragazza. "Ha qualche do manda?"

Lei si sentì in preda al panico.Qualche domanda? Avvertì gli occhi diRidder, rossi e stretti, puntati su di lei."Sì, ce l'ho."

Un attimo di silenzio."Se quello era l'assassino, che cosa

stava aspettando? Voglio dire: non

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poteva sapere che l'auto di Stott sisarebbe fermata, non vi pare? Che perqualche ragione fosse interessato allostabilimento?"

Per un attimo nessuno parlò, maCorrie notò un lievissimo sorriso sulvolto di Pendergast.

"Be', diavolo, non lo so", risposeJimmy. "Bella domanda."

"Jimmy, accidenti", sbottò Ridder,"hai lasciato passare quel tacchino." Silanciò a recuperare una carcassa che sene stava andando per i fatti suoi. In unrapido movimento, ficcò le ditaall'interno e strappò le viscere a mano,gettandole nell'aspiratore, dovescomparvero con un orrendo gorgoglio.Quindi si voltò, scuotendo brandelli di

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interiora dalle dita con un violentoscatto del polso. Sorrise. "Ai mieitempi non c'erano gli aspiratori", spiegò."In questo mestiere non si deve averepaura di sporcarsi un po' le mani,Jimmy."

"Sì, signor Ridder."Il direttore diede una pacca sulla

spalla di Jimmy, lasciandogli unachiazza marrone sul camice. "Continuacosì."

"Credo che abbiamo finito", dissePendergast.

Ridder parve sollevato. Gli tesenuovamente la mano. "Sono felice diesserle stato d'aiuto."

Pendergast fece un inchino formale e

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gli voltò le spalle.

25 In piedi sul ciglio della strada, le

mani sui fianchi, Corrie Swanson guardòPendergast estrarre dal bagagliaio dellaGremlin i pezzi di una strana macchina ecominciare ad assemblarli. Quando erapassata a prenderlo a casa Kraus, loaveva trovato ad aspettarla in strada,con la cassa appoggiata a terra. L'agentedell'FBI non le aveva spiegato che cosaavesse in mente. E non sembravaincline a farlo neppure in quel momento.

"Le piace tenere la gente all'oscuro,vero?" chiese lei.

Pendergast avvitò l'ultimo pezzo,

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esaminò la macchina e l'accese. Si udìun sommesso, crescente ronzio. "Comedice?"

"Sa benissimo di che cosa parlo. Nondice mai niente a nessuno. Per esempio,che cosa vuole fare con quell'arnese."

L'agente dell'FBI spensel'apparecchio. "Trovo che nella vitapoche cose siano più noiose dellespiegazioni."

Corrie non poté trattenere una risata.Quanto era vero! Valeva per sua madre,come per il direttore della scuola, comeper quella testa di cazzo della sceriffo.Mi devi una spiegazione, era tuttoquello che sapevano dire.

Il sole si stava appena alzando sopra i

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campi, ma già bruciava il terrenoriarso.

"La sua curiosità significa checomincia ad appassionarsi al ruolo diassistente?"

"Significa che mi sto appassionando atutti i soldi che mi ha dato. E quandoqualcuno mi fa alzare all'alba, vogliosapere il perché."

"Molto bene. Oggi andremo ai Tumulie indagheremo sul cosiddetto Massacrodei Guerrieri Fantasma."

"Quello mi sembra più un metaldetector che un macchinario daacchiappafantasmi."

Pendergast si mise l'apparecchio inspalla e si avviò lungo il sentiero cheattraversava la sterpaglia, in direzione

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del fiume. Voltando la testa da un lato,le disse: "A proposito di fantasmi..."

"Che cosa?""Lei ci crede?""Non penserà davvero che ci sia un

cadavere scalpato e mutilato che vagalà intorno alla ricerca dei suoi stivali."

Corrie attese invano una risposta.All'ombra degli alberi si avvertiva

ancora l'alito fresco della notte. Qualcheminuto di cammino e raggiunsero la basepietrosa dei Tumuli, che si elevavanogentilmente dal terreno fino alla sommitàcoperta di erba e sterpi. L'uomo dell'FBIriaccese l'apparecchio. Il ronzio divenneun sibilo, che si acquietò appena ebberegolato alcune manopole. Estrasse da

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una tasca un cavo alla cui estremità erafissata una bandierina arancione, e loinfisse nel terreno. Da un'altra tascaprese un oggetto simile a un telefonocellulare.

"Che cos'è?""Un'unità GPS."Pendergast annotò qualcosa sul suo

onnipresente taccuino di pelle, poi siavviò lentamente verso nord,perlustrando il terreno con la spiramagnetica del metal detector. Corrie loseguì, sempre più incuriosita.

Lo strumento emise un lamento acuto.L'agente si mise in ginocchio e scavònel terreno con una spatola, fino adisseppellire una punta di freccia inrame.

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"Wow", fece Corrie. S'inginocchiò asua volta accanto a lui. "È indiana?"

"Sì.""Pensavo che le punte fossero di

selce.""Nel 1865 i cheyenne erano da poco

passati al metallo. Nel 1870 avrebberoavuto i fucili. Questa punta di metallo èsufficiente a datare il sito conprecisione."

Lei tese la mano per raccoglierla, maPendergast la frenò. "La lasci dov'è."Poi aggiunse: "Noti la direzione versocui è rivolta".

Riapparvero il taccuino e il GPS.Preso qualche appunto, l'agentedell'FBI infìsse nel terreno un'altra

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bandierina e proseguì. I due percorseroaltri duecento metri, marcando laposizione di ogni punta di freccia oproiettile sepolti nel terreno. Corrie sistupiva di quanto ciarpame ci fossesottoterra. Tornarono all'inizio delpercorso e presero un'altra direzione. Unaltro lamento del metal detector, maquesta volta l'agente dell'FBI portòal la luce una lattina degli anni Settanta.

"Non mette una bandierina su quelmanufatto storico?" propose la ragazza.

"Lasciamola agli archeologi delfuturo."

Il metal detector rivelò altre lattine,altre punte di freccia, alcuni proiettilidi piombo e un coltello arrugginito.Pendergast era accigliato, come se

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qualcuno degli oggetti ritrovati lo avesseturbato. Corrie fu sul punto di chiedergliesplicitamente di che cosa si trattasse,ma si morse la lingua. Perché si sentivacosì curiosa? Quello spettacolo non erapiù strano di qualsiasi altra cosal'agente speciale avesse combinato finoa quel momento.

"Okay", borbottò. "Mi arrendo. Checosa c'entra tutto questo con gliomicidi? A meno che, naturalmente, leinon creda che l'assassino sia il fantasmadel capo dei Quarantacinque, che hamaledetto questa terra per l'eternità."

"Domanda eccellente", apprezzòPendergast. "A questo punto non possoaffermare che tra i delitti e il massacro

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sussista una relazione. Ma Sheila Sweggè stata uccisa mentre scavava tra iTumuli e Gasparilla vi passava moltodel suo tempo. E in città corre la voce,cui lei allude, che l'assassino sia HarryBeaumont tornato a vendicarsi.Ricorderà che i suoi stivali furono fatti apezzi e i suoi piedi scorticati."

"Ma lei non ci crede, vero? ""Che l'assassino sia il fantasma di

Beaumont?" l'uomo dell' F B I sorrise."No. Ma devo ammettere che lapresenza di frecce antiche e di altrimanufatti indiani suggerisce uncollegamento, anche solo nella mentedell'assassino."

"Allora qual è la sua teoria?""È un errore fatale sviluppare

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prematuramente un'ipotesi, in assenza didati effettivi. Io sto facendo del miomeglio per n o n elaborare una teoria.Tutto quello che voglio fare ora èraccogliere dati." Continuò aperlustrare il terreno e a marcare iri trovamenti con le bandierine.

Il terzo percorso li condussedirettamente su uno dei Tumuli. Allabase di pietra erano raccolte varie puntedi freccia. Pendergast indicò alcunezone scavate di fresco, che qualcunoaveva cercato senza grande sforzo dicoprire con sterpi. "Gli scavi di SheilaSwegg", disse.

Proseguirono l'esplorazione."Allora lei non ha la minima idea di

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chi possa essere l'assassino?" insistetteCorrie.

Pendergast esitò a rispondere. "Trovopiù affascinante ciò che l'assassino nonè", mormorò.

"Non capisco.""Abbiamo a che fare con un serial

killer, questo è poco ma sicuro. Come èsicuro che l'assassino continuerà auccidere finché non sarà fermato. Ciòche trovo affascinante è la rottura deglischemi. Questo serial killer è diverso daqualsiasi altro."

"Come fa a saperlo?""Al quartier generale dell'FBI a

Quantico, in Virginia, esiste un gruppochiamato Unità di ScienzaComportamentale, la cui specialità è la

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preparazione di profili della mentecriminale. Nel corso degli ultimivent'anni, l'Unità ha elaborato casi diserial killer di tutto il mondo e ne hainserito le informazioni nel database diun computer." Mentre parlava,Pendergast proseguiva la perlustrazionedall'altra parte del tumulo, in direzionedegli alberi. Si voltò verso Corrie."Sicura di volere una lezione di scienzacomportamentale forense?"

"È molto più interessante dellatrigonometria."

"Quello del serial killer, come ognialtro tipo di comportamento umano,ricade entro schemi definiti. L'FBI haclassificato gli assassini seriali in due

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categorie: organizzati e disorganizzati.Gli assassini organizzati sonointelligenti e competenti sul pianosociale e sessuale. Pianificano con curai loro delitti: le loro vittime sonopersone sconosciute, scelte conattenzione. Il loro stato d'animo ècontrollato, prima, durante e dopol'esecuzione del crimine. La scena deldelitto a sua volta è organizzata,controllata. Il cadavere della vittimaviene solitamente asportato e occultato.Questo genere di assassino solitamente èdifficile da prendere.

"L'assassino disorganizzato, dal cantosuo, uccide in modo spontaneo. Spesso èinadeguato socialmente e sessualmente,svolge lavori servili e ha un quoziente

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d'intelligenza basso. La scena del delittoè disordinata, tutto appare casuale. Ilcorpo è abbandonato sul luogodell'omicidio, senza alcun tentativo dinasconderlo. Frequentemente,l'assassino vive nelle vicinanze dellavittima e la conosce personalmente. Leaggressioni sono spesso dovute aimprovvisi accessi di violenza, senzapremeditazione."

Continuarono ad avanzare."Si direbbe che il nostro assassino sia

organizzato", concluse Corrie."In realtà non lo è." Pendergast si

voltò a guardarla. "Non è un argomentoleggero, signorina Swanson."

"Posso reggerlo."

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Lui rifletté un istante. "Credo propriodi sì." Un sibilo dalla macchina loindusse a inginocchiarsi e a scavare nelterreno, fino a disseppellireun'automobilina giocattolo arrugginita."Ah, una Mini Morris. Avevo unacollezione di automobiline Corgi, dabambino."

"E adesso dov'è?"Un'ombra passò sul volto di

Pendergast. Corrie preferì nonapprofondire la questione.

"Superficialmente", riprese l'agentedell'FBI, "il nostro assassino sembracorrispondere alla categoria degliorganizzati. Ma ci sono importantideviazioni dallo schema. Primo:

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praticamente in tutti gli assassinii serialiorganizzati c'è una componentesessuale. Anche se non evidente, c'èsempre. Alcuni serial killer sonopredatori di prostitute, altri diomosessuali, altri di coppietteappartate nelle loro automobili. Certiassassini praticano mutilazioni degliorgani sessuali. Certuni prima stuprano epoi uccido no. Altri si limitano a dare unbacio al cadavere e a lasciare fiori sulluogo del delitto, come per unappuntamento galante."

Corrie rabbrividì."Gli omicidi di cui ci stiamo

occupando, invece, non hanno alcunacomponente sessuale."

"Vada avanti."

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"L'assassino organizzato persegueinoltre un modus operandi che gliesperti di scienza comportamentaleforense definiscono rituale. Vale a direche gli omicidi hanno una valenzaritualistica. Spesso l'assassino indossagli stessi vestiti per ogni delitto, usa lamedesima arma, pistola o coltello chesia, e uccide esattamente allo stessomodo. In seguito, sistema il cadaveresecondo un proprio rituale personale.Questa modalità può non essereevidente, ma è ricorrente: fa partedell'omicidio."

"Mi sembra che corrisponda al nostroassassino."

"Tutto il contrario. Il nostro assassino

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segue un rituale, questo sì, ma c'è unadifferenza: il rituale cambia per ognidelitto. Inoltre non uccide solo esseriumani, ma anche animali. L'uccisionedel cane è completamente fuorviante.Non c'è alcun rituale, ha tutte lecaratteristiche dell'assassiniodisorganizzato. Il killer si è limitato auccidere il cane e a strappargli la coda.Perché? E anche l'opportunisticoattacco a Gasparilla ha caratteristichesimili: nessun rituale, nessuno sforzo peruccidere la vittima. Si è limitato aprendere, ehm, ciò che gli serviva,scalpo, peli e pollice, e andarsene. Inaltre parole, questi delitti hannocontemporaneamente tratti organizzati edisorganizzati. Non si è mai visto niente

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del genere."Pendergast fu interrotto dal suono

assordante dell'apparecchio. Eranogiunti quasi alla massima estensione delcavo. Davanti a loro il pendioridiscendeva verso il mare di granturco.L'agente dell'FBI si chinò a terra perscavare, ma stavolta non trovò niente.Appoggiò il metal detector sullo stessopunto e regolò le manopole, mentrel'apparecchio emetteva sibili di protesta.

"Dev'essere a più di mezzo metro." Laspatola fu sostituita da una paletta.

Dopo qualche minuto, scavata unabuca, rallentò il ritmo, procedendo concautela fino a urtare un oggetto solido.Rimise in tasca la paletta e prese una

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spazzola per ripulire gradualmente ilreperto. Corrie guardava da sopra le suespalle. Qualcosa cominciava adapparire. Dopo qualche colpo dispazzola, l'oggetto divennericonoscibile: un vecchio e contortostivale da cowboy dalle suole chiodate.Pendergast lo estrasse dalla buca: lostivale era stato lacerato a colpi dicoltello.

"Si direbbe che Harry Beaumontportasse stivali numero quarantacinque.Non le sembra?"

Un grido risuonò alle loro spalle.Una figura correva tra i Tumuli, verso

di loro, agitando le braccia.Era Tad, il vicesceriffo."Signor Pendergast! Signor

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Pendergast!"L'agente dell'FBI si voltò verso il

vicesceriffo affannato, sudato e rosso involto.

"Gasparilla... all'ospedale. Ha ripresoconoscenza e..." Tad riprese fiato. "Echiede di lei."

26

Hazen sedeva su una delle due

seggiole pieghevoli di plastica fuoridalla sala di terapia intensiva. Si stavaconcentrando: le prime fresche serated'autunno; le pannocchie imburrate; lere pliche di The Honeymooners; PamelaAnderson nuda. Quello che cercava con

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ogni mezzo di allontanare dalla menteerano i gemiti incessanti e la puzzaterribile che provenivano dall'internodella stanza, malgrado la porta chiusa.Avrebbe voluto andarsene. Avrebbealmeno voluto potersi rifugiare nellasala d'attesa. E invece no. Dovevaaspettare lì. Doveva aspettarePen dergast.

Gesù Cristo.Eccolo lì, come sempre vestito da

becchino, che percorreva il corridoio alunghi passi. Lo sceriffo si alzò in piedie, riluttante, gli strinse la mano.Evidentemente dalle sue parti tutti sistringevano la mano cinque volte algiorno. L'ideale per diffondere lemalattie.

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"Grazie, sceriffo, per avermiaspettato."

Hazen rispose con un monosillaboinarticolato.

Un altro lamento straziante, il grido diun folle, arrivò da die tro la porta.

Pendergast bussò e aprì la porta,trovandosi davanti un medico e dueinfermieri, un uomo e una donna.Gasparilla, a letto, sembrava unamummia. Dalle bende spuntavano solodue fessure per gli occhi e una per labocca, oltre a un intrico di tubi e dicavi. Tutt'intorno monitor e macchinariticchettavano e lampeggiavano, in unconcerto high-tech di fischi e di ronzii.Nella stanza l'odore era più forte, quasi

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una presenza tangibile. L'agente specialeentrò e si accostò al paziente, mentreHazen rimase sulla porta, rimpiangendodi non potersi accendere una Camel.

"È molto agitato, signor Pendergast",lo avvisò il dottore. "Continua achiedere di lei. Speriamo che la suavista possa cal marlo."

Gasparilla continuò a lamentarsi perqualche secondo. Poi i suoi occhi neri sifissarono sull'uomo dell'FBI. "Tu!"gridò, in preda a un'improvvisaagitazione.

Il medico appoggiò una mano sulbraccio di Pendergast. "Devo avvisarla:se tutto questo gli dovesse causareun'eccessiva agitazione, lei dovràuscire."

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"No!" urlò il ferito, in preda alpanico. "Lasciami parlare." Una manoossuta e bendata spuntò da sotto lecoperte e afferrò la giacca dell'agentecon tale forza che un bottone cadde sulpa vimento.

"Sto cominciando a dubitare che..."riprese il dottore.

"No! No! Io devo parlare!" La vocesembrava il grido di uno spiritotormentato. Una delle infermiere chiusela porta alle spalle di Hazen. Anche leapparecchiature parvero reagire,aumentando il ritmo dei beep e delleluci lampeggianti.

"Adesso basta", concluse il dottore,con convinzione. "Mi spiace, è stato uno

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sbaglio. Non è in condizioni di parlare.De vo chiederle di andarsene."

"Noooo!" Un'altra mano afferrò ilbraccio di Pendergast, tirandolo versoil letto.

Le apparecchiature impazzirono. Ildottore disse qualcosa all'infermiera,che accorse con una siringa e laconficcò nel sacchetto della fleboclisi,introducendovi tutto il contenuto.

"Lasciatemi parlare!"Pendergast, impossibilitato ad

allontanarsi, si chinò su Gasparilla."Che cosa c'è? Che cosa ha visto?"

"Oddio!" La voce dell'uomo erasopraffatta dall'angoscia. Sembrava chestesse cercando di ribellarsi al sedativo.

"Che cosa?" Pendergast parlò

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sottovoce, ma in tono deciso.Gasparilla lo costrinse a chinarsi

ancora di più. Dal letto arrivavanozaffate di fetore. "Quella faccia, quellafaccia!"

"Quale faccia?"Il poveretto parve riprendersi

improvvisamente. Il suo corpo si irrigidìe si allungò nel letto. "Ricorda quelloche le ho detto, parlando del diavolo?"

"Sì."Gasparilla si mise a tremare. La sua

voce era un gorgoglio. "Sbagliavo!""Somministri altri due milligrammi di

Atavan." Il dottore si rivolseall'infermiere, un individuo piuttostorobusto. "E lei faccia uscire quest'uomo

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di qui, ora!""Noooo!" Le mani di Gasparilla si

aggrapparono all'agente dell'FBI comedue artigli.

"Ho detto fuori!" gridò il medico,cercando di liberare Pendergast."Sceriffo, questo suo agente stauccidendo il mio paziente! Lo facciauscire!"

Hazen scosse il capo. Questo suoagente? Ma ugualmente si unì agli sforzidel dottore per staccare le ditascheletriche dell'infermo dal braccio diPendergast. Era come una morsad'acciaio, e tra l'altro l'uomo dell'FBInon faceva alcuno sforzo perliberarsene.

"Sbagliavo!" gridava Gasparilla.

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"Sbagliavo! Sbagliavo!"L'infermiera infisse un'altra siringa

nella fleboclisi, pompandovi una dosesupplementare di sedativo.

"Nessuno di voi è al sicuro, nessunodi voi, adesso che lui è qui!"

"Chiamate la sicurezza!" ordinò ildottore.

Un segnale d'allarme intermittentecominciò a suonare sopra la testiera delletto.

"Che cosa ha visto?" domandòPendergast, a voce bassa, ma insistente.

All'improvviso, Gasparilla scattò asedere sul letto. La tubaturanasogastrica si strappò, con un lievespruzzo di sangue, e penzolò dal bordo

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del letto. Una mano ad artiglio si strinsein torno al collo dell'agente speciale.

Hazen cercò d'immobilizzare ilpaziente. Cristo, stava cercando distrangolare Pendergast.

"Il diavolo! È arrivato! È qui!" Gliocchi di Gasparilla si rovesciaronoall'indietro. La seconda iniezione avevacominciato a fare effetto. Ma la manonon lasciò la presa. "Lui esiste! L'hovi sto quella notte!"

"Sì?" lo incalzò Pendergast!"Ed è un bambino... un bambino..."D'un tratto Hazen sentì le braccia di

Gasparilla indebolirsi. Un altro allarmescattò dalle apparecchiature, questavolta in un tono continuo e persistente.

"Codice!" gridò il dottore. "Abbiamo

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un codice qui! Pren dete il carrello!"Un nutrito gruppo di persone fece

irruzione simultaneamente nella stanza:uomini della sicurezza, medici,infermieri. Pendergast si raddrizzò,liberandosi dalle mani ora inerti espazzolandosi una spalla. Il suo volto,solitamente pallido, si era lievementearrossato, ma per il resto l'agentesembrava imperturbabile. Le infermiereaccompagnarono lui e Hazen fuori dallastanza.

Attesero in corridoio, per dieciminuti, forse quindici. Dall'internodella stanza giungeva il rumore diattività frenetiche. Poi, come se fossestato spento un interruttore, la calma

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tornò improvvisamente. Leapparecchiature si spensero, i segnali diallarme tacquero a uno a uno, finché nonrimase che il silenzio.

Il primo a emergere fu il dottore cheaveva in cura Gasparilla. Uscìlentamente, a capo chino, quasi nonsapesse dove andare. Passando davantia loro alzò lo sguardo: aveva gli occhiiniettati di sangue. Guardò prima losceriffo, poi l'agente speciale. "Lo aveteucciso", disse stancamente, come seormai la cosa avesse persod'importanza.

Pendergast gli appoggiò una manosulla spalla. "Stavamo facendo entrambiil nostro dovere. Non c'eranoalternative. Una volta che mi ha

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afferrato, non c'era altro da fare chelasciargli dire ciò che voleva. Dovevaparlare."

Il dottore si rassegnò. "Probabilmenteha ragione."

Le infermiere e i tecnici uscivanodalla stanza uno dopo l'altro, prendendodirezioni diverse nel corridoio.

"Glielo devo chiedere", ripresePendergast. "Di che cosa è morto,esattamente?"

"Di un violento infarto cardiaco, dopoun lungo periodo di fibrillazioni. Nonsiamo riusciti a stabilizzare il cuore.Non avevo mai visto nessunocombattere con tanta forza il sedativo.Un'esplosione cardiaca: il cuore è

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praticamente scoppiato.""Ha idea di che cosa possa avere

provocato l'inizio delle fi brillazioni?"Il dottore scosse il capo, desolato.

"Lo choc dovuto a quanto gli èaccaduto. Non sono state le ferite: nonrappresentavano un pericolo di vita. Mail profondo trauma psicologico che le haaccompagnate è risultato insanabile."

"In altre parole, è morto di paura."Il dottore si voltò verso la porta della

stanza. Un infermiere stava spingendofuori una barella montata su rotelle. Ilcorpo di Gasparilla, legato con lecinghie, era coperto da un lenzuolo. Ilmedico batté le palpebre, si passò ilpolso del camice sulla fronte e guardòil corpo che scompariva oltre le porte in

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fondo al corridoio. "Forse suona un po'melodrammatico", osservò, "ma ineffetti è proprio così."

27

Molte ore più tardi, tre migliaia di

chilometri più a est, il tramonto tingevail fiume Hudson di un intenso colorbronzo. Sotto la grande ombra delGeorge Washington Bridge, una zatterarisaliva lentamente il fiume. Poco più asud, due barche a vela, piccole comegiocattoli, scalfivano appena la quietasuperficie del fiume nella loro rottaverso la Upper New York Bay.

Dal Riverside Boulevard, sopra il

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ripido avvallamento dell'isola diManhattan che formava il RiversidePark, si godeva una vista eccellente delfiume. Ma erano molti anni che nessunoguardava più dalle finestre della casaBeaux Arts che sorgeva tra la 137th e la138th Street, sul lato est del Boulevard.Le tegole del tetto sopra la mansardaerano rotte. Dalle finestre sbarrate nonusciva nessuna luce e nessun veicolo eraparcheggiato nel suo porte-cochére, untempo elegante. Immobile e silenziosa,la casa era circondata da querce esommacchi cui da tempo nessungiardiniere prestava attenzione.

Eppure, nel vasto alveare di stanzeche si estendeva come radici cave sotto

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la casa, c'erano dei movimenti.Nei meandri di pietra in cui

aleggiavano l'odore della polvere ealtri sentori ben più esotici, si aggiravauna figura dall'aspetto stravagante. Eraun uomo magro, quasi cadaverico, conuna bianca chioma leonina che scendevafino alle spalle e sopracciglia candidenon meno folte. Indossava un camice,dal cui taschino spuntavano unpennarello nero, un paio di forbici e unostick di colla. L'uomo teneva unacartelletta sotto il braccio e indossavaun casco da minatore che proiettava unraggio di luce gialla sulle pietre umidee sulle scaffalature di legno.

La figura si fermò davanti a una fila diarmadietti in legno di ro vere, molto alti,

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ciascuno con dozzine di cassettiprofondi e sottili. L'uomo percorse conun dito le eleganti placche di rame dalleetichette sbiadite, ormai quasiilleggibili, e si fermò su una di esse,tamburellando sulla maniglia di ottone.La tirò cautamente a sé. La luce dellatorcia illuminò file su file di esemplaridi farfalla: Tropaea luna, la rara varietàdalle ali color giada che vive solo nelKashmir.

Fece un passo indietro e presequalche appunto sulla cartelletta.Richiuse il cassetto e aprì quellosottostante. All'interno, infisse conprecisione alla tavola mediante spilli, loguardarono dozzine di esemplari di

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falene, sul cui dorso sembravadisegnato un occhio d'argento.Lachrymosa codriceptes: la morte conle ali, una farfalla dello Yucatàn di rarabellezza e dal veleno mortale. L'uomoprese altri appunti, richiuse il cassetto etornò sui suoi passi, ripercorrendo variestanze separate le une dalle altre dapesanti tendaggi. Al centro di una salaingombra di vetrine, su un tavolo dipietra, brillava lo schermo di uncomputer portatile. L'uomo si sedette,appoggiò sul tavolo la cartelletta epre se a battere sui tasti.

Per parecchi minuti non si udì altrosuono che quello delle sue dita,intervallato da occasionali gocced'acqua. Poi uno stridente ronzio,

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proveniente dal taschino del camice,riecheggiò nella sala. L'uomo abbandonòla tastiera e prese il telefono. Solo duepersone al mondo sapevano che luiaveva un cellulare e solo una di esse neaveva il numero.

L'uomo rispose: "Agente specialePendergast, presumo".

"Precisamente", disse la voce all'altrocapo della linea. "Co me stai, Wren?"

"Chiedimelo domani: forse saròmorto."

"Ne dubito sinceramente. Haicompletato il catalogue raisonné dellabiblioteca al primo piano?"

"No, quello me lo tengo per ultimo",rispose Wren, pregustandone il piacere.

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"Mi sto ancora occupando degliesemplari del sotterraneo."

"Davvero?""Da vve r o , hypocrite lecteur. E

prevedo che m'impegnerà ancora perdiversi giorni. La collezione del tuo pro-prozio risulta, diciamo così, piuttostoestesa. D'altra parte, posso venire quisolo di giorno. Le mie notti sonoriservate alla Biblioteca. Nulla puòinterferire col mio lavoro laggiù."

"S'intende. Spero che tu abbiarispettato il mio divieto di non accederealle ultime stanze, oltre il laboratorioabbandonato."

"L'ho rispettato.""Bene. Qualche sorpresa

interessante?"

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"Oh, molte, molte. Ma quelle possonoaspettare, credo."

"Credi? Per favore, spiegati."Wren esitò, in un modo che i suoi

amici, se ne avesse avuti, avrebberotrovato insolito. Tacque di nuovo e siguardò alle spalle. "Sai che ombre eabbandono mi sono alquanto familiari,ma diverse volte, mentre lavoravo qui,ho avuto una sensazione insolita. Moltosgradevole, come se..." abbassò la voce"... qualcu no mi osservasse."

"Non mi sorprendo", commentòPendergast. "Temo che anche lapersona meno dotata di fantasia suquesta terra si troverebbe a disagio inquelle stanze degli orrori. Forse non

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avrei do vuto affidarti questo incarico."" O h , no!" obiettò Wren, con

decisione. "No, no, no! Non potrei mairinunciare a una simile occasione. Nonavrei dovuto nemmeno menzionarlo.Immaginazione, immaginazione, comedici tu. Si vedono più demoni di quellidell'inferno, tale è il poteredell'immaginazione. Senza dubbio tuttodipende dal fatto che so di cosa... ehm,queste pareti sono state testimoni."

"Senza dubbio. Gli eventi delloscorso autunno ancora mi occupano lamente. Speravo che il viaggio li potesseallontana re, in qualche modo."

"Senza successo?" Wren scoppiò aridere. "Non mi stupisco, visto il tuoconcetto personale riguardo al cambiare

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aria: andare a indagare su un caso didelitti seriali. E, da quanto ho capito,anche piuttosto strano: in effetti, sonocosì insoliti da avere un che difamiliare. Non è che tuo fratello è invacanza nel Kansas. Per caso?"

Per un attimo non vi fu risposta.Quando Pendergast tornò a parlare, lasua voce era fredda, distante. "Te l'hodetto, Wren: non parlare mai della miafamiglia."

"Certo, certo", si affrettò a rispondereWren.

"Ti chiamo per una richiesta."Pendergast aveva assunto un tonopratico e sbrigativo. "Ho bisogno che tumi trovi un oggetto."

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Lo studioso sospirò."Si tratta di un diario scritto a mano

da un certo Isaiah Draper, intitolato Unresoconto dei Quarantacinque diDodge. Le mie ricerche indicano che ildiario è entrato a far parte dellacollezione di Thomas Van Dyke Selden,acquisito durante il suo viaggio tra ilKansas, l'Oklahoma e il Texas nel 1933.Mi risulta che questa collezioneappartenga ora alla Biblioteca Pubblicadi New York."

"La Collezione Selden", protestòl'interlocutore, "è una delle raccolte piùdisastrose e disorganizzate che si sianomai viste. Sessanta scatoloni cheingombrano due stanze, tutto materiale

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privo di valore.""Non tutto. Mi occorrono dettagli che

solo quel diario è in grado di fornire.""A quale scopo? Che luce può gettare

su quei delitti un vec chio diario?"Nessuna risposta.Wren sospirò di nuovo. "Che aspetto

ha quel diario?""Ahimè, lo ignoro.""Qualche segno particolare?""Non mi è dato saperlo.""E fra quanto ti serve?""Dopodomani, se possibile. Lunedì.""Ti stai burlando di me, hypocrite

lecteur. Di giorno sono qui e la notte...be', conosci il mio lavoro. Così tantilibri danneggiati, così poco tempo...Trovare un volume specifico in un

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uragano di...""Ci sarà un premio speciale per i tuoi

sforzi, s'intende."L'altro tacque di colpo, leccandosi le

labbra. "Per esempio?""Un libro mastro indiano ha bisogno

di restauri.""Davvero?""Sembra essere piuttosto importante."Wren premette il telefono

all'orecchio. "Dimmi.""In un primo tempo l'avevo attribuito

al capo sioux Gobba di Bisonte. Ma unesame successivo mi ha convinto che siaopera di Toro Seduto in persona,compilato molto probabilmente nella suacapanna a Standing Rock, forse durante

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la Luna delle Foglie Cadenti, nei mesiche ne precedettero la morte."

"Toro Seduto." Wren pronunciò quelnome con affetto, come se fosse unapoesia.

"Sarà nelle tue mani lunedì, a soloscopo di restauro. Potrai goderne perdue settimane."

"E il diario, sempre che esista, sarànelle tue mani."

"Esiste. Ma non voglio disturbareoltre il tuo lavoro. Buon pomeriggio,Wren. E fai attenzione."

"Salute a te." E, riposto il telefono neltaschino, lo studioso tornò al suocomputer, ripercorrendo mentalmente ladisposizione della Collezione Selden.Le mani quasi gli tremavano al pensiero

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di poter toccare, di lì a un paio di giorni,il libro mastro di Toro Seduto.

Dalle tenebre, dietro le vetrine, dueocchi lo osservarono con attenzione,mentre riprendeva a lavorare allatastiera.

28

Ormai Smit Ludwig assisteva di rado

alla messa. Ma, appena si alzò quellacalda domenica mattina, aveval'impressione che fosse bene andarci.Non avrebbe saputo dire perché, se nonper l'insolita atmosfera di tensione chegravava sulla città. La gente non parlavad'altro che degli omicidi. Tutti si

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guardavano a vicenda con sospetto.Avevano paura, erano incerti, sentivanoil bisogno di rassicurazioni. E il fiuto digiornalista di Ludwig gli suggeriva chele avrebbero cercate in chiesa.

Avvicinandosi alla costruzione inmattoni, sormontata da una biancaguglia, seppe di avere avuto ragione. Ilparcheggio traboccava di autoveicoliche occupavano anche entrambi imarciapiedi. Dovette lasciare lamacchina lontano e fare qualchecentinaio di metri a piedi. Sembravaincredibile che a Medicine Creek,Kansas, vivesse ancora tanta gente.

Le porte erano aperte e, appenadentro, si vide mettere in mano ilconsueto programma. Si fece largo tra la

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folla sul retro, spostandosi verso unaparete della chiesa, in un punto in cuipoteva godere di una vista decente. Erapiù di una messa: era una notizia. C'eragente che non aveva messo piede inchiesa da quando era nata. Si toccò iltaschino, lieto di essersi ricordato diportare matita e taccuino. Di nascosto,cominciò a prendere appunti. C'erano iBender Lang, i Rasmussen, Art Ridder ela mo glie, i Cahill, Maisie, Dale Estremcon i suoi accoliti della cooperativaagricola. C'era lo sceriffo Hazen, piùaccigliato del solito: non lo si vedevain chiesa da quando gli era morta lamadre. Accanto a lui c'era il figlio, conun'espressione seccata. E in un angolo

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stavano l'agente dell'FBI e CorrieSwanson, con i capelli viola sparati, ilrossetto nero e i pendagli d'argento.Quella sì che era una strana coppia.

Il silenzio calò sulla congregazionenel momento in cui il reverendo JohnWilbur si accostò all'altare. Il serviziocominciò come sempre con l'innod'ingresso e la preghiera del giorno.Durante le letture il silenzio fu assoluto.Ludwig sentiva che tutti aspettavano lapredica. Si domandò come se la sarebbecavata il pastore: il pastore, coi suoimodi pedanti e la mente ristretta, nonera noto per le sue arti oratorie.Lardellava i sermoni di citazioni dallaletteratura inglese, nel tentativo diostentare erudizione, con l'unico effetto

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di risultare pomposo e prolisso. Ilmomento della verità era giunto perWilbur. La città non aveva mai avutotanto bisogno di lui.

Si sarebbe rivelato all'altezza?La lettura dal Vangelo era finita. Era

l'ora della predica. C'era elettricitànell'aria. Ecco il momento di confortospirituale che la cittadinanza aspettava,implorava e sperava di trovare.

Il reverendo si issò sul pulpito, siconcesse due colpi di tosse coprendosila bocca con la mano, si mordicchiò lelabbra sottili e lisciò le pagine ingiallitesul leggio di legno lavorato.

"Due frasi mi vengono alla mentestamattina", esordì, guardando la

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congregazione. "Una, ovviamente, dallaBibbia. L'altra da un celebre sermone."

Ludwig si sentì animare di speranza.Questa era una novità. Sembravapromettente.

"Rammentate la promessa di Dio aNoè nel libro della Genesi: Fintantoche rimane la terra, il tempo dellasemina e quello del raccolto, il freddoe il caldo, l'estate e l'inverno, il giornoe la notte continueranno adavvicendarsi. E, nelle parole del buondottor Donne, Dio viene a te, non comel'alba del giorno, non come ilgermoglio a primavera, ma come icovoni al raccolto."

La speranza di Ludwig morìall'istante, dopo la momentanea e

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ingannevole illusione. Conosceva benequelle citazioni. L'abilità di Wilbur nelsimulare l'improvvisazione lo avevatratto in inganno. Oh, mio Dio, pensò ilgiornal ista, non vorrà sul seriori petere il sermone sul raccolto?

"Eccoci qui, ancora una volta, inquesta piccola città di Medicine Creek,circondati dalla ricchezza del Signore.Estate. Raccolto. Tutt'intorno a noi cisono i frutti della verde terra, lepromesse che Dio ci ha fatto: le messi,gli steli che traballano sotto il pesodelle pannocchie inondate dal generososole estivo."

Smit si guardò intorno disperato: erala stessa predica che gli aveva sentito

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ripetere ogni anno in quella stagione, dasempre. C'era un tempo, quando suamoglie era ancora viva, in cui trovavarassicurante il prevedibile ciclo disermoni del pastore Wilbur. Ma non inquel momento. Soprattutto non in quelmo mento.

"A coloro che attendono un segnodella generosità di Dio, a coloro cherichiedono una prova della sua bontà, iovoglio dire: andate alla porta. Andatealla porta e guardate il grande maredella vita, il raccolto che non aspettaaltro che di essere mietuto e mangiato,donando alimento ai nostri corpi econforto alle no stre anime..."

Il giornalista sentì qualcunomormorare: "Vorrai dire gasolio alle

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nostre auto".Attese: forse il reverendo si stava

solo riscaldando prima di arrivare alnocciolo della questione.

"Anche se il momento deputato arendere grazie al Signore per lagenerosità della terra è il Giorno delRingraziamento, vorrei che potessimomostrare la nostra gratitudine anche ora,prima del raccolto, quando il donodella Sua bontà si manifesta sotto inostri occhi, nei campi che si estendonoda un orizzonte all'altro. Camminiamotutti, come ci esorta l'immortale bardoJohn Greenleaf Whittier, sulle terreubertose di grano. Soffermiamoci tuttia contemplare la verde pianura del

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Kansas, coperta di messi, e rendiamograzie." Fece una pausa, in cerca di uneffetto drammatico.

Nella chiesa tutti trattenevano ilrespiro, nella speranza che il sermoneprendesse una piega inaspettata.

"L'altro giorno", cominciò il pastore,in un tono meno ieratico, "stavoandando in macchina a Deeper con miamoglie Lucy, quando ci trovammo senzabenzina..."

Oh, no. Ha raccontato la stessastoria l'anno scorso. E l'anno prima.

"Eravamo là, sul ciglio della strada,completamente cir condati dal granturco.Lucy si voltò verso di me e midomandò: 'Che cosa facciamo adesso,caro?' E io risposi: 'Confidiamo in

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Dio'." Rise fra sé, felicemente ignaro delvociare sommesso che stavacominciando a diffondersi tra lacongregazione. "Be', lei se la prese conme: essendo l'uomo, vedete, sarebbetoccato a me riempire il serbatoio. Edera colpa mia se eravamo rimasti senzabenzina. 'Tu confida in Dio', mi disselei, 'e io confiderò sulle mie gambe.'Fece per scendere dal l'auto..."

Dai fedeli si levò una voce: "... presela tanica dal baule e andò alla stazionedi servizio!"

Era stato Cahill in persona acompletare la frase del reverendo.Swede, la persona più cordiale dellacittà. Ma in quel momento era in piedi,

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rosso in volto.Il pastore Wilbur strinse le labbra fino

a farle scomparire. "Signor Cahill,posso ricordarle che siamo in una chiesae che questa è una predica?"

"Lo so benissimo cos'è, reverendo.""Allora continuerò...""No!" insistette Cahill, ansante. "No,

non lo farà.""Per l'amor del cielo, Swede, mettiti a

sedere", fece una vo ce dietro di lui.Cahill si voltò verso la voce. "Ci sono

stati tre orribili omicidi in questa città etutto quello che sa fare è rileggere ilsermone che ha scritto nel 1973? No,non si può. Vi dico che non si può."

Una donna si alzò. Era KlickRasmussen. "Swede, se hai qualcosa da

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dire, abbi la decenza di aspettare che...""No, ha ragione", l'interruppe un'altra

voce. Era uno dei lavoratori della Gro-Bain Turkey Sociable. "Ha ragioneSwede. Non siamo venuti qui perascoltare di nuovo il sermone delgranturco. C'è un assassino a piedelibero e nessuno di noi è al sicuro."

Klick ruotò la propria figura bassa etozza verso di lui. "Giovanotto, questa èuna messa, non una riunionemunicipale."

"Non avete saputo che cos'ha dettoquell'uomo, Gasparilla, sul suo letto dimorte?" gridò Swede, ormai paonazzo."Non è uno scherzo, Klick. Questa cittàè in crisi."

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Ci fu un generale mormorio d'assenso.Smit Ludwig annotava tuttofuriosamente, cercando nel contempo diascoltare l'uomo."

"Per favore. Per favore!" Il pastoreallargò le braccia. "Non nella casa delSignore!"

Ma diverse persone ormai si eranoalzate in piedi. "Sì!" disse un altrolavoratore dello stabilimento. "Hosaputo cos'ha detto Gasparilla. Certoche l'ho saputo."

"Anch'io.""Non può essere vero, vi pare?"Il mormorio crebbe drammaticamente."Reverendo..." Swede riprese la

parola. "Perché crede che la chiesa sia

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così piena? Perché la gente ha paura.Questa terra ha già conosciuto momentidifficili, tempi terribili. Ma questo èdiverso. La gente parla dellaMaledizione dei Quarantacinque, delMassacro, come se la città stessa fossemaledetta. Come se questi omicidifossero un'orrenda punizione caduta sudi noi. La gente guarda a lei in cerca dirassicurazione."

"Signor Cahill, nelle sue vesti ditaverniere locale, non è nella posizionedi dirmi quali siano i miei doveri dipastore", pro testò Wilbur, offesissimo.

"Mi ascolti, reverendo, con tutto ilrispetto..."

"E che cosa mi dite di quel granturcoalterato che vogliono far crescere qui?"

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risuonò una voce profonda. Era DaleEstrem, che agitava una zappa nel pugno."Che cosa mi dite?"

Si è portato la zappa apposta, pensòLudwig. Era già pronto a fare unascenata.

"Con l'impollinazione incrociata,inquinerà tutti i nostri campi! Questiscienziati vogliono venire qui persostituirsi a Dio e giocare col nostrocibo, reverendo! Quando vuole parlaredi questo?"

Una voce isterica sovrastò tutte lealtre. Si era alzato in piedi un vecchiomagro come uno scheletro, con ungrosso pomo d'Adamo che andava su egiù. Agitava il pugno in direzione del

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pastore; era Whit Bowers, l'eremita chesi occupava della discarica cittadina. "IGiorni della Fine sono giunti! Non riescia capirlo, stupido?"

Swede si voltò verso di lui. "Ascolta,Whit, non era questo che stavo..."

"Siete tutti un branco di stupidi se nonriuscite a vederlo! Il diavolo è tra noi!"La voce dell'uomo era sempre più acutae tagliente, tanto da sovrastare laconfusione generale. "Il diavolo inpersona è in questa chiesa! Siete tutticiechi? Non riuscite a vederlo? Non nesentite l'odore?"

Il pastore Wilbur aveva alzato lebraccia e stava gridando qualcosa, ma lasua vocetta pedante non potevacompetere con tutto quel frastuono. Ora

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la chiesa era nel caos."È qui!" strillò Whit. "Guardate il

vostro prossimo! Guardate il vostroamico! Guardate il vostro fratello! Sonogli occhi del diavolo quelli che avete difronte? Guardate bene! E fateattenzione! Avete scordato le parole diPietro? Sii sobrio e vigila, perché il tuoavversario, il diavolo, come un leoneruggente, cammina in cerca diqualcuno da divorare!"

Altri cercavano di farsi sentire nelbaccano. La gente si riversava nelcorridoio centrale. Si udì un urlo;qualcuno cadde. Ludwig abbassò iltaccuino e cercò di vedere. Dal suoangolo, in ombra, Pendergast assisteva

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immobile alla scena. Corrie era in piediaccanto a lui, con un sorrisettocompiaciuto. Lo sceriffo stava urlando asua volta, agitando le braccia.D'improvviso la folla parve arretrare.

"Figlio di puttana!" gridò qualcuno.Qualcosa si mosse di scatto e il rumoredi un pugno risuonò nell'aria. Mio Dio,una rissa, proprio qui, in chiesa! Ilgiornalista era senza parole. Siarrampicò su una panca, per vedercimeglio, stringendo il taccuino in mano.Era Randall Pennoyer, un amico di Stott,che attaccava briga con un altrolavoratore della Gro-Bain. "Nessunomerita di morire in quel modo, bollitocome un maiale!"

Ci furono altre urla. Diversi uomini si

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fecero avanti per separare icontendenti. Ridder in personaintervenne per sedare la rissa. Losceriffo corse in avanti a testa bassa,come un bulldog, cadde addosso aBertha Badgett e si rialzò, furente. Vocispaventate riecheggiarono sotto lavolta. Le persone più vicine all'uscitaavevano spalancato le porte e stavanosciamando all'esterno,disordinatamente.

Una donna urlò, mentre una panca sirovesciava.

"Non nella casa di Dio!" urlava ilreverendo, gli occhi fuori dalle orbite.

E su tutto la voce apocalittica di Whitcontinuava a lanciare i suoi

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ammonimenti: "Guardate nei loro occhie vedrete! Respirate l'aria e sentirete lozolfo! Il diavolo è astuto, ma voi loriconoscerete! Sì, lo riconoscerete!L'assassino è qui! È uno di noi! Ildiavolo è venuto a Medicine Creek ecammina con noi, mano nella mano.L'avete sentito: il diavolo col volto di unbambino!"

29

Corrie Swanson era seduta nell'auto

parcheggiata sotto gli albe ri. Misteriosocome sempre, Pendergast le avevachiesto di accompagnarlo al torrente.Era passato mezzogiorno e il caldo erasoffocante: la ragazza sentiva le gocce

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di sudore colarle dalla fronte e sulcollo. L'agente si comportava in modostrano, come al solito. Si era sdraiatosul sedile rotto e aveva chiuso gli occhi.Sembrava che dormisse, ma lei ormaisapeva che era sveglio. Stava pensando.Ma a cosa? E perché proprio lì? E inogni caso, perché erano fermi damezz'ora? Scosse il capo: era un tipodecisamente strano.

Strano simpatico, ma strano lo stesso.Riprese in mano il libro, Beyond the

Ice Limit-Oltre la barriera, cercòl'orecchia che aveva lasciato comesegnalibro, al principio del sestocapitolo, e cominciò a leggere:

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L'orizzonte del mare si stagliavacontro il cielo, un blu perfetto controil blu, e sembrava attirare la naveverso sud, sempre più a sud.

Richiuse il libro e lo appoggiò in

grembo. Non era male, ma il romanzooriginale era più tosto. O forse era leiche aveva altro per la testa. Come, peresempio, la scena a cui aveva assistitoin chiesa.

Sua madre non era il tipo da andare inchiesa e Corrie ci era entrata pochevolte. Ma di sicuro nessuno in città,anche i più assidui frequentatori,avevano mai visto uno spettacolo delgenere. Tutta la città stava cadendo a

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pezzi. Il pastore Wilbur, che quando laincrociava distoglieva lo sguardo eatteggiava le labbra a una smorfia,l'aveva fatta grossa. Quello scrotogonfiato! Non poté fare a meno disorridere ripensando alle immagini chele scorrevano nella mente: quel vecchiopazzo di Whit che lanciava anatemi,Estrem che agitava la sua zappa, tutti chescappavano rotolando sui gradini, glioperai dello stabilimento che siprendevano a botte e rovesciavano lepanche. Parecchie volte Corrie si eraimmaginata un terremoto che radesse azero la città, un bombardamento, unincendio totale, rivolte nelle strade, illiceo che sprofondava in un crateresenza fondo. E quel giorno, in un certo

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senso, aveva visto realizzati i proprisogni. Il sorriso le si gelò sul volto. Larealtà non era poi così divertente.

Quando si voltò verso Pendergastquasi sobbalzò sul sedile: l'agentespeciale si era rimesso a sedere e ora laguardava coi suoi occhi chiari da felino.

"Al Castle Club, se non le spiace",disse, con voce calma.

Corrie si ricompose. "Perché?""Ho sentito dire che lo sceriffo Hazen

e Art Ridder vi pranzeranno con ildottor Chauncy. Come lei sa, domaniChauncy renderà pubblica la suadecisione sulla città prescelta perl'esperimento. Senza dubbio Hazen eRidder stanno cercando di raccogliere

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qualche punto in più a favore diMedicine Creek. E, dal momento che ilprofessore lascerà la città domani, cisono un paio di domande che vorreiporgli."

"Non penserà che ci sia di mezzolui?"

"Come ho già detto, sto cercando ditenere a freno le mie facoltà deduttive ele suggerisco di fare lo stesso."

"Crede davvero di trovarli lì? Vogliodire, dopo quello che è appena successoin chiesa?"

"Chauncy non era presente. Potrebbeesserne del tutto all'oscuro. Inoltre, losceriffo e il signor Ridder faranno delproprio meglio perché tutto appaianormale. E per rassicurarlo, qualora ciò

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si rendesse necessario.""Okay." Corrie partì a marcia

indietro. "Il capo è lei."Con un certo sforzo, quando Medicine

Creek apparve tra i campi, la ragazza siimpose di restare sotto il limite divelocità. Di lì a poco raggiunsero ilgrande parcheggio della sala dabowling. Notò che nel locale non c'erapraticamente nessuno, ma questo, incittà, era la norma.

Pendergast la invitò a precederlo.Entrarono nella sala e si diressero versole vetrate del Castle Club, doveChauncy, Ridder e Hazen erano seduti alsolito tavolo del direttore dellostabilimento. Il resto del club era

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deserto. Al loro ingresso, i trefissa rono i nuovi arrivati.

Lo sceriffo si alzò in piedi e venneverso di loro, intercettandoli in mezzoalla sala. "Pendergast, che cosa c'èadesso?" sussurrò. "Siamo nel belmezzo di un'importante riunione."

"Sono spiacente di interromperladurante il pranzo, ma devo fare alcunedomande al dottor Chauncy."

"Non è il momento adatto.""Ribadisco, sono spiacente."

Pendergast oltrepassò lo sceriffo,seguito da Corrie.

Intanto anche Art Ridder si era alzatoda tavola, con un sorriso rabbiosoincollato sulla faccia liscia e grassoccia."Ah, l'agente speciale Pendergast",

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disse, in un tono che poteva quasisembrare amichevole. "Piacere divederla. Se si tratta di qualcosariguardo... ehm, il caso, saremo con leitra breve. Dobbiamo prima finire con ildottor Chauncy."

"Ma è proprio il dottor Chauncy chesono venuto a incontrare." L'agentedell'FBI tese la mano al professore. "Michiamo Pendergast."

Chauncy restò seduto ma rispose allastretta. "Mi ricordo di lei: è quel taleche si è rifiutato di cedermi la stanza."Fece un sorriso, cercando di nasconderel'espressione irritata nello sguardo.

"Dottor Chauncy, ho sentito che leipartirà domani."

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"Oggi, in effetti. Farò l'annuncio dallaKansas State University."

"In tal caso, devo farle qualchedomanda."

Chauncy piegò il proprio tovagliolo aquadrato, con molta calma, poi lodepose accanto a un piatto di pomodoristufati, consumato a metà. "Mi scusi, masono già in ritardo. Dovremo rimandarela chiacchierata a un'altra occasione." Sialzò in pie di e si aggiustò la giacca.

"Temo che non sarà possibile, dottorChauncy."

Il professore lo squadrò conarroganza. "Se è qualcosa che ha a chefare coi delitti, io non so niente. Seriguarda l'esperimento, è fuori dalla sua

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giurisdizione, agente. Dalla sua e daquella della sua tirapiedi." Lanciòun'occhiata ostile a Corrie. "Ora, se mivuole scusare..."

Il tono di Pendergast si fece, sepossibile, ancora più cortese. "Sono io adecidere se sia più o meno rilevanteinterrogare una persona."

Chauncy prese di tasca il portafogli,ne sfilò un biglietto da visita e lo porsea Pendergast. "Lei conosce le regole.Rifiuto di essere interrogato se non inpresenza del mio avvocato."

Pendergast sorrise. "Ma certo. Qual èil nome del suo avvo cato?"

Il professore esitò."Finché lei non mi dà il suo nome e il

suo numero di telefono, dottor Chauncy,

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devo trattare con lei personalmente.Come lei ha detto, conosco le regole."

"Guardi, signor Pendergast..."cominciò Ridder.

Chauncy si riprese il biglietto davisita e annotò qualcosa sul retro primadi renderlo all'uomo deU'FBI. "Per suainformazione, agente, sono impegnato inuna questione riservata di grandeimportanza per lo sviluppo agricolo delKansas e per le popolazioni affamatedel mondo. Non intendo essererisucchiato nell'inchiesta su un paio disquallidi omicidi." Si voltò verso Hazene Ridder. "Signori, vi ringrazio per ilpranzo." Riuscì a fare una breve pausaprima della parola pranzo, in modo da

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farla sem brare quasi un insulto.Ma prima ancora che il professore

avesse finito di parlare, Pendergastaveva preso il cellulare e composto unnumero, attirando l'attenzione di tutti,compreso Chauncy.

"Signor Blutter?" disse, guardando ilretro del biglietto da visita. "Sonol'agente speciale Pendergast, del FederalBureau of Investigation."

Chauncy aggrottò le sopracciglia."Sono qui a Medicine Creek con un

suo cliente, il dottor Stanton Chauncy.Vorrei rivolgergli un paio di domanderiguardo agli omicidi che sono staticommessi in questa città. Possiamoprocedere in due modi: volontariamente,qui sui due piedi, oppure in un secondo

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tempo, su mandato di comparizioneemesso appositamente da un giudice, inun procedimento pubblico. Il dottorChauncy richiede il suo consiglio."Porse il te lefono al professore.

"Blutter?" disse questi. Ci fu un lungosilenzio, dopo il quale Chauncyesplose: "Ma questa è unaprovocazione! Trascinerà nel fangol'università. Non posso permettermipubblicità negativa: siamo in unmomento molto delicato..." Un'altrainterruzione, più lunga, durante la qualeChauncy si fece scuro in volto. "Blutter,maledizione, non intendo parlare aquesto sbirro..." Un'altra pausa."Cristo!" Chiuse la comunicazione e per

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poco non lanciò il telefono controPendergast. "E va bene. Le do dieciminuti."

"Grazie, ma parleremo tutto il tempoche sarà necessario. La mia capaces p a l l a prenderà appunti. SignorinaSwanson?"

"Come? Sì, certo." Corrie era inallarme: aveva lasciato il blocco per gliappunti in macchina. Ma, come permiracolo, un taccuino e una pennaapparvero in mano all'agente. Lei liprese e sfogliò le pagine, cercando didare l'impressione che quello fosse ilsuo lavoro di tutti i giorni.

Ridder intervenne di nuovo. "Hazen...hai intenzione di startene lì senza fareniente?"

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Il volto dello sceriffo era unamaschera imperscrutabile. "E che cosadovrei fare, secondo te?"

"Porre fine a questa farsa. Questoagente dell'FBI rovinerà tutto."

La risposta dello sceriffo fu moltocalma. "Lo sai che non posso farlo."Guardò Pendergast con aria neutrale. Mala ragazza lo conosceva troppo bene:aveva già visto quello sguardo.

"Mi dica, dottor Chauncy", esordìallegro l'agente dell'FBI. "In qualemomento Medicine Creek è emersacome candidata per l'esperimento?"

"Un'analisi al computer ha fornito ilnome lo scorso anno. In aprile", risposeil professore, in tono monocorde.

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"Quando ha visitato la città per laprima volta?"

"In giugno.""Ha preso contatto con qualcuno qui?""No, è stato solo un viaggio

preliminare.""E allora, esattamente, che cos'ha

fatto?""Non riesco a capire quale..."Pendergast gli porse il telefono.

"Basta premere redial."Chauncy cercò di controllarsi, con una

grande sforzo. "Ho mangiato al Maisie'sDiner."

"E?""E cosa? È stato semplicemente il

pasto più vomitevole che io abbia avuto

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la sventura di consumare!""Dopo di che?""Diarrea, naturalmente."Corrie non riuscì a trattenersi dal

ridere. Lo sceriffo e Ridder siscambiarono uno sguardo, senza saperecome controbattere.

Chauncy atteggiò il volto a un freddosorriso. Aveva recuperato il proprioequilibrio, se non la sua arroganza. "Hoispezionato un campo di proprietà dellaBuswell Agricon, la compagniaagricola nostra partner inquest'impresa."

"Dove?""Vicino al torrente.""Dove, esattamente?""Area 5, Fascia 1, quadrante nord-

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ovest della Sezione 9.""Chi ha partecipato a questo controllo

nei campi? Come li avete ispezionati?""A piedi. Ho raccolto campioni di

terra, granturco e altro.""Altro cosa?""Acqua, piante, insetti, campioni

scientifici. Cose che lei non potrebbecapire, signor Pendergast."

"In che giorno è avvenuto tuttoquesto?"

"Dovrei controllare la mia agenda."L'agente speciale incrociò le braccia,

in attesa.Chauncy, torvo, si frugò in tasca, tirò

fuori l'agenda e la consultò. "11giugno."

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"E ha visto qualcosa di insolito? Fuoridall'ordinario?"

"Non ho visto niente.""Mi dica: in che cosa consiste

esattamente questo esperimen to?"Il professore si irrigidì. "Mi spiace,

signor Pendergast, ma si tratta diconcetti scientifici troppo complessiperché un profano sia in grado dicomprenderli. Sarebbe inutilerispondere a domande in proposito."

L'uomo dell'FBI sorrise, autoironico."Be', forse, chissà, lei potrebbe esporliin modo tale da renderli comprensibilianche a un idiota."

"Suppongo che potrei provare. Stiamocercando di sviluppare una varietà di

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mais destinata alla produzione digasolio. Sa che cosa intendo?"

Pendergast assentì."Abbiamo bisogno di una varietà ad

alto tasso di amido, che produca unpesticida naturale in grado di renderesuperflui i pesticidi esterni. Questa è laspiegazione per gli idioti, agentePendergast." Fece un rapido sorriso.

L'agente dell'FBI si protese in avanti,con un'espressione neutra. A Corriericordò un gatto in procinto di balzaresulla preda. "Dottor Chauncy, comeprevede di impedire l'impollinazioneincrociata? Se la vostra varietà alteratageneticamente traboccasse in questomare di granturco, non sarebbe piùpossibile rimettere il genio nella

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bottiglia, per così dire."Chauncy si mostrò sconcertato.

"Creeremo una zona cuscinetto.Abbiamo intenzione di arare strisce ditrenta metri intorno al campo e dipiantarvi alfalfa."

"Tuttavia Addison e Markham, in unaloro pubblicazione su The Journal ofBiomechanics dell'aprile 2002, hannoaffermato che l'impollinazioneincrociata di grano modificatogeneticamente ha dimostrato diestendersi per parecchi chilometri oltreil campo sperimentale. Lei di certoricorda quell'articolo. Addison eMarkham, aprile..."

"Lo conosco benissimo!" tagliò corto

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il professore."Quindi sarà anche a conoscenza del

lavoro di Engels, Traumeral e Green,che hanno dimostrato come piantegeneticamente modificate 3PJ-Ceppo 5producano un polline tossico per lafarfalla nota come Danaus plexippus.Sta per caso lavorando su quel ceppo?"

"Sì, ma la mortalità tra le farfalle siverifica solo con concentrazioni dipolline superiori ai sessanta grani permillimetro qua dro..."

"Che è presente per almeno trecentometri dal campo, nella direzionesottovento, stando a uno studio dellaUniversity of Chicago, pubblicato negliatti del Terzo..."

"Conosco quegli atti, maledizione!

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Non me li deve citare!""Bene, allora, dottor Chauncy, le

chiedo nuovamente: come prevede dievitare l'impollinazione incrociata ecome intende proteggere la popolazionelocale di farfalle?"

"L'esperimento riguarda proprioquesto, Pendergast! Sono questi iproblemi che cerchiamo di risolvere!"

"Pertanto Medicine Creek sarà, difatto, un'area-cavia per cercare possibilisoluzioni a questi problemi?"

Per un momento il professore fuincapace di rispondere. Sembravavittima di un colpo apoplettico. Corrieintuì che stava perdendo il controllo."Perché devo giustificare il mio

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importantissimo lavoro a... a... unosbirro di merda?"

Nel silenzio che seguì si sentìsolamente l'ansimare di Chauncy. Avevala fronte gocciolante e il sudore avevaformato due pozze sotto le ascelle dellagiacca.

Pendergast si rivolse a Corrie. "Credoche abbiamo finito. Ha annotato tuttoquanto, signorina Swanson?"

"Tutto quanto, signore, fino a sbirro dimerda." Chiuse rumorosamente iltaccuino e infilò la penna in una dellenumerose tasche, rivolgendo un ampiosorriso a tutti i presenti. Pendergastfece un cenno di saluto con la testa e siapprestò a uscire.

"Pendergast", disse Ridder, con voce

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gelida. La ragazza lo guardò in faccia eprovò un brivido.

"Sì?" fece l'uomo dell'FBI.Gli occhi di Art luccicavano come

schegge di mica. "Lei ha disturbato ilnostro pranzo e messo in agitazione ilnostro ospite. Non pensa di dover direqualcosa prima di andarsene?"

"Non credo proprio." L'agentespeciale rifletté. "Tranne forse unacitazione da Albert Einstein: L'unicacosa più pericolosa dell'ignoranza èl ' arroganza. Suggerirei al dottorChauncy che le due qualità, combinateinsieme, sono ancora più allarmanti."

Corrie seguì Pendergast fuori dalla

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sala da bowling, sotto il sole cocente.Attese di essere a bordo della Gremlinper scoppia re in una risata.

L'uomo la guardò: "Divertita?""Non dovrei? L'ha cantata giusta, a

quel Chauncy.""Ho già sentito questa curiosa

espressione. Che cosa signi fica?""Significa che gli ha fatto fare la

figura del cretino che è.""Vorrei che fosse così. Chauncy e la

sua risma sono tutt'altro che cretini. Eproprio per questo sono decisamente piùperico losi."

30

Erano le nove di sera quando Corrie

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rientrò al Wyndham Parke Estates,l'autocamping dietro la sala da bowling,in cui condivideva la roulotte con lamadre. Dopo avere lasciato Pendergast,si era appartata a leggere nel suo luogosegreto lungo la linea elettrica, maappena il sole era tramontato avevacominciato ad avere paura e avevapreferito tornare a casa.

Aprì la porta malridotta della roulottee la richiuse alle proprie spalle senzafar rumore, un'abilità sviluppata in annidi pratica. A quell'ora sua madredoveva essere fuori combattimento. Eradomenica, il suo giorno libero, e quasisicuramente si era attaccata allabottiglia appena alzata. In ogni caso, il

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silenzio era la tattica migliore.S'introdusse in cucina. La roulotte non

aveva l'aria condizionata e il caldo erasoffocante. Prese una scatola di Cap'nCrunch da un armadietto, il latte dalfrigorifero e riempì una scodella. Dio,che fame. Cominciò a sentirsi saziadopo la seconda scodella.

Lavò con cura il recipiente, l'asciugòe lo rimise al suo posto. Ripose i cerealie il latte e cancellò ogni traccia dellasua presenza. Se sua madre eraveramente knock out, forse sarebberiuscita a giocare per un paio d'ore aResident Evil prima di andare adormire. Si sfilò le scarpe e andò versola sua camera.

"Corrie?"

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Rimase immobile. Che cosa ci facevasveglia, sua madre? La voce seccata cheveniva dalla camera da letto nonpresagiva niente di buono.

"Corrie, lo so che sei tu.""Sì, mamma?" Cercò di assumere un

tono noncurante.Silenzio. Dio, che caldo in questa

roulotte. La ragazza si chiese comeavesse potuto sua madre resistere lìdentro tutto il giorno, a cuocere, sudaree bere. Era deprimente.

"Credo che tu mi debba dire qualcosa,signorina", fece la vo ce, attutita.

"Tipo cosa?" Tentò di sembrare dibuon umore.

"Tipo il tuo nuovo lavoro."

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La ragazza si sentì mancare. "Checosa vuoi sapere?"

"Oh, non lo so. Sono solo tua madre epenso di avere il diritto di sapere checosa combini."

Corrie si schiarì la voce. "Nonpossiamo parlarne domani mattina?"

"Possiamo parlarne proprio adesso.Devi darmi qualche spie gazione."

La ragazza si chiese da dove partire.Comunque la rivoltasse, tutta lafaccenda sembrava strana. "Lavoro perl'agente dell'FBI che indaga sugliomicidi."

"Così mi hanno detto.""Allora sai già tutto."La madre sbuffò. "Quanto ti paga?"

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"Non sono affari tuoi, mamma.""Davvero? Non sono affari miei?

Credi di poter vivere qui gratis,mangiare gratis, andare e venire come tipare? È questo che credi?"

"Tutti i figli vivono gratis coigenitori."

"Non quando hanno un lavoro benpagato. Danno un con tributo."

Corrie sospirò. "Lascerò dei soldi sultavolo della cucina." Quanto costava unascatola di Cap'n Crunch? Non riuscivanemmeno a ricordare quand'era statal'ultima volta che sua madre era andataa fare la spesa o aveva cucinato: silimitava a portare a casa gli snack dallasala da bowling, dove lavorava nei

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giorni feriali. Snack e bottiglie mignondi vodka. Era lì che finivano tutti isoldi: nelle mignon di vodka.

"Sto ancora aspettando una risposta,signorina. Quanto ti paga? Non puòessere molto."

"Ho detto: non sono affari tuoi.""Non sei capace di fare niente, quanto

puoi valere? Non sai battere a macchina,non sai scrivere una letteracommerciale... Non so immaginareperché dovrebbe assumerti,francamente."

Corrie si riscaldò. "Secondo lui valgoqualcosa. E per tua informazione mipaga sette e cinquanta la settimana."Mentre lo diceva, si rendeva conto diaver commesso un grosso errore.

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La madre tacque per qualche secondoprima di dire: "Vuoi diresettecentocinquanta alla settimana?"

"Esatto.""E che cosa fai in cambio di tutti quei

soldi?""Niente." Dio, perché si era lasciata

sfuggire la cifra?"Niente? Niente?""Sono la sua assistente. Prendo

appunti, lo porto in giro in macchina.""Cosa vuol dire che sei la sua

assistente? Chi è quest'uomo? Quantianni ha? Lo porti in giro? Sulla tuamacchina? Per settecentocinquantadollari la settimana?"

"Sì."

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"Ce l'hai un contratto?""Be', no.""Niente contratto? Non sai niente?

Corrie, perché credi che lui ti paghisette e cinquanta? O lo sai già... a questosiamo arrivati? Per forza che miracconti palle e mi nascondi le cose. Mel'immagino che tipo di lavoretto gli fai,signorina!"

Corrie si coprì le orecchie con lemani. Se solo avesse potuto uscire,salire in auto e andarsene. Avrebbepotuto dormire sulla Gremlin, vicino altorrente. Ma aveva troppa paura. Eranotte e l'assassino era là fuori, daqualche parte, tra i campi. "Mamma, nonè così, okay?"

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"Okay niente. Okay niente. Vai ancoraa scuola, non vali una cicca, men chemeno vali sette e cinquanta. Corrie, hopiù esperienza di te, so come vanno lecose. So come sono gli uomini, so cosavogliono e cosa pensano. So quantosono stronzi. Guarda tuo padre, comemi ha mollata, come ci ha mollata. Maipagato un centesimo per mantenerti. Erainutile, peggio che inutile. E ti possogià dire che questo tipo non è per nienteuno dell'FBI. Ma quale agente andrebbead assumere una delinquente conprecedenti? Non mi raccontare palle,Corrie."

"Non ti racconto palle." Se solo se nefosse potuta andare, almeno quella notte.

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Ma, dopo la rissa in chiesa, la città erasilenziosa come una tomba. Soltantopercorrere in auto la strada verso casale aveva fatto venire i brividi. Tutte lecase erano chiuse a doppia mandata, conle finestre sbarrate. Ed erano solo lenove.

"Se è una cosa seria, portalo qui, lovoglio conoscere."

"Morirei, piuttosto che fargli vederela pattumiera in cui viviamo!" esplosela ragazza. "O te!"

"Non osare parlarmi in questo modo,signorina!"

"Io vado a letto.""Non andartene quando sto parlando

con te!"Corrie si rifugiò nella propria camera,

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sbattendo la porta. Si mise gliauricolari, sperando che il CD deiKryptopsy riuscisse a coprire la vocerabbiosa che ancora sentiva attraversola parete. C'era speranza che sua madrenon si alzasse dal letto, per timore chele venisse il solito mal di testa. Prima opoi si sarebbe stancata di urlare e, conun po' di fortuna, l'indomani si sarebbescordata della conversazione. Ma nonera detto. Le era parsa pericolosamentesobria.

Quando il primo brano si concluse,era tornato il silenzio. Corrie si sfilò gliauricolari e andò alla finestra perprendere una boccata d'aria notturna. Lastanza si riempì dell'odore del granturco

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che cresceva a un passo dal camping edel calore appiccicoso. Fuori era buiopesto. Le lampadine dei lampioni sullastrada erano bruciate da tempo enessuno le aveva mai sostituite. Laragazza fissò l'oscurità, asciugandosilacrime silenziose. Fece ripartire il CDdalla prima canzone. Guarda tuo padre,aveva detto la mamma, era inutile.Come sempre, cercò di non pensare alui: le faceva solo più male, perché,nonostante quello che diceva la mamma,di lui le erano rimasti solo buoniricordi. Perché se n'era andato in quelmodo? Perché non le aveva mai scritto,nemmeno una volta, per darle unaspiegazione? Forse era vero che lei nonvaleva niente, che era inutile, che non

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meritava affetto, come sua madre sipremurava di ricordarle continuamente.

Alzò il volume, cercando diallontanare quei pensieri dalla mente.Un altro anno, solo uno. Sdraiata in unletto, in una città morente in mezzo alniente, un anno sembrava un'eternità.Ma chiunque poteva sopravvivere unaltro anno. Persino lei...

Spalancò gli occhi nel buio. I grilli

avevano smesso di cantare. Corrie simise a sedere, togliendosi gli auricolariormai silenziosi. Qualcosa l'avevasvegliata, ma cosa? Un sogno? Nonricordava di avere sognato. Rimase inattesa, tendendo le orec chie.

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Niente.Si alzò e andò alla finestra. Una falce

di luna spuntava di quando in quando trale nuvole. I lampi di calore danzavanoall'orizzonte, tenui bagliori giallastri. Ilcuore le batteva a martello, i nervierano tesi. Perché? Forse era l'effettodella musica tenebrosa che avevaaccompagnato il suo sonno.

Si sporse dalla finestra aperta. L'ariadella notte, umida e collosa, aveva ilprofumo del granturco. L'oscurità eratotale. Oltre la sagoma nera dellaroulotte adiacente vedeva solo la distesascura dei campi e il luccichio di unastella solitaria.

Sentì un rumore. Uno sbuffo.

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Era sua madre? Ma le era parso chearrivasse da fuori. Laggiù, nel buio.Con tutti i sensi all'erta, cercò didistinguere qualcosa nell'ombra, lungoil fiume nero della strada. Là, tra lesiepi, le parve di cogliere unmovimento. Una figura? O era solo lasua immaginazione?

Cercò di chiudere la finestra che,come al solito, era bloccata. Armeggiòcol meccanismo da quattro soldi,provando un senso di panico crescente.

Ancora uno sbuffo, come l'ansimare diun grosso animale. Ora era più vicino.Dopo un istante, Corrie raddoppiò glisforzi per chiudere la finestra, lottandodisperatamente contro il blocco di

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alluminio. C'era qualcosa che simuoveva, là fuori. Lo sentiva, lopercepiva... e ora lo vedeva, sì, lovedeva, ne era sicura: una sagomainforme, una massa nerastra contro ilnero della notte, che si muoveva furtivaverso di lei.

L'istinto prese il sopravvento,rinunciò a chiudere la finestra eindietreggiò. Doveva scacciare letenebre. Cercò a tentoni l'interruttore,fece cadere il lettore CD e alla fineriuscì ad accende re la luce.

La finestra divenne un rettangoloopaco, di là dal quale giunsero ungrugnito, un tonfo sordo e un frusciofrenetico. Poi il si lenzio.

Corrie attese, indietreggiando ancora

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dalla finestra. Tremava come una fogliae si sentiva la gola secca. Non si vedevaniente, là fuori, niente di niente. C'eraveramente qualcuno? Qualcuno che lastava osservando? Trascorsero i minuti.Poi percepì un suono a metà tra un colpodi tosse e un lamento sommesso, cosìcarico di terrore e di dolore da gelarlafino al midollo. Subito dopo udì unrumore di stoffa umida strappata, seguitoda quello di un secchio d'acquarovesciato sull'asfalto. Poi silenzio:completo, assoluto silenzio.

Per qualche ragione, l'assenza di suoniera peggio. Sentì un urlo cercare di farsilargo dalla sua gola.

Poi, improvvisamente, uno schiocco,

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un gorgoglio, un sibilo e infine unrumore persistente di acqua. Lospruzzatore temporizzato del signorDade, che tutte le notti innaffiava ilprato alle due precise.

Corrie guardò l'orologio. Segnava le2,00.

Quante volte aveva sentito l'impiantofare ogni sorta di rumori improbabiliprima di entrare in funzione? Datti unacalmata. La sua immaginazione stavafacendo gli straordinari. Non c'era dasorprendersi, con quello che stavaaccadendo in città. E con quello cheaveva visto nel campo, insieme aPendergast.

Tornò alla finestra, vergognandosidelle proprie paure. Stavolta bastò tirare

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con decisione per chiuderla in un colposolo. Una volta bloccata la finestra,tornò a letto e spense la luce.

Il rumore dello spruzzatore filtravaattraverso i vetri. La carezza delle gocced'acqua era come una ninna nanna.Ciononostante, non le riuscì diriaddormentarsi prima delle quattro.

31

Tad si rigirò di scatto nel letto e si

ritrovò in ginocchio per terra. Si passòuna mano sulla faccia e cercò il telefononel buio. Lo trovò, prese il ricevitore ese lo portò all'orecchio.

"Pronto?" bofonchiò. "Pronto?"

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Attraverso le palpebre assonnate videche fuori dalla finestra il cielo eraancora buio, punteggiato di stelle, con unvago lucore giallognolo all'oriz zonte.

"Tad!" Era lo sceriffo e sembravasveglissimo. "Sono sulla Fairview,vicino all'ingresso di Wyndham Parke.Ti aspetto qui tra dieci minuti."

"Sceriffo?"Ma il telefono era già muto.Tad arrivò in cinque minuti.Il sole non era ancora sorto, ma già si

era raccolta una piccola folla,stranamente silenziosa, in vestaglia eciabatte. Hazen era in mezzo alla strada,intento a transennare una zona con ilnastro giallo da scena del crimine,mentre parlava a un cellulare. E c'era

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anche l'uomo dell'FBI, quasi invisibilenel suo vestito nero. Tad si guardòintorno, provando una sgradevolesensazione alla bocca dello stomaco.Ma non c'era nessun cadavere, nessunavittima, solo una sagoma informe sullastrada, con accanto un sacco di tela. Tadsi sentì sollevato: doveva essere un altroani male. Ma non si spiegava tutta quellafretta.

Mentre Tad si avvicinava, Hazen tolsela comunicazione. "Indietro, tuttiquanti!" gridò, minacciando i presenticol telefono. "Tad, finisci col nastro etieni lontana questa gente!"

Il vicesceriffo si sbrigò a prendere ilcapo del nastro. Lo sguardo gli cadde

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sulla sagoma in mezzo alla strada:qualcosa di rossastro, lucente nelchiarore che precedeva l'alba. Distolselo sguardo e deglutì. "Va bene, gente",disse, ma la voce gli uscì incerta.Deglutì nuovamente e ricominciòdaccapo. "Va bene, gente. Indietro, dipiù, di più per favore."

Le persone arretrarono, pallide esilenziose. Tad annodò il nastro a unalbero, chiudendo il quadrato tracciatoda Hazen. Lo sceriffo stava parlandocon quella ragazza g o t h , CorrieSwanson. Accanto a lei c'eranoPendergast e la madre, con un aspettoorribile come al solito, i capelli castaniincollati alla testa e un accappatoiorosa usurato e coperto di macchie. La

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donna fumava una Virginia Light dietrol'altra.

"Avete sentito qualcosa?" stavaripetendo lo sceriffo. Suonava scettico,ma prendeva appunti.

Corrie era bianca come un cencio estava tremando, ma la sua espressioneera dura e lo sguardo deciso. "Mi sonosveglia ta, poco prima delle due..."

"Come sai che ora era?""Ho guardato l'orologio.""Vai avanti.""Mi sono svegliata, non so perché.

Sono andata alla finestra e in quelmomento si è sentito il rumore."

"Che rumore?""Come uno sbuffo."

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"Un cane?""No, piuttosto... come qualcuno con un

forte raffreddore."Hazen prese nota. "Vai avanti.""Ho avuto l'impressione che qualcosa

si muovesse, proprio sotto la miafinestra, ma non riuscivo a vederlo. Eratroppo buio. Allora ho acceso la luce eho sentito un rumore diverso, come unlamento."

"Umano?"Corrie batté le palpebre. "Non

saprei.""E poi?""Ho chiuso la finestra e sono tornata a

dormire."Lo sceriffo abbassò il taccuino e la

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guardò. "E non hai pensato di chiamareme oppure il tuo... capo?" Accennò aPendergast.

"Io... io ho pensato che fosse solo lospruzzatore, quello che innaffia il pratotutte le notti alle due. Fa sempre deglistrani rumori."

Hazen mise in tasca il taccuino e sirivolse all'agente dell'FBI. "Bellaassistente che si è trovato." Poi si voltòverso il vicesceriffo. "Be', questo èquello che abbiamo. Qualcuno ha gettatoun mucchio di viscere in mezzo allastrada. A occhio sono di una mucca,troppa roba per essere un cane o unapecora. E quel sacco lì accanto è pienodi granturco appena colto. Voglio che tumi faccia un controllo in tutte le fattorie,

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vedi se manca una mucca, un maiale oqualche altro grosso capo di bestiame."Rivolse un'altra occhiata a Corrie primadi commentare a bassa voce,all'indirizzo di Tad: "Questa storiacomincia proprio a sembrare opera diun seguace di una specie di culto".

Alle spalle dello sceriffo, Pendergastsi avvicinò ai resti sanguinolenti e lisfiorò con un dito. Quando lo videportarsi il dito alla bocca, Tad preferìguardare da un'altra parte.

"Sceriffo?" chiamò l'agente, senzaalzarsi.

Hazen stava chiamando qualcun altroal cellulare. "Che c'è?"

"Le consiglierei piuttosto di cercare

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una persona scompar sa."Le implicazioni di quella frase

gelarono il sangue a tutti i pre senti.Abbassò il telefono. "Come fa a

sapere che quelli sono..." Non riuscì acompletare la frase.

"Di solito le mucche non vanno daMaisie a ordinare pol pettone e birra."

Lo sceriffo si avvicinò ai resti,illuminandoli con la torcia elettrica."Ma perché l'assassino..." esitò, pallidocome un cadavere. "Voglio dire, perchéprendere un corpo e lasciare le viscereper strada?"

L'agente dell'FBI si rimise in piedi,pulendosi il dito con un fazzoletto diseta. "Forse", disse in tono lugubre, "peralleggeri re il carico."

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Tad arrivò all'ufficio dello sceriffo

alle undici, sudato fradicio. Era l'ultimoa rientrare: gli agenti della Polizia diStato e Hazen, anch'essi impegnati nellericerche, erano già arrivati. L'ufficio sulretro era stato trasformato in un centro dicomando, occupato da vari uomini cheparlavano alla radio o al telefono. Lastampa, manco a dirlo, avevasubodorato qualcosa e in strada sierano già radunati i furgoni delle troupetelevisive, i reporter e i fotografi. Maerano pochi i cittadini in circolazione:quasi tutti si erano rintanati in casa. Il

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Wagon Wheel era chiuso, con porte efinestre sbarrate. Persino i lavoratoridello stabilimento erano stati rimandatia casa. A parte i carrozzoni dei massmedia, Medicine Creek era diventatauna città fantasma.

"Trovato qualcosa?" domandò Hazen,appena vide il vice sceriffo sulla porta.

"No.""Accidenti!" Lo sceriffo abbatté il

pugno sulla scrivania. "Il tuo era l'ultimoquadrante." Scosse la testa."Trecentocinquanta persone e non nemanca neanche uno. Stanno passando alsetaccio Deeper e le fattorie deidintorni, ma finora nessuno risultascomparso."

"Siamo sicuri che quei... resti siano

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umani?"Hazen guardò il suo vice di sottecchi.

"Me lo sono chiesto anch'io." Tad non loaveva mai visto così sotto pressione: losceriffo aveva grosse borse scure sottogli occhi arrossati. Le mani robusteerano strette a pugno e le nocche eranobianche. "Li abbiamo mandati a GardenCity e McHyde assicura che sono umani.Per il momento non mi ha saputo direaltro."

Tad aveva la nausea. L'immagine delpolpettone che fuoriusciva daquell'ammasso di viscere traboccantisangue e birra lo avrebbe accompagnatoper tutta la vita. Non avrebbe dovutoguardare. Non avrebbe dovuto.

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"Forse era qualcuno di passaggio", siazzardò a suggerire. "Chi di noi avrebbepotuto essere in giro a quell'ora dinotte?"

"Ho pensato anche a questo. Ma cidovrebbe essere un'au tomobile."

"E se fosse nascosta, come quella diSheila Swegg?"

"Abbiamo guardato dappertutto.Abbiamo anche fatto sor volare l'area daun aereo, fin dalle otto di stamani."

"Nessun cerchio in mezzo ai campi?""Niente. Niente macchine, niente

cerchi, niente corpi abbandonati. Niente.Stavolta nemmeno le improntedell'assassino." Hazen si passò il dorsodella mano sulla fronte e si abbandonò

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pesantemente sulla sedia.Era difficile concentrarsi, col baccano

che facevano gli uomini della Polizia diStato nell'ufficio accanto. E, peggioancora, con la stampa accampata instrada e le macchine da presa puntate sudi loro come un plotone d'esecuzione.

"Potrebbe essere un commessoviaggiatore?" propose Tad.

Hazen indicò il trambusto nell'ufficioadiacente. "Gli statali stannocontrollando tutti i motel."

"E il sacco di granturco?""Ci stiamo lavorando. Cristo, non

sappiamo se è stato lasciatodall'assassino o se l'avesse con sé lavittima. Ma perché diavolo unodovrebbe andare in giro con un sacco

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pieno di pannocchie nel cuore dellanotte? E per giunta ognuna eraetichettata e numerata in una specie distrano codice." Lo sceriffo guardò ifotografi appostati fuori dalla vetrata.Fece per alzarsi, si sedette di nuovo efinalmente si decise. "Portami quelbarattolo di vernice bianca e il pennellodallo sgabuzzino, okay?"

Tad già immaginava che cosa avessein mente Hazen. Quando il giovanetornò, lo sceriffo gli prese di mano ilbarattolo, tolse il coperchio e vi intinseil grosso pennello. "Bastardi",mormorò, cominciando a dare vigorosepennellate a destra e a sinistra sulvetro, schizzando la vernice sul

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pavimento. "Bastardi! Fotografate un po'questo."

"Le do una mano", si offrì l'aiutante.Ma Hazen lo ignorò, distribuendo la

vernice fino a coprire l'intera vetrata.Poi lasciò cadere il pennello nelbarattolo, richiuse il coperchio e siabbandonò nuovamente sulla sedia, congli occhi chiusi. L'uniforme eracostellata di macchioline bianche.

Tad si sedette di fronte a lui,preoccupato. La faccia quadrata delcapo aveva una sfumatura grigiastra,come quella di un pesce morto. I capellicolor sabbia pendevano sulla fronte.Una vena pulsava sulla tempia destra.

Lo sceriffo spalancò improvvisamentegli occhi, spaventando il suo vice. Aprì

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la bocca e mormorò un'unica parola:"Chauncy!"

33

Verso mezzogiorno lo sceriffo decise

che era rimasto a guardare Lefty Weekslitigare coi suoi cani anche più delnecessario. Weeks era uno di quei tipiche gli davano immediatamente suinervi: un ometto basso con lunghe ciglia,barbetta, grandi orecchie, collo lungo esottile, palpebre arrossate, che nonsmetteva mai di parlare, nemmenoquando il suo uditorio era costituito dadue inutili cani. Tra i pioppi si morivadi caldo: Hazen sentiva il sudore colare

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dappertutto, dalla fronte al culo.Dovevano esserci più di quaranta gradi.Non poteva fumare, per non disturbarel'olfatto dei cani, ma con quel caldofottuto non ne aveva neppure voglia. Ilche era tutto dire.

I due animali ricominciarono a latraree a girare in cerchio, con la coda tra lezampe. Lo sceriffo scambiò un'occhiatacon il suo vice e tornò a guardare lascena. Weeks strillava, imprecava estrattonava inutilmente i guinzagli.

Hazen si avvicinò e diede a uno deidue un calcio su un fianco. "Trova quelbastardo!" gridò. "Avanti, muovi ilculo!"

Il cane guaì e si accucciò."Se non ti spiace..»" cominciò Weeks,

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con le orecchie rosse dal caldo.Hazen si voltò verso di lui. "È la terza

volta che portiamo qui i cani ed èsempre la stessa storia."

"Be', prenderli a calci non serve."Lo sceriffo fece uno sforzo per

mantenere la calma. Già gli spiaceva diavere preso a calci il cane. Gli Statali loguardavano inespressivi, maprobabilmente si erano fatti l'idea chefosse il solito, rozzo sceriffo dicampagna. Hazen mandò giù e moderò iltono di voce. "Ascoltami, Lefty: non èuno scherzo. Metti quei cani sulla pista,altrimenti inoltrerò una protesta formalea Dodge City."

Weeks fece una smorfietta. "So che

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hanno trovato un odore, lo so, solo chenon lo vogliono seguire."

Hazen si sentì nuovamente ribollire ilsangue. "Stavolta mi avevi promesso deicani veri. E invece guardali: sembranodue barboncini nani di fronte a unmastino." Fece un passo verso uno deidue, una femmina. Stavolta la bestiolaringhiò.

"Non farlo", consigliò Lefty.La cagna strisciava a terra, avanti e

indietro, appoggiata sul ventre. Weeks lesi accovacciò davanti, aprendo il saccocon fare invitante. "Avanti, bella.Annusalo, dai!" Le spinse il sacco sottole narici.

Per tutta risposta, la cagna inondò lasabbia con un fiotto di piscio.

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"Oh, Cristo", si lamentò Hazen,allontanandosi. Incrociò le braccia eguardò verso il torrente. Erano tre oreche trascinavano inutilmente i canirecalcitranti. Gli agenti della Polizia diStato battevano i campi, quelli dellaScientifica erano carponi sulla riva, allaricerca di qualcosa, qualsiasì cosa.Sopra le loro teste ronzavano dueaeroplani, che continuavano ad andareavanti e indietro. Perché il corpo non sitrovava? L'assassino l'aveva portatocon sé? C'erano blocchi stradali in tuttele direzioni, ma il colpevole potevaessersene andato la notte precedente. Sipuò fare molta strada di notte, nelKansas.

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Alzò lo sguardo e vide Smit Ludwigin avvicinamento, tac cuino alla mano.

"Sceriffo, le spiace se...""Smitty, questa è un'area riservata."

Hazen lo aveva deciso in quel precisomomento.

"Non ho visto nessun nastro e...""Vattene via. Sui due piedi.""Ho il diritto di stare qui", ribatté il

giornalista, testardo.Hazen face un cenno al vicesceriffo.

"Accompagna il signor Ludwig fino allastrada."

"Non può fare questo!"Lo sceriffo gli voltò le spalle, mentre

Tad cominciava: "Andiamo, signorLudwig..." I due scomparvero dietro gli

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alberi. Le proteste del giornalista siaffievolirono nell'aria afosa.

La radio crepitò. Lo sceriffo la sfilòdalla cintura. "Qui Hazen."

"Chauncy manca dal suo hotel daieri." Era la voce di Hai Brenning,agente di collegamento della Polizia diStato, che era stato mandato a Deeper."Non è tornato ieri notte. Il letto èan cora rifatto."

"Alleluia. Altre novità?""Non ha detto a nessuno cosa stesse

facendo o dove stesse andando. Quaggiùnessuno è al corrente del suo itinerario."

"Quello l'abbiamo controllato noi.Pare che abbia avuto un problema con lamacchina. Ha lasciato la sua Saturn allastazione di Ernie. Ha insistito perché

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fosse aggiustata subito, anche se ilmeccanico gli ha detto che ci sarebberovoluti almeno due giorni. L'ultima volta,Chauncy è stato visto mentre cenava daMaisie, piuttosto tardi. Non ha mairitirato l'automobile. Si direbbe che sene sia andato in mezzo ai campi per fareun controllo dell'ultimo minuto,raccogliendo ed etichettando campionidi granturco."

"Raccogliendo granturco?""Lo so, lo so, è una follia, con un

assassino in libertà. Ma a Chauncypiaceva fare tutto di nascosto.Probabilmente non voleva nessuno tra ipiedi a fargli domande." Scosse il capo,ricordando quanto il professore si fosse

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infuriato alle domande di Pendergastsull'impollinazione incrociata.

"Be', in ogni caso, stiamo esaminandole carte del dottor Chauncy, con i ragazzidello sceriffo Larsen. Pare che oggidovesse fare una specie di annuncio, amezzogiorno."

"Sì, a proposito dell'esperimento chenon sarebbe stato fatto a MedicineCreek. C'è altro?"

"Qualche pezzo grosso dell'Universitàverrà da voi con il capo della sicurezzadel campus. Dovrebbe essere lì tramezz'ora."

Hazen emise un gemito."E come se non bastasse c'è una

tempesta di sabbia in arrivo. Abbiamoun avviso per Cry County e le pianure

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del Colorado orientale.""Quando?""Il fronte arriverà stasera. Dicono che

potrebbe degenerare in un tornado.""Grandioso." Lo sceriffo chiuse la

comunicazione, rimise la radio allacintola e guardò in lontananza. Le nuvolesi ammassavano a ovest, più scure delsolito. Sembrava che qualcuno stessecombattendo una guerra nucleare oltrel'orizzonte. Qualsiasi abitante delKansas dotato almeno di un po' dicervello sapeva che cosa significavanoquelle nubi. Altro che tempesta disabbia! Come minimo, il livello deltorrente si sarebbe alzato, riempiendotutto il suo letto, con rischio di grandine

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e di alluvione. Addio tracce: nonavrebbero avuto più nuovi indizi fino...fino al prossimo omicidio. E se davveroc'era in vista un tornado, avrebberodovuto chiudere l'indagine e mettersi alri paro. Che casino fottuto.

"Weeks, se quei cani non voglionoseguire la pista, allora toglili dai piedi.Se continui a portarli avanti e indietrolungo il fiume rovini il terreno perchiunque altro. È un disastro."

"Non è colpa mia."Hazen s'incamminò lungo il torrente.

Gli occorsero dieci minuti perraggiungere il punto in cui eranoparcheggiati la sua automobile e unadozzina di altri veicoli, con o senzainsegne ufficiali. Tossì, sputò e inspirò

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rumorosamente dal naso. C'eranell'aria quella strana quiete cheprecede la tempesta.

E lì, davanti a lui, sulla ghiaia, c'eraArt Ridder che scendeva dallamacchina, facendogli un cenno di saluto."Sceriffo!"

Hazen proseguì il cammino."Ehi, ti ho cercato dappertutto",

esclamò il direttore dello stabilimento,ancora più rosso in viso del solito.

"Art, non è giornata.""Lo vedo."Lo sceriffo inspirò profondamente.

Ridder poteva essere il pezzo grossodella città, ma c'era un limite allestronzate che lui era disposto a tollerare.

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"Ho appena ricevuto una chiamata daun certo Harris, dello Sviluppo agricolo,su alla Kansas State University. Stavenendo qua con il suo entourage."

"Ho sentito."Ridder si mostrò sorpreso. "Davvero?

Be', c'è qualcosa che scommetto non sai.Stammi a sentire: non ci crederai."

Hazen rimase in attesa."Chauncy stava per annunciare oggi

che l'esperimento sarebbe stato fatto aMedicine Creek."

Proprio quando pensava che più caldodi così non si poteva, lo sceriffo provòuna vampata di calore. "A MedicineCreek? Non a Deeper?"

"Siamo sempre stati in testa noi."

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Hazen guardò nel vuoto, stordito dalcalore e dalla sorpresa. "Non ci possocredere."

"Gli avrà anche fatto schifo, maquesto non toglie che sia il luogoperfetto per il campo sperimentale." Artsi asciugò la fronte con un fazzoletto,che ficcò fradicio di sudore nel taschino."La nostra è una città morente. La miacasa oggi vale il sessanta per cento diquello che valeva vent'anni fa. Prima opoi lo stabilimento perderà un altroturno di lavoro, o dovrà chiudere ibattenti. Lo sai che cosa potevasignificare quel campo per noi?Ingegneria genetica, amico. Un campoera solo l'inizio. Ce ne sarebbero stati

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altri, un centro di computer, alloggi perscienziati e professori in visita, forseuna stazione meteorologica. Cisarebbero stati edilizia, opportunitàimmobiliari, affari per tutti, lavoro per inostri figli." La voce echeggiò nell'aria."Quel campo avrebbe salvato la nostracittà."

"Non fasciamoci subito la testa, Art",brontolò lo sceriffo, ancora stordito.

"Sei così stupido che non lo capisci?Credi che adesso la penseranno allostesso modo? Dopo che al loroprofessore sono state strappate lebudella nel centro della città? Eh?"

Hazen sentì una grande stanchezzapesargli sulle spalle. Si allontanò daRidder. "Non ho tempo per questo, Art.

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Devo tro vare un cadavere."Ma il direttore della Gro-Bain Turkey

Sociable lo bloccò. "Senti, ci horiflettuto." Abbassò la voce. "Haicontrollato quel tizio, Pendergast?Pensaci su. Si è presentato in città moltopresto, dopo il primo delitto. Abbiamosolo la sua parola sul fatto che siadell'FBI. Chi ti dice che non ci sia dimezzo proprio lui? Che non sia lui lopsicopatico? Lo troviamo su ogni scenadel delitto, a ficcare il suo naso albinodappertutto..."

Hazen nemmeno lo ascoltava. D'untratto, la voce di Ridder sembravalontana.

Allo sceriffo venne un'idea.

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Quell'uomo aveva ragione: oraDeeper avrebbe ricevuto la nomina, perforza di cose. Ma per diritto la sceltadoveva ricadere su Medicine Creek. Ealla vigilia dell'annuncio, proprio allavigilia, Chauncy finisce ammazzato. Eadesso il campo sarebbe andato aDeeper.

Il campo sarebbe andato a Deeper.Tutti i pezzi del mosaico stavano

andando a posto.Continuò a ignorare la voce di Ridder,

rimuginando tra sé. Il primo omicidio,quello di Sheila Swegg, era statocommesso tre giorni prima dell'arrivo diChauncy. L'assassino aveva colpito dinuovo il giorno dopo il suo arrivo. In

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entrambi i casi, il colpevole avevalasciato ogni genere di indizi del cazzo:frecce, impronte di piedi scalzi, chi piùne ha più ne metta, come se stessecercando di sfruttare la leggenda deiGuerrieri Fantasma e la maledizione deiQuarantacinque. Ma la strategia nonaveva funzionato. Il professore nonaveva prestato attenzione ai delitti e dileggende e maledizioni non glienepoteva importare di meno. Non leggevaneppure i giornali. Era uno scienziatoche ragionava a lungo termine. Ifantasmi e i delitti potevano spaventare iresidenti di Medicine Creek, ma su dilui non avevano il minimo effetto.

E poi, la notte prima che il professoreannunciasse che Medicine Creek

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sarebbe stata la sede dell'esperimento,lui stesso era stato ammazzato.

Poteva essere più chiaro di così? Nonc'era nessun serial killer. E non eraaffatto qualcuno del posto, comesosteneva Pendergast. Era qualcuno cheaveva molto da perdere se il camposperimentale fosse stato assegnato aMedicine Creek. Qualcuno di Deeper.Aveva ragione Art: c'era una valanga disoldi in gioco, forse il futuro dellacittà... dell'una e dell'altra. AncheDeeper era messa male. Cristo, negliultimi trent'anni avevano perso ilcinquanta per cento della popolazione,peggio di Medicine Creek. Erano piùgrandi e correvano più rischi. E non

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avevano neanche lo stabilimento deitacchini.

Uccidere o essere uccisi. Deeper."Mi segui?" stava gridando Ridder.Hazen lo guardò in faccia. "Art, devo

occuparmi di una fac cenda importante.""Non hai ascoltato una maledetta

parola!"Lo sceriffo gli posò una mano sulla

spalla. "Sto per risolvere questo caso eforse riporterò quel campo a MedicineCreek. De vi solo aspettare."

"E come diavolo pensi di farlo?"Ma Hazen era già arrivato alla sua

auto. Ridder lo raggiunse, in attesa diuna risposta. Lo sceriffo si fermò con lamano sulla portiera. "E un'altra cosa.Hai ragione su quel tipo dell'FBI. È lui

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la fonte dei problemi.""Vuoi dire che è l'assassino!"Lo sceriffo aprì la portiera. "Art, non

essere idiota. Non è lui l'assassino. Malui è quello che ha fatto casino. Lui èquello che è venuto qui a strombazzareche era un serial killer e che era uno delposto. Lui ha portato l'indagine sulbinario sbagliato fin dal primo momento.Mi ha confuso le idee, impedendomi diragionare correttamente. Mi ha fattodubitare del mio stesso istinto."

"Ma che stai dicendo?""Non so perché non l'ho capito

prima.""Capito cosa?"Hazen sogghignò, dando una stretta

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affettuosa alla spalla di Ridder. "Lasciache me ne occupi io, Art. Fidati."

Salì in macchina e sganciò la radio.Pendergast si era presentato in cittàsenza automobile, senza autista, senzaassistenti e senza collegamenti conl'ufficio di Dodge City. Quel figlio diputtana era un mercenario. Era ilmomento di farla finita una volta pertutte.

Premette il tasto della radio. "Harry?Qui lo sceriffo Hazen da MedicineCreek. Ascolta: è importante, riguardagli omicidi. Conosci qualcunonell'ufficio dell'FBI di Dodge che sianella posizione di farmi un favore? Sì,un grosso favore."

Ascoltò per un istante l'interlocutore.

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"Molte grazie, Harry."Mentre riagganciava la radio, vide

Ridder affacciarsi al finestrino, il voltopaonazzo. "Spero che tu sappia benequello che stai combinando, Hazen. C'èin ballo il futuro di Medicine Creek."

Hazen sorrise. "Che i tuoi sogni sipossano avverare, Art."

Avviò il motore e partì a tutta velocitàin direzione est, verso Dodge City.

34

Smit Ludwig sedeva sconsolato al

bancone del Maisie's Diner. Il suoangolo preferito era già occupato da ungruppo rumoroso di reporter della

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Associated Press, o forse del NationalEnquirer piuttosto che del WeeklyWorld News. Non faceva moltadifferenza. La tavola calda era piena digiornalisti e di cittadini che sembravanoaverla eletta come l'unico posto in cuiandare per scambiare pettegolezzi enotizie, rassicurarsi a vicenda ediscutere della situazione. C'era lasignora Bender Lang, con il suo brancodi oche dai capelli tinti di blu, c'eraErnie il meccanico con i suoi amiconi,c'era Swede Cahill, che per quel giornoaveva tenuto chiuso il Wagon Wheel. Ec'era il contingente della Gro-BainTurkey Sociable, lavoratori a un tavolo,dirigenti a un altro. La tavola calda erapiù rumorosa di un club di New York

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City. L'unico che sembrava mancareall'appello era Art Ridder.

Ludwig si domandò dove sarebbeandato a prendere il resto della storia.Aveva avuto un assaggio del lavoro direporter, giusto un piccolo assaggio,nondimeno gli era piaciuto. Avevarievocato la Maledizione deiQuarantacinque e il Massacro deiFantasmi, tirando le somme su tutte levoci che correvano in città: lo scalpo diGasparilla strappato con un coltelloprimitivo e le frecce trovate accanto aSheila Swegg avevano scatenato leipotesi più ardite. Aveva scritto deidelitti e aveva pronto l'articolo suGasparilla. Ma voleva fare un passo

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avanti. Gli serviva qualcosa di nuovo egli serviva per l'indomani.

Un vero giornalista non se ne sarebbestato seduto in una tavola calda con unatazza di caffè tra le mani. Un verogiornalista se ne sarebbe andato per lestrade a parlare coi poliziotti, araccogliere informazioni. Quel bullo diHazen, doveva esserci il modo difargli un esposto. Che cosa si fa quandola polizia non coopera e, anzi, minacciadi arrestarti solo perché fai il tuolavoro?

Per la prima volta nella sua vita,Ludwig aveva messo i denti su unastoria vera, una storia grossa. Era statolui a sollevarla ed era nella posizionemigliore per raccontarne la fine: quello,

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almeno, era un diritto che si eraconquistato. Passati i sessantanni,sarebbe stato bello chiudere la carrieracon un grande colpo. I suoi nipotiavrebbero potuto sfogliare le copieingiallite del Courier come se fosseropergamene preziose e dire: "Ti ricordiquei delitti, nel lontano 2003? Fu ilnonno a seguirli: ragazzi, chegiornalista!"

Il piacevole sogno a occhi apertisvanì quando un uomo occupò losgabello accanto al suo e gli tese lamano. Una faccia giovane, fresca epiena di speranza occupò il suo campovisivo: un accenno di barba, capellispettinati, la cravatta storta. Malgrado le

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apparenze, sembrava un ragazzo checercava di fare il giornalista. Smit glistrinse la mano.

"Joe Rickey, Boston Globe.""Piacere." Ludwig era sorpreso.

Boston Globe? Ne aveva fatta distrada!

"Smit Ludwig, vero? Cry CountyCourier?"

Ludwig annuì."Non si muore di caldo?""Ho visto di peggio.""Davvero? Be', io no." Il ragazzo

pescò un tovagliolo di carta dalcontenitore sul banco e si asciugò letempie. "Sono qui da due giorni e nonriesco a cavare un ragno dal buco.Avevo promesso al caporedattore

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qualcosa di diverso, sa, uno spaccato divita americana. Così si chiama la miarubrica: "Americana". Alla gente diBoston piace leggere quello che succedenel resto del paese. Come questiomicidi: un uomo bollito, imburrato ezuc cherato." Rabbrividì di piacere.

Ludwig lo guardò. In un certo qualmodo gli faceva pensare a se stesso,quarant'anni prima. Se lavorava per ilBoston Globe, doveva avere talento.Probabilmente era uscito da una scuolaper giornalisti, brillante e volonteroso,ma privo di autentica esperienza comereporter.

"In ogni caso, quel buzzurro del vostrosceriffo e gli agenti della Polizia di

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Stato non mi danno retta. Ma lei è delposto, lei conosce gli scheletrinell'armadio... per così dire. Misbaglio?"

"Non si sbaglia." Non avevaintenzione di rivelare al ragazzo chestavano sulla stessa barca.

"Affonderò nella merda, se dopo tuttoquello che il Globe ha speso per farmiarrivare fin qui me ne torno a casa amani vuote."

"L'idea è stata sua?" domandò Smit."Sì, e ho dovuto insistere parecchio."Provò simpatia per lui. Avrebbe

potuto essere come quel giovane, se daragazzo avesse preso la borsa di studioper la Columbia, invece di mettersi ascrivere articoletti per il Courier, ai

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tempi in cui ci lavorava più di unapersona. Una decisione fatale, dellaquale tuttavia non si era mai pentito.Specialmente di fronte alladisperazione, all'ambizione, alla paura ealla speranza che leggeva negli occhidel giovane.

"Mi stavo chiedendo..." Il ragazzo glisi avvicinò, abbassando la voce. "C'èqualcosa di cui può mettermi a parte?Glielo giuro, non lo userò fino a quandolei non l'avrà pubblicato per primo."

"Be', ecco... A dire la verità, signorRickey..."

"Joe.""Be', Joe, in questo momento io stesso

non ho niente di nuo vo."

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"Ma può scoprire qualcosa, vero?""Posso sempre provare.""Devo contattare il giornale stasera

alle undici."Ludwig guardò l'orologio. Tre e

mezza.In quel momento la porta si spalancò e

Corrie Swanson fece il suo ingressonella tavola calda. Gettando all'indietroi capelli viola, fece tintinnare lecatenelle e le cianfrusaglie appese altop. "Due caffè freddi doppi da portarvia", ordinò. "Uno nero, uno con doppiapanna e zucchero." Teneva una mano suun fianco, mentre con l'altratamburellava impaziente sul bancone,senza far caso a nessuno dei presenti.

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La ragazza lavorava con Pendergast,era la sua assistente tuttofare. Ed eraentrata per ordinare due caffè da portarvia. Da portare dove?

Mentre si poneva la questione, si reseconto che, ancora una volta, Pendergastgli sarebbe stato d'aiuto.

Maisie consegnò i caffè. Corrie pagòe se ne andò.

Ludwig sorrise a Rickey e si alzò."Vedrò che cosa posso fare."

Stava per pagare, ma il ragazzo lofermò. "Offro io."

Ludwig fece un cenno diringraziamento e seguì la ragazza.

Dietro di sé udì la voce di Rickey. "Iosono qui, signor Ludwig. E grazie.

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Grazie mille."

35 Gli edifici dell'FBI sembrano tutti

uguali , pensò Hazen, di fronte alladeprìmente facciata bianca con lefinestre dai vetri affu micati che cuocevasotto il sole. Uno schifo di palazzo. Siaggiustò la camicia e la cravatta,schiacciò il mozzicone di sigarettasull'asfalto e raddrizzò il cappello primadi varcare le doppie porte ed entrareaccolto dalla ventata di ariacondizionata che, se fosse stato inverno,avrebbe causato non poche lamentele.

Si fermò alla reception, firmò ilregistro e si fece dare opportune

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indicazioni. Quindi, con un cartellinoappeso alla camicia comeidentificazione temporanea, percorse iltratto di Linoleum lucidissimo che loseparava dall'ascensore. Secondo piano,seconda a destra, quindi terza porta as i n i s t ra . . . ripeté mentalmente leistruzioni mentre le portine sichiudevano.

L'ascensore si riaprì su un lungocorridoio le cui pareti erano decoratecon bollettini governativi e liste battutea macchina con direttive esoteriche.Mentre lo percorreva, Hazen vide chetutte le porte erano aperte e in ogniufficio c'erano uomini e donne incamicia bianca. Gesù Cristo, in tutto il

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Kansas non si commettevano abbastanzareati per tenere impegnata tutta quellagente. Che cosa diavolo facevano tutto ilgiorno?

Hazen localizzò finalmente una portaaperta con la tar ghetta

PAULSON, J., AGENTE SPECIALE

INCARICATO. All'interno, una donna batteva sulla

tastiera del computer con una precisioneda robot. Al suo arrivo, la donna loguardò da dietro un paio di occhialidall'aria felina e gli fece cenno dipassare nell'ufficio interno.

La stanza di Paulson non sembravameno asettica del resto dell'edificio, ma

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c'erano almeno una foto incorniciata allaparete del suo occupante in groppa a uncavallo, e un'altra foto sulla scrivaniainsieme a moglie e figli. Il soggetto incarne e ossa spinse indietro lapoltroncina dalla scrivania, si alzò e glitese la destra. "Jim Paulson."

Hazen si sentì stritolare la mano.Paulson indicò una sedia e tornò sulla

sua poltroncina. Accavallò le gambe esi appoggiò allo schienale. "Bene,sceriffo Hazen. Che cosa posso fare perlei? Un amico di Harry McCullen èanche amico mio."

Niente stronzate, niente perdite ditempo. Ecco qui Mister Tiro-Dritto.Capelli tagliati alla marine, vestito in

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modo decente, occhi azzurri e persinofossette quando sorrideva. E magarianche un uccello grosso come unapagaia: il sogno di ogni moglie. Hazensapeva che ruolo interpretare: losceriffo di una piccola città, che cercasolo di fare il suo lavoro. "Be', signorPaulson, è molto gentile a ricevermi..."

"Jim, per favore."Hazen fece un sorrisetto di scuse.

"Jim, probabilmente non hai mai sentitoparlare di Medicine Creek, una cittadinadopo Deeper."

"Certo che ne ho sentito parlare, conquei delitti recenti."

"Allora saprai che è una piccola cittàsolidamente basata sui valori americani.Siamo una comunità molto stretta, ci

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fidiamo gli uni degli altri. E, comesceriffo, io devo incarnare questafiducia. Lo sai meglio di me: non è sololegge, è anche fiducia."

Paulson assentì, con un'espressione disimpatia.

"E poi sono avvenuti questi omicidi.""Sì. Una tragedia.""Ed essendo la nostra una piccola

città, abbiamo bisogno di ogni aiutopossibile."

Paulson sorrise, mettendo in mostra lefossette. "Noi vorremmo aiutarti suquesto caso, ma ci servono prove che ilcolpevole sia fuggito dallo Stato, o chei reati siano collegati a criminicommessi in altri Stati, o ad atti di

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terrorismo. L'FBI deve poter giustificareil proprio intervento. Se non è emersoqualche elemento di cui non sono aconoscenza, ho le mani legate."

Perfet to, pensò Hazen. Si finsesorpreso. "Oh, ma Jim... è proprioquesto. Noi abbiamo già l'aiuto dell'FBI.Fin dall'inizio. Non lo sapevi?"

Il sorriso di Jim si congelò. Un attimodopo, cambiò posizione sullapoltroncina. "Be', certo. Ora che mi cifai pensare."

"Questa è la ragione per cui sono qui.Questo agente speciale Pendergastdell'FBI si occupa del caso dal primogiorno. Tu sai tutto di lui, giusto?"

Paulson cambiò di nuovo posizione,tradendo il proprio disagio. "Devo dire

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che non ero pienamente a conoscenzadelle sue attività."

"Non eri? Lui dice di veniredall'ufficio di New Orleans. Pensavoche fosse in contatto con te. Non fa partedel consueto scambio di cortesie?" Losceriffo tacque.

Paulson non aprì bocca."Allora, Jim, mi spiace, io

immaginavo..." Lasciò la frase insospeso.

L'agente sollevò il telefono. "Darlene?Mi procuri il dossier su un certo agentespeciale Pendergast, ufficio di NewOrleans. Esatto: Pendergast."Riagganciò.

"Ecco", riprese lo sceriffo, "la

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ragione per cui sono qui è che, con tuttoil rispetto, volevo chiedere all'FBI ditogliergli il caso."

Jim lo guardò perplesso. "Davvero?"Il collo perfettamente rasato gli si stavaarrossando.

"Come ti dicevo, Medicine Creek habisogno di ogni aiuto possibile.Normalmente è così. Io sono solo losceriffo di una cittadina del Kansas, maabbiamo l'aiuto della Scientifica diDodge City, della Polizia di Stato e,be'... per dirla tutta, l'agente specialePendergast..."

"Che cosa?""Ha avuto la mano pesante. E non ha

particolare rispetto per le leggi locali.""Capisco." Paulson sembrava in

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avanzato stato d'incazzatura.Hazen si appoggiò alla scrivania. "Per

dirti tutta la sacrosanta verità, Jim",aggiunse in tono confidenziale, "se ne vain giro con vestiti di lusso e scarpeinglesi fatte a mano, citando poesie."

Paulson annuì. "D'accordo." Iltelefono ronzò. "Darlene? Ottimo.Portamelo."

Poco dopo entrò la segretaria, con unlungo tabulato di computer in una mano.Lo passò a Jim, che le sfioròdelicatamente la mano nel prenderlo.

Il sogno di ogni segretaria, sicorresse mentalmente Hazen,occhieggiando la foto sulla scrivania. Eanche la moglie non scherzava. Niente

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male averne due.Paulson stava esaminando il tabulato.

Gli sfuggì un fischio. "Che tipo, questoPendergast. Nome di battesimo Al...Al... Cristo, non si riesce nemmeno apronunciarlo. Primo posto allacompetizione nazionale FBI di tiro conpistola, 2002. Medaglia di bronzo peressersi distinto in servizio, 2001. Aquilad'oro per atti di valore, 2000 e 1999.Medaglia per essersi distinto inservizio nel 1998, un'altra Gold Eaglenel 1997, quattro Purple Heart Ribbonsper ferite ricevute nell'adempimento delproprio dovere. E va avanti. Ha lavoratomolto a New York City e risultano altriincarichi riservati, e per giunta condecorazioni di natura riservata. Militari,

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così a occhio. Ma chi diavolo è questotipo?"

"Me lo stavo chiedendo anch'io."Jim Paulson aveva perso la pazienza.

"E chi si crede di essere, per arrivarenel Kansas e comportarsi come un pezzogrosso? Il caso non è nemmeno dicompetenza dell'FBI."

Hazen rimase in silenzio.Paulson sbatté il tabulato sulla

scrivania. "Nessuno in questo ufficio loha autorizzato. Non ha nemmeno usato lacortesia di fermarsi a presentare leproprie credenziali." Sollevònuovamente il telefono. "Darlene,chiamami Talmadge a Kansas City."

Il telefono squillò di lì a poco.

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Paulson rispose e alzò gli occhi suHazen Dent. "Ti spiace attenderminell'ufficio accanto?"

Nell'ufficio accanto, lo sceriffo ebbeil tempo di dare un'occhiata più attenta aMiss Occhi di Gatto. Dietro quegliocchiali stravaganti c'era un visomalizioso. E sotto un corpicino nientemale.

L'attesa non si protrasse a lungo: dopocinque minuti, Paulson si affacciò allaporta. Era di nuovo calmo, sorridente,con le sue fossette al posto giusto."Sceriffo, lasci il suo numero di fax allamia segretaria."

"Non mancherò.""Domani o dopo le manderò via fax un

ordine di Cessare e Desistere, che le

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verrà chiesto di consegnare all'agentespeciale Pendergast. Nessuno all'ufficiodi New Orleans è al corrente di quelloche sta combinando. E tutto quello cheha saputo dire l'ufficio di New York èche dovrebbe essere in vacanza.Naturalmente qui dispone di uno statusdi peace officer, ma niente di più. Nonrisulta che abbia disobbedito ad alcunregolamento, ciononostante la situazioneè molto irregolare. E di questi tempidobbiamo essere cauti."

Hazen cercò di mantenereun'espressione preoccupata sul viso,anche se si sarebbe messo a urlare digioia.

"Questo tipo deve avere degli amici

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importanti nel Federal Bureau, ma aquanto pare ha dei nemici altrettantoimportanti. Quindi, sceriffo, attendal'ordine, non dica nulla e glielo consegnicon cortesia appena lo riceve. Tutto qui.Se ci sono problemi, qui c'è il mionumero."

Lo sceriffo prese il biglietto chePaulson gli porgeva. "Ho ca pito."

Paulson fece un cenno di saluto. "Laringrazio per avere sottoposto questavicenda alla mia attenzione, sceriffoHazen. "

"Dovere."Un'altra apparizione delle fossette,

una strizzatina d'occhio a Miss Occhi diGatto e l'agente speciale incaricato siritirò nel proprio ufficio.

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Domani o dopo. Hazen non vedeval'ora.

Erano le tre del pomeriggio.Era il momento di andare a Deeper.

36 Tenendo con una mano il volante e

con l'altra i due caffè in equilibrioprecario in grembo, Corrie condusse laGremlin sulla pista sterrata. Il ghiaccionei caffè si era già sciolto e la ragazzasentiva le cosce umide e insensibili.L'auto prese una buca e sobbalzò.Corrie fece una smorfia. La marmitta eraappesa per la misericordia e non volevaperderla per colpa di quella maledetta

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strada sconnessa.Davanti a lei i Tumuli si innalzavano

tra gli alberi. La luce del solepomeridiano creava un alone doratosull'erba. Corrie si avvicinò più chepoteva, prima di parcheggiare. Scesedall'auto e, reggendo in mano i caffè,s'incamminò lungo il pendio. Le altenubi di bronzo avevano coperto un terzodel cielo, montagne torreggianti sospesein aria, con strisce più scure alla base.Non c'era un alito di vento. Ma solo peril momento.

Attraversò la macchia di alberi eseguì il sentiero fino ai Tumuli.Pendergast si guardava intorno, quasi dispalle. Più che guardare, fissavaintensamente qualcosa, come se stesse

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cercando d'imprimersi il paesaggionella memoria.

"Arriva il caffè!" lo avvisò lei, un po'troppo allegramente per esserespontanea. Qualcosa in quell'uomo lefaceva venire i brividi.

L'agente dell'FBI si voltò lentamente,accennando un sorriso. "Ah, signorinaSwanson. Molto gentile da parte sua.Purtroppo bevo solo tè. Mai caffè."

"Oh, mi spiace." Per un attimo Corriesi sentì delusa per non essere riuscita acompiacerlo come aveva sperato. Maallontanò rapidamente il pensiero:adesso avrebbe potuto bersi entrambi icaffè. Abbassò lo sguardo sul terreno,ingombro di carte topografiche e

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diagrammi di ogni genere, bloccati agliangoli da sassi usati come fermacarte.Sotto un'altra pietra c'era un vecchiodiario, le cui pagine consunte erano stateriempite da un'incerta grafia quasiinfantile.

"È stata gentile a pensare a me,signorina Swanson. Qui tra poco hofinito."

"Che cosa sta facendo?""Sto cercando il genius loci. E mi sto

preparando.""A cosa?""Lo vedrà."Corrie si sedette su una roccia, a

sorseggiare il caffè. Era forte, ghiacciatoe dolce come un gelato, proprio comepiaceva a lei. Seguì Pendergast con lo

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sguardo, mentre questi passeggiavaavanti e indietro, fermandosi, a volte perminuti, a fissare qualcosa in unadirezione apparentemente casuale. Diquando in quando prendeva il taccuino efaceva un'annotazione. Oppure sichinava sulle carte, alcune delle qualisembravano antiche, come minimo deldiciannovesimo secolo, e tracciava unsegno o una linea. A un certo puntoCorrie fu sul punto di fargli unadomanda, ma lui alzò una mano,invitandola al silenzio.

Trascorsero quarantacinque minuti e aovest il sole cominciò ad affondare tra iminacciosi cumuli di nubi. La ragazzaosservava gli imperscrutabili

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movimenti di Pendergast, con unperverso e tutto sommatoincomprensibile senso di ammirazione.Provava un intimo desiderio di aiutarlo,di mostrargli le proprie capacità, diguadagnarne il rispetto e la fiducia.Negli ultimi anni nessun insegnante,nessun amico, né tantomeno sua madrel'avevano fatta sentire utile, importante,necessaria. Ma era proprio così che leisi sentiva, insieme a lui. Si domandò checosa spingesse l'agente a dedicarsi aquel lavoro, a investigare su orribilidelitti e a correre pericoli.

Si domandò se, forse, non si fosse unpo' innamorata di lui.

Ma no, era impossibile. Non si potevainnamorare di un uomo con quelle dita

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lunghe e spettrali e quegli strani capellitra il biondo e il candido, pallido comeun cadavere, con due gelidi occhiazzurro-argentei che sembravano semprefissare tutto troppo intensamente. Leicompresa. E poi era così vecchio,do veva avere almeno quarantanni. Ugh!

Quando Pendergast decise di averefinito, le si avvicinò, rimettendo intasca il taccuino. "Ritengo di esserepronto."

"Lo sarei anch'io, se sapessi di che sitratta."

Pendergast si accovacciò sul terreno,raccogliendo carte e documenti. "Hamai sentito parlare di un palazzo dellamemoria?"

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"No.""È un esercizio mentale, una sorta di

tecnica per esercitare la memoria, cherisale quantomeno all'antico poeta grecoSimonide. La tecnica è stata rifinitaverso la fine del quindicesimo secoloda Matteo Ricci, che la insegnò ai suoiallievi cinesi. Io pratico una simileforma di concentrazione mentale, di miastessa invenzione, che combina ilpalazzo della memoria con elementi delChongg Ran, un'antica tecnica dimeditazione del Bhutan. L'ho battezzataincrocio della memoria."

"Ho perso completamente il filo.""Le do una spiegazione semplificata:

attraverso un'attiva ricerca, seguita da

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un'intensa concentrazione, cerco diricreare nella mia mente un luogoparticolare, in una data epoca delpassato."

"Nel passato? Vuole dire... viaggiarenel tempo?"

"Non viaggio fisicamente nel tempo,s'intende. Cerco invece di ricostruirementalmente un ambiente in un precisocontesto spazio-temporale. Colloco mestesso all'interno di quell'ambiente eprocedo a un tipo di osservazionealtrimenti impossibile. Il che mi dà unaprospettiva che non potrei ottenere inaltro modo: mi permette di colmarelacune nei dati che, senza questoprocedimento, non verrebbero nemmenopercepite come lacune. E

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frequentemente è proprio in questelacune che si nascondono informazionicruciali." Si tolse la giacca e la distesesopra le carte. Corrie si sorprese nelvedere una grossa pistola infilata in unafondina ascellare.

"Sta per farlo adesso?" chiese lei,curiosa e allarmata al tem po stesso.

Pendergast si sdraiò a terra e rimaseimmobile, come un cadavere. "Sì."Intrecciò le dita sul petto.

"Ma... ma io che cosa dovrei fare?""Lei deve vegliare su di me. Se vede

o sente qualcosa d'insolito, mi svegli.Un bello scossone sarà sufficiente."

"Ma...""Li sente quegli uccellini? E il frinio

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delle cavallette? Se dovessero tacere,mi svegli immediatamente."

"D'accordo.""E provveda a svegliarmi se non

riprendo conoscenza entro un'ora.Queste sono le sole tre circostanze in cuimi dovrà chiamare. Nessun'altra.Intesi?"

"Non è difficile."Pendergast incrociò le braccia. Al suo

posto, lei si sarebbe lamentata delladurezza del terreno e del pietrisco.Eppure l'agente dell'FBI riusciva arestare perfettamente immobile.

"In che epoca vuole andare?""Sto per tornare alla sera del 21

agosto 1865.""Il Massacro dei Fantasmi."

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"Precisamente.""Ma perché? Che cosa c'entra coi

delitti seriali?""Le due vicende sono connesse, di

questo sono sicuro. Quale sia la naturadel collegamento è ciò che spero discoprire. Se al presente non si trovaalcuna chiave per risolvere i delitti,allora la chiave deve trovarsi nelpassato. Ed è nel passato che andrò acercarla."

"Ma lei non va da nessuna parte,vero?"

"Le assicuro, signorina Swanson, cheil viaggio si svolge per intero nella miamente. Ciononostante, si tratta di unviaggio interiore lungo e pericoloso,

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verso una terra incognita. Forseancora più rischioso di quanto potrebbeessere un viaggio fisico."

"Io non..." cominciò Corrie, ma lasciòperdere. Qualsiasi altra domandasarebbe stata inutile.

"Siamo pronti, signorina Swanson?""Credo di sì.""In tal caso, le chiederò un silenzio

assoluto."Corrie attese. Pendergast restò

completamente immobile. Qualcheminuto più tardi sembrava addiritturaaver smesso di respirare. La luce delpomeriggio filtrava tra gli alberi, gliuccelli cantavano, le cavallettefrinivano e all'orizzonte le nuvolecrescevano. Tutto era come prima,

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eppure anche a lei parve di avvertire illieve sussurro di un pomeriggio identicodi quasi centoquarant'anni prima, quandotrenta cheyenne erano spuntati algaloppo da un turbine di polvere, percompiere una terribile vendetta.

37

Hazen entrò nel grande parcheggio

semideserto del centro commerciale diDeeper e parcheggiò nello spazioriservato alla polizia, fuori dall'ufficiodello sceriffo. Conosceva bene HankLarssen: era un tipo a posto, anche senon troppo sveglio. Provò una puntad'invidia quando entrò nell'ufficio, tra

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computer funzionanti e un plotone disegretarie. Cristo, a Medicine Creek nonpotevano nemmeno permettersi diaggiustare l'aria condizionata delle autodi pattuglia. Da dove li prendevano isoldi, a Deeper?

Erano quasi le cinque, ma tutti sistavano ancora dando da fare, per lasicurezza dell'impero di NorrisLavender. Hazen era una faccia nota enessuno lo fermò mentre si dirigevaverso l'ufficio dello sceriffo. La portaera chiusa. Hazen bussò e aprì senzaattendere una risposta. Larssen, sulla suasedia girevole di legno, stavaascoltando due individui in giacca ecravatta che parlavanocontemporaneamente. All'ingresso dello

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sceriffo, tacquero entrambiimmediatamente.

"Al momento giusto, Dent", lo accolseLarssen, con un sorriso. "Ti presentoSeymour Fisk, rettore della facoltà diagraria alla Kansas State University, eChester Raskovich, capo della sicurezzadel campus. Questo è lo sceriffo DentHazen, di Medi cine Creek."

Hazen passò in esame i due. Fisk erail tipico professore: calvizie, doppiomento e occhialini appesi al collo conuna catenella. Anche Raskovichrientrava in una categoria precisa:robusto, sudato fradicio nel suo vestitomarrone, con occhi vicini e una stretta dimano ancora più forte di quella

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dell'agente Paulson. Il classico sbirromancato.

"Non ho bisogno di dirti perché sonoqui", riprese Larssen.

"No", rispose Hazen. Lo sceriffo diDeeper gli era simpatico e glidispiaceva dover fare quello che stavaper fare. Per tutto il tempo non avevafatto altro che pensare alla sua teoria elo stupiva quanto ogni dettaglio fosseandato perfettamente a posto.

"Stavamo proprio parlando delleimplicazioni per Medicine Creek eDeeper. A proposito del camposperimentale, voglio dire."

Hazen annuì. Non aveva fretta. Eraarrivato, veramente, al momento giusto.Era una vera fortuna che i due

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dell'università fossero lì a sentire quelloche aveva da dire.

Fisk si protese in avanti, riprendendoil discorso che aveva lasciato insospeso. "Il fatto è, sceriffo, che questotragico omicidio ha stravolto tutto. Tuttoquanto. Non vedo come sarebbepossibile procedere, date lecircostanze, con l'assegnazionedell'esperimento a Medicine Creek. Neconsegue che dovrà essere destinato aDeeper. Da lei, sceriffo, vogliamoassicurazioni che gli effetti negativi nonsi ripercuoteranno su questa città. Nonho bisogno di sottolineare che qualsiasipubblicità sarebbe intollerabile.Intollerabile. L'obiettivo principale

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nella scelta di questo... tranquillo angolodello Stato è proprio evitare l'atmosferada circo e l'eccesso di pubblicitàgenerati dalla paura irrazionale che lagente prova nei confronti dellacosiddetta ingegneria genetica."

Lo sceriffo Larssen assentì, serio."Medicine Creek è a trenta chilometrida qui", disse in tono saggio. "E i delittinon escono dai suoi confini. Le autorità,come potrà confermare il mio collega,sono convinte che l'assassino sia unodegli abitanti di Medicine Creek. Possoassicurarvi che non ci sarannoripercussioni negative su Deeper. Danoi l'ultimo omicidio risale al 1911."

Hazen tacque."Bene", approvò Fisk, scuotendo la

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pappagorgia. "Il signor Raskovich è quiper dare assistenza alla polizia..."accennò allo sceriffo di MedicineCreek, "nella caccia allo psicopaticoche ha commesso questo orrendocrimine e nella ricerca del corpo deldottor Chauncy, che, a quanto ci risulta,non è stato ancora localizzato."

"Esatto.""Inoltre, sceriffo Larssen, il signor

Raskovich rimarrà in contatto con lei,per assicurarsi che a Deeper sianomantenute tranquillità e sicurezza.Naturalmente ogni annuncio ufficialesull'assegnazione del campo saràrimandato, fino a quando la situazionenon si stabilizzerà. Ma tra noi possiamo

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già dire che l'esperimento sarà condottoa Deeper. Qualche domanda?"

Silenzio."Sceriffo Hazen, ci sono novità

nell'indagine, sul suo versante?"Era il momento che aveva aspettato.

"Sì", rispose lui, senza enfasi. "A dire ilvero, sì."

Tutti si protesero verso di lui. Hazensi appoggiò allo schienale lasciandocrescere la suspense prima di parlare."Sembra che Chauncy sia sceso altorrente e abbia raccolto alcunicampioni di granturco, per etichettarli ecatalogarli. Una verifica dell'ultimomomento. Mi hanno detto che forseaveva aspettato che il mais fossematuro."

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Gli altri tre annuirono."Sembra anche che questi omicidi non

siano opera di un serial killer.Dovevano soltanto a p p a r i re comecrimini commessi da uno psicopatico: loscalpo, i piedi scalzi, i riferimentiall'antico Massacro e alla Maledizionedei Quarantacinque... era tutta unamessinscena. No, questi omicidi sonostati commessi per un movente vecchioquanto il mondo: i soldi."

Ora sì che aveva catturato la loroattenzione.

"E come?" chiese Fisk."L'assassino ha colpito la prima volta

tre giorni prima dell'arrivo del dottorChauncy. Poi ha ucciso di nuovo il

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giorno successivo all'arrivo.Coincidenza?"

Lasciò aleggiare la parola nell'ariaper un istante.

"Che cosa vuoi dire?" fece Larssen,preoccupato.

"I primi due delitti non hanno ottenutol'effetto desiderato. E per questa ragioneChauncy è dovuto morire."

"Non ti seguo", intervenne Larssen. "Aquale effetto deside rato ti riferisci?"

"Persuadere il professore cheMedicine Creek non fosse il luogoadatto per l'esperimento."

Aveva gettato la bomba, lasciandolitutti di sasso.

"I primi due delitti", riprese, "sonostati un tentativo di persuadere la

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Kansas State University ad abbandonareMedicine Creek e a puntare su Deeper.Ma non hanno funzionato. Perciòall'assassino non è rimasta scelta:doveva uccidere Chauncy in persona.Proprio alla vigilia del suo annuncio."

"Aspetta un momento..." cominciòLarssen.

"Lo lasci finire", lo interruppe Fisk,appoggiando gomiti di tweed suginocchia di tweed.

"Questi cosiddetti delitti seriali nonsono stati altro che un espediente per farapparire Medicine Creek come un luogoinadatto a un esperimento così delicatocome questo. Le mutilazioni e leschifezze indiane avevano come unico

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intento quello di farci apparire tuttiquanti come un branco di fanaticisuper stiziosi." Si rivolse al collega. "Sefossi in te, Hank, comincerei achiedermi chi abbia qualcosa di grossoda perdere se l'esperimento andasse aMedicine Creek."

"Un momento", ribatté Larssen,raddrizzandosi sulla sedia. "Non staraiinsinuando che il colpevole è di Deeper,voglio spe rare?"

"È proprio quello che sto dicendo.""Ma non hai uno straccio di prova! La

tua è soltanto una teoria. Una teoria!Dove sono le prove?"

Hazen attese. Meglio lasciare cheHank sbollisse un po'.

"È ridicolo! Non riesco a immaginare

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nessuno di qui in grado di assassinarebrutalmente tre persone per un maledettocampo di granturco!"

"C'è in ballo molto di più di unmaledetto campo di granturco", locontraddisse Hazen, con freddezza. "Esono sicuro che il professor Fisk te lopossa spiegare meglio."

Fisk annuì."Il progetto è importante", riprese

Hazen. "Ci sono di mezzo grossesomme di denaro, per la città e per laKansas State University. La BuswellAgricon è una delle più grandicompagnie agricole del mondo. Ci sonobrevetti, utili, laboratori, appalti... ditutto. Quindi, Hank, ti ripeto la

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domanda: chi ha più da perdere, aDeeper?"

"Non posso dare inizio a un'indaginesulla base di una teo ria così assurda."

Hazen sorrise. "Non ce n'è bisogno,Hank. Il caso è mio. Io darò inizioall'indagine. Chiedo solo la tuacollaborazione."

Larssen si rivolse a Fisk e aRaskovich. "Qui a Deeper non abbiamol'abitudine di impegnare poliziotti ingiro a vuoto."

"Francamente", obiettò Fisk, "quelloche dice lo sceriffo Hazen ha moltosenso." Si rivolse al capo dellasicurezza. "Tu che cosa ne pensi,Chester?"

La voce di Raskovich parve salire

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dalle profondità della sua cassatoracica. "Direi che merita decisamenteun'indagine."

Larssen guardò prima l'uno poi l'altro."Certo, prenderemo in considerazionel'ipotesi, ma sinceramente dubito chel'assassino risulterà uno di qui. Èprematuro..."

Hazen gli tolse garbatamente laparola. "Dottor Fisk, con tutto ilrispetto, credo che dovrebbe tenereancora aperte le opzioni riguardo allacollocazione del campo. Se l'assassinoha cercato di influenzare la vostradecisione..." Fece una pausasignificativa.

"Capisco il suo punto di vista,

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sceriffo.""Ma la decisione è già stata presa",

protestò Larssen."Niente è stato ancora inciso sulla

pietra", lo smentì Fisk. "Se l'assassinoviene da Deeper, e devo dire che lateoria non fa una grinza, allora,francamente, questo è l'ultimo posto incui vorremmo condurre l'esperimento."

Larssen rimase zitto: era se non altroin grado di capire che fosse megliotacere. Lo sceriffo di Deeper guardò ilcollega, con espressione rabbuiata. AHazen spiaceva: non era un cattivoragazzo, davvero, anche se era un po'duro di comprendonio e privod'immaginazione.

Si alzò in piedi. "Devo tornare a

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Medicine Creek: dobbiamo ancoratrovare il corpo. Ma verrò qui domattinapresto per dare inizio alla mia indagine.Hank, spero che troveremo il modo dicollaborare amichevolmente."

"Certamente, Dent", rispose Hank conun certo sforzo.

Si congedò dagli altri due. "Piacere diavervi conosciuto. Vi terrò aggiornati."

"Lo apprezziamo molto, sceriffo."Hazen pescò un pacchetto di sigarette

dal taschino e lanciò un'occhiata aRaskovich. "Quando viene a MedicineCreek, passi dal mio ufficio. Vedremo diassegnarle uno status temporaneo dipeace officer: è l'equivalente modernodi un vicesceriffo aggiunto. Avremo

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molto bisogno del suo aiuto, signorRaskovich."

Il capo della sicurezza del campusannuì, come se quella fosse la cosa piùnormale di questo mondo. Il suo voltoera una maschera di stolidità. Ma con luiHazen era sicuro di aver fat to centro.

38

La disciplina del Chongg Ran,

inventata dal saggio confuciano Ton Weidurante la dinastia T'ang, fu esportata inseguito dalla Cina al Bhutan, dove fusuccessivamente perfezionata per mezzomillennio presso il monastero di TenzinTorgangka, uno dei luoghi più isolatidel mondo. La tecnica unisce il vuoto

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totale all'ipercoscienza, il rigorosostudio intellettuale alla sensazione pura.

La prima sfida del Chongg Ranconsiste nel visualizzaresimultaneamente il bianco e il nero,non sotto forma di grigio. Solo l'uno percento dei praticanti è in grado dioltrepassare questa fase. Dopo di cheben altre prove li attendono. Alcuniesercizi consistono nell'impegnarsicontemporaneamente in diverse,immaginarie partite di g o , o di altrigiochi più recenti ma non menocomplessi come gli scacchi o il bridge.Altri ancora impongono di fondere laconoscenza con la non-conoscenza, ilsuono con il silenzio, l'autocoscienza

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con l'autoannullamento, la vita con lamorte, l'universo con il quark.

Il Chongg Ran è un esercizio diantitesi. Non è un fine, bensì il mezzoper raggiungere un fine. Porta con sé ildono di un inesplicabile potere. Èl'ampliamento definitivo della menteumana.

Pendergast giaceva al suolo,

mantenendo un'acuta percezione di tuttociò che lo circondava, dall'odore dipiante secche alla sensazione di caldoappiccicoso, fino al pietrisco e all'erbasotto la sua schiena. Isolò ogni singolosuono: cinguettii, fruscii, stormire difoglie e minimi sussurri, fino al respirodella sua assistente, seduta a pochi

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metri da lui. Con gli occhi chiusi,procedette a visualizzare la scenaesattamente come se la vedesse coipropri occhi: vedere senza vedere. Unframmento alla volta, ricompose l'interomosaico, con gli alberi, i tre Tumuli, ilgioco di luci e ombre, la distesa deicampi, le nubi torreggianti, l'aria, ilcielo, la terra vivente.

Ben presto il panorama presecompletamente forma. E a quel punto,isolati tutti gli oggetti, poteva cancellarlidalla pro pria coscienza.

Cominciò dalle sensazioni olfattive.Rimosse a uno a uno l'odore deglialberi, di umidità, di ozono generatodalla tempesta imminente, di erba, di

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foglie e di polvere. Quindi spense lapercezione dei sassi sotto la schiena, delcaldo, di una formica che gli camminavasulla mano.

Poi fu la volta dei suoni. Per primisvanirono gli insetti, poi lo stormiredelle foglie, il battito occasionale di unpicchio, lo svolazzare degli uccelli tragli alberi, i loro richiami, il lieverumore dell'aria, il rombo distante deituoni.

Il panorama persisteva, ma ora era unquadro di assoluto si lenzio.

Dopo di che soppresse la percezionedella sua stessa corporeità, lasensazione innata di avere un corpo e lacoscienza che quel corpo occupasse unospazio e un momento temporale.

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In quel momento cominciava laconcentrazione. A uno a uno, asportò dalpaesaggio ogni oggetto, in ordineopposto a quello di apparizione. Primascomparve la strada, poi il mais, quindigli alberi, la città, l'erba, le rocce,persino la luce. Quello che rimase erauno scenario quasi matematico: spoglio,vuoto, buio, esistente come pura forma.

Pendergast attese cinque minuti, chedivennero dieci, trattenendo nella mentequella vuota perfezione frattale,preparandosi al viaggio. Finché,lentamente, non ricompose il paesaggio.Ma non sarebbe stato lo stesso cheaveva appena smantellato.

Per prima tornò la luce. Poi l'erba

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ricoprì il panorama, una prateria verginepunteggiata di papaveri, astri, fiordalisi,barbaree e lupini.

Quindi Pendergast ricostruì le bronzeemontagne di nubi, le formazionirocciose, il torrente che scorreva liberoper le grandi pianure. Ora altri elementicominciavano a prendere forma: unamandria di bisonti in lontananza, pozzed'acqua che mandavano riflessi argenteisotto il sole pomeridiano, una distesainfinita di erbe selvatiche che andavada un orizzonte all'altro come ungrande, ondulato mare verde.

Da questo panorama s'innalzava unfilo di fumo. C'erano uomini, qualchetenda stracciata. Cinquanta cavallipascolavano in riva al fiume, tuffando il

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muso nell'erba.Lentamente, permise ai suoni e agli

odori di tornare. Voci che scherzavano eimprecavano, una fertile umidità, il fumodella legna e le bistecche arrostite dibisonte, il nitrito di un cavallo, iltintinnio degli speroni e i suoni metallicidelle pen tole.

L'agente dell'FBI attese, guardingo, isensi all'erta. Le voci divennero piùchiare.

Il cavallo di Didier si è azzoppato dinuovo.

Lo scoppiettio della legna sul fuoco.È quasi pronto da mangiare.Quel ragazzo non sa neanche dove

pisciare se la mamma non gli prende la

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mira col pisello.Risate. Gli uomini stavano intorno al

fuoco, tenendo in mano piatti di rame. Lascena era ancora vaga, tremolante,incom pleta.

Non vedo l'ora di arrivare a Dodge etogliermi 'sta polvere di dosso.

Usa questa per lavarti via quella chehai in gola, Jim.

La rifrazione del sole attraverso unabottiglia precedette lo sciacquio delliquore, il rumore di un coperchiometallico, un breve soffio di vento epolvere.

Quando siamo a Dodge ti presentouna signora che ti può togliere lapolvere anche da qualcos'altro.

Altre risate.

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Qui c'è il whisky, amigo.Cosa ci hai dato da mangiare, Hoss?

Merda bollita?Niente dinero, niente da bere, Crowe.Qui c'è il whisky, amigo.Gradualmente, la scena si cristallizzò.

Gli uomini erano riuniti intorno a unfuoco acceso alla base di un Tumulo.Indossavano cappelli bisunti dacowboy, bandana lerce, camiciestrappate e pantaloni così intrisi di terrae sporcizia da scricchiolare a ognimovimento. Tutti avevano la barbaincolta.

La collina era un'isola di polvere inun mare di erba agitato dal vento. Aisuoi piedi la prateria era aperta e libera.

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La densa vegetazione che all'epocacopriva la base dei Tumuli proiettavaombre lunghe. Il profumo di fioriselvatici aleggiava nell'aria,mescolandosi all'odore dolciastro dellalegna di pioppo sul fuoco, dei fagioliche ribollivano e di uomini non lavati.Sotto uno dei Tumuli qualcuno aveva giàpreparato il giaciglio per la notte,distendendo i materassi arrotolati erovesciando le selle, usando comecuscino le fodere in pelle di pecora.C'erano un paio di tende dalla telalacera, appoggiate su paletti. Più in là,ai piedi della collina, stava una dellesentinelle, armata di fucile. Un'altrasentinella era sul lato opposto.

Il vento si rinforzava e altre nuvole di

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polvere si alzavano.È pronto da mangiare.Un uomo dal volto affilato, con gli

occhi stretti e una cicatrice sul mento,allungò le gambe, facendo tintinnare glisperoni. Harry Beaumont, il capo.

Tu, Sink, prendi Web e va' a dare ilcambio ai picchetti. Man giate dopo.

Ma l'ultima volta...Piantala, Sink, o quando vado a

pescare mi porto le tue palle comeesca.

Risate soffocate.Vi ricordate a Two Forks,

quell'indiano con le palle giganti?Altre risate.Doveva avere qualche malattia.

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Ce l'hanno tutti qualche malattia.Non te ne fregava niente, quando

andavi a farti le squaw.Volete chiudere il becco? Sto

mangiando.In un angolo, un uomo prese a cantare

a bassa voce: Coi piedi nelle staffe, seduto sulla

sella,Guidare le mandrie non è una vita

bella.Di guardia ieri notte vidi i manzi

fuggire,Spronai il mio cavallo per poterli

inseguire.Soffiava anche il vento, la pioggia

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veniva giù,Se non ci sbrigavamo non li

prendevamo più. Le due sentinelle tornarono al campo,

appesero i fucili alle selle e siavvicinarono al fuoco coi piatti,scuotendosi di dosso la polvere. Ilcuoco servì loro fagioli e stufato, primadi sedersi a sua volta a gambeincrociate.

Accidenti a te, Hoss, questo stufato èpieno di terra!

Aiuta la digestione.Qui c'è il whisky, amigo.Le raffiche di vento tracciavano onde

verde chiaro sulla prateria, prima diraggiungere i Tumuli e sollevare cortine

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di polvere che oscuravano il sole. Vi fuun momento di stasi, di silenzioassoluto. E all'improvviso un fragore dizoccoli.

Cosa diavolo?I cavalli, qualcosa ha spaventato i

cavalli.Non sono i nostri.Cheyenne!Le armi, prendete le armi, prendete

le armi!Caos istantaneo. Dalla nuvola di

polvere fuoriuscì un cavallo bianco sucui erano state impresse impronte rossedi mani. Dietro al primo cavallo neapparvero altri. Si levò un grido. Ilflusso di cavalli, letteralmente apparsi

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dal nulla, si divise in due, circondando iQuarantacinque.

Aieeeeeeeeeee...!Un sibilo improvviso nell'aria. Le

frecce arrivavano da due direzioni,seguite da un concerto di suoni: urla,gemiti, tintinnio di speroni, tonfi di corpisul terreno.

Un'altra nube di polvere si erasollevata, avviluppando la scena in unanebbia attraverso la quale era arduodistinguere le figure degli uomini chescappavano, cadevano, rotolavano aterra. Si udirono due spari isolati. Uncavallo stramazzò al suolo e una figurasparò a bruciapelo al cavaliere, in unapiccola esplosione di materia scura.

La polvere si alzava e si abbassava

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come lenzuola sollevate dall'aria, ilvento mugghiava, i feriti gridavano erantolavano. Il rumore degli zoccoli siaffievolì fino a sparire, poi riprese.

Stanno tornando.Indietro, tornano indietro,

preparatevi!Le figure spettrali dei cavalieri

riapparvero. Una seconda ondata che sifrangeva davanti a loro.

Aieeeee-yip-yip-aieeeee!Stavolta i superstiti, inginocchiati al

suolo, erano pronti ad accoglierli conuna raffica di spari, prendendoaccuratamente la mira. Altri sibilifendettero l'aria, un centinaio di freccesi infisse nella terra e nei corpi, altri

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cavalli caddero, in un caos di redini esperoni. Gli uomini si afferravano per ivestiti, echeggiarono altri spari. Unodei Quarantacinque apparve barcollandodalla foschia, gorgogliante di sangue,mentre cercava disperatamente distrapparsi una freccia dalla bocca. Unaltro piroettò su se stesso, trafitto daquattro frecce nel petto. Poi a un tratto,come per magia, altre tre freccespuntarono dalla schiena. Un cavallorestava assolutamente immobile, la testapenzoloni, le viscere ammonticchiate inuna pila fumigante sotto di lui.

Un'altra carica, un attimo di tregua eun'altra ancora. L'odore del sangue, chescorreva come un ruscello tra uomini ebestie, riempiva l'aria.

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Quinta carica. I colpi sporadici eranorapidamente messi a tacere dal sibilodelle frecce. Sul campo di battagliaalcuni uomini si trascinavano, gementi,tra le figure inerti dei morti. In quelmomento gli indiani frenarono i cavalli,misero piede a terra e cominciarono acamminare tra i feriti, snudando ipugnali. Ombre scure si chinarono sullesagome indistinte al suolo. Grida,suppliche, pianti e il suono umido degliscalpi lacerati. Poi il silenzio.

Un uomo, steso a terra, si fingevamorto. I cheyenne lo sollevarono e lesue preghiere riecheggiarono tra lapolvere e i lamenti: Harry Beaumont.Gli indiani lo circondarono, silenziosi

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come fantasmi, senza fretta. La voce diBeaumont si fece più acuta, le sueparole incomprensibili. I cheyenne loafferrarono saldamente, tirandogli latesta all'indietro. Un coltello d'acciaiobalenò nella polvere. Un urlo, unbrandello di carne gettato da parte. Iguerrieri si misero all'opera sulla suatesta, con rapidi movimenti, come sestessero intagliando un pezzo di legno.Le urla divennero isteriche, soffocate.Altri brandelli rossastri volarono inaria. Un altro rumore, come quello diuna lacerazione prolungata. Ancora urla.Due movimenti conclusivi, altri duepezzi che cadevano a terra. Un ultimogrido, più breve.

E poi, con corde e paletti agganciati

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alle selle, gli indiani trascinarono via icavalli morti. Deposero i loro caduti suit ravoi s e in meno di un minutoscomparvero nella polvere da cui eranovenuti.

Solo un uomo era rimasto, in lacrime,barcollante nella polvere. HarryBeaumont cadde in ginocchio in mezzoai Tumuli. Non aveva più faccia: nientenaso, niente labbra, niente orecchie néscalpo. Solo un ovale di carne rossastraal posto dei li neamenti.

Arrotondato.Beaumont vacillò sulle ginocchia, il

capo chino. Il sangue che gli colava dalmento formava una pozza sul terreno.Nell'ovale sanguinolento si aprì una

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cavità, da cui uscì un grido quasiinintelligibile: Figlio i uttana maleicoqueta terra ia empre annata e iovaangue er il mio angue, lacrime er lemie lacrime maleetta queta terraannata...

Cadde lentamente, agonizzando nellapolvere intrisa di san gue.

Quando il vento si abbatté e lapolvere ricadde a terra sul campo dibattaglia non restava altro che uominibianchi morti. I cheyenne caduti, i lorocavalli morti, tutto era sparito. C'erasolo l'infinita distesa di erba che andavada un orizzonte all'altro. Poi una figurasolitaria si alzò da dietro un cespuglio,cento metri più in là, lungo il pendio: unragazzo, che fino a quel momento era

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rimasto nascosto e che ora erasopraffatto dal terrore. Il ragazzo corsenella prateria deserta e la sua figuraminuta scomparve nel bagliorearancione all'orizzonte, finché non lo sivide più.

E infine il silenzio. Corrie sobbalzò quando vide gli occhi

di Pendergast spalancarsi, argentei eluminosi nel crepuscolo. Era trascorsaun'ora e lei si apprestava a svegliarlo.Era stata sul punto di farlo ancheprima, quando per un minuto o due gliuccelli avevano smesso di cantare. Mapoi avevano ripreso e la ragazza si eratranquillizzata. Si alzò in piedi, incerta

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su cosa dire. Era già buio, sotto glialberi, e la serata umida si stavapopolando di insetti.

"Si sente bene?" chiese Corrie, allafine.

L'agente si alzò, spazzolando foglie,polvere ed erba dai vestiti. Il suo voltosembrava affaticato, come se fosseammalato. "Sto bene, grazie", rispose,con voce neutra.

Corrie esitò. Desideravadisperatamente sapere che cosa avessevisto o scoperto, ma aveva paura adomandarlo.

L'agente dell'FBI guardò l'orologio."Le otto."

Raccolse documenti, carte e appunti esi diresse verso l'automobile. Lei lo

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seguì, stentando a tenergli dietro.Quando arrivò alla Gremlin, Pendergastoccupava già il sedile del passeggero,in attesa. Corrie armeggiò con lamaniglia della sua portiera.

"Per favore, mi riporti a casa Kraus,signorina Swanson", ri chiese lui.

"D'accordo."Il motore si avviò con fatica, sobbalzò

e prese vita. Corrie accese i fari eripercorse all'indietro la stradadissestata.

Dopo qualche minuto non resistettepiù alla tentazione. "Ebbene?" domandò."Com'è andata?"

Gli occhi di Pendergast si posarono sudi lei, brillando stranamente

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nell'oscurità. Disse soltanto: "Ho vistol'impossibile".

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La luce stava cedendo il passo al

crepuscolo. Tra le foglie silenziose,vicino ai Tumuli, s'intravedevanoappena l'uomo e la ragazza. Primaavevano scambiato due parole, solo unlieve mormorio a quella distanza, mapoi era calato il silenzio. L'uomo si erasdraiato, mentre la ragazza si era messaa sedere su una roccia, a diversi metridi distanza, e solo di tanto in tanto siguardava intorno. Poi la luce si eraestinta a occidente, e sopra l'orizzonteera rimasto solamente un debole

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chiarore, pronto ad arrendersi alla notte.Oltre la macchia di alberi, i campi

erano scuri e immobili. Una stella eraapparsa. Dal suo nascondiglio,l'osservatore aveva atteso che neapparisse un'altra, e poi un'altra ancora,prima di rivolgere nuovamente losguardo alla figura che giaceva a terra.Che cosa stava combinando Pendergast,steso sul terreno come un cadavere?Erano passate due ore... due ore buttatevia. Quasi le sette, troppo vicino all'oralimite del giovane reporter, Joe Rickeyd e l Gl o b e . Per non parlare dellascadenza per l'edizione successiva delCourier. Che diavolo era, qualcheidiozia parapsicologica? Comunicazione

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New Age con gli spiriti? Forse avrebbepotuto scrivere un pezzo su quello chestava succedendo, dopotutto. Solo chenon sarebbe stato il pezzo che gliserviva in quel momento. D'altra parte,Pendergast era l'unica fonte a portata dimano e il giornalista di Medicine Creeknon aveva intenzione di muoversi finchénon ci avesse capito qualcosa.

Aveva disteso le membra intorpidite esbadigliato. A ogni suo movimento igrilli smettevano di cantare.Riprendevano solo poco dopo: un suonotranquillo, familiare. Come del restoquel paesaggio. Ludwig ci avevatrascorso l'infanzia, giocando aicowboy e agli indiani col fratello, onuotando nel torrente. Un paio di volte

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si erano persino accampati ai Tumuli. Lastoria di Harry Beaumont e deiQuarantacinque, la sinistra reputazionedel luogo del Massacro, tutto alimentavaun senso infantile di avventura. Ludwigricordava ancora una sera di agosto, luie suo fratello accampati in quel luogo, acontare le stelle cadenti. Erano arrivati acento e si erano arresi. Suo fratello sen'era andato da Medicine Creek, ora eranonno e pensionato a Leisure, Arizona.A quei tempi era tutto diverso. Lemamme non ci pensavano due volte alasciare scorrazzare liberi i figli, alasciarli giocare tutto il giorno lontanoda casa. Da allora i tempi eranocambiati. Il mondo moderno, con tutte

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le sue brutture, era arrivato a MedicineCreek, un po' per volta. E ora c'erano idelitti. Sotto sotto Ludwig era quasilieto che sua moglie, Sarah, non potesseassistere a tutto questo. Anche se sifosse scoperto l'assassino, la città nonsarebbe sta ta mai più la stessa.

Il giornalista aveva sbirciato verso lamacchia. Quello strano agente erasempre immobile a terra. Innaturalmenteimmobile. Anche una persona che dormeogni tanto cambia posizione. Nessunopoteva dormire così perfettamente dritto,a gambe unite e braccia conserte. E conle scarpe. Era alquanto bizzarro.

Aveva imprecato tra sé, chiedendosise non fosse il caso di alzarsi in piedi echiedere che cosa stesse succedendo.

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Ma per qualche ragione non avevapotuto farlo.

Aveva atteso fino a quel momento,avrebbe atteso fino a quando...

E poi, d'un tratto, Pendergast si eraalzato in piedi. Ludwig si erasilenziosamente rintanato nell'ombra. Unmormorio di voci e poi, senz'altroaggiungere, quello strano uomo e laragazza si erano incamminati verso laloro auto.

Smit si era lasciato andare a unasonora imprecazione. Era stato stupido aseguire Corrie. Si era illuso inutilmente,nella speranza di aiutare un reporter inerba e di trovare qualcosa di nuovo peril proprio articolo. Ormai la storia era

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sfumata, il ragazzo era nei guai e ilCo u r i e r dell'indomani a secco dino tizie.

Ludwig aveva aspettato che se neandassero, sentendo crescere1'amarezza. Che fretta c'era? Non avevauna storia da scrivere, non avevanessuno da cui tornare. Tanto valeva chepassasse lì la notte. Nessuno avrebbesentito la sua mancanza, né quella delgiornale... ma non era tipo da tollerarel'autocommiserazione. Dopo poco sirimise in piedi a sua volta. Avevanascosto la sua macchina fuori vista, inmezzo al mais, in modo che nonpotessero vederla mentre tornavano incittà. Si spazzò la polvere dagli abiti esi guardò intorno. Era buio e il vento si

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era alzato. Il vento al crepuscolo era unbrutto segno: tempesta imminente. Lefoglie stormivano in crescendo sopra lasua testa. Nubi veloci oscuravano laluna. Dopo mezzo minuto si udì untuono, molto debole.

La tempesta sapeva avvicinarsisilenziosa.

Rialzando il bavero della giacca,raggiunse il punto in cui l'agentedell'FBI si era sdraiato. Doveva esserciqualcosa, qualche indizio che spiegasseil suo comportamento. Ma non si vedevaniente, nemmeno un'impronta. Ilgiornalista prese il taccuino, ma sichiese che cosa ci fosse da annotare. Chivoleva prendere in giro?

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All'improvviso l'aria si riempì disuoni: fruscio di erba e di foglie, rami ealberi incurvati dal vento. L'odore diumidità e di ozono si mescolava alprofumo dei fiori. Un altro debole tuonosi fece sentire. Avrebbe fatto bene atornare in città, pensò, per dare algiovanotto le cattive notizie. Ma era cosìbuio che si chiedeva se sarebbe riuscitoa trovare la strada fino all'auto. D'altraparte, da ragazzo, era stato da quelleparti migliaia di volte e quei ricordierano diffìcili da cancellare.S'incamminò nel vento, investito dallefoglie. Un ramoscello gli s'impigliò tra icapelli. Dopo settimane di caldoimmobile, il vento era una sensazione

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piacevole.Si fermò, sentendo un rumore diverso.

Forse il passaggio di un animale.Fece due passi; si fermò di nuovo. Il

rumore si era ripetuto: il tipico rumoredi passi sulle foglie. E non erano i suoipassi. Attese ancora, ma a parte ilvento, non sentì più niente. Dopo unminuto riprese il cammino, più veloce.

Ancora passi, alla sua destra."Chi è?"Il vento agitava i pioppi."Pendergast?"Riprese a camminare e subito dopo

udì, o più esattamente percepì, qualcunoche lo seguiva. Provò un brivido.

"Chiunque tu sia, lo so che ci sei!"disse, affrettando il passo. Aveva

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cercato di sembrare deciso, arrabbiato,ma non era riuscito a nascondere lapaura nella voce. Il cuore gli battevaal l'impazzata.

L'inseguitore gli teneva dietro.Al giornalista tornarono in mente le

parole pronunciate domenica in chiesadal vecchio Whit:... il diavolo, come unleone ruggente, cammina in cerca diqualcuno da divorare...

Ansimando, cercò di controllare ilpanico. Ancora poco, si ripeteva, esarebbe stato al sicuro nel campo. Poiduecento metri e sarebbe stato sullastrada, altri duecento metri e sarebbearrivato alla macchina. Sulla stradasarebbe stato in salvo.

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Oddio, quegli orribili passi sulterreno...

"Vattene via!" urlò, senza voltarsi.Non voleva gridare, ma era stata una

reazione istintiva. Come mettersi ascappare a perdifiato. Era troppovecchio per correre. Il cuore sembravavolergli scoppiare nel petto. Eppure,anche se ci avesse provato, non sarebberiuscito a rallentare.

Nell'oscurità alle sue spalle,l'inseguitore non mollava. Ludwig nesentiva il respiro, una serie di grugnitiritmici che accompagnavano ognipasso.

Potrei fargli perdere le tracce nelcampo, pensò, mentre usciva dalla

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macchia. Il vento agitava le spighe, lapolvere gli faceva bruciare gli occhi. Unlampo squarciò l'oscurità.

Moh!Il verso improvviso, pericolosamente

vicino, lo riempì di terrore. Sembravaumano, ma non completamente.

"Vattene via!" urlò ancora, correndopiù veloce. Più di quanto credessepossibile.

Moh, moh, moh, fece la cosa, a unpasso da lui.

Un altro lampo. Intravide la figura cheormai gli era accanto in mezzo alcampo: solo per un istante, maorribilmente nitida. Lo choc, per poco,non gli fece perdere l'equilibrio. Eraincredibile, impossibile. Era davvero un

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gigante con le gambe storte sotto ipantaloncini corti? E bretelle decoratecon cavalli a dondolo? E quella camiciaa brandelli sopra un enorme torace,aveva davvero un disegno di razzi ecomete? E quella faccia, così... così...

Oh, Gesù, sì, quella faccia, quellafaccia...

Ludwig corse. L'inseguitore nonsembrava affatto stanco. Moh, moh,moh, moh.

La strada! Un bagliore di fari, un'autodi passaggio!

Si gettò urlando sull'asfalto, agitandole braccia ai fari che si allontanavano.Le sue grida furono coperte da un tuono.Si fermò, chino in avanti, le mani sulle

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ginocchia, i polmoni sul punto diesplodere. Privo di forze, attese, inerte esconfitto, l'imminente assalto,l'improvvisa morsa del dolore...

Ma non accadde nulla. Si raddrizzòper guardarsi intorno.

Da entrambi i lati della strada il ventoscuoteva le spighe, coprendo ognirumore. Ma anche nella semioscuritàLudwig si accorse che il mostro erasparito. Sparito! Forse spaventatodall'auto. Ansando, tossendo, ilgiornalista cercò di riprendersi, stupitodalla propria fortuna.

E la sua macchina era solo a duecentometri.

Malfermo sulle gambe, respirando arantoli, Smit riprese a correre. Il cuore

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gli batteva all'impazzata. Cento metri.Cin quanta. Dieci.

Con un ultimo rantolo, trovò la curvain cui aveva nascosto l'automobile. Leginocchia quasi gli cedettero per ilsollievo alla vista del riflesso metallicodella carrozzeria. In salvo, Dio siaringraziato! Con un singhiozzo afferròla maniglia e aprì la portiera.

Dal nero semicerchio di granturco lacosa si lanciò contro di lui con un urlolacerante.

MOOOOOOOOOOOOHHHHHHHHHHHHH!L'urlo gorgogliante di Ludwig fu

inghiottito dal sibilo del vento.

40

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Dalle sue stanze al piano superiore di

casa Kraus, Pendergast vide un'albarossa polverosa farsi avanti da oriente. Ituoni avevano continuato a riecheggiareper tutta la notte e il vento non si eraplacato, fustigando i campi etormentando il cartello delle Kraus'sKaverns sul suo traballante paletto. Ameno di un chilometro di distanza, inriva al torrente, gli alberi si piegavanosotto le raffiche. Dai campi sisollevavano turbini di polvere che sidisperdevano poi nel cielo sporco.

L'uomo dell'FBI abbassò lo sguardo.Ripercorse mentalmente per lacentesima volta l'incrocio della

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memoria, rivivendo le fasi dellapreparazione e dell'allestimento dellascenografia, la decostruzione e laricostruzione del paesaggio dei Tumuli,il dramma che vi si era consumato. Erala prima volta che l'incrocio dellamemoria non gli forniva le risposte checercava. Non avendo fortunanell'indagine al presente, aveva cercatodi risolvere gli enigmi del passato,trovando una soluzione al mistero del1865. Ma la leggenda non aveva svelatoi propri segreti. I cheyenne eranodavvero apparsi dal nulla e nel nullaerano spariti.

Il che era impossibile. A meno diaccettare la possibilità che fino a quelmomento aveva rifiutato: che veramente

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fossero all'opera forze soprannaturali,impossibili per lui da interpretare ecomprendere.

Era un'esperienza oltremodofrustrante.

Da sud-ovest giunse il ronzio di unmotore. Alzando gli occhi, avvistò unaereo in avvicinamento, che di lì a pocosi configurò come un piccolo Cessna, diquelli impiegati solitamente per irrorarei campi. Raggiunto l'orizzonte dallaparte opposta, il Cessna virò indietro.Era il velivolo di ricognizione, ancoraalla ricerca del cadavere di Chauncy. Unaltro ronzio si avvicinò: un secondoaereo sorvolava i campi.

Dal piano inferiore giunse il suono

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metallico della caffettiera, cui seguìl'aroma del caffè. Pendergast sapevache, nel frattempo, Winifred Kraus glistava preparando il tè, come lui le avevainsegnato: non era facile fare una buonatazza di King's Mountain Oolong, con lagiusta temperatura tanto dell'acquaquanto della teiera e, soprattutto, conl'esatta quantità di foglioline e il tempoesatto di infusione. L'elementodeterminante era la qualità dell'acqua.Nelle sue istruzioni alla padrona dicasa, l'agente dell'FBI aveva citato varipassi del quinto capitolo del Ch'aChing, la Sacra Scrittura del Tè di LuWu, in cui il poeta si dilungava sullevarie qualità dell'acqua di montagna, difiume e di sorgente, così come sui

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diversi gradi di bollitura. Winifredaveva ascoltato con interesse. E, consorpresa di Pendergast, l'acqua delrubinetto di Medicine Creek si erarivelata fresca, chiara, pura e deliziosa,con un perfetto equilibrio di minerali eioni. Il tè ne usciva quasi perfetto.

Questi erano i pensieri di Pendergast,mentre osservava i movimenti dei dueaerei nel cielo. Poi uno dei duecominciò a volare in cerchio.

Come gli avvoltoi, pochi giorni prima.Pensoso, l'agente prese il telefono

cellulare e compose un numero. Glirispose una voce profondamenteassonnata.

"Signorina Swanson, l'aspetto qui tra

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dieci minuti, se non le spiace. Sembrache sia stato trovato il corpo del dottorChauncy." Tolse la comunicazione e siallontanò dalla finestra.

C'era appena il tempo per il tè.

41 Corrie avrebbe voluto non guardare,

ma cercare di ignorare la scena lesembrava ancora più terribile. Eppure,ogni volta che guardava, era anchepeggio.

La scenografia era semplice: unaradura ricavata in mezzo a un campo,con il cadavere e le decorazionisistemate meticolosamente. La terraintorno al corpo era stata lisciata e su di

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essa era stato tracciato il disegno di unaruota dai molti raggi. Le raffiche divento piegavano le spighe, riempiendodi polvere gli occhi della ragazza.Sopra di loro incombevano nuvole neree mi nacciose.

Chauncy era disteso sulla schiena, alcentro della ruota, nudo, le bracciaincrociate sul petto e le gambe dritte.Gli occhi erano spalancati e annebbiati,puntati verso il cielo in direzioniorrendamente diverse. La pelle avevaassunto il colore di una banana marcia.Da un'incisione irregolare sul petto,come un'oscena propaggine, fuoriuscivalo stomaco. Era stato ricucitobrutalmente con del filo grezzo dopo

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essere stato, apparentemente, farcitocon qualcosa.

Perché la grande ruota? Corrie fissavail corpo, senza riuscire a staccarne gliocchi. Ed era la sua immaginazioneoppure davvero qualcosa si stavamuovendo in quel ventre ricucito,gonfiando la pelle qua e là? C'eraqualcosa di vivo, dentro il cadavere.

Lo sceriffo Hazen, giunto per primosul luogo, era chino sul corpo insieme aldottor McHyde, arrivato in elicottero.Stranamente, lo sceriffo aveva sorrisovedendo Corrie e aveva salutatoPendergast in modo cordiale. Tutt'a untratto sembrava tornato sicuro di sé. Laragazza lo guardò con la codadell'occhio, mentre confabulava con il

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medico legale e la squadra dellaScientifica, alla ricerca di tracce sulterreno. C'erano le solite impronte dipiedi scalzi, ma quando gli agenti glieleavevano indicate, lo sceriffo avevarisposto con una risatina. Uno degliesperti della Scientifica ne stavaprendendo il calco.

Pendergast, dal canto suo, nonsembrava nemmeno essere lì. Non avevadetto quasi una parola, da quando Corrieera passata a prenderlo, e la suaattenzione sembrava rivolta a qualcosadi lontano, verso i Tumuli. Aveva l'ariadi pensare a tutt'altro. Poi si riscosse etornò vicino al corpo.

"Venga, venga", lo invitò lo sceriffo.

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"Dia un'occhiata, se le interessa, agentespeciale Pendergast. E anche tu, Corrie."

L'uomo dell'FBI si avvicinò, seguitodalla ragazza.

"Il medico legale sta per aprirlo.""Suggerirei di aspettare che sia

portato in laboratorio.""Assurdo."Nella tenue luce dell'alba i flash erano

abbaglianti. Il foto grafo si ritrasse."Proceda", ordinò lo sceriffo al

medico legale.Con un paio di forbici, McHyde tagliò

il primo punto. Snip. Il ventre si gonfiò ela cucitura cominciò a disfarsi sotto lapres sione.

"Se non si fa attenzione", ammonì

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Pendergast, "qualche prova potrebbe...ehm, sparire."

"Quello che c'è dentro non importa",sentenziò Hazen.

"Direi che importa molto, alcontrario."

"Può dire quello che le pare",commentò lo sceriffo, allegro einsolente. "Tagli dall'altra parte."

Snip.Il ventre del morto si spalancò,

lasciando fuoriuscire di tutto. Ilcontenuto si rovesciò al suolo, mentre unfetore intollerabile riempiva l'aria. Conun singulto, Corrie indietreggiò,portandosi la mano alla bocca. Le bastòun momento per mettere a fuoco il

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contenuto, un allucinante assortimento difoglie, rametti, sassi, salamandre, rospie topi. In mezzo a tutti quei resti c'eraun cerchio limaccioso di cuoio chesomigliava al collare di un cane. Unserpente, ferito ma ancora vivo, sgusciòfuori dalla massa informe e strisciòlentamente sul terreno.

"Figlio di puttana", mormorò Hazen,arretrando con un'espressionedisgustata.

"Sceriffo?""Cosa?""Ecco la coda." Pendergast indicava

qualcosa."Coda? Ma di che parla?""La coda strappata al cane.""Ah, quella coda. Non mancheremo di

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etichettarla e analizzarla." Hazen si eraripreso con sorprendente rapidità. ACorrie non passò inosservata unastrizzatila d'occhio al medico legale.

"E il collare del cane.""Già", fece lo sceriffo."Posso farle notare", aggiunse l'uomo

dell'FBI, "che l'addome è statosquarciato con lo stesso rozzo strumentoimpiegato per le amputazioni sul corpodella Swegg, per tagliare la coda delcane e strappare lo scalpo aGasparilla?"

"Certo, certo", rispose lo sceriffo,senza nemmeno ascol tarlo.

"E, se non vado errato, quello è ilrozzo strumento in questione. Spezzato

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e gettato via", l'agente speciale indicò unog getto sul terreno.

Lo sceriffo guardò in quella direzione,si accigliò e fece un cenno a un tecnicodella Scientifica. Fu scattata unafotografìa, prima che i due pezzidell'oggetto fossero raccolti con pinze digomma e riposti in una busta di plastica.Era un antico coltello indiano.

"Si direbbe un coltello protostoricodei cheyenne del sud, con manico dilegno rivestito di pelle. Un pezzooriginale e, aggiungerei, in perfettecondizioni, fino a quando non si èspezzato in seguito a un uso improprio.Una scoperta di notevole im portanza."

Hazen sogghignò. "Già, di notevoleimportanza. Un altro dettaglio di questa

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messinscena del cazzo.""Prego?"Si udì un fruscio alle loro spalle. Un

paio di agenti della Polizia di Stato,con gli stivali lucidi, si stava facendolargo fino alla radura. Uno dei dueaveva in mano un fax. Lo sceriffoaccolse i due nuovi arrivati con unsorriso. "Ah, proprio quello cheaspettavo." Prese il fax, lo guardò e ilsorriso gli si allargò da un orecchioall'altro. Lo porse a Pendergast. "Unordine di Cessare e Desistere, appenaarrivato dall'Ufficio Divisionale delMidwest dell'FBI. Lei è sollevato dalcaso."

"Davvero?" Pendergast lo lesse con

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attenzione, poi alzò lo sguardo. "Possotenerlo?"

"Ma naturalmente", disse Hazen,sempre meno affabile. "Lo tenga, loincornici e se lo appenda in casa. Eadesso, con tutto il rispetto, questa è lascena di un crimine e tutto il personalenon autorizzato se ne deve andare. Miriferisco a lei e alla sua tirapiedi."

Corrie aveva spalancato gli occhi.L'uomo dell'FBI ripiegò

accuratamente il foglio e se lo mise intasca. Si voltò verso la ragazza."Vogliamo andare?"

Lei lo guardò incredula. "AgentePendergast", cominciò, "non vorràdargliela vinta così..."

"Non è il momento, Corrie", le fece

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notare lui, in tono ami chevole."Ma non può..."Pendergast la prese per un braccio e

la condusse via, gentilmente ma condecisione. Prima che lei potesseriaversi, erano già fuori dal campo, sullastretta stradina in cui avevano lasciatola Gremlin. Senza dire una parola,Corrie si mise al volante e avviò ilmotore, mentre l'agente speciale siaccomodava sul sedile del passeggero.La ragazza era quasi accecata dallarabbia, mentre si allontanava dal gruppodi veicoli ufficiali parcheggiati intorno.Pendergast aveva lasciato che losceriffo lo estromettesse, che lainsultasse, senza reagire. Le veniva da

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piangere."Signorina Swanson, devo dire che

l'acqua del rubinetto di Medicine Creekè di qualità eccezionale. Come lei sa, houna predilezione per il tè verde. E noncredo di avere trovato un'acquamigliore per prepararlo."

Di fronte a una simile affermazione,non c'era nulla che lei potesse dire.Frenò e si limitò a chiedere: "Doveandiamo?"

"Mi lascerà a casa Kraus. Dopo diche le consiglio di tornare alla suaroulotte e chiudersi bene dentro. Mirisulta che sia in arrivo una tempesta disabbia."

"Ne ho già viste tante", sbuffò lei."Non di questa portata. Le tempeste di

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sabbia possono essere tra gli eventimeteorologici più temibili. Lepopolazioni dell'Asia centrale hannodato dei nomi ai venti che le portano.Anche in quest'area, durante la GrandeSiccità, erano conosciute come tifonin e r i . Le persone sorprese all'apertorischiavano di morire soffocate."

Con uno stridore di pneumaticisull'asfalto la ragazza ripartì. Tutta lascena aveva una sfumatura irreale.Pendergast era stato umiliato, sollevatoda un caso su cui era venuto a indagarefin da New York. E non sapeva farealtro che parlare del tè e del tempo?

Un paio di minuti dopo, Corrie deciseche non sarebbe riuscita a tacere.

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"Senta, non riesco a credere che abbiapermesso a quel sacco di merda dellosceriffo di farle una cosa simile!"

"Fare che cosa?""Che cosa? Trattarla in quel modo.

Sbatterla a calci fuori dalla scena delcrimine!"

Pendergast sorrise. "Nisi paret,imperat. Se non obbedisce, comanda."

"Vuol dire che non ha intenzione diobbedire a quell'ordi ne?"

"Signorina Swanson, non hol'abitudine di discutere le mie intenzionifuture, neppure con un'assistente fidata."

A dispetto della rabbia, Corriearrossì. "Allora, facciamo finta diniente? Continuiamo l'indagine eall'inferno il lurido ba stardo?"

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"Il mio comportamento nei confrontidi quello che lei chiama in modocolorito il lurido bastardo non la puòpiù riguardare. La cosa fondamentale èche non posso imporle di mettersi controlo sceriffo a causa mia. Ah, eccoci. Sifermi vicino ai garage dietro la casa,per favore."

Corrie obbedì, parcheggiando neipressi di una fila di vecchi garage inlegno dietro la casa di Winifred Kraus.Pendergast si avvicinò a uno di essi e sichinò ad aprire un lucchetto nuovo dizecca. Dietro le porte, la ragazzaintravide la lucente carrozzeria di unagrossa automobile. Poco dopo si udì ilrombo di un motore. Lentamente, l'auto

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spuntò dal box. Non credeva ai propriocchi: una lucida, elegantissimaapparizione emerse nella polvere grigiadi Medicine Creek. Non aveva mai vistouna macchina come quella, se non neifilm. Pendergast scese dal veicolo.

"E questa da dove arriva?""Ho sempre tenuto conto

dell'eventualità di dover rinunciare aisuoi servigi, quindi mi sono fatto portarela mia auto mobile."

"Questa sarebbe la sua automobile?Che cos'è?"

"Una Rolls Royce Silver Wraith del'59."

Solo in quel momento Corrie fececaso al significato della fraseprecedente. "Come sarebbe a dire

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rinunciare ai miei ser vigi?"Pendergast le porse una busta. "Qui

troverà la sua paga fino alla fine dellasettimana."

"Per quale motivo? Non posso piùessere la sua assistente?"

"Non dopo l'ordine di Cessare eDesistere. Non posso proteggerla daquesto. E non posso chiederle di corrererischi sul piano legale.Disgraziatamente, a partire da questomomento, la sua carica non è più valida.Le suggerisco di tornare a casa eri prendere la sua vita di tutti i giorni."

"Quale vita? La mia vita di tutti igi or ni fa schifo. Deve pur esserciqualcosa che posso fare!" La rabbia si

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mescolava a un senso d'impotenza: orache si stava interessando al caso, che visi era appassionata... ora che avevatrovato una persona che potevarispettare e di cui si poteva fidare... orache finalmente aveva una ragione peralzarsi dal letto la mattina... venivalicenziata. Malgrado ogni sforzo, lesfuggì una lacrima, che si asciugòrabbiosamente.

Pendergast fece un inchino. "Puòaiutarmi ancora una volta,soddisfacendo la mia curiosità riguardoall'eccellente acqua di Medicine Creek."

Lei lo guardò senza capire. Eraveramente un uomo impos sibile.

"Viene dai pozzi, che credo laprendano da un fiume sotterraneo",

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rispose, cercando di mantenere ferma lavoce.

"Un fiume sotterraneo", ripetéPendergast, gli occhi persi nel vuoto,come se stesse guardando dentro sestesso alla luce di un'improvvisarivelazione. Poi sorrise, fece un altroinchino e le prese la mano, trattenendolaa qualche centimetro dalla bocca.Quindi salì sulla Rolls Royce e ripartì inuna nuvola di polvere, lasciandola inpiedi accanto al suo rottame, in predaall'ira, allo stupore e alla disperazione.

42

L'auto di pattuglia sfrecciava a una

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media di centosettanta chilometri orari.L'aria condizionata poteva essere fuoriuso, pensava Hazen, gli internipotevano essere in condizioni pietose,ma la Mustang opportunamentemodificata per la polizia aveva ancoraquello che ci voleva sotto il cofano. Lapesante carrozzeria si inclinava ora dauna parte, ora dall'altra sullesospensioni. La doppia scia di granturcoai margini della strada guizzava nellospecchietto retrovisore.

Si sentiva molto meglio rispetto allasettimana appena trascorsa. Uscito discena Pendergast, aveva ripreso ilcontrollo della situazione. Avrebbetenuto saldamente in pugno il caso.Accanto a lui, sul sedile del passeggero,

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Chester Raskovich era grigio in volto,con le tempie imperlate di sudore. L'autoanda va troppo veloce per i suoi gusti.

Lo sceriffo avrebbe preferito avereaccanto il proprio vice, al posto delvigilante del campus: per Tad sarebbestata un'esperienza utile. Come gliaccadeva spesso, Hazen si dispiacqueche suo figlio Brad non assomigliasse algiovane vicesceriffo: un ragazzorispettoso, ambizioso, non unperdigiorno. Ma in quel momento nonserviva pensare a quello che avrebbepreferito, si disse con un sospiro. Eraimportante tenere in pista Raskovich e,tramite lui, il dottor Fisk. Se giocavabene le sue carte, era certo di poter

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riportare l'esperimento a MedicineCreek.

Le prime fattorie di Deeper passaronocome fulmini fuori dal finestrino. Hazenrallentò fino al limite di velocità. Nonera il caso di stirare qualche ragazzinodel posto, proprio adesso che il casoaveva preso una svolta favorevole.

"Qual è il suo piano, sceriffo?" riuscìa chiedere Raskovich. Aveva ripreso arespirare normalmente.

"Andiamo a far visita al distintosignor Norris Lavender."

"E chi è?""Possiede metà della città, più tutti

questi campi qua fuori, che dà in affitto.Fu la sua famiglia a mettere in piedi ilprimo ranch da queste parti."

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"Lei crede che possa esserecoinvolto?"

"Lavender ha le mani in pastadappertutto, quaggiù. Ricorda ladomanda che ho fatto a Hank Larssen:chi ci rimetterebbe di più? Be', non è unmistero."

Il vigilante annuì.Arrivarono in vista della zona

commerciale della città. C'era unHardee's da una parte e un A&Wdall'altra. In mezzo una serie di attivitàcommerciali male in arnese o addiritturachiuse: un negozio di articoli sportivi,una drogheria, una stazione di servizio,una rivendita di auto usate (tutti cessidell'AMC), una lavanderia a gettone e il

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Deeper Sleep Motel. Tutto risaliva aglianni Cinquanta. Potrebbe essere lascenografia di un film, si dis se Hazen.

Svoltò nel parcheggio alle spalle delGrand Theater, da tempo abbandonato,e dello Hair Apparent, il salone delparrucchiere. Sul retro sorgeva unedificio a un solo piano di mattoniarancione, interamente circondato da unapiattaforma di asfalto lucido. Hazenarrivò fino alla porta a vetri eparcheggiò illegalmente sulla corsia diemergenza riservata ai pompieri, giustoper dispetto. L'auto di Hank eraparcheggiata ordinatamente lì accanto.Scosse il capo: il collega di Deeperproprio non sapeva come incutererispetto. Lo sceriffo lasciò l'auto con i

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lampeggianti accesi, perché tuttipotessero vedere che era venuto inve ste ufficiale.

Spinse le porte a vetri e, tallonato daRaskovich, entrò nell'aria fresca delLavender Building. Si fermò al bancodella reception, dove una segretariabruttissima gli disse con un tonoefficiente che rasentava l'antipatia:"Può passare, sceriffo. La stannoaspettando".

Hazen si portò la mano alla tesa delcappello in un cenno di saluto es'incamminò lungo il corridoio,oltrepassando altre porte a vetri. Unaseconda segretaria, anche peggiore dellaprima, fece loro cenno di proseguire.

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Quanto sono brutte a Deeper.Probabilmente si sposano tra cugini.

Si fermò sulla soglia dell'ufficio e siguardò intorno. L'arredamento eradecisamente appariscente, con un che diinternazionale: strutture in vetro emetallo, in varie tonalità di grigio enero, scrivanie smisurate, moquettealtissima, vasi di piante. Solo un paiodi stampe Darlin' Dolls tradivano ilnaturale cattivo gusto del proprietario.

Lavender in persona, seduto dietro lasua scrivania gigante, si alzò sorridenteal loro ingresso. Indossava una tuta dajogging con strisce laterali e a un ditoportava un anello di diamanti conmontatura di platino. Era alto e magro ein ogni suo movimento ostentava quello

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che di sicuro riteneva fosse un languorearistocratico. Ma la testa, a forma dipiramide, era molto grossa in rapportoal resto del corpo, con una bocca troppolarga, due occhietti ravvicinati e unafronte stretta, bianca e liscia come unafetta di sugna. La testa di un uomo grassosopra un corpo magro.

Hank Larssen si alzò a sua volta.Lavender non disse nulla, limitandosi atendere un braccio e ad accennare a unasedia con la sua manina bianca. Undilemma per Hazen: obbedire, oppurescegliere da solo dove sedersi? Losceriffo sorrise, guidò Raskovich versola sedia indicata e ne prese un'altra persé.

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Lavender restò in piedi. Appoggiò lesue mani infantili sulla scrivania e siprotese lentamente in avanti. "Benvenutoa Deeper, sceriffo Hazen", disse convoce untuosa. "E lei, presumo,dev'essere il signor Raskovich dellaKansas State University."

Hazen fece uno sbrigativo cenno diassenso. "Suppongo che tu sappia perchésono qui, Norris."

"Devo chiamare il mio avvocato?"fece lui, come se fosse una battuta.

"Dipende da te. Non sei un indiziato."Lavender inarcò un sopracciglio.

"Davvero?""Davvero" E pensare che tuo nonno

era un maledetto contrabbandiere.

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Hazen ripeté: "Davvero"."Bene, allora, vogliamo procedere?

Dal momento che questo è un colloquiovolontario, mi riservo il diritto di porvifine in qualsiasi momento."

"Allora andrò subito al punto. Chi è ilproprietario dell'appezzamento diterreno di Deeper scelto comepotenziale sede dell'esperimento dellaKansas State University?"

"Sai benissimo che è di mia proprietà.L'ho dato in affitto alla BuswellAgricon, associata all'università inquesto progetto."

"Conoscevi il dottor StantonChauncy?"

"Naturalmente. Lo sceriffo e io gliabbiamo fatto visitare la città."

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"Che cosa pensavi di lui?""Probabilmente quello che ne pensavi

tu." Lavender fece un sorriso che nonlasciò dubbi sulla sua opinione riguardoal de funto.

"Eri al corrente della decisione delprofessore di assegnare l'esperimento aMedicine Creek?"

"No. Il dottor Chauncy non sisbottonava."

"Hai trattato un nuovo contratto con laKansas State University per il terrenosperimentale?"

Lavender chinò languidamente il capoda una parte. "No, non volevoinfluenzare la situazione. Ho detto soloche, se avessero deciso di compiere

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l'esperimento a Deeper, avrebberopotuto affittarlo alle stesse condizionidella Buswell Agricon."

"Ma avevi intenzione di aumentare gliaffitti?"

"Mio caro ragazzo, dopotutto io sonoun uomo d'affari. Speravo che gli affittisarebbero aumentati per i campi su cuiaves sero deciso di lavorare in futuro."

Mio caro ragazzo. "Allora tiaspettavi che l'operazione siespandesse."

"Naturale.""Sei anche il proprietario del Deeper

Sleep Motel, ho ragio ne?""Sai benissimo che è così.""E dello Hardee's in franchising.""Una delle mie attività più redditizie."

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"Possiedi gli edifici che vanno dalBob's Sporting Goods fino al saloneHair Apparent, giusto?"

"È tutto nei pubblici registri, sceriffo.""...nonché il palazzo del Grand

Theater, attualmente vuoto, lo SteakJoint e il centro commerciale di CryCounty."

"Anche questi sono fatti noti.""Nel corso degli ultimi cinque anni,

quanti dei tuoi affittuari hanno rescisso icontratti e hanno chiuso le loroatti vità?"

La facciona continuava a sorridere,ma Hazen osservò che Lavender avevacominciato a rigirarsi l'anello intorno aldito. "Questi aspetti finanziari sono

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affari miei, grazie tante.""Allora fammi indovinare. Il

cinquanta per cento? Il Rookery non èpiù in attività, il Book Nook ha levato letende da un bel po', il Jimmy's Round Upha chiuso i battenti l'anno scorso. E ilcentro commerciale ormai è vuoto perdue terzi."

"Posso farti notare, sceriffo, che ilDeeper Sleep Motel è attualmenteoccupato al cento per cento?"

"Sì, perché è pieno di giornalisti. Checosa accadrà quando finirà questastoria? Tornerà a essere menofrequentato del Bates Motel."

Le labbra umidicce di Lavendercontinuavano a sorridere, ma la facciaaveva perso ogni traccia di allegria.

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"Quanti affittuari sono indietro con ipagamenti?" incalzò lo sceriffo. "Ilguaio è che non sei più nella posizionedi fare il duro e sfrattarli, vero? Vogliodire, chi prenderebbe il loro posto?Meglio abbassare gli affitti e lasciarcorrere." Lasciò crescere la tensione,prendendosi il tempo di guardarel'ufficio in modo dettagliato. Su unaparete c'erano fotografie di NorrisLavender in compagnia di personaggifamosi: Billy Carter, fratello delpresidente Jimmy, un paio di campionidi football, una star del rodeo e uncantante country western. In moltefotografie si vedeva un terzo uomo,robusto, di carnagione scura, con

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l'espressione torva: Lewis McFelty, laspalla di Lavender. Non lo aveva vistoin giro, come si sarebbe aspettato. Unaltro dettaglio a sostegno della suateoria. Hazen si voltò sorridente versoLavender. "La tua famiglia possiedequesta città da almeno un secolo, ma aquanto pare il sole sta tramontandosull'impero dei Lavender, vero,Norris?"

Fu lo sceriffo Larssen a intervenire."Senti, Dent, questa è solo prepotenza.Non riesco a vedere il nesso con gliomicidi."

Lavender lo invitò al silenzio con ungesto. "Grazie, Hank, ma sapevo findall'inizio qual era il gioco di Hazen.Can che ab baia..."

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"Quelli che ho esposto sono fatti",tagliò corto lo sceriffo.

"Lo sono. Ma non riguardano i delittidi Medicine Creek. Riguardano miononno, che si racconta abbia sparato atuo nonno in una gamba." Lavender sirivolse all'uomo della Kansas StateUniversity. "Signor Raskovich, la miafamiglia e quella dello sceriffo hannouna questione aperta che risale aparecchio tempo fa. C'è chi non riesce asuperarla." Poi sorrise a Hazen Dent."Be', la storia non quaglia. Mio nonnonon ha mai sparato a tuo nonno. Io nonsono un serial killer. Ma guardami. Puoiimmaginarmi in un campo di granturcomentre riduco un essere umano come

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uno di quei tacchini che si spolpano davoi a Medicine Creek?" Si guardòintorno compiaciuto.

La storta non quaglia. Eccolo lì,veniva in superficie come il grasso nellostufato. Norris Lavender potevainfiorettare le sue frasi con tutti idavvero e i mio caro ragazzo chevoleva, ma non poteva nascondere le sueorigini. "Non sei diverso da tuo nonno,Norris. Ci sono altri che fanno il lavorosporco al posto tuo."

Lavender inarcò un sopracciglio."Questa si direbbe proprio un'accusa."

Hazen sorrise. "Sai, Norris, si sente lamancanza del tuo caro amico LewisMcFelty. Come sta?"

"Il mio assistente, povero ragazzo, ha

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la mamma malata a Kansas City. Gli hodato una settimana di ferie."

Il sorriso dello sceriffo si allargò."Spero proprio che non sia niente digrave."

Nessuna risposta.Hazen tossì e riprese: "Hai molto da

perdere, se questo esperimento dovesseandare a Medicine Creek".

L'uomo d'affari aprì una scatola disigari e la fece scorrere sul tavolo,verso Hazen. "Sei un accanito fumatore,sceriffo. Prego."

Hazen guardò la scatola. Cubani,figuriamoci. Scosse il capo.

"Signor Raskovich, un sigaro?"Il capo della sicurezza fece cenno di

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no.Lo sceriffo si appoggiò allo schienale.

"Tu hai tutto da per dere, non è così?""Disturbo se fumo io?" Lavendef

prese un sigaro dalla scatola e lo tennein sospeso tra due dita.

"Prego", lo invitò Larssen, lanciandonel contempo un'occhiata malevola alcollega. "Un uomo ha il diritto di fumarenel proprio ufficio."

Hazen aspettò. Lavender prese untagliasigari d'argento dalla scrivaniaper mozzarne la punta e ammirò ilproprio operato. Poi scaldò l'estremitàcon un accendino d'oro, la leccò e lafagocitò nella grande bocca, prima diaccendere il sigaro. L'operazionerichiese diversi minuti.

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Quindi si avvicinò alla finestra, con lemani intrecciate dietro la schiena e losguardo rivolto al parcheggio, sbuffandolanguidamente nuvolette di fumo. Ognitanto prendeva il sigaro fra le dita e neosservava la punta. Hazen guardò fuoridalla finestra: il cielo era nero come lanotte. La tempesta avanzava e aveval'a ria di essere grossa.

Il silenzio si protrasse finchéLavender non si voltò verso di lui:"Oh!" disse fingendosi sorpreso. "Seiancora qui?"

"Sto aspettando una risposta alla miadomanda."

Lavender tornò a sorridere. "Non viho detto cinque minuti fa che questa

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conversazione era conclusa? Sono statoveramente sbadato." Voltò di nuovo lespalle, continuando a fumare il sigaro."Badate di non farvi sorprendere dallatempesta, si gnori."

Hazen partì a razzo dal parcheggio,

lasciando sull'asfalto la giusta quantitàdi pneumatici. Una volta in strada,Raskovich gli chiese: "Cos'è questastoria del nonno di Lavender e del suo?"

"Una cortina di fumo."Dopo qualche secondo di silenzio, lo

sceriffo si rese conto con una certairritazione che Raskovich si aspettavauna risposta. Si sforzò di dargliela:doveva tenere quella gente dalla suaparte, e Raskovich ne era la chiave.

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"I Lavender hanno cominciato con unranch, ma negli anni Venti, durante ilProibizionismo, fecero un sacco di soldicol contrabbando di alcolici.Controllavano tutta la distribuzionedella contea, comprandoli daidistillatori clandestini. A quei tempi miononno era lo sceriffo di Medicine Creeke una notte lui e un paio di funzionaridella finanza beccarono King Lavendere i suoi dalle parti di casa Kraus,mentre caricavano l'alcool su un mulo.In quegli anni il vecchio Kraus avevauna distilleria clandestina sul retro dellacaverna aperta ai turisti. Ci fu unoscontro a fuoco e mio nonno si prese unapallottola. King Lavender fu messo sotto

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processo, ma si comprò la giuria e nonpagò lo scotto."

"Pensa davvero che ci sia Lavenderdietro gli omicidi?"

"Signor Raskovich, in un'indagine dipolizia bisogna trovare il movente, imezzi e l'opportunità. Lavender ha ilmovente ed è un maledetto figlio diputtana che farebbe di tutto pur dimettersi in tasca un dollaro. Quello chedobbiamo trovare adesso sono i mezzi el'opportunità."

"Francamente, non lo vedocommettere omicidi."

Quel tipo era un deficiente. Hazenscelse con cura le parole. "Parlavoseriamente, in ufficio: non credo che luiabbia commesso i delitti di persona,

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non è nel suo stile. Ma lui è il tipo chepuò assumere un killer per fare il lavorosporco." Riflette un istante. "Mipiacerebbe fare due chiacchiere conLewis McFelty. La mamma malata aKansas City? Col cavolo."

"E adesso dove siamo diretti?""A scoprire quanto male sia messo

Norris Lavender. Prima andiamo a dareun'occhiata ai registri delle tasse inmunicipio. Poi scambiamo due parolecon i suoi creditori e i suoi nemici.Dobbiamo capire quantosprofonderebbe nella merda seperdesse il campo sperimentale. Questaera la sua ultima possibilità, e non mistupirei se avesse messo in gioco tutto

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quanto." Tacque un istante. Un po' dipubbliche relazioni non facevano maimale. "Tu che ne pensi, Chester?M'interessa un tuo parere."

"È una teoria valida."Lo sceriffo sorrise e puntò l'auto

verso il municipio. Certo che era unateoria valida.

43

Alle due e trenta di quel pomeriggio,

Corrie era distesa sul letto ad ascoltareTool sul suo lettore CD. Cercava dirilassarsi, ma le era impossibile.Dovevano esserci quaranta gradi, nellasua camera, ma dopo quello che erasuccesso l'altra notte non aveva il

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coraggio di aprire la finestra.Continuava a sembrarle incredibile chequel tipo della Kansas State fosse statoucciso proprio in fondo alla strada.D'altra parte, tutto quello che eraaccaduto nell'ultima settimana eraincredibile.

Fuori dalla finestra, grandi nubi aforma d'incudine occupavano un po' pervolta il cielo. L'oscurità stava calando inanticipo. Ma si continuava a morire dicaldo: fino a quel momento la tempestaimminente aveva solo aumentatol'umidità.

Sentì la voce della madre attraversola parete della camera da letto e per tuttarisposta alzò il volume. Si udirono

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allora alcuni tonfi attutiti: era la donnache picchiava sulla parete per attirarela sua attenzione. Gesù, sua madre avevascelto proprio quel giorno per darsimalata sul lavoro. Lo stesso giorno incui Pendergast le aveva detto di nonavere più bisogno di lei, lasciandolachiusa in casa senza niente da fare, matroppo spaventata per ritirarsi nel suoabituale rifugio lungo la linea elettrica.Sen tiva quasi la mancanza della scuola.

La porta della camera si aprì ecomparve la donna, in camicia da notte,sigaretta tra le labbra, braccia troppomagre incrociate su una pancia troppograssa.

La ragazza si tolse gli auricolari."Corrie, sto gridando a squarciagola.

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Un giorno o l'altro te li butto via.""Me l'hai detto tu di metterli.""Non quando sto cercando di parlare

con te."Corrie guardò le sbavature di mascara

e i resti del rossetto della sera primaannidati nelle pieghe delle labbra.Aveva bevuto ma, in apparenza, nonabbastanza da dover restare a letto.Come poteva quell'aliena essere suamadre?

"Perché non sei fuori a lavorare?Quell'uomo si è già stanca to di te?"

La ragazza non rispose. Tanto suamadre avrebbe detto lo stesso quello cheaveva da dire.

"Secondo i miei calcoli... ti ha pagato

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per due settimane. Sonomillecinquecento dollari, giusto?"

Corrie la guardò con gli occhisbarrati.

"Finché vivi qui, devi contribuire. Tel'ho già detto. Ho avuto un sacco dispese ultimamente: le tasse, la spesa, lamacchina... di tutto. E adesso mi perdoun giorno di mance per colpa di questomaledetto raffreddore."

Maledetti postumi di sbornia, vorraidire. Tacque.

"Una divisione fifty-fifty è il minimoche mi posso aspettare."

"Sono soldi miei.""E di chi erano i soldi che ti hanno

mantenuta per gli ultimi dieci anni? Dicerto non di quello stronzo di tuo padre.

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Miei. Io mi sono fatta il culo a lavorareper mantenerti e, perdio, signo rina, devidarmi qualcosa in cambio."

Corrie aveva nascosto i soldi sotto ilfondo della cassettiera, bloccati colnastro adesivo, e non aveva intenzionedi farlo sapere a sua madre. Ma perchési era lasciata sfuggire quantoguadagnava? Quei soldi le sarebberoserviti per pagarsi un legale del cazzoquando ci fosse stato il processo.Altrimenti le sarebbe toccato qualchecoglione di avvocato d'ufficio e sarebbefinita in galera. Avrebbe fatto una granbella figura a inviare la richiestad'iscrizione all'università direttamentedal carcere.

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"Ti ho detto che ti avrei lasciato deisoldi sul tavolo della cu cina."

"Tu lascerai settecentocinquantadollari sul tavolo della cu cina."

"Sono troppi.""Per averti mantenuta tutti questi anni

non bastano nean che.""Se non volevi mantenermi, non

dovevi restare incinta.""Gli incidenti capitano,

sfortunatamente."Corrie avvertì l'odore acre del filtro

della sigaretta che bruciava. Sua madresi guardò intorno e schiacciò ilmozzicone nel bruciatore d'incenso. "Senon vuoi contribuire, trovati un altroposto in cui vivere."

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La ragazza si voltò verso la parete e sirimise gli auricolari, alzando il volumefino a farsi male alle orecchie. Sentivaappena la madre che le urlava dietro. Sefa tanto di toccarmi, pensò, io urlo. Manon l'avrebbe fatto. Una volta l'avevapicchiata e lei aveva gridato così forteche era arrivato persino lo sceriffo.Ovviamente il piccolo bulldog nonaveva fatto niente, a parte minacciare diaccusare l e i di disturbo alla quietepubblica. Ma almeno il suo interventoaveva indotto la madre a tenere le mania posto: ora lei non poteva farle niente.Bastava solo aspettare che se neandasse, sbattendo la porta.

Corrie se ne stette sola a lungo

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immobile a pensare. Cercò diallontanare la propria mente dallamadre, dalla roulotte, dall'infernodeprimente che era la sua vita. E sisorprese a pensare a Pendergast: al suovestito nero, ai suoi occhi azzurri, allasua figura alta e magra. Si chiese seavesse una moglie o dei figli. Non erastato bello il modo in cui l'avevaliquidata, andandosene a bordo diquell'auto di lusso. Ma forse, come tuttigli altri, era rimasto deluso da lei.Forse, alla fine, lei non era stataall'altezza delle sue aspettative.Bruciava di risentimento nei confrontidello sceriffo, per come si eracomportato con Pendergast nelconsegnargli quelle carte. Ma l'agente

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dell'FBI non era tipo da arrendersi. Nonaveva forse lasciato intendere cheavrebbe continuato a lavorare al caso?È stato costretto a licenziarmi, lacolpa non è mia, si disse. L'aveva dettolui stesso che non poteva imporle dimettersi contro lo sceriffo per causa sua.

Riesaminò il caso per proprio conto.Era ancora diffìcile da mandar giù chel'assassino fosse qualcuno del posto. Seera uno di lì, sicuramente lei loconosceva. Ma del resto lei conoscevatutti a Merdicine Creek e non riusciva afigurarsi nessuno in veste di serialkiller. Rabbrividì, ripensando alle scenedel crimine che aveva visto di persona.Il cane con la coda mozzata... Chauncy,

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farcito come un tacchino... Ma forse ilcaso più allucinante era quello di Stott,bollito in quel modo. Perché il killerl'aveva fatto? E come si fa a bollire unuomo per intero? Ci voleva un grandefuoco, una pentola enorme... Sembravaimpossibile. E dove si poteva trovareuna pentola di quelle dimensioni? DaMaisie? No, certo che no: la pentola piùgrande che aveva era quella del chili delmercoledì sera, e ci stava a malapena unbraccio. Anche al Castle Club c'era unacucina... Corrie sbuffò. Era assurdo:neanche lì poteva esserci una pentolacosì grande da cucinare una persona. Perquello sarebbe occorsa una cucinaindustriale. O forse una vasca da bagno.Non era possibile mettere una vasca da

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bagno su una cucina a gas. Ma si potevafare un falò in un campo e mettercisopra la vasca. No: gli aerei daricognizione avrebbero avvistatoqualcosa, e in ogni caso il fu mo sarebbestato visibile anche da terra. E poiqualcuno poteva sentire l'odore dellacottura, o almeno del fumo.

No, non c'era nessun posto a MedicineCreek dove si potesse cuocere unapersona...

Scattò a sedere sul letto.Le Kraus's Kaverns.Sembrava folle, ma forse, tutto

sommato, non lo era. Lo sapevano tuttiche, durante il Proibizionismo, ilvecchio Kraus aveva allestito una

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distilleria clandestina dentro la caverna.Corrie provò un brivido, un misto di

eccitazione, curiosità e paura. Forsec'era ancora il materiale delladistilleria. E nelle distillerie ci sonogrosse pentole. Grosse abbastanza perbollire una persona? Poteva essere. Sisdraiò di nuovo, sentendo il cuorebattere forte. E tutto le parve ridicolo. IlProibizionismo era finito da settant'annie della vecchia distilleria non dovevaessere rimasto niente. Non si lascianoattrezzature di valore a mar cire in fondoa una caverna. E poi come avrebbe fattol'assassino a entrare e uscire dinascosto dalle grotte? Quella vecchietta,Winifred Kraus, le teneva chiuse achiave e le sorvegliava come un cane da

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guardia.La ragazza si rigirò nel letto. Le

serrature possono essere forzate. Leistessa aveva scaricato la Guida per loscassinatore mentre navigava suInternet col computer del liceo e si erafatta da sola un set di grimaldelli,allenandosi sui lucchetti della scuola.

Se l'assassino era di Medicine Creek,doveva essere al corrente delladistilleria clandestina. Poteva portare ilcadavere di notte, bollirlo e sparireprima del mattino, senza che la vecchiaWinifred se ne accorgesse. Dopotutto,ormai quasi nessuno visitava più legrotte.

Corrie si chiese se non fosse il caso

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di avvisare Pendergast. Era aconoscenza della distilleria clandestina?Ne dubitava: l'era del contrabbando eralontana e nessuno ne parlava più. Ma eraper questo che lui l'aveva assunta: perfarsi raccontare quel genere di cose.Doveva chiamarlo subito. Aveva ancorain tasca il cellulare che lui le avevadato. Lo prese e compose il numero.

Si fermò. L'idea era assurda, stupida.Aveva solo tirato a in dovinare. L'agentespeciale avrebbe riso di lei. Forse sisarebbe anche arrabbiato. Dopotutto, leinon doveva più occuparsi di quel caso.Lasciò cadere il telefono sul letto e sivoltò di nuovo verso la parete. Forseavrebbe dovuto darci un'occhiata, giustoper essere sicura. Per vedere se c'era

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ancora la distilleria. In quel caso,l'avrebbe detto a Pendergast. In casocontrario, avrebbe evitato di fare lafigura dell'idiota.

Si rimise a sedere e appoggiò i piedisul pavimento. Tutti sapevano che nellegrotte c'erano una o due sale, dietrol'area destinata alle visite turistiche. Ladistilleria doveva trovarsi in una diesse. Non doveva essere difficile darintracciare. Tutto quello che dovevafare era entrare a dare un'occhiata euscire. Il che le avrebbe dato una buonaragione per andarsene fuori di casa.Qualsiasi cosa, pur di stare lontana daquell'inferno.

Abbassò il volume della musica e

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ascoltò. La madre si era zit tita.Si sfilò gli auricolari e si mise di

nuovo in ascolto. Poi, con moltacautela, si alzò dal letto, si rivestì e aprìlentamente la porta: tutto tranquillo.Tenendo in mano le scarpe percorsequatta quatta il corridoio. Proprioquando arrivò in fondo, la porta dellacamera da letto si spalancò. "Corrie!Dove diavolo credi di andare?"

Corse fuori dalla cucina, facendosbattere la porta alle proprie spalle. Siprecipitò verso la macchina, gettò lescarpe sul sedile accanto e girò lachiave, pregando che il motore siavviasse senza storie. Un colpo, unoscoppiettio e si spense.

"Corrie!" La madre era uscita dalla

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porta. Correva piuttosto veloce, peressere la vittima di un forte raffreddore.

La ragazza rigirò la chiavetta,premendo disperatamente l'acceleratore.

"Corrie!"Stavolta il motore partì e, con uno

stridore di pneumatici, la Gremlinpercorse a tutta velocità il vialetto dighiaia di Wyndham Parke Estates,lasciandosi dietro una scia di fumo,polvere e sassolini impazziti.

44

Marjorie Lane, receptionist presso la

direzione della ABX Cor poration, stavacominciando a entrare in agitazione.

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L'uomo vestito di nero era in salad'attesa da novanta minuti, il che potevanon essere insolito di per sé. Ma in tuttoquel tempo non aveva preso nessunadelle riviste a disposizione, né avevausato un telefono cellulare o uncomputer portatile. Non aveva fattoniente di tutto ciò che, normalmente,facevano tutte le persone in attesa diessere ricevute da Kenneth Boot, chiefexecutive officer della compagnia. Ineffetti, sembrava essere rimastoassolutamente immobile per tutto iltempo. Gli occhi, di uno strano coloreargenteo, sembravano fissare qualcosafuori dalla parete a vetri della salad'attesa, oltre il centro di Topeka, versola verde geometria di fattorie alla

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periferia della città.Marjorie era rimasta un fattore

costante nella compagnia, malgrado lalunga serie di recenti cambiamenti. Percominciare, la società si era disfatta delsuo vecchio nome, Anadarko BasinExploratory Company, passando allanuova sigla e al nuovo logo. Poi avevacominciato ad acquisire nuove attività,diverse dall'esplorazione petrolifera:fonti di energia, fibre ottiche, bandalarga (qualsiasi cosa fosse) e un milionedi altre cose che Marjorie non capiva e,come aveva constatato chiedendo ingiro, non capivano nemmeno gli altri. Ilsignor Boot era un uomo moltoimpegnato, ma anche quando non lo era

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preferiva lasciare la gente ad aspettare,a volte per un giorno intero, comeaveva fatto di recente con i direttori diun fondo mutualistico.

La receptionist sentiva la mancanzadei vecchi tempi, quando ancora capivadi che cosa si occupasse la compagnia,quando la gente non era costretta adaspettare. Per lei era una situazionespiacevole: c'era chi si lamentava, chiparlava ad alta voce al cellulare, chidigitava rumorosamente sul computerportatile e chi passeggiava avanti eindietro come una belva in gabbia. Avolte qualcuno usava anche unlinguaggio sconveniente, e lei eracostretta a chiamare gli agenti dellasicurezza.

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Ma questo... questo era peggio.Quell'uomo le faceva venire i brividi.La receptionist non aveva la minimaidea di quando il signor Boot lo avrebbericevuto, e se in effetti lo avrebbericevuto. Sapeva solo che si trattava diun agente dell'FBI, lui le avevamostrato il distintivo. Ma non era laprima volta che il signor Boot facevaaspettare gente importante.

Marjorie Lane cercava di dedicarsi allavoro: rispondeva al telefono, batteva amacchina, scaricava la posta elettronica,ma con la coda dell'occhio continuava avedere la figura in nero immobile comeuna statua. Sembrava quasi che nonbattesse nemmeno le palpebre. Quando

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non ne poté veramente più, fecequalcosa che non era autorizzata a fare:chiamò la segretaria personale delsignor Boot.

"Kathy", disse sottovoce, "questoagente dell'FBI è qui da quasi due ore ecredo proprio che il signor Bootdovrebbe rice verlo."

"Il signor Boot ha molto da fare.""Lo so, Kathy, ma penso proprio che

dovrebbe vederlo. Ho una bruttasensazione. Fammi questo favore, tiprego."

"Solo un momento."Marjorie fu messa in attesa. Poco

dopo la segretaria disse: "Il signor Bootgli può concedere cinque minuti".

La receptionist riappese il ricevitore.

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"Agente Pendergast?"Gli occhi chiarissimi incrociarono lo

sguardo della donna."Il signor Boot può riceverla adesso."Pendergast si alzò, fece un lieve

inchino e, senza dire una parola, varcòla soglia dell'ufficio.

Marjorie tirò un sospiro di sollievo. Kenneth Boot aveva l'abitudine di

lavorare in piedi, al tavolo da disegno.Si accorse in ritardo che l'agentedell'FBI era entrato e si era accomodatosu una poltrona. Il manager completò unmemo sul suo computer portatile, lotrasmise alla segretaria e si rivolse aPendergast.

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Fu una sorpresa. Questo agentedell'FBI non assomigliava per niente aEphrem Zimbalist jr., interprete deitelefilm che Boot guardava da ragazzo esuo mito personale. In effetti, non potevaessere più diverso: vestito nero diottimo taglio, scarpe inglesi fatte amano, camicia personalizzata, per nonparlare della pelle bianchissima e dellemani sottili. Aveva addosso almenocinque o seimila dollari di vestiario,biancheria esclusa.

Kenneth Boot era un intenditore infatto di abbigliamento, così come sivantava di esserlo quanto a vini pregiati,sigari e donne. Era il minimo chepotesse fare ogni chief executive officer

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americano di sesso maschile, se volevaavere successo negli affari.

Non gli piaceva l'atteggiamentoassunto dall'agente: si era messocomodo e guardava attentamente intornoa sé, come se stesse spogliando l'ufficiocon gli occhi. "Signor Pendergast?"

Questi non sembrò fargli caso.Continuò a passare al setaccio ciò chegli stava intorno. Chi pensava di essere,per comportarsi in quel modo di fronteal top manager dell'ABX, ladiciassettesima compagnia nellaclassifica delle maggiori societàquo tate alla Borsa di New York?

"Le ho dato cinque minuti e uno è giàtrascorso", segnalò Boot con vocecalma.

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Tornò al tavolo da disegno e cominciòa battere al computer un altro memo. Siaspettava di sentirlo parlare, maPendergast non apriva bocca. Bootcompletò il documento e guardòl'orologio. Restavano tre minuti. Lasituazione era imbarazzante: un uomocomodamente seduto nel suo ufficio, chesembrava studiare i pannelli dellaparete. In effetti, fissava proprio laparete di fondo dell'ufficio. Che cosadiavolo stava guardando?

"Signor Pendergast, le restano dueminuti", disse il manager a voce bassa.

L'uomo fece un cenno con la mano e,finalmente, parlò. "Non faccia caso ame. Quando ha finito e mi può dedicare

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la sua completa attenzione, parleremo."Il chief executive officer lo guardò di

sottecchi. "Meglio che dica quello cheha da dire, perché ora le rimaneesattamente un minuto."

D'improvviso l'agente speciale lofissò con uno sguardo così intenso dafare paura. "La camera blindata è dietroquella parete, vero?"

Con un grande sforzo di volontà, Bootrimase immobile. Quell'uomo sapevadove si trovava la camera blindata,un'informazione nota solo a tre managere al presidente del consiglio diamministrazione. C'era qualche indiziovisibile all'esterno? Eppure in dieci anninessuno aveva mai avuto il minimosospetto. Che l'FBI lo stesse

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sorvegliando? Era oltraggioso. Tuttiquesti pensieri attraversarono la mentedell'uomo senza che il volto tradisse laminima emozione. "Non so di che cosaparla."

Pendergast fece un sorriso. Ma era unsorriso condiscendente, come quello diun adulto che asseconda un bambino."Signor Boot, nel suo campo, certidocumenti sono strettamenteconfidenziali... sono come i gioiellidella corona per la sua compagnia. Miriferisco, naturalmente, alle vostre cartesismiche riguardanti le formazioniAnadarko, le mappe che indicano laposizione di tutti i depositi di gas e dipetrolio, realizzate con grande

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dispendio economico. Pertanto è un datodi fatto che questa compagnia dispongadi una camera blindata. Dal momentoche lei non si fida di nessuno, ècomprensibile che la camera blindata sitrovi nel suo ufficio, dove può tenerlasempre sott'occhio. Ora: lei ha antichiquadri d'autore appesi su tre pareti delsuo ufficio. Ma su quella porzione dellaquarta parete sono appese solo stampeprive di valore. Stampe che possonoessere tolte e appoggiate a terra senzatimore di danneggiarle. Dunque lacamera blindata non può che esseredie tro quel pannello."

Boot scoppiò a ridere. "Si credeSherlock Holmes, vero?"

Pendergast rise a sua volta. "Le

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chiedo rispettosamente, signore, dicollaborare volontariamente, aprendoquella camera blindata e consegnandomila vostra mappa sismica di Cry County,Kansas. L'ultima, completata nel 1979."

Boot si impose, seppure con fatica, dimantenere la calma. Aveva imparato datempo che una voce tranquilla potevasuo nare molto minacciosa. Parlò in tonoappena udibile. "Come ha detto leistesso, quelle mappe sono i gioiellidella corona della ABX. Quella solainformazione geologica rappresentatrent'anni di esplorazione sismica e diricerche petrolifere, costatapressappoco mezzo milione di dollari. Elei vuole che io gliela con segni?

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Sorrise, gelido."Le ho richiesto una collaborazione

strettamente volontaria. Non potrei maiottenere un mandato per un'informazionedel genere."

L'agente non aveva altro: nessunacarta da giocare, nessuna freccia al suoarco, e lo ammetteva apertamente. Erauno scherzo. Oppure un trucco. C'eraqualcosa in quella faccenda che mettevaa disagio Kenneth Boot, il quale fece unsorriso conciliante. "Spiacente di nonpoterla accontentare, signor Pendergast.Se non c'è altro, le auguro un buonpomeriggio."

Tornò al suo computer, ma la figuravestita di nero non sembravaintenzionata a muoversi.

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Boot parlò senza alzare lo sguardo."Fra trenta secondi lei diventerà unintruso in quest'ufficio. A quel puntochiamerò gli uomini della sicurezza."

Fece una pausa, attese dieci secondi,quindi premette il pulsantedell'intercom per parlare con lasegretaria. "Kathy, chiami una squadradella sicurezza per accompagnareimmediatamente il signor Pendergastalla porta. " Riprese il lavoro, battendoun memo destinato al vicepresidente delsettore finanza della compagnia. Manon poteva fare a meno di notare che ilfiglio di puttana era rimasto sedutosulla sedia, tamburellando su unbracciolo. Con la stessa aria distratta

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che avrebbe avuto nella sala d'attesa diambulatorio. Bastardo insolente.

L'intercom ronzò. "La sicurezza è qui,signore."

Prima che potesse rispondere, l'uomodell'FBI si alzò dalla poltrona e connaturale eleganza si accostò al tavolo dadisegno. Boot si voltò, ma la protesta glimorì in gola di fronte all'espressionesul volto pallido di Pendergast.

L'agente gli si avvicinò all'orecchio emormorò un numero: "2300576700".

Boot rimase stupefatto per un istante.Quel numero gli era familiare. Quandosi rese conto a che cosa si riferisse, glisi riz zarono i capelli.

Si sentì bussare alla porta e tre uominidella sicurezza entrarono in ufficio, tutti

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con una mano sul calcio della pistola."Si gnore, è questo l'uomo?"

Il manager li guardò, la menteannebbiata dal panico.

Pendergast sorrise e fece un cenno pertranquillizzare gli uomini dellasicurezza. "Il signor Boot non ha piùbisogno del vostro aiuto e si scusa peril disturbo."

I tre guardarono il chief executiveof f icer, che dopo qualche secondoannuì, rigido. "Esatto. Non ho bisogno divoi."

"Sareste così gentili da chiudere laporta, uscendo", aggiunse Pendergast,"e dire alla segretaria di non far entrarenessuno e non passare chiamate per i

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prossimi dieci minuti? Abbiamo bisognodi un po' di privacy."

I tre guardarono di nuovo il loro capo."Sì", confermò lui. "Abbiamo bisogno

di un po' di privacy."Le guardie si ritirarono, la porta si

richiuse con uno scatto e nell'ufficiotornò il silenzio.

"E adesso, mio caro signor Boot",disse l'uomo dell'FBI, in tono allegro,"vogliamo tornare a parlare dei gioiellidella coro na?"

Pendergast tornò alla Rolls Royce con

il grosso tubo di cartone sottobraccio.Aprì la portiera, collocò il tubo sulsedile del passeggero e si sedette.Faceva caldo, all'interno. Avviò il

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motore, lasciando che l'abitacolo sirinfrescasse mentre sfilava la mappa dalcontenitore e le dava un'occhiata, giustoper essere sicuro di avere trovato quelloche cercava.

Era proprio ciò di cui aveva bisognoe anche qualcosa in più. Ora tuttotornava: i Tumuli, la leggenda deiGuerrieri Fantasma, il massacro deiQuarantacinque e i movimenti del serialkiller, fino a quel momentoincomprensibili. Così come l'eccellentequalità dell'acqua di Medicine Creek, ildettaglio che gli aveva fornito il nessoche cercava. Come aveva sperato eratutto lì, nei risultati delle ricerchepetrolifere, perfettamente leggibili in blu

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su bianco.Prima le cose più importanti. Prese il

telefono, attivò lo scrambler e composeun numero dell'area di Cleveland, Ohio.Dopo un solo squillo, qualcuno risposealla chiamata, anche se trascorsequalche secondo prima che una vocequasi impercettibile rispondesse:"Dunque?"

"Ti ringrazio, Mime. Il numero diconto alle Isole Cayman ha funzionato.Presumo che il bersaglio trascorreràqualche notte insonne."

"Lieto di essere stato utile." Con unclic la comunicazione criptata ebbetermine.

Pendergast tornò a guardare la mappa,esaminando con attenzione il complesso

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labirinto sotterraneo. "Eccellente",mor morò.

L'incrocio della memoria non avevafallito. Al contrario, come confermavala mappa, aveva avuto un successosuperiore alle aspettative. Era stato luia non interpretarlo correttamente.Arrotolò nuovamente la carta e la rimisenel tubo, richiudendolo con ilcoperchio.

Ora sapeva esattamente da dovefossero venuti i Guerrieri Fantasma. Edove fossero andati.

45

A New York City il pomeriggio era

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caldo e luminoso. Ma nei meandri dellacasa sulla Riverside Drive era sempremezzanotte. L'uomo di nome Wren,magro e spettrale come un'apparizione,passava dall'una all'altra camera delsotterraneo, squarciando il velluto delletenebre con la luce del suo casco daminatore. La lampada illuminava divolta in volta una biblioteca di legno oun alto schedario di metallo. E da ogniangolo giungevano i tenui riflessi delrame e del bronzo, il lucore opaco delve tro a piombo.

Per la prima volta da molti giorni,Wren non portava sottobraccio lacartelletta: l'aveva lasciata accanto alcomputer portatile, cinque o sei camerepiù in là, pronta per essere riportata in

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superficie. Questo perché, dopo ottosettimane di lavoro faticoso maaffascinante, aveva completato lacatalogazione del Gabinetto delleCuriosità, affidatagli da Pendergast.

La collezione si era rivelataveramente notevole, anche più di quantol'agente dell'FBI gli avesse dato aintendere. Vi erano raccolti gli oggettipiù disparati, i migliori esemplari diogni genere: gemme, fossili, metallipreziosi, farfalle, piante, veleni,animali estinti, monete, armi, meteoriti.In ogni stanza, in ogni cassetto o ripiano,aveva fatto scoperte inaspettate, alcunestupefacenti, altre sconvolgenti. Era, ineffetti, il più vasto gabinetto delle

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curiosità che fosse mai stato allestito.Era un peccato, dunque, che il pubbliconon potesse visitare quelle sale.Quantomeno non a breve termine.Provava una punta di gelosia alpensiero che tutto quel ben di Dioappartenesse a Pendergast e non ci fosseniente per lui.

Percorse la lunga serie di sale,guardandosi intorno nella semioscurità,assicurandosi che tutto fosse in ordine eche, soprattutto, non gli fosse sfuggitoniente. E finalmente raggiunse la suadestinazione. Si fermò, inquadrando nelcono di luce una foresta di riflessi divetro: becchi, alambicchi, provette estrumenti per la titolazione dispostisopra una dozzina di lunghi e scuri

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tavoli da laboratorio. Più in là c'eranosolo le ultime stanze, quelle in cuil'uomo dell'FBI gli aveva proibito dientrare.

Wren tornò sui propri passi,ripensando a un racconto di Edgar AllanPoe, La maschera della Morte Rossa, incui il principe Prospero aveva allestitoper il suo ballo in maschera una serie dicamere, ognuna più fantastica, bizzarra...e macabra della precedente. L'ultima, lacamera della Morte, era nera, con lefine stre rosso sangue.

Si voltò indietro, illuminando lapiccola porta chiusa sulla parete infondo al laboratorio. Si era domandatovarie volte che cosa ci fosse là dietro,

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ma forse era meglio non saperlo.Oltretutto, aveva una gran voglia ditornare a quel pregevole libro mastroindiano che lo attendeva alla Biblioteca.Lavorare al suo restauro gli avrebbepermesso di porre fine alle straneinquietudini generate da quellacollezione. Almeno per un po'.

Eccolo di nuovo: un fruscio di stoffa,un'eco di passi felpati.

Wren aveva trascorso gran parte dellasua vita lavorativa in sale buie esilenziose come quella, e il suo sensodell'udito era particolarmentesviluppato. Non era la prima volta cheudiva quei rumori nei sotterranei, né cheaveva l'impressione di essere osservatomentre apriva i cassetti e prendeva

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appunti. Era capitato troppe volte peressere un prodotto della suaimmaginazione. Riprese il cammino,portando la mano a una tasca delcamice e stringendo il manico di untagliacarte dalla lama stretta e lunga,fredda e ben affilata.

I passi felpati continuarono a seguirlo.Wren guardò nella direzione da cui

arrivavano i rumori. La loro fontedoveva trovarsi dietro una serie discaffali di rovere allineatiparallelamente alla parete di destra. Lecamere del sotterraneo erano un verolabirinto, ma dopo due mesi di lavoro neaveva imparato la disposizione. Esapeva che quegli scaffali finivano in

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corrispondenza di una paretetrasversale: era un vicolo cieco.

Continuò a camminare, fino a trovarsiquasi in fondo alla sala. Davanti a luipendeva una ricca tenda di broccato, ilpassaggio alla sala successiva.D'improvviso, con la rapidità di unfuretto, balzò verso destra, fermandositra la scaffalatura e il muro. Afferrò ilfermacarte e lo tenne puntato davanti asé.

Niente.Lo spazio era vuoto.Ma mentre rimetteva in tasca il

tagliacarte, udì nitidamente una serie dipassi in ritirata nella direzione opposta,passi così rapidi e leggeri che potevanoappartenere soltanto a un bambino.

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Corrie passò lentamente nei pressi di

casa Kraus, dando un'occhiata allavecchia costruzione vittoriana. Eradegna della Famiglia Addams. Quellaficcanaso della vecchia signora non erain vista: forse era di nuovo a letto,malata. Anche la Rolls di Pendergastmancava all'appello. Il luogo apparivapiù abbandonato che mai, isolato inmezzo al giallo dei campi, avviluppatodalla morsa del caldo. Il fronte a formad'incudine della tempesta si eramangiato un'altra fetta di cielo. Allaradio c'erano già avvisi di tornado che

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andavano da Dodge City al confine conil Colorado. A ovest il cielo era cosìnero e solido da sembrare una lastra diardesia.

Non importava: entrare e uscire dallegrotte sarebbe stata questione di unquarto d'ora. Una rapida occhiata enient'altro.

Percorsi altri quattrocento metri,Corrie si fermò su una curva della stradasterrata che proseguiva verso i campi, inun punto in cui non sarebbe statavisibile dalla strada principale. Dallasommità delle spighe vedeva spuntare latorretta di casa Kraus. Tagliando per ilcampo sarebbe arrivata senza farsivedere. Per un attimo si chiese se fosseuna buona idea andare in giro in mezzo

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al granturco, ma dopotutto Pendergastera sempre stato sicuro che l'assassinocolpisse solamente di notte. Si mise intasca la torcia elettrica, uscìdall'automobile per insinuarsi tra il maise seguire un corridoio che la portasseverso le grotte.

In mezzo al granturco la sensazione dicalore quasi le impediva di respirare.Le spighe erano secche, com'eranecessario per il granturco destinato allaproduzione di gasolio: si domandò checosa sarebbe accaduto se avesseropreso fuoco. Continuò a pensarci fino aquando raggiunse la recinzione cheseparava la casa dal campo. Ne seguì ilperimetro fino a trovarsi sul retro della

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costruzione, attenta a non farsi scoprirenel caso la vecchia avesse guardatofuori. Ma le finestre erano scure e vuotecome denti mancanti. L'edificio, cosìmalridotto, fiancheggiato daglischeletri deformi di due alberi morti, ledava veramente i brividi. Dal cielominaccioso qualche debole raggio disole illuminava ancora i tetti dellamansarda e le finestre a rosone, mal'ombra stava ormai scendendo comeuna coperta sopra la distesa di mais epresto avrebbe oscurato anche la casa.L'aria era satura di ozono e umidità. Latempesta sarebbe stata peggio di comese l'era immaginata dall'interno dellaroulotte, molto peggio. Era megliosbrigarsi prima che si scatenasse

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l'apocalisse.Tenendosi bassa, imboccò la discesa

di cemento che conduceva alle grotte,fino a trovarsi davanti alla porta diferro. Sulla polvere davanti all'ingressonon c'era alcuna traccia: nessuno vi erapassato da almeno un paio di giorni.Corrie provò sollievo e delusione altempo stesso. Se l'assassino era passatodi lì, non vi faceva più ritorno da giorni.Ma l'assenza di tracce le faceva pensareche la sua teoria non stesse in piedi.D'altra parte, visto che era arrivata finlì, tanto valeva dare un'occhiata.

Guardò dietro di sé, poi si chinò aispezionare il lucchetto. Perfetto: unavecchia serratura, come se ne facevano

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da un secolo a questa parte, non diversada quelle della scuola o da quella dellaroulotte, su cui aveva avuto modo diesercitarsi. Sorrise, ripensando allascatola in confezione regalo che avevadepositato una volta nell'armadietto diBrad Hazen, insieme a un biglietto e auna rosa. La scatola era piena di merdadi cavallo. Brad non aveva mai capitochi fosse stato.

Per prima cosa tirò con forza illucchetto, per assicurarsi che fosseeffettivamente chiuso. Prima regoladello scassinatore: non cercare di usareattrezzi se non sono necessari.

Era chiusa. Si parte, pensò Corrie.Prese da una tasca una busta di feltro

verde e l'aprì con molta cura.

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All'interno c'erano i grimaldelli che siera fabbricata di nascosto nellaboratorio della scuola. Scelsel'attrezzo della misura più adatta e loinfilò nella serratura, facendo forza nelsenso di apertura. L'arte delloscassinatore consisteva essenzialmentenel localizzare i difetti meccanici diogni particolare serratura. C'era semprequalche imperfezione nei perni chepoteva essere sfruttata a propriovantaggio.

Inserì il grimaldello e sondòcautamente l'interno, alla ricerca dellaspina più grossa, l'ostacolo maggiorequando si applicava una torsione. Eraimportante muovere le spine in ordine,

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da quella più grossa a quella piùpiccola. Localizzò quella che cercava ela sollevò con il grimaldello. Poi ripetéil processo con le successive, attenta amantenere la tensione. Finché, con unoscatto, il lucchetto si arrese.

Corrie fece un passo indietro,sorridendo soddisfatta. Non eraparticolarmente rapida e c'erano altretecniche, come la s paz z o l a e ilrastrello, di cui non era esperta, maaveva dimostrato la propriacompetenza. Peccato che quello fosse iltipo di talento che Pendergast avrebbedisapprovato. Oppure no?

Riposti gli attrezzi in tasca, sfilò illucchetto e lo appoggiò a terra. La portacigolò sui cardini arrugginiti. La ragazza

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si affacciò sul buio, esitante,chiedendosi se fosse meglio accenderele luci oppure usare la torcia. SeWinifred Kraus fosse scesa, le lucil'avrebbero fatta scoprireimmediatamente. Ma, a pensarci bene,erano le tre del pomeriggio, quindi,secondo l'insegna, l'orario dell'ultimavisita pomeridiana era passato daun'ora. Oltretutto, era certa che non vifossero state altre visite guidate dopoquella cui Pendergast era stato costrettoa prendere parte. La vecchia impiccionanon sarebbe uscita di casa, con latempesta in arrivo. Senza contare che aCorrie l'oscurità dava sui nervi. Megliorisparmiare le batterie.

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Tastando l'umida parete di pietra,trovò l'interruttore e lo girò.

Era trascorso molto tempo dall'ultimavolta che era entrata in quelle grotte. Cel'aveva portata suo padre poco tempoprima di andarsene, quando lei avevasei o sette anni. Esitò ancora un istante,guardando la gola spalancata del tunnel,poi cominciò a scendere i gradini. Ipassi riecheggiavano sulla pietracalcarea.

Dopo una lunga discesa, trovò unapasserella in legno che scompariva trastalattiti e stalagmiti. Corrie nonricordava quanto fosse strano quelluogo. Da bambina l'aveva visitatocircondata da adulti, mentre ora era

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sola nel silenzio. Avanzò timorosa.Avrebbe voluto che le sue scarpe nonfacessero quel suono vuoto a ogni passo.Dal soffitto, molto in alto, pendevanolampadine nude che proiettavano ombrespettrali sulle pareti. Su entrambi i latis'innalzava una foresta di stalagmiti,simili a gigantesche lance seghettate. Aparte i suoi passi e il gocciolio lontanodell'acqua, non si udivano altri rumori.

Forse non era stata una grande idea.Corrie cercò di scacciare la paura.

Non c'era nessun altro, là sotto. Le suescarpe lasciavano impronte sulle chiazzedi fango intonse sopra la passerella.Anche da questo era chiaro chenessuno entrava da giorni. L'ultimodoveva essere stato l'agente speciale

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Pendergast.Giunta in fondo alla prima sala,

abbassò la testa per passare attraversola stretta apertura che conduceva allagrotta successiva. Ne ricordòimmediatamente il nome: la Bibliotecadel Gigante. Ricordava che, dabambina, aveva creduto veramente chefosse la biblioteca di un gigante. E anchea distanza di anni doveva ammettereche le formazioni di roccia eranoestremamen te convincenti.

Si affrettò. Il silenzio e la scarsailluminazione erano opprimenti.Oltrepassò il Pozzo senza Fondo eraggiunse lo Specchio dell'Immensità,dai misteriosi riflessi verdi. La visita

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guidata non andava oltre: da qui lapasserella tornava indietro, verso laCattedrale di Cristallo. Più in là c'erasolo il buio.

Corrie accese la torcia ed esploròl'oscurità, ma non riuscì a vedere niente.Scavalcò il parapetto di legno. Nonaveva scorto né passaggi, né porte sullepareti delle grotte. Se c'era qualcosa,poteva essere solo dall'altra parte dellospecchio d'acqua. Seduta sul parapettosi tolse calze e scarpe e, dopo averinfilato le une nelle altre, tenendole inmano saggiò l'acqua con le dita deipiedi: era spaventosamente gelida e piùprofonda del previsto.

L'attraversò in fretta e risalì dall'altraparte, con le gambe bagnate. A piedi

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scalzi puntò la torcia nel buio, alla basedella parete di roccia. C'era un bassotunnel che si dirigeva verso destra. Ilterreno era di calcare, lisciatodall'andirivieni di qualcuno che in unlontano passato vi era entrato e uscitomolte volte. Corrie sapeva di esseresulla pista giusta.

Si sedette su una roccia, e si rimisecalze e scarpe. Sarebbe stato megliomettere le scarpe da ginnastica. Dinuovo in piedi, si chinò per entrare neltunnel, che non doveva superare ilmetro e mezzo. Il soffitto scendeva manmano che avanzava. Sul fondo scorrevaun rivoletto d'acqua. Poi il soffitto tornòad al zarsi e il tunnel svoltò bruscamente

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a destra.La torcia illuminò una porta di ferro,

con un lucchetto identico a quello cheaveva scassinato all'ingresso dellegrotte.

Allora è questa. Dev'essere la portadella distilleria.

La ragazza riprese i grimaldelli e sirimise all'opera. Forse a causa dellapoca luce, forse perché sentiva le ditascoordinate e intorpidite, le occorse piùtempo.

Ma dopo parecchi minuti riconobbe loscatto inconfondibile dell'apertura.Silenziosamente, appoggiò a terra illucchetto e aprì la porta.

Ferma sulla soglia, puntò la lucedavanti a sé. Il tunnel, dalle pareti lisce

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e vagamente fosforescenti, s'inoltravanel cuore della caverna. Lo percorseper una trentina di metri, fino a dove siapriva in una saletta che non aveva nulladella maestosità delle grotte aperte alpubblico: solo qualche stalagmite che sialzava dal pavimento irregolare. L'ariafresca sapeva di chiuso. E c'era un altroodore: fumo vecchio, e qualcos'altro.Qualcosa di ripugnante. Lo spiffero diaria fredda proveniente dalla porta allesue spalle le fece rizzare i capelli sullanuca.

Quella doveva essere la distilleria.Procedendo all'interno della grotta, la

torcia colse un riflesso di metalloopaco. Eccola: un'enorme pentola di

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rame, quasi una reliquia da cartoneanimato d'altri tempi, sospesa su untreppiede sopra un mucchio di cenere.Su uno scaffale erano ammonticchiatialcuni ciocchi di legno. Il coperchio delcalderone, con le sue lunghe spire dirame, giaceva a terra, rotto. Tutt'intornoerano sparpagliate altre pentole didimensioni più ridotte.

Corrie girò su se stessa,scandagliando la stanza con la torcia. Suun lato c'era una tavola con sopra duebicchieri, uno dei quali rotto. Una cartada gioco marciva a terra, accanto aiframmenti di una sedia: un asso. In unangolo c'era una pila di contenitori diogni genere: bottiglie di vino, caraffe,vasi, in mezzo al fango e a frammenti di

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vetro. Si figurava gli uomini chealimentavano il fuoco e intantofumavano, bevevano e giocavano acarte.

Diresse la luce verso l'alto. In unprimo momento non vide nulla delsoffitto annerito, poi cominciò adistinguere stalattiti spezzate e crepe dacui, probabilmente, fuoriusciva il fumo.Anche se il ricambio dell'aria nondoveva essere molto rapido, a giudicaredal fiato che si condensava,circondandola di una nebbiolina resaluminescente dalla torcia.

Si avvicinò al calderone. Era grandepiù che a sufficienza per contenere uncorpo umano. Non era facile capire se

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fosse stato usato di recente. Quell'odoredi fumo poteva risalire a settant'anniprima? Non sapeva dirlo. E poi c'eraquell'altro odore. Non era esattamenteputrefazione, forse era addiritturapeggio. La stessa puzza di prosciuttomarcio che aveva sentito in prossimitàdi uno dei cadaveri.

La ragazza provò una pauraimprovvisa. Era venuta a vedere se ladistilleria esisteva ancora. Be', esisteva.Ora poteva fare dietro-front e andarsene.In effetti, a pensarci bene era statadecisamente una pessima idea arrivarefin lì. Deglutì. Ma, ormai, tanto valevarestare altri cinque secondi, giusto iltempo di con cludere la ricognizione.

Si affacciò oltre l'orlo del calderone e

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fu investita da un odore di grassorancido. Sul fondo, illuminato dallatorcia, c'era qualcosa di chiaro, quasitrasparente, come l'interno di unacon chiglia.

Un orecchio umano.Fu scossa da un conato di vomito.

Sconvolta, barcollò all'indietro,lasciando cadere la torcia. Il raggiògetto strane luci in ogni direzione, fino aquando la pila si fermò con un tonfo aipiedi di una parete; un secondo piùtardi, si spense e la caverna piombò nelbuio più assoluto.

Merda, pensò Corrie. Merda, merda.Si mise a quattro zampe e, lentamente,

procedette a tentoni in cerca della

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torcia. Dopo qualche minuto raggiunsela parete di roccia. Fece scorrere le ditaa terra.

La torcia non c'era.Deglutì di nuovo, sedendosi sui

calcagni. Per un minuto prese inconsiderazione la possibilità di cercaredi tornare indietro al buio. Ma la stradadel ritorno era così lunga che sarebbestato facile perdere l'orientamento.Cercò di combattere il panicocrescente. Avrebbe trovato la torcia.Doveva essersi semplicemente spenta acausa dell'impatto contro la parete.L'avrebbe trovata, l'avrebbe riaccesa ese ne sarebbe an data di corsa.

Procedette lungo la parete, prima asinistra, poi a destra, sempre tastando il

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suolo con le mani.Niente.Che avesse preso la direzione

sbagliata? Indietreggiò fino al punto dacui riteneva di essere partita ericominciò daccapo, dirigendosi versol'area in cui le sembrava che fosserotolata la torcia. Ma anche al secondotentativo, per quanto spazzasse ilterreno con le mani, non riuscì atrovarla.

Sentì il respiro accelerare, mentretornava indietro, verso il centro dellagrotta. O almeno verso quello chepresumeva essere il centro della grotta.Nell'oscurità totale, aveva persol'o rientamento.

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Okay, smetti di muoverti, respira piùpiano e riprendi il controllo. Be', erastato un errore scendere fin laggiù solocon una torcia, senza fiammiferi. Lacaverna era piccola e c'era una solaapertura... forse. Non ricordava diavere visto altri passaggi, ma d'altraparte non li aveva nemmeno cercati. Ilcuore le batteva così forte che quasi nonpoteva respirare. Calmati , si disse.Doveva lasciar perdere la torcia, comeminimo era rotta. La cosa importante aquel punto era uscire, continuare amuoversi, altrimenti sarebbe congelata.Grazie al cielo aveva lasciato la portaaperta e le luci nelle sale principalierano ancora accese. Non doveva fare

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altro che uscire dalla distilleria eripercorrere la strada a ritroso.

Stupida, stupida, stupida...Si diresse verso il punto in cui

pensava dovesse essere la porta,quindi, con molta cautela, cominciò adavanzare. Il pavimento della grotta erafreddo, ruvido, irregolare, coperto disassi unti e pozzanghere. L'oscurità eraterrificante. Non ricordava di essere maistata in un luogo così buio: anche nellanotte più oscura c'era qualche stella o ilchiarore della luna. La ragazza sentì ilcuore accelerare.

Sbatté dolorosamente la testa controqualcosa. Alzò le mani e sentì i contornidel calderone. Okay, era andataesattamente nella direzione opposta. Ma

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almeno adesso sapeva come orientarsi.Doveva procedere a tentoni lungo laparete fino a trovare l'uscita, poi lungo ilpassaggio, con una mano sulla parete,fino alla porta di metallo. Da lì, ne erasicura, avrebbe potuto facilmenteraggiungere lo Specchio dell'Immensità.E dall'altra parte avrebbe trovato laluce e la passerella. Non è poi cosìlontano, non è per niente lontano.

Costringendosi alla calma, procedettea tentoni, facendo scivolare la manosinistra sul muro. Scivola, fermati,scivola, fermati ancora, tre, quattro,c i n q u e . Il cuore batteva piùregolarmente. Urtò una stalagmite ecercò di visualizzare mentalmente la

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propria posizione. Con sollievo,concluse che l'uscita doveva essereproprio di fronte a lei.

Con una mano sul pavimento e una sulmuro continuò a camminare carponi. Sei,sette, otto...

Nel buio, la mano toccò qualcosa dicaldo.

D'istinto Corrie la ritrasseimmediatamente. La sorpresa e la pauraarrivarono solo un attimo dopo. Potevaessere una creatura che abitava nellagrotta, un topo o un pipistrello? O era lasua immaginazione, che nell'oscuritàlavorava a pieno ritmo?

Attese. Non si udì alcun suono, alcunmovimento. Cautamente protese inavanti la mano, fino al contatto.

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Era caldo, nudo, liscio e umido.Corrie si tirò indietro, lasciandosi

sfuggire un singhiozzo dalla gola.L'odore di qualcosa di sporco, diqualcosa di indescrivibilmenteripugnante, sembrò sopraffarla. E quelrumore che sentiva era quello del suostesso respiro? Sì, era lei, che quasirantolava dal terrore. Strinse i denti,batté le palpebre nel buio e cercò diriprendere il controllo del proprio cuoreimpazzito.

La cosa che aveva toccato non si eramossa. Forse era solo un'irregolarità delterreno. Se si lasciava prendere dalpanico ogni volta che toccava qualcosadi strano, non sarebbe mai uscita di lì.

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Decise di avanzare, ma la cosa eraancora lì. Era calda: quello non erafrutto della sua immaginazione, madoveva essere qualche fenomenovulcanico. Corrie tastò ancora, qua elà...

Si rese conto che stava toccando unpiede scalzo, dalle lunghe unghiespezzate.

Tremante, con disperata lentezza, tiròindietro la mano. Ogni respiro era ungemito soffocato, impossibile dacontrollare. Cercò di deglutire, maaveva la bocca asciutta.

E poi una voce rauca e cantilenante,grottescamente caricaturale, arrivò dalbuio.

" Vuoigioccarecommé? "

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Hazen si accomodò sulla sedia e

appoggiò le dita sul legno lucido deltavolo da riunione. Si domandò perchél'ufficio dello sceriffo di MedicineCreek non potesse permettersi sedie etavoli come quelli. D'altra parte, eraanche vero che l'ufficio dello sceriffo diDeeper, come qualsiasi altra cosa incittà, si finanziava con denaro preso aprestito. Se non altro, il suodipartimento campava coi propri fondi.Il momento buono per Medicine Creeksarebbe arrivato. E in buona partegrazie ai suoi sforzi personali.

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La voce di Hank Larssen risuonavamonotona in sottofondo, ma Hazen nongli prestava grande attenzione.Lasciamolo parlare. Sbirciòl'orologio: le sette. Aveva fatto moltipassi avanti, quel giorno. Dopo lungheriflessioni, nella sua mente lasoluzione del caso era quasi completa.C'era solo un dettaglio che ancora lotormentava.

Lo sceriffo di Deeper si avvicinavaalla conclusione. "È troppo prematuro,Dent. Non ho sentito parlare di prove,solo di un cumulo di congetture esupposizioni."

Congetture e supposizioni. Cristo,Hank doveva aver letto troppi romanzi

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di Grisham."Non lascerò che l'ombra del sospetto

oscuri uno dei più eminenti cittadini diDeeper senza prove sostanziali",concluse Larssen. "Non lo farò io e nonpermetterò che lo facciano altri. Nonnella mia giurisdizione."

Lo sceriffo di Medicine Creek lasciòmaturare il silenzio, poi si rivolse aRaskovich. "Chester, tu che ne pensi?"

Il capo della sicurezza del campusguardò a sua volta Seymour Fisk, cheaveva ascoltato attentamente, in silenzio,con una ruga che gli increspava lacalvizie. "Be'", disse, "credo che losceriffo Hazen e io abbiamo trovatoabbastanza da giustificare laprosecuzione dell'indagine."

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"Quello che avete trovato", ribattéLarssen, "è solo che Lavender haproblemi finanziari. Ma questo vale permolti, di que sti tempi."

Hazen si astenne dal fare commenti.Era il momento di lasciar parlareChester.

"Abbiamo trovato qualcosa di più deiproblemi finanziari", obiettò Raskovich."Su certe proprietà, Lavender non pagale tasse sugli immobili da anni. Perchéquelle proprietà non sono state messesotto sequestro? Mi interesserebbesaperlo. Inoltre, assicurava a tutti che ilcampo sperimentale sarebbe statoassegnato a Deeper. Diceva di avere unpiano, come se fosse a conoscenza di

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qualcosa che nessun altro sapeva.Que s to p i a n o a me sembra moltosospetto."

"Per l'amor del cielo, erano solofandonie per tranquillizzare i creditori",si infervorò lo sceriffo di Deeper.

Grandioso, pensò Hazen. AdessoHank si mette a discutere con quellidella Kansas State University. Erasempre così con Larrsen: faceva trenta,ma non riusciva a fare trentuno.

"Mi sembra chiaro", insistetteRaskovich, "che se lunedì il dottorChauncy avesse annunciato chel'esperimento sarebbe stato condotto aMedicine Creek, i creditori di Lavendersarebbero accorsi in massa, portandoloalla bancarotta. Mi sembra un ottimo

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movente."Nessuno osò controbattere. Larssen si

limitò a scuotere il capo.Finalmente intervenne Fisk, con la sua

voce possente. "Sceriffo, l'intenzionenon è quella di lanciare accuse, bensìquella di continuare l'indagine,prendendo in considerazione gli affaridel signor Lavender così come qualsiasialtra pista."

Hazen attese ancora. Dal punto divista politico era importanteconsultarsi con il suo collega. Ilvecchio Hank non sembrava rendersiconto che fosse tutto pro forma e cheniente di quanto lui potesse dire avrebbefermato l'indagine su Lavender.

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"Signor Fisk", riprese Larssen. "Il mioconsiglio è di non focalizzare troppopresto l'attenzione su un unico sospetto.Ci sono molte altre strade da esplorare.Ascoltami, Dent: sappiamo tutti cheLavender non è un santo, ma non èneppure un killer, tantomeno un serialkiller. E, anche se avesse assuntoqualcuno, come avrebbe fatto questapersona ad andare da Deeper eMedicine Creek del tutto inosservata?Dove si poteva nascondere? Dov'era lasua auto? Dove trascorreva la notte?L'intera area è stata perlustrata a terra edall'aria, lo sai."

Hazen espirò lentamente. Proprioquello era il dettaglio che lo tormentava,

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il punto debole della sua teoria."A me sembra", continuò Larssen,

"che l'assassino sia un abitante diMedicine Creek, un tipo alla dottorJekyll e mister Hyde. Se fosse venuto dafuori, qualcuno se ne sarebbe accorto.Non si può fare continuamente avanti eindietro da quella città senza farsivedere."

"Ci si può nascondere nei campi", glifece presente Raskovich.

"Ma li abbiamo controllati dall'alto",lo contraddisse Larssen. "Sono giorniche si fanno ricognizioni aeree. Sonostati esplorati trenta chilometri ditorrente, i Tumuli, tutto quanto. Non si ètrovato nessun nascondiglio, non si èvisto nessuno andare o tornare.

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Insomma, dove si nasconderebbel'assassino, in un buco sottoterra?"

Hazen s'irrigidì. L'intuizioneimprovvisa si fece largo nella suacoscienza. Ma certo, si disse, ma certo.Era la risposta che gli sfuggiva, l'anellomancante nella sua teoria. Fece unrespiro profondo e si guardò intorno,assicurandosi che nessuno avesse fattocaso alla sua reazione. Era fondamentaleche nessuno capisse che l'idea era statasuggerita da Hank. E a quel puntoHazen fece la sua rivelazione, con vocequasi annoiata. "Esatto, Hank. Si ènascosto in un buco sottoterra."

Silenzio generale."In che senso?" fece Raskovich.

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Hazen lo guardò. "Kraus's Kaverns",rispose.

"Kraus's Kaverns?" ripeté Fisk."Lungo la Cry Road, quella vecchia

casa con il negozio di souvenir. Sulretro ci sono delle grotte aperte aituristi, sono lì da sempre. Le gestisce lavecchia Winifred Kraus."

Era incredibile con quale rapidità ipezzi del mosaico si ricomponesseronella mente. Aveva avuto la rispostasotto il naso per tutto il tempo e nonl'aveva saputa vedere. Kraus'sKa verns. Ma certo.

Fisk assentiva, imitato da Raskovich."Mi ricordo, l'ho visto", stava dicendoquesti.

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Larssen era impallidito. Sapeva diessere stato inchiodato. Era tutto cosìperfetto, così preciso.

"L'assassino si è nascosto nellacaverna", riprese Dent. Guardò ilcollega e non poté fare a meno disorridere. "Come ben sai, Hank, è lastessa caverna in cui il vecchio Krausaveva la sua distilleria clandestina,dove preparava whisky di granturco perKing Lavender."

"Questo sì che è interessante", rilevòFisk, concedendo a Hazen uno sguardoammirato.

"Certamente. E in fondo alla caverna,in una zona chiusa ai turisti, c'è unastanza in cui si distillava l'alcool. Con

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un'enorme pentola."Raskovich spalancò gli occhi.

"Grande abbastanza da bollirci unuomo?"

"Bingo", fece Hazen.L'atmosfera era elettrica. Larssen

aveva cominciato a sudareprofusamente: iniziava a convincerseneanche lui.

"Quindi vede, signor Fisk", continuòlo sceriffo di Medicine Creek, "l'uomodi Lavender si è annidato nella grotta,uscendo nottetempo a piedi scalzi e contutte le sue cianfrusaglie, per uccideredelle persone e far credere che sitrattasse della Maledizione deiFantasmi dei Tumuli. Durante ilProibizionismo era stato King Lavender

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a finanziare la distilleria del vecchioKraus, che lo aveva messo in affari.Aveva fatto lo stesso con gli altrifabbricanti di alcool di Cry County, liaveva arruolati tutti."

Larssen si asciugò la fronte con unfazzoletto.

"Lavender afferma che il suo bracciodestro, McFelty, è partito per KansasCity per fare visita alla madre malata.Raskovich e io abbiamo controllato:abbiamo cercato di metterci in contattocon la madre di McFelty."

Tacque un istante."È morta da vent'anni."Hazen lasciò che i presenti

assorbissero la notizia.

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"E questo McFelty", proseguì, "haavuto problemi con la legge, in passato.Roba di poco conto, ma si trattava diaggressione, aggressione aggravata,guida in stato di ubriachezza..." Lerivelazioni si susseguivano incessanti. Eora Hazen era pronto al colpo di scena."McFelty è scomparso due giorni primadell'assassinio di Sheila Swegg. Sonoconvinto che si sia rifugiato sottoterra.Come ha fatto notare Hank, non si puòandare e venire da Medicine Creeksenza essere notati, dagli abitanti o dame. Quell'uomo si è nascosto per tutto iltempo nelle Kraus's Kaverns, tornandoin superficie solo di notte, per portare atermi ne il suo sporco compito."

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Dopo qualche secondo di silenzio,Fisk si schiarì la voce. "Un lavoro diprima qualità, sceriffo. Qual è la suaprossima mossa?"

Hazen si alzò in piedi, conespressione decisa. "Con la città chebrulica di agenti di polizia e giornalisti,possiamo scommettere che McFelty èancora nascosto in quelle grotte, inattesa che la situazione si calmi. Ora cheha concluso il suo lavoro, aspetterà ilmomento buono per scappare."

"E?""E allora andiamo là dentro e lo

prendiamo, quel figlio di puttana.""Quando?""Adesso." Hazen si voltò verso il

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collega di Deeper. "Mettici in contattocon il quartier generale della Polizia diStato a Dodge: voglio parlare colcomandante Ernie Wayes in persona. Ciserve una squadra ben armata, subito.Abbiamo bisogno di cani: cani seri,questa volta. Io vado in tribunale e mifaccio dare un mandato dal giudiceAnderson."

"È sicuro che McFelty sia ancora làdentro, nelle grotte?" domandò Fisk.

"No", rispose Hazen, "non ne sonosicuro. Ma come minimo là sotto cisaranno delle prove. Non voglio corrererischi: quel tipo è pericoloso. Saràanche al servizio di Lavender, ma misembra che ci abbia preso troppo gusto.Ne ho una paura fottuta. Non

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commettiamo l'errore di sottovalutarlo."Guardò fuori dalla finestra: l'orizzonteera nero, il vento si intensificava."Dobbiamo muoverci. Quel farabuttopotrebbe approfittare della tempestacome copertura per andarsene."Controllò l'orologio. "Entriamo stanottealle dieci. Ed entriamo alla grande."

48

L'oscurità era assoluta. Come giaceva

sulla roccia bagnata, i vesti ti impregnatidi umidità, il corpo che tremava diterrore e di freddo. Non lontano,sentiva i movimenti di l u i , checanticchiava tra sé. In certi momenti

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faceva schioccare le labbra in modoorribile, in altri emetteva dei gemiti, inaltri ancora ridacchiava da solo.

La ragazza aveva provato incredulitàe panico, ma ora prevalevano il freddoe il torpore. L'assassino l'avevacatturata. Lui, o almeno Corriesupponeva che fosse un l u i , l'avevalegata e caricata in spalla come unsacco di carne, trasportandola in unlabirinto di passaggi, salendo escendendo, attraversando corsi d'acquasotterranei. Quel viaggio le era parsodurare un'eternità.

E tutto, sempre, nel buio totale. Luisembrava muoversi al tatto o a memoria.

Le sue braccia erano scivolose, tozze,eppure forti come cavi d'acciaio che

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sembravano sul punto di stritolarla.Corrie aveva gridato, supplicato,implorato, ma le sue proteste erano stateignorate. E alla fine erano arrivati inquesto luogo, dominato da un fetoreinsostenibile, dove lui l'aveva lasciatacadere sul pavimento di pietra. Con ilpiede scalzo le aveva dato un calcio perspingerla in un angolo, dove Corrie erarimasta, confusa, dolorante esanguinante. Il fetore, che in un primotempo le era parso vago e incerto, orasembrava onnipresente.

La ragazza era rimasta immobile,quasi priva di sensi, per un tempoimprecisato. Ma ora cominciava atornare in sé. La paralisi iniziale stava

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recedendo. Cercò di pensare. Era nelleprofondità delle caverne, evidentementemolto più grandi di quanto avesseimmaginato. Nessuno avrebbe potutoritrovarla, nessuno avrebbe potutosalvarla... Lottò contro il panico cheminacciava di sopraffarla a questopensiero. Se nessuno poteva salvarla,do veva pensarci da sola.

Chiuse gli occhi nel buio e ascoltò.

Lui stava combinando qualcosa nelbuio, gorgogliando e canticchiando inmodo inintelli gibile.

Ma era umano?Doveva esserlo: aveva un piede

umano, anche se così calloso dasembrare di cuoio. E parlava, o almeno

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faceva vocalizzi, con una voce acuta,infantile.

Eppure, se era umano, era diverso daqualsiasi altro uomo che avessecamminato sulla terra.

D'un tratto Corrie lo sentì vicino:aveva emesso un grugnito. Lei rimaseimmobile, congelata dalla paura. Unamano l'afferrò, costringendola ad alzarsie scuotendola rudemente.

"Moh?""Lasciami stare", singhiozzò.Un altro scossone, più violento.

"Huuuu", fece la voce in fantile.Corrie cercò di liberarsi, ma con un

grugnito lui la gettò di nuovo a terra."Smettila. Smettila."

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Una mano le afferrò la caviglia,torcendola. La ragazza strillò, sentendoil dolore salire fino all'anca. Poi si sentìafferrare per le spalle e sollevare dipeso.

"Per favore, smettila...""Peffavvore", squittì la voce.

"Peffavvore. Hruhn."Corrie tentò, con sempre minore

convinzione, di liberarsi. Ma lui lateneva stretta a sé, inondandola col suoalito fetido.

"No, lasciami andare.""Hiiii!"La creatura la lasciò cadere a terra e

si allontanò, mormo rando qualcosa.Corrie tentò faticosamente di rialzarsi.

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Si rese conto di essere stata legata: lecorde le bruciavano i polsi e lebloccavano la circolazione.Cominciava a sentire un formicolio allemani. Lui la voleva uccidere, questo erachiaro. Non le restava che scappare.

Con uno sforzo, riuscì a mettersi asedere. Se solo avesse saputo chi fosse,che cosa facesse, come fosse finito inquella grotta... Se solo avesse avuto unapossibilità di capire... Corrie deglutì e,tremante, cercò di parlare. "Chi... chisei?" Le venne fuori solo un lievesussurro.

Dopo un momento di silenzio, si udìun suono di passi strascicati. Stavatornando.

"Per favore, non toccarmi."

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Corrie lo sentiva respirare.Forse non era stata un'ottima idea

attirare di nuovo la sua attenzione.Eppure l'unica speranza che le restavaera quella di aprire un dialogo. Ripeté ladomanda: "Chi sei?"

Lo sentì chinarsi sopra di lei. Unamano umida le toccò la faccia, unghiespezzate le graffiarono la pelle. Le ditaerano calde e callose. Corrie cercò disottrarsi al contatto con un gemitosoffocato. Una mano le strinse unaspalla; lei cercò di ignorarla e di restareimmobile. La mano cominciò apercorrere il braccio, fermandosi asaggiarlo qua e là. Le unghiesembravano schegge di legno. La mano

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si ritrasse per poi riavvicinarsi, stavoltapercorrendo la spina dorsale. QuandoCorrie cercò di scostarsi, lui strinse ledita con forza intorno alla scapola. Lesfuggì un grido. Poi sentì che risalivaverso la nuca e che le dita si stringevanointorno al collo. La ragazza eraparalizzata dal terrore. La stretta si fecepiù forte.

"Che cosa vuoi?" riuscì a chiedergli.La mano allentò lentamente la stretta.

Il respiro si alternava a suoni gutturali ead alcune rapide parole simili a unacantilena. Stava di nuovo parlando dasolo. La mano le accarezzò la nuca erisalì verso la testa. Corrie avrebbevoluto scuotersela di dosso, ma sicostrinse a restare immobile. Scese

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lungo la fronte, sulla faccia, sullaguancia. Le dita, appiccicose, puntutecome gli artigli di un golem, le tiraronole labbra e cercarono di aprirle labocca. Lei si girò, ma le dita laseguirono, tastandole la faccia come sestessero saggiando un pezzo di carne.

"Per favore, smettila!" gemette.Poi la mano si fermò. La creatura

emise un grugnito e le strinse le ditaintorno alla gola, prima con delicatezza,poi sem pre più forte.

Corrie cercò di urlare, ma la strettaglielo impediva. Si divincolò, mentre lestelle cominciavano a balenarle di fronteagli occhi.

E lui continuava a stringere.

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Mentre perdeva gradualmentecoscienza, tentò di liberarsi, direspingerlo... La mano allentò la presa ela lasciò andare. La ragazza cadde aterra, rantolando, cercando di inspirare.Senti va un martello nella testa.

La mano si soffermò sui suoi capelli,in una pacca amichevole, poi si ritrassedefinitivamente. Lui si allontanò.

Immobile, terrorizzata, silenziosa,Corrie lo sentì annusare, come seseguisse una traccia nell'aria. In effetti,una lievissima brezza sembravaattraversare la grotta, e gli odori delmondo esterno stavano filtrando: sentoridi ozono, umidità e terra allontanaronoper un istante il fetore di quel luogo da

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incubo. Quegli odori parvero richiamarel'attenzione del suo carceriere.

Un attimo dopo lui se n'era andato.

49 Erano le otto e undici di sera,

normalmente l'ora del tramonto. Ma quelgiorno, sul Kansas occidentale, iltramonto era arrivato con quattro ored'anticipo. Fin dal primo pomeriggio unfronte di aria fredda proveniente dalCanada, esteso per migliaia dichilometri, si era fatto strada lungo unaregione delle Grandi Pianure che permolte settimane era stata colpita dallasiccità. Al suo passaggio, l'aria avevasollevato e raccolto fini particelle di

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polvere. Ben presto si erano manifestatii dust devils: trombe d'aria cariche dipolvere che si levavano in alto nel cieloscuro. Al suo avanzare, il fronteaumentava d'intensità, sollevando laterra arida e autoalimentandosi, fino adassumere l'aspetto di un massiccio murodi polvere che raggiungeva i tremilametri di altezza. La visibilità era scesaa meno di quattrocento metri.

Il fronte marciava sul Kansas da ovestverso est, preceduto dagli avvisi ditempesta. La muraglia marrone scuro,carica di polvere, fagocitava una cittàdopo l'altra, incuneandosi nell'aria caldae secca che per giorni e giorni avevasoffocato le Grandi Pianure. All'impatto,

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le due masse d'aria, differenti perdensità e temperatura, lottarono per lasupremazia, dando origine a un sistemadi bassa pressione che si mise a ruotarein senso antiorario sopra un'area dicentinaia di migliaia di chilometriquadrati. E infine l'aria calda che sialzava sul terreno penetrò nella massafredda soprastante, generandotorreggianti cumulonembi checrescevano in altezza. Le montagnescure e rabbiose, più alte dell'Himalaya,raggiunsero un'altezza di ventimilametri, per poi schiacciarsi contro latropopausa e diffondersi sotto forma dimassicce nuvole a forma d'incudine.

Nel frattempo la tempesta si spezzavain cellule differenti, che si muovevano

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insieme come una singola unitàdisorganizzata: le cellule mature siformavano al centro della tempesta,mentre quelle nuove nascevano allaperiferia. In quelle che si avvicinavanoa Cry County, dalla sommità appiattitadell'incudine una propaggine crescevaverso l'alto: il torrente di aria al centrodella tempesta era così potente da farsilargo attraverso la tropopausa eirrompere nella stratosfera. Sul latorivolto verso terra si formavano inveceenormi sacche, che promettevanopioggia torrenziale, grandine, ventoforte e tornado.

A Norman, Oklahoma, il CentroPrevisione Tempeste del Servizio

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Meteorologico Nazionale avevasorvegliato il sistema con l'aiuto diradar, satelliti, aerei da ricognizione eosservatori civili. I bollettini sullamuraglia di polvere e sulla tempestacominciavano a includere possibilità ditornado. Gli uffici regionali delServizio Meteorologico ammonivano leautorità dell'e mergenza in atto. E intantovigilavano sulla possibile formazionedi un raro e temibile tipo di tempesta:l'uragano supercellulare. In questoevento molto più organizzato, la correnteascensionale, nota come mesaciclone,raggiunge velocità prossime aitrecentoventi chilometri orari. E insimili circostanze che si produconochicchi di grandine del diametro di sette

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centimetri, raffiche di vento acentrotrenta chilometri orari e tornado.

Già lingue di pioggia lambivano ilpaesaggio, evaporando nel precisoistante in cui toccavano terra. Il terrenoera sferzato da raffiche che sradicavanoalberi, appiattivano i campi estrappavano i tetti dalle roulotte. Lagrandine cominciava a precipitare,spogliando le spighe secche dei lorofrutti.

Molte miglia al di sotto di questa

cellula, quasi sperduta nel fronte inavvicinamento, una Rolls Royceviaggiava solitaria a una velocità dicentosessanta chilometri all'ora: due

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tonnellate e mezza di acciaiomagnificamente progettato, chefendevano il buio su una lunga striscia diasfalto.

Nell'abitacolo, il guidatore teneva ilvolante con una mano, mentreocchieggiava il computer portatileaperto sul sedile del passeggero. Sulloschermo era possibile seguirel'andamento della tempesta, ricostruitoattraverso un mosaico di immagini viasatellite.

Proveniente da Topeka, Pendergastaveva lasciato la Interstate 40 dopoSalina e stava ora costeggiando laperiferia di Great Bend. Da lì in poi, lastrada per Medicine Creek sirestringeva, limitandosi al traffico

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locale. Il che, insieme all'avvicinarsidella tempesta, imponeva di diminuirenotevolmente la velocità.

Il tempo restava un fattore essenziale.Presto l'assassino avrebbe colpito dinuovo: era molto probabile che, attrattodalla violenza e dall'oscurità dellatempesta, si apprestasse a uccidereancora, quella notte stessa.

L'agente dell'FBI prese il cellulare.Ancora una volta una voce gli risposeche il cliente da lui chiamato non era almomento raggiungibile.

Non era raggiungibile. Pendergastsoppesò quella frase.

Non era raggiungibile.Premette ancora più a fondo

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l'acceleratore della Rolls.

50 Fin da quando, da piccolo, aveva

visto Il mago di Oz, Tad Franklin eraaffascinato dai tornado. Era quasisegretamente imbarazzato dal fatto che,dopo avere trascorso tutta la sua vita nelKansas occidentale, la patria deitornado, non fosse mai riuscito adassistere allo spettacolo. Ne aveva vistofin troppe volte le con seguenze: roulotterovesciate, alberi spogliati dei rami finoa sembrare stuzzicadenti, carcasse diautomobili disseminate qua e là per lestrade. Ma non aveva mai visto coi suoiocchi la gran de nube a forma di imbuto.

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Quella notte, tuttavia, sarebbe statodiverso. Per tutto il giorno gli avvisi sierano susseguiti: sembrava chel'emergenza aumentasse di ora in ora,passando dall'avviso di tempestaall'allarme per l'uragano alla minacciadi tornado. Una brutale tempesta disabbia si era abbattuta urlando sullazona un'ora prima, strappando assi ecartelli, sabbiando case e automobili,abbattendo alberi e riducendo lavisibilità a poche centinaia di metri. Ealle otto e undici di quella sera, mentreTad era solo nell'ufficio dello sceriffo,arrivò la notizia. Tutta Cry County era inallarme fino a mezzanotte, per lapossibilità di tornado di magnitudo due

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o addirittura tre sulla Scala F, con ventisuperiori ai trecento chilome tri orari.

Dieci secondi dopo, lo sceriffo Hazensi mise in contatto ra dio.

"Tad", cominciò. "Sono a Deeper, stoper rientrare."

"Sceriffo...""Non ho molto tempo. Ascoltami:

abbiamo fatto progressi sul caso.Crediamo che l'assassino si nascondanelle Kraus's Kaverns."

"L'assassino?""Per l'amor di Dio, lasciami finire!

Probabilmente si tratta di McFelty, loscagnozzo di Norris Lavender. Si ènascosto nella vecchia distilleria infondo alle grotte, ma dobbiamosbrigarci, nel caso decida di approfittare

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della tempesta per tagliare la corda.Stiamo raccogliendo una squadra perfare irruzione alle dieci. Ma secondo imeteorologi si minaccia un tornado sututta Cry County."

"L'ho appena sentito.""E quindi devi occuparti tu del

tornado. Conosci la proce dura?""Sicuro.""Bene. Diffondi la voce, assicurati

che tutti siano al riparo a MedicineCreek e dintorni. Noi arriveremo versole nove. E poi si scatenerà l'inferno... enon mi riferisco al tempo. Prepara duecaraffe di caffè forte. Tu non verrai connoi, quindi non ti preoccupare. Devirestare a fare la guardia al forte."

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Fu solo quando cominciò a rilassarsiche Tad si rese conto che, in effetti, sistava innervosendo. Non lo preoccupaval'idea di gestire l'allarme per il tornado:lo aveva fatto altre volte. Ma l'idea didare la caccia all'assassino in unacaverna buia era tutta un'altra faccenda."D'accordo, sceriffo."

"Okay, Tad. Conto su di te.""Sissignore."Tad chiuse la comunicazione.

Conosceva la procedura, la conoscevabene. Per prima cosa, avvisare lacittadinanza. Se qualcuno era rimastofuori, portarli in casa o comunque alriparo.

Uscì da retro, attento a non esporsi

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direttamente al vento. Le raffiche,cariche di sabbia e terriccio,sembravano avere i denti. Aprì laportiera dell'auto di pattuglia e vis'infilò. Mentre avviava il motore, siscosse la polvere dai capelli e dallafaccia e mise in funzione iltergicristallo. Poi attivò sirena elampeggianti e imboccò la Main Street,procedendo a velocità limitata per darel'annuncio con l'altoparlante. Moltagente doveva avere già sentito l'avvisoalla radio, ma era sempre meglio seguirela procedura.

"Vi parla l'ufficio dello sceriffo. Ilpericolo di tornado è stato annunciatosu Cry County. Ripeto: il pericolo ditornado è stato annunciato su Cry

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County. Tutti i cittadini devonoimmediatamente cercare riparo neisotterranei o in edifici di cemento.Tenersi lontani da porte e finestre.Ripeto: il pericolo di tornado è statoannunciato su Cry County..."

Raggiunse il limite della città,oltrepassò le ultime case e si fermò eguardare la strada coperta di polvere. Lepoche fattorie che riusciva a intravedereerano già chiuse e sbarrate. Non sinotava nessuna attività. I proprietaridovevano avere incollato l'orecchioalla radio parecchie ore prima esapevano meglio di chiunque altro comeprepararsi all'emergenza: spostare ilbestiame in zone riparate, specialmente

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i piccoli, preparare mangime in più eassicurarsi che gli animali fossero benordinati, in caso di blackout. I contadinisapevano che cosa fare. Era deicit tadini che ci si doveva preoccupare.

Tad percorse la strada con lo sguardo,fino all'orizzonte. Il cielo era di un nerointenso. Il sole doveva essere giàtramontato e la poca luce era nascostadalla tempesta. Fuori dai finestrini ilvento trascinava foglie e fusti digranturco. A sud-ovest si vedevanolampi rossastri che facevano pensare piùa un fronte di guerra che a quello di unatempesta. Era così scuro che, se ci fossestato un tornado, non l'avrebberoneanche visto arrivare. Non avrebberosaputo che era su di loro fino a quando

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non l'avessero sentito con le loroorecchie.

Il vicesceriffo fece inversione e tornòverso la città.

Le vetrine del Maisie's erano allegrirettangoli gialli in mezzo all'oscurità.Tad si fermò davanti alla tavola calda esollevò il bavero per ripararsi dalvento. L'aria sapeva di terra secca eradici di alberi. Frammenti di granturcogli punteggiarono la giacca. Spinse laporta e si guardò intorno.

Tutti i presenti ammutolirono quandosi resero conto che non era entrato perordinare un caffè.

Tad si schiarì la voce. "Scusatemi,gente, ma è stato segnalato il pericolo

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di tornado per tutta Cry County, forzadue, o addirittura forza tre. È ora diandare a casa."

I giornalisti e le troupe televisiveavevano già levato le tende di fronte allatempesta e la clientela di Maisie eratornata a essere quella di sempre:Melton Rasmussen, Swede Cahill e suamoglie Gladys, Art Ridder. MancavaSmit Ludwig, il che era strano: era lapersona che più si aspettava di trovare.A meno che fosse impegnato a scrivereun articolo sulla tempesta. In tal caso,avrebbe fatto bene a cercare rifugioquanto prima.

Rasmussen fu il primo a reagire."Notizie sui delitti?" do mandò.

Queste parole restarono sospese

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nell'aria. Tad si trovò inaspettatamentedavanti a una sala piena di espressioniinterrogative. Nemmeno l'imminentetornado riusciva a togliere dalla lorotesta gli omicidi. Era per questo che ilMaisie's era pieno. Tad lo aveva vistofare alle mucche: quando eranospaventate, si riu nivano in gruppo.

"Be', noi..." s'interruppe. Lo sceriffoavrebbe voluto le sue chiappe servite suun piatto d'argento, se si fosse lasciatosfuggire una parola sull'operazione."Noi stiamo seguendo alcune pistevalide", disse, completando la frase diprammatica, pur sapendo che ormai erapoco credibile.

"È quello che state ripetendo da una

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maledetta settimana", si alzò a dire Mel,rosso in viso.

"Calmati, Mel", consigliò SwedeCahill.

"Be', adesso abbiamo una pistamigliore", concesse Tad, sulladifensiva.

"Una pista migliore. Hai sentito, Art?"Art Ridder era seduto su uno sgabello,

con una tazza di caffè tra le mani. La suaespressione non era affatto amichevole.Si girò sul sedile cromato e fissò ilvicesceriffo. "Il tuo capo ha detto diavere un piano. Ha detto che sapeva ilmodo per mettere le mani sull'assassinoe riportare l'esperimento a MedicineCreek. Voglio sapere che razza di pianoè, o se si tratta solo di una palla."

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"Non sono autorizzato a discutere isuoi piani", obiettò il vicesceriffo. "Inogni caso, quello che importa è che untornado è stato annunciato per..."

"Al diavolo l'annuncio", tagliò cortoRidder. "Voglio avere la certezza che sista facendo qualcosa per questi delitti."

"Lo sceriffo Hazen ha fatto progressi.""Progressi? E dov'è finito? Non l'ho

visto per tutto il gior no.""È andato a Deeper, seguendo una

pista... "In quel momento le porte della cucina

si spalancarono e Maisie apparve dietroil bancone. "Art Ridder, chiudi quellatrappola", abbaiò. "Lascia in pace Tad.Sta solo facendo il suo lavoro."

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"Ascoltami bene, Maisie...""Niente ascoltami-bene-Maisie con

me, Art Ridder. Conosco i tuoiatteggiamenti da bullo e non vogliovederli qui. E tu, Mel, farai bene a dartiuna calmata."

Nella sala calò un silenzio colpevole."C'è un tornado in arrivo", riprese

Maisie. "Sapete tutti che cosa vuol dire.Avete cinque minuti per andarvene. Iconti li pagherete domani. Io sbarro lefinestre e scendo nel sotterraneo.Voialtri è meglio che facciate lo stesso,se stanotte non volete ritrovarvi sopral'arcobaleno."

Voltò le spalle ai presenti e rientrò incucina. Tutti sussultarono, sentendo

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sbattere le doppie porte alle sue spalle."Trovatevi un rifugio sicuro", si

raccomandò Tad, ricordando leistruzioni elencate sul manuale."Scendete nel sotterraneo, riparatevisotto un tavolo o un lavabo di cemento ouna scala. Evitate le finestre. Portate convoi una torcia elettrica, acqua potabilee una radio portatile con le pile cariche.Siamo in allarme fino a mezzanotte, mal'emergenza potrebbe protrarsi, non sipuò mai sapere. Questa è una tempestacoi fiocchi."

Mentre il locale si svuotava, Tadraggiunse Maisie nel retro. "Grazie", ledisse.

Maisie fece un cenno con la mano,come per dire che non aveva

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importanza. Aveva un aspetto moltotormentato. Il vicesceriffo non l'avevamai vista così. "Tad, non so se te lodovrei dire, ma Smit è scomparso."

"Mi stavo appunto chiedendo dovefosse."

"C'era un reporter ad aspettarlo. Èrimasto fino all'ora di chiusura, ierisera. E oggi Smit non si è fatto vedere néa colazione né a pranzo. Non è da luisparire così, senza dire niente. Hochiamato a casa e al giornale, ma non miha risposto."

"Controllerò", promise lui.Maisie annuì. "Non sarà niente.""Già, non sarà niente."Il vicesceriffo tornò nella sala, ora

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deserta, chiuse le imposte e andò allaporta. Prima di uscire, disse ad altavoce: "Vai nel sotterraneo, Maisie,okay?"

"Sto già scendendo", confermò ladonna, dalle scale.

Proprio mentre rientrava in ufficio,

arrivò una segnalazione dal centralinodella polizia della contea. Avevatelefonato la signora Higgs: suo figlioaveva trovato un mostro nella suacameretta. Il mostro era fuggito quandolui aveva acceso la luce e si era messo aurlare. Il ragazzino era in preda a unattacco isterico, come del resto lasignora Higgs.

Tad ascoltò incredulo l'esposizione

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dei fatti. "Che cos'è, uno scherzo?""Vuole che lo sceriffo vada subito",

aggiunse la centralinista.Incredibile. "Abbiamo un serial killer

a piede libero e un tornado in arrivo... eio dovrei fare un sopralluogo per unmo stro?"

Un attimo di silenzio. "Ehi", fece lacentralinista. "Faccio solo il miolavoro. Lo sai che devo riferire tutto. Lasignora Higgs ha detto che il mostro halasciato delle impronte."

Tad allontanò il microfono per unistante. "Gesù Cristo", disse fra sé.Guardò l'orologio: le otto e trenta.Poteva andare e tornare da casa Higgs inventi minuti. Con un sospiro, riprese il

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microfono e si arrese: "Va bene, faccioun controllo".

51

Quando arrivò a destinazione, scoprì

che il signor Higgs era tornato a casa eaveva sculacciato il figlio, che ora erarannicchiato in un angolo, imbronciato,le manine strette a pugno.

La signora Higgs, preoccupata, se nestava in disparte, a braccia conserte e abocca chiusa. Il capofamiglia era sedutoal tavolo della cucina, a capo chino, estava mangiando una patata.

"Sono qui per la... chiamata", fece ilvicesceriffo, togliendo si il cappello.

"Scordati la chiamata", disse Higgs.

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"Mi spiace che ti abbia no disturbato."Tad si avvicinò al ragazzino e gli

s'inginocchiò accanto. "Tut to bene?"Il piccolo annuì, il volto di un rosso

acceso. Aveva i capelli biondi e occhidi un azzurro intenso.

"Hillis, non voglio sentir parlareancora di mostri, capito?" intimò ilmarito.

La signora Higgs si sedette, poi sirialzò. "Mi spiace, vice-sceriffo. Vuoleuna tazza di caffè?"

"No, grazie, signora." Si rivolsenuovamente al bambino. "Che cos'haivisto?"

Nessuna risposta."Non parlare di mostri!" ribadì il

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padre."Ma io l'ho visto", osò dire il

ragazzino."Che cos'hai detto?" sbottò Higgs.Tad si rivolse alla madre. "Per

favore, mi faccia vedere le impronte,signora."

La donna, che si era seduta di nuovo,si rialzò, nervosa.

"Non starà mica ancora parlando dimostri? Perdiana, gliene do un'altrarazione. Chiamare la polizia per unmostro!"

La moglie accompagnò Tad nel retrodella casa, fino alla cameretta, e indicòla finestra. "So con certezza che hochiuso la finestra prima di mettere aletto Hill. Ma quando l'ho sentito

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urlare ho trovato la finestra spalancata.E quando sono andata a chiuderla hovisto un'impronta nell'aiuola."

Tad sentì Higgs alzare la voce dallacucina. "Che figura ci facciamo achiamare la polizia per un bruttosogno?"

Il vicesceriffo aprì la finestra e fuinvestito dal vento, che agitòfuriosamente le tende. Si affacciò e, allatenue luce della cameretta, guardò versol'aiuola curatissima di zinnie. In unpunto, i fiori erano stati schiacciati.Poteva essere un'impronta, oppure no.

Tornò indietro, uscì dalla porta sulretro e, camminando rasente al muro,raggiunse l'aiuola, chinandosi a

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esaminarla con una torcia. Sembravadavvero un'impronta, per quanto erosadal vento. Si alzò in piedi e guardò ilterreno. C'era tutta una serie di impronte.Proseguendo in quella direzione, alcunecentinaia di metri più in là, oltre il maredi mais in tempesta, c'era la Gro-BainTurkey Sociable, con qualche luceaccesa. Lo stabilimento era stato chiusoin anticipo per l'imminente tempesta eora era deserto.

Le ultime luci si spensero proprio inquel momento.

Il black-out aveva colpito anche casaHiggs, ma le luci di Medicine Creekerano ancora in vista.

Il vicesceriffo seguì il muro dellafattoria e rientrò in casa. "A quanto pare

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c'era davvero un intruso", annunciò.Higgs borbottò qualcosa. La moglie

stava già accendendo le candele."Vi ricordo che c'è un tornado in

arrivo. Vi invito a chiudere porte efinestre e, quando sentite alzarsi ilvento, affrettatevi a rifugiarvi in cantina.Se avete una radio a pile, restatesinto nizzati sul canale di emergenza."

Higgs fece un grugnito. Non avevabisogno che nessuno gli spiegasse checosa fare in caso di twister.

Tad tornò all'auto e si sedette apensare. Il veicolo era scosso dalvento. Erano le nove. Hazen e la suasquadra ormai dovevano esserearrivati. Il vicesceriffo prese la radio.

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"Tad, sei tu?""Sì. È rientrato in stazione, sceriffo?""Non ancora. Il vento ha sradicato un

albero sulla Deeper Road e ha abbattutoun paio di ripetitori."

Gli espose rapidamente la situazione."Un mostro?" sghignazzò Hazen. La

comunicazione era molto disturbata."Lo sa com'è il 911: devono riferire

ogni segnalazione.""Non ti scusare, hai fatto bene.

Cos'hai trovato?""Sembra che ci fosse un intruso. Il

ragazzino si è messo a urlare e deveaverlo spaventato. Le impronte sidirigono verso la Gro-Bain, che èappena stata colpita da un black-out."

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"Probabilmente il figlio di Cahill e isuoi amici. Hai presente il mese scorso,quando c'è stato lo scasso? Meglio chequei ragazzi non se ne vadano in giro inuna notte come questa. Approfittano delblack-out per fare casino, ma potrebbecadergli in testa un albero. Già che seiin giro, vai a dare un'occhiata allostabilimento. C'è ancora tempo. Tienitiin contatto."

"D'accordo.""E... Tad?""Sì?""Non hai visto in giro quel

Pendergast?""No.""Bene. A quanto pare se n'è andato

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appena gli ho appioppato il Cessare eDesistere."

"Senz'altro.""Alle dieci diamo l'assalto alle grotte.

Per quell'ora vedi di essere in ufficio.""Ricevuto."Tad chiuse il contatto e avviò il

motore. Provava un certo sollievo. Oraaveva una ragione ancora più valida perstare lontano dalla caverna edall'assassino. Quanto alla Gro-BainTurkey Sociable, da quando ilsorvegliante notturno aveva chiesto diessere trasferito a un turno di giorno,non c'era più nessuno che facesse laguardia a quell'ora. Non doveva farealtro che controllare le entrate: se tutteerano chiuse a chiave e se non c'era

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segno di attività, il suo compito erafinito.

Si diresse a sud, verso l'ombra scuradello stabilimento.

52

L'auto di pattuglia entrò nel

parcheggio dello stabilimento. Leraffiche di vento spazzavano la distesadi asfalto, trascinando brandelli di maise cascate di pioggia che mitragliavano lacarrozzeria. Il mare di granturcosembrava in tempesta. Tad guardò versoi campi, diviso fra il timore e ildesiderio di avvistare la tromba deltornado. Ma, a parte la pioggia, non si

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ve deva niente.Lo sceriffo sospettava che a

terrorizzare casa Higgs fossero statiAndy Cahill e i suoi amici. Dal cantosuo, Tad non escludeva che potessetrattarsi invece di Brad Hazen e del suogruppo: era più nel loro stile introdursiin casa d'altri. Il figlio non sarebbe maistato come il padre. Era preoccupato: ese si fosse imbattuto proprio in Brad?Sarebbe stato imbarazzante.

Il vicesceriffo si fermò col motoreacceso accanto allo stabilimento. Ilvento mugghiava attraverso i finestrinichiusi, come un animale ferito. Lacostruzione era una macchia scura esinistra nel buio. Quello che pocoprima gli era sembrato un controllo di

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routine ora lo faceva sentire a disagio.Perché diavolo la Gro-Bain TurkeySociable non si era trovata un nuovosorvegliante notturno? Non spettavaall'ufficio dello sceriffo occuparsi dellasicurezza dello stabilimento. Si passòuna mano tra i capelli a spazzola. Nonpoteva farci niente. Doveva fare unrapido controllo delle porte, poipassare da Smit Ludwig e tornarsenealla stazione di polizia.

Dovette fare forza contro il vento peraprire la portiera. Si rialzò il bavero e,tenendosi il cappello con una mano, siavventurò all'esterno, dirigendosi versoil pontile di carico. Mentre correvacontrovento, sentì qualcosa sbattere. Al

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riparo dell'edificio, accese la torcia esi diresse verso la fonte del rumore.

Quando arrivò in cima alle scale delpontile, la luce rivelò una porta aperta ecompletamente scardinata. Merda.

Qualcuno l'aveva fatta grossa. In altrecircostanze avrebbe chiesto rinforzi, main una notte come quella a chi si sarebbepotuto rivolgere? Tutti i colleghi eranoimpegnati a dare la caccia all'assassinoo a fronteggiare il tornado. Forseavrebbe fatto bene a lasciar perdere e aritornare il mattino dopo, mas'immaginò a spiegare la situazione allosceriffo e decise che non era un'opzioneaccettabile. Hazen lo rimproverava dicontinuo, dicendo che non avevaabbastanza iniziativa.

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In fondo, non c'era niente di cuipreoccuparsi: l'assassino eraintrappolato nelle grotte ed era normaleche ragazzi come Brad Hazen sidivertissero a forzare le porte dellostabilimento. Lo facevano anche quandoc'era il sorvegliante. Era capitatoparecchie volte, soprattutto l'ultimoHalloween, quando un gruppetto diteppisti di Deeper aveva deciso chesarebbe stato bello fare uno scherzetto alprincipale datore di lavoro della cittàrivale.

Tad si arrabbiò: era proprio la nottegiusta per fare stronzate come quella.Oltrepassò la porta, facendo quanto piùrumore possibile, ed esplorò l'area con

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la torcia. "Polizia!" annunciò, condecisione. "Siete pregati diidentificarvi."

L'unica risposta fu l'eco della suastessa voce nel buio.

Procedendo con cautela, muovendo latorcia a destra e a sinistra, Tad lasciòl'area di carico e proseguì all'internodell'impianto. Era buio e si sentivapuzza di cloro. Avvertì, più chevedere, che la zona in cui era entratoaveva un soffitto molto più alto.Perlustrò con la torcia il nastrotrasportatore che serpeggiava ovunquenello stabilimento, avanti e indietro, su egiù per almeno tre piani. Attraversòl'area in cui i tacchini venivanofolgorati. Più avanti c'era una sala

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piastrellata, oltre la quale sorgevanoaltre strutture all'interno dellacostruzione principale: lo Sterilizzatore,lo Spennatorio... Ricordava i nomi dallasua visita precedente: non sono coseche si dimenticano con facilità. Lastanza piastrellata era chiamata Cameradel Sangue. E la porta era socchiusa.

"Polizia", ripeté.Solo il sibilo del vento gli diede

risposta.Tad cambiò mano alla torcia e

sbottonò la fondina. Non che la pistolafosse necessaria, ma tenere la manopronta sul calcio lo faceva sentire piùtranquillo. Esplorò la catena dimontaggio, i tubi e le valvole che

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occupavano le pareti grigiedell'immenso stabilimento. La luce neilluminava sì e no un terzo, ma non sisentiva alcun rumore e tutto sembravadeserto. Meglio così: i ragazzidovevano essere scappati all'arrivodell'auto della polizia.

Le nove e un quarto. Hazen dovevaessere in ufficio, a prepararsi per ilraid delle dieci. Tad aveva fatto il suodovere: era entrato e non aveva vistoniente. Era inutile perdere altro tempo.Doveva passare da Smit Ludwig erientrare in ufficio.

Girò sui tacchi, e in quel momentosentì un rumore.

Si fermò con le orecchie tese. Ilrumore si ripeté: una specie di risolino,

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o piuttosto lo stridio di una suola digomma umida. Sembrava proveniredalla Camera del Sangue.

Cristo, i ragazzi si erano rintanati làdentro.

Tad puntò la torcia verso la porta. Iganci pendenti dal nastro trasportatoregettavano ombre crudeli e deformidavanti a lui.

"D'accordo. Fuori di lì, tutti quanti."Qualcuno sbuffò."Conto fino a tre e se non venite fuori

sarete in guai seri, ve lo garantisco."Era ridicolo perdere tutto quel tempo

mentre stava per impazzare un tornado.L'avrebbe fatta pagare a quei ragazzi.Tep pisti di Deeper, ora ne era certo.

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"Uno."Nessuna risposta."Due."Attese, ma dalla porta socchiusa non

giunse alcun suono."Tre." Gli stivali riecheggiarono sul

pavimento. Spalancò la porta con uncalcio. L'impatto risuonò in tutto lostabilimento. Allargò le gambe eperlustrò la Camera del Sangue colraggio della torcia, illuminando l'acciaiolucente, il buco di scarico al centro delpavimento, le piastrelle brillanti dellepareti.

Vuota. Tad si fermò al centro dellacamera e si fermò. L'aria odoravaintensamente di candeggina.

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Sopra di lui qualcosa tintinnò. Puntòla torcia verso l'alto. Si udì unassordante rumore metallico e i gancipendenti dal nastro si misero a tremare.La luce illuminò per un istante unasagoma in fuga, che scomparve dalportello di comunicazione con la salaadiacente.

"Ehi, tu!" Corse alla porta. Nientedelicatezze, questa volta: eraintenzionato a dare una lezione a queiragazzi. La torcia seguì il nastrotrasportatore, che stava ancoratremando. Gli intrusi dovevano essersiinfilati nella gigantesca scatola d'acciaiodello Sterilizzatore.

Tad avanzò silenziosamente. Le

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strisce di plastica all'ingresso delloSterilizzatore oscillavano.

Bingo.Raggiunse il lato opposto della

struttura metallica, da cui emergeva lastriscia nera del nastro. Da quella partele strisce di plastica erano ferme. Iragazzi erano intrappolati all'interno.

Fece un passo indietro, controllando ipunti di entrata e uscitadell'apparecchio. "Ascoltate: siete giànei guai per avere scassinato la porta.Ma se non venite fuori subito dovreterispondere di resistenza a pubblicoufficiale e a un sacco di altreimputazioni. Niente scherzi, se nonvolete andare in galera. Avete capito?"

Un momento di silenzio, poi un

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mormorio dall'interno delloSterilizzatore.

"Che cosa?" fece Tad, tendendol'orecchio.

Un altro mormorio, che si trasformò inuna cantilena indistinta e uno stranosuono umido, come se qualcuno stessefacendo schioccare le labbra e lalingua.

Lo stavano prendendo in giro.Spinto dalla rabbia e dall'umiliazione,

il vicesceriffo tirò un calcio alloSterilizzatore. Le pareti di acciaiorisposero con un'eco che si propagò intutto lo stabilimento.

"Fuori di qui!"Tad inspiro, espirò, inspirò di nuovo.

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Poi, attento a non battere la testa controi ganci, s'infilò tra le strisce di plastica.Appena ebbe puntato la torcia sullepareti interne, intravide una sagomasgusciare fuori dalla parte opposta. Unasagoma sorprendentemente grossa einforme, eppure estremamente rapida neimovimenti: forse le ombre sovrappostedi due ragazzi. Tad sentì un tonfo sulpavimento, seguito da passi affrettati.Chiunque si fosse nascosto nelloSterilizzatore era balzato dal nastrotrasportatore e stava scappando.

"Fermi!"Girò intorno alla struttura metallica e

si lanciò all'insegui mento. Il cono giallodi luce della torcia sobbalzava davanti alui. La sagoma scura aveva già

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oltrepassato lo Spennatoio e stavasalendo su una scaletta metallica cheportava all'Area di Eviscerazione, perpoi sparire in fondo alla piattaforma.

"Fermatevi, accidenti!"Salì la scaletta con la pistola in pugno

e corse lungo la passerella metallica.Mentre passava accanto alle valvoleidrauliche, qualcosa si mosse allaperiferia del suo campo visivo e locolpì all'avambraccio sinistro. Tad urlòper la sorpresa e il dolore, mentre latorcia gli volava via dalla mano,rotolando dalla passerella e atterrandosul pavimento con un tonfo nell'oscurità.

Si accovacciò, con la pistola puntatanel buio. Cristo, il do lore era fortissimo

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e si stava propagando a tutto il braccio.Il vicesceriffo non riusciva a stringereil pugno né a muovere le dita. Quelfiglio di puttana gli aveva rotto ilbraccio, di brutto. Con un solo colpo.Soffocò un lamento e strinse i denti,cercando di ascoltare: dall'esternogiungevano i gemiti del vento e i colpidella grandine sul tetto, ma nellostabilimento non sentiva più alcunrumore.

Col cazzo che questo è un sempliceteppista.

La rabbia e l'umiliazione eranoscomparse. A questo avevanoprovveduto il dolore e l'oscuritàimprovvisa. Ora Tad pensava solo auna cosa: andarsene.

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Cercò di distinguere qualcosa nelbuio, tentò di ricordare come si facevaa uscire di lì. Lo stabilimento eraenorme e trovare la strada al buio eraimpossibile. Forse avrebbe dovutorestarsene lì, immobile, ad aspettareche tornasse la corrente?

No, non poteva restare. Dovevamuoversi, scappare. Da qualsiasi parte.Vattene, vattene e basta.

Si alzò in piedi, con la pistola puntatadavanti a sé. Il braccio sinistropenzolava inerte. Tad cercò di tornarealla scaletta. Non osava respirare, neltimore che da un momento all'altro unnuovo colpo potesse arrivaredall'oscurità. Un passo dopo l'altro...

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Nel buio, urtò qualcosa col gomito.Alzò la destra e toccò una superficie

ruvida. Non sembrava una valvola.Sembrava qualcos'altro. Ma non potevaesserci nient'altro, nell'Area diEviscerazione.

Si morse un labbro, soffocando ungemito di terrore.

Doveva essere il buio a farlo reagirein quel modo. Non ci era abituato. Seavesse sparato un colpo, forse avrebbepotuto orientarsi. Uno sparo verso ilsoffitto non avrebbe fatto male anessuno.

Il vicesceriffo alzò la mano e premetteil grilletto.

Il breve lampo illuminò una figura

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accanto a lui: un'apparizione che loguardava sorridente. L'immagine eracosì inaspettata che non riuscì nemmenoa urlare. Ma fu l'altro a lanciare un urloal posto suo: un ululato rauco egutturale, un misto di rabbia e disorpresa.

Tad scappò. Si lanciò giù dalle scalea rotta di collo, urtando la ringhiera conle ginocchia. Inciampò negli ultimigradini e cadde a terra, sul bracciodolorante. Questa volta riuscì a urlare,per il terrore e per la sofferenza. Maalmeno ora era sul pavimento. Si rimisein piedi, in preda alla nausea. Corse,gemendo spaventato, inciampò, ripresel'equilibrio. Finché si accorse che nellamano destra stringeva ancora

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disperatamente la pistola. Potevausarla. Doveva usarla. Si voltò indietroe sparò due colpi alla cieca. I lampi diluce gli mostrarono che la c o s a glicorreva dietro, con la bocca rosa e lebraccia spa lancate.

Moh!Doveva mirare, non sparare a caso.

Altri due colpi. La cosa si stavaavvicinando. Tad, urlando, indietreggiò,sparando anco ra con la mano tremante.

Moh! Moh!Era quasi su di lui. Non poteva

mancarla, adesso. Premette il grilletto.Il cane scattò su una camera vuota. Si

frugò in tasca alla ricerca dei proiettilidi riserva, ma un secondo colpo si

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abbatté su di lui, all'altezza dellostomaco. Cadde a terra, respirando afatica, sentendo la pistola scivolare sulpavimento. Un terzo colpo, stavolta albraccio destro. Inspirò con sforzo,trascinandosi a terra, scalciando nelbuio. Ma era impossibile muoversi, orache aveva entrambe le braccia spezzate.

Moh! Moh! Moh!Tad urlò e si sdraiò di schiena,

scalciando verso l'aggressore.La cosa gli afferrò la caviglia e la

torse brutalmente. Tad sentì il suono diun osso che si spezzava. Il suo osso.

Un attimo dopo, un peso immane gligravò sul petto e qualcosa di ruvido gliafferrò la faccia. Sentì odore di terra, dimuffa e di qualcos'altro, più vago, ma

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repellente. Per un attimo gli parve chequel contatto fosse più delicato, quasirassicurante. Ma poi la stretta sirinforzò, esercitando una pressionespietata, finché la testa gli ruotò verso ilpavimento, con un violento scricchiolio,una fiammata gli esplose nella nuca e ilbuio si fece di un chiarore abbagliante.

53

Corrie giaceva nelle putride tenebre

della caverna. Disorientata dall'oscurità,non riusciva a calcolare quanto tempofosse trascorso da quando lui se n'eraandato. Un'ora? Un giorno? Un'eternità?Sentiva dolori in tutto il corpo,

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compreso il collo, dopo che l'avevaquasi strangolata. Eppure non l'avevauccisa. No, probabilmente la volevatorturare. Ma forse torturare non era laparola giusta: giocare, piuttosto. Luivoleva giocare con lei, in qualche modoorribile e inspiegabile...

Tuttavia farsi domande sul contodell'assassino era inutile. Ricordò a sestessa che nessuno l'avrebbe mai trovatalà sotto. Nessuno sapeva che lei fosse lì.Se voleva sopravvivere, doveva uscirneda sola. E doveva farlo prima del suoritorno.

Lottò contro le corde, nella speranzadi riuscire ad allentarle, ma l'unicorisultato fu graffiarsi ancora di più ipolsi. I lacci erano troppo tesi e i nodi

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duri come nocciole.Tra quanto sarebbe tornato? Bastava

il solo pensiero a riempirla di terrore.Corrie, riprenditi. Rimase immobile, iltempo necessario per regolarizzare ilrespiro. Poi, lentamente, con le manidietro la schiena, un po' strisciando e unpo' rotolando sul pavimento in pendenzadella caverna, cominciò a muoversi. Ilterreno era liscio, ma qua e làspuntavano gruppi di rocce ruvide. Siavvicinò a una formazione e la toccò conle dita. Cristalli, forse. Ruotò su sestessa e li prese a calci con forza, fino asenti re qualcosa che si spezzava. Con ledita intorpidite, trovò un frammentoacuminato. Cominciò a sfregare le

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corde, avanti e indietro, sulla superficietagliente.

Era molto doloroso. I polsi eranospellati e il sangue riprese a colarle suipalmi delle mani. Le dita eranopressoché insensibili. Corrie insistette.Di quando in quando la corda scivolavae la roccia la feriva. Ignorando ildolore, continuava a sfregare.

Meglio perdere le mani che la vita. Senon altro, la corda cominciava acedere. Se si fosse liberata, avrebbepotuto...

Potuto cosa?Tra quanto sarebbe tornato?Corrie fu scossa da un tremito quasi

incontrollabile. Non aveva mai sentitotanto freddo in vita sua. E quell'odore

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sembrava permeare ogni cosa. Potevasentirlo sulla lingua, nel naso...

Pensa alla corda.Continuò a sfregare e a tagliarsi, senza

arrendersi. Non sentiva più le dita, macontinuò con più forza. Anche se si fosseliberata che cos'avrebbe potuto fare,senza luce? Lui l'aveva portata così inprofondità che sarebbe stato impossibiletrovare una via d'uscita.Paradossalmente, la disperazione laspingeva a rin novare lo sforzo.

D'un tratto le mani furono libere.Si sdraiò sulla schiena, ansante.

Sentiva migliaia di aghi pungerle lemani. Il sangue aveva ripreso a scorrere.Tentò di muovere le dita, ma senza

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esito. Si appoggiò su un fianco e sfregò ipalmi l'uno contro l'altro. Al secondotentativo, le dita cominciarono arispondere. Stavano tornando alla vita.

Si risollevò lentamente e tastò lecorde intorno alle caviglie. Erano statelegate in modo assurdo, con numerosigiri e nodi rozzi ma efficaci. Tentò didisfarli, ma dovette arrendersi. Forseavrebbe potuto segare anche loro. Cercòdi raggiungere la roc cia spezzata...

Un rumore la interruppe. Provò unanuova morsa di terrore.

Lui stava tornando.I suoi grugniti riecheggiavano tra le

pareti della caverna. Non era lontano.Hnuff!Corrie si affrettò a nascondere le mani

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dietro la schiena e a sdraiarsi sul freddopavimento. Anche al buio, non potevarischiare che lui si accorgesse che siera slegata.

I passi si avvicinavano, e con essinuovi odori repellenti: sangue fresco,bile, vomito.

Corrie rimase perfettamenteimmobile. Era così buio, forse lui si eradimenticato di lei. Qualcosa venivatrascinato. Si udiva un tintinnio dichiavi. Poi il tonfo di qualcosa dipesante. La puzza aumentò, obbligandolaa soffocare un grido.

A quel punto, lui riprese a mormoraretra sé e a canticchiare. Suoni metallici,lo sfregare di un fiammifero e una luce

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improvvisa. Debole, ma pur sempreluce. Per un istante, Corrie si scordò ditutto, incoraggiata dal chiaroregiallognolo che sembrava provenire dauna strana lanterna, antica e rugginosa.La luce era collocata in modo tale dalasciare la cosa nell'ombra: solo unasagoma scura in movimento, grigio sulnero, che sparì dietro un angolo,continuando a parlare da sola.

Dunque almeno un po' di luce servivaanche a quell'essere.

Ma se era riuscito a portarla fino a lìe a legarla nella più completa oscurità,che genere di lavoro poteva richiedergliuna lan terna?

Preferì non proseguire oltre con queipensieri. Si accorse che il sollievo dato

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dalla luce la faceva sentire più stanca,più intorpidita. Una parte di lei volevaarrendersi. Si guardò intorno. La lucesembrava riflettersi su un milione dicristalli, ovunque e in nessun luogo.

Cercò di adattare gli occhi allasemioscurità.

Si trovava in una caverna non moltogrande. Le pareti erano coperte dicristalli bianchi che riflettevano ilchiarore della lanterna. Dal soffittopendevano innumerevoli stalattiti. E aognuna di esse erano appesi bizzarriornamenti di bastoni e ossa, legatiinsieme con lo spago. Corrie li osservòa lungo, senza capirne il senso. Poiguardò il pavimento.

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Accanto a lei c'era un corpo.La ragazza represse un urlo. La paura

e l'orrore tornavano alla carica. Comepoteva avere scordato, anche solo per unmomento... Chiuse gli occhi. Matrovarsi di nuovo al buio era peggio.Doveva sapere.

Il viso era così coperto dal sangue darendere difficile riconoscerne ilineamenti. Poi, piano piano, cominciò adistinguerli. Era il volto di TadFranklin, che la fissava con la boccaspalancata.

Corrie si voltò dall'altra parte. Sentìun grido sfuggirle. E al primo grido neseguì un altro.

Lui emise un grugnito e spuntò da

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dietro l'angolo.Per la prima volta lo vide. Avanzava

verso di lei. Con un lungo coltellosporco di sangue in una mano e qualcosadi umido e rossastro nell'altra.

Sorrideva e canticchiava.L'urlo di Corrie si spense mentre la

gola le si chiudeva a quel l'apparizione.Quella faccia...

54 Hazen non aveva molto da spiegare

agli agenti riuniti di fronte a lui: eranouna buona squadra e avevano un buonpiano. McFelty non aveva speranze.

C'era solo un problema. Tad non eraancora tornato dallo stabilimento e le

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comunicazioni radio erano stateinterrotte. Lo sceriffo avrebbe preferitopassare le consegne al suo vice prima dilasciare l'ufficio, ma ormai non potevapiù aspettare. Del resto, a MedicineCreek tutto era ormai pronto perfronteggiare il tornado: Tad aveva fattodavvero un buon lavoro. Mancavanopochi minuti alle dieci e Hazen nonvoleva che McFelty tagliasse la cordacol favore della tempesta. Dovevanoentrare in azione. Il suo vice sapevacome cavarsela.

Hazen aggiustò il cinturone e preseuna Camel. "Dove sono i cani?"

Fu Hank Larssen a rispondere. "Liportano direttamente a casa Kraus. Ci

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aspettano là.""Spero che ci portino dei cani veri,

stavolta. Hai chiesto quei cani spagnoliche allevano su a Dodge, come sichiamano?"

"Presa canarios" , rispose l'altrosceriffo. "Sì, li ho chiesti. Hanno dettoche l'addestramento non era completo,ma ho insistito."

"Bene. Sono stufo di giocare con deicani da salotto. Chi li addestra?"

"Quello dell'altra volta, Lefty Weeks:è il migliore che hanno."

Con un'espressione contrariata, Hazensi accese la sigaretta. Si rivolse allasquadra. "Già conoscete il programma.Prima vanno i cani, poi l'addestratore,Lefty, poi andiamo io e Raskovich." Con

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la punta della sigaretta indicò l'uomodella Kansas State University.

Questi annuì con espressione seria,conscio della gravità del la situazione.

"Chester, lo sai maneggiare unfucile?"

"Sissignore.""Allora te ne faccio assegnare uno.

Dietro di noi, come copertura, cisaranno Cole, Brast e lo sceriffoLarssen." Guardò i due agenti dellaPolizia di Stato, in divisa da raid:pantaloni e stivali neri, giubbottiantiproiettile neri. Niente cappelli daboyscout, questa non era unapasseggiata. Poi Hazen si voltò verso ilcollega di Deeper. "Per te va bene,

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Hank?"Fece cenno di sì.Era importante tenere Hank in pista,

farlo sentire parte della squadra. Erachiaro che allo sceriffo di Deeper quellastoria non piaceva, ma non c'era nienteda fare. Quello era il terreno di Hazen e,fino al completamento dell'operazione,era lui a dirigere lo spettacolo. Allafine, avrebbe fatto in modo che Larssenfacesse bella figura e condividesse imeriti. Lo stesso valeva per Raskovich.Così nessuno avrebbe pugnalato nessunaltro alle spalle, al momento di andarein tribunale.

"Le regole sono semplici. Siete tuttiarmati, ma non sparate a meno che lavostra vita sia minacciata direttamente.

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Questo è chiaro per tutti?"Assenso generale."Prendiamo quell'uomo vivo, senza

f e r i r l o . Entriamo tranquilli, lodisarmiamo e lo portiamo fuoriammanettato, ma tutto coi guanti. Lui è ilnostro testimone principale. Se cede alpanico e comincia a sparare, stateindietro e lasciate che se ne occupino icani. Animali come quelli possonobeccarsi una o due pallottole e nonmollare la preda."

Assenso silenzioso."Se qualcuno di voi pensa di fare

l'eroe, se lo deve scordare: lo arresteròpersonalmente. Si lavora tutti insieme."

Hazen guardò tutti, a turno. Quello che

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lo preoccupava più di tutti eraRaskovich. Ma fino a quel momentol'uomo del campus aveva mantenuto ilsangue freddo. Valeva la pena dirischiare. Maledizione, era prontoanche a lasciargli tutto il merito, sec'era la possibilità di portarel'esperimento a Medicine Creek.

"Shurt e Williams, voi due restateall'ingresso della caverna. Ma voglioche abbiate spazio per muovervi, quindinon rimanete in un punto in cui possiateessere colti di sorpresa. Se McFelty cisfugge, dovete essere pronti a fermarlo.Tu, Rheinbeck, entrerai in casa Kraus,consegnerai il mandato e berrai il tè conWinifred. Ma preparati a dare man fortea Shurt e Williams, se ne hanno

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bisogno."Il volto dell'agente non tradì alcuna

reazione, eccetto un lieve movimentodella mascella.

"Lo so, Rheinbeck: sarà dura. Ma c'èil rischio che la vecchia signora sispaventi. Non vogliamo che le venga unattacco di cuore, vero?"

L'uomo assentì."Ricordatevi: laggiù non ci saranno

comunicazioni con il mondo esterno. Ese ci separiamo, non potremo nemmenocomunicare tra di noi. Quindi si restauniti. Capito?"

Hazen guardò i suoi uomini. Avevanocapito.

"D'accordo. Adesso Cole vi parlerà

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degli occhiali per la vi sione notturna."Questi fece un passo avanti. Era

praticamente Mister Polizia di Stato:alto, muscoloso, taglio di capellimilitare, faccia inespressiva. Strano chegli statali non fosse mai grassi. Dovevaessere una regola. Teneva in mano uncasco grigio su cui era montato ungrosso paio di occhiali. "In una grotta laluce manca completamente", cominciò."Per questo i normali occhiali aintensificazione non funzionano. Quindinoi useremo gli occhiali a infrarossi. Laluce a infrarossi funziona come unatorcia elettrica. Qui c'è la lampadina,sulla parte anteriore del casco. Questoè l'interruttore. La luce a infrarossi èinvisibile a occhio nudo, ma quando

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metterete gli occhiali vedrete tuttoilluminato da una luce rossastra. Se lavostra lampada a infrarossi si spegne,gli occhiali diventano neri. Ci siamo?"

Tutti annuirono."Gli occhiali per la visione notturna

hanno lo scopo di non trasformarci inbersagli, come accadrebbe seportassimo delle torce. Lui non ci potràvedere. Se non accendiamo luci e cimuoviamo in silenzio, non saprà inquanti siamo."

"C'è una pianta della caverna?"s'informò Raskovich.

"Ottima domanda", approvò Hazen."No, non c'è. Le grotte aperte alpubblico sono attraversate da una

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passerella di legno. Ma ci sono altrecaverne sul retro, due o tre. In una diqueste c'era la vecchia distilleria. Ed èlì, probabilmente, che troveremo ilnostro uomo. Non stiamo parlando delleGrotte di Carlsbad. Usate il buon senso,state uniti e andrà tutto bene."

L'uomo del campus annuì.Hazen andò all'armadietto delle armi

e prese un fucile. Lo aprì, lo caricò e lorichiuse con uno scatto del polso. Porsel'arma a Raskovich e chiese a tutti glialtri: "Avete tutti controlla to le armi?"

Mormorio generale di conferma.Hazen saggiò per l'ultima volta ilcinturone, in senso antiorario: munizionidi riserva, manganello, manette, sprayal peperoncino, pistola. Tutto a posto.

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Fece un lungo respiro e si allacciò ilgiubbotto antiproiettile fi no al mento.

In quel momento le luci nell'ufficiotremarono, si fecero più brillanti e infinesi spensero, in un coro di proteste.

Hazen guardò fuori. Niente luci sullaMain Street né da nessun'altra parte.Medicine Creek era al buio. Non chefosse una sorpresa.

"Non cambia niente", annunciò."Andiamo."

Aprì la porta e la squadra lo seguìnella notte urlante.

55

Entrato a Medicine Creek, l'agente

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speciale Pendergast rallentò e fermò laRolls sul ciglio della strada. Prese iltelefono cellulare e tentò ancora dichiamare Corrie Swanson. L'unicarisposta fu un beep continuo. Non sisentiva più nemmeno il messaggioregistrato. I ripetitori erano fuori uso.Pendergast rimise in tasca il telefono eripartì. Anche la radio della poliziataceva e la città era stata colpita dalblack-out. Medicine Creek era tagliatafuo ri dal mondo.

Imboccò la Main Street. Gli alberierano scossi freneticamente dal ventorabbioso e cascate di pioggiainondavano la strada, formando vorticifangosi nei tombini che fino a poche oreprima erano intasati di polvere. Porte e

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finestre erano sbarrate. Solo l'ufficiodella sceriffo era in attività: Hazen ealcuni agenti stavano caricando armi suun furgone della Polizia di Stato. Gliagenti salirono sulle auto di pattugliaparcheggiate davanti all'ufficio. Aquanto pareva, si stava preparandoun'operazione di qualche genere. Nonaveva l'aria di essere la routine, in casodi tempesta.

La Rolls proseguì fino ai cancelli delWyndham Parke Estates, dove le finestredelle roulotte erano state coperte dastrisce di nastro adesivo e i tettiappesantiti da grosse pietre. Tutto erabuio, eccezion fatta per il bagliore diqualche candela che filtrava attraverso

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vetri e nastro adesivo. Il vento sferzava ivialetti, scuoteva le roulotte e letempestava di sassolini sollevati dalterreno. Nella zona giochi riservata aibambini, un'altalena oscillavaforsennatamente, come agitata da unfantasma impazzito.

Pendergast percorse il vialetto cheportava alla roulotte di Corrie. LaGremlin non c'era. L'agente dell'FBIscese dalla Rol ls e bussò alla porta.

Nessuna risposta. L'interno era buio.Bussò ancora, più forte.Dall'interno giunsero dei rumori e

s'intravide il movimento di una torciaelettrica. "Corrie, sei tu?" chiamò unavoce. "Sei nei guai, signorina."

Pendergast spinse la porta, che si aprì

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di qualche centimetro prima di esserebloccata dalla catena.

"Corrie?" strillò la voce. Una donna siaffacciò alla porta.

"FBI", disse Pendergast, mostrandoleil distintivo.

La madre di Corrie lo guardòattraverso le palpebre gonfie. Unasigaretta fumata a metà pendeva dallelabbra sbavate di rossetto. La donna glipuntò in faccia la torcia.

"Sto cercando la signorina Swanson."Una nuvoletta di fumo uscì dalla

porta. "È fuori.""Sono l'agente speciale Pendergast.""Lo so chi è. Lei è quel pazzo dell'FBI

che ha bisogno di un'assistente. " La

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donna sbuffò ancora fumo. "Non miprende in giro, caro signore. Anche sesapessi dov'è Corrie, non glielo direi.Assistente, già, proprio."

"Sa quando è uscita la signorinaSwanson?"

"Non ne ho idea.""Grazie."L'agente speciale le voltò le spalle e

tornò verso la Rolls. La porta dellaroulotte si spalancò e la donna misepiede sui gradini bagnati. "Dev'essereandata in giro a cercare l e i . Noncrede re di potermi nascondere la verità,Mister Furbone col tuo bel vestito nero."

L'agente salì in macchina."Oh, guarda che cos'abbiamo qui. Una

Rolls Royce? Caaaaazzo! Alla faccia

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dell'agente FBI."Pendergast chiuse la portiera e avviò

il motore.Sollevando la vestaglia da terra, la

donna attraversò il prato, sotto lapioggia scrosciante. Le sue parole siudirono a stento, nella tempesta. "Mi faischifo, sai? Li conosco quelli come te,io! Mi fai schifo..."

Pendergast ripartì, tornando verso laMain Street.

In cinque minuti raggiunse il

parcheggio di casa Kraus. L'auto diCorrie non era neppure lì. All'internodella casa, Winifred sedeva sulla suasolita poltrona, intenta a sferruzzare a

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lume di candela. La vecchia signora alzòlo sguardo e un sorriso le increspò ilviso. "Signor Pendergast, mi stavopreoccupando: là fuori, con la tempesta.È una cosa terribile. Sono contenta chesia rientrato sano e salvo."

"La signorina Swanson è stata qui,oggi?"

Winifred appoggiò in grembo i ferri."No, non credo pro prio."

"Grazie." Pendergast fece un inchino etornò verso la porta.

"Non mi dica che deve uscire dinuovo!"

"Temo di sì."L'uomo si diresse verso il parcheggio,

noncurante della tempesta chesconvolgeva il paesaggio intorno a lui.

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Fece per aprire la portiera, ma si fermò,pensoso. Il vento agitava lo scuro maredi granturco e scuoteva rumorosamenteil cartello che reclamizzava le Kraus'sKaverns.

L'agente dell'FBI si allontanò dallaRolls e s'incamminò lungo la strada,lasciandosi dietro la casa. Cento metripiù avanti trovò un sentiero sterrato cheattraversava i campi. Due minuti dopoaveva trovato l'automobile di Corrie.

Mentre tornava indietro, una serie difari in rapido avvicinamento apparve inlontananza sulla strada. Quando le autorallentarono per entrare nel parcheggiodelle grotte, la preoccupazione si fececertezza. Comprese che l'impensabile

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era ac caduto.Per una terribile ironia della sorte,

prima lui, poi Corrie e ora lo sceriffoerano giunti tutti alla stessa conclusione:l'assassino si nascondeva nelle Kraus'sKaverns.

Pendergast abbreviò il camminopassando attraverso il campo,dirigendosi verso l'ingresso delle grotte.Se solo fosse riusci to a entrare prima...

Troppo tardi. Uscito dal granturco, sitrovò di fronte Hazen, che lo guardò conun'espressione ostile. "Guarda, guarda,l'agente speciale Pendergast. E io chepensavo che avesse lasciato la città."

56

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Lo sceriffo tacque e squadròPendergast, sentendo la rabbia cresceredentro di sé. Quell'individuo aveva lacapacità di apparire dal nulla,esattamente nel momento sbagliato. Be',gli avrebbe dato una lezione, una voltaper tutte. Quell'imbecille dell'FBI nongli avrebbe fatto perdere altro tempo.Gli si avvicinò, sorridendo. "Chesorpresa, Pendergast", riprese.

Con il vestito nero quasi invisibilenella semioscurità, il volto pallido diPendergast sembrava sospeso nel vuoto."Che cosa sta facendo, sceriffo?" Lavoce era tranquilla, ma da essatraspariva una nota imperiosa cheHazen non aveva mai sentito.

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"Mi sembra di ricordare chestamattina lei abbia ricevuto l'ordine diCessare e Desistere. Questa è unaviolazione. Potrei farla arrestare."

Pendergast si rispose da solo. "Leivuole stanare l'assassino. Ha capito cheè nelle grotte."

Hazen si stupì: quell'uomo stavatirando a indovinare, non poteva averlosaputo da nessuno.

"Lei non immagina a che cosa vaincontro", proseguì l'agente dell'FBI."Né per quanto riguarda l'avversario, néper quanto riguarda l'ambiente."

Questo era troppo. "Basta,Pendergast."

"Lei si trova sull'orlo dell'abisso,

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sceriffo.""È lei a essere nei guai.""L'assassino ha un ostaggio.""Agente, la smetta di dire stronzate.""Se lei irrompe là sotto, provocherà la

morte dell'ostaggio."Malgrado la sua incredulità, Hazen

provò un brivido. Quel lo era l'incubo diogni poliziotto. "Sì? E chi sarebbel'ostaggio?"

"Corrie Swanson.""Come lo sa?""È scomparsa. Ho appena trovato la

sua auto, a cento metri da qui, nascostain un campo."

Dopo un silenzio imbarazzato, losceriffo scosse il capo, disgustato."Pendergast, fin dall'inizio non ha fatto

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altro che depistare le indagini, con lesue teorie. Se non fosse stato per lei,avremmo già arrestato il colpevole. Lamacchina della Swanson è parcheggiatain un campo? Ci sarà andata con unragaz zo."

"È scesa nella caverna.""Brillante deduzione. La porta

d'ingresso è di ferro. Come sarebbeentrata? Scassinando la serratura?"

"Guardi lei stesso."Hazen guardò verso la porta. Era

socchiusa. Un lucchetto giaceva a terra,seminascosto dalla polvere e dallefoglie.

"Pendergast, se crede che CorrieSwanson sia riuscita ad aprire quel

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lucchetto, è ancora più stupido di quantopensassi. Quello non è il lavoro di unaragazzina, è opera di un professionista.Dell'uomo che stiamo cercando, per laprecisione. E questo è più di quanto leisia autorizzato a sapere."

"Se non sbaglio, sceriffo, era lei adaccusare la signorina Swanson di..."

Hazen scosse il capo. "Ho sentitoabbastanza. Pendergast, mi consegni lapistola. È in arresto. Cole,ammanettalo."

L'agente fece un passo avanti."Sceriffo?"

"Quest'uomo sta deliberatamentedisobbedendo a un ordine di Cessare eDesistere. Sta ostacolando un'indaginedi polizia. Sta violando una proprietà

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privata. Mi assumo ogni responsabilità.Toglietemelo di torno!"

Cole si avvicinò a Pendergast. Unattimo dopo, o almeno così parve, Coleera steso a terra e cercavadisperatamente di respirare. L'agentedell'FBI era sparito.

Hazen era allibito."Uff" , mormorò Cole, mettendosi a

sedere e massaggiandosi lo stomaco."Quel figlio di puttana mi ha dato unpugno."

"Cristo", imprecò lo sceriffo,guardandosi intorno con la torcia. Ma diPendergast non c'era traccia. Qualcheistante dopo si udì il rumore di unmotore, seguito da pneumatici che si

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muovevano sulla ghiaia.Cole si alzò in piedi, rosso in viso, e

si scosse la polvere dalla divisa."Lascia perdere. Abbiamo un pesce

più grosso da pescare. Preoccupiamocidelle cose più urgenti. Con Pendergastfaremo i conti domani."

"Che figlio di puttana", mormorò ilpoliziotto.

Hazen gli diede una pacca sulla spallae sorrise. "La prossi ma volta che arrestiqualcuno, tienilo d'occhio, eh, Cole?"

In lontananza si sentì sbattere unaporta e una voce che strillava. Pocodopo, Winifred Kraus arrivò di corsadalla casa. Il vento le agitava la camiciada notte, facendola sembrare unfantasma che volava nella notte. Dietro

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di lei, Rheinbeck cercava di parlarle."Che cosa state combinando?" gridò

la vecchia signora. A capo scopertosotto la pioggia, aveva i capelli indisordine e il volto coperto digoccioline. "Che cos'è questa storia?Che cosa ci fate sulla mia proprietà?"

Hazen si rivolse a Rheinbeck. "Perl'amor di Dio, avresti do vuto..."

"Ho cercato di spiegarle tutto,sceriffo. È isterica."

Winifred guardò gli agenti, con gliocchi spalancati. "Sceriffo Hazen, esigouna spiegazione!"

"Rheinbeck, portala via di...""Questa è una rispettabile attrazione

turistica!"

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Hazen sospirò. "Ascolti, Winifred:siamo convinti che l'assassino si sianascosto nella sua caverna."

"Impossibile!" protestò la donna, convoce acuta. "La controllo due volte lasettimana!"

"Stiamo andando a prenderlo. Voglioche stia in casa tranquilla, con l'agenteRheinbeck, che si prenderà cura di lei..."

"Non ci penso neanche! Non osateentrare nella mia caverna! Non ne aveteil diritto. Non c'è nessun assassino làsotto."

"Signorina Kraus, sono spiacente.Abbiamo un mandato. Rheinbeck?"

"Gliel'ho già mostrato, sceriffo.""Mostraglielo di nuovo e toglicela dai

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piedi.""Ma non mi dà retta...""Portala via di peso, se necessario.

Non perdere tempo.""Sissignore. Mi scusi, signora..." fece

Rheinbeck."Non osare toccarmi!" Winifred gli

diede uno spintone, facendolo cadereall'indietro. Quindi si rivolse allosceriffo, agitando i pugni. "Via dallamia proprietà! Sei sempre stato unpre potente! Vattene via!"

Lo sceriffo la prese per i polsi, ma leisi ribellò e gli sputò in faccia. La forza el'aggressività della vecchia signoraerano sor prendenti.

"Signorina Kraus", insistette lui,cercando di mantenere la calma e di

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usare un tono conciliante. "Si calmi.Questa è un'importante operazione dipolizia."

"Via dalla mia terra!"Hazen cercò di tenerla ferma, ma

ricevette un calcio nello stinco. Gliagenti intorno a lui assistevano allascena come tranquilli spettatori. "Chene direste di dare una mano?" tuonò.

Rheinbeck afferrò la donna per la vita,mentre Cole le bloccò un braccio.

"Piano", li ammonì lo sceriffo. "È pursempre una vecchia."

Le grida della donna erano isteriche. Itre la immobilizzarono. Hazen riuscìfinalmente a districarsi, mentreRheinbeck, con l'aiuto di Cole, la

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sollevava da terra.Winifred Kraus scalciava in aria.

"Maledetti! Non avete il di ritto!"Gli strilli si affievolirono, mentre

Rheinbeck scompariva nella tempesta,trasportando il suo inquieto fardello.

"Gesù, ma che le è preso?"Hazen si spazzò la polvere di dosso.

"È sempre stata una rompipalle, ma nonmi sarei mai aspettato questo." Diede unultimo colpetto sui pantaloni. Lo stincogli faceva ancora male. "Entriamo nellegrotte, prima che arrivi qualcun altro aguastare la festa." Si rivolse a Shurt eWilliams. "Se quel figlio di puttana diPendergast dovesse tornare, sieteautorizzati a usare ogni mezzo perimpedirgli di entrare."

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"Sissignore."Con lo sceriffo in testa, i cani e i

membri della squadra discesero nellafenditura. Aprirono la porta, attivaronole luci infrarosse e indossarono gliocchiali per la visione notturna. A manoa mano che scendevano, i rumori dellatempesta si allonta navano.

Dopo poco il silenzio fu assoluto,rotto soltanto dal goccio lio dell'acqua.

Stavano entrando in un altro mondo.

57 La Rolls Royce slittava e sobbalzava

sulla pista sterrata. I fari penetravano astento nella pioggia. Ogni tanto qualche

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raffica di grandine martellava lacarrozzeria. Quando il veicolo non potépiù proseguire, Pendergast si fermò,spense il motore e infilò la mappaarrotolata sotto la giacca. Dopo di cheuscì nella tempesta.

Qui, nel punto più alto di Cry County,il mesaciclone sembrava avereraggiunto la sua massima intensità. Ilterreno pareva un campo di battaglia:rami, piante, zolle di terra strappate dacampi lontani chilometri e altri restitrascinati dal vento. Più avanti,invisibili nel buio, gli alberi intorno aiTumuli si agitavano tra gemiti escricchiolii. Il fruscio delle fogliericordava il frangersi delle onde sugliscogli. I Tumuli dei Fantasmi erano

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preda della furia dei venti.L'agente avanzò lungo il sentiero.

Mentre si avvicinava, il rombo dellatempesta aumentava di volume,intervallato dallo schiocco del legnospezzato e dal fragore dei rami checadevano a terra. Una volta al riparorelativamente sicuro degli alberi,Pendergast poteva osservare piùchiaramente la situazione. Il vento e lapioggia ribollivano intorno a lui. Gocced'acqua e pietrisco flagellavano ognisuperficie. Tuttavia il pericolo maggiorenon veniva né dalla pioggia, né dallagrandine, bensì dalla possibilità che aifianchi della tempesta, in qualsiasimomento, si generasse un tornado di

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grande inten sità.D'altra parte, non c'era tempo per la

prudenza. Non era così che Pendergastavrebbe voluto affrontare l'assassino,ma non gli restava altra scelta.

Accese la torcia e la puntò nel buio,oltre la macchia di alberi. In quelmomento si udì uno spaventososcricchiolio. L'agente dell'FBI feceappena in tempo a saltare di lato, primache un gigantesco pioppo precipitasse alsuolo, facendolo tremare e sollevandoun vortice di foglie, rami spezzati e terraumida.

Allontanatosi dagli alberi e tornatosotto la tempesta, Pendergast corse piùveloce che poteva fino alla base delprimo Tumulo. Voltando le spalle al

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vento, lo esaminò attentamente con latorcia fino a trovare un punto diriferimento. Quindi, nel buio della notte,sotto l'infuriare della tempesta, siraddrizzò, incrociò le braccia sul pettoe rimase immobile.

I suoni e le sensazioni svanirono dallasua coscienza mentre percorreva uncorridoio di marmo nella dimora goticadella sua memoria. Doveva recuperarel'immagine dei Cavalieri Fantasma,così come l'aveva ricostruita nellamente. Ripassò tre volte l'interasequenza, da quando i cheyenne eranospuntati dalla polvere a quando vi eranonuovamente svaniti, sovrapponendo ilpanorama dell'epoca a quello odierno.

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Aprì gli occhi e lasciò cadere lebraccia lungo i fianchi. Camminandolentamente, con passi precisi, si diresseverso il lato opposto del secondoTumulo, fermandosi di fronte a unagrossa formazione di rocce calcaree.Senza curarsi del vento e della pioggia,vi girò intorno, esaminando le rocce conattenzione, toccandone qualcuna, fino atrovare quello che cercava: una mezzadozzina di pietre, allineate lungo unafenditura. Le studiò per un momento,poi le fece rotolare di lato, una dopol'altra, fino a portare allo scoperto unafessura. Spostò altre pietre.Dall'apertura, dai contorni irregolari,fuoriuscì aria fresca e umida.

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Era quella la strada da cui eranoarrivati i Guerrieri Fantasma eattraverso la quale erano spariti. E, ameno di un tragico errore, dovevatrattarsi della porta di servizio delleKraus's Kaverns.

Pendergast s'infilò all'interno e siguardò intorno, illuminando con latorcia il soffitto della caverna e le pietreattraverso le quali era passato. Era comesospettava: la fenditura era quantorestava di una più vasta aperturanaturale, ostruita da una frana. Puntò latorcia verso il corridoio che scendevanel cuore della caverna. S'incamminò,smuovendo i piccoli sassi che coprivanoil pavimento. Quanto più discendeva,

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tanto più lontani erano i rumori dellatempesta. Presto furono solo un ricordo.Il trascorrere del tempo, l'infuriaredell'uragano, tutto il mondo esternocessava di esistere nell'ambienteimmutabile della caverna. Sapeva didover trovare la ragazza prima che losceriffo e il suo commandoimprovvisato raggiungessero l'assassino.

Il passaggio si allargava, continuava adiscendere, poi proseguiva in piano esvoltava bruscamente. Pendergast siavvicinò cautamente all'angolo e sifermò, con la pistola puntata. Silenziototale. Fulmineo si gettò in avanti, latorcia davanti a sé.

Era una caverna gigantesca, largaalmeno una trentina di metri. Lo

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spettacolo era stupefacente ma noninaspettato. Nella grotta si muovevanosolamente la luce della torcia e i suoiocchi, che passavano in rassegna labizzarra coreografia.

Trenta cavalli morti, inginocchiati,bardati per la battaglia, erano statidisposti a cerchio al centro dellacaverna. Nell'aria della grotta si eranomummificati: le ossa fuoriuscivano dallapelle, le labbra si erano ritratte dai dentigiallognoli. Erano tutti decorati nellostile dei cheyenne del sud, con strisce diun brillante color ocra sul muso eimpronte bianche e rosse di mani sulcollo e sulla groppa. Penne d'aquilaerano state legate alle criniere e alle

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code. Alcuni avevano selle di cuoiodecorate con perline, con un alto arcioneposteriore, altri avevano solo unacoperta, altri ancora niente del tutto. Perla maggior parte erano stati sacrificaticon un colpo violento alla testa, con unamazza chiodata che aveva lasciato unforo nitido proprio in mezzo agli occhi.

Disposti in un secondo cerchio,all'interno del primo, c'erano trentaguerrieri cheyenne.

I Guerrieri Fantasma.Si erano sistemati come i raggi di una

ruota, la sacra ruota del sole, ognunocon la mano sinistra appoggiata alcavallo e la destra stretta intornoall'arma. Erano tutti lì, quelli uccisi nelraid e quelli che erano sopravvissuti.

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Questi ultimi erano stati ammazzati comei cavalli: un colpo solo, in mezzo allafronte, con una mazza chiodata. L'ultimoa morire, quello che aveva sacrificatogli altri, giaceva di schiena, la manomummificata ancora stretta intorno alcoltello di selce infisso all'altezza delcuore. Il coltello era identico a quellospezzato, trovato accanto al corpo diChauncy. E nella faretra di ognuno deiguerrieri c'erano frecce uguali a quelletrovate vicino al corpo di Sheila Swegg.

Erano lì, silenziosi testimoni sotto laterra di Medicine Creek, dalla sera del14 agosto 1865. I guerrieri che eranoriusciti a sopravvivere all'attaccoavevano ucciso i cavalli e se stessi, nel

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buio della caverna, scegliendo di morirecon dignità nella loro terra. I bianchinon avrebbero mai potuto esiliarli in unariserva, non li avrebbero mai costretti afirmare un trattato, a viaggiare in treno, amandare i loro figli in scuole lontanedove sarebbero stati picchiati seavessero parlato la loro lingua, avedersi derubare della propria dignità edella propria cultura.

Questi Guerrieri Fantasma avevanovisto l'invasione dell'uomo bianco sullaloro terra. Sapevano che cosa il futuroriservasse loro. Qui, in questa grandecaverna, avevano preparatol'imboscata. Da qui erano emersi,durante la tempesta di sabbia, perscatenare rovina e distruzione sui

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Quarantacinque. E qui erano tornati, incerca della pace eterna e dell'onore.

Nei suoi racconti a voce e ancora dipiù nel resoconto sul proprio diario, ilnonno di Brushy Jim aveva affermatoche i Guerrieri Fantasma sembravanoessersi sollevati dal terreno. Non si erasbagliato. E anche se nel 1865 i Tumulidovevano essere coperti da una densavegetazione, negli ultimi momenti di vitaanche Harry Beaumont doveva averecapito da dove i guerrieri fosseroarrivati. Aveva maledetto la terra peruna ragione molto specifica.

Pendergast fece una pausa peresaminare la mappa, poi si lasciò allespalle la silenziosa natura morta e corse

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verso l'oscuro tunnel che s'inoltravaancora più in profondità nel labirinto dicaverne.

C'era pochissimo tempo. Se non eragià troppo tardi.

58

Hazen seguì Lefty e i cani lungo la

passerella di legno all'interno delleKraus's Kaverns. A differenza dei loropredecessori, la coppia di cani seguivala pista con decisione. Sembravano anzifin troppo ansiosi di procedere:strattonavano i guinzagli ed emettevanoringhi profondi. Per quanto alternasseproteste e blandizie, l'addestratorefaticava a tenerli a bada. Erano bestie

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grosse, brutte come il peccato, con ilculo pieghettato e grosse pallepenzolanti che parevano quelle di untoro. Presa canarios, cani allevati peruccidere cani. O qualsiasi altra cosa sudue o quattro zampe. Lo sceriffo nonavrebbe voluto averli contro, nemmenocon una rastrelliera di Winchestersottomano. Anche gli agenti si tenevanolontani dalle bestie. Se aveva un minimodi buon senso, McFelty doveva mettersiin ginocchio a pregare appena li vedevasvoltare l'angolo.

"Sturm! Drang!" gridò Lefty."Che razza di nomi sono?" chiese

Hazen."Che ne so? I nomi glieli danno gli

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allevatori.""Be', falli rallentare, questa non è la

pista di Indianapolis.""Sturm! Drang! Buoni!"I cani non gli fecero molto caso."Lefty...""Li sto facendo andare più piano che

posso", rispose Weeks con voce acuta."Non so se l'hai notato, ma questi nonsono esattamente due Chihuahua."

Lefty era basso, con la testa piccola,la pelle rossa e le ciglia bionde. Con leluci all'infrarosso, attraverso gliocchiali tutto nella caverna assumevauna monotona sfumatura rossastra. Era laprima volta che lo sceriffo li indossavae non gli piaceva come tutto si riducessea un paesaggio irreale, spaventoso e

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monocromatico. Sembrava di guardareun vecchio televisore. La passerella dilegno era avvolta da una luce cremisi,come la strada per l'inferno.

Oltrepassarono la Cattedrale diCristallo, la Biblioteca del Gigante e leCampane. Hazen non tornava nelle grottedai tempi della scuola, ma quando erapiccolo ci veniva tutti gli anni in gita diclasse. Era incredibile come se lericordasse ancora. Già allora eraWinifred ad accompagnare i visitatori.All'epoca non era neanche una bruttadonna: lo sceriffo rammentava il suoamico Tony farle gesti volgari allespalle, mentre lei suonava una canzonebattendo un martelletto sulle stalattiti.

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Ma poi la Kraus si era trasformata inuna vecchia befana.

Arrivarono in fondo al percorsoturistico. Lefty, con molta fatica, cercòdi trattenere i cani. Lo sceriffo si tennecautamente a qualche metro dalle bestie,che puntavano verso qualcosadall'altra parte dello Specchiodell'Immensità, ringhiando. Le linguesembravano pannolini rossi chepenzolavano dalla bocca, coperti disaliva color sangue.

Hazen aspettò che la squadra siradunasse alle sue spalle, prima di darenuove istruzioni. "Non sono mai statooltre questo punto. Da qui in avanti,silenzio. E, Lefty, puoi fare star zitti icani?"

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"No, non posso! Ringhiare è istintivo,per loro."

Hazen scosse il capo e fece cennoall'addestratore di avanzare nell'acqua,poi lo seguì con Raskovich. Dietro diloro venivano Cole e Brast, quindiLarssen e gli altri. Attraversarono loSpecchio, si arrampicarono dall'altraparte e seguirono Lefty lungo un tunnelche prima si restringeva, poi tornava adallargarsi e svoltava bruscamente adestra. In fondo c'era una seconda portadi ferro.

Era socchiusa, con un lucchetto apertoappoggiato a terra.

Hazen alzò un pollice, segnalando aLefty di proseguire.

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I cani ringhiavano con insistenzacrescente, emettendo versi profondi egutturali che a Hazen facevanoaccapponare la pelle. Sarebbe statoimpossibile prendere McFeltycompletamente di sorpresa, ma forse nonsarebbe stato un male. Quei ringhiavrebbero convinto anche Rambo adeporre le armi.

Di là dalla porta, il tunnel si apriva suuna caverna. I cani annusaronodappertutto, tirandosi dietro Lefty. Dentfece cenno agli altri di aspettare, mentrelui e Raskovich perlustravano la stanzacon le armi in pugno.

Bingo! Quella era proprio ladistilleria, con un vecchio tavolo,

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mozziconi di candele, lanternesgangherate, vetri rotti. E in fondo, tra leombre rossastre, un calderone grandequanto bastava a cucinare un cavallo.Così grosso che doveva essere statoportato nella caverna smontato e saldatosolo successivamente. Non c'era dastupirsi che poi nessuno lo avesseportato via.

Quando Hazen ebbe la certezza che lacaverna fosse deserta, fece cenno allasquadra di entrare e si avvicinò alcalderone. L'odore di fumo aleggiavanell'aria, mescolato ad altri lezzi, ancorameno piacevoli. Hazen si affacciòall'orlo dell'enorme pentola. C'eraqualcosa sul fondo, un'immagine confusaattraverso gli occhiali.

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Era un orecchio umano.Lo sceriffo si voltò verso gli altri. Era

la conferma delle sue ipotesi, anche sel'orgoglio si mescolava a un profondodisgusto. "Che nessuno tocchi niente."

Gli altri assentirono.Dent continuò l'esplorazione. Pensava

quasi di essere arrivato in fondo, che lacaverna fosse vuota e McFelty fossescappato. Ma poi scoprì un basso arcosu una parete laterale, una macchiagrigia nell'oscurità. "Dev'esserci un'altracaverna, da quella parte. Avanti, Lefty,fai strada coi cani."

La caverna successiva doveva esserestata la discarica dei rifiuti per idistillatori clandestini. Era ancora

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ingombra di pattume in decomposizione,bottiglie rotte, cartacce e scatolette diogni tipo, tutto ammassato contro unaparete. Lo sceriffo si fermò. Facevafresco, lì dentro. E in una serie dinicchie particolarmente freddequalcuno aveva ammonticchiatoprovviste recenti di cibo. Era una speciedi dispensa: c'erano zucchero, cereali,fagioli, sacchetti di patatine, snackassortiti, pagnotte, pacchetti di carnesalata di manzo, panetti di burro. E c'eraanche una scorta di candele, scatolettedi fiammiferi da cucina e una lanternarotta. In un angolo, sacchetti vuoti,lattine e mozziconi di candelatestimoniavano che McFelty avevapassato molto tempo, là sotto.

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Continuando a guardarsi intorno congli occhiali per la visione notturna,Hazen scoprì che il tunnel proseguivaverso un'altra caverna. McFelty, se eraancora lì, poteva averli sentiti arrivare.Era possibile che fosse nell'altracaverna, con una pistola spianata,sperando di coglierli di sorpresa.

Lo sceriffo appoggiò una mano sullaspalla di Lefty e gli parlò nell'orecchio."Libera i cani e ordinagli di ripulirequella caverna. Possono farlo?"

"Certo."Hazen posizionò i suoi uomini fuori

dalla bocca del tunnel, pronto a placcarechiunque fosse venuto fuori. Poi fece uncen no a Lefty Weeks.

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L'addestratore sganciò i guinzagli."Sturm, Drang. Stana re!"

Gli animali partirono di scatto,scomparendo nel buio. Lo sceriffo siaccovacciò vicino all'uscita,imbracciando il fucile. Sentiva i duecani che ringhiavano, annusavano,ansimavano con la lingua fuori. Passòqualche secondo. I suoni siaffievo lirono.

"Richiamali", ordinò.Lefty fece un debole fischio. "Sturm,

Drang. Tornare."Si sentì annusare e uggiolare."Sturm! Drang! Tornare!"Le bestie tornarono, riluttanti. Alla

luce degli infrarossi sembravano i cani

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dell'inferno.Hazen era ormai convinto che

McFelty avesse tagliato la corda. Manon era una sconfitta totale, tutto ilcontrario. Avevano tante di quelleprove da poterlo collegare con sicurezzaagli omicidi: impronte digitali, DNA... Esenza dubbio anche l'orecchio di Stottera una scoperta preziosa, più chesufficiente a giustificare la discesanelle grotte. Con tutti quegli indizi,sarebbe stato un gioco da ragazzicostringere McFelty a patteggiare colgiudice e a fornire le prove perinchiodare Lavender.

Si rialzò. "Va bene, andiamo a vederecosa c'è là dentro."

La terza caverna era più piccola delle

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altre. Qualcuno doveva averci vissutoma, guardandosi intorno, Hazen non potéfare a meno di chiedersi chi diavolopotesse essere. C'era un letto appoggiatoalla parete, rotto e ammuffito, conl'imbottitura che fuoriusciva dalmaterasso. Ma era molto piccolo: unletto da bambino.

Sopra c'erano due quadretti, unoraffigurante un melo, l'al tro un clown. Inun angolo erano abbandonati alcunigiocattoli rotti, coperti di muffa. Unacassettiera, un tempo di un rossovivace, pendeva da una parte. Neicassetti aperti si intravedevano capi divestiario putridi e consunti. Sul fondo, lacaverna si restringeva verso una

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fessura.Gesù, che posto. Hazen si aggiustò i

pantaloni e cercò una Camel neltaschino. "Pare che il nostro uccellinosia volato via. Probabilmente loabbiamo mancato per poco."

"Ma che razza di luogo è?" domandòRaskovich.

Dent si accese la sigaretta e ripose ilfiammifero spento in tasca. "Qualcosache è rimasto qui dai tempi delProibizionismo, direi."

Ci fu un silenzio prolungato. Tuttisembravano delusi.

Hazen si riempì i polmoni di fumo edespirò. "Là dietro, nel pentolone, c'èl'orecchio di Stott", annunciò.

Come previsto, la notizia fece effetto

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sulla squadra."Esatto", confermò lo sceriffo.

"Abbiamo fatto un ottimo lavoro.Abbiamo le prove che l'assassino è statonelle grotte, che è qui che ha bollitoStott, che questa era la sua baseoperativa. Un enorme progressonell'indagine."

Tutti annuirono. Nella squadra sidiffuse un mormorio ecci tato.

I cani presero a ringhiare."Domani facciamo venire i ragazzi

della Scientifica e il medico legale.Credo che per stanotte abbiamo finito."Hazen tirò un'ultima boccata dallaCamel, spense il mozzicone e se lo misein tasca. "Torniamo a casa."

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Fece per tornare nella cavernaprecedente, ma si accorse chel'addestratore stava faticosamentetrattenendo i cani. Le bestie nonvolevano sentire ragioni: eranostranamente attratte dalla fessura nellaparete, e non smettevano di ringhiare.

"Che hanno?"Lefty diede un violento strattone ai

guinzagli. "Sturm! Drang! Seduti!""Per l'amor di Dio, lascia che

guardino", proruppe lo sce riffo.L'addestratore li lasciò avvicinare

alla parete. Abbaiando, i cani situffarono nella fessura, trascinandolodietro di loro.

Hazen si affacciò. Il passaggio

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svoltava di novanta gradi e proseguivain discesa per qualche decina dicentimetri. Sembrava un vicolo cieco.Eppure doveva proseguire. Non potevaessere altrimenti. Si sentiva la voce diLefty riecheggiare in lontananza,stranamente distorta, mentre invanocercava di convincere le bestie asedersi.

"I cani hanno una pista", annunciòHazen alla squadra. "E sembra esserecalda!"

59

Corrie se ne stava immobile, con le

mani dietro la schiena. Lui si era messoa ridere, quando lei aveva urlato. Una

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risata acuta che faceva pensare allosquittio di un porcellino d'India. Laragazza teneva gli occhi chiusi, la testagirata dall'altra parte, ma sentiva ognirumore: la stoffa lacerata e un orribilesuono che faceva pensare a membrastrappate. Strinse le palpebre e cercò diisolarsi mentalmente dai rumori. A pocopiù di un metro da lei, lui si era rimessoall'opera, canticchiando e parlando trasé. A ogni suo movimento, Corrieveniva investita da odori ripugnanti:sudore, muffa, putredine e chissà chealtro. L'orrore e l'irrealtà di quellasituazione la facevano impazzire.

Corrie, resisti.Ma non poteva resistere, non più.

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L'istinto di sopravvivenza che le avevadato la forza di liberarsi le mani avevaceduto le armi all'apparizione di quellacosa che trascinava il cadavere di TadFranklin.

La mente della ragazza vagava comein trance, attraversata da frammenti diricordi: suo padre che quando erapiccola giocava con lei a rincorrersi,sua madre coi bigodini in testa cherispondeva al telefono, un ragazzinograsso che era stato carino con leiquando andava alle medie... Stava permorire e la sua vita sembrava cosìvuota, nient'altro che desolazione, datempo immemorabile. Aveva le manilibere, ma a che cosa potevano servirle?Se anche ce l'avesse fatta a fuggire, dove

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sarebbe andata? Come avrebbe potutotrovare l'uscita dalla caverna? Ungemito le sfuggì dalle labbra, ma la cosanon le prestò attenzione. Le voltava lespalle. Grazie a Dio, grazie a Dio.

Aprì un occhio e localizzò la debolesorgente di luce, appoggiata in unacavità della roccia. Le finestrellemetalliche della lanterna, quasicompletamente chiuse, lasciavano usciresolo sottili lame di chiarore. Luipreferiva stare al buio, evidentemente.Dio, la sua pelle era candida, tanto dasembrare quasi grigia. E quella faccia,la vista di quella faccia, con quellabarbetta rada... Un'ondata di terrorepervase Corrie, confondendola. Era un

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vero mostro. Se non si sbrigava adandarsene, avrebbe condiviso il destinodi Tad Franklin.

Il respiro accelerò, mentre tornava acrescere in lei il desiderio di farequalcosa. Aveva le mani libere. C'erauna lanterna, quindi poteva disporre diluce. In fondo alla caverna riusciva aintravedere un passaggio chescompariva nel buio. C'era una sola,minima possibilità che portasse fuori dalì.

Un altro ricordo le tornò in mente, conuna nitidezza quasi dolorosa. Era nelcampo di softball fuori dalla roulotte, estava cercando di imparare ad andaresulla bicicletta che suo padre le avevaregalato per il suo settimo compleanno.

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Lei continuava a cadere nell'erbamorbida, piangendo per la frustrazione.Ma suo padre le aveva asciugato lelacrime, blandendola con quella suavoce rassicurante che non sembravaavere mai spazio per la rabbia. "Non tiarrendere, Cor, non ti arrendere. Provaciancora."

E va bene, si disse, nel buio. Non miarrendo.

Cambiò lentamente posizione, uncentimetro alla volta, sempre tenendo lemani dietro la schiena. Raggiunse lasporgenza rocciosa con le caviglie ecominciò a sfregarle avanti e indietrosul bordo tagliente. Lui era talmentepreso dal suo lavoro da non prestarle la

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minima attenzione: aveva abbandonato ilcorpo di Tad ed era chino su tre sacchidi tela, che stava riempiendo di...Meglio non saperlo. Corrie continuò aguardargli la schiena, con gli occhiaperti solo di due sottili fessure, mentrecon sumava la corda sulla roccia.

Finalmente la corda cedette. Contorsele caviglie, per allentarla ancora di più,fino a liberarsi prima un piede e poil'altro.

Tornò e sdraiarsi e a riflettere.Era libera. E adesso?Doveva prendere la lanterna e

scappare. Doveva seguire il passaggio:da qualche parte l'avrebbe portata.D'accordo: prendere la lanterna e via aperdifiato. Lui l'avrebbe inseguita,

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naturalmente, ma lei era veloce, laseconda della sua classe. Potevaseminarlo.

Rimase ferma, respirando a fondo,con il cuore che batteva all'impazzata alpensiero di quello che stava per fare.Quanto più si avvicinava il momento,tante più erano le ragioni che levenivano in mente per restarseneimmobile. Lui aveva altro di cuioccuparsi. Forse si sarebbe scordato dilei...

No, no, no. In un modo o nell'altrodoveva andarsene.

Si guardò intorno, per orientarsi.Inspirò profondamente, espirò, inspirò etrattenne il fiato. E poi contò fino a tre,

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balzò in piedi, afferrò la lanterna ecorse. Dietro di sé udì un muggitoinarticolato.

Scivolò sulla pietra umida, fu sulpunto di cadere, ma riprese l'equilibrioe corse verso l'apertura verticale infondo alla caverna, entrando in unastrana galleria dal cui soffitto pendevanostalattiti lunghe, sottili e minacciose. Ilsoffitto si abbassava minacciosamentesopra una pozza d'acqua. L'attraversòcorrendo, china in avanti, tenendo lalanterna davanti a sé. Uscì in un'altracaverna, più ampia, popolata di stalattitie stalagmiti che si univano a formarecolonne bianco-giallastre.

La stava seguendo? Era dietro di lei,pronto ad afferrarla?

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Vagò tra le pallide e lucenti colonne,ansimante per il terrore e per lo sforzo.La luce illuminava grandi formazionirocciose. La lanterna urtò qualcosa e lacandela all'interno tremolò. Corriescoprì una nuova paura: se la candela sifosse spenta, tut to sarebbe finito.

Calmati, calmati.Dietro un'altra colonna, Corrie si

scontrò con un blocco di calciteprecipitato dal soffitto, graffiandosi unginocchio. Si fermò per un istante,guardandosi intorno e cercando diriprendere fiato. Era arrivata all'altrocapo della caverna, da cui si dipartivaun altro passaggio, ingombro di pietre,che saliva verso l'alto. C'erano strani

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graffiti alle pareti, tracciati forse conuna pietra: insoliti disegni concentrici,figure stilizzate, frettolosi scarabocchi.Ma non era il momento di guardarsiintorno. Cominciò l'ascesa,inciampando e scivolando sulle pietreinstabili. I polsi avevano ripreso asanguinare. La salita divenne ripida.Tenendo la lanterna sopra la testa, siaggrappò a uno spuntone di roccia perissarsi.

Davanti a lei si aprì un tunnel dalpavimento regolare, percorso da unsottile rivolo d'acqua. Sulle paretiazzurrine continuavano a vedersiincisioni inquietanti. Riprese a correre,sentendo riecheggiare i propri passinell'acqua. Ma dietro di lei non sentiva

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nessuno.Non riusciva a crederci, ma ce l'aveva

fatta: era riuscita a se minarlo!Continuò a correre, sempre più

veloce. Si ritrovò in una caverna il cuipavimento era ricoperto da frammenti distalattiti ciclopiche. Si fece largoattraverso il caos di rocce spezzate,cercando ogni traccia di sentieri giàpercorsi, fino a una parete quasiverticale.

Tenendo il manico della lanterna coidenti cominciò ad arrampicarsi. Gliappigli sulla roccia erano scivolosi, ma,spronata dalla paura, riuscì a ignorareil dolore ai polsi e alle caviglie e acontinuare l'ascesa. Più andava avanti,

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più si allontanava da lui. Stava andandoda qualche parte e presto avrebbescoperto dove. Finalmente, con unultimo sforzo, arrivò in cima. Tirando unsospiro di sollievo, si issò oltre ilbordo...

E lui era lì ad aspettarla. Il suo corpomostruoso era coperto di sangue ebrandelli di carne. Sul volto da incubosi era dise gnato un sorriso.

Corrie urlò, mentre i pallidilineamenti dell'essere esplodevano inuna risata acuta e stridente. Come quelladi un bambino.

La ragazza cercò di tornare indietro,ma un'enorme mano calò su di lei. Sitrovò distesa a terra, sulla schiena,stordita. La risata riecheggiava, isterica.

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La lanterna era rotolata sul pavimento ela candela sembrava sul punto dispegnersi. Lui stava battendo le mani,deliziato, il volto deformato daldivertimento.

"Vattene via!" gridò Corrie, cercandodi strisciare lontano da lui.

Lui si chinò, l'afferrò per le spalle e larimise in piedi. Il suo fiato puzzavacome il retro di un mattatoio. Corrie urlòdi nuovo e lui rispose con uno squittio.Lei si divincolò, ma la sua stretta erauna morsa d'acciaio.

"Non farmi del male!" gemette. "Mifai male!"

"Huuu!" fece lui, con la sua vocettaacuta, sputacchiando saliva fetida.

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Improvvisamente la lasciò andare ecorse via, scom parendo.

Lei si chinò a raccogliere la lanterna esi guardò intorno, spaventata. Eracircondata da una foresta di stalattiti estalagmiti. E lui dov'era finito? Perchéera scappato? S'incamminò lungo ilsentiero tracciato sul pavimento dellacaverna...

E all'improvviso, con un muggito, luispuntò da dietro una stalagmite e le saltòdavanti, facendola cadere. La grotta siriempì delle sue risate. Dopo di chescomparve di nuovo.

Corrie si mise in ginocchio, ansante,confusa, dolorante, cercando dischiarirsi le idee. Tutto era buio esilenzioso.

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La luce si era spenta."Hiiii!" fece lui nell'oscurità, battendo

le mani.Corrie si rannicchiò disperata, senza

osare muoversi di lì.Un fruscio, il bagliore di un

fiammifero e la lanterna si riaccese. Ilmostro era lì, sopra di lei, sogghignante,con la saliva che colava dalla boccaspalancata, i denti marci. Ridacchiò eandò a nascondersi dietro una colonna.

Fu allora che Corrie, finalmente, capì.Stava giocando a na scondino.

Tremante, cercò di parlare. "Vuoi chegiochiamo?"

Lui squittì una risata, agitando labarbetta, con le grosse labbra umide e

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rosse, le unghie lunghe quattro centimetriche balenavano al tenue chiarore dellalanterna mentre batteva le mani."Giocchiamo!" ripeté, avanzando versola ragazza.

"No!" gridò Corrie. "Aspetta, noncosì."

"Giocchiamo!" insistette lui,sputacchiando. Sollevò la sua manogigantesca. "Giocchiamo!"

Corrie si ritrasse, preparandosiall'inevitabile.

Ma l'essere si voltò e ruotò gli occhivacui e grotteschi nelle orbite, battendole lunghe ciglia castane e agitando unamano in aria. Guardava qualcosa nelbuio. Sembrava stesse ascoltando.

Poi l'afferrò, se la caricò in spalla e

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prese la lanterna, mettendosi a correrecon una velocità impressionante. Laragazza a stento riusciva a tenere ilconto della processione di gallerie e dicaverne che stavano attraversando.Chiuse gli occhi.

Lo sentì fermarsi. Sollevò le palpebree vide un buco nel pavimento, alla basedi una parete di calcare. Si sentìscivolare dalla spalla e sospingerenella cavità.

"Per favore, non..." Cercò di afferrarsiai bordi, riuscendo solo a graffiarsi e aspezzarsi le unghie sulla roccia. Lui leappoggiò le mani sulle spalle e laspinse giù, facendola atterrare un metropiù in basso, sul fondo di pietra del

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pozzo.Corrie si sedette, sentendosi stordita e

contusa. Lui si affacciò alla bocca delpozzo, con la lanterna in mano. Le paretiin torno a lei erano lisce, quasi vetrose.

"Huuu!" fece lui, schioccando lelabbra.

Poi la sua testa e la luce scomparvero.Corrie rimase in fondo al pozzo, nel

buio più totale, nell'umido silenziodella caverna.

60

Pendergast scivolava rapido e

silenzioso tra le scure gallerie di pietra,seguendo le deboli tracce di un sentierogià percorso. Le grotte erano un sistema

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enorme, di cui la mappa forniva solouno schema sintetico. C'erano parecchierrori e alcune grotte non vi figuravanodel tutto. Il labirinto si ripiegava su sestesso in modo molto complesso,permettendo a chi avesse familiarità coiloro segreti, l'assassino, di spostarsi inpochi minuti di un migliaio di metri.Tuttavia, con tutte le sue lacune, lamappa era un autentico capolavoro.Svelava ciò che non risultava neppuredalle carte dello United StatesGeological Survey: le Kraus's Kavernsnon erano che la punta di un icebergsotterraneo, una vasto alveare chemetteva in comunicazione le profonditàdi Medicine Creek con la campagna

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circostante, compresa l'area dei Tumuli.Davanti a sé sentì il rumore

dell'acqua. Un minuto dopo avevaraggiunto un passaggio freatico formatomolte ere geologiche prima dall'acquaad alta pressione e ora letto di untorrente sotterraneo, ultima vestigiadella forza che aveva scolpito queicorridoi. Il passaggio tagliavalateralmente la roccia calcarea.

Si chinò per assaggiare l'acqua. Comeaveva previsto, era la stessa chescorreva dai rubinetti della città.L'assaggiò di nuovo. Era l'acqua che LuWu aveva descritto nel Ch'a Ching,perfetta per preparare il tè verde:ossigenata, ricca di minerali,proveniente dal letto calcareo di un

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fiume sotterraneo. Erano stati il tè equell'acqua a innescare la rivelazione.Le Kraus's Kaverns erano molto piùestese della sezione aperta al pubblico.Il viaggio a Topeka aveva permessoall'agente di procurarsi la mappa, maaveva avuto un prezzo. Pendergast nonaveva previsto che Corrie avrebbecercato di agire da sola e, soprattutto, diarrivare a quella conclusione. Anche se,in retrospettiva, non era poi cosìdifficile da immaginare.

L'agente si rimise in piedi, ma non simosse. Alla periferia del cono di luceaveva avvistato uno zaino di tela,parzialmente lacerato. Attraversò iltorrente e aprì lo zaino servendosi della

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sua penna d'oro. All'interno trovò unacarta stradale, un paio di attrezzi perscavare e una scorta di pile, del tipousato nelle grosse torce elettriche o neimetal detector. Intorno allo zaino eranosparpagliate punte di freccia e altrereliquie, compreso un parflechedecorato in stile cheyenne. Poco più inlà, la luce si soffermò su una ciocca dicapelli biondo ossigenato, neri alleradici.

Sheila Swegg.Scavando tra i tumuli si era imbattuta

nell'ingresso della caverna, bennascosto ma accessibile, se si sapevaquali pietre spostare. Scoperta lastupefacente camera mortuaria deiGuerrieri Fantasma, doveva essersi

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avventurata nelle profondità della grotta,sperando di trovare altri tesori.

Aveva trovato qualcos'altro.Non c'era tempo per altri esami. Dopo

un'ultima occhiata ai patetici resti,riprese il cammino lungo il torrente, tra imeandri del passaggio freatico.

Dopo qualche centinaio di metri, ilcorso d'acqua precipitava in unaprofonda voragine, sollevando una finenebbiolina. Qui Pendergast proseguì insalita, tra cunicoli sempre più stretti, incui le tracce di passaggio erano piùevidenti. Si stava avvicinando alla zonaabitata delle grotte.

Fin dal principio si era convinto chel'assassino fosse qualcuno del posto,

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ma aveva commesso l'errore di ritenereche si trattasse di un cittadino, qualcunoche risultasse dai registri fiscali diGladys Tealander. Ma non era così. Eraqualcuno che viveva con loro, ma nontra loro.

Da lì in poi era relativamentesemplice determinare l'identitàdell'assassino. Ma al tempo stesso sicapiva, o si cominciava a capire, conquale tipo di creatura amorale si avessea che fare. Era un assassinostraordinariamente pericoloso, le cuiazioni nemmeno Pendergast, malgrado isuoi lunghi studi sulla mente criminale,era in grado di prevedere.

L'agente imboccò un altro strettocorridoio. Sul pavimento il flusso di

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calcite si era ricristallizzato, generandoun fiume immobile e lucente. Al centro,la superficie cedevole si era consumatadi parecchi centimetri, al continuopassaggio di piedi umani.

In fondo al corridoio il tunnel siramificava. Ogni ramo era statopercorso molte volte, così come lefessure verticali e i cunicoli: uncristallo spezzato, una traccia su unabianca superficie calcarea. C'eranoinfiniti modi in cui un essere umanopoteva tradire i propri movimenti in unagrotta. In un paio di occasioni,Pendergast rischiò di perderel'orientamento nel labirinto, ma lamappa gli permise di tornare alla via

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principale. La torcia illuminò unamacchia di colore: su un ripianocalcareo c'era un'intera collezione difeticci indiani, abbandonati secoliprima. Ma accanto a essi ce n'erano dipiù recenti, fatti di spago, corteccia,gomma e cerotti. Erano strani, rozzi,eppure realizzati con cura particolare.

Pendergast s'impose di affrettare ilpasso lungo il sentiero su cui eravisibile il maggior numero di tracce. Sifermava soltanto per annotare laposizione sulla mappa, o per fissarenella memoria lo schematridimensionale del sistema di grotte.Era un magnifico labirinto di pietra, conpassaggi che si ramificavano in ognidirezione: biforcazioni, incroci, nuove

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biforcazioni, scorciatoie, passaggisegreti, tunnel, salite e discese cheavrebbero richiesto anni diesplorazione. Molti an ni davvero.

I feticci aumentavano di numero,accompagnati da disegni bizzarri ecomplicati tracciati sulle pareti diroccia. Davanti, Pendergast non avrebbesaputo dire a quale distanza, c'era ilrifugio dell'assassino. E là, ne eracerto, avrebbe trovato Corrie. Viva omorta che fosse.

In tutte le sue indagini, Pendergastaveva fatto ogni sforzo possibile percomprendere e anticipare i pensieri e leazioni del suo avversario. Ma in questocaso la psicologia dell'omicida era così

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al di fuori della curva statistica, datoche anche i serial killer avevano unacurva statistica, da rendere impossibilequalsiasi previsione. In quella caverna,l'agente dell'FBI era destinato adaffrontare il più profondo misteroinvestiga tivo della sua carriera.

Una prospettiva decisamentesgradevole.

61

Hazen corse lungo il tunnel in discesa,

cercando di raggiungere Lefty e i cani.Sentiva Raskovich ansimare alle suespalle e, più indietro, i passi e i suonimetallici dell'equipaggiamento deglialtri. Davanti, invece, i cani stavano

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ululando. Ormai potevano scordarsi diarrivare silenziosi: quei latrati sidovevano sentire a chilometri didistanza. In ogni caso, le grotte eranomolto più grandi di quanto avesseroimmaginato: la distilleria doveva essereormai qualche centinaio di metri dietrodi loro. Era incredibile che i canifossero riusciti a trascinare Lefty così alungo.

Finalmente raggiunsero l'addestratore,che con fatica e imprecazioni erariuscito a far sedere i cani.

Lo sceriffo rallentò, lieto di poterriprendere fiato. Raskovich lo raggiunse,ancora più spompato.

"Lefty, fermiamoci un attimo ad

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aspettare gli altri", propose Hazen.Troppo tardi. I cani ripresero ad

abbaiare furiosamente."Che cosa succede?" gridò lo sceriffo."C'è qualcosa, laggiù", rispose

Weeks.I cani sembravano impazziti:

ululavano e tendevano i guinzagli allospasimo, trascinando l'addestratore neltunnel.

"Maledizione, li vuoi fermare?""Vuoi litigare? Riportami di sopra e

litighiamo. Non mi piace qua sotto. Enon mi piacciono questi cani. Sturm!Drang! Se duti!"

I cani emettevano versi orribili, la cuieco distorta sembrava arrivare drittadall'inferno. Lefty diede un brutale

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strattone ai guinzagli, col risultato che lebestie si rivoltarono verso di lui,ringhiando selvaggiamente.L'addestratore indietreggiò, quasi sulpunto di mollare i guinzagli. Eravisibilmente spaventato. L'istinto dellacaccia era troppo forte: se quelle belveavessero trovato McFelty, lo avrebberoucciso.

Sarebbe stato un disastro.Hazen accelerò, seguito da Raskovich.

"Lefty, se non riesci a controllarli, lidovrò abbattere."

"Questi cani sono di proprietà delloStato..."

In quel momento, le sagome rossastredell'addestratore e dei cani svoltarono

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oltre una curva, scomparendo alla vista.Trascorse un istante e si udì un urlo.L'abbaiare frenetico delle bestie salì ditono, intervallato da acuti mugolii.

"Sceriffo, là davanti", gridò Weeks,quasi senza fiato. "Cristo, c'è qualcosache si muove!"

Qual cosa? Di che cosa stavaparlando? Hazen svoltò oltre la curva,inspirando con affanno l'aria umida dalnaso e dalla bocca, ma si fermòbruscamente.

Lefty e i cani erano scomparsi tra fittecolonne di calcare. Sulle pareti dellacaverna si erano accumulati stranidepositi scuri, simili a tende, e da ogniparte si spalancavano tunnel, voragini,fessure. Si sentiva ancora abbaiare, ma

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il suono era così distorto che eraimpossibile capire da dove arrivasse.

"Lefty!" La voce dello scerifforiecheggiò nella caverna all'infinito.Hazen si appoggiò a una colonnaspezzata, ansante, chiedendosi da cheparte andare.

Negli occhi di Raskovich si leggeva ilpanico. "Dove sono an dati?"

Dent scosse il capo. L'acustica eradiabolica.

Camminando nei pochi centimetrid'acqua che coprivano il pavimento, losceriffo si diresse verso il punto in cuil'eco sembrava più forte. I caniabbaiavano in lontananza, come se sifossero addentrati ancora di più in un

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tunnel. I latrati suonavano quasi isterici.E poi cambiarono di colpo. Uno degli

animali emise un suono simile a quellodi una frenata, che si confuse con unaltro ver so, basso, gutturale, rabbioso.

Anche alla luce degli infrarossi, ilvolto di Raskovich sem brava di cenere.

Ora, a quel coro terribile, si era unitoun inconfondibile gri do umano. Lefty.

"Madre di Dio!" esclamò Raskovich.Stava per crollare.

"Ehi, calmati", disse Hazen. "I canidevono avere intrappolato McFelty.Credo che abbiano preso uno di questitunnel. Andiamo, dobbiamo trovarli."Alzò la voce. "Larssen! Cole! Brast!Siamo qui!"

I latrati distorti proseguivano. Lo

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sceriffo aveva difficoltà a ragionare.Ora non si preoccupava più dei cani, sipreoccupava per McFelty.

"Raskovich, va tutto bene."L'uomo del campus era malfermo sulle

gambe e si stringeva al fucile. Hazenintuì la gravità della situazione:Raskovich stava per perdere il controlloe aveva un'arma carica in mano.

Le urla si accompagnavano a suonigutturali, punteggiati da singhiozzi ecolpi di tosse.

"Chester, va tutto bene, stai calmo.Metti giù il fucile..."

Il colpo partì con un'esplosioneassordante. Una pioggia di pietriscocadde dal soffitto, rimbalzando tra le

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colonne di calcare prima di pioverenell'acqua.

I latrati dei cani... il volto cereo diRaskovich... Hazen si rese conto chestava per perdere il controllo dellasituazione. "Larssen!" chiamò."Muoviti!"

Raskovich abbandonò il fucile ancorafumante e si mise a correre.

"Raskovich!" Lo sceriffo gli corsedietro, urlando a squarciagola. "Ehi,non da quella parte, cazzo!"

Mentre correva, il concerto di urlaumane e canine continuava, continuava,continuava dietro di lui.

E poi il silenzio. Improvviso,spaventoso.

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62 Pendergast si fermò, tendendo le

orecchie. Tra le gallerie di pietrariecheggiavano suoni così distorti dalleproprietà acustiche delle grotte dadiventare irriconoscibili. Poteva esserelo scorrere dell'acqua o il vento tra glialberi. L'agente dell'FBI affrettò il passoverso quella che sembrava la direzionegiusta, chinandosi per passare sotto unportale formato da una stalattitespezzata. Si fermò di nuovo, a unabiforcazione in fondo alla caverna.

I suoni continuavano.Consultò la mappa, localizzando

approssimativamente la propria

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posizione. Era in mezzo a una sezioneparticolarmente labirintica, in cui siintersecavano spaccature su vari livelli,passaggi e vicoli ciechi. Sarebbe statoarduo identificare la provenienza di unrumore in quel dedalo. Prese di tasca unaccendino d'oro, lo accese e lo tenne adistanza, verificando da che parte sipiegava la fiamma. Rimise in tascal'accendino e riprese la marcia,controvento, verso la sorgente dei suoni.

Il rumore cessò. Il silenzio era calatodi nuovo. Pendergast proseguì. Secondola mappa, si stava dirigendo verso laparte centrale del sistema sotterraneo.Sostò al termine di uno stretto corridoioe puntò la torcia verso un'aperturaverticale che non risultava dalla mappa,

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ma che sembrava comunicare conun'altra caverna. Questo gli avrebberisparmiato un lungo percorso. Siaccostò all'apertura.

Sentì nuovamente alcuni rumori inlontananza: un corso d'acqua e una voceumana. O almeno tale sembrava, perquanto fosse così distorta da essereinintelligibile.

A giudicare dal terreno, non era ilprimo a servirsi di quella scorciatoia. Siinsinuò nell'apertura che presto siallargò, permettendogli di camminarenormalmente. Il pavimento sispalancava su un crepaccio lungo estretto. L'agente speciale avanzò con unpiede da una parte e uno dall'altra,

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chinandosi per infilarsi in un'altrastrettoia. Era una posizione che dava altempo stesso claustrofobia e vertigini.

Si ritrovò su uno stretto cornicioneche costeggiava una parete alta unatrentina di metri, in una cavità a cupola.Dall'alto precipitava una cascatad'acqua, che risuonava in tutta lacaverna. Dalle pareti i riflessi dicristalli di gesso a forma di piumerilucevano come lucciole.

Il raggio della torcia a malapenailluminava il fondo.

Aveva visto alcune impronte, segnoche in un modo o nell'altro erapossibile scendere. La torcia illuminòuna serie di tracce di piedi e di manisull'orlo del cornicione.

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Dal basso giungevano suoniintermittenti, più chiari. Era possibileche Hazen e i suoi uomini avesserotrovato Corrie e il killer? Il pensiero eratroppo spiacevole da contemplare.

Si accovacciò, puntando la torciaverso il baratro. Non c'era altro che uncumulo di stalattiti, crollate dal soffittoin seguito a qualche antico terremoto.

Si sfilò le scarpe e le calze. Annodòle stringhe tra loro, appendendosi lescarpe al collo, spense la torcia e se lamise in tasca. Sarebbe stata inutile, inquel momento. Protendendosi nel vuotoe nell'oscurità si afferrò alla roccia ecercò un appoggio con i piedi. Lasuperficie era sdrucciolevole. In cinque

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minuti di cauta discesa riuscì ad arrivaresul fondo. Indossò calze e scarpe nelbuio, ascoltando.

Il rumore proveniva da una zonaoscura della caverna. Chiunque fosse,era sprovvisto di una torcia. Per quantosalisse e scendesse in modo strano,quasi come un balbettio, si trattavainequivocabilmente del lamento di unuomo, probabilmente ferito.

Pendergast riaccese la torcia edestrasse la pistola, avanzandorapidamente.

Un bagliore colorato balenò nel conodi luce: c'era qualcosa di giallo steso aterra, dietro un masso. L'agente balzò suuna roccia puntando torcia e pistola aipiedi del masso. Rimise l'arma nella

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fondina, scese dalla roccia e si avvicinòalla figura distesa a terra in posizionefetale. Era un uomo basso, bagnatofradicio, mugolante. Accanto a lui c'eraun casco munito di proiettore ainfrarossi e di un paio di occhiali per lavisione notturna.

Al tocco di Pendergast, l'uomo sirannicchiò ancora di più e si coprì latesta, emettendo un gemito acuto.

"FBI", lo rassicurò. "Dov'è ferito?"L'uomo alzò gli occhi arrossati. Il viso

era coperto di sangue e le labbratremavano sopra un sottile pizzetto.Sulla giacca nera brillava il distintivogiallo dell'unità cinofila della Polizia diStato. L'unico suono che riuscì a

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emettere fu una serie di singhiozziindistinti.

Pendergast lo esaminò rapidamente."Non sembra ferito", lo informò.

La risposta fu una serie di gemitiindecifrabili.

Stavano perdendo tempo. Pendergastlo afferrò per il bavero e lo costrinse adalzarsi in piedi. "Si riprenda. Qual è ilsuo nome?"

Il tono deciso sembrò fare effetto."Weeks. Lefty Weeks. Robert Weeks."

L'uomo batteva i denti.Pendergast lasciò la presa. Weeks

barcollò ma sembrava riuscire areggersi in piedi da solo.

"Da dove arriva il sangue?""Non lo so."

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"Agente Weeks, non mi resta moltotempo. L'assassino ha rapito unaragazza. È vitale che io riesca atrovarla, prima che i suoi amici lafacciano ammazzare."

"Giusto", fece Weeks, col pomod'Adamo che oscillava su e giù.

Pendergast si chinò a raccoglierel'apparecchiatura per la visionenotturna: era rotta e inservibile. "Vengacon me."

"No! No, la prego!"L'agente dell'FBI lo afferrò per le

spalle e lo scosse. "Signor Weeks, lei sideve comportare come un agente dipolizia. Sono stato chiaro?"

Weeks cercò di riprendere il

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controllo. "Sissignore.""Stia dietro di me , mi segua e

rimanga in silenzio.""Mio Dio, no! Non da quella parte...

la prego. È laggiù." Sembravasconvolto.

"Che cosa?""Quel... quell'uomo.""Lo descriva.""Non posso. Non posso!" Weeks si

nascose la faccia tra le mani, come perallontanare l'immagine. "Bianco.Grosso. Tozzo. Occhi... annebbiati.Mani e piedi enormi... E... e quellafaccia!"

"Che cos'ha la faccia?""Oh, signore Gesù, la faccia..."Pendergast lo schiaffeggiò. "Che

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cos'ha la faccia?""La faccia di un... oddio, di un

bambino, così... così...""Andiamo", tagliò corto l'agente

dell'FBI."No! Per favore, non da quella parte!""Come vuole." Pendergast si avviò.

Con un gemito, Weeks si rassegnò aseguirlo.

Lasciato alle spalle il caos di colonnespezzate, imboccarono un tunnel diroccia punteggiato da cumuli gialli diconcrezioni calcaree. Weeks teneva ilpasso, gemendo tra sé: aveva paura aseguire Pendergast, ma ancora di più arestare solo. Tra una concrezione el'altra, la torcia seguiva di nuovo una

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serie di impronte.L'agente dell'FBI si fermò, la torcia

puntata su una formazione che apparivadiversa dalle altre: la superficie giallaera venata di rosso e alla base l'acquaaveva una sfumatura rosata. Qualcosagalleggiava sulla superficie. Potevaessere un uomo, ma la forma noncorrispondeva.

Weeks si era zittito.Pendergast esplorò i contorni della

caverna: la roccia era decorata daconcrezioni cremisi, bianche e gialle chependevano dall'alto. Poi la luceinquadrò quella che sembrava la zampaanteriore di un cane, incastrata nellaparete, a mezza altezza. Più in là c'era unpezzo di mandibola, e qualcosa che

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poteva essere ciò che restava di unmuso, schiacciato contro la parete conta le forza da restarvi incollato.

"Uno dei suoi?" chiese Pendergast.Weeks annuì."Lei era presente?"Weeks annuì di nuovo.Pendergast puntò la torcia su di lui.

"Che cos'ha visto, esat tamente?"L'agente Weeks tossì, balbettò e

finalmente riuscì a parlare. "È stato lui."Una pausa, il tempo di deglutire. "Lo hafatto a mani nude!"

63

Alla congiunzione di vari tunnel, lo

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sceriffo di Medicine Creek si fermò adaspettare che Larssen e gli agenti loraggiungessero. Dopo dieci minuti disosta era tornato a respirarenormalmente. Ma sembrava che gli altrinon avessero seguito il suono della suavoce, o che avessero sbagliato direzioneda qualche parte.

Hazen imprecò e sputò per terra.Raskovich era sparito, correndo comeun coniglio. Aveva tentato d'inseguirlo,ma non era più riuscito a trovarlo. Allavelocità a cui andava, probabilmenteera già all'università.

Diavolo, pensò lo sceriffo. Se nonfosse riuscito a riunirsi a Larssen e aglialtri, avrebbe dovuto andare da solo acercare Lefty e i cani. Il che voleva dire

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tornare alle colonne, tanto percominciare. Ma in quel momento Hazennon era più sicuro di quale fosse iltunnel da cui era arrivato. Dovevaessere quello di destra. Ma non ne erasicuro.

Si schiarì la voce. "Lefty?"Silenzio."Larssen?"Mise le mani a imbuto intorno alla

bocca. "Ehi! C'è nessuno? Se mi sentite,rispondete!"

Silenzio."C'è nessuno? Fatevi sentire!"Lo sceriffo provò una sensazione di

prurito lungo la spina dorsale. Guardònella direzione da cui pensava di essere

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arrivato. Si girò intorno, scrutò davantia sé. Gli occhiali davano a tutto unacolorazione rossastra, era come esseresu Marte. Con trollò il cinturone ed ebbeconferma di ciò che temeva: avevaperso la torcia durante l'inseguimento.

L'operazione era andata a puttane. Sierano separati, Raskovich si era perso,Larssen era finito chissà dove e chissàche fine avevano fatto Lefty e i cani.Ormai McFelty doveva sapere dellaloro presenza. Ma poteva anche esseremorto, o ferito... Lasciò perdere: avevagià abbastanza problemi senzaaggiungere anche quelli ipotetici. Perprima cosa, bisognava riuscire aradunare nuovamente tutti quanti e fare ilpunto della situazione.

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M erda. Non era facile ricordarsiesattamente da quale di quei buchi fosseuscito. Si chinò a guardare le impronteal suolo, ma a quanto pareva c'era statoun traffico intenso. Pure quello erastrano.

Cercò di ricostruire gli avvenimenti edi ricordarsi se avesse notato qualcheparticolare riferimento. Ma era tuttovago: in quel momento era stato troppoimpegnato a cercare Raskovich. Ma, piùci pensava, più si convinceva di esserearrivato dal tun nel di destra.

Percorse una quindicina di metri. Perterra c'erano pezzi di stalattiti, comegrossi denti rotti. Non se li ricordava.Era passa to di lì senza notarli?

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Figlio di puttana.Proseguì, continuando a non

riconoscere niente di familiare.Imprecando, tornò indietro e scelse unaltro tunnel. Camminava piano, cercandodi ricordare. I battiti acceleravano. Nonc'era niente che gli sembrasse di averegià visto: le rocce gocciolanti, i cristallia forma di piuma, le escrescenze lucenti.Era tutto strano.

Sentì un mormorio davanti a sé."Ehi!" Affrettò il passo, svoltò un

angolo e si fermò davanti a un bivio.Il mormorio si era interrotto.Hazen girò su se stesso, chiamando:

"Larssen? Cole?"Niente di niente.

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"Rispondete, accidenti!"Di nuovo il mormorio, di una tonalità

più alta e più lontano, proveniente daltunnel alla sua sinistra.

"Larssen?" Lo sceriffo sfoderò lapistola e imboccò la galleria. Il rumoredivenne più forte, più acuto, più vicino.Dent avanzava cautamente, i sensiall'erta, cercando di controllare leproprie pulsazioni.

Vide balenare qualcosa con la codadell'occhio. Si fermò e si voltò di scatto."Ehi!"

Lo intravide appena, prima chescomparisse nell'oscurità. Per quantorapida fosse stata l'apparizione, Hazenebbe la certezza che non fosse uno dei

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suoi uomini.E di sicuro non era McFelty.

64 Chester Raskovich girò dietro un

angolo e d'improvviso interruppe la sualunga corsa disperata. A bloccargli lastrada era una figura grottesca seduta aterra, vestita di stracci, coi capelli radie due occhi vacui che lo fissavano. Labocca era spalancata, come se l'esseresi apprestasse ad azzannarlo.

Raskovich, sopraffatto dal terrore,cercò d'indietreggiare. Avrebbe volutomettersi a correre ma non riusciva amuoversi. Non poteva fare altro cherestare fermo ad aspettare che l'essere

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gli saltasse addosso. Era come unincubo: sentiva i piedi inchiodati alsuolo, paralizzati, impossibilitati amuoversi.

Respirò a fondo, più volte, sentendoche la paralisi cedeva nuovamente ilposto alla ragione. Si avvicinò. Quelloche aveva davanti non era altro che ilcorpo mummificato di un indiano,seduto sul pavimento con le ginocchiasollevate e le labbra ritratte su unachiostra di denti marroni. Intorno a luic'era un semicerchio di vasi interracotta, da ognuno dei quali spuntavauna punta di freccia in pietra. Lamummia era avviluppata in stracciconsunti che un tempo dovevano essere

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stati indumenti in pelle di daino.Distolse lo sguardo per un istante. Il

respiro stava tornando normale. Erafinito in una tomba indiana preistorica.Ai piedi della mummia si vedevano iresti di mocassini decorati con perline,e poco più in là un parfleche dipinto acui erano appesi re sidui di piume.

"Cazzo", disse Raskovich ad altavoce, rendendosi conto solo in quelmomento di che cosa avesse combinato.Aveva mandato tutto in vacca. Il suoprimo lavoro da vero poliziotto eaveva perso completamente la testa,sotto gli occhi dello sceriffo. Si eramesso a scappare come una lepre. Eadesso si era perso tra le grotte, con unassassino in libertà e nessuna idea di

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dove andare. Provò insieme vergogna edisperazione: avrebbe fatto meglio arestare al campus, preoccupandosi ditenere d'occhio i ragazzi e di distribuirei bigliettini del parcheggio.

In preda alla rabbia e allafrustrazione, diede un calcio allamummia. All'impatto con il piede,accompagnato da un sonoro thock, ilcranio esplose in una palla di polverescura, lasciando fuoriuscire una nubed'insetti bianchi che corsero in tutte ledirezioni. Sembravano scarafaggialbini. La mummia si accasciò di latomentre la mandibola rotolava a terra, inmezzo ad altri frammenti di cranio. Unserpente d'avorio, nascosto tra gli

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stracci, sciolse le spire e, in un lampo,scomparve nelle tenebre come unfantasma.

" Oh, merda*', proruppe Raskovich."Maledizione!"

Rimase fermo, con la sola compagniadel proprio respiro. Non aveva idea didove fosse, né di quanto a lungo avessecorso, né tantomeno di dove dovesseandare.

Pensa.Si guardò intorno. La lampada a

infrarossi illuminò le pareti umide.Ricordava di avere corso in uncorridoio alto e stretto, con il fondosabbioso. Doveva trattarsi di uncrepaccio, così alto che le paretiscomparivano nel buio. Poteva vedere le

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proprie impronte sulla sabbia. Tese leorecchie: nessun rumore, nemmeno ilgocciolio dell'acqua.

Segui le impronte.Dopo un'ultima occhiata alla tomba

che aveva appena profanato, Raskovichtornò sui suoi passi, guardando a terra.Solo in quel momento si accorse di undettaglio che gli era passato inosservatodurante la fuga: su entrambe le pareti delcrepaccio erano stati scavati nicchie eripiani, occupati da ossa e altri oggetti,come vasi dipinti, faretre piene difrecce, teschi popolati da piccolecreature sotterranee. Era un mausoleo,una catacom ba indiana.

Raskovich ebbe un brivido.

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Si sentì sollevato quando fu lontanodalle tombe. Il crepaccio si allargò edivenne una galleria con spaventosestalattiti che pendevano dal soffitto. Ilfondo sabbioso era punteggiato da pozzed'acqua, al centro delle quali si alzavanoformazioni simili a tortini di riso.Quando la sabbia finì, con essasparirono an che le sue impronte.

Davanti a lui c'erano due aperture: unaalta e parzialmente ostruita da blocchi diroccia, aperta. Ora che direzione dovevaprendere?

Pensa, coglione. Ricorda.Ma per quanto si sforzasse Raskovich

non riusciva a ricordare da dove fossevenuto. Considerò la possibilità di

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mettersi a gridare, ma cambiò idea.Perché attirare l'attenzione? Chiunquefosse l'individuo che i cani avevanosorpreso, poteva ancora essere in giro,a cercare proprio lui. Le grotte eranomolto più grandi di quanto si credesse,ma stavolta, se prendeva tempo emanteneva la calma, poteva trovarel'uscita. Lo avrebbero cercato. Questodoveva tenerlo a mente.

Scelse l'apertura più larga.L'ampiezza del tunnel davanti a sé lorassicurò. Aveva un che di familiare.Vide qualcos'altro, qualcosa di confusoappoggiato a una roccia, sull'orlo di unbuco nerastro. C'erano alcuni oggetti.Un'altra sepoltura? Raskovich siavvicinò. C'era un altro teschio indiano,

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qualche piuma, punte di frecce e ossa.Ma tutto era disposto in modo strano,molto diverso da quello che aveva vistonei libri o nei musei. Piuttostoinquietante. C'erano anche oggetti nonindiani: strane figurine di spago, unamatita rotta, un cubo di legno marcitocon una lettera dell'alfabeto, la testafracassata di una bambola diporcellana.

Gesù Cristo. Quell'altarino gli dava ibrividi. Fece un passo indietro. Non eraniente di antico: qualcuno aveva presole vecchie ossa e le aveva collocate lìinsieme agli altri oggetti. Raskovichsentì un brivido attraversargli la spinadorsale.

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Poi, dietro le sue spalle, qualcosagrugnì.

Raskovich non si mosse. Non sentìnient'altro: il silenzio era completo.Passò un minuto, poi un altro, e luirimase immobile, mentre l'incertezza e ilterrore crescevano dentro di lui.

Finché arrivò il momento in cui nonpoté fare a meno di vol tarsi.

Lentamente, molto lentamente, si girò.E vide da che cosa proveniva il rumore.

Rimase nuovamente paralizzato. Dallesue labbra non uscì nemmeno un respiro.Era lì di fronte a lui, grottesco, deforme,mostruoso.

La figura fece un passo verso di lui. Ilvigilante lo fissò, senza reagire. Un

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braccio enorme scattò in avanti e locolpì, facendolo cadere a terra. Gliocchiali a infrarossi volarono via.

Il colpo aveva spezzato l'incantesimodel terrore. Ora, finalmente, Raskovichpoteva muoversi. Si trascinò via, allacieca, aspirando rumorosamente dallabocca. Riuscì a rimettersi in piedi e aindietreggiare.

L'ultimo passo fu nel vuoto. Persel'equilibrio e cadde all'indietro,aspettandosi di atterrare sul pavimentodi dura pietra della caverna. Ma nonc'era niente, niente di niente, solo unacorrente d'aria che lo avvolgeva mentreprecipitava nel vuoto, giù, giù,all'infinito...

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65 Hank Larssen si voltò verso Cole e

Brast. Nella luce rossastra, gli agentisembravano mostri dagli occhisporgenti. "Non credo proprio che sianoandati da questa parte", disse lo sceriffodi Deeper.

La frase sembrò cadere nel vuoto."Be'?" Larssen guardò prima l'uno poi

l'altro. I due agenti sembravano gemelli:robusti, muscolosi, mascelle severe eocchi d'acciaio. O almeno, occhid'acciaio prima di scendere nelle grotte.Ora, anche dietro gli occhiali per lavisione notturna sembravano confusi espauriti.

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Larssen cominciava a rendersi contoche era stato un errore abbandonare lagrande caverna con le colonne dicalcare per mettersi a cercare Hazen. Icani avevano smesso di abbaiare e i treavevano imboccato il tunnel da cuisembrava provenire un rumore di passidi corsa. Ma il tunnel si era biforcatodue volte, prima di sfociare in una tramadi gallerie intrecciate fra loro. A uncerto punto aveva avuto l'impressioneche il collega di Medicine Creek lostesse chiamando, ma erano almenodieci minuti che non si sentiva piùniente. Sarebbe stata dura riuscire atro vare la strada per tornare indietro.

Larssen si domandò perché dovesse

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toccare a lui diventare il leader de factodi quell'allegro picnic: Cole e Brastfacevano parte della celebrata "squadrad'intervento ad alto rischio" ed eranostati addestrati ad affrontare situazionidel genere. Il quartier generale dellaPolizia di Stato disponeva di palestra,piscina e poligono di tiro, oltre aorganizzare corsi, seminali e week-enddi allenamento. Si augurò di non doverliprendere per mano. "Svegliatevi, voidue. Mi avete sentito? Ho detto che noncredo che siano andati da questa parte."

"Non lo so", disse Brast. "A mesembra quella giusta."

"A te sembra quella giusta", ripeté losceriffo, sarcastico. "E tu, Cole?"

Quello scosse il capo.

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"Va bene, mi pare chiaro. Torniamoindietro e cerchiamo di uscire."

"E Hazen?" obiettò Cole. "E Weeks?""Lo sceriffo Hazen e l'agente Weeks

sono poliziotti ben addestrati e sono ingrado di cavarsela da soli."

I due agenti lo fissarono."Siamo tutti d'accordo su questo?"

Larssen aveva alzato la voce. Maledettiidioti.

"Io sono con lei", rispose Brast, conevidente sollievo.

"Non mi piace lasciare qualcuno quisotto", si oppose Cole.

Un vero eroe, pensò Larssen."Sergente Cole, è inutile continuare avagare qua sotto. Possiamo uscire e

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andare a cercare rinforzi. Hazen eWeeks potrebbero essere ovunque, inquesto labirinto. Non mi sorprenderei sestessero già uscendo per loro conto."

Cole si umettò le labbra. "Va bene",concesse.

"Allora, forza!"Per i cinque minuti successivi

cercarono di tornare alla caverna dallecolonne di calcare, riuscendo solo agirare in cerchio. Si trovavano a unincrocio in cui a nessuno di lorosembrava di essere passato quandosentirono il rumore. Era debole, mainconfondibile: passi di corsa, che siavvicinavano a grande velocità. Maerano troppo pesanti e rapidi per essereumani.

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Era qualcosa di grosso."Armi!" gridò Larssen, appoggiandosi

su un ginocchio e imbracciando ilfucile. Prese la mira verso uno deitunnel.

I passi si avvicinavano, accompagnatida un suono metallico. E infine unasagoma rossastra si materializzòdall'oscurità. Qualunque cosa fosse, eragrossa.

"Pronti."La cosa si avvicinava a una velocità

terribile. Passò su una pozzanghera,sollevando un sipario di goccioline.

"Fermi", ordinò lo sceriffo. "Nonsparate."

Era uno dei cani.

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L'animale passò come un razzo inmezzo a loro, del tutto ignaro della loropresenza. Gli occhi folli e spalancatiguardavano dritto. Non abbaiava, néguaiva: l'unico rumore era il ritmo dellezampe sulla pietra. Durante il suofulmineo passaggio, Larssen aveva fattoin tempo a notare che la bestia eracoperta di sangue e che una delleorecchie era strappata, così come partedella mandibola. Le grosse labbra nere ela lingua penzolavano inerti,gocciolando bava e sangue.

Un secondo dopo il cane era sparitodal loro campo visivo e il rumore deipassi si affievoliva. Il silenzio ritornò.Era accaduto tutto così rapidamente che

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Larssen quasi pensava di esserseloimmaginato.

"Ma che cazzo..." mormorò Brast."Avete visto?"

Larssen tentò di deglutire, ma avevaesaurito la saliva. La bocca glisembrava di carta vetrata. "Dev'esserescivolato... ca duto..."

"Palle", sentenziò Cole, con la vocetroppo alta per quello spazio limitato."Non si perde mezza mandibola,cadendo. Qualcuno lo ha aggredito, quelcane."

"O qualcosa", mormorò Brast."Cristo santo, Brast", tagliò corto

Larssen. "Fa' vedere che hai un po' dispina dorsale!"

"Perché scappava a quel modo? Quel

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cane se la faceva sotto dalla paura."Larssen suggerì: "Andiamocene e

basta"."Sono d'accordo."Il cane aveva lasciato una scia di

orme umide. Potevano fidarsi aseguirle. Le cose sarebbero state moltopiù facili.

"Ho sentito qualcosa", disse Brast, nelsilenzio.

Rimasero fermi ad ascoltare."Qualcosa è passato nella

pozzanghera, là dietro.""Non ricominciare."Ma poi lo sentì anche lo sceriffo: il

rumore di un passo nella pozzanghera, epoi un altro. Si voltarono verso il tunnel

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dietro di loro. Nel chiarore rossastrodegli infrarossi non si distinguevaniente.

"Dev'essere stata qualche gocciad'acqua", suppose Larssen, stringendosinelle spalle e tornando a seguire le ormedel cane.

Moh!Brast lanciò un urlo. In quello stesso

momento, Hank ricevette un violentospintone. Cadde in avanti, perdendol'apparecchio per la visione notturna.Brast stava ancora urlando e un attimodopo anche Cole si mise a gridare.

Larssen era cieco. Tastò il terrenointorno a sé finché, con sollievo, sentìsotto la mano gli occhiali. Li inforcò,con le dita incerte, e si guardò intorno.

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Cole, a terra, gridava, stringendosi unbraccio e gemendo.

Brast era carponi, appoggiato allaparete della caverna, e stava cercando ipropri occhiali, imprecando esinghiozzando.

"Il mio braccio!" urlò Cole. Un ossosporgeva dal suo braccio, con unastrana inclinazione. Il sangue sgorgavacopioso dalla ferita, quasi bianco allaluce degli infrarossi.

Da qualche parte, nel buio, si udì unarisatina, o forse un gridolino di trionfo.Larssen strinse il fucile tra le mani. Nonriusciva a capire da dove fosse arrivatoquel suono.

Era sicuro solo di una cosa: era

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vicino.

66 Il caporale Shurte della Polizia

Stradale del Kansas tamburellò con ledita sul suo fucile, mentre ballonzolavada un piede all'altro. Guardò l'orologio:le undici e trenta. Hazen e gli altri eranoscesi da più di un'ora. Quanto ci volevaa mettere McFelty nell'angolo,ammanettarlo e trascinarlo fuori?Restare lì, senza alcun contatto,cominciava a diventare insopportabile.In parte era colpa del maltempo. Shurteaveva passato tutta la sua vita in quellaparte del Kansas, ma non ricordava diavere mai visto una tempesta del genere.

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Di solito, il tempo veramente bruttoandava e veniva in fretta. Ma questabufera stava durando da ore e sembravapeggiorare di minuto in minuto. Un ventoincredibile, una pioggia battente elampi che spaccavano il cielo. Primache le comunicazioni saltassero, eranoarrivate segnalazioni di un tornado F-3che stava facendo il diavolo a quattrodalle parti di Deeper. La protezionecivile cercava di raggiungere la zona,ma le autostrade erano bloccate.

E il black-out. Di solito la corrente sene andava in una o due zone, ma stanotteera come se una mano gigante avessestaccato la spina da tutte le città:Medicine Creek, seguita da Hickok,

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DePew, Ulysses, Johnson City, Lakin einfine Deeper, prima che la sua radiosmettesse di funzionare. Anche l'ultimoripetitore aveva ceduto al black-out.Shurte era di Garden City ed era lietoche il peggio non si fosse abbattuto dallesue parti. Ma era ugualmentepreoccupato per la moglie e i figli. Erauna brutta notte per starsene lontano dacasa.

La lampada schermata al propano cheavevano portato proiettava un debolechiarore verso la bocca della caverna.Williams, in piedi dall'altra parte,sembrava uno zombie, curvo com'erasotto la pioggia, con due ombre scure alposto degli occhi. L'unica parvenza diumanità era data dalla brace della

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sigaretta che gli pendeva dal labbroinferiore.

Un altro lampo tagliò il cielo, quasida un orizzonte all'altro, illuminando perun istante la vecchia casa Kraus, isolata,caden te e buia sotto la pioggia.

"Ma quanto hanno intenzione di starelà sotto?" si chiese Shurte a voce alta."Voglio dire, sono fradicio."

Williams lasciò cadere la sigaretta ela schiacciò con lo stivale, stringendosinelle spalle.

Un altro lampo. Shurte guardò lafenditura che conduceva nelle grotte.Forse l'assassino si era rintanato daqualche parte e stavano cercando difarlo uscire...

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E all'improvviso, dalla bocca dellacaverna, giunse il rumore di pesantipassi di corsa, così forte da sovrastare ilsibilo del vento.

Il caporale imbracciò il fucile e feceun passo avanti. "L'hai sentito?"

Una sagoma scura spuntò dalla porta,avanzando verso di loro: un caneenorme, che correva come un disperato,con la catena del guinzaglio chetintinnava e schioccava nell'aria comeuna frusta.

"Williams!" gridò.Ci fu un altro lampo abbagliante. La

bestia si fermò, confusa, guardandosiintorno con gli occhi sgranati. Il pelo eraumi do, rosso e lucente.

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"Merda", mormorò.Il cane si accovacciò alla luce della

lampada, tremante, senza emettere unsuono.

"Figlio di puttana", fece Williams."Hai visto la bocca? Sembra che si siabeccato una scarica di pallettoni."

Malfermo sulle grosse zampe, il canesi rialzò, scosso da tremiti violenti. Ilsangue stava formando una pozza sottodi lui.

"Prendilo", disse Shurte. "Afferra ilguinzaglio."

Williams si chinò a terra e,lentamente, raccolse l'estremità delguinzaglio. "Tranquillo, ragazzo.Tranquillo, bravo."

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Sollevò lentamente il guinzaglio, conl'intenzione di legarlo a un paletto vicinoall'ingresso delle grotte. Il cane,avvertendo la lieve tensione al collo, sigirò su se stesso con un latrato furioso eazzannò Williams. L'agente urlò e caddea terra, lasciando la presa. In un attimola bestia schizzò lontano, una sagomascura in corsa verso i campi.

"Quel figlio di puttana mi ha morso!"gridò Williams, stringendosi la gambatra le mani.

Shurte puntò la torcia sul collega. Ipantaloni erano strappati e il sanguecolava da uno squarcio sulla coscia.

"Gesù, Williams", commentò Shurte,scuotendo il capo. "E pensare che l'ha

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fatto solo con metà mandibola."

67 Larssen si chinò su Cole, seduto a

terra, che muoveva il torso avanti eindietro, gemendo sommessamente. Erauna brutta frattura. L'estremità spezzatadell'osso spuntava poco sopra il gomito.

"Non ci vedo!" si lamentava Brast, adalta voce. "Non ci vedo."

"Stai calmo", ordinò lo sceriffo diDeeper. Si guardò intorno. Tutti e treavevano perso gli occhiali al momentodell'attacco. Un set era finito in unapozzanghera, con una lente rotta, l'altroinvece era introvabile. A quanto pareva,era l'unico in grado di vedere.

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"Mi aiuti a trovare gli occhiali", silamentò Brast.

"Sono fuori uso.""No, no!""Brast, Cole è ferito. Datti una

calmata."Larssen si sfilò la camicia e la fece a

brandelli, cercando d'ignorare il freddodella caverna. Cercò intorno a séqualcosa che potesse servire comestecca, ma non vide niente diutilizzabile. Meglio fasciare il braccioal torace e rimandare il resto a dopo.L'importante era andarsene al più prestoda lì. Hank non era particolarmentespaventato, non aveva abbastanzaimmaginazione per esserlo. Ma

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comprendeva perfettamente la gravitàdella situazione. Chiunque li avesseattaccati conosceva le grotte a menadito.Doveva averci trascorso così tantotempo da poter andare e venire aproprio piacimento, con estremarapidità. Larssen ne aveva visto lasagoma: gros sa, tozza, ingobbita da annipassati a muoversi in uno spazio basso...Hazen aveva ragione soltanto a metà:l'assassino era là sotto, ma di sicuro nonera McFelty, né qualcun altro collegatoa Lavender. Era qualcosa di molto piùstrano e complicato.

Larrsen si costrinse a ripensare alproblema più immediato. "Cole?"

"Sì?" La voce dell'agente era debole.Cole era sotto choc, madido di sudore.

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"Non ho niente da usare come steccaper il tuo braccio, quindi te loimmobilizzerò fasciandolo al petto."

Cole annuì."Farà male."Cole annuì di nuovo.Larssen annodò due strisce di tela,

formando una cinghia che infilò intornoal collo dell'agente. Poi, piùdelicatamente che poteva, prese ilbraccio e cercò di sospenderlo allacinghia. Cole fece una smorfia e urlò daldolore.

"Che cos'è?" gridò Brast, in preda alpanico. "Sta tornando?"

"Non è niente. Resta calmo e faiquello che ti dico." Larssen cercava di

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parlare in tono rassicurante. Avrebbequasi preferito essere finito insieme aHazen: era un imbecille, ma nessunopo teva accusarlo di vigliaccheria.

Larssen strappò un altro paio distrisce dalla camicia e le strinse intornoal torace di Cole, fino a immobilizzargliil braccio. L'agente, oltre a sudarecopiosamente, era in preda a un tremitoincessante.

"Riesci a stare in piedi?"Cole annuì. Si alzò, seppure incerto

sulle gambe.Larssen lo aiutò a reggersi. "Ce la fai

a camminare?""Penso di sì", rispose, rauco."Non ve ne state andando, voi due?"

fece Brast, cercando Larssen a tentoni

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nel buio."Ce ne andiamo tutti.""E i miei occhiali?""Te l'ho detto, sono rotti.""Fammeli vedere."Sbuffando seccato, lo sceriffo li

raccolse dalla pozzanghera e li porse aBrast. L'uomo li afferrò con dita febbrilie cercò di indossarli. Ci fu unascintilla, accompagnata da un sibilo.Brast li gettò via. "Gesù Cristo, comefaremo a..."

Larssen lo prese per la camicia e glidiede uno scossone. "Brast?"

"Ma l'avete visto? L'avete visto?""No. E nemmeno tu. Adesso chiudi il

becco e fai quello che ti dico. Girati:

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devo arrivare al tuo zaino. Ci legheremotutti alla tua corda. Me l'annodo intornoalla vita, e poi la passo a te e a Cole. Tula tieni con una mano e con l'altra loaiuti. Capito?"

"Sì, ma..."Lo sceriffo diede un altro scossone a

Brast. "Ti ho detto di chiudere il becco efare quello che ti dico!"

L'agente si zittì.Larssen frugò nello zaino, trovò la

corda e se la legò intorno alla vita, neavanzavano circa tre metri. Si assicuròche Brast e Cole la tenessero ben stretta."Adesso ce ne andiamo. Tenete tesa lacorda e non lasciatevela scappare. E,per l'amor di Dio, fa te silenzio."

Larssen si mise in movimento. Si

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sentiva tremare, e non per il freddo: lafrase di Brast, L'avete visto?,continuava a risuonargli nella testa. Ineffetti, l'aveva visto appena, ma era statos uff i c i e nte . Non ci pensare:l'importante è andarsene. Cole e Brastlo seguivano con passo incerto, entrambiciechi. Ogni tanto li avvisava diqualche ostacolo o si fermava ad aiutarei due agenti quando il passaggio eraparzialmente ostruito. Procedevanomolto lentamente e trascorserointerminabili minuti prima cheraggiungessero la successivabiforcazione del tunnel.

Lo sceriffo guardò in quale direzioneproseguissero le impronte rosse di

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sangue lasciate dalle zampe del cane. Ilpavimento era pieno di pozzanghere e ilrumore degli scarponi nell'acquariecheggiava intorno a loro. Le impronteerano più rarefatte. Se solo fosseroriusciti a raggiungere la caverna con lecolonne calcaree, tutto si sarebberisolto. Da quel punto in avanti, eraquasi certo di riuscire a trovare la stradadi uscita.

"Sei sicuro che siamo passati di qui?"chiese Brast, la voce acuta e tesa.

"Sì", confermò Larssen."Che cosa diavolo è che ci ha

attaccati? L'hai visto? Lo...?"Lo sceriffo si girò, oltrepassò Cole e

colpì Brast con un manrovescio allafaccia.

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"Io l'ho visto. L'ho visto. L'ho visto!"Larssen non rispose. Se l'agente non

taceva al più presto, non avrebberesistito alla tentazione di ucciderlo.

"Non era umano. Era una specie diuomo di Neanderthal, con una facciacome... oddio, come una specie digrosso..."

"Ti ho detto di stare zitto.""Non sto zitto. Mi devi ascoltare.

Qualsiasi cosa abbiamo contro, non ènaturale..."

"Brast?" Cole parlava a denti stretti."Che cosa?"Con il braccio buono, Cole puntò il

suo fucile verso l'alto e premette ilgrilletto. L'esplosione fu assordante. Una

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pioggia di pietrisco ricadde sulle lorospalle, mentre l'eco correva impazzitoavanti e indietro dai tunnel.

"Cristo, che cos'è stato?" gridò Brast.Cole si strinse nuovamente alla corda

e aspettò che l'eco svanisse. "Se nonchiudi il becco, il prossimo è per te."

Ci fu un istante di silenzio."Andiamo", disse lo sceriffo. "Stiamo

perdendo tempo."Proseguirono, sostando brevemente

all'incrocio successivo. Le impronte disangue del cane guidavano verso destra.Larssen le seguì in un altro tunnel, dalsoffitto basso. Pochi minuti dopo, iltunnel si apriva in una grande caverna:lo sceriffo riconobbe con sollievo legrandi colonne e i tendaggi di calcare

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alle pareti. L'avevano trovata.Cole inciampò e, con un grugnito, si

mise a sedere in una pozza d'acqua."Non ti fermare", ordinò Larssen,

prendendolo per il braccio buono esollevandolo. "Adesso so dove siamo.Dobbiamo continuare a camminarefinché non siamo fuori."

L'agente annuì, tossì e si rialzò. Feceun passo, barcollò, provò di nuovo.

Sta sprofondando nello choc, pensòHank. Dovevano uscire prima che Coleperdesse definitivamente il controllo.

Avanzarono nella caverna. Sullaparete si aprivano numerosi tunnel,come bocche che sbadigliavano nellaluce rosata degli occhiali. Larssen non

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se ne ricordava così tanti. Cercò letracce del cane sul pavimento, ma erainutile: era coperto da uno strato diacqua.

"Fermi", disse a un tratto. "Zitti."Dietro di loro si sentiva un rumore di

passi nell'acqua che non aveva niente ache fare con l'eco nei tunnel. Poco dopoanche quel rumore s'interruppe.

"È dietro di noi!" disse Brast ad altavoce.

Lo sceriffo tirò i due agenti al riparodelle grosse colonne e imbracciò ilfucile. La caverna era deserta. Che sitrattasse di un'eco, dopotutto?

Il ferito, intanto, si stava accasciandoai piedi di una colonna.

"Cole!" Larssen lo costrinse a

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rialzarsi.L'agente tossì, si piegò in avanti e

vomitò.Brast non disse nulla. Tremava, con

gli occhi inutilmente spalancati nel buio.Larssen raccolse un po' d'acqua con le

mani a coppa e lavò la faccia del ferito."Cole? Ehi, Cole!"

Ma l'uomo rovesciò gli occhiall'indietro e si afflosciò da un lato. Erasvenuto.

"Cole!" insistette Larssen,spruzzandogli ancora acqua sul viso edandogli qualche schiaffo.

L'agente tossì e fu nuovamente scossoda conati di vomito.

"Cole!" Larssen cercò di rimetterlo in

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piedi, ma era come sollevare un saccodi cemento. "Brast, aiutami,maledizione!"

"Come? Non ci vedo.""Segui la corda. Sei capace di

portarlo in spalla, come un pompiere?""Sì, ma...""Avanti.""Non ci vedo. E poi non c'è tempo.

Lasciamolo qui e cer chiamo aiuto da...""Io ci lascio te, qui!" minacciò lo

sceriffo. "Che te ne pare?" Gli afferrò lemani e gli intrecciò le dita, quindiinsieme si piegarono, cercando dicaricare la forma inerte di Cole sullespalle del compagno. Si rialzarono.

"Cristo, pesa una tonnellata", silamentò Brast.

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In quel momento, Larssen sentìdistintamente il rumore di passi pesantinell'acqua sul pavimento della caverna.

"Te l'ho detto che era dietro di noi",disse Brast, cercando con fatica direggere Cole. "Hai sentito?"

"Muoviti e basta."Cole si mosse, cercando di scivolare

dalla presa. Gli altri due dovetterorimetterlo a posto, prima di riprendere ilcam mino.

I passi erano sempre dietro di loro.Larssen si voltò, ma vide solo

macchie indistinte, nere e rosa. Guardòdavanti a sé e scelse uno strettopassaggio in una parete. Poteva esserequello giusto. Se fossero riusciti a

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raggiungere una postazione difendibile,avrebbe potuto tenere a badal'in seguitore col fucile...

"Dio", mormorò Brast. "Oh Dio, ohDio..."

Si infilarono nel passaggio, piùrapidamente che potevano. Lo sceriffobarcollò: la corda gli si era annodata trale caviglie. Riprese l'equilibrio eavanzò. Poco più avanti il soffitto sialzava, ricoperto da migliaia distalattiti ad ago, alcune delle quali sottilicome fili. Oddio, queste non me lericordo, pensò.

Un altro passo nell'acqua.Brast inciampò su una roccia. Cole gli

scivolò dalla spalla e cadde a terra, sulbraccio ferito. Emise un gemito, rotolò

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sulla schiena e rimase immobile.Lo sceriffo non aveva il tempo di

esaminarlo. Imbracciò il fucile e lopuntò nel buio.

"Che cosa c'è?" chiese Brast,terrorizzato. "Che cosa c'è là dietro?"

In quel momento una figura mostruosaemerse dalle tenebre. Larssen urlò efece fuoco, barcollando all'indietro.L'agente, in piedi, inchiodato a terra,artigliava il buio con le dita. "Gesù, nonmi lasciare..."

Lo sceriffo gli prese la mano e lo tiròa sé. In quel momento, la cosa siscagliò su Cole. Le due figure siconfusero insieme, un grovigliorossastro alla luce degli infrarossi.

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Larssen indietreggiò, trascinando Brastcon sé, mentre cercava di risollevare ilfucile. Sentì un suono che gli fecepensare a una coscia strappata da untacchino. Cole lanciò un terribile urlo infalsetto.

"Aiutami", gridò Brast, aggrappandosia Larssen come se fosse sul punto diannegare. Larssen cercò di scrollarselodi dosso per cercare di mirare, mal'agente non voleva saperne. Il fucilesparò, ma il colpo mancò il bersaglio,staccando schegge di pietra dalle pareti.E intanto la cosa si girava verso diloro. Lo sceriffo rimase paralizzato dalterrore: l'aggressore brandiva nel pugnoil braccio strappato di Cole, le cui ditasembravano ancora pulsare di vita.

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Larssen sparò di nuovo, ma troppo tardi.La forma si dirigeva verso di loro. Nonriuscì a fare altro che mettersi a correrenel tunnel, con Brast in preda alladisperazione e Cole che ancora urlavanel la caverna.

Correva, correva.

68 Corrie rimase a lungo nel buio e

nell'umidità, in uno stadio intermediotra la confusione e il sogno, chiedendosidove si trovasse, che fine avessero fattola sua stanza, il suo letto, la suafinestra. E, quando si mise a sedere,sentì pulsare la testa. Il ritorno del

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dolore richiamò alla mente i ricordidella caverna, del mostro... e del pozzo.

Alle sue orecchie non giungevano altrirumori, a parte il gocciolio dell'acqua.Corrie si alzò in piedi, con un lievesenso di vertigine, sentendo diminuire ildolore pulsante nella testa. Allungò lemani, trovando solamente la paretescivolosa del pozzo. Percorse l'interoperimetro, in cerca di crepe osporgenze che potessero servirle adarrampicarsi. Ma la pietra levigatadall'acqua era troppo liscia per fornireun appiglio. E dove sarebbe potutaandare, una volta che fosse ancheriuscita a risalire? Senza luce, restava intrappola. Si sentì sopraffare da undoloroso senso di impotenza. La breve

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illusione del suo tentativo di fuga nonfaceva che accrescere la suadisperazione. Non c'era speranza, nonc'era via d'uscita. Non le restava altroche aspettare. Aspettare il ritorno delmostro. Pronto a giocare.

Corrie singhiozzò.Sarebbe stata la fine della sua vita

inutile, miserabile.Si appoggiò alla parete e si lasciò

scivolare sul fondo, scoppiando in unpianto silenzioso. L'infelicitàimbottigliata per anni stavacominciando a tracimare. Le immaginipassavano fulminee nella mente. Unafine d'anno scolastico, con sua madre altavolo di cucina che beveva una mignon

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di vodka dopo l'altra e lei che sidomandava perché le piacesse cosìtanto... Due anni prima, quando suamadre era rientrata alle due del mattinodel giorno di Natale, con un tiporimorchiato chissà dove: niente auguri,niente regali, niente Natale, solo undopo-sbornia di mezzogiorno come unaltro... E il giorno glorioso in cui erariu scita a comprarsi la sua Gremlin, coni soldi guadagnati alla libreria BookNook prima della sua chiusura,nonostante la madre si fosse incazzataquando l'aveva parcheggiata vicino allaroulotte... E lo sceriffo, il figlio dellosceriffo, i corridoi del liceo, le tempestedi neve che d'inverno coprivano i campidi bianco, i libri letti nel caldo estivo

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lungo la linea elettrica, i commentimaliziosi sussurrati a mezza boccaquando lei passava nei corridoi dellascuola...

Lui sarebbe tornato a ucciderla e tuttoquesto sarebbe svanito, ogni suoricordo. Non avrebbero mai trovato ilsuo cadavere. Ci sarebbe stata unabreve ricerca, ma presto il mondo sisarebbe scordato di lei. Sua madreavrebbe ribaltato la sua camera fino atrovare il denaro fissato sotto lacassettiera col nastro adesivo e sarebbestata felice. Felice che quei soldifossero solo per lei. Pianse a dirotto,senza curarsi dell'eco dei singhiozzi cherisuonava sopra la sua testa.

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La sua mente tornò ancora piùindietro, fino all'infanzia: una domenicamattina in cui si era alzata presto perpreparare le frittelle con suo padre,porgendogli le uova e cantando come isoldati ne Il mago di Oz. Tutti i ricordirelativi al padre sembravano felici: luiche rideva, scherzava, la inondava conla canna dell'idrante nel caldo dell'estateo la portava a nuotare nel torrente; luiche puliva e lucidava, lucidava la suaMustang convertibile con una sigarettache gli pendeva dalla bocca, gli occhiazzurri e luminosi, e poi la solle vava daterra e la faceva specchiare sullacarrozzeria prima di farle fare un giro inmacchina. Quei ricordi erano nitidi

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co me se fossero della settimana prima...le spighe che si piegavano al loropassaggio, l'esaltante sensazione dellavelocità, della libertà.

E adesso, nel silenzio, nell'oscuritàdel pozzo, Corrie sentiva crollareintorno a sé tutti i muri di protezione cheaveva eretto nel corso degli anni, unodopo l'altro. In quel momento estremo,le uniche domande che le persistevanonella mente erano quelle che di radoosava porsi: perché suo padre se ne eraandato? Perché non era mai tornato afare loro visita? Perché non aveva maipiù voluto vederla? Ma nel buio nonc'era spazio per l'autocommiserazione.Le restava un altro ricordo, nemmenotroppo lontano: tornava a casa e vedeva

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sua madre che bruciava una lettera nelposacenere. Veniva da lui, forse? Perchéla mamma non gliene aveva parlato?Forse perché la lettera non era ciò chesperava? L'ultimo interrogativo rimasesospeso nel vuoto, senza risposta. Prestosarebbe arrivata la fine e quelladomanda non avrebbe avuto più senso.Forse papà non avrebbe nemmenosaputo della sua morte...

Pensò a Pendergast, l'unica personache l'avesse mai tratta da adulta. E oraCorrie aveva deluso anche lui,avventurandosi stupidamente nellacaverna senza avvisare nessuno.Stu pida, stupida, stupida...

Singhiozzò nuovamente, con forza e

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con dolore, dando sfogo ai proprisentimenti. Ma l'eco dei proprisinghiozzi era così orribile e beffardoche dovette costringersi al silenzio."Smettila di commiserarti", disse adalta voce.

La frase riecheggiò nelle grotte fino asvanire.

Trattenne il fiato.Aveva avvertito distintamente un

sussurro nel buio.Ascoltò con attenzione. Si sentivano

altri rumori, deboli, lontani e distorti.Indecifrabili. Voci? Grida? Urla? Corrietratten ne il fiato e tese le orecchie.

E poi un lungo suono riecheggiante,come un'onda che si frangeva. Unosparo.

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Corrie scattò in piedi. "Sono qui!Aiuto! Sono qui! Vi prego! Vi prego! Viprego! Vi prego!"

69

Lefty Weeks faticava a stare dietro

all'agente dell'FBI che esploravaattentamente la caverna davanti a loro.Non doveva sfuggirgli niente. Ladecisione che irradiava da Pendergastaveva finalmente rassicurato i nerviscossi dell'addestratore, ma non riuscivaa cancellare dalla sua mente l'immaginedel cane fatto a pezzi da... quella cosa...

L'addestratore si fermò. "Cos'è stato?"chiese, con voce incerta.

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"Agente Weeks", rispose Pendergast,senza neppure voltarsi indietro,"continui a seguirmi."

"Ma ho sentito qualcosa..."La mano bianca e sottile gli si

appoggiò sulla spalla. Lefty avrebbevoluto aggiungere qualcosa, ma sentìaumentare la pressione sulla spalla epreferì tacere.

"Da questa parte, agente." La voce eramolto cortese, ma a Weeks feceugualmente venire i brividi.

"Sissignore."L'addestratore di cani sentì di nuovo

quel rumore, mentre proseguivano.Un'eco prolungata che rimbalzava da unacaverna all'altra, la cui sorgente

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sembrava essere davanti a loro. Checosa poteva essere? Un urlo? Unosparo? L'unica certezza del poliziottoera che, qualunque cosa fosse, l'agentedell'FBI stesse andando proprio inquella direzione.

Soffocò un'istintiva protesta econtinuò ad andargli dietro.

Attraversarono un intrico di passaggidal soffitto basso coperto di cristallilucenti e taglienti. Lefty si graffiò latesta, imprecò sommessamente e sicurvò ancora di più in avanti. Non eraquesto il percorso che aveva seguitoprima, con i cani. La luce di Pendergastsi spostava su e giù, illuminandoformazioni simili a perle immerse inpozze d'acqua opache. Ora l'unico

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rumore era l'eco dei loro passinell'acqua.

L'uomo dell'FBI si fermòall'improvviso, puntando la torcia su unaroccia piatta, ingombra di oggetti. AWeeks sembrò una specie di altare.Guardò meglio: c'era un orsacchiotto dipezza, coperto di muffa, le zampe unitecome in preghiera. Un occhietto divetro spuntava dal rivestimento fungoso.

"Ma che diavolo...?" cominciò ilpoliziotto.

La luce della torcia si spostò versol'oggetto cui l'orsacchiotto rivolgeva lapropria preghiera. Nel baglioregiallastro non si vedeva che unmucchietto di muffa. Pendergast sfilò

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una penna d'oro dal taschino e se neservì per scostare la muffa, fino arendere visibile lo scheletro sottostante."Rana amaratis", dichiarò.

"Cosa?""Una specie rara di rana cieca delle

grotte. Noterà che le ossa sono statefrantumate prima della morte. Questarana è stata stritolata da qualcuno, amani nude."

Weeks deglutì. "Senta, è una folliainoltrarci nelle caverne in questo modo.Dovremmo trovare una via d'uscita eandare a cercare aiuto."

Ma Pendergast prestava attenzionesolo agli oggetti disposti intornoall'orsacchiotto: altri piccoli scheletri ecorpi d'insetti decomposti. Poi prese in

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mano l'orsacchiotto, spazzò via lamuf fa e lo studiò con interesse.

L'addestratore cominciava ainnervosirsi. "Avanti, avanti..."

Pendergast rimise a postol'orsacchiotto. "Andiamo." E riprese acamminare ancora più velocemente,fermandosi di quando in quando acontrollare la mappa che aveva con sé.Il livello dell'acqua sul pavimento eraaumentato e con esso il rumore dei loropassi. L'aria era così fredda che il fiatosi condensava. Weeks cercava di nonpensare a quanto aveva visto, macontinuava a essere convinto che fosseuna follia procedere in quella direzione.Quando fosse tornato al quartier

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generale... sempre che ci fosse arrivato,per prima cosa avrebbe richiesto unalicenza per motivi di salute. E si sarebbeconsiderato fortunato a uscirne solo conuno stress post-traumatico.

L'agente dell'FBI si fermò di nuovo.La luce aveva inquadrato un corpodisteso sul pavimento, di schiena, conbraccia e gambe aperte. La testaappariva stranamente allungata, e ineffetti la regione occipitale era esplosacome una zucca matura. Gli occhisgranati guardavano in due direzionidiverse. La bocca era spalancata...troppo spalancata.

Weeks dovette distogliere lo sguardo."Che cosa è succes so?"

Pendergast puntò la torcia verso

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un'apertura nel soffitto. "Puòidentificarlo?" domandò.

"Raskovich, il tipo della sicurezzadell'università."

"Si direbbe che il signor Raskovichsia precipitato da una grande altezza."

"Oh, mio Dio."Pendergast spinse Weeks in avanti.

"Dobbiamo proseguire."Ma l'addestratore ne aveva

abbastanza. "Non faccio un passo dipiù. Ma dove pensa di andare?" Alzò lavoce. "Il cane è morto, Raskovich èmorto. Li ha visti. C'è un mostro, laggiù.Che altro vuole? Io sono ancora vivo: èdi me che si dovrebbe preoccupare, è..."Di fronte allo sguardo gelido di

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Pendergast, si fermò a metà frase."Insomma", riprese, in tono più mite,"stiamo sprecando il nostro tempo. Chile dice che quella ragazza sia ancoraviva?"

E, come in risposta alla sua domanda,giunse l'eco di una voce distorta mainconfondibile: qualcuno stavachiedendo disperatamente aiuto.

70

Larssen correva come un disperato e

Brast lo seguiva alla cieca, rimbalzandoda una parete di pietra all'altra, mariuscendo ugualmente a tenersiaggrappato alla corda. Erano passatidiversi minuti da quando un orribile

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schianto di ossa aveva posto fine alleurla di Cole, ma lo sceriffo di Deeper lesentiva ancora nella mente, come unaregistrazione infernale ripetutaall'infinito. Chiunque avesse fattoquesto, chiunque li stesse inseguendo,non era del tutto umano. Non potevaessere vero, eppure lui l'aveva visto.L'aveva visto.

Non faceva più caso alla direzione, sefosse il tunnel giusto oppure no, se sistesse dirigendo verso la superficieoppure ancora più in profondità nellecaverne. Non gli importava. Voleva solomettere una certa distanza tra sé e quellacosa.

Raggiunsero uno specchio d'acqua,

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che attraverso gli occhiali mandavariflessi rossi. Larssen non esitò a entraree ad attraversarlo, con l'acqua gelidache gli arrivava al torso nudo. Brastcontinuava a seguirlo ciecamente. Ilsoffitto della grotta si abbassava.Larssen rallentò il passo, spezzando conla canna del fucile le sottili stalattiti chegli ostruivano il passaggio. Il soffitto siabbassò ancora, l'agente batté la testa eimprecò. Poi il soffitto tornò ad alzarsie i due si trovarono in una strana grottanelle cui pareti si aprivano miriadi dicrepe. Larssen si fermò e Brast gli venneaddosso.

"Hank? Hank?" Brast gli si avvinghiò,quasi volesse sincerarsi che fossereale.

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"Zitto." Lo sceriffo ascoltòattentamente. Non si sentivano rumorialle loro spalle. La cosa non li stavaseguendo. Ce l'avevano fatta? Guardòl'orologio: quasi mezzanotte. Dio solosapeva quanto avessero corso. "Brast,stammi a sentire. Dobbiamonasconderci, fino a quando qualcunoverrà a salvarci. Non troveremo mai unavia d'uscita, e se continuiamo a vagarequa sotto finiremo con l'incontrare dinuovo quella cosa."

L'agente annuì. Aveva dei graffi sulvolto e un taglio sanguinante sulla testa.Gli occhi erano appannati dal terrore.

Larssen si guardò intorno, alla lucedegli infrarossi. In alto c'era una

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fenditura da cui fuoriusciva un fiumesolido di calcare. "Controllo una cosa.Dammi una mano."

"Non mi lasciare!" disse."Parla a bassa voce. Vado via solo un

minuto."Brast lo aiutò a sollevarsi e in pochi

secondi lo sceriffo si era infilatonell'apertura. Tremante di freddo, sisciolse la corda annodata alla vita e laporse all'agente, permettendogli diarrampicarsi lungo la scivolosa paretedi roccia.

Dopo di che fece strada nellafenditura. Il fondo era ruvido e ingombrodi pietre. Fatto qualche metro, il tunnelsi allargava, permettendo loro diprocedere carponi. "Vediamo dove

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porta", sussurrò lo sceriffo. Un altrominuto e si trovarono sull'orlo del nulla:il tunnel si apriva su un baratro. "Restafermo." Larssen si affacciò sull'abisso:non riusciva a vederne il fondo.Raccolse un sasso e lo lasciò cadere,cominciando a contare. Smise quandoarrivò a trenta, senza averlo sentitotoccare terra. Sopra la sua testa siapriva una sorta di grande camino,attraversato da un sottile filo d'acquache cadeva dall'alto. L'essere nonpoteva raggiungerli da quella direzione.L'unica via d'accesso era lo strettopassaggio attraverso il quale eranoappena passati.

Perfetto.

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"Rimani qui", ordinò a Brast. "Nonandare avanti: c'è un pozzo."

"Un pozzo? Quant'è profondo?""Praticamente non ha fondo. Quindi

resta dove sei. Io torno subito." HankLarssen tornò alla fenditura e, sdraiato apancia in giù, ammonticchiò le pietrefino a nascondere l'apertura. Sel'assassino avesse raggiunto quellagrotta, avrebbe visto solo roccia.Avevano trovato il nascondiglioperfetto. Di nuovo accanto alcompagno, lo sceriffo parlò a bassavoce. "Stammi a sentire: se non fairumore e non ti muovi, niente ci puòtradire. Aspetteremo qui che una verasquadra SWAT scenda a fare fuori quel

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tipo. E nel frattempo stiamo zitti enascosti."

Brast annuì. "Ma siamo in salvo, qui?Ne sei certo?"

"Finché terrai la bocca chiusa, sì."Attesero, oppressi dal silenzio e dalle

tenebre. Larssen appoggiò la schienaalla parete, chiuse gli occhi e ascoltò ilproprio respiro, cercando di nonpensare al pazzo che vagava nellecaverne. Accanto a sé, sentiva chel'agente era irrequieto e continuava acambiare posizione. Era irritante: ancheil minimo rumore avrebbe potutotradirli. Lo sceriffo sollevò le palpebree guardò attraverso gli occhiali. "Brast,no!"

Troppo tardi: con un breve fruscio, un

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fiammifero si accese. Lo sceriffo glielofece cadere di mano. La fiamma siestinse a terra con un sibilo e un sentoredi zolfo nell'aria.

"Che cosa diavolo..." protestò Brast."Figlio di puttana", mormorò Larssen,

"che cosa credevi di fare?""Mi sono trovato dei fiammiferi in

tasca. Hai detto che eravamo in salvo,che qui non ci troverà. Non sopporto piùl'oscurità, non ce la faccio!" Un altrofruscio e un secondo fiammifero presevita. L'agente emise un singhiozzo disollievo e spalancò gli occhi.

Larssen, seminudo e tremante difreddo, si rese conto di non volerrinunciare nemmeno lui a quel bagliore

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rassicurante. E poi avevaammonticchiato per bene le rocce sullafenditura: la tenue luce del fiammiferonon poteva essere visibile dallacaverna. Sollevò gli occhiali, batté lepalpebre e si guardò intorno. Per laprima volta riusciva a vedere tutto neldettaglio. Per quanto esile, la fiammatrasmetteva una rassicurante sensazionedi calore in quello spazio angusto.

Si trovavano in una sorta dicompartimento, a neanche due metridall'orlo dell'abisso. Dietro di loro,oltre il tratto di tunnel con il soffitto piùbasso, c'era l'unico accesso, bloccatodalle pie tre. Erano al sicuro.

"Forse posso trovare qualcosa dabruciare", propose Brast. "Qualcosa per

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riscaldarci."Larssen lo vide rovistare nelle tasche.

Se non altro, ora se ne stava zitto.L'agente mormorò un'imprecazionequando il fiammifero gli scottò le dita.Ne accese un terzo.

In quel momento, alle loro spalle, siudì il rumore di una pietra che venivaspostata. La pietra rotolò a terra. E poiun'altra.

"Spegnilo!" sussurrò Larssen.Ma l'agente continuava a tenere in

mano il fiammifero e guardava dietroLarssen, terrorizzato. Rimase immobileper un istante, poi si voltò e si lanciò inavanti, senza pensare.

"Nooo!" gemette Larssen.

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Ma Brast era già precipitatonell'abisso. Il fiammifero danzò nelbuio, sospeso su una correnteascensionale, prima di spe gnersi.

Nel buio, lo sceriffo sentiva il battitodel proprio cuore, l'eco del propriorespiro. Con dita incerte, si rimise gliocchiali e si preparò a guardare infaccia l'incubo.

71

Seduto sulla sedia a dondolo del

salotto, oscillando avanti e indietro,Rheinbeck era quasi contento che la casafosse pressoché al buio. Si sentivaridicolo, nella sua tenuta nera da raid,

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con tanto di giubbotto antiproiettile, inmezzo a pizzi e ricami. Missione:vecchietta.

Merda.La casa gemeva e scricchiolava tra gli

ululati della bufera, ma almeno lavecchia, chiusa nel rifugio in cantina,aveva smesso di strillare. Il poliziottoce l'aveva chiusa dentro a doppiamandata e ora non sarebbe potutaandare da nessuna parte. Sarebbe stataal sicuro, là sotto. E, se fosse arrivato iltornado, sarebbe stata molto più alsicuro di lui.

Mezzanotte era già passata. Che cosastavano combinando, là fuori? Forseavevano intrappolato il tipo e stavanonegoziando: Rheinbeck aveva assistito

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a un paio di situazioni in cui c'eranoostaggi di mezzo e sapeva che duravanoun'eternità. Le comunicazioni eranoinattive e le strade erano bloccate daglialberi sradicati. Nessuno avrebberisposto alla sua richiesta di un dottore edi un'ambulanza per la vecchia signora,non certo con Deeper in piena tempestae la minaccia di un tornado forza tre sututta l'area. Non era una vera emergenzamedica, né una circostanza cherichiedesse l'intervento della polizia.Era solo una situazione imbarazzante.

Oh, Signore, che incarico del cazzo.Sentì uno strillo, seguito dal

frantumarsi di un vetro. Rheinbeckscattò in piedi, rovesciando all'indietro

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la sedia a dondolo. Ma era solo il ramodi un albero che aveva fracassato unaltro vetro. Proprio quello che serviva:una maggiore ventilazione. Dopo ilpassaggio del fronte freddo latemperatura era diminuitasensibilmente. La pioggia aveva ormaiformato diverse pozzanghere sulpavimento. L'agente rimise in piedi lasedia e vi si accomodò. I ragazzi alquartier generale non gliel'avrebberofat ta passare liscia.

La lampada al propano cominciò asinghiozzare. Naturale: qualchedeficiente non si era preoccupato dimetterci una bombola nuova. Scosse ilcapo e andò al caminetto. Era prontoper essere acceso, con una vecchia

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scatola di fiammiferi da cucina a portatadi mano. L'agente ci pensò su per unminuto. All'inferno, concluse. Visto cheera intrappolato in quella casa, tantovaleva che ci stesse comodo. Si chinò acontrollare che il camino fosse sgombroe accese il fuoco. Le fiamme chelambirono i fogli di giornale lo fecerosentire subito meglio: c'era qualcosa dirassicurante nel tepore del focolare. Laluce si rifletteva sui merlettiincorniciati, sui vetri e sullachincaglieria di porcellana. Rheinbeckspense la lampada al propano: megliotenere da conto i suoi ultimi minuti diluce.

Gli dispiaceva per la vecchia signora:

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era stata una scelta difficile quella dirinchiuderla in cantina. Ma c'era ilpericolo di un tornado e la donna si eradimostrata, per usare un eufemismo,poco disposta a cooperare. L'agentetornò a sedersi sulla sedia a dondolo.D'altra parte, non doveva essere facileaccettare il fatto che una squadra diestranei, con cani e fucili, irrompessenella sua proprietà in piena notte, nel belmezzo di una tempesta. Sarebbe statouno choc per chiunque, soprattutto peruna donna che viveva sempre chiusa incasa come la vetusta Winifred Kraus.

Rheinbeck si appoggiò allo schienale,godendosi il tepore. Gli tornavano inmente le domeniche pomeriggio quandocon la moglie andava a far visita alla

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propria madre. D'inverno, lei preparavaloro il tè e lo serviva davanti a uncaminetto uguale a questo. Con il tèc'erano sempre dei biscotti: sua madreera depositaria di una ricetta di famigliaper i biscotti allo zenzero, un segretoche prometteva sempre di dividere conla nuora, ma che per qualche ragioneteneva invece per sé.

L'agente si rese conto che la vecchiasignora era chiusa in cantina da un paiod'ore, senza alcun genere di conforto.Ora che si era calmata, forse era il casodi portarle qualcosa. Non voleva chenessuno potesse accusarlo di averelasciato morire di fame e di sete unapovera vecchia. Avrebbe potuto

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prepararle una tazza di tè, facendobollire l'acqua sul fuoco. Si rammaricòdi non averci pensato prima.

Si alzò e, alla luce della torciaelettrica, raggiunse la cucina. Vi trovògeneri alimentari di ogni sorta: cibidall'aspetto strano, erbe e spezie di cuinon aveva mai sentito il nome, acetiesotici, verdure sotto vetro. Confezioniargentate con etichette in giapponese, oforse cinese, chissà. Finalmente trovò lateiera vicino a un arnese per fare lapasta e un attrezzo che sembrava ungrosso imbuto d'acciaio con uningranaggio. Aprendo gli armadietti,Rheinbeck scovò anche qualche bustinadi tè vecchia maniera. Appesa la teierasopra il fuoco del caminetto, l'agente

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torno in cucina e aprì il frigorifero,anch'esso piuttosto ben fornito. Gli civollero pochi minuti per raccogliere suun vassoio latte, zucchero, biscottini datè, pane, confettura, marmellatad'arance. Completò il tutto con tazza,piattini, coltellino, cucchiaino,tovaglietta di pizzo e tovagliolo di lino.Quando il tè fu pronto, mise la teiera sulvas soio e scese le scale.

Si fermò di fronte alla porta disicurezza, tenendo il vassoio inequilibrio con una mano e bussandolievemente con l'altra. Sentì un fruscioall'interno.

"Signora Kraus?"Nessuna risposta.

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"Le ho preparato tè e biscotti. Lefaranno bene."

Sentì un altro fruscio e finalmente unarisposta. "Solo un minuto, per favore.Mi sistemo i capelli."

Rheinbeck attese, rassicurato dallacalma della signora. Era sorprendentecome la vecchia generazione tenesseancora a cer te cose.

Dopo un minuto, l'anziana signoratornò a parlare, scandendoaccuratamente le parole: "Ora sonopronta per lei".

Sorridendo, l'agente prese di tasca lagrossa chiave di ferro, la infilò nellaserratura e aprì la porta.

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72 Lo sceriffo Hazen sentiva il sudore

colargli lungo le mani e sul calcio delfucile. Nel corso degli ultimi dieciminuti aveva sentito rumori di ognigenere: spari, urla, pianti. Sembravafosse in corso una battaglia. Il baccanopareva provenire da una direzioneprecisa, e lo sceriffo puntò condecisione da quella parte. Altrisarebbero scappati, ma lui no: era bendeterminato a sta nare quel maledetto.

Sul fondo sabbioso del tunnel distinseimpronte molto chiare di piedi scalzi edeformi, le stesse che aveva già visto inprecedenza. Quelle dell'assassino. Si

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rendeva conto di essersi sbagliato sulconto di McFelty. Per quel poco che erariuscito a vedere del mostro, ne avevala certezza. E probabilmente si erasbagliato anche sulle responsabilità diLavender. Ma aveva avuto ragionesull'aspetto più importante: il colpevoleera nascosto nelle grotte. Quella era lasua base operativa. Era stato lui ascoprirlo e ora intendeva andare fino infondo e stanare quel figlio di puttana.

Continuò a seguire le impronte,chiedendosi chi potesse essere. Ma aquella domanda avrebbe dato risposta inun secondo tempo. Per il momento, lapriorità era catturare quel bastardo,niente di più. Una volta preso lui, tutto sisarebbe chiarito, che avesse a che fare

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con Lavender e il campo sperimentaleoppure no. Tutto sarebbe andato a posto.

Svoltò un angolo, senza perdere divista le tracce. Le pareti e il soffitto siaprirono su una caverna smisurata, i cuicontorni erano appena visibili alla lucedegli infrarossi. Il pavimento eracosparso di grossi cristalli luminescenti.Anche con la luce monocromatica sicapiva che erano di colori diversi.Quella caverna era gigantesca, altro chele tre spelonche del vecchio Kraus. Conuna gestione appropriata, potevadiventare un'attrazione turistica coifiocchi. Quanto alle tombe indiane cheaveva incrociato sul suo cammino,sarebbero state una manna per gli

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archeologi. Ce n'era abbastanza peraprire un museo. Forse Medicine Creekera destinata a perdere il camposperimentale, ma quelle caverneavrebbero attirato gente da ogni parte,più delle grotte di Carlsbad. Hazen sirese conto che la città era salva. Pertutto quel tempo erano stati seduti su unapotenziale miniera d'oro, senza saperlo.

Lo sceriffo rinviò a più tardi lefantasie sul futuro. Ci avrebbe pensatodopo aver messo quel mostro dietro lesbarre. Una cosa alla volta.

Nel pavimento davanti a lui si aprivauna voragine da cui saliva lo scrosciodi un torrente sotterraneo. Hazen seguì leimpronte nella sabbia. Erano moltovisibili. E sembravano fresche: si stava

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avvicinando alla preda.Il tunnel si restringeva e si allargava.

Tutt'intorno c'erano segni evidenti chequalcuno ci abitava: strani graffiti sullepareti, feticci indiani ammuffiti disposticon grande cura in nicchie tra le rocce ein cima alle stalagmiti. Quel pazzo,chiunque fosse, viveva là sotto da unsacco di tempo. Strinse il fucile econtinuò ad avanzare. Girato un altroangolo, si immobilizzò all'imboccaturadi un'altra caverna.

C'era un delirio di ornamenti:innumerevoli figurine fatte con ossa espago, appese con fili alle stalattiti; restimummificati di creature delle grotte,arrangiati in piccoli diorami; ossa

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umane e teschi di ogni forma edimensione, allineati alle pareti ocomposti sul pavimento secondo schemibizzarri e intricati. E in un angolo altriresti impilati, in attesa di essere usati.Lanterne antiche, lattine, oggettiarrugginiti, manufatti indiani e detriti diogni sorta erano ammonticchiati suscaffali improvvisati. Sembrava la tanadi un folle. E, in effetti, lo era.

Si girò lentamente, passando inrassegna quell'assurdo scenario.Decisamente assurdo. Si passò la linguasulle labbra e fece un passo indietro.Forse era stato un errore avventurarsi finlì da solo. Probabilmente era statotroppo frettoloso. L'uscita non potevaessere lontana. Avrebbe fatto meglio a

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tornare in superficie a chiamarerinforzi...

E fu in quel momento che lo sguardogli cadde su qualcosa in fondo allacaverna, in una zona in cui il pavimento,pieno di rocce sporgenti, digradavaverso l'oscurità.

C'era una figura immobile, stesa aterra.

La canna del fucile dritta davanti a sé,Hazen si mosse in quella direzione,passando accanto a un rozzo tavolo dipietra occupato da sacchi di tela e daoggetti che sembravano coperti da unostrato di muffa. Guardando piùattentamente, capì che non si trattava dimuffa, ma di peli e capelli: ciocche

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scure, baffi, riccioli, brandelli discalpo e Dio solo sapeva che altro. Allosceriffo tornò in mente l'immagine delcranio di Gasparilla. Si allontanò,rivolgendo la propria attenzione allafigura umana stesa a terra, come sedormisse. A un'ispezione più ravvicinatanon sembrava addormentata. Sembravamorta.

Si chinò sul cadavere, sentendosistringere lo stomaco: il corpo era statosquartato, le viscere asportate.

Mio Dio, un'altra vittima.Irrigidito dal terrore, sentì le mani

sudate scivolare sul fucile. I vestitierano stati strappati e ormai nerestavano solo pochi brandelli. Il volto,incrostato di sangue e di terra, sembrava

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piuttosto giovane. Con mano tremante,Hazen prese un fazzoletto e cercò dipulirlo. Rimase paralizzato, con ilfazzoletto ap poggiato sulla pelle fredda,sopraffatto dalla repulsione e daldolore. Era Tad Franklin. Si sentì quasisvenire.

Tad.La rabbia eruppe all'improvviso. Con

un urlo di furia e disperazione, girò suse stesso, sparando all'impazzata in tuttele direzioni. Le esplosioni assordantierano intervallate dall'eco delle stalattitiche si frantumavano in una pioggia dicristallo.

73

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"Cos'è stato?" chiese Weeks, battendo

freneticamente le palpe bre."Spari", rispose Pendergast. Guardò

l'arma del poliziotto. "Lei è addestratoall'uso di questo fucile, vero?"

"Certo", rispose Weeks, tirando su colnaso. "Mi sono qualificato cometiratore scelto, nella mia unità a DodgeCity." In effetti all'epoca c'erano soloaltri tre cadetti nell'unità cinofila, maquello era un dettaglio che non eranecessario riferire a Pender gast.

"Allora si tenga pronto a usarla.Rimanga alla mia destra e segua ognimio passo."

Il poliziotto si grattò la nuca. Era

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sempre stato allergico all'umidità."Ritengo di poter affermare che cioccorrano rinforzi, prima diprocedere."

L'uomo dell'FBI non lo degnò di unosguardo. "Agente Weeks, abbiamosentito le richieste d'aiuto di una vittimapredestinata dell'assassino. Abbiamosentito sparare. Ritiene di poteraffermare che abbiamo il tempo diattendere rinforzi?"

La domanda restò in sospeso nell'ariagelida. Weeks arrossì, imbracciandonervosamente il fucile. Di nuovo unadebole voce, acuta e chiaramentefemminile, riecheggiò nelle grotte.Pendergast ripartì di corsa; il poliziottofaticava a stargli dietro.

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La voce saliva e scendeva di volume,a mano a mano che proseguivano lungoil tunnel. Ora il pavimento era asciutto esabbioso, cosparso d'impronte di piediscalzi e decorato con stranecomposizioni di antiche ossa indiane eresti mummificati. Malgrado il fucile ela presenza di Pendergast, Weekssentiva montare la paura. "Lei sa chi èl'assassino?" domandò, con vocein certa.

"Un uomo, ma solo in un certo senso.""Che cosa intende dire?" Weeks non

sopportava che quel tipo continuasse aparlare per enigmi.

Pendergast si chinò a esaminare leimpronte. "Le serve solo sapere una

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cosa: identifichi il bersaglio. Se èl'assassino, e lo capirà a prima vista,gliel'assicuro, spari per uccidere. Nonabbia la minima esitazione."

"Non c'è bisogno di parlarmi così",protestò Lefty Weeks, ma gli bastòun'occhiata dell'altro per convincersi atacere. Solo in un certo senso, pensòcon un brivido. Quella cosa non gli eraparsa tanto umana, quando avevaafferrato uno dei cani e lo aveva fatto apezzi.

Ma Pendergast non gli faceva caso:correva con la pistola in pugno,fermandosi solo per qualche frazione disecondo ad ascoltare. Ora non si sentivapiù alcun rumore. Dopo qualche minuto,l'agente dell'FBI consultò di nuovo la

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mappa. Si udì ancora qualcosa, ma soloper un istante. Esaminò le impronte,inginocchiandosi sulla sabbia, il naso aun centimetro da terra. Weeks loosservava, sempre più inquieto.

"Sotto", stabilì Pendergast.S'insinuò in una fenditura nella roccia

e imboccò uno stretto tunnel in discesa.Weeks lo raggiunse. Proseguirono fino auna parete traforata come un alveare.L'uomo scelse una delle aperture e vi sigettò dentro. Il poliziotto esitò aseguirlo: quel buco sembrava umido efreddo. Ma appena la luce della torciascomparve, l'addestratore seppe di nonavere scelta.

Si trascinò faticosamente lungo il

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passaggio e, arrivato in fondo, cadde inavanti. Si ritrovò in un tunnel usato cosìdi frequente che sul cedevolepavimento di calcare si era scavato unvero e proprio sentiero. Weeks si rimisein piedi, spazzolandosi il fango daivestiti. "Ma da quanto tempo vive quasotto, l'assas sino?" chiese, incredulo.

"Cinquantuno anni a settembre",rispose Pendergast, in camminandosi.

"Allora lei sa chi è?""Sì.""E come diavolo ha fatto a scoprirlo?""Agente, non possiamo rimandare a

dopo la conversazio ne?"I lamenti si erano acquietati, ma

l'uomo dell'FBI sembrava molto sicurosulla direzione da prendere... Finché non

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si ritrovarono di fronte a una parete dicristalli di gesso che sbarrava lorocompletamente la strada. Le tracce sulpavimento si erano interrotte.

"Non c'è tempo", mormoròPendergast, voltandosi indietro escrutando con la torcia le pareti e ilsoffitto del tunnel. "Non c'è tempo."Indietreggiò. Sembrava che stessecontando sottovoce.

Lefty si accigliò. Forse seguirlo nonera stata un'ottima idea.

Poi l'agente dell'FBI si accostò a unaparete e chiamò: "Si gnorina Swanson?"

Con grande sorpresa del poliziotto,dall'altra parte si udì un singhiozzo, poiun gemito e infine una voce.

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"Pendergast? Agente Pendergast? Oh,Dio..."

"Stia calma. Stiamo venendo aprenderla. Lui è qui vicino?"

"No, se n'è andato... non so quantotempo fa. Ore."

Pendergast si rivolse al poliziotto."Ora è il momento che lei si rendautile." Indicò una zona della parete digesso. "Spari un colpo in questo puntopreciso."

"Ma lui ci sentirà..." obiettò Weeks."È già vicino. Obbedisca al mio

ordine, agente."Il tono era così imperioso che Weeks

scattò sull'attenti. "Sissignore." Siinginocchiò, prese la mira e premetteentrambi i grilletti.

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L'esplosione risuonò assordante nellospazio angusto.

La luce della torcia illuminò una nubelucente di polvere di gesso e, dietro diessa, un grande squarcio nella pietradiafana. Per un momento non accaddenulla. Poi una ragnatela di crepe siallargò sulla parete, finché questa noncrollò in una pioggia di schegge dicristallo. Dall'altra parte il tunnelproseguiva fino alla bocca di un pozzo.Pendergast corse verso l'orlo. Weeks loraggiunse e si affacciò a sua volta.

In fondo al pozzo c'era una ragazzacon i capelli viola e il viso sporco disangue e fango, che li guardava conun'espressione terrorizzata.

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L'agente dell'FBI si voltò verso ilpoliziotto. "Lei guidava i cani. Avràsicuramente un guinzaglio di riservanello zaino."

"Sì..." Con un rapido movimento,Weeks sfilò lo zaino e lo aprì.

Pendergast prese il guinzaglio, unalunga catena con un laccio di cuoio.Annodò la catena intorno a una colonnadi calcare e gettò l'altro capo nel pozzo.

Dal basso giunse il tintinnio dellacatena e un singhiozzo del la ragazza.

"Non ci arriva", disse l'addestratore,affacciandosi al pozzo.

"Ci copra. Se lui arriva, spari peruccidere."

"Ehi, un momento..."

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Ma Pendergast era già scomparso nelpozzo.

Weeks continuò a sorvegliare iltunnel, seguendo con la codadell'occhio i movimenti dell'agentedell'FBI che si calava lungo la catenacon sorprendente agilità. Arrivato infondo, tese un braccio alla ragazza. Leicercò di afferrargli la mano, ma nonriu scì a raggiungerla.

"Si faccia da parte, signorinaSwanson", consigliò Pendergast."Weeks, spinga nel pozzo qualcuna diquelle grosse pietre, stando attento a nonfarcele cadere in testa. E non perda divista il tunnel. "

Con un piede, il poliziotto fece

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scivolare una dozzina di grosse pietreoltre l'orlo del pozzo. La ragazza nontardò a capire: addossò le pietre allaparete e vi salì sopra. Stavolta fu ingrado di afferrare la mano che le venivatesa. Lui la issò, le passò il bracciosotto le ascelle e lentamente risalì lungola parete del pozzo. Benchéapparentemente esile, l'agente dell'FBIstava dimostrando una forza noncomune.

Appena furono emersi dalla bocca delpozzo, la ragazza cadde in ginocchio,scossa da violenti singhiozzi, e siaggrappò a Pendergast. Luis'inginocchiò accanto a lei, prese ditasca il fazzoletto e le pulì il viso. "Lefanno male?" chiese indicandole i polsi.

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"Adesso no. Grazie di essere venuto.Pensavo... pensavo..." Il resto dellafrase si perse tra i singhiozzi.

Pendergast le prese le mani. "Corrie,so che cosa pensavi. Sei stata moltocoraggiosa. Ma non siamo ancora insalvo e mi serve il tuo aiuto." Le avevaparlato in tono affettuoso, ma la gravitàdella situazione traspariva dalle sueparole.

La ragazza annuì, in silenzio."Puoi camminare?"Lei annuì di nuovo. Le sfuggì ancora

un singhiozzo. "Lui stava giocando conme. Voleva tenermi per continuare agiocare finché non morivo."

L'agente speciale le appoggiò una

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mano sulla spalla. "So che è difficile.Ma dovrai resistere finché non saremofuori di qui."

Corrie abbassò lo sguardo.Pendergast si alzò in piedi e diede una

rapida occhiata alla mappa. "Potrebbeesserci una via d'uscita piuttosto rapida.Dobbiamo tentare." Si rivolse a Weeks."Io andrò per primo, poi la signorinaSwanson. Lei ci dovrà coprire le spalle.E intendo proprio coprire. L'assassinopotrebbe arrivare da qualsiasidirezione: sopra, sotto, di fianco o didietro. Arriverà in silenzio. E saràmolto veloce."

Weeks si umettò le labbra. "Come fa asapere che ci verrà dietro?"

Gli occhi di Pendergast parvero

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scintillare nell'oscurità. "Perché non èdisposto a rinunciare alla sua unicaamica."

74

Hazen avanzava rapidamente, senza

preoccuparsi più di non fare rumore,rallentando solo in corrispondenza dicurve e intersezioni. Stringeva conforza il fucile, le dita appoggiate suldoppio grilletto.

Quel bastardo poteva già considerarsimorto.

Oltrepassò un altro di quegli altarini,con un assortimento di cristalli e animalimorti. Uno psicopatico. Quella era la

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caverna in cui si era esercitato prima diuscire ad ammazzare la gente. Mal'avrebbe pagata, quel figlio di puttana.Niente lettura dei diritti, niente chiamataall'avvocato, solo una doppia scarica altorace e un colpo finale alla testa.

La ragnatela di impronte sovrapposteera così confusa che non era piùpossibile capire quale fosse la direzionegiusta, né se le orme fossero fresche. Masapeva che l'assassino non era lontano.Non gli importava quanto ci sarebbevoluto per raggiungerlo: quei corridoinon proseguivano all'infinito. Loavrebbe trovato.

La rabbia gli bruciava il viso,malgrado l'aria fredda della grotta.Tad... Era come avere perso un figlio.

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Ma, almeno per il momento, il doloreera compensato da una marea di rabbia.Le lacrime gli correvano lungo leguance, ma non provava altro che odio.Lacrime di odio.

Il tunnel era ostruito da una frana.Sopra i massi, tuttavia, s'intravedevaun'apertura. Qualcuno aveva aperto unsentiero fra i detriti, raggiungendoquello che sembrava un tunnelsuperiore. Hazen si inerpicò sulpietrisco, puntando la canna del fuciledavanti a sé, fino a entrare in uno spaziosviluppato in altezza. In alto, piume dicristallo, appese a fili di calcare,oscillavano a una lieve correntesotterranea. Da quel punto si aprivano

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passaggi in ogni direzione. Lo sceriffocercava d i mantenere il controllo delrespiro e delle emozioni. Studiò ilterreno, identificando una serie di ormerecenti, e le seguì.

Dopo qualche minuto cominciò asospettare che qualcosa non andasse peril verso giusto. Il tunnel sembravacurvare su se stesso, riportandolo alpunto di partenza. Provò a imboccarneun altro, ma si ritrovò daccapo. Larabbia gli annebbiava la vista. Quandopassò dalla stessa sala una terza volta,puntò il fucile verso l'alto e sparò.L'esplosione tuonò fra le pareti diroccia e i sottili cristalli galleggiarononell'aria come giganteschi fiocchi dineve.

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"Figlio d'una troia!" urlò. "Sono qui.Fatti vedere in faccia, sgorbio!"

Sparò un'altra volta e un'altra ancora,rovesciando un torrente di insulti nelbuio. L'unica risposta fu l'eco delleesplosioni, che risuonavano impazzitenell'alveare di gallerie.

Aveva finito i colpi. Col respiroaffannato, Hazen ricaricò il fucile. Nonserviva a niente vagare nel buio esparare a casaccio. Doveva trovarlo,trovarlo, trovarlo.

Si tuffò in un altro tunnel, diverso daiprecedenti: una lunga galleria di lucidaroccia calcarea, con pozze d'acquapunteggiate da grappoli di perle. Se nonaltro, era uscito dalla giostra di

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corridoi circolari. Non ricordavanemmeno più dove fosse passato primao dove si stesse dirigendo ora. Volevasolo andare avanti.

Vide solo un'ombra, ma gli bastava. Sipiegò su un ginocchio e fece fuoco: lapratica di anni al tiro a segno. L'ombracrollò rumorosamente a terra. Hazennon perse tempo e sparò ancora, prontoa impartire il colpo di grazia.

Ma alla luce degli infrarossi scoprìche steso a terra non c'era un corpo,bensì una tozza stalagmite, tagliata indue dal colpo di fucile. Resistette allatentazione di bestemmiare e diprendere a calci i frammenti di roccia.Lento, calmo, puntò di nuovo l'armadavanti a sé e riprese il cammino prima

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ancora che l'eco degli spari si fossespenta. Incontrò un bivio, e poi ancoraun bivio. E qui si fermò.

Aveva intravisto un movimento,davanti a sé. E aveva sentito un rumore.

Avanzò con maggiore cautela, prontoa sparare. Girò intorno a una roccia, sipiegò sul ginocchio e puntò la cannaverso il tunnel deserto. Non si accorseneppure della sagoma scura che gli siavvicinava alle spalle, sentì solo uncolpo violento alla testa e una strettabrutale. Ma ormai era troppo tardi e lanotte stava già scendendo adabbracciarlo. Nei polmoni non glirimase aria sufficiente per emetterealcun suono.

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75

Forse, pensava Corrie, questa corsa

disperata, a perdifiato, lungo una serieinfinita di caverne, era solo un sogno.Forse l'agente Pendergast non eraarrivato a salvarla. Forse si trovavaancora in fondo al pozzo, in undormiveglia da incubo, in attesa diessere svegliata dal ritorno di...

Ma poi tanto il dolore ai polsi e allecaviglie, quanto il pulsare continuodelle tempie le ricordarono che era tuttovero.

Pendergast alzò un braccio, facendocenno di fermarsi a lei e all'uomo in

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uniforme che li accompagnava. La lucedella torcia oscillò sulla strana mappache l'agente dell'FBI portava con sé.Quella sosta parve innervosireulteriormente il loro accompagnatore.Nel suo stato confusionale la ragazzaaveva tardato ad accorgersi che c'eraun'altra persona insieme a loro: un uomocon la voce acuta, i capelli e il pizzocolor sabbia e l'uniforme della poliziaintrisa di fango e di qualcos'altro che erameglio non approfondire.

"Da questa parte", sussurròPendergast.

Corrie lo seguì, scuotendosi da unanuova ondata di torpore. Percorsero unaserie di corridoi, svoltando prima asinistra, poi a destra. D'un tratto, il

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soffitto scomparve. La ragazza intuì chedavanti a loro si era aperto uno spaziomolto vasto. Pendergast si fermò,ascoltando. Quando si fu sincerato chenon vi fossero altri rumori a parte quelliprodotti da loro, riprese la corsa.Malgrado lo choc e la fatica, Corrierimase affascinata da quello che vedeva.La luce della torcia rivelava una salaaltissima, dalle pareti di roccia rossosangue, così umida e liscia da sembrarequasi lucidata. Il pavimento erapunteggiato di pozzanghere. Verso l'altosi aprivano crepe orizzontali che lapersistente azione dell'acqua avevavelato di calcite. Quelle lenzuolabianche drappeggiate sulla pietra rossa

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facevano pensare alla fastosa galleria diun teatro.

L'unico problema era che nonsembrava esserci un'uscita.

Il senso di sollievo che per un attimoaveva pervaso Corrie cominciava acedere di fronte alla paura.

"E adesso?" protestò l'uomo inuniforme, ansante. "Lo sapevo: questasua scorciatoia ci ha portati a un puntomorto."

Pendergast riguardò la mappa. "Siamoa non più di cento metri dall'areapubblica delle Kraus's Kaverns. Maoccorre muoversi lungo l'asse z."

"L'asse z?" fece il poliziotto. "L'assez? Ma che cosa diavolo sta dicendo?"

"Dobbiamo passare di lì." L'agente

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dell'FBI indicò una piccola apertura adarco che a Corrie era sfuggita fino a quelmomento. Il passaggio si trovava adodici-tredici metri da terra, sopra unlenzuolo di pietra. Dall'aperturafuoriusciva un fiotto d'acqua,immediatamente inghiottito da unaspaccatura sul pavimento.

"E come diavolo pensa di arrivarelassù?" chiese il poliziotto, in tonoprovocatorio.

Pendergast non gli diedesoddisfazione e si mise a esplorare laparete con la torcia.

"Non penserà di arrampicarsi, vero?Senza nemmeno una corda?"

"Non abbiamo altra scelta."

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"E la chiama una scelta? Con quellavoragine lì sotto? Basta che scivoli unamano e..."

L'agente dell'FBI lo ignorò e sirivolse a Corrie. "Come vanno i polsi ele caviglie?"

Lei tirò un respiro profondo. "Ce laposso fare."

"Ne sono sicuro. Vai per prima. Io tiseguo e ti dico che cosa fare. L'agenteWeeks salirà per ultimo."

"Perché io per ultimo?""Perché lei garantirà la copertura dal

basso."Il poliziotto sputò per terra. "Giusto."

Malgrado l'aria gelida, era fradicio disudore: i rivoletti che gli colavano dalla

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fronte avevano tracciato linee piùchiare sul fango che gli macchiava lafaccia.

Pendergast si avvicinò alla parete,fermandosi a un paio di metri dallaspaccatura nel suolo. Corrie lo seguì aruota. Sentì accelerare i battiti del cuoree si costrinse a non guardare versol'alto. Gli spruzzi d'acqua rendevanoancora più scivolosa la superficie dellaroccia. Senza lasciarle tempo perripensamenti, Pendergast puntò la torciasu una zona della roccia che consentivaun buon punto di partenza per la scalata."Sono dietro di lei, signorina Swanson",le disse, tornando a esprimersi intermini più formali. "Prenda il temponecessario."

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Corrie si aggrappò alla roccia,cercando di non far caso al dolorefisico e, soprattutto, alla paura. Perraggiungere l'apertura avrebbe dovutosalire diagonalmente, fino a trovarsisopra la voragine. La pietra calcareaoffriva buoni appigli per le mani e per ipiedi, ma la roccia era umida e liscia.La ragazza cercò di non pensare a nulla,se non ad alzare un braccio, poi unagamba e guadagnare un'altra decina dicentimetri. Dai rumori che sentiva sottodi sé intuiva che anche i due uominiavessero cominciato la scalata.Pendergast mormorava istruzioni,usando di quando in quando una manoper guidarle il piede verso un appoggio

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favorevole. Era impressionante, ma nondifficile: gli appigli erano grandi comei pioli di una scala. Corrie abbassò losguardo e intravide la testa di Weeks. Ela voragine proprio sotto di lei. Sifermò, con gli occhi chiusi, provandoun'improvvisa vertigine. Ancora unavolta, la voce dell'agente dell'FBI larassicurò, spronandola a riprendere lascalata e a guardare verso l'alto, nonver so il basso.

Un piede, una mano, l'altro piede,l'altra mano... Corrie saliva lentamenteverso l'alto. Ora il buio era sopra di leie sotto di lei, a stento squarciato dallatorcia di Pendergast. Il cuore le battevapiù forte. Le braccia e le gambecominciavano a tremarle per quello

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sforzo a cui non era abituata.Paradossalmente, tanto più siavvicinava al passaggio, tanto maggioreera la sua disperazione. Non osavaguardare in alto e non aveva idea se altraguardo mancassero un metro e mezzooppure dieci.

"C'è qualcosa, là sotto", gridò ilpoliziotto, all'improvviso. "Qualcosache si muove!"

"Agente Weeks, si aggrappi allaroccia e provveda alla copertura."Pendergast si rivolse poi a Corrie."Mancano solo tre metri: faccia conto disalire una scala."

Ignorando il dolore nelle dita e neipolsi, la ragazza continuò a salire.

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"È lui!" gridò Weeks. "Oh, mio Dio, èqui!"

"Usi la sua arma, agente", ordinòPendergast, calmo.

Disperata, Corrie cercò un nuovoappiglio per una mano, quindi unappoggio per il piede. La scarpa scivolòsulla roccia e si staccò dalla parete. MaPendergast era dietro di lei, pronto asorreggerla e a guidare il piede verso unappoggio più sicuro. La ragazza soffocòun singhiozzo. Aveva così tanta paura danon riuscire a pensare.

"Se n'è andato", annunciò Weeks. "Oalmeno, non riesco a vederlo."

"È ancora lì", lo smentì Pendergast."Sali, Corrie, sali!"

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Lei, ansante per lo sforzo e per lapaura, si tirò su. Con la codadell'occhio si rese conto che Pendergastsi era voltato e ora aveva le spalle allaparete, con la torcia in una mano e lapistola nell'altra. Il puntatore laser dellapistola scandagliava la cavernasottostante.

"Laggiù!"gridò Weeks.Corrie sentì due spari assordanti, in

rapida successione."È veloce", si lamentò il poliziotto.

"Troppo veloce!""La copro dall'alto", gli segnalò

Pendergast. "Mantenga la posizione eprenda bene la mira."

Un altro colpo di fucile. Un altro

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ancora. "Gesù Cristo! Gesù Cristo!"gemeva Weeks.

La ragazza osò guardare verso l'alto.Al tenue bagliore della torcia diPendergast vide che le mancava ancorasolo poco più di un metro. Ma nonriusciva a trovare altri appigli. Tastò laroccia prima con una mano, poi conl'altra, ma la parete eraspa ventosamente liscia.

Un altro urlo, un altro sparo."Weeks!" lo rimproverò Pendergast.

"Sta sparando alla cieca! Prenda lamira."

"No, no, no!" Un altro colpo di fucile.Poi Corrie sentì un rumore metallico. Ilpoliziotto aveva gettato l'arma e orastava cercando di arrampicarsi

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disperatamente."Agente Weeks!" urlò l'uomo dell'FBI.Corrie cercò di nuovo un appiglio.

Distese le dita, tastando la roccia, manon trovò nulla. Con un singhiozzoabbassò gli occhi verso Pendergast,supplicando aiuto.

E s'immobilizzò.Una figura emersa dall'oscurità stava

scalando la parete con la rapidità di unragno. La pistola di Pendergast tuonò,ma la figura continuò a salire,inseguendoli. Per un istante la torcia lailluminò in pieno: l'essere grugnì ecercò riparo. Ma per un istante Corrieaveva rivisto quella grande faccia aforma di luna piena, dalla pelle

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irrealmente candida, con una barba radae sottile, occhietti azzurri iniettati disangue sotto lunghe ciglia effeminate equello strano, perenne sorriso. Un voltoche sembrava ingenuo come quello di unbambino e, al tempo stesso, del tuttoalieno, popolato da pensieri ed emozionicosì allucinanti da avere ben poco diumano.

L'essere continuava a salire a unavelocità spaventosa.

La pistola di Pendergast fece fuoco dinuovo. Ma il poliziotto, nella suaascesa disperata, si frappose tra l'uomodell'FBI e il mostro, occupando la lineadi tiro. Corrie aderì alla pareterocciosa, sentendo il cuore martellarlenel petto, impossibilitata a muoversi,

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incapace di distogliere lo sguardo, deltutto impo tente.

La creatura raggiunse Weeks e con unpugno lo schiacciò sulla parete come sefosse un insetto. Con un urloagghiacciante, il poliziotto perse lapresa e cominciò a scivolare. L'esserelo colpì nuovamente. La testa di Weekssi fracassò contro la roccia.

Lo sguardo di Corrie seguì con orrorela traiettoria del corpo che precipitavalungo la parete, verso la voragine.Weeks non fece alcun rumore, quandopassò attraverso il velo di nebbia escomparve nelle imperscrutabiliprofondità.

Un attimo dopo, la pistola di

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Pendergast esplose un altro colpo. Mal'essere si spostò di lato, muovendosisulla roccia con la stupefacente agilitàdi un gorilla.

Prima che la ragazza potesse anchesolo respirare, la creatura avevaraggiunto Pendergast. Il pugnogigantesco si preparò a colpire.

"No!" fece Corrie, ritrovandoimprovvisamente la parola.

Ma quando il pugno colpì, Pendergastnon c'era più.

L'agente dell'FBI era saltato a suavolta lateralmente. Corrie lo videripiegare le dita e spingere il palmo inavanti, contro il naso dell'aggressore. Sisentì uno scricchiolio e un getto disangue cremisi proruppe dal volto

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dell'essere, che emise un grugnito didolore e colpì di nuovo. Stavolta riuscìa staccare Pen dergast dalla parete.

L'agente scivolò verso il basso, mariuscì a frenare la caduta afferrandosialla roccia un metro più giù.

Troppo tardi.Con il volto che gocciolava bava e

sangue, la creatura aveva ripreso la suascalata e ora puntava direttamente suCorrie. Alla ragazza non restava altro dafare che tenersi aggrappata alla roccia.Non poteva nemmeno staccare una manoper di fendersi.

Il tempo di un battito cardiaco el'essere la raggiunse. Le grosse manicallose le si strinsero nuovamente

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intorno alla gola. Stavolta non c'eraesitazione nei suoi occhi, né alcunatraccia di umanità. Solo un senso dirabbia e il desiderio di uccidere. E ilrumore dei suoi disperati sforzi perrespirare fu soffocato da quel brutaleruggito.

Mooooooohhhhhhh!

76 Il vento soffiava ancora più forte.

Shurte e Williams si erano addossatialla porta delle grotte, al riparo dellafenditura nel terreno. Non eraesattamente ciò che lo sceriffo avevaordinato loro, Shurte se ne rendevaconto. Ma, accidenti, era l'una di notte

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ed erano tre ore che se ne stavano sottola pioggia, al freddo.

Rannicchiato in un angolo, tenendovicina la lampada al propano, Williamsgemette e imprecò. Shurte lo avevamedicato e fasciato, servendosi dellacassetta del pronto soccorso a bordodell'auto: gli era parsa una brutta ferita,ma niente di drammatico, a dispetto deilamenti del compagno. Il vero problemaera la loro situazione. Le radio dellapolizia tacevano, il black-out eragenerale. Persino le emittenticommerciali erano in silenzio. Ilrisultato era che non avevanoinformazioni, né ordini, né notizie. Losceriffo e gli altri erano là sotto da tre

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ore e l'unico a risalire era stato il canecon la mandibola spezzata.

C'era da temere il peggio.Dalle grotte saliva un odore di pietra

umida. Shurte rabbrividì. L'apparizionedel cane lo aveva fortementeimpressionato. Che cosa poteva averloridotto in quel modo? Il poliziottoguardò di nuovo l'orologio.

"Gesù, ma che cosa diavolo stannofacendo, là sotto?" chiese Williams, perla decima volta.

Shurte scosse il capo."Dovrei essere in ospedale", protestò

l'agente. "Potrebbe venirmi la rabbia.""I cani poliziotto non hanno la

rabbia.""Che cosa ne sai? Io un'iniezione me

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la faccio fare.""Ci ho messo un sacco di pomata

antibiotica.""E allora perché brucia così tanto? Se

s'infetta, mi ricorderò chi è stato afasciarmela, dottor Shurte."

L'altro cercò di non fargli caso.Persino l'ululato da lupo mannaro delvento sopra la bocca della caverna erapreferibile alle proteste del suo collega.

"Te l'ho detto, mi serve un medico.Quella bestia mi ha strappato via unpezzo di gamba."

"Williams", ribatté Shurte, sbuffando,"è solo il morso di un cane. E poi, fraqualche giorno potrai farti appuntare sulpetto un Purple Heart per essere stato

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ferito in servizio.""Fra qualche giorno. Ma a me la

gamba fa male adesso, acci denti."Shurte gli voltò le spalle. Testa di

cazzo. Avrebbe fatto bene a chiedereche gli cambiassero compagno:Williams non reggeva la tensione, etutto per un morso.

Un fulmine squarciò in due il cielo,dipingendo per un attimo la casa di unbianco spettrale. Le grosse gocce dipioggia sembravano proiettili nel vento,e un torrente d'acqua scendeva lungo lescale, dentro la caverna.

"Vaffanculo", sbottò Williams,alzandosi in piedi. "Vado in casa a dareil cambio a Rheinbeck. Mi faccio io unturno a guardare la vecchietta, e intanto

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lo mando qua.""Non erano questi gli ordini.""Chi se ne sbatte degli ordini?

Dovevano venir fuori dalla grotta dopomezz'ora. Sono stanco, sono ferito esono bagnato fradicio. Tu puoi restare,se vuoi, ma io vado in casa."

Shurte lo guardò allontanarsi.Sputò per terra. Che stronzo, pensò.

77 Il ruggito del mostro fu coperto da un

tuono ancora più assordante. Corrie fuschiacciata contro la roccia dal pesodell'essere. Lo sentì urlare, forse didolore, e fu investita dal suo alito che

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puzzava di uova marce. La strettaintorno al collo della ragazza si allentò,consentendole di immettere aria neipolmoni. Intravide per un istante lafaccia della creatura, enorme,innaturalmente liscia e bianca, conocchietti piccoli e una fronte a bombata.

Un altro tuono riecheggiò nellacaverna. Questa volta Corrie sentì ipallettoni che rimbalzavano sulla roccia:qualcuno stava sparando con un fucile.La ragazza cercò di aderire alla parete.

Il mostro mollò la presa e scivolò giù,ma si afferrò alla roccia e un attimodopo tentò di risalire, urlando come unorso.

Dal basso giunse la voce diPendergast: "Corrie! Adesso!"

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La ragazza cercò di schiarirsi lamente. Staccò una mano dalla parete,l'alzò e, miracolosamente, trovòl'appiglio che cercava. Piangendo esinghiozzando si issò con le braccia,cercando un punto d'appoggio per unpiede.

E qualcosa le strinse la caviglia comein una morsa.

Urlò, cercò di scalciare, ma l'esserecontinuava a tirarla verso il basso,strappandola dalla parete. Era troppoforte per riuscire a resistere. Le dita,gonfie e doloranti fin da quando avevacercato di arrampicarsi nel pozzo, nonavrebbero retto a lungo. Corrie pianse didisperazione, graffiando la roccia con le

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unghie nel disperato tentativo dimantenere la presa.

Ci fu un'altra esplosione. La stretta siallentò. Nello stesso istante, la ragazzasentì una fitta acuta al polpaccio. Unodei pal lini doveva averla colpita.

"Non spari!" gridò Pendergast.Il mostro era ammutolito. Il tuono del

fucile, le urla di dolore e di rabbia e laloro eco, tutto sfumò nel silenzio. Corrienon si mosse, ancora paralizzata dalterrore.

Quasi contro la propria volontàabbassò lo sguardo.

La faccia da luna piena era unamaschera di sangue, stravolta daldolore. Le palpebre battevano frenetichesugli occhi sgranati, che ancora la

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fissavano. Poi, come al rallentatore,l'essere lasciò la presa, scivolòall'indietro e precipitò nel vuoto. Urtò laparete di roccia qualche metro più inbasso, rimbalzò tra spruzzi di sangue eatterrò pesantemente a terra, sull'orlodella vora gine. Rimase immobile per unistante, poi un nuovo colpo lo centrò auna spalla, facendolo rigirare su sestesso. Metà del suo corpo era sospesasull'abisso. Un uomo armato di fucileentrò nel campo visivo di Corrie.

Hazen.Lo sceriffo sollevò l'arma e si

apprestò a sparare a bruciapelo allatesta dell'essere.

Per un istante una delle grosse mani

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del mostro si aggrappò alla roccia. Poisi rilassò e lui scivolò piano nellavoragine, scomparendo come una pietralanciata nel vuoto. Corrie attese, insilenzio, ma non si udì più nulla: né untonfo nell'acqua, né un ultimo urlo didolore. Era semplicemente scomparso,richiamato a sé dalle viscere della terra.

Lo sceriffo rimase immobile, senzapoter sparare il suo ulti mo colpo.

Fu Pendergast il primo a parlare. "Oraè facile", disse a Corrie. "Prima unamano, poi l'altra. Da qui vedo il restodel percorso: ci sono ottimi appigli eormai mancano solo poche decine dicentimetri."

Corrie fu scossa dai singhiozzi."Potrà piangere quando sarà in cima,

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signorina Swanson. Ora si arrampichi."Il tono professionale dell'uomo ruppel'incantesimo del terrore che laparalizzava. Corrie deglutì, si afferrò aun nuovo appiglio e mosse un piede. Equando ebbe raggiunto una nuovaposizione e alzò la mano, si accorse diavere raggiunto l'orlo del precipizio.Era arrivata in cima. Con un ultimosforzo, si tirò su e si distese sulpavimento umido dell'apertura, a facciain giù, cedendo alle lacrime.

Era viva.Trascorsero forse due minuti, poi si

accorse che Pendergast erainginocchiato accanto a lei e la cingevacon un braccio. "Signorina Swanson, va

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tutto bene. È in salvo. Lui non c'è più."Lei non riusciva nemmeno a parlare.

Poteva solo abbandonarsi a un piantoliberatorio.

"È in salvo. Lui non c'è più", ripetéPendergast, accarezzandole la frontecon la sua mano pallida. Per un istante letornò alla mente l'immagine di suopadre, quasi una presenza fisica: luil'aveva consolata in quel modo, unavolta che si era fatta male, cadendomentre giocava... Il ricordo era cosìvivido che le sfuggì un ultimosinghiozzo. Poi la ragazza cercò dimettersi a sedere.

Pendergast si rialzò. "Devo scenderea recuperare lo sceriffo Hazen. È feritogravemente. Torniamo subito."

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"Lo sceriffo...""Sì. Le ha salvato la vita. E l'ha

salvata anche a me", disse Pendergast,prima di scomparire.

Corrie tornò a sdraiarsi sulpavimento, sommersaimprovvisamente da una tempesta disensazioni: paura, dolore, sollievo,orrore, choc. La l ieve brezza che leaccarezzava i capelli portava con séodori familiari: quello orribile delcalderone nella distilleria, ma anche unprofumo quasi dimenticato di ariafresca.

Chiuse gli occhi, forse si addormentò.Tornò in sé sentendo un rumore di passisulla roccia. Pendergast, con la pistola

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in pugno, stava sorreggendo lo sceriffo,che aveva i vestiti laceri e sporchi disangue. Dove prima c'era un orecchio,ora c'era solo un grumo rossastro.Sembrava incredibile che, in quellecondizioni, riuscisse ancora a stare inpiedi.

"Forza", la spronò Pendergast. "Nonsiamo lontani. E lo sceriffo ha bisognodell'aiuto di tutti e due."

Corrie si rimise in piedi e barcollòper un istante, prontamente sorretta daPendergast. Poi i tre s'incamminarononel tunnel. L'odore dell'aria fresca edolce si faceva sempre più forte.Finalmente, stavano per uscire.

78

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A ogni passo, Williams provava una

fitta lancinante. Il sentiero che portavaalla casa era cosparso di pannocchie, difoglie, di spighe a brandelli sballottatedal vento. La tempesta si era abbattutaimpietosa sui campi. Il poliziotto lanciòfantasiose invettive alla pioggia e allabufera. Avrebbe fatto meglio a cercareriparo un'ora prima. Adesso non soloera bagnato fradicio, ma anche ferito. Laricetta ideale per una polmonite.

Si trascinò fino al portico. Sotto gliscarponi sentì lo scricchiolio dei vetrirotti di una finestra. Ma dall'internodella casa giungeva un bagliorerassicurante: il caminetto era acceso.

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Niente male. A quanto pareva,Rheinbeck se l'era presa comoda,mentre lui e Shurte se ne stavano sottol'uragano, a fare la guardia all'ingressodelle grotte. Be', ora era il suo turno distar sene al caldo davanti al focolare.

Williams si appoggiò alla porta eriprese fiato. Provò la maniglia. Laporta era chiusa a chiave. Il fuoco chescoppiettava nel caminetto mandavariflessi caleidoscopici attraverso i vetria piombo.

Il poliziotto bussò con il battacchio."Rheinbeck! Sono io, Williams!"

Silenzio."Rheinbeck!"Attese un altro minuto. Ancora

silenzio.

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Cristo. Il collega doveva essere inbagno. O in cucina. Ma certo: era incucina a mangiare, o, più probabilmente,a bere, e con tutto quel vento non losentiva nemmeno.

Costeggiò la casa e raggiunse l'entratadi servizio. Si affacciò al vetro rotto egridò: "Rheinbeck!"

Molto strano.Scostò gli ultimi frammenti di vetro,

infilò una mano nell'apertura e tolse ilcatenaccio. Aprì la porta e avanzò,puntando la torcia nel buio.

All'interno, la casa sembrava animatada gemiti e scricchiolii. Da fuoripareva solida, ma con vecchiecostruzioni come quella non si poteva

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mai essere sicuri. Williams si auguròche non gli crollasse sulla testa.

"Rheinbeck!"Nessuna risposta.La cucina era deserta e non c'era

odore di cibo. Williams zoppicò versola porta che dava sul salotto. Tutto era inordine. Il tavolo era coperto da unatovaglia di pizzo, con un vaso di fiori alcentro. A prima vista, Rheinbeck e lavecchia signora se n'erano andati.Forse, alla fine, era arrivataun'ambulanza. Ma allora perché ilcollega non aveva avvisato né lui néShurte? Tipico di quell'individuo: comeal solito, aveva pensato solo a sestesso.

Williams contemplò il fuoco del

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caminetto. Che andassero tuttiall'inferno. Si sarebbe messo comodo;dopotutto era un agente gravementeferito in servizio. Si accasciò suldivano. Confortato dal tepore del fuoco,si sentiva già meglio. Sospirò disollievo e chiuse gli occhi. Dietro lepalpebre vedeva ancora la lucetremolante delle fiamme...

Si svegliò di soprassalto.Gli ci volle qualche secondo per

ricordarsi dov'era. Doveva essersiassopito. Si stiracchiò, sbadigliò.

E sentì un tonfo attutato.Rimase immobile per un istante. Sarà

stato il vento. Si mise a sedere eascoltò.

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Un altro tonfo.Sembrava provenire dall'interno della

casa, da sotto. Dalla cantina. Williamscapì, finalmente: Rheinbeck e la vecchiasignora si erano rifugiati nelsotterraneo, al riparo dal tornado. Eccoperché la casa era deserta.

Il poliziotto sbuffò, seccato. Dovevascendere, non foss'altro per aggiornare ilcollega sulla situazione. Si alzò daldivano, dando un'ultima occhiatadispiaciuta al caminetto, e barcollò finoalle scale.

Scese lentamente, appoggiandosi allaringhiera. I gradini scricchiolavano inmodo preoccupante sotto il suo peso. Ametà strada si sporse, cercando di

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vedere qualcosa in fondo al la scala."Rheinbeck!"Un altro tonfo. E un sospiro.Williams sospirò a sua volta. Cristo,

perché doveva darsi tanto da fare? Eraferito, accidenti. La torcia proiettavatutt'intorno le ombre verticali dellaringhiera. C'era una pesante porta disicurezza, in una parete di pietra.Dovevano es sere lì dietro.

"Rheinbeck?"Un altro sospiro. Ora che lo sentiva

da vicino, ebbe la certezza che nonfosse il sibilo del vento attraverso unadelle finestre rotte. Sembrava unrespiro forzato, quasi... umido. Scese gliultimi gradini e zoppicò fino alla porta.L'aprì lentamente, mol to lentamente.

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Su un tavolino era stato appoggiato unvassoio da tè, con due tazze. C'erano unateiera, biscotti, latte, marmellata, tuttoben ordinato. Rheinbeck se ne stavascomposto su una sedia, la maniabbandonate lungo i fianchi. Dallasommità del cranio il sangue gli colavafino alla bocca, spalancata. Ai suoipiedi si vedevano i frammenti di unastatuetta di porcellana.

"Rheinbeck?" ripeté Williams,incredulo.

Nessun movimento.Un tuono scosse la casa fino alle

fondamenta.Williams non riusciva a muoversi, non

riusciva a pensare, non portò neppure la

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mano alla pistola nella fondina. Rimasefermo, senza capire. Persino la casasembrava muoversi sotto la furia dellatempesta. E lui non riusciva a staccaregli occhi dal vassoio da tè.

Fu il tonfo alle sue spalle a riportarloalla realtà. Si voltò, puntando la torciasulle pareti mentre la mano correva alcalcio della pistola. Qualcosa apparvedal nulla, rovesciando una pila discatoloni: la figura spettrale di unadonna vestita di bianco, con le bracciasollevate e i capelli grigi scarmigliati. Inuna mano stringeva l'impugnatura delcoltello da commando di Rheinbeck.

La bocca sdentata si aprì in un urlo:"Maledetti!"

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79 La pioggia e il vento erano aumentati

a un punto tale da indurre Shurte atemere che un'intera schiera di tornadostesse avanzando verso MedicineCreek. La cascata d'acqua che sirovesciava sull'ingresso delle grotte loconvinse a ripararsi all'interno. E fu inquel momento che sentì un rumore dipassi in avvicinamento. Col cuore chebatteva forte, Shurte maledissementalmente Williams per averlolasciato solo proprio in quel frangente esi preparò in posizione di tiro, accantoalla lampada al propano.

Dall'oscurità si materializzarono

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alcune figure indistinte. Memore delcane, Shurte si sentì accapponare lapelle. "Chi è là?" gridò, cercando disuonare minaccioso. "Identificatevi!"

"Agente speciale Pendergast, sceriffoHazen e Corrie Swanson", fu la sinteticarisposta.

Shurte tirò un sospiro di sollievo eabbassò il fucile. Prese la lampada escese i gradini per andare loro incontro.

Sulle prime stentò a riconoscere losceriffo, interamente coperto di sangue.Accanto a lui c'era una ragazza, sporcadi fango. E il terzo era l'agente dell'FBIche aveva steso Cole qualche ora prima:come aveva fatto a entrare nelle grotte?

"Dobbiamo portare lo sceriffoall'ospedale", annunciò l'agente

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dell'FBI. "E anche la ragazza ha bisognodi cure mediche."

"Le comunicazioni sono inattive",disse Shurte. "E le strade sonoimpraticabili."

"Dov'è Williams?" chiese Hazen,parlando a fatica.

"È andato in casa per... dare il cambioa Rheinbeck." Shurte esitò prima dichiedere: "Dove sono gli altri?"

Hazen si limitò a scuotere la testa."Manderemo una squadra a cercarli,

appena riprenderanno lecomunicazioni", stabilì Pendergast. "Miaiuti ad accompa gnarli in casa."

Shurte passò un braccio intorno allosceriffo e lo aiutò a salire gli ultimi

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gradini. Pendergast lo seguì,sorreggendo la ragazza. Fuori dallagrotta gli elementi infuriavano. Lapioggia cadeva quasi orizzontalmente, ilvento li staffilava con spighe strappatedai campi. La casa era buia e silenziosa,a parte una luce debole che filtrava dallefinestre. Shurte si domandò dove fosserofiniti Kheinbeck e Williams: lacostruzione sembrava deserta.

Risalirono lentamente il sentiero eraggiunsero il portico. Pendergast provòad aprire la porta principale, ma latrovò chiusa a chiave. E in quelmomento si sentì uno schianto attutito,proveniente dall'interno, cui fecero ecoun urlo e uno sparo.

In un attimo, l'agente dell'FBI sfoderò

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la pistola e spalancò la porta con uncalcio. Fece cenno a Shurte di restarefuori con Hazen e la ragazza, quindi situffò all'interno.

Il poliziotto si affacciò alla porta,imbracciando il fucile. Intravide duepersone che lottavano in salotto, in cimaalle scale che portavano in cantina:erano Williams e una figuraspaventosa, che indossava una vestagliabianca macchiata di sangue e aveva icapelli grigi in disordine. A Shurtesembrava incredibile, ma dovevatrattarsi della vecchia signorina Kraus.La donna lanciò uno strillo acuto eincoerente: "Assassini di bambini!" Algrido seguì il lampo di uno sparo.

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Pendergast afferrò la donna. Durantela breve colluttazione, si udì uno strillosoffocato. La pistola scivolò sulpavimento. L'uno e l'altra scomparveroalla vista di Shurte, mentre Williamscorreva giù per le scale.

Trascorsero trenta secondi ePendergast riapparve: teneva in bracciola vecchia, mormorandole qualcosaall'orecchio. E poco dopo riapparveanche Williams, che aiutava Rheinbeck,malfermo sulle gambe e con la testasanguinante, a reggersi in piedi.

Shurte entrò in casa, accompagnato daCorrie e dallo sceriffo. La lucetremolante che si vedeva dall'esternoproveniva dal caminetto acceso. L'uomo

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dell'FBI adagiò l'anziana signorina suuna poltrona, davanti al fuoco, el'ammanettò, continuando a parlarlesottovoce.

Poi l'agente aiutò Shurte ad adagiarelo sceriffo sul divano, davanti al fuoco.Williams si sedette, il più lontanopossibile dalla donna, mentre Corrie siabbandonava a sua volta su unapoltrona.

"Agente Shurte?" disse Pendergast."Sissignore.""Prenda una cassetta del pronto

soccorso da una delle auto: dobbiamomedicare lo sceriffo. Ha subito unagrave lacerazione all'orecchio sinistro,un trauma faringeo, quella che sembrauna frattura semplice dell'ulna e diverse

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abrasioni e contusioni."Quando il poliziotto tornò con la

cassetta, vide che altri ciocchi eranostati gettati sul fuoco e che la stanza erastata illuminata da varie candele.Pendergast aveva messo una copertaaddosso alla vecchia, che ora liosservava con ostilità da dietro ica pelli grigi e scarmigliati.

L'agente dell'FBI lasciò Shurte amedicare lo sceriffo, poi si dedicò allaragazza: le medicò i polsi e le ferite allebraccia, al collo e al viso. Hazensopportò stoicamente il dolorelimitandosi a qualche lamentosoffocato. Di lì a un quarto d'oraavevano prestato tutti i soccorsi

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possibili, date le circostanze. Ora nonrestava altro che attendere l'arrivo diun'ambulanza.

Nondimeno, l'uomo dell'FBI nonsembrava tranquillo. Continuava adandare avanti e indietro, guardando oral'uno ora l'altro coi suoi occhi colorargento. E di quando in quando, mentrela tempesta continuava a scuotere lacasa, il suo sguardo si soffermava sullavecchia signora, immobile sullapoltrona, a capo chino.

80

Il tepore del fuoco, il vapore che si

alzava dalla tazza di camomilla, ilsedativo che Pendergast le aveva

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somministrato... tutto contribuiva acreare una sensazione d'irrealtà. Ora aCorrie persino il dolore sembravalontano. Un sorso dopo l'altro, laragazza cercò di perdersi in quellasemplice azione meccanica,dimenticando tutto il resto. Pensare erainutile, dal momento che nientesembrava avere senso: né la creaturache le aveva dato la caccia nelle grotte,né l'improvvisa furia omicida diWinifred Kraus.

Niente. Era tutto insensato, come unincubo.

L'agente di nome Williams era sedutoin un angolo del salotto; ora avevaanche la testa fasciata. Lo stesso valeva

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per l'altro poliziotto ferito, Rheinbeck.Shurte era sulla porta, a fissare la stradabuia. Lo sceriffo era sdraiato sul divano,con gli occhi spalancati, così coperto dibende da essere irriconoscibile.All'altezza dell'orecchio strappato, lefasce si erano macchiate di sangue.

Pendergast era in piedi accanto a lui econtinuava a fissare la vecchia signora, icui occhi erano due fori rossastri su unvolto cadaverico.

Fu lui a rompere il silenzio."Signorina Kraus, mi spiacedoverglielo dire, ma suo figlio èmorto."

La donna si agitò sulla poltrona edemise un lamento, come se la notizia leavesse procurato un dolore fisico.

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"È rimasto ucciso nelle grotte",aggiunse Pendergast. "È statoinevitabile. Ci ha assaliti. Abbiamoavuto molte perdite. Si è trattato dilegittima difesa."

La donna continuava ad agitarsi e agemere, mormorando incessantemente:"Assassini, assassini..." Ma il tonoaccusatorio sfumava lentamente dallasua voce, lasciando spazio solo aldolore.

Corrie si voltò verso l'agentedell'FBI, cercando di capire. "Suofiglio?"

"È stata proprio lei a darmi un indizio,signorina Swanson", le rispose questi."Quando ha accennato che la signorina

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Kraus, da giovane, era nota per... i suoimodi libertini. Per questa ragionerimase incinta. Altri genitori l'avrebberoallontanata dalla città, perché partorisselontano da occhi indiscreti."Pendergast si rivolse alla vecchiasignora. "Ma suo padre non la mandòvia da casa, vero? Suo padre aveva altreidee su come affrontare il problema... sucome lavare l'onta."

La donna chinò il capo, nascondendole lacrime che ora scendevano copiose.

Nel silenzio, Hazen proruppe inun'esclamazione. "Oh, mio Dio." Anchelui cominciava a capire.

"Sì", riprese Pendergast. "Suo padre,nel suo ipocrita fanatismo religioso, larinchiuse nelle grotte, dove lei partorì.

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Dopo qualche tempo le fu consentito diritornare in superficie. Ma il bambino, ilfrutto del peccato, doveva restare làsotto. E fu nelle grotte che lei fucostretta ad allevarlo."

Winifred non disse nulla."Eppure, dopo qualche tempo, non le

parve più una cattiva idea, vero? Suofiglio era al riparo dai mali del mondo.Il sogno di una madre divenuto realtà. "La voce di Pendergast era calma,suadente. "Avrebbe avuto sempre con séil bambino. Fintanto che restava nellegrotte, lui sarebbe rimasto con lei, non sisarebbe mai allontanato da casa, non sisarebbe mai lasciato influenzare dacattive compagnie, non l'avrebbe mai

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lasciata per un'altra donna. Nonl'avrebbe mai abbandonata, comesospetto abbia fatto invece sua madre,signorina Kraus, molto tempo fa. Leifaceva tutto questo per proteggerlodall'obbrobrio del mondo, non è così?Lui avrebbe sempre avuto bisogno dilei, sarebbe dipeso da lei, avrebbesempre voluto bene solo a lei. Sarebbestato suo... per sempre."

Le lacrime ora scorrevanoliberamente sulle guance della vecchiasignora, che dondolava tristemente ilcapo.

Hazen spalancò gli occhi e fissòWinifred Kraus. "Come ha potuto...?"

Ma l'agente dell'FBI riprese a parlare,con lo stesso tono di voce. "Posso

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chiederle qual era il suo nome, signorinaKraus?"

"Job.""Giobbe: un nome biblico,

naturalmente. Molto appropriato,dopotutto. Lo allevò nella grotta e luidivenne grande e forte. Enormementeforte, perché l'unico modo di muoversinel suo mondo era imparare adarrampicarsi. Job non ebbe mai lapossibilità di giocare con bambini dellasua età, non andò mai a scuola, imparòappena a parlare. In effetti, a parte lei,non incontrò mai un altro essere umanoper tutti i cinquantuno anni della suavita. Senza dubbio era un ragazzodall'intelligenza superiore alla media,

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dotato di forti impulsi creativi, macrebbe senza poter mai socializzarecome un normale essere umano. Lei loandava a trovare di tanto in tanto,quando non correva il rischio di esserescoperta. Gli leggeva delle storie, manon abbastanza perché Job imparasse aesprimersi correttamente. Eppure, a suomodo, era un ragazzo sveglio. Bastaconsiderare i lavori che ha imparato afare da solo, creandosi un mondo dioggetti con le piccole cose che trovavanelle grotte. Forse, a un certo punto, leistessa si è resa conto di avere commessoun errore, tenendolo segregato dallaluce del sole, dalla civiltà, dai contattiumani e dall'interazione sociale. Soloche ormai, naturalmente, era troppo

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tardi."Winifred continuò a piangere, a testa

bassa."Ma è uscito", intervenne nuovamente

lo sceriffo, sospirando. "Quel figlio diputtana è uscito dalle grotte e hacominciato a uccidere."

"Esatto", confermò Pendergast."Scavando in prossimità dei Tumuli,Sheila Swegg scoprì l'accesso allegrotte di cui si servivano anticamentegli indiani. La porta di servizio. Lastessa usata dai Guerrieri Fantasma pertendere l'imboscata ai Quarantacinque. IGuerrieri l'avevano chiusa dall'interno,quando, dopo il Massacro, erano tornatinelle grotte per commettere un suicidio

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rituale. La Swegg la trovò, suomalgrado. Per Job dev'essere stato unochoc incontrare un'estranea che vagavanel suo mondo: non solo non aveva maivisto altri esseri umani, a parte suamadre, ma neppure sapeva della loroesistenza. Job, spaventato, la uccise, disicuro senza averne l'intenzione. E trovòil passaggio che la Swegg avevalasciato aperto. Per la prima volta nellasua vita, Job si avventurò in un mondonuovo, vasto e meraviglioso. Chemomento dev'essere stato per lui! Leinon gli aveva mai parlato di quello chec'era all'esterno, vero signorina Kraus?"

Winifred scosse il capo."Così Job uscì dalla caverna. Doveva

essere notte. Alzò gli occhi e per la

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prima volta vide le stelle. Si guardòintorno e scorse gli alberi lungo iltorrente. Sentì il vento tra le spighe,respirò l'aria umida dell'estate: tuttomolto diverso dall'ambiente in cui avevavissuto per mezzo secolo! E forse, inlontananza, vide le luci di MedicineCreek. In quel momento, signorinaKraus, lei perse completamente ilcontrollo su di lui. Come capita a ognimadre. Solo che lui aveva più dicinquant'anni ed era un uomo forte,anche se totalmente distorto. Il genio nonpoteva più essere rimesso nellabottiglia. Job cominciò a uscire, peresplora re questo mondo nuovo."

Winifred si lasciò sfuggire un

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singhiozzo.Nella stanza era sceso il silenzio.

Fuori il vento cominciava a diminuire,Poi, come per un ripensamento, si udì untuono lon tano.

Finalmente la vecchia signora parlò."Quando quella donna fu uccisa, nonimmaginavo che potesse essere stato ilmio Job. Ma poi... lui me lo disse. Eracosì emozionato, così felice. Miraccontò del mondo che aveva scoperto,come se io non ne sapessi niente. Oh,signor Pendergast, lui non volevauccidere nessuno, davvero. Cercavasolo di giocare. Ho tentato dispie garglielo, ma lui non era in grado dicapire..." Si rimise a pian gere.

"Quando Job divenne grande", riprese

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l'agente dell'FBI, "lei non aveva piùbisogno di andarlo a trovare tantospesso: gli portava riserve di cibo unao due volte la settimana. Era lei,immagino, a procurargli burro ezucchero. Ormai Job era quasi auto-sufficiente. Le grotte erano la sua casa elui aveva imparato a viverci. Ma glimancava completamente un'educazionesul piano morale: non sapeva distinguereil bene dal male."

"Io ho cercato... quanto ho cercato dispiegarglielo!" proruppe Winifred,agitandosi sulla poltrona.

"Ci sono alcune cose che non possonoessere spiegate, signorina Kraus", dissePendergast. "Bisogna scoprirle. Bisogna

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viverle."La tempesta scosse la casa ancora una

volta."Perché era deforme? " chiese poi.

"Era solo perché viveva in una grotta?Oppure fece una brutta caduta dapiccolo? Le sue ossa si ruppero e,guarendo, rimasero storte?"

"Aveva dieci anni", rispose Winifred."Pensavo che sarebbe morto. Avreivoluto portarlo da un dottore, ma..."

La voce di Hazen risuonò carica didisgusto, rabbia, dolore e incredulità."Ma perché quelle composizioni neicampi? Che cosa volevano dire?"

Winifred scosse il capo. "Non lo so.""Forse non sapremo mai che cosa

pensasse, quando componeva quelle

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nature morte", intervenne Pendergast."Era la sua forma di espressione, unostrano e insondabile gioco creativo.Nelle grotte abbiamo visto graffiti ecomposizioni con ossa, cristalli efigurine fatte di spago e bastoncini. Eraper questo che non corrispondeva aglischemi di un serial killer. Perché nonera un serial killer: non conoscevaneppure il concetto di uccisione. Era deltutto amorale, il più puro esemplare disociopatico che si possa immaginare."

Winifred non disse nulla.Corrie si dispiacque per lei.

Ricordava di aver sentito diverse storiesul vecchio Kraus.

Le era stato raccontato che era

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incredibilmente severo e che puniva lafiglia per ogni minima trasgressione alsuo codice morale assurdo econtraddittorio, picchiandola orinchiudendola per giorni in una stanza.Erano vecchie storie, e tutte finivano conla frase: "Eppure è una così carasignora. Chissà se le è successodavvero?"

Pendergast riprese a camminare per lastanza, continuando a occhieggiareWinifred Kraus. "Abbiamo qualcheesempio di bambini cresciuti in questomodo: il Ragazzo Lupo di Aveyron, peresempio, oppure Jane D., rinchiusa dallamadre schizofrenica in una cantina per iprimi quattordici anni della sua vita. Intutti i casi si riscontra un danno

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neurologico e psicologicoirreversibile, provocato semplicementedalla privazione del normale processodi socializzazione e di sviluppo dellinguaggio. Nel caso di Job, lasituazione era ancora più drammatica: èstato in teramente privato del mondo."

Winifred si coprì il volto con le mani."Oh, il mio povero bambino. Il miopovero piccolo Jobie!" Nessuno dissepiù nulla. Nel silenzio si continuava asentire solamente la sua voce, cheripeteva: "Il mio povero bambino. Il miopovero piccolo Jo bie..."

Corrie sentì una sirena in lontananza.E poi, attraverso i vetri rotti dellefinestre, le luci di un camion dei

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pompieri illuminarono le pareti. Loseguivano un'ambulanza e un'auto dellaPolizia di Stato. Quindi giunsero rumoridi portiere sbattute e di passi affrettatisul portico.

La porta si spalancò e un robustopompiere irruppe nella sala. "Ehi, voi,state tutti bene?" chiese concitato."Finalmente siamo riusciti a sgombrarele strade e..."

Si zittì di colpo, vedendo Hazencoperto di sangue, la donna chepiangeva ammanettata alla poltrona, glialtri feriti ancora in preda allo choc.

"No", rispose Pendergast, con vocecalma. "Non stiamo tut ti bene."

Epilogo

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1

Il sole del tramonto si diffuse in

Medicine Creek come una benedizione.La tempesta aveva posto fine all'ondatadi calore. L'aria era fresca, quasiautunnale. Nei campi sopravvissuti allabufera il granturco era stato raccolto,liberando la città da quel pesoclaustrofobico. Centinaia di corvimigratori volavano sopra le case,atterrando nei campi alla ricerca degliultimi chicchi. La guglia della chiesaluterana era una sottile freccia bianca suuno sfondo verdazzurro, e dalle portespalancate uscivano i can ti dei vespri.

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Non lontano da lì, sdraiata sul suoletto disfatto, Corrie cercava di finireBeyond the Ice Limit-Oltre la barriera.Tutto era tranquillo nella roulotte, edalle finestre aperte entrava unapiacevole corrente d'aria. Nuvolerigonfie attraversavano il cielo,trascinando le proprie ombre sopra icampi spogli. Dalla chiesa arrivavano leprime note d'organo di Beautiful Savior,seguite dalle voci dei fedeli. Una sututte, come sempre: quella di KlickRasmussen.

Un sorriso lieve si formò sulle labbradi Corrie. Era la prima messa del nuovopastore, il reverendo Tredwell, di cui lacittà era già orgogliosa. Il sorriso si

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allargò quando le tornò in mente lastoria che aveva sentito raccontarequando era ancora in ospedale: SmitLudwig, senza scarpe, contuso e pienodi graffi, era spuntato dal grano, in cuiera rimasto per quasi due giorni instato d'incoscienza, ed era entratobarcollante nella chiesa in cui si stavacelebrando il proprio servizio funebre.La figlia di Ludwig, tornata di corsa incittà per la circostanza, era svenuta. Manessuno era rimasto più sorpreso delpastore Wilbur, il quale, sicuro di avervisto un fantasma, era stato colto da uncolpo apoplettico mentre recitava unbrano di Swinburne. Al momentoWilbur era convalescente da qualcheparte, mentre Ludwig si riprendeva

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felicemente: nel suo letto d'ospedale,stava battendo a macchina i primicapitoli di un libro sul suo incontro conl'assassino di Medicine Creek, che gliaveva solo rubato le scarpe e lo avevaabbandonato nel grano credendolomorto.

Corrie appoggiò il libro sul letto e sisdraiò, guardando le nuvole fuori dallafinestra. La città stava facendo delproprio meglio per tornare allanormalità. Gli allenamenti per il footballerano ripresi, e di lì a due settimane sisarebbero riaperte le scuole. Correvavoce che la Kansas State Universityavesse deciso di condurre il proprioesperimento da qualche parte nell'Iowa,

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ma non era una grande perdita: stando aPendergast, Dale Estrem e gli altriagricoltori avevano ragione sui rischidelle modifiche genetiche. In ogni caso,non era più così importante, ora cheMedicine Creek si era riempita diesperti dei Parchi Nazionali, speleologie fotografi del National Geographic,tutti ansiosi di visitare il più grandesistema sotterraneo scoperto inAmerica dopo le Grotte di Carlsbad.Forse la città era alla vigilia di unanuova stagione di ricchezza, oquantomeno di prosperità. Il tempoavrebbe dato la risposta.

La ragazza sospirò. Per lei nonavrebbe fatto molta differenza. Ancoraun anno e poi, nel bene o nel male,

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Medicine Creek sarebbe diventata soloun ricordo, per quanto la riguardava.

Il sole tramontò, cedendo alla notte.La ragazza si alzò e recuperò da sotto ilcassetto i biglietti da cento dollari:millecinquecento dollari. Sua madre nonli aveva trovati e, dopo quello che erasuccesso, aveva smesso anche diparlarne. Al suo ritorno dall'ospedaleera persino stata gentile con lei. MaCorrie sapeva che non sarebbe durata alungo: era tornata al lavoro e come alsolito sarebbe rientrata con le mignon divodka che tintinnavano nella borsetta.Uno o due giorni e sarebbe tornata achiederle dei soldi: tutto sarebbericomincia to daccapo.

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Ricontò i soldi, pensosa. Pendergastera rimasto in città per tutta la settimana,lavorando fianco a fianco con Hazen e laPolizia di Stato per ricostruire i dettaglidel caso. Le aveva telefonato per dirleche sarebbe ripartito l'indomani, dimattina presto. Sarebbe passato asalutarla e a recuperare il suo telefonocellulare. Era questo che gli premeva dipiù, pensò Corrie: il te lefono cellulare.

Pendergast le aveva fatto visitadiverse volte, in ospedale. Era statogentile e sollecito, eppure Corrie avevasperato in qualcosa di più. Scosse ilcapo. Che cosa si aspettava? Che laportasse con sé? Che ne facesse la suaassistente fissa? Ridicolo. Senza contare

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che Pendergast sembrava ansioso diandarsene. C'era qualcosa di urgente chelo aspettava a New York. Avevaricevuto diverse chiamate sul cellulareda parte di qualcuno di nome Wren, maera sempre uscito dalla stanza perproseguire la conversazione e Corrienon aveva sentito di che cosa sitrattasse. Ma tutto questo non importava.Pendergast stava per partire.Mancavano due settimane allariapertura del liceo. L'ultimo anno discuola. L'ultimo anno d'inferno.

Se non altro, non avrebbe più avutoproblemi con Hazen. Incredibile. Losceriffo le aveva salvato la vita e oraprovava un affetto quasi paterno neisuoi confronti. Corrie doveva

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ammettere che era stata unasoddisfazione quando lui era venuto aparlarle, il giorno in cui l'avevanodimessa. Le aveva persino chiestoscusa... non in modo troppo esplicito,ma in ogni caso era stata una sorpresa.Lei lo aveva ringraziato per averlesalvato la vita. Hazen si era messo apiangere, dicendo che non aveva fattoabbastanza, che non aveva fatto niente.Pover'uomo. Era ancora a pezzi per lamorte di Tad.

Riguardò il denaro. L'indomaniavrebbe raccontato a Pendergast checosa intendeva farne. L'idea era nata unpo' alla volta, mentre era in ospedale.C'era da stupirsi che non ci avesse

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pensato prima. Mancavano duesettimane all'inizio della scuola, avevaqualche soldo ed era libera: lo sceriffoaveva ritirato tutte le accuse. Non c'eraniente che la trattenesse in città, néamici, né un lavoro. E c'era sempre ilrischio che prima o poi sua madretrovasse il nascondiglio del denaro.

La ragazza non si faceva illusioni, nonse n'era fatte nemmeno quando avevaavuto quell'idea. Suo padre potevarivelarsi un perdente, un fallito. Nonpoteva essere altrimenti: avevasposato sua madre e se n'era andato,lasciandole entrambe ad arrangiarsi,senza sborsare un centesimo permantenere la figlia, senza farle visita,senza scrivere. Di questo era sicura.

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Non doveva aspettarsi di trovare ilpadre dei suoi sogni.

Ma non importava. Era suo padre.Dentro di lei sentiva che era la cosa piùgiusta da fare. E ora aveva il denaro e iltempo per farlo.

Trovarlo non sarebbe stato difficile.Le continue lamentele di sua madre, senon altro, l'avevano tenuta aggiornata suisuoi spostamenti. Dopo essersi aggiratoper il Midwest, si era stabilito adAllentown, Pennsylvania, trovandolavoro presso un centro diautoaccessori Pep Boys. Quante personedi nome Jesse Swanson potevanoesserci ad Allentown? Ci si potevaarrivare in due giorni di macchina, e i

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fondi di Pendergast avrebbero copertobenzina, pedaggi e motel, con un po' dimargine nel caso la Gremlinnecessitasse di qualche riparazione.

Anche se poteva essere un perdente,Corrie aveva solo ricordi piacevoli delpadre. Se non altro non era un coglione.Finché era stato con lei, si eradimostrato un buon genitore: la portavaal cinema e al minigolf, rideva spesso ela faceva sempre ridere. E poi, che cosavoleva dire essere un perdente?Dopotutto, i ragazzi a scuolaconsideravano anche l e i una perdente.Suo padre le aveva voluto bene, leaveva dato sicurezza... anche se l'avevalasciata in balia di una stregaalcolizzata.

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Non ci sperare troppo, si disseCorrie.

Ripiegò i biglietti da cento e li infilònella tasca dei pantaloni. Tirò fuori lavaligia di plastica da sotto il letto, laappoggiò sopra le lenzuola e l'aprì.Sarebbe partita l'indomani, prima chesua madre si svegliasse: il tempo disalutare Pendergast e via. Non le civolle molto a preparare la valigia. Larimise sotto il let to, si sdraiò di nuovo enon tardò ad assopirsi.

Corrie si svegliò nel silenzio dellanotte. Era tutto buio. Si mise a sedere,guardandosi intorno annebbiata dalsonno. Qualcosa l'aveva svegliata. Nonpoteva trattarsi della madre: faceva il

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turno di notte al Club e...Un gorgoglio, un mormorio e un tonfo

attutito risuonarono proprio sotto lafinestra di Corrie. Il terrore le snebbiòla men te all'istante.

Poi si udirono uno scoppiettio e unsibilo, seguiti da una pioggia digoccioline sulla fiancata della roulotte.Corrie guardò l'ora: le due di notte. Silasciò cadere all'indietro sul letto,trattenendo a stento le risate. Stavoltaera davvero lo spruzzatore temporizzatodel signor Dade. Andò a chiudere lafinestra, assaporando per un istantel'aria fresca e il profumo dell'erbabagnata. Poi fece scivolare il vetroverso il basso.

Dal buio spuntò una mano, che afferrò

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il bordo della finestra, impedendole dichiudersi. Era una mano insanguinata,con le unghie spezzate.

Corrie si allontanò dalla finestra,incapace di emettere un suono.

Da dietro il vetro apparve una facciapallida da luna piena, coperta di tagli eabrasioni, sporca di fango e di sangue,con la barba spelacchiata eun'espressione infantile. La manosollevò lentamente la finestra fino aspalancarla. Un fetore orribile, cheCorrie associava ormai a ricordispaventosi, le riempì le narici.

La ragazza indietreggiò fino allaporta, afferrando il cellulare con le ditaintorpidite. Premette due volte il tasto

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d'invio, richiamando automaticamentel'ultimo numero rimasto in memoria:quello di Pendergast.

La mano strappò la fragile intelaiaturadi alluminio, fracas sando il vetro.

Corrie uscì dalla camera, correndo apiedi scalzi attraverso il salotto.

La porta d'ingresso si spalancòfragorosamente. Job era lì, davanti a lei,ancora vivo, con un occhio ferito chegocciolava un liquido giallastro, i vestitiinfantili fuori misura ormai lerci elacerati, incrostati di sangue, capelli ebrandelli di pelle. Un brac cio, spezzato,pendeva inerte su un fianco. L'altrobraccio era te so contro di lei.

Moooh!La mano ad artiglio cercava di

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afferrarla. Job fece un passo avanti, ilvolto distorto dalla rabbia, riempiendola roulotte del proprio fetore.

"No!" gridò lei. "No, vattene!"Job continuava a venirle incontro,

agitando il braccio ed emettendo ruggitiincomprensibili.

Corrie si voltò e corse di nuovo versola propria camera, inseguita da Job.Chiuse la porta, bloccandola con ilcatenaccio. Ma un attimo dopol'intelaiatura cedette e la porta ruotò suicardini, sbattendo rumorosamentecontro la parete. Senza pensarci duevolte, la ragazza si tuffò testa avantifuori dalla finestra, atterrando con unacapriola tra l'erba e i vetri rotti. Si

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rimise in piedi e cominciò a correreverso la città. Sentì dietro di sé altrirumori, accompagnati da un ruggito difrustrazione. Le luci si accesero nelleroulotte adiacenti. Corrie si voltò: Job sistava aprendo la strada attraverso lafinestra, fracassando quanto ne restava.

Se fosse riuscita a raggiungere lastrada principale, forse avrebbe avutouna possibilità. Corse verso il cancellodel camping. Era solo poche centinaiadi metri davanti a lei.

Sentì un nuovo ruggito e intravide conla coda dell'occhio la figura curva eferita che correva di lato, come ungranchio, in mezzo all'erba. Eravelocissima e presto le avrebbe tagliatola strada.

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A Corrie non restava che tornareindietro, verso i campi bui e spogli.Infilò la mano in tasca e prese iltelefono, appoggiandoselo all'orecchiomentre correva.

La voce calma di Pendergast diceva:"Arrivo, Corrie. Arrivo subito".

"Mi ucciderà. Per favore...""Arrivo quanto prima con la polizia.

Scappa, Corrie, scap pa!"Corrie scappò più veloce che poteva.

Saltò la recinzione e si lanciò nei campi,sentendo la paglia secca che le feriva lepiante dei piedi.

Moh! Moh! Moooooh!Job era dietro di lei. Le si stava

avvicinando con un'andatura da gorilla,

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appoggiandosi sulle nocche del bracciobuono. La ragazza non smise di correre,sperando che si stancasse, che siarrendesse, sopraffatto dal dolore. MaJob continuava a inseguirla, lanciandogemiti di sofferenza.

Corrie raddoppiò gli sforzi. Si sentivabruciare i polmoni. Ma non bastava. Luicontinuava a guadagnare terreno. Perquanto lei potesse correre veloce, Jobl'avrebbe raggiunta.

No...Che cosa le restava da fare? Non c'era

modo di raggiungere il torrente. E anchese ci fosse riuscita, dove sarebbe potutaandare, dopo? Si stava allontanandodalla città, diretta verso il niente.Pendergast non sarebbe riuscito ad

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arrivare in tempo.Moooh! Moooh!Corrie sentì una sirena in lontananza.

Era la conferma: Pendergast era troppolontano. Nessuno l'avrebbe aiutata. Luil'avrebbe catturata, l'avrebbe uccisa. Ipassi dietro di lei ritmavano i gemiti diagonia di Job. Doveva essere a meno didieci metri. La ragazza cercò diracimolare ogni minima riserva dienergia, ma sentiva che le forze lemancavano, le gambe s'indebolivano, ipolmoni sotto sforzo le scoppiavano nelpetto. E lui non rallentava. Era semprepiù vicino. L'avrebbe raggiunta da unistante all'altro. Corrie sentiva di doverfare qualcosa. Doveva esserci un modo

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di comunicare con lui, di fargli capirequalco sa, di fermarlo.

Corrie si voltò. "Job!" urlò.Lui continuò a correre, senza

ascoltarla."Job, aspetta!"La travolse con violenza, facendola

cadere a terra. Le era sopra, ruggendo esalivando, il pugno sollevato pronto adabbat tersi sul cranio di lei.

"Amici!" gridò lei. Chiuse gli occhi,aspettandosi il colpo. "Amici! Voglioessere tua amica", si mise asinghiozzare, continuando a ripetere:"Tua amica, tua amica, tua amica..."

Non accadde nulla.Corrie attese, deglutì e aprì gli occhi.Il pugno era ancora sollevato in aria,

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ma l'espressione di Job era cambiata. Lafuria era sparita, sostituita daun'espressione nuova e indecifrabile.

"Tu e io", gemette Corrie, "amici."Il volto di Job rimase orribilmente

deformato, ma nell'occhio ancora buonole parve di cogliere una parvenza disperan za, forse d'interesse da parte sua.

Le dita del pugno si aprironolentamente. "Amicci?" chiese, con voceacuta.

"Sì, amici", fece Corrie, ansante,soffocata dalla paura.

"Gioccare con Job?""Sì, giocare con te, Job. Siamo amici.

Giochiamo insieme", balbettò lei,cercando di riprendersi.

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Il braccio minaccioso si abbassò. Labocca di Job si deformò inun'espressione mostruosa che Corrieintuì essere un sorriso. Un sorriso disperanza.

Job si sollevò da lei, barcollandoimpacciato. Il suo sorriso grottesco sialternava alle smorfie di dolore."Giocca. Job giocca."

Corrie inspirò con fatica e si miselentamente a sedere, cercando di nonspaventarlo. "Sì, siamo amici adesso.Corrie e Job, amici."

"Amicci", ripeté Job, lentamente,come se stesse riscoprendo una paroladimenticata.

Le sirene si stavano avvicinando.

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Corrie sentì lo stridore delle frenate, losbattere delle portiere. Cercò di alzarsiin piedi, ma sentì che le gambecedevano. "Giusto. Non scappo via. Nonc'è bisogno di farmi male. Sto qui agiocare con te."

"Giocchiamo!" E Job strillò la suafelicità tra i campi spogli e deserti.

2

La Rolls Royce era ferma nel

parcheggio di fianco al Maisie's Diner.Pendergast, con indosso un vestito neropulito, era appoggiato alla carrozzeriaun tempo lucida e ora coperta da unostrato opaco di sabbia. L'agentedell'FBI era immobile, le mani in

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tasca, sotto la luce vivida del primomattino.

La Gremlin di Corrie svoltò l'angolo erallentò vicino a lui. Il motore si spensecon una nuvoletta di fumo nerastro.

Vedendola scendere, l'agente le siavvicinò. "Signorina Swanson,Allentown mi è di strada, nel viaggioverso New York. È si cura di non volereun passaggio?"

Corrie fece cenno di no. "Questa è unacosa che devo fare da sola."

"Potrei controllare il nome di suopadre sul database e verificare che nonci siano situazioni... ehm, insolite."

"No, preferirei non saperlo inanticipo. Non è che mi aspetti dei

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miracoli."Lui continuò a guardarla, senza

parlare."Me la caverò", garantì lei.Pendergast rifletté per un secondo, poi

annuì. "Ne sono certo. Se non vuoleaccettare un passaggio, accetti almenoquesto." Fece un passo avanti, prese ditasca una busta e gliela consegnò.

"Che cos'è?" domandò lei."Lo consideri un regalo anticipato per

il suo diploma."Lei aprì la busta, facendone scivolare

fuori un libretto di risparmio a suonome: la somma di venticinquemiladollari era stata depositata perfinanziare una borsa di studio.

"No", rispose lei, senza pensarci un

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istante. "Non posso ac cettare."Pendergast sorrise. "Non solo può, ma

deve.""Mi dispiace, proprio non posso."L'uomo dell'FBI esitò un momento,

prima di parlare, a voce molto bassa."Mi lasci allora spiegare perchédovrebbe. In circostanze su cuipreferisco non dilungarmi, lo scorsoautunno ho ricevuto un'ereditàconsiderevole da un parente ricco elontano. Basti dire che tali ricchezze nonsono state guadagnate con onestolavoro. Perciò sto cercando di lavare,almeno in parte, la macchia rimasta sulbuon nome della famiglia Pendergast,utilizzando quel denaro per finanziare

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giuste cause. Senza dar tropponell'occhio, come potrà capire. La sua èuna buona causa. In effetti, un'ottimacausa."

Corrie abbassò lo sguardo. Erarimasta senza parole. Nessuno le avevamai regalato niente in tutta la sua vita.Le sembrava strano che qualcuno sipreoccupasse per lei, specialmente unestraneo... e un personaggio cosìimprobabile come l'agente Pendergast.Eppure il libretto di risparmio cheaveva tra le mani ne era la provatangibile. "Che cosa s'intende per borsadi studio?" domandò, facendo scivolarenuovamente il li bretto nella busta.

"Le resta da fare un anno di liceo."Lei annuì.

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Gli occhi di Pendergast scintillarono."Ha mai sentito parlare della Phillips-Exeter Academy?"

"No.""È un liceo privato del New

Hampshire, con alloggio per gli studenti.Ho chiesto che mi tengano un postolibero."

Corrie lo guardò, perplessa. "Vuoldire che i soldi non sono per il college?"

"La cosa importante è che lei se nevada di qui subito. Questa città la stauccidendo."

"Ma... un liceo privato? Nel NewHampshire? Non sarò mai come tutti glialtri."

"Mia cara Corrie, è così importante

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essere come tutti gli altri? Io non losono mai stato. Sono certo che si troveràa suo agio. Conoscerà altri pesci fuord'acqua come lei: intelligenti, curiosi,creativi e scettici. Passerò dalle sueparti ai primi di novembre, per vederecome vanno le cose." Diede un colpettodi tosse, coprendosi la bocca con lamano.

Con propria sorpresa, d'impulsoCorrie si avvicinò a Pendergast e lostrinse in un abbraccio. Lo sentìirrigidirsi e poi, lentamente, rilassarsi esciogliersi gentilmente dalle suebraccia. Lei lo guardò, curiosa: l'agentespeciale sembrava decisamente inimbarazzo.

Si schiarì la voce. "Mi perdoni, non

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sono avvezzo a certe manifestazionifisiche di affetto. Nella mia famiglia..."S'interrup pe e parve quasi arrossire.

Corrie fece un passo indietro,sopraffatta dalle emozioni edall'imbarazzo. Lui la guardò. Un lievesorriso enigmatico gli si disegnò un po'per volta sul viso. Poi fece un inchino ele prese una mano, portandola a pochicentimetri dalle labbra. Infine fecedietro-front e salì in macchina. Nel girodi pochi minuti la Rolls imboccava lastrada. I fanali balenarono nella lucedell'alba, prima di sparire lungo lastriscia d'asfalto.

Dopo qualche secondo, Corrie risalìsulla Gremlin. Controllò di avere con

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sé tutto il necessario: la valigia, i nastri,i libri. Non aveva dimenticato niente.Avviò il motore, lo fece salire di giri ediede gas, assicurandosi che non sispegnesse. Uscì dal parcheggio e,passando davanti alla stazione diservizio di Ernie, sull'altro lato dellastrada, vide Brad Hazen. Il figlio dellosceriffo stava facendo il pieno allaCaprice azzurra di Art Ridder, unamano sull'erogatore e una sulbagagliaio. I jeans erano scesi,lasciando vedere l'elastico stinto dellemutande grigie, appena sopra le natiche.Brad, a bocca spalancata, stava ancoraguardando nella direzione in cui si eraallontanata la Rolls Royce. Dopo un po'distolse lo sguardo, scosse il capo

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perplesso e allungò la mano verso iltergi cristalli.

Lei provava pietà per lo sceriffo: erastrano come, alla fine, si fosse rivelatouna brava persona. Corrie non avrebbemai di menticato com'era ridotto, nel suoletto d'ospedale, la testa fasciatareclinata sul cuscino. Sembravainvecchiato di dieci anni, mentrepiangeva, parlando di Tad Franklin.

Guardò Brad e si domandò se percaso, sotto sotto, anche in lui si potessenascondere un brav'uomo. Poi si strinsenelle spalle e accelerò. Non avevaintenzione di trattenersi a MedicineCreek per avere una risposta.

Mentre la strada le veniva incontro, si

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chiese dove sarebbe stata di lì a unanno, a cinque anni, a trent'anni. Era laprima volta nella sua vita che unpensiero del genere le attraversava lamente. Era qualcosa che l'affascinava ela spaventava al tempo stesso.

La città svanì lentamente nellospecchietto retrovisore, finché nonrimasero che i campi deserti e il cieloazzurro. Non poteva più detestare BradHazen, così come non poteva piùodiare la città. L'uno e l'altra eranoappena entrati a far parte del suopassato, dove il loro ricordo si sarebbedissolto. Qualunque cosa le riservasseil futuro, davanti a lei si apriva unmondo intero. Non sarebbe mai piùritornata a Medicine Creek.

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3

Lo sceriffo Dent Hazen aveva ancora

la testa fasciata e un braccio al collo.Quando Pendergast arrivò, salutò i duepoliziotti con cui stava parlando, infondo al breve corridoio, e si diresseverso di lui, tendendogli la sinistra.

"Va meglio il suo braccio, sceriffo?""Non potrò pescare fino alla fine della

stagione.""Un vero peccato.""È di partenza?""Sì. Volevo fermarmi un'ultima volta.

Contavo di trovarla qui. Volevoringraziarla, sceriffo, per aver reso

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questa vacanza... ehm, moltointeressante."

Hazen annuì, distrattamente. Nellerughe del suo volto si leggevanoangoscia e amarezza. "È arrivato giustoin tempo per vedere la vecchia signorache saluta il suo pargoletto."

Pendergast fece un cenno di assenso.Quello era un altro dei motivi della suavisita, anche se non si aspettava grandirivelazioni. D'altra parte nonsopportava il pensiero di lasciare dietrodi sé qualcosa di irrisolto, qualsiasicosa. E in quel caso c'era ancora unagrossa zona d'ombra.

"Potrà assistere al tenero addio dadietro lo specchio semiriflettente. Glistrizzacervelli sono accorsi come

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mosche sul miele. Da questa parte."Hazen fece strada oltre una portaanonima, in una stanza dalle luci basse.Sulla parete opposta si apriva unafinestra che dava sulla camerad'isolamento dell'ala psichiatrica delGarden City Lutheran Hospital. Davantial vetro si erano raccolti psichiatri estudenti, che mormoravano sottovoce traloro, prendendo appunti. Nella camerad'isolamento, vuota, le luci erano ancorapiù basse. La porta si aprì proprio inquel momento e due poliziotti inuniforme spinsero la carrozzella su cuisedeva Job, con la testa e il toracebendati e il braccio rotto ingessato.Malgrado la semioscurità, batté la

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palpebra dell'occhio buono perdifendersi dalla luce. Job eraimmobilizzato sulla sedia a rotelle dauna grossa cintura di cuoio, dallemanette fissate ai braccioli e da duecilindri di metallo che gli bloccavano legambe.

"Lo guardi, quel bastardo", mormoròHazen, più a se stesso che a Pendergast.

I poliziotti parcheggiarono lacarrozzella in mezzo alla stanza erimasero sull'attenti, uno da una parte euno dall'altra.

"Vorrei sapere anch'io perché ha fattotutto quello che ha fatto", riprese losceriffo. "Perché quei cerchi nei campi,perché ha sistemato i corvi in quelmodo, perché ha bollito Stott come un

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maiale e cucito quella coda nella panciadi Chauncy... E Tad, perché ha uccisoTad", aggiunse con un certo sforzo. "Mache cazzo c'è in quella sua testaccia?"

Pendergast non aprì bocca.Di là dal vetro, la porta della stanza

di isolamento si riaprì, lasciando entrareWinifred Kraus, scortata da un altropoliziotto. Indossava una vestagliadell'ospedale e camminava piano, conun libro sotto il braccio. Era pallida eprovata, ma appena vide il figlios'illuminò in viso. "Jobie, tesoro, sonola mamma." La sua voce, dura edelettronica attraverso l'altoparlante,ruppe il silenzio della stanza diosservazione.

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Job alzò la testa e abbozzò unmostruoso sorriso. "Mamma."

"Ti ho portato un regalo, Jobie.Guarda: è il tuo libro."

Job emise un suono inarticolato digioia.

Winifred prese una sedia. I poliziottis'irrigidirono, ma né la vecchia signorané Job vi fecero caso. La donna sisedette accanto al figlio,appoggiandogli una mano su una spalla eattirandolo a sé. Job, raggiante difelicità, le si appoggiò addosso.

"Cristo", fece Hazen. "Lo culla comeun bambino."

Winifred Kraus si appoggiò in gremboil libro e lo aprì alla prima pagina. Era

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una vecchia raccolta di filastrocche."Comincio dall'inizio, eh, Jobie?" fecela donna, con voce affettuosa. "Comepiace a te." E, con una cantilenainfantile, iniziò a leggere.

Son sei le monetine.Di segale una manciata,Di merli due dozzine,Si fece un'infornata.Si aprì poi la crostata,E i merli giù a cantare.Che splendida portataIl re poté assaggiare! Job agitava la grossa testa al ritmo

della voce della madre,accompagnandola con un uuuuu che

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saliva e scendeva secondo la cadenza. Il re scese in cantinaContando ogni soldino.Mangiava la reginaIl miele su un panino,La serva nel giardinoStendeva panni e lino:Ma un merlo birichinoLe becchettò il nasino. "Gesù Cristo", sussurrò Hazen. "Il

mostro e la sua mamma. Mi dà i brividisolo a guardarli."

Giunta alla fine, Winifred Kraus voltòlentamente la pagina. Job rise, contento.E la donna cominciò un'altra filastrocca.

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Davy Davy Polpettino,Da bollir nel pentolino.Metti burro e zuccherinoE lo mangi ancor caldino. Hazen si voltò verso Pendergast e gli

afferrò una mano. "Io esco di qui. Civediamo in purgatorio."

Pendergast gli strinse la mano insilenzio, quasi senza accorgersene. Isuoi occhi erano fìssi sulla scena difronte a lui: la madre che leggevafilastrocche al suo bambino.

"Guarda che bel disegno, Jobie.Guarda!"

Winifred sollevò il libro. L'agente

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dell'FBI riuscì a intravederel'illustrazione. Il volume era antico e lapagina lacera e con sunta, ma l'immagineperfettamente riconoscibile.

La rivelazione aveva colpito l'uomodell'FBI come un pugno. Incerto sullegambe, si allontanò a sua volta dalvetro.

Job, sempre più contento, continuavacol suo uuuuu, don dolando il capo.

Winifred sorrise, serena, e voltòpagina. La voce, amplificataartificialmente, continuò a crepitaredall'altoparlante.

Di che cosa son fatti i bambini, i

bambini?Di che cosa son fatti i bambini?

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Scamppli, lumache, code dicagnolini.

Ecco di che cosa son fatti i bambini. Ma Pendergast non aveva più bisogno

di ascoltare altro. Il gruppo di psichiatrie studenti non prestò alcuna attenzionealla figura alta e nera che si allontanavasilenziosa. Erano tutti troppo impegnatia discutere se si potesse trovare unarisposta sul manuale diagnostico-statistico. O se mai si sarebbe trovatauna spiegazione di qualsiasi genere.

FINE