par condicio omnium creditorum

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Milano • Giuffrè Editore RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO E PROCEDURA CIVILE Anno LXVII Fasc. 1 - 2013 ISSN 0391-1896 Daniele Vattermoli PAR CONDICIO OMNIUM CREDITORUM Estratto

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Par Condicio Omnium Creditorum

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MilanoS•SGiuffrèSEditore

RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO E PROCEDURA CIVILEAnnoSLXVIISFasc.S1S-S2013

ISSNS0391-1896

DanieleSVattermoli

PAR CONDICIO OMNIUM

CREDITORUM

Estratto

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DANIELE VATTERMOLI

Associato dell’Università « La Sapienza » di Roma

Par condicio omnium creditorum

SOMMARIO: 1. Il multinational bankruptcy system e la tutela dei creditori. Introduzione.— 2. La posizione « processuale » dei creditori. Il c.d. « cross-filing » — 3. Laposizione « sostanziale » dei creditori. Sistemi concorrenti di graduazione deicrediti e tutela dei creditori che vantano cause legittime di prelazione: le garanziespecifiche e reali. — 4. Segue: la compensazione. — 5. Segue: i privilegi. Il c.d.« cross-priority ». — 6. Segue: hotchpot rule e regola di proporzionalità. — 7.Segue: la sorte dei crediti subordinati. — 8. La questione distributiva e la scelta delmodello di gestione della crisi tranfrontaliera. L’esigenza di riforma del dirittointernazionale privato italiano dell’insolvenza.

1. — Quali siano gli obiettivi prioritari che dovrebbe perseguire unmoderno ed economicamente efficiente sistema di governo dell’insolvenzadell’impresa ad operatività transnazionale è dato ampiamente noto edunanimemente condiviso (1), ossia: la prevedibilità e la certezza dellesituazioni giuridiche soggettive di coloro (debitore, creditori, controparticontrattuali, ecc.) che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nellacrisi (2); la massimizzazione del valore della massa attiva, attraverso laliquidazione — possibilmente « in blocco » — o la riorganizzazione deicomplessi produttivi (3); la riduzione al minimo delle spese e della duratadella (o delle) procedura(e) collettiva(e) (4); evitare i conflitti tra ordina-

(1) LOPUCKI, Cooperation in International Bankruptcy: A Post-Universalist Ap-proach, in 82 Cornell L. Rev., 1999, pp. 702-703.

(2) WESTBROOK, Theory and Pragmatism in Global Insolvencies: Choice of Lawand Choice of Forum, in 65 Am. Bankr. LJ., 1991, p. 466.

(3) RASMUSSEN, A New Approach to Transnational Insolvencies, in 19 Mich. J.Int’l L., 1997, p. 18; WESTBROOK, A Global Solution to Multinational Default, in 98Mich. L. Rev., 2000, p. 2276 ss.

(4) DROBNIG, Cross-border Insolvency: General Problems, in Forum Internatio-nale, nov. 1993, p. 12.

SAGGI DI DIRITTOSTRANIERO E COMPARATO

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menti (5); il trattamento egualitario di tutti i creditori dell’impresa in crisi,indipendentemente dalla loro nazionalità (6).

I problemi sorgono nel momento in cui ci si interroghi su quale sia ilmultinational bankruptcy system in grado di assicurare il raggiungimentodi tali obiettivi. Abbandonati, da tempo (7), i modelli « puri » dell’univer-salità (8) e della territorialità (9), la tendenza attuale è quella di ripiegareverso soluzioni definibili di compromesso che, come degli ibridi, fondonogli elementi dell’uno e dell’altro, sulla base delle teorie conosciute con ilnome di modified universalism (10) e di cooperative territoriality (11), chepresentano quale comune denominatore — pur con diverse sfumature,

(5) WESTBROOK, Comment: A More Optimistic View of Cross-Border Insolvency, in72 Wash. U.L.Q., 1994, p. 947 ss.

(6) ALWANG, Note, Steering the Most Appropriate Course Between Admirality andInsolvency: Why an International Insolvency Treaty Should Recognize the Primacy ofAdmirality Law over Maritime Assets, in 64 Fordham L. Rev., p. 2623.

(7) HOWELL, International Insolvency Law, in 42 Int’l Law., 2008, p. 113 ss.(8) Il modello del pure universalism contempla un’unica procedura collettiva

regolata da un’unica legge applicabile, quella dello Stato di origine del debitore, nellaquale tutti i beni del debitore, indipendentemente dalla loro ubicazione, sono ammini-strati e riuniti in pool; i giudici stranieri debbono riconoscere e far eseguire la sentenzadi apertura della procedura e tutti i creditori, domestici e stranieri, partecipano alladistribuzione del patrimonio, senza alcuna distinzione basata sulla diversa nazionalitàdegli stessi: GUZMAN, International Bankruptcy: In Defense of Universalism, in 98 Mich.L. Rev., 2000, p. 2177 ss.

(9) Il modello del pure territorialism consente l’apertura della procedura collet-tiva in ogni Stato in cui ci sono beni o creditori del debitore insolvente; ogni proceduraè retta dalla legge dello Stato di apertura e si applica ai beni ed ai creditori residenti nelloStato, frantumando così le masse attive e passive in tante sottomasse, quante sono leprocedure aperte nei confronti del medesimo debitore: CLARK-GODSTEIN, Sacred Cows:How to Care for Secured Creditors’ Rights in Cross-Border Bankruptcies, in 46 Tex. Int’lL.J., 2011, p. 513 ss.

(10) WESTBROOK, The Lessons of Maxwell Communication, in 64 Fordham L.Rev., 1996, p. 2531 ss. Il modello teorico, pur adottando i princìpi fondamentalidell’universalità, consente alle autorità straniere di « evaluate the fairness of the home-country procedures and to protect the interests of local creditors » (così, PERKINS, Note,A Defense of Pure Universalism in Cross-Border Corporate Insolvencies, in 32 N.Y.U. J.Int’l L. & Pol., 2000, p. 791).

(11) LOPUCKI, Cooperation in International Bankruptcy, cit., p. 742 ss. Il modello,a differenza del modified universalism, parte dal principio puro di territorialità tempe-rato, però, dall’innesto di norme che consentono la cooperazione tra le autorità nazionalidegli ordinamenti interessati. In tale modello, da un lato, non vi sono procedureprincipali e secondarie, bensì, al massimo, procedure parallele « coordinate », con laconseguenza che nessun particolare potere è riconosciuto all’organo della procedurastraniera, anche qualora quest’ultima sia da considerare « oggettivamente » principale;dall’altro, la cooperazione è soltanto eventuale, spettando al rappresentante dellaprocedura domestica valutare se sia o meno economicamente efficiente « dialogare » conl’omologo straniero, al fine di una più proficua realizzazione della massa attiva.

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accenti ed intensità — la cooperazione tra tribunali e/o tra organi delleprocedure aperte, in diversi ordinamenti, nei confronti del debitore insol-vente (12).

È altresì diffusa l’idea (13) che sia la legge modello dell’Uncitralsull’insolvenza transnazionale, sia il regolamento comunitario n. 1346/2000 — decisamente i più importanti, anche se non gli unici, testi,rispettivamente, di soft e di hard law in materia — si fondino sull’univer-salità limitata o modificata, che fa perno sulla dicotomia procedura prin-cipale/procedura non principale (« secondaria » o « territoriale » nel rego-lamento) (14): dicotomia che, a sua volta, ruota intorno all’individuazionedel centro degli interessi principali del debitore (c.d. Comi: centre of maininterest) (15).

Diversi peraltro si presentano, nei due testi oggetto di analisi, sia i

(12) CLIFT, The Uncitral Model Law on Cross-Border Insolvency — A LegislativeFramework to Facilitate Coordination and Cooperation in Cross-Border Insolvency, in12 Tul. J. Int’l & Comp. L., 2004, p. 307 ss. La cooperazione tra autorità e/orappresentati delle procedure nazionali è invero invocata in tutti i testi — sia di hard siadi soft law — in materia di insolvenza transnazionale. Così è a dirsi per la Uncitral ModelLaw on Cross-Border Insolvency del 1997; per il Regolamento comunitario n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza; per il Cross-Border Insolvency Concordat,elaborato dall’International Bar Association nel 1995; per i Principles of CooperationAmong the Nafta Countries, elaborati dall’American Law Institute nel 2003; e, daultimo, per la parte III (relativa ai gruppi multinazionali insolventi), dell’UncitralLegislative Guide on Insolvency Law del 2010.

(13) ADAMS-FINCKE, Coordinating Cross-Border Bankruptcy: How TerritorialismSaves Universalism, in 15 Colum. J. Eur. L., 2009, p. 43 ss.

(14) Più orientate all’universalità pura sono invece le direttive comunitarie sullaliquidazione ed il risanamento delle imprese bancarie ed assicurative (direttive nn.17/2001 e 24/2001: su tali direttive sia consentito il rinvio a VATTERMOLI, La gestionedelle crisi transnazionali delle imprese bancarie ed assicurative: la nuova disciplinacomunitaria, in Dir. banc., 2002, II, p. 56 ss.), nelle quali, in ossequio al principiodell’home country control, non è contemplata l’apertura di procedure, seppure secon-darie e di risanamento, in Stati membri diversi da quello di origine, e le eccezioni alpieno dispiegarsi degli effetti della lex concursus dello Stato che ha rilasciato l’autoriz-zazione si limitano all’individuazione di diversi criteri di collegamento (lex contractus;lex rei sitae; ecc.) per alcuni specifici rapporti.

(15) Criterio, quello del Comi, che, com’è noto — e sul punto non si intendeindugiare in questa sede —, ha dato luogo a gravi contrasti, sia in dottrina sia ingiurisprudenza, originati da almeno due fattori. Il primo è da ricondursi alla « va-ghezza » della definizione di Comi che si riscontra tanto nel regolamento (art. 3.1 e 13ºconsiderando) quanto nella legge modello (art. 16.3), da cui discende l’ampio marginedi discrezionalità di cui godono i giudici nazionali nell’apprezzarne la sussistenza. Ilsecondo attiene direttamente all’estrema importanza che tale criterio riveste nel governodell’insolvenza internazionale, rappresentando, come anticipato, il discrimine sul qualesi fonda la distinzione tra procedure principali e procedure non principali (con tutte leconseguenze che da detta distinzione discendono in punto, tra l’altro, di legge applica-bile).

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presupposti per il riconoscimento delle procedure di insolvenza aliene, siagli effetti che derivano da detto riconoscimento, ciò che, in verità, fasorgere più di un dubbio in ordine alla possibile riconduzione degli stessiad un unico modello teorico. Mentre, infatti, nel regolamento il riconosci-mento negli altri Stati membri della procedura collettiva (principale osecondaria che sia) è automatico, nella legge modello il riconoscimento è(seppure facilitato, comunque) « condizionato », tra l’altro, all’espressarichiesta in tal senso dell’organo straniero; inoltre, nel caso in cui ilriconoscimento abbia ad oggetto la procedura principale, nel regolamentoè stabilito che la lex concursus del paese di origine esplica i suoi effetti sututto il territorio della comunità (salva l’applicazione di altri criteri dicollegamento per alcuni specifici rapporti e salva l’apertura di una proce-dura secondaria in altro Stato membro), mentre nella legge modello ciòdetermina l’automatica applicazione di una serie di misure conservative (ol’obbligo per il giudice nazionale di adottarle) che hanno ad oggetto lafrazione del patrimonio del debitore situata nel territorio dello Stato estero,ma non l’estensione extraterritoriale della legge dello Stato di apertura. Inuna visione di insieme, la legge modello sembra, dunque, posizionarsi sullalinea di confine tra la « territorialità cooperativa » e l’« universalità modi-ficata ».

Scopo di questo lavoro è analizzare il grado di protezione assicurato aicreditori dell’impresa in crisi, la cui operatività trascende i confini di unsolo Stato, onde verificare se il sistema che scaturisce dai testi in prece-denza menzionati assicuri effettivamente la par condicio omnium credito-rum, forse il più importante tra gli obiettivi, di cui si è detto in apertura, chedeve porsi un efficiente sistema di governo dell’insolvenza transnazio-nale (16). Ed invero, l’uguaglianza di trattamento dei creditori, oltre arappresentare un obiettivo certamente rilevante ex se, costituisce il passag-gio obbligato per la costruzione di un sistema internazionale di regolefondato sulla cooperazione tra autorità nazionali che, a sua volta e comeanticipato, è ormai universalmente indicata come il momento imprescin-dibile per assicurare un’efficiente risposta ai problemi generati dall’insol-venza transnazionale. Un sistema che non tutelasse il « valore » dell’ugua-glianza di trattamento sarebbe, evidentemente, destinato al sicuroinsuccesso, attesa la certa indisponibilità degli ordinamenti nazionali adaderirvi.

La « parità di condizione », nell’àmbito dell’insolvenza transnazionale,deve necessariamente riferirsi non soltanto agli aspetti « sostanziali » legatiall’operare dei diversi sistemi di graduazione dei crediti, ma anche a quelli,definibili « procedurali », che attengono alla partecipazione dei creditorialla (e nella) procedura collettiva. Ciò premesso, nell’analisi particolareattenzione verrà dedicata alla posizione riconosciuta ai creditori nell’àm-bito della ripartizione dell’attivo e si constaterà come la c.d. questione

(16) GARRIDO, Some Reflections on the EU Bankruptcy Convention and its Impli-cations for Secured and Preferential Creditors, in 7 Int’l Ins. Rev., 1998, p. 79 ss.

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distributiva assuma un ruolo cruciale nella scelta, a monte, operata daisingoli legislatori in ordine al modello da adottare per la disciplina dome-stica dell’insolvenza internazionale.

2. — Come anticipato, nell’àmbito dell’insolvenza transnazionale ilraggiungimento dell’uguaglianza sostanziale tra i creditori del debitorecomune passa necessariamente per il riconoscimento di uno statuto « pro-cessuale » di questi che non sia influenzato dalla loro nazionalità. L’attri-buzione ai creditori stranieri dei medesimi diritti che la lex fori concursusriconosce a quelli domestici in ordine alla loro qualità di « parte » (seppuresui generis) processuale nella procedura collettiva si pone, invero, comemomento che, dal punto di vista sia logico sia cronologico, precede quellodel soddisfacimento endoconcorsuale del credito.

L’importanza della questione non poteva certo sfuggire agli edificatoridel sistema della disciplina dell’insolvenza internazionale e benché sulpunto non si registrino, negli ordinamenti più evoluti, norme internediscriminatorie, sia il regolamento comunitario sia la legge modello dedi-cano alla « par condicio processuale » più di una disposizione.

A. Iniziando dal Regolamento comunitario.In materia di ammissione al passivo, il regolamento si regge su tre

regole generalissime: la prima è che il creditore che ha la residenza abitualeo la sede in uno Stato membro diverso dallo Stato di apertura, comprese leautorità fiscali e gli organismi di previdenza sociale degli Stati membri, hadiritto di insinuare i crediti per iscritto nella procedura di insolvenza (art.39); la seconda è che ogni creditore può insinuare il proprio credito nellaprocedura principale e in qualsiasi procedura secondaria (art. 32.1); laterza, infine, è che la legge dello Stato di apertura della procedura, sia essaprincipale o secondaria o territoriale, determina, tra l’altro, i crediti dainsinuare nel passivo del debitore e le disposizioni relative all’insinuazione,alla verifica e all’ammissione dei crediti [art. 4.2, lett. g) ed h)].

Tali regole, valutate complessivamente, esprimono la volontà dellegislatore comunitario di contemperare due distinte esigenze: da un lato,quella di assicurare la piena attuazione della responsabilità patrimonialedel debitore, indipendentemente dal modo in cui quest’ultimo, nell’orga-nizzare la propria attività economica, abbia articolato l’impresa e distri-buito il patrimonio responsabile sul territorio comunitario; dall’altro,quella di assecondare l’aspirazione degli Stati membri ad applicare, neiconfronti del debitore che abbia operato — per mezzo di una dipendenza— nel loro territorio, la propria disciplina dell’insolvenza, anche e soprat-tutto al fine di tutelare le legittime aspettative e gli interessi dei creditorilocali.

Ai princìpi generalissimi di cui si è detto viene data concreta attua-zione attraverso una serie di norme che si pongono in funzione strumentalerispetto al diritto di insinuazione.

a) È del tutto ovvio, in primo luogo, che in tanto il creditore puòpresentare la domanda di ammissione al passivo, in quanto venga a

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conoscenza dell’esistenza della procedura aperta all’estero e delle modalitàrichieste dalla lex fori concursus per l’insinuazione.

A tal fine, l’art. 40 pone l’obbligo in capo al giudice o al curatore diinformare i creditori conosciuti che hanno la residenza negli altri Statimembri dell’apertura della procedura, nonché de « i termini, l’organo ol’autorità legittimati a ricevere l’insinuazione dei crediti e gli altri provve-dimenti prescritti ». La disposizione non specifica attraverso quale mezzo(raccomandata, posta ordinaria, telefax, telegramma, email, ecc.) la notadebba essere portata a conoscenza del creditore; questione allora darisolvere in base alla disciplina nazionale (17).

La protezione fornita dall’art. 40 si estende, tuttavia, ai soli creditoriconosciuti, perché risultanti dalle scritture contabili o, più in generale, daidocumenti in possesso del debitore insolvente; per gli altri, dunque, v’è ilrischio di rimanere all’oscuro dell’avvenuta apertura della procedura. Unpossibile rimedio all’irregolare tenuta della contabilità da parte del debitorepuò essere rappresentato dalla pubblicità del provvedimento di apertu-ra prevista dall’art. 21 e dall’annotazione di questo nei pubblici regi-stri (registro delle imprese, registri immobiliari, ecc.) di cui al successivoart. 22.

Sempre nell’ottica di facilitare l’esercizio del diritto di insinuazionetrovano spiegazione le disposizioni contenute negli artt. 41 e 42. La primastabilisce il contenuto della domanda di ammissione al passivo (che deveindicare la natura, la data e l’importo del credito), imponendo altresì alcreditore l’invio della copia dei documenti giustificativi del credito. Laseconda specifica che la nota informativa inviata al creditore straniero èredatta nella lingua ufficiale dello Stato in cui è aperta la procedura, madeve comunque contenere — quale protezione minima riconosciuta alcreditore straniero — l’indicazione « Invito all’insinuazione di un credito.Termine da osservare » in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea;protezione che si estende sino al punto di consentire al creditore di redigerela domanda di ammissione al passivo nella lingua ufficiale dello Stato in cuiha la propria residenza, salva la necessità di indicare nel titolo « Insinua-zione di credito » nella lingua ufficiale dello Stato di apertura.

b) Con riferimento alla regola definibile dell’« insinuazione multipla »,il regolamento non si limita a riconoscere, appunto, il diritto di ciascun

(17) Con riguardo all’ordinamento italiano, va ricordato che l’art. 92, per unverso, autorizza il curatore ad utilizzare indistintamente, ai fini della comunicazione aicreditori per la presentazione delle domande di ammissione al passivo, il serviziopostale, il telefax e la posta elettronica (comma 1º); e, per altro verso, stabilisce che « Seil creditore ha sede o risiede all’estero, la comunicazione può essere effettuata al suorappresentante in Italia, se esistente » (comma 2º). È plausibile ritenere che la comuni-cazione al rappresentante in Italia del creditore straniero soddisfi anche la normacomunitaria; mentre è sicuro che in difetto della nomina di un rappresentante, lacomunicazione debba avvenire attraverso una nota individuale da indirizzare allaresidenza o al domicilio del creditore straniero.

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creditore di insinuare il credito vantato in tutte le procedure aperte nelterritorio dell’Unione nei confronti del debitore comune, ma si spinge oltre,giungendo al c.d. cross-filing. È infatti stabilito che « I curatori dellaprocedura principale e delle procedure secondarie insinuano nelle altreprocedure i crediti già insinuati nella procedura cui sono preposti, nellamisura in cui ciò sia di utilità per i creditori di quest’ultima procedura efatto salvo il diritto di questi ultimi di opporvisi o di rinunziare all’insi-nuazione, qualora la legge applicabile lo preveda » (art. 32.2).

Si tratta di una disposizione estremamente importante, sotto diversipunti di vista. Il cross-filing consente, in primo luogo, di ridurre al minimole spese di insinuazione, che possono anche essere particolarmente gravoseper i creditori stranieri; e, in secondo luogo, di raggiungere una certaomogeneità delle masse passive delle procedure (se non altro, dal punto divista quantitativo: sul punto si tornerà più avanti), ciò che, per un verso,limita possibili diseguaglianze di trattamento tra i creditori e, per altroverso, rende teoricamente più agevole la soluzione concordata della crisi.

Il potere riconosciuto al curatore di una procedura (principale osecondaria) di « insinuare » al passivo delle altre procedure aperte nelterritorio dell’Unione i crediti già riconosciuti in quella alla quale è prepo-sto, non deve, tuttavia, essere inteso nel senso di un automatico riconosci-mento di quei crediti nelle altre procedure. Il curatore, invero, agisce comerappresentante ex lege dei creditori ai fini della presentazione della do-manda di insinuazione, fermo restando che il credito verrà ammesso alpassivo soltanto qualora la lex concursus dello Stato in cui è aperta laprocedura lo consenta.

c) E si passa così alla terza regola, quella relativa alla legge applicabile.Si è detto che la lex fori concursus determina, tra l’altro, i crediti da

insinuare: ora, per ricollegarci a quanto appena detto, nulla esclude, inteoria, che uno stesso credito sia, per un ordinamento, insinuabile e, per unaltro, non insinuabile al passivo. L’esempio è presto fatto. Immaginiamoche ci siano due procedure, aperte in Germania e in Italia, nei confronti delmedesimo debitore. Il fornitore X presenta domanda di ammissione alpassivo nella procedura tedesca per un importo pari al credito vantato perle merci ancora non pagate al momento dell’apertura dell’Insolvenzfahren,più le spese sostenute per l’insinuazione al passivo; credito, quest’ultimo,che il § 39.1.2 InsO qualifica espressamente come concorrente, seppuresubordinato. In tal caso, è assai dubbio (nonostante le « aperture », sulpunto, da ultimo registrate nella nostra giurisprudenza) che l’organoitaliano possa riconoscere il credito per le spese sostenute dal creditore,malgrado l’avvenuta ammissione dello stesso nella procedura tedesca.

Problemi più gravi sorgono nelle ipotesi in cui sia in dubbio l’esistenzadel credito. L’art. 25.1, dopo aver stabilito, al primo comma, che ledecisioni relative allo svolgimento e alla chiusura di una procedura diinsolvenza sono riconosciute negli altri Stati membri senza altra formalità,precisa, al secondo comma, che tale ultima disposizione « si applica inoltrealle decisioni che derivano direttamente dalla procedura di insolvenza e lesono strettamente connesse ». Il fatto è, però, che il riconoscimento di un

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credito avviene, in alcuni ordinamenti, attraverso una pronuncia del giu-dice del concorso (ed è il caso, tra l’altro, dell’Italia); mentre, in altri, ilriconoscimento avviene ad opera dell’organo tecnico della procedura (ed èil caso, ad esempio, della Spagna). Inoltre, in alcuni ordinamenti l’efficaciadel riconoscimento, pur promanando dall’autorità giudiziaria, è conside-rata meramente endoconcorsuale. Ciò nonostante, sembra corretto ritenereche una volta che un credito sia riconosciuto nell’àmbito di una procedura,la sua esistenza non possa essere messa in discussione negli altri Statimembri. La visione universalista adottata dal regolamento (e di cui èespressione, tra l’altro, anche e proprio l’art. 25.1) non sembra, in effetti,tollerare disallineamenti in tale delicata materia (non a caso, nel cross-filing, il curatore straniero non è tenuto a presentare i documenti giustifi-cativi di ogni singolo credito). Ciò significa, ad esempio, che se un creditoviene ammesso nella procedura tedesca, lo stesso dovrà essere ammessoanche in quella italiana, pur se il titolo dal quale esso deriva non rechi unadata certa anteriore all’apertura della procedura.

È infine indubbio che sia la lex fori concursus a disciplinare gli effettidi una eventuale ammissione tardiva (effetti che variano da Stato a Stato eche possono consistere, come da noi, nella possibilità per il creditore dipartecipare soltanto ai riparti successivi all’ammissione; oppure, comeaccade, ad esempio e per rimanere nel vecchio continente, in Spagna,nell’ammissione come subordinato del credito tardivo) o il procedimento diimpugnazione dello stato passivo.

B. Come anticipato, anche la legge modello si occupa espressamentedel diritto all’insinuazione e, più in generale, alla partecipazione delcreditore nella procedura collettiva straniera.

In tema di insinuazione al passivo, le tre regole generalissime sullequali si fonda il regolamento comunitario — seppure espresse in modo, avolte, non del tutto cristallino — trovano applicazione anche nel sistemadelineato dalla legge modello.

a) È certo, in primo luogo, che il creditore straniero abbia diritto diinsinuare il suo credito nel passivo della procedura così come qualunquealtro creditore domestico (art. 13.1). L’unica, grande, differenza che siriscontra con la disciplina comunitaria risiede nella mancata espressainclusione, tra i creditori che godono della parità di trattamento, delloStato estero, per crediti tributari e previdenziali. Il riconoscimento di talicrediti rappresenta, invero, una materia particolarmente delicata a livellointernazionale: molti ordinamenti, infatti, oppongono una forte resistenzaalla loro ammissione come crediti concorrenti, sulla base della considera-zione che, diversamente, verrebbe sottratto « valore » ai creditori dome-stici, a tutto vantaggio della collettività di un’altra nazione (18). Non è uncaso che l’art. 13.2, di cui si parlerà più diffusamente nel prosieguo, chenella sua versione che potremmo definire ufficiale fissa la regola in virtù

(18) DODGE, Breaking the Public Law Taboo, in 43 Harv. Int’l L.J., 2002, p. 161ss.; WESTBROOK, Universal Priorities, in 33 Tex. Int’l L.J., 1998, p. 36.

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della quale la parità di trattamento « processuale » segnata dall’art. 13.1non comporta alcuna alterazione del sistema di graduazione dei creditidello Stato di apertura, prevede altresì una versione definibile di secondbest, a cui i singoli ordinamenti possono comunque fare riferimento, aisensi della quale: « Paragraph 1 of this article does not affect the ranking ofclaims in a proceeding under [...] or the exclusion of foreign tax and socialsecurity claims from such a proceeding » (19). Giusto il contrario, quindi,di quanto previsto nel regolamento.

Il concreto esercizio del diritto di insinuazione passa, anche qui, per unefficace sistema di informazione del creditore straniero. A tal fine, l’art. 14stabilisce che se è prevista una forma di comunicazione per i creditoridomestici in ordine all’avvio del procedimento, tale comunicazione debbaessere inviata anche ai creditori stranieri il cui indirizzo sia conosciuto. Laregola, in tal caso, è che la comunicazione debba avvenire mediante unanota individuale, senza necessità di seguire alcuna formalità particolare;peraltro, qualora il giudice della procedura lo ritenga opportuno (in caso,ad esempio, di un numero rilevante di creditori), potranno essere seguiteanche altre strade, magari sfruttando i nuovi mezzi di comunicazione (adesempio, attraverso posta elettronica). Nell’avviso dovranno altresì risul-tare il termine per l’insinuazione; il luogo al quale indirizzare la domandadi ammissione; il contenuto minimo della domanda, secondo quanto ri-chiesto dallo Stato di apertura; nonché, infine, l’indicazione della necessitào meno per i creditori garantiti di presentare l’insinuazione.

A differenza di quanto previsto nel regolamento, la legge modello, daun lato, si occupa anche dei creditori il cui indirizzo sia sconosciuto,stabilendo che « The court may order that appropriate steps be taken witha view to notifying any creditor whose address is not yet known » (art.14.1, in fine); e, dall’altro, non prevede alcuna facilitazione « linguistica »per il creditore straniero, né in « entrata » (con riguardo, cioè, all’avviso),né in « uscita » (con riguardo, cioè, alla domanda di ammissione al pas-sivo).

b) Anche la regola dell’insinuazione multipla sembrerebbe di applica-zione, se è vero che: per un verso, lo si è visto, il creditore straniero puòinsinuarsi al passivo senza, parrebbe, limitazione alcuna (ivi compresa,dunque, quella derivante della sua eventuale partecipazione nella proce-dura aperta nei confronti del medesimo debitore nello Stato in cui ha laresidenza o in altro Stato); per altro verso e soprattutto, è espressamentedisciplinato (art. 32) il meccanismo di coordinamento che consente dievitare (meglio, limitare) l’alterazione del principio di uguaglianza (sostan-ziale) dei creditori per effetto, appunto, dei multipli riparti dell’attivoderivanti dall’ammissione dello stesso credito nelle diverse procedure.

Peraltro, a differenza di quanto è dato riscontrare nel regolamento,non esiste alcuna disposizione nella legge modello che consenta al curatorestraniero di insinuare al passivo i crediti già ammessi nella procedura di sua

(19) E v., ad esempio, il § 1513(b)(2) Bankruptcy Code.

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competenza. Il cross-filing rimane, così, sul piano internazionale puro, unobiettivo ancora da perseguire: ciò che, peraltro, non ha impedito ad alcunilegislatori nazionali di prevedere norme interne che, nel rispetto delprincipio di reciprocità, riconoscono all’organo della procedura straniera laqualità di rappresentante ex lege, ai fini dell’insinuazione, dei creditori deldebitore comune (20).

c) Nessun dubbio, infine, che sia la legge dello Stato di apertura dellaprocedura a determinare, tra l’altro, quali crediti possano essere insinuatial passivo e le regole da seguire per la loro verifica ed ammissione. Purmancando una norma espressa come quella contenuta nel regolamento èinfatti la stessa struttura del sistema delineato dalla legge modello — nelquale, giova ricordarlo, non è prevista alcuna estensione extraterritorialedegli effetti sostanziali propri della legge che regola il procedimentoprincipale — ad imporre un simile risultato.

Inoltre, non esistendo alcuna norma analoga all’art. 25.1 regolamento,circa il riconoscimento automatico delle decisioni che derivano dalla pro-cedura straniera o le sono strettamente connesse, è indubbio che l’interve-nuta ammissione al passivo di un credito nella procedura straniera noncostituisca ostacolo all’eventuale esclusione dello stesso nella proceduradomestica.

3. — Se ci si dovesse interrogare sulle cause che, ancora oggi, portanopraticamente tutti gli ordinamenti nazionali a rifiutare l’adozione delmodello puro dell’universalità, nonostante gli indubbi vantaggi che, inteoria, tale modello presenta (21), la risposta andrebbe senz’altro ricercatanella diversità dei sistemi di graduazione dei crediti che caratterizzano ognisingolo ordinamento.

L’adozione dell’universalità comporterebbe, invero, l’applicazione diun unico set di regole e princìpi — quello del paese di origine — chegovernano la distribuzione del ricavato della liquidazione del patrimoniodel debitore, indipendentemente dal luogo in cui si trovino fisicamente ibeni e dalla nazionalità dei creditori, con la conseguente messa fuori giuocodegli altri sistemi di graduazione, ivi compresi quelli degli ordinamenti neiquali il debitore aveva operato e contratto obbligazioni e/o costituito causedi prelazione. Il fatto è, però, che l’ordine delle preferenze nel soddisfaci-mento dei crediti del debitore insolvente assume un ruolo centrale in ogniordinamento, rispecchiandone i valori — economici, sociali e politici — e

(20) Ciò è quanto accaduto, ad esempio, nell’ordinamento spagnolo (art. 228 LeyConcursal).

(21) Basti pensare, a titolo di esempio, ai risparmi in termini sia di spese diprocedura sia di costi di insinuazione; alla maggiore facilità di addivenire ad una venditain blocco del patrimonio del debitore o ad una riorganizzazione dell’impresa insolvente,ecc. I « difetti » dell’approccio territoriale sono bene sintetizzati da HOWELL, Internatio-nal Insolvency Law, cit., p. 115; e, già alla fine del XIX secolo, da LOWELL, Conflict ofLaws as Applied to Assignments for Creditors, in 1 Harv. L. Rev., 1888, p. 264.

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le tradizioni; ciò spiega perché (non soltanto i giudici, ma anche) ilegislatori nazionali si mostrino del tutto restii ad accettarne la disapplica-zione nel proprio territorio, a vantaggio di altre regole e di altri princìpiche, in teoria, possono anche divergere sensibilmente da quelli domestici.La volontà di salvaguardare il sistema interno di graduazione dei creditirappresenta, dunque, l’ultimo baluardo della territorialità (sul punto sitornerà comunque più avanti) (22).

Ciò premesso, occorre ora verificare l’influenza che, nella materia dequa, le istanze conservatrici della sovranità dei singoli Stati esercitanosull’applicazione concreta della par condicio omnium creditorum. Perquesto è tuttavia necessario scendere ad un livello più particolare dell’ana-lisi, distinguendo i creditori in base al rango del credito da essi vantato,ossia: « privilegiati », chirografari e subordinati.

Si può iniziare dai creditori che vantano cause legittime di prelazione,tra queste distinguendo quelle che costituiscono vere e proprie garanziespecifiche (siccome dirette a imprimere un vincolo su un oggetto specifi-camente individuato) e reali (poiché il bene che ne costituisce l’oggettocontinua a rimanere vincolato, anche se ne viene trasferita la proprietà: c.d.ius sequelae), ossia — per il nostro ordinamento — pegno, ipoteche e(secondo l’interpretazione da ritenere più corretta) privilegi speciali; equelle, come i privilegi generali, che costituiscono delle mere cause dipreferenza (rappresentando, in quanto tali, una qualità intrinseca delcredito). Come si costaterà, invero, soltanto le prime godono, nel sistemainternazionale dell’insolvenza, di una protezione definibile « piena »; leseconde potendo invece, in presenza di determinate condizioni, esseresacrificate in virtù dell’applicazione, nel caso concreto, di una lex foriconcursus aliena.

Per il momento ci occuperemo soltanto delle cause di prelazione diorigine convenzionale.

È dato praticamente acquisito che le garanzie reali — pur variando, daStato a Stato, il loro possibile oggetto, le modalità di costituzione e glieffetti concreti che ne discendono — godano in tutti gli ordinamenti di unadisciplina speciale, che rende i creditori che ne sono titolari in una certamisura « insensibili » alla procedura concorsuale aperta nei confronti deldebitore comune.

Lo statuto particolare dei creditori che vantano una garanzia reale suibeni del debitore insolvente — che può tradursi, ad esempio, nell’esonerodall’obbligo di presentazione della domanda di ammissione al passivo;oppure nella possibilità di separare e liquidare il bene sul quale insiste lacausa di prelazione, con il conseguente soddisfacimento extraconcorsualedel credito; oppure, ancora e come avviene da noi, nella mera priorità nelsoddisfacimento endoconcursuale del credito, anche a scapito delle spese

(22) RASMUSSEN, Where are All the Transnational Bankruptcies?: The PuzzlingCase for Universalism, in American Law & Economics Association Annual Meetings,paper 1/2007.

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di procedura, salve quelle direttamente connesse alla liquidazione del beneoggetto della garanzia — viene spesso giustificato facendo riferimento allanatura, reale appunto, del diritto vantato dal creditore, che traducendosi inun vincolo sui beni del debitore non consente all’organo della procedura didisporne liberamente. Tuttavia, se fosse realmente questa la giustificazione,nulla allora avrebbe potuto impedire ai legislatori nazionali di introdurrenorme « eccezionali », applicabili in caso di insolvenza del debitore, idoneea sterilizzare il diritto (reale) nascente dalla costituzione della garanzia.

A parere di chi scrive la spiegazione va ricercata nella razionalitàeconomica delle garanzie reali. Queste ultime hanno trovato e trovanoapplicazione planetaria in quanto attraverso di esse le imprese con bassaqualità creditizia riescono ad ottenere finanziamenti altrimenti irraggiun-gibili; i restanti creditori, pur subendo per un verso un danno (dovuto alfenomeno del risk altering), sono comunque avvantaggiati dal rilascio dellagaranzia, in quanto il finanziamento da parte del creditore garantitoincrementa i mezzi a disposizione del debitore, che così avrà maggioripossibilità di portare a buon fine i progetti imprenditoriali intrapresi e,conseguentemente, di soddisfare entrambe le categorie di creditori (23).L’effetto positivo per il mercato del credito resterebbe però lettera mortaqualora, verificatosi l’evento (i.e., l’apertura della procedura di insolvenzanei confronti del debitore) il cui rischio si era inteso coprire attraverso lacostituzione della garanzia, quest’ultima non potesse operare nei rapportiorizzontali tra i creditori concorrenti. Detto in altri termini: le garanziereali in tanto possono svolgere la funzione di espandere la capacità dicredito del soggetto finanziato, in quanto ne venga assicurata una adeguataprotezione all’interno del concorso; diversamente, nessuna funzione eco-nomica potrebbe essere loro riconosciuta (24).

L’importanza delle garanzie reali per lo sviluppo del mercato delcredito e, a cascata, per l’economia in generale giustifica così la sensibilità,non soltanto dei legislatori nazionali, ma anche del sistema che governal’insolvenza transnazionale nel disciplinarne gli effetti in sede concorsuale.

A. Esigenze di prevedibilità degli effetti legati all’apertura della pro-cedura collettiva nei confronti del debitore che ha rilasciato la garanziareale e di certezza delle situazioni giuridiche soggettive hanno così impostol’adozione, nel regolamento comunitario, di norme che, derogando allaregola generale in tema di legge applicabile, consentono al creditoregarantito di poter fare affidamento, nell’esercizio dei suoi diritti, sul criteriodi collegamento ritenuto di più immediata percezione, quello cioè del luogoin cui si trova il bene oggetto della garanzia (25).

(23) CARLSON, On the Efficiency of Secured Lending, in 80 Va. L. Rev., 1994, p.2179 ss.

(24) JACKSON-SCOTT, On the Nature of Bankruptcy: An Essay on BankruptcySharing and the Creditors’ Bargain, in 75 Va. L. Rev., 1989, pp. 162-163.

(25) L’esigenza di tutelare le aspettative dei creditori che vantano garanzie realisui beni del debitore emerge già nei considerando del regolamento. Così, ad esempio,

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In particolare, l’art. 5.2, lett. a) del regolamento stabilisce che l’aper-tura di una procedura di insolvenza non pregiudica « il diritto di liquidareo di far liquidare il bene e di essere soddisfatto sul ricavato o sui frutti delbene stesso, in particolare in virtù di un pegno o di un’ipoteca ». Disposi-zione che deve essere letta in uno con quanto stabilito, per un verso,dall’art. 18.1, ai sensi del quale il curatore della procedura aperta all’in-terno della Comunità può esercitare in altro Stato membro tutti i poteri chegli sono attribuiti dalla legge dello Stato di apertura, tra cui anche quello ditrasferire, fuori dal territorio dello Stato membro in cui si trovano, i benidel debitore, eccetto quelli gravati da una garanzia reale; e, per altro verso,dall’art. 20.1, che impone al creditore che dopo l’apertura della proceduraprincipale abbia ottenuto con qualsiasi mezzo, ivi inclusa l’azione esecutivaindividuale, soddisfazione totale o parziale del suo credito con beni deldebitore situati in altro Stato membro, di restituire quanto ottenuto alcuratore della procedura, salvo, appunto, si tratti del creditore garantitoche abbia legittimamente escusso la garanzia, ai sensi dell’art. 5.2, lett. a).

Questione diversa è quella relativa all’eventuale azione per rendereinefficace la costituzione della garanzia rispetto alla restante massa passiva.La legge applicabile alla revocatoria dell’atto pregiudizievole per i creditorisarà quella propria dello Stato di apertura (art. 4.2, lett. m) e, in difetto diuna procedura di insolvenza nella giurisdizione del luogo in cui si trovanoi beni gravati, la disciplina sostanziale sarà quella dello Stato in cui è apertala procedura principale (art. 5.4), salvo che il creditore dimostri che per lalex situs l’atto costitutivo della garanzia non è impugnabile con alcunmezzo (art. 13).

B. Contrariamente a quanto potrebbe d’istinto pensarsi, la leggemodello dedica molto meno spazio alla disciplina delle garanzie realinell’àmbito dell’insolvenza transnazionale. Più in particolare, sono soltantodue le disposizioni che, peraltro incidentalmente, si occupano del tema:l’art. 14.3, lett. b), che attiene al contenuto dell’avviso da notificare aicreditori stranieri, e di cui si è già detto; e l’art. 32, di cui si tratterà nelprossimo paragrafo, concernente il coordinamento dei riparti da ricono-scere al creditore in ipotesi di insinuazione dello stesso in più procedureconcorsuali aperte nei confronti del medesimo debitore.

Nessuna norma specifica, invece, è dettata con riferimento ai profili,ben più importanti, della legge applicabile alle garanzie reali ed al coordi-namento tra le prerogative che esse assicurano al relativo titolare con laprocedura, principale o meno, aperta all’estero nei confronti del debitore.

Si è già anticipato che, diversamente dal regolamento, la legge modello

nell’11º, là dove, nell’evidenziare la necessità di individuare altri criteri di collegamento(diversi da quello della lex fori councursus) da impiegare per specifici rapporti, simenzionano espressamente i diritti reali vantati da terzi sul patrimonio del debitore;così, ancora, nel 25º, che non a caso apre l’elenco dei rapporti destinatari di questadisciplina ad hoc, in cui viene fatto di nuovo riferimento ai diritti reali, in base allaconsiderazione che « questi hanno grande rilevanza per la concessione dei crediti ».

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non consente l’estensione degli effetti della legge dello Stato di aperturanello Stato nel quale la procedura concorsuale è stata riconosciuta. Lalegge, più in particolare, si limita a dettare alcuni effetti che discendonoautomaticamente dal riconoscimento di una procedura principale [quali,ad esempio, il blocco delle azioni esecutive individuali (art. 20.1)] ed altrieffetti, questa volta però eventuali, consistenti nella concessione da partedel tribunale domestico di alcune misure conservative vuoi in caso dirichiesta di riconoscimento (art. 19), vuoi in caso di avvenuto riconosci-mento di una procedura straniera (art. 21), non importa se principale omeno.

Orbene, il complesso sistema che scaturisce dalle norme testé menzio-nate può teoricamente portare ai seguenti risultati negativi per i titolari dicrediti garantiti: la richiesta di riconoscimento di un procedimento stra-niero (principale o no) può determinare la sospensione ed il divieto diinizio dell’azione esecutiva sul bene gravato dalla garanzia, nonché lavendita del bene stesso da parte dell’organo della procedura straniera o delsoggetto a tal fine designato dal tribunale, qualora il bene sia suscettibile diperimento o svalutazione o sia altrimenti minacciato; il riconoscimento diun procedimento principale determina automaticamente la sospensione edil divieto di inizio dell’azione esecutiva sul bene oggetto della garanzia; ilriconoscimento di un procedimento straniero (principale o no) può deter-minare uno degli effetti visti in precedenza, nonché la liquidazione del beneoggetto della garanzia (anche in difetto di pericolo di perimento) e ladistribuzione del ricavato della vendita da parte del soggetto incaricatodella liquidazione, secondo il sistema di graduazione proprio dello Stato diapertura.

E tuttavia, se fossero realmente questi i risultati per i titolari di creditigarantiti, non v’è dubbio che la legge modello avrebbe trovato ben pochisostenitori nella comunità internazionale, traducendosi, di fatto, nellanegazione della funzione economica assolta dai diritti reali di garanzia.

Proprio al fine di evitare il realizzarsi di simili effetti, la legge modellocontiene una serie di disposizioni a maglie estremamente larghe, quasi inbianco si direbbe, che consentono ai legislatori nazionali che intendonoadottarla di introdurre delle eccezioni al sistema in precedenza delineato,anche — se non soprattutto — al fine di assicurare un’efficace tutela aicreditori garantiti.

Ciò vale, ad esempio, rispetto al divieto di iniziare o proseguire azioniesecutive individuali sui beni del debitore, che discende automaticamentedal riconoscimento di una procedura principale (art. 20.1, lett. b), stante ildisposto dell’art. 20.2 che permette, appunto, ai legislatori nazionali diindividuare una serie di materie per le quali il divieto non opera: materie trale quali, non a caso, lo stesso commento ufficiale alla disposizione testéricordata menziona, appunto, i diritti reali di garanzia (26).

(26) « Notwithstanding the “automatic” or “mandatory” nature of the effectsunder article 20, it is expressly provided that the scope of those effects depends on

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E vale, inoltre e soprattutto, con riferimento alla misura discrezionaleattraverso la quale il tribunale dello Stato che ha effettuato il riconosci-mento, su istanza dell’organo della procedura straniera, affida allo stessoorgano o ad un terzo il potere di distribuire la massa attiva presente nelterritorio di sua competenza, attesa la precisazione contenuta nell’art. 21.2,in virtù della quale il tribunale può concedere tale misura solo qualoraaccerti che gli interessi dei creditori domestici siano sufficientementetutelati. Come dire che in tanto potranno essere appresi beni oggetto digaranzia, in quanto i creditori garantiti ricevano, nello Stato estero diapertura, una tutela almeno equivalente a quella di cui avrebbero godutonell’àmbito della procedura collettiva interna.

4. — Trattare della compensazione nell’àmbito della tutela dei credi-tori « garantiti » potrebbe sembrare fuori luogo: in realtà non è così.

Tradizionalmente, alla compensazione è stata assegnata una duplicefunzione: quella di mezzo di estinzione delle obbligazioni (diverso dal-l’adempimento) (27); e quella, appunto, di garanzia (28). Funzioni che,lungi dal porsi su di un piano di alternatività, esprimono entrambe, alfondo, niente altro che il concreto atteggiarsi della compensazione neidiversi momenti in cui la stessa viene in considerazione: nel momento in cuiopera, la prima; in un momento anteriore, la seconda.

A. Ora, è indubbio che l’impostazione adottata dal regolamento co-munitario in tema di compensazione abbia nettamente privilegiato lafunzione propriamente di garanzia svolta da tale particolare meccanismo diestinzione delle obbligazioni. In proposito è sufficiente richiamare il 26ºconsiderando, dove si osserva: « Se la legge dello Stato di apertura nonpermette la compensazione, il creditore ne dovrebbe comunque aver dirittose essa è possibile in base alla legge applicabile al credito del debitoreinsolvente. In tal modo, la compensazione diventerà in sostanza una speciedi garanzia disciplinata da una legge sulla quale il creditore può fareaffidamento nel momento in cui sorge il credito ». Emerge, di nuovo,l’esigenza della prevedibilità e della certezza delle situazioni giuridichesoggettive, assicurata, nella specie, dall’applicazione di un criterio dicollegamento, diverso da quello della lex fori concursus, considerato di piùimmediata percezione per la parte in bonis, che nel controcredito vantatodal soggetto insolvente ripone il legittimo affidamento in ordine al soddi-sfacimento, seppure indiretto, del proprio interesse patrimoniale.

Ciò dunque spiega come mai, nonostante l’art. 4.2 lett. d) indichi « le

exceptions or limitations that may exist in the law of the enacting State. Thoseexceptions may be, for example, the enforcement of claims by secured creditors [...] » (n.148).

(27) Cfr., per tutti, FOSCHINI, La compensazione nel fallimento, Napoli, 1965, p.28.

(28) WARREN-WESTBROOK, The Law of Debtors and Creditors6, New York, 2009, p.444; GARRIDO, Tratado de las preferencias del crédito, Madrid, 2000, p. 522.

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condizioni di opponibilità della compensazione » tra le materie disciplinatedalla lex concursus, il successivo art. 6.1 riconosca al creditore in bonis lafacoltà di invocare la compensazione quando la stessa è consentita dallalegge applicabile al credito del debitore insolvente; ferma restando lapossibilità per l’organo della procedura di revocare, secondo la lex concur-sus, l’atto, pregiudizievole per la massa dei creditori, dal quale è scaturitoil diritto alla compensazione (art. 6.2) e salva, in questo caso, la possibilitàper la parte in bonis di dimostrare che la legge applicabile al credito deldebitore insolvente non consente tale impugnazione (art. 13).

B. Manca, invece, nella legge modello una norma analoga all’art. 6.1regolamento. Il che, però, non sembra rappresentare, per il creditore-debitore in bonis che intenda avvalersi della compensazione, un ostacoloinsormontabile. Ed invero, non prevedendo la legge modello alcuna esten-sione extraterritoriale degli effetti della lex fori concursus, il curatore dellaprocedura straniera che, disconoscendo la facoltà della compensazione incapo al debitore del soggetto insolvente, volesse agire per recuperare ilcredito dovrebbe comunque rispettare la legge a quest’ultimo applicabileche, per ipotesi data, consente, appunto, la compensazione: in tal caso, allaparte in bonis sarà dunque sufficiente, a tal fine, proporre in giudizioun’eccezione in senso proprio.

5. — Si è già avvertito, in precedenza, come anche i privilegi specialigodano della tutela, estesa appunto ai titolari di diritti reali sui beni deldebitore, che il sistema di governo dell’insolvenza transnazionale assicuraai creditori assistiti da cause di prelazione di origine convenzionale. Certoè, però, che esiste una netta differenza tra privilegi speciali, da un lato, egaranzie reali in senso stretto, dall’altro: mentre infatti queste ultime sonouniversalmente riconosciute in tutti gli ordinamenti, i privilegi specialirispondono a precise scelte di politica legislativa dei singoli Stati, tanto chein alcuni di essi la stessa categoria dei « privilegi speciali » risulta del tuttosconosciuta; inoltre, per i privilegi speciali non possono certo valere leconsiderazioni in precedenza svolte per le cause di prelazione di origineconvenzionale in ordine alla funzione economica da riconoscere loro nelmercato del credito; infine, mentre le ipoteche ed i pegni godono di unacerta « visibilità » (offerta, rispettivamente, dall’iscrizione in pubblici regi-stri e dallo spossessamento), i privilegi non sono dotati di alcun indicetipico di riconoscibilità.

Resta, però, che le norme del regolamento in precedenza esaminate siriferiscono ai diritti reali sui beni del debitore (29); e resta, altresì, che nelsistema della legge modello il tribunale dello Stato che ha effettuato ilriconoscimento e nel quale sono ubicati i beni oggetto del privilegio

(29) Anche se, poi, all’art. 5.2, lett. a) viene specificato che il diritto di liquidareo far liquidare il bene spetta al creditore « in particolare in virtù di un pegno o diun’ipoteca ».

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speciale, nel disporre le misure conservative ex artt. 19 e 21, deve valutare,come già anticipato, se tali misure (fra tutte, quella che consente all’organostraniero di apprendere i beni alla massa attiva della procedura) si risol-vano in un nocumento per i creditori domestici, tra i quali i privilegiati(proprio perché riconosciuti tali dalla legge) assumono una posizione deltutto particolare (30).

Ciò premesso si può passare ai crediti privilegiati generali, quelli che ingergo anglosassone vengono propriamente definiti priority claims.

A. Nel regolamento comunitario nessuna specifica disposizione èdedicata ai creditori privilegiati, eccezion fatta per l’art. 4.1, lett. i), in virtùdel quale la legge dello Stato di apertura determina, tra l’altro, le disposi-zioni relative alla ripartizione del ricavato della liquidazione dei beni ed ilrango dei crediti. Ciò significa che un creditore sarà privilegiato se nell’or-dinamento che riconosce la causa di prelazione è aperta una proceduraprincipale o secondaria; in caso contrario, il creditore verrà ammesso comechirografario. Il che non sempre si traduce in uno svantaggio per ilcreditore straniero: così, se è vero che il credito per danni da responsabilitàcivile extracontrattuale secondo la legge spagnola viene ammesso comechirografario nel fallimento, mentre sarebbe privilegiato generale nel con-curso; è altrettanto vero, all’opposto, che le spese funebri necessariesecondo gli usi, sostenute in Spagna, vengono ammesse in privilegio inItalia (art. 2751, n. 1), mentre sarebbero crediti ordinari nel concurso deacreedores.

Ciò che lascia irrisolto il regolamento è se la legge dello Stato diapertura debba riconoscere, sempre e comunque, i medesimi privilegi aicreditori nazionali e a quelli stranieri. Per fare qualche esempio: i creditivantati da un soggetto straniero che nell’ordinamento italiano sarebbe unartigiano, ma che ha effettuato la sua prestazione nel paese di origine, comeviene ammesso nel fallimento? Come privilegiato, ex art. 2751-bis, n. 5,oppure, mancando l’accertamento di tale qualifica secondo le disposizionivigenti in Italia, come chirografario? O ancora, come devono esseretrattati, nella procedura principale, il credito del lavoratore subordinatoche ha prestato la sua attività presso la dipendenza estera ed i credititributari vantati dallo Stato estero? Oppure, infine, come deve esserevalutato il credito del soggetto straniero che per la legge italiana sarebbe,nella sostanza, un agente (come tale privilegiato, ex art. 2751-bis, n. 3),mentre per la legge applicabile al rapporto contrattuale no?

Si impone qui una scelta di fondo: agevolare il « riconoscimento »oggettivo dei privilegi, anche se vantati da creditori stranieri, secondo ilmodello conosciuto con il nome cross-priority; oppure « blindare » il si-stema domestico delle cause di preferenza di origine legale ai soli creditiper i quali, fuori dal concorso, si applicherebbe comunque la legge delloStato di apertura.

(30) POTTOW, Greed and Pride in International Bankruptcy: The Problems of andProposed Solutions to « Local Interests », in 104 Mich. L. Rev., 2006, p. 1903.

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Da un punto di vista teorico è indubbio che il cross-priority si lascipreferire, non solo perché naturalmente più rispettoso del principio dellapar condicio omnium creditorum, ma anche perché più aderente allavisione universalista del trattamento dell’insolvenza transnazionale. Indifetto del cross-priority, invero, i legislatori nazionali sarebbero più incliniad adottare modelli basati sulla territorialità, al fine di evitare il rischio chei beni situati nel territorio di competenza siano appresi e distribuiti secondoil sistema di graduazione alieno, in ipotesi irrispettoso dei diritti deicreditori privilegiati locali (31).

D’altro canto, però, adottare il cross-priority suppone imporre algiudice del concorso un’attività supplementare ed enormemente delicata.Ed invero, anche in ordinamenti, quale il nostro, nel quale il privilegioviene assegnato in base alla causa del credito, con conseguente apparenteindifferenza rispetto alla nazionalità del creditore, è indubbio che laqualifica soggettiva spesso richiesta, seppure implicitamente, ai fini delriconoscimento della causa di preferenza (e si pensi, di nuovo, all’agente oall’artigiano per l’Italia) sconti l’adozione di formule, regole ed istituti dimatrice domestica, che non sempre — anzi, verrebbe da dire, quasi mai —trovano una esatta corrispondenza in ordinamenti alieni. Ciò, come sidiceva, impone al giudice di entrare nel merito dell’operazione che ha datoluogo alla nascita del credito e, soprattutto, di qualificare il soggettocreditore, onde verificare, appunto, detta corrispondenza. Operazione che,salvo casi eccezionali — sembra sicuramente da escludere, ad esempio, chepossa essere riconosciuto il privilegio al credito tributario vantato dalloStato estero (salvo diversa diposizione contenuta in trattati internazionali);così come, all’opposto, sembrerebbe da riconoscere il privilegio generale allavoratore subordinato della dipendenza estera —, non si presenta néagevole né certa nei risultati.

È infine indubbio che adottare il cross-priority significhi determinareuno spostamento di valore a vantaggio dei creditori stranieri ed a svantag-gio dei creditori (chirografari e privilegiati di rango più basso) domestici;elemento di valutazione, quest’ultimo, certo non irrilevante al momentodella scelta, da parte dei legislatori nazionali, della disciplina internadell’insolvenza transnazionale.

B. Nella legge modello, si è visto, il principio di non discriminazionenei confronti dei creditori stranieri viene limitato agli aspetti, per così dire,procedurali (art. 13.1).

La tutela sostanziale è invece assai più blanda. L’art. 13.2, invero,stabilisce espressamente che il diritto di presentare la domanda di ammis-sione alla procedura non ha nulla a che vedere con la posizione che ilsistema di graduazione dei crediti dello Stato di apertura assegna alcreditore straniero; e, soprattutto, viene consentito ai legislatori nazionalidi prevedere norme sostanzialmente discriminatorie. La conferma diquanto appena sostenuto può trarsi dalla stessa disposizione testé menzio-

(31) WESTBROOK, Universal Priorities, cit., p. 31 ss.

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nata, nella parte in cui si precisa che, in ogni caso, la lex concursus non puòassegnare al credito vantato dallo straniero un rango inferiore ai creditichirografari, salvo che per i crediti (domestici) di analoga natura sia lastessa lex concursus ad imporre la subordinazione assoluta.

Anche in tal caso, quindi, la scelta in ordine all’adozione del modellodi cross-priority è rimessa ai singoli legislatori nazionali.

C. Un’ultima precisazione. Spesso, nell’indicare gli effetti derivantidall’adozione del modello dell’universalità pura si cita, tra gli altri, ilcross-priority. L’applicazione di un’unica lex concursus; la riunione in pooldi tutti i beni del debitore, ovunque essi si trovino, gestiti in via esclusivadagli organi dell’unica procedura collettiva e la possibilità per tutti icreditori di insinuarsi al passivo, siano essi interni o stranieri, con il rangoloro riconosciuto dal sistema di graduazione dei crediti proprio dello Statodi apertura, avrebbero cioè come risultato il cross-priority (32). In realtà,come si è visto, non è così. L’adozione, ex ante, del cross-priority agevolala diffusione planetaria del modello dell’universalità, ma non discendeautomaticamente da questo. Affinché si raggiunga il cross-priority è inveronecessario che vi sia una norma espressa che consenta al giudice delconcorso di applicare in via analogica o estensiva le norme interne chedisciplinano le cause legittime di prelazione: in caso contrario, l’applica-zione del set di regole sulla graduazione proprie dello Stato di aperturasarebbe certa e, dunque, prevedibile per i soli creditori domestici.

6. — Su un punto tutti gli ordinamenti evoluti convergono: i creditoridel debitore insolvente che non vantano cause legittime di prelazionedebbono essere soddisfatti secondo la regola di proporzionalità. Taleregola, comunemente identificata con il principio della par condicio credi-torum o pari passu principle, rappresenta senza dubbio the « foremostprinciple in the law of insolvency around the world » (33).

Ora, al di là della progressiva marginalizzazione della distribuzione« orizzontale » del patrimonio insolvente a motivo del proliferare dellecause di preferenza in ogni parte del mondo (34), non v’è dubbio chel’accoglimento della regola di proporzionalità faciliti enormemente il trat-tamento egualitario dei creditori nell’àmbito dell’insolvenza transnazio-nale: risultato, quest’ultimo, decisamente più difficile da raggiungere qua-lora si fosse accolto l’altro principio, pur astrattamente adottabile, prior intempore potior in jure.

Naturalmente, il fatto che tutti gli ordinamenti prevedano come regola

(32) WEISS, Tax Claims in Transnational Insolvencies: A « Revenue Rule » Ap-proach, 2010, p. 7 (disponibile on line sul sito www.iiiglobal.org).

(33) MOKAL, Priority as Pathology: The Pari Passu Myth, in Cambridge L.J., 2001,p. 581.

(34) Tanto da condurre parte della dottrina a definire i creditori chirografaridross, ovvero gli scarti nell’àmbito della ripartizione dell’attivo: WHITE, Death andResurrection of Secured Credit, in 12 Am. Bankr. Inst. L. Rev., 2004, p. 139.

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« residuale » quella proporzionale non assicura, necessariamente, il tratta-mento egualitario dei creditori del debitore comune. A tal fine, è in primoluogo necessario che i creditori esteri siano posti nella possibilità dipartecipare al concorso alla stregua di quelli domestici: ed in tal sensovanno lette le disposizioni richiamate nei paragrafi precedenti.

In secondo luogo, è necessario prevedere meccanismi che consentanodi prevenire alterazioni alla regola di proporzionalità, nell’ipotesi in cui visiano più procedure aperte nei confronti del medesimo debitore e diversemasse passive.

Può infatti accadere che il creditore X, ammesso alla procedura apertanello Stato A, pur avendone il diritto, non presenti domanda di insinua-zione nella procedura aperta, nei confronti del suo debitore, nello Stato B;mentre il creditore Y, più « sofisticato » (o che vanta un credito di importotale da compensare i costi dell’insinuazione multipla), risulta essere am-messo ad entrambe le procedure. In mancanza di un meccanismo diriequilibrio è evidente che il creditore X beneficerà, nella procedura A,della medesima percentuale di soddisfacimento del creditore Y, il qualeultimo, però, potrà godere anche dei riparti spettategli nella procedura B,sicché, a conti fatti, avrà ottenuto una più alta percentuale di soddisfaci-mento rispetto al suo concorrente del medesimo rango.

Tale meccanismo di coordinamento è stato individuato nella c.d.hotchpot rule, espressamente menzionata negli artt. 20.2 regolamento e 32legge modello (35). Ai sensi della prima disposizione: « Perché, sia garantitala parità di trattamento dei creditori, il creditore che, in una procedura diinsolvenza, abbia recuperato una quota del proprio credito, partecipa airiparti effettuati in un’altra procedura soltanto allorché i creditori dellostesso grado o della stessa categoria abbiano ottenuto in tale altra proce-dura una quota equivalente »; nella seconda, di contenuto pressoché iden-tico, si stabilisce: « Without prejudice to secured claims or rights in rem, acreditor who has received part payment in respect of its claim in aproceeding pursuant to a law relating to insolvency in a foreign State maynot receive a payment for the same claim in a proceeding [...] regarding thesame debtor, so long as the payment to the other creditors of the same classis proportionately less than the payment the creditor has already recei-ved » (36).

L’efficacia della hotchpot rule è, com’è evidente, strettamente con-nessa al grado di cooperazione e di coordinamento esistente tra le proce-dure parallele aperte nei confronti del debitore comune: così, se nessundubbio si pone circa l’automatica operatività della regola nell’àmbito delle

(35) Secondo NADELMANN, Revision of Conflicts Provisions in the American Ban-kruptcy Act, in 1 Int’l & Comp. L.Q., 1952, p. 484 ss., la prima applicazione dellahotchpot rule si è avuta, in Inghilterra, nel 1762, nel caso Rickards v. Hudson.

(36) Sulle origini e la diffusione della regola nei vari ordinamenti cfr., per tutti,NADELMANN, Concurrent Bankruptcies and Creditor Equality in the Americas, in 96 U.Pa. L. Rev., 1947-1948, p. 171 ss.

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insolvenze a dimensione comunitaria; non così certo è che il medesimorisultato si ottenga per quelle che travalicano i confini continentali, soprat-tutto qualora gli ordinamenti coinvolti non abbiano adottato la leggemodello e non si siano dotati di norme specifiche di diritto internazionaleprivato dell’insolvenza. Affinché possa operare il divieto dei doppi divi-dendi è invero necessario, in primo luogo, che vi sia quel minimo dicoordinamento tra procedure che consente agli organi deputati alla ripar-tizione dell’attivo dell’una di essere a conoscenza dell’esistenza, all’estero,dell’altra; e, in secondo luogo, che vi siano delle norme interne checonsentano all’ufficio concorsuale di « paralizzare » o « congelare » il di-ritto alla ripartizione vantato dal creditore ammesso, per via del dividendoda esso ottenuto in altre procedure collettive aperte nei confronti delmedesimo debitore.

Venendo all’ordinamento italiano. Pur essendo in teoria semplicericavare detta norma dal principio generale in virtù del quale i creditorihanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni (da ritenere, ovunquequesti si trovino) del debitore, in pratica non è ben chiaro in virtù di qualeregola o meccanismo potrebbe avvenire tale congelamento dei diritti delcreditore ammesso. Il creditore parzialmente soddisfatto all’estero non è,invero, titolare di un credito sottoposto a condizione e sicuramente per luinon potrebbero valere gli accantonamenti; né potrebbe essere assimilato alcreditore parzialmente soddisfatto prima dell’apertura della procedura (37).La sua posizione, in realtà, sembrerebbe coincidere, grosso modo, conquella di un creditore assolutamente, sebbene parzialmente, poster-gato (38): lo stesso, infatti, potrà partecipare ai riparti soltanto dopo cheagli altri creditori chirografari (nel parallelo, i beneficiari della posterga-zione) verrà corrisposta, nel fallimento dichiarato in Italia, quella parte delnominale del credito da lui ottenuta all’estero. Ciò significa che l’ammis-sione avverrà senza riserva, ma i riparti che spetterebbero al creditore giàparzialmente soddisfatto debbono essere distribuiti, pro quota, agli altri

(37) Un esempio può contribuire a chiarire meglio il concetto. Immaginiamo chevi sia un creditore chirografario X che vanta un credito pari a 100 e che nella proceduraaperta nei confronti del debitore nello Stato A abbia ottenuto 15. Immaginiamo adessoche nei confronti del medesimo debitore sia aperta una seconda procedura collettivanello Stato B, dalla quale i chirografari possono ottenere il 30% del nominale del creditovantato. Se i riparti ottenuti dal creditore X dovessero essere considerati come paga-menti anteriori all’apertura della procedura B, il creditore X potrebbe insinuarsi alpassivo di quest’ultima per 85; dopodiché, per effetto della hotchpot rule, dovrebbeattendere che agli altri creditori chirografari venga assegnata la medesima percentuale dalui già ottenuta nella procedura A; il creditore chirografario Y, che vanta anch’esso uncredito pari a 100, riceve nella procedura B i primi 15; a questo punto sia il creditore Xche il creditore Y possono partecipare ai riparti successivi, ma mentre Y ottiene altri 15(15% di 100), il creditore X ottiene soltanto 12.75 (15% di 85). Il che, evidentemente,è esattamente il risultato opposto a quello perseguito dalla hotchpot rule.

(38) Sulle varie figure di subordinazione sia consentito il rinvio a VATTERMOLI,Crediti subordinati e concorso tra creditori, Milano, 2012, passim.

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creditori chirografari, fino, appunto, al raggiungimento della soglia presta-bilita.

Molti dei problemi connessi all’applicazione della hotchpot rule po-trebbero essere superati qualora si giungesse al riconoscimento normativo,su scala mondiale, del cross-filing. Ed invero, se gli organi concorsualiavessero il diritto/dovere di presentare, nelle altre procedure collettiveaperte nei confronti del medesimo debitore, le domande di ammissione alpassivo per conto dei creditori insinuatisi nella loro, vi sarebbe unatendenziale uniformità delle masse passive, tale da rendere superflua lastessa hotchpot rule (39). O almeno così sarebbe, qualora il medesimocredito avesse, in tutti gli ordinamenti coinvolti, la stessa natura chirogra-faria.

Uno dei problemi più spinosi che concernono l’applicazione dellahotchpot rule riguarda proprio l’interpretazione da dare all’espressione « icreditori dello stesso grado o della stessa categoria », qualora il medesimocredito sia in un ordinamento chirografario e, in un altro, privilegiato (o,all’opposto, subordinato). Si torna, a ben vedere, al problema del cross-priority.

Si faccia l’esempio in cui il debitore sia stato dichiarato fallito in Italiae sottoposto al concurso de acreedores in Spagna; si immagini, poi, che unsoggetto vanti un credito per danni da responsabilità civile extracontrat-tuale del debitore insolvente. Si immagini, infine, che tale creditore siastato l’unico, tra tutti i concorrenti, ad insinuarsi al passivo di entrambe leprocedure collettive. Ottenuto il 50% del credito come privilegiato gene-rale in Spagna, quando potrà partecipare ai riparti in Italia?

La risposta a questo primo quesito è abbastanza agevole e non muta alvariare del sistema adottato: il principio di uguaglianza relativa che informasia il regolamento sia la legge modello impone invero di considerarechirografario, nell’esempio fatto, il credito del danneggiato insinuato nelfallimento. Il criterio della lex fori concursus determina — indipendente-mente dalla natura, principale o no, della procedura di insolvenza —l’applicazione del set di regole e princìpi che governano il sistema digraduazione dei crediti proprio dello Stato di apertura e la hotchpot rulenon ha l’obiettivo di scardinarlo. Il creditore dovrà dunque attendere cheagli altri creditori chirografari insinuati nel fallimento sia corrisposta unapercentuale di soddisfacimento pari al 50% del nominale del creditoammesso.

Le cose si complicano nel caso di crediti che vantano una garanziareale sui beni del debitore. Se, per riprendere l’esempio fatto in precedenza,il creditore vanta un’ipoteca sull’immobile situato in Spagna e dalla liqui-dazione del bene ha ottenuto, nel concurso, il 50% del suo credito, quandopotrà partecipare ai riparti nel fallimento?

A chi scrive sembra che, in tal caso, il credito debba essere ammesso,in Italia, come chirografario, in virtù della mancata apprensione, al falli-

(39) POTTOW, Greed and Pride, cit., p. 1910.

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mento, del bene sul quale insiste la garanzia; ed è da ritenere, altresì, chela quota ricevuta nel concurso de acreedores non possa essere imputata allaparte chirografaria del credito stesso, attesa la necessità di operare la c.d.bifurcation del credito (40). Tale operazione, che consiste nel separare laparte « garantita » del credito da quella non coperta dal valore del beneoggetto della causa di preferenza, consente di rendere omogenea la posi-zione del creditore garantito rispetto a quella ricoperta dai general unse-cured creditors e di valutare, dunque, la percentuale dal primo ottenutanelle precedenti ripartizioni sulla parte chirografaria, appunto, del suocredito. Nell’esempio fatto, dato che il creditore aveva ottenuto nel con-curso soltanto il valore di liquidazione del bene ipotecato, avrà diritto dipartecipare alla distribuzione della massa attiva nel fallimento fin dal primoriparto utile a favore dei chirografari, senza dover attendere il pagamentodel 50% del credito da essi vantato. E questa, detto per inciso, sembre-rebbe la soluzione adottata dalla legge modello, quando nell’incipit dellanorma che contiene la hotchpot rule fa salvi i crediti garantiti ed i dirittireali sui beni del debitore (« Without prejudice to secured claims or rightsin rem... »).

Quale meccanismo di « riequilibrio », la hotchpot rule sembra tuttaviaalquanto rozza (41): il raggiungimento dell’obiettivo al quale tende, invero,risulta influenzato da molti, forse troppi, fattori. In un saggio è stato infattidimostrato come l’applicazione della medesima regola conduca a risultatiper nulla omogenei a seconda che gli ordinamenti interessati si fondinosull’universalità o sulla territorialità; adottino o meno il cross-filing; rico-noscano o meno il cross-priority. Ma ciò che più stupisce, inoltre esoprattutto, è che la concreta percentuale di soddisfacimento dei creditorichirografari dipende dall’ordine cronologico nel quale avvengono i ripartinelle due (o più) procedure aperte (42).

7. — Si è detto di come la volontà di salvaguardare il sistema internodei privilegi e, più in generale, delle cause legittime di prelazione rappre-senti forse l’ostacolo più grande al riconoscimento planetario del principiopuro dell’universalità; e si è altresì osservato come il perseguimento del-l’obiettivo dell’uguaglianza di trattamento avvenga, in caso di apertura diprocedure parallele nei confronti del medesimo debitore, attraverso il« riequilibrio » delle posizioni creditorie assicurato dalla hotchpot rule. Mail sistema di graduazione dei crediti non si fonda esclusivamente sulladicotomia preferenza/proporzionalità: il complesso meccanismo si com-

(40) CARLSON, Bifurcation of Unsecured Claims in Bankruptcy, in 70 A. Bankr.L.J., 1996, p. 1 ss.

(41) GARRIDO, No Two Snowflakes the Same: The Distributional Question inInternational Bankruptcies, in 46 Tex. Int’l L.J., 2011, p. 459 ss.

(42) RAMMESKOW BANG-PEDERSEN, Asset Distribution in Transnational Insolven-cies: Combining Predictability and Protection of Local Interests, in 73 Am. Bankr. L.J.,1999, p. 385 ss.

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pone, invero, di un terzo ingranaggio, rappresentato dal fenomeno dellasubordinazione di credito.

Sorge così l’esigenza di verificare se, ed eventualmente in che misura,la natura postergata di un certo credito sia influenzata dalla lex concursusapplicabile ai creditori del debitore insolvente. A tal fine è opportunodistinguere tra crediti volontariamente ed involontariamente subordinati.

a) Quanto ai primi, è dato ormai acquisito in praticamente tutti gliordinamenti evoluti che il patto di subordinazione, in caso di apertura delconcorso sul patrimonio del debitore comune, possa (debba) trovarepuntuale esecuzione (43). Ciò significa, ad esempio, che il creditore cheaccetta, in Spagna, di subordinare il proprio credito verso l’impresa tedescache ha nell’ordinamento iberico una dipendenza, risulterà postergato, incaso di insolvenza del debitore, sia nell’eventuale concurso de acreedoressia nell’Insolvenzverfahren, indipendentemente dal fatto che si tratti di unasubordinazione assoluta o relativa.

Il che, peraltro, non esime dal valutare quale legge applicare al creditovolontariamente subordinato, atteso che nei due ordinamenti presi adesempio la posizione del creditore nei rispettivi sistemi di graduazione ètutt’altro che omogenea (art. 92.2º LC e § 39.2 InsO).

Rimanendo all’esempio fatto, il regolamento comunitario impone diapplicare la disciplina tedesca nella procedura principale e quella spagnolain quella secondaria (o territoriale); e la legge propria dello Stato diapertura si applicherà anche nell’ipotesi in cui soltanto una delle dueprocedure venga iniziata.

Il discorso non muta adottando la legge modello. Anche in tal caso,invero e come osservato, il rango del credito viene individuato secondo ilsistema di graduazione proprio del paese di apertura della procedura nellaquale si intende partecipare (art. 13.1).

b) Situazione non dissimile si registra con riferimento alla subordina-zione involontaria (legale o giudiziale).

Immaginiamo che l’amministratore di una s.r.l. con sede statutaria inItalia e con una dipendenza in Spagna abbia concesso un finanziamentoalla società, la quale, in un secondo momento e prima del rimborso dellesomme prestate, cade in stato di insolvenza. Nel fallimento, com’è noto, ilcredito dell’amministratore sarebbe chirografario (o, eventualmente, ga-rantito con beni della società); mentre nel concurso sarebbe postergato, inquanto vantato da una « persona especialmente relacionada con el concur-sado-persona jurídica » (artt. 92.5º e 93.2.2º LC).

Secondo la disciplina del regolamento è indubbio che: in caso diapertura di entrambe le procedure si applicherà il sistema di graduazioneitaliano per il fallimento e quello spagnolo per il concurso; qualora siaprisse la sola procedura spagnola, il credito sarebbe postergato, ancorchégarantito con un bene della società, salvo che il bene, mobile o immobile,sul quale insiste la causa di prelazione sia situato nel territorio italiano (o

(43) VATTERMOLI, Crediti subordinati e concorso tra creditori, cit., p. 62 ss.

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in altro Stato membro), nel qual caso troverebbe applicazione l’art. 5.2,lett. a), anche qualora il concurso fosse la procedura principale; nell’ipo-tesi, infine, in cui si aprisse il solo fallimento, il credito dell’amministratoresarebbe chirografario (o, eventualmente, garantito), anche qualora fossestato contratto in Spagna.

Nel caso fosse di applicazione la legge modello occorre premettere che,nonostante — come si è avuto modo di osservare — la stessa lasci in certamisura aperta la porta per la discriminazione nei confronti dei creditoristranieri, ammettendo la purgazione del privilegio che gli stessi vantereb-bero, ai sensi della lex fori, lo stesso art. 13.2 introduce quello che puòessere definito il principio della prelazione minima, stabilendo che, in ognicaso, il rango del credito vantato dallo straniero non può essere degradato,per il solo fatto di non essere « interno », al di sotto dei general unsecuredcreditors.

Il principio della prelazione minima deve comunque essere apprezzatonell’ottica della non discriminazione: ciò significa che se nella legge delloStato di apertura della procedura collettiva il credito vantato dal soggettostraniero è legalmente postergato, in virtù o della causa del credito o dellequalità personali (diverse dalla nazionalità) del suo titolare, tale creditosarà ammesso come subordinato, come qualunque altro credito dellamedesima specie vantato da un creditore domestico (art. 13.2, in fine).

Ciò premesso e tornando all’esempio fatto in precedenza, è indubbioche anche secondo i princìpi contenuti nella legge modello il creditodell’amministratore ricoprirebbe una posizione, all’interno del sistema digraduazione, diversa a motivo dell’apertura della procedura concorsuale inuno Stato piuttosto che nell’altro, con salvezza, di nuovo, degli eventualidiritti reali goduti dal creditore sui beni del debitore conseguenti al rilasciodella causa di prelazione di origine convenzionale.

8. — Tra i supposti vantaggi che determinerebbe l’adozione del prin-cipio di universalità vi sarebbe, come si è avuto modo di accennare inprecedenza, quello di consentire il rispetto della par condicio tra tutti icreditori del debitore insolvente, indipendentemente dalla loro nazionalitàe dall’ubicazione dei beni del debitore. Accentrando la gestione della massaattiva e della massa passiva in un unico foro sarebbe infatti possibileapplicare un unico sistema di graduazione dei crediti, da cui scaturirebbeun trattamento egualitario tra tutti gli aventi diritto sul patrimonio deldebitore (44), sempreché, ovviamente, venisse contestualmente accolto ilcross-priority.

Peraltro, proprio l’uguaglianza di trattamento rappresenta, al con-tempo — e se si vuole, paradossalmente —, l’ostacolo maggiore all’ado-

(44) LOPUCKI, Cooperation in International Bankruptcy, cit., p. 708.

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zione dell’universalità « pura » (45). E ciò in quanto, essenzialmente, sitratta (tratterebbe) di un’uguaglianza non già assoluta, bensì relativa:relativa, appunto, al sistema di graduazione proprio dello Stato di ori-gine (46).

Sembra, in effetti, che sia il timore di vedere irrimediabilmente lesi gliinteressi dei creditori domestici a frapporsi all’inserimento, nelle singoleleggi nazionali, di norme idonee ad « accogliere » sistemi di riconoscimentoe di graduazione dei crediti alieni (47). Il timore, cioè, che la causa diprelazione di origine convenzionale, validamente costituita sui beni deldebitore situati nel territorio, venga disconosciuta dall’ordinamento delloStato di origine; oppure, che quest’ultimo preveda un sistema di gradua-zione che porti il creditore domestico ad occupare una posizione deteriorerispetto a quella che occuperebbe secondo la legge nazionale, per via delmancato riconoscimento della preferenza di origine legale (48); oppure,infine, che la presenza, nel sistema alieno, di una molteplicità di privilegirendano il creditore chirografario nazionale out of the money.

Il problema potrebbe essere superato qualora vi fosse un’armonizza-zione internazionale delle norme che, nei vari ordinamenti, disegnano isistemi di graduazione dei crediti: il punto è, tuttavia, che è vero esatta-mente il contrario (49); ed è forse anche giusto (o naturale) che sia così (50).

Ciò dà ragione della resistenza degli ordinamenti nazionali a spogliarsidella loro competenza nella materia concorsuale e giustifica, altresì, itemperamenti al principio di universalità che si riscontrano nei testioggetto di analisi: la stessa presenza di procedure secondarie o territorialisembrerebbe poter trovare spiegazione in tale ottica (51). Da questo angolodi visuale non sembra dubbio che la legge modello abbia adottato unsistema decisamente più flessibile rispetto a quello proprio del regola-mento, ove per sistema flessibile si intende quello nel quale « regardless ofany ex ante arrangement, deference is discretionary, and countries are freeto use local assets to produce a favorable outcome for local creditors » (52).

La mancata estensione extraterritoriale degli effetti della legge dello

(45) WESTBROOK, Priority Conflicts as a Barrier to Cooperation in MultinationalInsolvencies, in 27 Penn. St. Int’l L. Rev., 2009, p. 869 ss.

(46) WESTBROOK, Choice of Avoidance Law in Global Insolvencies, in 17 Brook. J.Int’l L., 1991, p. 518.

(47) WESSELS, The European Union Insolvency Regulation: An Overview withTrans-Atlantic Elaborations, in Ann. Surv. Bankr. L., 2003, p. 487; FRANKEN, ThreePrinciples of Transnational Corporate Bankruptcy Law: A Review, in 11 Eur. L.J., 2005,p. 235.

(48) WESTBROOK, Universal Priorities, cit., pp. 37-38; LOPUCKI, Cooperation inInternational Bankruptcy, cit., p. 709.

(49) WOOD, Principles of International Insolvency2, London, 2007, p. 145 ss.(50) JANGER, Virtual Territoriality, in 48 Columbia J. Trans’l L., 2010, p. 403.(51) POTTOW, A New Role for Secondary Proceedings in International Ban-

kruptcies, in 46 Tex. Int’l L.J., 2011, p. 582.(52) WEISS, Tax Claims in Transnational Insolvencies, cit., p. 6.

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Stato di apertura; le eccezioni che possono essere discrezionalmente inse-rite dai legislatori nazionali rispetto agli effetti automatici derivanti dalriconoscimento di una procedura principale; la possibilità di prevederenorme sostanzialmente discriminatorie; e, soprattutto, la valutazione, dinuovo discrezionale, lasciata al tribunale dello Stato che ha effettuato ilriconoscimento nel concedere o meno le misure conservative sulla base,proprio, dell’impatto che tali misure hanno sugli interessi dei creditoridomestici, depongono inequivocabilmente in questo senso.

D’altra parte, i singoli ordinamenti sarebbero, forse, anche disposti arinunciare ad una parte della loro sovranità in tema di ripartizione dell’at-tivo, ma ciò a patto che sia rispettata la condizione di reciprocità — dimodo che, nel tempo, gli eventuali vantaggi o svantaggi per i creditoridomestici tendano a compensarsi —, attraverso o l’inserimento di clausolead hoc in trattati internazionali o, come avvenuto in àmbito europeo, unanormativa sopranazionale (53).

Una testimonianza in tal senso può essere tratta dal caso inglese/australiano HIH (54).

HIH era un’impresa di assicurazioni, con sede ed operatività in Au-stralia, ma anche con una rilevante frazione della massa attiva (essenzial-mente, somme liquide e crediti di riassicurazione) in Inghilterra. Aperta laprocedura concorsuale in Australia, la Australian Liquidation Court harichiesto alla corte inglese, che nel frattempo aveva aperto nei confrontidella HIH una provisional liquidation, di consentire all’organo della pro-cedura « principale » di apprendere i beni « inglesi » della debitrice, sì daconsentirne la liquidazione e la successiva ripartizione tra i creditorisecondo il sistema di graduazione proprio dell’ordinamento di origine.Rifiutata, in un primo momento, la richiesta dalla lower court — la qualeaveva ritenuto indisponibile il sistema di graduazione dei crediti inglese —la decisione è stata, nel grado successivo, ribaltata dalla House of Lords,che ha autorizzato, con voto unanime, l’apprensione dei beni, di fattoriconoscendo l’applicabilità, nella specie, del sistema australiano di ripar-tizione dell’attivo.

Orbene, nonostante due dei cinque giudici abbiano giustificato la lorodecisione richiamando il principio dell’universalità modificata e l’obbligodi cooperazione con le corti straniere che dall’accoglimento di tale princi-pio consegue (salvi i casi in cui la richiesta cooperazione si traduca in unattentato al principio di giustizia o all’ordine pubblico), la maggioranza diessi ha fondato la decisione sulla scorta di quanto previsto dalla sec. 425dell’Insolvency Act, che impone alle corti inglesi di ottemperare allerichieste provenienti dai giudici appartenenti ai c.d. relevant country orterritory, designati come tali dal Secretary of State — tra i quali figura,appunto, l’Australia — e che soddisfano, tra gli altri requisiti, quello dellareciprocità.

(53) JANGER, Reciprocal Comity, in 46 Tex. Int’l L.J., 2011, p. 441 ss.(54) HIH, [2008] UKHL 21.

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Venendo infine all’ordinamento italiano.Le perplessità che suscita il nostro ordinamento in materia di insol-

venza transnazionale non derivano tanto — come spesso sostenuto dallanostra dottrina (55) — da quello che, sul punto, dice la legge fallimentare,quanto, piuttosto, da quello che la legge non dice. La possibilità, concessadall’art. 9, comma 3º, l.fall., di aprire una procedura di insolvenza neiconfronti di un imprenditore già sottoposto ad altra procedura all’esteronon si pone, infatti, in contrasto né con la normativa comunitaria, né conle norme contenute nella legge modello; anzi, è in perfetta sintonia con talisistemi di governo dell’insolvenza transnazionale. Il problema, si diceva, èche al di là della disposizione testé menzionata v’è il buio più totale.

Non una norma che consenta quello che in precedenza si è definito ilcross-filing (né in « entrata », né in « uscita »); non una norma che consentaespressamente al giudice di rifarsi al modello del cross-priority o di coope-rare fattivamente con le autorità nazionali e/o gli organi delle procedureestere, al fine di consentire una più efficace ed efficiente tutela dei creditori;non una norma che disciplini il meccanismo utilizzabile per rendereoperante la hotchpot rule, anche per insolvenze extracomunitarie; non unanorma, infine, che (sempre in àmbito extracomunitario) consenta di stabi-lire le condizioni per il riconoscimento di una procedura straniera né glieffetti che l’eventuale riconoscimento determina per i creditori.

Né in soccorso potrebbe essere chiamata la legge di riforma del sistemadi diritto internazionale privato: anche volendo riconoscere l’applicabilitàdi tale sistema alla materia concorsuale — e già sul punto sia consentitoesprimere più di una riserva — è indubbio che l’eventuale riconoscimentodella sentenza di apertura della procedura collettiva straniera non potrebbemai determinare l’applicazione, nei confronti dei beni situati nel territoriodella Repubblica e dei creditori domestici, della lex concursus aliena, néprodurre gli effetti che deriverebbero dall’apertura di un’analoga proce-dura in Italia (non potrebbe quindi comportare, ad esempio, il blocco delleazioni esecutive individuali).

Ciò che si vuole evidenziare, in questa sede, non è tanto l’opportunitàdi adottare uno specifico modello a scapito di un altro — « universalitàmodificata » e « territorialità cooperativa » presentano entrambi vantaggi esvantaggi, anche nell’ottica più circoscritta della tutela dei creditori —,quanto, piuttosto, la necessità, ormai connotata dai caratteri dell’urgenza,che il legislatore italiano si faccia finalmente carico dei problemi scaturentidall’insolvenza transnazionale, dotandosi di una disciplina ad hoc, analo-gamente a quanto fatto, da tempo, dagli ordinamenti più evoluti. Tra imolteplici vantaggi che ne scaturirebbero, alcuni dei quali del tutto ovvi, vene sono anche alcuni « nascosti », ma ugualmente importanti: l’esistenza dinorme chiare in tema di cooperazione internazionale potrebbe, ad esempio,

(55) Cfr., per tutti, DE CESARI-MONTELLA, Insolvenza transfrontaliera e giurisdi-zione italiana. Competenza internazionale e riconoscimento delle decisioni, Milano,2009, p. 12 ss.

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consentire ai nostri giudici ed ai nostri curatori di « attivare » le norme sulriconoscimento delle sentenze e sui poteri degli organi delle procedurestraniere presenti in questi altri ordinamenti, al fine, tra l’altro, di appren-dere i beni del debitore fallito situati all’estero; norme la cui operatività,oggi, potrebbe essere circoscritta o addirittura disconosciuta per difetto direciprocità.

Una riforma in tal senso consentirebbe, altresì, di raggiungere unobiettivo sicuramente non secondario: ossia, la prevedibilità e la certezzadelle situazioni giuridiche soggettive, che — come giustamente evidenziatoda una parte della nostra dottrina (56) — sembrerebbero essere alla basedegli sforzi sin qui compiuti in àmbito internazionale in questa delicatamateria, attesi i pesanti riflessi negativi che l’incertezza determina rispettovuoi al mercato del credito e vuoi, in un’ottica più ampia, allo sviluppoeconomico delle nazioni.

La conclusione che si può trarre da queste brevi riflessioni è che,dunque, il raggiungimento della par condicio omnium creditorum, invo-cato a livello internazionale come l’obiettivo prioritario del sistema digoverno dell’insolvenza transfrontaliera, incontra ancora non pochi limiti etemperamenti, che si traducono in ostacoli che paiono insormontabiliqualora ad essere coinvolti dalla crisi siano ordinamenti, quale il nostro,ancora legati ad una concezione miope e « parrocchiale » del diritto delleimprese e del mercato in cui esse operano.

(56) SCIUTO, Crisi dell’impresa e crisi della sovranità statale nel mercato globale(convergenza, concorrenza e coordinamento e delle norme nazionali), in Riv. trim. dir.pubbl., 2009, pp. 423-424.

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