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Di Rose Marcario, Patagonia CEO25 Novembre, 2015.

Diventiamo tutti ambientalisti radicali.

Suona un po’ forte, ma in fondo non è così. Tutto quel che vi occorre è un kit per il cucito e alcune istruzioni per la riparazione.

Come singoli consumatori, una delle cose più responsabili che possiamo fare per tutelare il pianeta è prolungare la vita delle cose che già utilizziamo. Il semplice gesto di far durare più a lungo i capi che indossiamo, avendone cura e riparandoli quando necessario, consente di non doverne acquistare di nuovi, evitando così di generare le emissioni di CO²,

la produzione di scarti e di rifiuti e il consumo di acqua associati ai

cicli produttivi del settore tessile.

Perché riparare è un atto così radicale? Per molte persone, riparare qualcosa che si potrebbe anche scegliere di buttare via è un’idea quasi inconcepibile, soprattutto in quest’epoca che celebra moda e sviluppi tecnologici a getto continuo. Eppure, avrebbe un impatto sbalorditivo. Lo dico come CEO di un’azienda che produce abbigliamento: nonostante il nostro profondo impegno a una produzione responsabile, ciò che realizziamo esige dalla Terra più risorse di quante sia in grado di ripristinarne.

invece, acquistano, usano, gettano e ripetono il ciclo da capo: un circolo vizioso che ci sta portando al disastro ecologico.Per mettere le cose in chiaro, il problema non è tanto l’atto di acquistare in sé (anche se non è difficile accorgersi che la frenetica

follia che circonda i giorni dedicati allo shopping pre-natalizio ha

raggiunto proporzioni assurde).

Viviamo in una cultura dove tutto sembra essere sostituibile. Certo, ci sono oggetti che in genere ripariamo perché sono particolarmente costosi, come le auto o le lavatrici, ma è più facile e spesso più economico acquistare cose nuove. E poi ci sono altri motivi che ci inducono ad evitare di riparare qualcosa, ad esempio etichette che avvisano dell’annullamento della garanzia nel caso si dovesse procedere a riparazioni autonome, o la mancanza di accesso alle informazioni e agli strumenti per consentirci di aggiustare le cose da noi.

Queste condizioni creano una società di consumatori di prodotti, non di proprietari di prodotti. E c’è una differenza. Chi è proprietario di qualcosa ha la responsabilità di averne cura al meglio, con tutta una serie di accorgimenti, da un’adeguata pulizia alla riparazione, dal riutilizzo alla condivisione. I consumatori,

Riparare è un

atto radicale

In fondo, le nostre vite dipendono da un’ampia gamma di prodotti realizzati con sistemi di produzione che risultano dannosi per il pianeta– inclusi i nostri di Patagonia. Il problema è che è improbabile che questa

“Comportiamoci come proprietari,

non come consumatori!”

Pho

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“lavoriamo sodo per produrre capi di

abbigliamento di alta qualità, realizzati con

materiali eco-sostenibili”

escalation abbia fine, a prescindere da tutto il lavoro e l’impegno in cui cerchiamo di prodigarci per ridurre il nostro impatto sull’ambiente.

Qual è allora l’antidoto? Per ridurre la nostra impronta in termini di consumismo collettivo è indispensabile che le aziende che realizzano i prodotti e i consumatori che li acquistano condividano le medesime responsabilità– ma le imprese devono agire in modo indipendente.

Noi di Patagonia lavoriamo sodo per produrre capi di abbigliamento di alta qualità, realizzati con materiali eco-sostenibili; indumenti resistenti e che possono essere riparati– e offriamo una garanzia che copre l’intera vita del prodotto. Gestiamo lo stabilimento per riparazioni più grande del Nord America (con all’attivo circa 40.000 interventi nell’anno in corso) e abbiamo anche formato il personale dei nostri punti vendita affinché sia in grado di

gestire i lavori di riparazione più semplici (con l’aggiunta quindi di altre svariate migliaia di sistemazioni). Per l’imminente stagione delle festività natalizie, abbiamo chiesto aiuto a iFixit, pubblicando sul nostro sito Web più di 40 guide gratuite dedicate alle riparazioni dei prodotti Patagonia. Ci siamo dati molto da fare per offrire ai nostri clienti l’opportunità di aggiustare i propri capi e le proprie attrezzature in modo autonomo, di destinare gli articoli dismessi a donazioni o vendite, o di riciclarli se necessario.

In cambio, chiediamo ai nostri clienti di usare gli strumenti messi loro a disposizione per ridurre l’impatto ambientale delle cose che possiedono, aggiustandole, scoprendo modi alternativi per riutilizzarle, riciclandole

quando sono effettivamente arrivate al termine del loro ciclo di vita.

Acquistando solo ciò di cui hanno realmente bisogno, a lungo termine, i clienti possono contribuire concretamente a ridimensionare l’imperante consumismo globale. Facendo così di un acquisto un investimento che consenta di risparmiare denaro, e contribuendo a salvare il pianeta.

Purtroppo, siamo ancora lontani da questa prospettiva. Se da un lato alcune aziende, come Ricoh, DeWalt, Caterpillar e Lenovo, hanno fatto di riparazione e rifabbricazione gli elementi basilari del proprio modello imprenditoriale, dall’altro la maggior parte delle aziende continua a realizzare prodotti economici che si rompono facilmente e che devono quindi essere sostituiti di frequente. Dal canto loro, i clienti, condizionati dalla ricerca del prezzo più vantaggioso, continuano a fare acquisti entro i limiti di tale modello, ripetendo così il ciclo all’infinito.

Inoltre, troppo spesso i prodotti non sono provvisti di istruzioni per la riparazione: si arriva anche a casi estremi in cui le aziende ostacolano di fatto gli interventi individuali inventando e brevettando nuovi attrezzi e altre sciocchezze del genere. Un simile atteggiamento dovrebbe essere giudicato inaccettabile, soprattutto se consideriamo la crisi ambientale con la quale siamo tutti

chiamati a fare i conti; invece, l’obsolescenza pianificata viene celebrata come marketing “intelligente”.

Testimoni degli effetti sempre più rilevanti causati ogni anno dai cambiamenti climatici e con l’approssimarsi degli importanti dibattiti che riguardano proprio le politiche climatiche a livello globale, in occasione della Conferenza mondiale sul clima che si terrà a Parigi alla fine di questo mese , come singoli individui abbiamo il dovere di invertire l’attuale corso dell’iper-consumismo in cui siamo immersi. Comportiamoci come proprietari, non come consumatori! E ripariamo invece di infliggere al pianeta il peso dell’ennesimo nuovo prodotto se realmente possiamo farne a meno.

Come imprese, abbiamo invece la responsabilità di migliorare sempre di più la qualità di ciò che realizziamo per poter reclamare il titolo e lo status di “proprietari”, rendendo accessibili eventuali ricambi e semplificando i processi di riparazione. Diamo importanza alla sforzo di provare ad aggiustare qualcosa. Abbiamo bisogno di trasformare i nostri clienti in proprietari, e questo richiederà un cambiamento di prospettiva epocale.

È un pensiero radicale, ma il cambiamento può partire anche semplicemente da ago e filo.

Pho

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Worn Wear

in Tour

Tutti noi abbiamo indumenti usati e stra-usati a cui siamo particolarmente affezionati: sono ricchi di carattere e significato e, nel tempo, diventano qualcosa di più della semplice somma dei tessuti e delle cuciture con cui sono realizzati. Utilizzare questi capi di abbigliamento per molto tempo ci rende felici e ci consente inoltre di mantenere il pianeta in buona salute. Per aiutarti a tenere in circolazione ciò che indossi il più a lungo possibile, abbiamo pensato di far scendere in strada, letteralmente, il team Worn Wear Patagonia: un vero e proprio tour che toccherà Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi e Spagna da aprile a maggio 2016, per un’avventura di cinque settimane e 40 fermate. Il team Worn Wear effettuerà riparazioni gratuite di capi di abbigliamento e ti insegnerà anche come aggiustare abiti e attrezzature in modo autonomo. Tutto quello che devi fare è portare con te gli indumenti che devono essere riparati. Potrai anche sfruttare i nostri macchinari e la nostra esperienza per provare a riparare sul posto i tuoi capi.

Considera che, tenendo in vita ciò che indossi semplicemente per altri nove mesi, puoi ridurre di circa il 30% la relativa impronta ambientale in termini di emissioni di CO², rifiuti e consumo idrico. Quindi, ricorda: SE SI ROMPE, RIPARALO! Per ulteriori informazioni sulle date del tour europeo Worn Wear patagonia.com/it/worn-wear P

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Photo: DONNIE HEDDEN

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Nano-Air® HoodyIndossato durante la traversata del

Gruppo del Fitz Roy, El Chalten, Argentina.

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TommyCaldwell

È probabile che abbia indossato questa giacca 200 volte sulle montagne. L’ho portata in alcune delle mie arrampicate più importanti di sempre. Questo capo è stato con me costantemente, per tutto il tempo. Mi piace utilizzare le cose che indosso il più a lungo possibile, perché diventano più preziose via via che vivono intense avventure insieme a chi le mette.

Tommy Caldwell

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Leashless JacketIndossata durante la prima ascesa del

North Ridge di The Citadel, Neacola Range, Alaska.

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MattHelliker

“Mi serviva una giacca affidabile sia per l’arrampicata più lenta e tecnica che per il light-and-fast con previsioni meteo miste, e questa hard shell era per me l’opzione migliore.”

Matt Helliker

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Organic Cotton BoxersIndossati in Groenlandia, Isola di Baffin, Patagonia, Venezuela, Cina, Yosemite e

durante qualche nuotata artica.

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SeanVillanuevaO’Driscoll

Questi boxer di morbido e comodo cotone organico ti fanno sentire a posto “là sotto” e libero di muoverti. I colori vivaci mi ricordano le spiagge assolate e mi tengono comodo e al caldo mentre nuoto tra gli iceberg. Facendo anche un sacco di bici, alla fine, la seduta si è consumata… per fortuna ho sempre il mio fidato nastro adesivo, quello che si usa per sigillare tetti e coperture, così ho potuto ripararli.... È un po’ ironico che lo abbia usato per le parti basse, no?... Poi ho fatto anche qualche cucitura al cavallo così da lasciare la mercanzia più comoda. Continuano ad essere tra i miei boxer preferiti. E se avessi l’occasione di fare colpo su una bella ragazza, ecco, mi metterei proprio questi… Scoprirei subito se è fatta della pasta giusta.

Sean Villanueva O’Driscoll

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DAS ParkaIndossato durante la prima ascesa di ‘Cartwright Connection’ della parete

Nord del Monte Hunter, Alaska.

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Riepilogo: 6 giorni, 38 tiri di arrampicata, portaledge collassato 2 volte, 1 fungo di ghiaccio mancato per un soffio, 2 climber felici.Via intitolata alla memoria del mio caro amico Jules Cartwright.

Jon Bracey

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Storm JacketIndossata per tagliare e levigare tavole

da surf.

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TomDoidge-Harrison

La mia Storm Jacket originale ha otto anni, almeno penso: negli ultimi cinque l’ho usata per tagliare e levigare tavole da surf, per un totale di circa 300 pezzi. Adesso la vedete impolverata e appesa, ma con dei nuovi polsini a strappo può tranquillamente continuare a lavorare per altri cinque anni.

Tom Doidge-Harrison

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Guide alla riparazione & alla cura

dei prodotti PatagoniaCome singoli consumatori, una delle cose più responsabili che possiamo fare per tutelare il

pianeta è prolungare la durata delle cose che già utilizziamo. Le semplici guide alla riparazione dei prodotti che vi proponiamo in questa pagina sono state realizzate insieme agli esperti di iFixit. Vi incoraggiamo ad aggiustare i vostri capi e le attrezzature Patagonia, ricordandovi che la Garanzia

Corazzata di Patagonia resta comunque valida e applicabile.

Dai un’occhiata alla nostra selezione di 3 guide alla riparazione e alla cura!

Impara anche a eseguire altre riparazioni :

Come accedere alle parti interne di una giacca in piuma PatagoniaCome riparare un riquadro trapuntato su una giacca in piuma Patagonia

Cucire con il punto piatto lo strappo Riparare un riquadro trapuntato su una giacca Patagonia

scopri di più : patagonia.com/it/wornwear

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Rimuovere i pelucchi:

Maglie in lana, cotone

organico o fleece

1. Distendere la maglia sul tavolo. 2. Passare una Sweater Stone (o una pietra pomice) seguendo la trama della maglia in una direzione. Sollevare sempre la pietra pomice prima di cambiare direzione, quindi spazzolare nel senso contrario. Continuare fino a rimuovere tutti i pelucchi.

3. Strofinare la pietra pomice con le mani per togliere la lanugine.

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Toppa adesiva

Giacche in piuma

e tessuto sintetico1. Assicurarsi che l’area di applicazione della toppa sia asciutta e pulita. Tagliare i fili che spuntano dallo strappo e/o dai lembi di tessuto. Non tirare i fili o le piume.

2. Sul retro della toppa adesiva disegnare un ovale leggermente più largo dello strappo da riparare (abbondanza di 1 cm su tutto il perimetro).

3. Ritagliare l’ovale dalla toppa.

5. Aiutandosi con uno spillo, rimuovere attentamente la parte posteriore della toppa e posare la pellicola trasparente sul tessuto, avendo cura di stenderla bene in tutte le direzioni.

4. Posare la toppa ritagliata sullo strappo. La toppa deve essere circa 1 cm più larga dello strappo su tutto il perimetro.

6. Una volta applicata la toppa sullo strappo, verificare l’assenza di bolle d’aria intrappolate.

7. Eliminare eventuali bolle d’aria spianando la toppa con un’unghia o uno strumento piatto fino a farla aderire bene al tessuto. Ripetere i passaggi 1-3 sul retro dello strappo, sempre che sia accessibile. Le toppe aderiscono all’istante, ma occorre attendere un’ora prima che si fissino completamente al tessuto.

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Sostituire un cordino

per tirazip

1. Procurarsi un nuovo cordino per zip. 2. Inserire il cordino nell’anello più piccolo della zip. Tirare il cordino facendolo scorrere nell’anello.

3. Afferrare l’estremità superiore del cordino e farla passare nell’anello più grande della zip. Formare un nodo con il cordino e far passare l’estremità in gomma nel nodo. Tirare l’estremità.

4. Tirare la linguetta in plastica e assicurarsi che sia ben fissata. Fatto!

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Patagonia - Perché per te è importante che un capo di abbigliamento sia resistente e durevole?

Barbara - Se c’è un indumento che mi dà molte soddisfazioni e con cui mi sento a mio agio, che mi sta bene, mi piace ed è funzionale, di solito voglio anche poterlo usare il più a lungo possibile, perché so che può aiutarmi in situazioni in cui ne ho bisogno. Se sono in montagna o se mi sento comoda indossandolo anche in città, se lo porto addirittura tutti i giorni, non ho motivo di sostituirlo: mi piace, lo amo e voglio poterlo usare per molto tempo.

Patagonia - Pensi a questo aspetto anche quando li aggiusti? Se vedi qualcosa che magari ha un piccolo difetto di produzione, ti piacerebbe provare a sistemarlo se potessi, realizzando una riparazione duratura?

Barbara - Sì, sì. Certo. Ho alcuni capi Patagonia che ho completamente personalizzato. Sono modelli vecchi. All’inizio i tagli dell’abbigliamento da donna erano molto ampi e così ad un certo punto mi sono messa a modificarli basandomi sulla mia taglia, in modo da renderli giusti per me, e devo dire che il risultato ottenuto mi piace molto.

Patagonia - Così hai personalizzato i tuoi abiti in modo che avessero una vestibilità fatta su misura per te?

Barbara - Proprio così. Per fare in modo che mi andassero bene. E vedo anche che durano negli anni. Ho una vecchia... gonna “Puffball”, per esempio. È un capo

Patagonia, l’ho sistemata con dettagli personalizzati e la metto ormai da cinque, sei anni. Mi piace questa cosa.

Patagonia - È il tuo indumento più speciale?

Barbara - No. A dire il vero, il più speciale è un marsupio. Ha 25 anni e lo riparo abbastanza spesso ormai, perché è un modello che Patagonia non ha mai più rifatto e mi piace davvero. Mi segue sempre in montagna ma lo uso anche in città. Se devo essere sincera, in città lo adopero perché non sono esattamente un tipo da borsetta... invece questo marsupio lo adoro, c’è spazio per il borsellino e per tutto quel che mi occorre. E quindi

Prolungate

la vita dei

vostri capi

“provare a riparare un capo di abbigliamento dà una grande soddisfazione, aggiunge qualcosa al

suo valore. “

Barbara HeinzeSarta, Munich

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continuo a portarmelo dietro, anche in città.

Patagonia - Che cosa hai imparato a fare prima: a riparare un capo di abbigliamento o a confezionarlo?

Barbara - A realizzarlo. Ho imparato prima ad essere una sarta, a cucire; riparazioni, rammendi e modifiche varie si imparano poi velocemente, strada facendo. Se sei una sarta, finisce che ti chiedono sempre di accorciare un paio di pantaloni, di aggiustare una cerniera lampo e altre cose del genere. Quindi questo aspetto legato alle riparazioni fa parte del mio lavoro. Però mi sono anche resa rapidamente conto che esistono molti modi di sistemare un indumento. Lo puoi fare in fretta e furia oppure rifletterci sopra e trovare soluzioni più efficaci. Ci sono enormi differenze nel modo in cui si può aggiustare qualcosa.

Patagonia - Ti riferisci ad esempio alla differenza tra una riparazione di fortuna e una riparazione pensata per durare più a lungo?

Barbara - Esattamente. Oppure a una riparazione che addirittura migliora il capo stesso, in una certa misura. Mi spiego: se il tessuto è bucato, lo ripari, non c’è molto altro da fare. A volte, però, vedi che il buco è in un punto soggetto a molte sollecitazioni, per esempio su un paio di pantaloni. In questo caso, puoi pensare a una soluzione per eliminare del tutto la sollecitazione, così che il rammendo possa durare più a lungo, perché in questo modo si risolve anche il problema del perché il tessuto si è bucato proprio in quel punto.

Patagonia - Perché secondo te riparare è così importante? Fare in modo che un capo di abbigliamento duri più a lungo invece di limitarsi a gettarlo via, acquistandone uno nuovo?

Barbara - Penso che l’aspetto più importante sia quello ecologico: è fondamentale prendersi cura del mondo in cui viviamo, senza sprecare né buttar via troppe cose. Essere più consapevoli di ciò che compriamo e di ciò che decidiamo di eliminare. La prima cosa importante è conservare un capo, facendolo durare il più a lungo possibile. La seconda è il fatto che ti piaccia davvero, che ti faccia sentire comodo e a tuo agio. Diventa, come diciamo in tedesco, “Lieblingsteil”, il tuo pezzo preferito. Qualcosa che ami avere nell’armadio perché sei felice di indossarlo.

Patagonia - Incoraggeresti altre persone a provare a riparare e ad aggiustare da sole ciò che indossano?

Barbara - Assolutamente sì. Ci sono moltissime cose che si possono facilmente fare in modo autonomo. Lo consiglierei a tutti. E suggerirei anche di chiedere

a me se non riuscissero a farlo, oppure di chiedere una mano a qualcuno che spiegasse loro come procedere. Sarebbe bellissimo se la gente provasse ad aggiustare le cose per conto proprio.

Patagonia - Se tutti iniziassero a fare piccole riparazioni, un sacco di prodotti non finirebbero in pattumiera senza motivo. Giusto?

Barbara - Giusto. Un altro aspetto a cui penso sempre è che provare a riparare un capo di abbigliamento dà una grande soddisfazione, aggiunge qualcosa al suo valore. Proprio perché sperimenti in prima persona quanto è difficile rammendarlo, quanto ti senti felice se riesci a farlo e quanto poi ne sei orgoglioso. Se la riparazione viene bene, ti senti al settimo cielo, perché da quel momento quella giacca, quella gonna, quei pantaloni valgono ancora di più per te. Hanno qualcosa di più personale, che li caratterizza e li rende speciali, unici.

Patagonia - Allora pensi che sia questo l’aspetto più importante nel riparare qualcosa? L’unicità?

Barbara - Non penso che sia l’aspetto più importante, ma sicuramente è il secondo in ordine di importanza. Ritengo che ciò che conta maggiormente sia l’impatto ecologico legato al fatto di usare un indumento più a lungo. È un modo per rispettare di più il mondo in cui viviamo. È certamente questa la cosa più importante.

“è fondamentale prendersi cura del mondo in cui viviamo, senza sprecare né buttar via troppe cose.

Essere più consapevoli di ciò che compriamo e di ciò che decidiamo di eliminare”

Scopri di piùpatagonia.com/it/wornwear

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Sean Villanueva O’DriscollPatagonia Ambassador

Patagonia - Allora, dicci come ti chiami e cosa fai.

Sean - Mi chiamo Sean Villanueva O’Driscoll e vengo dal Belgio. Sono un rock climber. Arrampico in tutto il mondo, soprattutto sulle big wall di stupendi luoghi remoti e molto isolati.

Patagonia - Perché scegli posti così isolati?

Sean - Per l’avventura. Proprio perché sono così lontani e poche persone ci sono state, questi luoghi hanno aspetti sconosciuti che mi attirano. È una specie di sfida, andare fin là, esplorare il mistero. Farlo, insomma.

Patagonia - Quindi abbigliamento e attrezzature devono essere importanti. Qualcosa di adeguato che ti protegga in questi luoghi così remoti.

Sean - Certamente. In simili posti sperduti sei completamente solo e può fare davvero freddo. Spesso le condizioni sono dure, molto dure. Il semplice fatto di proteggersi dagli elementi è essenziale, letteralmente, per sopravvivere. Avere gli indumenti giusti e riuscire a stare caldi è basilare, visto che è facilissimo andare in ipotermia, bagnandosi o raffreddandosi o perdendo calore corporeo. Se non riesci a recuperare calore, vai in ipotermia. In molti dei luoghi dove ci avventuriamo le possibilità di soccorso sono scarse. I soccorsi più vicini possono essere a giorni di distanza, quindi è fondamentale potersi proteggere ed essere equipaggiati al meglio. È importantissimo che le attrezzature, indumenti compresi, siano tecniche, leggere e funzionali, e preferibilmente resistenti; in grado di far fronte agli elementi e di sopportare un uso intensivo in condizioni estreme.

Patagonia - Ci sono un paio di capi di vestiario che ti hanno accompagnato

ovunque? Di cui, diciamo, ti fidi perché li hai messi alla prova?

Sean - Alcuni dei miei baselayer. Ho degli strati base che uso solo per le grandi occasioni, per le spedizioni più importanti, insomma, quelle che sai già che saranno uscite davvero toste. Ho bisogno di baselayer che mi tengano caldo e si asciughino rapidamente. Oppure questa giacca, ecco, questa giacca ce l’ho dal 2006. L’ho usata il primo anno sull’isola di Baffin e da allora mi ha seguito in molte spedizioni. Sì, l’isola di Baffin, nel 2006, quindi dieci anni fa. Dieci anni? Dieci anni fa, pensa! Alcune di queste toppe sono state messe da un tizio che a un certo punto è sbucato fuori, così, sul ghiacciaio. Eravamo nel bel mezzo del nulla. Dopo qualcosa come tre giorni di camminata, nel nulla più assoluto, durante la scalata di Mount Asgard, ci siamo imbattuti in quel tipo che era lì da solo. Singer, Jason Singer. E’ un tizio piuttosto mitico,, un famoso scalatore dello Yosemite, dove ha messo

a segno alcune delle prime ascese in solitaria. ‘Singer’ è il suo soprannome, a dire il vero, perché ripara gli abiti; si è fatto questa fama. Così hanno iniziato a chiamarlo Singer, come la macchina da cucire. È lui che mi ha sistemato la giacca sull’isola di Baffin, mettendoci queste toppe. Sul ghiacciaio. Con un cucchiaio. Ha riscaldato il cucchiaio e ci ha stirato le toppe adesive, queste qui blu. Mi ha chiesto se le volevo rosse o blu, e io gli ho risposto che preferivo quelle blu, così riuscivo a vederle bene. E poi me le ha fissate. Una riparazione sul ghiacciaio dell’isola di Baffin, ai piedi di Mount Asgard. Una figata, eh? Quindi, questa

Storie ed

esperienze

vissute

“Se qualcosa che indossi è rattoppato,

vuol dire che ha vissuto”

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giacca si porta dietro un bel pezzo di storia.

Patagonia - Che ne pensi di capi di abbigliamento che durano a lungo nel tempo e della possibilità di ripararli se si rompono?

Sean - Per me è molto importante avere indumenti resistenti, che posso usare il più a lungo possibile. Non riesco proprio a capire chi corre a comprarsi qualcosa di nuovo appena vede che quello che indossa ha un buchino o un piccolo strappo. E credo che sia una bella cosa saper rammendare e riparare una giacca o un paio di pantaloni. Devo dire che, anche se non è necessariamente una cosa positiva, sono emotivamente legato a un sacco dei miei indumenti. Faccio fatica a sbarazzarmene. L’eccessivo attaccamento non va bene, siamo d’accordo, ma d’altra parte è fantastico sapere di avere quella maglia o quella shell con cui hai fatto un casino di cose e che è con te da un sacco di tempo. Penso semplicemente che sia giusto usare un indumento fino a quando non si è completamente disintegrato. Assolutamente.

Patagonia - Si racconta di un tipo che è andato a pescare in Canada indossando la sua giacca impermeabile preferita; a un certo punto, se l’è tolta e questa è volata via dalla barca con una folata di vento. Un anno dopo è tornato nello stesso posto a pescare e ha visto uno dei ragazzini del posto con addosso la sua giacca. Ma questa giacca persa gli piaceva al punto che ha chiesto al ragazzo di scambiare quella nuova che indossava per riavere indietro la sua prediletta. E così ha fatto, riprendendosi la giacca originale.

Sean - Esatto! Hai colto nel segno. Anch’io a volte mi affeziono alle mie cose allo stesso modo. Altre volte, però, devi lasciarle andare. Appena vedo che c’è uno strappo in un indumento, potrei facilmente comprarne uno nuovo, ma perché dovrei? Sarebbe del tutto inutile.

Se qualcosa che indossi è rattoppato, vuol dire che ha vissuto. Penso che forse a volte le persone abbiano paura di mettersi roba rammendata o aggiustata, credono che sia una cosa stupida... Avendo un sacco di vestiti, a volte finisce che li regalo. Eppure, molti di questi la gente non li vuole, proprio perché non sono nuovi di zecca. Tranne quando sono stato in Madagascar, l’estate scorsa. Ecco, lì ho regalato dei vestiti e le persone sono

“Non riesco proprio a capire chi corre a comprarsi qualcosa di nuovo appena vede che quello che indossa

ha un buchino o un piccolo strappo.”

come impazzite, felici come pasque di ricevere una giacca, una maglietta, cose del genere, anche se piene di toppe e rammendi. Qui in Europa invece, una giacca rattoppata non riuscirei a regalarla a nessuno, perché nessuno la vorrebbe, mentre ci sono altre persone che invece sarebbe solo felici di poterla ricevere.

Laggiù c’è gente che indossa i vestiti fino a quando non sono ridotti a brandelli.

Patagonia - Intendi dire che se hai una giacca che ha fatto il giro del mondo con te ed è piena di toppe, ti rende anche orgoglioso e ti ricorda le esperienze e le avventure vissute, giusto? Altri potrebbero pensare che sia brutta e usurata, mentre per te avrebbe un significato tutto diverso.

Sean - Esatto. È intessuta di storia. Le cose che indossiamo si arricchiscono delle avventure, delle storie e delle esperienze che viviamo.

Scopri di piùpatagonia.com/it/wornwear

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Idee

Worn Wear

Tom Doidge-HarrisonPatagonia Ambassador

Vivo con mia moglie e i nostri due figli su un appezzamento di terreno poco elevato di quasi un ettaro, a cinque chilometri verso l’interno della costa nord-atlantica della baia di Liscannor, a County Clare, Irlanda. La nostra casa è alla fine di una strada senza uscita e gode di scorci che spaziano da est a ovest e verso sud, incluso un ampio tratto oceanico con numerose boe ondametriche e almeno due grandiosi point break. La campagna circostante è malinconica e dai colori smorzati, proprio come il clima.La nostra piccola tenuta include un cottage vecchio di 200 anni in procinto di essere ampliato (dal sottoscritto, da un amico e da un’altra nuova recluta di Patagonia, Patch Wilson), uno chalet senza pretese con struttura in legno e rivestimento in larice, una serra con

copertura in polietilene e un’area di lavoro ricavata all’interno di una stalla riconvertita dove realizzo le tavole da surf che vendo, dopo averle levigate sfruttando i vecchi recinti per maiali disseminati un po’ dappertutto all’interno della proprietà. Lo spazio restante è occupato da un prato recintato per il pascolo dei cavalli, parte del quale è stato recentemente piantumato con giovani alberi di specie locali. Il tutto è completato da un gorgogliante ruscello che scorre lungo il confine della tenuta.

Lo chalet è riscaldato da questa stufa di ghisa a combustibile solido (che fa molto anni Sessanta) trasferita qui dalla camera da letto del cottage. La storia di questa riparazione è interessante: nel cottage la stufa veniva usata quotidianamente, poi un giorno si è rotto il cardine del portello, rendendo la stufa completamente inutilizzabile

visto che non si poteva più chiudere. Ho pensato che sarebbe stato facile trovare uno sportello di ricambio, ma il design è ormai fuori produzione perché l’azienda di fabbricazione originaria ha cambiato proprietario più volte nel corso del tempo. Allora ho supposto che avrei potuto richiedere un intervento di riparazione, ma dopo aver contattato numerosi esperti di stufe di tutto il paese, la risposta è stata che la cosa non era fattibile e che l’unica soluzione era disfarsi della stufa e comprarne una nuova. Però a me la stufa è sempre piaciuta – e volevo anche risparmiare qualche sterlina – così mi è venuto in mente di andare a trovare un tizio che nel paese vicino ha sempre avuto fama di saper fare e aggiustare un po’ di tutto di quel che normalmente si usa in una fattoria. Così, ho rimosso il portello e il pezzo rotto contenente il cardine e gli ho chiesto cosa ne pensasse; dopo averlo studiato accigliato per qualche secondo,

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il “mago” ha tirato fuori bombole di gas e attrezzi per saldare e ha riparato il pezzo direttamente sul posto. Ancora meglio: è sembrato imbarazzato di chiedere una cifra irrisoria per il suo disturbo. Come vedete nell’immagine, la stufa funziona alla perfezione e da ben tre anni!

Più o meno sei anni fa, in un ex cantiere edile ho recuperato un furgoncino, che conta ormai 20 anni: oggi sulle strade irlandesi non se ne vedono molti di questi modelli vintage. Questa bellezza ha conosciuto parecchie riparazioni di fortuna per poter continuare a funzionare: tra tutte la mia preferita è però quella dei tergicristalli. Qualche tempo fa, durante una pioggia torrenziale, si sono infatti incastrati uno nell’altro, strappando il delicato ingranaggio per muoversi su e giù e diventando quindi inutilizzabili. Ma ho scoperto che avvolgendo per bene

“In quanto produttore di “oggetti” (tavole da surf nel mio caso), l’idea di riempire il mondo di altra roba

mi fa sempre provare un certo senso di colpa.”

il braccio del tergicristallo al giunto corrispondente con un foglio di alluminio, stanno uniti senza problemi.Nota: la Black Hole vecchia edizione è un pezzo fisso del bagagliaio e contiene ricambi e altre cose essenziali per il surf e contro il freddo.

In quanto produttore di “oggetti” (tavole da surf nel mio caso), l’idea di riempire il mondo di altra roba mi fa sempre provare un certo senso di colpa. Ci sono vari modi per rendere meno pesante l’impatto di ciò che produciamo, primo tra tutti il mantra ‘realizzare il prodotto migliore causando il minor danno ambientale possibile’. Sono ben felice di sapere che il 90% delle mie tavole viene

“non mi vergogno di riparare le tavole e di usarle di nuovo. Il mestiere l’ho imparato proprio con anni di

riparazioni e aggiustature.”

utilizzato qui in Irlanda, perché almeno il frutto del mio lavoro non si porta dietro un’impronta ambientale spropositata in termini di trasporto e relativa produzione di emissioni. D’altra parte, purtroppo è anche vero che spesso le attrezzature da surf finiscono per avere un carattere ‘usa e getta’, e, anche se quelle che realizzo sono concepite per durare nel tempo, c’è sempre l’eccezione che conferma la regola, sfuggendo alle maglie della rete. Questa tavola è stata l’ultima a rompersi: ricordo ancora la potenza dell’onda che l’ha frantumata e l’errore del surfer che si è messo in quella situazione... Comunque, non mi vergogno di riparare

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le tavole e di usarle di nuovo. Il mestiere l’ho imparato proprio con anni di riparazioni. Questa era una meraviglia e lo è ancora.

A proposito di “capi usati”, ho un sacco di indumenti preferiti delle vecchie collezioni che uso a rotazione da cinque, otto anni e alcune cose (soprattutto giacche), inclusa la mia R1 Front Zip originale, che avrebbero solo bisogno di un cambio di cerniere per tornare come nuove.

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Grazie al fondo “$20 Million & Change” creato da Patagonia, sosteniamo nuove economie incentrate sul prolungamento del ciclo di vita degli oggetti e dei beni che già possediamo. Ma dato che nulla dura per sempre, continuiamo

Mai in discaricacomunque a proporre nuovi modi per riciclare i prodotti Patagonia —il 100% di ciò che realizziamo—quando raggiungono inevitabilmente il termine del proprio ciclo di vita e non possono più essere riparati.

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Tutto quello che acquistate da Patagonia e che non sia più riutilizzabile o riparabile in alcun modo, può essere restituito, affinché sia possibile riciclarlo in nuove fibre o tessuti, o possa essere riadattato nel caso non sia ancora pronto per il riciclo. In caso di restituzione,

Riciclarepotete depositare ciò che volete sia riutilizzato presso il punto vendita Patagonia a voi più vicino. Dal 2005, abbiamo recuperato 82 tonnellate di indumenti da destinare al riciclaggio.Trova un negozio supatagonia.com/it/worn-wear

www.outdoorwastelab.com

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Photos: DONNIE HEDDEN

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