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CN/CONV/0969/2010 Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona n° 11 NOVEMBRE 2010 Anno XI 7,00 CANCÚN, MEXICO 2010 0

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Rivista di informazioe e aggiornamento

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Rivista mensile di informazionee aggiornamento di cultura ambientale

La Redazione di REGIONI & AMBIENTEsi riserva il diritto di modifi care, rifi utare o sospendere

un articolo a proprio insindacabile giudizio.

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In copertina: Immagine costruita da DiploFoundation, organizzazione no-profi tcon sede a Malta, che svolge attività di rafforzamento della partecipazione

6 CAMBIAMENTI CLIMATICI

Climate Change Talks di Tianjin (4-9 ottobre 2010)“Non c’è alcuna luce alla fine del tunnel”Ormai si guarda a Johannesburg (2011)

8Alla Conferenza di Cancún sarà uno dei temi più caldiTecnologie per le energie pulite: ecco chi ne possiede i brevettiNessun accordo sul clima senza il loro trasferimento PVS

10Quel che i Climate Change Talks di Tianjin hanno sottaciuto China vs Stati Uniti: la battaglia per l’energia pulitaMa è soprattutto guerra economico-finanziaria

12Dai dati ISPRA si confermal’anomalia termica positiva dal 1961 ad oggiL’Italia si sta scaldando più degli altri paesiL’intero bacino del Mediterraneoa rischio per gli effetti del global warming

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16 MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Rimini, 3-6 novembre 2010Per quattro giorni a ECOMONDOle azioni, le tecnologie e il business sostenibileIn aumento il numero dei visitatori (+2,8% sul 2009)

20I Convegni di Regioni&Ambiente ad ECOMONDO

di AA.VV.

28 INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Presentato da FISE UNIRE e FoSS l’annuale RapportoL’Italia del Riciclo 2010Si riciclano meno quantità e ne vengono esportate di più

32Pubblicati due Rapporti che confermanola riduzione delle emissioni UEL’Europa è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di KyotoRimangono fuori dal conteggio quelle nascoste sotto il tappeto cinese

35 QUALITÀ E AMBIENTE

Presentato il 1° Rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggistica“Paesaggio, la tutela negata”Il brand non vende senza identità del territorio

38 SERVIZI AMBIENTALI

GRUPPO GE.SE.N.U.Igiene ambientale: 30 anni di successiMa anche green economy

40Digitall srlRe-board: re-inventa il tuo spazio, rispettando l’ambiente

di Anna Rita Rossi

42 ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Pubblicate dalla Commissione UEle Linee Guida per conciliare energia eolica e biodiversitàEolico e aree protette possono coesistereL’inadeguatezza della progettazionemette in pericolo specie ed habitat

44 EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Si diffonde a Parigi l’attivismo di Guerrilla Gardening“Un fiore è nato sulla strada”Contro il degrado e il grigiore della vita urbana

di Massimo Lombardi

16 38166 40 42

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46 BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Conclusa la 10a Conferenza delle Parti dellaConvenzione sulla Diversità Biologica (18-29 ottobre 2010)A Nagoya anche il cappello di Indiana Jones sul tavolo negozialeAdottato un Piano di mediazione conobiettivi inferiori a quelli preventivati

48A Nagoya presentato il Report del WWF InternationalL’Amazzonia che viveLa necessità di preservare questa risorsa “vitale”

51Presentato il Rapporto finale del TEEBMettere al centro l’economia della naturaIl valore dei servizi ecosistemici deve far partedelle decisioni politiche ed imprenditoriali

54Le Risorse Fitogenetiche Mondiali per l’Alimentazione e l’AgricolturaLa biodiversità agricola: usarla o la si perde!In natura varietà poco studiatein grado di resistere ai cambiamenti climatici

56 AGENDA 21

Parte Energy for MayorsIl Progetto si propone di aumentare le adesioni al Patto dei Sindaci

di Elisabetta Mutto Accordi

58 A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

Presentato in anteprima “State of the World 2011”“Nutrire il Pianeta”: la madre di tutti i problemiA Terra Madre 2010 il Workshop del WorldWatch Institute

60 €CO-FINANZIAMENTI

64 I QUESITI DEL LETTORE

64 AGENDA - Eventi e Fiere

AMBIENTE ABRUZZO NEWS

AMBIENTE MARCHE NEWS

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Ormai si guarda a Johannesburg (2011)

“NON C’È ALCUNA LUCEALLA FINE DEL TUNNEL”

Climate Change Talks di Tianjin (4-9 ottobre 2010)

“Per Cancún non sono state soddisfat-te le condizioni per adottare un nuovo Protocollo post-Kyoto” (AFP, 18 ottobre 2010) così si è espressa dopo la sessione straordinaria cinese Patricia Espinosa, Ministro degli Esteri del Messico, il Pae-se che ospiterà la 16a Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Clima-tici (UNFCCC) dal 29 novembre al 10 dicembre 2010.Se tale affermazione può essere intesa come necessità di non caricare l’evento messicano di aspettative che non sarà in grado di soddisfare, determinando atteg-giamenti di delusione sui risultati come, purtroppo, è accaduto a Copenhagen, non c’è dubbio che tale conclusione tro-va oggettivi riscontri nelle conclusioni dei Climate Change Talks, svoltisi dal 4 al 9 ottobre a Tianjin (Tientsin, come era chiamata la città cinese al tempo dell’occupazione coloniale, dopo la ri-volta dei Boxer e dove c’è un quartiere italiano in stile liberty versiliese, poiché il Regno d’Italia ha mantenuto una pic-cola concessione territoriale dal 1901 al 1943, utilizzata soprattutto come sede diplomatica).

In Cina il Gruppo di Lavoro sulle Azioni a Lungo Termine (AWG-LCA 12) doveva proseguire i lavori sul testo negoziale quale era uscito dopo i Climate Change Talks di Bonn, che presentava molti pun-ti di contrasto tra le Parti; mentre quello sul Protocollo di Kyoto (AWG-KP 14) doveva verificare le varie posizioni sul testo preparato dal suo Presidente (cfr: “Ora c’è la pentola, ma non si sa ancora cosa cucinare”, in Regioni&Ambiente, n. 8/9 agosto-settembre 2010, pp. 6-8).Se qualche risultato il primo Gruppo è riuscito a conseguire, almeno in materia di finanziamento e trasferimento delle tecnologie, nell’altro Gruppo non c’è stato alcun miglioramento per quanto attiene gli obiettivi di riduzione delle emissioni, tanto che sul testo redatto dal Presidente si è deciso di rinviare al 29 ottobre le proposte di modifica e integrazione.

Anche il Segretario Esecutivo dell’UN-FCCC, Christiana Figueres nel corso della Conferenza stampa conclusiva, pur esprimendo, come di prammatica, un cauto ottimismo (“Questa settimana ci si è avvicinati ad un insieme strutturato di decisioni che possono essere prese a Cancún”), ha comunque affermato che al momento ci sono posizioni troppo distanti su alcuni aspetti che devono essere, quindi, accantonati per essere rinviati a successivi incontri (“I Governi hanno individuato quel che è fattibile in Messico e quel che deve essere ripreso in altro momento. In Messico dimostre-remo al mondo che ci siamo impegnati per intraprendere i futuri ed essenziali passi sui cambiamenti climatici e che il percorso multilaterale è l’unico ed equo per risolvere i problemi globali”).

Proprio il multilateralismo, invece, ha Tianjin ha mostrato tutte le sue diffi-coltà, riconosciute dalla stessa Figures allorché ha aggiunto di comprendere, comunque “il disappunto per il proces-so multilaterale, ma tale opzione non è semplice”.In effetti, si è palesato uno scontro mol-to duro tra la Cina, che parlava anche a nome degli altri Paesi BASIC (Brasile, Sudafrica, India) e G77, e gli Stati Uniti che esprimevano le posizioni degli altri Paesi sviluppati.“I Colloqui sono stati seguiti come uno spettacolo di cui Cina e Stati Uniti erano gli interpreti, con tutti gli altri a nascon-dersi dietro il dramma”, ha affermato Yang Ailun, responsabile Clima ed Energia di Greenpeace China.Il fatto è che mentre i Paesi emergenti, divenuti anche grandi emettitori di car-bonio, ribadiscono il principio base del Protocollo di Kyoto delle “Responsabilità comuni, ma differenziate”, i Paesi svi-luppati non vogliono più sentir parlare di distinzioni e chiedono alle economie BASIC di accettare obiettivi vincolanti alle emissioni ed un regime di misu-razione, reporting e verifica (MRV), a garanzia degli obiettivi stessi, che non è accettato sulla base del principio di “sovranità”.

Ad un certo punto si è addirittura ri-schiata la rottura dei negoziati, quando il Capo negoziatore USA a Tianjin, Jonathan Pershing, dopo aver ac-cusato i BASIC di voler rimettere in discussione gli elementi base del Co-penhagen Accord ha minacciato che “Se le cose dovessero procedere con questo andamento, potremmo valutare la pos-sibilità di processi alternativi”.Tale affermazione è stata interpretata non solo come esplicito riferimento che le diplomazie dei Paesi sviluppati si stanno muovendo per altre soluzioni, qualora non si dovesse raggiungere un accordo per il post-Kyoto, ma come un vero e proprio tentativo di affossare il Protocollo del 1992, che i Paesi in via di sviluppo ritengono essere l’unico strumento giuridicamente vincolante, in grado di costringere i Paesi industria-lizzati a ridurre le proprie emissioni.L’Accordo raggiunto Copenhagen dai Paesi che rappresentano l’80% delle emissioni globali, non è di fatto vin-colante a livello internazionale, né politicamente né legalmente, non ri-portando alcun esplicito riferimento ad un processo per lo sviluppo del post-Protocollo di Kyoto.C’è da osservare che, valutati gli im-pegni dei singoli Paesi quali derivano dalla sottoscrizione volontaria al Segre-tariato UNFCCC e consegnati entro il 31 gennaio, Studi di importanti Istituti di Ricerca hanno rilevato che essi non sono sufficiente a far limitare il riscal-damento globale a 2 °C entro la fine del secolo (cfr: “Falliscono l’obiettivo di contenimento del riscaldamento entro i 2 °C”, in Regioni&Ambiente, n. 3, marzo 2010, pp. 6-8), obiettivo che stato indi-cato come necessario, tenendo conto delle indicazioni degli scienziati.

Nel corso della sessione cinese, WWF international ha distribuito il Report “Plugging the gap” (Chiudiamo la falla [climatica]”, che mostra come le ultime analisi scientifiche indichino che possiamo inquinare al massimo per 40 Gigatonnellate di gas CO

2 equivalen-

ti ogni anno, fino al 2020, per evitare

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fenomeni catastrofici. Purtroppo, pare che il mondo si avvii verso livelli molto più alti, tra le 47.9 e le 53.6 Gigatonnel-late annue se ci si basa sugli impegni di riduzione delle principali economie mondiali.Le analisi del WWF mostrano come i Governi abbiano più di una possibilità per ridurre il “gap” climatico che sepa-ra gli impegni presi da quelli davvero necessari. Le opzioni per i Paesi svilup-pati prevedono la rapida trasformazione e riconversione a “bassa intensità” di carbonio, assicurando contempora-neamente la garanzia di un sostegno finanziario alle azioni più avanzate di riduzione dei gas serra nei paesi in via di sviluppo; vanno anche regolamentati i settori (aviazione e trasporto marittimo) e gas serra che ancora non rientrano nel regime internazionale sul clima.Se questi impegni dovessero fallire il mondo rischia di spendere oltre il limite possibile il “budget” di carbonio ancora a disposizione, ovvero la quota comples-siva di emissioni che possiamo ancora produrre prima di superare la soglia li-mite di 1,5 °C di riscaldamento globale rispetto ai livelli pre-industriali.

Inoltre, l’Accordo prevedeva anche una mobilità veloce (fast start) di una pri-ma tranche di risorse finanziarie, pari

a 30 miliardi di dollari per il biennio 2010-2012, messe a disposizione per le azioni di adattamento dei Paesi in via di sviluppo, che sono anche i più sensibili, economicamente e socialmente, agli im-patti dei cambiamenti climatici.Tali risorse qualora disponibili, sarebbe-ro in grado di assolvere agli obiettivi, secondo l’analisi “Developed Country Fast-Start Climate Finance Pledges”, pubblicata il 6 ottobre 2010 e condotta sulla base delle informazioni disponibili in merito agli impegni annunciati fino-ra dai Paesi sviluppati. Questi impegni costituiscono anche l’opportunità di costruire un clima di fiducia tra i Paesi in via di sviluppo e quelli industrializ-zati che favorirebbero anche i progressi per un accordo post-Kyoto. Comunque, l’UNFCCC ha già predisposto un Pro-getto sulle modalità di raccolta dei 100 miliardi di dollari annui, che verrà diffu-so alla vigilia di Cancún, che costituirà la cartina di tornasole per verificare la volontà di proseguire nel negoziato.

Come si diceva, i colloqui per gli obiet-tivi di riduzione non hanno fatto alcun passo in avanti. I Paesi in via di svilup-po vogliono che i Paesi industrializzati assumano obiettivi più ambiziosi di quelli che hanno anticipato, quelli in-dustrializzati vogliono includere in tali

obiettivi anche i BASIC.I Cinesi hanno fatto presente in più oc-casioni che l’obiettivo statunitense del 17% rispetto al 2005 entro il 2020, equi-vale ad un taglio reale del 3% rispetto ai livelli del 1990, anno di riferimento del Protocollo di Kyoto e che gli altri Paesi sviluppati devono ridurre le loro emissioni più degli obiettivi proposti.“Un Paese sviluppato di cui non farò il nome - ha dichiarato il Capo negozia-tore cinese, Su Wei - Non ha fornito finanziamenti né tecnologie agli altri Paesi, ma chiede loro di accettare il controllo rigoroso delle azioni volonta-rie nazionali. È una cosa scandalosa e assolutamente inaccettabile”.

I Paesi BASIC si sono poi riuniti il lu-nedì successivo alla conclusione dei Climate Change Talks, ribadendo che nessun accordo sul clima potrà inclu-dere i tentativi della nazioni sviluppate di imporre sanzioni commerciali per gli emettitori di carbonio. Nell’occasione, il Ministro indiano dell’Ambiente Jairam Ramesh che già aveva commentato la conclusione dei colloqui di Tianjin con “Non c’è alcuna luce alla fine del tunnel”, ha proposto che tale decisione venga riproposta tout court alla Confe-renza di Cancún.

Immagine costruita da DiploFoundation, organizzazione no-profit con sede a Malta, che svolge attività di rafforzamento della partecipazione

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Nessun accordo sul clima senza il loro trasferimento PVS

TECNOLOGIE PER LE ENERGIE PULITE: ECCO CHI NE POSSIEDE I BREVETTI

Alla Conferenza di Cancún sarà uno dei temi più caldi

Fin dalla Conferenza UNFCCC di Bangkok (2008), la questione dei brevetti delle clean energy technologies (CET) si era posta in tutta evidenza con l’esplicita richiesta del G 77 (Paesi in via di sviluppo) di indebolire i diritti di proprietà intellettuale (DPI) sulle tecnologie per la produzione di energia pulita e di riduzione del carbonio, che costituirebbero un ostacolo al loro trasferimento dai Paesi più industrializzati a quelli in via di sviluppo.Appellandosi ad alcuni commi dell’Articolo 4 della Convenzio-ne, che prevedono l’impegno dei Paesi industrializzati a fornire sostegno finanziario e trasferimento tecnologico per consentire ai Paesi in via di sviluppo di affrontare efficace-mente i cambiamenti climatici in atto (anche se la Convenzione non fa un esplicito riferimento ai diritti di proprietà intellettua-le e di brevetto), i Paesi BASIC (Cina, India, Brasile e Sudafri-ca) hanno avanzato la proposta di estendere alle green tech-nologies la moratoria WTO sui brevetti per farmaci, prevista in situazioni di emergenza sa-nitaria.

Non c’è dubbio che il problema sarà uno di quelli più dibattuti a Cancún, ma anche uno di quelli su cui potrebbe essere trovata una mediazione dal momento che per uscire dalla depressione economica è indispensabile una diffusione innovativa a grappo-lo (clusters), come aveva già intuito cent’anni fa Joseph Alois Schumpeter (1883-1950).Secondo l’economista austriaco, se un’impresa, all’interno di un dato settore, introduce con successo un’in-novazione importante, questa sarà ampiamente ricompensata da profitti superiori alla soglia normale e segui-

ta da una serie di altre imprese (gli imitatori) che affolleranno il settore, nella speranza di condividerne i be-nefici. Seppur i vantaggi della prima impresa innovatrice diminuiranno, l’affollamento di imitatori provoche-

rà crescita, investimento e profitto di certi settori industriali, collegati tra di loro (The Theory of Economic De-velopment - 1911, originariamente in tedesco e successivamente tradotta in inglese).

Mentre le discussioni in merito al tra-sferimento delle tecnologie “pulite” si

sono basate finora su dati empirici, lo studio “Patents and Clean Energy: bridging the gap between evidence and policy” (Brevetti ed Energia Puli-ta: colmare il divario tra l’evidenza e la politica) realizzato da UNEP (il Pro-

gramma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), EPO (l’Ufficio Europeo per i Brevetti) e ICTSD (il Centro Internazionale per il Commercio e lo Sviluppo So-stenibile) e presentato a Tianjin il 7 ottobre 2010, durante i Climate Change Talks supple-mentari in Cina, costituirà una base concreta di analisi.“Una crescita esponenziale di utilizzo e diffusione delle Tec-nologie Pulite per l’Energia a livello globale, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, è fon-damentale per efficaci attività di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici - ha osservato Ricardo Meléndez-Ortiz, Direttore esecutivo ICTSD - Questo studio fornisce la prova egli elementi-chiave per un migliore comprensione delle sfide che devono essere af-frontare per questo obiettivo”.

La prima conferma che pro-viene dal Rapporto, che ha individuato 400.000 brevetti ri-guardanti le CET su 60 milioni depositati, è che il loro numero è andato progressivamente au-mentando dalla sottoscrizione del Protocollo di Kyoto (1997) ad oggi, con un incremento medio annuale del 20%, supe-rando così quello delle fonti

energetiche tradizionali, compreso il nucleare.È chiaro che le “decisioni politiche” assolvono ad un ruolo trainante per stimolare lo sviluppo tecnologico in grado di affrontare i cambiamen-ti climatici: “Le politiche e la cornice normativa influenzano notevolmente i modi con cui le imprese investono in

fonte UNEP, foto Paul Langrock

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innovazione - ha sottolineato Benoit Battistelli - I brevetti forniscono in-formazioni sulle tecnologie esistenti, sul loro livello di sviluppo e sulla loro diffusione geografica, agevolando un dibattito documentato sui cambiamenti climatici”.

L’altra situazione che emerge dal Rap-porto è che sono 6 Paesi dell’OCSE i depositari dell’80% dei brevetti CET, con Giappone al 1° posto, seguito da USA, Germania, Corea del Sud, Fran-cia e Gran Bretagna, anche se alcuni Paesi in via di sviluppo, come Cina, India e Brasile, stanno recuperando velocemente terreno.Tra i vari settori delle CET, il numero maggiore di brevetti è detenuto dal solare fotovoltaico, seguono quindi l’eolico, la cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), i biocarburanti, l’idro-elettrico e dal mare, il ciclo combinato a gassificazione integrata (IGCC), il geotermico, il solare termico.Per il fotovoltaico si segnala il Giappo-ne, con il 45% dei relativi brevetti; per l’eolico e il solare termico, la Germania; per CCS, biocarburanti, idroelettrico e mare, IGCC e geotermia, gli USA.Tra i Paesi in via di sviluppo, la Ci-na ha la quota maggiore di brevetti nell’eolico, mentre India e Brasile per il fotovoltaico e idroelettrico.In generale chi brevetta in CET sono le Industrie (60%), le Università (18%) e gli Enti pubblici (4%).Per quanto attiene le licenze, solo il 15% dei titolari di brevetti CET sono favorevoli a cedere licenze significa-tive sull’intero portafoglio brevettale. In particolare, il 58% degli intervistati non ha mai concesso licenze a Paesi in via di sviluppo; il 25% non ha mai concesso ad alcuno una licenza, ma il 70% di costoro si è dichiarato “flessibi-le” nel concedere una licenza ai Paesi poveri.

“Lungi dall’essere un peso sulle eco-nomie e sull’innovazione, gli sforzi internazionali per combattere i cam-

biamenti climatici hanno dato il via alla creatività per tecnologie low carbon e soluzioni per un uso efficiente delle risorse - ha affermato Achim Steiner, Direttore esecutivo UNEP - La sfida è ora quella di trovare i modi in cui

questi progressi possono essere diffusi, distribuiti e trasferiti in tutto il mondo, affinché i benefici per le economie e il clima siano condivisi da molti, piuttosto che da pochi”.

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“E debbasi considerare come e’ non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire né più pericolosa a ma-neggiare, che farsi capo a introdurre nuovi ordini”.(Niccolò Machiavelli, “Il Principe”, Cap. VI, capo 5)

Il pensiero del Segretario fiorentino apriva il dettagliato ed esaustivo Piano che il President Climate Action Project, un think tank presso l’Università di Denver in Colorado, aveva elaborato nel 2007, con le indicazioni che il futuro 44° Presidente USA avrebbe dovuto affrontare per la riduzione delle emissioni di CO

2 nei prossimi decenni, basate sulla

scienza del clima e pensate per stimolare l’innovazione ad ogni livello dell’economia americana.La frase sopra richiamata era stata volgarizzata in “Non vi è niente di più difficile da prendere in mano, più pericolosa per la condotta o più incerto del suo successo di quanto non sia l’assunzione di un ruolo guida nella creazione di un nuovo ordine delle cose”, e come tale era successiva-mente circolata on line in occasioni diverse ed in differenti contesti, tanto che se n’è persa la fonte: ragion per cui abbiamo voluto riproporre il testo originario.

Dobbiamo riconoscere che l’avvertimento si è rivelato co-me una premonizione, dal momento che il Presidente, poi eletto, Barack Obama che quelle linee guida ha cercato di implementare, ha trovato ostacoli superiori a quelli che si sarebbe aspettato, visto che il cosiddetto Climate Bill, la proposta di Legge che dovrebbe definire, tra l’altro, le quote di riduzione delle emissioni di gas climalteranti negli USA, è tuttora bloccato al Senato, dopo essere passato per pochi voti alla Camera dei Rappresentanti (cfr. “Obama vince la prima partita, ma con grande sofferenza”, in Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 2009, pp. 20-22).Gli osservatori d’oltre oceano danno per certa la “morte” della Waxman-Markey (così è conosciuta la Legge dal nome dei due deputati democratici proponenti), perché è avversata unanimemente dai Repubblicani e non è so-stenuta adeguatamente dai Democratici. Se poi si tiene conto che con le votazioni di inizio novembre (Mid-term Elections), si rinnoverà la Camera dei Rappresentanti ed un terzo del Senato, anche se non conosciamo l’esito del voto nel momento di chiudere questo articolo, è assai probabile il suo affossamento. Storicamente, infatti, le elezioni di metà-mandato non sono favorevoli al partito del Presidente in carica, e il Partito Repubblicano nel suo programma elettorale dal titolo “Pledge to America” (Impegno per l’America) ha condensato in una sola frase la sua politica energetica: “ Ci batteremo per aumentare l’accesso alle fonti energetiche domestiche e ci opporremo ai tentativi di imposizione di

una tassa energetica nazionale di tipo cap and trade [cor-rispondente all’ETS europeo e punto nodale della proposta di Legge statunitense sul clima]”.Cap and trade o emission trading è un meccanismo che si basa essenzialmente sull’aumento dei prezzi dell’energia per ridurre le emissioni di gas serra, e questo obiettivo, collocato nel contesto della peggiore recessione econo-mica degli ultimi 70 anni, non è attraente per gli elettori americani che non intravedono rapporto concreto tra un aumento del prezzo del carbonio o una riduzione delle emissioni e la creazione di green jobs o clean energy economy.Il passaggio da un sistema energetico, essenzialmente basato sui combustibili fossili, verso quello pulito delle rinnovabili presuppone un costo che gli statunitensi non sembrano essere disponibili a pagare in questo momento in cui la differenza di prezzo è ancora troppo sbilanciata a favore delle tecnologie tradizionali.

Di questa contraddizione si è resa ben conto la Cina che, per bocca del suo negoziatore senior a Tianjin, Li Gao ha indicato che “il maggior ostacolo è costituito dagli USA che, non avendo una legislazione nazionale, non possono sottoscrivere alcun documento giuridicamente vincolante a livello internazionale”.Come a dire: perché la Cina dovrebbe accettare limiti vincolanti di riduzioni delle emissioni nel quadro di un accordo globale, mentre gli USA non riescono a pro-mulgare una legge nazionale di contenimento del global warming?Sul sito di Carbon Retirement, una Società inglese di consulenza e commercio dei titoli di compensazione del carbonio, il 19 ottobre è apparso un articolo in cui si affermava che “Se a Copenhagen, gli USA hanno potuto uti-lizzare il rifiuto della Cina ad assumere impegni vincolanti per non agire, a Tianjin si è evidenziato che questa scusa non regge più, perché i Cinesi non aspettano un accordo internazionalmente vincolante per assumere sul fronte interno un ruolo guida nell’azione per il clima”.La Cina, infatti, sta investendo massicciamente nelle rin-novabili, così da divenire nel corso del 2010 il Paese che investe di più al mondo nelle rinnovabili, dopo aver conse-guito l’altro, non invidiabile, primato mondiale di maggior emettitore, anche se i cinesi lo contestano, preferendo rapportare i dati delle emissioni al numero di abitanti).Secondo l’ultimo Rapporto (settembre 2010) Renewa-ble Energy Country Attractiveness Indices, redatto da Ernst&Young, Società di consulenza leader mondiale dei servizi professionali alle imprese, la Cina nel 1° semestre del 2010 ha soppiantato gli USA come Paese capace di

Ma è soprattutto guerra economico-finanziaria

Quel che i Climate Change Talks di Tianjin hanno sottaciuto

CHINA vs STATI UNITI:LA BATTAGLIA PER L’ENERGIA PULITA

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attrarre gli investimenti nelle energie rinnovabili.“La Cina ha dalla sua tutti i vantaggi relativi a capitali, volontà politica e enorme mercato - ha osservato Ben Warren, Direttore della sezione Energie Rinnovabili di Ernst&Young - Ci aspetteremmo di vedere la Cina man-tenere questa posizione dominante”.Così, mentre il Paese asiatico ha fissato per legge l’obiet-tivo di trarre entro il 2020 il 15% dell’energia elettrica consumata dalle rinnovabili, gli USA non riescono a darsi un quadro legislativo che permetta alle industrie del set-tore di crescere.“Sebbene gli Stati Uniti rimangano un Paese molto attraen-te per gli investitori delle energie rinnovabili - gli ha fatto eco il suo collega Managing partner per la Sezione Cina, Ringo Choi - non c’è quel sostegno legislativo in grado di fornire la fiducia a lungo termine di cui gli investitori avrebbero bisogno”.

La Cina non può costituire di certo un punto di riferi-mento per politiche ambientali, poiché sta subendo le conseguenze di 30 anni di rivoluzione industriale basata sull’energia prodotta dal carbone (inquinamento atmo-sferico pesantissimo; scarsa qualità dell’acqua potabile; inquinamento delle acque superficiali; malattie conseguenti alla contaminazione da metalli pesanti dei suoli), tuttavia è indubbio che le questioni ambientali sono ormai seguite al più alto livello politico.Jonathan Pershing, l’inviato speciale degli USA a Tianjin, in assenza del Capo negoziatore Todd Stern, ha dovuto ammettere di essere stato “impressionato per gli sforzi cinesi nella riduzione delle loro emissioni. La Cina ha investito enormemente e si è impegnata seriamente nei programmi di rinnovamento delle sue infrastrutture e delle energie rinnovabili”.

Pur affermandosi come potenza leader per gli investimenti in energia pulita, la Cina ha un fabbisogno energetico tale che la domanda di combustibili fossili continua, comun-que, a crescere senza sosta. È evidente che fino a quando l’energia pulita non sarà dif-fusa, disponibile e, soprattutto, a buon mercato, il Dragone continuerà a soddisfare la maggior parte del suo fabbi-sogno energetico con i combustibili fossili (cfr. “Nessun accordo sul clima senza il basso costo dell’energia verde”, in Regioni&Ambiente, n. 7 luglio 2010, pp. 12-14).

Siamo solo all’inizio di quella che Nick Hodge, brillante analista delle tecnologie pulite e capo redattore di Alter-native Energy Speculator ha chiamato “La battaglia per l’energia pulita” (“The Clean Energy Battle” - dicembre 2009) e che sta assumendo anche contorni giuridico-com-merciali, visto che a seguito di una petizione formulata dal Sindacato statunitense dei lavoratori siderurgici (Uni-ted Steelworkers), gli USA hanno avviato un’inchiesta per investigare sulla validità delle accuse formulate alla Cina in merito alla contravvenzione alle regole del WTO sul commercio internazionale per le sovvenzioni statali alle energie rinnovabili.“Tali accuse sono insussistenti e prive di fondamento - ha ribattuto nel corso di una Conferenza stampa il 17 otto-bre Zhang Guobao, a Capo dell’Ufficio Nazionale per l’Energia - le sovvenzioni cinesi alle società del settore delle nuove energie sono molto basse mentre gli USA durante i primi 9 mesi del 2010 hanno sovvenzionato il settore con 4,6 miliardi di dollari. È l’invio di un segnale sbagliato di protezionismo commerciale al resto del mondo”.È chiaro che non si tratta solo di green war, ma di una ben più ampia e preannunciata trade war che è solo agli inizi.

fonte: Nick Hodge, The Clean Energy Battle

Tabella comparativa degli obiettivi e dei risultati delle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici di Cina e USA, dove si può con-statare che quelli cinesi sono uguali o superiori a quelli statunitensi, ma elemento ancora più importante è che si stanno attuando

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Il 22 ottobre 2010, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha presentato il V Rapporto sul clima in Italia che illustra l’andamento nel corso del 2009 dei principali indicatori climatici derivati dal Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione dei dati Climatologici di Interesse Ambientale (SCIA).Realizzato con la collaborazione e con i dati degli organismi titolari di molte delle principali reti osservative presenti sul territorio nazionale (Servizio Meteorologico dell’Aero-nautica Militare, l’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia appli-cate all’Agricoltura, 9 Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione dell’Am-biente (ARPA/APPA), il Servizio Informativo Agrome-teorologico Siciliano (SIAS) e il Servizio Agrometeorologico delle Marche), il Rap-porto indica, sulla base degli indicato-ri di temperatura e precipitazioni tratti da 770 stazioni di-stribuite sull’intero territorio nazionale, che il 2009 in Italia è stato un anno sen-sibilmente più caldo della norma, come peraltro era avvenuto nei 3 precedenti an-ni, con un’anomalia media di + 1.19 °C rispetto al trenten-nio di riferimento 1961-1990. Inoltre, come negli ultimi 11 anni, ad eccezione del 2005, l’anomalia positiva della temperatura media nel nostro Paese è stata superiore a quella media globale sulla terraferma (+0.76 °C). Il 2009 è stato il diciottesimo anno consecutivo con ano-malia termica positiva, con un valore medio per il territorio nazionale che si colloca al 5 nel periodo che va dal 1961 ad oggi. Come già nel 2008, il valore più alto di anoma-lia della temperatura media è stato registrato nelle regioni

settentrionali (+1.44 °C), seguito da +1.31 °C al Centro e +0.92 °C al Sud e sulle Isole. I valori di anomalia mensile sono stati positivi in tutti i mesi dell’anno ad eccezione dei mesi di dicembre al Nord e febbraio ed ottobre al Centro, al Sud e sulle Isole. Maggio e agosto sono stati i mesi più caldi rispetto alla norma.Anche gli indicatori degli estremi di temperatura confer-mano l’anomalia termica positiva che ha caratterizzato il 2009. Il numero di giorni con gelo, cioè il numero medio

di giorni con tem-peratura minima minore o uguale a 0 °C, è stato inferio-re al valore normale del trentennio di ri-ferimento, mentre il numero di notti tropicali, cioè con temperatura minima maggiore di 20 °C, e il numero di giorni estivi, cioè con tem-peratura massima maggiore di 25 °C, sono stati superiori ai rispettivi valori normali. Il numero medio di notti tro-picali nel 2009 è il quarto valore più alto a partire dal 1961. Relativamen-te agli indicatori di intensità, durata e numero delle onde di calore, il 2009 si colloca al 7°, 7° e 6° posto, rispettiva-mente, dell’intera serie dei valori medi a partire dal 1961.Per quanto riguarda le precipitazioni, al Nord sono state

complessivamente superiori alla media climatologica, ad eccezione di alcune zone dell’Emilia Romagna e del Piemon-te; al Centro l’anomalia è stata quasi ovunque negativa ad eccezione dell’Abruzzo, mentre al Sud e sulle Isole l’anoma-lia è stata positiva, con punte di eccedenza di precipitazione rispetto alla media sulla Sicilia occidentale. Il 2009 sembra confermare la tendenza ad un aumento delle precipitazioni al Sud, interrotta lo scorso anno. Negli ultimi otto anni al

L’intero bacino del Mediterraneo a rischio per gli effetti del global warming

Dai dati ISPRA si conferma l’anomalia termica positiva dal 1961 ad oggi

L’ITALIA SI STA SCALDANDOPIÙ DEGLI ALTRI PAESI

fonte: ISPRA

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Sud le precipitazioni sono state sempre superiori alla media ad eccezione del 2008 e il valore medio della precipitazione cumulata annuale del 2009 si colloca al sesto posto della serie dal 1961. Viceversa, al Nord nel 2009 le precipitazioni sono state in media lievemente inferiori al valore normale, e dal 2003 l’anomalia media diprecipitazione annuale è stata sempre negativa ad eccezione del 2008.

“Come noto lo studio del clima e il riconoscimento di even-tuali segnali di cambianto climatico, non possono basarsi su dati di breve periodo, né tantomeno sull’analisi di singoli eventi, anche estremi - ha osservato Franco Desiato, Clima-tolo dell’ISPRA e curatore del Rapporto - Essi necessitano, invece, dell’analisi di lunghe serie di dati e dell’aggiornamen-to costante, anno dopo anno, degli indicatori climatici”.

Ma è tutto il bacino del Mediterraneo ad essere sottoposto ad aumento delle temperature e della siccità, con pericolo

di innalzamento del livello del mare.La Grecia si è fatta interprete della necessità che i Paesi che vi si affacciano riconoscano le gravi minacce dei cambia-menti climatici e intraprendano azioni comuni.Nello stesso giorno di presentazione del Rapporto dell’ISPRA, ha avuto luogo ad Atene la Conferenza Mediterranean Cli-mate Change Initiative, voluta espressamente dal Premier greco George Papandreu che ha chiarito il senso dell’even-to, rispondendo ad una esplicita domanda nel corso della Tavola Rotonda dei Primi Ministri, coordinata dall’economi-sta Jeffrey Sachs Direttore dell’Earth Institute e Professore di Sviluppo Sostenibile presso la Columbia University: “ La massiccia partecipazione a questa iniziativa dimostra che ci si rende conto della minaccia delle ripercussioni dei cambiamenti climatici, per la cultura, l’economia, la sicu-rezza, la qualità della nostra vita, ma soprattutto dimostra la comune volontà, nonostante le differenze e i conflitti, di mitigare i cambiamenti climatici che minacciano la soprav-vivenza di tutti noi”.

fonte: ISPRA

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A conclusione è stato sottoscritta da 18 Paesi una Dichiara-zione comune per la creazione della Iniziativa Mediterranea per i Cambiamenti Climatici (IMCC) per accelerare l’attuazio-ne di iniziative contro i cambiamenti climatici nella regione e nel mondo (vedi Box).L’on. Roberto Menia, Sottosegretario del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che rappresentava per l’evento il Governo italiano ha dichiarato

DICHIARAZIONE CONGIUNTA SULLA COSTITUZIONEDELL’INIZIATIVA MEDITERRANEA PER I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Oggi, 22 Ottobre 2010, i partecipanti all’incontro tenuto a Palazzo Astir in Atene (Grecia) per il lancio dell’Iniziativa Mediterranea per i Cam-biamenti Climatici:Ricordando l'annuncio inaugurale di una Mediterranean Climate Change Initiative fatto dal Primo Ministro della Repubblica Ellenica al 3° Mediterranean Sustainable Energy Summit ad Atene il 18 e 19 maggio 2010,Tenendo in considerazione che dei Paesi partecipanti che sono anche Stati membri dell’UE, si sono impegnati ad applicare la Legislazione Europea a tutte le politiche relative ai Cambiamenti Climatici, Riconoscendo che la regione del Mediterraneo è stata identifi cata dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), come particolar-mente vulnerabile agli impatti del cambiamento climatico, Tenendo conto che molti di questi impatti, come l’aumento del rischio di siccità, il prolungamento della stagione degli incendi, la riduzione della produttività delle colture, sono comuni in tutta la regione Mediterranea,Riconoscendo che, nonostante l’Accordo di Copenaghen, rimane da garantire un accordo internazionale giuridicamente vincolante sul cambiamento climatico, Convenendo che è essenziale che il Mediterraneo spinga per mandare avanti subito l’azione, condivida le migliori pratiche, le esperienze e gli strumenti per adattarsi ai cambiamenti già osservati e per cercare le soluzioni per ridurre le emissioni di gas serra,Affermando che le opportunità di strategie comuni per uno sviluppo low carbon nel Mediterraneo dovrebbero essere perseguite, Notando che la regione Mediterranea ha un potenziale ineguagliabile per diventare un importante hub di produzione di energia rinnovabile per i mercati nazionali ed esteri, Riconoscendo che questo potenziale implica l’aumento della capacità tecnica per sfruttare le risorse disponibili e la creazione di meccanismi di fi nanziamento, nonché di intensifi care la collaborazione, incluso il settore delle interconnessioni di rete, che l’Unione per il Mediterraneo (UfM) ne è la promotrice attraverso il Mediterranean Solar Plan,Prendendo in considerazione questi progetti di energia rinnovabile su vasta scala, e che lo sviluppo e l’adattamento climatico ed altre soluzioni di mitigazione potrebbero portare nuove e signifi cative opportunità per un “green economic boost” per il Mediterraneo, Constatando che il potenziale per la creazione di nuove imprese locali e posti di lavoro derivanti dalle misure rispetto alla domanda per città, edifi ci, trasporti, industria e turismo non sono state ancora pienamente esplorate, Riconoscendo che l’emergere di una voce forte e orientata all’azione del Mediterraneo contribuirà agli sforzi globali per combattere i cambiamenti climatici tramite il processo dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC)) e che assicurerà anche che le questioni relative alle misure di adattamento e alle opportunità di sviluppo low carbon per la regione siano esaminate a livello internazionale,Con la presente dichiarano congiuntamente l’avvio della "Mediterranean Climate Change Initiative”.

La Mediterranean Climate Change Initiative avrà lo scopo di contribuire all’emergere nel Mediterraneo di economie low carbon e effi cienti in risorse e resilienti ai cambiamenti climatici e il suo obiettivo sarà quello di intraprendere il lavoro per lo sviluppo strategico di una politica in materia di adattamento al cambiamento climatico e per lo sviluppo low carbon rilevanti per l'intera regione mediterranea. L’Iniziativa si prefi gge di contribuire ad affrontare le sfi de specifi che di fronte alla regione Mediterranea. La Mediterranean Climate Change Initiative intende sviluppare posizioni Mediterranee convergenti sui cambiamenti climatici, dimostrando leadership e un forte impegno per l’azione nell’arena internazionale.I partecipanti prevedono che la Mediterranean Climate Change Initiative sia un’iniziativa politica autonoma del Mediterraneo volta a rafforzare gli accordi internazionali e regionali, attraverso posizioni politiche comuni e azioni concrete, così come un’iniziativa basata su progetti che siano ammissibili nell’ambito UfM. La Mediterranean Climate Change Initiative mira a rafforzare la collaborazione per le sfi de e le opportunità convergenti in tutto il Mediterraneo e ad una maggiore attenzione per l’attuazione di progetti dell’UfM nella regione del Mediterraneo. La Mediterranean Climate Change Initiative collaborerà anche con altre iniziative nel Mediterraneo, per valorizzare il lavoro congiunto. Sia ipartecipanti che sono equal partners della Mediterranean Climate Change Initiative sia tutte le altre parti interessate nella regione possono eventualmente fare attività e diventare equal partners nella Mediterranean Climate Change Iniziative.

che “La Regione Mediterranea è oggetto di un intenso dibat-tito politico internazionale, e rappresenta oggi una delle aree privilegiate in cui si esplica l’attività di collaborazione dei Paesi dell’Unione europea e dell’Italia, in particolare. Nei numerosi progetti di cooperazione per parte italiana, sono coinvolte Università ed Istituti universitari, il CNR, l’ISPRA oltre a Società di ingegneria e Imprese italiane impegnate a trasferire tecnologie innovative”.

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

In aumento il numero dei visitatori (+2,8% sul 2009)

PER QUATTRO GIORNI A ECOMONDO LE AZIONI, LE TECNOLOGIE E IL BUSINESS SOSTENIBILE

Rimini, 3-6 novembre 2010

È stata un successo pieno la 14a edi-zione di ECOMONDO, il Salone internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile, organizzato da Rimini Fiera con il pa-trocinio del Ministero dell’Ambiente e la Tutela del Territorio e del Mare.

In totale, la kermesse ambientale di Rimini Fiera, che ha visto il contem-poraneo svolgimento della 4a edizione di Key Energy e della 3a edizione di Cooperambiente, ha richiamato 65.109 visitatori (2,8% sul 2009), con un incremento maggiore degli operatori esteri, 5.218 nei quattro giorni, con un incremento del 3%.

Altro dato significativo: quasi 2.000 business meeting, organizzati all’inter-no del quartiere, hanno costituito la generale soddisfazione delle aziende protagoniste dell’expo per la quantità e la qualità dei rapporti commerciali avviati, che hanno fatto respirare aria di ripresa a ECOMONDO, dove anche la folta presenza di enti pubblici e amministratori, con progetti e risultati ottenuti, ha generato il giudizio unani-me sul dinamismo del settore.

Proprio la presenza del Ministro Stefa-nia Prestigiacomo al taglio del nastro aveva aperto mercoledì 3 novembre la 14a edizione di ECOMONDO, con dichiarazioni che hanno riconosciuto all’expo riminese il ruolo di riferimento

per il sistema ambiente.“Questa è la rassegna dell’Italia che vor-rei - ha detto il Ministro - la rassegna dell’Italia di domani, che racconta la green economy possibile e attuale. ECO-MONDO è la dimostrazione che esiste un grande settore dell’economia che ruota attorno all’ambiente e allo svi-luppo sostenibile, un pezzo di economia in grandissima espansione. A questo universo di sostenibilità in mostra ad ECOMONDO il Ministero dell’Ambien-te guarda con attenzione, attuando politiche di sostegno e incentivazione per tutti i settori. La rassegna di Rimi-ni dimostra che l’Italia è in grado di affrontare questa sfida da protagoni-sta”.

Ad accompagnare il Ministro Prestigia-como, il Sottosegretario all’Ambiente l’On. Roberto Menia, intervenuto al grande evento di apertura 1° Forum Internazionale Ambiente ed Ener-gia, dal titolo “Risorse e scelte: i nostri comuni futuri”, organizzato da The Eu-ropean House - Ambrosetti per CONAI, Legacoop, Legambiente, Regione Emilia-Romagna e Rimini Fiera. “Fra gli obiettivi del Governo - ha an-nunciato al Forum l’On. Menia - che ha già varato il proprio piano d’azione, c’è quello di arrivare entro il 2020 al 17% di energie da fonti rinnovabili: ora siamo all’8%. Ma c’è anche quello di garantire efficienza energetica, di semplificare le procedure e di svilup-

pare una nuova rete intelligente, che integri la rete elettrica alle altre fonti energetiche”.

Il Forum si è articolato in una sessio-ne plenaria mattutina ed in altre tre pomeridiane. Sono intervenuti presti-giosi e autorevoli protagonisti della scena economica e ambientale quali Jean-Paul Fitoussi, Presidente, OFCE (Observatoire Français des Conjonc-tures Economiques), Dipak Pant, Fondatore e responsabile Interdisci-plinary Unit for Sustainable Economy, Giacomo Vaciago, Fondatore e Co-ordinatore scientifico dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università Carlo Cattaneo (LIUC), Gian Carlo Muzza-relli, Assessore alle attività produttive della Regione Emilia Romagna, Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legam-biente, Giuliano Poletti, Presidente di Legacoop, Piero Perron, Presidente CONAI.

“Siamo molto soddisfatti della prima edizione del Forum - ha commentato Simone Castelli, Direttore business Unit di Rimini Fiera - un format che ha tutte le carte in regola per diven-tare appuntamento nel quale politica, industria e amministrazione intreccia-no i loro obiettivi e i loro progetti per determinare in breve tempo scenari sostenibili. Con questo tono caratteriz-zeremo i lavori preparatori dell’edizione

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2011, proprio perché l’appuntamento inaugurale di ECOMONDO, Key Energy e Cooperambiente sia sempre più ter-reno di confronto fra innovazione e prospettive future”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Sergio Mancuso, Partner di The European House-Ambrosetti: “Questa prima edi-zione, che potremmo chiamare zero, è stata importante per capire sentimenti e idee. Lavoreremo già dalle prossime settimane per la prossima edizione, con l’intento di produrre su questi temi con-tenuti innovativi, rigorosi e realmente utili alla sostenibilità. Durante tutto l’arco dell’anno lavoreremo in gruppi tecnici con incontri periodici e verifiche costanti che ci consentiranno di mettere a fuoco argomenti sempre più centrali per il futuro del pianeta”.

Fra i progetti attivati per l’edizione 2010, da ricordare le sessioni B2B organizzate dall’Ufficio marketing estero di Rimini Fiera e programmate con un sistema di piattaforma online. I buyers, oltre 120, sono arrivati da Bulgaria, Egitto, Israele, Marocco, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna, Turchia.“La notevole qualificazione dei visitatori nazionali e internazionali che hanno partecipato a questa edizione - ha di-chiarato Alessandra Astolfi, Project Manager di ECOMONDO - costituirà un terreno di sviluppo per ulteriori pro-getti nei prossimi anni”.

Evento di grande impatto è stato Eco-business Cooperation Event, organizzato da Unioncamere Emilia-Romagna: la Borsa di cooperazione con seminari e incontri d’affari con operatori pro-venienti da Argentina, Austria, Brasile, Bulgaria, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Malta, Portogallo, Romania, Serbia, Slovacchia, Svizzera.A dare ulteriore lustro a questa qua-lificata rappresentativa, coordinata dall’Ufficio Commerciale dell’Amba-sciata di Svezia, la presenza in fiera dell’Ambasciatore di Svezia in Italia, Ruth Jacoby, di fresca nomina e al suo debutto in forma ufficiale in un evento nel nostro Paese, che a ECOMONDO ha visitato le 12 aziende svedesi pre-senti nell’expo.“Il tema della sostenibilità ambientale è da lungo tempo nel nostro cuore e nel nostro modo di affrontare il futuro - ha dichiarato l’Ambasciatore Jacoby - C’è chi la considera un lusso, ma non in Svezia, un paese che sta dimostrando come lo sviluppo e l’applicazione di tecnologia e innovazione in campo ambientale possano rappresentare un modo per garantire una migliore eredi-tà alle nuove generazioni ed un volano per la crescita dell’economia attraverso la sostenibilità che non è affatto un co-sto, bensì un’opportunità”.

Oltre 1.000 imprese hanno animato l’expo di ECOMONDO 2010 su tredici

padiglioni del quartiere fieristico, se-condo sezioni espositive dedicate ai singoli settori:WASTE, raccolta e trasporto rifiuti, pu-lizia stradale, multi utilities trattamento rifiuti e movimentazione, riciclaggio rifiuti, recupero di materia, eco-imbal-laggi, prodotto finito eco-compatibile, ELV veicoli fine vita;INERTECH, demolizioni, trattamento e recupero di inerti/campi prova;RECLAIM EXPO, bonifica dei siti con-taminati;DECOMMISSIONING, (la grande novi-tà 2010) demolizione e riqualificazione di aree dismesse;ORO BLU e AIR, trattamento acqua e acque reflue, trattamento aria;RAEE, rifiuti elettrici ed elettronici;ECOBUY, isola degli acquisti sosteni-bili;AREA ISTITUZIONALE;RSI, rischio e danni ambientali.Si sono avuti commenti particolarmente positivi per tutta l’area del riciclaggio e dei servizi ambientali, dove si è perce-pito il grande sforzo per passare da una logica di quantità della raccolta a quella di qualità della materia recuperata da avviare a riciclo.

ECOMONDO 2010 ha proposto pure la 2a edizione del Premio Sviluppo Sostenibile, riconoscimento al motore verde dell’economia italiana. L’inizia-tiva, istituita dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presieduta da Edo

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Ronchi, con la collaborazione di ECO-MONDO e l’adesione del Presidente della Repubblica, ha premiato tre azien-de che quindi possono essere definite testimonial dell’industria ecosostenibi-le. Si tratta delle società My Clima di Treviso (categoria energia), della Lecce Pen di Settimo Torinese (settore rifiuti) e della Plaxtech di Udine (categoria prodotti e servizi innovativi).Si aprono prospettive importanti in vi-sta del 2011, quando il premio troverà una sua espansione ad alcuni settori che coinvolgano imprese straniere.

A ECOMONDO 2010, sono state tenute oltre 250 relazioni tecnico-scientifiche (circa il 20% di carattere internazionale) e 700 relatori hanno animato il programma dei convegni.“La Green Economy - ha commentato il professor Luciano Morselli, Coor-dinatore del comitato scientifico della manifestazione - delinea un modello di sviluppo che comprende oltre ai benefi-ci economici anche i danni ambientali associati ai sistemi produttivi, propo-nendo una riconversione dell’industria verso un cammino di sostenibilità am-bientale e sociale. I cardini di questa nuova economia sono stati ben evi-denziati durante ECOMONDO e sono le economie ecologiche, azioni che inse-guono la simbiosi tra economia umana ed ecosistema naturale per contrastare l’effetto avverso delle attività antropiche sul cambiamento climatico e il riscal-damento globale e sulla riduzione delle disparità sociali”.Fra l’altro il prof. Morselli anche quest’anno ha individuato la mascotte di ECOMONDO: l’Anatra dal becco blu, tradotta in gadget per i visitatori da Tetra Pak Italia l’emblema utile a ricordare le specie a rischio di estin-zione.

A Rimini Fiera un ruolo da protago-nista anche per Cooperambiente, fiera dell’offerta cooperativa di ener-gia e servizi per l’ambiente. Alla terza edizione hanno partecipato circa 100

cooperative protagoniste di esperien-ze di eccellenza realizzate in campo ambientale: dalle case eco-sostenibili, ai servizi e alla gestione del ciclo dei rifiuti e della raccolta differenziata, alla produzione di energie rinnovabili, alla gestione della aree verdi e boschive, al-le politiche per il risparmio energetico della grande distribuzione cooperativa e per i quasi 8 milioni di soci delle cooperative aderenti a Legacoop.

Molto frequentata è stata l’area dedicata alla Città Sostenibile, un’area pensa-ta da Rimini Fiera e Coordinamento Agende 21 Locali Italiane dove sono stati approfonditi gli interventi per fa-vorire la migliore vivibilità nelle aree urbane, con la presentazione di pro-totipi delle tecnologie più innovative. Interesse per il focus sugli interventi realizzati in merito a gestione di servizi e infrastrutture ambientali ed energe-tiche delle città. In particolare, per la prima presentazione pubblica del Piano Clima messo a punto dal Coor-dinamento Agende 21 Locali Italiane. Si tratta del documento di indirizzo per tutti gli oltre 400 enti locali italiani che hanno sottoscritto il Patto dei Sindaci, impegnandosi nei confronti dell’Unione Europea a ridurre le proprie emissioni di anidride carbonica di oltre il 20% entro il 2020.

Tantissimi soggetti che operano nel sistema ambiente hanno scelto ECO-MONDO per porre all’attenzione generale idee, progetti, esperienze e anche risultati del lavoro svolto. È il caso del Forum RAEE, duran-te il quale è stato fatto il punto sulla raccolta del rifiuto elettrico ed elet-tronico. È stato annunciato l’obiettivo del raggiungimento del traguardo dei 4 kg annui procapite di rifiuto raccol-to, risultato che soddisfa la richiesta dell’Unione Europea ma che ora at-tende la piena partenza della pratica “uno contro uno” per risalire ai livelli dell’eccellenza comunitaria

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Non ha tradito le attese l’area ELV - END of LIFE VEHICLE, organizzata col patrocinio del Ministero dell’Am-biente e dedicata alla filiera industriale per il trattamento ed il riciclaggio dei veicoli fuori uso. Il percorso-mostra sul trattamento dei veicoli fuori uso ha evidenziato gli sforzi effettuati per incrementare la sostenibilità ambientale delle vetture, con un occhio di riguar-do a quel che riguarda riciclabilità e recuperabilità. Ogni anno in Europa vengono rottamati circa 12 milioni di veicoli (solo in Italia ogni anno la cifra supera 1,5 milioni). Da questi 1,5 milio-ni di veicoli si stima vengano separate oltre 1 milioni di tonnellate di materiale metallico per il successivo riciclaggio, mentre il residuo della frantumazione, chiamato fluff, ammonta a 300mila tonnellate.

Tema sempre di rilievo ad ECOMON-DO, la Bonifica dei siti contaminati.

ha avuto il suo momento significati-co con la presentazione da parte di Federambiente del terzo “Rapporto bonifiche”, un lavoro frutto di un’inten-sa attività di ricerca e aggiornamento.I Siti di Interesse Nazionale (SIN) sono 57 e prossimamente diventeranno 58 con l’abruzzese “Bussi sul Tirino”.Dai dati Federambiente emerge che la superficie interessata è di circa 250.000 ettari (1% del territorio nazionale).Ad ECOMONDO, Federambiente ha anche presentato la 2a edizione della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti, che si terrà dal 20 al 28 novem-bre 2010 in venti Paesi europei.

La novità 2010 dell’area espositiva è sta-ta rappresentata da Decommissioning, dedicata al mondo delle demolizioni, al trattamento e al recupero di aree dismesse. Presentati esempi di grande impatto, come il servizio di disinqui-namento del porto di Brindisi, la messa

in sicurezza dell’area ex-Smeb in pro-vincia di Messina, la demolizione dello Stadio Delle Alpi di Torino, la demoli-zione dei pontili del vecchio porto di Marghera e la demolizione totale del molo n. 6 del vecchio porto di Trieste.

“ECOMONDO ha confermato anche in questa edizione il suo percorso di cresci-ta - ha commentato Lorenzo Cagnoni, Presidente di Rimini Fiera - fornendo agli operatori in visita una panoramica esaustiva sulle tecnologie e sui progetti protagonisti dello sviluppo sostenibile. Con orgoglio dico che abbiamo fatto un buon lavoro: la Fiera è ormai proiettata verso i vertici europei e grazie al lavoro svolto insieme ai partner istituzionali ha guadagnato una posizione di asso-luta autorevolezza per i contenuti che propone”.

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di AA.VV.

I CONVEGNI DIREGIONI&AMBIENTEAD ECOMONDOGREEN ECONOMY - NEW SOCIETYEcologia è Economia: un mon-do migliore è in costruzione

di Agnese Mengarelli

“La green economy e i green jobs sono le realtà del domani ed il motore della terza rivoluzione industriale. Una società più matura ed equilibrata si fonda su un’eco-nomia virtuosa e sullo sviluppo dell’empatia tra le persone e con la Madre Terra”.Con questa introduzione si sono aperti i lavori del Seminario: “Green Economy-New Society. Ecologia è Economia: un mondo migliore è in costruzione”, a cura della Fondazione UniVerde, che ha avu-to luogo, ad ECOMONDO, presso la Sala “Regioni&Ambiente”, mercoledì 3 no-vembre, dalle ore 14.30, alle ore 18.00.Con il sostegno di AGO Energia; Elec-trolux, FRV - Fotowatio Renewable Ventures; Gianni, Origoni, Grippo & Partners Studio Legale; Ropatec; Yingli Solar ed IPR Marketing - Sondaggi e Ricerche, il Seminario ha avuto il suo punto focale nella presentazione del 3° Rapporto sul Solare, condotto da IPR per conto di UniVerde.Nel salutare i convenuti ed aprire i lavori del Seminario, Alfonso Peco-raro Scanio - Presidente Fondazione UniVerde ha dichiarato: “È necessario integrarsi ed interagire fra soggetti eco-

nomici, istituzionali ed Enti Pubblici affinché si riesca a costituire una rete italiana della green economy che ha già delle eccellenze riconosciute, mal-grado il panorama nazionale non sia dei migliori sotto questo aspetto”.Proseguendo nel suo intervento, l’ex Mi-nistro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha poi ricordato il risultato positivo della mobilitazione lan-ciata un anno fa per ottenere il rinnovo degli incentivi al solare previsti dal conto energia del 2007, sottolineando, altresì che: “la green economy è una realtà nel settore agricolo, in quello della produ-zione energetica da fonti rinnovabili e di strumenti per l’efficienza energetica, nell’edilizia, nei servizi, nel turismo ed è sempre più connessa ad un cambio di gusto e di stili di vita nella società”.Alludendo alla possibilità di specu-lazione allorquando si approccia alla produzione energetica da fonti rinno-vabili secondo logiche di insostenibilità, l’On. Pecoraro Scanio ha rimarcato co-me: “dobbiamo occuparci di governance creando una lobby buona di aziende virtuose dal momento che i valori della sostenibilità non hanno senso se non in una logica di agire comune”.“Impresa, sì! Speculazione, no! - ha di-chiarato, infine - per fortuna l’Italia è migliore di quella che ci viene presen-tata e proprio qui ad ECOMONDO ne abbiamo una riprova; qui c’è il futuro, mettiamoci insieme”.

Successivamente, prima di passare alla teo-ria degli interventi previsti, ci si è soffermati sulla presentazione dei dati contenuti nel terzo Rapporto sul Solare, a cura di Anto-nio Noto - Direttore IPR Marketing.Il Rapporto, frutto di un’indagine stati-stica su un campione di 1.000 italiani, rappresentativo per età, sesso ed area di residenza della popolazione maggioren-ne residente, fotografa un Paese sempre più convinto della necessità delle energie alternative; in sintesi, due italiani su tre (66%) sono propensi all’utilizzo del sola-re, considerato quale fonte energetica del futuro per il 79% degli italiani. In crescita anche il livello di conoscenza degli in-centivi per il fotovoltaico (+48%).“La maggioranza degli italiani è convin-ta della necessità di un futuro energetico puntato sulle fonti rinnovabili”, - ha di-chiarato il Direttore IPR - Se al primo posto si conferma la preferenza per il solare (79% in più rispetto alle prece-denti rilevazioni), seguita dall’eolico (28%, +3% rispetto alla scorsa rilevazio-ne), mentre resta stabile al di sotto del 20% la propensione per il nucleare.“Dalla disaggregazione territoriale del campione - ha concluso il dott. Noto - si evidenzia come il solare sia visto come una prospettiva su cui puntare soprat-tutto per gli abitanti del Centro Italia, al contempo, però, il consenso verso questo tipo di fonte energetica è nettamente pre-valente in tutte le aree del Paese”.Da questa premessa che ha avuto il

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pregio di delimitare i contorni del qua-dro di riferimento nazionale, è partito il successivo brain storming da parte dei Relatori che sono intervenuti pre-sentando le personali esperienze di applicazione di modelli analitici previ-sionali, linee di indirizzo e best practices nei rispettivi ambiti di esperienza.A moderare il tutto è stata chiamata Elisabetta Guidobaldi - Responsabile Ambiente dell’ANSA.Il primo intervento in programma è stato quello di Paolo Corchia - Vice Presi-dente Nazionale Federalberghi, il quale ha presentato il punto di vista della cate-goria di imprese che rappresenta.“Occorre superare il luogo comune che vede il turismo come fonte di ra-pina e sfruttamento delle risorse del territorio - ha dichiarato il Presidente Federalberghi - il buon turismo stesso, infatti, può determinare positivi effetti sulla mitigazione degli impatti antropi-ci a patto che, non si scenda a patti con il doveroso rispetto del Genius Loci”.Citando la frase tratta da “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar: “mi sento responsabile della bellezza del mondo”, Corchia, dopo aver presentato alcune soluzioni logistiche già applica-te in alcune zone d’Italia, ha concluso affermando che: “Difendere l’ambiente significa difendere il turismo”.Il passaggio dalla green economy alla blu economy (intesa come l’insieme delle possibilità economiche offerte dalla corretta gestione delle risorse fi-siche, chimiche e biologiche del mare) è stato curato dal Prof. Roberto Dano-varo - Presidente Eletto Società Italiana di Ecologia e Direttore del Dipartimento Scienze del Mare dell’Università Politec-nica delle Marche, il quale ha tenuto a sottolineare quanto poco ancora si sappia sugli ecosistemi marini e sulla fisica dei fenomeni legati al mondo sommerso; eppure: “da quelle scarse informazioni già in nostro possesso, abbiamo la possibilità di intuire le enormi potenzialità rappresentate dallo sfruttamento sostenibile di tali immense ricchezze in tutti i settori della nostra

economia: energetico, farmaceutico, biologico ed alimentare”.In questo senso, non ha nascosto la preoccupazione per quanto riguarda la sopravvivenza di tanti progetti di ri-cerca italiani sui quali pesa l’incertezza dei finanziamenti adeguati.Proseguendo, è stata la volta della Prof.ssa Elena Dell’Agnese - Coordinatrice Corso di Laurea in Turismo, Territorio e Sviluppo Locale dell’Università di Milano, “Bicocca” che ha relazionato su esperien-ze di best practices per la “trasformazione verde” dell’Università milanese applica-te con il Progetto “Green Campus” che ha visto la partecipazione di docenti e studenti coinvolti in un percorso di miti-gazione degli impatti antropici all’interno dell’area di studio.La prof.ssa Dell’Agnese sostiene che per rendere più verde l’economia, sia neces-saria una rilettura delle nostre attività.Si è aperta poi la seconda parte del Convegno, dedicata alle aziende che operano nel settore ambientale.Francesco Pezone, Responsabile Di-partimento Legale Fotowatio Renewable Ventures Italia, azienda leader a livello internazionale nella progettazione e ge-stione di impianti fotovoltaici, ha espresso il forte bisogno di tutte le aziende del settore di poter operare in un contesto trasparente e ricco di informazioni, la-mentando la troppa burocrazia e la poca chiarezza, anche in ambito normativo, che esiste oggi in Italia.La parola è poi passata a Robert Nie-derkofler, Amministratore Delegato Ropatec, impresa di Bolzano che opera nel settore dell’eolico. “La tecnologia del futuro richiederà sempre più una stret-ta armonia con l’ambiente. Per questo motivo, efficienza, versatilità ed affida-bilità, unite a un basso impatto visivo ed acustico, sono da sempre il focus della strategia aziendale Ropatec”.È stata poi la volta di Fabio Patti, Sa-les Manager Yingli Green Energy Italia, uno dei principali produttori vertical-mente integrati al mondo di prodotti fotovoltaici; la Società progetta, produ-ce e commercializza moduli fotovoltaici

particolarmente indicati per sistemi fo-tovoltaici di tipo “grid-connected”, che possono essere collegati ad una rete elettrica di trasmissione locale oppure all’interno di sistemi isolati. Ha preso poi la parola Roberto Sacco, Amministratore Unico Ago Energia, che si occupa di Progettazione, realizzazione e gestione di impianti industriali per la produzione di elettricità, calore e freddo dalla combustione di biomasse solide vegetali vergini. “Come componente produttiva dell’economia nazionale, cre-diamo di avere un obbligo particolare verso la società e l’ambiente, per questo motivo ci siamo imposti, come azienda, regole scrupolose, attraverso le quali in-tendiamo migliorare continuamente la tutela dell’ambiente”.È stata poi la volta di Mauro del Savio, Direttore Marketing Electrolux, leader mondiale negli elettrodomestici e appa-recchi per uso professionale. “Siamo in grado di dare un contributo positivo allo sviluppo sostenibile, attraverso le nostre attività e i nostri prodotti.” L’azienda punta su innovazioni che sono studiate, sulla base di ampie analisi sui consuma-tori, per soddisfare le loro reali esigenze e per ridurre i consumi di energia. Infine, la parola è passata a Stefano Tersigni, Amministratore Unico Bross - Redais, un marchio che identifica un sistema di lavoro applicato alle attività di coordinamento e gestione del pro-cesso di sviluppo immobiliare nella sua complessità ed interezza: dallo studio di fattibilità, alla assistenza, alla realiz-zazione, alla consegna del prodotto.Ha concluso i lavori Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione Univerde, che ha posto l’attenzione su due concetti: il primo, relativo al foto-voltaico, è la necessità anche in Italia, di un sistema di riciclo dei pannelli a fine vita, e quindi, di un’azione d’in-centivi, attraverso sgravi fiscali, dedicati esclusivamente alla green economy, attraverso lo schema del green public procurement e del Labour Intensive.

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LE ATTIVITÀ DI RICICLO DEI RIFIUTI URBANI TRA CRITICITÀ E BUONE PRA-TICHE AMBIENTALI

di Silvia Angeloni

Quando il programma della Fiera di Ecomondo, volgeva al termine, venerdì 5 novembre 2010 nella Sala Regioni e

Ambiente si è svolto il Convegno: “ Le attività di riciclo dei rifiuti urbani tra criticità e buone pratiche: due Regioni a confronto ”. Ad aprire i lavori è stato il dott. Franco Gerardi-ni, Dirigente Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo, che ha spiega-to come sia importante verificare quali sono i punti di contatto in materia di gestione dei rifiuti tra le due regioni interessate.In Abruzzo, il Piano Rifiuti è stato ela-

borato abbastanza recentemente, e approvato nel 2007 con la Legge 45. Con la delibera n. 611 del 2009, poi, sono state tracciate le linee di indirizzo per l’aggiornamento del Piano Regiona-le dei Rifiuti, che attraverso il tavolo di concertazione, si è inserito in un’area di stand-by perché in attesa della modifica della parte IV del Codice Ambienta-le, nonché dell’evoluzione sul sistema organizzativo degli Ambiti Territoriali Ottimali, a seguito dell’entrata in vigore della legge nazionale 42 del 2010. Ci si è soffermati su queste problematiche per riflettere e portare nel tavolo di concertazione le modifiche del piano, tenendo conto dell’impostazione gene-rale della nuova direttiva comunitaria sui rifiuti del 2008, che ha introdotto novità sostanziali: la preparazione al riutilizzo, e dall’altra la spinta ancora più forte ai temi del riciclo. Il Piano della Regione Abruzzo prevede al 5% la riduzione della produzione dei rifiuti rispetto al 2005, da raggiungere entro il 2011. L’Abruzzo produce ogni anno 690 mila tonnellate di rifiuti, (dato ormai stabile), con un obiettivo di raccolta differenziata del 60% al 2011,mentre l’ultimo dato (2009) indica il 25%. Va detto che rispetto agli obiettivi della pianificazione l’Abruzzo è indietro rispetto agli obiettivi della normativa nazionale che al 2009 era del 50% su base regionale. La loro rete regionale di impianti comprende sia impianti di trattamento, sia di compostaggio, ma sono ancora insufficienti in relazione alle esigenze. In breve l’Abruzzo è ri-uscito a far decollare molti comuni nel “Porta a porta”, con flussi ingenti di organico arrivati all’impianto, ma che sono superiori rispetto alle potenzia-lità dello stesso. Infatti, non sempre i Consorzi hanno portato a termine la realizzazione degli impianti. Anche la rete di piattaforme è carente essendo operative solo 6 su 9. Va citato, comun-que un importante obiettivo raggiunto: il marchio “Compost di Qualità Abruz-zo”, che è stato assegnato, dall’ACIAM di Avezzano. In Abruzzo mancano però

LINEE GUIDA SULLA RIDUZIONE DEI RIFIUTI IN EVENTI NEI PARCHI – PROTOCOLLO EUROPARC CONFERENCE 2010

di Silvia Angeloni

Mercoledì 3 novembre, presso l’area stampa di Marche e Abruzzo, Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e l’Osservatorio dei rifi uti della Regione Abruzzo hanno tenuto la conferenza stampa: “Linee guida sulla produzione dei rifi uti in eventi nei Parchi”, sancite in un protocollo d’intesa tra gli enti e sperimentate in occasione di Europarc Conference 2010, la conferenza annuale di Europarc, Federazione che riunisce la maggior parte delle aree protette europee, svoltasi quest’anno nel Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise.Il Presidente del Parco Giuseppe Rossi, e Massimo Fraticelli dell’Osservatorio Regionale dei Rifi uti, hanno illustrato le risultanze della sperimentazione ad Europarc Conference 2010 e la possibilità di replicare l’iniziativa in occasione di nuovi eventi in altre aree protette. Massimo Fraticelli ha ricordato, come la nuova direttiva europea che si occupa delle gestione dei rifi uti, prevede in via prioritaria la riduzione dei rifi uti. L’Italia già da tempo è in attesa di un programma nazionale di riduzione della produzione dei rifi uti, soprattutto degli imballaggi. La Regione Abruzzo nel suo Piano regionale dei rifi uti ha posto come obiettivo prioritario di riduzione un 5% rispetto ai parametri del 2005. Vi è da sottolineare che nel confronto tra i dati del 2009 e del 2010 si è verifi cata una piccola riduzione della produzione dei rifi uti, anche se non può assumere una valenza né regionale, né comunale.I cittadini possono fare molto, ma il settore degli imballaggi, riguarda essenzialmente la grande distribuzione (GDO). All’interno della conferenza nazionale di Europarc, a titolo sperimentale sono state attivate alcune piccole azioni: dalla scelta di determinati materiali che favoriscono il riciclo come i GPP, all’incentivo della raccolta differenziata soprattutto dell’organico, dal compostaggio domestico,alla maggiore attenzione alla produzione di carta. Il parco comprende all’interno dei suoi confi ni, sette comuni, anche se quelli interessati al parco sono 24, i quali si snodano in una zona attigua costituita da ottantamila ettari. La raccolta differenziata per i Comuni all’interno dell’area del parco, è portata avanti in modo egregio della Comunità Montana. “Il Parco credo che possa incidere sul miglioramento dei servizi locali ed inoltre svolgere un ruolo determinante sul piano della sensibilizzazione dell’educazione non solo limitatamente ai cittadini del parco, ma anche nei confronti di tutti i visitatori italiani e stranieri che ogni anno lo popolano - ha dichiarato il Presidente Giuseppe Rossi. Cercheremo quindi di organizzare un’azione di comunicazione e di informazione costante, anche attraverso le strutture dei servizi del Parco, ad esempio ai Centri visita o alle aree attrezzate dove arrivano moltissimi visitatori e intervenendo con un’azione di educazione ambientale. Credo questo possa consistere in un risultato importante”.“È importante sottolineare - ha aggiunto Fraticelli in chiusura - che questo protocollo è replicabile non solo da parte di enti pubblici, ma anche privati che siano interessati ad organizzare eventi di questo genere. Le linee guida che sono state presentate alla conferenza, possono essere facilmente scaricate in due siti internet: quello del parco e quello della Regione Abruzzo”.

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termovalorizzatori, per cui la Giunta ha deciso di concentrarsi su quest’aspet-to, cercando di modificare il Piano per prevedere la realizzazione di impianti di recupero energetico attraverso le mi-gliori tecnologie. Si sta pensando ad una tecnologia diversa dai cosiddetti inceneritori tradizionali, ragionando su eventuali forme alternative: dalla dis-sociazione molecolare a forme diverse di gassificazione o altra tecnologia. L’architettura gestionale della Regio-ne Abruzzo poggia su quattro ATO (Ambito Territoriale Ottimale) che do-vevano sostituire i 14 consorzi. Questo iter però si è bloccato, e al momento si è insediato un solo ATO, quello di Teramo che non è tuttavia operativo, gli altri sono solo delimitazioni territo-riali dove operano i consorzi, o sono società miste o sono semplici unioni di Comuni, ma non sono stati avviati gli ATO previsti a suo tempo dal cosiddet-to codice ambientale, e tutto è ancora in fase di discussione. Sono invece in fase di attuazione una serie di corsi di formazione tramite l’Evento “Ricicla Abruzzo” che si tiene di solito a metà dicembre. “Noi guardiamo con molto rispetto alla Regione Marche come Regione che ha un’esperienza maggiore di noi sul ter-ritorio grazie al fatto che le esperienze sono più mature rispetto alle nostre. - Ha affermato Gerardini - Hanno iniziato prima a portare avanti que-

sta attività di cooperazione tra gli enti locali, cosa che da noi stenta ancora ad esserci perché molti comuni conti-nuano ancora la gestione in economia diretta nonostante ci siano i Consorzi territoriali di riferimento sono entrati dei consorzi ma non hanno affidato loro la gestione unitaria dei servizi”. “Noi abbiamo condizionato tutti i finanziamenti utili all’organizzazione di sistemi di raccolta differenzia porta a porta non abbiamo dato più fondi ai comuni e ai consorzi se non per realiz-zare sistemi domiciliari, questa scelta sta dando ottimi risultati, soprattutto per la qualità merceologica dei flussi che vengono portati al recupero, oltre che la quantità, risultato che è stato ben compreso. Queste esperienze sono la testimonianza che se la regione crede fino in fondo a queste linee direttrici, anche nel caso dei rifiuti si riesce a condizionare in modo positivo quasi tutto il territorio”. ”Vorrei innanzitutto ringraziare il dott. Gerardini per l’idea di ritrovar-si a ECOMONDO per confrontarsi tra Regioni, e perché il suo intervento dà lo spunto a riflessioni, ed evidenzia che oltre a una vicinanza geografica c’è affinità economica-culturale-sociale, con le medesime difficoltà di conciliare esigenze tra zona montana e costiera”.Con queste le parole ha aperto il suo intervento il dott. Piergiorgio Car-rescia, Dirigente P.F. Ciclo dei Rifiuti

della Regione Marche.La regione Marche è partita dopo il de-creto Ronchi, con una legge regionale del 1999 che cercava di dare una stra-tegia al sistema rifiuti. Sulle linee della riduzione, della prevenzione, della rac-colta differenziata e dello smaltimento sono state impostate le politiche in questi anni. Gli strumenti, attraverso i quali l’azione si à mossa sono stati: da una parte gli incentivi economici, e fiscali, accompagnati da una campa-gna di educazione e comunicazione e dall’altra; l’obiettivo di intercettare finanziamenti comunitari o nazionali che potessero fornire la possibilità di colmare quei gap che la Regione Mar-che aveva accumulato. La legge del ’99 è stata poi sostituita e aggiornata lo scorso anno dalla legge 24, anche alla luce dei nuovi obiettivi e del Decreto 152/2006, conformando le linee d’azio-ne. In particolare la prevenzione dei rifiuti e della raccolta differenziata e del “Porta a porta” sono state individuate come azioni prioritarie per arrivare ad un sistema autosufficiente. Finora le Marche sono riuscite a mantenere la loro autosufficienza per lo smaltimento dei rifiuti.Esistono delle criticità perché l’impian-to della Legge del 99 è stato attuato solo in parte. La legge prevedeva la costituzione di Consorzi Obbligatori dei Comuni su base provinciale. Al con-sorzio era domandata la governance

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sostanzialmente del sistema per attuare i Piani provinciali. Di fatto ad Ancona si sono costituiti due consorzi, a Macerata c’è una situazione particolare perché non c’è il consorzio inteso come ATO, di fatto il COSMARI gestisce la raccolta, il trasporto e lo smaltimento per tutti i Comuni della Provincia. Le criticità maggiori si rilevano a Pesaro, Ascoli e Fermo perché non vi sono consor-zi, quindi c’è un frazionamento anche gestionale, per cui alcuni comuni sono aggregati nelle Comunità Montane, altri in unioni di Comuni. Comunque, per la maggior parte queste Provincie ge-stiscono in autonomia il sistema, che può funzionare solo se a dimensione territoriale è e non circoscritta solo alle piccole realtà comunale. Con la legge dello scorso anno la Regione Marche si è posta l’obiettivo di definire in ca-po alla Autorità d’Ambito il ruolo che il Decreto legislativo 152 riconosce a questo nuovo soggetto, che farà gover-nance a livello provinciale, tendendo all’unificazione del sistema. C’è un’ ipotesi sulla quale sta lavorando la Regione, per definire, il soggetto o la Provincia, o l’agenzia regionale, o una forma associativa si troverà di fronte a delle realtà sostanzialmente diverse tra Pesaro e Macerata e il resto; questo a li-vello amministrativo. Anche a livello di impianti c’è una situazione eterogenea: a Pesaro il sistema è tutto incentrato sulla discarica; ad Ancona una raccolta differenziata a monte di sistemi di trat-tamento che riguardano sia la frazione secca, che la frazione umida con due discariche: a Macerata pur avendo il COSMARI un ciclo più virtuoso, perché arriva alla fase di recupero energetico, in Provincia non c’è nella discarica e si appoggia a quella di Fermo in base ad un accordo interprovinciale. La Regione Marche ha usato risorse comunitarie e risorse proprie per finanziare le filiere, gli impianti della filiera, nel 2006 sono state finanziati 38 centri di raccolta ad integrazione di comuni che propone-vano il “Porta a porta”. Lo scorso mese sono stati premiati i comuni che hanno

realizzato le migliori performance, con circa quindici Comuni che hanno su-perato la soglia del 60 e una decina e una decina sono sulla stessa fascia tra il 50% – 60%. Un’altra iniziativa su cui la Regione ha deciso di puntare, è quella dell’edu-cazione ambientale, su cui ha speso molto e continuerà a farlo. Sono state previste le Ludoteche del riuso, una per ogni provincia, presso dei complessi scolastici che stanno dando degli ottimi risultati, perché oltre alla sensibilizza-zione dei bambini, il messaggio arriva alle famiglie. A seguire Giuseppe Giampaoli, Direttore del COSMARI, Consorzio Smaltimento Rifiuti della Provincia di Macerata. Ha sottolineato che il con-sorzio di volontari, nato negli anni ‘80, che poi si ampliato, sempre con il fine della gestione integrata dei rifiuti.Ha acquisito delle Società strumentali e gestisce tutta la raccolta e lo smaltimen-to dei rifiuti. Le attività del Consorzio sono: la gestione degli impianti di smal-timento, di recupero, di compostaggio, la gestione delle discariche, servizi di raccolta, e trasporto dei rifiuti. L’impiantistica di cui è dotato è la più completa delle Marche, partendo dalla fase di trattamento e selezione, fino poi a chiudersi con il recupero energetico. Sono state chiuse due di-scariche: quella di Potenza Picena e quella di Tolentino mentre a Cingoli è in progettazione una nuova discarica. E’ importante sottolineare che il “Porta a porta” ha consentito nel lungo termine un risparmio, nonostante l’impatto dei costi iniziali, che sono stati riassorbiti al secondo anno.La dott.ssa Laura Filonzi, Direttore CIR 33, (Consorzio Intercomunale Ri-fiuti, Vallesina – Misa), ha connotato il Consorzio nato nel 2003 come “fra-tello minore” del COSMARI, anche se rispetto a questo, ha un’impostazione diversa. Non è un Consorzio di gestione diretta del servizio, (solo ultimamente hanno intrapreso il percorso della ge-stione dell’impianto di compostaggio),

ma si tratta di un Consorzio di funzio-ne. “Nasciamo in forza della legge 28 del 1999 come Consorzio obbligatorio di 33 dei 49 Comuni della Provincia di Ancona, tra i Senigallia, Fabriano e Jesi, che vivono delle grandi criticità nel periodo estivo, soprattutto Senigallia “ come ha sottolineato il Direttore del CIR 33. Per loro conto il CIR 33 svolge una serie di attività: sia l’organizzazio-ne amministrativa, sia la realizzazione impiantistica, inoltre le attività connesse al servizio di raccolta, tra cui tutta la parte comunicativa. Quando si par-te con il servizio di raccolta, ci deve essere la condivisione con l’ammini-strazione comunale e soprattutto, una grande convinzione perché si tratta un passaggio culturale, che presuppone cambiamenti di abitudini. La parola è passata, quindi, alla dott. sa Donatella Memmo, Funzionario Ser-vizio Ambiente del Comune di Ortona, che ha illustrato come in questa città, prima dell’introduzione del servizio di “Porta a porta” ci fosse un sistema di raccolta a cassonetto differenziato. Avevano 1200 cassonetti stradali per: carta-cartone, vetro, indifferenziato, po-sizionati su tutto il territorio comunale. Il passaggio al “Porta a porta” è iniziato a settembre del 2008.C’è stata informazione, attraverso opu-scoli informativi per il cittadino, onde invitarlo a collaborare per questo servi-zio che gestisce Ortona Ambiente. Gli sforzi compiuti sono stati ripagati con il conseguimento della “Bandiera Blu” della FEE e di “Comune Riciclone” di Legambiente.Negli ultimi mesi è stato installato un punto di conferimento funzionante nei giorni feriali per venire incontro al cit-tadino che non ha potuto conferire il rifiuto nella notte o ha organico che non può tenere a casa, dal momento che il “Porta a porta” essendo svolto per tre volte a settimana, potrebbe es-sere insufficiente. Ha chiuso il convegno l’Ing. Armando Petrella, Responsabile Tecnico Segen SpA, (Società Intercomunale per la Ge-

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stione dei servizi Ambientali). Nata nel 1995 come consorzio di 13 comuni, per un totale di 40.000 abitanti. Il territorio su cui insiste, segue il profilo topografi-co di una valle: è molto stretto e molto lungo e quanto crea diverse problema-tiche per la raccolta “Porta a porta” e la mobilitazione dei mezzi. “Abbiamo comuni piccoli che con le loro strade tortuose e strette causano problemi nel ritiro” - ha osservato Petrella.Nel periodo estivo questo crea ancora maggiori problematiche. Il progetto per la raccolta differenziata “Porta a porta” è partito con l’implementazione del servizio per 9 comuni, che sono poi quelli ammessi a finanziamento. Il progetto si è attivato ed attuato attra-verso queste fasi:

ricognizione e registrazione delle uten-ze distribuite sul territorio, ricostruendo la toponomastica di tutti i comuni, casa per casa;avvio della campagna di informazio-ne che è stata fatta porta a porta, da operatori della società, distribuendo opuscoli e una guida pratica;rafforzamento dell’ informazione do-miciliare per mezzo di un periodico e di un sito internet;consegna di attrezzature, sacchi, ma-stelli e bidoni;acquisto e utilizzo di automezzi per attrezzature pesanti.Il raccolto viene conferito presso i Centri di raccolta delle piattaforme ecologiche con le quali sono state sti-pulate delle Convezioni. L’operazione di attuazione del progetto ha avuto dei costi ingenti per un totale di circa 2.780 milioni di euro, a cui hanno fatto fronte parzialmente i finanziamenti della Re-gione, ripagati con il raggiungimento di obiettivi importanti: i nostri Comuni hanno una media, dal 55% al 60% di raccolta differenziata.Alla conclusione dell’incontro, dopo aver raccolto i consensi unanimi da parte dei partecipanti, e il dirigente Franco Gerardini della Regione Abruz-zo ha sottolineato, che questo meeting

ha fornito punti di riflessione e con-fronto che saranno tenuti ben presenti dagli operatori coinvolti.

ENERGIA DA BIOMASSEProspettive economiche, am-bientali ed energetiche per uno sviluppo sostenibile.

di Silvia Barchiesi

Le biomasse sono “energia verde” da coltivare: costituiscono una fon-te energetica rinnovabile in grado di rispondere in modo sostenibile ed economico alla domanda energetica europea, oltre che un’opportunità eco-nomica per il comparto agricolo.É quanto è emerso dal Convegno dal titolo “Energia da biomasse: pro-spettive economiche di sviluppo sostenibile”, svoltosi lo scorso 5 novembre nell’ambito della Fiera ECO-MONDO 2010 e volto ad approfondire problematiche e prospettive relative alla produzione di energia da biomasse.A disegnare il quadro delle criticità, ma soprattutto quello delle nuove oppor-tunità e dei nuovi scenari aperti dalle biomasse, sono stati numerosi politici, amministratori, esperti ed imprenditori intervenuti per testimoniare la sosteni-bilità economica, oltre che ambientale ed energetica delle biomasse.Trarre energia dalle biomasse consente infatti di eliminare i rifiuti prodotti delle attività umane, produrre energia elettri-ca e ridurre la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il petrolio: ciò che un tempo era un costo da soste-nere, grazie alle biomasse, diventa così un’opportunità per produrre preziosa energia elettrica.Ma non solo. Le biomasse sono molto di più di un’opportunità. Il ricorso al-le biomasse è infatti una necessità: “Il ruolo delle agroenergie - ha dichiarato nel corso del suo intervento il Prof. Roberto Jodice, Presidente Consorzio

CORTEA - è essenziale per raggiungere gli obiettivi europei al 2020 in tema di rinnovabili. Secondo il Piano di Azione Naziona-le per le energie rinnovabili dell’Italia (PAN), licenziato dal Governo alla fine di giugno, in attuazione della Direttiva Comunitaria 2009/28/CE e della deci-sione della Commissione del 30 giugno 2009 sulla promozione delle fonti alter-native, nel settore elettrico le biomasse possono rappresentare il 20% del con-tributo totale che le rinnovabili possono dare al 2020, mentre nel settore termi-co, il vero fondamento del Piano su cui anche l’Unione Europea insiste molto, il contributo alla produzione di energia da parte di questa fonte supera il 50% delle rinnovabili totali”.“In sintesi - ha continuato il Prof. Jodi-ce - oltre il 10% dei consumi energetici italiani potrebbe essere assicurato dalle biomasse, mentre l’aliquota dovuta a quelle di provenienza agricola potrebbe essere dell’8% circa. Per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Commissione Europea per il nostro Paese al 2020, le biomasse giocano un ruolo essenziale nelle poli-tiche di programmazione e produzione. Anzi, senza il contributo delle biomas-se non sarà possibile raggiungere tali obiettivi”.Eppure, nonostante l’interesse per l’utilizzo delle biomasse come risor-sa energetica sia in continua crescita, il settore non ha raggiunto in molte applicazioni una reale dimensione di mercato.Se si guarda poi ai modelli produttivi per le biomasse, la scelta realmente sostenibile dal punto di vista ambien-tale è quella che punta sulla cosiddetta cogenerazione distribuita nell’ambito della cosiddetta “filiera corta”, ovvero quella che premia la generazione diffu-sa attraverso il consolidamento di una rete di piccoli impianti.“Contrariamente a quanto avvenuto spesso negli ultimi anni, in cui le eco-nomie di scala favorivano gli impianti di grande taglia - ha proseguito il Prof.

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Jodice - oggi è economicamente fattibi-le, oltre che ambientalmente sostenibile, proporre impianti dimensionati sulla base delle reali potenzialità del conte-sto locale in termini di disponibilità di materie prime e di terreno.Rispetto alla scelta dei grandi impianti appare preferibile una micro- produ-zione energetica caratterizzata dalla diffusione sul territorio di impianti di piccola taglia che assicurino l’alloca-zione dell’energia termica e non solo di quella elettrica: la cosiddetta coge-nerazione distribuita”. È così che l’offerta energetica legata alla cogenerazione distribuita si radica nel territorio. Così prende l’avvio la cosiddetta “filiera corta”.Il legame “orizzontale” con il territorio per gli impianti di produzione diventa fondamentale per la sua sostenibilità ambientale.Con l’aumentare della distanza dal luogo di produzione rispetto a quello di utilizzo, aumentano, infatti, i costi energetici.Per ridurre al minimo l’energia spesa nel trasporto, è quindi importante che la biomassa sia prodotta nel territorio limitrofo all’impianto energetico. Di qui la necessità di valorizzare im-pianti di produzione di biomassa di piccola - media dimensione, diffusi sul territorio, il cui sistema logistico di ap-provvigionamento sia caratterizzato da un costo energetico dovuto al trasporto

del combustibile non superiore al 2% rispetto al contenuto energetico della biomassa.Ma la sostenibilità del modello coge-nerativo di piccola taglia non è solo ambientale ed energetica, ma anche economica: “Il tempo del ritorno dell’investimento, nel caso della cogene-razione distribuita - ha commentato lo stesso Jodice - è ampiamente soddisfa-cente, sia dal punto di vista industriale, che produttivo”.Dello stesso parere è l’on. Paolo Rus-so, Presidente Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, secondo cui “spingere verso le biomasse è una necessità, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico”. “Le biomasse - ha dichiarato l’on. Russo nel suo intervento di apertura - sono un’opportunità per le aziende agricole. Lungi dall’essere un elemento di disa-gio a carico dell’ambiente, sono motore di qualià e competitività di alto pro-filo ambientale, in quanto hanno la capacità di coniguare la sostenibilità ambientale con le opportunità reddi-tuali per l’impresa”.“Affinché ciò avvenga - ha concluso l’on. Russo - è necessario che questo percorso non perda la sua riconosci-bilità territoriale. Di qui la necessità di spingere verso la cosiddetta filiera corta, garanzia di sostenibilità economica e ambientale”.Ne sono la prova i numerosi impian-

ti progettati da CEO- Ago Energia e illustrati da Roberto Sacco, ammini-stratore unico dell’azienda, specializzata in biomasse solide vergini e nella re-alizzazione e gestione di impianti di co e trigenerazione di piccola taglia e a “kilometri zero”, ovvero impianti di dimensioni inferiori al megawatt il cui approvigionamento energetico avviene in loco, nello stesso paese in cui si trova l’impianto.Altro che “filiera corta”...nel caso de-gli impianti realizzati dalla CEO- Ago Energia, ha commentato l’Ing. Sac-co presentando le “best practices” dell’azienda, “la filiera è a chilometri zero”.I vantaggi? Oltre che ambientali, sono anche economici e sociali.Se dal punto di vista ambientale, gli im-pianti sono tutti a impatto zero, ovvero a zero emissione di CO

2 e senza alcuna

produzione di diossine, dal punto di vi-sta socio-economico gli impianti hanno un impatto benefico sul territorio.L’impatto non è di certo paesaggistico, in quanto tutti gli impianti si “mimetiz-zano” con il paesaggio circostante dal punto di vista architettonico, grazie a linee e materiali specifici del territorio, bensì, positivamente, sociale ed eco-nomico.“Grazie all’approvigionamento in loco delle biomasse - ha spiegato l’Ing. Sac-co - gli impianti sono, infatti, in grado di forninire al territtorio in cui sono

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istallati una garanzia di reddito e una stabilità economica locale. Ma non so-lo. Oltre a creare nuovi posti di lavoro, la presenza degli impianti assicura la pulizia e la manutenzione dei boschi e la formazione/sensibilizzazione del-la comunità locale alle problematiche energetiche, grazie alle visite guidate che si realizzano all’interno degli im-pianti”.Ma l’elenco delle best practices illustra-te nel corso del Convegno non finisce qui.A testimoniare il crescente interesse del settore agricolo verso la produzione di energia da biomasse è stato lo stesso Assessore all’Agricoltura, Turismo e Pe-sca della Provincia di Livorno, Paolo Pacini. In una Provincia a forte vocazione agricola come quella di Livorno, oltre alle due centrali “a filiera lunga” già esistenti, nel giro di due anni sono nate 9 nuove centrali a “filiera corta”.Si tratta dunque di un segnale del fermento che anima il settore delle biomasse e del crescente interesse del mondo agricolo verso questa nuova fonte di energia pulita.Decisivo in questo contesto è il ruolo degli enti pubblici.“L’investimento nelle biomasse è un’op-portunità per gli imprenditori - ha dichiarato l’Assessore Pacini nel cor-so del suo intervento - ma è anche un impegno per la Provincia. Il nostro obiettivo è quello di rendere il territo-rio rurale autonomo dal punto di vista energetico, spingendo alla creazione sul territorio di piccole centrali a bio-masse, magari sperimentando nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato”.Quello di creare piccoli impianti sot-to il megawatt a filiera corta è anche l’obiettivo della Provincia di Barletta- Andria- Trani.“La nostra idea è quella di spingere il più possibile la filiera corta - ha dichia-rato Gennaro Cefola, Assessore alle Risorse naturali, politiche ambienta-li, difesa del suolo della Provincia di

Barletta - Andria - Trani - magari sfrut-tando le numerose aziende produttrici di olio presenti sul territorio. In questo modo il cerchio delle biomasse si apre e si chiude sul territorio”.Di qui l’impegno della Provin-cia a sostenere la “rivoluzione energetica” attraverso un “Piano Pro-vinciale Energetico” che coinvolga tutte le associazioni ambientaliste, agricole e industriali presenti sul territorio. “La pianificazione e la programmazio-ne - ha commentato Cefola - è, infatti, il primo atto che come Provincia siamo chiamati a compiere”.Se gli Enti Locali hanno un ruolo stra-tegico nell’orientare e indirizzare la produzione energetica da biomasse, la responsabilità maggiore è in capo alle imprese, non sempre attente alla sostenibilità dei loro processi produttivi e, piuttosto, interessate alla specula-zione.È quanto ha evidenziato nel suo in-tervento Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione UniVer-de.“Bisogna distinguere tra impresa e speculazione - ha dichiarato Pecoraro Scanio - così come bisogna distinguere tra green economy e greenwashing”.Se il settore delle biomasse è in fermen-to e può contare su numerosi esempi di “best practices”, è pur vero che lo stesso settore pullula anche di “worst practices” che travolgono il settore e lo “avvelenano”.“Il tema delle biomasse - ha continuato Alfonso Pecoraro Scanio - è un chiaro esempio di come le worst practices in atto possano strumentalizzare il pro-blema”.Piuttosto che porre l’attenzione sul-le “worst practices” è bene dunque focalizzarsi sulle “best practices” che dimostrano come le biomasse, lungi dall’essere opportunità di speculazione, possano diventare una nuova opportu-nità economica e sostenibile.Ma perché ciò avvenga è necessario accantonare il vecchio modello pro-duttivo incentrato sull’importazione a

favore di un di un nuovo modello in-dustriale che premia la “filiera corta” e piccole dimensioni dell’impianto.“Occorre creare un nuovo sistema di impresa fatto di mini-biomasse diffu-se - ha osservato Pecorar Scanio - in cui l’approvigionamento energetico e la produzione energetica avvengano in loco. Occorre optare per questa nuova e premiante scelta strategica. Solo così è possibile fare dell’Italia un Paese leader dell’efficienza energetica”.Ma la problematica delle biomessa in-terseca anche quella dei rifiuti. Di qui l’intervento nel corso del Convegno dell’Ing. Daniele Montecchio, com-ponenente dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti che ha illustrato le motivazio-ni che hanno spinto l’Osservatorio ad analizzare l’utilizzo degli scarti di polie-tilene negli impianti di biomasse.“Il potere calorifero di tali scarti è trop-po alto per essere smaltito in discarica e i termovalorizzatori non sono in grado di assorbirli tutti. Dal punto di vista ambientale la situazione è insostenibile. Molti di questi scarti vengono, infatti, smaltiti in deroga in discarica. La so-luzione più sostenibile sarebbe invece di usare tali scarti che finiscono in discarica come combustibile al posto del metano che invece dobbiamo im-portare”.Il bilancio complessivo sulle biomas-se ad uso energetico che ad oggi è possible tracciare è dunque quello di un settore di forte interesse, in uno scenario normativo e di mercato in evoluzione e in forte fermento.Alcune “buone pratiche” sono già in atto e gli esempi “virtuosi” non man-cano. Ecco allora che la rivoluzione “green” coinvolge anche il settore agri-colo, sempre di più pratogonista della produzione di energia “verde”.

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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Si riciclano meno quantità e ne vengono esportate di piùL’ITALIA DEL RICICLO 2010Presentato da FISE UNIRE e FoSS l’annuale Rapporto

Presentata il 28 ottobre 2010, la 10a edizione dell’annuale Studio promosso da FISE-UNIRE (Associazione di Con-findustria che rappresenta le imprese sul recupero e riciclaggio dei rifiuti, conosciuto come Rapporto “L’Italia del Recupero”, è diventato “L’Italia del Riciclo”, avvalendosi, peraltro, per la prima volta della collaborazione della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibi-le (FoSS), presieduta dall’ex Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi.Tra le altre novità dell’edizione 2010 che si basa sui dati del 2009, si segna-lano in particolare:- maggior attenzione agli aspetti inter-

nazionali;- segnalazione delle imprese del riciclo

più innovative.

Il dato più rilevante che emerge è la riduzione della quantità dei rifiuti gestiti, che è passata, considerando i 6 principali flussi di materiali (rottami ferrosi, alluminio, carta, legno, plastica e vetro), da 31,88 milioni di tonnellate a 24 milioni, spiegata con la flessione produttiva dovuta alla recessione eco-nomica che ha determinato anche una riduzione della domanda di materia pri-ma seconda, specialmente nel settore dei rottami ferrosi.Il secondo aspetto che viene messo in risalto è l’aumento delle esportazioni di materiali riciclati che prendono la via del Sud-est Asiatico, soprattutto della Cina, come conseguenza della ne-cessità di trovare un mercato di sbocco alle materie, comunque, riciclate dal settore.Di contro, sono aumentate le percen-tuali di riciclaggio relativamente ai quantitativi immessi in commercio, con l’eccezione negativa dell’alluminio il cui riciclaggio è passato dal 58% al 50%.

Fatta eccezione per la carta da macero, l’Italia è importatrice di materiali de-stinati al riciclo per circa 6 milioni di tonnellate e il saldo negativo del com-mercio estero di tali materiali nel 2009 è calato di ben il 60,5%, passando da

6,17 milioni di tonnellate a 2,44 milioni di tonnellate: data la crisi della doman-da interna quindi la carta ha aumentato ulteriormente le esportazioni, mentre gli altri settori hanno ridotto le impor-tazioni e aumentato le esportazioni.Il settore degli imballaggi, in partico-lare, registra, in termini assoluti, una riduzione del 4%, rispetto al 2008, delle quantità avviate al riciclo a causa della diminuzione dei consumi e degli im-ballaggi utilizzati. I settori nei quali si è avuta una riduzione maggiore sono quelli dell’alluminio e del legno che registrano rispettivamente il -19% e il -16%. I restanti imballaggi si attestano su una riduzione vicina al valor me-dio.Va tuttavia notato che, in termini percentuali rispetto all’immesso al consumo, il riciclaggio degli imballag-gi risulta essere cresciuto anche nel 2009 rispetto al 2008. Si registra solo una riduzione della quota di alluminio (-8%), mentre risultano in crescita tutte le altre frazioni.La crescita media di riciclo degli imbal-laggi è stata del 2%, con un massimo pari a otto punti percentuali per l’accia-io e un minimo dell’1% per il vetro.

“Anche in un periodo di crisi economi-ca - ha commentato Edo Ronchi - un settore cruciale della green economy, come quello del riciclo dei rifiuti, non solo regge, ma riesce a fare passi in avanti significativi. Questo Rapporto sull' Italia del riciclo, ci fa vedere che non c'è solo la crisi dei rifiuti di Napo-li, ma che esiste ormai in questo Paese una vasta attività di riciclo dei rifiuti che, in non pochi settori, è fra le più avanzate d'Europa. Abbiamo intere Re-gioni dove le raccolte differenziate sono intorno al 50% e settori come quello degli imballaggi dove si ricicla il 64% dell'immesso al consumo”.

“Nonostante la contrazione della pro-duzione e della domanda interna, che ha avuto inevitabili riflessi negativi an-che sui volumi riciclati, le raccolte sono

in crescita e i tassi di riciclo (già eleva-ti) si avvicinano sempre più ai picchi di eccellenza europei - ha evidenziato il Presidente di UNIRE, Corrado Sca-pino - Ma per poter compiere quel salto di qualità necessario ad uscire definitivamente dalla crisi le aziende devono vedere affiancati i propri sfor-zi da un reale impegno del Governo per un sistema davvero efficiente sotto diversi aspetti: quello della concor-renza nel mercato (in particolare tra soggetti pubblici e privati), quello del-la semplificazione delle norme e delle procedure, in una parola, quello della convenienza a investire in tecnologie e rimanere in Italia. Altrimenti si cor-re il rischio che, come è avvenuto per altri settori economici, anche il riciclo si sposti all’estero, in particolare nelle economie emergenti, sottraendo occu-pazione e risorse attualmente impiegate nel nostro Paese”.

Il Rapporto è stato costruito con la partecipazione delle diverse filiere del riciclo, attivamente coinvolte nella ste-sura degli approfondimenti di 15 settori merceologici: si tratta di una peculiarità di grande importanza poiché consente di guardare più dall’interno al campo delle attività, delle iniziative e delle problematiche del settore.Di seguito viene riportato il quadro sintetico dei vari settori.

Rottami ferrosiIl commercio mondiale dei rottami d’ac-ciaio è sceso da 105,1 a 94,9 milioni di tonnellate, ma le loro quotazioni inter-nazionali sono calate solo alla fine del 2010, per poi risalire subito, tendenza confermata nei primi mesi del 2010. Ciò è avvenuto, in buona parte, grazie al forte aumento delle importazioni di rottami d’acciaio da parte della Cina: nel 2009 pari a 13,7 milioni di tonnel-late, circa quattro volte quelli del 2008; aumenti delle importazioni, sia pure minori, ci sono state anche in India e in Sud Corea.In Europa, dove nel 2009 le acciaierie

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hanno ridotto la produzione, con nume-rosi e prolungati fermi degli impianti, la produzione di acciaio è calata nel 2009 rispetto all’anno precedente di ben 58,2 milioni di tonnellate, passando da 198 a 139,8 milioni di tonnellate e quindi anche l’impiego di rottami è calato di 30,4 milioni di tonnellate, scendendo da 111,3 milioni di tonnellate nel 2008 a 80,9 milioni di tonnellate (nel 2008 i rottami di acciaio contribuivano alla produzione del 56,2% dell’acciaio eu-ropeo, nel 2009 tale quota è lievemente salita al 57,8%). In Europa, grazie all’au-mento delle esportazioni di oltre il 22%, soprattutto in Cina, ed a una riduzio-ne delle importazioni di oltre il 29%, i prezzi dei rottami di acciaio non sono crollati, ma hanno registrato un’altalena di alti e bassi trimestrali e, all’inizio del 2010, erano già più alti di quelli dell’inizio del 2009, e in ripresa. In Ita-lia, nel 2009, la produzione di acciaio ha subito una vera e propria caduta: da 30,6 milioni di tonnellate nel 2008 a 19,8 milioni di tonnellate nel 2009, con una riduzione del 35%, seguendo la produzione di prodotti siderurgici, caduta, nel 2009, del 37,4%. L’impiego del rottame in produzioni nazionali ha seguito la medesima dinamica di riduzione della produzione di acciaio, scendendo da 19,5 milioni di tonnellate nel 2008 a 14 milioni di tonnellate nel 2009, caduta un poi attenuata poiché la quota di acciaio prodotta con forni elettrici, con l’impiego di rottame, è

aumentata dal 64% del 2008 al 71% nel 2009.L’impatto della forte contrazione del riciclo di rottami di acciaio su quelli di provenienza nazionale è stato attenua-to perché l’Italia ne importa quantità significative e, nel 2009, ha ridotto tali importazioni al 25% (rispetto ad una media degli anni precedenti intorno al 30%), utilizzando per il 75% rottami di provenienza nazionale.

CartaLa carta da macero, altro settore del riciclo di grande importanza, ha fatto registrare, per effetto della crisi, una riduzione degli impieghi e dei prezzi nei mercati europei già alla fine del 2008, ma, anche in questo caso, l’au-mento delle importazioni cinesi ha fatto da traino alle esportazioni europee e alla ripresa dei prezzi, proseguita per tutto il 2009 e anche per la prima par-te del 2010. In Italia la produzione di carta è scesa dal 2008 al 2009 da 9,5 milioni di tonnellate a 8,6 milioni di tonnellate, con una riduzione di oltre l’11%. L’utilizzo nazionale di carta da macero è quindi sceso di circa 580.000 tonnellate, da 5,33 a 4,75 milioni di tonnellate (-11%). Ma la raccolta ap-parente di carta da macero da avviare al riciclo è stata mantenuta abbastanza elevata: circa 6,2 milioni di tonnellate nel 2009 (con un lieve calo rispetto alle 6,3 milioni di tonnellate del 2008) grazie al peso delle esportazioni e ad

un loro significativo aumento: da 1,5 milioni di tonnellate nel 2008, a 1,85 milioni di tonnellate nel 2009 (mentre sono calate le importazioni di carta da macero, da 520.000 tonnellate nel 2008 a 412.000 tonnellate nel 2009).

PlasticaNella seconda parte del 2009, dopo il crollo della fine del 2008, la domanda e la quotazione delle materie prime seconde costituite da materiali plasti-ci sono riprese: quelle di HDPE con una certa stabilità, con una moderata crescita per il PE e una crescita più sostenuta per il film in LDPE. Anche per le plastiche le esportazioni verso i mercati orientali e in Cina, favorite dal basso costo dei trasporti, hanno frenato la caduta dei prezzi e compensato il forte calo della domanda interna. In Europa nel 2009 le importazioni sono rimaste stabili e contenute, mentre le esportazioni di materie prime seconde costituite da plastiche sono aumentate del 45%. In Italia questa dinamica euro-pea è stata ancora più accentuata, con un calo delle importazioni del 31% nel 2009 rispetto al 2008 e con un aumento nel 2009 delle esportazioni di materie prime seconde costituite da plastiche del 54%. Tutto ciò, unito ad un au-mento del riciclo delle plastiche nei contenitori in particolare per alimenti, ha spinto al rialzo i prezzi e portato il settore fuori dalla crisi.

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LegnoLa filiera del legno ha risentito in misu-ra rilevante la crisi con cali importanti della domanda e dei prezzi. Il quanti-tativo totale di rifiuti di legno riciclati in Italia nella produzione di manufatti lignei (essenzialmente truciolati) viene stimato in circa 2,6 milioni di tonnellate nel 2009, di cui circa 1 milione di ton-nellate da rifiuti d'imballaggio, pari al 38% del totale. Nel 2008, anno dove già era iniziata la crisi, il riciclo del legno era stato di 2,72 milioni di tonnellate (-5% rispetto al 2007), nel 2009 si è registrato un calo ulteriore del 4,4%. Il legno, a causa dell'ampio utilizzo nel settore degli imballaggi secondari, delle costruzioni e dell’arredamento, è uno dei comparti che ha risentito maggior-mente della crisi poiché forte è stato il rallentamento nell’industria del mobile e delle costruzioni e perché il rallenta-mento dei consumi ha prodotto anche una riduzione dell’utilizzo di pallet e di altri imballaggi industriali in legno. Anche per il legno è cresciuto il ruolo della Cina, diventato nel 2009 il prin-cipale importatore mondiale, seguita dalla Turchia che, nel 2009, ha aumen-tato le importazioni di wood chips del 50%. Ma ciò non è bastato a rivitaliz-zare il mercato mondiale che nel 2009 ha fatto registrare una riduzione delle quantità scambiate poiché radizionali importanti importatori hanno ridotto le loro importazioni di wood chips: Australia (-22%), Stati Uniti (-25%) e Sud Africa (-45%). Pur in condizione di prezzi poco remunerativi e di riduzione dei fatturati per il settore, poiché l’Italia è un forte importatore di legno (ben il 30% delle importazioni europee del settore), il riciclo di materia prima se-conda nazionale di legno non ha avuto problemi di quantità: le importazioni di wood chips (di dimensione notevole anche nel 2009, pari a 525.000 tonnel-late) infatti, nonostante la crisi, sono aumentate del 14% e sono aumentate pure le esportazioni che però manten-gono un volume relativamente basso (solo 7.300 tonnellate nel 2009).

VetroA livello europeo, tra ottobre 2008 e marzo 2009, la domanda di prodotti di vetro è crollata improvvisamente sia per i contenitori, sia per il vetro piano, utilizzato nel settore edile e automobili-stico. Si è generata così anche una crisi nel settore del riciclaggio del vetro e, in tutta l’Europa, a causa dell’aumento

della raccolta del vetro, si sono formati degli extra-costi per lo stoccaggio dei vetri raccolti ma non riciclati. Il settore del riciclo, a livello europeo, è rima-sto complessivamente schiacciato da una domanda ridotta, prezzi calanti e costi crescenti, causati dall’accumulo di materiali presso gli impianti. Ciono-nostante, nel 2009, in Italia sono state riciclate 1,77 milioni di tonnellate di vetro (1,36 di imballaggi) con un calo modesto (quasi nullo per gli imballag-gi), del 3,2% rispetto alla produzione del 2008 che era stata pari a 1,82 mi-lioni di tonnellate (1,36 di imballaggi). Il riciclo del vetro ha una grande rile-vanza nel settore poiché il 65% della produzione nazionale è realizzata con vetro riciclato (dati del 2008). Nel 2009 le quantità di vetro riciclato esportate dall'Italia sono cresciute del 28% ma, nonostante la crisi, sono rimaste basse, pari a sole 5.398 tonnellate. L'industria vetraria italiana ha continuato a ricorre-re, anche nel 2009, all'importazione di rottami di vetro dall'estero in quantità notevoli, pari a 231.000 tonnellate.

AlluminioL'industria nazionale dell’alluminio nel 2009 ha fortemente risentito della crisi: nel corso dell'anno si è assistito alla chiusura di 4 dei 25 impianti esi-stenti nel 2008 e sono state effettuate numerose sospensioni di attività. Nel complesso nel 2009 l'industria na-zionale ha impiegato circa 683.000 tonnellate di rottami di alluminio, il 49% di provenienza nazionale e il 51% di provenienza estera (di cui 31.200 tonnellate di rifiuti d'imballaggio, pari al 4,6% del riciclo complessivo di allu-minio). Nel 2008 l’impiego di rottami di alluminio era stato pari a 949.000 tonnellate (di cui 38.500 quello degli imballaggi riciclati). La crisi che ha colpito il settore dell'alluminio è di par-ticolare rilievo poiché l'Italia, in Europa, è seconda solo alla Germania e Italia e Germania insieme sono, in termini pro-duttivi, primi in Europa e terzi a livello mondiale dopo Stati Uniti e Giappone. Nel corso del 2009 si è attivato un siste-ma di stoccaggi di rottame di alluminio in attesa di una ripresa dei loro listini. Anche nel settore del riciclo dell’allu-minio sono aumentate notevolmente le esportazioni di rottami e cascami, del 46%, da 56.000 tonnellate a 82.000 tonnellate, soprattutto indirizzate verso il Far East (grazie al ruolo della Cina), a fronte di importazioni in forte calo,

del 28,6%, da oltre 377.000 nel 2008 a 269.000 nel 2009.

Pile e AccumulatoriIl mercato del piombo e quello degli accumulatori al piombo hanno un le-game molto stretto: oltre il 50% della produzione di piombo a livello mon-diale si dirige verso la produzione di accumulatori al piombo, e gli stessi, quando a fine vita vengono riciclati, restituiscono nuovamente il metallo a circa un terzo dei costi necessari alla sua produzione da minerale (in massima parte poi riutilizzato per la produzione di nuove batterie). Dalla fine 2006 è iniziato un trend in aumen-to nelle quotazioni del piombo, che hanno raggiunto il loro valore massimo nel mese di ottobre 2007. A tale fase di espansione è seguito un periodo di for-te diminuzione delle quotazioni, anche per effetto della crisi economica del 2008, i cui effetti si sono registrati an-che sul prezzo del piombo e dei metalli in generale. Il 2009 è stato invece un anno ad inversione di tendenza rispetto al precedente, con la quotazione del piombo in crescita per l’intero anno, trascinata dalla domanda dei Paesi emergenti, che hanno portato il setto-re del riciclo del piombo delle batterie fuori dalla crisi.

Oli minerali esaustiLa raccolta dell’olio minerale usato nell’anno 2009 in Italia è stata pari a 194.209 tonnellate, inferiore dellí8,6% rispetto al 2008. Il calo della raccolta è stato influenzato prevalentemente dalla forte contrazione subita dal mercato de-gli oli lubrificanti e della conseguente ridotta produzione di olio usato. Dal confronto tra oli usati raccolti e gli oli lubrificanti immessi al consumo si evidenzia comunque una crescita, pas-sando dal valore di 42,6 % del 2008 al 48,7% del 2009. Nel 2009, la quantità di oli usati lavorati presso le raffinerie è stata pari allí80% dell’olio raccolto da cui sono state ricavate 99.800 tonnellate di oli base rigenerati, il 25% del totale oli lubrificanti finiti immessi al consu-mo nel corso del 2009.

Oli e grassi vegetali e animali esau-sti Gli oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti e riciclati nel 2009 sono stati 42.000 tonnellate, con un incremento del +5% rispetto all’anno precedente.

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InertiPer i rifiuti da costruzione e demolizione gli ultimi dati ufficiali sono del 2006. Il quantitativo totale di rifiuti speciali non pericolosi da C&D prodotto in quell’anno è stato di 52.083 milioni di tonnellate. Tuttavia si ritiene che tale dato sia for-temente sottostimato poiché non esiste un censimento ufficiale degli impianti autorizzati e non esistono dati oggettivi che permettono di conoscere la reale en-tità del flusso di rifiuti da costruzione e demolizione. Esiste, inoltre, una notevole quantità di rifiuti che non è smaltita/rici-clata regolarmente ed è ancora diffuso il fenomeno di abbandono di rifiuti inerti in discariche abusive. Secondo le stime effettuate da ANPAR (Rapporto ANPAR 2009), in Italia si ricicla circa il 10% dei rifiuti inerti risultando così il nostro Pae-se in una posizione di forte arretratezza rispetto agli altri Paesi europei.Infine, il riciclo della frazione organi-ca e verde dei rifiuti è passato da 3,2 milioni di tonnellate nel 2007 a 3,3 nel 2008 con una crescita del 3%.

Da questa ricognizione, sintetica ma sufficientemente rappresentativa, emer-ge un quadro dell’industria del riciclo che ha risentito della crisi del 2008-2009, ma che, con non poche difficoltà, è in via di superamento. Con alcune osservazioni che vale la pena di sot-tolineare. La tenuta rispetto alla crisi di intere filiere è stata resa possibile dalla presenza e dall’azione di strut-

ture di filiera, i consorzi, che hanno ammortizzato gli effetti della crisi sui mercati, mantenendo alte le raccolte e assicurando uno sbocco, anche in presenza di prezzi in caduta o non convenienti.Il peso crescente dell’export, come ab-biamo visto ha attenuato gli effetti della crisi e costituisce un fattore dinamico di ripresa, ma non è senza conseguenze. Intanto una parte delle imprese che interviene nel trattamento e nel riciclo dei rifiuti non è attrezzata per spostare, in parte più o meno grande, la sua attività sui mercati globali, per dimen-sione troppo piccola e/o tipologia di attività: per queste aziende la congiun-tura economica negativa può voler dire riduzione delle proprie attività o addirittura scomparsa. Senza rendere dello stesso colore un settore che pre-senta, come abbiamo visto, rilevanti e diverse specifiche tonalità, tuttavia in fase di valutazione generale, è bene ricordare che questa crescita dell’export delle filiere del riciclo, accentuata come abbiamo verificato dalla crisi del 2008-2009, è una tendenza di fondo nella nuova geografia economica mondiale e che quindi occorre essere attrezzati, nelle filiere organizzate italiane oltre che nelle singole imprese, per gestire e valorizzare con capacità d’iniziativa tale internazionalizzazione.Va prestata attenzione inoltre ad un altro dato di fondo: è vero che risulta una situazione dei settori del riciclo

forse più dinamica e positiva di quella media del resto dell’industria italiana; ma anche nei settori del riciclo non si può ignorare la diffusa convinzione che la domanda globale non torne-rà ai livelli verso cui tendeva - dati i tassi di crescita ormai più modesti - prima della crisi. E che “la caduta della produzione industriale italiana iniziata nella primavera del 2008 si è trasformata in collasso nell’autunno di quell’anno e nell’inverno 2009. Il livel-lo di attività è precipitato sotto quello di oltre venti anni prima. L’intensità e la rapidità di questo crollo non hanno riscontro in alcun altro episodio della storia industriale dell’Italia del secondo dopoguerra. La violenta contrazione è venuta dopo una prolungata fase re-cessiva nel quadriennio 2001 - 2005, seguita da una ripresa durata non più di un biennio. Cosicché gli anni Due-mila costituiscono nel complesso un periodo di regresso produttivo” (Scenari industriali, Centro Studi di Confindu-stria, giugno 2010).Data la sua portata e vastità, quindi, la crisi in Italia non è ancora stata su-perata: ciò determina la necessità di un approccio accorto ed incisivo nei settori del riciclo perché possano con-tinuare a garantire gli stessi risultati, se non incrementarli considerato quanto richiesto dagli obiettivi di legge nazio-nali ed europei, anche in un quadro economico generale nazionale che potrebbe non essere positivo.

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Rimangono fuori dal conteggio quelle nascoste sotto il tappeto cinese

L’EUROPA È SULLA BUONA STRADA PERRAGGIUNGERE L’OBIETTIVO DI KYOTO

Pubblicati due Rapporti che confermano la riduzione delle emissioni UE

Alla vigilia del Consiglio Ambien-te del 14 ottobre 2010 che doveva adottare una posizione comune in vista della Conferenza UNFCCC di fine anno a Cancún, sono state pub-blicati il 12 ottobre due importanti Rapporti:- “Tracking progress towards

Kyoto and 2020 targets”, redatto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) che valuta i progressi com-piuti dall’Unione europea nella riduzione delle emissioni per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto e quelli fissati al 2020;

- “Progress towards achieving the Kyoto objectives”, la relazio-ne annuale che la Commissione UE invia al Parlamento europeo e al Consiglio, sulla base dell’Art. 5, com-ma 2 della Decisione n. 280/2004/CE, per valutare i progressi re-alizzati nella riduzione delle emissioni, in ba-se agli impegni assunti dalla Comunità con la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e nell’am-bito del Protocollo di Kyoto.

Quantunque entrambi i documenti abbiano per fine lo stesso oggetto, differiscono leggermen-te nell’impostazione in quanto il primo esami-na i progressi compiuti dall’UE nei confronti de-gli impegni di Kyoto, il secondo tiene conto delle emissioni effettive e delle proiezioni fino alla fine del periodo di impegno 2008-2012.Inoltre, l’analisi a livel-

lo di Stati membri fornita dall’EEA si basa sulle emissioni effettive del solo 2008.Le due relazioni, quindi, andrebbe-ro lette alla luce di queste diverse ipotesi per capire le differenze nella valutazione presentata in ognuna di esse.

Il Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente attesta che l’Unione europea sulla base dei dati relativi al 2008 e 2009, è sulla buona strada per rispettare l’obiettivo di riduzione dell’8%, rispetto al 1990, anno base fissato dal Protocollo di Kyoto.L’UE-15 ha tagliato mediamente, nei due anni considerati, di 250 milioni di tonnellate le CO

2 equivalenti, pari

al 5,9% in più rispetto alle riduzioni necessarie per raggiungere l’obietti-vo, raggiungendo al 2009 il 12,9%. Tuttavia Austria, Danimarca e Italia non stanno garantendo il loro contri-buto al conseguimento del comune obiettivo, tanto che l’Agenzia preve-de che dovranno conseguire ulteriori riduzioni delle emissioni nei settori non coperti dal Sistema comunitario di scambio delle quote di emissione (EU ETS), quali trasporti, riscalda-mento domestico, agricoltura e rifiuti, o acquistare crediti di carbonio più di quanto abbiano già previsto.

C’è da osservare che l’Italia, pur avendo fatto registrare nel 2009 una consistente riduzione dei gas serra,

nel complesso è ancora molto indietro rispetto al suo obiettivo specifico del 6,5% di riduzione rispetto al 1990. Infatti, il nostro Paese fino al 2008 aveva addirittura aumentato la produzione di gas ser-ra del 4,7% e della CO

2

del 7,4% rispetto al 1990. Pertanto, il calo delle emissioni registrato nell’ul-timo anno difficilmente riuscirà ad annullare l’au-mento conseguito negli anni precedenti.

Le proiezioni dell’EEA mo-strano che anche l’UE-27 è in grado di centrare il suo obiettivo di riduzione del-le emissioni del 20% entro il 2020, dal momento che le stime delle emissioni al 2009 indicano un -17,3% rispetto all’anno di riferi-mento.Inoltre, 10 dei 12 Stati membri dell’UE che vi hanno aderito successi-vamente hanno raggiunto

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individualmente obiettivi di riduzio-ne tra il 6% e l’8% e che 9 di questi (l’eccezione è la Slovenia, mentre Malta e Cipro non hanno obiettivi di emissioni) non avranno bisogno di acquistare crediti di carbonio o di utilizzare i carbon sink.“Non possiamo permetterci di aspet-tare fino a dopo la fine del periodo di Kyoto per avviare l’attuazione di politiche mirate a settori che non rientrano nel sistema ETS, come i trasporti e il riscaldamento resi-denziale - ha osservato Jacqueline McGlade, Direttore esecutivo EEA - Questi settori sono cruciali per il conseguimento degli obiettivi UE fis-sati per il 2020”.

Il Rapporto dell’EEA ha registrato anche l’aumento dell’uso di energie alternative, cresciute dell’8,3% (bio-masse escluse), mentre è calato del 5,5% quello dei combustibili fossili (carbone, petrolio e metano), in mo-do particolare in alcuni settori ad alto consumo energetico, come le industrie del cemento, della chimica e dell’acciaio.

Secondo l’EEA, la crisi economica che ha ridotto le attività industriali dell’UE ha di certo influito su questi dati, tuttavia il declino delle emis-sioni sarebbe destinato a continuare, anche se l’eventuale ripresa facesse temporaneamente rallentare il trend di riduzione.

Come si diceva, il Rapporto della Commissione UE, che si è incentra-to essenzialmente sulle proiezioni fino alla fine del periodo di impegno (2012), mette in rilievo che l’UE-15 ridurrebbe le emissioni totali di gas ad effetto serra del 14,2% tra l’anno base e il periodo di impegno 2008-2012, sempre che gli Stati membri continuino nella politica di acquisto di crediti di emissione internazionali

e di attività programmate di rimbo-schimento.

In sintesi, i progressi compiuti dall’Unione europea sono tali da essere in anticipo rispetto ai tempi previsti, confermando, quindi, che saranno rispettati gli impegni sotto-scritti nel quadro del Protoccolo di Kyoto.“L’Unione europea non si è limitata a firmare il Protocollo di Kyoto e non si è limitata ad assumere impegni a questo riguardo - ha affermato Con-nie Hedegaard, Commissaria UE

incaricata dell’Azione per il Clima - I fatti dimostrano che il mondo può fa-re affidamento sull’Unione europea; noi manteniamo i nostri impegni. In questo caso stiamo andando oltre l’obiettivo prefissato”.

Le attuali politiche e misure, vale a dire quelle già attuate, dovrebbero portare a riduzioni delle emissioni del 10,4% sotto i livelli dell'anno base. Oltre a ciò, i piani di 10 de-gli Stati membri dell’UE-15, relativi all’acquisto di crediti di emissio-ni nell’ambito dei meccanismi di

Proiezioni delle emissioni dell’UE-15 e dell’UE-25 alla conclusione del periodo di Kyoto (fonte: EEAA)

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mercato di Kyoto, porterebbero ad un’ulteriore riduzione globale di cir-ca il 13,2%.Le attività programmate di rimbo-schimento, che creano dei “pozzi” biologici che assorbono l’anidride carbonica dall’atmosfera, contribu-irebbero con un’ulteriore riduzione dell’1,0%.

Anche le proiezioni del Rapporto della Commissione UE confermano l’effetto cumulativo della recessione economica sulla diminuzione delle emissioni.Tuttavia, “The Guardian” il 13 ot-tobre, nel riportare una sintesi delle statistiche sopra richiamate, dà notizia che in un Rapporto di prossima pubblicazione Policy Ex-change, think tank britannico per politiche pubbliche, sostiene che le emissioni generate da prodotti e

Emissioni esportate di anidride carbonica (Mt CO2 y-1). I principali Paesi esportatori sono in blu, mentre i principali Paesi importatori sono in rosso (con

l’Europa occidentale raggruppata assieme) fonte: Steven J. Davis - Carnegie Institution for Science - PNAS

servizi importati dai Paesi europei sono aumentate di oltre il 40%, da-to che mette in discussione la reale portata degli eventuali obiettivi del Protocollo di Kyoto raggiunti.Certo, la responsabilità delle emissioni causate da tali produzioni sono dei Paesi esportatori, dal momento che non sarebbe possibile effettuare una doppia contabilità. Tuttavia, c’è anche una questione di carattere etico che deve essere tenuta in debito conto, visto che gran parte delle emissioni globali sono generate nei Paesi in via di sviluppo per produzioni di beni e servizi consumati dai Paesi ricchi.“Per il sistema climatico globale non importa da dove si originano le emissioni - ha dichiarato Steven J. Davis, autore dello studio Con-sumption based accounting of CO

2

emissions (Proceedings of National

Academy of Science of the United States, march 8, 2010, n. 106) - Una politica efficace presuppone uno scopo globale. Nella misura in cui i vincoli da imporre alle emissioni dei Paesi in via di sviluppo sembrano essere il principale ostacolo ad una soluzione politica efficace sul clima a livello internazionale, assegnare una parte di queste emissioni ai con-sumatori finali che risiedono altrove, potrebbe costituire un’opportunità per un equo compromesso”.Sempre che non si voglia con-tinuare a nascondere le nostre sporcizie sotto il tappeto cinese!

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QUALITÀ E AMBIENTE

“Conosci tu la terra dove fioriscono i limoni,gli aranci dorati rilucono fra le foglie scure,una mite brezza spira dal cielo azzurro,il mirto immoto resta e alto si erge l’alloro,La conosci tu, forse?Laggiù, laggiùCon te, amore mio, io vorrei andare”.

(Johann Wolfang Goethe, “Wilhelm Meister. Gli anni dell’apprendistato”, Adelphi, Milano, pp. 127-128)

È la prima strofa della celeberrima poesia, divenuta un vero e proprio testo sacro del Romanticismo tedesco, che canta Mignon all’inizio del Libro III del Wilhem Meister, roman-zo di formazione di Goethe, e che ispirò celebri Lieder a Beethoven, Schubert, Schuman.Nel Settecento i giovani di famiglie aristocratiche e borghesi di Inghilterra, Germania e Francia, che potevano permetter-selo finanziariamente, intraprendevano un viaggio nel sud dell’Europa, per completare la loro formazione, prima di intraprendere le loro carriere professionali. Si considerava il Grand Tour una specie di investimento per il futuro, un po’ come è percepito oggi un Master in qualche prestigiosa Università statunitense.L’Italia costituiva l’epilogo e il vero obiettivo del viaggio, qua-le luogo ricco di testimonianze storiche e culturali, ma anche territorio che paesaggisticamente permetteva un’esperienza sensoriale in grado di far emergere la soggettività e i sentimenti, tale che il viaggio di istruzione diventava in epoca pre-romantica il “sentimental journey” (Sterne).

Di certo, quell’ambiente “naturale” che Goethe aveva potuto “assapora-re” nei sui viaggi in Italia non può più essere lo stesso, ma sarebbe gra-ve la perdita della sua “identità culturale” (del “senso del luogo” come definita dal sociologo Franco Ferrarotti), senza della quale ogni opera-zione di “sostenibilità” diventa impossibile.Nell’era della globalizza-zione, territorio e brand costituiscono un bino-

mio di successo e competitività economica. Promuovere un territorio significa far emergere non solo l’economia e il patrimonio storico-culturale, ma anche identità e valori, di cui il marchio diviene il simbolo che permette a quel territorio di essere identificato anche presso Paesi, comu-nità di persone e mercati lontani sia geograficamente che culturalmente.All’Expo Universale di Shanghai il Padiglione Italiano non è forse il più bello, ma di certo “è il più visitato” dalla popola-zione cinese, come ha affermato il 7 ottobre il premier Wen Jiabao nel corso della sua visita in Italia. Questo successo testimonia che per la Cina, l’Italia costituisce un’attrattiva che potrebbe avere positive ripercussioni economiche per il nostro Paese, allorché l’impetuosa e continua crescita del Paese asiatico pemetterà ad un potenziale grande nume-ro di cinesi di effettuare viaggi, sempre che nel frattempo l’Italia non abbia dilapidato il suo “bene”, come purtroppo sta accadendo.“Questa erosione di un patrimonio immenso e irriproducibile peserà inesorabilmente sui nostri figli, nipoti e pronipoti - ammoniva Vittorio Emiliani, Presidente del Comitato per la bellezza, nel bel libro “La colata”, curato da Ferruccio Sansa (Chiarelettere, 2010) - In termini di imbruttimento, di involgarimento, di peggioramento dell’ambiente, della vita individuale e collettiva, di dissipazione di un patrimonio nazionale per secoli ammirato, la più formidabile attrattiva turistico-culturale da noi posseduta”.

In tal senso, speriamo che raggiunga il fine prefissato di sollecitare Stato e Regioni al rispet-to del “bene comune” costituito dal paesaggio, peraltro tutelato dalla nostra Costituzione, la pubblicazione da parte di Italia Nostra del 1° Rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggi-stica, che porta il titolo significativo “Paesaggio, la tutela negata”.La presentazione è av-venuta il 21 ottobre 2010, in occasione delle celebrazioni del decen-nale della Convenzione Europea del Paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri della Cultura e dell’Ambiente del Con-

Presentato il 1° Rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggistica

Il brand non vende senza identità del territorio“PAESAGGIO, LA TUTELA NEGATA”

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siglio d’Europa il 19 luglio 2000 e ufficialmente sottoscritto a Firenze il 20 ottobre 2000.L’obiettivo iniziale, spiega Italia Nostra, era di fornire un quadro aggiornato e ragionato della co-pianificazione pa-esaggistica che avrebbe dovuto essere, ad oltre due anni e mezzo dalla definitiva approvazione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (le ultime modifiche sono state introdotte con i D.Lgs n. 62 e n. 63 del 26 marzo 2008), a un avanzato grado di elaborazione su gran parte del territorio italiano, ma “Ci siamo invece resi conto che si trova in uno stato di scandalosa impasse - hanno dichiarato Maria Pia Guermandi e Vezio De Lucia, curatori del Rapporto.Le regioni italiane non hanno un Piano paesaggistico seb-bene il Codice prevedesse che entro il 31 dicembre 2009 tutte si dotassero di un piano che mettesse ordine nel far west della legislazione sul territorio.

“Una mancanza questa, che colloca l’Italia - si legge nel Rapporto - agli ultimi posti della classifica europea, rispetto ad altri Paesi all’avanguardia come Germania e Francia che, invece, si sono già dotati di ottimi piani paesaggistici”. Il quadro che emerge è a dir poco drammatico: mentre da un lato le Regioni hanno prodotto piani scarsamente efficaci, prevalentemente descrittivi, il Ministero beni culturali, chia-mato dal Codice ad un’operazione di vitale importanza per la costruzione di un sistema delle tutele finalmente aggiornato, sta trascurando i suoi compiti di indirizzo e coordinamento, abbandonando la pianificazione paesaggistica in un limbo indeterminato per quanto riguarda tempi, criteri e metodi. Sfibrato da anni di riduzione delle risorse finanziarie, di ri-organizzazioni spesso fra loro contraddittorie e, comunque, incoerenti rispetto ai compiti prescritti dal Codice: da ultima la cancellazione di una Direzione generale autonoma del

Ravello (SA). L’Auditorium di Oscar Niemeyer (fonte: Italia Nostra)

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paesaggio, sembra aver ridotto il proprio intervento a un mero ruolo di Segreteria amministrativa, mentre gli Organi periferici procedono in ordine sparso e con grandi difficoltà determinate non solo dalla scarsità delle risorse a disposi-zione, quanto soprattutto da un’inadeguatezza, eccezioni personali a parte, delle competenze di pianificazione. Il risultato è il massacro del territorio italiano, con alcune regioni dove la situazione è particolarmente grave, prime fra tutte Calabria e Lombardia. Ci siamo invece resi conto che si trova in uno stato di scandalosa impasse.“Eppure, anche se la situazione appare per certi versi dram-matica, la vicenda della co-pianificazione paesaggistica non può abbandonata nel novero delle battaglie perdute. Troppo importante è la sua rilevanza: la pianificazione del pae-saggio è la madre di tutte le battaglie per le sorti del territorio e del patrimonio culturale italiano”.Il Rapporto è frutto, nel suo insieme, dello sforzo collettivo di Italia Nostra, che attraverso i suoi Consigli regionali e oltre duecento sezioni ha consentito un’indagine estesa praticamente all’intero territorio nazionale. Pur con i limiti derivati, fra l’altro, dalla difficoltà di reperimento di infor-mazioni affidabili, e con una disomogeneità che rispecchia,

d’altronde, quella territoriale, il Rapporto è il primo di que-sto genere in Italia, fornendo un quadro drammaticamente chiaro della situazione italiana.A partire da questo primo risultato Italia Nostra intende costituire un Osservatorio indipendente e permanente sul paesaggio che assicuri un monitoraggio duraturo della piani-ficazione paesaggistica e che estenda, nelle prossime tappe, la propria analisi a tutti i fattori che agiscono sul nostro pae-saggio. Italia Nostra vuole, inoltre, rilanciare con fermezza la copianificazione congiunta di Stato e Regioni, introdotta dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, invitando il Mini-stro Sandro Bondi a dare seguito all’art. 145 c.1 del Codice in base al quale “L’individuazione, da parte del Ministero, delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione, costituisce compito di rilievo nazionale, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di principi e criteri direttivi per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali”. Per vivere in un paese migliore occorre una cultura del paesaggio che sia il perno del governo del territorio.

Milano. Lavori in corso per la conversione di un vecchio centro commerciale in un nuovo (e molto più grande) centro commerciale allo svincolo fra la A4 (tratto urbano area metropolitana milanese) e SS36, nel quadro degli altri lavori per il tunnel da 3 Km di raccordo fra le due infrastrutture e la Tangenziale Nord (fonte: Italia Nostra)

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Stiamo attraversando un periodo in cui i processi antropici che stanno determinando modificazioni all'ambiente, si sviluppano così in fretta da dubitare delle capacità dell'uomo di capirne gli effetti e adottare in tempo le dovute contromisure. Per questo motivo, le Istituzioni devono cercare modalità di "eco com-patibilità" o "eco sostenibilità", e le norme giuridiche a tutela dell'ambiente rappresentano lo sforzo per raggiungere i necessari equilibri fra le attività umane e l'ambiente.

GE.SE.N.U., Società per azioni a capitale misto pubblico-privato fondata nel 1980 tra il Comune di Perugia (45%) ed il Gruppo Sorain Cecchini (55%), che associa l'indirizzo generale, la visione dei problemi, la sensibilità ambientale, tipiche del settore pub-blico, con la managerialità, lo spirito di iniziativa, la ricerca del risultato economico attraverso la gestione ottimale dell'azienda, peculiari dell'impresa privata.Che la formula societaria si rivelasse vincente, lo dimostrano i 30 anni di vita festeggiati proprio quest'anno.Per cercare di capire con maggiori dettagli i segreti di tale successo, abbiamo incontrato l'Ing. Carlo Noto La Diega, Am-ministratore Delegato Gesenu.

Ing. Noto La Diega, di che cosa si occupa in particolare il Gruppo GE.SE.N.U.?La GE.SE.N.U., direttamente o attraverso le varie società del Grup-po, gestisce per conto di amministrazioni locali, i servizi di Igiene Ambientale, che vanno dallo spazzamento stradale alla raccolta differenziata di rifiuti, fino allo smaltimento e al recupero.Le attività impiantistiche rappresentano il fiore all'occhiello del Gruppo, per le quali si distingue sia a livello nazionale che internazionale.Le nostre proposte progettuali prevedono sistemi integrati di

smaltimento volti al recupero spinto di materiali o energia, in modo da minimizzare il conferimento in discarica, massimizzare il riciclaggio e ridurre gli impatti sull’ambiente.Oggi la società è diventata punto di riferimento sicuro, oltre che per il Comune di Perugia, per altre realtà nazionali ed interna-zionali, grazie alla costituzione di Società collegate e partecipate che si caratterizzano sia per la specificità dell'ambito territoriale di operatività che per la specificità del settore di intervento.

Quest'anno la società festeggia i 30 anni di attività. Quali sono state le strategie che hanno permesso di rag-giungere questo traguardo?In questi trenta anni abbiamo assistito alla nascita di una Società, al suo consolidamento in Umbria ed al suo affermarsi sui mercati nazionali ed internazionali. Siamo stati la prima azienda costi-tuitasi nel settore con capitale misto pubblico-privato e siamo stati in questi anni un esempio seguito da moltissime altre realtà e ad oggi in rapida diffusione. Anche la formula del capitale sociale, in maggioranza privato, sembra essere stata antesignana rispetto alle più recenti normative di riordino del settore. È stata una scelta lungimirante, abbiamo visto con decenni di anticipo le preziose sinergie che potevano scaturire da una sana coope-razione tra pubblico e privato.

Giunti ad un traguardo così importante, è indispen-sabile un momento di riflessione: sono stati raggiunti gli obiettivi che i Soci si erano prefissi nel costituire la società nel lontano 1980? Va riconosciuto al Socio Pubblico, il Comune di Perugia, l’intuizio-ne, per primo in Italia, di ricorrere ad una SpA mista a prevalente capitale privato per la gestione del Servizio di Igiene Urbana.La GE.SE.N.U. ha gestito al meglio il Ciclo dei Rifiuti con il pieno

Ma anche green economy

GRUPPO GE.SE.N.U.

IGIENE AMBIENTALE:30 ANNI DI SUCCESSI

SERVIZI AMBIENTALI

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consenso dei cittadini-utenti senza aver attraversato in questi 30 anni un solo momento di crisi, pur nel rigoroso e costante rispetto di normative in continua evoluzione. Il modello della SpA mista si è poi dimostrato tanto valido da essere oggi assurto a modello nazionale di riferimento nelle ultime disposizioni di legge sui sistemi di gestione dei Servizi Pubblici Locali.La società si è via via sviluppata prima in Umbria, poi in Italia anche nel panorama internazionale. Si pensi soltanto alla gestione dei rifiuti di metà della città di Il Cairo. Abbia-mo appena firmato con il Presidente della CCBA Ahmed Ali Ahmed, alla presenza del Ministro delle Finanze Youssef Boutros Ghali, del Ministro dell’Ambiente egiziano George Maged e del Governatore del Cairo Abdel Azim Wazir, un contratto che proroga e integra la precedente gestione nella capitale egiziana. Fino al 2018 gestiremo il ciclo integrato dei rifiuti (dalla raccolta allo smaltimento) di metà della città di Il Cairo, su un territorio di 64 km quadrati, per una popola-zione di 5,5 milioni di abitanti attraverso 5.500 operatori e impiegati, per un importo complessivo annuo del valore di 50 milioni di euro.

Ritengo quindi, che si possa dare una risposta alla domanda posta: sì, GE.SE.N.U. ha risposto positivamente alle aspettative dei Soci, a quelle dei suoi Dirigenti, dei suoi Dipendenti e delle loro famiglie.

Questa ricorrenza avviene in un periodo particolarmente difficile. Come state affrontando la crisi?Dobbiamo resistere e approfittare della congiuntura per ridefinire il modello aziendale e nel contempo stimolare le istituzioni affin-ché vengano prese quelle decisioni che ci consentano, all’uscita dalla crisi, di trovare un quadro razionale in cui espletare i nostri servizi nel modo più efficiente.Aumentare l’efficienza aziendale consente, inoltre, di poter rag-giungere questi obiettivi con il conseguimento di utili che, a mio avviso, debbono diventare fonte importante di entrate per il Socio pubblico che, anche in futuro, si troverà sempre più in difficoltà nel far coesistere la quadratura dei bilanci con un livello di welfare degno di una società evoluta.

Qual è il rapporto della GE.SE.N.U. con il territorio?In questi 30 anni sono state diverse migliaia le famiglie che hanno trovato in GE.SE.N.U. un punto di riferimento sicuro per la realizzazione del proprio progetto di vita. Ed oggi i 1.700

dipendenti del Gruppo, che ogni giorno sono impegnati nei vari ruoli aziendali, conoscono bene il valore di appartenenza al “GRUPPO GE.SE.N.U.”, ne sono orgogliosi e costituiscono la forza motrice per andare avanti. Anche la comunità civile ha potuto apprezzare in questi anni il valore di GE.SE.N.U.: siamo nati a Perugia nel 1980 e da Perugia ci siamo proposti con successo in numerose altre regioni. Del re-sto la GE.SE.N.U. è stata sempre discreta, mai troppo aggressiva, con il rispetto di tanti valori, in primis l’onestà, anche intellettuale, che sta diventando merce sempre più rara nella nostra società.

A 30 anni di distanza dalla nascita e in presenza dell'evolu-zione esponenziale delle sfide dei nuovi mercati in termini di qualità ed economicità dei servizi, qual è il futuro del Gruppo GE.SE.N.U.?I nostri 30 anni di attività non devono essere intese soltanto un punto di arrivo, ma, lo stimolo e la base per un nuovo punto di partenza.Oggi la nostra Società è pronta ad affrontare con serenità il compimento delle idee e delle iniziative che costituiscono il frutto di trenta anni di appassionata attività.Il valore dei nostri uomini e il costante confronto tra spirito di impresa e responsabilità politica ed amministrativa continuano a rappresentare la carta vincente del nostro operare.Negli ultimi anni ci siamo cimentati anche in quella che oggi si chiama Green Economy, attraverso due società estremamente innovative, anche per come sono amministrate, operiamo infatti nel campo delle energie rinnovabili. Ritengo che anche questa sia stata una scelta importante, al passo con i tempi, che offre oggi alla collettività umbra altri due soggetti imprenditoriali im-portanti che possono offrire spazi occupazionali ed opportunità di confronto alla collettività regionale. Certo, dovranno essere affrontate problematiche nuove che in un contesto globale non potranno essere ne sottovalutate né tanto meno ignorate, ma siamo pronti a confrontarci con i nuovi scenari conseguenti alla crisi economica in atto, ai nuovi mercati e soprattutto alle nuove e crescenti richieste di efficienza, di capacità e di esperienza che in futuro inte-resseranno il settore ambientale.

Tutto questo patrimonio di esperienza e professionalità è stato esposto alla Fiera ECOMONDO, nel corso della quale l' Amministratore Delegato di GE.SE.N.U. Carlo Noto La Diega si è intrattenuto il Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigia-como, che si è soffermata presso lo Stand del Gruppo e alla quale ha illustrato le attività innovative svolte dal Gruppo: per GE.SE.N.U. e le sue società controllate che da anni operano e investono nella tutela della salvaguardia ambientale e della corretta raccolta e smaltimento dei rifiuti un riconoscimento del valore delle attività svolte.

Presidenza e Sede AmministrativaVia Danzetta, 7 - 06121 PerugiaSede legaleVia della Molinella, 7 - 06125 Ponte Rio PerugiaTel. 075 57431 - fax 075 5899732 - [email protected] di RomaVia G. Mercalli, 80 - 00197 Roma - Tel. 06 8077668 - fax 06 8075225www.gesenu.it

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di Anna Rita Rossi

RE-BOARD: RE-INVENTA IL TUOSPAZIO, RISPETTANDO L’AMBIENTE

Digitall srl

Digitall srl, azienda che si occupa di stampa digitale, dispone di molte carte vincenti per rispondere in mo-do puntuale e attento alle più svariate esigenze dei suoi clienti:- elevato profilo qualitativo dei suoi

prodotti;

- affidabilità, accuratezza, rapidità ed efficienza dei suoi servizi a prezzi competitivi;

- qualità comunicativa resa più effi-cace attraverso soluzioni originali e creative;

- ricerca di nuove tecnologie e ma-teriali all’avanguardia.

La Digitall, compresa nel suo deside-rio costante di evolversi e forte della sua passione di soddisfare anche il più ambizioso progetto dei suoi clienti, ha attualmente investito le sue energie creative e logistiche nel Re-Board, in-teressante materiale che è proprietà di una Società svedese.

Si tratta di un cartone naturale compo-sto da fibre di legno a bassa densità e un nucleo alveolare in cartone. La sua particolare conformazione lo rende re-sistente (sopporta carichi anche molto pesanti) e, al contempo, maneggevole e leggero. Grazie alle sue particolari

caratteristiche costituisce un’ottima alternativa a diversi materiali tradizio-nali, offrendo anche molte opportunità di risparmio, in termini di:- denaro- spazio,- trasporto- stoccaggio- montaggio- smaltimentoLa duttilità del Re-Board consente di risolvere in modo nuovo un’infinità di esigenze legate al settore della grafi-ca e del design, permettendo di dare corpo a molte differenti e nuove idee, creando, immaginando e costruendo in piena libertà, in quanto, questo materiale è facilmente sagomabile e personalizzabile e può essere stam-pato su entrambe le superfici con qualsiasi immagine, texture, decorazio-ne e colore, con risultati di notevole brillantezza.

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Re-board resta compatto e flessibile per l'uso: non si piega, ma si può tagliare, fresare, curvare, incastrare, avvitare, bordare e modellare per le strutture e le applicazioni più diverse, con ottimi risultati funzionali ed esteti-ci. È facile da assemblare con incastri o mediante piccoli e semplici accessori di giunzione oppure con colle naturali a base d’acqua.

Prendendo in considerazione questo materiale, non si deve sottovalutare il suo basso impatto ambientale: Re-board viene recuperato al 100% e, a fine utilizzo, può essere facilmente smaltito nei comuni contenitori per la raccolta della carta.Re-board reagisce al fuoco in classe C2, perciò risulta sicuro e conforme alle norme per l'utilizzo in spazi pub-blici e possiede anche una buona idrorepellenza.

Se ancora non siete convinti che Re-Board possa essere la soluzione ideale per le vostre esigenze, tenete anche conto che la Digitall vi mette a disposizione un professionista della progettazione che vi aiuterà nel deli-cato processo di dare forma ai vostri sogni.

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

“Sebbene in generale l'energia eolica non costituisca una minaccia per la fauna selvatica, la presenza di parchi eolici inadeguatamente progettati o collocati in zone critiche può incidere negativamente su specie e habitat vulnerabili”.Per questo motivo, la Commissione europea ha pubblica-to il 29 ottobre le Linee Guida per conciliare lo sviluppo dell’energia eolica e le politiche sulla biodiversità: “Sviluppo dell’Energia Eolica e Natura 2000” (Wind energy develop-ments and Natura 2000).

Fino ad oggi non c’era mai stato un chiaro orientamento in relazione alla rete Natura 2000, uno degli assi portanti della politica dell’Unione europea in materia di biodiversità e uno strumento fondamentale per conseguire il suo obiettivo di ar-restare ed invertire la perdita di biodiversità entro il 2020.Istituita dalla Direttiva “Habitat” del 1992, la rete ecologica transnazionale di Natura 2000 è costituita da quasi 26.000 siti ubicati nei 27 Stati membri e che copre quasi il 18% del territorio dell’Unione europea, includendo le Zone di Pro-tezione Speciale (ZPS), Siti di Interesse Comunitari (SIC) e Important Bird Areas (IBAs).Il suo scopo è di assicurare la conservazione e l’uso sostenibile di aree di grande valore per la biodiversità, nonché la soprav-vivenza a lungo termine delle specie e degli habitat europei più preziosi e maggiormente in pericolo. Natura 2000 non è un sistema di rigorose riserve naturali da cui è esclusa ogni

attività umana, perché, pur comprendendo riserve naturali, gran parte del suo territorio continuerà a rimanere di proprietà privata che pone la necessità di una futura gestione sostenibile, dal punto di vista ecologico, economico e sociale.

L’energia eolica riveste un ruolo importante per riuscire a centrare l’obiettivo dell’UE di ottenere il 20% del totale del fabbisogno energetico europeo da energie rinnovabili entro il 2020; di conseguenza, la presenza di impianti eolici all’in-terno di aree Natura 2000 non è automaticamente esclusa.La percentuale di energia eolica prodotta è cresciuta rapida-mente nel corso degli ultimi 10 anni e nel 2009 rappresentava circa il 4,8% del consumo totale di elettricità nell'UE. Entro il 2020 tale cifra sembra destinata a triplicare.D’altro canto, è importante valutare tali impianti caso per caso, perché l’impatto di erigere turbine eoliche in un determinato ambiente naturale dipendono fortemente dal tipo di fauna selvatica, nonché dalla progettazione del parco eolico.

“I nuovi orientamenti forniranno agli Stati membri e all'in-dustria indicazioni più chiare su come sviluppare attività e parchi eolici che rispettino i requisiti di Natura 2000 - ha affermato Janez Potočnik, Commissario europeo per l’Am-biente - Non sono stati apportati cambiamenti alla normativa o alle politiche in materia, si tratta semplicemente di orienta-menti più precisi sulla legislazione vigente. Lo scopo è quello

L’inadeguatezza della progettazione mette in pericolo specie ed habitat

Pubblicate dalla Commissione UE le Linee Guida per conciliare energia eolica e biodiversità

EOLICO E AREE PROTETTEPOSSONO COESISTERE

La cartina che indica la distribuzione della Rete di Naura 2000 al gennaio 2009 (fonte: Wind energy developments and Natura 2000)

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di assicurare che gli obiettivi legati all’energia rinnovabile siano raggiunti nel pieno rispetto della normativa UE sulla protezione delle specie naturali”.

Il documento elenca i potenziali impatti sugli uccelli e habitat affinché gli installatori evitino rischi che uccelli e pipistrelli possano collidere con le turbine e che la perdita di habitat costringano gli animali a cambiare direzione durante le migra-zioni o nel corso delle normali attività di foraggiamento.Gli orientamenti sono intesi a evitare, quindi, l’insorgere di eventuali contrasti tra la presenza di impianti eolici e la conservazione della biodiversità all’interno di aree protette Natura 2000. Si sottolinea, inoltre, l’importanza di una pro-grammazione strategica e la necessità di sottoporre i progetti di nuovi parchi eolici a valutazioni adeguate e di qualità. Gli orientamenti contengono anche esempi di buone pratiche e mostrano come evitare che gli impianti eolici arrechino danni ad aree naturali sensibili.La progettazione strategica di nuovi impianti eolici all'interno di un’ampia zona geografica rappresenta uno dei modi più efficaci per minimizzarne l’impatto sulla natura e sulla fauna selvatica, a partire dalla progettazione stessa. Così facendo, secondo la Commissione UE, non solo si ottiene un quadro di sviluppo più integrato, ma si dovrebbero anche ridurre, in fase successiva, i rischi di difficoltà e ritardi a livello dei singoli progetti.

La European Wind Energy Association (EWEA) non ha tardato a rallegrarsi per la pubblicazione del documento della Com-missione UE, “che fornisce indicazioni chiare alle autorità nazionali e regionali su come garantire che lo sviluppo di parchi eolici sia compatibile con le aree europee di protezione degli uccelli e dei loro habitat”.“Già ora, l’implementazione delle fattorie del vento presuppo-ne una valutazione dell’impatto ambientale prima della loro costruzione - prosegue la nota EWEA - Inoltre, la direttiva “Habitat” include garanzie sostanziali che devono essere

offerte dai progetti eolici ritenuti suscettibili di avere un effetto negativo su un sito Natura 2000. Nel complesso, l’impatto dell’energia eolica su uccelli, pipistrelli, fauna selvatica ed altri habitat naturali è estremamente basso rispetto ad altre numerose attività umane connesse”.

In effetti, i paragrafi 6 (1) e 6 (2) dell’articolo 6 della Direttiva prevedono che, all’interno di Natura 2000, gli Stati membri:- adottino misure di conservazione adeguate per mantenere

e ripristinare gli habitat e le specie per cui il sito è stato designato come luogo di conservazione;

- evitino attività dannose che potrebbero significativamente disturbare queste specie, o il deterioramento degli habitat di specie protette o di tipi di habitat.

I paragrafi 6 (3) e 6 (4) stabiliscono le procedure da seguire in sede di pianificazione di nuove infrastrutture che possano incidere su un sito Natura 2000. Così:- qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze si-

gnificative su un sito Natura 2000, singolarmente o in combinazione con altri piani o progetti, è sottoposto ad un’opportuna valutazione per determinare le sue impli-cazioni. Le autorità competenti non possono accettare il piano o il progetto se non dopo aver accertato che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in questione;

- in circostanze eccezionali, ad un piano o progetto può essere consentito il proseguimento, nonostante negativa, purché non vi siano soluzioni alternative e il piano o il progetto è considerato di rilevante interesse pubblico; in tal caso lo Stato membro deve adottare le misure compensative per garantire che la coerenza globale della rete Natura 2000 sia tutelata.

Al momento, non ci sono delle prese di posizione ufficiali da parte delle associazioni ambientaliste, in particolare di BirdLife International che in passato aveva escluso ogni pos-sibilità di localizzare wind farms in nelle ZPS e IBAs (Position Statement on Wind Farms and Birds, 9 dicembre 2005).

La fattoria eolica pressi il lago Ostrowo (Polonia), situata in una zona con più di 200 specie di uccelli che coesistono armonicamente

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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

“…Un fiore è nato sulla strada…È brutto. Ma è un fiore. Ha forato l’asfalto, la noia, lo schifo e l’odio.”(Carlos Drummond De Andrade, Il Fiore e la Nausea (1945), in “Cuore numeroso”, a cura di V. Arsillo, Donzelli editore (2002), pag. 57)

Vengono alla mente i versi del poeta brasiliano, forse il più grande in lingua portoghese, quando, passeggiando per le vie di Parigi, è sempre più facile trovare in un angolo appartato, su un parapetto scalcinato, lungo uno spartitraffico polveroso, piantine fiorite e cespi verdeggianti. Spesso la presenza di un vicino cartone infisso sul terreno o tenui scritte stampigliate sui muri accanto, avvertono che non si tratta di nuove forme di arredo urbano deliberate dalla Mairie, bensì di azioni libere e spontanee praticate da un movimento “ambientalista” che vuole comunicare l’importanza di curare e migliorare i luoghi in cui si vive, si opera e si concorre a modificare, conosciuto come “Guerrilla Gardening”.

Il termine è stato utilizzato per la prima volta a New York nel 1973, quando il gruppo Green Guerrilla, trasformò un lotto privato ed abbandonato in giardino che a tutt’oggi è ben tenuto, essendo passato sotto la protezione del Dipar-timento Parchi di New York City.L’azione più clamorosa è avvenuta, però, nel 1996 quando a Wandsworth, quartiere meridionale di Londra, 500 attivisti di “The Land is Ours” (La Terra è nostra), tra cui George Monbiot, noto giornalista del “The Guardian”, nonché scrittore ambientalista (“L’era del consenso”, “Calore!”, “Apo-calisse quotidiana”, per citare quelli che sono stati tradotti in italiano), occuparono oltre 500 m2 di terreno abbandonato sulle rive del Tamigi, per sottolineare “Il terrificante disuso della terra urbana”.

A dispetto della denominazione, i “guerriglieri” non espri-mono azioni contro qualcuno o qualcosa, ma vogliono stimolare la responsabilità e l’attenzione delle persone su un determinato problema, per lo più sulla necessità di riap-propriazione degli spazi urbani per renderli più vivibili.Compiono i loro “attacchi” in piena notte, in gruppetti o individualmente, muniti di terriccio, pale, rastrelli, semi e piantine, dopo aver individuato preventivamente i luoghi dell’intervento, che sono per lo più aree marginali o ab-bandonate, anche recluse tra edifici e isolati o transennate lungo i viali o all’interno di piazze. In quest’ultimo caso, vi penetrano furtivamente o scagliano, se impossibilitati ad entrare, le loro “seed bombs” (bombe di semi), costruite con un miscuglio di compost e argilla, appallottolato e umidi-ficato, in cui hanno inserito i semi delle piante prescelte, perenni o stagionali, a seconda dei casi.In alternativa, si utilizzano i cordoli di delimitazione del traf-fico e di aree pedonali e ciclabili o i muri di vecchi edifici e porticati, sulle cui crepe e fessure vengono inseriti e otturati con sfagno e torba, gli apparati radicali delle piantine.La speranza che anima questi green warriors è che il mattino seguente gli abitanti del quartiere, di fronte alla prospettiva di un abbellimento del luogo, continuino a mantenere in vita il fiore e il verde appena nati, come se epifanicamente risco-prissero le potenzialità di spazi urbani grigi e senza vita.Quantunque questi “guerriglieri” che lottano per la valo-rizzazione dei propri quartieri siano prevalentemente dei giovani, non disdegnano di praticare “sortite” di giardinaggio anche anziani, a dimostrazione che questa forma di attivi-smo urbano è scevro da ideologie politiche e può essere praticato da chiunque sia spinto a far qualcosa per la città in cui si vive.È il caso di Elise, una signora di 72 anni che abita a Rue Lohomond, nel 5e arrondissement in Val-de-Grâce (Quartiere latino) che ha confessato ad un blog di guerrilla gardening di essere praticamente una di loro, considerata anche la sua

Contro il degrado e il grigiore della vita urbana

Si diffonde a Parigi l’attivismo di Guerrilla Gardening

“UN FIORE È NATO SULLA STRADA”di Massimo Lombardi

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indole fortemente indipendente e contraria ad ogni forma di autoritarismo e conformismo. Dopo aver svolto la sua attività in una grande fioriera lungo la sua via, priva di ogni forma di vegetazione, ma ricca di ogni sorta di rifiuto, che i proprietari di un palazzo avevano lì posto per evitare che in quell’angolo riparato dalla pioggia si rifugiassero i bar-boni per dormire, ora predilige rivolgere le sue attenzioni e cure alle piccole aiuole degli “Arbres d’alignement”, le caratteristiche filiere di alberi lungo le vie e i viali, che il “Départment des Espaces verts de la Ville de Paris” ha piantato in modo uniforme e lineare per decorare ed ombreggiare. Elise ha dichiarato di aver posto in ognuna di quelle zolle di terra, protette da un cancelletto circolare in ferro, ben 12 bulbi di tulipani rossi per 12 alberi, perché si augura che in primavera il viale “si infiammi”. Naturalmente, precisa che le sue “azioni”, contrariamente a quelle praticate dai “guerriglieri” più giovani, vengono svolte al mattino, perché per lei di notte sarebbero pericolose.

Dal giardinaggio all’orticoltura il passo è breve, tant’è che molti “ex guerriglieri” si dedicano a trasformare aree dimesse in orti urbani, piantumando anche alberi da frutta, Nel qual caso, il movimento assume un’impostazione più ideologica, utilizzando semi non trattati e astenendosi dai fitofarmaci e fertilizzanti chimici, in ossequio alle indicazioni di quello che considerano il loro maestro, come si evidenzia nei loro siti web, il giapponese Masanobu Fukuoka (1913-2008), il cui metodo naturale o della Rivoluzione del filo di paglia, qual è il titolo del libro appena uscito in Italia, ispirato dalla permaculture, tenta di riprodurre quanto più fedel-mente condizioni naturali. Il terreno non viene arato e la germinazione avviene direttamente in superficie, se neces-sario avendo preventivamente mescolato i semi con argilla e fertilizzante, pratica che consente di ridurre il numero di semi necessari. Nel terreno intatto, dove idealmente sono state fatte crescere piante poco invadenti che fissano l'azoto (es. trifoglio), che trattengono il terreno e impediscono lo sviluppo di infestanti, viene coltivata simultaneamente la coltura voluta.

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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Pochi sanno che Harrison Ford, il bravo attore divenuto famoso per la serie di Indiana Jones, è un convinto am-bientalista e testimonial di varie campagne in difesa degli ecosistemi, promosse soprattutto dall’ONG Conservation International, di cui è divenuto Vice-presidente dopo una militanza di quasi 20 anni.Per questo suo impegno di leadership ambientalista ha ot-tenuto il Global Environmental Citizen Award, e in suo onore sono stati chiamati: un ragno con 8 occhi, scoperto in California nel 1993 dall’aracnologo Norman I. Platnik (Cal-ponia harrisonfordi); una formica polimorfica trovata nel 2002 in Honduras dal famoso biologo e naturalista Edward O. Wilson (Pheidole harrisonfordi).Dopo aver esplicitamente invitato il Presidente USA Barack Obama a far ratificare al Congresso la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), Ford si è presentato a Nagoya dove era in corso la 10a Conferenza delle Parti della

Convenzione sulla Diversità Biologica (18 - 29 ottobre 2010) “per incoraggiare le Parti ad essere più audaci e decise, e di fare ogni sforzo per aumentare le loro azioni di prote-zione delle rimanenti riserve di biodiversità - ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa il 28 ottobre (27 per l’America) - Siamo stati capaci di esprimere la volontà poli-tica per la nostra leadership di adottare decise e forti azioni. Come individui, abbiamo dato i nostri piccoli contributi, ma la dimensione necessaria per cambiare le cose non è alla portata individuale, poiché è di massa. Ho la sensazione che questi siano negoziati difficili, come complicate siano le questioni, ciò nonostante sono fiducioso che alla fine avremo un accordo molto forte”.

Non sappiamo quanto abbia pesato il cappello di Indiana Jones lanciato sul tavolo negoziale, tuttavia i colloqui, che fino a quel momento sembravano avviati al dejà vu del film

Adottato un Piano di mediazione con obiettivi inferiori a quelli preventivati

Conclusa la 10a Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (18-29 ottobre 2010)

A NAGOYA ANCHE IL CAPPELLO DIINDIANA JONES SUL TAVOLO NEGOZIALE

Pheidole harrisonfordi (in alto)Calponia harrisonfordi (in basso)

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di Copenhagen sul clima, per il forte divario esistente tra le posizioni dei Paesi in via di sviluppo e quelli industria-lizzati, hanno avuto un’inaspettata e “positiva” conclusione soprattutto con l’adozione del Protocollo ABS di Nagoya (così verrà denominato) sull’Accesso alle risorse genetiche e sulla Ripartizione dei Benefici derivanti dal loro utilizzo (Access and Benefit Sharing).Il Protocollo, raggiunto dopo 6 anni di negoziati estenuanti, è il secondo importante accordo ambientale globale che viene definito in Giappone dopo il Protocollo di Kyoto, città che dista, peraltro, poco più di 100Km da Nagoya.Obiettivo del Protocollo che si compone di 30 articoli “è la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’utiliz-zazione delle risorse genetiche, compresi un loro adeguato accesso e un opportuno trasferimento delle relative tecnologie, tenendo conto di tutti i diritti su tali risorse e tecnologie, mediante adeguati finanziamenti, contribuendo così alla conservazione della diversità biologica e l’uso sostenibile dei suoi componenti (articolo 1)”.In pratica, il Protocollo garantisce ai Paesi che dispongono di una ricca biodiversità la ripartizione dei benefici deri-vanti dall’utilizzo di queste risorse, incoraggiandoli, quindi, alla conservazione di questa ricchezza. Ciò significa che le multinazionali dovranno condividere il loro profitti con le comunità locali non solo per l’utilizzo della risorsa ori-ginaria, ma anche per tutti i prodotti da essa derivati. Per esempio: se un’industria farmaceutica sviluppa un nuovo farmaco sulla base dei principi attivi e degli ingredienti derivati da una pianta che cresce all’interno di una regione abitata da una comunità locale e che da questa viene col-tivata, d’ora in poi dovrà garantire ai suoi componenti dei benefici economici.L’accordo, che attribuisce un valore alle risorse genetiche, definisce, inoltre, le diverse fasi della procedura di accesso e di ripartizione dei benefici:- colui che intende utilizzare la risorsa (un’impresa o un

ricercatore) presenta una domanda d'accesso al Paese fornitore della risorsa genetica; ogni Stato deve istituire un servizio nazionale dove centralizzare le domande;

- i Paesi fornitori, e eventualmente le comunità locali, de-vono dare il loro assenso preliminare con conoscenza di causa per un impiego mirato della risorsa genetica;

- dovranno essere stabilite delle clausole contrattuali fra le due parti che definiscano la modalità di ripartizione dei benefici con le comunità o con i Paesi fornitori;

- l’autorizzazione è emanata da un autorità nazionale del Paese fornitore;

- le informazioni sono comunicate al Centro di scambio sull’accesso e la ripartizione dei benefici;

- dovrà essere avviata una procedura a livello nazionale per la sorveglianza del rispetto degli obblighi.

L’adozione del Protocollo ha spianato la strada all’approva-zione delle altre importanti decisioni che erano in agenda, quali il Meccanismo di Finanziamento della Conven-zione e il Piano Strategico per salvare la biodiversità, anche perché alcuni Paesi non avrebbero aderito ad alcuno dei tre accordi, se non fossero stati approvati gli altri: che è stato poi quel che è avvenuto.Il Piano di Finanziamento, però, non ha potuto specificare quanto denaro è necessario per raggiungere gli obiettivi di salvaguardia della biodiversità, avendo concordato i Governi

che la sua definizione avverrà entro il 2012, perché la mag-gior parte dei Paesi sviluppati “era venuta a Nagoya con le tasche vuote”, come ha osservato il Direttore di WWF inter-national, John Leape (il Giappone è stato l’unico ad aver promesso una cifra cospicua, pari a 2 miliardi di dollari).Migliori aspetti di concretezza derivano, invece, dal Piano Strategico, prevedendo che entro il 2020 dovranno essere adottate misure ed intraprese azioni per proteggere il 17% della superficie terrestre, rispetto all’attuale livello del 13%, e il 10% dei mari e delle coste, anche se l’obiettivo originario era ben più elevato, rispettivamente del 25% e del 15%.

È stato raggiunto anche un accordo per la moratoria sulla geoingegneria e su qualsiasi sperimentazione pubblica o privata che, per contrastare gli effetti collaterali indesiderati delle attività umane, soprattutto quelle avveniristiche per la riduzione del riscaldamento globale, potrebbero avere enor-mi impatti sugli ecosistemi e sulla biodiversità. I 193 Paesi firmatari, che hanno trovato un compromesso dopo che si è deciso di escludere dal blocco le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), chiedono ai Governi che non vengano svolte attività geoingegneristiche senza che siano state prese in considerazione in maniera approfondita le conseguenze ambientali e gli impatti culturali ed economici. Questa decisione, di fatto, riconduce il problema all’interno dell’ONU, dove è possibile ad ogni Paese aver accesso alle informazioni e poter osservare e influenzare gli esperimenti che vengono proposti, senza ledere per questo la legittima ricerca scientifica.

Merita menzione, inoltre, la richiesta condivisa dai Governi di inserire il valore della biodiversità nei bilanci nazionali e la modifica dei sussidi alle attività di pesca, agricoltura e trasformazione del territorio, che tanti guai e guasti hanno prodotto sugli ecosistemi.I partecipanti alla Conferenza hanno poi convenuto che la politica climatica e la politica di conservazione della biodiversità debbano essere coordinate e, pertanto, alla Con-ferenza di Cancún saranno trasmesse delle raccomandazioni affinché anche il Programma di riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado forestale (REDD) contribuisca alla conservazione della biodiversità.

“La storia ricorderà che è stato qui a Nagoya che è sorta una nuova era di vivere in armonia con la natura ed è nata una nuova alleanza globale per proteggere la vita sulla terra - ha dichiarato Ahmed Djoghlaf, Segretario esecutivo della CBD - Se Kyoto è entrato nella storia come il luogo dove è nato l’accordo per il clima, Nagoya sarà ricordata come la città in cui è stato fatto l’accordo per la biodiversità”

Purtroppo, come accennato, gli USA, il Paese maggior utiliz-zatore di tali risorse, non ha ratificato la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) e, pertanto, rimane esclusa dagli obblighi previsti dal Protocollo di Nagoya, come è avvenuto per quello di Kyoto sui limiti alle emissioni climalteranti, con le conseguenze che sono tuttora evidenti.

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La necessità di preservare questa risorsa “vitale”L’AMAZZONIA CHE VIVEA Nagoya presentato il Report del WWF International

Se sono stati molti i documenti e le relazioni portati a Nagoya sul tema della perdita della biodiversità, una ricerca diffusa durante la Conferenza delle Parti dal WWF “Amazon Alive” mette in luce la straordinaria ricchez-za di specie dell’area amazzonica e dei rischi per la biodiversità connessi ai pericoli che tuttora incombono su questa regione, dove in appena 10 anni, tra il 1999 e il 2009, sono state scoperte e descritte 1.200 nuove spe-cie: praticamente una nuova specie ogni tre giorni (e si tratta di animali vertebrati - mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci - e piante, tralasciando

le migliaia di specie scoperte di in-vertebrati), che sono state identificate dagli scienziati di numerose istituzioni aventi sede in tutto il mondo, compre-si musei, università, enti governativi e organizzazioni non governative.Il dato conferma che l’Amazzonia è uno dei luoghi della Terra dove si ri-scontra la maggiore diversità di vita e, dunque, è un patrimonio inestimabile di cui tutti noi inconsapevolmente be-neficiamo: malgrado la maggior parte della regione sia ancora al riparo da disturbi, le minacce stanno aumentan-do velocemente. Durante gli ultimi 50 anni l’uomo ha causato la distruzione

di almeno il 17% della foresta plu-viale amazzonica, un’area più vasta del Venezuela e pari a due volte la Spagna. Una delle principali cause di questa trasformazione è rappresentata dalla rapida espansione dei mercati regionali e globali della carne, della soia e dei biocombustibili, che fanno aumentare la domanda di terreni. Si stima che l’80% delle aree deforesta-te dell’Amazzonia siano destinate a pascoli per il bestiame. Inoltre, i mo-delli di sviluppo non sostenibili, la rapida crescita economica regionale e il crescente fabbisogno energetico stanno esercitando un forte impatto

Mico acariensis

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sull’Amazzonia.Nella prefazione al Rapporto del WWF, il Segretario esecutivo della Convenzione sulla Diversità Biolo-gica Ahmed Djoghlaf afferma che “Oggi , quando il mondo sta annaspando sotto la minaccia dei cam-biamenti climatici, la conservazione di intatti e ampi tratti di foresta pluviale as-sume un’importanza fondamentale, non solo per i popoli dei Paesi amazzonici, ma per tutti gli individui del mondo”.

L’Amazzonia è una risorsa “vitale’” che va preservata proprio nell’interesse delle popolazioni locali: solo in Brasile sono oltre 30 milioni le persone che dipendono dalle risorse e dai servizi offerti dagli ecosistemi di quest’area. Una gestione respon-sabile dell’Amazzonia è dunque un fattore cruciale, in quanto garantirebbe servizi ambientali alla popolazione an-che al di là dei confini dell’Amazzonia e, non ultimo, per via del ruolo che questa area svolge nell’ambito della battaglia contro i cambiamenti clima-tici globali.Per il WWF è importante garantire lo sviluppo delle strategie di conservazio-ne a livello regionale, promuovendo la gestione sostenibile delle risorse na-turali e uno sviluppo ben pianificato delle infrastrutture, che si tradurranno poi in sviluppo economico, tenendo in considerazione, tra gli altri elementi, anche gli impatti sociali e ambientali. Questo il senso dell’appello lanciato ai delegati dei 193 paesi presenti a

Nagoya ai quali è stata fatta una richie-sta: inserire l’Amazzonia nella mappa mondiale dei luoghi prioritari per la conservazione e costruire un forte so-stegno pubblico attorno alle iniziative di conservazione su grande scala in Amazzonia.Per le nazioni amazzoniche, una parte della soluzione per la protezione delle specie e degli habitat amazzonici è attualmente oggetto di valutazione da parte dei Governi per creare, nella re-gione amazzonica, un sistema di aree protette completo ed efficacemente gestito.

Scorrendo il Report del WWF, si spa-lanca un vero caleidoscopio di forme e colori: 637 piante, 257 pesci, 216 anfibi, 55 rettili e 39 mammiferi, tra cui 6 nuove scimmie compresa la Mi-co acariensis scoperta nel 2000. Ve

ne sono di straordi-narie come la nuova specie di Anaconda, prima nuova specie di anaconda identifi-cata dal 1936 che si aggiunge alle altre tre già note alla scienza, nella provincia boli-viana dell’Amazzonia, lunga ben 4 metri; il delfino rosa boliviano del Rio delle Amaz-zoni, nuova specie scoperta grazie alle ricerche genetiche, sull’orlo dell’estinzio-ne; la nuova specie di pesce gatto cieco dal colore rosso brillante che vive nelle acque sotterranee, e poi diversi pappagalli e altre specie di uccelli. Ma i veri dominatori sono gli invertebra-ti (principalmente i ragni), che da soli rappresentano il 90%

degli animali presenti, con 50.000 specie diverse in appena 2,5 km2 di foresta tropicale.

Il Report elenca il numero di specie descritte in ciascun paese dove il re-cord di scoperte è diviso tra Brasile, Perù e Ecuador. Viene anche illustrato il ruolo determinante dell’Amazzonia nell’ambito della regolazione del clima globale: le sue foreste immagazzinano, infatti, un’enorme quantità di carbo-nio e in caso di gestione inadeguata c’è un enorme rischio potenziale di alterazione del clima a livello globale. L’Amazzonia contiene 90-140 miliardi di tonnellate di carbonio, ed il rilascio anche solo di una porzione di questo quantitativo accelererebbe in modo si-gnificativo il processo di riscaldamento globale. Attualmente la riconversio-ne dei terreni e la deforestazione in

Ranitomeya amazonica

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Amazzonia comportano un rilascio che arriva a 0,5 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno, sen-za includere le emissioni causate dagli incendi fore-stali. Grande importanza riveste anche lo scambio energetico generato dalla evapotraspirazione dalla superficie delle foglie, da-to che l’area ospita la più estesa, densa e ininterrotta copertura di vegetazio-ne presente sulla Terra. L’energia coinvolta in que-sto processo contribuisce alla regolazione del clima globale pompando acqua nell’atmosfera e fornendo energia al regime dei venti a livello globale. L’effetto di raffreddamento dato da questo particolare “siste-ma di condizionamento d’aria globale” è cruciale per il sostegno della vita sulla Terra.“Questo rapporto dimostra chiaramente l’incredibi-le diversità della vita in Amazzonia - ha dichia-rato Francisco Ruiz, Responsabile dell’Inizia-tiva Living Amazon del WWF - E ci ricorda anche quanto dobbiamo anco-ra apprendere riguardo a questa regione unica e cosa potremmo perde-re se non cambieremo il nostro modo di concepire lo sviluppo e promuovere la conservazione a livello regionale, garantendo così benefici economici, sociali e ambientali alle popola-zioni di questa regione e della vasta zona soggetta all’influenza climatica dell’Amazzonia”.

Attraverso la sua Iniziativa Living Amazon, il WWF sta lavorando a un approccio complessivo fina-lizzato alla collaborazione con i Governi, la società civile e il set-tore privato, per promuovere il processo di trasformazione neces-sario per dare vita a uno scenario alternativo che possa preservare più efficacemente la biodiversità dell’Amazzonia. L’obiettivo è una visione condivisa della conserva-zione e dello sviluppo che risulti ambientalmente, economicamente e socialmente sostenibile, l’ade-guata valutazione degli ecosistemi naturali in base ai beni ambientali che forniscono, la pianificazione della destinazione d’uso e dei di-ritti di proprietà della terra e delle risorse, l’implementazione delle migliori pratiche di gestione per l’agricoltura e l’allevamento e l’ot-timizzazione della pianificazione delle infrastrutture energetiche e dei trasporti per ridurre al minimo gli impatti ambientali e l’impoveri-mento della diversità culturale.

“Molte delle scoperte di nuove specie sono avvenute nell’ambito della rete delle aree protette amazzoniche - ha dichiarato Yolanda Kakabadse, Presidente del WWF-Internazionale - Quest’anno, l’Anno della Biodiversità, rappresenta un’ccellente opportunità per i Capi di Stato per contribuire a proteggere ancora di più la biodiversità amazzonica per garantire la sopravvivenza delle specie che vivono in queste aree e la continuità della fornitura dei beni e servizi ambientali dai quali tutti traiamo beneficio”.

Dall’alto: Pirylia aurantiocephala; Apistogramma baenschi; Ephe-bopus cyanognathus

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Il valore dei servizi ecosistemici deve far parte delle decisioni politiche ed imprenditoriali

METTERE AL CENTROL’ECONOMIA DELLA NATURA

Presentato il Rapporto finale del TEEB

all’Ambiente Stavros Dimas, ed è stato successivamente patrocinato dal Pro-gramma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), con il supporto economico della Commissione UE, tanto che l’at-tuale Commissario all’Ambiente Janez Potočnik, presente a Nagoya, dopo averne rivendicato l’originaria proposta e il convinto sostegno ha sottolineato che “la Commissione UE ha intenzione di avviare uno studio per esaminare più in dettaglio i dati disponibili in un contesto comunitario e nelle aree per implementare le analisi sviluppate dal TEEB nelle nostre politiche”.

Il Progetto è stato coordinato dall’eco-nomista indiano Pavan Sukhdev, Direttore a Londra della Sezione Mer-cati globali della Deutsche Bank e Direttore della Green Economy Initia-tive dell’UNEP.“L’approccio del TEEB permette di reimpostare la bussola economica e di inaugurare una nuova era in cui il

Come avevamo anticipato nel nume-ro di ottobre, in occasione della 10a Conferenza delle Parti CBD di Nagoya (ndr.: per i risultati conseguiti si veda l’articolo “A Nagoya anche il cappello di Indiana Jones sul tavolo negozia-le” a pag. 46 di questo stesso numero), è stato presentato il 20 ottobre 2010 il Report finale del TEEB (acronimo che sta per “L’economia degli Ecosi-stemi e della Biodiversità”), dal titolo “Mainstreaming the Economics of Nature”.Si è trattato del Documento riassuntivo finale di 5 relazioni interconnesse, precedentemente pubblicate e singolarmente da noi analizzate sulle pagine di Regioni&Ambiente: la Relazione intermedia rilasciata a Maggio del 2008, in occasione della 9a Conferenza delle Parti della Convenzione CBD di Bonn; la Relazione sul Clima del Settembre 2009; quelle indirizzate ai Decisori politici internazionali e nazionali (Novembre 2009), alle Imprese (Luglio 2010) ai Governi locali (Settembre 2010), agli Economisti e Ecologisti (Ottobre 2010) e ai Cittadini (Ottobre 2010).Il Rapporto conclude un lavoro imponente durato 3 anni che ha avuto per fine la divulgazione del valore economico del patrimonio naturale e dei costi socio-economici connessi alla sua perdita, dal momento che mentre la questione climatica in questi ultimi due decennio ha assunto rilievo nell’agenda politica al alto livello, la perdita di biodiversità, invece, è rimasta ai margini della governance internazionale.

Il progetto era nato in oc-casione del G8 Ambiente di Potsdam (Marzo 2007) su proposta dell’ex Ministro dell’Ambiente della Ger-mania, Gabriel Sigmar e dell’allora Commissario UE

valore dei servizi della natura sia visi-bile e divenga un elemento esplicito nel prendere decisioni sia a livello politico che imprenditoriale - ha affermato Su-khdev - L’inazione non soltanto ci fa perdere migliaia di miliardi equivalenti agli attuali e futuri benefici per la so-cietà, ma fa impoverire ulteriormente chi è già in difficoltà e mette a rischio le future generazioni. Il tempo dell’igno-rare la biodiversità e del persistere con il pensiero convenzionale relativo alla creazione della ricchezza e dello svi-luppo è finito: dobbiamo proseguire nel percorso verso un’economia verde”.

La natura fornisce alla società umana una serie di benefici, quali il cibo, il legname, l’acqua, le medicine, i suoli, ecc. che sono pubblici e non hanno mercato, nonostante si riconosca che stanno subendo gravi conseguenze a seguito delle pressioni antropiche, sono putroppo ignorati dai convenziali siste-mi di contabilità. Il Rapporto dimostra

che i costi economici della perdita di biodiversità e la re-lativa diminuzione dei servizi ecosistemici in tutto il mondo sono pesantissimi, per cui oc-corre che i sistemi nazionali di contabilità misurino i signi-ficativi vantaggi che offrono, perché in tal modo sarebbe più facile adottare misure legi-slative e di progettazione per meccanismi di finanziamento per la loro conservazione.

Nella Relazione finale “Mette-re al centro l’economia della natura”, ci sono tre scenari: un ecosistema naturale (le foreste); un insediamento umano (città); un settore di attività (miniere), per illustrare come i concetti economici e gli strumenti descritti nel TE-EB possono aiutare a dotare la società dei mezzi necessari per integrare i valori della na-tura nel processo decisionale

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a tutti i livelli. Con oltre la metà della popolazione umana che vive nelle aree urbane, le città hanno un ruolo determinan-te da svolgere nel riconoscere come il capitale naturale sia necessario per mantenere e migliorare il benessere dei propri abitanti. Stanno emergendo in-novativi strumenti economici e politiche di governo che premiano le buone pra-tiche. Ad esempio, la città giapponese di Nagoya che ha ospitato la COP-10, ha implementato un nuovo sistema di sviluppo dei diritti negoziabili per cui chi desidera superare i limiti esistenti in materia di altezza degli edifici può compensare l’impatto che ne consegue con l’acquisto e la conservazione di aree del paesaggio agricolo tradiziona-le del Giappone. Sono previsti sconti sui prestiti bancari per gli edifici che conseguono elevati punteggi basati su sistemi di certificazione green che, pro-gettati dalle autorità cittadine, hanno anche creato incentivi per maggiori spazi verdi all’interno dei progetti del-la città.

Un altro importante risultato che consegue dai molti studi realizzati dal TEEB è il contributo delle foreste e degli altri ecosistemi per il sostentamento di famiglie rurali povere, e quindi il potenziale significativo che hanno gli sforzi di conservazione nel contribuire alla riduzione della povertà. È stato stimato che i servizi ecosistemici e gli altri beni naturali non commerciabili costituiscano tra il 47% e l’89% del cosiddetto “PIL dei poveri” (cioè il PIL effettivo o il totale delle fonti di sostentamento delle famiglie povere che vivono nelle aree rurali e forestali), in alcuni grandi Paesi in via di sviluppo.“In passato solo settori tradizionali co-me il manifatturiero, il minerario, della vendita al dettaglio, delle costruzioni e della produzione di energia sono stati più in alto nella mente dei pianificatori economici e dei ministri delle finan-ze, dello sviluppo e del commercio - ha

osservato Achim Steiner, Direttore esecutivo dell’UNEP - Il TEEB ha por-tato all’attenzione del mondo che i beni e i servizi offerti dalla natura hanno un egual peso, se non addirittura di più, per la ricchezza delle nazioni, poveri compresi, aspetto questo che avrà un maggior rilievo, visto che il pianeta ha risorse limitate per una popolazione destinata ad aumentare a 9 miliardi di individui entro il 2050”.

Il Rapporto contiene anche il messag-gio che il mondo degli affari è incapace di tener conto del valore del capitale naturale, in particolare settori come quello minerario possono rappresen-tare significativi rischi commerciali e sociali. La società di consulenza britan-nica Trucost ha stimato che gli impatti negativi o le “esternalità ambientali” delle 3.000 compagnie mondiali quo-tate assommano a circa 2.200 miliardi di dollari annui.Approcci del tipo impatto positivo netto, mitigazione delle zone umide e bio-banking possono aiutare ad assicurare che questi attuatori si assu-mano la responsabilità del loro impatto ambientale. Allo stesso modo consu-matori e governi che optano per scelte di acquisti più verdi offrono al settore imprenditoriale l’opportunità di conse-guire guadagni considerevoli:- entro il 2020 la dimensione del mer-

cato annuale dei prodotti agricoli certificati è stimato nell’ordine di 210 miliardi di dollari;

- i pagamenti per i servizi ecosistemi-ci legati all’acqua, in 6 miliardi di dollari;

- i compensi per azioni volontarie per la biodiversità, in 100 milioni di dol-lari annui.

Molti Paesi stanno già prendendo provvedimenti per adottare l’approc-cio TEEB, come nel caso dell’India che, come ha spiegato il suo Ministro dell’Ambiente Jairam Ramesh, “Ha in animo di adottare le linee guida dello studio TEEB per la contabilità nazio-

nale che possa concretizzarsi entro il 2015, al fine di prendere decisioni che non si basino su obiettivi a bre-ve termine, ma che gettino le basi per uno sviluppo sostenibile ed inclusivo del Paese”.Altrettanto si appresta a fare il Brasi-le dove “Governo ed Imprese stanno prendendo in seria considerazione di muoversi verso l’approccio pratico e sostenibile del processo decisionale, secondo le raccomandazioni del TEEB”, ha affermato a sua volta Braulio Dias, Segretario per la Biodiversità e Foreste del Brasile.

Lo studio TEEB si conclude con le se-guenti Raccomandazioni:1. La comunicazione al pubblico e la

responsabilità per gli impatti sulla natura dovrebbero essere i risultati essenziali della valutazione della biodiversità.

2. L’attuale sistema di contabilità nazionale dovrebbe essere rapida-mente aggiornato per includere il valore della variazione delle scorte di capitale naturale e dei servizi ecosistemici.

3. Una priorità urgente è quella di elaborare coerenti conti “fisici” degli stock forestali e dei servizi ecosistemici, entrambi i quali sono necessari, ad esempio, per lo svilup-po di nuovi meccanismi e incentivi di carbonio delle foreste.

4. Le relazioni annuali e i conti delle imprese e di altre organizzazioni devono indicare tutte le “esternali-tà” importanti, compreso il danno ambientale che colpisce la società e le variazioni del patrimonio na-turale che non sono attualmente pubblicate nei bilanci pubblici.

5. I principi di “No Net Loss” o “Net Positive Impact” dovrebbero essere considerati come normale prassi commerciale, utilizzando il solido “Biodiversity Performance Bench-mark and Assurance Process”, al fine di prevenire e limitare i danni, insieme con gli investimenti pro-

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biodiversità, per compensare gli impatti negativi che non possono essere evitati.

6. I principi del “chi inquina paga” e del “pieno recupero dei danni” sono potenti linee guida per la riorganizzazione delle strutture di incentivazione e di riforma fiscale. In alcuni contesti, il principio del “chi ne beneficia paga” può essere invocato a sostegno di nuovi incentivi positivi, come i pagamenti per i servizi ecosistemici, agevolazioni fiscali e altri trasferimenti fiscali che mirano ad incoraggiare gli attori del settore pubblico e privato a fornire servizi ecosistemici.

7. I Governi dovrebbero puntare alla completa divulgazione dei sussidi, alla misurazione e alla rendiconta-

zione annuale, in modo che le loro componenti perverse possano essere riconosciute, monitorate e, infine, eliminate.

8. Dovrebbe essere perseguita l’istitu-zione di sistemi di gestione completi, rappresentativi, efficaci ed equi del-le aree protette regionali e nazionali (in particolare in alto mare) al fine di conservare la biodiversità e man-tenere una vasta gamma di servizi ecosistemici. La valutazione degli ecosistemi può aiutare a giustifi-care la politica delle aree protette, ad identificare le opportunità di finanziamento e di investimento, ad informare sulle priorità di con-servazione.

9. La tutela e il recupero dell’ecosiste-ma dovrebbero essere considerati come una valida opzione di in-

vestimento a sostegno delle azioni di mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici. Nell’ambito del processo REDD-Plus dell’UN-FCCC, dovrebbe essere prioritario accelerarne l’attuazione, a partire da progetti pilota e dagli sforzi per rafforzare la capacità dei Paesi in via di sviluppo, aiutandoli a creare sistemi credibili di monitoraggio e di verifica che consentano la com-pleta diffusione di tale strumento.

10. La dipendenza dell’uomo dai servizi ecosistemici e, in particolare, il loro ruolo come ancora di salvezza per molte famiglie povere, deve essere maggiormente integrata nelle po-litiche. Ciò vale sia per mirare gli interventi per lo sviluppo, sia per valutare l’impatto sociale delle po-litiche che incidono sull’ambiente.

Le mangrovie uno degli ambienti naturali che offre numerosi servizi ecosistemici

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“La diversità genetica delle piante che coltiviamo e che ci ali-mentano, e i loro parenti selvatici potrebbero andare perduti per sempre con grave minaccia per la sicurezza alimentare, se non si farà uno sforzo non solo per conservarli ma anche per utilizzarli, specialmente nei Paesi in via di sviluppo”.

È questo uno dei messaggi chiave del secondo Rapporto sullo “Stato delle Risorse Fitogenetiche Mondiali per l’Alimentazione e l’Agricoltura” (The State of the World’s Plant Genetic Resources for Food and Agriculture), presen-tato dalla FAO il 26 ottobre 2010.In 350 pagine il Dossier, che co-pre ogni aspetto del problema dalla raccolta nelle banche gene-tiche agli effetti del cambiamento climatico sulla diversità, rappre-senta lo studio più accurato sullo stato di salute della biodiversità delle colture alimentari e su cosa viene fatto per proteggerla. “La perdita di biodiversità avrà un notevole impatto sulla capacità dell’umanità di nutrirsi nel fu-turo, di nutrire i nove miliardi di esseri umani che abiteranno il pianeta per l’anno 2050, con i più poveri a essere i più colpiti - ha sottolineato il Direttore generale FAO, Jacques Diouf - Il cambia-mento climatico e la crescente insicurezza alimentare rappre-sentano grandi sfide per i sistemi agricoli mondiali, sfide che non possono essere affrontate senza la raccolta, la difesa e l’uso sosteni-bile delle risorse fitogenetiche”.

Con lo sconvolgimento che il cambiamento climatico sta apportando ai cicli produttivi in molte parti del mondo, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, le informazioni genetiche contenute in certe varietà di colture saranno cru-ciali per lo sviluppo di nuove varietà resistenti al caldo, alle infestazioni, alla salinità ed alle malattie, a crescita veloce e con alta resa.“Incrementare l’impiego sostenibile della diversità delle pian-te potrebbe essere la chiave per affrontare le minacce alle risorse genetiche in agricoltura - ha proseguito Diouf - In natura esistono migliaia di varietà selvatiche della stessa famiglia delle colture alimentari che ancora devono essere raccolte, studiate e documentate perchè racchiudono im-portanti segreti genetici che li mette in grado di resistere al

caldo, alla siccità, alla salinità, alle inondazioni ed alle infestazioni”.Il 50% dell'aumento di produttività agricola è stato gene-rato da nuove varietà di sementi. Irrigazione e fertilizzanti hanno rappresentato l’altro 50%. Ne è un buon esempio recente il Nuovo Riso per l’Africa, che matura molto velo-cemente e che ha trasformato le economie locali in molte parti dell’Africa.

Secondo gli esperti FAO, bisogna fare di più a livello dei pic-coli agricoltori per generare interesse e costruire le capacità

necessarie per preservare ed utilizzare la biodiversità ge-netica ancora esistente.“Sono ormai passati dodici anni dal primo rapporto sullo Stato delle Risorse Fitogentiche Mondiali per l’Alimentazione e l’Agricoltura e da allora il panorama globale è cambiato drasticamente”, si legge nel Rapporto.La fame è calata in alcuni Paesi, ma è aumentata in altri. I prezzi delle derrate e del carburante sono aumentati notevolmente. La globalizzazione si è estesa e in alcuni Stati le importazioni alimentari a basso prezzo sono andate a scapito della ricchezza della biodiversità locale.Nonostante il Rapporto non tenti di quantificare la perdita di biodiversità, a livello em-pirico ci sono molti elementi che indicano una continua perdita di biodiversità che ha

eroso la diversità delle colture alimentari tradizionali arriva-teci dal secolo scorso. La FAO stima che tra il 1900 e il 2000 sia andato perduto il 75% delle diversità colturali, anche a causa della globalizzazione che ha portato in alcuni Paesi importazioni alimentari a basso prezzo che sono andate a scapito della ricchezza della biodiversità locale.Uno studio recente, riportato nel Rapporto, prevede che tra il 16% ed il 22% dei parenti selvatici di colture importanti di arachidi, patate e fagioli entro il 2055 scomparirà a causa dei cambiamenti climatici.

Su un versante più positivo, il Rapporto fa notare come vi sia oggi rispetto a 12 anni fa una maggiore presa di coscienza

In natura varietà poco studiate in grado di resistere ai cambiamenti climatici

Le Risorse Fitogenetiche Mondiali per l’Alimentazione e l’Agricoltura

LA BIODIVERSITÀ AGRICOLA:USARLA O LA SI PERDE!

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sull’importanza di proteggere e utilizzare le diversità gene-tiche delle colture alimentari.Le banche di geni sono cresciute sia di numero che di di-mensioni, tanto che nel mondo oggi ne esistono più di 1.750, e circa 130 posseggono oltre 10.000 acquisizioni. Nel 2008 è stata aperta in Norvegia la più importante banca fitoge-netica del mondo, la Global Seed Vault che ospita duplicati di varietà uniche delle colture mondiali più importanti (cfr.: “L’arca della biodiversità. Purché dopo l’Apocalisse ci sia chi sappia coltivarli”, in Regioni&Ambiente n. 3, marzo 2008, pag. 28 e segg.).Su un totale di 7,4 milioni di campioni conservati nel mon-do, le banche dei governi nazionali ne conservano circa

6,6 milioni, il 45% dei quali in soli 7 Paesi rispetto ai 12 del 1996.Questa crescente concentrazione di raccolte di diversità ge-netica in pochi Paesi e Centri di Ricerca, evidenzia ancor di più l’importanza di meccanismi che ne assicurino e facilitino l’accesso come quello fornito dal Trattato Internazionale per le Risorse Fitogenetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura (International Treaty on Plant Genetic Resources for Food and Agriculture) della FAO. Il Trattato, adesso ratificato da 125 nazioni, prevede un meccanismo per compensare i contadini poveri per la loro attività di conservazione della varietà genetica delle colture.

Il Rapporto denuncia, infine, il calo di investimenti nell’agri-coltura a partire dagli anni ’80 che ha portato inevitabilmente

a una carenza di agronomi specializzati come selezionatori di sementi, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, dove i giovani in mancanza di incentivi si sono indirizzati verso attività più proficue.

Sono stati fatti grossi progressi in campo biologico e nel-le tecnologie informatiche nel corso degli ultimi 12 anni, ma ancora manca una loro piena applicazione nel campo dell’agro-biodiversità, al fine di incrementare la sicurezza ali-mentare ed anche le biotecnologie procedono per tentativi: “Molti sistemi di sementi, il meccanismo mediante i quali le sementi vengono riprodotte, testate e distribuite, non hanno funzionato - si legge nel Rapporto - Nei Paesi sviluppati, il

settore delle sementi è abbastanza remunerativo da renderlo interessante dal punto di vista commerciale ed economico. Purtroppo, questo non avviene nei Paesi poveri dove gli Enti pubblici fanno fatica ad assicurare sementi di buona qualità a tutti gli agricoltori e l’accesso a nuove varietà”.Un uso migliore e più ampio delle risorse genetiche e della biodiversità nelle colture alimentari ne stimolerà la con-servazione. Ma occorrono, sottolinea il Rapporto, sistemi adeguati per far sì che nuove varietà arrivino nelle mani degli agricoltori tramite il settore pubblico o privato.

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AGENDA 21

di Elisabetta Mutto Accordi

Il Progetto si propone di aumentare le adesioni al Patto dei SindaciPARTE ENERGY FOR MAYORS

Il target “20-20-20?”Si raggiungerà solo con un’azione ca-pillare ed è per questo che l’Unione europea ha dato il proprio appoggio, all’interno del Programma Energia In-telligente, al nuovo progetto Energy for Mayors che mira a creare una forte rete di Strutture di Supporto in grado, grazie al reciproco sostegno

e allo scambio di buone pratiche, di assistere i Comuni e le Città che hanno sottoscritto il Patto dei Sindaci.“È evidente - spiega Emanuele Bur-gin, Presidente del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane - che sono necessarie competenze specifiche per mettere in piedi le azioni richieste dal Patto dei Sindaci, per questo motivo la UE ha scelto di finanziare un’ini-ziativa che possa creare a monte le

garanzie affinché il successo sia rag-giunto.”

Iniziato da soli sei mesi, Energy for Mayors vede in Italia la Provincia di Genova come capofila di tutto il pro-getto e come partner la Provincia di Modena, il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane e Sogesca.

“Proprio perché l’obiettivo è essere più capillari possibili - sottolinea Bur-gin - l’opportunità di accedere alle informazioni di Energy for Mayors è aperta a tutti.”Il “20-20-20” in particolare prevede en-tro il 2020 il raggiungimento del 20% della produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20% dell'efficienza e un taglio del 20% nelle emissioni di anidride carbonica.

“Quindi tutte le Strutture di Suppor-to italiane che fossero interessate, le amministrazioni o le organizzazioni che avessero intenzione di diventare una Struttura di Supporto - aggiun-ge Dario Miroglio, coordinatore di Energy for Mayors per la Provincia di Genova - è sufficiente visitare il sito del progetto http://www.energyformayors.

eu che verrà costantemente aggiornato o contattarmi all’indirizzo [email protected].”

Gli aspetti più complessi legati alla sottoscrizione del Patto dei Sindaci ri-guardano gli inventari di emissioni di CO

2 e i Piani di Azione per l’Energia

Sostenibile. “Uno degli obiettivi del progetto - mette in evidenza Miroglio - è mettere a di-

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PROGETTO ENERGY FOR MAYORS

Durata: 3 anniTermine previsto: Maggio 2013Aderenti: Provincia di Genova, Provincia di Modena, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane e SogescaIl progetto Energy for Mayors contribuisce alla corretta attuazione del Patto dei Sindaci, al raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici fi ssati dall’UE coinvolgendo le città europee nella pianifi cazione di uno sviluppo energetico sostenibile, riducendo i consumi e incrementando la quota derivata da fonti rinnovabili (RES).

Energy for Mayors mira a ottenere 180 nuove città aderenti al Patto dei Sindaci, accompagnare 60 Comuni nello sviluppo e nell'attuazione del proprio Piano d’azione per l’energia sostenibile (SEAP), creare 34 nuove strutture di supporto, organizzare 10 giornate dell’energia nelle regioni aderenti al progetto, attuare 8 sistemi pilota Energy Management System (EMS).

Inoltre Energy for Mayors ha come obiettivi:il potenziamento delle Strutture di Supporto, per permettere loro di assistere i Comuni nella sottoscrizione del Patto dei • Sindaci e di rafforzare il ruolo politico e amministrativo degli enti locali;l’assistenza nello sviluppo e nell’attuazione dei Piani di Azione per l’Energia Sostenibile (SEAP) nei Comuni selezionati;• la verifi ca dell’attuazione dei SEAP e dei relativi risultati al fi ne di migliorare l’effi cienza nella gestione energetica nei Comuni • selezionati;l’aumento del numero delle Strutture di Supporto del Patto dei Sindaci.•

Per maggiori informazioni: http://www.energyformayors.eu

STRUTTURE DI SUPPORTO

Le Strutture di Supporto del Patto dei Sindaci sono organismi in grado di fornire il sostegno necessario ai Comuni aderenti al Patto nonché alleati chiave dell’Uffi cio del Patto dei Sindaci. Coordinano le attività dei Comuni ed assicurano che questa importante iniziativa possa essere accessibile anche ai Comuni più piccoli.

Esistono due tipi di Strutture di Supporto:le Amministrazioni Pubbliche che forniscono un orientamento strategico ed il sostegno fi nanziario e tecnico ai Comuni 1. fi rmatari del Patto dei Sindaci che non dispongono di competenze e risorse necessarie per raggiungerne gli obiettivi (ad esempio: monitoraggio delle emissioni di CO2, redazione ed attuazione dei SEAP);Reti di enti locali e regionali che si impegnano a promuovere l’iniziativa del Patto dei Sindaci fra i loro membri facilitando lo 2. scambio di esperienze e salvaguardando gli interessi comuni.

Le Amministrazioni che sono strutture di supporto in Italia sono:Regione Abruzzo, Regione Piemonte, le Province di Arezzo, Grosseto, Lecce, Massa Carrara, Matera, Milano, Salerno, Chieti, Teramo, La Spezia, Benevento, Roma, Torino, Bergamo, Modena, Pescara, Perugia, Foggia, Siena, Macerata, Venezia, Ragusa, Messina, Crotone, Potenza, Catania, Genova, Bologna, Isernia, Alessandria, Novara, L’Aquila, Vicenza, Napoli, Caserta, Siracusa, Agrigento, Pisa, le Comunità Montane della Valle Brembana e della Valle Sabbia.

sposizione delle Strutture di Supporto quelle che vengono chiamate “le cas-sette degli attrezzi”, l’insieme degli strumenti necessari ad assistere in modo adeguato Comuni e Città”.Inoltre, vengono organizzati momenti formativi cadenzati.

“Si è tenuto proprio a metà novembre a Huelva, in Spagna - conclude Miro-glio - un seminario formativo di due giorni durante il quale, oltre ad una serie di presentazioni per lo scambio di buone pratiche, sono stati illustrati i risultati di un’indagine conoscitiva

che verrà resa pubblica prossimamente e che individua le necessità e le pro-blematiche che stanno affrontando le Strutture di Supporto nel fornire il loro servizio”.

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

A “Terra Madre 2010”, il 24 ottobre 2010 WorldWatch In-stitute ha presentato, nel corso del Workshop “Innovazione sostenibile per combattere la fame e la povertà”, la pubblica-zione preliminare di State of the World 2011. La scelta dell’evento collaterale del “Salone del Gusto” (21-25 ottobre 2010) che si svolge ogni anno al Lingotto di Torino, organizzato da Slow Food, trova opportuna giustificazione nel fatto che molti progetti supportati in Africa da Slow Food International, relativi all’Obiettivo di sviluppo del millennio che mira a dimezzare la fame entro il 2015, presuppongono le tematiche dell’innovazione che costituiscono il tema pre-valente del Rapporto del celebre Istituto fondato da Lester Brown, che ha per titolo, appunto, “Innovations that Nourish the Planet”, che verrà diffuso il prossimo gennaio.Il fulcro dell’edizione 2011, infatti, è costituito dai risultati della ricerca “Nutrire il pianeta” (Nourishing the Planet), un progetto che ha per obiettivo di evidenziare gli esempi di successo sul terreno di innovazioni che permettano il sostentamento alle popolazioni agricole e prodotti per le fondazioni e le comunità benefattrici, in grado di essere diffusi e replicati.

“Ciò che abbiamo cercato di puntualizzare nello Sta-te of the World 2011, sono le innovazioni utilizzabi-li su larga scala tramite una serie di impostazioni che possono essere adatta-te localmente e che sono soprattutto a basso costo per gli agricoltori - ha af-fermato Brian Halweil, co-Direttore di Nouri-shing the Planet e relatore del Workshop, assieme alla collega Danielle Nie-renberg - Le soluzioni ai problemi dell’agricoltura in terra africana possono contribuire a fornire solu-zioni per il mondo intero. Si tratta di una sorta di approccio, di soluzione dei problemi globali con l’agri-coltura locale e regionale, che, alla fine, attirerà l’at-tenzione dei Governi e dei cittadini sia in Africa che altrove”.

Lester Brown, considerato

uno degli uomini più influenti del Pianeta, nel suo ultimo libro “Piano B 4.0. Mobilitarsi per salvare la civiltà”, recente-mente tradotto e pubblicato anche in Italia, evidenzia come il maggior problema ecologico, economico e sociale della Terra è la scarsità di cibo: “Se esistono alternative al greggio, per il cibo non ce ne sono”. Sintetizzando il suo pensiero che sfamare tutti è la nostra unica possibilità di salvezza ha sottolineato che “un mondo povero resta insensibile alle sfide ambientali”.

La sicurezza alimentare è tema al centro del dibattito globale ed è divenuta una questione sia di politiche nazionali che di interesse pubblico. Molti si chiedono se e come il mondo possa nutrire 9 miliardi di individui nel 2050. Lo sviluppo agricolo è stato storicamente uno dei principali motori di ri-duzione della povertà rurale, ma le recenti tendenze, quali il rallentamento della produttività, la crescente emarginazione dei contadini poveri e gli impatti dei cambiamenti climatici, pongono delle sfide alle convenzionali strategie di riduzio-ne della povertà che i Governi hanno intrapreso, come gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio adottati dall’ONU.

Queste sfide scoraggianti hanno provocato molto pessimismo e sconforto, ma hanno anche mobilita-to notevole innovazione in tutto il mondo, dai picco-li agricoltori alle politiche nazionali, dalle imprese agricole alle ONG, al-le organizzazioni degli agricoltori, alle agenzie governative e alle comu-nità di ricerca, secondo diversi paradigmi, ideolo-gie e visioni con lo scopo di conseguire una futura sicurezza alimentare mon-diale.

Il Rapporto del Worl-dWatch Institute cerca, appunto, di evidenziare quelle innovazioni che possono affrontare le sfide di ridurre la fame, migliorare la sostenibili-tà ambientale e agricola, migliorare le condizioni di vita di donne e ragaz-ze, ed essere al contempo

A Terra Madre 2010 il Workshop del WorldWatch Institute

Presentato in anteprima “State of the World 2011”

“NUTRIRE IL PIANETA”:LA MADRE DI TUTTI I PROBLEMI

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economicamente fattibili e implementabili per gli agricoltori e le comunità di donatori e/o investitori.Lo scopo dichiarato è di:- incoraggiare la crescita degli investimenti in agricoltura

da parte di Fondazioni, Governi, investitori privati e nuove potenziali comunità di donatori;

- incrementare la consapevolezza che investire nell’agri-coltura è l’unico modo efficace per ridurre la fame e la povertà nel mondo;

- sollecitare i responsabili politici, le imprese agro-alimen-tari, gli agricoltori e i benefattori di includere i criteri di sostenibilità ambientale nelle loro decisioni e nelle moda-lità di concessione dei prestiti;

- offrire maggior visibilità a progetti ed innovazioni efficaci che non godono attualmente del dovuto interesse, in grado di generare una più ampia riflessione.

Il gruppo di ricercatori di “Nutrire il Pianeta” ha viaggiato in 25 Paesi dell’Africa sub-Sahariana e visitato oltre 150 progetti, apprendendo direttamente sul campo dalle singole

comunità rurali come le innovazioni apportate in agricoltura abbiano migliorato il relativo sostentamento.“In tutti i luoghi visitati in Africa, ho visto esempi di inno-vazioni per l’Africa che operano in modo sostenibile per alleviare la fame e la povertà - ha affermato Danielle Nie-renberg, che è anche Project Director di State of the World 2011 “Nourishing the Placet”. Nel corso dell’evento, Carlo Petrini, ideatore del Salone del Gusto e Presidente di Slow Food International che in Africa è presente con alcuni Presidi a protezione dei prodotti agri-coli locali che rischiano l’estinzione, ha invitato agricoltori ed aziende agricole a sostenere il Progetto “1.000 orti in Africa nel 2011”, perché “La pressione delle multinazionali, delle monocolture finalizzate all’esportazione, dei pesticidi, dell’urbanizzazione, dell’avanzata del deserto, ha stravolto equilibri secolari - ha affermato Petrini - Nelle bidonville in crescita violenta si è persa la memoria dei saperi alimentari che consentivano di sopravvivere anche in condizioni molto difficili e i prodotti della tradizione sono stati sostituiti dai fast food”.

Il Padiglione dedicato all’Africa al “Salone del Gusto” di Torino (21-25 ottobre 2010) fonte: Salone del Gusto

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MATTMCofi nanziamento progetti in materia di educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile

ObiettiviPromozione di progettualità in materia di educazione am-bientale e allo sviluppo sostenibile di cui al “Fondo per lo sviluppo sostenibile”.

Assi prioritari di intervento

Asse I - Qualità dell’aria ed energia pulitaIn questo asse saranno privilegiati i progetti di educazione ed informazione ambientale riferiti ai seguenti settori:Mobilità sostenibile; Energie alternative; Risparmio energetico; Ecoarchitettura e bioedilizia.

Asse II - Valorizzazione della biodiversitàIn questo asse saranno privilegiati i progetti di educazione ed informazione ambientale riferibili ai seguenti settori:Valorizzazione turistica delle aree naturali protette na-zionali; Tutela e valorizzazione degli habitat nazionali; Conoscere il mare/conoscere il territorio.

Asse III - Raccolta differenziata dei rifiuti e lotta alle ecomafieIn questo asse saranno privilegiati progetti di educazione ed informazione ambientale riferibili ai seguenti settori:Il riuso dei materiali; La raccolta differenziata di qualità; Il recupero e riciclo dei rifiuti; La lotta alle ecomafie.Per i tre Assi sopra indicati potranno anche essere proposte su scala nazionale buone prassi già sperimentate con succes-so a livello locale. Saranno, inoltre, valutate positivamente le proposte capaci di tradurre le azioni di monitoraggio in concreti strumenti di sensibilizzazione delle istituzioni locali e dell’opinione pubblica e, in particolare, dei più giovani sulle complesse problematiche ambientali.

Risorse programmate e modalità di erogazione del fi-nanziamento.L’ammontare delle risorse destinate ai progetti è di 1.500.000,00 euro. Il contributo finanziario del Ministero non potrà eccedere l’80% del totale dei costi del progetto, così come individuati nell’apposito allegato B del presente avviso. Tale contributo non potrà comunque superare la somma di 150.000,00 euro per ogni singolo progetto. Almeno il 20% del totale dei costi dovrà pertanto essere sostenuto dalle as-sociazioni o enti promotori dei progetti o da altri enti pubblici o privati che intervengano in qualità di partner.I progetti saranno finanziati sulla base di un’apposita gradua-toria stilata secondo i appositi criteri di valutazione e fino

all’esaurimento delle risorse programmate.

Soggetti proponenti, attuatori e partenariati istituzio-nali.Per proponente si intende l’associazione o ente, costituita da almeno due anni e operante sul territorio nazionale, che presenta il progetto e lo realizza almeno per la maggior parte delle attività programmate. Il proponente è responsabile esclu-sivo della rendicontazione del progetto presentato. Possono essere soggetti proponenti:1) le associazioni di protezione ambientale a carattere nazio-

nale o presenti in almeno cinque regioni di cui all’art. 13 della legge n. 349/1986;

2) le cooperative sociali (di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381);

3) gli enti di promozione sociale (di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383);

4) le fondazioni, gli enti morali e le associazioni culturali il cui statuto o atto costitutivo preveda tra le finalità istitu-zionali la tutela dell’ambiente, l’educazione ambientale o specifiche di tali finalità;

5) le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ON-LUS).

A pena di inammissibilità, ciascun proponente può presentare un solo progetto e partner di massimo due progetti. Una parte (non superiore al 49% delle attività) della realizza-zione del progetto o parte di esso può essere affidata a uno o più soggetti terzi attuatori che non si trovino in condizioni o in situazioni di incompatibilità con le finalità del presente bando. I soggetti proponenti possono, altresì, avvalersi di forme di collaborazione con enti privati, diversi dall’eventuale ente attuatore, per la fornitura di servizi e/o per la realizzazione di specifiche attività necessarie alla completa realizzazione del progetto. In qualità di partners possono partecipare anche centri di ricerca, università ed enti pubblici o privati.

Durata dei progetti.Ai fini del presente avviso saranno ammessi alla valutazione progetti della durata massima di 12 mesi.

Modalità e termini di presentazione della domanda.I progetti dovranno essere predisposti in originale ed in du-plice copia conforme all’originale ed eventuale cd-rom in formato compatibile Ms World, con tutta la documentazione prevista dall’avviso ed inviati entro e non oltre il giorno 17 dicembre 2010 al seguente indirizzo:Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Ma-re, Direzione Generale per lo Sviluppo Sostenibile, il Clima e l’Energia Via Cristoforo Colombo n. 44 00147 Roma

Chiarimenti in merito all’Avviso in questione possono essere

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richiesti, entro e non oltre 10 dicembre 2010, all’indirizzo di posta elettronica [email protected] o al numero di telefono 06-57223504 oppure visitando il sito in-ternet all’indirizzo: www.minambiente.it, dal quale si possono scaricare anche le copie informatizzate dell’avviso stesso e degli allegati A e B, selezionando la sezione “Bandi”.

Ministero dello Sviluppo EconomicoBandi per l’innovazione delle industrie del MezzogiornoDecreti 6 agosto 2010(G.U. n. 211 del 09.09.2010; G.U. n. 212 del 10.09.2010; G.U. n. 213 dell’11.09.2010)

I tre Bandi colmano il vuoto creatosi con la scadenza della Legge 488/92 “Concessioni di agevolazioni a favore delle im-prese che intendono promuovere programmi di investimento” e attuano il regime di aiuti di cui al D.M. 23 luglio 2010 in favore di investimenti produttivi riguardanti le aree tecnolo-giche individuate dal comma 842 dell’Art. 1 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007).Si tratta in sostanza di specifici decreti che destinano com-plessivamente 500 milioni di euro a favore di imprese di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia che effettuano investimenti nei seguenti settori innovativi:- programmi di innovazione, miglioramento competitivo e

tutela ambientale;- programmi per la produzione di beni strumentali per lo

sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e per il risparmio energetico in edilizia;

- programmi di ricerca industriale e sviluppo sperimentale.“La pubblicazione dei tre decreti rappresenta un traguardo importante per il dicastero - ha dichiarato Gianluca Esposi-to, Direttore generale del MSE - che, grazie a un percorso di rinnovamento degli aiuti alle imprese, ha superato la vecchia logica degli aiuti a pioggia e ha introdotto la cultura del risultato. Questo vuol dire che se le imprese non realizzeran-no l’investimento, nel rispetto di tutti gli standard stabiliti sin dai primi stadi di avanzamento, non beneficeranno di alcun aiuto”.

Bando “Termini, modalità e procedure per la conces-sione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei programmi di investimento finalizzati al perseguimen-to di specifici obiettivi di innovazione, miglioramento competitivo e tutela ambientale”.

Interventi ammissibili I programmi ammissibili ad agevolazioni devono riguardare una delle seguenti attività:

a) attività del settore alimentare di cui alla classificazione delle attività economiche ATECO 2007, limitatamente a quelle riguardanti la produzione di prodotti da forno, prodotti sur-gelati, gelati e dolci, piatti pronti, paste alimentari, bevande analcoliche (ad esclusione di acque minerali), omogeneizzati e prodotti dietetici, alimenti per animali;b) attività di fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche, di cui alla classificazione delle attività economiche ATECO 2007, limitatamente a:

- fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici e di apparecchiature per la distribuzione e il controllo dell’elettricità;

- fabbricazione di batterie di pile ed accumulatori elettrici;- fabbricazione di cablaggi e apparecchiature di cablaggio;- fabbricazione di apparecchiature per illuminazione;- fabbricazione di apparecchi per uso domestico;- fabbricazione di altre apparecchiature elettriche.

c) attività di produzione di biotecnologie limitatamente a:- processi biomedici e farmaceutici come l’individuazione di

organismi in grado di sintetizzare farmaci o antibiotici o sviluppo di tecnologie di ingegneria genetica per la cura di patologie;

- processi biotecnologici di interesse industriale come la costituzione di microrganismi in grado di produrre sostanze chimiche;

- processi agricoli come la modificazione di organismi per renderli in grado di crescere in determinate condizioni am-bientali o nutrizionali a minore impatto ambientale rispetto ai processi agricoli classici;

- bioinformatica.

BeneficiariIl bando è destinato a programmi riferiti a piccole, medie e grandi imprese ubicate nei territori delle regioni Cam-pania, Puglia, Calabria e Sicilia, nell’ambito dell’obiettivo Convergenza in possesso dei seguenti requisiti:a) essere regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle Imprese; se si tratta di imprese di servizi, essere costituite sotto forma di società;b) essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali; c) trovarsi in regime di contabilità ordinaria.

Risorse disponibiliLe risorse complessivamente stanziate per questo bando so-no pari a 100 milioni di euro a valere sul PON (Programma Operativo Nazionale) “Ricerca e Competitività 2007-2013”2013, per “promuovere il riposizionamento competitivo del

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sistema produttivo e la valorizzazione dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo delle imprese”.

Spese ammissibiliLe spese devono riferirsi all’acquisto, anche in leasing, di immobilizzazioni:- suolo aziendale, fino al 10% dell’investimento complessivo;- opere murarie e infrastrutture specifiche aziendali, fino al

30%;- macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica;- programmi informatici, brevetti e licenze.Solo per le PMI sono ammissibili le spese per consulenze esterne, fino al 3% dell’importo complessivo.I programmi devono essere avviati successivamente alla pre-sentazione della domanda di agevolazioni e devono essere realizzati in un arco di tempo non superiore a 36 mesi e comunque entro il 30 giugno 2015.

Domande e ScadenzeCiascuna domanda di agevolazione deve essere correlata a un solo programma di investimenti, uno stesso programma non può essere suddiviso in più domande di agevolazione.La domanda deve essere compilata esclusivamente per via elettronica, utilizzando la procedura informatica messa a di-sposizione sul sito www.sviluppoeconomico.gov. La stampa della domanda, insieme agli allegati previsti, deve essere presentata al Soggetto Gestore (Agenzia nazionale per l’attra-zione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.) entro 7 giorni dalla data di trasmissione elettronica della domanda, mediante raccomandata A/R. La data di presentazione della domanda è quella della trasmissione elettronica.La domanda può essere presentata dall’8 dicembre 2010 (essendo festivo si presenteranno dal 9 dicembre 2009) al 7 aprile 2011. Tuttavia, poiché la procedura valutativa è “a sportello” e i finanziamenti non sono particolarmente cospicui, è opportuno presentare la domanda quanto prima.

Bando “Termini, modalità e procedure per la conces-sione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei programmi di investimento riguardanti la produzio-ne di beni strumentali funzionali allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e al risparmio energetico nell’edilizia”.

Interventi ammissibili I programmi ammissibili ad agevolazioni devono riguardare una delle seguenti attività:- i programmi di investimento riguardanti la produzione,

con le più innovative tecnologie disponibili, di apparec-chiature o macchinari finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili;

- programmi di investimento riguardanti la produzione di

componenti e sistemi, funzionali al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici.

BeneficiariIl bando è destinato a programmi riferiti a piccole, medie e grandi imprese ubicate nei territori delle regioni Cam-pania, Puglia, Calabria e Sicilia, nell’ambito dell’obiettivo Convergenza in possesso dei seguenti requisiti:a) essere regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle Imprese; se si tratta di imprese di servizi, essere costituite sotto forma di società;b) essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali; c) trovarsi in regime di contabilità ordinaria.

Risorse disponibiliPer l’attuazione degli interventi sono disponibili 300 milioni di euro a valere sul POI (Programma Operativo Interregio-nale) “Energie Rinnovabili e risparmio energetico” 2007-2013, così ripartite:- per la linea di attività “Interventi a sostegno dello sviluppo

dell’imprenditoria collegata alla ricerca e all’applicazione di tecnologie innovative nel settore delle fonti rinnovabili” sono previsti 210 milioni di euro;

- per la linea di attività “Interventi a sostegno dell’impren-ditorialità collegata al risparmio energetico con particolare riferimento alla creazione di imprese ed alle reti” sono previsti 90 milioni di euro.

Almeno il 60% del totale è destinato alle piccole e medie im-prese e almeno il 20% alle imprese che abbiano sottoscritto un contratto di rete.

Spese ammissibiliLe spese ammissibili sono quelle per:- realizzazione di nuove unità produttive;- ampliamento di unità produttive esistenti;- diversificazione della produzione di un’unità produttiva

in nuovi prodotti/servizi aggiuntivi;- cambiamento fondamentale del processo di produzione

complessivo di un’unità produttiva esistente.

Le spese devono riferirsi all’acquisto, anche in leasing, di immobilizzazioni:- suolo aziendale, fino al 10% dell’investimento complessivo;- opere murarie e infrastrutture specifiche aziendali, fino al

30%;- macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica;- programmi informatici, brevetti e licenze.Solo per le PMI sono ammissibili le spese per consulenze esterne, fino al 3% dell’importo complessivo.I programmi devono essere realizzati in un arco di tempo non superiore a 36 mesi e comunque entro il 30 giugno 2015.

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Domande e ScadenzeCiascuna domanda di agevolazione deve essere correlata a un solo programma di investimenti, uno stesso programma non può essere suddiviso in più domande di agevolazione.La domanda deve essere compilata esclusivamente per via elettronica, utilizzando la procedura informatica messa a di-sposizione sul sito www.sviluppoeconomico.gov. La stampa della domanda, insieme agli allegati previsti, deve essere presentata al Soggetto Gestore (Agenzia nazionale per l’attra-zione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.) entro 7 giorni dalla data di trasmissione elettronica della domanda, mediante raccomandata A/R. La data di presentazione della domanda è quella della trasmissione elettronica.La domanda può essere presentata dal 9 dicembre 2010 all’8 aprile 2011. Tuttavia, poiché la procedura valutativa è “a sportello” e i finanziamenti non sono particolarmente cospicui, è opportuno presentare la domanda quanto prima.

Bando “Termini, modalità e procedure per la conces-sione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei programmi di investimento finalizzati all’industrializ-zazione dei risultati di programmi qualificati di ricerca e sviluppo sperimentale”.

Interventi ammissibiliGli interventi ammissibili ad agevolazioni devono riguardare una delle seguenti attività:- attività manifatturiere;- attività di produzione e distribuzione di energia elet-

trica e calore, limitatamente agli impianti alimentati da fonti rinnovabili o che concorrono all’incremento dell’ef-ficienza energetica e al risparmio energetico, con potenza non superiore a 50 MWe;

- attività di servizi di cui all’allegato 1 (singole attività am-missibili fanno riferimento, al fine di una loro corretta e puntuale individuazione, ai codici della Classificazione delle attività economiche Ateco 2007, alla quale, pertanto, si rimanda per ogni ulteriore approfondimento).

Le spese ammissibili sono quelle per:- realizzazione di nuove unità produttive;- ampliamento di unità produttive esistenti;- diversificazione della produzione di un’unità produttiva

in nuovi prodotti/servizi aggiuntivi;- cambiamento fondamentale del processo di produzione

complessivo di un’unità produttiva esistente.Sono ammessi alle agevolazioni i programmi il cui impor-to complessivo delle spese ammissibili non sia inferiore a 1.500.000 euro e non sia superiore a 25 milioni di euro.

BeneficiariIl bando è destinato a programmi riferiti a piccole, medie e grandi imprese ubicate nei territori delle regioni Cam-

pania, Puglia, Calabria e Sicilia, nell’ambito dell’obiettivo Convergenza in possesso dei seguenti requisiti:a) essere regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle Imprese; se si tratta di imprese di servizi, essere costituite sotto forma di società;b) essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali; c) trovarsi in regime di contabilità ordinaria.

Risorse disponibiliLe risorse complessivamente stanziate per questo bando sono pari a 100 milioni di euro, a valere sui fondi PON (Pro-gramma Operativo Nazionale) - “Ricerca e Competitività” 2007-2013 per “promuovere il riposizionamento competitivo del sistema produttivo e la valorizzazione dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo delle imprese”.

Spese ammissibiliLe spese devono riferirsi all’acquisto, anche in leasing, di immobilizzazioni:- suolo aziendale, fino al 10% dell’investimento complessi-

vo;- opere murarie e infrastrutture specifiche aziendali, fino al

30%;- macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica;- programmi informatici, brevetti e licenze.Solo per le PMI sono ammissibili le spese per consulenze esterne, fino al 3% dell’importo complessivo.I programmi devono essere avviati successivamente alla pre-sentazione della domanda di agevolazioni e devono essere realizzati in un arco di tempo non superiore a 36 mesi e comunque entro il 30 giugno 2015.

Domande e ScadenzeCiascuna domanda di agevolazione deve essere correlata a un solo programma di investimenti, uno stesso programma non può essere suddiviso in più domande di agevolazione.La domanda deve essere compilata esclusivamente per via elettronica, utilizzando la procedura informatica messa a di-sposizione sul sito www.sviluppoeconomico.gov. La stampa della domanda, insieme agli allegati previsti, deve essere presentata al Soggetto Gestore (Agenzia nazionale per l’attra-zione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.) entro 7 giorni dalla data di trasmissione elettronica della domanda, mediante raccomandata A/R. La data di presentazione della domanda è quella della trasmissione elettronica.La domanda può essere presentata dal 10 dicembre 2010 al 9 aprile 2011. Tuttavia, poiché la procedura valutativa è “a sportello” e i finanziamenti non sono particolarmente cospicui, è opportuno presentare la domanda quanto prima.

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agenda Eventi e Fiere

Torino, 25-28 novembre 2010RESTRUCTURA - L’ambiente naturale dell’ediliziaSede: Lingotto FiereOrganizzazione: GL events Italia spaVia Nizza, 294 - 10126 TorinoTel. 011 6644111 - fax 011 [email protected]

Ancona, 26-28 novembre 2010ECO&EQUO - Mostra mercato dei prodotti ecosostenibili ed equosolidaliSede: Fiera della PescaInformazioni: Assessorato Servizi Sociali, Immigrazione e AmbienteTel. 071 8062718www.ecoandequo.it

Lione (Francia), 30 novembre - 3 dicembre 2010POLLUTEC - Salone Internazionale delle Attrezzature,Tecnologie e Servizi per l’AmbienteSede: Eurexpo - Avenue Louis Bleriot - ChassieuOrganizzazione: Reed Exposition FranceTel. +33 (0)1 47565000 - fax +33 (0)1 47565100Informazioni: www.pollutec.com

Milano, 2-4 dicembre 2010ECOABITARE - all’interno de “L’artigiano in fiera”Sede: Fiera Milano RhoOrganizzazione: Ge.Fi spa - Viale A. Papa, 30 - 20149 MilanoTel. 02 31911911 - fax 02 [email protected] - www.ecoabitare.net

a cura di Leonardo Filippuccii quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDE

Esistono divieti per l’attività di ricerca di idrocarburi in mare?Sì. L’art. 6, comma 17 del D. Lgs. 152/2006 - introdotto dall’art. 2 del D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 - stabilisce che, ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione, nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della Legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nel-le zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, oltre che per i soli idrocarburi liquidi nella fascia marina compresa entro cinque miglia dalle linee di base delle acque territoriali lungo l’intero perimetro costiero nazionale. Al di fuori delle medesime aree, le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del D. Lgs. 152/2006, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle predette attività. Tali disposizioni, in deroga alla disciplina transitoria prevista dall’art. 4 del D. Lgs. 128/2010, si applicano anche ai procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore dello stesso D. Lgs. 128/2010, vale a dire alla data del 26 agosto 2010. Peraltro, resta ferma l’efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data.

Il detentore di un immobile abusivo può sottrarsi alla demolizione del medesimo invocando il fatto che è

trascorso molto tempo dalla sua realizza-zione?No. Come recentemente ribadito anche dal TAR Puglia, Lecce, con sentenza 9

novembre 2010, n. 2631 (ma si veda anche Consiglio Stato, sentenza 31

agosto 2010, n. 3955), il presupposto dell’ordine di demolizione di opere

abusive è solo la constatata esecu-

zione delle medesime in totale difformità o in assenza della concessione edilizia, con la conseguenza che tale provvedi-mento, ove ricorrano i predetti requisiti, è atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione: l’abuso, quindi, anche se risalente nel tempo, non giustifica alcun legittimo affidamento del con-travventore a veder conservata una situazione di fatto che il semplice trascorrere del tempo non può legittimare.

Nel caso in cui una discarica abusiva sia realizzata da uno solo dei comproprietari di un fondo, come opera la confisca dell’area?Secondo la Corte di Cassazione (cfr. sentenza 9 ottobre 2007, n. 2477, recentemente confermata dalla sentenza 19 ottobre 2010, n. 37199), la confisca “... non può essere disposta dal giudice - in caso di comproprietà indivisa dell’area - nei confronti di quei comproprietari che non siano responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato di discarica abusiva, non potendo applicarsi la misura di sicurezza, ablativa della proprietà, in danno di persone che non hanno commesso alcun illecito penalmente rilevante e non avendo l’area medesima natura intrinsecamente criminosa (vedi Cass., Sez. 3, 26.2.2002, n. 7430, Bessena). La restituzione dell’intero bene, però, ad uno o più titolari della comproprie-tà indivisa rimasti estranei al reato, consentirebbe anche al proprietario condannato di riacquistare la piena disponi-bilità dell’immobile, con evidente elusione della ratio della norma, che va individuata nell’opposta esigenza di evitare che l’area interessata rimanga nella disponibilità del pro-prietario il quale la abbia già utilizzata come strumento del reato. Affinché, pertanto, il diritto del terzo estraneo al reato non venga sacrificato, la quota di spettanza di esso estraneo potrà essergli restituita come proprietà singolare sulla quale il reo non abbia diritto di disporre”.

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17N° OTTOBRE 2010

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Regione AbruzzoLa gestione dei rifiuti in Abruzzo dalleattuali criticità alle buone pratiche ambientalia cura della Direzione Protezione CivileAmbiente - Servizio Gestione Rifiuti p. 5

Gestione rifiutiNuove regole per smaltire i rifiuti inertidi Silvia Barchiesi p. 15

Rifiuti: la mappa dello smaltimento in regionedi Silvia Barchiesi p. 16

Rifiuti: al via la prorogaper il conferimento fuori ATOdi Silvia Barchiesi p. 19

ARTA AbruzzoObiettivo: sostenibilità ambientaledi Alberto Piastrellini p. 20

Ambiente e sostenibilitàIl “compost Abruzzo” scende “in campo”:al via i campi dimostratividi Silvia Barchiesi p. 22

Manifestazioni e convegni L’invito alla tutela delle aree protettedi Silvia Barchiesi p. 24

Adriatica Oli S.r.l. Oli esausti da utenza domestica:la realtà abruzzesedi Silvia Barchiesi p. 26

Consorzio Comprensoriale Smaltimento Rifiuti Lanciano Verso l’ottimizzazione del ciclo integrato dei rifiutidi Silvia Barchiesi p. 28

ACIAM spaRaccolta differenziata: esperienze a confrontodi Germano Contestabile p. 30

INDICE

EDITORIALE

SULLA QUESTIONE RIFIUTI L’ABRUZZOCERCA SOLUZIONI DEFINITIVE E DURATURE

“Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rap-porto dell’uomo con l’ambiente naturale. Questo è stato donato da Dio a tutti e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità”.Sono parole significative quelle del Pontefice, Benedetto XVI, espresse nell’Enciclica “Caritas in veritate”, tanto più quando il problema da affrontare è legato allo smaltimento dei rifiuti e, quindi, al rispetto per la salute umana e al futuro dell’ecosistema.Per questo nella nostra regione, l’Abruzzo, noi che abbiamo la responsabilità di gover-nare siamo consapevoli di dover affrontare la questione con impegno, nella ricerca di soluzioni definitive e durature e nel pieno rispetto della legalità. E questo deve tradursi in azioni razionali e concrete che consentano di superare un nemico insidioso come l’emergenza che spesso è la principale responsabile di decisioni provvisorie e non sempre adeguate.

Di fronte ad un problema che investe i cittadini e che ci richiama alla responsabilità del bene comune, l’impegno della Regione, dunque, è di mettere a punto un sistema che coinvolga tutto il ciclo integrato dei rifiuti, la cui gestione dipende ancora troppo dallo smaltimento in discarica, che deve invece rappresentare una soluzione residuale.Sappiamo, inoltre, che è indispensabile coordinare l’azione su più fronti, nella consapevolezza che la criticità del proble-ma dei rifiuti è anche culturale. È necessario, infatti, far comprendere ai cittadini l’importanza di pratiche virtuose come la raccolta differenziata, ma soprattutto educare al rispetto dell’ambiente, riducendo alla base la produzione di rifiuti. Manca, inoltre, una corretta informazione sulle diverse soluzioni tecniche proposte, come il recupero delle materie per il riuso e il recupero energetico.Il lavoro da fare è complesso e articolato, richiede un impegno senza sosta alla ricerca delle soluzioni più efficaci. Tutto questo sta avvenendo in Abruzzo, grazie anche all’apporto del CNR, che collabora alla ricerca delle migliori tecnologie con l’obiettivo del rafforzamento del sistema impiantistico.In tal senso, le parole del Pontefice rappresentano un forte monito: non si può restare inermi davanti al problema dei rifiuti, che invece necessita di una immediata soluzione risolutiva, altrimenti continuerà ad aggravarsi, provocando irre-versibili danni sociali e ambientali.

Gianni ChiodiPresidente della Regione Abruzzo

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REGIONE ABRUZZO

1 IL SISTEMA DI GESTIONE DEI RI-FIUTI URBANIIl settore della gestione dei rifiuti ur-bani nella regione presenta, allo stato attuale, alcune criticità, come di se-guito sintetizzabili:- un’eccessiva frammentazione istitu-

zionale nella gestione dei servizi (n. 14 Consorzi intercomunali e/o loro Società) ed un insufficiente coordi-namento e/o sinergie tra le diverse realtà;

- differenze operative anche tra aree contigue, con numerose carenze gestionali, da parte dei soggetti in-teressati, dell’impiantistica dedicata al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti;

- disomogeneo sistema di regolazione dei costi (TARSU/TIA, tariffe di con-ferimento, tariffe “ecoristoro”, etc.) ed insufficiente utilizzo di politiche e strumenti di “ecofiscalità”;

- “performance ambientali” in ritar-do rispetto agli obiettivi nazionali e regionali (obiettivi di RD, riciclo, recupero energetico, smaltimento in discarica, etc.), salvo alcune realtà positive.

Nel settore, a seguito delle politiche regionali, si stanno delineando nuove caratteristiche come:- essere un settore economicamente

rilevante e di crescente interesse;- con un livello tecnologico ed impian-

tistico in fase di sviluppo secondo modelli più avanzati, colmando ri-tardi storici (dallo smaltimento al recupero/riciclo);

- con tendenze sempre diffuse da parte degli EE.LL. ad attuare buone pratiche ambientali di settore (es. ri-organizzazione dei servizi, raccolte differenziate “porta a porta”, iniziati-ve per la riduzione della produzione dei rifiuti, etc.).

Nell’ambito del settore della gestione dei rifiuti speciali, a fronte di una “rete diffusa” di impianti di operatori privati, per le attività di stoccaggio-trattamento-recupero, si riscontra una mancanza di impianti di smaltimento

per rifiuti speciali pericolosi e non, con la conseguente mobilità in uscita degli stessi1.

2. LA NORMATIVA REGIONALE VI-GENTECon la L.R. 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti”, la Regione Abruzzo si è dotata di un Pia-no Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR). Le priorità assunte dal PRGR sono le seguenti:• invertire l’attuale tendenza alla cre-

scita della produzione di rifiuti (nel periodo 2000/2005 si è registrato un aumento del + 19.4%);

• massimizzare le opportunità di recupero di materia dai rifiuti, at-traverso lo sviluppo delle raccolte differenziate (prioritariamente con sistemi domiciliari), finalizzate sia al reinserimento nei cicli produttivi di materie prime da esse derivate, sia alla produzione di compost con va-lorizzazione del contenuto organico del rifiuto in termini agronomici;

• garantire il pretrattamento dei rifiuti non intercettati dalle raccolte dif-ferenziate, al fine di assicurare un miglior controllo delle fasi di smalti-mento finale ed una riduzione degli impatti ambientali ad esse associati;

• valorizzare le opportunità di recupero energetico dei rifiuti, a determinate condizioni, attraverso processi di as-soluta garanzia dal punto di vista delle prestazioni ambientali associate;

• minimizzare le necessità di smal-timento in discarica, puntando sul lungo periodo al tendenziale an-nullamento del flusso di rifiuti così destinati.

Il PRGR ha individuato e delimitato n. 4 Ambiti Territoriali Ottimali (ATO)2:• ATO n. 1, comprendente tutti i Co-

muni della Provincia di Teramo;• ATO n. 2, comprendente Comuni

delle Province di Pescara e Chieti;• ATO n. 3, comprendente Comuni

della Provincia di Chieti;• ATO n. 4, comprendente tutti i Co-

muni della Provincia di L’Aquila.

Fonte: PRGR - Servizio Gestione Rifiuti

Gli Enti Locali partecipano obbligato-riamente negli ATO, in cui deve essere costituita una Autorità d’Ambito (AdA) ed alla quale è trasferito l’esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti. Negli ATO devono essere garantiti:• gli obiettivi di raccolta differenziata

definiti nel PRGR;• l’autosufficienza di smaltimento;• la presenza di almeno un impianto di

trattamento a tecnologia complessa, con discarica di servizio.

Il PRGR prevede inoltre:• la predisposizione di Programmi

straordinari per la promozione della diffusione delle raccolte differenziate, programmi per la prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti, program-mi per la riduzione dei rifiuti organici da conferire in discarica, programmi per la diffusione degli acquisti verdi;

• l’obbligatorietà di attivazione di servizi di RD per la frazione organica, il verde, la carta ed il cartone, le pile ed i farmaci sca-duti;

• in particolari contesti territoria-li lo sviluppo della pratica del compostaggio domestico (auto-comostaggio);

• utilizzo di ammendanti compostati e frazioni organiche stabilizzate per gli usi consentiti;

• lo sviluppo tecnologico dell’impian-tistica (impianti di trattamento FOS/CDR, impianti di compostaggio, im-pianti di digestione anaerobica, etc.)

• la realizzazione di una rete regiona-

LA GESTIONE DEI RIFIUTI IN ABRUZZO DALLE ATTUALI CRITICITÀ ALLEBUONE PRATICHE AMBIENTALI

ATO Province interessate n. Comuni n. abitanti

ATO n. 1 Teramo 47 301.869

ATO n. 2 Pescara, Chieti 67 445.702

ATO n. 3 Chieti 83 256.265

ATO n. 4 L’Aquila 108 304.393

Totale - 305 1.308.229

a cura della Direzione Protezione Civile - Ambiente - Servizio Gestione Rifi uti

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le di “stazioni ecologiche - centri di raccolta” e “piattaforme eco-logiche” per il conferimento e trattamento di rifiuti riciclabili;

• la verifica del raggiungimento degli obiettivi di RD al fine di attivare il recupero energetico dei rifiuti urbani.

La Regione, gli Enti Locali singoli o associati ed i gestori dei servizi de-vono promuovere la diffusione degli “acquisti verdi” e provvedere all’ap-provvigionamento di beni attraverso prodotti provenienti dal mercato del riciclaggio. Per l’attivazione di iniziative collegate all’attuazione del D.M. 203/03 (GPP), il PRGR prevede l’approvazio-ne di un “Programma d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi pubblici” (art. 25).

3. GLI INDIRIZZI PROGRAMMATICI DEL GOVERNO REGIONALELa gestione dei rifiuti in Abruzzo deve essere concepita sempre più secondo un’ottica industriale, essere allineata ai più avanzati modelli europei, trasfor-marsi da problema sociale, economico, di sicurezza e di legalità, a risorsa sotto il profilo occupazionale, sociale, eco-nomico e di trasparenza, nonché possa costituire una nicchia per sperimentare ricerca ed innovazione anche al fine della riduzione a monte dei rifiuti ed al-la produzione sostenibile di energia. Le più efficaci forme di applicazione riguardanti la gestione dei rifiuti, ed in particolare dei rifiuti urbani, prodotti dalla società moderna, evidenziano il ruolo fondamentale del cosiddetto ap-proccio integrato, in cui confluiscono le pratiche della riduzione dei rifiuti, del recupero di materie prime e di energia.

La Giunta Regionale d’Abruzzo, presieduta da Gianni CHIODI, ha definito con il “Programma di Go-verno - Schede Obiettivo Macroarea di Intervento n. 9”, alcuni priorita-ri indirizzi programmatici nel settore della gestione dei rifiuti3. Il Presiden-te della Giunta Regionale, con nota prot.n. 193/Seg/PE del 16.07.2009, ha puntualizzato alcuni aspetti della ge-stione del ciclo integrato dei rifiuti su cui basare l’aggiornamento del vigente quadro normativo regionale di settore. Si riportano alcuni passaggi della nota inviata al competente Assessore alla Protezione Civile - Ambiente:“Omissis ... Si ritiene che sia molto im-

portante raggiungere alcuni obiettivi di rilievo delineati dalla L.R. 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti”4 e s.m.i., in particolare per le seguenti priorità:1. eliminazione della frammentazione

istituzionale del settore, oggi carat-terizzata dalla presenza di ben n. 14 Consorzi Comprensoriali Rifiuti, attraverso una prima rilevante ra-zionalizzazione degli stessi con la costituzione delle Autorità d’Ambito di cui agli articoli 14 e 16 della legge regionale richiamata;

2. realizzazione di un ciclo integrato dei rifiuti che preveda, soprattutto, la finalizzazione utile e certa dei materiali derivati dalle attività di recupero (es. CDR ed ammendante compostato) ed in cui lo smaltimen-to finale dei rifiuti (discarica), sia effettivamente una fase residuale.

In relazione agli indirizzi politico-programmatici, si è provveduto ad approvare, da parte della Giunta re-gionale un documento denominato: “Linee di indirizzo per l’aggiorna-mento della normativa regionale in materia di gestione dei rifiuti”5 e ad insediare un “Tavolo di concerta-zione” che vede la partecipazione dei soggetti coinvolti (Province, Consorzi intercomunali e/o loro Società, Asso-ciazioni, etc.).

4. IL SISTEMA DI GESTIONE DEI RI-FIUTI URBANIIn Abruzzo la gestione dei rifiuti ur-bani spetta ai Consorzi intercomunali e/o loro Società SpA, quindi ai sog-getti pubblici o a prevalente capitale pubblico. Vi è attualmente una forte frammentazione. Sono ben n. 14 gli attuali “Compren-sori” di gestione dei rifiuti urbani. Gli assetti societari sono diversi. I com-prensori sono organizzati in Società SpA a prevalente capitale pubblico o interamente pubbliche, altri sono Consorzi Intercomunali o Unione di Comuni, completamente pubblici. In molti comprensori i servizi non sono gestiti in modo associato dagli stessi. Infatti i soggetti gestori dei servizi, sono oltre 150 (suddivisi per le attività di smaltimento, trattamento, raccolta, rac-colte differenziate, spazzamento strade, etc.), in molti casi i servizi sono gestititi dagli stessi Comuni in forma diretta (in economia) e/o affidati a ditte terze pri-vate, a Società SpA pubblico/privato, a Coop sociali, etc.

Per fare un solo esempio6, nella Provincia di L’Aquila, il servizio di raccolta indifferenziata nella pro-vincia presenta un assetto gestionale con n. 61 operatori, su n. 91 comuni esaminati, compresi i n. 49 Comuni che gestiscono direttamente il servi-zio di raccolta dell’indifferenziato (in economia).Esiste, pertanto, in regione, una grande varietà di sistemi gestionali dei servizi pubblici di settore che negli anni si sono stratificati a causa della manca-ta riforma del sistema (realizzazione ATO).

La Legge n. 42 del 26/03/2010, pub-blicata sulla G.U. n. 72 del 27/03/2010, prevede la soppressione delle Autorità d’Ambito Territoriali previste dagli arti-coli 148 e 201 del D.Lgs 152/2006 s.m.i. Entro un anno dalla pubblicazione del-le Legge, gli atti compiuti dagli ATO, ove già costituiti, saranno considerati nulli e le Regioni dovranno attribui-re con legge le funzioni già esercitate dagli ATO.Si dovrà rivedere la legge regionale per definire a chi spetteranno le competen-ze sino ad ora attribuite agli ATO che dovranno essere soppressi, dopodichè ogni atto compiuto da queste autorità dovrà considerarsi nullo.

5. DATI GENERALI DEL SISTEMA DI GESTIONE DEI RUNella Tab. 1 che segue si rappresenta il quadro sintetico della produzione, raccolta differenziata e smaltimento dei rifiuti urbani riferito ai dati 2009. Si segnala il ritardo con cui le Provin-ce (OPR) inviano le informazioni alla Regione Abruzzo (ORR), secondo le disposizioni di cui all’art. 5, comma 7 della L.R. 45/07 e s.m.i. (entro febbraio di ogni anno).

La L.R. 19.12.2007, n. 45 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti”, ha previsto il raggiungimento dei seguenti obiettivi minimi di RD: 40% entro il 2007; 50% entro il 2009; 60% entro il 2011.

La Regione Abruzzo ha avviato con DGR n. 1090/2006 (Bando pubbli-co), un’attività tesa a promuovere la riorganizzazione dei servizi di raccolta differenziata. I Comuni interessati dalla riorganizzazione dei servizi di RD sono circa n. 70.È in preparazione un “Piano straordi-

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7

nario per la RD”, ai sensi dell’art. 24, comma 3 della L.R. 45/07 e s.m.i., che dovrebbe essere assistito da fondi FAS di cui al QSN 2007 -20137.La RD è stata generalmente concepi-ta, fino dal recente passato, come un servizio aggiuntivo al normale circu-ito di raccolta del rifiuto destinato a smaltimento, mediante l’introduzione di contenitori stradali dedicati (cam-pane, cassonetti, etc). Questo schema organizzativo si è mostrato inadeguato rispetto alle nuove linee di tendenza ed agli obiettivi di legge previsti. Si può affermare che necessita con-tinuare lo sforzo che la Regione Abruzzo ha in corso per promuo-

vere e diffondere sul territorio le raccolte differenziate secondo “si-stemi integrati”, basati su servizi di raccolte differenziate domiciliari e/o di prossimità.

6. LE ATTUALI CRITICITÀ DEL SI-STEMA DI GESTIONE DEI RIFIUTI URBANINell’ultimo “Rapporto sulle attività di smaltimento al 15.08.2010)8, sono state evidenziate le diverse situazioni che hanno causato le criticità ambienta-li nel sistema di smaltimento dei rifiuti urbani, in particolare esistenti nelle Province di Teramo e L’Aquila.Con la DGR 2.01.2007, n. 1190 “L.R.

28.04.2000, n. 83 e s.m.i. - art. 32. At-tività di smaltimento dei rifiuti urbani. Provvedimenti regionali straordinari”9, la Regione Abruzzo, ha delineato ai soggetti territoriali (Province, Consor-zi comprensoriali, Comuni, etc.), un “programma-quadro” di azioni ed interventi per l’uscita dalle situazioni di criticità. Agli Enti territoriali sono state delegate le relative decisioni per la scelta definitiva dei siti e delle ti-pologie degli impianti di smaltimento/trattamento da attivare e/o ri-attivare.Il “criterio di priorità” seguito per la re-alizzazione/riattivazione di impianti di smaltimento/trattamento, è stato sempre quello di intervenire su siti già interessati

RIEPILOGO DATI RD 2009 - ABRUZZO

Superfi cie

(kmq)Nr. Abitanti

(Ab/a) RD (t/a) RUI (t/a) RU totale (t/a) RU pro capite (kg/ab*a) %RD

L'Aquila 5.036,80 310.414 28.026,98 129.578,70 157.605,68 507,73 17,78%*

Teramo 1.944,93 311.002 51.715,17 123.986,32 175.701,49 564,95 29,45%*

Pescara 1.224,67 319.215 38.288,60 125.355,14 163.643,74 512,64 23,78%*

Chieti 2.588,35 398.114 56.933,72 136.990,33 193.924,05 487,11 28,90%*

Abruzzo 10.794,75 1.338.745 174.964,47 515.910,49 690.874,96 516,06 24,98%*

Produzione RU (t/a) 2002/2009 - Abruzzo

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Var. 2002/2009 Var. 2007/2009

L’Aquila 139.960 147.449 155.085 157.697 157.065 158.981 161.251 157.606 12,61% -2,26%

Teramo 159.112 159.080 170.964 175.058 175.598 170.667 175.442 175.701 10,43% 0,15%

Pescara 130.261 144.303 159.709 157.719 162.874 164.235 165.102 163.644 25,63% -0,88%

Chieti 182.216 180.861 195.266 203.596 201.407 204.816 201.959 193.924 6,43% -3,98%

Abruzzo 611.549 631.693 681.024 694.070 696.944 698.699 703.754 690.875 12,97% -1,83%

Tab. 1 - Sintesi dati Produzione RU e RD Regione Abruzzo - 2009

Fonte: Servizio Gestione Rifiuti - RR. Dati in fase di verifica da parte degli Enti/ORR.

Fonte: Servizio Gestione Rifiuti -ORR. Dati in fase di verifica da parte degli Enti/ORR.

Fonte: Servizio Gestione Rifiuti/ORR. Ottobre 2010.*Dati calcolati dall’ORR mediante sistema regionale CARIREAB in corso di verifica in collaborazione con gli Enti interessati.

Sintesi dati Produzione RU e RD Regione Abruzzo - 2009

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dalla presenza di impianti di smaltimento e/o “compromessi” sul piano della situa-zione dei luoghi (destinazione d’uso di PRG modificata, impianti esistenti, etc.).

6.1. IL SISTEMA IMPIANTISTICO RE-GIONALE - RETE INTEGRATAIl sistema impiantistico di recupe-ro, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani definito dal PRGR, si basa sulla flessibilità impiantistica e sull’integrazione di processi im-piantistici specificamente orientati alla ottimale gestione delle diverse tipologie di rifiuti urbani derivanti dalle raccolte e dei flussi di rifiuti derivanti dai tratta-menti stessi. Sono previsti in ogni ATO, in linea generale, almeno:• impianti a supporto delle raccolte

differenziate (Piattaforme, Stazioni ecologiche e/o Centri di raccolta).

• n. 1 impianto di compostaggio o di digestione anaerobica;

• n. 1 impianto di TMB (CDR, FOS, etc.);

• discariche di servizio agli impian-ti complessi;

In considerazione anche di sperimen-tazioni in fase di avvio nel contesto regionale, lo sviluppo dell’impiantistica di compostaggio é comunque da con-siderarsi estendibile e compatibile con il ricorso anche a tecnologie integrative di tipo semplificato impianti di comu-nità, autocompostaggio, favorendo ed incentivando una partecipazione allargata da parte della popolazione e degli operatori agricoli presenti sul territorio. In particolare, si ritiene che possa avere pari dignità l’ipotesi di svi-luppo di impianti basati su processi di trattamento di tipo anaerobico con recupero di biogas.Il PRGR individua nel trattamento ter-mico e nel recupero energetico dei rifiuti urbani o di derivazione urbana una componente non prevalente, comple-mentare al riciclaggio (art. 26). In particolare, si prevede che il trat-tamento termico di frazioni non altrimenti riciclabili di rifiuti urbani o di derivazione urbana sia ammissibile al raggiungimento di un valor me-dio regionale di RD pari al 40%. Le potenzialità di trattamento termico di rifiuti urbani e flussi derivati in impianti dedicati non potranno comunque su-perare complessivamente il 25% del quantitativo di rifiuti urbani prodotto in Regione (circa 170.000 t/a). Un’ul-teriore quota di CDR, pari a 60.000 t/a può essere destinata ad impianti indu-

striali (es. cementifici) in sostituzione di combustibili fossili. L’analisi del sistema di gestione degli impianti è stata effettuata con il “4° Rapporto sulle raccolte differen-ziate - dati 2008”10.Nella tabella alla pagina seguente si riporta il quadro generale del sistema impiantistico di trattamento e smalti-mento dei rifiuti urbani.

7. PROVVEDIMENTI VARATI DALLA REGIONE ABRUZZO PER GARANTIRE LA CONTINUITA’ DELLE ATTIVITA’ DI SMALTIMENTO/TRATTAMENTO DI RU Per affrontare le situazioni di insuf-ficiente autonomia per le attività di smaltimento dei RU, in alcune aree territoriali, si è provveduto nel 2010, ad emanare, anche a seguito dell’even-to sismico del 6 aprile 2009, i seguenti provvedimenti:1. DGR n. 780 del 21/12/09 “L.R.

19.12.2007, n. 45 “Norme per la ge-stione integrata dei rifiuti” e s.m.i. - Art. 4, comma 1, lett. v). Autorizza-zione sino al 30.06.2010 a conferire rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e/o trattamento ubicati in Province e/o Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi e disposizioni regionali inerenti l'esercizio di im-pianti di gestione dei rifiuti ubicati nella Provincia di L’Aquila”11.

2. DGR n. 513 del 24.06.2010 “L.R. 19.12.2007, n. 45 "Norme per la ge-stione integrata dei rifiuti" e s.m.i. - Art. 4, comma 1, lett. v). Autorizza-zione sino al 31.12.2010 a conferire rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e/o trattamento ubicati in Province e/o Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi e disposizioni regionali inerenti l'esercizio di im-pianti di gestione dei rifiuti ubicati nella Provincia di L’Aquila”12.

Inoltre si è provveduto da parte del Servizio Gestione Rifiuti (SGR) a:1. attivare collaborazioni tra operatori

pubblici del settore di realtà extra-regionali (es. discarica di Isernia, località “Tufo colonico”) ed abruz-zesi;

2. a sollecitare la sottoscrizione di un “Accordo di programma” con la Re-gione Molise approvato con DGR n. 428 del 10.08.0913;

3. accelerare e definire le procedure per il rilascio di nuove autorizzazioni per la realizzazione ed esercizio di im-pianti di smaltimento/recupero.

La Regione Abruzzo - Servizio Gestione Rifiuti, ha sempre garantito soluzioni alle attuali difficoltà nelle attività di smaltimento, con l’emanazione ed at-tuazione di provvedimenti e specifiche azioni ed interventi, nonché con gran-de dispendio di energie, considerate la precarietà dell’assetto logistico e del personale esistente. Si riassumono al-cune azioni:a. Approvazione di DGR per l’attuazio-

ne di accordi tra Province/ATO/Consorzi diversi per garantire la continuità delle attività di smalti-mento dei RU.

b. Riorganizzazione e diffusione dei servizi di RD secondo modelli domiciliari (porta a porta e/o dii prossimità). Si è varato un docu-mento nell’ambito del Programma regionale FAS-PAR per la definitiva predisposizione il 1° Programma straordinario per la riorganizza-zione delle RD e completamento dei programmi in materia di raccol-ta differenziata ai sensi della L.R. 45/07 e s.m.i. Inoltre, a seguito del raggiungimento degli obiettivi di RD (incrementi di %RD) previsti dal “Sistema Premialità - FAS”, si stanno predisponendo gli atti per l’ottenimento delle risorse assegnate (ca. 6.5 mil/Eu).

c. Attuazione iniziative in materia di promozione dell’utilizzo degli am-mendanti compostati di (Accordo di Programma Regione - CIC), avviato ad Aielli con il marchio di qualità “Compost Abruzzo”14, protocollo d’intesa “Campi dimostrativi” per l’utilizzo degli ammendanti compo-stati, etc.

d. Attuazione di Piani e programmi, inerenti le attività di riuso, riciclo e recupero di energia dai rifiuti (Piano RUB, Piano di raccolta rifiuti por-tuali, Piano imballaggi e rifiuti di imballaggio, rifiuti agricoli, etc.).

e. Accelerazione dei procedimenti amministrativi (AIA, AU, CdS, rinnovi, diffide, approvazione PdA, procedure di bonifiche, etc.), che richiedono anche più personale, per il quale il SGR, da tempo, é in una fase di “forte insufficienza”, inade-guato rispetto alla mole di lavoro da dover portare avanti15;

f. Attuazione del nuovo Accordo qua-dro regionale Regione Abruzzo - CONAI, per il potenziamento delle raccolte differenziate degli imbal-laggi e dei rifiuti da imballaggio,

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9

TIPOLOGIA IMPIANTI n. UBICAZIONE PROVINCIA TITOLARITÀ GESTIONE

PiattaformeEcologiche autorizzate 9

Aielli AQ ACIAM SpA ACIAM SpA

Sulmona AQ COGESA Srl COGESA Srl

Avezzano* AQ ACIAM SpA ACIAM SpA

Cupello CH CIVETA CIVETA

Lanciano CH Consorzio RSU Consorzio RSU

Loreto Aprutino* PE Ambiente SpA -------

Alanno* PE Comune di Alanno Mantini (P)

Notaresco TE CIRSU SpA SOGESA SpA

Sant’Omero* TE Unione di Comuni -------

Discariche in esercizio 9

Spoltore (Colle Cese) PE Ambiente SpA DECO SpA (P)

Chieti (Casoni) CH Comune di Chieti DECO SpA (P)

Lanciano (Cerratina) CH Consorzio RSU Ecologica Sangro SpA (P)

Cupello (Valle Cena) CH CIVETA CIVETA

Villa S.Lucia (Saette Lunghe) AQ Comune di Villa S.Lucia Comune di Villa S.Lucia

Comune di Sante Marie (Santa Giusta) AQ SEGEN SpA SEGEN SpA

Magliano dei Marsi (Topanico) AQ Comune di Magliano dei Marsi Tecnologie Ambiente Srl (P)

Castel di Sangro (Bocche di Fòrli) AQ Comunità Montana ASA Ambiente Srl

Sulmona (Noce Mattei) AQ COGESA Srl COGESA Srl

Discariche autorizzate - non in esercizio 8

Atri (Santa Lucia)** TE Consorzio Piomba – Fino - Atri -

Notaresco (Casette di Grasciano)** TE SOGESA SpA SOGESA SpA

Villavallelonga (La Parata) AQ Comune di Villavallelonga ACIAM SpA

Poggio Picenze (Le Tomette) AQ Comune di Poggio Picenze DECO SpA (P)

Ofena (Piedicellara) AQ Comune di Ofena Comune di Ofena

Navelli (Pagano) AQ Comune di Navelli Nuova MC Srl (P)

S. Benedetto dei Marsi (Sbirro Morto)** AQ Comune di S. Benedetto dei Marsi -------

Gioia dei Marsi (Valle dei Fiori)** AQ ACIAM SpA -------

Impianti TMB e Impianti di compostaggioautorizzati

8

Aielli (La Stanga) AQ ACIAM SpA ACIAM SpA

Avezzano (Borgo Incile) AQ Cesca Contestabile (P) Ecocompost Marsica (P)

Castel di Sangro (Bocche di Fòrli) AQ Comunità Montana ASA Srl

Sante Marie (Santa Giusta) AQ SEGEN SpA SEGEN SpA

Sulmona (Noce Mattei) AQ COGESA Srl DANECO SpA

Cupello (Valle Cena) CH CIVETA CIVETA

Chieti (Casoni) CH DECO SpA (P) DECO SpA (P)

Notaresco (Casette di Grasciano) TE CIRSU SpA SOGESA SpA

Impianti mobili di trattamento RU 3

Teramo (Carapollo) TE TE.AM. SpA TE.AM. SpA

Ancarano TE Ecoconsul (P) Ecoconsul (P)

Lanciano (Cerratina) CH Consorzio RSU Ecologica Sangro SpA (P)

Sistema impiantistico regionale di trattamento e smaltimento rifiuti urbani

Fonte: Servizio Gestione Rifiuti - Ottobre 2010.(P) Privato.* Piattaforma non in esercizio.** Impianto di smaltimento da realizzare.

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approvato con DGR n. 275 del 1.06.200916.

g. Attuazione di altri accordi volontari interessanti altre filiere (CIC per pro-duzione compost qualità, Consorzi per “campi dimostrativi”, rifiuti agri-coli, rifiuti portuali, rifiuti da C & D, rifiuti sanitari, GDO, prevenzione e riduzione rifiuti, controlli ambienta-li, lotta all’inquinamento, etc.). Sono n. 19 gli Accordi volontari in fase di gestione e/o conclusione, da parte del SGR/ORR17.

8. LE MODIFICHE PROPOSTE ALLA LEGISLAZIONE REGIONALECon la DGR n. 611 del 2.11.200918, la Giunta Regionale ha proposto:a. di stabilire la necessità e l’urgenza di

procedere all’adeguamento/aggior-namento della normativa regionale, ai sensi delle disposizioni del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. e della normativa regionale riferita alla gestione dei rifiuti urbani ed alla bonifica dei si-ti contaminati, costituita dalla L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i., secondo gli indirizzi e le fasi dettati nei se-guenti punti b) e c);

b. in materia di gestione integrata dei rifiuti urbani1. valutazione, in riferimento alle

nuove disposizioni comunitarie e nazionali, delle modifiche, opportune e/o necessarie, da apportare alle norme regionali di settore al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi di cui alla L.R. 45/07 e s.m.i.;

2. verifica delle disposizioni riferite all’art. 3 “Definizioni”;

3. valutazione delle norme in materia di “Sistema di gestione integrata dei rifiuti urbani” (art. 13);

4. valutazione ed eventuali modi-che alle disposizioni inerenti le “Competenze istituzionali” (artt. 4, 5, 6, 7 e 8);

5. modifiche alle disposizioni inerenti la “Valorizzazione ener-getica dei rifiuti urbani” (art. 26), riferite alle modalità di avvio a recupero energetico del CDR e dei rifiuti urbani in impianti di incenerimento dedicati, introdu-cendo eventualmente meccanismi di carattere competitivo tra ATO diversi (es. riferiti ai livelli di % RD da raggiungere) ed a cui far seguire, una volta approvate le nuove norme dal Consiglio Re-

gionale, l’approvazione di un “Documento di indirizzo”, da parte della Giunta Regionale, at-tuativo delle stesse, contenente in particolare:• criteri per l’individuazione del-

le aree maggiormente vocate in relazione all'ottimizzazione dei costi gestionali e, comun-que, nel rispetto dei criteri di localizzazione degli impianti fissati dal presente piano re-gionale; tenendo conto che in tal caso l’ambito territoria-le ottimale per la gestione di tali rifiuti è l’intero territorio regionale;

• le migliori tecnologie appli-cabili in funzione delle più signifi cative esperienze ma-turate nel contesto nazionale ed internazionale;

• indirizzi operativi al fi ne di garantire la prevalente parteci-pazione delle AdA alle attività di gestione;

• specifiche prescrizioni per garantire misure e campiona-menti in continuo ed analisi.

6. modifiche ad alcune disposizioni in materia di “Procedure sempli-ficate per l’autosmaltimento ed il recupero dei rifiuti” (art. 51);

7. verifica ed eventuali modifiche e/o integrazioni delle disposizioni riferite al “Sistema sanzionatorio” (art. 64);

8 verifica delle disposizioni in mate-ria di “Ambiti Territoriali Ottimali - ATO”, riferite al procedimento amministrativo di istituzione e funzionamento delle “Autorità d’Ambito - AdA” (artt. 14, 15, 16, 17 e 18), con particolare riferi-mento:• alle modalità per la costituzio-

ne anche attraverso i Consorzi comprensoriali;

• all’iter di cessazione delle attività dei Consorzi compren-soriali esistenti;

• all’esercizio dei poteri sostitu-tivi;

9. verifica delle norme (artt. 19, 20 e 21), in tema di affidamento diret-to dei servizi pubblici locali (in house providing) e gestioni esi-stenti, in ragione dell’evoluzione della giurisprudenza nazionale (Cassazione, Consiglio di Stato, TAR, etc.) e comunitaria (Corte Europea di Giustizia);

10. valutazione delle ipotesi e delle risultanze ai fini della consulta-zione e del confronto con Enti locali, le organizzazioni del set-tore e le parti sociali (Tavolo di concertazione);

11. verifica di ulteriori interventi normativi, compatibili con gli indirizzi politico-amministrativi e le finalità del DDLR, in rela-zione a proposte che potranno essere avanzate nel corso della consultazione e del confronto di cui ala punto i);

c. in materia di bonifica dei siti conta-minati1. valutazione, in riferimento alle

nuove disposizioni comunitarie e nazionali (D.Lgs. 4/08), delle modifiche, opportune e/o neces-sarie, da apportare alle norme regionali di settore al fine di consentire il conseguimento de-gli obiettivi di cui alla L.R. 45/07 e s.m.i. e valutazioni in rappor-to alle pregresse disposizioni già applicate;

2. aggiornamento dell’anagrafe dei siti contaminati di cui alla DGR n. 1529 del 27.12.2006 e del-la DGR n. 257 del 19.03.2007 avente per oggetto: “Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambien-tale - Titolo V - Disposizioni di indirizzo in materia di siti contaminati”, nelle quali sono riportati tutti i siti per i quali sono state avviate le procedure ai sensi del Titolo V del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. (es. verifica del superamento delle CSC, etc.). L’anagrafe dei siti contaminati costituisce l’insieme complesso delle informazioni relative ai si-ti da bonificare e rappresenta il mezzo per la registrazione dei dati necessari alla gestione degli interventi di bonifica;

9. LE PRINCIPALI PROPOSTE RI-SOLUTIVE PER IL SISTEMA DI SMALTIMENTO RIFIUTI URBANI AL FINE DI USCIRE DALLE CRITICITA’ GESTIONALI

9.1 In Provincia di Teramo con il rilascio delle AIA per la discarica di “SOGESA SpA” di Notaresco e per la discarica del “Consorzio Piomba-Fino” di Atri, è possibile entro 1l 31.12.2010 ripristinare l’autosufficienza delle attivi-

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11

tà di smaltimento dei RU in questo ATO (se realizzate), per un medio periodo superiore ai 5 anni. Rimane da decidere sul futuro della discarica di Tortore-to (iniziativa da parte di: Comune, Provincia e Regione). Non sono state presentate altre proposte concrete dai Consorzi intercomunali della Provincia di Teramo e dagli EE.LL. interessati, che abbiano il requisito della condivisio-ne e della concretezza. Non vi sono notizie sui vari siti indicati dalla Pro-vincia di Teramo, ai sensi della DGR 23.11.2009, n. 119019.

9.2 In Provincia di L’Aquila il percorso d’uscita dalle attuali criticità, almeno nel comprensorio marsicano (Gioia dei Mar-si) e pelino (Sulmona), è stato delineato concretamente e condiviso dagli Enti interessati (COGESA Srl, ACIAM SpA, Comunità Montana Alto Sangro e Segen SpA). È necessario individuare e realiz-zare per il comprensorio di “L’Aquila capoluogo” un invaso che garantisca per i prossimi anni un servizio alle aree interessate anche in funzione dello smal-timento dei residui delle macerie (ipotesi di ampliamento della discarica di Ba-risciano, previo parere favorevole del Comune di Barisciano).

9.3 In Provincia di Pescara è ne-cessario attivare, in tempi brevi, l’iter amministrativo per la realizzazione di un nuovo sito di smaltimento per garantire le attività per il medio-lungo termine (8-10 anni), considerato che l’ampliamento della discarica di “Colle Cese” (in istruttoria da parte del SGR), potrà garantire una autosufficienza di ca. 2 anni. Risulta necessario, a tal proposito, che la Provincia di Pescara aggiorni urgentemente il PPGR.

9.4 In Provincia di Chieti si rende necessario definire l’eventuale amplia-mento della discarica di “Cerratina” di Lanciano (in corso di valutazione), la realizzazione dell’impianto di TMB (impianto fisso di trattamento dei RU) e potenziamento della piattaforma RD e valutare da parte del CIVETA le ulteriori necessità di smaltimento per il periodo di lungo termine nonché il potenzia-mento delle linee di trattamento delle frazioni organiche (ammendante com-postato) e dei fanghi da depurazione.

Inoltre necessita prioritariamente:• Avviare le politiche di prevenzione

e riduzione della produzione dei ri-

fiuti urbani secondo i nuovi indirizzi europei20. Sono pochissimi i Comuni impegnati in queste politiche.

• Potenziare tutte le iniziative finaliz-zate alla diffusione delle raccolte differenziate secondo sistemi integrati (porta a porta e/o di pros-simità), da parte dei Consorzi e/o Comuni, per conferire meno rifiuti in discarica ed avviare più materiali a riciclo (Filiere CONAI e filiera CIC dell’organico)21. Molte realtà stanno assumendo la consapevolezza delle attuali criticità e la necessità di pro-fondere un maggior impegno per il potenziamento e diffusione delle RD secondo sistemi domiciliari, co-me auspicato dal Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo22.

È necessario inoltre23:• In Provincia di Teramo - decidere

per la riattivazione della discarica di Tortoreto. Per la discarica di “Irgi-ne” di Notaresco si attendono gli ultimi pareri tecnici richiesti. Perma-ne una situazione di opposizione del Comune di Notaresco.

• In Provincia di L’Aquila - accelerare le procedure per l’esercizio del 2° lotto dell’impianto di smaltimento di Sulmona ca. 90.000 mc), per il quale vi è la previsione apertura il 1° ottobre 2010 e la realizzazione del nuovo invaso di “Gioia dei Marsi”, definire la volontà di realizzazione della discarica di Capistrello e per quella di San Benedetto dei Mar-si. Decidere per la realizzazione di un nuovo sito di smaltimento per il comprensorio di L’Aquila Capoluo-go24.

• In Provincia di Chieti - Decidere per l’ampliamento della discarica di “Cerratina” di Lanciano e sulle esigenze di smaltimento per il com-prensorio del vastese.

• In Provincia di Pescara - accelerare le procedure per l’ampliamento (va-riante non sostanziale di ca. 90.000 mc) della discarica di “Colle Cese” di Spoltore, definire la realizzazione di un nuovo bacino di smaltimento ai fini dell’autosufficienza per il lungo periodo. Definire il completamento dell’iter amministrativo per la disca-rica di Pianella, costruita per attività emergenziali. Inoltre, decidere per la realizzazione di un impianto di trattamento-recupero delle frazioni organiche da RD che, nel frattempo, dovranno continuare ad essere con-ferite in impianti di compostaggio

extra-provinciali.In sintesi, vi è la necessità di realizzare un sistema di smaltimento RU basa-to su pochi e medio - grandi bacini di smaltimento per un’autosufficienza decennale, almeno n. 1 bacino gran-de e/o n. 2 bacini medio-grandi, per Provincia/ATO, nella previsione di una continua diminuzione dei conferimenti in discarica.

La Regione Abruzzo intende, inoltre, portare avanti tutte le diverse iniziative in corso che si basano sinteticamente su alcune priorità riguardanti il sistema impiantistico e dei servizi di RD:• Realizzazione della “rete regiona-

le delle piattaforme ecologiche, stazioni ecologichee centri di raccolta” (rispettivamente in esercizio, in fase di istruttoria e/o autorizzazione).

• Attuazione dei programmi di rafforzamento e diffusione dei ser-vizi delle “raccolte differenziate domiciliari”, in particolare per completare, secondo il programma regionale RUB, le RD delle fra-zioni organiche e Attuazione dei programmi di “minimizzazione della produzione dei rifiuti ur-bani” (Programma regionale per la riduzione della produzione dei rifiuti “Ridurre e riciclare per vivere meglio” di cui alla DGR n. 1012 del 29.10.2008)25.

• Attuazione dei programmi regionali relativi agli imballaggi e rifiuti di imballaggio (sistema CONAI).

• Attuazione dei programmi regionali relativi ai Rifiuti Urbani Biodegra-dabili (Programma regionale RUB - Accordo CIC per il programma di utilizzo del “Compost Abruzzo” di cui alla DGR n. 604 del 26.10.200926). Iniziative relative ai “Campi dimo-strativi”27 e “Mondo Compost”28.

• Ristrutturazione degli “impianti di TMB” esistenti (compostaggio, digestione anaerobica e bioessica-zione) e realizzazione degli impianti di nuova programmazione.

• Approvazione di “nuovi bacini di smaltimento” e dei “Piani di Ade-guamento” (PdA) delle discariche (procedura d’infrazione UE - D.Lgs. 36/03 e s.m.i. - Procedura di infra-zione UE 2003/4506” “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti” nei con-fronti del nostro Paese.

• Attuazione dei programmi e de-

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gli interventi di “bonifica dei siti potenzialmente contamina-ti” (Procedura di infrazione UE 2003/2077 “Discariche abusive e incontrollate” nei confronti del no-stro Paese)29.

• Altre iniziative, che per brevità si ritiene opportuno non segnalare in questo rapporto, possono essere reperite anche sul sito web della Regione Abruzzo.

CONCLUSIONILa situazione regionale relativa alle attività di smaltimento RU richiede la massima attenzione ed un impegno straordinario da parte di tutti gli attori del sistema, al fine di:- garantire, prioritariamente, la con-

tinuità delle attività di smaltimento dei rifiuti urbani evitando possibili emergenze ambientali;

- delineare l’uscita definitiva dalle at-tuali situazioni di criticità e di “non autosufficienza” degli ambiti pro-vinciali (in particolare: L’Aquila e Teramo) delle attività di smaltimento dei RU;

- diffondere le iniziative di riduzione della produzione dei RU, di prepa-razione al riutilizzo e di recupero di materia (riciclo);

- attivare le iniziative, già previste nell’ambito della L.R. 45/07, finaliz-zate alla chiusura del ciclo integrato

dei rifiuti urbani, attraverso la pre-visione del recupero energetico dei rifiuti urbani (impianto-i dedicato-i), tenendo conto delle migliori tecno-logie disponibili (MTD)

- utilizzare, nel miglior modo possibi-le, tutte le risorse pubbliche messe a disposizione dalla Regione Abruzzo nel comparto ambientale della ge-stione dei rifiuti;

- attuare la programmazione regionale di settore come delineata dal PRGR di cui alla L.R. 45/07 e s.m.i.

Occorre, infine rammentare che un miglioramento della situazione per le attività di smaltimento è determinato soprattutto dalla diminuzione dei rifiuti da conferire in discarica, rafforzando tutte le attività di riduzione della pro-duzione dei rifiuti e di riciclo (raccolte differenziate con sistemi domiciliari).

Si ribadisce, altresì, la necessità di pren-dere urgenti e definitive decisioni, da parte delle Autorità preposte ai vari livelli, istituzionali ed operativi (es. Co-muni, Consorzi comprensoriali, etc.), non più rinviabili, in merito alla rea-lizzazione di nuovi siti di smaltimento e/o loro ampliamento, come proposto nella DGR n. 1190/07, rammentando, comunque, la “residualità” di tale seg-mento nel ciclo integrato di gestione dei rifiuti e considerando che rimango-no prioritarie le attività di prevenzione,

di riduzione della produzione dei rifiuti, di preparazione al riuso e di riciclaggio e recupero energetico, anche ai sensi della nuova Direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti30.Se non si realizzeranno i nuovi impianti di smaltimento autorizzati dalla Regione Abruzzo31, si prevede, stante l’attuale produzione di RU e livelli di RD ed aumenti di volumetrie nell’ambito delle modifiche non sostanziali delle auto-rizzazioni (+10%), la saturazione degli impianti esistenti entro il 2011-2012.Infatti, si è avuto un leggero slittamento rispetto alle previsioni del PRGR (ve-dasi a tal proposito il PRGR a pag. 270, cap. 7.6.7), in relazione alle nuove vo-lumetrie che sono state realizzate e/o reperite (es. Avezzano, Sante Marie, Sulmona, Notaresco, Cupello, etc.) o vi è stato il supporto di altri siti di smal-timento, anche extra-regionali32, che sono state soluzioni tampone, comun-que, insufficienti.Si ritiene, altresì necessario, definire l’Accordo di programma proposto alla Regione Molise con DGR n. 428 del 10.08.200933.

Le modifiche all’impianto normativo della L.R. 45/07 e s.m.i. (è stata redatta una proposta di DDLR), al fine di pre-vedere la chiusura del ciclo integrato dei rifiuti con il ricorso al “recupero energetico dei rifiuti non altrimenti

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riciclabili” attraverso l’utilizzo delle migliori tecnologie del settore (MTD - BAT)34, sono attualmente al vaglio del “Tavolo di concertazione”. Le riunioni sono state sospese in attesa dell’ap-provazione definitiva delle modifiche al “Codice ambientale”, in discussione in Parlamento35.La Regione Abruzzo ha previsto inoltre risorse finanziarie per il “settore rifiuti” per la realizzazione di impianti (RD, Trattamento, etc.) di cui al PRTTRA 2006-2008 e s.m.i. (oltre 15 Mil/Eu) e con il programma FAS/PAR 2007-2013 (RD, Impianti di trattamento, compo-staggio, riduzione rifiuti, etc. - 24 Mil Eu) e POR/FESR 2007-2013 (bonifiche siti contaminati - 23 Mil/Eu).

Inoltre ha richiesto alle Province di Chieti, L’Aquila, Pescara e Tera-mo, di verificare puntualmente nei confronti dei Comuni e dei Consorzi comprensoriali l’attivazione di tutte le azioni obbligatorie e/o necessarie per diminuire i quantitativi di rifiuti urbani ed assimilati conferiti in discarica ed in modo particolare l’attuazione del Programma regionale sui Rifiuti Ur-bani Biodegradabili (RUB), di cui alla DGR n. 167 del 24.02.200736, nonché una verifica dello stato delle proprie competenze in materia di promozio-ne, controlli e sanzioni nei confronti degli Enti inadempienti, soprattutto in riferimento:• all’attivazione obbligatoria dei ser-

vizi di raccolta differenziata (RD), ai sensi della L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i., programmi e direttive regio-nali di applicazione;

• al rispetto delle disposizioni in ma-teria di Tributo Speciale (L.R. 17/06 e s.m.i.);

• al rispetto delle disposizioni conte-nute negli atti autorizzatori rilasciati per gli impianti (art. 208 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. - D.Lgs. 59/05 e s.m.i., etc.);

• all’attuazione del Sistema Sistri di cui al D.M. 9.07.2009 e s.m.i.37

• all’attuazione delle disposizioni di cui al D.M. 8.04.2008 e s.m.i. (Centri di Raccolta)38.

Note al testo

1 Vedi Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti – L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i. – www.regione.abruzzo.it 2 Con nota prot.n. 16401/DR4 del 17.09.2009, il SGR ha provveduto a relazionare al Presidente della Giunta regionale sullo stato di attuazione degli ATO al Settembre 2009.3 www.regione.abruzzo.it4 BURA n. 10 Straordinario del 21.12.2007.5 DGR n. …6 Rapporto RD 2009.7 Delibera CIPE 82/2007.8 www.regione.abruzzo.it - Gestione Rifiuti e Bonifiche.9 Pubblicata sul BURA Speciale Ambien-te n. 2 del 2.01.2007, reperibile sul sito web della Regione Abruzzo - Gestione Rifiuti e Bonifiche.10 DGR n. 588 del 26.07.2010. www.regione.abruzzo.it 11 BURA n. 2 Speciale Ambiente del 29.01.2010.12 BURA n. 43 Speciale Ambiente del 28.07.2010. 13 BURA n. 44 Speciale Ambiente del 4/11/2009.14 DD n. DR4/203 del 28.10.2009.15 Si rammenta che sono in fase di sca-denza i contratti dei collaboratori (co.co.pro.) del SGR (dicembre 2010). Si stanno gestendo delicate procedure d’Infrazione UE. Si sta portando avanti un poderoso programma di bonifica dei siti contaminati. Sono in fase di eserci-zio i programmi FAS e POR, etc. 16 Pubblicata sul BURA Speciale Am-biente n. 27 del 17.07.2009.17 www.regione.abruzzo.it18 BURA n. 49 Speciale Ambiente del 20.11.2009.19 BURA Speciale Ambiente n. 2 del 2.01.2008.20 Direttiva 2008/98/Ce.21 Rappresenta la priorità del PRGR e quindi dell’azione del Servizio Gestione Rifiuti.22 Si rimanda l’analisi della situazione alla pubblicazione del Rapporto RD - 2008. www.regione.abruzzo.it23 Sono riportati i principali provve-dimenti su cui concretizzare l’azione amministrativa e di “decisione politi-ca”.24 Alcune proposte sono state già avan-zate nell’agosto 2007 c/o Provincia di L’Aquila (Comuni di Barisciano e e/o Poggio Picenze).25 BURA Speciale Ambiente n. 85 del

28.11.2008.26 BURA Speciale Ambiente n. 604 del 26.10.2009.27 DD n. 119 del 14.07.2010.28 DGR n. 349 del 3.05.2010.29 La realizzazione dei programmi descritti, può dipendere molto dal rafforzamento o meno delle unità la-vorative a disposizione del SGR.30 GUCE L 312 del 22.11.2008.31 Es. Notaresco, Atri, Gioia dei Marsi.32 Ampliamenti di siti esistenti ed utilizzo di impianti extra-regionali (Molise).33 BURA Speciale Ambiente n. 44 del 4.11.2009.34 Progetto Obiettivo n. 9 – Schede pro-gettuali del Programma di Governo.35 Schema di decreto legislativo appro-vato dal CdM il 16.04.2010.36 BURA Speciale Ambiente n. 71 del 5.09.2007.37 G.U. 13.07.2010, n. 161.38 G.U. 4 maggio 2010, n. 102.

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di Silvia Barchiesi

GESTIONE RIFIUTI

Dalla Giunta regionale una Delibera sulla tracciabilità dei rifiuti da costruzione e demolizione

NUOVE REGOLE PERSMALTIRE I RIFIUTI INERTI

Costituiscono una quota percentua-le rilevante della produzione totale di rifiuti in tutti i paesi della Unio-ne Europea e rappresentano circa il 25% in peso di tutti i rifiuti prodotti in Europa.Si tratta dei rifiuti da demolizione e costruzione (come terriccio, calcestruz-zo, ferro, laterizi, porcellana, ceramica, gesso, asfalto, legno, vetro, ecc.), la cui produzione pro-capite a livello europeo, secondo i dati più recenti sul flusso dei rifiuti C&D nei Paesi dell’Unione Europea, supera i 480 kg/ab anno e la cui produzione comples-siva ammonta a circa 470 Mt/a.Di questi, circa 180 Mt/a derivano da costruzione e demolizione di fabbri-cati e oltre 350 Mt/a da costruzioni stradali e escavazioni.Se poi si guarda i rifiuti di casa nostra, si nota che in Italia si producono 354 Kg annui/abitante di rifiuti da demoli-zione e costruzione: la maggior parte, circa il 53%, proviene dal settore della microdemolizione residenziale;una parte consistente, circa il 39%, da attività di microdemolizione del patrimonio edilizio non residenzia-le; mentre una minima parte, circa il l’8%, proviene dalle demolizione di interi edifici.E in Abruzzo? In questa regione la produzione dei rifiuti da C&D, essenzialmente rifiuti inerti, secondo i dati più recenti, am-monta a circa 206.309 tonnellate, pari al 22% del totale dei rifiuti speciali prodotti.Di questi ben l’83.8% viene avviato a recupero.Ecco la mappa regionale della produ-zione di rifiuti da C&D: - L’Aquila, 38.814 tonnellate; - Chieti, 68.740 tonnellate;- Pescara, 55.216 tonnellate;- Teramo 48.039 tonnellate.Al di là della quantità, varia da provin-cia a provincia anche la composizione dei materiali da C&D, sia per la diver-

sa origine dei rifiuti, sia per le diverse tecniche costruttive locali, il clima, l’attività economica e lo sviluppo tec-nologico della zona, nonché per la disponibilità locale di materie prime e materiali da costruzione.Ricostruire l’analisi dei flussi dei rifiuti da C&D risulta dunque problematico: questo genere di rifiuto, molto spesso estraneo a qualsiasi quantificazione e monitoraggio, viene, infatti, prodot-to da settori diversi e segue percorsi differenti e difficilmente “tracciabili”.Di qui la necessità di definire e uni-formare sul territorio regionale le modalità applicative, di competenza dei Comuni, ai sensi dell'art. 39, com-ma 2, della L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i., della tracciabilità dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) e per accertare le loro quantità.Per questo, la Giunta regionale ha ap-provato con la D.G.R. n. 514 del 28 giugno 2010 una Direttiva sui rifiuti da costruzione e demolizione, “Di-rettive regionali per l’applicazione da parte dei Comuni delle disposizioni di cui all’art. 39, comma 2 della L.R. 19.12.2007, n. 45 e s.m.i.”, condivisa da tutti gli attori del settore: rappre-sentanti degli Enti Locali (Unione delle Province e Lega delle Autonomie Lo-cali) e delle Associazioni di categoria (Confindustria, Associazione Naziona-le Costruttori Edili - ANCE).Con questa Delibera, ogni Comune deve prevedere che per ogni interven-to edilizio derivante da concessione edilizia, autorizzazione, dichiarazione di inizio attività o altro atto comunale di assenso, il titolare del provvedi-mento autorizzativo o il direttore dei lavori, dichiari la stima dell’entità e della tipologia dei rifiuti da C&D prodotti, l’autocertificazione attestan-te la presenza o meno di sostanze contenenti amianto nell’unità catastale oggetto di intervento ed il luogo o impianto ove si intende conferire i rifiuti da C&D.

Alla domanda di permesso/comuni-cazione/DIA presentata al Comune territorialmente interessato, dovranno essere allegati i seguenti documenti: - Modulo 1 “Rifiuti da C&D”, che con-tiene le informazioni relative alla stima dell’entità e della tipologia dei rifiuti inerti da C&D prodotti, specificando il tipo di intervento edilizio, l’ubica-zione, la gestione dei rifiuti, il luogo e/o impianto di destinazione finale, la tipologia e le quantità dei rifiuti- Modulo 2 “Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà”, che contiene informazioni sulla presenza o meno di amianto nei rifiuti stessa. La rimozione dei materiali pericolosi è infatti di fondamentale importanza per poter ottenere, dal processo di de-molizione, materiali non contaminati che possano essere facilmente avviati al riciclo.Alcune sostanze rilasciate durante la demolizione possono, infatti, contami-nare non solo gli altri rifiuti da C&D, ma anche penetrare nell’atmosfera o nel terreno, oltre ad esporre a rischi gli operatori che eseguono la demo-lizione.Identificare la natura dei rifiuti da C&D prodotti e soprattutto quantifi-carli è utile ai fini del loro riutilizzo, ad esempio per sottofondi stradali, ri-empimenti, ripristini ambientali, ecc. Insomma, la Direttiva volta a “fotogra-fare” e “tracciare” i rifiuti da C&D non è altro che un passo in avanti verso la promozione di una cultura del riciclo degli stessi che, invece, troppo spesso vengono abbandonati e/o smaltiti in modo incontrollato e illegale.Alla Delibera, volta a disciplinare e monitorare una parte del ciclo dei rifiuti speciali, farà presto seguito la definizione di un Accordo quadro re-gionale su tutta le gestione dei rifiuti da C&D.

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di Silvia Barchiesi

Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, la situazione in Abruzzo non ha mai assunto la valenza di “emergenza ambientale”. È quanto emerge dalla nuova edizione del “Rapporto sulle attività di smal-timento dei RU-2010”, elaborato dal Servizio Gestione Rifiuti (SGR) della Regione Abruzzo e disponibile sul sito www.regione.abruzzo.it, volto a scatta-re la fotografia del flusso dei rifiuti in Abruzzo e a delineare la mappa delle criticità ambientali in regione.A finire sotto la lente di ingrandimento del Rapporto del 2010 è la produzione e lo smaltimento dei rifiuti urbani del 2008.Sono, infatti, in corso di acquisizione da parte dell’Osservatorio Regionale Rifiuti i dati provinciali riferiti al 2009.Sebbene non sfoci ancora nell’emer-genza, la situazione, in Abruzzo, non è confortante.L’Abruzzo arranca e il Rapporto 2010 conferma le stesse problematiche già segnalate dall’edizione del 2009, spe-cie nelle attività di smaltimento delle province di Teramo e L’Aquila. Nella mappa dei rifiuti abruzzesi sono proprio in queste province le criticità più gravi.Tanto per cominciare nel comprensorio de L’Aquila, da circa 15 anni vi è la mancanza di un sito volumetricamente adeguato in grado di garantire il re-golare conferimento dei RU prodotti principalmente dal Comune che, in-vece, conferisce i propri rifiuti urbani, insieme ad altri piccoli Comuni, negli impianti di Aielli (ACIAM SpA) e Sul-mona (Cogesa SpA) e in località “Tufo colonico” di Isernia (Molise).Mentre è in corso di analisi uno studio per l’individuazione di un nuovo sito di smaltimento per il comprensorio aquilano e sono in corso di valuta-zione 10 ipotesi, le piccole discariche esistenti (Poggio Picenze, Navelli, Piz-zoli, Villa S.Lucia Ofena, ecc.), sono già al colasso, perchè chiuse o in fase di saturazione o inadeguate secondo il D. Lgs. 36/03 e s.m.i. Risulta in esercizio solo quella di Navel-

li (in cui conferiscono rifiuti i Comuni di Navelli, San Benedetto in Perillis e Collepietro).È in corso di chiusura definitiva quel-la di Pizzoli, ed è in previsione di riattivazione quella di Poggio Picenze, attualmente chiusa, in vista della fina-le saturazione della volumetria ancora disponibile (ca. 6.000 mc).La situazione sfiora l’emergenza e ri-schia il collasso nel comprensorio della Marsica, dove le discariche attualmente in esercizio (Sante Marie e Magliano dei Marsi), sono prossime alla satu-razione e garantiscono un’autonomia operativa solo per i prossimi mesi.Di qui l’avvio del nuovo impianto di Gioia dei Marsi (ACIAM SpA - ca. 365.000 mc) tra circa 2 mesi, mentre il nuovo impianto di compostaggio di Aielli punta al potenziamento delle at-tuali linee di trattamento e la discarica esistente nel Comune di Sante Marie mira all’ampliamento nel Comune di Capistrello.Anche nel Comprensorio di Sulmona, il 1° lotto della discarica di servizio è in fase di saturazione e sono iniziati i lavori di realizzazione di un 2° lotto per ca. 70.000 mc; così come è vicino al limite l’impianto che serve il Com-prensorio dell’Alto Sagro.Ma nella mappa dei rifiuti regionali an-che la Provincia di Teramo è segnata in “rosso”. Qui i Comuni conferiscono da oltre due anni in località “Carapollo” di Teramo, nella discarica di “Colle Cese” di Spol-tore (PE), mentre i rifiuti trattati (FOS) vengono conferiti in altri siti Cerrati-na di Lanciano, Sogliano sul Rubicone (Emilia Romagna). É stata inoltre rilasciata l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) alla discari-ca per rifiuti non pericolosi presentata dalla SOGESA SpA di Notaresco che dovrà sorgere in località Casette di Gra-sciano, nel Comune di Notaresco (TE) per servire i Comuni del comprensorio CIRSU SpA e quelli dell’Ambito Territo-riale Ottimale della Provincia di Teramo (ATO n. 1).

Mentre i Comuni del Comprensorio Val Vibrata conferiscono in via temporanea i rifiuti nella discarica “Cerratina” di Lanciano (CH), è previsto un amplia-mento della discarica ubicata in località “Salinello” di Tortoreto, impianto at-tualmente sottosequestro da parte della Magistratura. L’eventuale riapertura della discarica è condizionata dal pronunciamento de-finitivo sia della Magistratura, che del Comune di Tortoreto.Nell’impianto “Cerratina” di Lanciano conferiscono anche i Comuni del Com-prensorio Piomba-Fino. Qui è stata rilasciata l’AIA per la rea-lizzazione di una nuova discarica di 90.000 mc. Ma il “problema rifiuti” in Abruzzo non è circoscritto alle sole province di Te-ramo e de L’Aquila.Se queste arrancano nella gestione dei rifiuti, la loro “sofferenza” comincia, infatti, a pesare anche sulle province di Chieti e Pescara che, facendosi carico di conferimenti extra-territoriali d’emer-genza, rischiano la precoce saturazione delle proprie discariche.Maggiormente a rischio è la provincia di Pescara che può contare su di un’au-tosufficienza territoriale di smaltimento RU di circa un anno e mezzo, massimo due, in caso di ampliamento della di-scarica di Colle Cese, unico sito attivo in provincia e attualmente a servizio anche del pescarese e del tramano, per cui è stata presentata una richiesta di ampliamento di circa 97.000 m3.Tra i progetti in cantiere, ma ancora sulla carta, volti a scongiurare il “collas-so-rifiuti”, figura la discarica per rifiuti non pericolosi, che dovrebbe essere realizzata dalla DECO SpA in località “Caparrone”, nel Comune di Collecorvi-no (PE) a seguito della bonifica dell’ex discarica comunale.Il Servizio Gestione Rifiuti ha segnalato in diverse riunioni la necessità di indivi-duare nell’ambito provinciale, un nuovo sito di smaltimento per rifiuti urbani trat-tati al fine di garantire l’autosufficienza territoriale nel medio-lungo termine.

Criticità, proposte e soluzioni presentate dal Servizio Gestione Rifiuti della Regione

RIFIUTI: LA MAPPA DELLOSMALTIMENTO IN REGIONE

“Rapporto sulle attività di smaltimento dei RU-2010”

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Di qui la proposta del SGR abruzzese di avviare una “procedura sostitutiva”, con la nomina di un “commissario ad acta”, per la progettazione e realizza-zione di un impianto di trattamento e riciclaggio delle frazioni organiche (im-pianto di compostaggio e/o di digestione anaerobica), provenienti dalle utenze domestiche e dalle grandi utenze e da avviare a compostaggio/produzione di biogas.Va meglio e non rischia, invece, l’emer-genza lo smaltimento rifiuti nella provincia di Chieti, dove le discariche di “Cerratina” di Lanciano e “Casoni” di Chieti, per le quali è addirittura pre-visto un ampliamento e potenziamento, proprio in virtù del ruolo di sussidiarità svolto nei confronti di altri territori, so-no in grado di assicurare un’adeguata autosufficienza di smaltimento.Se l’autonomia provinciale nello smal-timento rifiuti è l’obiettivo ultimo della Regione Abruzzo e delle sue nuove politiche di gestione dei rifiuti, da rag-giungere nel lungo periodo, la ricerca di soluzioni-tampone, volte ad arginare e a contenere le criticità è la preoc-cupazione più stringente nel breve periodo.Di qui l’impegno del Servizio Gestio-ne Rifiuti nell’attivare piani, interventi, protocolli d’intesa e accordi con Enti, Associazioni e Istituzioni, volti da un la-to a tamponare le criticità e a contenere l’emergenza nell’immediato, dall’altro a “ripensare” da capo la gestione dei rifiuti in regione e a ridisegnarne i con-torni.Tra le misure ad oggi messe in campo figurano:a. l’approvazione di DGR per l’attua-zione di accordi tra Province/ATO/Consorzi diversi per garantire la con-tinuità delle attività di smaltimento dei RU; b. la riorganizzazione e diffusione dei servizi di raccolta differenziata secondo modelli domiciliari (porta a porta e/o di prossimità). c. iniziative volte a promuovere l’utiliz-zo degli ammendanti compostati per usi

agricoli o forestali (protocollo d’intesa “Campi dimostrativi”);d. l’attuazione di piani e programmi volti a promuovere le attività di riu-so, riciclo e recupero di energia dai rifiuti;e. accelerazione dei procedimenti am-ministrativi (AIA, AU, CdS, rinnovi, diffide, approvazione PdA, procedure di bonifiche, ..etc);f. attuazione del nuovo Accordo quadro regionale Regione Abruzzo - CONAI, per il potenziamento delle raccolte dif-ferenziate degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio, approvato con DGR n. 275 del 1.06.2009.2; g. attuazione di altri accordi volontari interessanti altre filiere (CIC per pro-duzione compost qualità, Consorzi per “campi dimostrativi”, rifiuti agricoli, rifiuti portuali…).Se molto è stato fatto dal Servizio Ge-stione Rifiuti della Regione, molto altro c’è ancora da fare.La ricetta per uscire dalla “crisi rifiuti” in Abruzzo?A fornirla è sempre il SGR: realizzare un sistema di smaltimento RU basato su pochi e medio - grandi bacini di smaltimento per un’autosufficienza de-cennale, di almeno uno e/o due bacini medio-grandi, per provincia/ATO, nella previsione di una continua diminuzione dei conferimenti in discarica. È questo l’obiettivo ultimo da realiz-zare. Le proposte per concretizzarlo vengo-no sempre dal SGR che, provincia per provincia, individua una serie di misure risolutive, ovvero una lista di azioni volte a superare in maniera definitiva le problematiche gestionali attualmente presenti in Regione relative allo smal-timento dei rifiuti.In Provincia di Teramo, ad esempio, l’autonomia di smaltimento sarebbe pos-sibile per almeno 5 anni con il rilascio delle AIA per la discarica di “SOGESA SpA” di Notaresco e per la discarica del “Consorzio Piomba-Fino” di Atri.In Provincia di L’Aquila, le attuali critici-tà, almeno nel comprensorio marsicano

(Gioia dei Marsi) e Peligno (Sulmona), verrebbero superate grazie ad un inva-so in grado di garantire per i prossimi anni anche lo smaltimento dei residui delle macerie.In provincia di Pescara, considerando che l’ampliamento della discarica di “Colle Cese” di Spoltore potrà garanti-re un’autosufficienza di circa 2 anni, è necessario attivare a breve l’iter ammi-nistrativo di realizzazione di un nuovo sito volto a garantire lo smaltimento per i prossimi 8-10 anni. Di qui l’urgenza di un aggiornamento anche del PPGR di Pescara.In Provincia di Chieti costituiscono priorità l’ampliamento della discarica di “Cerratina” di Lanciano (in cor-so di valutazione), la realizzazione dell’impianto di TMB (impianto fisso di trattamento dei RU) e il potenziamento della piattaforma RD.Oltre a queste misure strutturali, lo stes-so Servizio Gestione Rifiuti individua anche una serie di iniziative e politiche programmatiche da affiancare a questi interventi impiantistici e da attivare in maniera collaterale:• promuovere in tutti i comuni della

regione politiche di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti urbani che ancora stentano a decol-lare;

• potenziare tutte le iniziative fina-lizzate alla diffusione delle raccolte differenziate secondo sistemi integrati (porta a porta e/o di prossimità), da parte dei Consorzi e/o Comuni, per conferire meno rifiuti in discarica ed avviare più materiali a riciclo.

Ma non solo. Il Servizio Gestione Ri-fiuti continuerà a portare avanti tutte le altre iniziative in corso che si ba-sano sinteticamente su alcune priorità riguardanti il sistema impiantistico e dei servizi di RD: • la realizzazione della “rete regionale

delle piattaforme ecologiche, stazioni ecologichee centri di raccolta”;

• l’attuazione dei programmi di dif-fusione dei servizi delle “raccolte differenziate domiciliari”;

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• l’attuazione dei programmi regiona-li relativi agli imballaggi e rifiuti di imballaggio (sistema CONAI).

• l’attuazione dei programmi regionali relativi ai Rifiuti Urbani Biodegrada-bili (Accordo CIC per il programma di utilizzo del “Compost Abruzzo”, iniziative relative ai “Campi dimo-strativi” e “Mondo Compost”);

• la ristrutturazione degli “impianti di TMB” esistenti (compostaggio, dige-stione anaerobica e bioessicazione) e la realizzazione degli impianti di nuova programmazione;

• l’approvazione di “nuovi bacini di smaltimento” e dei “Piani di Ade-guamento” (PdA) delle discariche;

• l’attuazione dei programmi e degli interventi di “bonifica dei siti poten-zialmente contaminati”.

Prevenire la produzione dei rifiuti, ri-durla, promuovere il riciclo e il riuso è il modo più virtuoso e intelligente per risolvere le attuali criticità di smal-timento e scongiurare l’emergenza ambientale che grava minacciosa sulla regione Abruzzo.Si tratta, tuttavia, di una strategia di lungo periodo, che guarda lontano. Ma l’Abruzzo è già in difficoltà e per quan-to riguarda lo smaltimento già soffre.Ecco allora che gli interventi strutturali e impiantistici non possono più attendere. Questi sono necessari per ripristinare l’autosufficienza di smaltimento su scala provinciale e regionale.È quanto emerge dal Rapporto 2010 ela-borato dal Servizio Gestione Rifiuti.“Se non si realizzeranno i nuovi impianti di smaltimento autorizzati dalla Regione

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Abruzzo, si prevede - si legge nel Rappor-to- stante l’attuale produzione di RU e i livelli di RD, la saturazione degli impianti esistenti entro il 2011-2012”.Insomma, l’Abruzzo non è ancora in “emergenza- rifiuti”, ma l’emergenza è dietro l’angolo.Le misure-tampone messe in atto fino ad oggi (come gli ampliamenti delle volumetrie o i conferimenti extra-pro-vinciali o extra-regionali) non bastano per scongiurarla, ma solo a ritardarla.Di qui l’invito del Servizio Gestione Rifiuti affinché le Autorità preposte ai vari livelli, istituzionali ed operativi (Co-muni, Consorzi comprensoriali, ecc.), prendano decisioni urgenti, definitive e non più rinviabili in merito alla rea-lizzazione di nuovi siti di smaltimento e/o loro ampliamento.

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Approvato dalla Giunta regionale un provvedimentoper arginare le criticità di smaltimento dei rifiuti in Abruzzo

RIFIUTI: AL VIA LA PROROGAPER IL CONFERIMENTO FUORI ATOLa proroga slitta al prossimo 31 dicembre

di Silvia Barchiesi

L’Abruzzo non è in emergenza rifiuti, tuttavia, perman-gono alcune criticità che si trascinano da mesi e che ancora non sono state tamponate, specie nella provincia di L’Aquila. A prendere atto dell’attuale scarsa autonomia di smal-timento rifiuti nell’aquilano è la Giunta regionale che a fronte della scarsa disponibilità volumetriche delle discariche ed impianti di trattamento in esercizio, ha disposto un provvedimento speciale per lo smaltimento dei rifiuti inerti e macerie, volto ad arginare le difficoltà ancora persitenti all’interno del cratere colpito dal ter-remoto dello scorso anno.Così, grazie alla D.G.R. n. 513 del 28/06/2010 i rifiuti urbani del comune di L’Aquila saranno conferiti per ulteriori sei mesi, ovvero fino al 31 dicembre, presso l’impianto di smaltimento della Cogesa SpA di Sulmo-na. Ma la proroga concessa non riguarda solamente il comune di L’Aquila.Gravi difficoltà operative nello smaltimento dei rifiuti urbani permangono nell’intera regione, soprattutto per via della mancanza di impianti di smaltimento e per l’in-sufficiente potenzialità degli impianti di trattamento.Nella mappa dell’emergenza rifiuti in Abruzzo ad aggiu-dicarsi il bollino rosso, oltre alla provincia di L’Aquila, è quella di Teramo.Per questo, la delibera autorizza sino al prossimo 31 dicembre il conferimento dei rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e trattamento ubicati in Province e Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi. Consorzi Intercomunali e/o loro Società SpA, Comuni e Gestori dei servizi di igiene urbana potranno ancora per un po’ conferire “fuori ATO”.La decisione, è stata presa a seguito di numerosi incon-tri, l’ultimo il 14 giugno scorso presso la Provincia di Pescara con le Province di Teramo e Pescara, i Sindaci dei Comuni della Provincia di Pescara e i rappresentanti dei vari Consorzi che hanno concordato un’ulteriore proroga nel conferimento.Per tamponare le difficoltà operative e garantire la continuità degli smaltimenti di rifiuti di origine urbana, infatti, si era già preso un analogo provedimento, che autorizzava sino al 30.06.2009, il conferimento dei rifiuti urbani in impianti di smaltimento e trattamento ubicati in ambiti territoriali diversi (Province e/o ATO). Scaduto il termine, si è così provveduto a fissare un nuovo termine: altri 6 mesi, ovvero da giugno a dicem-bre, periodo necessario per la realizzazione di impianti recentemente autorizzati e non ancora in funzione: di-scarica del Consorzio comprensoriale per lo smaltimento RU Area Piomba - Fino di Atri, discarica per rifiuti non

pericolosi di ACIAM Spa a Gioia dei Marsi (AQ) e di-scarica della SOGESA SpA di Notaresco.Tale lasso di tempo dovrebbe, infatti, essere sufficiente per lo svolgimento dell’iter amministrativo di approva-zione dei progetti necessario per l’avvio effettivo dei diversi impianti (richiesta pareri tecnici, organizzazione delle conferenze di servizi, ecc.), nonché per la realizza-zione dei programmi in materia di Raccolta differenziata da parte dei soggetti interessati e il potenziamento dei servizi di raccolta differenziata in numerosi Comuni, tramite la concessione di contributi finanziari da parte della Regione Abruzzo. Nell’attesa di risolvere le criticità di smaltimento in via definitiva occorre dunque, prorogare la collaborazione tra le diverse realtà provinciali.Più nel dettaglio, la delibera autorizza:- la proroga dei termini temporali stabiliti dalla DGR

n. 780/2010 del conferimento dei rifiuti di origine urbana in impianti di smaltimento e/o trattamento ubicati in Province e/o Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) diversi;

- la proroga di ulteriori 6 mesi (ovvero sino al 31.12.2010), delle disposizioni regionali di cui alla DGR n. 780/2010, relativa agli impianti di gestione dei rifiuti ubicati in Provincia di L’Aquila;

- l’aumento delle potenzialità annue del 10% degli im-pianti di trattamento rifiuti della COGESA SpA e di ACIAM Spa, per un periodo di 6 mesi (sino 31.12.2010), per affrontare l’emergenza rifiuti creatasi nel Comune di L’Aquila, nei comuni del cosiddetto “cratere” ed, in caso di ulteriori necessità della Provincia di L’Aquila;

- il conferimento straordinario presso la discarica della COGESA SpA di Sulmona per un periodo di 6 mesi (sino al 31.12.2010) e per un quantitativo di ca. 200 t. di rifiuti provenienti dal trattamento delle macerie da crolli e demolizioni provocate dal sisma.

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ARTA ABRUZZO

di Alberto Piastrellini

Organo di supporto tecnico-scientifico per chi ha la responsabilità del governo del territorio, con la responsa-bilità particolare di fornire dati, monitorare emergenze ed analizzare fenomeni di rilevanza ambientale, l’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente è il vero e proprio “braccio-tecnico” della Regione allorquando si affrontano problematiche ambientali.Istituita con l’approvazione della L. R. n. 64/98 in attuazione della Legge n. 61 del 21 gennaio 1994 (istituzione ANPA e riorganizzazione dei controlli ambientali), dal 2000 è formalmente costituita e garantisce sul territorio una com-plessa e specialistica attività di prevenzione, protezione e tutela ambientale fatta di indagini, analisi, monitoraggio e comunicazione dei dati.Per meglio conoscere l’operato dell’ARTA, lo stato dell’arte circa le principali emergenze da affrontare ed i risultati raggiunti dalla struttura, abbiamo intervistato l’Ing. Carlo Visca, Com-missario Regionale, attualmente alla guida dell’Agenzia.

Ing. Visca, quali sono, secondo ARTA, le emergenze ambientali della regione Abruzzo?Il territorio della nostra regione è a rischio per diverse emergenze ambientali. Ovviamente tra le problematiche di maggiore preoccupazione occupa un posto rilevante la gestione delle macerie del post-terremoto. L’ARTA, su incarico del Presidente della Regione Abruzzo in qualità di Commissario, sta svolgendo un’intensa attività di vigilanza sulle macerie, di individuazione dei siti di stoccaggio o depositi temporanei ed effettua anche sopralluoghi sulle cave per un eventuale ripristino ambientale. Inoltre, al fine della separazione delle macerie; effettua analisi chimiche dei materiali per stabilirne la qualità (se materie prime o secondarie) per un loro possibile riutilizzo.Altre emergenze sono costituite dalle aree del Saline-Alento e di Bussi, individuate dal Ministero dell’Ambiente quali Siti di Interesse Nazionale (S.I.N.) che necessitano di interventi di bonifica. Per il Saline-Alento, sta per essere avviato l’in-tervento di bonifica in quanto l’ARTA ha già provveduto ad effettuarne la caratterizzazione; mentre per quanto attiene al territorio di Bussi, contaminato da rifiuti tossici, l’ARTA ha predisposto il progetto di caratterizzazione, sul quale il Mi-nistero dell’Ambiente ha espresso parere positivo. Per poter procedere, poi, alla fase esecutiva della caratterizzazione, è previsto un impegno finanziario nazionale che tarda ad arrivare. C’è da dire che spesso la fase di emergenza resta “aperta” anche per anni, a causa dei tempi delle procedure decisionali che dilatano all’infinito i tempi di erogazione dei contributi necessari. Inoltre, l’ARTA, come organismo di monitoraggio e di controllo, affronta quotidianamente, con competenza e professionalità, ogni problematica legata alla conoscenza dello stato dell’aria, delle acque, del suolo e del sottosuolo.

In qualità di Punto Focale Regionale, su delega della Regione Abruzzo, assicura la disponibilità dei dati e delle informa-zioni ambientali di interesse nazionale prodotti all’interno del territorio regionale, e ne garantisce l’aggiornamento curandone l’invio alle varie banche dati (ISPRA, Ministeri, ecc.) secondo le metodiche fissate in ambito SINAnet.Va ricordato, poi, che attraverso la Struttura oceanografica Motonave “Ermione”, l’Agenzia effettua campagne di rilievo batimetrico dei porti abruzzesi, utili per le operazioni di dra-gaggio e di monitoraggio dell’ambiente marino-costiero.

Su quali risorse possono contare le attività di monito-raggio ed analisi ambientale?Purtroppo le risorse, sia strumentali che relative al persona-le, sono estremamente limitate, in quanto abbiamo assistito nel corso degli anni ad una progressiva riduzione delle disponibilità finanziarie che, per oltre l’85% derivano dall’ex Fondo Sanitario Regionale, mentre soltanto una minima parte deriva dai fondi dell’Assessorato all’Ambiente. Da ultimo la Regione ha emanato un’apposita norma che prevede che gli avanzi di amministrazione degli enti strumentali vengano restituiti alle casse regionali; tale trasferimento coattivo ha comportato in pratica per l’anno 2010 la restituzione alla Regione di oltre un milione e 400.000 euro: ben più del contributo ordinario concesso dall’Assessorato all’Ambiente! Va sottolineato che l’ARTA nel corso degli anni aveva pro-ceduto a tali accantonamenti attraverso un’oculata politica di spesa al fine di migliorare il proprio patrimonio immo-biliare. È a noto che la sede del Dipartimento di Pescara presenta gravi problemi strutturali e che anche quella di Teramo necessita di interventi urgenti, per non parlare dei recenti lavori di ristrutturazione dell’immobile sede del Di-partimento di L’Aquila, realizzati con proprie risorse, e che è stato irrimediabilmente danneggiato dall’evento sismico (classificato in cat. E). Le già scarse disponibilità finanziarie, poi, vengono ulte-riormente depauperate dai costi che l’ARTA deve affrontare per le attività disposte dall’autorità giudiziaria. La novellata normativa regionale prevede un nuovo assetto giuridico dell’Agenzia ed un nuovo Regolamento: si auspica di poter garantire un servizio migliore attraverso il completamento della dotazione organica che, attualmente, stante i numerosi concorsi in atto, non è ancora a regime.

Qual è il contributo dell’ARTA nell’ambito delle politi-che regionali per la gestione dei rifiuti?Le attività dell’ARTA in materia di rifiuti sono molteplici e coinvolgono tutte le strutture dell’Agenzia. La normativa nazionale e regionale affida all’ARTA un ruolo primario di vigilanza e controllo, inerente il rispetto della normativa vigente da parte di tutti gli operatori coinvolti nella gestione dei rifiuti.

OBIETTIVO:SOSTENIBILITÀ AMBIENTALEIl nuovo Commissario dell’ARTA illustra lo stato dell’artedell’Agenzia regionale per la Tutela dell’Ambiente Abruzzo

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Le attività svolte dai quattro dipartimenti dell’Agenzia sono condotte a supporto degli Enti locali, in particolare di Re-gione e Province, e riguardano principalmente le attività di controllo svolte sui diversi soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti e le istruttorie tecniche per il rilascio delle auto-rizzazioni previste per la gestione degli stessi. Parte predominante dell’attività dipartimentale consiste nella effettuazione di sopralluoghi e controlli presso gli impianti di smaltimento, trattamento e recupero, mentre l’attività analitica consiste principalmente nella verifica e controllo dei codici CER e nella caratterizzazione chimico/fisica di rifiuti abbandonati, funzione svolta spesso dietro ordine della magistratura.L’ARTA è, inoltre, organismo tecnico di supporto alla Regio-ne per la predisposizione di linee guida per l’analisi dei siti contaminati ed è interpellata per i pareri tecnici necessari in qualità di componente del gruppo di lavoro regionale per il Piano di gestione dei Rifiuti, oltre alla partecipazione ai numerosi tavoli tecnici sulle diverse tematiche ambientali.

Ambiente e ricerca abbisognano entrambi di ottime conoscenze specifiche. Qual è, a suo avviso, il livello di formazione del personale e dei tecnici ARTA?Il livello di formazione del personale e dei tecnici ARTA è costantemente monitorato e in crescita continua, anche grazie alla recente assunzione di giovani laureati nelle di-scipline ambientali di recente istituzione. L’Agenzia individua le esigenze di aggiornamento del pro-prio personale e ne garantisce la soddisfazione attraverso piani formativi annuali.I corsi sono aperti anche al pubblico, previo pagamento dei costi di iscrizione. Sono organizzati, altresì, appositi corsi di formazione rivolti al personale sanitario, che perseguono gli obiettivi del programma nazionale sanitario ECM (Edu-cazione continua in Medicina) del Ministero della Salute, attraverso l’attribuzione dei crediti formativi previsti.La professionalità e la consolidata esperienza tecnico-scienti-fica di coordinatori e docenti rappresentano una garanzia di qualità dei corsi proposti, sia in termini di contenuti trattati che di strumenti didattici utilizzati. Inoltre, al fine di garantire l’informazione, la sensibilizzazio-ne e l’educazione dei cittadini, allacciando e mantenendo relazioni con altri Enti ed istituzioni, soggetti pubblici e pri-vati, associazioni di categoria ed imprese, l’ARTA Abruzzo ha istituito già dal 2006 un’Associazione senza fini di lucro deno-minata “Scuola EMAS Abruzzo” con l’intento di diffondere i principi di sviluppo sostenibile, ed organizza ogni anno Corsi di formazione superiore e Master per Consulenti in materia ambientale in collaborazione con Università e altri enti.

Tanti sono gli attori coinvolti nelle attività di controllo e monitoraggio degli illeciti ambientali. Può raccontar-

ci qualche esempio concreto di collaborazione attiva fra ARTA e Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, NOE, ecc.?Esempio concreto di collaborazione attiva è il Protocollo d’intesa con il Comando dei Carabinieri per la tutela dell’Am-biente –Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Pescara sul trasporto transfrontaliero dei rifiuti che dal 2004 prevede, tra l’altro, anche la gestione della dismissione dei prodotti contaminati da PCB e la condivisione per via telematica delle banche dati regionali. È in essere anche una convenzione con la Guardia di Fi-nanza che riguarda il monitoraggio e il controllo delle fonti di inquinamento sul territorio della Regione Abruzzo attraverso l’utilizzo di elicotteri leggeri tipo BREDA NARDI NH500 in dotazione al reparto operativo aeronavale di Pe-scara. I controlli sulla fascia costiera sono invece effettuati con l’impiego del velivolo P166.

In che modo ARTA risponde alla necessità dei citta-dini di poter disporre di una corretta informazione ambientale?L’Agenzia assicura un importante apporto di competenze tecnico-scientifiche e produce una grande mole di dati sullo stato dell’ambiente, concede la possibilità per giovani stu-denti attraverso stages di vivere esperienze di lavoro e ricerca in campo ambientale, mediante l’utilizzo di strumentazioni e metodologie per uscite “sul campo”. Fino a quando, però, il Sistema Informativo Regionale Ambientale (S.I.R.A.) non entrerà a regime, i dati ambientali non potranno essere di disponibilità immediata e intelligibile sul web. Tuttavia l’AR-TA, su richiesta, è tenuta a fornire tutte le informazioni e i dati in suo possesso, sia sui monitoraggi che sui controlli, come peraltro accade quasi quotidianamente su richiesta, ad esempio, delle associazioni ambientaliste.Importante è sottolineare che l’ARTA possiede una visione globale e interrelata delle problematiche ambientali e una vocazione e un diretto interesse per la tessitura di rela-zioni e lo sviluppo della collaborazione tra tutti gli enti e gli stakeholders, nel comune obiettivo della sostenibilità ambientale.

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AMBIENTE E SOSTENIBILITÀ

di Silvia Barchiesi

Siglato il Protocollo operativo, volto a disciplinare la gestione el’organizzazione dei “campi dimostrativi-Compost Abruzzo”

Obiettivo del Progetto promuovere l’utilizzo del “compost di qualità”come fertilizzante naturale per coltivazioni agricole e forestali

IL “COMPOST ABRUZZO” SCENDE “IN CAMPO”:AL VIA I CAMPI DIMOSTRATIVI

Dopo aver raggiunto l’importante tra-guardo del Marchio “Compost Abruzzo”, un marchio di qualità per il Compost abruzzese, riconosciuto dal CIC (Con-sorzio Italiano Compostatori), la Regione non si ferma e nel percorso organizzativo che porta alla gestione integrata della filiera dei rifiuti organici avanza un’altra importante proposta: la realizzazione di campi dimostrativi per avviare la speri-mentazione del Compost di qualità come ammendante organico nei terreni utilizza-ti per coltivazioni agricole e forestali. È dunque proprio nei “campi dimostrativi”, che la strada che conduce alla riduzione della produzione dei rifiuti incrocia quella che porta alla promozione e valorizzazione di un’agricoltura di qualità.Il compost, infatti, fa bene all’agricoltura, ma più in generale fa bene all’ambiente: il suo impiego come ammendante naturale per i terreni, oltre a mantenerne la fertilità, permette di ridurre l’impiego di risorse non rinnovabili utilizzate per produrre fertilizzanti chimici, riducendo allo stes-so tempo la quantità di scarti organici da avviare alle operazioni di smaltimento. Trasformare gli scarti organici in compost da usare come fertilizzante (in agricoltura, nel florovivaismo, in ambito di recupero paesaggistico) è quindi un modo per con-tribuire all’uso sostenibile delle risorse:- funziona come fertilizzante a tutti gli

effetti;- migliora la qualità del suolo;- consente di conservarne nel lungo

periodo la fertilità, il suo stato strut-turale;

- ha la capacità di assorbire e rilasciare acqua e di trattenere gli elementi nu-tritivi in forma facilmente assimilabile da parte della pianta;

- promuove tutte le attività biologiche del suolo.

Ma non solo. Numerosi studi scientifici e test dimostrativi hanno persino eviden-ziato, sulla base delle prove effettuate sulle diverse colture orticole, frutticole ed erbacee, che i risultati dell’utilizzo del compost di qualità su terreno agri-colo sono in alcuni casi anche migliori a quelli raggiunti tramite l’impiego di altri ammendanti organici convenzionali.

Promuovere la sua duplice valenza, am-bientale e agricola, è l’impegno assunto dalla Regione che, dopo aver istituito un vero e proprio marchio volto a garantire la qualità del prodotto ottenuto dal com-postaggio dei rifiuti organici oggetto di raccolta differenziata, ha stipulato un Ac-cordo per la sua sperimentazione operativa, ovvero per la sua messa “in campo”.A siglare il Protocollo operativo, volto a disciplinare il Progetto “Campi dimo-strativi-Compost Abruzzo”, oltre alla Regione, sono stati il Consorzio Italiano Compostatori, l’Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo (ARSSA) dell’Abruzzo, la Federazione Regionale Coltivatori Diretti, la Confederazione Regionale Agricoltori.Ma non sono solamente questi gli enti coninvolti nel progetto.Tali “campi dimostrativi” constituiscono, infatti, una sorta di “laboratorio speri-mentale” per gli operatori agricoli e una sorta di “palestra didattica” per gli stu-denti degli istituti agrari.Di qui l’importante coinvolgimento di altri soggetti, quali:- le aziende agricole regionali che

utilizzeranno il compost di qualità “Compost Abruzzo”, prodotti dagli impianti di compostaggio sui propri terreni agricoli come surrogato di altri ammendanti agricoli a disposizione;

- gli Istituti Tecnici e Professionali per l’agricoltura della Regione che uti-lizzeranno il compost di qualità su terreni agricoli sperimentali come ammendante compostato per finalità didattico-scientifiche;

- altri soggetti, pubblici e/o privati, in relazione alle specificità territoriali in cui si organizzano le attività dei “cam-pi dimostrativi” ed alla necessità di rendere l’esperienza, più partecipata e qualificata.

Grazie a tale Accordo, l’esperienza pilo-ta del campo dimostrativo di Aielli (AQ), dove il compost di qualità prodotto nel-lo stesso impianto viene utilizzato per la concimazione naturale dei terreni, è così destinata ad essere replicata. Lo scopo dell’Accordo è infatti quello di diffondere e promuovere l’utilizzo del

“Compost Abruzzo” come ammendante organico nei terreni utilizzati per coltiva-zioni agricole e forestali, in sostituzione parziale o totale di altri fertilizzanti di uso più comune.Al di là delle sue finalità dimostrative e divulgative, l’importanza dell’Accordo assume anche una duplice valenza: “di-dattico-culturale”, in quanto prevede che i “campi dimostrativi” siano a disposizione delle attività didattiche degli Istituti Agrari e Professionali e di altri istituti scolastici interessati all’economia ambientale, in quanto tali campi-pilota puntano in realtà allo sviluppo di un vero e proprio mercato del “compost di qualità”, da impiegare nei settori interessati.L’Accordo disciplina operativamente l’organizzazione, il funzionamento e la localizzazione dei campi.Innanzittutto, questi si devono trovare all’interno di aree agricole, preferibil-mente in prossimità degli impianti di produzione del compost di qualità o di zone ad alta intensità agricola dove sussistono le maggiori potenzialità d’uso dello stesso oppure nelle aree degli Isti-tuti scolastici con sede sul territorio regionale.In ciascun campo dimostrativo è, inol-tre, obbligatoria l’istallazione di tabelle identificative ed esplicative riportanti le seguenti informazioni: enti interessati al-la sperimentazione e gestione del campo dimostrativo; riferimenti al “Protocollo operativo” ed altri atti amministrativi ad esso connessi; dati dell’impianto di produzione del “compost di quali-tà”; informazioni sul soggetto gestore del campo dimostrativo; finalità delle attività svolte nel campo dimostrativo; riferimenti web e contatti e-mail per la promozione dell’iniziativa. Mentre all’ARSSA spetterà il compito di coordinare l’organizzazione, la gestione e la supervisione delle attività nei “cam-pi dimostrativi”, la loro gestione potrà essere affidata ai seguenti soggetti: - il Centro per la Sperimentazione e la

Divulgazione delle Tecniche Irrigue (COTIR);

- gestori di impianti di produzione del “compost di qualità”;

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- Istituti agrari ed altri istituti scolastici interessati all’iniziativa;

- le aziende agricole individuate dalle as-sociazioni degli agricoltori e dall’ARSSA sulla base dei seguenti criteri:a. capacità tecniche delle aziende a

collaborare alla sperimentazione ed al rispetto del protocollo tecnico operativo;

b. vocazionalità delle diverse colture nell’ambito del territorio regionale;

c. presenza di infrastrutture che fa-cilitino il raggiungimento delle aziende sia per il trasporto dei mezzi tecnici che per l’organizza-zione di visite guidate ai “campi dimostrativi”;

d. precedenti esperienze di collabo-razione nella gestione di campi

dimostrativi e sperimentali. Per quanto riguarda la gestione, il fun-zionamento e la promozione dei campi dimostrativi, l’Accordo stabilisce e fissa com-piti e funzioni di ciascun ente firmatario.Mentre il Consorzio Italiano Com-postatori (CIC) si impegna a fornire consigli ed informazioni sulle attività da svolgere nei campi dimostrativi, diffondendone e promuovendonone i risultati tramite i propri strumenti di comunicazione o tramite la partecipa-zione ad eventi e manifestazioni ad hoc, la Regione Abruzzo si fa carico delle seguenti azioni:a. inserire in programmi di finanziamenti

regionali, le risorse destinate all’attua-zione delle finalità previste nel presente Accordo;

b. verificare, la funzionalità ed effica-cia delle modalità e disposizioni di natura tecnico-procedurale previste dall’Accordo, apportando, se ne-cessario, le opportune modifiche ed integrazioni;

c. diffondere e promuovere i risultati conseguiti;

d. compartecipare, anche dal punto di vista finanziario, all’attuazione del progetto sperimentale con un mas-

simo di € 45.000,00 nel triennio 2010-2012.

Spetterà invece all’ARSSA:a. individuare i metodi ed i criteri per

l’attivazione dei campi dimostrativi;b. individuare, in collaborazione con le

Associazioni agricole, le aziende per la gestione dei campi dimostrativi;

c. individuare, in collaborazione con gli istituti scolastici interessati, le aree di questi ultimi, da destinare a campi dimostrativi;

d. coordinare la gestione operativa dei campi dimostrativi;

e. valutare la qualità dei substrati at-traverso analisi chimico-fisiche dei campioni di terreno prima e dopo l’ap-plicazione del “compost di qualità”;

f. collaborare con le istituzioni scolasti-

che aderenti al progetto o, comunque, interessate;

g. redigere per ogni anno di attività un dettagliato “Rapporto Finale” delle diverse attività svolte e dei risultati rag-giunti e promuoverne la diffusione.

Alle Associazioni di imprese agricole e ai Consorzi Agrari spettano invece attività di supporto e sostegno all’ARSSA nell’individuare le aziende agricole per la gestione dei campi dimostrativi e ai propri associati nel fornire informazioni sull’iniziativa.Tra i compiti che l’Accordo assegna ai Consorzi Agrari c’è anche quello di “spingere” il “compost di qualità” sul territorio attraverso iniziative e attività di comunicazione indirizzate soprattut-to all’imprenditoria agricola volte a far decollare un vero e proprio mercato del “compost di qualità”.Compito dei Consorzi sarà, infatti, quello di integrare, per ogni anno di attività, il cosiddetto “Rapporto Finale” delle diver-se attività svolte e dei risultati raggiunti, con una sezione dedicata all’andamento commerciale del compost di qualità.Anche i titolari e/o gestori degli impian-ti di compostaggio, secondo l’Accordo,

hanno i loro obblighi e i loro compiti:a. mettere a disposizione uno o più

campi dimostrativi per le attività di-mostrative;

b. fornire il “compost di qualità”, certifi-cato dal CIC con il Marchio “Compost Abruzzo”, necessario per le attività di fertilizzazione dei terreni;

c. garantire la qualità dei fertilizzanti attraverso criteri di tracciabilità e for-nire all’ARSSA i certificati di analisi e le etichette richieste;

d. collaborare con gli altri Enti coinvolti nella comunicazione e partecipare agli eventi organizzati;

e. trasportare il “compost di qualità” nei campi dimostrativi mettendo a disposizione i propri mezzi di tra-sporto, senza alcun onere a carico

dell’imprenditore agricolo e di altri soggetti interessati.

Suscettibile di aggiornamenti e modifiche, l’Accordo che apre ai “campi dimostrati-vi” e ne regola la gestione è comunque aperto a nuove ipotesi e soluzioni or-ganizzative, purché opportunamente comunicate e approvate dal competente Servizio della Regione Abruzzo.Nella strada che porta alla gestione inte-grata dei rifiuti urbani e che punta alla riduzione, riuso e riciclo degli stessi, la Regione Abruzzo compie, così, l’enne-simo passo in avanti.L’Accordo che regola e disciplina la gestione dei “campi dimostrativi” del “compost di qualità” è, infatti, solo una delle ultime iniziative messe in campo dalla Regione per “spingere” e promuo-vere buone pratiche ambientali presso imprese e cittadini. Il riutilizzo come fertilizzante naturale dei materiali provenienti dalle raccolte differenziate ed in modo particolare del-le frazioni organiche (umido e verde), è solo una di queste.I campi dimostrativi, invece, un osserva-torio privilegiato per iniziare a conoscere la pratica e un laboratorio sperimentale per imparare a realizzarla.

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

di Silvia Barchiesi

Nell’Anno Internazionale della Bio-diversità, dal cuore verde d’Europa, contro i pesanti tagli di bilancio alle aree protette, i parchi lanciano il loro grido d’aiuto.L’occasione è Europarc Conference 2010, il Congresso europeo dei Parchi, organizzato da Europarc Federation, l’associazione che riunisce la gran parte delle aree protette europee, in collabo-razione con Federparchi, svoltasi dal 29 settembre al 3 ottobre a Pescasseroli, nel cuore del Parco Nazionale D’Abruz-zo, Lazio e Molise.Proprio qui figure di rilevo internazio-nale, in rappresentanza di 50 Paesi e 300 Aree protette d’Europa, si sono date appuntamento per cinque giorni di wor-kshop, incontri e seminari, per discutere di aree protette e del loro futuro.“Vivere insieme: biodiversità ed attività umane, una sfida per il futuro delle aree protette” (Living together: biodiver-sity and human activies, a challenge for the future of protected areas): era que-sto il tema della Conferenza nell’Anno Internazionale della Biodiversità. Parchi, Riserve naturali, Siti natura ri-coprono circa il 25% del territorio UE e rappresentano le ultime ricchezze na-turali d’Europa, costituendo l’architrave della conservazione della biodiversità.

Tutta la popolazione dipende, infatti, dai servizi ecosistemici che producono: giocano un ruolo fondamentale nella mitigazione del cambiamento climatico, custodiscono ingenti riserve d’acqua, proteggono il suolo, promuovono l’agricoltura sostenibile, contribuisco-no al sostegno delle economie locali, offrono risorse ricreative per il benes-sere e la salute e sono fonte di identità culturali locali e nazionali.Eppure, oggi le aree protette d’Europa sono a rischio. A minacciarle è il vento della crisi e la scure dei tagli ai finanziamenti, fino al 50% in molti paesi d’Europa.Da Pescassaroli e dal Parco Nazionale d’Abruzzo, nel cuore di una delle Re-gioni più verdi d’Europa, si leva così l’appello a difendere le aree protette attraverso adeguati investimenti.L’invito è a “non svendere l’ambiente”.È quanto si legge nella Dichiarazione di Pescasseroli, il documento finale appro-vato dall’Assemblea plenaria delle aree protette d’Europa, dal titolo “Svendere l’ambiente. Tagli di bilancio nel breve periodo - conseguenze di lungo termine per la biodiversità in Europa”. “Le aree protette - si legge nella Dichia-razione - hanno aperto la strada allo sviluppo sostenibile e alla conservazione

della Biodiversità. Tuttavia, esse posso-no massimizzare il loro contributo solo se adeguatamente dotate di risorse e operare in un quadro politico favorevo-le, sia nazionale che internazionale”. “Questa scarsità di investimenti – pro-segue la Dichiarazione - danneggia seriamente la capacità delle aree pro-tette di garantire in modo adeguato il valore delle risorse naturali, di soste-nere le economie e di fornire i benefici ecosistemici necessari alla società.A conclusione del Congresso, l’invito a mobilitarsi a difesa delle aree protette è stato ribadito anche da Erica Stan-ciu, Presidente di Europarc Federation: “Incoraggiamo tutti i partecipanti a uti-lizzare la Dichiarazione di Pescasseroli per sollecitare i propri governi ad un maggior impegno verso le tematiche dei parchi”.Europarc Federation, a sua volta invi-ta i Governi nazionali e regionali e la Commissione Europea a:- riconoscere e riflettere nelle loro po-

litiche, programmi e allocazioni di risorse adeguate per le Aree Protette, per garantire la conservazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici, per la salute dell’ambiente futuro e la ricchezza economica dell’Europa;

- utilizzare le competenze e le esperien-

Siglato anche un Protocollo d’Intesa tra Regione, Province e Parchi d’Abruzzo per promuovere il turismo sostenibile

L’INVITO ALLA TUTELADELLE AREE PROTETTE

Pescasseroli (AQ), 29 settembre - 3 ottobre 2010

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ze maturate nelle Aree Protette per guidare approcci innovativi ad un uso integrato del suolo e allo sviluppo rurale;

- integrare le politiche pubbliche in modo tale che consentano alle aree protette di svolgere con successo il loro ruolo di modelli di gestione territoriale, con il coinvolgimento permanente delle comunità locali.

Ma da Europarc Conference 2010 non si sono levati solo moniti e appelli. La Conferenza è stata anche l’occasione per sottolineare e premiare esperienze virtuose da replicare e da prendere a modello.In occasione del Congresso, infatti, ben quindici Parchi di Francia, Norvegia, Spagna e altri Paesi d’Europa hanno ri-cevuto la certificazione della “Carta del Turismo Sostenibile”, riconoscimento all’impegno da parte delle aree pro-tette ad attuare una strategia a livello locale in favore di un “turismo dure-vole”, definito come “qualsiasi forma di sviluppo, pianificazione o attività turistica che rispetti e preservi nel lungo periodo le risorse naturali, culturali e sociali e contribuisca in modo equo e positivo allo sviluppo economico e alla piena realizzazione delle persone che vivono, lavorano o soggiornano nelle aree protette”.L’europarc Conference lancia così la sfida del turismo sostenibile. A racco-glierla è lo stesso Parco l’ha ospitata, il Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise che punta al traguardo della certificazione già dal prossimo anno.“Anche il nostro Parco - ha, infatti, rive-lato il Presidente del Parco, Giuseppe Rossi - ha avviato le iniziative dirette ad ottenere la Carta Europea per il Tu-rismo Sostenibile (CETS) in occasione della Europarc Conference 2011 che si terrà in Germania”.A sottolineare il ruolo strategico delle

aree protette nello sviluppo del territorio è stato lo stesso Assessore regionale al Turismo Mauro Di Dalmazio: “La tutela delle aree non deve diventare un ostaco-lo allo sviluppo turistico, anzi bisogna fare in modo che la loro conservazione diventi un valore da rendere fruibile per maggiorare l’attrazione dei flussi turistici. Adesso la vera sfida è riuscire a mettere a sistema tutto questo patri-monio naturale facendo in modo che interagisca con le attività dell’uomo”.Di qui la necessità di una sinergia tra istituzioni affinchè facciano rete nel promuovere il valore delle aree pro-tette e contemporaneamente il turismo sostenibile a queste collegato.È questo lo scopo del recente Protocol-lo d’Intesa siglato lo scorso 8 ottobre tra la Regione Abruzzo, le Province ed i Parchi dell’Abruzzo.Attraverso il Protocollo, Regione, Pro-vince e Parchi, mirano ad una visione unitaria delle strategie turistiche e cul-turali.“Per la prima volta nella storia della programmazione turistica abruzzese - ha commentato lo stesso Assessore Di Dalmazio - questi enti di program-mazione e di attuazione delle azioni turistiche si impegnano a percorrere una strada comune e condivisa per migliorare la competitività dei singoli prodotti turistici regionali, ancor prima di proporli e promuoverli”.“Se scegliamo di dar luogo al sistema Abruzzo - ha continuato l’Assessore - e non ad isolate e sporadiche iniziative, le intese restano punti indefettibili. Oc-corre una strategia unitaria, solo così potremo rispondere in modo concreto alla dispersione istituzionale, vera cri-ticità per l’ottimizzazione della spesa e l’efficacia degli interventi”.“Un momento epocale”, un’iniziativa storica nel panorama delle relazioni istituzionali: così l’Assessore abruzze-

se al Turismo ha definito il Protocollo d’Intesa, sottoscritto dai Presidenti del-la Province e dei tre Parchi Nazionali d’Abruzzo, Lazio e Molise, Gran Sasso e Monti della Laga e della Majella e volto a promuovere in maniera virtuosa il valore delle aree protette e ad avviare un’integrazione tra la programmazione regionale e locale.“Tanto le Province con i loro specifici ruoli, quanto i Parchi, affinché si in-crementi in maniera virtuosa il valore delle aree protette - ha aggiunto Di Dal-mazio - possono contare già da tempo su una serie di attività che la Regione Abruzzo ha avviato per la progettazio-ne in co-marketing”.Una di queste è la possibilità di acce-dere da subito al riparto di un fondo di cento milioni di euro di risorse statali per finanziare progetti di eccellenza interregionali.L’importanza strategica della partnership e della sinergia istituzionale è stata sottolineata anche da Carol Ritchie, Direttrice di Europarc, nel corso del Congresso: “Dobbiamo capire l’impor-tanza del partenariato nelle strategie che attuiamo: è fondamentale stringere partenariati sia tra noi che con gli altri attori territoriali interessati”.Del resto, la stessa manifestazione che ha raccolto nel cuore del Parco Nazio-nale d’Abruzzo, Lazio e Molise oltre 300 rappresentanti, tra Presidenti e Di-rettori di aree protette di tutta Europa, ha costituito un’ importante occasione di marketing territoriale.Oltre ai side meeting ed ai venti wor-kshop in programma, i partecipanti non hanno perso l’occasione, infatti, di scoprire e di godere delle ricchezze naturali, storiche, culturali ed enoga-stronomiche del Parco, grazie al ricco carnet di escursioni e visite guidate a loro disposizione.

La Regione Abruzzo, attraverso il Servizio Gestione Rifi uti e l’Osservatorio Regionale dei Rifi uti proprio in occasione di Europarc 2010, ha elaborato uno specifi co Protocollo d’Intesa con il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise con la fi nalità di sperimentare forme concrete di prevenzione e riduzione della produzione dei rifi uti da adottare durante l’ organizzazione della conferenza stessa. In sostanza, i due Enti coinvolti hanno operato congiuntamente durante la kermesse per sviluppare:

diffusione delle informazioni, educazione e sensibilizzazione dei cittadini, dei partecipanti alla conferenza, turisti ed operatori del turismo 1. (albergatori) verso il contenimento ed una effettiva prevenzione e riduzione della produzione dei rifi uti e verso “acquisti verdi”, frutto di scelte più consapevoli;attività di formazione di operatori pubblici ed altri soggetti interessati sui temi della prevenzione e riduzione della produzione di rifi uti; 2. lo scambio di esperienze e di buone pratiche tra gli Enti, le Associazioni ed altri soggetti competenti e/o interessati;3.

Ciò ha consentito di sperimentare sistemi di riduzione della produzione dei rifi uti durante l’evento internazionale succitato e, in più, dall’espe-rienza applicativa del Protocollo sono scaturite apposite Linee Guida alla riduzione della produzione dei rifi uti in eventi organizzati in aree protette.

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ADRIATICA OLI S.R.L.

di Silvia Barchiesi

Trasformare il rifiuto in risorsa e opportunità è da sempre la mis-sion di Adriatica Oli S.r.l., azienda leader in Italia nella raccolta e trat-tamento degli oli vegetali esausti. Grazie alla sua trentennale espe-rienza nel settore della raccolta presso le attività di ristorazione, l’azienda è diventata oggi un punto di riferimento anche per le amministrazioni comunali che intendono offrire un servizio di re-cupero dell’olio di frittura prodotto dai cittadini. A svelare il segreto

del successo di Adriatica Oli S.r.l. è Giorgio Tanoni, titolare dell’azienda, nonché membro del Consiglio di Amministra-zione del C.O.N.O.E., (Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali ed animali esausti), l’organo deputato al controllo e monitoraggio della filiera oli vegetali e grassi esausti al fine di tutelare l’ambiente e la salute pubblica.

Sig. Tanoni, la raccolta de-gli oli esausti rappresenta la vostra principale attivi-tà. Ma cosa si intende per oli vegetali esausti?Gli oli vegetali esausti sono tutti gli oli e i grassi che re-siduano dalla cottura, dalla frittura o dalla conservazione degli alimenti che non pos-sono essere versati negli scarichi domestici o dispersi nell’ambiente. Dopo essere stati utilizzati, gli oli e i grassi diventano un rifiuto e come tali devono essere gestiti, secondo una filiera che pre-vede la raccolta, i controlli qualità e l’avvio al recupero energetico e di materia. Di qui la scelta politica concretizzatasi con il D. Lgs.22/97 e ribadita dal successivo Testo Unico Am-bientale 152/2006, di inserire nell’ambito della costituzione dei Consorzi Ambientali ob-bligatori il C.O.N.O.E.La nostra azienda, che da 30 anni raccoglie oli vegetali

esausti nel settore della ristorazione collettiva nelle Marche e in Abruzzo, ha partecipato alla fondazione e tutt’oggi fa parte di questo Consorzio.

Perché l’olio vegetale esausto da utenza domestica deve essere raccolto in modo separato?Oltre a ragioni di carattere giuridico, che prevedono il di-vieto di abbandonare i rifiuti e il raggiungimento da parte dei Comuni di percentuali di raccolta differenziata del 65% entro il 2012, esistono forti motivazioni di carattere tecnico ed economico, che hanno spinto molti enti gestori a intra-prendere questa nuova metodologia di raccolta.Infatti, anche laddove esistono impianti fognari adeguati, lo smaltimento di queste enormi quantità di residuo provoca inconvenienti, perché l’olio intasa la rete di adduzione e gli impianti di sollevamento degli impianti di depurazione.Secondo alcuni studi scientifici, per depurare 1 Kg. di olio usato, sono, infatti, necessari 3 kw/h, con un costo per i depuratori e per le tasche dei cittadini che si aggira intorno a 0,50 € per ogni kg. di olio prodotto.

Quali sono i soggetti coinvolti nella raccolta?La raccolta da utenza domestica, proprio per la provenienza

“urbana” del rifiuto, coinvolge necessariamente i Comuni, i loro enti gestori, gli Assessori e i Sindaci ma in alcune realtà un forte contributo all’iniziativa è stato dato an-che da gruppi portatori di interesse, pubblici e privati, come centri commerciali, associazioni di volontariato, scuole ecc.

In concreto, come avviene la raccolta degli oli esausti?La raccolta da utenza domestica è davvero semplice nella sua attuazione. I suoi risultati sono immediati e visibili.Inoltre, la raccolta è modulabile in base alle esigen-

ze di ogni singola realtà, per questo ha avuto una rapida diffusione nei

Comuni, grazie ad una sorta di passaparola.Il modulo base consiste nell’installazione di conte-nitori “OLIVIA” presso isole ecologiche o su strada, presso cui il cittadino può conferire l’olio di frittura.I contenitori sono dotati di doppia camera, ancoraggio a terra e valvola antiversa-mento, ovvero di tutte le caratteristiche tecniche di sicurezza necessarie.

OLI ESAUSTI DA UTENZA DOMESTICA: LA REALTÀ ABRUZZESE

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A questo modulo base è sempre consigliabile affiancare la distribuzio-ne gratuita alle famiglie di tanichette “ECOHOU-SE”, grazie alle quali poter conferire l’olio nel contenitore “OLIVIA”, che periodicamente vie-ne svuotato dalla nostra azienda ADRIATICA OLI.Le tanichette allo stes-so tempo possono funzionare anche come un coinvolgente strumento di propaganda, personalizza-bile con stemmi, loghi e marchi pubblicitari.È a questo punto che si rende utile la concer-tazione con gruppi di volontari e scuole che potrebbero essere validi attori per apportare un contributo nella distribu-zione delle taniche.La raccolta da utenza domestica ha molte de-clinazioni: ogni progetto realizzato è stato studiato su misura, tenendo conto delle disponibilità econo-miche, dei soggetti coinvolti, della tipologia di utenze, della viabilità e della densità abitativa delle varie realtà.La raccolta, ad esempio, può essere attuata a livello condo-miniale, come valida alternativa al porta a porta che, invece, è più idoneo a gestire frazioni merceologiche familiari di larga produzione come carta, plastica e umido, oppure a livello scolastico. A questo scopo abbiamo, infatti, ideato appositi progetti didattici per le scuole elementari con per-sonale docente specializzato.

Quali sono i vantaggi per le amministrazioni comu-nali?La novità di questo sistema è che implementando la raccolta differenziata, il problema della raccolta degli oli esausti si trasforma in un’opportunità e in un vantaggio per tutti: si abbattono i costi di manutenzione e l’olio recuperato vie-ne trasformato in materia prima utile per fonti energetiche rinnovabili, come ad esempio il biodiesel.

Qual è la realtà abruzzese della raccoltà?Dopo aver largamente sperimentato il progetto nelle Marche dove dai 3 Comuni pilota del 2004 aderenti al progetto oggi ne contiamo più di 150, abbiamo implementato la raccolta differenziata anche in Abruzzo.Dal 2009 dal Comune di Tocco da Casauria a quello di Fos-sacesia si sono affiancate altre realtà più complesse, come Pescara, Teramo e Chieti.

Che aspettative avete in Abruzzo?Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere tutti i Comuni

intenzionati ad incre-mentare le percentuali di raccolta differenziata e a fare seriamente qualcosa di concreto per i cittadi-ni… e ce ne sono tanti!Ma gli obiettivi devono essere misurabili e poiché negli ultimi anni abbiamo raccolto oltre 1500 tonnel-late di olio con la raccolta da utenza domestica, per superare questo primo traguardo abbiamo stipu-lato ulteriori convenzioni con altri Comuni abruzze-si, grandi e piccoli.Le amministrazioni pubbli-che nella nostra azienda trovano non solo un sup-porto logistico, ma un sostegno attivo in tutto il percorso di collaborazio-ne che parte dall’ascolto delle specifiche istanze, passa attraverso l’imple-mentazione della stessa raccolta e si aggiorna co-stantemente sui risultati ottenuti.Questo modello “ciclico” è stato applicato ad una

varietà di situazioni che negli anni ci ha permesso di cre-scere confermando sempre l’efficacia del sistema … stiamo lavorando con piccoli Comuni di 1000 abitanti e con realtà metropolitane, come la città di Roma, dove contribuiamo a realizzare per le scuole il progetto Olii@mpiadi con l’asso-ciazione culturale [email protected] nostra esperienza nel settore è unica e costituisce sicura-mente un valore aggiunto insostituibile, garanzia per i nostri interlocutori, pubblici e privati.

Adriatica Oli srlContrada Cavallino 39 - 62010 Montecosaro (MC)Tel. +39 0733 229080 - Fax +39 0733 [email protected] - www.adriaticaoli.com

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CONSORZIO COMPRENSORIALE SMALTIMENTO RIFIUTI LANCIANO

di Silvia Barchiesi

Nella strada che porta alla realizzazione di un Sistema Integrato di Gestione dei Rifiuti, continua l’impegno del Consor-zio Comprensoriale Smaltimento Rifiuti Lanciano verso una politica ambientale efficace ed efficiente attraverso nuovi progetti, proposte ed iniziative.Impianto di Biostabilizzazione, nuo-vi impianti per la selezione di rifiuti

differenziati e sensibilizzazione della citta-dinanza sono, infatti, secondo il Direttore Sandro Fantini, solo alcune delle attività che vedono oggi impegnato il Consorzio Rifiuti di Lanciano, da sempre attento alla ricerca di nuove soluzioni finalizzate al miglioramento dei servizi erogati e dei processi gestionali interni.L’obiettivo? La riduzione dei rifiuti e il raggiungimento degli obiettivi di racco-lta differenziata previsti dalla normativa vigente.Proprio dall’esigenza di gestire in modo integrato il ciclo dei rifiuti urbani na-scono, infatti, due importanti progetti tecnologici di prossima realizzazione: un Impianto di Biostabilizzazione e una nuova Piattaforma Ecologica.

L’Impianto di Biostabilizzazione dei rifiuti in ingresso in discarica con-sentirà, coerentemente con quanto stabilito dalla normativa vigente, una importante riduzione del peso/volume del rifiuto e l’inertizzazione della com-ponente organica con la conseguente produzione di materiale in output ad alto potere calorifico da avviare a

recupero energetico e compost per ri-coperture in sostituzione degli inerti. Un aspetto interessante del progetto è rappresentato dall’adozione di modalità operative in grado di garantire massima economicità ed efficienza senza co-munque incrementare gli attuali costi di smaltimento, garantendo nel contem-po una minimizzazione e un controllo totale degli impatti ambientali, quali esa-lazioni e produzione di percolati.La soluzione che il Consorzio intende adottare prevede l’utilizzo della tecnolo-gia di bioconversione in cumulo statico insufflato confinato con membrana tra-spirante Gore Cover, la stessa tecnologia adottata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per fronteggiare l’emergenza

rifiuti della Regione Campania.Tale procedura permette di eliminare quasi totalmente gli impatti ambientali della discarica (produzione di cattivi odori e/o di percolato inquinante, pro-liferazione di insetti e roditori) e di poter conferire nel rispetto di quanto previsto dalla vigente normativa.Ma l’impegno del Consorzio sul fronte impiantistico non si limita all’Impianto di Biostabilizzazione.Tra i progetti in cantiere, rivela il Diret-tore del Consorzio Sandro Fantini, c’è anche quello della nuova Piattaforma Ecologica, un impianto di selezione e valorizzazione dei rifiuti solidi urbani secchi provenienti dalla raccolta diffe-renziata.Dotato di mezzi e attrezzature all’avan-guardia, l’impianto con una potenzialità produttiva di circa 16.000 ton./anno, sa-

rà in grado di intercettare tutti i rifiuti raccolti in forma differenziata dai Comu-ni consortili, i quali, in linea con quanto stabilito dalla L.R. 45/2007 e s.m.i. in riferimento agli obiettivi di raccolta dif-ferenziata, stanno avviando, anche con il supporto del Consorzio stesso, impor-tanti progetti per l’ottimizzazione del servizio di raccolta differenziata.Spingere la raccolta differenziata è infatti uno degli obiettivi primari del Consor-zio Comprensoriale Smaltimento Rifiuti Lanciano che da sempre investe tempo e risorse nelle stesse attività di sensibiliz-zazione, informazione e comunicazione al fine di educare una cittadinanza con-sapevole ed attenta alle problematiche ambientali in generale e alla raccolta

Al via nuovi progetti, proposte e iniziative

VERSO L’OTTIMIZZAZIONE DEL CICLO INTEGRATO DEI RIFIUTI

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differenziata dei rifiuti in particolare.La gestione ottimale del ciclo dei rifiu-ti parte, infatti, dal cittadino che deve necessariamente conoscere le modalità per il corretto conferimento dei rifiuti secchi differenziati e le tipologie di ri-fiuti conferibili. Educare alla raccolta differenziata è dun-que una delle priorità del Consorzio. Di qui l’impegno verso una capillare campagna di formazione/informazione, soprattutto verso i più piccoli.Di qui la collaborazione con il mondo della scuola e il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche del territorio in numerosi progetti e iniziative.Per diffondere, infatti, una rinnovata cultura ambientale, occorre, secondo il Direttore Fantini, cominciare dalle nuo-ve generazioni. È a loro che il Consorzio guarda con interesse.È a loro che è rivolto, infatti, il nuovo progetto di comunicazione ideato dal Consorzio stesso e sostenuto dal Presi-dente Gianpanfilo Tartaglia e dall’intero cda, attualmente in fase di avvio per l’anno scolastico 2010-2011, denominato “Ciak si Ricicla”. Pensato per le scuole primarie dei Co-muni consortili, il progetto, grazie ad una sorta di concorso di idee, invita gli alunni a realizzare uno spot televisivo

di sensibilizzazione sulle tematiche legate alla raccolta differenziata dei rifiuti.Lo spot vincitore del concorso andrà poi in onda nelle emittenti te-levisive locali e verrà premiato con una fornitura di materiale didattico. Oltre che a stimolare tra i banchi di scuola la riflessione sull’utilità del-la raccolta differenziata, il progetto, attraverso il concorso, punta al coinvol-gimento diretto dei ragazzi nell’attività di promozione di tale pratica virtuosa, rendendoli protagonisti di una doppia sfida, quella dello spot e quella della raccolta, con un duplice obiettivo: la vittoria del concorso e l’aumento delle percentuali di R.D.Ma l’impegno del Consorzio non si esaurisce di certo qui.Numerose campagne di comunicazione sono già state attivate e numerosi altri progetti sono invece in cantiere.

Sede Legale e Amm.va:Via Isonzo - Arco della Posta n.160034 LancianoSede Operativa:S.P. Pedemontana - Loc. Cerratina60034 LancianoTel. 0872/716332 - Fax 0872/[email protected] sito - www.ccsrl.eu

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ACIAM SPA

di Germano Contestabile

Differenziare sì, ma quale sistema scegliere?Sulla imprescindibile necessità di effet-tuare la differenziazione dei rifiuti al fine di garantirne l’avvio a riciclaggio, le isti-tuzioni, le aziende, gli enti di controllo, i cittadini e le realtà associative sembrano concordare appieno; altra cosa è l’indi-viduazione dello specifico sistema di raccolta da applicare sul territorio. La scelta va fatta tra un ampio ventaglio di possibilità, più o meno radicali, più o meno onerose, più o meno efficaci, rispetto alle quali le Amministrazioni Comunali sono chiamate a valutare, l’efficienza e l’economicità dell’intero sistema di gestione rifiuti. La gamma delle possibili modalità va dalle rac-colte tramite isole ecologiche stradali (intensive o estensive), alle raccolte di “prossimità”, dalle raccolte domiciliari “porta a porta” (condominiali o a singo-la utenza), alle stazioni ecologiche e/o

centri di raccolta, a cui si aggiungono i servizi dedicati per esercizi commerciali, realtà industriali e così via. Da 10 anni a questa parte Aciam S.p.A. effettua la gestione di raccolte differen-ziate in tutte le modalità qui considerate, riuscendo ad accumulare una notevole esperienza. Consapevole delle difficoltà che devono affrontare i Comuni nel-

la scelta di un appropriato sistema di gestione rifiuti, Aciam vuole mettere a disposizione degli amministratori pub-blici il proprio know-how gestionale e le conoscenze tecniche maturate. In questa sede si vuole mettere in eviden-za, per ciascuna tipologia di raccolta, le caratteristiche qualitative e quantitative, i punti di eccellenza e criticità dei vari sistemi.

La raccolta differenziata con conte-nitori stradali pluriutenza.Nella maggior parte dei Comuni marsi-cani il sistema di raccolta differenziata più diffuso è quello stradale, con cas-sonetti di grandi dimensioni per carta e plastica e campane multi materiale per vetro-metallo. La raccolta a contenito-re stradale è senz’altro il sistema più semplice e più economico, potremmo definirlo il “modello base”, una sorta di “riciclo minimo garantito” a tutti i Co-

muni del Comprensorio.Nelle realtà comunali con maggiore den-sità abitativa la dislocazione delle isole ecologiche è fatta secondo il metodo intensivo, con una presenza piuttosto ravvicinata delle singole postazioni, mentre per le realtà più piccole si è scelta la raccolta estensiva, con una o più isole ecologiche all’interno di sin-

goli quartieri o aggregati urbani. La percentuale di raccolta differenziata che si raggiunge col sistema stradale varia dal 8 al 15%; la qualità del materiale è piuttosto buona grazie alla presenza di bocche di conferimento costrittorie che impediscono (o rendono difficoltoso) l’inserimento di materiali non con-formi. Il punto di forza del sistema è rappresentato dalla maggiore volumetria disponibile che, da un lato garantisce l’economicità del servizio, permetten-do un minor numero di svuotamenti, dall’altro consente di assorbire senza problemi le oscillazioni stagionali di produzione rifiuti. Le criticità rilevate sono attinenti al deposito incontrollato di rifiuto a terra (scatoloni non opportu-namente schiacciati, cassette in plastica, damigiane e latte di grandi dimensioni) o di materiale non conforme all’interno dei contenitori stessi.

La raccolta di prossimitàNelle zone dove è attivo il servizio di raccolta stradale del rifiuto organico (Avezzano, Pescina, Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio e Ovindoli), la modali-tà prescelta è stata quella di “prossimità”, con il posizionamento di uno o più bi-doncini marroni in ciascuna postazione di rifiuto indifferenziato. Con tale siste-ma l’utente, trovando all’interno di ogni postazione entrambi i contenitori, viene agevolato nelle operazioni di separazio-ne dei rifiuti e di conseguenza si mostra maggiormente collaborativo. L’imple-mentazione di questa nuova tipologia di raccolta ha permesso di incrementare le rese quantitative di almeno 5 punti percentuali, raggiungendo nei Comuni più virtuosi la soglia del 25%. La qualità del rifiuto risulta anche qui soddisfacen-te, sebbene qualche inconveniente è stato riscontrato per il mancato utilizzo di sacchetti in mater-bi. La circostanza è dovuta ad un consumo eccessivo della dotazione annuale gratuita spettante alle utenze e alla scarsa propensione delle stesse all’acquisto di ulteriori sacchetti. Inoltre la bassa volumetria dei conteni-tori, ma soprattutto i problemi igienici

Aciam S.p.A. propone un’interessante analisi dei diversi sistemi di gestione

RACCOLTA DIFFERENZIATA:ESPERIENZE A CONFRONTO

Isola ecologica stradale pluriutenza

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derivanti dall’elevata putrescibilità del materiale organico impongono, specie d’estate, frequenze di ritiro più elevate e quindi maggiori costi di gestione. Altro fattore da tenere in considerazione, se si opta per l’introduzione di una rac-colta stradale del rifiuto organico è il lavaggio e disinfezione dei contenitori, effettuato con cadenza mensile nei mesi invernali e più volte al mese nella sta-gione calda.

La raccolta “porta a porta” domici-liareTra i diversi sistemi di raccolta diffe-renziata il “porta a porta” costituisce senz’altro la modalità più innovativa. Esso risulta di enorme comodità per le utenze servite in quanto permette di selezionare in casa il rifiuto in appo-siti mastelli colorati, prima della loro esposizione all’esterno dell’abitazione, per il successivo svuotamento da parte degli operatori di raccolta, secondo un preciso calendario.Ogni materiale è contraddistinto da un diverso colore del mastello e a ciascuna utenza è associato un codice alfanu-merico che permette un controllo più puntuale dei comportamenti di confe-rimento. Per impedire la fuoriuscita del rifiuti a seguito dell’azione di cani e gatti randagi o di piccoli animali selvatici, i mastelli devono essere dotati di chiusura antirandagismo. In fase di distribuzione dei diversi contenitori che compongono il kit di raccolta, viene consegnato anche l’opuscolo informativo e un calendario dei ritiri. Attraverso tale attività di co-municazione ambientale il gestore del servizio rende i cittadini compartecipi dell’iniziativa. Il costo di tale tipologia di servizi risulta molto più elevato ri-spetto ai sistemi tradizionali, in quanto comporta l’utilizzo di un numero elevato di mezzi e personale, ma in compenso, si ottengo altissime rese sia in termini quantitativi che qualitativi.Di recente introduzione nel comprenso-rio marsicano, la raccolta “porta a porta” è stata salutata dalle popolazioni coin-volte con notevole entusiasmo ed ottimi risultati. Al momento sono due i Comuni interessati (Carsoli e Massa d’Albe), per altro con modalità operative e caratteri-stiche gestionali diverse.Nel Comune di Carsoli è stato coinvolto per ora il solo capoluogo (circa 2.000 utenze e oltre 3.000 abitanti), mentre nelle frazioni resta in essere la moda-lità di raccolta stradale estensiva. Si è scelto di mantenere attive su strada le

sole campane pluriutenza per la rac-colta del vetro-metallo, mentre è stato rimosso ogni altro contenitore stradale. La presenza di un elevato numero di utenze condominiali (circa il 50% del totale) ha imposto l’utilizzo di bidoncini condominiali; ma, in alcuni casi, la man-canza di idonei spazi presidiati (cortili, piazzali, giardini), ha imposto l’ubicazio-ne all’esterno delle pertinenze, dando luogo ad errati conferimenti da parte di utenze terze, con ovvie ripercussio-ni sulla purezza del materiale ritirato. All’inconveniente si è posto rimedio con l’apposizione di serrature sui bidoncini che ne limitino l’uso alle sole utenze del condominio.Ottimi risultati hanno registrato i servizi dedicati alle imprese (esercizi commer-ciali, aziende artigiane, piccole industrie) che nella realtà carseolana sono grandi produttrici di rifiuti da imballaggio in carta e plastica, mentre la presenza di numerosi ristoranti e mense aziendali contribuisce notevolmente alla raccolta differenziata dell’organico.La resa quantitativa della raccolta diffe-renziata nel Comune di Carsoli (frazioni comprese), si aggira attorno al 40%, ma all’interno della zona servita con il “por-ta a porta”, la percentuale oscilla tra il 60 ed il 70%.Nel Comune di Massa d’Albe, il servizio domiciliare ha invece assunto sfumature diverse. L’amministrazione ha deciso, infatti, di rinunciare alla raccolta di vetro-metallo attraverso le tradizionali campane stradali pluriutenza, inseren-do anche tale tipologia di materiale, all’interno del servizio domiciliare. La soluzione, seppur più onerosa in ter-mini gestionali, elimina alla radice il problema del deposito incontrollato di rifiuti a terra nei pressi delle campa-ne, garantendo un maggior decoro alla città. L’assenza di utenze condominiali ha evitato il posizionamento di bidon-cini pluriutenza e sono venuti meno di conseguenza, i problemi di purezza del materiale. La particolare composizione dell’utenza ha posto però altre difficoltà; la popolazione servita supera le 3.000 unità con circa 1.000 utenze iscritte al ruolo tarsu, metà delle quali residenti, mentre l’altra metà è rappresentata dalle c.d. “presenze stagionali” (week-end o brevi periodi di ferie). In conseguenza di ciò, si è resa necessaria la realizzazione di un’isola ecologica a servizio di quanti non possono partecipare quotidiana-mente alla raccolta “porta a porta”. In assenza di contenitori stradali, la scelta

del luogo di ubicazione dell’isola ecolo-gica diventa un momento fondamentale; si consiglia l’ubicazione in un luogo recintato e facilmente controllabile, in modo da garantirne l’utilizzo da parte dei soli non residenti, e non anche dalle utenze che arbitrariamente intendono sottrarsi alle regole del porta a porta. E’ chiaro che in tale situazione, l’attività di controllo assume un ruolo fondamen-tale. In quest’ottica si sta procedendo alla nomina di ispettori ambientali, da individuare tra il personale Aciam, che possano collaborare con la Polizia locale, attraverso la segnalazione di eventuali anomalie nel conferimento dei rifiuti. A circa un anno dall’attivazione del servizio, la percentuale di raccolta differenziata nel Comune di Massa d’Al-be è stabilmente al di sopra del 70%, con punte del 75-80%. La qualità del materiale ritirato è nettamente migliore rispetto a Carsoli, grazie soprattutto alla pressoché totale assenza di contenitori stradali pluriutenza.In tutti e due i casi citati, in attesa dell’attivazione dei “Centri di Raccol-ta Comunali”, è stato introdotto anche un servizio di ritiro degli ingombranti tramite isole ecologiche mobili, scongiu-rando il pericolo che tali rifiuti venissero abbandonati ai margini delle strade di periferia.In conclusione, sulla base delle espe-rienze qui riportate possiamo affermare che la raccolta domiciliare dei rifiuti ri-sulta senz’altro più efficace e produttiva rispetto alle altre tipologie analizzate (stradale e prossimità). Allo stesso tem-po però, prevede l’impiego di maggiori risorse economiche. Una raccolta porta a porta ben progettata e ben gestita, stu-diata ad hoc per adattarsi alle peculiarità del territorio, garantisce l’ottenimento di altissime percentuali di raccolta diffe-renziata e riduce sensibilmente la spesa di smaltimento del rifiuto in discarica; a conti fatti, nel medio-lungo periodo, un servizio di raccolta “porta a porta” efficace ed efficiente risulta anche eco-nomicamente sostenibile.

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ENTE

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UZZO

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S

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Regione Abruzzo

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18N° NOVEMBRE 2010

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Regione MarcheImpianti fotovoltaici a terra:la Regione Marche individua le aree non idoneea cura della Regione Marche p. 4

Approvato il Piano regionale perla bonifica delle aree Inquinatea cura della Regione Marche p. 6

Comuni Ricicloni Marche 2010: Appignano1° classificato con il 78,7% di differenziataBen 27 i Comuni che hannosuperato la soglia di legge del 50%a cura della Regione Marche p. 8

La Regione Marche celebral’Anno internazionale della biodiversitàa cura della Regione Marche p. 10

ARPA MarchePolveri sottili: informare, non allarmaredi Roberto Oreficini p. 12

COSMARIL’in house providing dei servizi pubblici: come salvaguardare le esperienze pubbliche delle Marchedi Agnese Mengarelli p. 14

INDICE

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REGIONE MARCHE

a cura della Regione Marche

L’installazione di impianti fotovoltai-ci a terra è al centro del dibattito in te-ma di rinnovabili e paesaggio. In effet-ti se da una parte occorre rispettare impegni e norma-tive che spingono alla produzione di energia da fonti rin-novabili per ridurre la dipendenza della società dalle fonti fossili, dall’altra ci sono beni e qualità

ambientali che vanno tutelati, come il paesaggio.Un’eccessiva proliferazione di tali dispositivi energetici avrebbe provocato una significativa depauperazione del territorio e, in certi casi, sottratto prezioso suolo agricolo per coltivazioni agroalimentari di qualità.Al fine di governare il fenomeno in atto dell’esponenziale incremento delle domande per l’installazione di tali impianti, la Regione è intervenuta a partire dalla scorsa estate con l’approvazione di provvedimenti ad hoc.Con la modifica alla Legge regionale sulla Valutazione di impatto ambientale (LR n. 12 del 4 agosto 2010 che modifica la LR n. 7 del 14 aprile 2004), è stato abbassato il limite di potenza degli impianti a terra da 1MW a 200kW ai

fini dell’esclusione dalle procedure di VIA. Con lo stesso provvedimento si stabilisce, inoltre, che tale riduzione è valida solo fino al 60° giorno successivo all’approvazione dell’atto con cui la Regione individua le aree non idonee alla installazione di impianti per la produzione di ener-gia elettrica da conversione fotovoltaica (art. 12 del D.Lgs. 387/2003). In ogni caso i procedimenti autorizzativi avviati prima dell’entrata in vigore della legge (27 agosto 2010) si concludono secondo la precedente disciplina in materia di VIA quindi con il limite a 1 MW.La stessa legge regionale prevede l’esenzione per gli impianti totalmente localizzati in aree classificate dagli strumenti urbanistici comunali quali zone produttive “D” con potenza inferiore a 1 MW, nonché per quelli collocati sulle superfici esterne degli edifici o su elementi di arredo urbano.Con DAAL n. 13 del 30 settembre 2010 l’Assemblea legi-slativa regionale ha individuato le aree non idonee alla installazione di impianti fotovoltaici a terra ed ha definito indirizzi generali tecnico-amministrativi per l’installazione. Con lo stesso atto è stato demandato ai Comuni la tra-sposizione cartografica di tali aree entro sessanta giorni dall’approvazione.I principali ambiti territoriali non idonei per il fotovol-taico sono: le aree sottoposte a vincolo del Piano paesistico ambientale regionale; i siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale UNESCO (ambito del centro storico di Urbino); le aree e i beni di significativo rilievo culturale; gli habitat naturali tutelati a diversi livelli (nazionale, regionale, locale) e inseriti nell’Elenco ufficiale delle aree protette (Decreto Mi-nistero Ambiente del 27 aprile 2010) e nell’elenco delle aree

IMPIANTI FOTOVOLTAICI A TERRA:LA REGIONE MARCHE INDIVIDUA LE AREE NON IDONEE

Sandro Donati, Assessore all’Ambiente, Energia e Fonti rinnovabili

Impianto fotovoltaico a terra - Camerata Picena (AN)

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Rete Natura 2000 (SIC e ZPS); le aree agricole interessate da produzioni alimentari di qualità e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale; le aree caratteriz-zate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico.Per l’elenco completo dei siti non idonei si rimanda alla Deli-bera scaricabile dal sito www.ambiente.regione.marche.it Per quanto riguarda invece gli indirizzi tecnico-amministra-tivi, si evidenziano quelli relativi agli impatti cumulativi di tali impianti. In particolare sono soggetti alla procedura di screening (procedura di verifica di assoggettabilità a VIA) anche gli impianti al di sotto della soglia di 1MW, qualora siano localizzati a meno di 1.000 metri da un impianto già realizzato o in fase di istruttoria e determinino nei fatti un progetto complessivo che supera il limite di 1MW.“L’intento di tali disposizioni è chiaro, - afferma l’Assessore all’Ambiente, Energia e Fonti rinnovabili Sandro Donati - si intende promuovere una specifica tipologia di impianti foto-voltaici, quella architettonicamente integrata, che esprima al massimo il connubio tra la green economy e il capitale ambientale di un territorio, tra produzione di energia rin-novabile e salvaguardia dell’ambente e del paesaggio.”“I dati sulle istanze di autorizzazione - continua Donati - consentono di prevedere un buono livello di occupazione almeno nel medio termine e, in ogni caso, l’orientamento della Regione verso l’installazione di impianti architettoni-camente integrati non inficia certamente le aspettative in termini di ricadute occupazionali legate allo sviluppo del fotovoltaico.”

“Non possiamo inoltre nascondere - conclude Donati - che i grandi impianti assorbono gran parte delle quote di potenza incentivabile. Ciò significa che questo “portafoglio” viene fortemente ridotto dai grandi impianti a scapito dei piccoli e quindi delle famiglie: basti pensare che mediamente un impianto a terra da 1 MW “sottrae” incentivi a 400 famiglie, tenendo conto che un impianto familiare è in media di 2,5 kW, nonché architettonicamente integrato.”

ALCUNI DATI SUL FOTOVOLTAICO NELLE MARCHE

Da una breve analisi delle istanze di autorizzazione unica ai sensi del D.Lgs. 387/2003, si è stimato che già al momento dell’entrata in vigore della L.R. 12/2010, sul territorio regionale erano presenti domande di installazione di impianti fotovoltaici a terra per una potenza installata superiore a 400 MW (in riferimento ai soli impianti di grossa taglia). Tali impianti sono e rimangono soggetti alla previgente normativa VIA con soglia di 1 MW.L’entità di potenza ad oggi in fase di autorizzazione permette di coprire un’importante quota di “burden sharing” (la quota di potenza fotovoltaica installabile spettante a ogni Regione), soprattutto se confrontata con gli obiettivi fi ssati dal DM 06/08/2010 al 2020 per tutto il territorio nazionale: un minimo di 8.000 MW di potenza da installare ed un massimo 3.000 MW di potenza incentivabile. Inoltre dai dati del GSE aggiornati al 31/08/2010 nelle Marche risultano in esercizio impianti fotovoltaici (di qualsiasi tipologia) per circa 84,5 MW di potenza installata, di cui 10 derivano da 4 grandi impianti. In termini di densità di potenza installata sul territorio la Regione Marche con circa 9 kW/kmq, secondi solo alla Puglia che svetta con più di 15 kW/kmq, ma con una ben altra morfologia ed estensione del suo territorio.Per concludere, si evidenzia il risultato pubblicato da ENEL Distribuzione per l’individuazione delle aree critiche rispetto alla disponibilità della capacità di rete. Dalla classifi cazione delle aree territoriali per livelli di criticità risulta che, in una scala in cui, in ordine di criticità crescente, i colori sono bianco, giallo, arancione e rosso, l’intero territorio marchigiano è “colorato” in arancione. Questo signifi ca che gli attuali livelli di saturazione della rete rischiano di ostacolare il rilascio da parte dell’Enel dell’autorizzazione all’allaccio di nuovi impianti fotovoltaici, come è peraltro già stato segnalato da cittadini, imprese e progettisti.(La classifi ca è stata pubblicata il 15/10/2010 per le linee elettriche a media tensione, in attuazione di quanto previsto dalla delibera ARG/elt 125/10 del 04/08/2010 Testo integrato delle connessioni attive - TICA).

Impianto fotovoltaico a terra - Osimo (AN)

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a cura della Regione Marche

La Regione Marche ha approvato il “Piano Regionale per la Bonifica delle Aree Inquinate” (Deliberazione Amministrativa del Consiglio regionale n. 11 del 14/09/2007) che, grazie ad un aggiornato censimento dei siti inquinati regionali e all’analisi di rischio relativa applicata ai soli siti contaminati pubblici e/o di interesse pubblico, rappresenta un efficace strumento di programma-zione degli interventi prioritari da attuare e permette altresì di accedere a finanziamenti europei e nazionali.Il Piano Regionale per la Bonifica delle Aree Inquinate (PRB), è uno strumento

di carattere ambientale, il cui obiettivo principale consiste nell’individuare i siti da bonificare per poi procede-re al loro risanamento con i tempi dettati dalla vigente normativa per quelli ad intervento privato e secondo criteri di priorità basati sulla valutazio-ne del rischio per i siti pubblici e/o di interesse pubblico. In altre paro-le, si tratta di un piano che persegue direttamente obiettivi di sostenibilità ambientale legati al disinquinamento delle matrici ambientali (suolo, sot-tosuolo, acque superficiali e di falda) e, di conseguenza, alla riduzione del

rischio di esposizione della popola-zione a situazioni di pericolo legate al degrado ambientale. L’attuazione delle previsioni del PRB dovrebbe, quindi, determinare impatti ambientali positivi significativi sul suolo, acque, popola-zione e salute umana.Il PRB è parte integrante del Piano Regionale di gestione dei rifiuti (ap-provato dal Consiglio regionale con Deliberazione Amministrativa n. 284 del 15/12/1999) ed è costituito in primo luogo dall’elenco dei siti interessati da fenomeni di inquinamento delle matrici ambientali aggiornato alle notifi-che pervenute al 31 dicembre 2006. Per ogni sito sono riportate informazioni relative a: localizzazione, cartografia, tipologia di inquinamento, stato di attuazione delle attività di bonifica a novembre 2009.Considerata la necessità di fornire un quadro aggiornato dello stato ambientale dei siti in questione, il Piano prevede le modalità e i criteri basilari per aggiornare l’Anagrafe dei siti da bonificare in ambito regionale, che viene ag-giornata dall’ARPAM sulla base delle documentazioni pervenute in sede di Conferenza dei Servizi. Un’altra funzione del Piano consiste nell’offrire agli enti locali e alla cittadi-nanza un esaustivo quadro ambientale di ogni sito. Nello specifico il PRB si compone di varie sezioni:1. Inquadramento normativo generale;2. Obiettivi e definizioni;3. Strumenti adottati;4. Censimento dei siti inquinati;5. Valutazione di rischio delle aree

soggette a bonifica;6. Siti di Interesse Nazionale (SIN);7. Possibili interazioni con impianti a

rischio di gravi incidenti, con l’Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambien-tale (AERCA) e con i luoghi oggetto di abbandono di rifiuti;

8. Danno ambientale;9. Criteri generali per le attività di bo-

nifica;

APPROVATO IL PIANO REGIONALE PER LA BONIFICA DELLE AREE INQUINATE

Operazione di bonifica

Sito nazionale “Basso bacino del fiume Chienti”

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10. Interventi sui siti di interesse pub-blico;

11. Gestione e fasi di bonificazione del territorio;

12. Attuazione del PRB e relativi ag-giornamenti.

Passando ai numeri del PRB, l’Ana-grafe ha contato nelle Marche 422 siti contaminati: 104 nella provincia di Ancona; 63 in quella di Ascoli Pice-no; 210 nella provincia di Macerata, e 45 nella provincia di Pesaro-Urbino. Il 36% dei siti inquinati deriva da attivi-tà industriali, il 28% da punti vendita dei carburanti e il 3% da discariche dismesse. I Siti di Interesse Nazionale presen-ti sul territorio marchigiano sono due: il sito di “Falconara Marittima” e quello del “Basso Bacino del fiume Chienti”. I SIN hanno una gestione separata dagli altri siti contaminati, in quanto le operazioni di bonifica sono coordinate direttamente dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territo-rio e del Mare, con il supporto tecnico dell’ISPRA, dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’ARPAM.Questi siti hanno inoltre grande rilevanza ambientale sia per le super-fici interessate, sia per le tipologie di contaminazione presenti. Nel SIN di “Falconara Marittima” vi sono 15 casi di siti contaminati; mentre in quello del “Basso Bacino del fiume Chienti” si registrano oltre un centinaio di siti in-teressati da fenomeni di inquinamento. Per quest’ultima area si è stipulato un Accordo di Programma in data 7 apri-le 2009, che prevede un investimento pari a 3,61 milioni di Euro. Per il SIN di “Falconara Marittima” l’Accordo di Programma è stato siglato il 20 luglio 2010 e può beneficiare di un contributo ministeriale di 3,27 milioni di Euro, che deve essere però ancora erogato. Occorre sottolineare che, secondo il principio comunitario per cui “chi inquina paga”, il responsabile dell’in-quinamento è obbligato a intervenire per la bonifica. Nel Piano si distinguono i siti pubblici e/o di interesse pubblico dagli altri di titolarità privata. Tra i primi rientrano anche quelli in cui il soggetto pubblico (es. Comune) si è sostituito al responsabile inadempiente. Per tutti i siti di titolarità o interesse pubblico è stata elaborata l’analisi di rischio rela-tivo, che ha generato una graduatoria di priorità degli interventi di bonifica da effettuare. In questo modo il PRB

ha delineato un efficace programma d’intervento e delle possibili fonti di finanziamento.

Di seguito si riporta il grafico relati-vo ai siti da bonificare suddivisi per provincia.

ACCORDO DI PROGRAMMA PER LA BONIFICADEL SITO NAZIONALE “FALCONARA MARITTIMA”

È stato sottoscritto lo scorso 20 luglio a Roma presso il Ministero dell’Ambiente l’accordo di programma per la bonifi ca del sito di interesse nazionale “Falconara Marittima”. Gli interventi previsti dall’accordo riguardano sia l’area marino-costiera (l’intervento più rilevante con 1.350 ettari da studiare in 12 mesi) che l’area a terra. In particolare gli interventi previsti riguardano: la bonifi ca dell'area del sottopasso di via Monti e Tognetti (ex area Antonelli); la bonifi ca dell'area del campetto sportivo al confi ne con Montemarciano; lo studio e la messa in sicurezza della falda acquifera; lo studio in tutto il territorio comunale dei valori di fondo naturale riferito ai metalli. Hanno sottoscritto l’accordo: Ministero dell’Ambiente, Regione Marche, Provincia di Ancona, Comune di Falconara Marittima e Autorità Portuale di Ancona. L’accordo contiene una vasta e diversifi cata gamma di operazioni affi date, per la parte di analisi e studio, ad ISPRA ed ARPAM, mentre la Regione, cui sono assegnati i fondi, provvederà al monitoraggio e all'aggiudicazione dei lavori. L’impostazione operativa è stata progettata sulla base della positiva esperienza sull’altro sito di interesse nazionale presente nelle Marche: “basso bacino del fi ume Chienti”. Le operazioni previste comporteranno un costo complessivo di 3,27 milioni di Euro e saranno realizzate dopo la redazione del Piano di caratterizzazione (indagini, campionature, analisi) solo nelle aree pubbliche. Nel rispetto del principio “chi inquina paga” l'accordo prevede infatti interventi per le sole parti pubbliche o di interesse pubblico presenti nel sito, mentre le altre operazioni di bonifi ca sono in capo ai responsabili privati.

Siti da bonificare. Anni 2002, 2004 e 2006

Fonte: Regione Marche, Servizio Ambiente e Paesaggio - Piano regionale per la bonifica delle aree inquinate

Sito nazionale “Falconara Marittima”

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a cura della Regione Marche

Si è tenuta il 22 ottobre scorso a Porto Sant’Elpidio l’edizione 2010 dell’an-nuale concorso “Comuni ricicloni Marche” organizzato da Regione Marche, Legambiente e ARPAM per sensibilizzare i Comuni sulla raccolta differenziata dei rifiuti. Ha conquistato il primo posto il Comune di Appignano (MC) con il 78,7% di RD nel 2009. Eccellenti anche i risultati raggiunti da Montelu-pone (MC) con il 77,7% e da Serra de’ Conti (AN) con il 77%.Sono ottimi i risultati di questa ottava edizione del premio “Comuni Rici-cloni Marche” che ha evidenziato i

soddisfacenti obiettivi raggiunti dalle amministrazioni che hanno deciso di scommettere sul sistema porta a porta. Grazie alla presenza organizzativa dei Consorzi, ottengono ottime percentuali e si confermano i leader nella regione i Comuni delle province di Macerata e Ancona. Con-fermata la presenza della provincia di Fermo, grazie al grande lavoro svol-to dalle amministrazioni comunali di Torre San Patrizio (63% di RD) e di Porto Sant’Elpidio (62,16%) che è stato sempre presente nella classifica, avendo avviato il “porta a porta” per primo nella regione. Fa capolino per il primo anno la provincia di Ascoli Piceno con il Comune di Offida che chiude la classifica dei premiati con il 51,2% di raccolta differenziata. Sono purtroppo ancora assenti dalla classifica i campanili della provincia di Pesaro Urbino.Questi risultati sono la prova che, seguendo gli indirizzi regionali e met-tendo in pratica le buone azioni locali, si può tranquillamente andare oltre gli obiettivi minimi di legge (50% per il 2009). In totale sono ben 27 sono i Comuni che hanno superato la so-glia del 50%, un risultato sorprendente,

tenendo presente che sino a pochi anni fa le buone pratiche ambientali erano considerate una marginale testimonian-za del senso civico dei cittadini.“I dati sono estremamente positivi - commenta Sandro Donati, Assessore all’Ambiente della Regione Marche - premianti di una cultura dell’ambiente e della sua salvaguardia, oltre che di un impegno fattivo diventato pratica quotidiana, che da tanti anni fa parte delle politiche di indirizzo e di pro-grammazione della Regione Marche. Una Regione che in tutti i suoi livelli, dal tecnico-amministrativo al politico, basa la sua azione sul coinvolgimen-to interistituzionale, su una visione di matrice europea per la risoluzione della problematica, su un approccio non punitivo bensì premiante/promo-zionale”.Oltre al riconoscimento di merito, i Co-muni vincitori sono stati premiati anche con un contributo economico regionale (200mila Euro in totale) definito anche in base al numero di abitanti.Anche l’edizione 2010 di “Comuni ri-cicloni” conferma il ruolo strategico dei Consorzi obbligatori istituiti dal-la legge. Conferma la sua leadership

COMUNI RICICLONI MARCHE 2010:APPIGNANO 1° CLASSIFICATOCON IL 78,7% DI DIFFERENZIATABen 27 i Comuni che hanno superato la soglia di legge del 50%

Sandro Donati, Assessore all’Ambiente

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il COSMARI che è stato insignito del premio speciale “Consorzio Riciclone 2010” per aver raggiunto la maggior percentuale di raccolta differenziata nei primi nove mesi del 2010 con il 60,09% di RD.Sono stati consegnati infine 6 premi speciali agli enti che si sono comunque distinti per il buon lavoro svolto con pro-getti innovativi di gestione dei rifiuti:- premio speciale “Organizzazione e

Gestione RAEE dell’Ambito” al CO-SMARI, per la pianificazione prima in Italia, sulla raccolta RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed elettro-niche) di provenienza domestica;

- premio speciale per l’opera gioco-sa “Il Principe della Differenziata” al Comune di Porto Sant’Elpidio e all’Eco Elpidiense;

- premio speciale per la “Comunicazio-ne partecipata in ottica qualitativa” al CIR33;

- premio speciale per il progetto “Raccolta Oli Vegetali Esausti” alla Provincia di Ancona;

- premio speciale “Piccolo Riciclone Pesarese” al Comune di Montecalvo in Foglia;

- premio speciale per il progetto “Gli inerti nel sacco” al Comune di Foli-gnano.

Per ulteriori informazioni si rimanda al sito www.ambiente.regione.marche.it (sezione “Rifiuti”).

Ecotassa ridotta per i Comuni vir-tuosi: nelle Marche è realtàLa Legge Regionale 15/1997 che disci-plina il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (ecotassa) prevede una riduzione in funzione della percentuale di RD raggiunta e una addizionale del 20% nel caso di non raggiungimento degli obiettivi minimi.Nella tabella si riporta sia la classifica “Comuni ricicloni 2010” che la riduzio-ne sull’ecotassa regionale della quale beneficiano i Comuni.

Classifica Comuni ricicloni 2010 (RD oltre il 50% nel 2009)

Comune Prov. % RD riduzione ecotassa

Appignano MC 78,70

-70%

Montelupone MC 77,70

Serra de' Conti AN 77,00

Montecosaro MC 75,90

Urbisaglia MC 72,50

Corridonia MC 71,50

Tolentino MC 71,40

Ripe San Ginesio MC 70,40

Potenza Picena MC 70,10

Loro Piceno MC 69,30

San Severino Marche MC 67,00

Civitanova Marche MC 66,30

San Ginesio MC 65,90

Torre San Patrizio FM 63,01

Monsano AN 62,84

Porto Sant'Elpidio FM 62,16

-60%Camerino MC 61,90

Barbara AN 60,24

Recanati MC 59,70

-50%Ostra AN 58,89

Ripe AN 58,86

Senigallia AN 56,64 -40%

Camerano AN 54,64

-30%

Ostra Vetere AN 54,10

Castelleone di Suasa AN 53,98

Monterado AN 52,27

Offi da AP 51,20

Legenda

Provincia di Ancona

Provincia di Ascoli Piceno

Provincia di Fermo

Provincia di Macerata

Provincia di Pesaro e Urbino

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a cura della Regione Marche

L’ONU ha voluto ricordare il 2010 come l’Anno internazionale della biodiversità.Ogni anno ormai è dedicato a qualche avvenimento che, girato l’ultimo foglietto del calendario, rischia fortemente di essere dimenticato. Per la biodiversità, però, non può essere così: se le varie con-notazioni che la rappresentano, a livello genetico, di specie o di ecosistema, vengono seriamente compromesse, come di fatto sta avvenendo, così da mettere in pericolo la vita stessa sulla Terra, l’attenzione dell’opinione pubblica non può durare un intervallo di dodici mesi.La biodiversità sta dentro e fuori ad ogni essere vivente, è il mosaico risultante dalla combinazione, spesso inestrica-bile e in parte a tutt’oggi indecifrabile, di ogni tassello che lo costituisce e di ogni ambiente in cui può prosperare, dal singolo filamento di DNA alla estensione incredibilmente vasta della foresta pluviale.Nella grande sinfonia della natura la diversità biologica si compone dell’armonioso ordito relazionale di piante, di bat-teri, di animali, di funghi… addirittura di ciascun organismo, di per sé unico e irripetibile esemplare nella peculiare rap-presentazione dei suoi caratteri ereditari.Ebbene tutto questo sta scomparendo ad una velocità incre-dibilmente alta (100 volte maggiore a quella che si può desumere dai resti fossili) che al momento sembra difficilmente arrestabile, nonostante l’impegno della comunità internazionale.Gli esseri umani, essendo parte integrante di questo comples-so dipendono dai processi naturali della biodiversità e degli ecosistemi, che di fatto erogano un flusso di “servizi” la cui continuità è essenziale per la nostra prosperità economica, per la sicurezza, per la salute e per gli altri aspetti della nostra qualità di vita, in termini di fornitura di beni (cibo, acqua, materie prime, energia…), di supporto al mantenimento dei cicli biogeochimici (idrico, suolo, biomasse...), di regolazio-ne dei fenomeni naturali (clima, malattie, inondazioni..), di valenza culturale, estetica, educativa, spirituale.

Preso atto della diffusa insufficiente conoscenza dei concetti legati alla biodiversità sopra richiamati, la Regione Marche si è impegnata ad affrontare alcune tematiche ambientali con l’organizzazione di un ricco programma di eventi per celebrare il 2010 come Anno internazionale della biodiversità, coinvolgendo il Coordinamento delle aree protette marchi-giane: nell’ambito della Rete ecologica regionale, in via di istituzione, i Parchi e le Riserve debbono svolgere un ruolo di primo piano nel perseguire una mission rivolta allo studio e alla comprensione dei fenomeni correlati alla biodiversità e alle strategie da mettere in atto per preservarne l’integrità.È in fase di svolgimento il ciclo di 12 eventi, uno per ogni area protetta, pensato per affrontare il tema sotto vari aspetti caratterizzanti gli ambiti territoriali degli Enti organizzatori di volta in volta coinvolti o questioni di interesse generale. Si parla di specie e di habitat di elevato interesse naturalistico, come la tartaruga marina (Riserva della Sentina), le farfalle (Parco del Conero), i chirotteri (Riserva di Torricchio), gli insetti impollinatori (Riserva Ripa Bianca), i rapaci (Parco Gola della Rossa), le specie floristiche marchigiane (Riserva di Torricchio), gli habitat forestali nelle Marche (Riserva di Monte San Vicino e Monte Canfaito) e di problematiche che interessano le misure per la conservazione della natura afferenti al Piano di sviluppo rurale (Riserva dell’Abbadia di Fiastra).Di seguito si elencano gli altri 4 eventi ancora in programma:

19 novembre 2010“La biodiversità ritrovata: azioni di riqualificazione terri-toriale ed interventi di reintroduzione faunistica” - Parco nazionale Monti Sibillini

26 novembre 2010“La biodiversità e i servizi eco sistemici” - Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga

LA REGIONE MARCHE CELEBRAL’ANNO INTERNAZIONALE DELLA BIODIVERSITÀ

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3 dicembre 2010“Gli habitat dei prati-pascoli d'altura” - Parco naturale regionale Sasso Simone e Simoncello

10 dicembre 2010“Le specie aliene nelle Marche” - Riserva naturale statale Gola del Furlo

Tali appuntamenti trattano argomenti di rilevante va-lore scientifico e al contempo rivestono interesse per gli spunti gestionali e applicativi, in grado di offrire ai decisori politici soluzioni da adottare nelle scelte operative per uno sviluppo del territorio tendente al-

la sostenibilità. Per ogni appuntamento è prevista la partecipazione di molti esperti nelle varie discipline e di rappresentanti di associazioni e di organizzazioni coinvolte nella materia.L’idea che l’intero sistema di aree protette partecipi ad un’ini-ziativa avente come comune denominatore la biodiversità offre un valore aggiunto allo sforzo compiuto per mettere al centro dell’interesse pubblico questioni che rivestono attualità ambientale, economica e sociale: anche quando i riflettori accesi per l’esposizione internazionale di tali tematiche saran-no spenti c’è l’auspicio di mantenere un livello di attenzione elevato e di impegno costante nell’attuazione delle politiche per il miglior governo del territorio.

LA RETE REGIONALE PER LA CONSERVAZIONE DELLE TARTARUGHE MARINE

Nel quadro degli avvenimenti, un signifi cato del tutto particolare ha assunto il primo convegno svoltosi a San Benedetto del Tronto, riguardante la “Biodiversità marina: Adriatico un mare di tartarughe”, per aver contribuito alla promozione della Rete regionale per la conservazione delle tartarughe marine, la prima nell’Adriatico. La Regione Marche, nella primavera del 2010, ha infatti promosso un Accordo inerente l’istituzione di tale rete, sottoscritto dai Servizi regionali Ambiente, Agricoltura e Salute, dalle Aree protette costiere (Parco del Monte San Bartolo, Parco del Monte Conero e Riserva della Sentina), dalla Fondazione Cetacea di Riccione, dal Corpo Forestale dello Stato, dalla Direzione Marittima Regionale (Capitanerie di Porto), dall’ARPAM e dal CNR, con l’obiettivo principale di favorire le azioni di salvaguardia di questi rettili antichissimi che rivestono un’importanza fondamentale per l’ecosistema mare.Tale Accordo dà attuazione al protocollo d’intesa stipulato con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per il Piano d’azione nazionale avente lo stesso oggetto.

Liberazione tartaruga Atlante del 21 ottobre 2010 a San Benedetto del TrontoSi tratta di una Caretta caretta (specie protetta) di 60 chili e 20 anni circa (tradotto in età umana, tra i 70 e gli 80), una femmina che ha appena raggiunto la maturità sessuale. Si tratta di un esemplare piuttosto giovane, dato che le tartarughe marine vivono fi no ai 70 anni, ma il suo carapace ha raggiunto già una lunghezza di 70 centimetri, mentre quello di un esemplare adulto varia dagli 80 ai 140 centimetri. È stata pescata nel gennaio 2010 dalla rete a strascico di un peschereccio a largo di Bellaria (RN) e aveva troppa acqua nei polmoni. Così ha trascorso questi mesi all’ospedale delle tartarughe a Riccione presso la Fondazione Cetacea.Sul sito www.ambiente.regione.marche.it (Biodiversità) il link al video della liberazione.

foto di Paolo Agnelli

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di Roberto Orefi ciniDirettore Generale ARPAM

ARPA MARCHE

La Regione Marche è impegnata in queste settimane a raggiungere un’intesa con Comuni e Province su un decreto che fissi norme atte ad affrontare il problema dell’inquina-mento atmosferico da polveri sottili. I dati forniti dalle centraline di mo-nitoraggio sparse su tutto il territorio regionale dicono infatti che ci sono aree sulle quali grava un livello di presenza delle PM 10 che va ol-tre il limite di superamenti fissato in 35 giorni/anno del valore limite (50µg/mc) di polveri sottili nell’aria. Bisogna però evitare una lettura “allarmistica” dei dati, magari sug-gerita dai dati di alcune stazioni di “Traffico/Urbano” (come quelli delle centraline poste ad Ancona, al porto e nei punti più critici della città per il traffico veicolare), che non sono cer-to indicativi della condizione dell’aria nella città, ma solo del livello di in-quinamento in quel punto. È utile segnalare che stazioni installate nelle stesse condizioni in altre province, come quella di Civitanova-Cecchetti e di Pesaro-Giolitti sono state a suo tempo rimosse e ricollocate in siti di

“Fondo/Urbano”, cioè di aree delle città fuori dai grandi flussi veicolari e i cui dati sono dunque indicativi delle PM 10 presenti come zoccolo nell’aria, e non invece indicatori dei picchi di traffico. Pur essendo del tutto evidente che i superamenti di Ancona-Bocconi, di Ancona-Porto e di Ancona-Torrette rappresenta-no un campanello d’allarme per la qualità dell’aria nella città (anche altri siti della regione, però, sono abbondantemente al di sopra dei limiti consentiti).

Che cosa sono le polveri sottiliLe PM 10 sono polveri di diame-tro pari o inferiore a 10 µ (micron, millesimo di millimetro), e sono co-stituite da un miscuglio di particelle carboniose, fibre, silice, metalli, par-ticelle liquide le quali a loro volta possono essere costituite da inqui-nanti allo stato liquido o sciolti in acqua. L’origine delle PM10 è molto varia: dal sollevamento della polvere naturale, ai processi di combustione incompleta di derivati del petrolio (sia di origine industriale che dome-stica che da traffico autoveicolare), alla formazione di aerosol di compo-sti salini, ecc. Le sorgenti antropiche principali sono: veicoli diesel; ci-clomotori e motocicli a due tempi; usura dei freni, pneumatici e asfalto; risospensione; emissioni industriali; impianti termici a combustibili liqui-di; combustione legna. Le PM10 sono costituite da una componente prima-ria ed una secondaria. I precursori di PM10 secondario sono: biossido di zolfo, ossidi di azoto, composti organici volatili e ammoniaca. La tos-sicità è legata soprattutto alla qualità chimica della polvere e in particolare alla capacità di assorbire sulla sua superficie sostanze tossiche, quali metalli pesanti, idrocarburi policicli-ci aromatici, ecc. Questo fenomeno di assorbimento interessa soprat-

tutto il particolato fine e ultrafine con diametro inferiore a, rispetti-vamente 2,5 µ, 1 µ ( PM2,5, PM1).

La rete di monitoraggioLa rete di monitoraggio regionale della qualità dell’aria evidenzia co-me l’inquinamento da polveri sottili, in particolare da PM10, sia presen-te nelle aree più antropizzate, con situazioni che risultano particolar-mente evidenti nei periodi invernali sia a causa delle maggiori emissioni, in quanto alle fonti presenti nell’in-tero anno si aggiungono le emissioni dovute al riscaldamento domestico, sia a causa delle particolari condizio-ni meteorologiche che ostacolano la dispersione degli inquinanti. Come si è detto, alcune stazioni di moni-toraggio poste in aree urbane hanno registrato superamenti del PM10 sia per quanto riguarda il valore limite su 24 ore che per quanto riguarda il valore limite annuale, per la pro-tezione della salute umana. Diversi studi scientifici hanno dimostrato la pericolosità del materiale particolato per la capacità di raggiungere il trat-to tracheo-bronchiale (PM10) o gli alveoli polmonari (PM2,5 e minori) e qui svolgere la loro azione noci-va. Pericolosità legata non solo alla capacità di penetrazione nell’albero respiratorio, ma anche alle sostan-ze che si legano alle polveri quali metalli pesanti, idrocarburi polici-clici aromatici, radicali liberi. Effetti avversi sulla salute possono essere sia di tipo acuto che cronico, deter-minando conseguenze anche letali, come rilevato da studi condotti negli Stati Uniti ed in vari Paesi europei in cui si evidenzia una stretta as-sociazione fra i livelli di inquinanti atmosferici ed il numero giornaliero di morti o ricoveri in ospedale per cause respiratorie e cardiovascolari. Le fonti di generazione del materiale particolato possono essere moltepli-

POLVERI SOTTILI:INFORMARE, NON ALLARMARE

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ci, sia naturali che antropiche. Fra queste ultime le più rilevanti sono dovute ai processi di combustione di combustibili fossili, emissioni industriali e dal traffico veicolare. Studi e ricerche effettuate in rela-zione all’inquinamento da polveri sottili confermano come, in parti-colar modo in ambiente urbano, la loro origine sia prevalentemen-te antropica e il traffico stradale rappresenta il principale fattore di pressione sulla qualità dell’aria in queste aree. La provata pericolosi-tà di questi inquinanti per la salute umana comporta la necessità di adot-tare provvedimenti che riducano le emissioni in atmosfera. Va in ogni caso sottolineato che l’aria è la più “globale” delle matrici ambientali, e dunque politiche di mitigazione e adattamento avranno efficacia solo se attuate su base territoriale molto vasta. Per semplificare, nelle Marche si potranno/dovranno attua-re misure le più virtuose, ma se lo stesso non accadrà nella fortemente industrializzata e antropizzata Emilia Romagna, le polveri sottili dalla Val Padana raggiungeranno presto con vento da nord, il più frequente, la nostra regione.

Le buone praticheGli americani le chiamano best practices, buone azioni, da noi si preferisce chiamarle politiche atti-ve, cioè scelte efficaci. Si tratta delle azioni che si possono/si devono intraprendere per contrastare l’in-quinamento atmosferico da polveri, sottili e ultrasottili e da altri tossici per fortuna più rari. Ecco dunque le 16 best practices, le sedici buone azioni per contrastare lo smog. Attenzione però; non se ne può scegliere una o l’altra: bisogna at-tuarle tutte insieme, altrimenti non funzionano.

1. Riduzione del traffico vei-colare privato a favore di quello pubblico (parcheggi scambiatori, mobilità ciclo-pedonale, razionalizzazione distribuzione merci, car po-oling, car sharing, mobility manager…)

2. Conoscenza dei flussi di traf-fico, del parco veicolare, della mobilità

3. Bollino blu veicoli4. Sostituzione dei veicoli più

vecchi “Euro 0”5. Diffusione veicoli a ridotto

impatto (elettrici, ibridi, gas) ed impianti di rifornimento

6. Diffusione di combustibili a basso tenore di zolfo e ben-zene (Direttiva 2003/17/CE)

7. Disincentivare l’utilizzo dei combustibili liquidi a favore di combustibili ecocompatibili (Direttiva 2003/30/CE)

8. Lotta alle emissioni diffuse (cantieri presenti sulle stra-de, ecc…)

9. Controlli degli impianti in-dustriali e dei sistemi di abbattimento

10. Supporto della meteorologia alle reti di rilevamento della QA

11. Inventario delle emissioni12. Bollino blu impianti termici13. Vietare la combustione incon-

trollata delle biomasse14. Corretta caratterizzazione del

rilevamento15. Informazione continua16. Coinvolgere tutti gli attori

(Regione, ARPAM, Comuni, Province, gestori impianti industriali, Aziende Munici-palizzate, cittadini)

ARPA MarcheVia Caduti del Lavoro, 40 int. 560131 AnconaTel. 071 2132720 - fax 071 2132740arpam.direzionegenerale@ambiente.marche.itwww.arpa.marche.it

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di Agnese Mengarelli

COSMARI

“L’in house providing dei servizi pubblici: come salvaguardare le esperienze pubbli-che delle Marche” è questo il titolo del Convegno organizzato da COSMARI, che si è tenuto in occasione di ECOMON-DO 2010, per discutere della gestione “in house” dei servizi pubblici, nell’otti-ca di preservare tutte quelle esperienze che nelle Marche, in questi anni, hanno dimostrato qualità nei servizi a costi di mercato, comunque contenuti, e con una gestione certamente virtuosa.Il Convegno è stato aperto dal Consi-gliere di Amministrazione di COSMARI, Giuseppe Speranzoni, che ha lamenta-to la difficoltà del Consorzio di fare una programmazione adeguata delle proprie attività a causa dell’incertezza normativa, nazionale e regionale. Si tratta di una problematica sentita da tutti i Consorzi che si occupano di smaltimento rifiuti, che impedisce di fatto la stesura di un piano industriale appropriato. “Tentare di far rimanere il servizio, co-me servizio pubblico, dove il Comune, che è socio del Consorzio come deten-tore del servizio, possa avere un ruolo attivo e non una sorta di delega ad altri soggetti, sia nella programmazione, che nella gestione diretta del servizio.” Questo obiettivo, espresso l’Assemblea

dei Soci COSMARI, è quindi, di vitale importanza, purché salvaguardi quel-le esperienze che hanno dato buoni risultati nelle Marche, altrimenti tutto il percorso intrapreso finora rischia di disperdersi in una “privatizzazione sel-vaggia che non avrà molti effetti positivi per la popolazione”.È seguito, quindi, l’intervento dell’Avv. Daniele Spinelli, che ha fatto un quadro della normativa nazionale in materia di in house providing. “La concorrenza è un valore nel mo-mento in cui i suoi benefici effetti, nati da una corretta allocazione delle risor-se, vengono conseguiti - ha sostenuto Spinelli - Se questi risultati non sono conseguiti, quel sistema non è un si-stema concorrenziale.”Nel settore dei rifiuti, il Legislatore, prima del 2008, aveva scelto di im-pedire tout court l’affidamento in house, decretando di fatto l’impossibi-lità dell’autoproduzione. Con l’articolo 23 bis della L. 133/2008, questa possibilità è stata reintrodotta.Con la nuova normativa in materia di rifiuti, che prevede la soppressione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), e la creazione delle Autorità d’Ambito (ADA), - ha proseguito Spinelli - “anche nella

Provincia di Macerata stanno scadendo alcuni contratti e ci si chiede che cosa fare. Gli affidamenti in house providing legittimi scadranno tutti il 31 Dicembre 2011, con un anno di tempo per mettere in atto le procedure di liquidazione. Mi sembra evidente che questa attività deb-ba proseguire ex lege, per salvaguardare quella gestione unitaria di cui all’art. 200, che è l’obiettivo della legge.”A seguire l’Ing. Piergiorgio Carrescia, Di-rigente PF Ciclo dei rifiuti Regione Marche, ha spiegato che l’ADA da soggetto giuri-dico autonomo ha assunto una posizione giuridica tutta da definire e le cui funzioni devono essere attribuite ad altri soggetti.La bozza che sta preparando la Giunta regionale in materia di rifiuti era già pre-vista dalla Legge Finanziaria del 2007, secondo la quale le Regioni avrebbero dovuto ridefinire gli Ambiti Territoriali Ottimali per razionalizzare i costi.Carrescia ha spiegato che gli ATO sono individuati dalle Regioni con apposita legge ed in essi operano le Autorità d’Ambito, enti con personalità giuri-dica che hanno, non solo il compito di organizzare, affidare e controllare la gestione integrata del servizio, ma anche di svolgere talune funzioni a loro delegate dalla Regione Marche.

L’IN HOUSE PROVIDING DEI SERVIZI PUBBLICI: COME SALVAGUARDARE LE ESPERIENZE PUBBLICHE DELLE MARCHE

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IV RAPPORTO COSMARI SULLA RACCOLTA DIFFERENZIATA “PORTA A PORTA”

A margine del Convegno è stato presentato il IV Rapporto sulla raccolta differenziata “Porta a porta” attuato in provincia di Macerata e curato dal Direttore del COSMARI, Giuseppe Giampaoli. La media provinciale della raccolta differenziata, in questi anni è tendenzialmente salita: dal 3% del 1997 al 28,19% del 2007. Nel 2009 si è registrato il punto di inversione tra RSU e RD: da un anno si recupera più di quanto si smaltisce.Ad oggi i Comuni con il “Porta a porta” raggiungono almeno il 60% di raccolta differenziata, con eccellenze che superano l’80%. Nel 2009, i Comuni serviti dalla raccolta “Porta a porta” (circa 170.000 abitanti) hanno raggiunto la media del 67,26% di RD.Per quanto riguarda i costi, secondo i dati del bacino COSMARI del 2009 sono stati pari a 79,17 €/ab. anno. Considerando che nel 2010 i costi saranno ulteriormente ridotti, essi risultano sensibilmente inferiori anche a quelli della migliore realtà nazionale presa in considerazione (Lombardia 75,81 €/ab. Anno).

Il soggetto gestore, a cui vengono at-tribuite le funzioni delle ADA, deve essere individuato mediante gara e nel rispetto dei principi comunitari; quindi la forma in house providing è prevista e non è minata dalla Legge Regionale. “Esisterà un soggetto - ha sottolineato Carrescia - al quale devono essere af-fidate le funzioni che il Decreto 152 e la Legge Regionale hanno riconosciuto e hanno posto in campo alle Autori-tà d’Ambito; il tutto in un contesto di gestione integrata dei rifiuti. Quindi la disciplina presuppone che vi sia un gestore unico o un unico soggetto che fa la governance nel settore rifiuti.”La questione della dimensione regiona-le dell’Ambito Territoriale va inquadrata in un’ottica di razionalizzazione della spesa, degli impianti e dell’intero siste-ma. La partecipazione dei Comuni è assicurata già dalla L.R. 24/2009.“La bozza che la Regione sta redigendo prevede la creazione di un’Agenzia Regionale Unica, alla quale vengono imputate le funzioni che sono richieste dal D.Lgs. 152/2006 e dalla L.R. 24/2009. Sono previste Conferenze Territoriali di Ambito, composte dai Sindaci dei territori interessati e dalle Province, che avranno potere decisionale. Il Direttore avrà una funzione di coordinamento - ha proseguito Carrescia - Il Piano d’Ambito sarà ovviamente regionale; coincidendo col territorio della regione, ma sarà articolato in Piani stralcio, la cui approvazione è affidata alla Confe-renza Territoriale di competenza.”Sono previste 9 Conferenze Territo-riali (5 per la gestione dei rifiuti e 4 per la gestione delle acque). Gli affi-damenti potranno essere effettuati per singoli territori, ma resta comunque la necessità di coordinamento e raziona-lizzazione.L’affidamento verrà dato in base alla normativa comunitaria e l’effettivo pas-saggio di gestione avverrà solo dopo la nomina del Direttore dell’Agenzia Unica, per cui non ci sarà un periodo di vacatio legis.Protagonisti del Convegno sono stati gli enti territoriali, che, preoccupati dalla riforma della Regione Marche, sentono minacciata la loro autonomia.Renato Vallesi, Assessore alla Tutela Ambientale della Provincia di Fermo, non condivide l’idea dell’Agenzia Unica Regionale e sostiene che molti Comuni del fermano chiedono maggiore sem-plificazione procedurale, costi bassi di gestione e rivendicano un peso mag-

giore nei momenti decisionali.“I territori non vogliono essere espro-priati di opportunità e del meccanismo positivo che è stato attuato, perché le decisioni che vengono prese dall’alto, spesso non conoscono le realtà terri-toriali.”Secondo l’Assessore Vallesi il ruolo della Regione dovrebbe essere quello di snellire la burocrazia e facilitare la realizzazione delle scelte dei Comuni e delle Province.La parola è poi passata a Mario An-drenacci, Sindaco del Comune di Porto Sant’Elpidio e Presidente ANCI Marche, che condivide l’obiettivo della Regione Marche di mettere ordine nella materia rifiuti, ma bisogna porre attenzione al cittadino, come principale protagoni-sta di tutta la filiera dei rifiuti.“Serve una maggiore consapevolezza dei cittadini, per renderli protagonisti di un percorso - ha dichiarato Andrenacci - Noi possiamo mettere in piedi qualsiasi percor-so legislativo, ma se pensiamo di imporre alcune senza una condivisione degli attori che sono i cittadini della Regione Marche, rischiamo di fare delle sovrastrutture che non raggiungono gli obiettivi prefissati”. Ha poi preso la parola Simone Cecchet-tini, Presidente CIR 33, che ha criticato la Regione per essere stata poco trasparente nella redazione della bozza della riforma, ma prende atto dell’apertura al dialogo del Dott. Carrescia.“Io vengo dalla Provincia di Ancona, dove c’è ancora la presenza di due Consorzi,

dobbiamo andare verso una struttura consortile di convenzione con i Comuni, modello COSMARI, che dobbiamo far di-ventare il modello marchigiano”.Secondo Cecchettini, quindi è necessario partire da esperienze virtuose, come quella del COSMARI, per elaborare una riforma regionale sui rifiuti che tenga conto della gestione in house providing. Inoltre, il coordinamento e la regia affi-dati all’Agenzia Regionale Unica sarebbe inutile, in quanto l’Assessorato Regionale all’Ambiente e la sua Struttura dirigenzia-le possiedono già tutte le competenze necessarie per svolgere la funzione di coordinamento ed per capire le proble-matiche che insistono sul territorio.Il convegno è terminato con le con-clusioni del Direttore del COSMARI, Giuseppe Giampaoli, anche moderatore degli interventi dei relatori, che ha ribadito la possibilità di continuare con la gestione in house providing, a patto che l’Ambito non sia regionale ma prettamente locale: “Il rischio è quello di creare una struttura ampia e farraginosa, che avrà un effetto più frenante, che di accelerazione, delle nostre azioni”.Dopo le conclusioni, il Direttore Giam-paoli ha presentato il IV Rapporto sulla raccolta differenziata “Porta a porta” del COSMARI, a cui sono seguite la Premiazione dei Comuni Virtuosi e la consegna all’Ambalt degli utili derivati dalla raccolta diffe-renziata degli oli vegetali a cura della Adriatica Oli e COSMARI.

Consorzio Obbligatorio Smaltimento RifiutiSede legale e operativaLoc. Piane di Chienti - 62029 Tolentino (MC)Tel. 0733 203504 - fax 0733 [email protected] - www.cosmari.sinp.net

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