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1 Riassunto Marketing: LEZIONE 1 (Cos’è il marketing) L’obiettivo di chi fa marketing è realizzare un profitto soddisfacendo prima di tutto i bisogni di gruppi di clienti, per questo motivo tutto si basa sul CRM (Customer Relationship Management), ovvero la gestione del rapporto con il cliente come punto fisso da mantenere mentre si opera, che ha dimostrato nel tempo riuscire a mantenere un rapporto duraturo di scambio con il cliente. Marketing: E’ il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività di ideazione, determinazione del prezzo, promozione e distribuzione di idee, beni e servizi, al fine di creare uno scambio che soddisfi sia l’azienda che l’individuo che ad essa si rivolge. In breve è lo studio del mercato e dell’analisi dell’interazione del mercato, degli utilizzatori con l’impresa. Marketing relazionale: Il marketing moderno può essere utilizzato sia nei confronti dei consumatori finali (ambiente B2C) e verso le imprese (B2B). Essendo la tendenza del marketing quella di avere un approccio relazionale (121), il successo sta nell’identificare chi sono i miei clienti. Nel B2C marketing acquirente e venditore perseguono due obiettivi diversi: il profitto e la soddisfazione personale. Nel B2B invece acquirente e venditore solitamente perseguono gli stessi obiettivi e presentano strutture organizzativi e processi decisionali analoghi, ovvero quelli tipici di un’impresa. Il marketing si frappone all’interno del processo di vendita al termine del processo produttivo prima dell’immissione nell’ambiente esterno (dall’inglese to market -> rendere adatto per il mercato). Le attività di marketing partono dallo studio del consumatore e in generale dallo studio della domanda e dell’offerta. Il fallimento del marketing moderno sta nel fatto che tutti gli obiettivi che emergono dagli studi sono da perseguire nel medio lungo termine ed il recente periodo di crisi dei mercati ha portato gli imprenditori a diffidare di qualsiasi cosa non dia risposta nell’immediato. E’ fondamentale che il piano di marketing non coincida con il piano strategico dell’impresa, poiché quest’ultimo si occupa della produzione, mentre il marketing ha come fine quello della corretta ed ottimizzata gestione della distribuzione. Le 3 fasi del processo di marketing management: 1. Fase Analitica – Fare l’analisi dell’ambiente e dell’impresa 2. Fase Strategica – Elaborare la strategia con la quale competere 3. Fase Operativa – Applicazione della strategia Fase Analitica: Studio dell’ambiente esterno: Che tipo di ambiente è -> identifico fornitori, distributori e stakeholder Studio del business (segmento) specifico in cui l’azienda compete: analisi di domanda ed offerta Studio del singolo consumatore e del suo comportamento d’acquisto Grazie a questa fase si riescono a creare i sistemi informativi utili alla raccolta dei dati, i sistemi di supporto alle decisioni; un modo semplice per ottenere questi valori e perfezionare ciò che già abbiamo sono le ricerche di mercato. Fase Strategica: Decido in questa fase “cosa fare” e “come”, ovvero come differenziarsi dalla concorrenza.

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Riassunto Marketing:

LEZIONE 1 (Cos’è il marketing)

L’obiettivo di chi fa marketing è realizzare un profitto soddisfacendo prima di tutto i bisogni di gruppi di clienti, per

questo motivo tutto si basa sul CRM (Customer Relationship Management), ovvero la gestione del rapporto con il

cliente come punto fisso da mantenere mentre si opera, che ha dimostrato nel tempo riuscire a mantenere un

rapporto duraturo di scambio con il cliente.

Marketing: E’ il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività di ideazione, determinazione del prezzo,

promozione e distribuzione di idee, beni e servizi, al fine di creare uno scambio che soddisfi sia l’azienda che l’individuo

che ad essa si rivolge. In breve è lo studio del mercato e dell’analisi dell’interazione del mercato, degli utilizzatori con

l’impresa.

Marketing relazionale:

Il marketing moderno può essere utilizzato sia nei confronti dei consumatori finali (ambiente B2C) e verso le imprese

(B2B). Essendo la tendenza del marketing quella di avere un approccio relazionale (121), il successo sta nell’identificare

chi sono i miei clienti.

Nel B2C marketing acquirente e venditore perseguono due obiettivi diversi: il profitto e la soddisfazione personale.

Nel B2B invece acquirente e venditore solitamente perseguono gli stessi obiettivi e presentano strutture organizzativi

e processi decisionali analoghi, ovvero quelli tipici di un’impresa.

Il marketing si frappone all’interno del processo di vendita al termine del processo produttivo prima dell’immissione

nell’ambiente esterno (dall’inglese to market -> rendere adatto per il mercato).

Le attività di marketing partono dallo studio del consumatore e in generale dallo studio della domanda e dell’offerta.

Il fallimento del marketing moderno sta nel fatto che tutti gli obiettivi che emergono dagli studi sono da perseguire nel

medio lungo termine ed il recente periodo di crisi dei mercati ha portato gli imprenditori a diffidare di qualsiasi cosa

non dia risposta nell’immediato.

E’ fondamentale che il piano di marketing non coincida con il piano strategico dell’impresa, poiché quest’ultimo si

occupa della produzione, mentre il marketing ha come fine quello della corretta ed ottimizzata gestione della

distribuzione.

Le 3 fasi del processo di marketing management:

1. Fase Analitica – Fare l’analisi dell’ambiente e dell’impresa

2. Fase Strategica – Elaborare la strategia con la quale competere

3. Fase Operativa – Applicazione della strategia

Fase Analitica:

Studio dell’ambiente esterno: Che tipo di ambiente è -> identifico fornitori, distributori e stakeholder

Studio del business (segmento) specifico in cui l’azienda compete: analisi di domanda ed offerta

Studio del singolo consumatore e del suo comportamento d’acquisto

Grazie a questa fase si riescono a creare i sistemi informativi utili alla raccolta dei dati, i sistemi di supporto alle

decisioni; un modo semplice per ottenere questi valori e perfezionare ciò che già abbiamo sono le ricerche di

mercato.

Fase Strategica:

Decido in questa fase “cosa fare” e “come”, ovvero come differenziarsi dalla concorrenza.

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Fase Operativa:

Sfrutto le 4 P che costituiscono le leve del marketing mix per mettere in atto la mia strategia:

1. Product (Prodotto): Beni, servizi ed idee che soddisfino i consumatori

2. Promotion (Comunicazione): Informare il cliente sul prodotto e sull’impresa

3. Price (Prezzo): Definire le politiche che portano alla formazione del prezzo

4. Placement (Distribuzione): Rendere disponibile il prodotto in luoghi, tempi e modalità adeguati al

consumatore.

Queste 4 variabili, opportunamente combinate costituiscono il marketing mix che l’impresa impiega al fine di

conseguire gli obiettivi predefiniti nell’ambito del mercato obiettivo

Il piano di marketing è il documento che include tutti i metodi e tutte le procedure da intraprendere al fine di riuscire

nelle azioni di marketing prefissate.

La struttura del piano di marketing è:

Premessa generale

Situazione attuale di marketing

Analisi di opportunità è minacce

Obiettivi di marketing

Strategie di marketing

Piani d’azione

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L’imprenditore che si appresta a redigere il piano di marketing deve rispondere ad alcune domande fondamentali che

consentiranno di sviluppare facilmente il piano stesso:

Uno sguardo ad oggi:

La crisi ha significato grossi tagli per quello che era il marketing su carta stampata in favore dell’utilizzo delle nuove

tecnologie che indubbiamente hanno significato un cambiamento d’interesse verso un canale promozionale

completamente nuovo (Online marketing e Direct marketing)

Tipologie di strategie di marketing:

Direct marketing: Sistema interattivo che usa uno o più media pubblicitari per generare una risposta misurabile o una

transazione in qualsiasi parte del sistema distributivo.

Marketing one-to-one: Offerta che corrisponde il più possibile alle caratteristiche di segmenti di mercato sempre più

definiti ed omogenei (questo per la teoria: “Se faccio prezzi, e quindi prodotti, personalizzati, riesco a far pagare ogni

consumatore esattamente il proprio prezzo di riserva, massimizzando quindi i profitti dell’impresa”).

Permission marketing: Strategia che ha l’obiettivo di ottenere dal consumatore il permesso di comunicare con lui, così

che in futuro possa dare più attenzione al nostro messaggio (non classificandolo come SPAM puro).

E-mail marketing: Messaggio non fortemente personalizzato, ma che prevede comunque una sottoscrizione, ovvero

il consenso dell’utente a ricevere una mail contenente il messaggio pubblicitario/comunicazione dell’azienda. Rispetto

ad un annuncio pubblicitario “classico”, l’email va verso il canale diretto e personalizzato.

Ricerca di mercato: Strumenti che permetto la raccolta l’analisi e la descrizione di dati ed informazioni rilevanti per

una specifica situazione di mercato.

Interruption marketing: Interrompere il flusso di pensieri e delle attività del prospect (cliente), più il messaggio è

invasivo più è efficace al fine di portare l’attenzione all’invito finale ad agire/acquistare/interessarsi al prodotto celato

dietro all’interruzione (es. autobus con bilanciere come appiglio e pubblicità palestra in vista “dietro”).

Marketing tribale: Basato su di una comunità collegata al prodotto o servizio che si intende promuovere, volto alla

creazione di interesse tramite l’attrattività di una comunità di utilizzatori o di una serie di valori che identificano chi

possiede un determinato prodotto.

Social marketing: Basare le proprie azioni sulla ricerca di soddisfazione di bisogni e desideri non solo di un singolo ma

anche della società intera (es. Cause related marketing – Product Red™)

Viral marketing: La divulgazione di un messaggio stimolante è affidata agli utenti già presenti che tramite il passaparola

volontario portano l’attenzione ai prospect del messaggio di marketing, la diffusione è per l’appunto virale. Di per se

il messaggio che fa scattare l’azione virale è semplice ed è una azione volta unicamente a far parlare.

Chi è il mio cliente?

Cosa vogliono i miei clienti?

A chi si rivolgono per acquistare?

Quanto pagano?

Come si informano, ovvero cosa influenza le loro scelte?

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Guerriglia: Strategia competitiva che le piccole imprese spesso intraprendono al fine di incrementare le loro quote di

mercato nei confronti delle imprese più grandi, azioni che sono dunque volte non tanto a promuovere sé stessi

direttamente, ma a “rubare” quote di mercato ai concorrenti.

Ambient: Rientra nell’interruption marketing, sfrutta l’ambiente circostante al fine di interrompere il flusso di pensieri

portando l’attenzione al messaggio di marketing.

Web marketing: Più facile acquisire i clienti (chi visita è un potenziale cliente, non devo andare io alla ricerca), bassi

costi di operazione rispetto alle azioni off-line. Consente di gestire in maniera automatica e nativa la relazione con il

cliente (es. autenticazione), le operazioni di ricerca sono svolte tramite la web analytics.

E-Commerce:

L’acquisto di beni e servizi attraverso il World Wide Web ricorrendo a server sicuri, al fine di tutelare le transizioni dei

clienti. Anche la gestione dei servizi di pagamento è del tutto on-line, così da poter rendere semplici anche le

operazioni di tracciabilità e pagamento.

Search Engine Marketing:

Insieme di attività di marketing che si facilitano il perseguimento degli obiettivi strategici tramite l’uso dei motori di

ricerca: ovvero attività che consentono la gestione della visibilità dell’attività di un sito tra i risultati di posizionamento,

questo è realizzabile tramite collegamenti sponsorizzati (keyword advertising) o iscrizione dell’attività sui contenuti

pay per clic.

LEZIONE 2 (Comportamento d’acquisto)

Rapporto B2C

Il consumatore (quindi comportamento d’acquisto B2C) è un soggetto che segue un cosiddetto processo decisionale

che lo porta a finalizzare una scelta d’acquisto, banalmente questo processo potrebbe essere esprimibile come:

FCB Grid:

Questa matrice analizza un determinato prodotto in base a quello che è il suo coinvolgimento e la natura del processo

decisionale, il risultato finale aiuta a catalogare l’acquisto in un determinato quadrante al quale corrisponde un preciso

ordine di processo di acquisto.

Coinvolgimento: Intensità del bisogno, rischio d’acquisto

Alto: ricerca attiva di informazioni, interesse per effettuare un acquisto il più consapevole possibile, poiché si

tratta di un acquisto “importante”

Basso: Acquisto routinario, abitudinario, facile da effettuare

Natura del processo decisionale:

Cognitivo – Utilitaristica: guidata da una scelta di natura tecnica e dalla logica

Affettivo – Edonica: acquisto emozionale, per fini sociali e non in termini di utilità pratica

Riconoscimento del bisogno

Ricerca di informazioni e alternative

Valutazione delle

alternative

Sviluppo delle

preferenze

Decisione d'acquisto

Impressioni dopo

l'acquisto

Cognizione – LEARN Affettività – FEEL Comportamento – DO

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Combinando questi aspetti si forma una matrice in cui posso collocare gli acquisti

Come e dove ipotizzare il marketing per i settori appena descritti:

E si riesce a racchiudere all’interno di 3 tipologie di acquisto:

Estensivo

Contesto di scelte limitate

Routine

Il processo che porta a realizzare l’acquisto è influenzato da fonti di diversa natura:

Stimoli che il consumatore può ricevere:

Viscerale: indipendente dal prezzo e dall’utilità, nasce una attrazione verso il prodotto a priori

Comportamentale: comprendo la natura del prodotto, la sua utilità e quindi posso pensare di acquistarlo

Riflessivo: serve unicamente ad esprimere l’immagine del prospect, che trova nel prodotto un qualcosa che

sintetizza le caratteristiche del consumatore stesso e le esprime appieno rendendole visibili anche agli altri

(es. prodotti per “Status Symbol”).

•Come: dimostrare uso e benefici; trasmettere informazioni dettagliate

•Dove: riviste specializzate, mailing, inserzioni lunghe

Apprendimento

[Learn - Feel - Do]

•Come: valorizzare elementi emotivi, coinvolgere, richiamare ego ed autostima

•Dove: mezzi coinvolgenti, TV

Affettività

[Feel - Learn - Do]

•Come: Indurre alla prova del prodotto, farsi ricordare

•Dove: Ovunque

Routine

[Do - Learn - Feel]

•Come: attirare l'attenzione sui gusti personali, enfatizzare la socializzazione

•Dove: Grandi affissioni, insegne

Edonismo

[Do -Feel - Learn]

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Influenze:

Influenze psicologiche:

Product Knowledge: Conoscenza del prodotto in termini di forma, aspetto, marchio, modello, modo d’acquisto, sono

tutta una serie di informazioni che influiscono sulla rapidità del processo d’acquisto (favoriscono la scelta, o la

complicano).

Product Involvement: La percezione di un consumatore in merito all’importanza o all’interesse personale di un bene.

Le 5 fasi del processo decisionale:

Riconoscimento del bisogno: Maslow classifica i bisogni come:

Fisiologici

Di sicurezza

Di appartenenza e amore

Di stima

Di realizzazione

Ricerca delle alternative:

Fonti interne (qualcosa che già si ha)

Fonti sociali

Di marketing

Pubbliche

Esperienza

•Famiglia

•Religione

•Scuola

•Trend e tendenze sociali

•Effetti generazionali

•Classe sociale

•Gruppi di riferimento:

•Primari: Famiglia ed amici stretti

•Secondari: Associazioni o altro

Sociali

•Influenze percepite del prodotto (differenziazione, design, emozioni)

•Prezzo

•Comunicazione (Pubblicità e promozioni)

•Della distribuzione

Di Marketing

•Ambiente fisico

•Ambiente sociale

•Prospettiva temporale (es. periodo dell'anno)

•Definizione del compito dell'acquirente (regalo, mamma che compra per figlio)

•Condizioni antecedenti al processo d'acquisto (vai a fare la spesa senza aver mangiato)

Situazionali

•Product knowledge

•Product involvement

Psicologiche (incidono sull'uso che faccio delle precedenti influenze)

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Valutazione delle alternative:

Approcci utilitaristici “ponderati”

Componenti razionali ed emotive

Generalmente si tende a pensare la mente del consumatore come una scatola nera, poiché a fianco di questi

comportamenti facilmente riconoscibili, intervengono anche aspetti irrazionali che fanno sì che questa stima di

valutazione delle alternative risulti difficile.

Decisione d’acquisto: In fase d’acquisto l’unico pensiero del cliente è lo stimare l’eventuale rischio derivante dal

procedere con l’acquisizione del prodotto

Le impressioni post-uso:

Soddisfazione e dissonanza cognitiva

Importanza chiave per il riacquisto

Confirmation e Disconfirmation paradigm

Aspettative e percezione

Ruolo chiave della pubblicità nel creare aspettative

Ruolo chiave del post-vendita per il futuro

Rapporto B2B

Il consumatore procede all’acquisto con il fine di saziare un proprio bisogno, poiché il rapporto fra aziende (B2B) è

differente (entrambe le organizzazioni operano per il profitto), bisogna analizzare diversamente il comportamento

d’acquisto delle organizzazioni.

Innanzitutto occorre determinare la tipologia di organizzazione che opera l’acquisto:

Produttori: Trasformazione di input in output differente

Intermediari: grossisti o rivenditori al dettaglio

Enti pubblici: il marketing in questo caso è molto delicato, poiché le istituzioni di questo tipo devono sottostare

a normative molto rigide

Altre istituzioni (no profit)

Poi viene esaminata la tipologia di acquisto effettuata dall’organizzazione:

Riacquisto invariato: servizio di routine effettuato quasi sempre presso lo stesso fornitore, rapido e poco

costoso

Riacquisto modificato: viene a modificarsi qualche aspetto lato fornitore che rendeva di routine il riacquisto,

a questo punto anche chi compra deve cambiare il proprio modello al fine di adattarsi alla nuova routine.

Nuovo acquisto: poco frequenti e molto costosi, tempi lunghi di consegna. Utilizzato per richieste molto

specifiche, che richiedono un impiego di forze inusuale.

Infine occorre valutare il comportamento del singolo acquirente cercando di comprendere il più possibile la sua

struttura organizzativa:

Ruoli del processo d’acquisto: quali sono le figure che intervengono, lato azienda cliente al fine di portare al

termine la transazione (initiators, users, influencers, deciders, gatekeeper o individui preposti al controllo delle

informazioni).

Fattori specifici dell’organizzazione: conosciamo la tipologia (punto 1), occorre vedere anche la dimensione,

l’orientamento e l’accentramento dell’azienda, per capire se abbiamo a che fare con un “pesce piccolo” o

meno.

Politiche e procedure d’acquisto

Categorie di organizzazioni: qual è lo spirito che anima l’organizzazione (innovativa, adattiva, routinaria)

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Il processo d’acquisto di una azienda diventa pertanto:

I consumatori 3.0 (dell’era digitale e social):

Con l’avvento dei social network, la tendenza dei consumatori è diventare veri e propri comunicatori digitali, sia nei

confronti dell’impresa che nei rapporti con gli altri utenti della rete, al fine di poter creare una community di

consumatori facendo posting online.

I consumatori di quest’era sono stati identificati in 5 categorie in base a quello che è l’atteggiamento d’uso del canale

social:

1. Ostentativo “Social me”: Attività solo sui social network, di gestione del profilo e poco più.

2. Sociale “Social Fun”: Interazione continua con il social al fine di scoprire novità, solitamente presente su più di

una piattaforma. Sfrutta le potenzialità del canale per fini di divertimento.

3. Pragmatico “Opinion Seeker”: Frequenta, ricerca, all’interno di canali più complessi e meno diffusi del social

network, per esempio blog/forum al fine di conoscere le opinioni della rete.

4. Di fruizione “E-ntertaiment”: Ricerca dei contenuti all’interno di tutta la rete

5. Interpretativo “Co-Generation”: Contribuisce attivamente all’arricchimento dei contenuti della rete.

Con l’avvento della rete, diventa indispensabile rivedere gli strumenti di analytics utilizzati per il processo “off-line”,

soprattutto in un periodo di crisi non sempre l’informarsi di un prodotto è collegato alla ricerca di soddisfazione di un

bisogno. L’arrivo al “first moment of truth”, ovvero l’acquisto, non è il primo punto a cui guardare. Per cui rientrano

nel valore accumulato dall’impresa (ROI) anche le interazioni che l’impresa ha sui canali social che portano a

conversione (acquisto).

Google ZMOT:

Grazie alla rete è possibile gestire “in a social way” tutti quegli aspetti che prima erano legati all’esperienza d’uso del

singolo, basti pensare al fenomeno di social TV (più facile ottenere un feedback dagli utenti, spesso usa canali social in

rete per l’interazione del pubblico, così che si possa confezionare il prodotto “proprio come vuole il cliente” -> Data

Driven).

Bisogno dell'organizzazione

Analisi del fornitore

Procedura d'acquisto

Valutazione dopo

l'acquisto

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Perché fino ad oggi questo meccanismo sulle social TV, è parecchio screditato:

Le competenze necessarie, ovvero esperti di social media, advertising, esperti di mobile sono difficili da

reperire

Scarso interesse: il budget che le imprese prevedono per il digital è una piccola percentuale del totale,

Norme sulla privacy molto restrittive, che spaventano chiunque voglia avere a che fare con i dati dei clienti

soprattutto perché gli utenti solitamente prestano eccessiva attenzione alla questione privacy, vivendo

comunque nell’inconsapevolezza di essere completamente tracciati da servizi che usano “spensieratamente”

Il web è sempre considerato la seconda scelta

Paura di investire in campi sconosciuti.

Lezione 3 (La segmentazione del mercato)

La segmentazione

Segmentare il mercato significa studiare i bisogni ed i desideri dei consumatori al fine di ottenere dei gruppi di utenti

accomunati da alcuni aspetti, ai quali poter offrire un prodotto differenziato in base al gruppo di appartenenza.

La segmentazione è l’insieme delle attività che servono a determinare la suddivisione del mercato in gruppi di

consumatori simili.

La segmentazione più forte è quella identificata dal rapporto 121 con il singolo cliente.

Se servire un determinato gruppo con un prodotto differenziato porta ad un profitto, allora quel gruppo è un buon

candidato per essere un segmento.

Le 5 fasi della segmentazione:

1. Determinazione dei bisogni del consumatore

2. Divisione del mercato in segmenti significativi (sia in termini di dimensione che di profitto)

3. Sviluppo del posizionamento del prodotto

4. Decisione della strategia di segmentazione

5. Progettazione della strategia di marketing mix, ovvero come sfruttare le leve del marketing mix (4P)

Come operare la segmentazione:

Innanzitutto occorre scegliere la tipologia di segmentazione da utilizzare per definire i cluster: a priori, a

posteriori.

Scegliere le basi per la segmentazione

Scegliere la descrizione opportuna per il segmento

La formazione dei cluster:

La segmentazione basata su cluster prevede l’identificazione di gruppi di individui. E’ si un processo molto oneroso in

termini di tempo e costi, ma se ben organizzata ci permette di identificare nuove tendenze che affidandoci unicamente

ad un approccio “globale” non noteremmo.

Segmentazione a priori:

Effettuata dal management su scelte dettate dall’esperienza e dal buon senso senza prima aver effettuato una ricerca

di mercato, il limite fondamentale di questa azione è il bisogno successivo di approfondire i bisogni e le motivazioni

che spingono all’acquisto il consumatore. Generalmente possiamo dire che l’approccio a priori è il primo passo da fare

per operare la segmentazione

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Segmentazione a posteriori:

Chi opera questo tipo di segmentazione non si deve far guidare dalla propria idea di marketing, ma si deve affidare

alla ricerca sul campo, lasciando che siano le tecniche di analisi a far emergere i criteri di segmentazione. Con questi

accorgimenti è più facile ottenere informazioni rilevanti sulle caratteristiche degli acquirenti.

Conviene utilizzare un approccio a priori se si ha una conoscenza sufficiente del mercato in cui si lancia il prodotto,

magari perché esso stesso è una evoluzione di qualcosa che è già pre-esistente (quindi è stata fatta nel passato

un’operazione a posteriori). Se il prodotto è totalmente nuovo, bisogna invece operare a posteriori al fine di ottenere

un feedback dagli early adopters al fine di poter migliorare le successive release.

Scelta delle basi di segmentazione:

La scelta può essere effettuata sui seguenti aspetti:

In base ai benefici: identificare i bisogni e i desideri dei consumatori al fine di soddisfare il cliente con prodotti

che siano offrano esattamente i benefici ricercati (es. dentifrici differenti per rispondere ai differenti bisogni

dei clienti).

Demografica: variabili caratteristiche della popolazione (età sesso, etnia, reddito, educazione, occupazione,

religione, classe sociale)

Psicografica: basata sulle caratteristiche personali del consumatore, orientata al suo stile di vita (credenze,

valori, modo di trascorrere il tempo); questi dati possono essere raccolti tramite indagini campionarie su

attività, interessi ed opinioni dei consumatori. E’ una variabile molto delicata da utilizzare, poiché non sempre

attendibile.

Geodemografica: Emergono dai bisogni dei consumatori che possono essere influenzati dal clima, dalla

densità della popolazione urbana, dalla tipologia abitativa in cui ci si trova (urbana vs. rurale). Variabili che

consentono la classificazione in relazione a macroaree/microaree in cui la gente vive e fa acquisti, queste aree

devono essere reali ed individuabili su di una mappa.

Comportamentali

Creare nuovi cluster oggi è molto facilitato dalle attività di data mining che un’impresa può operare per ottenere

variabili di segmentazione sempre più particolareggiate e soggettive (come sempre questa attività è sempre volta

verso il 121 marketing). Conosco informazioni extra -> segmento meglio.

Un primo esempio di data mining volto alla creazione di cluster più dettagliati è data dalla basket analysis (ovvero lo

studio del carrello), tramite il quale senza dover perdere tempo ad intervistare il soggetto, si riesce a profilare la

tipologia d’acquirente e quindi il potenziale candidato per un nuovo segmento.

Variabili utilizzate come predittori:

Nonostante per alcuni prodotti alcune variabili “old-style” restino un ottimo predittore (ovvero variabile che

contribuisce molto e molto bene alla profilazione), l’uso di data mining ha introdotto altre variabili altrettanto valide

che aiutano ancora di più la profilazione.

La descrizione del segmento:

Dopo aver individuato le variabili che lo contraddistinguono occorre verificare che il segmento risultante non sia

troppo specifico, ovvero che la segmentazione sia stata talmente tanto perfezionata e studiata approfonditamente da

aver lasciato fuori dai segmenti considerati qualche potenziale consumatore che non rientra nella nostra analisi.

Per far sì che il segmento acquisisca consistenza, occorre dare una risposta ad alcune domande che ci consentono di

fare una profilazione accurata:

Chi sono i miei acquirenti?

Cosa comprano oltre al mio prodotto?

Che uso fanno del mio prodotto?

Quando comprano? (early adopter/comprano sotto promozione/svendita)

Perché fra tutti i competitor scelgono me?

Il livello di customer satisfaction è sufficiente a convincerli di comprare ancora da me?

Quanto sono sensibili all’uso che ho fatto delle leve del marketing mix? (Product/Price/Promotion/Placement)

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Il fine ultimo di questa fase è il raggiungimento di una descrizione delle caratteristiche del segmento in relazione agli

obiettivi dell’impresa.

Un esempio pratico degli strumenti di profilazione è la “cross tabulation”:

Segmento Under 30 single

Sesso Prevalentemente maschile

Reddito Sopra i 1200€/mese

Stato sociale Geek

Con una formattazione dei dati di questo tipo è molto più semplice controllare quali sono i valori delle variabili di

segmentazione.

Caratteristiche fondamentali dei segmenti:

Misurabilità: ovvero tutte le sue variabili di segmentazione devono essere misurabili.

Accessibilità

Significatività

Differenzialità

Esaustività

Stabilità

Un segmento è attrattivo se è in grado di offrire un prodotto di successo, ovvero un segmento in cui la domanda è

sempre in crescita è c’è sempre un alto profitto. Tanto più la concorrenza è blanda, tanto più un segmento di questo

tipo risulta un “pollo da spennare”.

A volte, da una analisi a posteriori possono venire alla luce anche dei segmenti inaspettati o del tutto nuovi per quel

genere di prodotto, spesso questo fenomeno, detto dei segmenti emergenti, si manifesta quando avviene una

modifica delle convenzioni sociali (es alfabetizzazione informatica per gli anziani è un meccanismo che ha modificato

l’avvicinamento alla tecnologia da parte di soggetti che dapprima sembravano del tutto estranei e non attrattivi per il

mercato). Saper sfruttare per primi, e quindi saper riconoscere, questi segmenti comporta un vantaggio notevole in

termini di profitto.

Dopo aver identificato i segmenti l’impresa deve iniziare a valutare le ipotesi di Posizionamento, nella maggior parte

dei casi una PMI è obbligata a focalizzare la sua strategia su un singolo semento a causa delle risorse limitate, che

obbligano ad avere una mission molto specifica.

Si parla di posizionamento competitivo, quando un’azienda opera volutamente contro la concorrenza cercando di

differenziare il prodotto aggiungendo al prodotto standard un beneficio ulteriore per il cliente.

Il marketing One to One:

Il primo approccio verso una soluzione relazionale è conoscere quanto più possibile il cliente con il quale abbiamo a

che fare, un buon modo per carpire informazioni circa le sue preferenze è invitarlo alla progettazione dei prodotti

personalizzati (es. “Il Mulino che vorrei”).

Il fulcro del 121 è trattare in maniera diversa i diversi clienti con i quali abbiamo a che fare, proponendo loro soluzioni

o prodotti che possono anche differire al fine di aderire il più possibile al profilo del consumatore. La tecnologia è di

grande aiuto in questo processo, consentendoci, oltre al risparmio di comunicazioni cartacee spesso giudicate poco

attrattive, di memorizzare i profili dei clienti in vere e proprie banche dati digitali (software di CRM – Customer

Relationship Management).

E’ importante investire sul 121 quando si ha come obiettivo la massimizzazione del possesso della quota di quel cliente,

la ricerca di un rapporto durevole (life time value) e in generale massimizzare la soddisfazione dei clienti.

Riassumendo concetti chiave per una buona relazione sono la valutazione di User Generated Content e la

differenziazione di prodotto.

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Come instaurare una relazione di 121:

Perché oggi è più semplice gestire le relazioni 121 ed in generale ottenere informazioni sul cliente?

Molte informazioni che prima erano giudicate private, o comunque destinate solo a ridotti sottogruppi, oggi sono

disponibili a tutti, esempi come gli open data e la propensione all’uso (e alla lettura) di infografiche hanno acceso la

curiosità anche ai non addetti al settore.

La modalità stessa con cui sono visualizzati i dati non è trattata più solo da esperti “matematici”, ma nel campo della

visualizzazione oggi giocano un ruolo rilevante anche esperti di grafica, che sanno rendere accattivanti quelle che una

volta erano semplici tabelle.

Il fenomeno Social, soprattutto coadiuvato dall’avvento del mobile ha consentito al consumatore di poter esprimere

al meglio le proprie scelte in un contesto più ricco del semplice “shop”, ma il vero vantaggio dato da questa evoluzione

del sistema è stato quello della Visual Intelligence, che grazie a questa raccolta di dati sempre fresca e spontanea riesce

a compiere delle scelte di business più accurate.

L’unica accortezza da adoperare consiste nel saper fare un buon data mining, che filtri dal mastodontico flusso di dati

che la rete offre solo quanto è realmente usabile per il business. Il dato di per se non costa niente ed è facilmente

acquisibile, se trasformato propriamente allora diventa un qualcosa di valore.

Come presentare dati/pubblicità in maniera efficace:

Più i nostri dati sono presentati in maniera “eye-friendly” più saranno immediati da comprendere ed avranno dunque

più valore, la tendenza ad avere molte informazioni non deve andare a complicare quelle che sono le azioni di

visualizzazione dei dati, anzi la regola base è “keep it simple”.

Come fare una buona campagna di advertising:

Per massimizzare il rendimento bisogna essere in grado di gestire contemporaneamente più campagne differenti, non

ci dobbiamo focalizzare sul valore di una singola campagna, poiché non è solo investendo sul massimo della qualità

che si ottiene profitto (es. scelgo che la mia campagna debba girare solo su adWords e non tramite la pubblicità di

facebook, così facendo rinuncio ad una fetta di possibili visualizzatori, che probabilmente avrei catturato se avessi

scelto una distribuzione più capillare sui canali di advertising).

Spesso il consumatore che converte (ovvero acquista), non effettua l’intero processo di acquisto dopo aver ricevuto

un solo tipo di stimolo, ma si verifica un fenomeno di “First Touch – Last Touch” che mostra come il cliente abbia

Conoscenza

• Acquisizione di dati interni ed esterni:

• Profiling e Customer Satisfaction Model

Orientamento

• Brainstorming (per capire le preferenze)

• Piano di azioni 121

Relazione

• CRM Tools

• Treat differently different customers

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ricevuto stimoli con lo stesso obiettivo da sorgenti differenti allora la nostra campagna di advertising ha ancora più

forte la necessità di essere su più canali perché i nostri canali possono giocare ruoli diversi per il consumatore in tempi

diversi:

Starters -> accendono lo stimolo

Players -> ravvivano lo stimolo

Closers -> conducono alla conversione

Sta poi a noi vedere chi ha giocato quale ruolo al fine di ottimizzare gli investimenti futuri, ma resta spesso

controproducente chiudere del tutto un canale.

Lezione 4 (CRM – Customer Relationship Management)

Il CRM è innanzitutto un processo aziendale, spesso supportato dall’impiego di strumenti tecnologici, finalizzato alla

creazione e al mantenimento di relazioni che fidelizzino il cliente, ottenendo così il massimo del suo lifetime value.

In una prima versione lo sfruttamento del CRM era solo di tipo client server, ovvero unicamente concentrato sulle

banche dati contenenti informazioni ritenute importanti su di un determinato cliente. Oggi l’accesso alla rete

largamente diffuso ha consentito l’evoluzione del CRM in e-CRM, basato anche su strumenti completamente online

accessibili anche lato cliente; i vantaggi si concentrano nel:

Fornire all’impresa nuovi canali di comunicazione con il cliente prima impensabili (esempio pagina

dell’azienda sui social network)

Fornire al cliente nuovi strumenti per ottenere servizi che non prevedano specificatamente un tecnico

dell’impresa come intermediario. Tale facilitazione snellisce il lavoro e ci permette di gestire in maniera

ottimale la relazione con il cliente.

E’ fondamentale che il CRM sia distribuito su tutti i livelli dell’impresa, sia nel front-end che nel back-office, se tutta

l’impresa non condivide all’unanimità il progetto di cura del cliente, allora quasi sicuramente il CRM non porterà

alcun risultato utile. Al fine di garantire la Customer loyality (e quindi un lifetime value per quel cliente) il CRM deve

essere pienamente integrato con la strategia dell’azienda.

Cinque motivi per cui le imprese dovrebbero adottare un sistema CRM:

Acquisizioni di clienti potenziali

Portare avanti le relazioni con i clienti più importanti e coltivabili

Ridurre i costi attraverso lo sviluppo di processi di business

Fidelizzazione longeva dei clienti che interagiscono maggiormente con l’azienda (clienti di primo piano)

I clienti attuali vengono trasformati in procuratori ovvero evangelisti dell’azienda.

Possiamo analizzare tre componenti del CRM:

CRM analitico: studia gli sviluppi del marketing relazionale, analizza i dati dei clienti e confeziona nuove

azioni di contatto della clientela, con un risultato sempre più tendente verso la personalizzazione perfetta (a

seguito di una buona profilazione) e tempestività.

CRM operativo: Esegue le attività di interazione con il mercato, per automatizzare processi di business.

CRM Collaborativo: nasce dal bisogno di gestire il contatto con il cliente, si occupa quindi di definire

tecnologie e metodologie integrate con gli strumenti di comunicazione disponibili all’impresa

Il ciclo di collaborazione fra i due componenti deve essere continuativo, le attività devono funzionare in maniera

sinergica garantendo un buon livello di integrazione.

I compiti del CRM operativo: il contact center

Il “Contact Center” è il centro del CRM Operativo, si occupa di gestire le interazioni con la clientela acquisita ed i

nuovi clienti potenziali attraverso molteplici canali di comunicazione. Lo strumento fondamentale con cui opera il

contact center è il Customer Database in cui vengono memorizzati i dati relativi ai contatti, al fine di favorire una

miglior profilazione che semplicemente potrebbe consistere nel creare dei target (gruppi di clienti con caratteristiche

simili).

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Schema iterativo di contatto:

1. Comunicazione tramite un canale (Telefonia, Video, Social Network, Sistemi di self-service, ecc…)

2. Interazione con un cliente (Servizi di Pre-Vendita/Vendita/Post-Vendita/Gestione della

relazione/Fidelizzazione e Recupero)

3. Processo di workflow management per carpire i dati ottenuti dall’interazione e diffonderli correttamente a

tutti gli interessati.

4. Salvataggio dei dati all’interno del data base del CRM system che si occuperà dido raccogliere, classificare,

valutare le informazioni pertinenti, al fine di semplificare il lavoro degli operatori di decisioni di mercato.

Il sistema di CRM Analitico:

Tramite il CRM operativo l’impresa ottiene un patrimonio informativo che il CRM analitico ha il compito di sfruttare e

valorizzare nelle forme di Customer Warehouse e CRM intelligence (e-intelligence).

La Customer Warehouse si occupa di mantenere un archivio evoluto dove affluiscono i dati da diverse fonti (se

pensiamo ad un sistema di CRM diviso in maniera funzionale, i dati possono provenire da canali differenti, quindi in

modalità del tutto differente, compito della warehouse è immagazzinare questi dati in maniera coerente per renderli

di facile accesso da chi ne è interessato).

Una volta immagazzinati i dati possono essere applicate analisi al fine di ottenere informazioni utili per l’impresa, in

seguito i dati vengono aggregati da sistemi software atti alla visualizzazione e alla simulazione di sistemi per

consentire ai manager del CRM di creare azioni relazionali di valore.

Fondamentali per il CRM analitico sono i KPI (Key Performance Indicators) per esempio: ROI, quota cliente, pressione

competitiva

Il CRM può essere sviluppato da una azienda in 3 differenti modi:

Make -> completamente organizzato ed implementato “in-house” ovvero, tutto il processo operativo ed

analitico è svolto da dipendenti dell’azienda.

Buy -> Outsourcing completo del CRM, molto rischioso poiché viene dato in mano molto valore ad un

esterno, comodo se non si hanno le risorse e le competenze adatta a svolgere delle funzioni relazionali (es.

azienda di sola produzione, che non ha nemmeno un help desk e non ha competenze in grado di carpire

informazioni sul cliente)

Make & Buy -> Outsourcing parziale, utilizzato spesso da chi gestisce internamente l’aspetto analitico del

CRM e preferisce dare in outsourcing qualche canale di comunicazione che rispetti le azioni previste in fase

di analisi (es. sfrutto i call center di imprese che si occupano solo di quello e fornisco loro gli strumenti per

operare con i dati della mia impresa, sicuramente costa di più formare e stipendiare, piuttosto che

saltuariamente noleggiare).

Il ruolo del CRM per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa:

Per la sopravvivenza dell’azienda è fondamentale che l’impresa conosca il valore reale del cliente, dato che

l’asserzione “perso un cliente se ne acquisisce un altro” è pesantemente falsa, poiché i clienti sono diversi fra loro,

allora anche il loro valore per l’azienda varierà con essi (un nuovo cliente solitamente vale di meno di un cliente con

un alto life time value, è comunque compito dell’azienda “coccolarlo” al fine di instaurare con il nuovo entrato un

rapporto durevole).

E’ dimostrato che se un cliente se ne va, tolto l’investimento iniziale per acquisirlo (solitamente i costi di acquisizione

sono dalle 6 alle 12 volte superiori a quelli di gestione di un cliente presente, quindi l’azienda spesso pur di acquisire

è disposta ad avere una perdita, o cash flow negativo, poiché nel tempo questo verrà ampiamente risanato da un

cash flow fortemente positivo in costante aumento nel tempo), perdiamo non solo la “quota mensile” proveniente

da quel cliente, ma perdiamo l’intero VAN (ovvero i flussi di cassa presenti e futuri) che si erano prospettati su quel

cliente, oltre a questo il danno di un cliente lascivo si manifesta anche con un possibile passaparola negativo che

tendenzialmente comporta un grave danno all’immagine dell’impresa.

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E’ pertanto impossibile puntare ad uno sviluppo notevole dell’impresa sfruttando i soli nuovi clienti, è compito

dell’impresa guardare prima di tutto al suo portafoglio clienti già acquisito, purché sia composto da soggetti attivi.

Quattro indicatori aiutano a comprendere l’andamento in termini di mantenimento ed acquisizioni dell’impresa:

Tasso di acquisizione: ovvero quanti nuovi clienti riesco ad acquisire

Tasso di retention: quanti clienti del mio portafoglio sono attivi, ovvero continuano a servirsi della mia

impresa

Loss rate: tasso di perdita dei clienti (è ovviamente il complemento del retention rate -> retention rate+loss rate =1)

Tasso netto di variazione: Tasso di acquisizione dei nuovi clienti – loss rate. Indica se l’azienda è in perdita di

clienti oppure in aumento.

Lo sviluppo dell’impresa è dato (in ordine) dallo sviluppo dei seguenti meccanismi:

La distribuzione della soddisfazione dei clienti è distribuita secondo una Gaussiana, dove i soggetti mediamente

soddisfatti/insoddisfatti sono circa il 68,26% mentre gli estremi sono circa il 15,86% per parte.

Il CRM moderno:

I clienti hanno aspettative aumentate rispetto al rapporto che l’azienda dovrebbe avere con loro, auspicandosi

sempre una efficace gestione delle relazioni multi canale.

Internet è uno strumento utile per la gestione delle relazioni con il cliente, soprattutto dopo l’affermazione dei social

network che hanno aperto un canale di contatto “diretto” con la componente umana dell’impresa. Restano

comunque presenti altre forme di strumenti online come le FAQ che facilitano il rapporto cliente-impresa tramite

automatizzazione di servizi.

Per invogliare il cliente e l’impresa al 121 marketing (e di conseguenza CRM), la rete dispone di strumenti molto

efficaci:

Chat online

Forum

FAQ

E-mail dedicate al supporto ([email protected])

Ticket on-line per la segnalazione di problemi

Tracciamento dello storico delle relazioni cliente-impresa

Uso dei web analyzer per favorire la fruizione di contenuti per i clienti profilati

Gli errori più comuni quando si parla di CRM:

Ridurre il CRM ad un solo software per la gestione dei clienti, il corretto approccio di un buon CRM system nasce

dapprima in investimenti utili a formulare la strategia, l’organizzazione e la comunicazione, solo in un secondo

momento occorre investire in tecnologia, che di per se non ha nessun valore aggiunto sul successo dell’impresa

(bisogna saper usare il software, non basta averlo).

CRM (instauro e consolido la relazione)

Customer Satisfaction (monitoro la soddisfazione del mio cliente rispetto al

servizio che gli offro, spesso vale di più un giudizio

negativo che mi consente di migliorare le criticità del mio sistema piuttosto che giudizi

completamente positivi)

Customer Loyality (controllo che il cliente non mi abbandoni,

cambiando la sua preferenza verso un competitor)

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Lezione 5 (Social CRM Process)

Il CRM parte dal presupposto che sia l’impresa a dover sondare il cliente al fine di poterlo profilare all’interno del

Customer Database. Ad oggi è molto più semplice raccogliere dati/impressioni/commenti che l’utente stesso genera

inconsapevolmente o a seguito delle sue interazioni sulla rete, al fine di riempire il database con dati sempre

aggiornati ed utili.

Il cliente non vuole essere gestito e stressato dall’impresa che vuole carpire da lui informazioni, piuttosto

preferirebbe essere “coccolato” al bisogno, vuole che il suo dialogo con l’azienda sia semplice, immediato e

soprattutto più vantaggioso, l’obiettivo dell’impresa resta comunque Conoscere Ricordare Misurare, ma quello che

deve compiere è un’azione di reverse marketing, preparandosi ad accogliere il cliente più che a cercarlo, fornendo a

lui l’impressione di gestire completamente la relazione. Se questa azione funziona, il valore della relazione per il

cliente lievita e l’obiettivo dell’impresa non è più il CRM bensì il CMR (Customer Management of Relationship).

Oltre allo sviluppo tecnologico l’impresa non deve dimenticarsi di creare un’esperienza per il cliente fornendo lui

nuovi servizi, relazione sempre più accurata e non invasiva: non è possibile entrare nel portafoglio del cliente se

prima non si è fatta breccia nella sua testa e nel suo cuore.

Il concetto sul quale bisogna puntare è l’ascolto del cliente, riuscendo a porsi come ascoltatore su più canali,

soprattutto quelli meno convenzionali (forum).

Se si rimane attaccati al concetto teorico del CRM, si rischia di dimenticare che il cliente può in ogni momento

scegliere di ignorare qualsiasi azione di marketing eccessivamente invasiva nei suoi confronti, impedendo la nascita

di una qualsivoglia relazione; se invece il contatto è proprio cercato dal cliente allora sono minori le possibilità che il

cliente ignori le nostre azioni, è importante a tal scopo che sia il cliente a dire come e quando vuole essere

contattato.

Lezione 5 (La marca e il suo valore)

Il marchio è una potente risorsa del quale l’azienda dispone, se sfruttato correttamente può permettere una rapida

diffusione del marchio in contesti internazionali.

Il marchio è un nome, termine, simbolo o disegno che mira ad identificare i beni o i servizi di un venditore specifico

che vuole differenziarsi dalla concorrenza rendendosi riconoscibile da un cliente. All’interno del marchio ci sono

anche i concetti relativi al legame razionale ed affettivo fra l’impresa e i clienti, è scontato pertanto sostenere che

ogni impresa che desideri avere un marchio deve conoscere il cliente al fine che quest’ultimo guadagni stima e

fiducia nel brand.

Componenti della marca:

Nome

Slogan

Testimonial

Musica

Materiale promozionale

Confezione

Parco automezzi

Da questi fattori semplici e spesso facili da identificare è possibile inquadrare senza troppe difficoltà le scelte di

marketing di ogni impresa.

Anche la scelta del brand name, ovvero del nome del prodotto è da ritenersi importante, poiché permette di definire

la personalità e l’individualità del prodotto stesso e quindi aiuta a comunicare i valori di marca dell’azienda stessa, è

utile quindi sceglierlo anche in relazione a quanto succede all’ambiente esterno (es. Twin Towers -> Future) oppure

al fine di sfruttare un valore già esistente (es. Coccolino)

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Brand equity:

Insieme dei punti di forza associati ad una marca, al suo nome ed al suo simbolo.

A cosa serve la Fedeltà di marca:

Innanzitutto verso i clienti, dimostrarsi un marchio solido e che loro apprezzano fa diminuire i costi legati alle azioni

di marketing necessarie a fidelizzarli (vale sia per nuovi clienti che per clienti affermati). Nei confronti del canale

distributivo conferisce all’impresa un maggior potere contrattuale (es. placement nei prodotti del supermercato).

Notorietà di marca:

L’insieme delle associazioni e dei concetti connessi al brand, sinonimo di familiarità e indice di gradimento, consente

di facilitare l’ingresso all’interno del consideration set di un prospect.

Qualità percepita:

E’ la ragione per la quale il cliente è disposto a pagare un premium price scegliendo il nostro prodotto. Tramite il

concetto di qualità percepita è facile partire per uno sviluppo di brand extension, che serve a facilitare

l’affermazione di un secondo prodotto (magari appena introdotto nel mercato), poiché gli altri prodotti della stessa

marca hanno sempre avuto una “alta qualità”.

Associazioni di marca:

iPhone->Apple. I valori di un prodotto diventano i valori di un’azienda e viceversa.

Asset proprietari:

Brevetti, marchi depositati, relazioni di canale proprietarie determinano un valore per l’impresa. Detenere questi

asset fa guadagnare se c’è qualcuno diverso dall’impresa stessa che li impiega o integra all’interno del proprio

prodotto.

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Lezione 6 (La gestione della marca e la brand equity)

Tramite l’analisi del brand posso comprendere i motivi per cui i consumatori scelgono un determinato brand di

successo, se riesco a carpire questi fattori posso tentare di imitarli per cercare di sfondare all’interno del mercato.

Ovviamente non tutte le caratteristiche sono ugualmente importanti se trasportate da un’impresa all’altra è utile

quindi saper osservare!

Lezione 6 (Marketing non convenzionale)

Il marketing non convenzionale è l’insieme delle strategie promozionali giudicate “innovative”, ovvero differenti dai

classici sistemi pubblicitari.

La necessità di modi di fare pubblicità “alternativi” alle vecchie campagne è stata introdotta per rimediare

all’assuefazione da marketing tradizionale al quale il consumatore si era ormai adeguato, rendendo spesso la

sollecitazione pubblicitaria di scarso effetto.

Uno degli scopi principali dell’unconventional marketing è il far parlare non tanto di un prodotto, quanto di una

azienda, se serve creando anche campagne ad hoc, solo per far discutere (es. tucano easy parking).

Il fine ultimo di queste azioni è ovviamente quello di attirare nuovamente l’attenzione del pubblico, staccandosi dal

concetto di interruption marketing invadente verso un approccio più simile ad un ennesimo canale di

intrattenimento/informazione piuttosto che un nuovo messaggio pubblicitario.

L’unconventional choice porta anche al rinnovamento di strategie di marketing che prima erano statiche che grazie

ad azioni non convenzionali consentono un cambiamento netto della natura del servizio (Palinsesto televisivo ->

Servizi on demand).

Come è stato detto in precedenza oggi il consumatore è attratto dal coinvolgimento che riesce ad avere verso un

prodotto/servizio, per cui l’impresa deve identificare l’uso corretto delle leve del marketing analizzando determinati

fattori:

Stile del target di riferimento,

Budget che l’impresa ha a disposizione,

Tempo a disposizione per il prodotto/servizio.

Le attività di marketing non convenzionale spesso si svolgono below the line ovvero sfruttano aspetti e canali non

primari (es. pubblicità nei simulatori calcistici, advergaming oppure azioni bizzarre per far discutere sui media e

magari rivitalizzare il marchio).

Il marketing non convenzionale si basa sull’efficacia del passaparola, il punto di partenza deve essere ben definito su

un target di individui da “infettare” facendo sì che questi trovino il messaggio divertente, interessante od utile e lo

comunichino a qualcun altro.

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Tipologie di marketing non convenzionale:

Viral marketing: trasmettere un messaggio ad un piccolo gruppo fino ad gruppo esponenzialmente più

numeroso, sul web la diffusione è chiara veloce, gratuita e favorita dall’uso dei media che la rete offre.

Spesso al concetto di campagna virale in rete è associato il nome di Meme (da internet phenomenon). Per

una diffusione efficace del messaggio bisogna lasciare agire indipendentemente la comunità, senza forzare

direttamente la mano, agendo se possibile in ombra (“stealth marketing”). Se questa azione è ben

strutturata rappresenta un costo decisamente inferiore per un’impresa che si trova a dover infettare solo un

piccolo target piuttosto che un intero mercato.

WOM (World of mouth, passaparola): bisogna saper curare passaparola positivo e negativo.

Adver-game: pubblicità in un gioco o sotto forma di gioco.

Guerrilla marketing: massima visibilità attraverso il minor sforzo economico, tramite la realizzazione di

eventi improbabili, paradossali, studiati a tavolino oltre che per la nicchia anche per i media

Marketing tribale: prodotti appositamente studiati per creare delle comunità che si autoalimentino e

sviluppino il concetto di auto riconoscimento

Consumer generated media/User Generated Content (UGC)

Flash mob

Social

Web marketing

Ambientale

Lezione 7 (La gestione dei canali distributivi)

Il canale distributivo è costituito da un gruppo di imprese indipendenti che cooperano al fine di poter trasferire un

prodotto o una informazione dal fornitore al consumatore.

Il canale distributivo può essere analizzato in base al:

Tipo di intermediario

Lunghezza del canale distributivo

Funzioni del canale

Gli intermediari possono essere di tre tipologie:

Commercianti

Intermediari

Ausiliari

Per lunghezza del canale si intende quanti intermediari dovranno trattare il prodotto per portarlo dal produttore al

consumatore (Vendita diretta, uno stadio…)

Generalmente le funzioni che un intermediario svolge sono di tre tipi:

Transazionali: ovvero legate alla comunicazione ed alla promozione, al contatto con il cliente, alla

negoziazione ed all’assistenza del cliente.

Logistiche: assortimento, trasporto e magazzinaggio.

Facilitazione: ricerche di marketing, finanziamento ed assunzione del rischio.

Le principali scelte di distribuzione:

Numero di intermediari: Che determinano una distribuzione intensiva (diffusione di beni di largo consumo, con un

basso valore, l’interesse starà nel voleri piazzare dappertutto), selettiva (Autorizzo solo gli intermediari che ritengo

migliori), esclusiva (limito ad uno o a pochissimi intermediari la possibilità di operare su un determinato territorio).

Compiti dei partecipanti: Politica di pricing (prezzo consigliato dei prodotti per l’intermediario), condizioni di vendita

(3x2, formati mini, MAXI), servizi di assistenza.

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Tipologie di intermediari da sfruttare.

Analisi del mercato: Insieme delle azioni che ci portano ad ottenere informazioni sul mercato, quanti acquirenti,

quali settori economici, con che dimensione vengono effettuati gli ordini.

Considerazioni sul prodotto: Valore, deperibilità e contenuto tecnologico (bisogna monitorare l’obsolescenza).

Analisi degli intermediari: Agiscono in maniera coerente con la logica del produttore? Che servizi forniscono al

produttore, ovvero perché sono per lui essenziali

Considerazioni sul produttore: Che controllo ha del canale, quale politica di marketing adotta, di che risorse

dispone.

Il ruolo di internet nella distribuzione:

Sulle funzioni transazionali permette un contatto personalizzato e a basso costo con gli acquirenti. L’impresa

stessa può monitorare facilmente il comportamento dei consumatori. La presenza di shopping agent

favorisce il match fra domanda-offerta.

Per le funzioni logistiche la rete facilita la distribuzione di beni digitali, sostanzialmente azzerandone i costi,

consente di creare dei canali di one stop shopping che aggregano virtualmente prodotti di natura differente;

infine la rete permette alla distribuzione di sfruttare l’outsourced logistic, ovvero affidarsi a imprese terze

per la spedizione dell’ordine.

Le funzioni di facilitazione permettono di tracciare al meglio il consumatore, facilitando le ricerche di

mercato; l’introduzione di meccanismi come PayPal ha facilitato le procedure di pagamento rendendole

snelle e sicure (credito all’acquisto).

Per gli intermediari il processo di uso della rete non è significato un tracollo, bensì è stato uno stimolo

all’evoluzione che li ha portati a specializzarsi nel fornire servizi ottimizzati per la rete, fornendo all’impresa

la possibilità di concentrarsi sul suo core business.

Il vantaggio, o comunque l’importanza data dalla posizione è neutralizzata dalla rete che può disporre di un

maggior numero di fornitori ed informazioni, per cui si è assistito ad un crollo del potere della domanda.

D’altra parte la possibilità di tracciare l’utente, conoscendo la sua web experience ha dato la possibilità a

fornitori come Amazon di stabilire una relazione profonda con i clienti, che permette di ottenere un potere

del fornitore da non sottovalutare.

Attività svolte dagli intermediari on line:

Sponsorizzazione

Vendita diretta: l’azienda stessa si fa carico di essere l’intermediario per la vendita, così da poter eliminare,

a certe condizioni, grossisti e rivenditori dalla distribuzione. Nel B2B fa risparmiare i costi di vendita, mentre

nel B2C, dove spesso l’azienda vende beni digitali, è possibile risparmiare costi relativi all’inventario,

all’imballaggio ed alla spedizione. Banalmente, se il sito del produttore può avere una pagina dedicata alla

vendita è possibile risparmiare sull’intermediario che se ne occuperebbe.

Infomediari: raccolgono e distribuiscono informazioni, permettendo di profilare pubblicità legate agli

interessi dei clienti. Gli infomediari trovano anche lo spazio web adatto da vendere agli inserzionisti.

Broker, agenti di vendita e metamediari (rappresentano gruppi di produttori)

Virtual mall:

Ospitare in un unico sito diversi venditori, consente di ottenere benefici per i brand poco conosciuti, dà la possibilità

di gestire portafogli dinamici al consumatore e di fare campagne promozionali (ad esempio di fedeltà) cross shop.

Shopping agent:

Sono intermediari che favoriscono il cliente nella scelta di un determinato distributore, si focalizzano sul prezzo e

sulla qualità.

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Altre tipologie di rappresentanti di acquirenti sono le aste inverse e le cooperative di acquirenti.

Lezione 8 (Marketing per un sito online)

L’obiettivo del marketing per un sito online è quello di creare un’esperienza di navigazione unica che invogli l’utente

a tornare sul sito, a tal proposito, così come la strategia, anche il sito internet necessita di costante attenzione ed

aggiustamenti.

Best pratices (buone pratiche per la realizzazione ed il mantenimento di un sito):

Monitorare le nuove pagine.

Avere sempre contenuti freschi è sinonimo di interesse e presenza del proprietario del sito.

Avere una redazione che gestisca gli aspetti del sito e che sia sufficientemente telematizzata da poter essere

sempre all’opera.

Prevedere una revisione globale una volta all’anno.

Dedicarsi contemporaneamente al presente ed al futuro del sito (beta access).

Il sito deve essere facilmente aggiornabile (CMS).

I contenuti devono essere organizzati al fine di costruire aree tematiche.

Ogni pagina figlio deve avere un rimando alla pagina genitore.

Il sito deve essere navigabile in ogni sua dimensione.

Motore di ricerca interno e facilmente accessibile.

Aree presenti ed aggiornate: chi siamo, clienti, prodotti, contatti. In più: la nostra storia, lo staff (l’impresa “ci

mette la faccia”).

Sondare il parere dei visitatori.

Il sito deve rispecchiare l’azienda e rientrare nella sua strategia aziendale, non è un “di più” è proprio un

elemento chiave.

Chi entra in un primo contatto con la gestione del sito di un’impresa, quali informazioni deve ricevere/poter

ottenere:

Il sito ha mai avuto un eco stampa?

Quali sono le iniziative promozionali proposte tramite il sito?

E’ un sito già famoso ed affermato?

Chi potrebbe parlare del nostro sito?

Esiste una newsletter?

SEO (Search Engine Organization)

Azioni pubblicitarie svolte (es. email advertising, pubblicità su mailing list, banner)

Come è attiva l’azienda sugli altri canali promozionali? E’ disposta anche a seguire azioni non convenzionali?

Lezione 9 (Regole per un buon sito)

Il sito deve essere facile da leggere, per fornire sempre una chiara ed immediata interpretazione, altrimenti il rischio

di “bounce” è molto elevato, e i motori di ricerca non premiano questo atteggiamento. Per bounce si intende

l’essere arrivati su un sito averlo trovato di primo impatto insoddisfacente ed essere tornati alla pagina precedente

senza averlo consultato.

Il sito deve essere facile da consultare, bisogna esporre i contenuti in maniera che siano facili da ricercare.

Design chiaro ed uniforme, tanti layout differenti comportano tanta confusione, gli elementi di navigazione comuni

a tutte le pagine devono mantenere la stessa grafica, CSS aiuta mantenere gli stili uniformi.

Le pagine devono essere veloci da caricare, l’utente vuole immediatezza, se il sito è lento sia il motore di ricerca,

che l’occhio umano lo penalizzano scartandolo.

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Le operazioni svolte dal motore di ricerca:

Indicizza il testo e analizza le keyword (parole chiave), segue la gerarchia del sito, motivo per cui è necessaria una

mappa ben organizzata per favorire la tracciabilità dei contenuti gerarchici, misura la popolarità della pagina

analizzando il valore delle pagine esterne che puntano ad essa.