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1 A cura del Gruppo Comunicazione di SIGASCOT SIGASCOT HIGHLIGHTS 2/2017 WWW.SIGASCOT.COM ... e non potete perdervi: Incontinenza urinaria da sforzo nelle atlete - Patella widht ratio - Bale in Learning from Gazza - Il Secretoma - Della Villa VS Denti - Imaging delle Ramp lesions - TempoLibero a Peschiera del Garda & much more... In questo numero: Arts&Decò Gerusalemme e la Galilea Come eravamo La nostra Storia secondo GianLuigi Canata BUONE VACANZE!

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A cura del Gruppo Comunicazione di SIGASCOT

SIGASCOT HIGHLIGHTS2/

2017

WWW.SIGASCOT.COM

... e non potete perdervi: Incontinenza urinaria da sforzo nelle atlete - Patella widht ratio - Bale in Learning from Gazza - Il Secretoma - Della Villa VS Denti - Imaging delle Ramp lesions - TempoLibero a Peschiera del Garda & much more...

In questo numero:

Arts&Decò Gerusalemme e la Galilea

Come eravamoLa nostra Storia secondo

GianLuigi Canata

BUONE VACANZE!

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IMPACT SIGASCOT FACTORI più recenti articoli dei soci apparsi su riviste impattate

A cura di Francesco Perdisa e Giacomo Placella

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L’incontinenza urinaria è un problema molto diffuso nelle donne; erroneamente si ritiene che riguardi solo coloro che hanno raggiunto una certa età, in particolare dopo i 60 anni. In uno studio condotto in Italia nel 2009 sull’incidenza dell’incontinenza urinaria da sforzo o da stress (IUS), è stato osservato un gruppo di 679 donne in età fertile che praticavano attività sportiva a livello amatoriale, è emerso che 101 donne (14.9%) manifestava incontinenza urinaria; 32 di loro, solo durante l’attività sportiva, 48 durante le attività quotidiane e 21 in entrambi le circostanze. La percentuale più alta di donne incontinenti praticava basket (16,6%), a seguire atletica (15%), e tennis o squash (11%). Alcune di loro hanno addirittura abbandonato la pratica sportiva(10,4%) e altre (20%) hanno modificato le modalità di allenamento per diminuire gli episodi di incontinenza.(1) Da anni ormai la ricerca scientifica produce studi inerenti l’incontinenza nelle donne che praticano attività sportiva. Thyssen (2) nel 2002 controllando 291 atlete di elite di ogni sport, dal basket alla danza, riportò che ben 151 di loro incorreva in perdite di urina. La cosa drammatica è che solo 6 di loro iniziarono un trattamento riabilitativo, e non credo che le cose siano cambiate molto negli ultimi dieci anni.Ma la storia non finisce qui; l’incontinenza è solo uno dei disturbi del pavimento pelvico.È un segnale di disequilibrio dell’unità interna profonda (core system). L’unità interna è un sistema chiuso ed ogni insufficienza di uno dei componenti (multifido, diaframma, trasverso dell’addome) influisce sull’efficacia globale della core stability con ripercussioni su mal di schiena o problemi alle anche.Kruger (3) ha studiato l’escursione del collo dell’uretra durante manovra di Valsalva nelle atlete. Ha riscontrato che l’escursione è maggiore rispetto alle donne sedentarie, ipotizzando che questo sia dovuto al ripetuto impatto con il terreno tipico del salto e della corsa. Le atlete in compenso hanno maggior tono muscolare del piano perineale e miglior capacità di reclutamento, in grado di compensare questa eccessiva escursione.L’esercizio ad alto impatto infatti, provoca incrementi della pressione addominali importanti, che devono essere contrastate da un piano perineale tonico ed elastico, posizionato ad un ottimo livello nella cavità pelvica. La sinergia di attivazione della muscolatura perineale con la muscolatura adiacente (glutei, addominali, erettori spinali, diaframma), la cosiddetta “unità interna”, viene richiesta in tutte le attività

quotidiane in cui ci sia un aumento della pressione intra-addominale; ad esempio in attività impegnative come il salto o la corsa, oppure in gesti più semplici come il sollevare un oggetto, fare un esercizio fisico e tossire e starnutire. Quando la contrazione automatica del pavimento pelvico è in grado di contrastare la pressione esercitata dall’aumento di pressione, si mantiene la continenza, altrimenti si manifesta l’incontinenza da sforzo. E’ quindi fondamentale la buona sinergia e coordinazione della muscolatura del tronco.Il pavimento pelvico riveste un ruolo di fondamentale importanza nella stabilità della colonna lombare e del bacino, infatti è il presupposto per una buona attivazione del muscolo trasverso dell’addome e del multifido lombare. Questi 3 muscoli inoltre lavorano in sinergia con il diaframma.Numerosi studi in letteratura evidenziano come un significativo numero di atlete presentano sintomi di incontinenza da stress. Kari Bo ha pubblicato nel 2004 (4) una revisione sistematica della letteratura sull’incontinenza urinaria nelle donne che praticano sport, con particolare attenzione alle atlete d’elite. Dallo studio emerge che la prevalenza di incontinenza durante la pratica sportiva nelle giovani atlete nullipare varia tra lo 0%(golf) e l’80% (trampoliniste). La più alta percentuale di atlete incontinenti pratica sport ad alto impatto come la ginnastica, l’atletica, e sport con la palla. Non ci sono tutt’ora studi sui risultati di trattamento attraverso esercizi per il pavimento pelvico sulle atlete. Anche se i risultati del rinforzo muscolare della muscolatura del pavimento pelvico è risultata efficace in generale nella popolazione femminile. Infine Bo conclude, dicendo che il pavimento pelvico delle donne che praticano attività sportiva deve essere più forte rispetto alle altre donne.

Bibliografia:1-Salvatore S, Serati M, Laterza R .The impact of urinary stress incontinence in young and middle-age women practising recreational sports activity: an epidemiological study. Br Sport Med 2009;43:1115.

2-Thyssen HH, Clevin L, Olesen S, Lose G.Urinary incontinence in elite female athletes and dancers.Int Urogynecol J.2002;13:15-17.

3-Kruger JA, Dietz HP, Murphy BA.Pelvic floor function in elite nulliparous athletes.Ultrasound Obstet Gynecol.2007;30(1):81-85.

4-Bo K. Urinary incontinence , pelvic floor dysfunction, exercise and sport.Sport Med 2004;34(7):451-64.

INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO NELLE GIOVANI ATLETE

A cura di Milco Zanazzo - Comitato Riabilitazione

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PATELLO-FEMORAL-JOINT CORNERA cura di Paolo Ferrua - Comitato Formazione

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Patellar  widht  ra?o:  nuovo  indice  per  quan?ficare  il  ?lt  rotuleo  nell’  instabilità    femoro-­‐rotulea.P. Ferrua,  F.M. UboldiSSD Chirurgia Articolare del Ginocchio Istituto Ortopedico Gaetano Pini Milano

Fig 1

Fig 2

La presenza di un eccessivo tilt rotuleo laterale è di riscontro comune nell’analisi radiografica delle ginocchia di pazienti affetti da instabilità rotulea. Secondo la prima versione della classificazione Lionese un tilt eccessivo era riscontrabile nel 83% delle ginocchia che presentassero un’instabilità obiettiva (più di un episodio documentato di lussazione) (1). Questa elevata incidenza aveva portato gli Autori a elencarlo tra i 4 fattori primari di instabilità insieme a displasia trocleare, distanza TA-GT patologica e altezza rotulea eccessiva. La misura viene effettuata su TC o RMN usando come riferimento l’angolo formato tra l’ asse della rotula in proiezioni assiali e la linea bicondiloidea posteriore (Fig.1)

La soglia patologica era fissata a 20°. Più recentemente, in occasione delle Giornate Lionesi del 2012, il tilt rotuleo è stato derubricato a fattore secondario in quanto non sufficiente da solo a causare un’instabilità;

un valore eccessivo è infatti quasi sempre associato ad altri fattori, sopra tutti una displasia trocleare di tipo B o D. Oltre all’ imaging assiale il tilt rotuleo (bascule nella dizione francese) è classificabile utilizzando le radiografie in carico in proiezione latero-laterale utilizzando la classificazione proposta nel 1989 dai radiologi belgi Maldague e Malghem (2) (Fig.2). Vengono descritte tre posizioni: - Posizione 1 (normale): la faccetta laterale è posizionata davanti alla cresta;- Posizione 2 (tilt di entità media): le due linee (faccetta laterale e cresta) si presentano sovrapposte;- Posizione 3 (tilt severo): la faccetta laterale è dietro alla cresta.

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Bibliogra)ia1) Dejour   H,   Walch   G,   Nove-­‐Josserand   L   et   al.   Factors   of   patellar   instability:   an   anatomic  

radiographic  study.  Knee  Surg  Sports  Traumatol  Arthrosc  1994;  2(1):19-­‐262) Malghem  J,  Maldague  B.  Depth  insufQiciency  of  the  proximal  trochlear  groove  on  the  lateral  

radiographs  of  the  knee:  relation  to  patellar  dislocation.  Radiology  1989  170:507-­‐5103)  Kuroda   R,   Nagai   K,   Matsushita   T   et   al.   A   new   quantitative   radiographic  

measurement   of   patella   for   patellar   instability   using   the   lateral   plain  radiograph:  “patellar  widht  ratio”

Fig 3

Nel 2017 Kuroda et al. (3) hanno proposto una nuova metodica per poter quantificare il tilt utilizzando le radiografie in proiezione latero-laterale: il patellar widht index. L’ indice viene descritto come un rapporto (B/A) tra la “profondità” della rotula (B) e la “lunghezza” (A) sulle proiezioni sagittali (Fig.3).

Oltre a elevate sensibilità e specificità veniva anche descritta una forte correlazione con la misura TC del tilt eseguita sullo stesso pool di pazienti e controlli. Questo metodo potrebbe essere molto utile nel quantificare in maniera riproducibile con la radiografia tradizionale un parametro che richiederebbe altrimenti un imaging di secondo livello ( TC o RMN), per esempio in un contesto di urgenza o come prima valutazione in ambulatorio. Questa misura va a integrare l’ormai ampio pool di strumenti a disposizione per la valutazione preoperatoria e per la scelta dell’intervento (o associazione di interventi) più utile per il paziente e non è ovviamente sufficiente da sola a dare indicazioni sul trattamento più opportuno. Saranno necessari ulteriori studi di valutazione per capire come questo parametro possa influire sul processo di decision making preoperatorio ma non è chiaro se possa effettivamente incidere in qualche modo in particolare sulla necessità di associare o meno un lateral release alle altre procedure di stabilizzazione.

Fig 3

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LESIONI MENISCALI 2LE RAMP LESIONSAutore: Marcello Zappia-Resp. Imaging muscoloscheletrico Ist. Varelli - Napoli

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Le lesioni di tipo “ramp”, pur se oggi rappresentano un argomento frequentemente trattato nella letteratura ortopedica, non hanno ancora una semiotica imaging ben codificata [1]. Per comprendere l’aspetto RM delle lesioni ramp risulta indispensabile la conoscenza dettagliata dell’anatomia di questa regione. ANATOMIA: L’area ramp mediale, descritta da Strobel come la porzione posteriore della giunzione menisco-capsulare, rappresenta una riflessione capsulare estesa dal muro posteriore del menisco mediale al profilo capsulare posteriore. [2]La ramp rappresenta il pavimento del recesso postero-mediale superiore che appare delimitato posteriormente dalla porzione superiore muro meniscale e superiormente dal condilo femorale mediale. QUALI SEQUENZE ? Le sequenze sagittali in densità protonica con soppressione del grasso (PDw FATSAT) sono, a nostro avviso, quelle maggiormente utili per lo studio di questa regione. Così come accade per tutti i recessi articolari, anche quello postero-mediale del ginocchio risulta ben evidenziabile in presenza di versamento articolare ma difficilmente valutabile in assenza di fluido. Altro piccolo recesso, da non confondere con il precedente, è quello postero-mediale inferiore, talvolta riconoscibile tra il versante posteriore del fascio di inserzione menisco-tibiale e il profilo posteriore della tibia [3]. In condizioni fisiologiche questi due recessi non appaiono comunicanti e risultano separati da un cuscinetto adiposo interposto tra la capsula posteriore e le due riflessioni capsulari. (Fig. 1). Per tale ragione dal portale artroscopico postero-mediale, come affermato da Strobel nel suo trattato, in condizioni fisiologiche il piatto tibiale non dovrebbe risultare visibile [2].

La radiologia alla portata dell’ortopedico

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Fig.1 Sagittale DPw FATSAT Il recesso postero-mediale superiore appare delimitato inferiormente dalla r a m p ( f r e c c e b i a n c h e ) , posteriormente dalla porzione superiore del muro meniscale e superiormente dal condilo femorale interno. Il recesso postero-mediale i n f e r i o re r i s u l t a d e l i m i t a t o dall’inserzione menisco-tibiale (frecce rosse) e del piatto tibiale. Un cuscinetto adiposo separa i due recessi.

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RAMP LESION + LESIONE LCA: La lesione della ramp, frequentemente associate alle lesioni del LCA, determina una comunicazione tra i due recessi postero-mediali, con presenza di stria fluida (iperintensa in DPw FATSAT) in continuità tra le due regioni (Fig 2).

RAMP LESIONS - CARATTERISTICHE: La lesione ramp si associa pressoché costantemente alla lesione dell’inserzione menisco-tibiale posteriore, che risulterà avulsa. In RM la stria fluida apparirà continua dal profilo posteriore del condilo femorale fino al margine postero-mediale del piatto tibiale (Fig 3). Le lesioni ramp possono estendersi anteriormente interessando anche la porzione in cui menisco e capsula sono fisiologicamente del tutto adesi. A nostro avviso il piano più adatto a rilevare l’estensione anteriore delle disinserzioni menisco-capsulari è quello assiale (DPw FATSAT o T2w) dove la falda fluida iperintensa tra capsula e menisco è inequivocabilmente un segno di lesione (Fig 4).

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Fig. 2 Sagittale PDw FATSAT – M 33aa trauma distorsivo 10gg prima, con lesione del LCA. L’area ramp appare lesionata con segnale fluido che decorre posteriormente (frecce) fino al piatto tibiale.

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Fig. 3 ⇐Sagittale PDw FATSAT – M 27aa trauma distorsivo 12gg prima con lesione del LCA. Ampia lesione dell’area ramp con segnale fluido che decorre posteriormente (frecce azzurre ) fino al margine posteriore del piatto tibiale dove si apprezza lesione dell’inserzione menisco-tibiale (freccia rossa). E’ presente bone bruise al versante postero-mediale del piatto tibiale. Fig. 4 ⇒Assiale PDw FATSAT – M 26aa trauma distorsivo 8gg prima. La presenza di fluido iperintenso tra capsula e menisco (frecce) indica un’ampia disinserzione menisco capsulare estesa fino al corpo del menisco

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Nelle fasi croniche, in assenza di fluido intrarticolare, la presenza di lesioni ramp o di più estese disinserzioni menisco-capsulari risulta meno agevole; l’obliterazione del cuscinetto adiposo nelle sequenze T1w potrebbe rappresentare un elemento semiologico utile nel rilevarle. Da non confondere con le ramp sono le lesioni verticali della zona rossa del corno posteriore chiamate “hidden lesion”[4]. In questo tipo di lesioni la stria fluida iperintensa attraversa, parzialmente o a tutto spessore, la porzione periferica del corno posteriore (Fig. 5).

Fig. 5 Sagittale PDw FATSAT – F 22aa trauma distorsivo 14gg prima con lesione di LCA e lesione verticale (freccia) a pieno spessore in zona rossa-rossa del menisco mediale, chiamata “hidden lesion”

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Shifting paradigms: SECRETOMA

A. Marmotti e il comitato Ricerca (presidente: L. De Girolamo; membri: M. Saccomanno, M. Conca, A. Costa, D. Cucchi, S. De Giorgi, A. Russo, R. D’Apolito)

“Il senso della ricerca è l'interconnessione” ha suggerito Francesca Cerati in un articolo del 2014 su “Sole 24 ore”. E questo potrebbe essere un buon inizio per un cammino di cambiamento dei nostri paradigmi. E’ dall’interconnessione delle scienze di base (“basic science”) con le ricerche cliniche che si può teorizzare l’energia potenziale in grado di portare a pensare alle malattie e curarle in modo diverso e, verosimilmente, più efficace. Così dalla scienza di base sappiamo cosa possono fare le cellule mesenchimali, che da effettori della differenziazione sembrano sempre più “direttori d’orchestra” dei processi riparativi in loco [1]. Ma cosa c’è dietro tutto questo? E che rilevanze può avere per le applicazioni cliniche in ortopedia?Partiamo da un’osservazione recente: esiste un dialogo (“cross-talk”) altamente positivo tra le cellule mesenchimali (MSC) da midollo osseo e le cellule già differenziate, ad esempio i tenociti umani che, coltivati insieme, portano ad un aumento di produzione e rimodellamento della matrice [3]. Queste cellule si “parlano” e il dialogo induce cambiamento. Questo dialogo si basa sulla produzione da parte delle cellule mesenchimali di molte macromolecole differenti raggruppabili sotto il nome di “secretoma”. Qui c’è già tutto, e la chiave per impostare un paradigma futuro di cura. Il secretoma delle cellule mesenchimali è in grado di modificare aspetto e comportamento delle cellule che lo contattano. Se proviamo a guardare in questo orizzonte, un nuovo paradigma di uso delle cellule mesenchimali si apre, libero da ogni problematica di attecchimento delle stesse nel sito ricevente, di compatibilità, sopravvivenza e loro differenziamento. Infatti, il secretoma delle MSC è in grado da solo di cambiare positivamente il microambiente cellulare. Nel secretoma, infatti, sono contenuti alcuni “sacchetti biologici” di una potenza incredibile: le

microvescicole e gli esosomi. All’interno di essi, accanto a fattori di crescita, si associano mRNA e sequenze di RNA cortissime (micro RNA, miRNA) che agiscono direttamente nel nucleo delle cellule attivando e inibendo fattori di trascrizione. E il risultato è che le cellule a contatto con il secretoma, sia in vitro che in vivo, cambiano comportamento. Non siamo di fronte al nuovo PRP, anche se il PRP stesso contiene miRNAs [5] [6][4]. Siamo di fronte a una nuova sorgente terapeutica derivata direttamente dalle cellule mesenchimali, ma, apparentemente, molto più agile nel suo utilizzo. Siamo di fronte al nuovo paradigma delle MSC come fabbriche di secretoma. E, nel mondo, questo concetto sta davvero esplodendo in senso trasversale. In altre specialità, esosomi e microvescicole hanno mostrato potenzialità terapeutiche precliniche (in vitro e su animale da esperimento) nei confronti di patologie quali l’infarto miocardico, la fibrosi epatica, l’edema e l’ipertensione polmonare, la riepitelizzazione di ferite cutanee e la riduzione della fibrosi interferendo con la formazione dei miofibroblasti, oltre ad aver rivelato proprietà immunosoppressive nei confronti dei linfociti T. In ortopedia i primi passi sono già strati mossi. In un lavoro pionieristico, i portoghesi Joao E s p r e g u e i r a - M e n d e s ( p a s t p r e s i d e n t dell’ESSKA), Antonio J. Salgado e il loro gruppo di ricerca [7] hanno iniettato secretoma proveniente da MSC umane da midollo osseo in lesioni massive della cuffia dei rotatori in un modello sperimentale di ratto (iniezione nel muscolo sopraspinato e sottospinato) e a 8 settimane hanno osservato una massa muscolare molto migliore nel gruppo che aveva ricevuto il secretoma, con diminuzione della degenerazione adiposa delle fibre muscolari. Si potrebbe in futuro traslare questo paradigma per migliorare la riparazione e al funzionalità della cuffia dei rotatori nell’uomo?E anche i cinesi non sono da meno.

Continua ⇒

BEYOND - LE BOMBE DI MARMOTTILa rubrica dedicata ai lavori scientifici potenzialmente rivoluzionari, letti, interpretati e proposti da:

AntonGiulio Marmotti & Comitato Ricerca

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Il gruppo di Gang Li ha utilizzato secretoma da MSC fetali iniettandolo direttamente nel rigenerato osseo di un modello di osteogenesi da distrazione (“distraction osteogenesis”) nel ratto [8]. 100 ul di secretoma iniettato nel rigenerato osseo ne hanno migliorato la qualità in modo sorprendente. Ma la sorpresa più attuale arriva dalla Francia. Stella Cosenza e il suo gruppo di ricerca a Montpellier [2] si sono chiesti se il secretoma possa esercitare un effetto positivo nei confronti nell’artrosi. Al congresso ICRS del 2016 hanno presentato il loro studio: utilizzando MSC murine come fonte di esosomi e microvescicole, hanno realmente osservato un effetto condroprotettivo in un modello di artrosi di ginocchio nel ratto, e la qualità dei loro risultati può solo essere commentata da una illustrazione (fig 1).Ormai l’orizzonte è aperto e questa è definitivamente una strada da percorrere. È’ vero che siamo ancora lontani dall’applicazione in vivo su uomo ed è altrettanto fondamentale seguire la lezione dei maestri come Pittenger che ci ricordano come non tutti i secretomi delle MSC siano uguali, per cui in futuro sarà necessario determinare come coltivare le MSC per ottenere il miglior secretoma per una specifica condizione clinica. Ma questo farà parte della storia di questo innovativo orizzonte. D’altronde, è proprio nella ricerca di nuovi paradigmi che realizzeremo ciò che Albert Einstein, nel suo modo semplice ma intenso, suggeriva: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”.

1. Caplan AI (2017) Mesenchymal Stem Cells: Time to Change the Name! Stem Cells Transl Med

2. Cosenza S, Ruiz M, Maumus M, Jorgensen C, Noël D (2017) Pathogenic or Therapeutic Extracellular Ves ic les in Rheumat ic Diseases : Role o f Mesenchymal Stem Cell-Derived Vesicles. Int J Mol Sci 18

3. Ekwueme EC, Shah JV, Mohiuddin M, Ghebes CA, Crispim JF, Saris DBF, Fernandes HAM, Freeman JW (2016) Cross-Talk Between Human Tenocytes and Bone Marrow Stromal Cells Potentiates Extracellular Matrix Remodeling In Vitro. J Cell Biochem 117:684–693

4. Konala VBR, Mamidi MK, Bhonde R, Das AK, Pochampally R, Pal R (2016) The current landscape of the mesenchymal stromal cell secretome: A new paradigm for cell-free regeneration. Cytotherapy 18:13–24

5. Phinney DG, Pittenger MF (2017) Concise Review: MSC-Derived Exosomes for Cell-Free Therapy. Stem Cells 35:851–858

6. Ragni E, Banfi F, Barilani M, Cherubini A, Parazzi V, Larghi P, Dolo V, Bollati V, Lazzari L (2017) Ex t race l lu l a r Ves i c l e -Shu t t l ed mRNA in Mesenchymal Stem Cell Communication. Stem Cells 35:1093–1105

7. Sevivas N, Teixeira FG, Portugal R, Araújo L, Carriço LF, Ferreira N, Vieira da Silva M, Espregueira-Mendes J, Anjo S, Manadas B, Sousa N, Salgado AJ (2016) Mesenchymal Stem Cell Secretome: A Potential Tool for the Prevention of Muscle Degenerative Changes Associated With Chronic Rotator Cuff Tears. Am J Sports Med

8. Xu J, Wang B, Sun Y, Wu T, Liu Y, Zhang J, Lee WY, Pan X, Chai Y, Li G (2016) Human fetal mesenchymal stem cell secretome enhances bone consolidation in distraction osteogenesis. Stem Cell Res Ther 7:134

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Tratto  da:  Cosenza  S  et  al.  “Exoxomes  and  microparticles  released  by  mesenchymal  stem  cells  exert  a  chondroprotective  effect  in  osteoarthritis”.  Personal  communication,  ICRS  2016

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FACCIA A FACCIADomande e risposte “flash” per focalizzare il pensiero e l’approccio dei più importanti Opinion Leaders SIGASCOT che possano servire da guida ai più giovani o ai meno esperti.

A cura di Massimo Berruto

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Il ritorno all’attività agonistica di un atleta professionista dopo ricostruzione del LCA è un tema attualmente molto dibattuto e i pareri sono contrastanti. In questo numero abbiamo voluto mettere a confronto l’opinione di uno dei più noti chirurghi artroscopici italiani, past-president ESSKA, e il fisiatra italiano più conosciuto al mondo per approfondire la loro opinione sull’argomento.

Stefano Della Villa Matteo Denti

Potete dirmi in termini di tempo quando oggi è consigliabile consentire ad un atleta professionista il ritorno in campo dopo ricostruzione del LCA?

Io ho sempre ragionato per criteri e mai per tempi. Criteri soddisfatti: semaforo verde e giochi. Semaforo rosso, non giochi. I tempi quindi sono legati al singolo atleta e nella nostra esperienza variano tra i cinque e i nove mesi, con una media intorno ai sette.

Nessuna differenza sui tempi. Il tendine rotuleo impone una grande attenzione a prevenire sovraccarichi dell’apparato estensore, gli hamstrings richiedono un lavoro accurato sul controllo neuro muscolare delle intrarotazioni.

Fate delle differenze in rapporto al tipo di innesto utilizzato?

Parlando di atleti professionisti, comunque devono avere tutti un recupero completo, quindi salvo rispettare criteri sport specifici, non ci sono grandi differenze di tempi.

Fate differenze in rapporto al tipo sport?

Un nuotatore od un ciclista avrebbero criteri sport specifici più semplici da rispettare, ma in realtà gli infortuni LCA avvengono quasi sempre in sport ricchi di balzi e cambi di direzione.

Se sì quali sport secondo voi consentono un ritorno piu’ rapido e quali consigliano uno più ritardato?

Tra i sei e i nove mesi in rapporto al tipo di trapianto e dopo una RMN.

Si: più lenti gli hamstrings, più rapido il BPTB, molto più lenti gli allograft (che non uso mai come

primo impianto).

Si solo se di contatto, o no.

Più rapido negli sport di non contatto (sci, tennis), più lento dove ci sono contatti (calcio,

pallavolo, rugby...).

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La sutura meniscale associata puo’ determinare un “delay” nel ritorno all’attivita’ agonistica?

La riabilitazione parte un po'rallentata, quindi questo in linea teorica potrebbe rallentare i tempi, ma dipende dalle reazioni individuali.

Una lesione cartilaginea impone una grande prudenza, ed i tempi si allungano anche di due/tre mesi, perché gli stimoli in riabilitazione e ripresa sportiva devono essere molto progressivi per evitare sovraccarichi articolari.

E una lesione cartilaginea trattata o non trattata ?

Assenza di gonfiore e dolore, buona stabilità, articolarità e forza come arto controlaterale, adeguati valori di soglia aerobica, eccellente controllo neuromotorio e qualità dei movimenti di base. Tutti aspetti da misurare con attenzione e tecnologie adeguate.

Oggi quali consideri gli obiettivi da raggiungere in ordine di importanza per poter dire al tuo atleta”puoi riprendere ad allenarti”?

La mia impressione è un’insufficiente attenzione alla delicata fase che va dalla prima corsetta sul campo alla ripresa agonistica. Nella mia esperienza questa fase dura dai due ai quattro mesi ed in futuro dovrà essere meglio studiata e programmata.

In base alla vostra diversa esperienza quale è la causa più frequente delle lesioni muscolari di cui sono spesso vittima atleti che ricominciano dopo ricostruzione del LCA?

Esiste una grande attenzione della football medicine community sulla incidenza delle recidive, che in pazienti giovani è veramente molto elevata. Il nostro gruppo sta studiando il rapporto tra recidive e coordinazione neuro muscolare, ed appare esserci un forte collegamento, ma sono ancora dati preliminari.

Una recidiva puo’ verificarsi più frequentemente se non si considera la biologia o il recupero della fisiologia e della coordinazione neuro-muscolare?

Questa è la domanda chiave, ritornare allo stesso livello di prima. Questa è la nostra sfida comune. Guardando al futuro, più che sui tempi mi concentrerei sui modi. Il mondo medico negli ultimi trent’anni si è concentrato nelle prime fasi del recupero, ora è tempo che si concentri sulle ultime fasi. Credo sia nostra responsabilità.

In base alla vostra diversa esperienza quanto ci vuole ad un atleta operato di ricostruzione del LCA per tornare alle stesse prestazioni di prima del trauma ?

No.

No.

Allenamento: recupero muscolare, stabilità; competizione: biologia, stabilità, recupero muscolare.

Forse un recupero accelerato, una non perfetta omeostasi e una ridotta propriocettività.

Assolutamente si.

Almeno una stagione agonistica.

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COME ERAVAMOImmagini, momenti, ricordi ed episodi dei grandi chirurghi che hanno fatto la storia della chirurgia ortopedica moderna

A cura dei GianLuigi Canata

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L’avvento della chirurgia artroscopica

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Quando alcune settimane fa Massimo Berruto mi ha scritto chiedendomi di organizzare questa finestra aperta sul passato mi sono rapidamente reso conto di quanto tempo sia trascorso quasi in un attimo nell’entusiasmo del nostro lavoro. Progettiamo impegni e obiettivi continuamente rinnovati ogni volta che giungono a scadenza sempre proiettati verso il futuro. Ho riflettuto e accettato l’incarico con grande piacere: la mia generazione ha avuto la grande fortuna di vivere un’epoca di straordinario progresso. La nascita e lo sviluppo della chirurgia artroscopica ha rivoluzionato l’ortopedia. Tutti abbiamo vissuto negli anni 80 e 90 un clima di grande entusiasmo che ha portato alla nascita delle grandi società italiane ed internazionali di traumatologia sportiva. In Italia il GIA, Gruppo italiano di Artroscopia, ri-denominato SIA (Società Italiana di Artroscopia) nel 1996, poi la SICG, Società Italiana di Chirurgia del Ginocchio, e la SITRAS, Società Italiana di Traumatologia dello Sport, confluite nella attuale SIGASCOT nel 2006. Esistevano già la Società Internazionale di Artroscopia e la Società Internazionale del Ginocchio che hanno poi costituito l’attuale ISAKOS nel 1995. Ricordo un incontro fondamentale per il futuro della traumatologia sportiva europea a Gleneagles in Scozia in occasione del congresso della Società Internazionale del Ginocchio nel 1983: il prof Mario Boni discuteva sulle vie di accesso al ginocchio ma grande interesse destava la nuova società europea di traumatologia sportiva. Ascoltai Lamberto Perugia, Paolo Aglietti, Werner Muller e Peter Ferkel discutere sulla necessità di garantire autonomia scientifica ai traumatologi sportivi europei. L’ESKA, costituita nel 1982 organizzò nel 1984 il primo congresso a Berlino che ebbe grandissimo successo. Fu ri-denominata ESSKA nel 2000. Ebbi l’onore di presentare la mia prima relazione internazionale sulla tenodesi della fascia lata nelle instabilità anterolaterali di ginocchio. Ero accompagnato dal mio maestro, prof. Giorgio Fonda, grande cultore della chirurgia del ginocchio e illuminato promotore di nuove tecniche chirurgiche presso il CTO di Torino. Sembra ieri ma nel frattempo il mondo è cambiato: In quel 1984 dalle finestre del salone sede della cerimonia di inaugurazione si vedevano i Vopos passeggiare sul muro che divideva in due Berlino.

Anni 1980-2000

A sinistra: Gleneagles,1983. Congresso della International Knee Society. Si intravedono Mario

Boni, Mario Benazzi e Gian Luigi Canata.

A destra: Berlino 1984. Primo Congresso ESKA. Il prof Giorgio Fonda e Gian Luigi Canata

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Il tempo è volato nell’entusiasmo di tanti appassionati che anno dopo anno contribuivano al progresso della traumatologia sportiva. Nel 1987 iniziò il percorso di avvicinamento fra International Knee Society a International Arthroscopy Association con un congresso combinato a Sidney: si avvicinava la nascita dell’ISAKOS. Anche in Italia negli anni 80 la chirurgia artroscopica e la chirurgia del ginocchio erano in grande sviluppo e molti giovani chirurghi ortopedici partecipavano con entusiasmo a congressi cui erano invitati i migliori esperti internazionali fra cui spiccavano Jack Hughston ed Ejnar Eriksson.

A sinistra:Sidney 1987 Combined Congress dell’ International Knee Society e dell’ International Arthroscopy Association. Gian Luigi Canata e Jack Hughston, past-president dell’IKS

A destra: Cortina anni 80 Jack Hughston, Gian Luigi Canata e

Giancarlo Puddu, futuro presidente ESSKA

A sinistra: Buenos Aires 1995 Gian Luigi Canata, Robert W Jackson (past-president IAA), Mario Benazzi e Carlos Vottola

A sinistra: Perugia 1995 Gian Luigi Canata, Giuliano Cerulli e Pierpaolo Mariani

Sopra: Perugia 1995 Alex Castagna e Stephen Snyder esplorano il futuro

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Anche allora la scuola italiana si faceva onore emergendo nelle società internazionali: ricordo in particolare Lamberto Perugia, Paolo Aglietti, Giancarlo Puddu, Pierpaolo Mariani, Giuliano Cerulli, Maurilio Marcacci, Alessandro Castagna, seguiti poi da tanti altri. Iniziamo in queste immagini a rivisitare l’era pre-SIGASCOT, gli anni fra il 1980 ed il 2000 in cui di anno in anno aumentava l’interesse per le nuove tecniche e l’affluenza ai congressi specialistici. Rivedremo nelle prossime puntate il tumultuoso sviluppo in Italia e all’estero della chirurgia artroscopica e della traumatologia sportiva che ha entusiasmato noi tutti. Chi ha partecipato attivamente all’evoluzione della traumatologia sportiva in quel periodo è invitato ad inviare materiale fotografico: ricordare il passato aiuta a meglio valutare le nostre attuali conoscenze e orientare il nostro percorso futuro.

A sinistra: Mario Bianchi and friends, anni 90

A sinistra: Londra 2000, congresso ESSKA Giancarlo Puddu, Gian Luigi Canata e Massimo Berruto

A sinistra: Londra 2000 Congresso ESSKA: Nicola Maffulli, Gian Luigi Canata e Claudio Zorzi

A sinistra: London, ESSKA Congress 2000: Maurilio Marcacci e Werner Muller

Sopra: Congresso ESSKA 2000: Massimo Berruto, Gian Luigi Canata, Mario Bianchi, Werner Muller,

fondatore e past-president ESKA

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A cura di Matteo Guelfi e Stefano Pasqualotto

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Introduzione  Durante   la  partita  di  Champions   tra   il  Real  Madrid  e  lo  Sporting  Lisbona  del  22  novembre  Gareth  Bale  è  uscito  al  58°   minuto   per   un   infortunio   alla   caviglia.   Il   giorno  successivo   il   bollettino   medico   del   Real   Madrid  riportava   che   il   forte   calciatore   gallese   si   sarebbe  dovuto   sottoporre   a   intervento   chirurgico   a   causa   di  una   lussazione   traumatica   dei   tendini   peronieri   della  caviglia  destra.  L’instabilità  dei  peronieri,  o  più  precisamente  snapping,  è   una   patologia   non   comune   che   colpisce   pazienti  giovani   sportivi   e   riconosce   due   differenti   quadri  patologici:   la   lussazione   intraguaina   e   la   lussazione  cronica   recidivante.   Questi   due   quadri,   a   volte   di   non  facile  distinzione,  hanno  un’eziopatogenesi  differente.  

Lussazione  Acuta  e  Cronica  RecidivanteLa   dislocazione   traumatica   acuta   (come   nel   caso   di  Bale)   avviene   come   conseguenza   di   una   brusca  contrazione   dei   muscoli   peronieri   con   il   piede   in  Qlessione   dorsale   ed   eversione.   La   fuoriuscita   di  entrambi  o   uno  dei  tendini  peronieri  (quasi  sempre  del  peroneo   breve)   causa   una   lesione   del   retinacolo  superiore  dei  peronieri  (RSP).  Raikin,  a  seconda  del  tipo  di   lesione  del  RSP,   ha   identiQicato   3   tipi   di   lussazione.  Successivamente,  Oden  ha  aggiunto  un  quarto   grado   in  cui  il  RSP  si  rompe  nella  midsubstance.  Un   fattore   di   rischio   predisponente   fondamentale   in  questi   pazienti   è   la   presenza   di   un   groove  retromalleolare  appiattito  o   convesso.  Il  primo  episodio  acuto,   soprattutto   nei   pazienti  sovrappeso,   può   essere  confuso  per  una  semplice  distorsione  di  caviglia.  A   causa  della   lesione  del  retinacolo   e  la  presenza  di  un  groove  appiattito,  il  trattamento  conservativo,  per  lo  più  basato  sull’immobilizzazione,   è   spesso  insufQiciente  e  si  instaura  pertanto  una  lussazione  cronica  recidivante.

Sublussazione  IntraguainaLa   sublussaz ione   intraguaina   ( “ Intrasheath  subluxation”)   ha   un   quadro   eziopatogenico   più  complesso  con  una  manifestazione  clinica  più  subdola  e,  

quindi,  di  più  difQicile  diagnosi.  Descritto  per  primo  da  Raikin   (Raikin   et   al,   J   Bone   Joint   Surg   Am.   2008),   la  causa   è  un  conQlitto   all’interno   della  guaina   dovuta   a  una  mancanza  di  spazio.  Le  “lesioni  occupanti  spazio”  che   possono   essere   presenti   in   maniera   isolata   o  combinata   sono   diverse:   presenza   di   un   peroneo  quarto,  di  un  inserzione  distale  del  ventre  muscolare  del   peroneo   breve   (low-­‐lying   peroneus   brevis)   e   un  groove   retromalleolare   appiattito.   Queste   condizioni,  preesistenti,   possono   diventare   sintomatiche   in  seguito  a  un  episodio  distorsivo.  In  questa  condizione,  a  differenza  della   lussazione  recidivante,   non  vi  è  una  lesione  del  RSP.   Clinicamente  durante   i  movimenti   di  eversione-­‐Qlessione  dorsale  il  paziente  e,  in  alcuni  casi,  l’esaminatore   avvertono   un   “click”,   espressione   del  conQlitto  all’interno  della  guaina.

Presentazione  clinica  e  diagnosiNonostante  la  differente  patogenesi  spesso  non  è  facile  distinguere   i   due   quadri   patologici.   In   entrambi   il  paziente   spesso   lamenta   un   dolore   retromalleolare  durante   i   movimenti   di   eversione-­‐Qlessione   dorsale  associato   a   un   “click”.   L’inizio   della   sintomatologia   è  sovente   conseguente   a   un   episodio   distorsivo   in  entrambi  i  casi.   In  alcuni  pazienti,   soprattutto   nei  più  magri,  con  lussazione  cronica  recidivante  la  fuoriuscita  del  peroneo  breve  è  ben  apprezzabile.  L’ecograQia,  in  mani  esperte,  può  essere  uno  strumento  diagnostico  utile  ed  essere  eseguita  in  maniera  statica  o   dinamica.   La   risonanza   magnetica   permette   di  e v i d e n z i a r e   l a  presenza   di   un   solco  r e t r o m a l l e o l a r e  appiattito,  di  un  ventre  muscolare  a  inserzione  distale  o  di  un  peroneo  quarto.   Inoltre   può  evidenziare   eventuali  lesioni   del   RSP,   dei  peronieri   o   di   altre  strutture  della  caviglia.

La notizia pubblicata dalla “Gazzetta”, come spunto di approfondimento per conoscere di più e meglio una patologia, una tecnica chirurgica, un percorso riabilitativo. Una nuova rubrica di HIGHLIGHTS in grado di regalare, partendo dal quotidiano, un aggiornamento scientificamente serio e approfondito sulla traumatologia dello sport.

Instabilità dei peronieri: finestra sulle nuove tecniche

tendoscopiche

Tratto da: La Gazzetta dello Sport del 24 novembre 2016

Articolo a cura di Matteo Guelfi

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Trattamento  Chirurgico:  Nuove  tecniche  artroscopicheIl   trattamento   dello   snapping   dei   peronieri   è   spesso  chirurgico.   Infatti,   il   trattamento   conservativo   trova  beneQicio   solo   nei   casi   più   lievi   di   sublussazione  intraguaina.   In   passato   il   trattamento   open   per  snapping   dei   peronieri   ha   riportato   buoni   risultati.  Questo   prevede   un   ampio   accesso   a   “J”   in   regione  retromalleolare   attraverso   il  quale  è  possibile   eseguire  la  sinoviectomia,   la   riparazione  o   reinserzione  del  RSP  e,   quando   necessario,   un   approfondimento   del   groove  retromalleolare.  Recentemente  la  continua  ricerca  della  mininvasività  ha  portato  diversi   chirurghi   a   sviluppare  tecniche   artroscopiche.   Queste   presentano   rilevanti  vantaggi   in   termini   di   preservazione   anatomica   delle  strutture,  di  cosmesi  e  di  recupero  post  operatorio.  D e L e e uw   e   c o l l e g h i   h a n n o   d e s c r i t t o   u n  approfondimento   del   groove   malleolare   attraverso  un’artroscopia  posteriore  di  caviglia.  Questa  tecnica  non  è  tuttavia  diventata  popolare  a  causa  della  complessità:  l’artroscopia   posteriore   di   caviglia   (in   realtà  un’endoscopia)   richiede   un’elevata   esperienza   in  artroscopia   di   caviglia  da  parte   del   chirurgo.   Inoltre   il  RSP   deve   essere   rimosso   con   lo   shaver   per   poter  raggiungere  il  groove  malleolare.  Recentemente  Vega  ha  riportato   in  due  lavori  come  sia  possibile   trattare   sia  la   lussazione   intraguaina  (Vega  et  al,   Foot   Ankle   International   2011)   che   la   lussazione  cronica  recidivante  (Vega  et  al,  Foot  Ankle  International  2013)  con  una  tecnica  completamente  tendoscopica.  I   due   portali  dedicati  per   la   tendoscopia   dei   peronieri  sono   localizzati   uno   a   circa   1,5-­‐2   cm   distale   e   uno   a  2,5-­‐3   cm   prossimale   rispetto   all’apice   del   malleolo.  Attraverso   questi   è   possibile   accedere   e   lavorare  all’interno   della   guaina   comune   dei   peronieri.    Quest’ultima,  subito  dopo  l’apice  del  malleolo  peroneale  diventa   individuale   per   ciascun   tendine   e   non   è   più  possibile  accedervi.  Non   sono   necessari   set   artroscopici   dedicati,   sono  sufQicienti  un’ottica  da  4.5  mm  a  30°  o  in  alternativa  da  2.7  mm  lunga  e  strumenti  motorizzati  da  3.5  mm.  Nelle   lussazioni   intraguaina   tendoscopicamente   è  possibile  apprezzare  l’integrità  del  RSP  e  confermare  la  presenza   di   una   lesione   occupante   spazio.   Qualora   sia  presente   un   peroneo   breve   con   inserzione   distale   del  ventre   muscolare   o   un   peroneo   quarto   è   possibile  asportarli   con   lo   shaver   e   le   radiofrequenze.   Se   è  presente  un  groove  appiattito,  in  combinazione  o  meno  con  una   lesione   occupante  spazio,   è   possibile   eseguire  un   approfondimento   tendoscopico   del   groove  retromalleolare.  L ’ appro fond imento   de l   groove   con   tecn i ca  completamente   tendoscopica   prevede   inizialmente  l’asportazione  della   Qibrocartilagine   con   lo   shaver   e   in  s e g u i t o   l ’ a p p r o f o n d i m e n t o   c o n   i l   b u r r .  L’approfondimento   deve   iniziare   all’apice   del  malleolo  

peroneale   e   proseguire   Qino   alla   Qine   del   RSP.  Utilizzando   la   punta   del     burr   come   riferimento   si  esegue   un   solco   delle   dimensioni   di   5-­‐7   mm   di  larghezza,   5  mm   di  profondità   di   5  mm   e   15  mm   di  lunghezza.  Nei   casi   di   lussazione   cronica   recidivante,   essendo  sempre   presente   un   groove   appiattito,   si   esegue  sempre   un   approfondimento   con   la   tecnica   appena  descritta.  Al  contrario  delle  tecniche  open  nella  tecnica  completamente   tendoscopica   non   è   necessaria   la  riparazione  del  RSP.  Alcuni   autori   (Lui,   KSSTA   2006)   hanno   descritto  tecniche   tendoscopiche   per   la   riparazione   del   RSP.  Tuttavia,  attualmente  non  esistono  case  series  in  vivo  e  non   sembra   necessaria   visti   risultati   del   solo  deepening.  Le   tecniche   tendoscopiche   permettono   inoltre   di  valutare  eventuali  lesioni  tendinee,  spesso  presenti.  La  maggior  parte  di  queste,  essendo  superQiciali,  possono  essere   trat tate   tendoscopicamente   con   un  debridement.   Qualora   sia  necessaria   una   riparazione  questa  può   essere  eseguita   in  qualsiasi  momento   con  tecnica  mini-­‐open.  

Riabilitazione  post-­‐operatoriaNei   casi   in   cui   non   sia   stato   eseguito   un  approfondimento   del  groove   può   essere   concesso   da  subito   un   carico   parziale   per   due   settimane   senza  immobilizzazione.  Nei   casi   di  deepening   è   consigliato  immobilizzare  la  caviglia  per  3  settimane  onde  evitare  movimenti  dei  tendini  peronieri.  Una  volta  recuperato  il  carico  completo,  il  paziente  è  essere  indirizzato  a  un  lavoro   Qisioterapico   con   esercizi   propriocettivi,   di  rinforzo   muscolare   e   di   equilibrio.   Una   volta   che   il  paziente   abbia   un   recupero   completo   di   queste  capacità   può   iniziare   con  gli   esercizi  sport   speciQici  e  un  graduale  ritorno  allo  sport.  

!"#$$%&'#(&)#&*#++,$$#&',--%&./%"$&',-&!"#$%&$'(#)*!"#Tratto da: La Gazzetta dello Sport del 24 novembre 2016

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MEETING(S) WITH... FOODIL GUSTO DI ANDARE AI CONGRESSI

Con il “nostro” misterioso Craccon

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Cena a Peschiera del Garda“Osteria Rivelin”

Oggi il nostro itinerario gastronomico, per oggi meglio eno-gastronomico, si fermerà a Verona: l’occasione è fornita da Michele Malavolta che ci ha portato tra le mure antiche di Peschiera del Garda a degustare piatti della cucina veronese.Prima di tutto l’aperitivo. E cosa se non un bello spritz?Certo ma uno spritz fatto come si deve!!! Un calice enorme con uno spritz con alcol in dosi generose e giusto due cubetti di ghiaccio, non certamente quegli spritz annacquati ed allungati che si servono dalle nostre parti!!! Il tutto guarnito da meravigliosi vassoi con tartine con guarnitura di crema di gorgonzola ai petali viola (!!!), polentina con formaggio tartufato…..niente male come inizio… La PASTA E FASOI è un piatto del popolo, un piatto della tradizione veneta, rivisitato in mille modi dalla cucina moderna. Nella terra dove si fa largo uso di vino è opportuno ingerire cibi forti che "tengano" il vino attutendone l 'ardore. A tale scopo risponde egregiamente la pasta e fagioli, piatto robusto e massiccio, quasi muscoloso, ruvidamente plebeo escogitato dalla fantasia dei poveri, sempre insuperabile

nell'arte di mangiare bene…..in questo caso arricchito da crostini di pane al pepe e guanciale spadellato ad arte. Il risultato è impegnativo per il palato, intenso, sapido e solo un buon bicchiere di vino prepotente è in grado di sostenere il sapore di questo piatto.

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Se la pasta e fagioli non è una novita, La PASTISSADA DE CAVAL è stata una vera e propria rivelazione. Questo piatto è preparato seguendo una ricetta vecchia di mille e cinquecento anni: secondo la tradizione al termine della battaglia combattuta nel 489 tra Teodorico, re degli Ostrogoti, e Odoacre, re dei Barbari, vi erano centinaia e centinaia di cavalli che giacevano morti sul terreno. I veronesi affamati, non volendo che tutta quella carne andasse sprecata, la t ag l iuzzarono e mi s e ro a macerare nel più corposo vino r o s s o d e l l a Va l p o l i c e l l a , aromatizzandola con dovizia di spezie e di verdure, per poterla consumare a l l ' occor renza , cuocendola a fuoco lento. Il sapore è ricco, sapido e dolce al tempo stesso. Ovviamente si può servire con la polenta, ma ancora meglio come condimento di un bel piatto di tagliatelle all’uovo fatte in casa. Dopo una cena cosi, non è s e m p l i c i s s i m o r i p o s a r e sereni…..la buona e vecchia citrosodina e la bottiglia d’acqua sul comodino sono di grande aiuto…..buonanotte…

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MEETING WITH... ARTS & DECO’Dai  Congressi    lungo  le  strade  di  s0le  e  cultura...... seguendo i consigli di Miss Vannini

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Gerusalemme  e  la  Galilea  dopo  l’ICRS  Focus  Mee6ng  a  Tel  Aviv  (Deus  Vult)

E’   piu'osto   ovvio   che   non   si   possa   arrivare   in   Israele   e   fermarsi   alla,   pure  affascinante,  Tel  Aviv.

Certo,   Tel   Aviv   ha   un   fermento   frizzante   che   non   può   non   sedurre.   Io   la  immaginavo   diversissima.   Una   sorta  di   Ginevra  copiata   e   incollata   in   medio  oriente.  Invece  no.  E’  una  ci'à  composita  in  completo  divenire,  piena  di  giovani,  non  priva  di  aspeC  faDscenD  da  terzo  mondo,  stranamente  integraD  con  realtà  lussuosissime   alla   porta   accanto.   Negozi   minimal   chic,   costosissimi,   molto  understatement,  molto  ebraici,  a  un  isolato  di  distanza  dal  più  classico  mercato  arabo  con  spezie,  cianfrusaglie,  narghilè,  (mosche)  e  tuC   gli  accessori,  per  cui,  io,  peraltro,  vado  pazza.

Fa'o  sta  che  tu'o,  a  Tel  Aviv,  parla  di  occidente  ed  oriente,  mischiaD  in  modo  più   o   meno   frammentario,   ma   con   una   speranza   di   integrazione   e   si   può  serenamente  bere   una  birra  mangiando   falafel   e  ko'e   molto   arabe,   nel  più  occidentale  dei  surfing  club.

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Certo,  è  difficile,   tra  quesD  negozieC   di  arDgianato  e  le  stradine  ricostruite  in  sDle,  pensare  agli  assalD  del  Cuor  di  Leone,  che  giungeva  qua  dopo  la  presa  di  Acri,   per   poi  volgere  a  Gerusalemme.   Pure,   è  da  questo  luogo  che  Riccardo,  insieme  ai  templari  e  agli  Ospitalieri  si  mosse  per   sconfiggere  il  Saladino.   Alla  riconquista  di  Gerusalemme.

E   la   stessa   via   la   percorriamo   noi.   Verso   la   ci'à   santa   per   antonomasia.    Gerusalemme  manDene  il  fascino  di  qualcosa  che  è  sacro  da  tremila  anni  e  ne  è  ben  consapevole.  Benché  l’innumerevole  quanDtà  di  guerre  comba'ute  per   il  possesso  di  questo  fazzole'o  di  terra,  abbia  inevitabilmente  lasciato  il  segno  e  di   originale   vi   sia   meno   di   quanto   ci   si   sarebbe   aspe'ato,   l’atmosfera   di  Gerusalemme  è  inta'a,  anche  grazie  ad  una  sapiente  ricostruzione  e  all’obbligo  di  usare  pietra  per  costruire  ogni  singolo  nuovo  edificio  anche  abitaDvo.

Le  piccole  strade  sono   ricche  di  scorci  pi'oreschi  e  di  personaggi  non  meno  interessanD.  La  basilica  del  Santo  Sepolcro,  al  termine  della  via  dolorosa,  ingloba  quella  che  si  riDene  fosse  la  collina  del  Golgota  ed  il  sepolcro  di  Cristo.  La  sua  iniziale  costruzione,  più  volte  rimodernata,   risale  al  335   e  conDene  anche  una  lastra  di  marmo  rosa  sulla  quale  il  corpo  di  Gesù  sarebbe  stato   lavato  e  sulla  quale  i  fedeli  pregano  e  pongono  oggeC  per   benedirli.   Sebbene  sia  vero  che  quest’area   sorge  nell’interno   delle   mura   ci'adine,   mentre   i   primi   resoconD  descrivevano  la  crocifissione  come  avvenuta  (anche  ragionevolmente)  al  di  fuori  delle  mura  della  ci'à,  la  Basilica,  con  le  sue  file  di  pellegrini,  le  sue  cappelle,  e  il  suo   sentore   misDco,   ha   un   notevole   impa'o   anche   sul   più   sceCco   dei  viaggiatori.

Gerusalemme  e  la  Galilea

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Rimane  invece  da  notare  come,  religiosi  o  meno,  viaggiatori  o  guerrieri,  la  scarsa  civiltà  dei  visitatori  trascenda  le  epoche  storiche,  e  le  colonne  del  sepolcro  siano  coperte  da  scri'e  di  visitatori  risalenD  alle  crociate.

Del  panorama  mozzafiato  sul  muro  del  pianto  e  dell’atmosfera  che  si  respira  al    muro   del   pianto   stesso,   specialmente   nel   giorno   del   sabato,   c’è   poco   da  scrivere.  Bisogna  andare.  

La  visione  è  straordinaria.  I  pellegrini,   la  folla  in  preghiera,  qualche  canto  che  si  alza  a  traC,  i  biglieCni  piegaD  stre'amente  ed  infilaD  nelle  crepe  del  muro,  per  ricordare  alla  divinità  i   propri  desideri,   vuoi  mai   che  si  scordasse   e   dovesse  andarseli   a   rileggere,     la   cupola   d’oro   della   moschea   oltre   il   muro…tu'o  assolutamente  stupendo.   Non  fosse  che,  al  momento,   la  visita  alla  moschea  è  interde'a  ai  non  musulmani.  E  questo  è  davvero  ra'ristante.

Meritevole   anche   la   visita   della   Galilea,   sebbene,   da   un   punto   di   vista   dei  monumenD   risulD   di  minore  impa'o,   raggiungere  quello  che  fu   il  villaggio  di  Gesù,  le  povere  case  dove  visse  lui  stesso,  dove  visse  Pietro,  la  sinagoga  dove  pregavano,  a  pochi  passi  dalla  riva  del  lago  di  Dberiade,  è  un’emozione  forte  e  i  luoghi  conservano  il  loro  sentore  misDco.  Certo,  sono  ormai  poche  pietre,  rase  al  suolo  da  due  millenni  di  guerre.   Certo,   Una  volta  scavata  l’area  della  casa  verosimilmente  appartenuta  a  Pietro,   negli  anni  se'anta,   si  ebbe   la  brillante  idea  di  costruirvi  sopra  una  chiesa  raccapricciante  in   tu'o  simile  ad  un  disco  volante   in   procinto   di   a'errare   sul   sito   archeologico,   come   solo   negli   anni  se'anta   si   sarebbe  mai   potuto   pensare  di   fare.   Ma  non   importa.   Il   lago   di  Tiberiade,   con  i  suoi  colori,   può  sopportare  di  tu'o.   E,   stupri  archite'onici  o  meno,   non   ci   si   stupirebbe   di   vedere   Gesù   passeggiare   sulla   superficie   a  specchio  di  queste  acque.

Tu'o  da  visitare  assolutamente.

Gerusalemme  e  la  Galilea

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FELLOWSHIPS SIGASCOTI VINCITORI 2017

Francesco Mattia Uboldi(Sassari)

Presentato da: Andrea F. Manunta

Marco Brioschi (Milano)Presentato da: Pietro Randelli

Sebastiano Vasta (Roma)Presentato da: Rocco Papalia

Silvio Mezzari(Verona)

Presentato da: Michele Malavolta

Mattia Fabbri(Roma)

Presentato da: Andrea Ferretti

PAOLO AGLIETTI AWARD

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E’ con enorme piacere che SIGASCOT presenta i vincitori dei Bandi Fellowship 2017

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Alessandra Berton (Roma)Presentato da: Rocco Papalia

Francesco Perdisa (Bologna)Presentato da: Stefano Zaffagnini

Carmine Fabio Bruno (Catanzaro)Presentato da: Giorgio Gasparini

Angelo De Crescenzo (Bari)Presentato da: Biagio Moretti

Simone Perelli (Pavia)Presentato da: Francesco Benazzo

Stefano Petrillo (Roma)Presentato da: Rocco Papalia

Michele Saporito (Cefalù)Presentato da: Filippo Boniforti

Francesco Luceri (Milano)Presentato da: Giuseppe Peretti

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Inverno .

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LIGHTS ON... SIGASCOT 2017 EVENTS

A cura di Francesco Uboldi - Gruppo Comunicazione

9-11Nov

22 settembre - OrthoRiabSpritz a GenovaRiabilitazione post-artroscopia arti inferiori

29 settembre - OrthoRiabSpritz CampaniaLa pubalgia nel calcio

7 ottobre - SigascoTim-Out PiemonteLe suture meniscali ... e molti altri !

Prossimi Eventi

regionali

RomaWatch & Try 2017Arto superiore

PaviaSIGASC-OST: School of Osteotomy2° corso

23Ott Palermo

Riunione Soc. SuperSpecialisticheSIOT 2017

1Ott ESSKA 2018

Deadline for Abstract submission

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