sport 2.0 :: novembre 2011
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KRAV-MAGA, HOCKEY SU GHIACCIO, SUPERCROSS
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SerenaCALVETTICAMPIONESSA DI MOUNTAIN BIKE
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12 sport2.0novembre 2011
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SUPERCROSS SX SERIES - 1 Ottobre 2011
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Si festeggia, gente! La piattaforma Sport 2.0 è finalmente pronta a fornire e ricevere informazioni per costruire assieme la nuova era dell’informazione sportiva.Per rompere subito il ghiaccio, vi invitiamo a chiacchierare con i nostri dissacranti blogger. Ve li presentiamo:Nerio Gainotti, un ragazzone degli anni ’80 agonista del canottaggio, con fasci di vittorie all’attivo e un debole per le provocazioni costruttive. E’ alto un paio di metri, pertanto su sport 2.0 si chiama La Pulce.Mauro Costanzo racconta sogni e poesia dello sport visto dagli spalti, da dietro la rete o tra le griglie delle transenne. Mauro è disabile e ci parla di sport disabile con franchezza, sensibilità e sense of humour decisamente E-sport-Abili.Ma la piattaforma di Sport 2.0 ospita anche dei pensatori doc: Andrea Annunziata suggerisce quelle semplici idee di marketing che nello sport possono generare business anche in momenti di crisi. Sporthink!
Anno 02 Numero 12 Novembre 2011
Direttore ResponsabileIlaria [email protected] EditorialeMarco [email protected] Collaborato a questo numeroTiziana Nasi - Andrea AnnunziataPaolo MorelliLuca Barberis
di Ilaria GaraffoniSport 2.0 siete voi
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EdoardoBlandinoContributor
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Contributor
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12 sport2.0novembre 2011
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Per fare pubblicità[email protected] LegaleCorso Vittorio Emanuele II, 6210121 TorinoDirezione Redazione AmministrazioneVia Cardinal Fossati, 5/P10141 Torino
Reg. Tribunale di Torino n°57 del 25/10/2010PeriodicitàMensile
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E a proposito di pensatori, Sport 2.0 sfata il mito del palestrato senza cervello: il team di esperti in psicologia sportiva di Skillflow vi dimostrerà che nello sport è tutta questione di testa. Chiedere per credere...Ma non finisce qui: altri blogger arriveranno a rafforzare lo spirito 2.0 della nostra informazione, che non è imposta dall’audience TV o da debiti di sponsorship, ma è fatta da voi e per voi. Perché Sport 2.0, alla fine, siete voi amanti degli sport 2.0, tifosi degli sport 2.0 e atleti 2.0. E se oltre a leggere e postare commenti e materiale audiovideo, voi voleste anche bloggare per noi, allora potremmo davvero chiudere il cerchio della prima community dedicata agli sport 2.0. Da Torino al mondo.
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Più di una gara, più di una competizione: un vero spettacolo di musica, motori e immagini. Questo lo scenario del Supercross Sx, andato in scena al Palaisozaki di Torino lo scorso 1° ottobre davanti ad ottomila spettatori, in occasione della prima tappa del campionato europeo. Il Supercross è un figlio ribelle del Moto Gp e, come succede spesso con i soggetti belli e maledetti, o lo ignori o te ne innamori.
Nella Sx1 ha trionfato il campione in carica Gregory Aranda (Kawasaki), mentre nella Sx2 lo scettro è finito a Stefano Bernardini (Ktm). Per la classe Sx Rookie ha brillato invece il giovanissimo Brian Hsu (Suzuki). Tre nomi che emergono su sessanta piloti per 48 team accreditati, dopo svariate hit e una doppia finale per la Sx1. Numeri da grandi eventi, insomma.
UN PO’ DI SLANG
*La Supercross Sx è una disciplina indoor che provie-ne dall’America. Si svolge al chiuso, in un palazzetto attrezzato con un percorso in terra battuta con salti e curve paraboliche. Esistono tre categorie: Sx1, Sx2 e SxJ o Sx Rookie (abbreviata anche con SxR). Alla Sx1 partecipano moto con cilindrata tra 125 e 250 cc per i motori a due tempi, e tra 175 e 450 cc per i motori a quattro tempi; i piloti hanno Licenza Elite o Licenza Fuoristrada. Alla Sx2 invece partecipano moto con cilindrata compresa tra 100 e 125 cc con motori a due tempi; i piloti hanno una Licenza Fuoristrada e sono nati dal 1993 in avanti. Per la SxJ o SxR gareggiano piloti con Licenza Mi-niyoung Minicross Junior e Senior a bordo di moto di cilindrata fino a 85 cc per i motori a due tempi e 150 cc per i motori a quattro tempi.
Da Verdi al tubo di scarico Il pubblico torinese, seppur poco abituato a queste mani-festazioni, non si è lasciato spaventare dal fumo di scarico che ha invaso ogni centimetro cubo di aria respirabile. Ve-dere le moto compiere salti di oltre quindici metri ha destato negli spettatori un curioso mix di eccitazione e paura e le curve paraboliche in cui i motociclisti finivano per sgomitare e spintonarsi aggiungevano adrenalina anche a chi resta-va seduto a guardare la battaglia. Del resto il rombo dei motori è sempre poeticamente lo stesso. Solo le emozioni e l’adrenalina, se si sta sugli spalti a pochi metri dalla pi-sta, sono diverse. Lo stesso palazzetto si presentava con una veste insolitamente scarmigliata, ospitando una pista composta da numerose dune di terreno naturale che occu-pavano 2000 metri quadri di superficie, grazie al trasporto di tonnellate di terra con 1200 camion. E pensare che, solo qualche settimana prima, negli stessi spazi si eseguivano le melodiose arie di Giuseppe Verdi.
Cheerleader alla sabauda Gli spettatori del Supercross, tra una gara e l’altra, hanno anche conosciuto campioni come David Philippaerts, che avrebbe dovuto gareggiare se non si fosse infortunato. Il motociclista, italiano di origine belga e campione del mondo Mx1 nel 2008, si è infatti fratturato entrambi i polsi lo scor-so agosto, ma presto tornerà a correre. Al centro della pista la madrina della serata, Ana Carolina Da Silva (Miss Mu retto 2011), ha risposto alle domande di Vic, voce di Radio Deejay che commentava lo show. Le (forse eccessive) tre ore di manifestazione sono riuscite a coinvolgere anche chi non era in grado di distinguere una moto dall’altra: a soccorrere gli spettatori meno esperti, sono comunque arrivate le cheerleader italiane e le Magic Girls, regalando due fiammanti caschi da Supercross.
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In principio fu il lago. Poi vennero l’inverno, il ghiaccio ed un gruppo di ragazzi armati di pattini, disco e bastoni: il resto arrivò da sé. Comincia da un freddo inverno del 1934 la storia della Valpellice Bulldogs, la prima società hockeystica piemontese: dalle rive del Blancio al modernissimo impianto ‘’Cotta Morandini’’ è passato molto tempo, quel tanto che è bastato alla formazione di Torre Pellice per affermarsi sul panorama nazionale come fulcro del movimento regionale di hockey su ghiaccio. Uno sport dove partecipare non è importante: si deve vincere.
Si gioca per vincereLa disciplina, di derivazione nordamericana, è tesa a privile-giare il divertimento e lo spettacolo. Si gioca in sei contro sei, portieri inclusi, armati di bastoni e puck (il disco, ovvero l’equivalente del pallone in qualsiasi altro sport) e con l’obiettivo di segnare almeno un gol in più degli avversari. Le gare – regolate, in campo, da un arbitro e due guar-dalinee e off-ice, ovvero senza pattini ai piedi, da svariati giudici di porta, cronometristi e addetti ai replay – sono articolate in tre periodi da 20’ effettivi di gioco, al termine dei quali non sono tollerati punteggi di parità: in questi casi le compagini dovranno disputare un drittel (tempo di gara) supplementare, della durata variabile da 5’ a 10’, che ter-mina alla prima marcatura di una delle due squadre.
La cattedrale dell’hockey Nonostante il tempio italiano dell’hockey risieda tra le alture di Veneto e Trentino – tra Asiago, Cortina, Bolzano e Vipite-no – la “Valpe” è la compagine italiana che vanta il maggior numero di tifosi, garantendo un’affluenza di circa duemila spettatori a partita che può rendere la pista del palazzetto ‘’Cotta Morandini’’ molto insidiosa per qualsiasi squadra. E’ proprio la responsabile eventi dei Bulldogs, Josephine Rivoira, a raccontare: “In squadra abbiamo tanti giocatori americani e canadesi che, pur di farsi trascinare dal pubbli-co, hanno preferito venire a giocare nella Valpe rifiutando altre formazioni italiane più importanti”. L’impianto, costruito per ospitare alcune gare olimpiche du-rante la recente rassegna invernale di Torino 2006, fa la sua parte: una vera e propria cattedrale dell’hockey appe-na ai piedi dei monti pinerolesi, dotata di ogni comfort per la squadra e per i sostenitori, che prima e dopo le partite possono anche pattinare sullo stesso ghiaccio dei propri beniamini: “Abbiamo ottenuto la gestione del palazzetto – continua la stessa Rivoira – riuscendo così a personalizzare il campo con i nostri loghi e gli sponsor, inserendo il negozio ufficiale e alcuni punti di ristoro per i tifosi”.
Tutte accortezze che permettono agli appassionati della di-sciplina di avvicinarsi ancor di più alla Valpe: “I tagliandi per le partite sono acquistabili, oltre che ai botteghini, anche su internet o presso le filiali di alcune banche regionali, per cui l’hockey è diventato facile per tutti. Durante gli intervalli del-le partite, organizziamo giochi ed attività ad estrazione per coinvolgere il pubblico facendo scendere in campo la gente per fare qualche tiro di prova o regalando alcuni gadget della squadra”.
Pattini, bastone, corazzaIl primo requisito per salire sulla pista da gioco sono i pattini da ghiaccio.Molati una volta ogni quattro giorni, i pattini hanno caratte-ristiche particolari per resistere alle cariche, ma soprattutto devono garantire comfort e fluidità di manovra al giocare, per consentire le traiettorie più congeniali alla partita. In seconda posizione – prima di casco, visiera, guanti e pro-tezioni per spalle e cassa toracica, obbligatorie ormai da qualche anno – viene il bastone: una stecca di circa quasi due metri, ricurva da un lato e variabile per flessibilità e carvatura, costruita quasi interamente in fibra di carbonio. Il bastone è centrale per lo svolgimento della partita: se anche è possibile utilizzare il pattino per controllare o pas-sare il disco, il bastone è infatti l’unico equipaggiamento col quale si può realizzare una rete, oltre ad essere un ottimo strumento per contrastare un avversario o limitarne com-portamenti poco corretti. La sua vita, tuttavia, è effimera perché leggerezza e manovrabilità rendono il bastone mol-to fragile (il giocatore ne cambia anche venti a stagione e durante gli allenamenti è prassi presentarsi già con quello di scorta). Da questo elenco si dissocia leggermente l’attrezzatura del portiere: a partire dal bastone (a base molto più larga per intercettare le conclusioni in porta), fino al casco, spesso personalizzato con colori e disegni sgargianti e dotato di griglia e protezioni integrali, passando per corpetto, gam-bali e guanto “a scudo” – per la mano che impugna il ba-stone – e “da presa” per l’altra.
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Ghiaccio in PiemonteIl capoluogo regionale è certamente il fulcro del movimento piemontese dell’hockey, con
ben cinque società – Real Torino, All Stars Piemonte, IHC Draghi, Torino Bulls e IHC Giugoma - equamente suddivise tra la serie A2 e la C, che si sparti-
scono gli impianti comunali di Torino Esposizioni ed il PalaTazzoli. Avvicinandosi ai monti, oltre al “Cotta Morandini” di Torre
Pellice, è possibile praticare la disciplina anche allo Stadio Olimpico del ghiaccio di Pinerolo.
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UN GIRETTO IN CAMPAGNA
*Letteralmente: in giro per la campagna, o - più co-munemente - fuoristrada. E’ il cross country (XC per gli amici), termine utiliz-zato nelle gare campestri di vari sport: dall’equi-tazione al podismo, dallo sci al motociclismo al parapendio. Passando dalla mountain bike. Qui la specialità di cross country si svolge su terreni misti; i percorsi non superano i 30 kilometri e vengono ri-petuti in vari giri. Non è uno sport per tutti, perché fatica e paura mettono a dura prova muscoli e ner-vi. Attorno a Torino, si possono affrontare le colline adiacenti a Superga, e i vari tratti lungo le rive del Po da Moncalieri a Settimo, poi c’è la collina more-nica di Rivoli. Per spunti e percorsi mappati:www.mtbpiemonte.it
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Ci sono un cinese, un cèco, un bulgaro ed un italiano che giocano a ping-pong. Non è in arrivo una barzelletta old-style, primo perché i quattro sono supervisionati da un russo; secondo perché questa scena si ripete realmente e quotidianamente durante gli allenamenti della squadra del CUS Torino di tennis tavolo. Noi l’abbiamo visto con i nostri occhi e quando la pallina sfreccia a 190 km orari c’è poco da ridere.
Tic-tac, tic-tacQuando scendi negli scantinati dell’edificio di via Quarello prima pensi di aver sbagliato posto, perché vedi solo la piattaforma della lotta greco-romana, poi un suono ovat-tato attira la tua attenzione: tic-tac, tic-tac. È uno dei pochi rumori davvero inconfondibili, ma c’è qualcosa che stride rispetto al normale. È evidente che si tratta del ping-pong, eppure quel suono è anomalmente continuo, imperterrito e interminabile. Il rimbalzo contemporaneo di due palline che non si fermano mai produce un suono ipnotico.
Alla scoperta dei campioniL’esempio più lampante lo fornisce il coach Vladimir Sytch, ormai ex campione russo che si dedica a tempo pieno all’allenamento. Magrolino e timido ma con l’aria sorniona, quando gioca insieme a qualcuno non guarda nemmeno la pallina: guarda il movimento dell’avversario. Risponde ai colpi senza neppure farci caso, in automatico. Potrebbe tranquillamente farlo ad occhi chiusi. Certo, siamo in un contesto amichevole e i colpi non sono particolarmen-te violenti né troppo angolati, ma quanti altri ne sarebbero capaci?
PER I NEOFITI
*STORIA. Il tennis tavolo, come il tennis, trae spunto dalla pallacorda. La nascita di questo gioco risale al XVIII secolo, per ovviare all’esigenza di giocare a tennis anche in inverno. Così venne alla ribalta questo gioco “casalingo”, inizialmente praticato con strumenti di fortuna.IMPUGNATURA. Lo sport è cambiato molto nel tem-po: esistono materiali speciali e diverse tecniche di gioco, che partono dall’impugnatura. Quella Occi-dentale, che si usa in Europa, ha il manico stretto dentro il pugno della mano. Quella Orientale, inve-ce, impugna la racchetta sottosopra a tre dita, con il manico stretto tra l’indice e il pollice.STILI. Esistono anche stili di gioco differenti: Attacco e Difesa. Gli “attaccanti” cercano sempre di rispon-dere con un colpo violento e angolato, indipen-dentemente da come ricevono la pallina. I “difen-sori” prediligono giocare senza rischiare, puntando sul palleggio e accelerando solo quando hanno la certezza di poter fare punto. Oggi gran parte dei campioni è composta da attaccanti. Li Kewei inve-ce predilige la difesa.MATERIALI. Chi pratica tennis tavolo ad alti livelli uti-lizza dei materiali particolari. Le gomme che rivesto-no la racchetta (che possono costare anche 500 euro) influiscono drasticamente sul gioco: alcune sono più “veloci”, altre più “lente” e si adattano allo stile dell’atleta. Le racchette dei professionisti sono talmente diverse da quelle per il pubblico che un amatore avrebbe difficoltà ad utilizzarle.
VOLETE VEDERLI GIOCARE?
*Il CUS Torino disputa tutte le partite casalinghe nei seminterrati di via Quarello 11/A a Torino. Ecco tutte le date in cui sarà possibile vedere gio-care i campioni di tennis tavolo.
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La squadra vera e propria è composta da altri quattro ele-menti, quattro singoli campioni. Romualdo Manna studia Scienze Motorie, è arrivato a Torino dal Molise pochi anni fa e ammette che non è stato facile abituarsi a questa città, così diversa dalla sua terra. Fino a poco tempo fa viveva a Bojano, un piccolo centro con meno di 10 mila abitanti nella provincia di Campobasso, mentre ora si è trovato catapultato in una metropoli. Da quest’anno è vice-allenatore. Niagol Stoyanov di straniero ha solo il nome ed il luogo di nascita, la Bulgaria. Ma in realtà vive nel nostro paese fin da quando era piccolo. Ha preso la nazionalità italiana, assie-me ad un lieve accento toscano. Essendo figlio d’arte sia da parte materna che paterna, gioca a ping-pong – pardon, a tennis tavolo - fin da piccolo. È studente di Ingegneria al Politecnico. Antonin Gavlas è iscritto a Scienze della Formazione ed è venuto in Italia per continuare il suo sogno da professioni-sta. In Repubblica Ceca è una celebrità. Fatica ancora con l’Italiano, ma fortunatamente per giocare non gli serve la parola. Per chi frequenta gli ambiti del tennis tavolo, Li Kewei non ha bisogno di presentazioni. Ha girato il mondo con la rac-chetta in mano e con uno stile di gioco tutto suo. Alla soglia dei 30 anni non è più studente e si dedica a tempo pieno a questo sport.
Alla faccia dei regali utiliQuesto gruppo, ad eccezione di Li Kewei (sostituito da un altro connazionale asiatico), è quello che ha sbancato le pa-lestre di tutta Italia conquistando il titolo nazionale la passa-ta stagione. Come in ogni sport che si rispetti, per chi trion-fa c’è sempre un premio. Nel calcio la Lega sgancia svariati milioni di euro, mentre nel tennis tavolo ci si spinge fino a… «quello lì» - afferma Sytch indicando un tavolo da ping-pong piegato contro un angolino della palestra. Probabilmente ai piani alti nessuno si è reso conto che i tavoli da gioco dove-vano già esserci, perché per allenarsi servono i ping-pong. È un po’ come se alla squadra campione di football aves-sero regalato un pallone ovale. Ma tant’è. Il CUS Torino ha ringraziato sfoggiando un sorriso di circostanza, ha ritirato il tavolo e l’ha messo in un angolino, chiuso a metà contro il muro. E’ pur sempre un trofeo.
Team multietnicoDi sicuro Adriano Muzio, team manager e referente della squadra nonché ex atleta, va più fiero dell’altro Trofeo, la Coppa vera e propria. È quello il simbolo di tutta la fatica di un’intera stagione. Finalmente puoi stringere nelle mani qualcosa di concreto da alzare al cielo. Muzio la squadra l’ha costruita negli anni. È andato a pe-scare i migliori talenti italiani e non. Li ha portati a Torino e, quando ha potuto, li ha fatti iscrivere all’università. In fondo, si tratta pur sempre del CUS. Oggi la rosa può contare su giocatori da tutto il mondo. Per la serie, viva la multiculturalità.
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Non ha la faccia da bravo ragazzo: ha la faccia scura di chi sa farsi rispettare. Forse anche per questo è ancor più bello guardare negli occhi Francesco Bonanno e leggerci tanta voglia di fare qualcosa per gli altri. Francesco è pluricampione mondiale e italiano di calcio balilla paralimpico e ha una missione: rendere divertente la riabilitazione.
Il biliardino e lo sgabelloFrancesco scopre il calcio balilla quando è ancora un bam-bino. A sei anni frequenta con gli zii il bar sotto casa: gli serve uno sgabello per giocare perché è troppo piccino. Dopo neanche tre anni, ancora bambino in un mondo di grandi, comincia a sfidare gli adulti, meritandosi la definizione di fenomeno. Quando un incidente lo costringe, giovanissimo, su una sedia a rotelle, capisce che proprio dalla passione per il calcio balilla può nascere l’opportunità di una vita nuova e speciale.Francesco decide di dedicarsi alla promozione del calcio balilla. Da giocatore professionista, sa che lo sport può aiutare molto a dare un senso a una fase difficile della vita. In più il calcio balilla è facilissimo da praticare: è un gioco prima che uno sport, diverte e non costa, si gioca in singolo e in doppio e i diversamente abili possono competere con i normodotati.
“Competere, divertirsi, riabilitarsi, comunicare e promuovere”Questo è il motto dell’A.s.d. Varese Calcio Balilla, la società creata da Francesco. Nella pratica questo motto si trasfor-ma in eventi, tornei, progetti. Il progetto più importante è quello negli ospedali. Sono già dieci le strutture in cui è approdato il progetto calcio balilla, a Torino il CTO. La riabi-litazione avviene attraverso il divertimento, con esperienze sportive sia amatoriali che agonistiche e socializzazione. Entrando negli ospedali, ci spiega Francesco, è possibile avvicinare le persone al biliardino nel momento in cui hanno più bisogno di nuovi stimoli. Questo approccio tempestivo è importantissimo soprattutto con i più giovani.
Mission: possible!Le attività di Francesco funzionano, prova ne è il coinvolgi-mento di ormai più di 300 giocatori amatoriali. E la promo-zione del calcio balilla non si ferma agli ospedali. Ci sono gli eventi di piazza, il progetto nei villaggi turistici, tornei amatoriali e agonistici per la raccolta di fondi e inizia-tive nuove sempre in cantiere. Un vantaggio di questa disciplina è che anche chi ha pro-blemi motori non necessita di attrezzature particolari, né di capacità tecniche innate. Nel caso di Francesco, il biliardino lo ha anche aiutato a sviluppare movimenti speciali per la sua lesione.
Sul tetto del mondoLa promozione del calcio balilla occupa tantissimo tempo nella vita di Francesco.Le energie che gli restano sono destinate alla sua attività agonistica. Perché Francesco è il campione mondiale in carica di calcio balilla paralimpico, titolo che detiene per la terza volta, ma è anche stato campione italiano cinque volte e in Italia ha vinto una Coppa Master, gareggiando con i normodotati. Ogni evento, ogni esperienza di Francesco è stata memora-bile: tornei, campionati e viaggi in giro per il mondo. Finché quel mondo non l’ha conquistato.
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VareseCalcio Balilla
COME I GLADIATORI
*...perché il calcio balilla si gioca in vere arene, dove si fa sul serio quasi come al Colosseo. Per chi si fosse perso il numero di giugno, ricordia-mo che le arene ufficiali della Federazione Italiana Calcio Balilla a Torino si trovano presso: l’Arena Bar Matteo (P.za Basilicata 6); il Bar Voleè (Via Taggia 36) e il Pub Marconi (P.za Marconi 9, Rivoli). Per non parlare di bar, oratori e circoli, dove tra una birra e l’altra si organizzano dei tornei, come al cir-colo Arci La Cricca in via Giulio 25. Voi ne conosce-te altri? Segnalateceli!
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Krav-maga. Letteralmente “combattimento di contatto”, o più semplicemente combattimento corpo a corpo, è una disciplina codificata per l’esercito israeliano, più precisamente dall’haganah e in seguito dall’I.D.F. (Israel Defense Forces). Alla base di questa disciplina, che nasce per scopi difensivi, si annoverano un mix di tecniche che comprendono pugni, leve articolari, calci e proiezioni. Il krav maga punta infatti alla neutralizzazione del “nemico” prima che questi possa diventare una reale minaccia.
Reazioni consapevoliIl krav maga viene codificato negli anni ’50 (alla nascita dello stato di Israele) per diventare un si-stema di combattimento efficace e da apprendere in breve tempo. Negli anni ’90 comincia ad essere insegnato anche all’estero, soprattutto in Francia. Agli inizi del 2000, per volontà di alcuni esperti, si comincia a praticare anche in Italia. Da noi, come all’estero, viene insegnato anche nei corsi di for-mazione per quadri aziendali, perché il krav maga non insegna solo a difendersi, ma anche a reagire consapevolmente in situazioni di stress estremo. Si potrebbe quindi definire come una disciplina olisti-ca, che allena corpo e mente. Questo “Sport” inse-gna a prendere confidenza con la propria fisicità e i propri talenti, così da poterli sfruttare nel migliore dei modi.
Oltre l’autodifesaAlle spalle di questa disciplina vi è una filosofia ben chiara: poter ritornare incolumi ai propri affetti. Come dice il maestro Bruno Garbi, “noi non inse-gniamo a polverizzare il nemico; noi insegniamo a riconoscere le situazioni di pericolo e a limitarle uti-lizzando queste tecniche solo come extrema ratio. Perché non c’è nulla che valga quanto la vita”.E poiché le minacce si evolvono frequentemente, anche il Krav-maga è in continua evoluzione: chi lo insegna deve aggiornarsi spesso, presenziare agli incontri con le federazioni, condividere nuove esperienze e metodologie e, quando possibile, re-carsi in Israele per apprendere da chi lo pratica giorno per giorno. Purtroppo non solo per sport.
Per tuttiNon occorre una fisicità particolare per praticare il krav-maga: la struttura corporea non influisce sul risultato perché è la motivazione che spinge a reagire. La disciplina è praticabile dall’età adole-scenziale, senza distinzioni tra ragazze e ragazzi, di qualsiasi corporatura e peso. Si svolge princi-palmente in palestra: l’Accademia Europea Krav Maga offre tutte le informazioni su dove praticare il krav-maga in sicurezza e con l’ausilio di personale qualificato.
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potrebbe
i n f a s t i d i r e
il lettore e farlo
desistere dalla lettura.
I testi sacri del settore consigliano
quindi un incipit diretto ma non invasivo, del
tipo: “Buongiorno dottor X, sono Y della società
Z…”. Se è infatti buona norma proporsi con
un approccio franco e immediato, è altrettanto
essenziale firmarsi in maniera chiara e trasparente,
specificando ruolo e riferimenti per essere
ricontattati. Questi piccoli accorgimenti di stile
possono abbattere una prima barriera di diffidenza.
Un altro gesto, non solo corretto ma obbligatorio,
è fornire al destinatario l’immediata possibilità di
cancellazione dalla mailing list con un semplice
reply. In questo modo nessuno si infastidirà e noi
non perderemo tempo con soggetti non interessati.
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Email marketing: l’1.0 efficace
L’informazione, la promozione e la formazione si fanno ormai sui social network, ma l’e-mail resta un ottimo strumento di presidio e di gestione delle relazioni. Non a caso l’email marketing continua ad avere un certo appeal, soprattutto in ambienti che condividono passioni o attività, come lo sport. Quindi bene la mail, purché sia maneggianata con cautela. Vediamo come.
Spor
think
Regola 1: non farsi cancellare
Per non farsi cancellare o non finire dritti nello spam, è
bene impostare con cura il titolo. Se i vostri potenziali
lettori hanno la casella di posta spesso al limite della
capienza, è essenziale che colgano sin dal titolo l’oggetto
del messaggio e la rilevanza dell’argomento. Chi usa la
mail per lavoro è vieppiù infastidito da mail pubblicitarie.
E’ quindi vietatissimo usare parole come “promozione,
offerta, gratis, affarone, etc”: se per caso i programmi
antispam non vi bloccheranno, con molta probabilità
otterrete solo una caterva di cancellazioni. Il titolo dovrà
quindi essere sintetico, significativo e immediatamente
evocativo del contenuto, ma non dovrà contenere parole
a rischio.
Regola 2: farsi leggere
Supposto che la mail giunga al destinatario senza intoppi,
è fondamentale che le prime tre righe stimolino alla lettura
dell’intera mail, fornendo già tutte le indicazioni di base per
accedere ad un’opportunità che si profili davvero rilevante
per il lettore. Questo comporta l’uso di uno stile efficace,
sintetico e accattivante. Cercate di non essere verbosi: il
top è non superare la lunghezza di una schermata (per
approfondimenti, potete sempre allegare un file immune
dai virus, meglio se in pdf).
Suggerisco anche di agevolare la lettura con l’uso di
caratteri standard (Arial, Verdana, Courier, Tahoma),
che non rechino problemi di visualizzazione. La
personalizzazione può avvenire sullo sfondo della mail,
purché il testo risulti nitido.
Regola 3: farsi voler bene
Anche l’email marketing ha la sua netiquette. Un tono
troppo distaccato, o viceversa troppo confidenziale,
TARGET
61sport2.0novembre 2011
di Andrea Annunziata
MaGaWebAgencyVia Cardinal Fossati, 5/P
10141 Torino
tel.: 011.195.03.889Fax: 011.198.37.886
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INVIAMI LE TUE DOMANDE
Cara Tiziana,è possibile seguire le gare degli atleti paralimpici da qualche parte in TV o sul Web via streaming? Esiste qualche trasmissione dedicata, oltre a qualche piccolo sipario sulle reti generaliste? Grazie. Filippo
Torino 2006 è stato il punto di partenza per una svolta
epocale nella comunicazione degli eventi dedicati allo
sport disabili. Prima in Italia non si parlava molto di questa
realtà, ma le Paralimpiadi hanno “estasiato” tanti operatori
dei media che ritenevano le gare riservate ad atleti disabili
delle modestissime competizioni, da guardare con un
misto di commozione e pietà. Finalmente le prestazioni
eccellenti sia sotto il punto di vista tecnico che agonistico
hanno folgorato la stampa, che in Italia ha iniziato a dare il
giusto rilievo a queste competizioni.
Come già detto in una letterina di qualche mese fa, Torino
ha avuto un primato invernale per la presenza di giornalisti
e televisioni. Così è stato a Pechino e a Vancouver
(Paralimpiadi 2010), dove la RAI era presente con oltre
40 persone! Senza dimenticare Sky, che trasmetteva in
diretta tutti i giorni. Questi sono dei grandi risultati.
Per soddisfare sempre più un pubblico desideroso
di seguire in diretta le gare, già da qualche anno l’IPC,
International Paralympic Committe, ha un canale televisivo
dedicato a cui si può accedere direttamente dal sito
IPC, Paralympic sport TV, che trasmette in diretta le
competizioni più importanti del mondo paralimpico. Alla
stessa stregua, dallo scorso anno il Comitato Italiano
Paralimpico (CIP) ha attivato Abilitychannel, un canale
televisivo dedicato allo sport disabili, cosi come è possibile
collegarsi con un canale web radio attivo dal lunedì al
venerdì dalle ore 15. I link sono disponibili dal sito del CIP
http://www.comitatoparalimpico.it.
Ma se queste informazioni arrivano da siti che si occupano
esclusivamente di sport disabili, non posso non ricordare i
grandi sostenitori dello sport paralimpico: Claudio Arrigoni
e Lorenzo Roata che festeggia proprio in questi giorni i 10
anni della sua trasmissione Sportabilia, in onda su RAI 2
ogni 15 giorni. Nel suo studio abbiamo visto passare grandi
63sport2.0novembre 2011
campioni
italiani e per
questa stagione
ha già pronta una serie
di puntate che ci porteranno
direttamente a Londra 2012. Claudio
Arrigoni non ha bisogno di presentazioni: amico
storico del mito Candido Cannavò, lavora alla
Gazzetta da sempre e da sempre è vicino a noi con
articoli, interviste, libri.
Ma Filippo, se tu sei a Torino, non puoi non aver
mai visto la trasmissione di Quarta Rete DISPORT,
condotta da Silvia Bruno, presidente del CIP
provinciale e dal giornalista Darwin Pastorin che
presenta mensilmente uno sport paralimpico.
Silvia Bruno scrive anche sulla Stampa, quindi
tieni d’occhio anche questo quotidiano, attento e
sensibile alla nostra realtà.
E poi, last but non least, ci sono i video di Sport
2.0, che disegnano con delicatezza e sensibilità
il mondo dello sport paralimpico, raccontando in
pochi minuti esperienze, trionfi ed emozioni. Ancora
non sono in streaming, ma in futuro chissà! Intanto
goditi questi: http://sportduepuntozero.it/video.php
Un caro saluto, ti aspettiamo sulle nevi
Tiziana Nasi
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Con Sport 2.0 mi capita spesso di seguire eventi sportivi locali, di nicchia o comunque lontani dal clamore delle masse di tifoseria e dal codazzo degli sponsor tradizionali. In queste uscite ho scoperto una cosa e mi sono fatto una domanda. La scoperta è che lo sport calato nel contesto urbano è uno spettacolo magnifico, conviviale, proiettato verso il futuro. La domanda è: perchè? Perchè in una città come Torino e in una nazione affascinante come l’Italia è così difficile dar vita a degli eventi sportivi caratterizzati da innovazione? Perchè è così difficile reperire sponsor su progetti evoluti o farsi finanziare dagli enti locali o regionali? Perchè la
gente che conta, gli opinion leader, la stampa e le grandi sponsorship si concentrano solo e sempre sul calcio? Non ho nulla contro il calcio, ma perché non deve esistere una cultura sportiva in senso ampio e globale in un paese creativo come l’Italia? Non sono qui per dare risposte, ma per consegnarvi un’idea che Sport 2.0 ha concretizzato in un progetto editoriale. Non aspettate che qualcuno parli di voi e del vostro sport: siate voi protagonisti del cambiamento! Sport 2.0 sarà il vostro palco.
64 sport2.0novembre 2011
di Marco Portinaro
Il palcoscenico dello Sport 2.0
OG-OUTL