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S OMMARIO S Commentary È possibile un “vero” training di Gastroenterologia Pediatrica in Italia? di Claudio Romano Topic High Light Intervista a Oliver Goulet Trapianto intestinale: a che punto siamo? di Mariella Baldassarre Continuing Medical Education Activities Le malattie infiammatorie croniche intestinali "early-onset" di Stefano Martelossi Pediatric Hepatology Outside Box La colestasi familiare intraepatica progressiva: un modello di malattia del trasporto biliare di Irene Pellegrini Filippeschi, Silvia Riva, Marco Sciveres e Giuseppe Maggiore Pediatric Nutrition Outside Box Aspetti nutrizionali della dieta priva di glutine di Martina Fomasi, Barbara Parma e Graziano Barera Training and Educational Corner La NEC del neonato: aspetti radiologici di Ignazio Salamone, Serena Naso, Rosa Morabito, Antonino Genitori e Carmela Visalli Recent Advance in Clinical Gastroenterology Gastroparesi primitiva e secondaria: inquadramento clinico e terapia medica di Maria Giacchino, Lorenzo Gemignani, Marina Corbo, Edoardo Savarino, Lorenzo Assandri, Simona Inferrera, Valentina Fazio, Daria Bonfanti, Pietro Dulbecco e Vincenzo Savarino News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology I bifosfonati in età pediatrica di Giovanna Weber, Martina Fomasi e Sara Signa 3 4 10 6 18 21 15 13

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SommarioSCommentaryÈ possibile un “vero” training di Gastroenterologia Pediatrica in Italia? di Claudio Romano

Topic High LightIntervista a Oliver Goulet Trapianto intestinale: a che punto siamo? di Mariella Baldassarre

Continuing Medical Education ActivitiesLe malattie infiammatorie croniche intestinali "early-onset" di Stefano Martelossi

Pediatric Hepatology Outside BoxLa colestasi familiare intraepatica progressiva: un modello di malattia del trasporto biliare di Irene Pellegrini Filippeschi, Silvia Riva, Marco Sciveres e Giuseppe Maggiore

Pediatric Nutrition Outside BoxAspetti nutrizionali della dieta priva di glutine di Martina Fomasi, Barbara Parma e Graziano Barera

Training and Educational CornerLa NEC del neonato: aspetti radiologici di Ignazio Salamone, Serena Naso, Rosa Morabito, Antonino Genitori e Carmela Visalli

Recent Advance in Clinical GastroenterologyGastroparesi primitiva e secondaria: inquadramento clinico e terapia medica di Maria Giacchino, Lorenzo Gemignani, Marina Corbo, Edoardo Savarino, Lorenzo Assandri, Simona Inferrera, Valentina Fazio, Daria Bonfanti, Pietro Dulbecco e Vincenzo Savarino

News in Pediatric Gastroenterology PharmacologyI bifosfonati in età pediatrica di Giovanna Weber, Martina Fomasi e Sara Signa

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ommarioSS

L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentato-ri. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. quota associativa annuale SIGENP: (anno solare) € 60.Specializzandi: iscrizione SIGENP (anno solare) € 30 previa pre-sentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP

www.sigenp.org

Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP:

Area qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 MilanoTel./Fax 02 55 12 322 - e-mail: [email protected]

Come si diventa soCi della

CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP

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Redazione e Amministrazione: Area Qualità S.r.l. Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 025512322 e-mail: [email protected]

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Volume III - N°2/2011 - Trimestrale Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 MI

La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in ab-bonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggior-namento dei dati in nostro possesso.

DiRe t toRe ReSponSAbile Giovanna Clerici [email protected]

DiRe t toRe eDitoRiAle Claudio Romano [email protected]

ReDAt toRe C Apo Mariella Baldassarre [email protected]

ComitAto Di ReDA zione Salvatore Accomando [email protected] Graziano Barera [email protected] Barbara Bizzarri [email protected] Francesco Cirillo [email protected] Giovanni Di Nardo [email protected]

Erasmo Miele [email protected] Silvia Salvatore [email protected] Filippo Torroni [email protected]

Francesca Vincenzi [email protected]

ASSiStenti Di ReDA zione Andrea Chiaro, Donatella Comito, Alessandra Grezzani

CooRDinAmento ReDA zionAle Fiorenza Lombardi Borgia

Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q.

in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato

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© 2011 Area Qualità S.r.l.

Con il contributo di eDitoRe

Questa rivista è stampata su carta proveniente da fonti gestite in maniera responsabile e con inchiostri vegetali senza uso di alcol isopropilico.

Fellow’s Clinical CaseNefropatia interstiziale da mesalazina in RCU di Teresa Capriati, Domenica De Venuto e Vincenzo Rutigliano Endoscopy Learning LibraryEsofagite eosinofila: attualità nell’imaging con I-scan, endomicroscopia confocale ed ecoendoscopia di Alessandro Zambelli, Elisabetta Buscarini, Federico De Grazia e Tiziana Guadagnini PedGl SnapshotsEmatochezia di Donatella Comito

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È poSSibile un "vero" trainingdi gaStroenterologia pediatriCa in italia?Grandissimo interesse ha suscitato la pubblicazione nello scorso numero dell’intervista di Mariella Baldassarre a Stefano Guandalini nell’ambito della rubrica Topic High Light ESPGHAN-NASPGHAN sulla formazione in ga-stroenterologia pediatrica. L’elencazione dei vari steps formativi codificati a livello dell'ACGME "American Col-lege of Graduate Medical Education" per quanto concerne la gastroenterologia pediatrica devono indurre ad alcune profonde riflessioni. Già nel 1999, il NASPGHAN (JPGN 29, S1-S26, Novembre 1999) definiva i criteri per sviluppare un adeguato "Core Curriculum in Pediatric Gastroenterology and Nutrition". Si partiva dalla identi-ficazione degli obiettivi del progetto formativo che ha come base l’acquisizione di adeguate conoscenze sulla fisiopatologia delle malattie di interesse gastroenterologico del bambino e dell’adulto, sulla ricerca in nutrizio-ne clinica e sull’appropriatezza delle procedure diagnostiche di tipo strumentale. La durata del progetto for-mativo è di 3 anni e viene svolto presso Centri o Training Institutions che devono essere in grado di supportare finanziariamente docenti e discenti per tutta la durata del training offrendo la possibilità di insegnare le varie tecniche strumentali. Questo, a mio avviso, rappresenta il nodo cruciale della questione. Non si può definire gastroenterologo pediatra o avere un'etichetta di Centro di Gastroenterologia Pediatrica, in un panorama internazionale, se non si è in grado di eseguire in piena autonomia o di insegnare l’endoscopia diagnostica ed operativa (polipectomia, trattamento delle varici e PEG), la biopsia epatica, la biopsia rettale, la manometria esofagea ed anorettale, la ph-impedenziometria, l’H2 Breath test all’idrogeno, o approntare un programma di nutrizione artificiale parenterale ed enterale. Oltre ai limiti di un sistema universitario italiano carente sotto molti aspetti ed a corto di risorse finanziarie, una profonda riflessione appare necessaria per capire quale potenziale ruolo può avere una Società Scientifica per contribuire ad un miglioramento ed adeguamento dell’offerta formativa e quindi della qualità assistenziale. Vi è in Italia una parcellizzazione delle risorse, solo pochi Centri hanno la possibilità di una completa offerta formativa in linea con gli standard internazionali e spesso si è costretti ad inviare giovani fellows all’estero malgrado esistano profili di elevata competenza e professionalità. Un punto di partenza potrebbe essere costituito dalla creazione di un Advisory Board nell’ambito della SIGENP che possa definire un Training Program adeguato alla nostra realtà, identificando 3-4 Centri, dove è possibile offrire un completo progetto formativo associando anche una buona ricerca di base e clinica. Il Presidente ed il CD hanno già attenzionato questi aspetti e certamente offriranno le migliori soluzioni.

Claudio Romano

Claudio Romano, Messina Direttore Editoriale

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a cura di

MariELLa BaLdaSSarrE

Topic High Light

ESPGHaN - NaSPGHaN IntervIsta a OlIver GOulet Trapianto intestinale: a che punto siamo?

Il trapianto d’intestino è certamente un tipo di trapianto molto complesso:

qual è lo stato dell’arte?

Il nostro centro a Parigi vanta un’esperienza di oltre vent’anni per ciò che riguarda il trapianto intestinale e di oltre trent’anni per ciò che riguarda l’insufficienza intesti-nale. In 20 anni sono stati fatti considerevoli progressi: nel mondo ci sono circa 3.000 pazienti che hanno ricevuto il trapianto di intestino o di fegato ed intestino insieme e molti bambini e adulti vivono grazie ciò. A tal proposito occorre subito sottolinea-re che la sopravvivenza è migliore qualora sia stato effettuato un trapianto consen-suale di fegato ed intestino: il fegato induce una immunotolleranza che aiuta la so-pravvivenza dell’intestino trapiantato.

Quali sono le indicazioni al trapianto di intestino e di fegato/intestino?

L’indicazione principale a questo tipo di trapianto è legata all’impossibilità di con-tinuare la nutrizione parenterale a domicilio. Questa linea di confine si è progressi-vamente allontanata nel tempo grazie alla scoperta di nuove armi contro la colesta-si. Pertanto attualmente l’indicazione al trapianto congiunto di fegato/intestino è data dalla presenza di fibrosi epatica evoluta, secondaria alla insufficienza intestina-le, con progressivo decadimento dello stato nutrizionale.Le indicazioni al trapianto d’intestino isolato sono poche ed elettive, legate piutto-sto alle condizioni di vita scadenti ed alla prognosi della malattia:

• atrofia congenita dei microvilli: que-sti bambini sono perfusi 24/24 ore e rischiano seriamente la vita appena perdono il catetere;

• pseudo-ostruzione cronica severa: i bambini con tale patologia sono por-tatori di gastrostomia, colostomia, ileostomia, non riescono ad assume-re nulla per bocca, sono soggetti a infezioni frequenti e disabilitanti;

• volvolo totale dell’intestino con ana-stomosi duodeno-colica: questi bam-bini non hanno nessuna possibilità di raggiungere una sia pur minima au-tonomia nutrizionale.

MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari

Ospitiamo in questo numero l’intervista al

Prof. Olivier Goulet, uno dei “padri” del Trapianto

d’intestino a livello mondiale. Al Prof. Goulet

mi lega un’amicizia che risale al 1988, epoca in cui ho avuto il piacere e

l’onore di lavorare nel suo centro di “Rianimazione

digestiva” all’Hopital Necker-Enfants Malades

a Parigi. La nostra intervista ha avuto luogo nella splendida cornice di Sorrento, durante l’ultimo

congresso ESPGHAN, e si è conclusa con una dichiarazione d’amore

del Prof. Goulet all’Italia: “Quando vengo in Italia, la sensazione che provo è quella di ritrovare un vecchio caro amico che non vedo da anni, ed è

l’unico posto al mondo in cui mi capita questo!”.

Un grosso GRAZIEal Prof. Goulet .

Oliver Goulet

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Quali sono i risultati a lungo termi-

ne del trapianto intestinale?

Ci sono attualmente nel mondo circa 3.000

trapiantati d’intestino (isolato o di fegato/

intestino) con una sopravvivenza media a

10 anni <50%, migliore per il trapianto fe-

gato/intestino (circa il 60%) e meno buona

per il trapianto d’intestino isolato (circa il

30%). Occorre sottolineare che la soprav-

vivenza a 10 anni di un bambino in NPT a

domicilio è del 90%, ma in termini di costi

un trapianto intestinale riuscito costa come

un anno e mezzo di NPT.

Quali sono le principali complicanze?

Le infezioni ed il rigetto.

Lo schema di immunosoppressione è lo stes-

so sia nel caso di trapianto d’intestino che nel

caso di trapianto di fegato/intestino, e proba-

bilmente si tratta di dosi sovradimensionate

in questo secondo caso, sottodimensionate

nel primo. Avremmo bisogno di mettere a

punto nuovi schemi di immunosoppressione

differenziati per i due tipi di trapianto.

Nei primi anni eravamo abituati a conside-

rare il rigetto del trapianto d’intestino co-

me secondario ad una risposta di tipo cellu-

lare, mentre oggi sappiamo che è presente

anche una componente di tipo umorale

(anticorpi anti HLA, antiCD4) principale

responsabile di una compromissione vasco-

lare, che porta alla perdita dell’organo tra-

piantato, analogamente a quanto avviene

nel trapianto renale.

Qual è la situazione della donazione

d’organo per quanto riguarda il trapianto d’intestino?

Il trapianto d’intestino o di fegato/intestino si fa da donatore cadavere. Quando c’è

indicazione all’espianto di cuore, reni, fegato, può essere prelevato anche l’intestino.

Negli Stati Uniti la disponibilità a donare gli organi è maggiore che in Europa.

Il prof. Olivier Goulet, professore di Pediatria dal 1995 (Università di Parigi V – René Descartes), ha avviato in quello

stesso anno il programma di Trapianto Intestinale all’Ospedale Universitario Necker-Enfants-Malades a Parigi. Dal 2002

è il direttore del Dipartimento di Gastroenterologia, Epatologia e Nutritione Pediatrica dello stesso Ospedale; negli anni

2000-2004 è stato membro del Consiglio Direttivo del Necker-Enfants Malades, divenendone il Direttore dal 2004 al 2007. Dal 2008 è membro del Consiglio Direttivo della Facoltà di

Medicina dell’Università di Parigi V – René Descartes.Dal 2004 è Responsabile del Centro Nazionale di Riferimento per le Malattie Rare al Necker-Enfants Malades e del Master

Europeo di Nutrizione Clinica dell’Unversità (Parigi V).Membro del Committee of Nutrition della Società Francese

di Pediatria dal 1995 e del Committee of Nutritiondell’ ESPGHAN dal 1999, è stato anche membro del consiglio direttivo dell’ESPGHAN (1997-2004). È stato l’organizzatoredel 2° Congresso Mondiale di Gastroenterologia, Epatologia

e Nutritione Pediatrica (Parigi, 2004).È Membro del Consiglio Direttivo della Federation

of International Society of Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (FISPGHAN) dal 2000 e del Consiglio

Direttivo della Società Francese di Pediatria dal 2005.È stato “Senior Associate Editor” di Journal of Pediatric

Gastroenterology and Nutrition (2000-2004); coeditore di Pediatric Nutrition Text Book (Chief Editor C.Ricour; Maloine Publisher) (1993); Capo Editore di Nutrition and HIV infection

(Masson Publisher, France) (1997); Associate Editor di Pediatric Transplantation (1998-2004); Capo editore di Baillère’s Clinical

Gastroenterology: Nutrition and Digestive Diseases (1998); Coeditore di Pediatric Gastroenterology Text Book (Chief Editor A.Walker USA) dal 2001; Capo Editore di Pediatric Feeding Text Book (Doin Publisher, Paris) dal 2002; Coeditore di Intestinal

Failure Text Book (Chief Editor A.Langnas USA) dal 2006.Ha pubblicato circa 300 articoli su riviste internazionali.

Le aree di ricerca nelle quali è attualmente coinvolto sono: a) Immunopatologia del tratto G.I.

b) Approccio genetico alle malattie congenitedello sviluppo dell’epitelio intestinale

c) Nutrizione Clinica: tolleranza alle emulsioni lipidiche endovenose, trattamento dell’insufficienza intestinale,

uso di probiotici nella pratica clinica.

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a cura di

EraSMO MiELE

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Continuing Medical

Education Activities Le malattie infiammatorie croniche intestinali “early-onset”

INTRODUZIONECon il termine di “Early-onset Inflammatory Bowel Disease” (IBD) identifichia-mo l’esordio di malattia infiammatoria sotto i 6 anni di età e con “very early-onset” quando l’esordio avviene sotto i 2 anni. Deve essere considerata un’entità specifica (1), con fenotipo distinto rispetto alle “altre IBD” ad esordio nell’età adulta e pediatrica, nella cui valutazione andranno sempre tenuti presenti i fattori genetici, la presentazione clinica aggressiva, la localizzazione estesa (con localizzazione orale e perianale) e coinvolgente il colon nella maggioranza dei casi, i possibili difetti del sistema immune, la storia naturale gravata da elevata mor-bilità, la frequente necessità di chirurgia e la necessità di terapia immunosoppressiva anche a lungo termine.Il 25% dei pazienti con IBD hanno un esordio sotto i 20 anni di vita con un trend in crescita negli ultimi 10 anni (2), soprattutto per la Malattia di Crohn (MC); uno studio epidemiologico canadese ha riportato uno specifico aumento dell’incidenza in età precoce: +5%/anno tra 0-4 anni e +7.6% anno tra 5-9 anni (3); anche in questo caso principalmente a carico di MC early-onset.Su 1370 bambini con IBD, uno studio epidemiologico multicentrico statunitense (4) ri-porta un esordio sotto i 3 anni in 67 casi (6.1%) e in 206 casi sotto i 6 anni (15.5%); anche nella nostra esperienza (5) i casi ad esordio sotto i 2 anni di vita sono stati 11 su 187 (6%).Una storia familiare positiva per IBD è molto più frequente nelle forme early-onset (44% sotto i 3 anni) rispetto agli esordi in età pediatrica (29%), così come la localizzazione co-lica isolata è presente nel 63% dei bambini di età inferiore agli 8 anni (nel 20% dei quali è stata necessaria la colectomia) rispetto al 35% sopra gli 8 anni (3,4,5).La presentazione clinica e la prognosi nelle very early-onset IBD è estremamente severa e necessita di un approccio terapeutico aggressivo; è frequente l’associazione con immu-nodeficienze (1,5), e la presentazione “IBD like” può esserne la prima manifestazione.Nella Tabella 1 sono indicate le principali patologie, in maggioranza da difetto immuni-tario, per lo più dell’immunità innata, che si associano alle early-onset IBD; saranno tanto più frequenti quanto più precoce è l’esordio di malattia.Nella nostra casistica (5) il 30% delle diagnosi di early-onset IBD erano associate a im-munodeficienza, in particolare a malattia granulomatosa cronica (CGD), sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS) e ipogammaglobulinemia.Alcune caratteristiche cliniche possono indirizzare verso una immunodeficienza. Una colite MC-like con localizzazione perianale è la malattia granulomatosa cronica (CGD), le cui caratteristiche cliniche e istopatologiche sono indistinguibili dalla MC, la colite risponde alla terapia immunosoppressiva e può insorgere anche in assenza di infezioni. Una colite emorragica con piastrinopenia può essere l’esordio di una sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS); in questo caso le infezioni sono frequen-ti trattandosi di un difetto del citoscheletro che porta ad una Immunodeficienza Com-binata Grave (SCID), seppur lieve.

Stefano MarteloSSiS.S. Gastroenterologia e Nutrizione Clinica, Dipartimento di Clinica Pediatrica IRCCS “Burlo Garofolo” di Trieste

Early-onset iBd has a distinct phenotype and should be considered

as a specific entity. The disease manifestation

are primarily colonic, with extensive disease,

frequent perianal and oral localization, a more rapid and progressive disease

course and colectomy have been required in a high percentage on infants.

Early-onset iBd is associated with immunodeficiency

states, neutrophil defect, metabolic disease and

monogenic defects (iL-10).The very early-onset

iBd presents a unique opportunity to study the

impact of immunological status, neutrophil

role, gut microflora, metabolic pathways, and

environmental factors on the genetic predisposition and the natural history of iBd.

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La presenza di epatomegalia e di ipoglicemia con neutropenia può indirizzare verso la Glicogenosi 1b (con difetto della funzione dei neutrofili), la presenza di infezioni da piogeni e di bronchiectasie con valori di IgG<100 ad una Ipogammaglobuline-mia, una storia di febbri ricorrenti con polisierosite alla febbre familiare medi-terranea. Alterazioni della cute e annessi come ipotricosi, pelle secca, oligodontia e denti conici anche non tutti presenti (tipica la presenza di soli denti conici) possono indurre a sospettare ad una displasia ectodermica NEMO (dal gene dove è pre-sente la mutazione) che si comporta, dal punto infettivo, come una grave SCID.Anche nella neutropenia possono essere presenti ulcere a carico dell’apparato ga-strointestinale, principalmente a carico del colon con aspetto simile a quelle del MC.Nella neutropenia ciclica le ulcere compaiono e si risolvono contestualmente alla flut-tuazione del valore dei neutrofili.Una forma severa descritta come entità a sé stante è l’enterocolite ulcerativa del lattante (6), caratterizzata da severa enterocolite emorragica ad esordio neonatale, pre-senza di familiarità, interessamento orale e perianale, panenterite con flogosi patchy transmurale, scarsa risposta alla terapia immunosoppressiva con necessità di colectomia.È sempre indicativa di un difetto immunitario (chemiotassi del neutrofili ridotta, alterato rapporto CD4/CD8, neutro e/o linfopenia, aumento delle IgA e IgG) e questi bambini hanno un alto rischio di sviluppare malattia linfoproliferativa sia per il difetto immune che per il carico terapeutico (6).La dimostrazione di una frequenza più elevata di mutazioni del gene NOD2, di asso-ciazione in linkage con loci IBD1 e IBD2, la presenza di familiarità, di associazione con malattie da difetto immunitario, principalmente a carico dell’immunità e della funzione dei neutrofili, fanno dei pazienti early-onset un modello utile per comprende-re i meccanismi patogenetici delle IBD, interpretando, soprattutto il MC, come pato-logia da “difetto immunitario” più che come malattia “infiammatoria/autoimmune”, ed aprendo nuove prospettive terapeutiche (7).In alcuni casi di very early-onset con esordio nei primi mesi di vita, come malattia “MC-like” particolarmente aggressiva, fistolizzante, estesa al cavo orale e localizzazione peria-nale severa con follicolite cutanea, assenza di risposta alla terapia immunosoppressiva e necessità di colectomia, è riconosciuto un difetto specifico, trasmesso come carattere autosomico recessivo, caratterizzato da una mutazione a carico del gene che codifica per il recettore dell’IL-10 o del gene codificante per IL-10 (8,9).L’assenza del recettore dell’IL-10 sulle cellule competenti o l’alterazione della struttura della citochina, provocano un difetto nel controllo dell’infiammazione, mancando il con-trollo sulla secrezione di TNF-alfa, di base o dopo stimolo da lipopolissararide batterico, che si mantiene costantemente elevato.

Tab. 1 Immunodeficienze associate a early-onset IBD con le principali caratteristiche. L’associazione sarà tanto più frequente quanto più precoce è l’esordio ed in presenza di severe infezioni

Immunodeficienze associate con early-onset IBD Caratteristiche orientamento clinico

Neutropenia congenitaNeutropenia ciclicaDifetti adesione leucocitaria

MC-like colite con ulcera a stampo, ulcere orali, follicolite

Malattia granulomatosa cronica MC-like colite perianale anche senza infezioni

Immunodeficienza comune variabile MC-like colite bronchiectasie linfonodi ingrossati

IpogammaglobulinemiaMC-like ileocolica con bronchiectasie, IgG<100, ipoplasia tessuto linfatico

Sindrome di Wiskott-AldrichCU like emorragica severa con piastrinopenia a piastrine piccole

Glicogenosi tipo 1b MC-like ileocolica neutropenia, ipoglicemia, epatomegalia

Febbre mediterranea familiareColite indeterminata, febbre con sierosite possibile addome acuto

Displasia ectodermica anidrotica NEMOMC-like ilecolite ipotricosi, pelle secca, fronte sporgente, oligodontia e denti conici

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Continuing Medical Education Activities

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Due casi descritti sono guariti dopo trapianto di cellule staminali ematopoietiche (8,9).Come abbiamo visto la localizzazione colica è praticamente la regola negli early-onset IBD; la prevalenza di colite indeterminata è alta, con frequente progressione pancolitica e verso MC (10). Esiste peraltro anche la possibilità di risoluzione spontanea.La colite ulcerosa (CU) early-onset si presenta come malattia estesa, raramente come procto-sigmoidite, con anemizzazione e frequente ipoalbuminemia. La Malattia di Crohn early-onset invece si manifesta con localizzazione colica e perianale, fistole, qua-dro infiammatorio molto severo (VES>100, piastrinosi anche fino al 1.000.000, ed ele-vati livelli di IgG e difetto di crescita con ipoalbuminemia).Specialmente nei bambini di questa età andranno sempre escluse infezioni (Shigella, Salmo-nella, Campylobacter, E.coli, Yersinia enterocolitica, Clostridium difficile, Entameoba hystolytica e Crypto-sporidio) che possono mimare un early-onset IBD.È frequente che un esordio di early-onset IBD sia confuso con una colite allergica (in più del 30% dei casi nella nostra casistica) con conseguente ritardo diagnostico.La severità dei sintomi sistemici, l’anemizzazione, l’elevazione degli indici di flogosi indi-rizzano verso un early-onset IBD e l’assenza di risposta rapida (15 giorni) alla dieta di eliminazione, con formula elementare, esclude la diagnosi.Dal punto di vista istologico la distorsione dell’archittetura mucosale con imponente flo-gosi aggressiva sulle strutture ghiandolari e la presenza di plasmocitosi basale, sono segni inequivocabili di early-onset IBD anche in presenza di flogosi a componente eosinofila. In caso di colite allergica/eosinofila saranno la regolarità architetturale e l’abbondanza di eosinofili (>60 per campo per 10 campi a 60x) a localizzazione marcata a livello del colon sinistro a indirizzare fortemente verso la diagnosi (11).La maggioranza dei pazienti necessità di un trattamento aggressivo, associazioni di più farmaci, utilizzo precoce di immunosoppressori e anti-TNF (5,10).In un’alta percentuale di casi inoltre si rende necessario il ricorso a nutrizione parente-rale totale e di colectomia (5,10).Nell’early MC, la risposta alla “terapia nutrizionale” con formula elementare o polime-rica esclusiva è scarsa/assente, peraltro il suo utilizzo è raccomandabile per la frequente malnutrizione, come terapia adiuvante e prima di utilizzo della nutrizione parenterale.L’utilizzo dello steroide è praticamente mandatorio; la corticoresistenza frequente.Più della metà dei pazienti sono poi corticodipendenti e questo enfatizza ancora una volta la severità della patologia e la necessità di una strategia terapeutica che da subito consideri l’opportunità di iniziare un trattamento immunomodulante con Azatioprina o 6-mercaptopurina.Il dosaggio di Azatioprina da utilizzare nei casi di early-onset non è standardizzato; non si dovrà utilizzare un dosaggio basso, iniziando con 2 mg/kg; dosaggi anche più elevati sono ben tollerati e spesso necessari per ottenere la risposta clinica (12).In questi casi la ricerca delle mutazioni per tiopurinmetiltransferasi (TPMT) e il dosag-gio dei metaboliti 6 tioguaninici (6-TG) e 6 mercaptopurinici (6 MMP) possono essere di aiuto, assieme al monitoraggio dei globuli bianchi e dei linfociti, per ottimizzare la terapia con tiopurine.La ciclosporina trova ancora indicazione nei casi corticoresistenti, soprattutto nella CU early-onset, in associazione con tiopurine per la scarsa efficacia del farmaco nel mante-nimento; in questi casi è indicata la profilasi con trimetoprim-cotrimossazolo.Farmaci anti-TNF come Infliximab, off label prima dei 6 anni, trovano indicazione nei casi di MC early-onset corticoresistenti e dipendenti e sono un’alternativa alla ciclospo-rina anche nei casi di CU.L’associazione con immunomodulanti andrà discussa caso per caso e comunque interrotta,

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Le malattie infiammatorie croniche intestinali “early-onset”

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dopo la risposta alla fase di induzione e ai primi 6 mesi di terapia, per il noto aumento di effetti collaterali di tipo infettivo e l’aumentato rischio di patologia linfoproliferativa.Una seconda “salvage therapy” con ciclosporina (se inefficacia di anti-TNF) o con anti-TNF (dopo ciclosporina) deve essere attentamente valutata per la scarsa possibili-tà di efficacia e per il rischio di effetti avversi infettivi. Infine sono descritti casi di effi-cacia della Talidomide (5).Il follow-up di questi bambini deve essere stretto e prolungato, valutando lo stato vacci-nale e monitorando i possibili effetti avversi anche a lungo termine come le malattie lin-foproliferative.

BIBLIOGRAFIA1. Nieuwenhuis EE, Hescher JC. Early onset IBD: what’s the differences? Dig,Liver Dis. 2008;40:12-15. 2. Loftus EV. Clinical epidemiology of inflammatory bowel disease:incidence, prevalence,

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6-mercaptopurine and azathiprine in inflammatory bowel disease patients six years and younger. Inflamma Bowel Dis 2008;14:750-755.

• Le early-onset IBD (<6 aa)

rappresentano circa il 15%

dei casi mentre le vere early-onset

(<2 aa) sono il 6% degli esordi

in età pediatrica

• Esse possono essere confuse

con la colite allergica/eosinofila.

L’assenza di interessamento

sistemico, l’istologia caratteristica

e la rapida risposta alla dieta

(elementare) permettono la

diagnosi differenziale

• È essenziale escludere

immunodeficienze, deficit

dei neutrofili e di fagocitosi,

la glicogenosi 1b

• Nei casi di very early-onset IBD

con localizzazione perianale

deve essere avviata l’indagine

genetica per mutazioni del gene

del recettore dell’IL-10

• La terapia deve essere

aggressiva da subito con utilizzo

precoce di immunosoppressore

e anti-TNF

• Frequentemente la colectomia

si rende necessaria per

poter controllare la malattia

infiammatoria

Key Points

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a cura di

francesco cirillo

Pediatric Hepatology

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Il termine Colestasi Familiare Intraepatica Progressiva (PFIC) identifica un gruppo di malattie autosomiche recessive rare (1:50.000/100.000) (1), con due specifici fenotipi bioumorali rispetto alla attività sierica dell’enzima gamma-glutamil-transpeptidasi (GGT) (2).

PFIC Con normale attIvItà sIerICa delle GGtLa GGT è espressa nei colangiociti ed il suo aumento nel siero è indice di un danno a loro carico. Una normalità della GGT identifica la natura epatocellulare della colestasi. Esistono due distinti difetti genetici [tabella 1]: la PFIC 1 è causata da mutazioni del ge-ne ATP8B1. Mutazioni di ATP8B1 sono egualmente ritrovate nella colestasi ricorrente benigna a GGT normali (BRIC 1) e nella colestasi familiare esquimese (Greenland familial cholestasis). Il prodotto di ATP8B1 denominato FIC1 è implicato nel mantenimento dell’equilibrio degli aminofosfolipidi di membrana e una sua alterata funzione compor-ta un sovraccarico di sali biliari nell’epatocita per ridotta escrezione con aumento della sintesi e del riassorbimento intestinale mediato dal trasportatore apicale dei sali biliari sodio-dipendente (ASBT). La PFIC 2 è secondaria a mutazioni del gene ABCB 11 il cui prodotto è una P-glicoproteina (BSEP; bile salt export pump), responsabile del trasporto ATP-dipendente degli acidi biliari primari. Un difetto di BSEP è egualmente responsa-bile di una forma di BRIC (BRIC 2). Mutazioni monoalleliche di ABCB11 sono de-scritte nella colestasi gravidica (ICP 2), nella colestasi da farmaci e nella colestasi transi-toria del neonato. La maggioranza dei pazienti con mutazioni di ABCB11 non ha espressione istochimica canalicolare della BSEP. Le due forme di PFIC possono essere distinte clinicamente sulla base di alcuni semplici elementi (3):

La colestasi familiare intraepatica progressiva: un modello di malattia del trasporto biliareIrene PellegrInI FIlIPPeschI1, sIlvIa rIva2, Marco scIveres2 e gIusePPe MaggIore1

1Clinica Pediatrica 2a, azienda ospedaliera Universitaria Pisana, ospedale santa Chiara, Pisa2epatologia Pediatrica e trapianto di fegato pediatrico, Ismett, Palermo

Progressive familial intrahepatic cholestasis

encompass a group of rare autosomal recessive

hereditary diseases, which usually present in infancy or childhood. Three types

of PFIC have been identified and related to mutations in

hepatocellular transport genes involved in bile

formation. Main clinical manifestations include

cholestasis, pruritus and jaundice. Serum gamma-

glutamyltransferase activity is normal in PFIC1 and PFIC 2, but is elevated

in PFIC 3 patients.

1. maggiore frequenza della PFIC 2 (circa 4 a 1 rispetto alla PFIC1 );

2. maggiore severità della PFIC 2 (esordio più precoce, marcata elevazione

di aminotransferasi e sali biliari);

3. maggior incremento dell’ alfafetoproteina nella PFIC 2;

4. presenza di manifestazioni extraepatiche (bassa statura, sordità neurosensoriale, diarrea cronica, pancreatite, elevazione delle concentrazioni di elettroliti nel sudore e steatosi epatica) nella PFIC 1.

Istologicamente in entrambe esiste una colestasi con metaplasia biliare degli epato-citi in assenza di proliferazione duttulare. Nella PFIC 2, il danno del fegato è più severo e la fibrosi più marcata. Inoltre, è presente una diffusa e persistente trasforma-zione gigantocellulare degli epatociti [Figura 1 a].

PFIC Con elevata attIvItà sIerICa delle GGt A questo fenotipo afferisce una unica entità denominata PFIC 3. Il difetto è nel prodot-to del gene ABCB4 che codifica per una glicoproteina (MDR3) responsabile dell’escre-zione biliare dei fosfolipidi. Mutazioni di ABCB4 sono egualmente descritte in corso di

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colestasi gravidica a GGT elevate (ICP3), colestasi da contracettivi orali, colestasi neona-tale transitoria, cirrosi criptogenica dell’adulto e colelitiasi colesterolica (4). Il danno biliare sarebbe dovuto all’effetto detergente dei sali biliari sull’epitelio biliare, secondario all’as-senza di fosfolipidi nella bile. Lo spettro clinico varia da forme rapidamente evolutive correlate a mutazioni severe (stop codon) con mancata espressione tissutale di MDR3, a forme asintomatiche associate a mutazioni meno severe (missense) anche monoalleliche (5). La diagnosi di PFIC può essere sospettata sulla base della storia clinica (eventuale patologia familiare correlata: ICP - colestasi da farmaci) e sull’esclusione delle più co-muni cause di colestasi cronica (sindrome di Alagille, deficit di alfa 1-antitripsina). La presenza di prurito e di elevate concentrazioni di acidi biliari nel siero farà escludere un errore della sintesi degli acidi biliari. L’ecografia epatobiliare potrà mostrare una colecisti molto ampia o eventualmente una colelitiasi (PFIC 2). Nella diagnosi differen-ziale con la colangite sclerosante andrà verificata (Colangio-RM, ERCP) l’assenza di lesioni a carico delle vie biliari di medio e grande calibro. La biopsia epatica potrà valutare l’espressione tissutale delle proteine di trasporto [Figura 1 B] anche se una nor-male presenza della proteina non escluderà la diagnosi. Se si dispone di un campione di bile, una marcata riduzione della concentrazione dei sali biliari (< 1 mM) o di fosfo-lipidi sarà rispettivamente suggestiva di PFIC 1/2 e di PFIC 3.Il trattamento farmacologico dei pazienti con PFIC, oltre alla comune presa in ca-rico delle colestasi croniche (supplementazione nutrizionale, profilassi di una carenza in vitamine liposolubili, trattamento del prurito) comprende l’utilizzo dell’acido ursodesos-sicolico (UDCA) (5). Questo acido biliare idrofilo, scarsamente detergente e con spiccata azione coleretica, facilita l’escrezione degli acidi biliari endogeni limitando il loro ciclo entero-epatico attraverso una inibizione del loro riassorbimento intestinale. La risposta al

Fig. 1 Paziente con PFIC 2 A) Presenza di numerosi epatociti giganti e colestasi canalicolareB) Colorazione immunoistochimica per BSEP negativa

a

B

tab. 1 Caratteristiche principali della Colestasi Familiare Intraepatica Progressiva (PFIC)

PFIC 1(malattia di Byler)

PFIC 2(difetto di BseP)

PFIC 3(difetto di mdr3)

trasmissione autosomica recessiva autosomica recessiva autosomica recessiva

locus cromosomico 18q21-22 2q24 7q21

Gene/proteinaATP8B1

FIC1ABCB11

BSEPABCB4MDR3

difetto funzionaleTrasporto ATP-dipendente

degli aminofosfolipidi Trasporto ATP-dipendente degli

acidi biliari primari nella bileTrasporto ATP-dipendente

della fosfatidilcolina nella bile

esordio variabile precoce variabile

GGt sieriche normali normali elevate

Concentrazione siericadegli acidi biliari primari

molto elevata molto elevata elevata

Prurito severo severo moderato

alterazione del bilancio epatico moderata marcata moderata

Proliferazione duttulare assente assente presente

Composizione biliareBassa concentrazione degli

acidi biliari primariConcentrazione degli acidi biliari primari quasi assente

Bassa concentrazione dei fosfolipidi biliari

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trattamento è variabile ma concerne almeno un terzo dei pazienti, talora con completa normalizzazione dei parameri bioumorali epatici, specialmente in caso di mutazioni meno severe. In caso di scarsa risposta all’UDCA è possibile proporre ai pazienti con PFIC 1/2 una parziale diversione chirugica biliare esterna con risultati talora eccellenti (6). In caso di insuccesso, il trapianto di fegato rimane l’unica alternativa anche se:

1. le manifestazioni extraepatiche della PFIC1 non migliorano dopo trapianto, anzi possono aggravarsi come segnalato per la diarrea cronica e la steatosi (7);

2. in caso di mutazioni severe con assenza di espressione tissutale della BSEP, è possibile una “ricorrenza“ nel graft della malattia dovuta ad all’immunizzazione anti-BSEP nel ricevente, immunologicamente “naive” nei confronti della BSEP (8);

3. in caso di donazione da vivente da parte di un genitore eterozigote per il difetto genico, è ipotizzabile che l’eterozigosi faciliti lo sviluppo di complicanze nel graft quali una coleli-tiasi o una colestasi da immunosoppressori (1).

BIBlIoGraFIa1. Davit-Spraul A, Gonzales E, Baussan C, Jacquemin E. Progressive familial intrahepatic

cholestasis. Orphanet J Rare Dis 2009;14 :4242-56.2. Maggiore G, Bernard O, Riely CA, Hadchouel M, Lemonnier A, Alagille D. Normal serum

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7. Arnell H, Papadogiannakis N, Zemack H, Knisely AS, Németh A, Fischler B. Follow-up in children with progressive familial intrahepatic cholestasis after partial external biliary diversion. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010;51:494-9.

8. Lykavieris P, van Mil S, Cresteil D, Fabre M, Hadchouel M, Klomp L, Bernard O, Jacquemin E. Progressive familial intrahepatic cholestasis type 1 and extrahepatic features: no catch-up of stature growth, exacerbation of diarrhea, and appearance of liver steatosis after liver transplantation. J Hepatol 2003;39:447-52.

9. Maggiore G, Gonzales E, Sciveres M, Redon MJ, Grosse B, Stieger B, Davit-Spraul A, Fabre M, Jacquemin E. Relapsing features of bile salt export pump deficiency after liver transplantation in two patients with progressive familial intrahepatic cholestasis type 2. J Hepatol 2010;53:981-6.

• Il termine Colestasi Familiare Intraepatica Progressiva (PFIC) identifica un gruppo di malattie autosomiche recessive con due specifici fenotipi bioumorali rispetto alla attività sierica dell’enzima gamma-glutamil-transpeptidasi (GGT)

PFIC con normale attività sierica delle GGT:

• PFIC 1 è causata da mutazioni del gene ATP8B1 che codifica per FIC1 implicata nel mantenimento dell’equilibrio degli aminofosfolipidi di membrana; un suo cattivo funzionamento comporta un sovraccarico di sali biliari nell’epatocita

• PFIC 2 è secondaria a mutazioni del gene ABCB 11 il cui prodotto è una P-glicoproteina (BSEP; bile salt export pump), responsabile del trasporto ATP-dipendente degli acidi biliari primari

• Le due forme di PFIC possono essere distinte clinicamente sulla presenza di manifestazioni extraepatiche nella PFIC 1; sulla maggiore frequenza e severità della PFIC 2; sul maggior incremento dell’ alfafetoproteina nella PFIC 2. Istologicamente, nella PFIC 2 è presente una diffusa e persistente trasformazione gigantocellulare degli epatociti

PFIC con elevata attività sierica delle GGT:

• La PFIC3. È secondaria ad un difetto nel prodotto del gene ABCB4 che codifica per una glicoproteina (MDR3) responsabile dell’escrezione biliare dei fosfolipidi

• La diagnosi di PFIC deve essere sospettata sulla base della storia clinica e sull’esclusione delle più comuni cause di colestasi cronica. La presenza di prurito e di elevate concentrazioni di acidi biliari nel siero farà escludere un errore della sintesi degli acidi biliari. La biopsia epatica potrà valutare l’espressione tissutale delle proteine di trasporto

• ll trattamento farmacologico dei pazienti con PFIC, oltre alla comune presa in carico delle colestasi croniche, si basa sull’acido ursodesossicolico (UDCA). In caso di scarsa risposta all’UDCA è possibile proporre ai pazienti con PFIC 1/2 una parziale diversione biliare esterna. In caso di insuccesso, il trapianto di fegato rimane l’unica alternativa

• ll trapianto di fegato non influenza le manifestazioni extraepatiche della PFIC1; è possibile una “ricorrenza“ nel graft della malattia da difetto di BSEP dovuta ad alloimmunizzazione anti-BSEP; in caso di donazione da vivente da parte di un genitore eterozigote per il difetto genico, è ipotizzabile che l’eterozigosi faciliti lo sviluppo di complicanze

Key Points

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a cura di

GraZiaNO BarEra

Pediatric Nutrition

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La Malattia Celiaca (MC) è, probabilmente, la causa più comune di malnutrizione conclamata o latente nei paesi industrializzati.La sindrome da malassorbimento globale che caratterizza l’espressione classica di MC, non è sempre presente. Sono sempre più numerosi, infatti, i casi con presenta-zione atipica, ovvero senza una sintomatologia gastrointestinale conclamata, ma con un corollario di espressioni cliniche extraintestinali. La terapia universalmente accettata consiste nell’attuare una rigorosa e permanente dieta priva di glutine (DPG), eventualmente associata a supplementazioni di micronutrienti (1).Ci si interroga, tuttavia, sull’adeguatezza nutrizionale della DPG e della composizio-ne in nutrienti (macronutrienti e micronutrienti) dei prodotti dietetici.

MACRONUTRIENTINumerosi studi hanno documentato che la MC ha un forte impatto sullo stato nutri-zionale al momento della diagnosi e che la DPG determina effetti benefici clinici e bioumorali a breve e lungo termine. È stato tuttavia evidenziato che, in alcuni pazienti, da un iniziale stato di malnutrizione per difetto, dovuto a un ridotto introito calorico, proteico e di fibra alimentare, si può instaura-re uno stato di malnutrizione per eccesso. Infatti la DPG, nel lungo termine ed in alcuni soggetti, può determinare un aumentato rischio di sovrappeso ed obesità, che è stato messo in relazione con l’abitudine a sostituire i carboidrati derivati da prodotti contenenti glutine con alimenti ricchi di grassi saturi, zuccheri semplici e sodio. Tali abitudini amplificano gli effetti di un atteggiamento dietetico già presente nei giovani ed adolescenti, indipendente-mente dalla malattia di base, la cui alimentazione è caratterizzata da elevato intake di ali-menti ad alta densità calorica e proteica e da un ridotto apporto di calcio, fibre e ferro (2,3).

MICRONUTRIENTIAlla diagnosi, in relazione al diverso grado di malassorbimento e all’estensione dello stesso, il paziente celiaco può presentare un alterato stato nutrizionale, in particolare di micronutrienti. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che l’introito di vitamine (vitamina D, riboflavi-na, niacina) e alcuni minerali (calcio, magnesio, zinco) è scarso. Inoltre nei neodiagno-sticati spesso si riscontrano carenze di ferro e folati a causa dello specifico malassorbi-mento da danno mucosale prossimale [Tabella 1]. Malassorbimento di grassi, carenze di carboidrati e vitamine liposolubili (vitamina A, D, E, K) sono state invece riscontrate solo nei casi in cui il danno a carico della mucosa intestinale sia particolarmente esteso (4). Con la “restitutio ad integrum” della mucosa intestinale, costante nel celiaco in età evo-lutiva dopo l’inizio della DPG, si assiste al ripristino della fisiologica funzione di as-sorbimento, con risoluzione dei deficit. Ad oggi la comunità scientifica non è unani-me sulla necessità di una integrazione sistematica di specifici micronutrienti, se non giustificata su base sintomatologica o biochimica.

Aspetti nutrizionali della dieta priva di glutineMartina FoMasi1, BarBara ParMa2 E Graziano BarEra1

1U.O. Pediatria e Neonatologia - Università Vita-Salute, IRCCS San Raffaele di Milano2U.O Pediatria - A.O. Sant’Anna di Como

Celiac Disease is probably the most common cause of overt or latent malnutrition

in children in western countries. Elimination of

gluten from the diet leads to a full clinical remission

and nutritional restoration. A life-long gluten free diet

is usually well tolerated and safe, but some questions

about its nutritional adequacy are topics of

discussion.

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Recenti studi hanno evidenziato che carenze in ferro, calcio, zinco e/o vitamine del gruppo B e acido folico si risolvono dopo una dieta senza glutine corretta e bilanciata (5). Nel lungo termine, più per comportamenti alimentari impropri che non per la celiachia in sè, sono invece state descritte carenze nell’apporto di fibra alimentare e di folati (3).

COMPOSIZIONE DI MASSA CORPOREA E DENSITÀ MINERALE OSSEA Alla diagnosi di MC è documentata un’alterata composizione di massa corporea, caratte-rizzata da bassi valori di massa grassa, massa muscolare e densità minerale ossea (BMD). La riduzione di BMD è stata rilevata sia a livello lombare che total body. Un’adeguata e rigorosa DPG determina una completa normalizzazione dei parametri antropometrici e di composizione corporea, soprattutto a lungo termine (6). Determina inoltre l’incremento e normalizzazione della BMD, sia a breve termine che a lungo termine (7). Questi risultati enfatizzano l’importanza di una precoce diagnosi e terapia della MC, così da consentire il raggiungimento in epoca postpuberale di un fisiologico picco di massa ossea.I pazienti celiaci alla diagnosi utilizzano preferenzialmente i carboidrati come substra-to energetico, probabilmente come conseguenza sia di un malassorbimento lipidico sia di una elevata assunzione di carboidrati a scopo energetico compensatorio. La DPG è in grado di incrementare le scorte di lipidi e di modificare il metabolismo energetico, favorendone il loro utilizzo (8).

INDICE GLICEMICO E DPGLa malattia celiaca è più frequente nei pazienti affetti da diabete tipo 1, con una preva-lenza del 5-10%. L’impatto della DPG sul controllo metabolico nei pazienti diabetici è significativo e, pur con segnalazioni fra loro contrastanti, sembra determinare un mag-gior fabbisogno insulinico, una riduzione delle ipoglicemie, soprattutto severe, senza tut-tavia provocare una significativa variazione del valore di emoglobina glicosilata (9).

CONCLUSIONILa dieta priva di glutine ha benefici effetti sul piano nutrizionale nei pazienti celiaci. Per ridur-re i possibili effetti negativi di una ripetitività dietetica sarebbe auspicabile che anche questa popolazione seguisse una dieta equilibrata, scegliendo correttamente non solo tra i prodotti gluten-free ma anche tra gli innumerevoli alimenti naturalmente privi di glutine.

BIBLIOGRAFIA1. Tack GJ, Verbeek WH, Schreurs MW, Mulder CJ. The spectrum of celiac disease:

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Tab. 1 Comuni carenze nutrizionali

Celiaco alla diagnosi di malattia

• Calorie/proteine• Fibra alimentare• Ferro• Folati• Calcio• Vitamina D• Magnesio• Zinco

Celiaco a DPG a lungo termine

• Fibra alimentare e folati

• Una DPG, rigorosa e permanente, è l’unico trattamento universalmente condiviso per il trattamento della MC

• Alla diagnosi, in relazione al diverso grado di malassorbimento, il paziente celiaco può presentare un alterato stato nutrizionale

• Indiscusso è l’effetto positivo della DPG nelle forme sintomatiche e asintomatiche

• In particolare la DPG determina un miglioramento su BMD e composizione corporea

• È tuttavia descritto un apporto alimentare non sempre ideale, in particolare durante l’adolescenza, con eccessi di quote lipidiche, zuccheri semplici e proteine

• Sarebbe quindi auspicabile che anche questa popolazione seguisse

una dieta equilibrata scegliendo correttamente anche tra gli innumerevoli alimenti per natura privi di glutine

Key Points

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a cura di

BarBara BiZZarri

E FraNcESca ViNcENZi Training and

Educational corner

INTRODUZIONEL’Enterocolite Necrotizzante del neonato (NEC) è un processo patologico gravato da elevata morbilità e mortalità, che interessa soprattutto il neonato prematuro e/o i nati di basso peso alla nascita (1).Si tratta di un processo infiammatorio intestinale di severa entità caratterizzato da necrosi ischemica che origina a livello della mucosa con progressivo coinvolgimento degli strati più profondi della parete intestinale (2).Le sedi più frequentemente interessate sono l’ileo terminale, il colon e, con minore frequenza, la regione prossimale del piccolo intestino.Il radiologo riveste un ruolo importante nella diagnosi, nel monitoraggio e nella identificazione delle complicanze. La diagnostica per immagini è affidata all’esame radiografico dell’addome ed all’e-cografia (1).

ASPETTI RADIOLOGICI Le informazioni ottenute all’Rx addome, contestualmente con i parametri clinico-laboratoristici, permettono di valutare la progressione della patologia ed appaiono indispensabili per guidare il corretto trattamento medico o chirurgico (4).Vanno eseguiti radiogrammi in decubito supino, nelle proiezioni antero-posteriore (AP) ed latero-laterale (LL), con tubo sbandierato ed è necessario eseguire esami radio-logici seriati, ogni 6 ore o anche più spesso, in relazione alle condizioni cliniche (1).Fisiologicamente i neonati hanno una buona rappresentazione dei gas intestinali sia a livello del piccolo che del grande intestino, e ciascuna ansa impronta l’ansa adia-cente determinando un caratteristico mosaic pattern (3).

Nel 90% dei neonati che svilupperanno NEC, la dilata-zione gassosa delle anse intestinali è presente precoce-mente, tanto da precedere di molte ore l’esordio clinico-sintomatologico (5).Va considerato quale segno sfavorevole, la perdita del caratteristico pattern a mosaico con passaggio da una distribuzione generalizzata di aria nell’intestino, ad una distribuzione asimmetrica del gas luminale, con distensione ben localizzata di una sola ansa o di un li-mitato gruppo di anse intestinali, le quali, possono ap-parire tubulari e convolute e presentare pareti ispessite e angoli indistinti; se tale condizione si mantiene im-modificata nei successivi radiogrammi seriati nel tem-po si realizza il cosiddetto “segno dell’ansa fissa”, sug-gestivo di necrosi (1,3) [Figura 1].

La NEC del neonato: aspetti radiologiciIgnazIo Salamone, Serena naSo, roSa morabIto, antonIno genItorI e Carmela VISallIDipartimento di Scienze radiologiche, Policlinico Universitario G. Martino di Messina

Necrotizing enterocolitis (NEC) is a severe intestinal

inflammatory disease of the gastrointestinal tract.

Plain abdominal radiography is the current standard imaging modality

for evaluation ofneonates with NEC.

With the goal of standardizing radiographic

reporting, Coursey et all proposed a 10-point scale.Sonography can provide

important information such as the visualization in real time of the bowel

wall , assessing bowel wall thickness, echogenicity,

peristalsis and perfusion of the bowel wall.

Fig. 1 A) Distensione gassosa diffusa delle anse intestinali con perdita della normale morfologia, ed incremento della distanza tra le anse, espressione di diffuso ispessimentodi parete (DAAS 5). Discreta gastrectasia.B) Persistenza dei rilievi obiettivati alla precedente indagine radiografica, cui si associail segno dell’ansa “fissa” al fianco destro (freccia lunga). Tale ansa ileale dilatata, è sededi diffusa pneumatosi cistoide intramurale. Coesiste aria nel sistema venoso portale(punta di freccia) (DAAS 7,8,9)

A B

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Training and Educational Corner

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Un altro segno radiografico precoce è la presenza di gas intramurale, cioè di aria presente nello spessore della parete intestinale, prodotta da batteri che la colonizza-no a causa della perdita dell’integrità della mucosa (1,3,5).Il gas intramurale può presentarsi dunque con piccole raccolte aeree radiotrasparen-ti cistiche, “bubbly pattern”, oppure a morfologia lineare o curvilinea che general-mente coinvolge estese aree di intestino (1,3,5) [Figura 2].

Altro segno da ricercare è la presenza di gas nel sistema venoso portale, legato allo spandersi dell’aria intramura-le, attraverso le vene che drenano la parete intestinale, quindi alle mesenteriche, fino alla vena porta (3,6).È apprezzabile all’Rx quale area di radiotrasparenza lineare ad aspetto ramificato lungo il decorso dei vasi portali (3) [Figura 1].Principale complicanza della NEC è la perforazione del-la parete intestinale che può essere visualizzata all’esame radiografico eseguito in decubito supino, in proiezione LL, come area di radiotrasparenza che si dispone tra le anse intestinali e la parete addominale (3,5,6).Piccole quantità d’aria libera possono essere visualizzate all’ecografica come spot iperecogeni tra il fegato e la pa-rete addominale o tra le anse intestinali (2).Vantaggi dell’ecografia rispetto all’esame radiografico sono: la possibilità di visualizzare la presenza di liquido libero in cavità peritoneale, quale causa di alterazioni metaboliche o conseguenti un eventuale perforazione, e quella di visualizzare direttamente lo spessore parietali delle anse sede di patologia.Le anse nella fase iniziale infiammatoria-edematosa, pre-sentano pareti ispessite con segni di iperemia, caratteriz-zati dalla presenza di accentuazione dei segnali vascolari al colordoppler, successivamente, nella fase ischemico-ne-crotica va progressivamente assottigliandosi con spot ipe-recogeni nello spessore della parete intestinale, riferibili a gas intramurale (3) [Figura 3].Istauratasi la necrosi, all’assottigliamento si associa l’assenza sia di segnali vascolari al colordoppler che della peristalsi.A livello ecografico inoltre il gas intraportale assume l’a-spetto di spot iperecogeni che si muovono in accordo con il flusso venoso (2,3).

CONCLUSIONI È stata dimostrata in letteratura una grande variabilità e soggettività nella modalità di refertazione e nel linguaggio utilizzato dai radiologi.Alla luce di tale considerazione è stato proposto, in un lavoro di Coursey (4) l’utilizzo di una scala, la “Duke Abdominal Assessment Scale” (DAAS), allo scopo di rendere la refertazione il più omogenea possibile e dunque oggettiva la valutazione del grado di compromissione intestinale, della severità della patologia per poter guidare il corretto

Fig. 2 A) Moderata distensione gassosa di alcune anse intestinali centroaddominali con diffuso “bubbly pattern”. Coesiste aria nel sistema venoso portale (punta di freccia).B) l’indagine ecografica dello stesso neonato mostra una discreta quantità di liquido corpuscolato verosimile indice di una perforazione misconosciuta alla radiografia dell’addome. Coesistono segni di sofferenza delle anse intestinali, quali pneumatosi intramurale, evidenziabile come spot iperecogeni (freccia) nel contesto della parete delle anse intestinali

A B

Fig. 3 A) Anse intestinali ispessite, edematose, con perdita della normale stratificazione parietale e aumento dell’ecogenicità di parete.B) Presenza di spot iperecogeni intramurali (freccia) e incremento dei segnali vascolari al Color Doppler, indice di iperemia

A B

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La NEC del neonato: aspetti radiologici

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trattamento terapeutico del neonato con NEC (7,4) [Tabella 1].Indicazione assoluta alla chirurgia,in accordo alle scale sul grado di evoluzione clinica della NEC, è la perforazione intestinale (DAAS 10), ma in realtà l’ideale è sottoporre il neonato ad inter-vento chirurgico di resezione intestinale dell’ansa necrotica pri-ma che questa si sia perforata.La presenza della cosiddetta “ansa fissa” in radiogrammi succes-sivi e dunque un DAAS score di 7, 8 o 9 depone, con molta pro-babilità, per neonati in fase avanzata della patologia (4).L’interpretazione sia dell’indagine radiologica che ecografica at-traverso l’utilizzo degli score aiuta il monitoraggio della NEC.

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Tab. 1 Score di gravità nei neonati con NEC secondola Duke Abdominal Assessment Scale (DAAS)

0 Pattern normale (mosaic pattern)

1 Minima distensione intestinale diffusa

2 Moderata distensione intestinale o normale con “bubbly” pattern

3 Distensione focale moderata di alcune anse intestinali

4Incremento della distanza tra le anse intestinali o ispessimentodi parete

5Perdita della normale morfologia delle anse intestinali o multipli ispessimenti di parete

6 Possibile pneumatosi con altri rilievi addominali anomali

7 Ansa fissa o persistente dilatazione di alcune anse intestinali

8 Evidente pneumatosi intramurale

9 Gas nel sistema venoso portale

10 Pneumoperitoneo

• L’enterocolite necrotizzante del neonato è un processo patologico che

interessa il tratto gastrointestinale, gravato da elevata mortalità e morbilità

• L’Rx dell’addome ha un ruolo chiave nel porre il sospetto diagnostico di NEC

e nel guidare il follow-up

• Con l’obiettivo di rendere omogenea la refertazione dell’esame radiografico

Coursey et al hanno proposto la Duke Abdominal Assessment Scale (DAAS)

• DAAS è una scala a punti che correla strettamente con la progressione della

patologia e indirizza, in accordo con gli esami clinico-laboratoristici, verso le più

appropriate scelte terapeutiche

• L’esame ecografico dell’addome consente una visualizzazione in real-time delle

anse intestinali, valutandone spessore, ecogenicità, peristalsi e con il Color-

Doppler la perfusione

• L’esame ecografico dell’addome ha un ruolo cruciale nei casi di perforazione

intestinale, non obiettivabili all’esame radiografico, per la scarsa quantità di aria

libera in cavità peritoneale, che si appalesano solo con la presenza di liquido

libero in cavità addominale

Key Points

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a cura di

silvia salvatoreRecent Advance

in Clinical

Gastroenterology

INTRODUZIONELa Gastroparesi è un disordine della motilità gastrica, caratterizzato da un ritardato svuotamento gastrico in assenza di ostruzioni meccaniche. Questa sindrome viene de-finita come una ritenzione del pasto radiomarcato > 10% dopo 4 ore dall’ingestione, in un paziente con sintomi di ritardato svuotamento gastrico (1,2). La normale funzio-ne motoria dello stomaco richiede una complessa interazione tra la muscolatura liscia gastrica, il sistema nervoso autonomo e i neuroni enterici. Un’alterazione di qualsiasi di queste componenti può determinare un ritardato svuotamento gastrico. L’eziologia è multifattoriale e le cause più frequenti sono: idiopatica, diabetica e post chirurgica (spesso dovuta a lesioni del n. vago). Altre cause includono malattie del collagene; pa-tologie neurologiche, come il Parkinson; pseudo-ostruzioni intestinali, infezioni, ecc.. [Tabella 1]. I sintomi della gastroparesi sono variabili e aspecifici, i più comuni compren-dono nausea, vomito, gonfiore, sazietà precoce, ripienezza postprandiale e dolore ad-dominale. Sulla base della gravità di tali sintomi è stata proposta una classificazione clinica della malattia [Tabella 2]. Le complicanze più frequenti includono esofagiti, S. di Mallory-Weiss, ulcera peptica e formazione di bezoari (3,4).

EPIDEMIOLOGIAPer la mancanza di un protocollo clinico standardizzato, la reale prevalenza di tale patologia non è nota; si stima che in America sia intorno al 4% della popolazione adul-ta (5), con 5 milioni di diabetici affetti da gastroparesi, un numero equivalente di pa-

zienti affetti da gastroparesi idiopatica e circa 1 milione di pazienti affetti da tale patolo-gia a causa di lesioni del ner-vo vago. Il rapporto F:M è di 4:1 e l’età media di comparsa è 34 anni (6).

Gastroparesi DiabeticaLa patogenesi della gastropa-resi diabetica è multifattoriale e il quadro finale è quello di una neuromiopatia. Nel dia-bete mellito l’incremento del-lo stress ossidativo, dovuto al-la diminuzione dei livelli dell’enzima eme-ossigenasi 1, insieme ad una diminuzione dell’insulina e dell’IGF 1, de-

Gastroparesi primitiva e secondaria: inquadramento clinico e terapia medicaMaria Giacchino, Lorenzo GeMiGnani, Marina corbo, edoardo Savarino, Lorenzo aSSandri, SiMona inferrera, vaLentina fazio, daria bonfanti, Pietro duLbecco e vincenzo Savarino Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche (Di.M.I.) Cattedra di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Genova

Gastroparesis is a motility disorder of the

stomach. The etiology is multifactorial and main

causes include idiopathic, diabetes mellitus and post

surgical disorders.The female:male ratio is 4:1 and mean age of on-set is 34 years. The most common symptoms are

nausea, vomiting, bloating, early satiety, postprandial

fullness and abdominal pain. Scintigraphy is

currently regarded as the gold standard for

the diagnosis. Treatment options for the patient vary

with the severityof the disease.

Tab. 1 Cause di Gastroparesi

Idiopatiche Cause idiopatiche

Cause chirurgiche Vagotomia e resezione/drenaggio gastrico, fundoplicatio, esofagectomia bypass gastrico, procedure di Whipple, trapianto cuore/polmone

Infezioni Virus-EBV, varicella, Parvovirus, CMV, Rota-virus, Malattia di Chagas Clostridium Botulinum

Disordini del sistema nervoso centrale

Danni/traumi cerebrovascolari, tumori, disturbi labirintici, epilessia

Disordini del sistema nervoso periferico

Malattia di Parkinson, Guillain-Barre, sclerosi multipla, disautonomie

Disordini neuropsichiatrici Anoressia nervosa/bulimia, sindrome da ruminazione

Malattie autoimmuni Sclerodermia, Lupus eritematoso sistemico, polimiosite/dermatomiosite

Malattie endocrine e del metabolismo

Diabete, amiloidosi ipotiroidismo, patologie delle paratiroidi, disionie, Insufficienza renale

Malattie neuromuscolari Cronica pseudostruzione intestinale, distrofia miotonica

Tossici Farmaci oppiacei, anticolinergici, β-adrenergici, Ca-antagonisti, glucagone, THC, alcol, tabacco, etc

Altre forme Gravidanza, neoplasie del seno, del polmone a piccole cellule, del pancreas

Modified by Shamaila Waseem et al.Gastroparesis: Current diagnostic challenges and management considerations.World J Gastroenterol 2009

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termina una perdita delle cellule interstiziali di Cajal (7). Studi sistematici indicano che la gastroparesi può essere dimostrata nel 25-55% dei pazienti adulti con DM tipo 1 (8) e nel 30% dei pazienti con DM tipo 2 (9).

TEST DIAGNOSTICIL’esame gold-standard per la diagnosi della ga-stroparesi è la Scintigrafia con pasto radiomar-cato. Si utilizza il bianco d’uovo marcato con 99Tc solfuro colloidale e si acquisiscono le im-magini scintigrafiche al tempo 0, dopo 1h, 2h, e dopo 4h dall’ingestione. Si definisce ritardato svuotamento gastrico una ritenzione gastrica del radionuclide >90% dopo 1h, >60% dopo 2h, >10% dopo 4h. La mattina dell’esame si raccomanda di controllare la glicemia nei pa-zienti diabetici. Se la glicemia è ≥ 275 mg/dl deve essere somministrata insulina oppure l’e-same deve essere rinviato (10). Si raccomanda di portare a termine l’esame delle 4h anche nei pazienti con normale svuotamento ga-strico dopo 2h. Per evitare falsi positivi e falsi negativi, i farmaci che possono ritardare o al contrario accelerare lo svuotamento gastrico, devono essere sospesi almeno 48h prima della scintigrafia. Per la diagnosi di ritardato svuotamento gastrico, la Food & Drug Ad-ministration americana (FDA) ha approvato nel 2006 la “Smart Pill”, una capsula indi-geribile, in grado di misurare pH, pressione e temperatura, utilizzando una modalità wireless. È un’alternativa valida alla scintigrafia, ma ha un costo elevato.

TERAPIALe modalità di trattamento variano a seconda dell’eziologia e della severità della malattia. Tutti i pazienti richiedono modificazioni della dieta; nei pazienti diabetici è necessario un buon controllo glicemico perché l’iperglicemia può rallentare lo svuotamento gastrico e quindi limitare gli effetti dei procinetici. I pasti devono essere liquidi o semi-liquidi, più piccoli e più frequenti nell’arco della giornata. I farmaci utilizzati sono i procinetici, eventualmente associati agli antiemetici se predominano i sintomi nausea e vomito. Tra i procinetici, i principali sono la metoclopramide (ne-gli adulti), il domperidone (non approvato dalla FDA per il trattamento della gastro-paresi a causa di un insufficiente numero di pazienti arruolati in fase 3) e l’eritromi-cina. Il dosaggio iniziale della metoclopramide è di 5-10mg 4 volte al giorno (30mg prima dei pasti e 10mg prima di coricarsi), se tollerato il dosaggio può essere aumen-tato fino a 20mg 4 volte al giorno. Non c’è un protocollo terapeutico standardizzato per la gastroparesi refrattaria a terapia medica. In questi casi si può eseguire una digiunostomia, procedura sicura e di gran beneficio, oppure una stimolazione elet-trica, approvata dalla FDA nel 2000 per il trattamento della gastroparesi idiopatica e diabetica refrattarie a terapia farmacologica. In un 2% dei pazienti è necessario ricorrere ad una gastrectomia totale. Una miglior conoscenza della patofisiologia della gastroparesi ha permesso di sviluppare studi su potenziali nuovi farmaci, come l’hemina, la grelina, gli agonisti dei recettori per la grelina. Una futura possibilità di trattamento è rappresentata dalle cellule staminali, che sarebbero in grado di rigene-rare le cellule interstiziali di Cajal nei pazienti con gastroparesi diabetica e di ripara-re il tessuto alterato nella gastroparesi idiopatica.

Tab. 2 Proposta di classificazione per la gastroparesi severa

Grado 1:Gastroparesi lieve

• Sintomi facilmente controllabili• In grado di mantenere peso e la nutrizione con una dieta

regolare o con minori modificazione della dieta

Grado 2:Gastroparesi compensata

• Sintomi moderati controllati parzialmente dalla farmacoterapia• In grado di mantenere la nutrizione con aggiustamenti

nella dieta e nello stile di vita. Rara ospedalizzazione

Grado 3:Gastroparesi severa

• Sintomi refrattari alla farmacoterapia• Incapacità a mantenere la nutrizione per via orale• Frequenti ingresso in PS e ospedalizzazione

Shamaila Waseem et al.Gastroparesis: Current diagnostic challenges and management considerations.World J Gastroenterol 2009

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Recent Advance in Clinical Gastroenterology

2020

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• La gastroparesi è una sindrome

caratterizzata da ritardato

svuotamento gastrico in assenza

di ostruzione meccanica

• L’eziologia della gastroparesi

è multifattoriale: le cause

più comuni possono essere

considerate quelle idopatiche,

quelle secondarie a diabete

o post-chirurgiche

• I sintomi più frequenti sono

la nausea, il vomito, il bloating,

il dolore addominale ed il senso

di sazietà precoce

• Lo studio scintigrafico dello

svuotamento gastrico può essere

considerato il gold standard

per la diagnosi

• L’approccio terapeutico

può prevedere il trattamento

endoscopico e chirurgico che

però viene riservato ad un

sottogruppo di pazienti refrattari

alla terapia farmacologica ed

alle modifiche dietetiche

Key Points

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a cura di

Graziano Bareranews in Pediatric

Gastroenterology

Pharmacology

DEFINIZIONEI bifosfonati sono un gruppo di agenti farmacologici ad alta affinità per l’osso in grado di inibire il riassorbimento scheletrico attraverso un’azione diretta sugli osteoclasti.Il meccanismo d’azione è differente a seconda che sia presente o meno il gruppo ami-nico: gli aminobifosfonati come il pamidronato, alendronato, neridronato, ibandrona-to, pamidronato e acido zoledronico, sono quelli attualmente più utilizzati. Essi inibi-scono il reclutamento e la differenziazione dei precursori degli osteoclasti, limitano l’adesione degli osteoclasti all’osso e riducono le unità di rimodellamento osseo.

ESPERIENZA IN ETÀ PEDIATRICANonostante l’uso diffuso tra i soggetti adulti, l’esperienza pediatrica con questa clas-se di farmaci risulta ancora limitata.I primi studi sull’utilizzo dei bifosfonati in età pediatrica risalgono a più di 30 anni fa ma la maggiore spinta al loro utilizzo fu conseguente alla pubblicazione di uno studio (1) che dimostrava come il trattamento per via endovenosa di pamidronato fosse efficace nel ri-durre il dolore osseo e le fratture tra i bambini affetti da Osteogenesi Imperfecta (OI).Nel corso degli ultimi due decenni, una varietà di bifosfonati per via orale o paren-terale sono stati utilizzati per trattare casi di OI, così come di osteoporosi indotte da steroidi, da paralisi cerebrale, da distrofia muscolare, da ustioni o secondaria a pato-logia tumorale; il loro utilizzo ha inoltre riguardato casi di osteoporosi giovanile idiopatica e di patologie associate a fragilità ossea. Una recente analisi della Cochrane, che ha valutato la tollerabilità e l’efficacia dei bifosfonati alendronato, clodronato e pamidronato e.v. in 6 studi clinici randomizza-ti e controllati, per un totale di 281 bambini, ha evidenziato come il loro utilizzo a breve termine (3 anni o meno) appaia ben tollerato. La metanalisi ha confermato che la terapia si associa ad un riduzione nella frequenza di fratture e ad una azione antalgica, mentre non ha permesso di concludere se effettivamente i bifosfonati sia-no in grado di determinare una variazione nella densità minerale ossea (2-3).Per quanto riguarda i bambini affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali i dati disponibili sono ancora più ridotti anche se il consenso pressoché unanime è limitato all’uti-lizzo per i pazienti che presentano fratture o gravi riduzioni della densità minerale ossea (4).

RAZIONALE DEL TRATTAMENTO NELLE PATOLOGIE GASTROINTESTINALI

Numerosi sono i fattori di rischio che possono compromettere la mineralizzazione os-sea nei soggetti affetti da una malattia infiammatoria cronica intestinale (IBD); tra questi, alcuni agiscono in modo indiretto sull’osso, come le carenze micro-nutrizionali ed in particolare di calcio, vitamina D e zinco; tali deficit nutrizionali sono secondari a malassorbimento ed ad apporti nutrizionali limitati da inappetenza, dolore addomi-nale, depressione. Altri fattori, al contrario, agiscono in modo diretto attraverso cito-

I bifosfonati in età pediatricaGiovanna Weber, Martina FoMasi e sara siGnaU.O. Pediatria e Neonatologia, Università Vita-Salute San RaffaeIe, Istituto Scientifico San Raffaele di Milano

Bisphosphonates are drugs able to inhibit skeletal

resorption. The pediatric experience is based on

treatment of osteogenesis imperfecta and

osteoporosis. Indications for inflammatory bowel

diseases is limited to secondary severe

osteoporosis, with bone fractures. There is no

consensus on the agent most appropriate to use,

dosage and duration of therapy. The only

approved bisphosphonate for children in Italy is

neridronate, usually well tolerated.

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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology

22

chine infiammatorie, quale il TNF-α, che stimolando la differenziazione degli osteoclasti e inibendo la loro apoptosi, determinano un importante incremento del riassorbimento osseo. Inoltre possono contribuire alla riduzione della mineralizzazione ossea l’assunzione di terapia con corticosteroidi, alterazioni dell’asse or-mone della crescita/IGF1 o il ritardo puberale e la diminuzione della massa muscolare e dell’attività fisi-ca frequenti in questi pazienti (4).

MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONELa mancanza di trial randomizzati di confronto tra farmaci e dosi, applicati alle diverse condizioni cliniche, rende impos-sibile dichiarare un regime terapeutico superiore ad un altro. In letteratura, infatti, non vi è un consenso unanime sull’a-gente farmacologico più appropriato da utilizzare, sul dosag-gio e sulla durata della terapia. I farmaci in età evolutiva più

utilizzati in letteratura sono il pamidronato e.v., il neridronato e l’alendronato per os negli adolescenti con buona compliance e recentemente anche un bifosfonato a lunga durata di azione come lo zelendronato (3). In Italia l’unico bifosfonato ad aver l’autorizzazione dall’ AIFA per l’utilizzo in età pediatrica è il neridronato ad uso e.v. o i.m., in genere som-ministrato a cicli ogni 3-4 mesi, per un massimo di 3 anni.In caso di osteoporosi associata a malattie croniche, il trattamento con bifosfonati, è indi-cato solo in caso di pazienti con riduzione della massa e densità ossea associata a fratture patologiche e compressione vertebrale sintomatica (5).

EFFETTI COLLATERALII bifosfonati appaiono generalmente ben tollerati tra i pazienti in età pediatrica anche se, soprattutto tra i soggetti a cui viene somministrato intramuscolo o per os, vengono descritti casi di reazioni simil-influenzale quali febbre, malessere, nausea, diarrea e dolori muscolari o ossei. Molto rari sono quadri di ipocalcemia, ipofosfatemia e ipo-magnesiemia, che risultato in genere asintomatici e risolvono entro pochi giorni. Per ridurre al minimo questo rischio generalmente viene assicurata una somministrazione di calcio sia prima che dopo il trattamento. Gli effetti collaterali più gravi osservati tra i soggetti adulti, come uveite, trombocitopenia, esofagite o ulcerazioni orali e necrosi avascolare della mandibola sono rari o eccezionali nei bambini.

BIBLIOGRAFIA1. Glorieux FH, Bishop N, Plotkin H, Chabot G, Lanoue G, Travers RT. Cyclic administration of

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Tab. 2 Effetti farmacologici della terapia con bifosfonati in corso di osteoporosi primitiva e secondaria in età pediatrica (2)

DATI CONFERMATI DATI NON CONFERMATI

Riduzione nella frequenza di fratture Variazione nella densità minerale ossea

Azione antalgica

Trattamento ben tollerato

Tab. 1 Fattori favorenti lo sviluppo di osteoporosi in corso di IBD (4)

INDIRETTI DIRETTI

Carenze micro-nutrizionali (calcio, vit D, zinco) Citochine infiammatorie, quale il TNF-α

Terapia con corticosteroidi

Alterazioni dell’asse ormone della crescita/IGF1

Ritardo puberale

Diminuzione della massa muscolare

•L’esperienzasull’utilizzodei

bifosfonatiinetàpediatricarisulta

estremamentelimitata

•Ilmaggioreutilizzoèeffettuato

periltrattamentodiosteogenesi

imperfectaeosteoporosigrave

•IncorsodiIBDlosviluppodi

osteoporosièdeterminatodafattori

siadiretti(meccanismidiflogosi)

cheindiretti(malnutrizione)

•L’indicazioneall’utilizzodibifosfonati

nelleIBDèl’osteoporosigravecon

frattureossee

•InItalial’unicobifosfonato

autorizzatoinetàpediatrica

èilneridronatosomministrato

acicliogni3-4mesi,perunmassimo

di3anni

•Ibifosfonatiappaiono

generalmentebentollerati:gli

effetticollateralipiùgraviosservati

traisoggettiadulti,sonorario

eccezionalineibambini

Key Points

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a cura di

cLaudiO rOMaNO

Fellow’s clin

ical case Nefropatia interstiziale

da mesalazina in RCUTeresa CapriaTi, DomeniCa De VenuTo e VinCenzo ruTiglianoDipartimento di Biomedicina dell’Età Evolutiva, Università degli Studi “A. Moro” di Bari

a 14 years old girl with iBd was treated with 5-aSa. after 1 year of treatment serum creatinine levels increased and the calculated crcl rate fell moderately. The renal damage, confirmed with renal scintigraphy, recovery

with discontinuation of 5-aSa. Serum creatinine monitoring can prevent 5-aSa nephrotoxicity which may delay for many months because symptoms and signs are nonspecific.

PRESENTAZIONE CLINICAValentina, 14 anni, ha una diagnosi di colonpatia infiammatoria aspecifica (istologia: abbondante quota di plasmacellule mature sia in sede colica che ileale con normale espressione di CD138 - CD3 - CD20) recidivata 3 volte in un anno. È in terapia da 11 mesi con 5-ASA per os e cicli di prednisone. Ci viene inviata per consulenza in ambulatorio per la comparsa di astenia e febbricola e decidiamo per una rivalutazione in regime di ricovero. Gli esami ematochimici evidenziano un aumento della creatinina (1.37 mg/dL) e della β2microglobulina urinaria (1.29 mg/L) con valori di CrCL che indicano insufficienza renale lieve (78.5 ml/min). Azotemia e microalbuminuria sono nella norma. L’eco reni evidenzia pielectasia a destra. L’anamnesi nefrologica è negativa, azotemia e creatinina precedenti sono nella norma e l’intake proteico giornaliero è normale. Negli ultimi 3 mesi ha assunto 5-ASA senza beneficio per cui sospende tale terapia 4 giorni prima del ricovero con un inspiegabile e immediato benessere (aumento dell’appetito e regressione dell’astenia e della febbricola).

ESAME OBIETTIVOValentina pesa 44.3 kg (16° centile), è alta 165.5 cm. (>75° centile). P.A. 110/80 mmHg. Amenorrea secondaria.

IPOTESI DIAGNOSTICHEL’aumento della creatininemia esprime l’esistenza di un danno renale (1) che potrebbe essere correlata nel caso specifico, a febbre mediterranea familiare, mieloma, TBC, artrite e IBD. Sono documentati casi di nefrite interstiziale come effetto collaterale (reazione idiosincrasica da ipersensibilità individuale) della mesalazina (1,2). La pielectasia destra può essere indicativa di un flemmone ileo-cecale che, incarcerando l’uretere destro, può causare idronefrosi.

SVILUPPO DEL CASO CLINICOSi ridefinisce la patologia di base: è presente anemia con normale situazione marziale, aumento di VES (74 mm/1^h) e PCR (14.6 mg/L), SOF positivo ed esame istologico compatibile con diagnosi di CU in fase di moderata attività.Si esegue una Scintigrafia con MAG3 [Figura 1] che conferma la stasi calico-pielica destra ed evidenzia una funzionalità pa-renchimale lievemente ridotta e asimmetricamente ripartita per lieve riduzione della funzione renale sinistra (CFR: rene destro 57.95% e rene sinistro 42.05%).

PUNTI CRITICI DI DIAGNOSTICA DIFFERENZIALEQuale è l’origine dell’insulto renale documentato? Si escludono altre cause di danno renale. Per la TBC si esegue il quantiferon (nella norma). Valentina presenta ANA positivi a basso titolo con complemento e restante autoimmunità nella norma (ENA, ANCA, ASCA, LAC) e fenomeno di Raynaud (confermato con capillaroscopia) in assenza di sintomi articolari, muscolari e/o visceritici identificabili con una patologia del connettivo o vasculite. La immunofissazione e la proteinuria di Bence-Jones (assenza di componente monoclonale) escludono una condizione di mieloma multiplo.Per escludere il flemmone ileo-cecale si esegue una RMN addome che risulta negativa e, all’esame del tenue, non evidenzia ispessi-menti patologici delle pareti enterocoliche né potenziamento patologico parietale dopo iniezione di mdc.La diagnosi è confermata da un criterio ex-adiuvantibus: l’insufficienza renale regredisce dopo sospensione di 5-ASA. Si tratta, dunque, di nefropatia interstiziale correlata a 5-ASA (2). Valentina viene dimessa con diagnosi di RCU inattiva (PUCAI=0) e terapia domiciliare

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con prednisone (25 mg/die per 2 settimane a scalare di 5 mg/set-timana fino a sospensione). A un mese dalla dimissione i valori di creatinina, β2microglobulina uri-naria e sierica sono nella norma.

QUALE TAKE HOME MESSAGE? La nefrotossicità è un raro e sub-dolo effetto collaterale idiosincra-sico, non dose correlato, che può comparire entro 12 mesi dall’ini-zio della terapia con 5-ASA. È ne-cessario un continuo monitorag-gio della funzione renale perché più precocemente è individuato il danno tanto maggiore è la proba-bilità di restitutio ad integrum.Le mesalazine a rilascio controlla-to sono farmaci anti-infiammatori ad azione topica utilizzate nel trat-tamento convenzionale di prima linea per la induzione e il man-tenimento della remissione della CU. Benché l’azione sia topica, una percentuale variabile dall’ 1 al 30% della dose assunta per os è assorbita rapidamente dal tenue prossimale e può causare reazioni avverse tra cui pancreati-ti, allergie, esacerbazione della CU e nefrotossicità.

Fig. 1 Scintigrafia renale

• Nei pazienti in terapia con 5-ASA è importante monitorare la funzione renale attraverso la valutazione della

creatinina sierica e della clearance della creatinina e in caso di alterazione di questi parametri si deve

interrompere prontamente la terapia con 5-ASA per evitare l’instaurarsi di un danno renale irreversibile

• Qualora la semplice sospensione della terapia non esiti in ripristino della funzione renale può essere utile un ciclo

con alte dosi di steroidi (60 mg/die o 1mg/Kg per più di 3 mesi)

• Molti autori sono d’accordo su un controllo frequente della funzionalità renale tramite la valutazione della

creatinina sierica nel primo anno di trattamento con 5-ASA per poi ridurre la frequenza di tali controlli, ma

attualmente non ci sono linee guida riguardanti il monitoraggio della creatinina in questi pazienti

• Ragionevolmente possiamo controllare la creatinina sierica ogni mese durante i primi 3 mesi dall’inizio della

terapia con 5-ASA e successivamente possiamo controllare la creatinina trimestralmente fino al completamento

del primo anno dall’inizio della terapia

• Un aumento della frequenza dei controlli è auspicabile in pazienti che fanno uso di steroidi che potrebbero

mascherare l’insorgenza di un danno renale iatrogeno da 5-ASA

• È consigliabile limitare l’utilizzo di 5-ASA in pazienti che abbiano patologie renali note o patologie a rischio di

danno renale come diabete mellito e ipertensione

BIBLIOGRAFIA

1. Patel H, Barr A, Jeejeebhoy KN. Renal effects of long term treatment with 5-aminosalicylic acid. Can J Gastroenterol 2009 Mar;23(3):170-6.

2. Gisbert JP, González-Lama Y, Maté J. 5-Aminosalicylates and renal function in inflammatory bowel disease: a systematic review. Inflamm Bowel Dis. 2007 May;13(5):629-38.

Key Points

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a cura di

FiLiPPO TOrrONi

E GiOVaNNi di N

ardO

Endoscopy

Learning Library Esofagite eosinofila: attualità nell’imaging con I-scan, endomicroscopia confocale ed ecoendoscopia AlessAndro ZAmbelli, elisAbettA buscArini, Federico de GrAZiA e tiZiAnA GuAdAGniniU.O. Di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, A.O. Ospedale Maggiore di Crema (CR)

Eosinophilic Esophagitis (EOE) is a disease of the esophagus antigen-immuno-mediated.Endoscopy can diagnose EOE in the presence of endoscopic signs suggestive but not pathognomonic of the EOE.In order to assess the impact of new imaging techniques for the endoscopic diagnosis of EOE we examined a pt. with known diagnosis of EOE with high definition and virtual chromoendoscopy (Pentax), with Confocal

Endomicroscopy (Pentax) and Endosonography (Olympus).

L’Esofagite Eosinofila (EOE) è una malattia dell’esofago anti-gene-immuno mediata caratterizzata clinicamente da sinto-mi correlati alla disfunzione esofagea ed istologicamente da una infiammazione a predominanza eosinofila (1). Si presen-ta con una probabile incidenza di 1:10.000 casi anno con una predominanza nel sesso maschile (3/1) ad una età media di 10,5 +/- 5,4 anni (2).

Non è stato identificato nessun quadro clinico patognomo-nico: la malattia è caratterizzata da sintomi di disfunzione esofagea (che includono disfagia ed impatto di bolo ali-mentare nell’adulto ed intolleranze alimentari e MRGE nel bambino) e da almeno 15 eosinofili /HPF (High Power Field) all’istologia dell’esofago escludendo altre patologie associa-te a quadri clinici, endoscopici e istologici simili, in particolar modo la MRGE (3).

Le complicanze della EOE comprendono: impatto di bolo alimentare (30-55%), stenosi esofagee prossimali e distali (11-31% negli adulti), esofago di piccolo calibro (10%) oltre a perforazioni spontanee (14 casi segnalati) (4,5,6).Appare evidente il ruolo centrale della endoscopia che con-sente di porre il sospetto della malattia in presenza di segni endoscopici suggestivi anche se non patognomonici della EOE; di eseguire biopsie duodenali, gastriche ed esofagee per ottenere i campioni che permettono la diagnosi istolo-gica; di trattare le complicanze.

Fig. 1 Placche biancastreEndoscopia ad alta definizione

Fig. 2 Corrugamenti mucosiEndoscopia ad alta definizione

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Endoscopy Learning Library

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Segni endoscopici suggestivi di EOE nell’adulto [a](7) e nel bambino [b](8):1) linee verticali della mucosa, corrugamenti verticali (a: 80%; b: 41%)2) anelli esofagei - corrugamenti (a: 64%; b: 12%)3) puntinatura biancastra (a: 16%; b: 15%)4) esofago di calibro ridotto (a: 28%; b: 28%)5) stenosi (a: 12%; b: 28%)6) reperto normale (b: 32%)7) ulcerazioni (da fragilità mucosa)Al fine di valutare l’impatto di nuove metodiche di imaging sulla diagnostica endoscopica dell’EOE

Fig. 3 Microcellularità - Endomicroscopia confocale Fig. 4 Ispessimento della parete esofagea - Ecoendoscopia

si è esaminato un paziente con diagnosi nota di EOE con endoscopio ad alta definizione e cromoen-doscopia virtuale (Pentax), con endomicroscopia confocale (Pentax) e con ecoendoscopia (Olympus). Pentax HD I-line elabora un segnale di video-output ad alta definizione ottenendo una risoluzione di immagine endoscopica 3 volte superiore all’endoscopio standard ed è dotato della funzione i-scan che combina 3 modalità di Enhancement dell’immagine acquisita (SE Surface Enhancement, CE Con-trast Enhancement, TE Tone Enhancement) favorisce pertanto una migliore visione della vascolarizza-zione, del pattern e dell’architettura della mucosa e consente di mettere in maggiore evidenza tutti i segni endoscopici suggestivi di EOE . Nel filmato proposto, in paziente affetto da EoE già diagnosticata, in sedazione profonda si esegue una prima valutazione (I-scan off ) con cui si osservano anelli esofagei, puntinatura biancastra e, meno evi-denti, corrugamenti lineari; una successiva valutazione con regolazione I-scan 1 in cui si evidenziano maggiormente i corrugamenti verticali, seguita da altre con I-scan 2 e 3 che evidenziano maggiormen-te gli elementi endoscopici più tipici quindi due combinazioni differenti di settaggio di I-scan che non sembra comportino ulteriore miglioramento nella visione. Si riesamina poi lo stesso paziente con endoscopio confocale (visione endoscopica non ad alta defini-zione) dotato della possibilità di esame istologico in-vivo con ingrandimenti circa 1000X. Le immagini ottenute dall’endomicroscopia confocale vengono confrontate con le immagini istologi-che documentandone la perfetta corrispondenza.Infine si valuta il paziente con ecoendoscopia.

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Esofagite eosinofila: attualità nell’imaging con I-scan, endomicroscopia confocale ed ecoendoscopia

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1. Liacouras CA, Furuta GT, Hirano I et al. Eosinophilic esophagitis: updated consensus reccomendations for children and adults. J Allergy Clin Immun 2011 in press.

2. Noel RJ, Putnam PE, Rothemberg ME et al. Eosinophi-lic Esophagitis NEJM 2004;351:940-1.

3. Shah A, Kagalwalla AF, Gonsalves N et al. Variability in children with eosinophilic esophagitis Am J Gastroente-rol 2009;104:716-21.

4. Straumann A, Bussmann C, Zuber M et al. Eosinophi-lic esophagitis: analysis of food impaction and perfora-tion in 251 adolescent Clin Gastroenterol Hepatol 2008;6:598-600.

5. Cohen MS, Kaufman AB, Palazzo JP et al. An audit of endoscopic complications in adult eosinophilic esophagitis Clin Gastroenterol Hepatol 2007;5:1149-53.

6. Riou PJ, Nicholson AG, Pastorino U. Esophageal rupture in a patient with idiopatic eosinophilic esophagi-tis. Ann Thorac Surg 1996;62:1854-6.

7. Remedios M, Campbell C, Jones D et al. Eosinophilic esophagitis in adults: clinical endoscopic, histologic findings and response to treatment with Fluticasone Propionate. Gastrointest Endosc 2006;63:3-12.

8. Liacouras CA, Spergel JM, Ruchelli E. Eosinophilic esophagitis: a 10 years experience in 381 children. Clin Gastroenterol Hepatol 2005;3:1198-1206.

9. Schoepfer AM, Gonsalves N, Bussmann C et al Esophageal dilation in eosinophilic esophagitis: effectiveness, safety and impact on the underlying inflammation. Am J Gastroenterol 2010;105:1062-1070.

10. Fox VL, Nurko S, Teitelbaum JE. High-resolution EUS in children with eosinophilic “allergic” esophagitis. Gastrointest Endosc 2003;7:30-6.

11. Neumann H, Vieth M, Atreya R et al. Description of eosinophilic esophagitis using confocal laser endomicro-scopy. Endoscopy 2011;43:E66.

BIBLIOGRAFIA

Il Video disponibile on line documenta:

• che l’endoscopia ad alta definizione e risoluzione permette di evidenziare in modo significativo i markers

endoscopici di esofagite eosinofila

• che l’endomicroscopia confocale è in grado di rivelare la dilatazione degli spazi intercellulari, l’ectasia

capillare, la presenza di piccole cellule negli spazi intercellulari suggestive per eosinofili e un moderato

edema mucoso (11). Quadro istologico probabilmente patognomonico ma che necessita di conferma

essendo l’endomicroscopia confocale una metodica non ancora universalmente validata

• che l’ecoendoscopia può valutare solo caratteri aspecifici seppure significativi quali l’aumento

dello spessore globale delle pareti esofagee, l’ispessimento della mucosa e della sottomucosa

con il minimo ispessimento della muscolare propria e la normalità della muscolatura liscia circolare (10)

Per vedere il video accedere al portale www.sigenp.org, entrare nell’area editoria > Giornale siGenP 2011 > Volume iii - n.2 luglio 2011

e selezionare la Rubrica con al suo interno il video di vostro interesse

Key Points

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. LUCEN 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ogni bustina contiene: 10 mg di esomeprazolo (come magnesio triidrato). Eccipienti: saccarosio 6,8 mg e glucosio 2,8 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. Granuli fini giallo pallido. Possono essere visibili granuli bruni. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Lucen sospensione orale è principalmente indicato per il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) nei bambini da 1 a 11 anni di età. Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente; - trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Lucen sospensione orale, può essere usato anche nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse gastroresistenti dispersibili di Lucen. Per le indicazioni nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Per la dose da 10 mg, svuotare il contenuto di una bustina da 10 mg in un bicchiere contenente 15 ml di acqua. Per la dose da 20 mg, svuotare il contenuto di due bustine da 10 mg in un bicchiere contenente 30 ml di acqua. Non usare acqua gasata. Mescolare il contenuto fino ad ottenere la dispersione del granulato e lasciare addensare per alcuni minuti. Mescolare di nuovo e bere il contenuto entro 30 minuti. I granuli non devono essere masticati o frantumati. Sciacquare il bicchiere con 15 ml di acqua per assumere tutti i granuli. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: vedere paragrafo 6.6 per la preparazione e le istruzioni per la somministrazione. Bambini da 1 a 11 anni di età con peso corporeo ≥ 10 kg Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - Trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente Peso ≥ 10 - <20 kg: 10 mg una volta al giorno per 8 settimane. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg una volta al giorno per 8 settimane. - Trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) 10 mg una volta al giorno fino ad 8 settimane. Dosi superiori a 1 mg/kg/die non sono state studiate. Adulti ed adolescenti dai 12 anni di età Per la posologia nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. Bambini al di sotto di 1 anno di età o < 10 kg Lucen non deve essere impiegato nei bambini al di sotto dell’anno di vita o nei bambini con peso < 10 kg in quanto non sono disponibili dati. Pazienti con funzionalità renale ridotta Nei pazienti con ridotta funzionalità renale non sono necessari adattamenti di dosaggio. In considerazione della limitata esperienza clinica, i pazienti con grave insufficienza renale devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 5.2). Pazienti con funzionalità epatica ridotta Nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata non è richiesto un adattamento della dose. Nei pazienti di età ≥ 12 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg di Lucen. Nei bambini di 1-11 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 10 mg (vedere paragrafo 5.2). 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità nota verso l’esomeprazolo, verso i sostituti benzimidazolici o verso qualunque altro componente della formulazione. L’esomeprazolo non deve essere usato in concomitanza con nelfinavir (vedere paragrafo 4.5). 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. In presenza di qualsiasi sintomo allarmante (per esempio significativa perdita di peso non intenzionale, vomito ricorrente, disfagia, ematemesi o melena) e quando si sospetta o è confermata la presenza di un’ulcera gastrica, la natura maligna dell’ulcera deve essere esclusa in quanto la terapia con Lucen potrebbe alleviare i sintomi e ritardare la diagnosi. Pazienti trattati per un lungo periodo (in particolare quelli sottoposti a trattamento per più di un anno) devono essere controllati regolarmente. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). I pazienti in regime terapeutico di trattamento al bisogno devono essere istruiti a contattare il loro medico qualora i sintomi avvertiti dovessero assumere un carattere diverso. Il trattamento al bisogno non è stato studiato nei bambini e quindi non è indicato in questo gruppo di pazienti. Nei pazienti che seguono questo regime terapeutico devono essere tenute in considerazione le implicazioni dovute alle fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche dell’esomeprazolo per le interazioni con altri farmaci (vedere paragrafo 4.5). La specialità medicinale contiene saccarosio e glucosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio, da malassorbimento di glucosio-galattosio, o da insufficienza di sucrasi isomaltasi, non devono assumere questo medicinale. La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione di atazanavir con un inibitore di pompa protonica è inevitabile, si raccomanda uno stretto monitoraggio clinico in associazione ad un aumento della dose di atazanavir a 400 mg con 100 mg di ritonavir; la dose di esomeprazolo non deve superare i 20 mg. L’esomeprazolo è un inibitore del CYP2C19. All’inizio o alla fine del trattamento con esomeprazolo deve essere considerata la potenziale interazione con farmaci metabolizzati dal CYP2C19. È stata osservata un’interazione tra clopidogrel e omeprazolo (vedere paragrafo 4.5). La rilevanza clinica di questa interazione è incerta. A titolo precauzionale, deve essere scoraggiato l’uso concomitante di esomeprazolo e clopidogrel. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Influenza dell’esomeprazolo sulla farmacocinetica di altri farmaci. Prodotti medicinali con assorbimento dipendente dal pH La ridotta acidità intragastrica correlata al trattamento con esomeprazolo può aumentare o diminuire l’assorbimento di alcuni farmaci, se il loro meccanismo di assorbimento è influenzato dall’acidità gastrica. Come osservato per altri inibitori della secrezione acida o antiacidi, l’assorbimento di ketoconazolo e itraconazolo può diminuire durante il trattamento con esomeprazolo. Sono state segnalate interazioni tra omeprazolo e alcuni inibitori della proteasi. La rilevanza clinica e i meccanismi di tali interazioni non sono sempre noti. Un aumento del pH gastrico durante il trattamento con omeprazolo può modificare l’assorbimento degli inibitori della proteasi. Altri possibili meccanismi di interazione avvengono attraverso inibizione del CYP2C19. È stata segnalata una diminuzione dei livelli sierici di atazanavir e nelfinavir quando somministrati con omeprazolo e pertanto la somministrazione concomitante non è raccomandata. La somministrazione concomitante di omeprazolo (40 mg/die) con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg nei volontari sani determina una sostanziale riduzione dell’esposizione ad atazanavir (una diminuzione di circa il 75% dell’AUC, Cmax e Cmin). Un aumento della dose di atazanavir a 400 mg non compensa l’impatto dell’omeprazolo sull’esposizione ad atazanavir. La co-somministrazione di omeprazolo (20mg/die) atazanavir 400 mg/ritonavir 100 mg in volontari sani è risultata in una diminuzione di circa il 30% nell’esposizione ad atazanavir rispetto all’esposizione osservata con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg/die senza omeprazolo 20 mg/die. La co-somministrazione di omeprazolo (40 mg/die) ha ridotto l’AUC, la Cmax e la Cmin medi di nelfinavir del 36–39% e l’AUC, la Cmax e la Cmin medi del metabolita farmacologicamente attivo M8 del 75–92%. Sono stati segnalati aumentati livelli sierici (80-100%) di saquinavir (in co-somministrazione con ritonavir) durante il trattamento concomitante con omeprazolo (40 mg/die). Il trattamento con omeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di darunavir (in co-somministrazione con ritonavir) e amprenavir (in co-somministrazione con ritonavir). Il trattamento con esomeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di amprenavir (con e senza co-somministrazione di ritonavir). Il trattamento con omeprazolo 40 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di lopinavir (in co-somministrazione con ritonavir). La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata e la co-somministrazione di esomeprazolo e nelfinavir è controindicata a causa degli effetti farmacodinamici e delle proprietà farmacocinetiche simili di omeprazolo ed esomeprazolo. Farmaci metabolizzati dal CYP2C19 L’esomeprazolo inibisce il suo principale enzima metabolizzante, il CYP2C19. Quando l’esomeprazolo è associato ad altri farmaci metabolizzati attraverso il CYP2C19, come diazepam, citalopram, imipramina, clomipramina, fenitoina, ecc., le concentrazioni plasmatiche di questi farmaci potrebbero essere aumentate e potrebbe rendersi necessaria una riduzione delle dosi. Ciò va tenuto in particolare considerazione quando l’esomeprazolo viene prescritto al bisogno. La somministrazione concomitante di esomeprazolo 30 mg promuove una riduzione del 45% della clearance del diazepam, substrato del CYP2C19. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo promuove nei pazienti epilettici un innalzamento dei livelli plasmatici minimi della fenitoina del 13%. Si raccomanda di monitorare le concentrazioni plasmatiche della fenitoina quando si inizia o si sospende il trattamento con esomeprazolo. L’omeprazolo (40 mg/die) aumenta la Cmax e l’AUCt del voriconazolo (substrato del CYP2C19) rispettivamente del 15% e del 41%. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo a pazienti in trattamento con warfarin ha evidenziato, in uno studio clinico, che i tempi di coagulazione rimanevano entro un intervallo di normalità. Tuttavia, dopo la commercializzazione del prodotto, durante il trattamento concomitante, sono stati segnalati alcuni casi isolati di innalzamento dei valori di INR di rilevanza clinica. Si raccomanda il monitoraggio del pazienteall’inizio ed al termine del trattamento concomitante con esomeprazolo durante la terapia con warfarin o altri derivati cumarinici. Nei volontari sani, la somministrazione concomitante di esomeprazolo 40 mg e cisapride promuove un innalzamento del 32% dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo (AUC) e un prolungamento del 31% dell’emivita di eliminazione (t½), ma non un aumento significativo dei picchi di concentrazione plasmatica della cisapride. Il lieve prolungamento dell’intervallo QTc osservato dopo somministrazione della cisapride da sola non è ulteriormente allungato in seguito all’ associazione di cisapride ed esomeprazolo. È stato dimostrato che l’esomeprazolo non ha effetti clinici rilevanti sulla farmacocinetica di amoxicillina e chinidina. Non sono state evidenziate interazioni farmacocinetiche clinicamente rilevanti negli studi a breve termine in cui è stata valutata la somministrazione concomitante di esomeprazolo con naprossene o con rofecoxib.

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO10mg

rcp lucen 10mg.indd 1 19/04/11 16.02

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. LUCEN 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ogni bustina contiene: 10 mg di esomeprazolo (come magnesio triidrato). Eccipienti: saccarosio 6,8 mg e glucosio 2,8 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. Granuli fini giallo pallido. Possono essere visibili granuli bruni. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Lucen sospensione orale è principalmente indicato per il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) nei bambini da 1 a 11 anni di età. Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente; - trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Lucen sospensione orale, può essere usato anche nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse gastroresistenti dispersibili di Lucen. Per le indicazioni nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Per la dose da 10 mg, svuotare il contenuto di una bustina da 10 mg in un bicchiere contenente 15 ml di acqua. Per la dose da 20 mg, svuotare il contenuto di due bustine da 10 mg in un bicchiere contenente 30 ml di acqua. Non usare acqua gasata. Mescolare il contenuto fino ad ottenere la dispersione del granulato e lasciare addensare per alcuni minuti. Mescolare di nuovo e bere il contenuto entro 30 minuti. I granuli non devono essere masticati o frantumati. Sciacquare il bicchiere con 15 ml di acqua per assumere tutti i granuli. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: vedere paragrafo 6.6 per la preparazione e le istruzioni per la somministrazione. Bambini da 1 a 11 anni di età con peso corporeo ≥ 10 kg Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - Trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente Peso ≥ 10 - <20 kg: 10 mg una volta al giorno per 8 settimane. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg una volta al giorno per 8 settimane. - Trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) 10 mg una volta al giorno fino ad 8 settimane. Dosi superiori a 1 mg/kg/die non sono state studiate. Adulti ed adolescenti dai 12 anni di età Per la posologia nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. Bambini al di sotto di 1 anno di età o < 10 kg Lucen non deve essere impiegato nei bambini al di sotto dell’anno di vita o nei bambini con peso < 10 kg in quanto non sono disponibili dati. Pazienti con funzionalità renale ridotta Nei pazienti con ridotta funzionalità renale non sono necessari adattamenti di dosaggio. In considerazione della limitata esperienza clinica, i pazienti con grave insufficienza renale devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 5.2). Pazienti con funzionalità epatica ridotta Nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata non è richiesto un adattamento della dose. Nei pazienti di età ≥ 12 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg di Lucen. Nei bambini di 1-11 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 10 mg (vedere paragrafo 5.2). 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità nota verso l’esomeprazolo, verso i sostituti benzimidazolici o verso qualunque altro componente della formulazione. L’esomeprazolo non deve essere usato in concomitanza con nelfinavir (vedere paragrafo 4.5). 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. In presenza di qualsiasi sintomo allarmante (per esempio significativa perdita di peso non intenzionale, vomito ricorrente, disfagia, ematemesi o melena) e quando si sospetta o è confermata la presenza di un’ulcera gastrica, la natura maligna dell’ulcera deve essere esclusa in quanto la terapia con Lucen potrebbe alleviare i sintomi e ritardare la diagnosi. Pazienti trattati per un lungo periodo (in particolare quelli sottoposti a trattamento per più di un anno) devono essere controllati regolarmente. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). I pazienti in regime terapeutico di trattamento al bisogno devono essere istruiti a contattare il loro medico qualora i sintomi avvertiti dovessero assumere un carattere diverso. Il trattamento al bisogno non è stato studiato nei bambini e quindi non è indicato in questo gruppo di pazienti. Nei pazienti che seguono questo regime terapeutico devono essere tenute in considerazione le implicazioni dovute alle fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche dell’esomeprazolo per le interazioni con altri farmaci (vedere paragrafo 4.5). La specialità medicinale contiene saccarosio e glucosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio, da malassorbimento di glucosio-galattosio, o da insufficienza di sucrasi isomaltasi, non devono assumere questo medicinale. La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione di atazanavir con un inibitore di pompa protonica è inevitabile, si raccomanda uno stretto monitoraggio clinico in associazione ad un aumento della dose di atazanavir a 400 mg con 100 mg di ritonavir; la dose di esomeprazolo non deve superare i 20 mg. L’esomeprazolo è un inibitore del CYP2C19. All’inizio o alla fine del trattamento con esomeprazolo deve essere considerata la potenziale interazione con farmaci metabolizzati dal CYP2C19. È stata osservata un’interazione tra clopidogrel e omeprazolo (vedere paragrafo 4.5). La rilevanza clinica di questa interazione è incerta. A titolo precauzionale, deve essere scoraggiato l’uso concomitante di esomeprazolo e clopidogrel. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Influenza dell’esomeprazolo sulla farmacocinetica di altri farmaci. Prodotti medicinali con assorbimento dipendente dal pH La ridotta acidità intragastrica correlata al trattamento con esomeprazolo può aumentare o diminuire l’assorbimento di alcuni farmaci, se il loro meccanismo di assorbimento è influenzato dall’acidità gastrica. Come osservato per altri inibitori della secrezione acida o antiacidi, l’assorbimento di ketoconazolo e itraconazolo può diminuire durante il trattamento con esomeprazolo. Sono state segnalate interazioni tra omeprazolo e alcuni inibitori della proteasi. La rilevanza clinica e i meccanismi di tali interazioni non sono sempre noti. Un aumento del pH gastrico durante il trattamento con omeprazolo può modificare l’assorbimento degli inibitori della proteasi. Altri possibili meccanismi di interazione avvengono attraverso inibizione del CYP2C19. È stata segnalata una diminuzione dei livelli sierici di atazanavir e nelfinavir quando somministrati con omeprazolo e pertanto la somministrazione concomitante non è raccomandata. La somministrazione concomitante di omeprazolo (40 mg/die) con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg nei volontari sani determina una sostanziale riduzione dell’esposizione ad atazanavir (una diminuzione di circa il 75% dell’AUC, Cmax e Cmin). Un aumento della dose di atazanavir a 400 mg non compensa l’impatto dell’omeprazolo sull’esposizione ad atazanavir. La co-somministrazione di omeprazolo (20mg/die) atazanavir 400 mg/ritonavir 100 mg in volontari sani è risultata in una diminuzione di circa il 30% nell’esposizione ad atazanavir rispetto all’esposizione osservata con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg/die senza omeprazolo 20 mg/die. La co-somministrazione di omeprazolo (40 mg/die) ha ridotto l’AUC, la Cmax e la Cmin medi di nelfinavir del 36–39% e l’AUC, la Cmax e la Cmin medi del metabolita farmacologicamente attivo M8 del 75–92%. Sono stati segnalati aumentati livelli sierici (80-100%) di saquinavir (in co-somministrazione con ritonavir) durante il trattamento concomitante con omeprazolo (40 mg/die). Il trattamento con omeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di darunavir (in co-somministrazione con ritonavir) e amprenavir (in co-somministrazione con ritonavir). Il trattamento con esomeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di amprenavir (con e senza co-somministrazione di ritonavir). Il trattamento con omeprazolo 40 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di lopinavir (in co-somministrazione con ritonavir). La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata e la co-somministrazione di esomeprazolo e nelfinavir è controindicata a causa degli effetti farmacodinamici e delle proprietà farmacocinetiche simili di omeprazolo ed esomeprazolo. Farmaci metabolizzati dal CYP2C19 L’esomeprazolo inibisce il suo principale enzima metabolizzante, il CYP2C19. Quando l’esomeprazolo è associato ad altri farmaci metabolizzati attraverso il CYP2C19, come diazepam, citalopram, imipramina, clomipramina, fenitoina, ecc., le concentrazioni plasmatiche di questi farmaci potrebbero essere aumentate e potrebbe rendersi necessaria una riduzione delle dosi. Ciò va tenuto in particolare considerazione quando l’esomeprazolo viene prescritto al bisogno. La somministrazione concomitante di esomeprazolo 30 mg promuove una riduzione del 45% della clearance del diazepam, substrato del CYP2C19. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo promuove nei pazienti epilettici un innalzamento dei livelli plasmatici minimi della fenitoina del 13%. Si raccomanda di monitorare le concentrazioni plasmatiche della fenitoina quando si inizia o si sospende il trattamento con esomeprazolo. L’omeprazolo (40 mg/die) aumenta la Cmax e l’AUCt del voriconazolo (substrato del CYP2C19) rispettivamente del 15% e del 41%. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo a pazienti in trattamento con warfarin ha evidenziato, in uno studio clinico, che i tempi di coagulazione rimanevano entro un intervallo di normalità. Tuttavia, dopo la commercializzazione del prodotto, durante il trattamento concomitante, sono stati segnalati alcuni casi isolati di innalzamento dei valori di INR di rilevanza clinica. Si raccomanda il monitoraggio del pazienteall’inizio ed al termine del trattamento concomitante con esomeprazolo durante la terapia con warfarin o altri derivati cumarinici. Nei volontari sani, la somministrazione concomitante di esomeprazolo 40 mg e cisapride promuove un innalzamento del 32% dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo (AUC) e un prolungamento del 31% dell’emivita di eliminazione (t½), ma non un aumento significativo dei picchi di concentrazione plasmatica della cisapride. Il lieve prolungamento dell’intervallo QTc osservato dopo somministrazione della cisapride da sola non è ulteriormente allungato in seguito all’ associazione di cisapride ed esomeprazolo. È stato dimostrato che l’esomeprazolo non ha effetti clinici rilevanti sulla farmacocinetica di amoxicillina e chinidina. Non sono state evidenziate interazioni farmacocinetiche clinicamente rilevanti negli studi a breve termine in cui è stata valutata la somministrazione concomitante di esomeprazolo con naprossene o con rofecoxib.

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO10mg

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In uno studio clinico cross-over, clopidogrel (dose di carico 300 mg seguita da 75 mg/die) è stato somministrato per 5 giorni in monoterapia e con omeprazolo (80 mg somministrati insieme a clopidogrel). L’esposizione al metabolita attivo di clopidogrel è diminuita del 46% (giorno 1) e del 42% (giorno 5) quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati. Quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati si è avuta una diminuzione del 47% (24 ore) e del 30% (giorno 5) dell’inibizione media dell’aggregazione piastrinica (IPA). In un altro studio è stato dimostrato che la somministrazione di clopidogrel e omeprazolo in tempi differenti non previene la loro interazione, che sembra guidata dall’azione inibitrice dell’omeprazolo sul CYP2C19. Sono stati segnalati dati non univoci, provenienti da studi osservazionali e clinici, sulle implicazioni cliniche di questa interazione farmacocinetica/farmacodinamica in termini di eventi cardiovascolari maggiori. Influenza di altri farmaci sulla farmacocinetica dell’esomeprazolo L’esomeprazolo è metabolizzato attraverso il CYP2C19 e il CYP3A4. Il trattamento concomitante con esomeprazolo e un inibitore del CYP3A4, claritromicina (500 mg b.i.d.) promuove un raddoppio dell’esposizione (AUC) all’esomeprazolo. La somministrazione concomitante di esomeprazolo ed un inibitore combinato del CYP2C19 e del CYP3A4 può portare ad un’esposizione di esomeprazolo più che raddoppiata. Il voriconazolo, inibitore del CYP2C19 e del CYP3A4, innalza l’AUCt dell’omeprazolo del 280%. Un adattamento della dose di esomeprazolo non è regolarmente richiesto in entrambe le sopra menzionate situazioni, tuttavia, deve essere preso in considerazione nei pazienti con compromissione epatica grave e nei casi in cui è indicato un trattamento a lungo termine. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). 4.6. Gravidanza e allattamento. Per Lucen i dati clinici sull’esposizione in gravidanza sono insufficienti. Con l’omeprazolo, miscela racemica, non sono state osservate malformazioni o effetti fetotossici negli studi epidemiologici condotti su un vasto numero di donne in gravidanza. Studi condotti negli animali con esomeprazolo non indicano effetti dannosi diretti o indiretti a carico dello sviluppo embriofetale. Studi condotti negli animali con la miscela racemica non indicano effetti dannosi diretti o indiretti sulla gravidanza, parto o sviluppo postnatale. La prescrizione del farmaco a donne in gravidanza deve avvenire con cautela. Non è noto se l’esomeprazolo venga escreto nel latte materno. Non sono stati condotti studi nelle donne che allattano, pertanto Lucen non deve essere usato durante l’allattamento. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non è stato osservato nessun effetto. 4.8. Effetti indesiderati. Le seguenti reazioni avverse sono state identificate sospettate durante gli studi clinici condotti con l’esomeprazolo e dopo la commercializzazione. Nessuna di queste è risultata dose-correlata. Le reazioni sono state classificate in base alla frequenza: molto comune > 1/10; comune >1/100, <1/10; non comune ≥1/1000, <1/100; raro ≥1/10.000, <1/1000; molto raro < 1/10.000; non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Rare: malessere, aumentata sudorazione. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Rare: broncospasmo. Patologie del sistema emolinfopoietico Rare: leucopenia, trombocitopenia. Molto rare: agranulocitosi, pancitopenia. Patologie del sistema nervoso Comuni: cefalea. Non comuni: capogiri, parestesia, sonnolenza. Rare: disturbi del gusto. Disturbi del sistema immunitario Rare: reazioni di ipersensibilità quali ad esempio febbre, angioedema e reazione/shock anafilattico. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comuni: dermatite, prurito, eruzione cutanea, orticaria. Rare: alopecia, fotosensibilità. Molto rare: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica (TEN). Patologie epatobiliari Non comuni: innalzamento dei valori degli enzimi epatici. Rare: epatiti con o senza ittero. Molto rare: insufficienza epatica, encefalopatia nei pazienti con malattia epatica preesistente. Patologie gastrointestinali Comuni: dolore addominale, costipazione, diarrea, flatulenza, nausea/vomito. Non comuni: secchezza della bocca. Rare: stomatite, candidosi gastrointestinale. Disturbi del metabolismo e della nutrizione Non comuni: edema periferico. Rare: iponatriemia. Molto rare: ipomagnesiemia. Patologie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo Rare: artralgia, mialgia. Molto rare: debolezza muscolare. Patologie renali e urinarie Molto rare: nefrite interstiziale. Disturbi psichiatrici Non comuni: insonnia. Rare: agitazione, confusione, depressione. Molto rare: aggressività, allucinazioni. Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Molto rare: ginecomastia. Patologie dell’occhio Rare: offuscamento della vista. Patologie dell’orecchio e del labirinto Non comuni: vertigini. 4.9. Sovradosaggio. L’esperienza sul sovradosaggio intenzionale è attualmente molto limitata. Sintomi gastrointestinali e debolezza sono stati descritti in relazione all’assunzione di 280 mg. Dosi singole di 80 mg di esomeprazolo non hanno causato conseguenze. Non è noto un antidoto specifico. L’esomeprazolo è ampiamente legato alle proteine plasmatiche e pertanto non è velocemente dializzabile. Come in tutti i casi di sovradosaggio, il trattamento deve essere sintomatico, adottando misure di supporto generiche. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: inibitori della pompa acida. Codice ATC: A02BC05. L’esomeprazolo è lisomero S dell’omeprazolo e riduce la secrezione acida gastrica mediante un meccanismo di azione specifico e selettivo. L’esomeprazolo è un inibitore specifico della pompa acida a livello della cellula parietale. Entrambi gli isomeri dell’omeprazolo, R e S, hanno attività farmacodinamica simile. Sito e meccanismo di azione L’esomeprazolo è una base debole ed è concentrato e convertito nella forma attiva nell’ambiente fortemente acido dei canalicoli intracellulari della cellula parietale, dove inibisce l’enzima H+K+-ATPasi - pompa acida promuovendo un’inibizione della secrezione acida basale e stimolata. Effetti sulla secrezione acida gastrica Dopo la somministrazione orale di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’effetto sulla secrezione acida si manifesta entro 1 ora. Dopo somministrazioni ripetute con esomeprazolo da 20 mg una volta al giorno per 5 giorni, il picco medio di secrezione acida dopo stimolazione con pentagastrina risulta ridotto del 90% quando valutato 6-7 ore dopo la dose del quinto giorno. Dopo 5 giorni di somministrazione orale con esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, il pH intragastrico viene mantenuto a valori superiori a 4 rispettivamente per un tempo medio di 13 e 17 ore su 24 nei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo sintomatica. La proporzione dei pazienti che mantiene il pH intragastrico a valori superiori a 4 per almeno 8, 12 e 16 ore è rispettivamente pari al 76%, 54% e 24% per l’esomeprazolo da 20 mg, e pari al 97%, 92% e 56% per l’esomeprazolo da 40 mg. È stata dimostrata una correlazione tra l’esposizione al farmaco e l’inibizione della secrezione acida usando l’AUC come parametro surrogato della concentrazione plasmatica. Effetti terapeutici sull’inibizione acida L’esomeprazolo da 40 mg promuove la guarigione dell’esofagite da reflusso in circa il 78% dei pazienti dopo 4 settimane e nel 93% dopo 8 settimane. Altri effetti correlati all’inibizione acida Durante il trattamento con farmaci antisecretori è stato osservato un innalzamento dei livelli sierici di gastrina in risposta alla diminuita secrezione acida. Un aumento del numero delle cellule ECL, possibilmente correlato ad un aumento dei livelli della gastrinemia, è stato osservato in alcuni pazienti durante il trattamento a lungo termine con esomeprazolo. Durante il trattamento a lungo termine con farmaci antisecretori, è stato osservato un aumento della frequenza di comparsa di cisti ghiandolari gastriche che rappresentano la fisiologica conseguenza della pronunciata inibizione della secrezione acida. Dette formazioni sono di natura benigna e appaiono reversibili. Bambini con malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) da 1 a 11 anni di età In uno studio multicentrico a gruppi paralleli, 109 pazienti con MRGE dimostrata endoscopicamente (da 1 a 11 anni di età) sono stati trattati con Lucen una volta al giorno per 8 settimane al fine di valutare la sicurezza e la tollerabilità. Il dosaggio per peso corporeo del paziente era il seguente: Peso < 20 kg: 5 mg o 10 mg di esomeprazolo una volta al giorno. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg di esomeprazolo una volta al giorno. I pazienti sono stati caratterizzati endoscopicamente in base alla presenza o assenza di esofagite erosiva. 53 pazienti avevano al tempo basale esofagite erosiva. Dei 45 pazienti sottoposti a follow-up endoscopico, 43 (93,3%) erano guariti dall’esofagite erosiva durante le 8 settimane di trattamento. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Assorbimento e distribuzione L’esomeprazolo è sensibile all’ambiente acido ed è somministrato per via orale in forma di granuli gastroresistenti. In vivo, la conversione a R-isomero è irrilevante. L’assorbimento dell’esomeprazolo è rapido, con picchi di livelli plasmatici riscontrabili approssimativamente 1-2 ore dopo l’assunzione della dose. La biodisponibilità totale è pari al 64% dopo una singola somministrazione di 40 mg ed arriva all’89% dopo somministrazioni giornaliere ripetute. Per il dosaggio da 20 mg di esomeprazolo i valori corrispondenti sono pari rispettivamente al 50% e al 68%. Il volume di distribuzione apparente allo stato stazionario nei soggetti sani è di circa 0,22 l/kg di peso corporeo. Il 97% di esomeprazolo si lega alle proteine plasmatiche. L’assunzione di cibo ritarda e diminuisce l’assorbimento dell’esomeprazolo, sebbene questo non abbia alcuna significativa influenza sull’effetto dell’esomeprazolo sull’acidità intragastrica. Metabolismo ed eliminazione L’esomeprazolo è metabolizzato completamente dal sistema del citocromo P450 (CYP). La maggior parte del metabolismo dell’esomeprazolo è dipendente dal CYP2C19 polimorficamente espresso, responsabile della formazione di idrossi- e desmetil metaboliti di esomeprazolo. La parte restante dipende da un’altra isoforma specifica, CYP3A4, responsabile della formazione di esomeprazolo sulfonato, che rappresenta il principale metabolita plasmatico. I parametri sotto riportati riflettono principalmente la farmacocinetica negli individui metabolizzatori rapidi, forniti di un enzima CYP2C19 funzionante. La clearance plasmatica totale è pari a circa 17 l/h dopo una singola dose e pari a circa 9 l/h dopo somministrazioni ripetute. L’emivita di eliminazione plasmatica dell’esomeprazolo è di circa 1,3 ore dopo somministrazioni giornaliere ripetute. La farmacocinetica dell’esomeprazolo è stata studiata fino a dosi di 40 mg b.i.d. L’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo aumenta con la somministrazione ripetuta di esomeprazolo. Questo aumento è dose dipendente e porta ad un aumento dell’AUC più che proporzionale alla dose dopo somministrazioni ripetute. Questa dose-dipendenza e tempo-dipendenza sono dovute alla diminuzione dell’effetto di primo passaggio metabolico e della clearance sistemica, probabilmente dovuta all’inibizione dell’enzima CYP2C19 causata dall’esomeprazolo e/o dal suo metabolita sulfonato. Nell’intervallo di tempo tra le somministrazioni, l’esomeprazolo è completamente eliminato dal plasma e non ha tendenza all’accumulo quando somministrato una volta al giorno. I maggiori metaboliti dell’esomeprazolo non hanno effetti sulla secrezione acida. Quasi l’80% di una dose orale di esomeprazolo viene escreto come metaboliti nelle urine, il rimanente si ritrova nelle feci. Meno dell’1% del farmaco di origine si ritrova nelle urine. Popolazione di pazienti particolari Approssimativamente il 2,9±1,5% della popolazione, denominata metabolizzatori lenti, ha una funzionalità insufficiente dell’enzima CYP2C19. In questi individui è probabile che il metabolismo dell’esomeprazolo sia principalmente catalizzato attraverso il CYP3A4. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo era approssimativamente più alta del 100% nei metabolizzatori lenti rispetto ai soggetti con l’enzima CYP2C19 funzionante (rapidi metabolizzatori). Il picco medio di concentrazione plasmatica era aumentato di circa il 60%. Queste osservazioni non hanno implicazioni sulla posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo non è modificato significativamente nei

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soggetti anziani (71-80 anni). Dopo una singola somministrazione di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo è approssimativamente più alta del 30% nelle donne rispetto agli uomini. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute non è stata osservata alcuna differenza tra i sessi. Queste osservazioni non hanno implicazioni per la posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo nei pazienti con disfunzioni epatiche lievi – moderate può essere compromesso. La velocità metabolica è diminuita nei pazienti con gravi disfunzioni epatiche con conseguente raddoppiamento dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo dell’esomeprazolo. Quindi nei pazienti con disfunzione grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg. L’esomeprazolo e i suoi metaboliti principali non mostrano alcuna tendenza all’accumulo quando somministrati una volta al giorno. Non sono stati condotti studi nei pazienti con ridotta funzionalità renale. Poiché il rene è responsabile dell’escrezione dei metaboliti dell’esomeprazolo ma non dell’eliminazione del composto di origine, si ritiene che il metabolismo dell’esomeprazolo non venga modificato nei pazienti con funzionalità renale ridotta. Popolazione pediatrica Adolescenti dai 12 ai 18 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’esposizione totale (AUC) ed il tempo di raggiungimento della massima concentrazione plasmatica del farmaco (tmax) negli adolescenti di 12-18 anni sono risultati simili a quelli osservati negli adulti. Bambini da 1 a 11 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di 10 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) osservata all’interno dell’intervallo di età da 1 a 11 anni è risultata simile, e l’esposizione era simile a quella degli adolescenti e degli adulti trattati con la dose di 20 mg. Dopo somministrazioni ripetute di 20 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) era più elevata nei bambini da 6 a 11 anni rispetto a quella osservata negli adolescenti e negli adulti trattati con la medesima dose. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi preclinici convenzionali di tossicità, genotossicità e tossicità della riproduzione con somministrazioni ripetute non hanno evidenziato particolari rischi per l’uomo. Gli studi di cancerogenesi nei ratti trattati con la miscela racemica hanno evidenziato un’iperplasia delle cellule gastriche ECL e carcinoidi. Tali modificazioni osservate nei ratti sono il risultato di un’elevata e pronunciata ipergastrinemia secondaria all’inibizione acida e sono state osservate nel ratto dopo trattamenti protratti nel tempo con gli inibitori della secrezione acida gastrica. Rispetto a quanto osservato negli animali adulti, non sono stati osservati effetti tossici nuovi o inattesi nei ratti e nei cani giovani in seguito a somministrazione di esomeprazolo per 3 mesi. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Granuli di esomeprazolo: Glicerolo monostearato 40-55, Idrossipropil cellulosa, Ipromellosa, Magnesio stearato, Acido metacrilico etile acrilato copolimero (1:1) dispersione al 30%, Polisorbato 80, Saccarosio sfere (saccarosio e amido di mais), Talco, Trietil citrato. Granuli inerti: Acido citrico anidro (per la regolazione del pH), Crospovidone, Glucosio, Idrossipropil cellulosa, Ferro ossido giallo (E172), Gomma Xantana. 6.2. Incompatibilità. Non pertinente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni. Il prodotto deve essere assunto entro 30 minuti dalla ricostituzione. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Non ci sono istruzioni particolari per la conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Confezione da 28 bustine. Bustine (contenenti granuli) formate da 3 strati: polietilene tereftalato (PET), alluminio, polietilene a bassa densità (LDPE) che protegge i granuli dall’umidità. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: 1) Per somministrare una dose di 10 mg, aggiungere il contenuto di una bustina da 10 mg a 15 ml di acqua. 2) Per somministrare una dose di 20 mg, aggiungere il contenuto di due bustine da 10 mg a 30 ml di acqua. 3) Mescolare. 4) Lasciare addensare per alcuni minuti. 5) Mescolare di nuovo. 6) Prelevare la sospensione con una siringa. 7) Iniettare attraverso il sondino, di diametro pari a 6 French o superiore, nello stomaco entro 30 minuti dalla ricostituzione. 8) Riempire di nuovo la siringa con 15 ml di acqua per la dose da 10 mg e con 30 ml di acqua per la dose da 20 mg. 9) Agitare ed iniettare il contenuto rimasto dal sondino nasogastrico o gastrico nello stomaco. La sospensione non utilizzata deve essere scartata. 7. TITOLARE DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. Via Lungo L’Ema 7 – 50015 Bagno a Ripoli (FI). 8. nuMERO DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Lucen 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, confezione da 28 bustine – AIC: 035367554/M. 9. DAtA DELLA PRIMA AutORIzzAzIOnE/RInnOVO DELL’AutORIzzAzIOnE. Prima autorizzazione: 02 Aprile 2009. Data dell’ultimo rinnovo: 10 Marzo 2010. 10. DAtA DI REVISIOnE DEL tEStO. Febbraio 2011.

CONFEZIONI PREZZO AL PUBBLICO CLASSE NOTA10 mg 28 bustine 18,42* A 48+1

*Prezzo comprensivo delle riduzioni temporanee di cui alle determinazioni AIFA 30 dicembre 2005, 3 luglio 2006 e 27 settembre 2006.

rcp lucen 10mg.indd 3 19/04/11 16.02

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a cura di

salvatore accomando

PedGl snapshots EmatocheziaDonatella Comito Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Messina

BACKGROUNDCon il termine ematochezia identifichiamo una condizione caratterizzata dal passaggio di sangue rosso vivo o scuro dal retto, isolato e/o frammisto a feci e/o muco. Rappresenta un pro-blema comune in età pediatrica e in oltre l’80% dei casi è secondario ad un sanguinamento gastrointestinale (GI) minore e di origine bassa (retto, colon); in alcuni casi esso può determina-re anemizzazione progressiva o acuta ed in base all’entità del sanguinamento (episodi ripetuti di modesta entità nel primo caso, perdite acute e consistenti nel secondo) ed all’età del paziente è possibile avanzare una ipotesi diagnostica. Nel neonato e lattante può essere riconosciuta anche una origine alta (al di sopra del legamento del Treitz) in relazione all’accelerato transito intesti-nale. Possono essere identificate cause mucosali, vascolari o difetti dell’emostasi primaria e se-condaria con un inquadramento variabile in base all’età, frequenza e sede [Tabella 1]. Spesso nel bambino in base alle notizie anamnestiche non appare semplice differenziare l’ematochezia dalla rettorragia. La gestione clinica e l’iter diagnostico si devono correlare ed adeguare all’età del paziente, all’eventuale presenza di sintomi associati ed al sospetto clinico al mo-mento della prima osservazione [Tabella 2,3,4].

Hematochezia is the passage through the rectum of bright or dark red blood

isolated and/or mixed with stool and/or mucus. It’s a common problem in infants and children and in approximately 83% of

cases resulted from minor gastrointestinal bleeding

(GB). Mucosal lesions (anal fissurations, polyps and

colonic inflammation) can be considered the most

frequent causes. Adequate diagnostic work-up is useful

to define indications to investigations. Tab. 1 Diagnosi differenziale in base all’età e frequenza

NEONATO BAMBINO <3 ANNI DI ETÀ BAMBINO >3 ANNI DI ETÀ

PRoBaBili PRoBaBili PRoBaBili

• Ematochezia isolata del neonato

• Ingestione di sangue materno

• APLV• Colite infettiva• Enterocolite necrotizzante

• Fissurazioni anali• Colite infettiva• APLV• Diverticolo di Meckel

• Fissurazioni anali• Colite infettiva• Polipi• Iperplasia linfatica nodulre• IBD

meno PRoBaBili meno PRoBaBili meno PRoBaBili

• Malattia di Hirschprung con enterocolite

• Malrotazione con volvolo• Duplicazione cistica• Malformazione vascolare• Deficit di vitamina K• Emofilia• Porpora trombocitopenica

idiopatica• Uso materno di FANS

• Duplicazione cistica• Malformazione vascolare• Invaginazione

• Porpora di Schonlein-Henoch• Invaginazione• Diverticolo di Meckel• Sindrome emolitico-uremica• Malformazione vascolare• Duplicazione cistica

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PedGl Snapshots

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• L’ematochezia isolata, aspecifica e benigna è la condizione più frequente con una storia naturale che si caratterizza da progressiva e spontanea autolimitazione;

• Nel bambino allattato al seno non vi è indicazione ad indagini strumentali o modifiche dietetiche in assenza di segnali d’allarme (arresto di crescita, vomito);

• L’associazione con sintomatologia acuta (vomito, coliche addominali e febbre) deve indurre ad escludere cause infettive e/o di tipo chirurgico;

• Utile completare l’esame obiettivo con l’ispezione della regione perianale e, se necessario, con un esame digitale rettale.

Tabella 2

Enterocolite,Colite eosinofila

Volvolo

Fissurazioni perianali

Allergia alle PLV

Aspecifica e benigna

++

+

+

EMATOCHEZIA NEL NEONATO E LATTANTE

Diarrea, febbre Dischezia,feci caprine

Striature di sangue e muco nelle feci

+/- rash, wheezing, diarrea, vomito

No sintomi associati,allattamento

maternoVomito, distensione addominale

• In questa fascia d’età la colonscopia è la procedura diagnostica di prima scelta;• L’esame endoscopico permette a) una diagnosi di sede e causa del sanguinamento, b) uno studio della lesione con possibilità

di campionamento bioptico, c) indicazione del trattamento più opportuno (medico, endoscopico, radiologico, chirurgico).

EMATOCHEZIA NEL BAMBINO (> 3 anni d’età) – ADOLESCENTE

Stipsi Anemia Diarrea, febbre, dolori addominali, tenesmo

Lesioni perianali, prolasso rettale Polipo,

diverticolo di Meckel Colite acuta o IBD all’esordio

+ + +

Tabella 3

*Informazioni anamnestiche• Caratteri del SG (entità, isolato, frammisto alle feci, frequenza dell’alvo); • Anamnestico personale o familiare positivo per patologia GI (polipi, IBD?), allergie, epatopatie, disturbi dell’emostasi,

uso di farmaci, infezioni.

TRIAGE EMATOCHEZIA:Anamnesi*

Esame obiettivo completo con ispezione perianale + esame digitale rettale

Tabella 4

Contatto telefonico Valutazione ambulatoriale o domiciliare Pronto soccorso

Cronico-ricorrente

negativa

Acuta

Valutazione clinica

Approfondimento diagnostico

- Pallore- tachicardia- obiettività addominale- Sangue in ampolla rettale

Follow-up

Tabella 2 e 3

BIBLIOGRAFIA

1. Wyllie R, Hyams JS, Kay M. Pediatric Gastrointestinal and Liver Disease. Saunders Elselvier Third Edition 2006.

2. Maayan-Metzger A, Schushan-Eisen I, Kuint J. Management of isolated rectal bleeding in newborn infants: comparison of two time periods. Acta Pædiatrica 2010;99(2): 215-218.

3. Arvola T, Ruuska T, Keranen J et al. Rectal Bleeding in Infancy: clinical, allergological, and microbiological examination. Pediatrics 2006;117;760-768.