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T T T T T eMA eMA eMA eMA eMA Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio Università degli Studi di Napoli “Federico II” 03/08 ISSN 1970-9870 Volume 1 - Numero 3 - ottobre 2008 TeMA è il bollettino trimestrale del Laboratorio Territorio Mobilità e Ambien- te - TeMALab del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. La rivista propone ricerche, sperimentazioni e contributi che affrontano con un approccio unitario i temi dell’urbanistica, della mobilità e dell’ambiente. La rivista si articola in quattro sezioni: ricerche, sperimentazioni, contributi e osservatori. TeMA is the official journal of the TeMA Research Group of the Urban and Regional Planning Department of the University “Federico II”, Naples. The journal seeks to encourage debate about the integration of urban, mobility and environmental planning. The journal is articu- lated into four sections: researches, applications, focuses, reviews. www.tema.unina.it [email protected] Di.Pi.S.T. - Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Piazzale V. Tecchio 80 Napoli http://www.dipist.unina.it TeMALab - Laboratorio Territorio Mobilità e Ambiente Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Piazzale V. Tecchio 80 Napoli http://www.dipist.unina.it/ricerca/temalab.htm TeMA Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 trimestrale del Laboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALab SOFT MOBILIT SOFT MOBILIT SOFT MOBILIT SOFT MOBILIT SOFT MOBILIT Y Y Y Y Y

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TeMA is the official journal of the TeMA Research Group of the Urban and Regional Planning Department of the University Federico II of Naples. The journal seek to encourage debate about the integration of urban and mobility planning. The review is articulated into four sections: researches, applications, focuses, reviews.

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Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

03/08ISSN 1970-9870 Volume 1 - Numero 3 - ottobre 2008

TeMA è il bollettino trimestrale del Laboratorio Territorio Mobilità e Ambien-te - TeMALab del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territoriodell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. La rivista propone ricerche,sperimentazioni e contributi che affrontano con un approccio unitario itemi dell’urbanistica, della mobilità e dell’ambiente. La rivista si articolain quattro sezioni: ricerche, sperimentazioni, contributi e osservatori.

TeMA is the official journal of the TeMA Research Group of the Urbanand Regional Planning Department of the University “Federico II”,Naples. The journal seeks to encourage debate about the integrationof urban, mobility and environmental planning. The journal is articu-lated into four sections: researches, applications, focuses, reviews.

[email protected]

Di.Pi.S.T. - Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”, Piazzale V. Tecchio 80 Napolihttp://www.dipist.unina.it

TeMALab - Laboratorio Territorio Mobilità e AmbienteUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”, Piazzale V. Tecchio 80 Napolihttp://www.dipist.unina.it/ricerca/temalab.htm

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Mobilità dolce e reti pedonali in città1

Adriana Galderisi* e Andrea Ceudech*** Laboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

By referring to the wider strategies set up, starting from the middle ofthe Nineties, by the European cities to promote a sustainable urbanmobility and to the most recent concept of soft mobility, whichgenerally includes pedestrian and cycling mobility, this contributionspecifically investigates the subject of pedestrian mobility in urbanareas, outlining criteria and methods for the project of networks ofurban public open spaces, such as roads and squares, devoted to anexclusive or prevailing pedestrian use. First of all, the paper focuseson the multiple roles played by roads and squares within the cities:“axes” supporting different mobility flows, including the pedestrianones, and in the meanwhile urban places in which different activities(commercial activities, meeting, and so on) take place. Groundingon that, the main reasons forcing towards an organization of suchspaces as urban networks have been outlined. Then, some guidelinesand methodological elements, both for singling out the pedestriannetworks and for the project of their individual elements taking intoaccount the correspondence between foreseen uses and spatialfeatures of each element, have been provided. Furthermore, thelinks between the pedestrian networks and the main junctions ofother urban mobility networks, as well as between the first ones andthe urban contexts have been stressed. Suggested guidelines andmethodological elements have been applied and tested both onhistorical and suburban areas of the city of Naples; neverthelessthey represent only a first step towards the setting up of a methodfor pedestrian networks organization in urban areas.

L’incentivazione degli spostamenti pedonali e ciclabili,soprattutto nelle aree urbane, rappresenta un’azioneprioritaria per ridurre gli elevati costi ambientali del trasportomotorizzato, cui è ancora oggi prevalentemente affidata ladomanda di spostamento in ambito urbano ed extraurbano.Tale azione costituisce un segmento, sia pur rilevante, di piùampie strategie volte a incentivare la mobilità sostenibile,soprattutto nei contesti urbani.Già alla metà degli anni Novanta, il Documento sottoscrittodalle città europee per promuovere un modello urbanosostenibile, la Carta di Aalborg (1994), individuava tra i principichiave per ri-orientare lo sviluppo urbano, quello di favorireforme di mobilità sostenibile, privilegiando gli spostamenti apiedi, in bicicletta e mediante mezzi pubblici e assegnandopriorità a mezzi di trasporto ecologicamente compatibili.Tra la fine degli anni Novanta e gli inizi del Duemila, numerosesono state le iniziative europee volte a contrastare ladiffusione delle auto in favore di una mobilità urbanasostenibile, attraverso sistemi coordinati di azioni volteall’innovazione dei modi e dei mezzi del trasporto urbano, alpotenziamento del trasporto pubblico, in particolare su ferro,e all’incentivazione degli spostamenti a piedi e in bicicletta(Galderisi 2007). E ancora, nel 2004, in occasione della quartaConferenza Europea delle città sostenibili, sono stati approvatigli Aalborg Commitments che, tra gli impegni strategici delleamministrazioni locali europee, individuano:- la riduzione della necessità del trasporto motorizzato

privato e la promozione di alternative valide e accessibili;- l’incremento della quota di spostamenti effettuati tramite

i mezzi pubblici, a piedi o in bicicletta;- la promozione dei veicoli a basse emissioni;- lo sviluppo di piani di mobilità urbana integrati e sostenibili;- la riduzione dell’impatto del trasporto sull’ambiente e la

salute pubblica.

L’insieme dei Documenti menzionati evidenzia dunque come,a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, si siaprogressivamente affermata in ambito europeo la necessitàdi improntare a criteri di sostenibilità la mobilità urbana,assegnando centralità agli spostamenti pedonali e ciclabili,sempre più diffusamente individuati come forme di “mobilitàdolce” che implicano, cioè, l’impiego esclusivo della capacitàfisica dell’uomo (Ministero dei Trasporti, dei Lavori Pubblici edella Gestione del Territorio del Lussenburgo 2008).Si tratta di un passaggio di non poca rilevanza se si considerache la mobilità pedonale, pur rappresentando una rilevantealiquota della mobilità complessiva nelle aree urbane, non èquasi mai stata considerata un modo di spostamento dotatodi dignità autonoma. Sulla base di un approccio prevalen-temente trasportistico al tema della mobilità, gli spostamentipedonali sono stati a lungo ignorati o considerati quali

La mobilità dolce in ambito urbano

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 7-18

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

Soft Mobility and Pedestrian Netwoksin Urban Areas

** Laboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

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movimenti spontanei che non richiedono una specificaattenzione progettuale: per lungo tempo l’andare a piedinon è stato inteso quale uno dei modi del trasporto, forseperché non implica l’utilizzo di veicoli o perché rappresentaun mezzo così basilare di movimento. Di fatto, però, l’andarea piedi è il mezzo di trasporto più vitale, quello dal qualetutte le attività di una società dipendono. D’altro canto, larilevanza del camminare all’interno del sistema di trasportodi qualsiasi città era già stata segnalata, oltre dieci anni prima,dal Rapporto Buchanan (Ministry of Transport 1963).La scarsa considerazione degli spostamenti pedonali èevidente anche nelle tradizionali indagini relative allasuddivisione per modi di trasporto dell’insieme degli

spostamenti urbani. In esse,infatti, vengono generalmenteconsiderati i soli spostamentieffettuati esclusivamente apiedi, in bicicletta, con il mezzopubblico o con l’auto: glispostamenti brevi o di con-nessione tra diversi modi –chevengono generalmente effet-tuati a piedi– sono quasi sempretralasciati (Litman 2006).Inoltre, la stretta dipendenzadella mobilità dolce dai modi edalle forme di organizzazionedello spazio urbano emerge conchiarezza confrontando i dati

relativi alla diffusione degli spostamenti a piedi o in biciclettanelle città europee, caratterizzate da tessuti storici realizzatiprima della diffusione dell’auto e contraddistinti da elevatedensità residenziali e dalla presenza di molteplici ed eterogeneeattività, e quelli relativi alle città americane, in molti casirealizzate in funzione dello spostamento motorizzato, con bassedensità residenziali ed elevata monofunzionalità delle diversearee urbane.Non a caso, già alla fine degli anni Cinquanta, Lewis Mumfordinvitava a riorganizzare il centro delle città per il movimentopedonale: un’attenta analisi quantitativa evidenziaval’inefficienza del trasporto veicolare privato rispetto altrasporto pubblico e a quello pedonale, invitando a porre il

pedone come elemento centrale delsistema di trasporto in ambito urbano. “Maper riportare il pedone nel quadro ènecessario trattarlo con il rispetto e l’onoreche oggi accordiamo solamente all’automo-bile”. E non sfuggiva a Mumford la necessità,per rilanciare la pedonalità, di ripensarel’organizzazione complessiva della città:“(…) se vogliamo rendere attraenti lepasseggiate, non dobbiamo limitarci afornirle di alberi e di larghi marciapiedi, dipanchine o di aiuole fiorite o di caffè (…):dobbiamo anche eliminare la monotonauniformità della divisione in zone (…) chetrasforma vaste aree, troppo disperse perspostarvisi a piedi, in zone specializzate nelcommercio, nell’industria, o esclusivamenteresidenziali. (…) Dove i servizi urbani sonoconcentrati, camminare piace ancora (…).Nulla si potrebbe fare di più per restituirela vita ai nostri sfioriti centri urbani, chereintegrare i pedoni in viali e luoghi piacevoli,progettati per rendere attraente ilpasseggiare” (Mumford 1956).

Il grafico evidenzia l’elevata eterogeneità nella distribuzione degli spostamenti urbani permodalità di trasporto tra paesi europei ed extraeuropei. In particolare, si nota che il

“camminare” presenta scarsissima rilevanza soprattutto in paesi, come gli Stati Uniti e ilCanada, in cui le città sono state realizzate a “misura d’auto”.

La commistione veicoli-pedoni genera condizioni di conflittualità nell’uso delle stradee delle piazze: la crescita del traffico veicolare ha reso sempre più difficile non solo la

coesistenza tra flussi pedonali e veicolari ma anche lo svolgimento delle numeroseattività che, da sempre, sono intimamente connesse all’andare a piedi: dal fare

acquisti, all’incontrarsi, al godere della bellezza di un manufatto o di un paesaggio.

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Sembra dunque chiaro che l’incentivazione della mobilitàpedonale in ambito urbano, intesa quale forma principe dellacosiddetta mobil ità dolce, richiede non soltanto i lriconoscimento dello spostamento pedonale quale modo ditrasporto prioritario all’interno della città ma, soprattutto, ilripensamento e la riorganizzazione dei luoghi urbani che,nella città storica come nelle aree periferiche, sono destinatialla fruizione esclusivamente o prevalentemente pedonale:in particolare, strade e piazze. Questiultimi, infatti, pur non caratterizzandosiquali spazi destinati esclusivamente allafruizione pedonale, costituiscono il luogoper eccellenza degli spostamentipedonali, anche brevi, all’interno dellacittà. È evidente, infatti, che mentrel’esclusività dell’uso pedonale costituisceil fattore distintivo degli spazi apertiurbani a dominante vegetale (parchi,giardini), gli spazi aperti pubblici qualistrade e piazze, anche quando nati comenel caso delle città storiche per un usopedonale e caratterizzati dalla presenzadi attività fortemente connesse a tale uso(attività commerciali, fruizione turistica,ecc.), sono oggi prevalentementecaratterizzati da un uso misto pedone-veicolo o, più in generale, dalla com-presenza di diversi modi di trasporto, tracui quello pedonale.Molto spesso, l’uso misto degenera peròin una condizione di conflittualità: lacoesistenza veicoli-pedoni è divenuta, conla progressiva crescita dei volumi di traffico

veicolare registratasi a partire dall’Ottocento, sempre piùdifficile, anche se il conflitto tra pedoni e veicoli era giàpresente nell’antica Roma: basti ricordare che le primelimitazioni al passaggio dei carri all’interno della città furonoimposte con la Lex Julia Municipalis nel 45 a. C., che vietavala circolazione dei carri all’interno della città dall’alba altramonto, tranne per il trasporto di materiali per lavori pubblicio di risulta da pubbliche demolizioni (Hass-Klau 1990).Nonostante la crescente conflittualità tra modalità dispostamento non sempre compatibili, strade e piazzecontinuano a svolgere ruoli molteplici all’interno della città:tali spazi, infatti, non rappresentano soltanto luoghi atti asupportare lo spostamento ma, anche, luoghi urbani chiamatia soddisfare un’aliquota della complessiva domanda di tempolibero e di aggregazione sociale. Come efficacemente descrittoda Gehl (2003), infatti, tali spazi costituiscono il principalesupporto a diverse tipologie di attività che l’autore distinguein necessarie, opzionali e sociali.Le prime sono quelle che quotidianamente vengono svoltea prescindere dalle condizioni meteorologiche o dalla qualitàdell’ambiente circostante, come l’andare a scuola, il farespesa, l’attendere un pullman, ecc.; le seconde, possonoessere invece favorite o incentivate dalle condizioni dicontesto, caratterizzandosi come attività liberamente scelte,opzionali appunto, come fare una passeggiata o sedersi aleggere o a prendere il sole; la terza tipologia fa inveceriferimento a quelle attività che pure si svolgono negli spazipubblici ma sono essenzialmente volte all’aggregazione

Strade e piazze costituiscono luoghi urbani chiamati nonsoltanto a supportare lo spostamento ma, anche, asoddisfare un’aliquota della complessiva domanda ditempo libero e di aggregazione sociale.

I numerosi interventi di totale o parziale pedonalizzazione di singoli assi viari hannodato esiti eterogenei, in ragione delle condizioni di partenza. In molti casi, larealizzazione di spazi destinati all’uso pedonale non soltanto non ha rappresentatoun efficace incentivo all’andare a piedi ma tali spazi sono stati oggetto di pratiched’uso scarsamente rispondenti alle intenzioni progettuali.

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sociale quali, ad esempio, il giocodei bambini, l ’ incontrarsi, i lconversare, ma anchequell’insieme di contatti passivi trapersone come il potersemplicemente guardare edascoltare gli altri. È evidente chela qualità e l’attrattività di talispazi dipendono dall’intreccio edalla combinazione di questediverse attività: “la vita tra gliedifici non è solo flusso pedonale(…)” ma comprende “l’interospettro di attività” (Gehl 2003).Gli spazi in esame sono quindicertamente destinati alla mobilitàma sono, anzitutto, luoghi urbaniche si prestano ad usi molteplici,dallo spostamento all’incontro, alcommercio e che possonoutilmente concorrere a favorire ilegami sociali ma anche, alcontrario, contribuire adaccrescere il senso di insicurezza,di esclusione all ’ interno delcontesto urbano. In ragione dellacomplessità delle valenze e dei ruoli che tali spazi possonoassumere nei contesti urbani, appare evidente che, al fine dipromuovere la mobilità dolce e, più specificamente, la mobilitàpedonale, sia prioritario guardare ad essi non solo come assidi supporto alla mobilità, compresa quella pedonale ma,soprattutto, quali luoghi urbani, immersi in specifici contesti,e destinati a supportare una pluralità di attività. Ad oggi,infatti, i numerosi interventi volti alla pedonalizzazione disingoli assi viari hanno dato esiti eterogenei, in funzionedelle diverse condizioni di partenza. In molti casi, la lororealizzazione non è riuscita a costituire il punto di innesco diun processo di reale incentivazione dello spostamentopedonale nel contesto urbano o, ancora, gli spazi destinatiall’uso pedonale sono stati spesso oggetto di pratiche d’usoscarsamente rispondenti alle intenzioni iniziali (Gabellini eBonfantini 2005).È sulla base di tali considerazioni che neiparagrafi che seguono verranno delineati criteri guida edelementi di metodo per l’individuazione di reti di spazi apertiurbani destinati alla mobilità pedonale –focalizzando anzituttosulle ragioni che portano a privilegiare un’organizzazione informa di rete di tali spazi, contrapposta alla frequentepedonalizzazione di singoli assi– e per la messa a punto diun progetto d’uso degli elementi costitutivi di tali reti, voltonon soltanto a garantire una migliore coesistenza tra lediverse attività, non solo di spostamento ma anche adaccrescere la rispondenza tra usi previsti e caratteristichespaziali degli elementi della rete.

Dall’individuazione al progetto d’uso delle reti pedonaliin ambito urbano

La necessità di organizzazione in forma di rete degli spaziaperti è ormai largamente condivisa, almeno in riferimento aparticolari categorie di spazi aperti quali le aree verdi che, siapure localizzati in ambiti urbani, presentano una più elevataconnotazione di naturalità.In questi casi è infatti riconosciuto che le caratteristiche diresilienza proprie dei sistemi naturali dipendono essenzialmentedalla “continuità”, dalla non insularizzazione o marginalizzazionedelle singole aree.Ovviamente, quando si affronta il tema degli spazi aperti urbania prevalente fruizione pedonale, quali strade e piazze, laquestione della “rete”, ovvero della continuità tra gli spazi,non si pone con tale evidenza: la rete non è in questi casifunzionale alla sopravvivenza dei singoli elementi anche sepuò certamente costituire un utile elemento per accrescernel’efficacia. Va peraltro sottolineato che già da alcuni anni iltradizionale concetto di rete ecologica, specificamente riferitoalla connessione tra aree naturali, è stato oggetto disignificativi ampliamenti: come sottolineava Gambino (2003),ad esempio, “nei contesti italiani ed europei è difficile pensarea reti di connessione che si limitino a svolgere una funzionepuramente biologica, data la densità di relazioni paesistiche,culturali, sociali ed economiche che hanno storicamentestrutturato il territorio, condizionandone le dinamiche

Già negli anni Sessanta la difficile coesistenza pedoni-veicoli costituiva un tema chiave daaffrontare e risolvere nelle utopie urbane di architetti e urbanisti.

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ecologiche. Di qui il sempre più frequentericorso a concetti più ampi e comprensivi qualequello di “rete ambientale” che evoca lapolifunzionalità di tali reti”.Il concetto di “rete ambientale” a funzionimultiple sembra dunque preludere ad unapproccio unitario –già peraltro praticato inalcune recenti esperienze di pianificazione ascala comunale, come ad esempio nei pianiregolatori di Roma e di Bergamo– agli spaziaperti pubblici in ambito urbano, inclusivi siadegli spazi verdi, a più elevata naturalità, siadegli spazi aperti urbani quali strade e piazze.Questo approccio consente anche diassegnare a ciascun elemento della rete, inrelazione alle specifiche caratteristichedell’elemento e alla sua localizzazione nelcontesto, un ruolo attivo nel miglioramentodella complessiva qualità dell’ambienteurbano. In tal modo, infatti, in linea con iprincipi affermati dalla Carta di Aalborg, gli spazi aperti urbania prevalente fruizione pedonale potranno garantire una piùadeguata risposta alla domanda di luoghi per il tempo liberoe l’aggregazione sociale, incrementando la qualità della vitain città e riducendo la domanda verso le aree, anche urbane,a più elevata naturalità. L’organizzazione in forma di rete ditali spazi potrà quindi garantire non solo una più equilibratadistribuzione delle opportunità di spostamento pedonaleall’interno della città ma, anche, una più diffusa qualitàdell’abitare, largamente dipendente dalla presenza di luoghicon tali caratteristiche. Va considerato, infine, che anche inquesto caso l’insularizzazione degli spazi pedonali rischia digenerare un carico d’uso eccessivo su alcune parti di città osu singole strade o piazze spazi, riducendone l’efficienza.Se la realizzazione di reti di spazi aperti pubblici a prevalentefruizione pedonale può costituire un elemento diqualificazione del contesto urbano, l’individuazione di talireti va inserita nel più ampio quadro delle strategie dievoluzione/trasformazione dell’intero contesto in cui essesi inseriscono. Ad esempio, nella città storica la realizzazionedi reti pedonali potrà costituire un’azione chiave nell’ambitodi una più ampia strategia di valorizzazione, anche turistica,del contesto; analogamente, nelle aree urbane centrali,caratterizzate dalla presenza di rilevanti attrattori (università,ospedali, attrezzature per il tempo libero, ecc.), talerealizzazione potrà supportare strategie volte ad accrescerel’accessibilità alle attività urbane riducendo, nel contempo,il traffico veicolare. In contesti periferici o degradati, larealizzazione di reti pedonali può –nell’ambito di strategie diriqualificazione volte al recupero del patrimonio edilizio eall’inserimento di nuove centralità atte a garantirne larivitalizzazione– costituire uno strumento per la ricostruzionedella trama di spazi di aggregazione e di incontro, spesso

del tutto assente, perseguendo in tal modo anche finalitàpiù spiccatamente sociali.Una volta chiarite le ragioni che conducono a privilegiareun’organizzazione in forma di rete degli spazi aperti urbani aprevalente fruizione pedonale e il ruolo che, in differenticontesti urbani tali reti possono assumere, sembra necessariochiarire che, in riferimento a tali spazi, il concetto stesso direte presenta un elevato grado di astrazione. Contrariamenteinfatti alle reti ecologiche, che presuppongono un’effettivaconnessione fisica tra gli elementi costituivi della rete, inquesto caso è possibile ipotizzare reti interamente pedonali(sia pure con tratti misti, caratterizzati cioè dalla coesistenzatra flussi veicolari e flussi pedonali), oppure reti plurimodali,con connessioni tra i tratti pedonali garantite attraverso iltrasporto pubblico, su ferro (preferibilmente) o su gomma.Tale condizione è evidentemente la più diffusa specie nellegrandi aree urbane, dove la continuità della rete pedonaleè difficilmente perseguibile (sia per le distanze, sia per ledifficoltà connesse ad estese chiusure al traffico veicolare).In tal senso, le reti pedonali in ambito urbano possonocaratterizzarsi come sistemi di reti locali, ad uso esclusivamenteo prevalentemente pedonale, connesse ad esempio attraversoil trasporto pubblico su ferro.In ragione di quanto fin qui affermato, la rete pedonale inambito urbano può quindi configurarsi quale rete di spaziaperti pubblici ad esclusiva o prevalente fruizione pedonaleestesa all’intera città e in connessione con le reti ecologicheche interessano il territorio urbano ed extraurbano, oppurequale rete di reti locali, che investono partizioni più o menoestese del tessuto urbano, connesse attraverso il trasportopubblico su gomma o su ferro. In realtà, i casi in cuisussistono le condizioni per delineare e realizzare“unitariamente” reti pedonali estese all’intero contesto

Nel progetto delle reti pedonali assume un ruolo fondamentale la variabiletemporale. In molti casi infatti, tali reti non sono frutto di un progettounitario, ma di successivi interventi di pedonalizzazione di singoli assi o nodi. Èil caso, ad esempio, di Copenhagen, dove la pedonalizzazione della cittàstorica è avvenuta nel corso di un trentennio.

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urbano sono poco frequenti, anche per le difficoltàgeneralmente connesse alla loro implementazione (chiusuraal traffico veicolare di assi viari, estesi interventi di arredourbano, ecc.). Più frequentemente, si procede attraversoapprocci di carattere incrementale, ovvero attraverso laprogressiva implementazione di reti locali o, talvolta, anchedi singoli nodi e assi pedonali. In molti casi, è la realizzazionedelle stazioni del trasporto pubblico su ferro che si configuraquale punto di innesco per la realizzazione di nodi o assi aprevalente fruizione pedonale.Nel progetto delle reti di spazi a prevalente fruizionepedonale, la variabile temporale assume, dunque, un ruolofondamentale. Generalmente, nei contesti di piccole o mediedimensioni è ipotizzabile la messa a punto di un progetto direte atto a guidare e orientare nel tempo le singolerealizzazioni; nei contesti urbani e metropolitani il punto diinnesco è generalmente costituito da singole realizzazioni,dettate da specifiche esigenze e/o opportunità, chevengono successivamente estese e poste in connessioneattraverso le reti del trasporto pubblico.Infine, sembra utile proporre alcuni criteri guida perl’individuazione e la caratterizzazione degli elementicostituitivi, assi e nodi, di una rete di spazi a prevalentefruizione pedonale. In ragione della eterogenea gamma diattività che tali elementi sono chiamati a supportare, la sceltadegli assi e dei nodi della rete e del loro “livello” dipedonalizzazione (esclusivamente pedonale o misto) saràfunzione, anzitutto, delle caratteristiche del contesto urbanoin cui tali elementi risultano inseriti. È infatti dalla localizzazionee caratterizzazione del contesto rispetto alla città (centraleo periferico), dalle caratteristiche della popolazione, dallatipologia di attività insediate, dalle peculiarità dello spaziofisico che dipenderà la domanda non soltanto di mobilitàma, anche, delle molteplici attività opzionali e sociali, perdirla con Gehl, che tali spazi potranno supportare. È inoltre

opportuno tener conto delle caratteristiche “potenziali” delcontesto urbano in esame, esito cioè dei possibili scenari dievoluzione prefigurati dagli strumenti di governo delletrasformazioni urbane in un dato arco temporale. Ancora,va considerato il ruolo che ciascuno dei potenziali elementidella rete svolge all’interno del complessivo sistema dellamobilità urbana, sia in relazione all’oggi che in relazione, anchein questo caso, agli scenari evolutivi prefigurati dagli strumentidi governo della mobilità. Gli elementi costitutivi della retesaranno dunque individuati e caratterizzati in ragione dellarispondenza tra ruolo attuale e/o potenziale dell’elementonella rete della mobilità urbana e domanda attuale e/opotenziale posta dal contesto: tale ruolo potrà esseremodificato laddove la rispondenza non risulti verificata,tenendo conto, però, sia delle caratteristiche propriedell’elemento (pendenza, dimensioni, ecc.) che delleripercussioni che una modificazione del ruolo attualepotrebbe avere sulla rete della mobilità nel suo complesso.Infine, una volta individuati gli elementi costitutivi della retein ragione delle molteplici domande d’uso che possonointeressare ciascun elemento (flussi pedonali e veicolari,attività eterogenee che prospettano sull ’elementorichiedendo diverse modalità di fruizione, ecc.) saràopportuno procedere, per ciascun elemento, alla messa apunto di un “progetto d’uso”, inteso come organizzazionedelle diverse pratiche di moto e di quiete –spesso anchepotenzialmente confl ittuali o non immediatamenteconciliabili– che, in maniera sincronica o diacronica, investonogli spazi e alle quali il progetto fisico deve dare una rispostain termini di organizzazione dello spazio fisico e scelta deimateriali (Gabellini 2001). È evidente che il progetto d’usodi ciascun elemento della rete dipende sia dalla domandad’uso posta dagli utenti, che dalle caratteristiche fisichedegli elementi e dalle relazioni che ciascuno di essi intessecon tutti gli altri. Contemporaneamente, il progetto d’uso

Le reti pedonali in ambito urbano possono anche essere frutto di un progetto unitario realizzato nel tempo a causa delle numerosedifficoltà spesso connesse alla loro implementazione. È il caso, ad esempio, della rete pedonale di Nottingham (UK) la cui

realizzazione, pur riferita ad un progetto unitario, è stata opportunamente temporalizzata, anche per consentire ai cittadini diabituarsi in maniera graduale al nuovo assetto degli spazi pubblici.

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influenzerà le caratteristiche fisiche degli elementi della rete,che dovranno essere definite in ragione della congruenzacon i diversi usi cui ciascun elemento è chiamato a rispondere.In sintesi, promuovere la mobilità dolce in ambito urbanorichiede anzitutto il ripensamento e la complessivariorganizzazione, spaziale e funzionale, degli spazi urbanidestinati alla mobilità pedonale. Non è sufficiente l’inibizioneal traffico veicolare di singoli assi o anche di estese partizioniurbane: si richiedono, di contro, criteri, metodi e tecnicheper restituire o creare “attrattività” agli spazi destinati aipedoni, favorendo le diverse pratiche d’uso di questi spazie riconfigurandoli quali luoghi urbani oltre che quali “canali” disupporto a flussi eterogenei e ancora, in prevalenza, veicolari.

Elementi di metodo per l’individuazione di reti pedonali

In ragione dei criteri per l’individuazione e la caratterizzazionedi reti di spazi aperti a prevalente fruizione pedonale delineatinel precedente paragrafo sembra evidente, anzitutto, chel’individuazione di tali reti va supportata da un duplice livellodi indagini: un primo livello mirato alla definizione di unoschema di rete, mediante l ’ individuazione e lacaratterizzazione dei suoi elementi costitutivi, ovvero degliarchi e dei nodi della rete; un secondo finalizzato alladefinizione del progetto d’uso e dellecaratteristiche spaziali dei singoli archi enodi.L’individuazione dello schema di rete e ladefinizione del “livello” di pedonalizzazionerichiede, anzitutto, la caratterizzazionedel contesto urbano, attuale epotenziale: ciò al fine di far emergere ladomanda di mobilità, ma anche quella diluoghi per il tempo libero e/o perl’aggregazione sociale, che da essoproviene. Risultano pertanto utili indaginivolte a delineare il ruolo urbano delcontesto e le caratteristiche della utenzaattuale e potenziale.Il ruolo urbano del contesto potrà essereefficacemente delineato in ragione siadella formazione e della valenza storicadell’area che delle sue caratteristichefunzionali, connesse alla presenza diattrattori urbani o turistici, di attivitàterziarie e commerciali, di attrezzaturedi quartiere, ecc. Tali indagini fornisconoi primi elementi per l’individuazione dellarete, supportando anzitutto la definizionedella finalità per la quale la rete stessaviene progettata. Come già evidenziatoin precedenza, infatti, le reti pedonali si

inquadrano generalmente in più ampie strategie diriqualificazione dei contesti urbani, assumendo finalità ecaratterizzazioni eterogenee in rapporto alle diversecaratteristiche del contesto. Ad esempio, le finalitàdifferiranno in misura rilevante se la rete si inserisce nel centrostorico di una grande area metropolitana o in un nucleostorico periferico o, ancora, in una periferia consolidata o inun’area, ancora perifierica, ma caratterizzata da insediamentirecenti. Le indagini di contesto costituiscono, anche, unindispensabile supporto alla caratterizzazione della rete. Adesempio, la conoscenza della storia evolutiva del contestopotrà orientare il progetto di rete verso il recupero di unamemoria storica o di un’identità che si va perdendo. Ancora,l’individuazione del ruolo funzionale del contesto in ambitourbano potrà suggerire di contrastare o enfatizzare tale ruoloattraverso la realizzazione della rete, promuovendo, adesempio, la rivitalizzazione di attività commerciali o migliorandol’accessibilità alle attività presenti.Come già evidenziato in precedenza, le indagini relative alcontesto dovranno tener conto anche degli scenari evolutividell’area, in ragione sia dei processi di trasformazione in attoche di quanto previsto dagli strumenti di governo delletrasformazioni urbane vigenti. Le indagini relative all’utenzaconsentiranno di individuare le diverse categorie di utenzache, in relazione alle diverse esigenze ed aspirazioni, sono

L’individuazione dello schema di rete pedonale, ovvero l’individuazione degli archi edei nodi e la definizione del loro “livello” di pedonalizzazione, richiede indagini voltealla caratterizzazione del contesto urbano e del ruolo funzionale di ciascun elementopotenziale. Nell’immagine uno schema di rete delineato per il quartiere S. Carloall’Arena nella città storica di Napoli.

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portatrici di eterogenee, talvolta conflittuali, domande dimobilità. È evidente che in molti casi il riferimento alla solapopolazione residente potrà risultare insufficiente e sarànecessario tener conto di eventuali aliquote di utenzaconnesse alla presenza di attività di rilevanza urbana o digrandi attrattori turistici. Accanto alla struttura dellapopolazione residente andranno individuate e caratterizzate,dunque, le tipologie di utenti non residenti. In particolaresarà opportuno distinguere le aliquote di utenza ricorrentee con un carattere di stanzialità (utenti che trascorronoparte rilevante della giornata nell’area per ragioni lavorativeo di studio), da quelle che presentano caratteri ditemporaneità o di occasionalità (turisti, fruitori di specificheattrezzature pubbliche). Tali indagini possono esserecondotte mediante stime di tipo prevalentemente qualitativo,effettuate mediante un giudizio relativo al livello di attrattivitàdelle attività presenti o, in altri casi, mediante stimequantitative: la presenza di uffici, sedi destinate all’istruzionesuperiore o anche di musei o di attrezzature alberghiereconsente infatti una quantificazione, sia pure approssimativa,del numero di utenti.Infine, le indagini relative al contesto dovranno evidenziarele attuali e potenziali caratteristiche di accessibilità dell’areain esame e, in particolare, i possibili punti di aggancio tra larete pedonale e i nodi delle altre reti della mobilità in ambito

urbano, quali le stazioni delle linee su ferro, i parcheggi diinterscambio, ecc.Per quanto riguarda invece il ruolo dei potenziali elementidella rete pedonale all’interno della più estesa rete dellamobilità urbana sarà necessario individuare anzitutto gli spazigià oggetto di interventi di pedonalizzazione totale o parziale(piazze o assi pedonali, zone 30, percorsi protetti, ecc.),che costituiscono la dotazione attuale di spazi destinati allamobilità pedonale. Per tutti gli altri elementi andrà effettuatauna classificazione mirata ad evidenziarne il ruolo funzionaleattuale (assi di scorrimento, primari, interquartiere, ecc.),quello potenziale, in ragione delle previsioni degli strumentidi governo della mobilità, e le caratteristiche fisiche(dimensioni, pendenze, ecc.).Una volta delineate le caratteristiche di contesto, attuali epotenziali, e il ruolo, anche in questo caso attuale e potenziale,dei singoli elementi che potrebbero far parte della retepedonale, l’individuazione dello schema di rete potrà essereeffettuata in ragione di una valutazione di rispondenza delruolo, attuale o futuro, dell’elemento alle domande d’uso,attuali o potenziali, che emergono dal contesto.Rappresentando infatti le reti pedonali una delle molteplicidotazioni della città, il dimensionamento e il disegno di talidotazioni potranno essere efficacemente effettuati solo sullabase di criteri atti a valutare la rispondenza delle dotazioni

disponibili, ovverodell’insieme delle strade edelle piazze o slarghi urbani,alle eterogenee domanded’uso cui tali elementi sonochiamati a rispondere. Inparticolare, andrà valutatal’effettiva possibilità diinclusione/esclusione diciascun elemento (nodo oarco) nella rete pedonale,attraverso criteri riferibiliessenzialmente alla tipologiadello spazio considerato edal ruolo funzionale da essosvolto nella rete urbanadella mobilità: andrannoinfatti generalmente esclusi,almeno da una pedonaliz-zazione totale, assi di scor-rimento, assi primari dellaviabilità urbana, assi conpendenza eccessiva, ecc.Inoltre, sarà possibiledefinire dei criteri di prefe-ribilità per selezionare, tral’insieme degli elementi chepotrebbero entrare a far

L’individuazione dello schema di rete è effettuata in ragione di una valutazione di rispondenzadel ruolo, attuale o futuro, dell’elemento alle domande d’uso, attuali o potenziali, che

emergono dal contesto. L’immagine si riferisce ad uno schema di rete pedonale messo a puntoper il quartiere Pianura nella periferia occidentale di Napoli.

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parte della rete pedonale, quelli che presentano una piùspiccata “propensione” alla pedonalizzazione, totale o parziale.Tali criteri potranno essere riferiti, ad esempio, a caratteristichedi contesto quali la presenza di fronti commerciali, di attivitàartigianali tradizionali o “tipiche”, di attrattori turistici, ecc.Infine, in ragione dell’attuale rispondenza del ruolodell’elemento alle domande d’uso, attuali e potenziali cheemergono dal contesto, sarà possibile individuare per i diversielementi da includere nello schema di rete specifici obiettiviprogettuali da perseguire. In alcuni casi, infatti (ad esempioarchi o nodi pedonali esistenti in contesti consolidati), potràessere già verificata la rispondenza tra ruolo dell’elemento edomande d’uso provenienti dal contesto; pertanto, talielementi potranno essere inclusi nella rete prevedendoesclusivamente obiettivi di conservazione e manutenzione.In altri casi, invece, potranno essere individuati elementi chepotrebbero far parte della rete, pur riscontrandosi unamancata rispondenza tra ruolo attuale e domande d’usoprovenienti dal contesto (ad esempio archi o nodi già pedonaliin contesti periferici nei quali la domanda d’uso è oggi moltolimitata): per tali elementi risultano evidentementeindispensabili interventi di rivitalizzazione volti, ad esempio,all’introduzione di attività attrattive lungo il percorso. Ancora,si potrebbe verificare l’opposta condizione, quella cioè diun’elevata domanda d’uso, dovuta alla presenza di attrattoriurbani o turistici, su elementi che presentano attualmente unruolo funzionale strategico nella rete viaria urbana. In questicasi, si potrà decidere se perseguire obiettivi di trasformazione

del ruolo funzionale dell’asse in esame o se convogliare ladomanda d’uso verso altri assi.In sintesi, l’insieme delle indagini di primo livello consente didelineare lo schema di rete e di definire, per ciascuno deglielementi costitutivi, gli obiettivi da conseguire in termini diconservazione, recupero, rivitalizzazione, trasformazione.Come già accennato, l’individuazione dello schema di reterichiede anche un’attenta considerazione dei possibili puntidi “aggancio” tra la rete degli spazi ad uso prevalentementeo esclusivamente pedonale e le reti del trasporto pubblico

Il ruolo dei potenziali elementi della rete pedonale puòessere utilmente indagato attraverso la compilazione dischede, elaborate in ambiente GIS, mirate adevidenziarne il ruolo funzionale, attuale e potenziale, e lecaratteristiche fisiche desunte da rilievi cartografici ediretti (dimensioni, pendenze, ecc.).

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e privato: in particolare, il disegno dello schema di rete dovràtener conto della localizzazione delle stazioni della rete suferro, delle fermate delle linee del trasporto pubblico sugomma e dei parcheggi, in particolare di interscambio. Lapresenza di terminali e scambiatori di altre reti del trasportoconsente, infatti, non solo di garantire l’accesso alla retepedonale ma anche di delineare reti plurimodali, ovvero “retidi reti pedonali” dislocate in diversi ambiti urbani e connesseattraverso le reti del trasporto pubblico, in particolare suferro. Individuati i punti di aggancio si potrà, dunque,delineare lo schema della rete che risulterà composto danodi ed archi, esistenti o di progetto, pedonali o misti. Inodi e gli archi pedonali saranno costituiti da piazze, slarghi,assi viari lungo i quali andrà in ogni caso consentito l’accessodei residenti e dei mezzi di emergenza, il carico e lo scaricodelle merci. I nodi e gli archi misti comprendono, invece,piazze, slarghi e assi lungo i quali sono previste le condizioniper una “coesistenza” tra traffico veicolare e flussi pedonali,in particolare, piccola velocità associata a sedi protette peri pedoni. La coesistenza tra pedoni e veicoli potrà essereanche interpretata in chiave “diacronica”, prevedendo cioèpedonalizzazioni totali limitatamente ad alcune ore del giornoo ad alcuni giorni della settimana. Sia gli archi che i nodipotranno essere ulteriormente articolati in primari, secondari,ecc. Lo schema di rete può, inoltre, essere dettagliato inragione delle diverse tipologie di utenza cui l’intera rete oalcuni suoi segmenti saranno indirizzati: ad esempio, in casodi domande d’uso eterogenee (spostamenti pedonali lentio connessioni veloci, sia pure pedonali) da parte di diversetipologie di utenza (turisti o utenti di attrezzature urbane)

potranno essere ipotizzati anche percorsi alternativi especificamente rivolti ad una determinata tipologia di utenza.Ancora, nel caso di elementi della rete non fruibili da tuttele categorie di utenza, quali ad esempio i percorsi gradonati,sarà necessario identificare percorsi alternativi e fruibili datutti o anche, in assenza di alternative, connessioniattraverso mezzi pubblici.

Elementi per la definizione del progetto d’uso e dellecaratteristiche fisiche degli elementi della rete

Definito lo schema della rete pedonale, si procede, comegià in precedenza evidenziato, ad indagini di dettaglio relativeai singoli elementi della rete con l’obiettivo di delineare, perciascuno di essi, un progetto d’uso come strumento sia peruna migliore organizzazione delle diverse domande d’uso,che per garantire la rispondenza tra usi e caratteristichespaziali di ciascun elemento.A tal fine, sarà opportuno analizzare, in dettaglio, gli usiattuali e le caratteristiche fisiche di ciascun elemento. Soloattraverso la conoscenza di questi due aspetti è possibile,infatti, esprimere, per ciascun elemento della rete, un giudiziodi congruenza tra domande d’uso attuali e caratteristichedi organizzazione dello spazio fisico e definire, di conse-guenza, le azioni progettuali da implementare.Le indagini relative agli usi attuali dovranno essere orientatea fornire una dettagliata conoscenza, essenzialmente basatasull’osservazione diretta dei luoghi, dei soggetti che lifrequentano, delle attività che tali soggetti svolgono nelle

diverse ore del giorno,delle modalità con cui iluoghi vengono adattatialle esigenze dei diversigruppi di utenti. Inoltre,esse dovranno evidenziarel’insieme delle attivitàpresenti lungo gli elementidella rete, con particolareattenzione per quellesvolte ai piani terra.Le indagini volte allacaratterizzazione dellospazio fisico saranno,invece, prioritariamentevolte ad evidenziare lecaratteristiche di pregiostorico-architettonico e lostato di conservazionedelle cortine edilizie, lecaratteristiche dellepavimentazioni e deglielementi di arredo (dis-

Per la definizione del progetto d’uso di ogni singolo elemento della rete pedonale è necessarioprocedere ad indagini di dettaglio con l’obiettivo di delineare, per ciascuno di essi, le caratteristiche

fisiche e degli usi attuali di ciascun elemento, come ad esempio le attività ai piani terra.

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suasori, panchine, fioriere, ecc.), con particolare attenzioneallo stato di manutenzione oltreché alla localizzazione edistribuzione degli arredi. Tali indagini, unitamente alleconoscenze relative al contesto sviluppate nella prima fasedi indagine e al ruolo funzionale attributo all’elemento nelloschema di rete, consentiranno di precisare anzitutto il“progetto d’uso” dell’elemento, ovvero di organizzare le diversedomande d’uso, attuali o potenziali, che in quello spazio, arcoo nodo, dovranno coesistere. Quindi, sarà possibile procedere,per ciascun arco e nodo della rete, ad una verifica dellacongruenza tra progetto d’uso e organizzazione dello spaziofisico, tesa ad evidenziare incongruenze e problemi daaffrontare. Questa fase risulta di particolare rilevanza inquanto potrebbe anche condurre ad una revisione delloschema di rete, frutto delle indagini di primo livello. La verificadi congruenza può essere strutturata mediante matrici eprevedere giudizi di congruenza in ragione di specifichecategorie prestazionali e di una loro articolazione in requisiticui l’organizzazione spaziale e le caratteristiche fisichedell’elemento dovranno rispondere. I giudizi di congruenzarelativi a ciascun elemento della rete pedonale espressi nellematrici possono essere sia di tipo qualitativo che quantitativoe possono condurre, mediante procedure di normalizzazionee aggregazione, alla formulazione di giudizi di sintesi percategoria prestazionale espressi mediante livelli qualitativi.

Molteplici sono le categorie prestazionali che possono essereconsiderate ai fini della valutazione di congruenza. Traqueste, ad esempio, l’attrattività da valutarsi non soltantoin relazione alla qualità estetica di ciascun elemento dellarete ma come risultante di fattori eterogenei: dal pregiostorico-artistico delle cortine edilizie alla presenza di attivitàcommerciali o ricettive ai piani terra. Tra le categorieprestazionali un ruolo rilevante è da attribuire all’accessibilità,ovvero alla possibilità di raggiungere l’elemento grazie allavicinanza di stazioni o fermate del trasporto pubblico o diparcheggi. Ancora, va considerata la fruibilità, ovvero lapossibilità per l’utente di una fruizione agevole dello spazio,generalmente connessa alla presenza/assenza di elementiche ostacolano la percorrenza, come ad esempio le auto insosta fuori da spazi regolamentati, la presenza di elementidi arredo che si configurano quali barriere al flusso pedonale(fioriere, occupazioni improprie della sede stradale da partedelle attività commerciali, ecc.). La ridotta fruibilità di unelemento della rete può essere connessa anche allecaratteristiche o allo stato di manutenzione della pavimen-tazione e dei marciapiedi. Ancora, tra le categorie prestazionali,va considerata la sicurezza, espressione di un’oggettivacondizione di garanzia contro eventuali pericoli percepitidall’utenza: essa è connessa a fattori molteplici, quali la scarsailluminazione, la conflittualità tra veicoli e pedoni, ecc.

Le indagini per la definizione del progetto d’uso volte alla caratterizzazione dello spazio fisico saranno volte adevidenziare le caratteristiche di pregio storico-architettonico e lo stato di conservazione delle cortine edilizie, lecaratteristiche delle pavimentazioni e degli elementi di arredo (panchine, fioriere, ecc.), con particolare attenzione allostato di manutenzione oltreché alla localizzazione e distribuzione degli arredi.

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Progetto d’uso e verifiche prestazionali degli elementisaranno orientati, dunque, ad una specifica degli usi e aduna loro più dettagliata organizzazione spaziale ma, anche, agarantire la congruenza tra usi, attuali e previsti, ecaratteristiche spaziali degli elementi della rete. Essi potrannocondurre alla definizione di specifiche azioni progettuali volte,ad esempio, ad incentivare o disincentivare attività ai pianiterra, all’inserimento di nuove polarità lungo la rete, allariorganizzazione dei flussi veicolari e della sosta, al recuperoe alla riqualificazione delle cortine edilizie o degli elementi dipregio storico-architettonico, all ’ inserimento o allariorganizzazione degli elementi di arredo. A supporto delladefinizione delle azioni progettuali possono essere messe apunto delle matrici che, per ogni elemento della rete,riassumono i livelli delle prestazioni attuali, l’uso di progetto,le prestazioni da conseguire e le corrispondenti azioni daimplementare per il loro conseguimento.

Conclusioni

I criteri e gli elementi di metodo delineatiper l’individuazione di reti di spazi apertia prevalente fruizione pedonale inambito urbano costituiscono solo unprimo passo verso un nuovo approccioalla “pedonalità” nei contesti urbani. Sirileva infatti che, a fronte di un semprepiù diffuso riconoscimento della necessitàdi promuovere la mobilità dolce, e inparticolare quella pedonale in ambitourbano, non sembra ancora disponibileun consolidato bagaglio di criteri, metodie tecniche a supporto dell’individuazionedelle reti pedonali, del progetto d’uso edella definizione delle caratteristichespaziali dei singoli elementi della rete.Troppo spesso le scelte di pedonaliz-zazione di assi, nodi o anche di intereparti di città, sono state esclusivamentefrutto di opportunità contingenti, inassenza di un progetto unitario eintegrato atto a guidare le scelte inragione delle più ampie strategie dievoluzione/trasformazione del contestourbano e della rete della mobilità nel suocomplesso. Ciò è da attribuirsi allamancata considerazione, da un lato, dellapedonalità quale modo di spostamentoavente pari dignità rispetto a quellomeccanizzato; dall’altro del duplice ruoloche strade e piazze svolgono sia comeelementi della rete della mobilità che

come luoghi urbani interessati da eterogenee e spessoconflittuali domande d’uso. Le proposte avanzate in questocontributo rappresentano una prima riflessione messa a puntoattraverso la sistematizzazione di esperienze progettualicondotte con gli studenti dei Corsi di Recupero e Sviluppodegli Spazi Aperti tenutisi presso la Facoltà di Ingegneria diNapoli (Corso di Laurea in Ingegneria per lo SviluppoSostenibile) dal 2003 al 2006.I numerosi elaborati conoscitivi e progettuali redatti dagliallievi dei corsi su ambiti centrali e perifierici della città diNapoli hanno costituito lo spunto per delineare i critreri e glielementi metodologici descritti, con la consapevolezza chesi tratta esclusivamente di primi indirizzi che non hanno ancorala valenza di un metodo consolidato di lavoro ma dai qualisembra possibile partire per la sua definizione.

Note1 Pur nell’ambito di una riflessione congiunta, la stesura dei

paragrafi 1, 2 e 5 è stata curata da Adriana Galderisi, quella deiparagrafi 3 e 4 da Andrea Ceudech.

Riferimenti Bibliografici

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Referenze immagini

Le immagini di pag. 87, 89 in alto a sinistra e pag. 90 sono tratte da Rudofsky B. (1981)Strade per la gente, Laterza Editori, rispettivamente a pag. 95, 227 e 183. L’immagine apag. 91 è rielaborata da Gehl J., Gemzoe L. (1996) Public spaces public life, The DanishArchitectural Press. L’immagine di pag. 91 è tratta dal sito http://www.nottinghamclearzone.com.Le immagini a pag. 93-96 sono tratte dagli elaborati degli allievi del Corso di Recupero eSviluppo degli Spazi Aperti, a.a. 2003/2004 e 2004/2005. Il grafico a pag. 88 è tratto daLitman T. http://www.vtpi.org/future.pdf, pg. 8.

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Romano FistolaLaboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabDipartimento di IngegneriaUniversità degli Studi del Sannioe-mail: [email protected]; web: www.romanofistola.it

The potential of substituting the physical transfer by using tele-communication was suggested already at the end of the 19th

century. Replacing the physical transfer with a telematics flow,moving the bits and not the atoms (Mitchell, 1995), can beconsidered a form of “sustainable mobility” that does not producestrong impacts on the urban physical system. The cybermobilitycan be therefore considered as a form of soft mobility whichallows a virtual transfer in order to reach an urban activity for aspecific service (administrative, training, business, tourist,information one etc.). Unfortunately the several studies on thissubject do not confirm the replacing effect.This paper suggests the overturn of the thought by using anapproach which chiefly considers the city activities (functions)and their power of acftracting the flows of mobility inside theurban system. In particular, it should be considered the possibilitythat those functions could undergo a process of “virtualization”thanks to the spreading of new technologies in the way throughwhich citizens use the city.The possibility of working out procedures capable of quantifyingthe modifications produced and calculating the (real and/orpotential) values of transformation on the territory offers newopportunities of governing also the “invisible” transformationsgenerated by the spreading of net-society.

It is argued that the ‘death of distance’ will lead to thedeath of cities, but this ignores the significance of face-to-face contact and the continuing significance ofagglomeration. We need a new theory of location of serviceindustries to account for these effects, concentrating onthe four key sectors of the informational economy: financeand business services, ‘power and in¯uence’, creative andcultural industries, and tourism. This will need to accountfor the new polycentric form of major cities, and also forthe changes in traditional central place systems that resultfrom globalisation and the development of the informationalservice economy.Con queste parole Peter Hall apriva un suo celebre scrittodi quasi dieci anni fa dal titolo : “The future of cities”.La domanda che lo studioso anglosassone, attentoosservatore del mutamento urbano, si poneva probabilmentenon ha ancora trovato una risposta. Molti altri ricercatorihanno indagato il rapporto fra nuove tecnologie etrasformazioni della città interrogandosi sul concetto di“death of distance” e su come la mobilità si modifichi, o simodificherebbe, per effetto dell’uso diffuso delle nuovetecnologie dell’informazione e della comunicazione. Lapotenzialità di sostituire lo spostamento fisico utilizzando latele-comunicazione fu prospettata fin dalla fine dell’800quando il telefono cominciò a diffondersi nell’uso residenzialee sembrava promettere enormi risparmi di tempo eliminandola necessità di trasferirsi per comunicare come E. M. Forsterstigmatizzò nel racconto breve del 1909 dal titolo: “TheMachine Stops”. Il tema appassiona la ricerca territoriale edin particolare quella trasportistica fin dagli anni ‘60, ma èintorno alla fine degli anni ‘80 che può essere collocato losviluppo di un vero e proprio settore di studi in particolarenegli Stati Uniti ed in Inghilterra. Surrogare lo spostamentofisico attraverso il flusso telematico, spostare i bit e non gli

atomi (Mitchell 1995), può oggi essere ritenuta una formadi “mobilità sostenibile” che non produce effetti impattivisul sistema fisico urbano. La cybermobility è quindiconsiderabile come una forma di softmobility che puòconsentire di spostarsi virtualmente per raggiungereun’attività urbana e per fruire di uno specifico servizio (ditipo amministrativo, formativo, commerciale, turistico,informativo, etc.). Purtroppo i numerosi studi in meritosembrano non confermare tale effetto di sostituzioneQuesto articolo propone un ribaltamento della riflessioneutilizzando un approccio che considera prioritariamente leattività della città (funzioni) ed il loro potere di polarizzazionedei flussi di mobilità all’interno del sistema urbano.In particolare si considera la possibilità che le funzioni possanosubire un processo di “virtualizzazione” grazie alla diffusionedelle nuove tecnologie che trasformano i modi d’uso dellacittà da parte dei cittadini. In altri termini un’attività si

Softmobility/CybermobilityNew Urban Activities and Digital Mobility

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 19-28

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

The death of distance

Softmobility/Cybermobilityties:nuove funzioni urbane e mobilità digitale

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“virtualizza” quando trasferisce sulla rete Internet, unaparte o la totalità delle procedure di erogazione del servizio.Una prima considerazione che pare utile formulare peranalizzare il rapporto fra ICT e mobilità, riguarda la crescitadiffusa in Italia e negli altri paesi di tecnologie domesticheche consentono di accedere e fruire, in maniera diffusa,della rete Internet. l’ultimo rapporto ISTAT 2001 evidenziacome quasi la metà degli Italiani possegga una connessioneveloce di rete presso la propria residenza e navighistabilmente in Internet. Questo dato ha visto un crescenteincremento negli ultimi anni. Crescente è però anche il trendche descrive i valori di congestione da traffico veicolare nellecittà italiane.Come è possibile che questi due dati seguano un egualeandamento ove intuitivamente apparirebbe che la possibilitàdi effettuare transazioni telematiche eviterebbe la necessitàdi esperire fisicamente le medesime attività?Come si spiega tale paradosso? (Mokhtarian 2007).La risposta a questi interrogativi non è univoca ma è forsericonducibile alla natura stessa delle ICT.In estrema sintesi, considerando gli studi presenti inletteratura, è possibile affermare che le ICT possono

svolgere un triplice ruolo rispettoallo spostamento urbano:- sostitutivo;- sinergico;- generativo.In altri termini, per quanto attieneal ruolo sostitutivo, si dirà cheesistono delle transazioni cheprevedono uno spostamentofisico ma che possono esseretotalmente svolte e concluse inrete; ne esistono altre che,consentendo la transazionedigitale, richiedono tuttaviacomunque uno spostamentofisico magari riconducibile allanecessità di consegna di un beneacquistato via Internet; infine neesistono altre che generano nuovispostamenti urbani che sisommano a quelli esistenti.Per riuscire a formalizzare edanalizzare le diverse tipologie,come accennato in precedenza,appare uti le riguardare i lfenomeno in un’ottica sistemica.L’assunto dal quale gran partedella moderna interpretazione delfenomeno urbano muove è quellodi considerare la mobilità comeeffetto della polarizzazione

funzionale (Fistola 1995).Come già accennato lo spostamento degli individui, all’internodei contesti metropolitani, si genera nel momento in cuinasce l’esigenza di dover raggiugere un luogo fisico, diversoda quello di residenza, alfine di ottenere un servizio, svolgereun’attività, etc.Se per fruire di un servizio o per svolgere un’attività si puòevitare di spostarsi fisicamente, accedendo telematicamentealla funzione (che rende disponibile una sua “immagine”digitale attraverso la predisposizione di un sito web), lospostamento fisico traslerà nel ciberspazio, smaterializzandosi.In questo senso, come affermato al principio di questariflessione, la città digitale può essere considerata come unacittà caratterizzata da una mobilità soft che non produceimpatti entropici sul sistema urbano.Per definire compiutamente la riflessione andrebbe tuttaviaprioritariamente definito il concetto di città digitale.“Le nostre vite si stanno trasformando con la rivoluzionedelle telecomunicazioni digitali. Tuttavia non credo che losviluppo tecnologico sia inesorabile. In questa direzionecredo sia possibile per noi cercare di capire ciò che staaccadendo per definire il futuro che vogliamo piuttosto che

Immagine dell’accessibilità alla cybercity.

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essere spettatori passivi se non addirittura vittime passivedella trasformazione.”Il monito che William Mitchell rivolge, in particolare allacollettività urbana, può efficacemente sintetizzare l’obiettivodi questa riflessione sulle nuove forme di mobilità telematicae, più in dettaglio, sugli scenari digitali della città.Uno dei più autorevoli studiosi della recente fase evolutivaurbana, cosi come aveva già fatto Peter Hall dieci anni fa,segnala l’oramai indifferibile necessità di nuovi approcci perl’interpretazione del complesso rapporto fra città edinnovazione tecnologica. Occorrono sistemi interpretativiaggiornati e, forse, nuove procedure per il governo e lagestione del sistema urbano che sembra oggetto di unametamorfosi per molti versi ancora oscura ed inconoscibile,ma che pare in grado di condurre a mutamenti radicalidell’assetto urbano.

La città digitale

Le nuove tecnologie info-telematiche stanno contribuendoa generare una nuova dimensione urbana: quella digitale.

L’informazione rappresenta il nuovo bene di riferimento perl’economia urbana: la città produce, elabora e trasferisceinformazione e sta progressivamente organizzando su talemodello molti dei propri processi funzionali. Ciò significa chein un certo lasso di tempo, molte delle funzioni urbane(credito, commercio, sanità, amministrazione, etc.) sitrasferiranno dalla dimensione reale a quella digitale,all’interno della quale l’estensione della rete definiscel’economia di scala ed il nuovo assetto della cittàpostmoderna (Amendola 1997).Molti dei rapporti interfaccia, una volta indispensabili perl ’ottenimento di un serv iz io, s i t rasformerannonell’incontro di flussi telematici che parrebbero in grado disostituire gran parte dello spostamento fisico urbano. Moltistudiosi sono concordi nell ’affermare che tutto ciòdeterminerà consistenti mutamenti anche nella città reale,nella dimensione fisica, in cui alcuni luoghi urbani tenderannoa smaterializzarsi trasformandosi in spazi elettronici (Grahame Marvin 1996). Progressivamente si genera una sorta di“città trasparente” che affida ai flussi di bit e non più allospostamento fisico degli atomi umani (Negroponte 1997),lo svolgimento delle proprie attività. Conseguentemente

La Virtual London costruita da Planet 9.

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l’uso dello spazio urbano muterà nell’intensità e nei modi(Fistola 1998). La tecnologia agisce da catalizzatore dellatrasformazione inducendo la nascita della nuova dimensioneurbana, parallela a quella esistente, la cui accessibilità diffusaè legata a fattori riconducibili all’alfabetizzazione tecnologica,alla possibilità di sostenere economicamente i costi di accessoa Internet, alla disponibilità ed all’estensione della retecablata, etc.. Se la città è interpretabile come un sistemacomplesso è possibile affermare che tale sistema è scindibilein sottosistemi. In particolare il sistema urbano può pensarsicostituito, fra gli altri, da un sotto-sistema fisico (compostodagli spazi, dai contenitori e dai canali) e da un sotto-sistemafunzionale (composto dalle attività urbane localizzate neglispazi e/o nei contenitori, e che si trasferiscono attraverso icanali). La diffusione delle nuove tecnologie info-telematiche(NTI) sta producendo un effetto di trasformazioneprincipalmente su quest’ultimo sotto-sistema, “virtualizzando”molte delle attività urbane (commercio, credito,amministrazione, etc.). Per meglio comprendere, in un’otticasistemica, come agisca sulle attività urbane il fenomeno dellavirtualizzazione è possibile richiamare l’analogia della “pentolache bolle” (Fistola 2001).Si immagini una pentola piena d’acqua che viene posta suun fornello. Dopo qualche tempo parte del l ’acqua

contenuta nella pentola evapora cambiando il proprio stato(da liquido a gassoso); conseguentemente la pentoladiminuisce il proprio peso iniziale.

Lo skyline della San Francisco virtuale.

L’analogia della pentola che bolle.

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Richiamando, ancora una volta il paradigma sistemico, èpossibile dire che la pentola e l’acqua sono assimilabilirispettivamente al sistema fisico ed al sistema funzionaledella città in particolare la quantità d’acqua all’interno dellapentola, che decresce per effetto della fonte energetica(NTI) generando un’immagine trasparente (vapore), puòritenersi espressione del decremento di polarizzazione deiflussi di mobilità normalmente polarizzati dalla funzione. Inaltre parole, la fiamma è rappresentativa delle NTI checonferiscono energia alla città e provocano un cambiamentodi stato della sua parte funzionale. Tale cambiamento simanifesta nella produzione di un’immagine trasparente(vapore) del sistema funzionale della città (acqua). Il vaporeè l ’ immagine della città digitale che determina unabbassamento dell’intensità d’uso generale ed un nuovoassetto (configurazione) delsistema acqua/pentola, moltopiù leggero di prima. Seguendola riflessione esposta si intuiscecome esistano dei fattori cheveicolino la virtualizzazione fun-zionale sintetizzabili in:- la diffusione dell’offerta di

accesso alla rete Internetattualmente consideratacome parte, quasi integrante,dell’abbonamento al serviziotelefonico;

- l’abbattimento dei costidell’hardware e la possibilità discaricare gratuitamente dallarete il software necessario

alle diverse modalità di connessione; - una crescente disponibilità di servizi in rete che vanno

oltre il commercio elettronico già sufficientemente diffusoe per il quale sono state effettuate interessantiesperienze di nuove procedure transazionali;

- la necessità di entrare nel nuovo mercato digitale nelquale è importante, se non altro, riprodurre l’immaginedell’azienda, società, ente locale, etc.

- la convergenza sulla rete di molti media (dai giornali, allaradio ed alla televisione) che offrono contenuti di largoconsumo;

- la nascita e diffusione del fenomeno dei blog e delleweb communities, veicolati dai nuovi ambienti checonsentono il chatting o anche l’uso di una webcam edi un microfono per la videocomunicazione. Talitecnologie consentendo di creare nuove organizzazionicollettive che nascono secondo un processo bottom-up mai osservato in precedenza sulla rete caratterizzata,ingenere, da rapporti B2B o B2C;

- la possibiità di frequentare mondi virtuali paralleli (SecondLife, Small word, Alphaword, etc.) nei quali è “duplicata”l’esistenza umana all’interno di ambienti urbani digitalinei quali è possibile ricostruire la propria vita, con unnuovo sistema di relazioni, di attività lavorativa, etc.L’ultima frontiera della “Seconda Vita” è il sistema AvaTalk,realizzato da British Telecom, che offre la possibilità dimettere in contatto mondo virtuale e mondo realeconsentendo un collegamento telefonico, o via sms frale due “dimensioni”.

Accanto ai fattori che suppportano la virtualizzazione vannoconsiderati anche quelli che rappresentano un’inerzia pertale fenomeno.Larghe fasce della collettività urbana, ancora oggi, non sonoin grado di utilizzare le NTI e rimarranno probabilmente aimargini della nuova società che va costruendosisull’informazione. In particolare in Italia, ma è un dato

La schematizzazione sistemica dell’analogia della pentola.

Il sistema BT AvaTalk consente di chiamare telefonicamente ed inviare SMS dalciberspazio (Second Life) verso il mondo reale.

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abbastanza diffuso, le fasce di utenza meno rappresentatein rete sono le persone anziane, le donne e coloro che nonsono in possesso di titolo di studio superiore.Probabilmente questi sono coloro che esprimono la domandapiù diffusa di servizi e probabilmente sarebbero i maggiorifruitori di teleservizi per i quali non è necessario unospostamento fisico.Risulta quindi oggi indispensabile predisporre sistemi didiffusione dei teleservizi collettivi e punti di assistenza,distrettualizzati, in cui sia possibile raggiungere telema-ticamente le funzioni virtualizzate (ospedale, banca, ufficiopubblico, etc.).A questo punto si potrebbero formulare alcuni interrogativi.Attraverso quali azioni è possibile perseguire la virtualizzazionedi una funzione urbana?Ed ancora: quali step del processo di produzione di un serviziosono più facilmente virtualizzabili?Muovendo dalle definizioni concettuali fin qui esposte, èpssibile prefigurare un nuovo modo di governare letrasformazioni urbane che parta dal considerare la città comeun sistema in cui le parti componenti interagisconocontinuamente e per il quale vadano definite azioni di

pianificazione che utilizzino i processi ed i prodottidell’innovazione tecnologica e considerino le attività (e quindigli spazi che le accolgono) nella loro forma innovata. Talenuovo modo di intendere le trasformazioni urbane potrebbecondurre in pochi anni alla produzione di piani urbanisticidella città che, accanto alle funzioni a fruzione face-to-face(in particolare quelle legate allo svago, sport e tempo libero)allocheranno funzioni virtuali, raggiungibili via rete, per lequali dovrà sempre essere consentito anche un possibileaccesso fisico.All’interno di tali nuovi strumenti urbanistici comunali, definibiliPiani Digitali (Fistola 2001), verrà posta particolare attenzionealla pianificazione della rete telematica il cui assetto dovràessere progettato congiuntamente al nuovo sistemafunzionale della città, alla tipologia, distribuzione ed intensitàdelle attività sul territorio urbano.Ma bisogna procedere per gradi.Alfine di comprendere come le funzioni urbane vannotrasformandosi in senso virtuale e come, conse-guentemente, modifichino il proprio potere polarizzanterispetto allo spostamento fisico, pare utile introdurre unaclassificazione.

La virtual Washinghton D.C. utilizzata come geomodello informativo per il controlllo degli attentati terroristici.

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Virtualizzazione delle attivitá urbane: unaclassificazione

L’obiettivo di esprimere una misura della vitualizzazionefunzionale territorialmente ubicata può essere perseguitodefinendo, in primo luogo, una classificazione delle attivitàurbane rispetto alla maggiore o minore propensione altrasferimento sulla rete. In altri termini pare possibilesuddividere le funzioni urbane utilizzando quale fattoretassonomico il dato derivato dall’osservazione di quanto stasuccedendo nella città. In tal senso, considerata lavirtualizzazione quale processo di riferimento, pare possibilesuddividere le funzioni urbane nelle seguenti classi:- FUNZIONI RESISTENTI- FUNZIONI MUTANTI- FUNZIONI GENERATE (miste, ibride)- FUNZIONI DIGITALILe funzioni resistenti sono quelle attività urbane che,prevedendo per il loro svolgimento l’indispensabilità delrapporto interfaccia ed il necessario raggiungimento fisicodello spazio adattato, rimangono quasi totalmente insensibilial “push” tecnologico. Fra queste possono essere in generaleindividuate tutte le funzioni riconducibili alle attività di svago,sport, cultura e spettacolo, etc.Le funzioni mutanti possono essere individuate in quelleattività che stanno reingegnerizzando i propri processi allaluce delle nuove possibilità offerte dalla telematica e vannoprogressivamente trasferendosi nel ciberspazio urbano.Le funzioni mutanti possono essere ulteriormenteclassificate, riguardo alla maggiore o minore sensibilità allavirtualizzazione, individuando tre sotto-livelli. Infine vannoconsiderate quelle nuove attività che la rete ha generato,all’interno del sistema comunicazionale, in forza delle nuovepossibilità di comunicazione.Queste funzioni ricoprono particolare interesse, in un’otticaurbanistica, in quanto stanno modificando gli assetti fisicidella città allocando in essa gli spazi adattati al lorosvolgimento. In altri termini le funzioni generate nelciberspazio stanno originando nuovi spazi fisici all’interno dellacittà reale, ridefinendo anche i modi d’uso della collettività.Anche per tali funzioni è proponibile una distinzione.E’ infatti possibile individuare:- funzioni generate pure- funzioni generate ibrideLe prime sono quelle attività nate esclusivamente dalla retee che precedentemente non avevano spazi di allocazionespecifica all’interno della città. Esempi significativi di talifunzioni possono essere i telecentri, i cyber-point, itelecottages, le piazze telematiche, etc.Fra questi pare interessante soffermarsi nella descrizione dialcuni cyber-point che rappresentano delle funzioni urbanetotalmente nuove e che esercitano una considerevole e“sconosciuta” intensità d’uso dello spazio urbano.

I Cyber-point (o net-center) sono luoghi in cui ci si recafisicamente per poter navigare in rete ad alta velocità.Sostanzialmente si dispone di un PC collegato in reteattraverso il quale è possibile esplorare il web, chattare,scambiare messaggi, e-mail, etc.. Molti analisti, solo pochianni fa, avevano previsto l’assoluto fallimento di tali attivitàmotivato principalmente dalle tendenze al solipsismodomestico dei cybersurfer; a Londra, nei primi anni del 2000e nel giro di poco più di un anno, si sono insediati cinquecyber-point della catena “easy Everithing”, aperti 24 ore algiorno e presso i quali era possibile navigarein rete al costodi una sterlina all’ora. Con una sterlina aggiuntiva era possibileessere assistiti personalmente nella navigazione da coadiutoriesperti , inoltre dalla mezzanotte in poi una sola sterlinabastava per navigare fino all’alba.Il tentativo di mascherare i cyber-point, all’entrata dei qualisi formavano spesso lunghe code di giovani utenti, comeInternet-cafè, piccoli siti in cui è possibile sorseggiare uncappuccino e navigare in rete (queste attività sonoclassificabili come funzioni generate ibride), falliscemiseramente quando si esaminano le cifre degli ultimi anni,per la sola città di Londra, di questi “Mc Donald’s” telematici:- aperti 24 ore su 24;- più di 400 terminali disponibili per la navigazione per ogni

cyber-point;- circa 4.500 utenti giornalieri in turn-over per ogni cyber-

point;- ubicazioni strategiche all’interno della città per favorire

l’accessibilità fisica;- organizzazione in franchising.Fra i motivi del successo di questa funzione generata vannosicuramente annoverati la facilità, la velocità e l’economicitàdell’accesso alla rete. Uno degli slogan degli easyEverithingrecita: “Da noi navigare costa meno che da casa e nonaspetti sul Web”.Quale è l’intensità d’uso di tali attività che da Londra si sonorapidamente diffusi in ogni città d’Europa?Le funzioni generate ibride sono quelle attività digitali chenon originano spazi propri all’interno della città ma utilizzanospazi adattati per altre attività compatibili presso i quali sonosituati sistemi per l’accesso alla rete.Gli internet-cafe, i cyber-pub, le mediateche, etc. sonoesempi significativi di tali funzioni che stanno di recentegenerando alcuni interessanti episodi quale quello della “MyBeautiful Laundrette” di Napoli.Questa funzione, avviata con la legge sull’imprenditoriagiovanile, sposa due attività apparentemente molto diversequali la lavanderia a gettone ed il punto di accesso inInternet. In realtà vengono recuperati per la navigazione itempi di attesa richiesti dall’attività di lavanderia. Le funzionigenerate miste si stanno rapidamente diffondendo anchepresso siti fisici di attività che utilizzano la rete come nuovostrumento di business (agenzie di viaggio, società immobiliari,

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istituti finanziari, etc.). Esistono anche esempi di funzionigenerate che riutilizzano spazi dedicati ad attività dismesse.E’ interessante notare come le funzioni generate seguanomodelli di localizzazione che pongono l’accessibilità e lacentralità nel contesto urbano fra i principali fattori di scelta.Infine, le funzioni digitali rappresentano quelle attività chesi generano e si esplicano esclusivamente nella rete. In altritermini le funzioni digitali attivano processi di esperimento eflussi unicamente di natura digitale. Fra queste possonoessere annoverate le software-house telematiche, le società

finanziarie che vendono i loro prodotti esclusivamente viarete e che prevedono pagamenti attraverso monetaelettronica, i centri di traduzione digitale, le librerie di e-book, etc..Tali funzioni non hanno indotti diretti sull’assetto urbanoma producono comunque effetti di riduzione (otrasformazione) dei flussi di spostamento, modificazione dellepolarizzazioni di utenza (e quindi d’intensità d’uso), etc..

Non si è ancora in grado di formalizzare il contributo chetale categoria funzionale fornisca ai processi divirtualizzazione, ma pare comunque utile segnalarne lapresenza nella classificazione proposta.Dalla tassonomia appena fornita si evince come sia quindipossibile, utilizzando stime di tipo qualitativo non ancoraformalizzabili numericamente, catalogare ogni singolafunzione urbana uti l izzando le classi descritte esuddividendole rispetto alla sensibilità verso i processi divirtualizzazione. Seguendo tale tassonomia, ma riducendo a

due le classi da utilizzare (funzioni resistenti e funzionimutanti) è stata proposta una procedura in grado di forniremisure localizzate della virtualizzazione delle funzioni allocatein specifici ambiti urbani (Fistola 2001).Per riuscire a governare il nuovo assetto della città bisognadefinire nuovi modelli interpretativi e nuove procedure perla “misurazione” del cambiamento. E’ necessario convincersiche il nuovo assetto della città fisica e funzionale necessiterà

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di interventi gestionali ed urbanistici di tipo affatto diversoda quelli attualmente messi in essere che includano anchesistemi di governo di quella parte del sistema che ha mutatola propria condizione. Gli urbanisti hanno una naturaledifficoltà a confrontarsi con questo tipo di argomenti ed aimmaginare sistemi di governo della dimensione virtuale dellacittà. Tuttavia è oggi necessario pensare a costruire nuoveregole per la città che cambia.Se non si entra in tale diversa ottica non si riuscirà acontrollare i nuovi fenomeni di modernizzazione urbanaindotti dall’introduzione delle nuove tecnologie ed ancorauna volta si perderà l’occasione di orientare efficacementeil sistema urbano verso assetti connotati da elevati livelliprestazionali e qualitativi.E’ in tal senso necessario pensare, forse, anche ad unarifondazione della strumentazione tecnica degli urbanistiattraverso metodologie e procedure che includanol’innovazione tecnologica all’interno dei propri step operativi.Va sottolineato che attualmente attraversiamo una fase ditransizione nella quale la città fisica e quella digitale coesistonointegrandosi, “i due mondi lavorano congiuntamente: quellofisico e quello elettronico” (Mitchell 1995).Da ciò deriva la considerazione che forse è questo il momentomigliore per intervenire, per approfondire il problema, perconfrontare le opinioni, per costruire le strategie epredisporre le azioni. Gli effetti indotti dalla disponibilità edenorme potenzialità delle reti a larga banda sono già visibilied, in alcuni casi, hanno dato luogo (addirittura) a nuoveorganizzazioni dello spazio urbano: si pensi alle “edge city”americane (Amendola 1997).L’Università inglese ha già definito percorsi formativi per ifuturi tecnici e pianificatori della città. In particolare pressolo UCL di Londra è stato istituito un corso di dottorato sul:“Recombinant Planning”, un nuovo processo di pianificazionein cui l’innovazione tecnologica definisce uno degli elementidi riferimento per la riconfigurazione delle diverse fasi.Sulla definizione della nuova dimensione digitale della cittàpare utile sottoporre a gli studiosi della città del territorioun’agenda di azioni articolata proponendo:1. un aggiornamento dei modelli interpretativi urbani che

consenta di spiegare efficacemente l’attuale faseevolutiva della città e le possibili interazioni fra la cittàfisica, la città funzionale, la città digitale, etc.

2. la definizione di metodi che consentano di valutare ex-ante sul territorio i livelli di virtualizzazione delle diverseparti della città cosi da poter predisporre efficienti azionidi governo della trasformazione urbana.

3. la messa in essere di politiche, strategie, modi eprocedure diffuse e condivise per l’introduzione e l’usodella tecnologia all ’ interno della città, affinchél’innovazione tecnologica possa divenire anche un efficacestrumento di partecipazione collettiva all’uso ed allagestione urbana.

Va infine formulata un’ultima importante considerazione checoncerne il rapporto fra collettività urbana e modernizzazionedella città. Tale riflessione affronta il problema della diffusionedei nuovi modi d’uso della città digitale da parte dellacollettività urbana.Se non si definiscono le procedure per l’accessibilità diffusaalla città digitale per ogni classe di utenti urbani si corre ilrischio che la tecnologia possa configurare uno strumentodi controllo e di potere gestionale riservato ai pochi che neconoscono le regole e le procedure di utilizzo.Tale rischio va eluso in partenza attraverso l’attuazione dipolitiche di alfabetizzazione all’uso della tecnologia fra tuttigli utenti urbani, la predisposizione di sistemi ed interfaccedi accesso (gratuito) on-line alla città digitale (orientati aduna relazionalità spontanea fra cittadino ed ambiente disintesi) e la creazione di siti urbani, opportunamente distribuitisul territorio, che si configurino come porte di accesso allacittà digitale (si pensi alle piazze telematiche) e consentanola libera fruizione degli spazi urbani virtuali.E’ opinione oramai condivisa che tali interfacce vadanoprogettate e realizzate ad immagine della città reale, cosìda configurare una immagine urbana virtuale quanto piùvicina possibile a quella reale.Costruire la città digitale, conservando (elettronicamente)il valore semantico dei luoghi urbani, può forse rappresentarela formula vincente per una più rapida “accettazione” dellanuova dimensione virtuale da parte della collettività urbana.L’approccio all’interpretazione sistemica della città consentedi individuare un nuovo sotto-sistema urbano (denominato“comunicazionale”) che attiva forti interrelazioni con gli altrisottosistemi partecipando alla generale modificazione etrasformazione della città.Delle due dimensioni di città che vanno configurandosi, quellareale e quella digitale, è necessario prendere coscienzaanche in ambito di approfondimenti disciplinari e scientificisul territorio.Vanno indicati metodi e procedure per controllare edindirizzare opportunamente le trasformazioni; vanno definitiprocessi di pianificazione che includano la dimensione digitaleall’interno delle fasi del processo di definizione dell’interventoterritoriale.Conoscenza, decisione ed azione, tre fasi in cui è possibilesuddividere il processo di governo delle trasformazioniterritoriali, vanno riconfigurati alla luce delle nuove intensitàd’uso e potenzialità di virtualizzazione funzionale consentitenella città digitale.E’ questo è un compito che spetta all’urbanistica.La possibilità di giungere a formulare procedure in grado diquantificare i livelli di modificazione prodotti e di misurare sulterritorio i valori (reali e/o potenziali) della trasformazioneapre nuove possibilità di governo anche delle trasformazioni“invisibili” indotte dall’azione della diffusione della net-society.Esistono importanti segnali che dimostrano che il legame

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Referenze delle immagini

L’immagine di pag. 19 e pag. 20 sono tratte rispettivamente dai siti web http://www.secondlife.com e http://www.citris-uc.org. Le immagini di pagg. 21, 22,24, 26 sono tratte dal sito web http://www.planet9.com. L’immagine di pag. 23è tratta dal sito http:\\www.btavatalk.com.

intersistemico sta determinando modificazioni anche nelsotto-sistema fisico della città (città reale).i metodi, i modelli e le procedure per il governo delletrasformazioni territoriali, vanno aggiornati tenendo contodelle caratteristiche e delle dinamiche del nuovo sotto-sistema comunicazionale.La trasformazione dei modi d’uso della città conduce allanecessità di una ridefinizione formale, funzionale e semanticadello spazio antropico (Papa 2001).

Conclusioni

L’effetto di sostutuzione dello spostamentofisico, la virtualizzazione funzionale, latraslazione nel ciberspazio delle attivitàurbane si verificano oramai in maniera diffusama non si è ancora in grado di stabilirequando tale fenomeno diviene realmenteefficace per ridurre i flussi di mobilità.Considerando quanto esposto inprecedenza ed i risultati presentati neglistudi presenti in letteratura, per capire sel ’effetto di sostituzione diverrà ef-fettivamente reale, è forse necessariointrodurre un concetto nuovo riconducibileall’esistenza di una “soglia” (soglia divirtualizzazione) al di sopra della quale lavirtualizzazione delle attività urbane è ingrado di agire efficacemente sull’ab-battimento degli spostamenti fisici in ambitourbano.Probabilmente tale fenomeno si verificheràquando le ICT riusciranno a reingegnerizzareanche i servizi offerti dalle “funzioniresistenti” che producono maggiori impattisulla mobilità fisica.In prima istanza è possibile ipotizzare che ilsuperamento della soglia sia connesso conla diffusione d’uso di quattro macro-funzionidigitali:- l’e-government;- il teleworking;- l’e-learning;- l’e-commerce.Questi teleservizi sono attualmente tutticaratterizzati da trend di crescitaconsiderevoli ma non hanno ancoraraggiunto una penetrazione socialeconsistente.In altri termini quando il telelavoro offriràuna reale e sceglibile alternativa at home,quando l’e-learning sarà fruibile anche per la

formazione dell’obbligo, quando l’ e-commerce consentirà unasorta di telepresenza presso l’esercizio commerciale ed unaeffettiva convenienza economica nell’acquisto on-line, quandol’e-government consentirà di offrire in rete tutti i servizi delleamministrazioni e degli enti pubblici, magari attraverso lapredisposizione di una rete ad accesso pubblico gratuito pertutti i cittadini, probabilmente si supererà la soglia divirtualizzazione e lo spostamento on line sostituirà lospostamento fisico.

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Giuseppe MazzeoLaboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabCNR - Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

The indoor city is a fundamental element in the urban structure;above all in the great cities it assumes strong urban planningconnotations because the underground represents an importantresource and its employment can have considerable conse-quences on the urban performance.Some cities, with more hard climate, have designed undergroundcities with some complex functions; examples are Montreal, Torontoand other cities of North America.In the Western Europe’s cities the notion and the realizations ofthe underground cities are related with the building of mobilityinfrastructures as metropolitan networks, underground railwaylinks, road tunnels, car parks. Their aim is the reduction or theremoval from the surface of traffic share and the transformationof wide parts of the city in green areas or in more high qualityurban environment.Anyway it is possible to maintain that the use of the undergroundspaces is a common experience in the urban life.The paper analyses some of the main factors in the building ofurban pedestrian spaces; the costs and the benefits of the use ofunderground spaces are linked with the psychological aspects ofthe use of these spaces and with some main elements in thepatterns of the paths. A second part of the paper shows somecase-studies, pointing out the different necessities that have drivento the choice. In a specific focus is analysed the case of Montreal,archetype of the underground city.

Stratificazione della città

La città sotterranea rappresenta un elemento costitutivodella struttura urbana con forti ricadute sulla sua organizza-zione e sulla sua gestione; questo perché, soprattutto nel-le grandi città e nelle metropoli, il sottosuolo rappresentauna risorsa importante il cui utilizzo può modificare in modorilevante il suo funzionamento complessivo.Quello delle “underground cities” non è un concetto nuo-vo; in grandi città che presentano climi estremi, comeMontreal, Toronto o Edmonton in Canada, parti significati-ve della giornata di molti cittadini viene trascorsa negli spazisotterranei, soprattutto nei lunghi inverni freddi (a Montrealla minima supera i -30°C) o nelle estati calde e umide. Al disotto della città vi è, infatti, una città parallela ma sotterra-nea nella quale decine di chilometri di corridoi colleganonegozi, ristoranti, nodi dei trasporti, uffici, attività per il tem-po libero, università, librerie, sale per concerti ed altre strut-ture culturali.In Europa Occidentale, grazie anche a climi mediamentepiù miti, le realizzazioni connesse alla città sotterranea assu-mono una valenza diversa; pur essendo ampiamente pre-senti in tutte le grandi città, esse sono progettate noncome spazi di vita sociale ma come spazi di connessione checonducono a nodi di mobilità (esterni o sotteranei) e a fun-zioni urbane; la loro funzione prevalente, quindi, è quella direndere più facile la mobilità e l’accessibilità non automobi-listica alle normali attività urbane. Per questi motivi è co-munque possibile affermare che l’uso del sottosuolo è unelemento ormai entrato a far parte della vita urbana, anchese l’utilizzazione di questi spazi viene declinata in modi e conintensità diverse da luogo a luogo.Tra i servizi essenziali alla vita urbana che si svolgono in sot-terraneo le comunicazioni assumono un rilievo particolare:le reti urbane metropolitane, i passanti ferroviari, le trattestradali sotterranee, i parcheggi assumono una importanza

sempre maggiore in relazione alla loro capacità di ridurre oeliminare quote di traffico dalla superficie e di modificare laqualità e la fruizione di ampie aree urbane.I sistemi sotterranei, inoltre, nati come elementi di reti dimobilità autonome, tendono ad assumere connotati di si-stema: sempre più, infatti, si assiste alla connessione sot-terranea tra reti diverse allo scopo di rendere maggiormen-te efficace il servizio e moltiplicare le interconnessioni conl’esterno, insieme ad una sempre più accentuata attenzio-ne agli aspetti architettonici e al benessere degli utenti inun ambiente psicologicamente difficile.Il sottosuolo assume significati diversi, alcuni simbolici, altrifunzionali, stratificatisi nel corso del tempo. Esso è statoutilizzato dai Romani per realizzarvi le prime fognature, percui al sottosuolo si associa il miglioramento dell’igiene pub-blica. È stato utilizzato dai primi cristiani per difendersi dalle

The Underground Cityand its Role in the Urban Mobility

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 29-38

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

La città sotterranea e il suo ruolonella mobilità urbana

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persecuzioni, per cui ad esso si asso-ciano significati sacrali, misteriosi oesoterici. È stato utilizzato per realiz-zarvi collegamenti e percorsi, associan-do ad essi un ruolo nel campo dellamobilità che è via via aumentato finoalla nascita dei trasporti urbani di mas-sa su rotaia.I diversi significati hanno a che fare,da una parte, con la psicologia uma-na, dall’altra con la risoluzione diproblematiche complesse connesse alfunzionamento della città. Una di que-ste è la risoluzione dei fenomeni dicongestione urbana e della conse-guente insostenibilità dei modelli tra-dizionali di sfruttamento delle risorseterritoriali; una possibile risposta è co-stituita dalla utilizzazione degli spazi sot-terranei per la costruzione di sistemiintegrati di trasporto di cui faccianoparte integrante percorsi pedonalisotterranei congegnati in modo da ridurre la percezionedelle diversità esistenti tra spazi chiusi e spazi aperti.

Costi e benefici nell’uso degli spazi sotterranei

In passato si è guardato agli spazi sotterranei soprattuttoper tre ragioni (Parker 2004): perché sorgeva la necessitàdi un rifugio sicuro; perché era necessario proteggersi daipericoli e dai danni alla persona in conseguenza di eventinaturali e non; perché, infine, erano necessari spazi di de-posito per beni di grande importanza.L’utilizzazione dello spazio sotterraneo è una scelta di politi-ca urbana che interagisce con molteplici problematiche; bastipensare che la pianificazione dell’uso del sottosuolo urbanorappresenta una operazione in cui competenze diverse ven-gono interrelate con lo scopo di costruire un efficiente pro-getto di uso dello spazio.Vi sono molti fattori chiave da considerare in relazione al-l’uso del sottosuolo e tali fattori possono essere valutati siapositivamente (in termini di benefici) che negativamente(in termini di costi). Sono benefici la riduzione del caricourbanistico di superficie e il contributo alla sostenibilità am-bientale; sono da valutare attentamente (e possono dive-nire rischi) le problematiche geologiche derivanti da unascorretta investigazione delle caratteristiche del sottosuolo,la necessità di bonifiche, l’incidenza delle vibrazioni e leproblematiche di interazione tra suolo e sottosuolo.In maniera più analitica i benefici nell’uso degli spazi sotter-ranei possono essere riassunti come seguono (Chow et al.2002; Parker 2004):

– un più efficiente uso del suolo e un miglioramento del-l’ambiente. Il potenziale di uso del sottosuolo in spaziurbani congestionati è elevato e può consentire il tra-sferimento di funzioni in modo che la superficie possaessere utilizzata più efficacemente e razionalmente, adesempio realizzando attrezzature urbane a basso impat-to ambientale; caso specifico è il trasferimento del traf-fico urbano in sotterranea, con la conseguente disponi-bilità di nuovi spazi in superficie;

– un miglioramento dell’estetica urbana in seguito alla rimo-zione di strutture invasive ad alto impatto visivo e paesag-gistico come parcheggi, strade e strutture di supporto;

– un incremento della sostenibilità dovuto alla eliminazio-ne di infrastrutture e manufatti e alla loro sostituzionecon altre funzioni e materiali a basso impatto;

– un più efficiente uso dell’energia dovuto all’isolamentonaturale del terreno, alla sua capacità di assorbire il ru-more e alla possibilità di conseguire più efficienti modali-tà di controllo della temperatura degli ambienti;

– una grande capacità di protezione da condizioni climati-che estreme;

– una maggiore sicurezza complessiva per le funzioni chenecessitano di particolari protezioni da agenti atmosferi-ci o da aggressioni naturali o antropiche.

Gli aspetti negativi sono relazionati in particolare ai seguentifattori:– la pericolosità delle operazioni di scavo in relazione al

tipo di suolo in cui si opera;– il rischio naturale derivante da eventi sismici;– il rischio antropico derivante da possibili incidenti e dall’inevita-

bile scarsità del numero e della disposizione delle uscite;

Perugia. Il sistema di collegamenti sotterranei pedonali consente l’accessoal centro storico; a partire dal parcheggio di piazza Partigiani percorsi

pedonali e scale mobili attraversano la Rocca Paolina raggiungendo piazzaItalia e il cuore della città antica.

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– la consistenza del costo di realizzazione in relazione altipo di progetto e alle tecniche utilizzate.

La riduzione dell’incidenza dei fattori negativi ha a che farecon elementi e con momenti diversi, connessi sia alla fase diprogettazione che a quella di realizzazione che a quella digestione; a ciascuna di esse sono associabili specifici ele-menti di criticità la cui risoluzione concorre alla migliore defi-nizione delle problematiche iniziali1.

Aspetti psicologici dell’uso del sottosuolo

La progettazione di spazi sotterranei necessita di un atten-to studio dei percorsi, degli incroci e della costruzione deivolumi in modo da evitare l’effetto oppressivo che questispazi normalmente trasmettono.In un ambiente sotterraneo, spesso, la forma schematicadello spazio non è chiara neanche agli utenti abituali; di

conseguenza assume grande importanzal’informazione ottenuta dall’esame visivodegli spazi che si trovano lungo il percor-so (Zacharias 2002); ne deriva che glispostamenti pedonali in spazi sotterra-nei presentano elevati livelli di regolari-tà, a differenza di quelli negli spazi ester-ni dove è più frequente un cambio ditragitto in relazione agli stimoli che i pe-doni ricevono dall’ambiente circostante.Nella progettazione degli spazi sotterra-nei è necessario tenere in considerazio-ne sia la variazione temporale che la di-mensione dei flussi pedonali.La dimensione del corridoio, quindi, di-viene un elemento fondamentale per in-crementare la confortevolezza e la sicu-rezza della circolazione; ciò, in particola-re, nei momenti di maggiore intensità deiflussi nei quali si ha una percorribilità resapiù difficoltosa dall’elevato numero dipersone presenti. All’opposto i momen-ti di flusso ridotto possono avere impattipsicologici anch’essi rilevanti, anche seessi sono di diverso tipo, ossia connessicon gli effetti di straniamento e di soli-tudine in ambienti chiusi.La situazione differisce in relazione allaconformazione morfologica e tipologicadello spazio considerato (uno spazio oun corridoio senza attività al contornooppure uno spazio ai lati del quale sonopresenti attività commerciali o di servizio).Nel primo caso lo spazio è frequentatosolo da utenti diretti verso un nodo

funzionale preciso (la stazione della metropolitana o l’usci-ta), nel secondo caso a questi utenti possono aggiunger-sene altri i cui scopi possono anche non essere direttamen-te connessi al raggiungimento di un nodo dei trasporti; inquesto secondo caso, oltre la complessificazione dei flussi,sono presenti anche velocità di percorrenza diverse, conmoltiplicazione dei punti di intralcio e conseguente diminu-zione della velocità di percorrenza.Le ricerche effettuate sul comportamento dei pedoni inspazi sotterranei mostrano altri elementi di interesse. Alcu-ne di esse hanno verificato che gli spazi semplici (geometri-ci, con un colore uniforme, con illuminazione ripetuta) sonomeno attrattivi degli spazi visivamente più complessi, com-plessità che si raggiunge con l’uso diversificato del colore,dei messaggi, con la differenziazione degli spazi e con la lorospecificazione. A questo scopo può essere interessante pre-annunciare lungo il percorso, con segni particolari, la pre-senza di spazi di particolare interesse verso i quali i pedoni

Il Big Dig, a Boston rappresenta un momento di profonda riqualificazionedella città, dei suoi percorsi e della percezione della città. L’interramentodelle reti stradali ha reso disponibili ampi spazi trasformati in zone verdi.

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saranno invogliati a dirigersi con maggiorerapidità (Kent 1989).Altri fattori che possono essere di granderilevanza nella costruzione dello spazio sonol’utilizzazione di percorsi ad andamentocurvilineo o con graduali cambi di livello,oppure la predisposizione di fronti commer-ciali in punti specifici, la presenza di verde,di attrezzature e di spazi di socializzazione.Tutti questi elementi assumono un ruolo disupporto nella gestione dei flussi (Oppewale Timmermans 1999), soprattutto quandocreano un nucleo funzionale ben definitonel sistema della rete sotterranea.Dalle ricerche svolte derivano altre conside-razioni sull’uso dei percorsi sotterranei e delleattrezzature che in esse sono localizzate; inparticolare si è verificato che la presenza dialtre persone è un fattore che incrementala sicurezza personale e assume una impor-tanza superiore anche rispetto al disegnoarchitettonico dello spazio (colore, livelli diilluminazione, fonti di illuminazione, superficedei materiali, attrezzature dello spazio, ...).Ne deriva che uno spazio disegnato bene ma vuoto rappre-senta comunque un fattore di disagio per gli utenti deglispazi sotterranei.

Modellizzazione dei percorsi

Il processo di uso dello spazio sotterraneo si basa sulla pre-senza di flussi pedonali che seguono a) percorsi definiti lun-go gli assi della rete e b) percorsi differenziati in corrispon-denza dei nodi della rete.Il sistema può essere modellizzato mediante successioni diarchi e di nodi.Esso prevede che ad uno spostamento di superficie S1 (conqualunque mezzo) faccia seguito l’accesso alla rete metro-politana in un nodo N1 e lo spostamento pedonale in sot-terraneo S2 fino ad una meta N2 che può essere la stazionesotterranea o un nodo funzionale. A questo punto il pro-cesso assume un andamento inverso che può svolgersi nel-la stessa localizzazione (nel caso l’utente non si sposti) o inuna localizzazione diversa (nel caso l’utente in N2 prenda unmezzo di trasporto). Questo ciclo può estendersi per n vol-te se si considera la possibilità che non si sia ancora raggiun-ta la meta finale.In letteratura non ci sono molti esempi di modellizzazione dipercorsi pedonali in relazione, soprattutto, alla loro influen-za sul dimensionamento degli spazi pedonali sotterranei. Al-cuni studi sono stati realizzati in Giappone, in considerazio-ne della rilevanza dei problemi di sovraffollamento dei nodi

della rete metropolitana di Tokyo come di altre città di quelPaese.Il modello proposto da Suzuki e Igushi nel 1992 determinauna stima dei flussi propedeutica alla programmazione deglispazi sotterranei evidenziando nel contempo gli elementi diredditività, di sicurezza e di movimento. Esso prevede che ilflusso pedonale sia trattato come sommatoria di ciascunviaggio a partire da un punto origine fino ad un punto de-stinazione. Se tra questi punti vi è più di un percorso siassume che il pedone ne scelga uno. Il sistema di percorsi ètrattato come sistema di nodi e di archi e i punti di accessoalla rete sotterranea sono a loro volta trattati come punti diorigine o di destinazione. Il modello si basa su un sistema diequazioni che determina: a) il flusso all’interno del collega-mento nodo-nodo; b) il volume dei flussi; c) le probabilità discelta di una connessione e, infine, d) la probabilità di scel-ta in un sistema di connessioni. Utilizzando alcuni parametrivengono anche definiti i flussi futuri in presenza di muta-menti nella struttura della rete o nella dimensione dei flussi.

La diversificazione nell’uso del sottosuolo

Gli esempi di utilizzo degli spazi sotterranei si stanno moltipli-cando, così come di stanno diversificando le destinazioni ele funzioni per le quali questi spazi sono progettati.Le esigenze che spingono città diverse ad utilizzare questispazi sono diverse e vanno dalla mobilità pedonale a quellaveicolare, dalla realizzazione di reti di trasporto veloci alla

Struttura comparata e dimensioni della rete pedonale in alcuni centridell’America del Nord. Dall’alto: Calgary, Edmonton, Chicago, Winnipeg,Montreal e Toronto. In nero le teri pedonali in prossimità delle superfici o

sotteranee, in grigio le linee di trasporto di massa.

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realizzazione di aree di sosta, alla creazione di spazi aggiun-tivi per funzioni presenti in superficie. In alcuni casi le realiz-zazioni derivano da una interrelazione tra obiettivi diversiche hanno portato alla realizzazione di spazi polifunzionali.Parigi, Louvre. La nuova sala d’ingresso al Museo del Louvreè una struttura sotterranea costruita nel cortile principaledell’edificio. Le piramidi di vetro progettate da I.M. Pei sonoi soli segni fuori terra che testimoniano della presenza dellasala e delle nuove gallerie di accesso. Esse hanno la funzio-ne di creare uno spettacolare sistema di ingresso, oltre adare luce naturale allo spazio sottostante. La scelta di posi-zionare l’ingresso al museo in sotterraneo ha consentito dirimuovere dal cortile centrale le lunghe file che creavanocontinue situazioni di disagio agli accessi delle diverse ali delcomplesso e ha permesso una grande libertà nelle scelteprogettuali degli spazi sotterranei2.Hong Kong. Le stazioni sotterranee della metropolitana sonostate realizzate mettendo in vendita i diritti di superficie econsentendo la realizzazione di edifici residenziali e com-

merciali ad alta densità da realizzare al di sopra di esse. Ilvalore di mercato di tali aree è tale che i ricavi hanno con-sentito di coprire le spese di realizzazione della metropolitana.Helsinki. La capitale finlandese è dotata di un impianto ditrattamento delle acque nere realizzato nel vicino centro diViikinmaki. Tale impianto è totalmente interrato ed è posi-zionato in uno degli spazi sotterranei più grandi al mondo.Al di sopra dell’impianto, in superficie, è stato realizzato unnuovo quartiere residenziale, esteso per 60 ettari e conuna popolazione di 3.500 abitanti, dotato di ampi servizi edi estese zone verdi; in questo modo si sono superate leresistenze della popolazione ottenendo le relative autoriz-zazioni alla realizzazione dell’impianto. L’impianto è stato pen-sato anche in relazione al suo impatto ambientale: l’interra-mento di questa struttura, infatti, riduce la produzione digas serra e l’inquinamento da rumore e permette possibilifuturi ampliamenti con impatti e danni minimi alle comunitàposte nelle immediate vicinanze.Boston, “Big Dig”. Il “grande scavo” (o big dig) di Boston ha

Parigi. Il nuovo accesso al Museo del Louvre è stato progettato come uno spazio interrato sormontato da una piramidedi vetro. L’accesso dal cortile porta ad una vasta sala dalla quale si dipartono le gallerie di accesso alle tre ali delmuseo. Alla sala sono annessi servizi quali librerie, ristoranti, punti informativi.

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l’obiettivo di interrare parte della rete autostradale urbana.Esso quindi non crea uno spazio sotterraneo pedonale maha l’obiettivo di portare sottoterra il traffico di superficieliberando così gli spazi precedentemente occupati desti-nandoli ad un uso prevalentemente pedonale. Il progettoè uno dei più ambiziosi al mondo nel settore della costruzio-ne di tunnel, con una spesa che ad oggi si aggira sui 14miliardi di dollari.L’intervento complessivo libererà la città di una parte rile-vante del traffico urbano; ciò consentirà di realizzare più di370 ettari di nuovi parchi, di mettere a disposizione nuovispazi per la città e di ridurre gli elevati livelli di inquinamentoche essa presenta (si prevede una riduzione del monossidodi carbonio di oltre il 12%)3.La città di Boston è attraversata da nord a sud dalla I-93 (oCentral Artery), una autostrada soprelevata a sei corsie sucui si innesta la I-90 che collega la città al Logan Airport. Ilprogetto è stato messo in cantiere a causa della congestio-ne cronica della Central Artery: mentre nel 1959 l’arteriaera percorsa da circa 75.000 veicoli al giorno, nel 1990 taleflusso aveva raggiunto il livello di 190.000 e le previsioni diincremento di traffico davano al 2010 16 ore di ingorgogiornaliero continuato. I costi della congestione del trafficosono stati valutati in oltre 700 milioni di dollari all’anno, mentregli incidenti hanno raggiunto un livello quattro volte supe-riore a quello medio di una autostrada non urbana.Big Dig è il nome non ufficiale del Central Artery/TunnelProject (CA/T). Secondo il progetto la Interstate 93, checorre nel cuore della città da nord a sud, dovrà essere interrata

per 5,6 chilometri in un tunnel. Il progetto interessa anchela Interstate 90 con la costruzione di un altro tunnel (il TedWilliams Tunnel), oltre alla realizzazione del Leonard P. ZakimBunker Hill Memorial Bridge sul Fiume Charles River e allarealizzazione del parco intitolato a Rose Kennedy negli spaziresi vacanti dalla sopraelevata della I-93. Il parco è stato, perla gran parte, aperto al pubblico il 5 novembre 2007.Osaka. Il quartiere di Kita ad Osaka è situato nella partesettentrionale della città. È un quartiere molto vitale ed èuno dei poli di attrazione della città. L’area è posta tra lestazioni ferroviarie di Osaka, Umeda, Higashi-Umeda Nishi-Umeda ed è caratterizzata da edifici alti e da un sistemacomplesso di attività commerciali, culturali e turistiche.Esso rappresenta uno dei principali punti di accesso alla cit-tà di Osaka in quanto vi convergono sia i convogli prove-nienti dall’area metropolitana che i convogli del sistema ditrasporto pubblico urbano; questa caratteristica ne fa unodei punti più congestionati della città. La realizzazione delleconnessioni sotterrane tra le reti ha rappresentato il mo-mento per la creazione di un sistema di attività ad esseconnesse, in particolare centri commerciali sotterranei. Strut-ture similari sono presenti in altre città giapponesi, comeTokyo, Sapporo, Nagoya, Fukuoka, Yokohama, Kyoto, Kobe,Kawasaki (Barles e Jardel 2005).Stoccolma, Archivi Nazionali Svedesi. Gli archivi nazionali sve-desi conservano collezioni di grande rarità che vanno dalMedio Evo ai giorni nostri. Essi sono ospitati in uno spaziosotterraneo formato da sei caverne scavate nella roccia; lospazio a disposizione degli archivi è di circa 80.000 mq.

La mappa mostra la rete metropolitana nella parte centrale della città di Montreal. Ad essa è sottoposta la rete deipercorsi pedonali e il sistema degli edifici e delle funzioni direttamente connesse a questa rete.

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Stoccolma, Snake Tunnel. Lo Snake Tunnel corre sotto ilcentro di Stoccolma per una lunghezza di 3,7 km. Essoconsente di stipare un volume di acqua pari a 35.000 mc.Scopo del tunnel è la raccolta delle acque in occasione ditempeste o forti piogge, in modo da eliminare o ridurre ipericoli di allagamento e facilitare il deflusso delle acque.Tunnel aventi questo scopo sono presenti in altre città.Perugia. Sistema pedonale di accesso alla città storica. Ilcentro storico di Perugia, città fondata in epoca preromana,si sviluppa su una altura che domina l’alta valle del Tevere.Per queste caratteristiche morfologiche il progetto dipedonalizzazione del centro storico è stato accompagantodalla realizzazione di un accesso avente particolari caratteri-stiche di singolarità.La realizzazione del parcheggio interrato a rotazione di piaz-zale dei Partigiani (connesso ai capolinea della rete di tra-sporto pubblico su gomma) ha reso possibile la creazionedel nodo urbano di partenza per il nuovo collegamento conil centro storico. Per fare questo si è utilizzata la Rocca

Paolina, il rinascimentale sistema difensivo urbano, e i per-corsi interni che essa presentava.Tali percorsi, in parte meccanizzati (soprattutto nei tratti amaggiore dislivello) hanno permesso di costruire un acces-so pedonale che connette la parte bassa della città con laparte antica posta in alto. Gli spazi della Rocca, recuperati,vengono utilizzati, oltre che per il collegamento, anche permostre temporanee e per altre manifestazioni di interesseper i residenti e i turisti.

La Ville Souterraine di Montreal

«Fruit du hasard ou résultat d’une opération immobilièrebien planifiée, toutes les conditions nécessaires à l’opérationétaient alors réunies à Montréal: la place Ville-Marie - conçuepar Pei, Cobb et Ponte - allait constituer le germe de la“ville souterraine”. Ce concept a su défier le temps etconfirmer que le sous-sol de nos villes est bien une ressource“naturelle” développable, mais de façon contrôlée puisquerelevant du patrimoine urbain» (Besner 2000, 75).Montreal ha realizzato una delle più grandi città sotterraneeal mondo. Essa connette insieme 31 km di percorsi pedo-nali, 10 stazioni della metropolitana, una stazione ferrovia-ria, un terminal degli autobus, più di 1600 negozi, 200 ri-storanti, 40 banche, 30 cinema, oltre ad hotel, uffici, pisci-ne e teatri.Iniziata negli anni ’60 la “città sotto la città” è cresciutasempre più in relazione agli evidenti vantaggi che le retisotterranee di connessione presentano: il mondo sotterra-neo protegge i cittadini dalla neve, dalla pioggia, dal ventoe dal caldo e fornisce un clima “eternamente primaverile” eun ambiente libero dal traffico e dai pericoli ad esso connesso.La Ville Souterraine di Montreal è il complesso sistema diconnessioni ed interrelazioni in superficie e in sotterraneoche interessano la città di Montreal e, in particolare, il suosettore centrale. È conosciuta anche come la città interio-re (indore city - ville intérieure) a causa della sua complessi-tà e della diversificazione delle funzioni in essa presenti.Nel 2004 i segmenti di percorso presenti nella parte cen-trale sono stati ripensati e ad essi è stato dato il nome diRÉSO, una omofonia dal francese réseau, ossia rete.Il cerchio e la freccia discendente che caratterizza il logo oil simbolo della metropolitana di Montreal è integrato nellogo di RÉSO, nella “O” finale. Mappe schematiche recanti illogo si trovano lungo tutta la rete.Il segmento più grande e meglio conosciuto è localizzatonel centro della città, delimitato dalle stazioni Peel e Place-

Gli spazi della rete sotterranea di Montreal sonoorganizzati in modo da creare veri nodi urbani nei quali sisvolgono funzioni diverse, da quelle commercialia quelle culturali.

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L’area di Kita ad Osaka rappresenta un classico esempio di nodo ferroviario attorno al quale sono stati interconnessipercorsi pedonali e ttività, specia commerciali, sotterranee. In questo modo lo spazio utilizzabile viene moltiplicato

consentendo il trasferimento di funzioni dall’esterno verso la parte sotterranea della città.

des-Arts sulla Green Line e le stazioni Lucien-L’Allier e Place-d’Arms sulla Orange Line.I tunnel servono un’area di 12 chilometri quadrati; sonopresenti 60 complessi commerciali e residenziali che si esten-dono per 3,6 chilometri quadrati di area pavimentata edincludono l’80% degli spazi per uffici e il 35% degli spazicommerciali di Montreal4.I servizi presenti includono centri commerciali, hotel, ban-che, uffici, musei, sale concerto, università, stazioni dellametropolitana, stazioni ferroviarie per treni a lunga e a bre-ve percorrenza, un terminal di autobus e il Bell Centre. Ipunti di accesso alla città sotterranea sono oltre 120 e piùdi 500.000 persone usano questa città ogni giorno.La città sotterranea è promossa come una importante at-trazione in molte guide turistiche di Montreal ed è un risul-tato interessante delle politiche urbanistiche applicate allacittà. La maggior parte della rete è aperta durante l’interoperiodo di operatività della metropolitana (dalle 5 e 30 al-l’una di notte); una serie di accessi vengono chiusi al termi-ne dell’orario di ufficio, altri sono regolati in relazione a par-ticolari eventi (ad esempio i tunnel tra il Bell Centre e la

stazione della metro Banaventure non possono essere usa-ti prima e dopo gli eventi che vi si svolgono).La prima connessione si ebbe con la costruzione della torreper uffici e del centro commerciale sotterraneo in Place-Ville-Marie, realizzato nel 1962 per coprire la grande voragi-ne del deposito ferroviario a nord della Central Station. Ilprogetto di sistemazione della piazza consisteva in un inter-vento di superficie (un sistema di volumi culminante con ilgrattacielo progettato da I.M. Pei, Cobb e Ponte) ed unintervento sotterraneo con la costruzione di un collega-mento pedonale tra il grattacielo, la stazione e il QueenElizabeth Hotel.La realizzazione della metropolitana nel 1966 portò alla co-struzione di percorsi che univano la stazione Bonaventureallo Château Champlain Hotel, alla torre per uffici di Placedu Canada, alla Central Station e alla Windsor Station, cre-ando il cuore della città sotterranea. Inoltre Square-VictoriaStation fu connessa alla Tour de la Bourse e all’edificio dellaMontreal’s Stock Exchange.Lo sviluppo della città sotterranea è affidata alla MontrealUrban Community Transit Commission, la cui politica consi-

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Note

1. Per quanto concerne quest’ultimo aspetto uno studio condottodall’UK Automobile Association nel 2001 ha mostrato che l’uso dinuove tecnologie sta riducendo i costi nella costruzione dei tunnele che tale riduzione è nell’ordine del 4% annuo. In Gran Bretagnail costo connesso alla realizzazione di tunnel urbani è di circa 80milioni di euro a chilometro. Tale costo può ridursi anche dimolto, laddove le condizioni del sottosuolo lo consentono (adesempio tunnel scovati nella roccia compatta) o sono presentiimprese esperte nello scavo di tunnel. Ad esempio per la

ste nell’offrire diritti di superficie negli spazi sovrastanti leuscite della metropolitana. Quando la nuova rete iniziò afunzionale nel 1966 già 10 edifici erano collegati diretta-mente alla metropolitana. Nella parte centrale della cittàsono rimasti solo due accessi non interessati da infrastrut-ture di superficie (Square-Victoria e Place-des-Arts).La realizzazione del Complexe Des Jardins nel 1974 dette ilvia alla realizzazione di una seconda parte della città sotter-ranea tra Place-des-Arts e Place-d’Arms. Tra il 1984 and1992 l’espansione ha interessato la realizzazione di tre grandicentri commerciali nell’area delle stazioni Peel e McGill: CoursMont-Royal, Place Montréal-Trust e la Promenades Cathédral(realizzata sotto la Christ Church Cathedral). In questoperiodo l’estensione della città sotterranea è passata da 12a 22 km.Una serie di grandi progetti degli anni ’90 hanno ulterior-mente aumentato la sua estensione: il 1000 De LaGauchetière (l’edificio più alto della città), il 1250 René-Lévesque e il Montreal World Trade Centre. Da ricordare iltunnel tra Eaton Centre and Place Ville-Marie e la costruzio-ne del Bell Centre.Nel 2003, la riqualificazione completa del QuartierInternational de Montréal ha rafforzato e consolidato unaserie di tratte della rete centrale con l’ammodernamento dicorridoi pedonali continui e l’ipotesi di estensione della retefino a 35 chilometri.«La Ville de Montréal possède désormais un équipementurbain unique, sans avoir jamais investi dans sa réalisation,son entretien ou sa surveillance. Grâce à la symbiose entrela cité souterraine et le rues commerciales en surface, lecentre-ville a pu conserver sa vitalité malgré les fluctuationsdes cycles économiques» (Besner 2000, 78).

Conclusioni

Nel corso degli anni l’uso degli spazi sotterranei è andatocrescendo e si è diversificato. Questi spazi, destinati in pre-cedenza solo alla realizzazione di servizi tecnici, di depositi,di aree per la protezione o per i trasporti sono stati di re-cente utilizzati per una serie di altri scopi, molto più com-plessi e di tipo multifunzionale.Parallelamente, anche le modalità di attuazione di questispazi si sono diversificate, essendo essi realizzati da attoripubblici (in genere) ma anche da soggetti privati, con variedeclinazioni del rapporto che si instaura tra di essi. Tutto ciòporta, comunque, ad un uso sempre più intensivo delsottosuolo nel quale vengono accolte funzioni autonome ofunzioni che rappresentano un prolungamento di quelle chesi svolgono negli spazi esterni.Dagli esempi e dalle considerazioni svolte in precedenza èpossibile definire una tassonomia delle problematiche con-nesse ai sistemi pedonali sotterranei. Gli elementi da consi-

derare, a questo proposito, sono (Barles e Jardel 2005):– l’esistenza di fattori specifici che favoriscono la scelta

dell’uso del sottosuolo e la progettazione di spazimonofunzionali o polifunzionali; questi fattori specificipossono essere molti e vanno dalle condizioni climati-che, alla congestione degli spazi esterni, alla necessitàdi destinazioni d’uso particolari di difficile interazione conle comunità presenti in superficie. È evidente che que-sti fattori differiscono da città a città e non sonounivocamente declinati;

– lo stato giuridico relativo alla proprietà e alla utilizzabilitàdel sottosuolo;

– le previsioni urbanistiche relativamente all’uso delsottosuolo; tali previsioni sono spesso assenti e il caricourbanistico di un centro o di un settore viene definitosolitamente in relazione alle funzioni esterne;

– la presenza di soggetti pubblici e privati interessati al-l’utilizzo del sottosuolo in relazione ai propri specifici pro-grammi di azione;

– i caratteri progettuali nella realizzazione di manufatti sot-terranei in relazione alla presenza o meno di elementitipologici unitari o differenziati;

– l’uso, la percezione e la valutazione degli spazi sotterra-nei in rapporto agli spazi esterni e alla loro utilizzabilità.

Un fattore fondamentale per la realizzazione di spazi vivibiliè rappresentato dalla corretta caratterizzazione dell’utenteprimario, ossia il pedone. Ciò vuol dire definire con attenzio-ne gli aspetti architettonici, quelli dimensionali e, soprattut-to, quelli psicologici degli spazi sotterranei, al fine di renderliconfortevoli e da invogliarne l’uso, soprattutto se insiemealla funzione connettiva sono presenti altre funzioni, in par-ticolare commerciali o pubbliche.Attorno ai pedoni e alle sue esigenze si costruisce lo spaziosia nel caso della situazione più semplice (il collegamentotra rete sotterranea ed uscita), sia in quello della costruzio-ne di spazi sotterranei multifunzionali (a carattere commer-ciale o infrastrutturale) connessi alla rete veloce dei tra-sporti, ma funzionanti autonomamente da essa.

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Vähäaho, I.T. (1999) “Helsinki Geotechnical Database”, Proc. COST C7 Workshop on soil-Structure Interaction, Thessaloniki,Greece, October 1999.

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Referenze immagini

L’immagine di pag. 29 è tratta dal sito web http:\\www.struktonciviel.com/nl-nl/Projecten/ProjectsOverview/Pages/PSUnsollicitedProposalAMFORA.aspx. L’immagine di pag. 30 è tratta dal sito web http:\\www.Flichr.com (licenza Creative Commons).L’immagine a pag. 32 è tratta da Bélanger (2007) op. cit. La fotografia di pag. 33 è dell’autore. L’immagine a pag. 34 è tratta dalsito web http://www.stm.info/metro/souterrain2006.pdf. Infine, l’immagine di pag. 35 è tratta dal sito web http:\\www.stm.info.

metropolitana di Helsinki lo scavo in roccia viva ha consentitocosti di circa 10 milioni a chilometro (Vähäaho 1999).

2. (A Parigi), pour les piétons, l’usage du sous-sol semble loind’être aussi systématique qu’à Montréal ou Tokyo. Les passagessouterrains permettant la traversée des chaussées, préconiséspar Émile Massard en 1910, font un fiasco; peu empruntés, «Ilsne sont que des lieux de rendez-vous, et accroître leur nombreserait obliger l’Administration à augmenter le nombre des agentsdes moeurs». On note néanmoins l’existence de deux grandscentres commerciaux: le Forum des Halles et le Carrousel duLouvre, galerie réalisée à l’occasion du projet du Grand Louvre.Aux portes de Paris, on peut citer le quartier de la Défense, quin’est pas sans points communs avec certains équipementsmontréalais ou tokyotes. Par ailleurs, beaucoup d’aménagementassurent les fonctions dévolues aux espaces piétonniersmontréalais et tokyotes: il s’agit des poles d’échanges, quiassocient de plus en plus fréquemment fonctions de circulationet de distribution et fonctions commerciales (Da Barles e Jardel2005, 19).

3. Da: http://www.masspike.com/index.html. The 138-mile longMassachusetts Turnpike, Interstate 90, spans Massachusettsfrom West Stockbridge on the New York border to Logan Airport/

Route 1A in East Boston. The Turnpike is actually two highwaysystems - the original MassPike, which opened in 1957, and theMetropolitan Highway System (MHS), which the MassachusettsLegislature created in 1997. The original MassPike portion runs123 miles between the New York border and Interchanges 14and 15 at Route 128/I-95 on the Weston-Newton town line.The Boston Extension portion of the MHS, runs for 15 milesbetween Route 128/I-95 and Logan Airport/Route 1A, throughthe Ted Williams Tunnel and the I-90 Connector.The Massachusetts Turnpike Authority was created by an actof the Massachusetts Legislature in 1952 and does not receivestate or federal tax revenue. The roadway, including the BostonExtension in the MHS and the two tunnels, operates on tollrevenue, supplemented with revenue from leasing, developmentof land and air rights, and advertising. The MHS law assignedthe Massachusetts Turnpike Authority the responsibility ofoverseeing the Central Artery/Ted Williams Tunnel (CA/T)Project. Upon completion all CA/T roadways will become part ofthe Massachusetts Turnpike Authority's MHS.

4. http://www.stm.info/metro/. Il sito della rete metropolitana diMontreal contiene molte informazioni ed immagini sulla cittàsotterranea.

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Pedonalità e riqualificazione urbana.L’area di Montesanto a Napoli

Carmela Gargiulo, Adriana Galderisi e Andrea CeudechLaboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected];[email protected];[email protected];web:www.dipist.unina.it

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1- No 3 - ottobre 2008 - pagg. 39-48

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

This paper illustrates a project targeted to the recovery ofthe area of Montesanto, in the historical city of Naples,through a route network devoted to a prevailing pedestrianuse. At present, relevant urban equipments are located inthe area; moreover, this area represents one of the mainjunction of the urban railway network, the shunting pointof relevant flows of users either towards the Greek-Romanpart of the historical city or towards the directional areaand the monumental core.Furthermore, in the above-said area, interventions addressedto the recovery of the Cumana station and of the square infront of the station have been recently carried out.The project –which is part of a wider Plan for ProtectedPedestrian Mobility in the historical city of Naples– aims atfostering the co-existence, under security condit ions,between high intense pedestrian flows and car flows, apartform assuring the implementation of a requalification processwhich, starting from the pedestrian network, would affectthe overall area.In detail the proposal, grounding on in-depth analyses ofthe features both of the urban context and of the individualroads and squares to be included in the pedestrian network,provides some guidelines for the reorganization of activitiesand f lows along the network and for the consequentredefinition of its spatial features.

Strade urbane e mobilità pedonale

Questo articolo propone una ipotesi progettuale per lariorganizzazione dei flussi pedonali e veicolari in una zona delcentro storico di Napoli,l’area di Montesanto, sviluppatanell’ambito di un complessivo Piano per la Mobilità PedonaleProtetta per Napoli messo a punto qualche anno fa da ungruppo di ricercatori del Dipartimento di Pianificazione eScienza del Territorio dell’Università di Napoli Federico II.L’obiettivo che tanto il Piano che l’ipotesi progettualepresentata in queste pagine si propongono è quello direstituire la città, e soprattutto le sue strade, alle persone,attraverso la predisposizione di una rete di percorsi aprevalente fruizione pedonale. In altri termini, ci si proponedi restituire alle strade quelle caratteristiche che le rendanodi nuovo idonee alla fruizione dell’uomo, al suo vivere urbanoed al suo più antico modo di muoversi: camminare.“In tutti itempi, e molto prima che le azioni e i sentimenti della gentevenissero presentati a pagamento sulle scene, la strada èstata il grande teatro del mondo” (Rudofsky 1969). E qualeteatro migliore di Napoli e delle sue strade! Molti “quandocapitano in un’animata strada riservata alla gente, sono tropposconcertati dalla stranezza dello spettacolo e dei suoi suoniper apprezzarne appieno i vantaggi. (…) Lo storicoGregorovius, trovandosi un giorno sulla terrazza del monasterodi San Martino e ascoltando con stupore crescente l’oceanodi voci che fluttuava contro la collina, pensò che la cittadinanzasi fosse sollevata in rovente furore contro il nuovo governo.Ma si sbagliava: il frastuono era prodotto dalle grida esultantidei venditori dei mercati mattutini. (…) La strada italiana è lacamera degli echi delle passioni umane” (Rudofsky 1969).Nel tempo, al frastuono delle grida si è sostituito il frastuonodi motori e lamiere.Solo di recente nelle città occidentali sono state intrapreseconcrete strategie per promuovere un uso delle strade diversodal solo muoversi in auto. La volontà di restituire le strade

Pedestrian Routes and Urban Requalification.The Montesanto Area in Naples.

alle persone sposta immediatamente l’attenzione verso ilcamminare come modalità prioritaria di spostamento all’internodella città. Mumford scriveva nel 1956: “il mezzo più rapidoper spostare centomila persone in una limitata area urbana,in un raggio ad esempio di ottocento metri, è farli andare apiedi; il più lento sarebbe di caricarle tutte su tanteautomobili”. Qualche anno dopo, ancora Rudofsky (1969)rimarcava che “camminare stimola la mente e aiuta amantenersi in salute”. A fronte di questi vantaggi l’uomooccidentale nutre però un’incomprensibile riluttanza versoquesta modalità di spostamento: “l’idea stessa di camminare–fuori della necessità di arrivare alla macchina o di uscirne, odi coprire la distanza tra una stazione della metropolitana e ilsuo ufficio– lo disgusta. Nella massima non-città degli StatiUniti, Los Angeles, un uomo che cammina per strada, senzaun cane, equivale a un vagabondo”.

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Purtroppo, uno sviluppo urbano caotico e incoerente cheha privilegiato per molti decenni l’uso dell’automobile adiscapito di tutte le altre modalità di spostamento, ha resoil camminare in città difficile, poco piacevole e in molti casipericoloso. Le difficoltà che incontra il pedone sono molteplici:dalle situazioni di pericolosità che si verificano nelle aree diintersezione tra traffico automobilistico e pedonale, allecondizioni di scarsa salubrità dovute alle emissioni di gas nocivida parte del traffico motorizzato, al degrado urbano checaratterizza alcune aree disincentivando l’andare a piedi.In Europa, nel corso degli ultimi decenni, lo spostamentopedonale in ambito urbano è stato progressivamenterivalutato e si è affermata la necessità di dotare le città dispazi attrezzati, qualificati e sicuri dedicati a questa modalitàdi percorrenza.A partire dagli anni Settanta la mobilità pedonale è statarilanciata attraverso una pluralità di iniziative, documenti enorme che perseguono obiettivi molteplici: dalla sostenibilitàdello sviluppo alla riqualificazione dei tessuti degradati; dallariduzione delle emissioni inquinanti alla sicurezza stradale;dalla protezione degli utenti più deboli (anziani, bambini,portatori di handicap) alla promozione di forme dispostamento più rispettose dell’ambiente.

La Rete dei Percorsi Pedonali come opportunità diriqualificazione urbana di Napoli

A partire dall’inizio degli anni Novanta, l’AmministrazioneComunale di Napoli ha promosso un sistema di azioni integratevolte a promuovere la mobilità pedonale.In particolare, dopo l’avvio di alcune iniziative “pilota”circoscritte nello spazio (quale ad esempio la pedonalizzazionedi piazza S. Maria la Nova dal 1992) o a particolari intervallitemporali (chiusura domenicale di via Caracciolo dal 1994),

è possibile far coincideresimbolicamente l’avvio diuna nuova strategia voltaalla incentivazione dellafruizione pedonale dellacittà con la chiusura altraffico di piazza Plebiscitonel 1994. Prima dellachiusura, la storica piazzanapoletana versava incondizioni di estremodegrado: ridotta a spaziodi supporto del traffico

motorizzato per funzioni di attraversamento, parcheggio estazionamento degli autobus, non era più percepita daicittadini come “luogo” (tra l’altro di importanza storico-artistica) ma come semplice collegamento tra la parte piùinterna della città storica, il nucleo greco-romano, e il frontemare verso Santa Lucia.Piazza Plebiscito era uno tra i nodi più congestionati dellarete stradale napoletana, perennemente nascosta sottouna coltre di automobili.Il recupero della piazza e la successiva interdizione del trafficomotorizzato hanno “disvelato” ai cittadini uno spaziodimenticato che, nel tempo, è divenuto uno dei luoghisimbolo della città.Dopo la pedonalizzazione di piazza Plebiscito si è assistito anumerose altre iniziative volte a restituire alla città e alpedone importanti spazi urbani: Antignano nel 1994; viaScarlatti nel 1995; Piazza Monteoliveto e Borgo Marinari nel1996, fino alle più recenti pedonalizzazioni di via Toledo e divia Chiaia.In particolare, la riqualificazione dell’asse che congiunge ilMuseo Archeologico con Piazza del Plebiscito costituisce unelemento strategico nel processo di riqualificazione dell’interocentro storico di Napoli. Il percorso si innesta su quattropiazze, ciascuna delle quali, per caratteristiche simboliche,funzionali e storiche, rappresenta una diversa anima dellacittà:– piazza Plebiscito, la “Napoli Monumentale” e simbolo della

città nel mondo;– piazza Carità, la “Napoli degli Affari” a diretto contatto

con la city tradizionale;– piazza Dante, “la Napoli Storica” e simbolo della rinascita

del centro storico;– piazza Cavour, la “Napoli delle Radici” per la vicinanza al

Museo Archeologico Nazionale.Questo asse, oltre alla qualità diffusa della maggior partedelle sue costruzioni, è ricco di emergenze di indiscussovalore storico-artistico-architettonico quali palazzi storici,chiese monumentali, spazi pubblici coperti (le galleriestoriche), che richiamano migliaia di visitatori ogni anno. Oltrea ciò, l’importanza e la bellezza del percorso sono esaltatedal fatto che su questo asse confluiscono e si incrocianoaltri itinerari di rilievo artistico, storico e simbolico: piazzaDante, piazza Cavour e piazza Carità sono a diretto contattocon la Napoli greco-romana; piazza Carità è alla confluenzadi percorsi a forte identità, di percorsi universitari e, comeaccennato, degli affari; piazza del Plebiscito dischiude, poi,l’itinerario a mare.Nell’ambito della strategia volta ad agevolare gli spostamentipedonali in ambito urbano, un ruolo di grande rilevanza hannorivestito sia il Piano Comunale dei Trasporti (PCT) che ilPiano Generale del Traffico Urbano (PGTU), entrambiorientati a favorire la “pedonalità diffusa” attraverso azionirivolte prioritariamente a migliorare l’efficienza e l’efficacia

Piazza del Plebiscitoalla fine degli anni

Sessanta e alla finedegli anni Novanta.

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Pedonale Protetta per quanti quotidianamente usano la città–dai turisti ai cittadini– è organizzato in relazione a quattrofattori-criteri principali: la rilevanza storica dei percorsi, lapresenza di emergenze architettoniche, culturali e ambientali,la vocazione dei luoghi-nodi (le piazze), la presenza e ladistribuzione di attività che attraggono un numero elevatodi persone.Una rete di percorsi a prevalente fruizione pedonale, quindi,strettamente integrata con la rete della mobilità su ferro eorientata alla riappropriazione dei luoghi, alla riscoperta dellaloro identità e alla riqualificazione di molti tessuti urbanidegradati.Il Piano parte dal presupposto che esistono ormai le condizioni–culturali– e i mezzi –strutturali– per uscire dall’ambito dellasingola iniziativa o dell’insieme disgregato di azioni –per puntie segmenti isolati– per promuovere in maniera efficace unarete di opportunità atte a garantire, con continuità esicurezza, la fruzione pedonale della città ai suoi abitanti e aquanti, sempre più numerosi, visitano Napoli.

del trasporto pubblico. In particolare, la realizzazione di unaefficiente rete metropolitana di trasporto su ferro, previstadal PCT e già in gran parte attuata, costituisce unacondizione indispensabile per la fruizione pedonale dellospazio urbano. Tale rete unisce il centro alle aree periferiche,consentendo l’interscambio con le altre linee del trasportopubblico. In tale contesto, il Piano della Mobilità PedonaleProtetta va inteso anche come applicazione ed esaltazionedella logica descritta per il percorso Piazza Plebiscito-MuseoNazionale e va considerato come un sistema di interventiche, integrandosi con le azioni previste nel PCT e nel PGTU,si avvale delle opportunità offerte dalla realizzazione dellanuova rete metropolitana su ferro.La rete dei percorsi utilizzabili dalla gente incontra una seriedi spazi (le piazze) cui si tenta di restituire identità (le diverseanime), attraverso interventi che esaltano quelle vocazioniche, da secoli, le rendono un “luogo unico” come, adesempio, il percorso della Pignasecca a Montesanto. Allaluce degli obiettivi e della logica adottata, il Piano della Mobilità

Il Piano della Mobilità Pedonale Protetta per la città storica di Napoli individua una rete di percorsi e nodi, di primo e secondo livello.L’area di Montesanto, cerchiata in rosso, si configura quale punto di confluenza di alcuni percorsi di primo livello.

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L’area di Montesanto è sede di rilevanti attrezzature urbane e costituisce uno dei principali nodi della rete del trasportosu ferro all’interno della città. Elevatissimi i flussi pedonali nell’area, soprattutto in alcune fasce orarie.

La rete pedonale per la riqualificazione dell’area diMontesanto

La scelta di Montesanto quale ambito di applicazione everifica delle scelte effettuate dal Piano per la MobilitàPedonale Protetta nella città storica di Napoli è frutto dellaconsiderazione che la realizzazione di una rete per la mobilitàpedonale costituisca uno dei principali strumenti diriqualificazione urbana: in tal senso l’applicazione proposta,piuttosto che individuare provvedimenti restrittivi del trafficoo della sosta veicolare lungo gli archi o i nodi della rete, èstata orientata a delineare indirizzi, linee guida per l’innescodi un processo di riqualificazione di un’area attualmenteinteressata da elevati livelli di degrado, accrescendone lecaratteristiche di accessibilità e fruibilità.L’area selezionata include Piazza Olivella e via Olivella ed èdelimitato a nord dall’asse via Montesanto-via Tarsia, ad estda via Toledo e a sud-ovest dall’asse via Portamedina-viaPignasecca.La scelta dell’area di Montesanto ha tenuto conto,contemporaneamente e contestualmente, sia del livello di“strategicità” che delle caratteristiche di degrado dell’area,oltre che di altre caratteristiche emerse dalle indaginipreliminari effettuate sull’intera area centrale della città edelle scelte effettuate in sede di redazione del Piano dellaMobilità Pedonale Protetta. In relazione al ruolo strategicodell’area di Montesanto nella rete complessiva della mobilità

urbana, va evidenziato che esso si configura quale nodoprimario del trasporto pubblico su ferro. Sono localizzati infattiin quest’area: lo scambiatore di Montesanto della linea dellametropolitana che collega la città da oriente ad occidente;il terminale di una delle due funicolari di connessione tra ilcentro della città e l’area collinare; il terminale della lineaCumana che congiunge l’area urbana centrale con l’areaflegrea. Inoltre, l’ambito è molto vicino alla stazione di PiazzaDante della nuova linea metropolitana.La concentrazione di un così elevato numero di terminali escambiatori del trasporto pubblico e la peculiare localizzazioneassegnano a quest’area un ruolo “cerniera” di primariaimportanza: essa costituisce, infatti, un nodo di smistamentodell’elevato flusso di utenti che utilizza le diverse linee deltrasporto pubblico su ferro sia verso il nucleo della cittàgreco-romana –luogo della massima concentrazione dei flussituristici e, nel contempo, sede di rilevanti funzioni urbanequali il Policlinico e l’Università– sia verso l’area direzionale, lacity, ed il centro monumentale e rappresentativo della città(p.zza Municipio, p.zza Plebiscito).Una stima approssimativa dell’entità dei flussi pedonali cheinteressa quest’ambito può essere effettuata a partire daidati rilevati da Abacus per conto della Società Metronapolinel corso dei primi mesi del 2002. In particolare, gli studicondotti sulla linea della Metropolitana Gianturco-Pozzuolihanno evidenziato che la stazione di Montesanto (PiazzaOlivella) è interessata da un flusso di circa 3.800 utenti nelle

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fascia oraria 7-11. Analogamente, per la Funicolare diMontesanto si evidenzia che, nella medesima fascia oraria,la stazione di Montesanto è interessata da un flusso in uscitapari a circa 1.500 utenti. Quindi, pur non considerando ilrilevante flusso in uscita dalla Cumana di Montesanto, i datiAbacus conducono a stimare che il solo Largo Montesantoè interessato, nella fascia oraria 7-11, da un flusso di pedoniche supera le 5.000 unità.Tale flusso si ripartisce tra i diversi assi che da questo nodosi dipartono: l’asse via Montesanto-via Tarsia e l’asse viaPortamedina-via Pignasecca, che ne assorbe l’aliquotamaggiore. In particolare, il tratto maggiormente investitodal flusso pedonale è il tratto di via Portamedina: incorrispondenza del Largo Pignasecca, infatti, il flusso si ripartisceulteriormente tra via Forno Vecchio e via Pignasecca. Vaancora considerato che l’ambito ospita rilevanti attrezzatureurbane: all’interno del perimetro descritto sono, infatti,localizzati l’Ospedale dei Pellegrini e una delle sedi della Facoltàdi Architettura.L’area, che ospita inoltre un teatro, un cinema, una sededella Questura e sedi bancarie, presenta anche un’elevatadensità commerciale, specie lungo la via Pignasecca, checostituisce una vera e propria strada-mercato.In sintesi, l’area di Montesanto si connota come strategicasia in quanto punto di confluenza dei principali percorsi diprimo livello individuati dal Piano per la Mobilità PedonaleProtetta –che tagliano, trasversalmente, il nucleo urbano

più antico– sia per le specifiche caratteristiche fisiche efunzionali che ne fanno un significativo “banco di prova” perla messa a punto di soluzioni volte a favorire, da un lato, lacoesistenza, in condizioni di sicurezza, tra flussi pedonali adelevata intensità (soprattutto in alcune ore del giorno) eflussi automobilistici (utenza locale e accessibilità diemergenza); dall ’altro, l ’ innesco di un processo diriqualificazione che investa, a partire dagli archi e dai nodidella rete, l’area nel suo complesso.La conoscenza dell’ambito è stata orientata ad unaapprofondita indagine sulle condizioni di contesto e sullecaratteristiche fisiche e funzionali dei percorsi. In primo luogo,sono state esaminate le condizioni di contesto, con particolareriferimento alle principali funzioni urbane con i relativi punti diaccesso, ai fronti commerciali, ai terminali e agli scambiatoridel trasporto pubblico su ferro presenti, agli attuali sensi deimarcia del traffico veicolare lungo la rete viaria internaall’ambito. Le indagini effettuate hanno fornito una primaindicazione per la classificazione tipologica dei percorsi(pedonali, misti).Si è quindi focalizzata l’attenzione sui singoli tratti della rete,effettuando indagini di dettaglio sulle caratteristiche fisichee funzionali degli archi e dei nodi che compongono la retedei percorsi di primo livello.La rete dei percorsi di primo livello individuata risultastrutturata intorno a tre assi principali: l’asse via Tarsia-viaMontesanto; l’asse via Forno Vecchio-via Portamedina-via

L’indagine di dettaglio ha consentito di individuare le attività di rilievo urbano, le attività ai piani terra, gli ostacoli allafruizione pedonale e le caratteristiche dimensionali dei percorsi e nodi da via Portamedina a via Forno Vecchio.

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Olivella; il tratto, che si innesta sul precedente, di viaPignasecca. L’ambito è delimitato, inoltre, da un ulterioreasse di primo livello, già interessato da recenti interventi diriqualificazione, quello di via Toledo. Questo sistema dipercorsi si articola intorno a tre nodi: Piazzetta Olivella, PiazzaMontesanto e Largo Pignasecca.Per ciascun arco e nodo della rete, ad eccezione del trattodi via Toledo, sono state individuate le attività ai piani terra,gli elementi che possono creare intralcio o disturbo allacircolazione pedonale (commercio ambulante, cassonetti nonin sede, ecc.), le aree di sosta veicolare lungo la sede viaria,gli elementi di arredo (fioriere, dissuasori, ecc.), i tratti in cuisono già presenti elementi per la protezione del flussopedonale. Inoltre, sono state effettuate analisi dimensionalilungo i singoli archi e nodi della rete (sede viaria, marciapiedi,ecc.) rappresentate attraverso sezioni effettuate in alcunipunti significativi.Ciò ha consentito, da un lato, di pervenire alla definitivaclassificazione tipologica dei singoli archi e dei nodi, anche inragione della specificità funzionale di ciascuno di essi, dall’altro,di delineare, in chiave metaprogettuale, ipotesi di interventoper ciascuna tipologia di arco e di nodo.In particolare, la classificazione tipologica preliminare effettuatadal Piano aveva condotto ad una classificazione degli assiselezionati in quest’ambito come assi di primo livello da

pedonalizzare in ragione sia dell’intensità dei flussi pedonalipresenti, che degli attrattori funzionali localizzati nell’ambito.La riclassificazione proposta, a valle delle indagini effettuate,prevede invece due assi misti ed un asse pedonale, articolatiintorno a tre nodi.Le indagini di dettaglio hanno evidenziato, infatti, che lefunzioni urbane presenti, l’elevata densità abitativa e lecaratteristiche della rete viaria locale rendono scarsamentepraticabile l’ipotesi di una pedonalizzazione dell’insieme degliassi considerati: si è ritenuto più opportuno, quindi, ipotizzarela pedonalizzazione di alcuni tratti, caratterizzando i restanticome percorsi misti, in cui determinare le condizioni per unacoesistenza, in condizioni di sicurezza, tra flussi veicolari,compresi quelli di emergenza determinati dalla presenzadell’attrezzatura ospedaliera, e flussi pedonali e per utenticon capacità motorie ridotte. I percorsi misti identificati sonol’asse via Montesanto-via Tarsia-Salita Tarsia e l’asse di viaPignasecca.Il primo asse misto, caratterizzato da dimensioni della sedeviaria attualmente variabili tra gli 8 e i 9 metri circa, èattualmente caratterizzato da un flusso pedonale contenutoe costituisce (almeno dall’incrocio con via Toledo finoall’incrocio con via Sciuti) l’asse di accesso al Pronto Soccorsoospedaliero e, nel contempo, indispensabile spina didistribuzione per il traffico veicolare locale. Lungo quest’asse

Le indagini di dettaglio per il percorso tra Largo Pignasecca e via Pignasecca.

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si prevede, quindi, la realizzazione diuna sede pedonale protetta, con unrilevante ampliamento dei marciapiedialmeno lungo il fronte a più elevataintensità commerciale dove talelarghezza dovrà essere pari adalmeno m. 2,30. L’asse potràcomunque consentire il trafficoveicolare a doppio senso di marcia,tranne che nell’ultimo tratto (SalitaTarsia), dove è previsto un unicosenso di marcia veicolare; il flussoveicolare in direzione opposta potràutilizzare (come già avviene) il trattovico Latilla-via dei Pellegrini. Ancheper questo tratto sono previstimarciapiedi atti a consentire ilpassaggio pedonale lungo vico Latillafino a Piazza D’Ovidio, oggetto di un recente intervento diriqualificazione. Il marciapiedi proseguirà anche lungo via deiPellegrini fino all’incrocio con via Toledo.In particolare, per il nodo di Piazzetta Olivella si prevedonoazioni mirate a rafforzare l’uso attuale: la completa chiusuradella piazza al transito e, soprattutto, alla sosta veicolare –che ne costituisce oggi i l principale problema–

contestualmente alla riqualificazione dello spazio verdeattrezzato, potrà contribuire infatti a caratterizzare la piazzaquale luogo privilegiato di aggregazione sociale nel quartiere.Tale scelta consentirebbe anche di accrescere la dotazionedi spazi verdi in un quartiere ad elevata densità edilizia ecaratterizzato da un’elevata carenza di spazi liberi al propriointerno. L’accesso veicolare al nodo potrà essere impedito

La proposta progettuale per l’area di Montesanto è stata orientata alla puntuale definizione delle caratteristichefunzionali e spaziali dei percorsi e dei nodi della rete a prevalente fruizione pedonale individuata.

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attraverso l’impiego di opportuni dissuasori collocati nellaparte alta della piazza (tra via San Cristofaro all’Olivella e vicoII Montesanto), consentendo però l’accesso sia ai soggetticon capacità motorie ridotte, sia ai mezzi di soccorso che aimezzi per il carico e lo scarico delle merci. É inoltre prevista,al limite superiore della piazza, immediatamente all’esternodell’area pedonalizzata, la realizzazione di alloggiamenti per icassonetti portarifiuti. Il flusso pedonale in uscita dallastazione della metropolitana potrà essere incanalato, anchemediante opportune segnalazioni (quali l’impiego di materialidi pavimentazione differenti da quelli utilizzati all’interno dellapiazza), lungo l’asse di via Olivella, tangente alla piazza.Percorsi pedonali privilegiati, lungo i quali va accuratamenteevitata la localizzazione di elementi di arredo e di servizioche ostacolano il flusso pedonale, sono previsti anche sulfronte terminale della piazza opposto alla stazione della

metropolitana, dove sono presenti anche alcune attivitàcommerciali. La parte centrale della piazza potrà inveceessere caratterizzata, anche attraverso opportune alberatureed elementi di arredo, come area verde di quartiere; al suointerno potrà essere ospitato un punto di ristoro realizzatocon strutture temporanee. Inoltre, il nodo potrà essereattrezzato con segnaletica informativa e di orientamentosia per l’utenza turistica che per quella urbana.Il nodo di Piazza Montesanto è stato recentemente oggettodi interventi di ampliamento della sede pedonale, inoccasione del recupero della stazione della linea Cumana.Tale nodo dovrà essere ulteriormente caratterizzato qualeluogo di informazione, orientamento e smistamento sia perl’utenza turistica che per quella urbana. Il nodo, infatti, èinteressato da rilevanti flussi pedonali in ingresso e in uscitadalle stazioni della Cumana e della Funicolare, che

prospettano sulla piazza, e dallastazione della metropolitana di PiazzaOlivella e riveste un ruolo strategicoper l’accesso pedonale sia al nucleourbano più antico e a quellomonumentale-rappresentativo di piazzaPlebiscito-piazza Municipio, attraversola passeggiata pedonale di via Toledo,sia ai grandi attrattori funzionalilocalizzati nell’area centrale della città.Anche in questo caso, si prevede lachiusura al traffico veicolare all’internodel nodo attraverso l ’ impiego diopportuni dissuasori collocati sia incorrispondenza di via Ventaglieri, chein corrispondenza di vicoloPortamedina, nella parte alta dellapiazza che consentano però l’accessosia ai soggetti con capacità motorieridotte sia ai mezzi di soccorso che aimezzi per il carico e lo scarico dellemerci. Il flusso pedonale in uscita dallestazioni potrà essere incanalatomediante opportune segnalazioni lungopercorrenze che attraversanocentralmente la piazza l’uno in direzionedi via Portamedina, l’altro in direzionedi via Tarsia. Segnaletica informativa edi orientamento sia per l ’utenzaturistica che per quella urbana dovràessere dislocata anche lungo il percorsoche da via Olivella raggiunge la piazza.Un chiosco informativo multifunzionaleè previsto, inoltre, nell’area terminaledella piazza verso via Portamedina.Accanto al chiosco sono previsteattrezzature temporanee per il ristoro

L’ipotesi progettuale prevede interventi essenzialmente rivolti a migliorarel’arredo urbano e le condizioni di sicurezza per la circolazione dei pedoni.

Percorso Largo Pignasecca-via Pignasecca.

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e la sosta. Ulteriori aree attrezzate per la sosta sono previstein corrispondenza delle attività che prospettano sulla piazza(bar, pizzerie e ristoranti). Esse potranno essere separatedalla piazza da elementi verdi intesi quali filtro rispetto allepercorrenze pedonali privilegiate. Appositi stalli per la sostadei taxi potranno essere localizzati in prossimità del nodopedonale, nel tratto terminale di via Montesanto. Nelmedesimo tratto saranno alloggiati, attraverso la predispo-sizione di strutture in pietra in sede propria, anche i cassonettiportarifiuti.Il terzo ed ultimo nodo, corrispondente con il LargoPignasecca, potrà essere caratterizzato invece come luogodel mercato. É questa infatti la vocazione attuale dell’area,che ne rappresenta di fatto la connotazione identitaria eche si intende, attraverso un’adeguata riorganizzazione deglispazi e delle attività, riqualificare e valorizzare.Opportuni dissuasori sono previsti lungo i due tratti pedonaliche danno accesso al nodo: lungo via Portamedina, incorrispondenza di vicolo dei Pellegrini e lungo via Pignasecca,in corrispondenza di via Pasquale Scura. L’area pedonale potràestendersi, a partire dal nodo, anche verso via Forno Vecchio,vera e propria estensione del Largo Pignasecca: lungo ilpercorso saranno infatti localizzate alcune delle attivitàcommerciali temporanee attualmente presenti nel nodo. IlLargo Pignasecca costituisce, infatti, un’area ad elevatissimaintensità commerciale: oltre al fronte continuo di negozi lungotutti i lati della piazza, sono presenti numerosi venditoriambulanti che, nonostante i recenti ampliamenti della sedepedonale, costituiscono un rilevante ostacolo al flussopedonale. Si prevede, dunque, di ridurre l’area destinata alleattrezzature commerciali temporanee all’interno del LargoPignasecca, dislocandone una parte lungo via Forno Vecchio.Il flusso pedonale potrà essere incanalato, anche mediantel’impiego di materiali di pavimentazione differenti da quelliutilizzati all’interno della piazza, lungo un asse che attraversacentralmente la piazza e un asse ortogonale verso via FornoVecchio. Inoltre, sono previsti ulteriori percorsi pedonaliprivilegiati a diretto contatto con le attività commerciali insede fissa. Una piccola struttura informativa e di orientamentosia per l’utenza turistica che per quella urbana, ancheattrezzata con sedute, è prevista all’interno del nodo, inprossimità di via Forno Vecchio. Infine, una piccola area perla sosta e il ristoro è prevista in corrispondenza del bar, postoall’incrocio tra via Portamedina e via Forno Vecchio. Appositistalli per la sosta dei mezzi per il carico e lo scarico delle mercisono previsti in prossimità del nodo pedonale, nel trattoterminale di via Pignatelli; nel medesimo tratto sarannoalloggiati, attraverso la predisposizione di strutture in pietrain sede propria, anche i cassonetti portarifiuti. Inoltre, lungol’asse via Montesanto-Salita Tarsia è prevista un’areaattrezzata per il ristoro, in prossimità del Teatro Bracco el’ampliamento della sede del marciapiede in corrispondenzadell’ingresso al Teatro.

Esemplificazioni delle proposte progettuali per alcuni archi enodi della rete: percorso Montesanto-via Tarsia e percorso p.ttaOlivella-p.zza Montesanto.

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Nella parte terminale dell’asse verso il Largo Montesanto, lalarghezza dei marciapiedi è tale da consentire la realizzazionedi fasce di arredo e, in alcuni tratti, stalli per sosta dei taxi eappositi alloggiamenti per i cassonetti portarifiuti ubicati lungoi marciapiedi.Il secondo asse misto, quello di via Pignasecca, conun’ampiezza della sede viaria di gran lunga inferiore rispettoall’asse descritto in precedenza, supporta attualmente,sopratutto in alcune fasce orarie, elevatissimi flussi pedonali,presenta fronti commerciali continui su entrambi i lati ed èinteressato sia da traffico veicolare locale che, almeno neltratto terminale, da un flusso veicolare di connessione tra ilCorso Vittorio Emanuele e l’area urbana centrale.Si è ritenuto quindi opportuno, pur classificando eattrezzando anche quest’asse come percorso misto,prevederne la completa chiusura al traffico veicolare di viaPignasecca in alcune fasce orarie. Trattandosi comunque diun percorso misto, si prevede una corsia a senso unico dimarcia di larghezza pari a 3,50 m ed un ampliamento deimarciapiedi sui due fronti per una larghezza minima di 2,10m. La dimensione del marciapiede potrà essere ridotta nella

parte terminale del percorso, verso laPiazza Salvo d’Acquisto, dove lungo ilfronte a più bassa densità di esercizicommerciali il marciapiede potrà avere unalarghezza di 1,50 m.L’unico asse esclusivamente pedonaleindividuato parte da Piazza Olivella,prosegue lungo via Olivella e viaPortamedina fino al Largo Pignasecca e,attraverso via Forno Vecchio, sicongiunge con via Toledo. Su quest’assesi innesta il tratto pedonale di viaPignatell i , che si diparte da LargoPignasecca e si sviluppa ortogonalmentea via Forno Vecchio. Pur caratterizzandosicome asse pedonale unitario, esso ècostituito da due tratti pedonali (PiazzaOlivella-Largo Montesanto e LargoPignasecca-via Forno Vecchio) e da untratto centrale (lungo via Portamedina)che consente il transito dei flussi veicolaridi emergenza (ambulanze o mezzi privatidiretti al pronto soccorso ospedaliero).Si segnala, in particolare, che lungo iltratto centrale di quest’asse, è previstauna corsia di 3.50 m. per il transito deimezzi di emergenza. In questo tratto lacontinuità del percorso pedonale potràessere garantita attraverso l’ampliamentodelle sedi dei marciapiedi che avrannolarghezza pari a 1,60 m sul fronte checosteggia l’Ospedale dei Pellegrini e pari

a 2,40 m sul fronte opposto.La proposta per l’ambito di Montesanto ha costituito,dunque, non solo un’opportunità di verifica delle procedureper l’individuazione e la classificazione dei percorsi delineatedal Piano per la Mobilità Pedonale Protetta ma, anche, unbanco di prova per la predisposizione di specifici indirizzi perla riorganizzazione funzionale ed la conseguente ridefinizionedelle caratterstiche fisiche dei percorsi e dei nodi aprevalente o esclusiva fruizione pedonale nell’ambito.

Riferimenti Bibliografici

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Referenze immagini

Le immagini di pagina 40 sono tratte da www.cgilcampania.it (in alto)e da www.radiomarte.it (in basso). Le altre immagini e disegni sonoelaborazioni e foto degli autori.

Riorganizzazione funzionale e riconfigurazione spaziale del nodo di Montesanto.

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Enrica PapaLaboratorio TeMA - Territorio Mobilità e AmbienteDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

The paper focuses on a peculiar typology of walkinginfrastructure: pedestrian subway/skyway systems. Theseinfrastructure for the pedestrian mobility are Climate ControlledWalkway [CCW] networks made by pedestrian bridges or tunnelslinking buildings, which allow pedestrians to move without usingcity streets and offer advantages to urban pedestrians. Prominentexamples are the tunnel systems of Montreal and Toronto, themixed tunnel/skywalk systems of Houston and Dallas, the skywalksystems of Minneapolis, Calgary and Cincinnati. The paper reportsome result of a comparative analysis of 19 study cases and definethe main characteristic subways and skyways system where thepedestrian flows are completely separated from the vehiculartraffic. The strengths are mainly related to the protection topedestrian from weather and crime, the separation from vehicletraffic, the retails attractiveness in central business district,thereduction of car use in central areas, low maintenance costs forpublic authority. The weaknesses are low quality of street life,private management of the spaces and lack of orientation in thepedestrian network. Despite the success of some study cases, isstill necessary to ask if these kind of pedestrian network are asustainable solution for walking in city areas and what is the roleof urban and transportation planning in order to minimize thenegative effects of these practices.

Subway and Skyway System: SustainableInfrastructure for Walking?

Una classificazione dei sistemi per la mobilità pedonale

I termini utilizzati per definire la mobilità pedonale e ciclabile(Mobilità lenta, mobilità dolce, mobilità soft) si riferiscono ingenerale al tema della lentezza, del passeggiare, del viveregli spazi pubblici, enfatizzando le differenze con una mobilitàmeccanizzata, invasiva e frenetica. Negli ultimi anni lacrescente attenzione alla tutela ambientale e alla sicurezzadelle reti stradali ha contribuito a rilanciare il tema mobilitàpedonale, non solo come opportunità per la riqualificazioneurbana e la vivibilità dei centri storici, ma come occasioneper considerare il camminare come uno dei modi per spostarsinelle aree ad elevata densità, da integrare nel sistemamultimodale di trasporto esistente (International WalkingCharter 2006). Tra gli obiettivi legati all’incentivazione e allatutela della mobilità pedonale in molti progetti europei(ADONIS, MIDAS, ASTUTE1) si riporta infatti non solo ilmiglioramento della qualità urbana e la vivibilità degli spazipubblici, ma anche la riduzione degli spostamenti con l’autoe quindi degli impatti negativi dell’uso dell’auto sull’ambienteurbano, sulla salute e sulla sicurezza dei cittadini.L’approccio che è alla base delle strategie messe in attoconsidera il camminare come uno dei principali modi ditrasporto della mobilità urbana, restituendo al modopedonale il ruolo essenziale nel sistema multimodale ditrasporto (Litman 1998).In termini operativi questo si traduce nel dare priorità aipedoni nella pianificazione urbana e dei trasporti e creareuna rete pedonale densa e continua, connessa al sistemadi trasporto pubblico (Prompt 2005). Per quanto riguardala continuità della rete pedonale, ovvero i problemi diinterferenza tra i flussi pedonali ed i flussi veicolari nello stessodocumento si fa riferimento alla necessità di integrare lereti pedonali con la rete di trasporto multimodale. In altreparole viene proposto di favorire gli interscambi tra la retededicata ai pedoni ed il sistema di trasporto pubblico

(attraverso il facile e confortevole accesso pedonale allefermate e alle stazioni) e parallelamente, viene sottolineatol’importanza di minimizzare il numero e la pericolosità delleintersezioni tra la rete pedonale e la rete dedicata alleautovetture, dando una priorità generalizzata ai pedoni.Tra i casi di successo riportati nel documento finale deiprogetti europei si citano le reti pedonali in città medieorientate alla creazione di centri storici ad elevata vivibilità.In generale, infatti, quando si parla di reti pedonali nellecittà europee di solito ci si riferisce a zone a traffico limitato(ZTL) o alla chiusura al traffico in aree urbane centrali aprevalente vocazione turistica.Tuttavia in base alle caratteristiche di intersezione con iltraffico veicolare è possibile individuare altre due tipologiedi sistemi per la mobilità pedonale: le reti pedonali e le retipedonali “dedicate”. Più in generale i sistemi per la mobilitàpedonale si possono classificare in tre macro categorie:

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 49-56

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

Subway e skyway: infrastrutturesostenibili per la mobilità pedonale?

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1. Sistemi per la mobilità pedonale “a zona” caratterizzatidalla chiusura o limitazione del traffico veicolare inun’intera area urbana. In generale l’applicazione di Zonea Traffico Limitato (ZTL), delle Aree Pedonali Urbane edelle Isole Ambientali2 avviene nei centri storici delle areeurbane caratterizzate da destinazioni d’uso residenziali ecommerciali e dalla presenza di attrazioni turistiche. Gliutenti di queste aree sono i residenti ed i turisti. Nellamaggior parte dei casi l’introduzione delle zone pedonaliavviene per restituire a fini turistici interi pezzi di città.Alcuni esempi sono Zurigo, Nantes e anche molti centriItaliani come Firenze o Siena. In generale le zone urbaneliberate dalle auto sono accessibili tramite un sistema dimezzi pubblici come il tram (nel caso di Nantes eFriburgo) o da mezzi pubblici su gomma (come adesempio la ZTL BUS di Venezia) e da veicoli autorizzati inalcune ore del giorno (residenti o veicoli commerciali).

2. Sistemi per la mobilità pedonale “a rete” caratterizzatida un sistema di assi e piazze pedonali protetti, dedicatial traffico pedonale. Gli assi pedonali sono interconnessitra loro, creando una rete lungo la quale il pedone puòspostarsi in sicurezza raggiungendo punti strategici dellacittà grazie alla regolamentazione degli attraversamentidegli assi dedicati al traffico veicolare o ciclabile. Questatipologia di rete pedonale viene di solito applicata ingrandi centri urbani, ed ha un’estensione maggiorerispetto alle ZTL. Gli assi viari principali della rete pedonalesono vie commerciali delle zone centrali della città,percorsi ad alto valore ambientale, assi di collegamentotra grandi attrattori di spostamenti pedonali (scuole,

Tra le diverse tipologie di sistemi per la mobilità pedonale, le reti pedonale dedicate costituiscono un interessanteapplicazione di separazione completa dei flussi pedonali e veicolare: le reti dedicate sono infatti costituite da percorsi

sopraelevati (skyway) e sotterranei (subway) lungo i quali i pedoni possono spostarsi con elevati standard di sicurezza.Gli assi dedicati ai pedoni sono percorsi attrezzati commerciali di collegamento tra le stazioni della metropolitana, edifici

terziari pubblici e privati, grandi centri commerciali.

università, uffici, etc…). Questa tipologia di rete pedonaleviene implementata grazie a strumenti definiti ad hocper la mobilità pedonale. Gli esempi paradigmatici sono ilPlan Pièton di Ginevra (Geneve Service d’Urbanisme2005) e il Walking Plan for London (Transport for London2004) orientati a valorizzare i luoghi pubblici, a facilitarela mobilità pedonale e a moderare il traffico veicolare.Questa tipologia di reti pedonali presenta delleintersezioni con i l traffico veicolare, di solitoregolamentate da attraversamenti semaforici, e sicompone non solo di assi completamente pedonalizzati,ma anche da assi a flusso misto.

3. Sistemi per la mobilità pedonale “a rete dedicata”caratterizzati da percorsi perdonali sotterranei osopraelevati dal piano stradale che non presentanointerferenze con il flusso veicolare. Gli assi dedicati aipedoni sono percorsi attrezzati commercial i dicollegamento tra le stazioni della metropolitana, edificiterziari pubblici e privati, grandi centri commerciali. Esempiparadigmatici di queste reti sono Montreal e Calgary,che, come descritte nel paragrafo seguente, costituisconole città con la più ampia rete pedonale rispettivamentesotterranea e sopraelevata.

Mentre le prime due categorie di reti pedonali presentanouna sovrapposizione tra i flussi pedonali e quelli veicolari,con un maggior o minor grado di interferenza, nelle retipedonali dedicate i flussi pedonali sono completamenteseparati dal traffico motorizzato, con conseguenti vantaggie svantaggi rispetto alla qualità degli spostamenti e più ingenerale degli spazi urbani. Le reti pedonali dedicate

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costituiscono una singolare soluzione alla mobilità pedonale,e, se da una parte assicurano alti gradi di sicurezza,accessibilità e comfort in aree ad altissima densità, dall’altracostituiscono esempio paradigmatico delle cattive pratichedella separazione tra politiche per la mobilità e pianificazioneurbanistica.Inoltre mentre le prime due categorie di reti pedonalivengono istituite in assi viari e piazze esistenti a cui vaassegnata una diversa destinazione d’uso (ovvero da carrabilea pedonale) le reti pedonali dedicate costituiscono nuoveinfrastrutture realizzate ad hoc per la mobilità pedonale:tunnel sotterranei e passaggi sopraelevati ad elevati standarddi comfort e sicurezza per il pedone.Nonostante le contrastanti valutazioni, in sede tecnico-scientifica, sulla validità di tali scelte progettuali, le retipedonali dedicate si sono diffuse con notevole successodurante gli anni Sessanta in numerose città del Nord America(Robertson 1994) ed una seconda generazione di retipedonali dedicate si sta realizzando negli ultimi anni nellemetropoli asiatiche e mediorientali in via di sviluppo. Questotipo di interventi, che ha come obiettivo la rivitalizzazione diaree centrali, consistono nel dedicare interi pezzi di cittàmultilivello esclusivamente al modo pedonale, inteso non

più come il “passeggiare”, ma come un’alternativa competitivaal trasporto meccanizzato. Al fine di poter individuarne lecaratteristiche specifiche di questa tipologia di rete, nelparagrafo seguente si riportano i principali risultati di un’analisicomparativa di casi di studio di reti pedonali dedicate.Nell’ultimo paragrafo si esplicitano alcune conclusioni e sievidenziano i punti di forza e debolezza delle reti dedicate.

Reti pedonali dedicate: analisi comparativa di casi distudio

Le reti pedonali sotterranee o sopraelevate si configuranocome luogo simbolico della futura città multilivello, carat-terizzata da un’altissima densità di attività e flussi: sisovrappongono alla rete viaria del livello stradale, altri pianisemi-pubblici percorribili esclusivamente a piedi, messi inrelazione da ascensori e scale mobili.Le reti pedonali dedicate si distinguono in reti sopraelevate(costituite da passaggi al di sopra del livello stradale, checollegano i secondi e i terzi piani degli edifici) e in retisotterranee (costituite da un sistema di tunnel che mettonoin relazione edifici prevalentemente terziari e commerciali al

Il piano della rete pedonale sopraelevata di Hong Kong mette in relazione gli spazi aperti, i principali attrattori dispostamento e le stazioni della metropolitana con passaggi sopraelevati esistenti e di progetto.

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di sotto del livello stradale). Le attività collegate tra lorosono prevalentemente centri commerciali, edifici terziari enodi del sistema di trasporto multimodale come stazioni dellametropolitana e parcheggi.Gli esempi più significativi sono la rete pedonale sotterraneadi Montreal, che raggiunge un estensione di 32km,conosciuta come la Ville Intérieure (Boivin 1991) e la retesotterranea di Toronto (PATH) che serve un centrocommerciale di circa 370.000mq (Barker 1986). La retesopraelevata di Calgary (+15Walkway) è tra le più estese almondo con una lunghezza complessiva di 16km di passaggipedonali di collegamento tra diversi edifici commerciali eterziari (City of Calgary 1984); un’altra rete di percorsisopraelevati e quella di Minneapolis che collega diversi isolatinel centro finanziario e terziario della città e permette lospostamento di pedoni in un ambiente a clima controllato.Il sistema di Minneapolis collega il secondo e terzo piano disessantanove isolati a destinazione d’uso commerciale eterziaria, per una lunghezza complessiva di circa 11km; larete è di proprietà degli edifici collegati e rimane apertasolo negli orari di apertura degli uffici.Si riportano in tabella le principali reti dedicate esistenti almondo, specificando per ciascuna di queste l’anno dicostruzione, la lunghezza, la tipologia (se sopraelevata osotterranea), il numero di isolati collegati dalla rete, ladestinazione d’uso prevalente degli edifici connessi e glielementi del sistema di trasporto collegati alla rete perdonale.La lettura dei dati evidenzia innanzitutto che le reti pedonalidedicate si sviluppano prevalentemente in città contemperature medie annuali molto basse (Helsinki) o moltoalte (Houston) al fine di permettere la mobilità pedonale intutte le stagioni dell’anno.

Una delle motivazioni che ha contribuito alla costruzionedelle reti dedicate è infatti quella di assicurare un ambienteclimatico controllato nelle città i cui spazi pubblici non sonoutilizzabili per motivi climatici in alcuni periodi dell’anno.Dallo studio della rassegna dei casi, si possono distingueredue generazioni di reti in base all’anno di costruzione. Laprima generazione di reti pedonali dedicate risale agli anniSessanta e Settanta.Molte città Canadesi e Statunitensi, nella realizzazione digrandi centri commerciali e nell’ampliamento delle reti metro-politane hanno realizzato percorsi pedonali di collegamentosotterranei e soprelevati. In quegli anni inoltre l’idea allabase della pianificazione dei trasporti consisteva nel “separarei pedoni dal traffico veicolare” (Hass-Klau 1990), come nelpiano dei trasporti di Toronto di Lawson. La secondagenerazione di reti pedonali dedicate risale agli anni Novantae si concentra prevalentemente nelle città emergentimediorientali ed asiatiche. Alla fine degli anni Ottanta Tokyoha istituito una specifica commissione per disegnare il sistemadi passaggi sopraelevati, finanziato interamente dal settoreprivato, nel quartiere di Makuhari a Chiba, con l’intenzionedi rafforzare il sistema di trasporto pubblico e di favorire losviluppo commerciale dell’area.Negli anni Novanta lo stesso è avvenuto a Singapore e inparticolare nell’area commerciale intorno a Orchard Road eScotts Road, dove l’Autorità per lo Sviluppo Urbano hamesso in atto una serie di politiche per la costruzione dicollegamenti sopraelevati tra gli edifici, al fine di incoraggiarela vocazione commerciale dell’area (Yang Perry Pei-Ju 2005).Per quanto riguarda la destinazione d’uso prevalente degliisolati connessi dalla rete si tratta in generale di edificicommerciali e terziari e le reti sono localizzate in aree ad

Gli skywalk di Minneapolis, come nelle altre reti pedonali sopraelevate, collegano i secondi e i terzi piani degli edificicommerciali e terziari del Central Business Distict.

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Le reti pedonale dedicate sono delle infrastrutture costruite ad hoc per il pedone; in alcuni casi la realizzazione diqueste reti è coincisa con la costruzione di ampi spazi commerciali sotterranei in connessione con le stazioni della

metropolitana, come nel caso di Canary Wharf a Londra.

elevata densità di addetti, in generale nei CBD (CentralBusiness District) delle medio-grandi città. In particolare gliassi di collegamento sotterranei sono strade commerciali e,in alcuni casi, l’intera rete si può definire come un enormecentro commerciale sopraelevato o sotterraneo. La retepedonale diventa in questi casi uno spazio semi pubblicodedicato agli acquisti, e costituisce la risposta del XXI secoloalla diffusione incontrollata dell’automobile, come nel XXsecolo lo sono stati i grandi centri commerciali periferici(Bélanger 2007).Un altro elemento caratterizzante le reti pedonali dedicateè la stretta interazione con altre infrastrutture di trasportopubblico o privato. La rete è infatti costruita in modo daassicurare il facile accesso da stazioni ferroviarie e dellametropolitana. In alcuni casi (Helsinki) la rete pedonale si èdiffusa proprio per assicurare il collegamento diretto tra diversinodi della rete del trasporto multimodale: il terminal bus, lastazione ferroviaria, le stazione della metropolitana.

Le reti pedonali dedicate come soluzione alla mobilitàpedonale?

L’analisi comparativa dei casi di studio ha messo in evidenzai principali elementi caratterizzanti le reti pedonali “non

convenzionali” in cui il flusso pedonale è totalmente separatodagli spazi dedicati al traffico veicolare. I dati relativi all’utilizzodi queste infrastrutture, come riportato in numerosi studi,ne dimostrano il successo. Tuttavia è necessario interrogarsisulla validità di tali scelte progettuali: le reti pedonali dedicaterestituiscono al modo pedonale un ruolo primario nel sistemamultimodale di trasporto, oppure rappresantano la rispostadei privati alla mancanza di politiche pubbliche per la mobilitàpedonale?Dall’analisi della letteratura e dallo studio dei casi paradigmaticiè possibile riassumere alcuni punti di forza e di debolezzadelle reti pedonali dedicate.Si riportano di seguito i principali punti di forza:- Comfort: le reti pedonali dedicate costituiscono delle

aree esclusivamente dedicate al pedone, in cui sonoassenti attraversamenti con il traffico veicolare ecaratterizzati da elevati standard per la mobilità. Inparticolare le reti di skyways e subways, essendo delleinfrastrutture costruite ad hoc per i pedoni presentanoelevati standard ambientali e climatici, di arredo epavimentazione.

- Riduzione dell’uso dell’autovettura: La costruzione di retidedicate al pedone, con alte connessioni al sistema ditrasporto pubblico e privato ha delle conseguenzepositive sull’intero sistema di trasporto e in particolare

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La RESO, rete pedonale sotterranea di Montréal è una delle più estese al mondo ed è diventata un’attrazione turistica,contribuendo a rilanciare l’immagine urbana dell’intera città.

sui livelli di congestione e inquinamento dell’area centrale.La rete permette alle persone di parcheggiare l’autolontano dal centro e di raggiungere le destinazioni dilavoro o di svago attraverso la rete, che, caratterizzatada elevati standard di comfort e sicurezza, favorisce ilmodo pedonale nell’area centrale (Robertson 1994). Inaltri termini la rete in se è un attrattore di spostamentipedonali, sia all’interno dell’area su cui insiste, ma ancheperchè chi accede alla rete si sposta prevalentemente apiedi e con il trasporto pubblico.

- Bassi costi di costruzione e manutenzione per il settorepubblico: le reti pedonali dedicate sono in parte ointeramente gestite da soggetti privati, che si accollanocosti di costruzione e manutenzione1.

- Sicurezza: le reti dedicate, essendo spazi semi-pubblicihanno standard di sicurezza più elevati rispetto alle retipedonali standard. In molti casi sono dotate di servizi divideo sorveglianza e permettono un migliore controllodei flussi.

- Impatti economici: Diversi studi dimostrano come lacostruzione di reti pedonali dedicate abbia contribuitoallo sviluppo commerciale e in generale alla rivitalizzazionedi intere aree urbane centrali. Per esempio il settorecommerciale dell’area centrale di Minneapolis e St. Paulhanno avuto un forte incremento a seguito dellacostruzione della rete sopraelevata, che ha messo in

relazione edifici pubblici e privati, spazi aperti e retepedonale a livello stradale.

- Attrattività turistica: in alcuni casi le reti pedonali dedicatesono diventate un’attrazione turistica che ha rilanciatol’immagine di un intera area urbana, come la rete RESOdi Montreal.

Si riportano di seguito i principali punti di debolezza:- Presenza dei privati: Le reti pedonali dedicate sono

spesso aree di proprietà privata, parte integrante di edificicommerciali o terziari, come nel caso di Houston eMinneapolis. Questo significa che sono spazi semi-pubblici,non accessibili in tutte le ore del giorno. Inoltre in alcunicasi l’accesso alla rete non avviene direttamente dallastrada, ma soltanto attraverso gli edifici tra loro collegati.

- Disorientamento: Le reti pedonali sotterranee spessomancano di qualità progettuale, con conseguentemancanza di leggibilità dello spazio. Gli spazi chiusicaratterizzati dalla sovrapposizione di insegne commerciali,danno un senso di disorientamento e confusione agliutenti (Bélanger 2007).

- Bassa qualità della street life: La costruzione di retisopraelevate e sotterranee in alcuni casi ha abbassato illivello della qualità degli spazi a livello stradale, riducendonel’attrattività commerciale e la vivibilità (Jacobs 1961). Inalcuni casi (Cincinnati, Des Moines, Minneapolis, e St.Paul) si è verificato che tra il 71% e l’87% dei pedoni,

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Referenze immaginiL’immagine a pag. 51 è tratta dal sito http://www.pland.gov.hk/p_study prog_s/UDS/eng_v1/images_eng/OI16.jpg; l’immagine a pag. 52 (a sinistra) è trattadal sito http://farm1.static.flickr.com/191/485961384_f405e051c4.jpg?v=0; l’immagine a pag. 52 (a destra) è tratta dal sito http://farm1.static.flickr.com/27/47750284_bdab109102.jpg?v=0. L’immagine a pag. 55 è tratta dal sitohttp://www.voyagezfute.ca/download/document/réso.

anche con collegamenti chiusi, piuttosto che i marciapiedied i collegamenti pedonali all’esterno (Robertson 1993).Questo effetto magnetico delle reti protette, ha delleconseguenze naturalmente negative sulla vivibilità deglispazi a livello stradale, nonché sulla diminuzione dei valoriimmobiliari degli esercizi commerciali a fronte strada.

In estrema sintesi le reti pedonali dedicate sonoinfrastrutture in cui non non si elimina le cause della nonfacile convivenza tra pedoni e flusso veicolare, ma si eliminanogli effetti negativi, semplicemente separando i flussi elimitando le conseguenze negative di una totale separazione,attraverso un buon collegamento con la rete del trasportopubblico. La posizione degli urbanisti è stata spesso contrariaalla separazione del flusso pedonale da quelloveicolare, contrastata da un approccio più stret-tamente trasportistico, orientato all’ottimiz-zazione dei tempi di spostamento e quindi allaeliminazione degli attraversamenti.E’ urgente definire una soluzione comune, anchein vista del fatto che in molte città Europee sistanno sperimentando sempre più spessoquesto tipo di soluzioni per la mobilità pedonale.Alcuni esempi sono la costruzione del centrocommerciale sotterraneo Les Halles di Parigi(Pilon 1980) o la rete pedonale sotterranea diLondra nel nuovo quartiere terziario di CanaryWharf. Negli ultimi anni la riqualificazione dellegrandi stazioni ferroviarie, sta anche in Italiaportando alla costruzione di grandi centricommerciali sotterranei collegati alla rete deltrasporto pubblico, come nella stazione di Romao il progetto della grande piazza pedonalesotterranea di Napoli Centrale. La lezione dellecittà Statunitensi e Asiatiche può essere utileper superare fratture disciplinari al fine diaffrontare questo fenomeno con un approcciointegrato tra la pianificazione dei trasporto epianificazione urbanistica dando spazio allesoluzioni progettuali valide e condivise e minimiz-zando le esternalità negative sull’ambienteurbano.

Note:

1 Il progetto ADONIS - Analysis and Developmentof new insight into substitution of short car trips èorientato alla diffusione del modo pedonale eciclabile. I l progetto ASTUTE - AdvancingSustainable Transport in Urban areas to promoteEnergy è orientato ad aumentare il numero deiviaggi camminando a piedi o andando in bicicletta( http://www.astute-eu.org/aboutitalian.asp ). Ilprogetto MIDAS vuole incoraggiare l’utilizzo dimodalità di trasporto a minor consumo energetico

attraverso azioni per influenzare la domanda di trasporto sostenibilile(http://www.midas-eu.com).

2 In Italia i principali riferimenti normativi relativi all’uso delle stradee quindi alla limitazione del traffico veicolare in ambiti urbanisono il Nuovo Codice della Strada (D.L. 30/4/1992 n.285), ilRegolamento di Esecuzione ed Attuazione del Nuovo Codicedella Strada (D.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495, rivisto e modificatoncondizioni climatiche favorevoli scelgono di utilizzare i dal D.P.R.16/6/1996), le Direttive per la redazione, adozione e attuazionedei Piani Urbani del Traffico.

3 A questo proposito è interessante ricordare come in alcuni casile reti pedonali sotterranee si sono sviluppate per la mancanza diuna legislatura per l’utilizzo degli spazi sotterranei gli edifici diproprietà privata. Mentre per l ’uso del suolo venivano definitiindici di utilizzazione per gli spazi sotterranei non si specificava illimite di densità ammissibile.

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Rosa Anna La RoccaLaboratorio Territorio Mobilità Ambiente - TeMALabDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

Soft Mobility and urban Transformation:some European Case Studies

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 57-64

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

Mobilità dolce e trasformazionidel territorio: esempi europei

La mobilità dolce comprende tutte le forme di spostamentoche non comportano l’utilizzo di mezzi automatizzati ma chefanno ricorso esclusivamente alla “energia umana” (humanpowered mobility).La definizione è del Dipartimento Federale dell’Ambiente,dei Trasporti, dell’Energia e delle Comunicazioni (DATEC)della Confederazione Svizzera dove uno specifico settoredell’USTRA (Ufficio Federale delle Strade) ha il precisocompito di creare le condizioni più favorevoli allo sviluppo diquesto particolare settore della mobilità.In tale accezione, la mobilità dolce fa riferimento aglispostamenti pedonali, in bicicletta, su pattini a rotelle, conskateboard, con monopattini e rappresenta la principaleforma di mobilità sostenibile ad “impatto zero” sull’ambiente.L’uso dei termini per definire queste tipologie dispostamento non è ancora codificato, pertanto la “mobilitàdouce” o la “soft mobility” o il “traffico lento” sono usatiindistintamente e in ragione della lingua di origine per indicarespostamenti prevalentemente pedonali e ciclabili come formedi spostamento alternative all’automobile, maggiormentecompatibili con l’ambiente.La mobilità dolce, infatti, può essere definita come unaparticolare forma di mobilità sostenibile che nel rispetto deldiritto del singolo individuo a spostarsi, consente di migliorarele condizioni di vivibilità incidendo in particolare su:– l’inquinamento atmosferico ed acustico;– la congestione generata dal traffico veicolare urbano;– la necessita di migliorare i livelli di sicurezza stradale.La promozione della mobilità pedonale e ciclabile (softmobility), anche attraverso precise politiche di sostegno edi interventi di riqualificazione dell’ambiente urbano, infatti,scaturisce dalla urgenza di ridurre le emissioni nocive generatedal traffico veicolare urbano.

Questa tendenza, che interessa tutti i livelli amministrativi,si basa sulla convinzione che l’incremento degli spostamentipedonali possa generare un aumento anche di altre modalitàdi spostamento sostenibili (maggiore utilizzo del trasportopubblico collettivo, ad esempio) riducendo l’utilizzo deimezzi privati almeno per gli spostamenti urbani brevi.Le città attuali sono tutte impegnate nella definizione enella promozione di politiche, procedure ed interventiorientati all’ incremento del “traffico lento”, sia comealternativa al traffico veicolare urbano, sia come op-portunità per migliorare la qualità dell’ambiente urbano.La crescente attenzione verso tali forme di spostamento,infatti, ha comportato la necessità di dotare le città dispecifiche attrezzature dedicate alla mobilità dolce, siaper garantire elevati livelli di sicurezza, sia per attivaremeccanismi virtuosi di riqualificazione degli spazi collettiviurbani. Sebbene però l’attenzione verso forme di mobilità

Mobilité douce, soft mobility, traffico lento modidiversi per dire cose analoghe

The paper examines some European cases referred to promotion ofsoft mobility as a new lifestyle oriented to improve benefits onenvironment and urban livability. Soft mobility refers to human powereddisplacement (HPM) and represents a particular component ofpassenger traffic, it is particularly associated with pedestrian traffic,hiking, cycling as well as getting around on vehicle-type devices(such as inline skates, kick scooters, etc.). Promoting this kind ofsustainable transport needs interventions both on physical andfunctional system. On one hand cities have to provide specific attractive,safe and integrated facilities whose realization could be an opportunityof urban requalification; on the other hand they have to disposepolitical actions to improve soft mobility use. European context ischaracterized by high disparity among countries in the use of softmobility applied to urban displacement in spite of a prolific productionof laws and roles referred to the emergency of adopting new ways ofmoving to minimize negatives impacts generated by car dependencealso in urban short distance. The use of soft mobility for shortdisplacement especially referred to leisure and tourism activities couldrepresent an occasion both to promote special measures to createbetter condition in urban life and to improve integration betweenterritorial transformation and mobility management achieving higherlevel of urban quality life. The cases shown in this paper underline thatpromotion of soft mobility affect both territorial and urban level givinga chance toward new ways of enjoying urban and territorial resources.

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zione mediante piattaforme informatiche, l’utenza turisticapuò orientare le proprie scelte sulla base dell’offerta di ser-vizi che maggiormente rispondono alle proprie esigenze. L’evoluzione di tale progetto, (“Alps Mobility II2” sviluppatotra il 2003 e il 2006) ha portato alla creazione di un sistemadi offerta turistica di qualità (“Perle delle Alpi”) basato sullapromozione della mobilità dolce nelle regioni alpine.In realtà, in entrambe le fasi, viene adottato un concettopiù ampio di mobilità dolce che include nell’offerta di tra-sporto tutte le tipologie di spostamento compatibili conl’ambiente comprendendo tra queste, oltre agli spostamentipedonali e ciclabili, anche l’uso di auto ed autobus elettricie di collegamenti ferroviari dedicati. Il carattere innovativodel progetto comunque è rappresentato dal tentativo,conseguito con successo, di convertire l’utenza turisticaverso modalità di spostamento in grado di contenere gliimpatti nocivi sull’ambiente incrementando la qualità del-l’offerta di servizi anche attraverso l’utilizzo di strumenti in-novativi (GPS, GIS, webGIS) per la gestione dei flussi dimobilità turistica interni al territorio.Lo stesso territorio è stato oggetto di ulteriori progetti eu-ropei finalizzati alla promozione di forme di spostamento al-ternative all’uso del mezzo proprio. Il progetto “AlpineAwarness” rappresenta un altro esempio di cooperazioneorientato al raggiungimento di tale obiettivo. Il concetto dimobilità soft o dolce, anche in questo caso come nel pre-cedente, è riferito all’utilizzo di modi di trasporto collettivopoco inquinanti. Particolarmente significativo è l’obiettivodi dedicare una parte delle attività del progetto alla forma-zione di una “cultura della mobilità dolce” presso le scuoleprimarie e dell’infanzia attraverso la definizione di “Piani di

Mobilità per la Scuola”.Interessate da questa iniziativa sonostate le regioni alpine francesi coin-volte nel progetto, dove si sono spe-rimentate le possibilità di incremen-tare gli spostamenti pedonali eciclabili attraverso la predisposizionesia di percorsi dedicati, sia di specifi-che aree per lo stazionamento dellebici in prossimità degli edifici scola-stici. La proposta è stata supportatada un programma di sensibilizzazionefinalizzato a diffondere una “educa-zione alla mobilità dolce” presso lefamiglie sul modello inglese dei pro-grammi per la costruzione di “safestreet to school” orientati alla con-versione degli assi viari localizzati lun-go i collegamenti casa-scuola in per-corsi pedonali o piste ciclabili sepa-rati dalla circolazione veicolare(Sustrans 2007).

sostenibili si sia sviluppata già da qualche decennio, è solodi recente che comincia ad affermarsi l’idea di un’offerta distrutture e servizi per la mobilità pedonale e ciclabile intermini di “rete” anche per promuovere forme diconoscenza del territorio alternative a quelle dipendentidall’utilizzo del mezzo privato.

La mobilità dolce per la promozione del terririo

Le iniziative relative alla costruzione di “reti per la mobilitàdolce” non trascurano gli aspetti connessi allo sviluppo diun turismo maggiormente attento agli spetti ambientali,ma necessitano anche di condizioni del contesto politico eamministrativo propenso alla cooperazione per i lraggiungimento di obiettivi comuni per territoriamministrativamente differenti tra loro.Il progetto “Alps Mobility1” avviato alla fine degli anni Novan-ta, ad esempio, rappresenta il tentativo di proporre moda-lità di trasporto compatibili con l’ambiente in otto regionituristiche dello spazio alpino.Il progetto pilota è inserito nel programma di finanziamentoeuropeo Interreg 3B che ha l’obiettivo di promuovere lacooperazione transfrontaliera, transnazionale edinterregionale per il perseguimento di uno sviluppo equili-brato tra territori con caratteristiche e vocazioni comuni.Uno degli obiettivi principali del progetto è la riduzione degliimpatti generati dalla mobilità turistica attraverso la promo-zione di un’offerta di trasporto collettivo in grado di garan-tire gli spostamenti a fini turistici all’interno del territorio(car free tourism). Supportata dalla diffusione dell’informa-

Tre delle “Alpin Pearls” del progetto europeo Alps Mobility II sono città italiane.

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quello tradizionale sia per le attività ludiche e ricreative, siaper gli spostamenti casa/lavoro, casa/scuola, casa/servizi, ingrado di garantire elevati livelli di sicurezza e di fruizionedelle risorse del territorio.Se, però, questa esigenza può facilmente associarsi allaconfigurazione del paesaggio americano, dove il limite tral’ambiente urbanizzato e l’ambiente naturale è meno netto,più complessa appare la trasposizione di tale principio alcontesto europeo e ancor meno a quello ital iano.Ciononostante, per lo sviluppo, la progettazione e larealizzazione delle greenways si sono costituite associazionispecifiche la cui finalità consiste nel sensibilizzare leamministrazioni pubbliche verso l’attivazione di reti di percorsidedicati alla mobilità dolce (pedonale e ciclistica) attraversoil recupero di infrastrutture in disuso (tracciati ferroviaridimessi; percorsi rurali abbandonati; antichi collegamentistorici, alzaie di fiume, ecc.). La European GreenwaysAssociation le definisce come “un sistema di percorsi dedicatiad una circolazione non motorizzata, in grado di connetterele popolazioni con le risorse del territorio (naturali, agricole,paesaggistiche, storico-culturali) e con i “centri di vita” degliinsediamenti urbanistici, sia nelle città che nelle aree rurali”.La valenza ambientale che sottende il progetto dellegreenways è evidente, così come è intuitivo che talistrutture possano essere intese come opportunità diriqualificazione del territorio orientate alla promozione sia diforme di mobilità sostenibile, sia di tipologie turistiche semprepiù orientate al rispetto dell’ambiente in linea con i dettamidella sostenibilità.Probabilmente favorito dalla scala di riferimento, più territo-riale che urbana, è interessante evidenziare come legreenways si pongano come “sistema di percorsi” e noncome assi isolati, proponendosi come una rete di percorsiper la mobilità dolce destinata anche ad utenze particolar-mente deboli (anziani e portatori di handicap).Gli assi della rete, infatti, devono rispondere a specifici re-quisit i progettuali (larghezza, pendenza, tipo dipavimentazione, ecc.) per consentire l’accessibilità a tutti i

Soft mobility, “greenways” e reti di percorsi verdiper il traffico lento: alcune esperienze europee

L’esperienza britannica in materia di mobilità dolce èparticolarmente significativa soprattutto in relazione alla figuradei principali promotori di questa modalità di spostamento.Alla fine degli anni Settanta l’associazione privata Sustrans(contrazione di sustainable transport) ha assunto il ruoloattivo di promotore della mobilità dolce attraverso lariconversione di sentieri, collegamenti ferroviari e stradali indisuso in “vie dolci” (voie douce) che, sul modello dellegreenways americane, propongono la fruizione del territorioattraverso percorsi dedicati ad un traffico lento. L’impegnoassunto dall’associazione britannica nella promozione dellamobilità dolce ed il ruolo mediatore con le amministrazionipubbliche ha influito notevolmente nella progettazione dispazi e strutture espressamente dedicate a tale modalità dispostamento. Uno dei principali progetti di Sustrans, infat-ti, è la realizzazione della National Cycle Network. Il proget-to, iniziato negli anni Settanta sull’idea di recuperare il trac-ciato dimesso del collegamento ferroviario tra Bristol e Bath,si estende attualmente per circa 12000 miglia e costituisceuna rete di collegamento alternativa alla rete stradale,realizzata attraverso la cooperazione con le amministrazionilocali e regionali.A livello locale, l’impegno di Sustran è maggiormenteincentrato sulla realizzazione di progetti di “LiveableNeighbourhoods” sul modello ben più consolidato deiwoonerf olandesi degli anni Settanta dove l’obiettivoprincipale consiste nell ’operare un’integrazione trariqualificazione dello spazio urbano e sistema della mobilitàveicolare. La mobilità pedonale e ciclistica diventa, cioè,prioritaria rispetto a quella veicolare sovvertendo così la logicaprogettuale incentrata sulla priorità degli spostamentiveicolari rispetto ad altre tipologie di spostamento (pedonalee ciclistico).Alla scala ampia, invece, la realizzazione delle greenways harappresentato una vera e propria rivoluzione nellaprogettazione urbana sia in termini di approccio allariqualificaizone degli spazi verdi urbani, sia soprattutto inriferimento agli aspetti più squisitamente pertinenti alrapporto mobilità - territorio. Queste particolari struttureper la mobilità dolce, infatti, nascono dall’esigenza diconnettere aree naturali ad aree urbanizzate così comeevidenziato nella prima definizione formulata dalla Commissionon American Outdoors (una rete di percorsi verdi che forni-sca alla popolazione un facile accesso agli spazi aperti vicinialle abitazioni e che colleghi le zone rurali con le areeurbanizzate del territorio americano, inserita nel tessutourbano e nella campagna come un gigantesco sistema dicircolazione”). L’idea progettuale alla base del loro sviluppofa riferimento alla realizzazione di una rete di “percorsi ver-di” intesa come un sistema di mobilità complementare a

Distributori elettrici a pannelli solari per la ricarica diveicoli ecologici a Pongau nella regione di Salisburgo.

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Percorso ciclabile lungo la rete belga del RAVeL.

tipi di utenza e garantire condizioni di percorribilità e dicomfort. In particolare, la Associazione Italiana Greenways(AIG) definisce le caratteristiche che tali assi devono rispet-tare per essere inseriti all’interno di una rete di percorsiverdi:– elevati livelli di sicurezza garantiti dalla separazione fisica

dalla rete viaria ordinaria;– accessibilità a tutte le tipologie di utenza garantita dalla

rispondenza a specifici criteri progettuali (clivometria,larghezza, pavimentazione, ecc.);

– “circolazione dolce” legata alla scelta di percorsi caratte-rizzati da pendenze moderate che non affaticano l’uten-te.

L’obiettivo di un’integrazione tra riqualificazione del territo-rio e sistema della mobilità finalizzata alla costruzione di strut-ture per la mobilità dolce è prioritario nella progettazionedelle greenways soprattutto in riferimento alla riutilizzazionedi tracciati ferroviari dismessi riconvertibili in percorsi verdi.Particolarmente significativa è l’esperienza belga, dove lapromozione della mobilità dolce costituisce una delle lineeprincipali delle politiche istituzionali.Il progetto di realizzazione di una rete regionale per la mo-bilità dolce RAVeL (Reseau Autonome de Voies Lentes) ri-sale agli anni Novanta e copre l’intero territorio della regio-ne della Vallonia per una lunghezza totale di circa 2000 chi-lometri da realizzare entro il 2010.La rete RAVeL è equiparata per legge alle altre retiinfrastrutturali della mobilità ed è normata dal Codice della

Strada che definisce le regole per l’uti-lizzo della rete da parte dell’utenza (pe-doni, ciclisti, cavalieri).Sono ammessi particolari tipi di mezzimeccanici, in particolare per gli utentiportatori di handicap, per i quali però ilcodice stabilisce una soglia massima divelocità.A livello comunale, l’offerta per la mo-bilità dolce è costituita da una rete dipercorsi dedicati “PIC verts” (Pland’Itinéraires Communaux verts).La realizzazione di tale rete, sovvenzio-nata dal Governo Vallone, è tuttora incorso; nella sua fase iniziale ha interes-sato tredici comuni per l’esecuzione dinove progetti pilota. Obiettivo princi-pale del progetto è la realizzazione diuna rete di percorsi pedonali e ciclabiliper consentire spostamenti brevi inambito urbano, in condizioni disicurezza.La rete dei percorsi, infatti èseparata dalla viabilità carrabile e oltrea garantire l’accessibilità alle principalifunzioni urbane (istruzione, amministra-

zione, commercio, tempo libero) rappresenta una modalitàinnovativa di conoscenza e di fruizione del territorio ancheper un’utenza occasionale della città (turisti e visitatori).L’iniziativa persegue l’obiettivo di proporre un’alternativaall’uso dell’auto per i collegamenti tra i differenti villaggi an-che per gli spostamenti quotidiani.Sempre a livello comunale i cosiddetti “Plan Escargot” rap-presentano un ulteriore strumento finalizzato alla promo-zione della mobilità dolce in ambito urbano, soprattutto inriferimento alle utenze deboli (anziani e portatori di handi-cap). Il piano rappresenta uno strumento per la realizzazio-ne di proposte di riqualificazione urbana finalizzata al miglio-ramento delle intersezioni tra la viabilità carrabile e gliattraversamenti pedonali. La realizzazione dei progetti èsostenuta da una sovvenzione governamentale che supportail 75% del costo del progetto.Per la realizzazione di tali progetti sono stati predisposti cir-ca otto milioni di euro nel 2007.Altro esempio virtuoso nel contesto europeo è rappresen-tato dal Gran Ducato del Lussemburgo che promuove lamobilità dolce attraverso un “Plan d’action national pour lamobilité douce” presentato nel settembre. Tra gli obiettividel piano è l’incremento degli spostamenti lenti dal 18% al25% di quelli totali entro il 2020.Nei contenuti il piano definisce programma di azioni relativoai differenti settori di applicazione della mobilità dolce (in-formazione; comunicazione; pianificazione del territorio;legislazione; infrastrutture di trasporto) e finalizzato a

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diffondere la mobilità dolce come stile di vita per ilmiglioramento delle condizioni di salubrità dell’ambiente na-turale ed urbano.A cura del Dipartimento Federale Svizzero dell’Ambiente,dei Trasporti, dell’Energia e delle Comunicazioni sono le Li-nee Guida per il Traffico Lento (2002) dove vengono illu-strate le modalità con le quali la Confederazione Svizzeraintende incentivare la mobilità dolce. Il documento contie-ne un insieme di principi guida (PG) relativi ai differenti set-tori di applicazione della mobilità dolce (pianificazione terri-toriale; infrastrutture; città e agglomerati; sistema di guidaed informazione; sicurezza; mobilità combinata; formazionee informazione del pubblico; ricerca e sviluppo, impianti pi-lota e dimostrazione; statistica e valutazione; sistema infor-mativo mobilità svizzera; collaborazione e competenze; fi-nanziamento; programma di lancio).Per la promozione del traffico lento in tutte le regioni sviz-zere ed in ugual misura, la Confederazione si impegna agarantire:– offerta di nuovi servizi e prestazioni;– valutazione sviluppo futuro e comunicazione;– nuove collaborazioni e competenze;– nuova base finanziaria;– programma di lancioCon le Linee Guida la Confederazione Svizzera ha posto con-dizioni quadro valide per la promozione del traffico lento intutte le regioni svizzere ponendosi in maniera propositivaper gli attori pubblici e/o privati che vorranno parteciparealla diffusione del traffico lento come principale modalità dispostamento.

Il caso italiano

La situazione italiana si distingueper il ritardo con il quale rispondealla diffusa attenzione verso la pro-mozione della mobilità dolce comestile di vita. Nel report di ricercasulla “Mobilità sostenibile in Italia:indagine sulle 50 principali città”(2008) elaborato dal Kyoto Clubin collaborazione con Euromobilitysi mette in evidenza sia la disparitàinterna tra le regioni italiane intema di promozione e sostegno allamobilità sostenibile, sia le condizionidi una ancora accentuata dipen-denza dall ’auto (i l tasso dimotorizzazione è tra i più alti diEuropa: 62 veicoli ogni 100 abi-tanti) da parte degli italiani ancheper gli spostamenti brevi e/o le-

gati al tempo libero. Le iniziative si concentrano essenzial-mente sulle misure di limitazione del traffico veicolare incittà e sulla promozione di iniziative di sensibilizzazione attra-verso la promozione delle “Domeniche Ecologiche” o della“Giornata senza auto” durante le quali è possibile da partedella popolazione di riappropriarsi di spazi della città momen-taneamente liberati dal traffico veicolare. Non si distinguo-no allo stato attuale esempi significativi finalizzati alla pro-mozione del traffico lento in maniera permanente se non inquelle realtà dove l’uso della bicicletta è legato più ad unatradizione culturale che ad una rinnovata forma di stile divita urbana.D’altra parte la diffusione degli spostamenti ciclabili è forte-mente dipendente dall’assetto orografico che condiziona larealizzazione di percorsi ciclabili facilmente accessibili. Oltrequindi a condizioni che oggettivamente ne limitano la realiz-zazione, va evidenziato che almeno per quanto concerne lasituazione italiana, la promozione di tale modalità di sposta-mento è affidata all’iniziativa singola sia pubblica che priva-ta, con una prevalenza della seconda rispetto alla prima. Direcente istituzione l’utilizzo del bike-sharing, molto diffusonella gran parte delle città turistiche europee, in Italia inte-ressa soltanto alcune delle città del nord ad eccezione diBari che ha recentemente attivato questa forma di incenti-vo all’uso della bici come alternativa allo spostamento inauto.Particolarmente favorita dall’orografia del territorio, la re-gione Puglia, si distingue nell’ambito del progetto CYRONMED(CYclo ROute Network for the MEDiterranean) finanziatocon fondi EUROPEI del programma Interreg IIIB Archimed(Arcipelago Mediterraneo).L’obiettivo del progetto, coordinato dall’assessorato trasportidella regione Puglia, è la realizzazione di una rete di percorsi

Intervento di trasformazione di una ex ferrovia in pista ciclabile in Sicilia.

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eccezion fatta per la Sicilia dove il collegamento ferroviarioCaltagirone-San Michele di Ganzaria oggi è una pista ciclabileche consente una nuova fruizione del territorio soprattut-to per l’utenza turistica .Le iniziative in ambito urbano si concentrano prevalentemen-te nelle città dell’Emilia Romagna e delle Marche.Di particolare interesse è la proposta elaborata dal comunedi Palermo nel luglio 2007 nell’ambito del Piano Strategicoper la Mobilità Sostenibile dove le indicazioni relative allapromozione della mobilità dolce in ambito urbano sono riferitisia ad interventi per la pedonalizzazione di aree urbane delcentro storico sia alla realizzazione di una rete di percorsiciclabili urbana ed extraurbana.

L’esempio di Parigi

Tra le città europee Parigi è forse più delle altre impegnatain una continua attività di riqualificazione degli spazi comunial fine di renderli maggiormente accessibili a tutte lecategorie di utenza permanente e temporanea.

ciclabili che mettano in connessione i paesi mediterranei delsud Europa su itinerari di media lunga percorrenza da inte-grare con i percorsi del progetto europeo EuroVelo e diquello italiano Bicitalia.Anche la Campania è coinvolta nel progetto ma attualmen-te non dispone ancora di proposte realizzabili.La realizzazione di una rete nazionale della mobilità dolce inItalia è oggetto della proposta della confederazione diassociazioni Co.Mo.Do. che ne definisce i requisiti:– il recupero delle infrastrutture territoriali dismesse;– la compatibilità e l’integrazione fra diversi utenti;– la separazione o la protezione dalla rete stradale ordinaria;– l’integrazione con il sistema dei trasporti pubblici locali e

con la rete dell’ospitalità diffusa.Il recupero delle linee ferroviarie dimesse ai fini dellarealizzazione di una rete per la mobilità dolce rappresentaun fattore comune a tutte le iniziative europee.La situazione italiana per il momento si limita ad alcuni isolatiinterventi di recupero di linee ferroviarie dismessetrasformate in piste ciclabili localizzati soprattutto al nord(Modena-Vigliola; Cortina-Dobbiaco, Rocchette-Asiago)

La Promenade Plantée realizzata a Parigi negli anniNovanta si sviluppa per una lunghezza di circa 5

chilometri attraversando il 12° arrondissement da piazzadella Bastiglia fino al Bois de Varenne seguendo l’antico

tracciato della rete ferroviaria.

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– realizzazione di attraversamenti pedonali;– delimitazione di corridoi protetti per il trasporto pubblico;– creazione di piazzole per il carico/scarico di merce;La pianificazione della mobilità ciclistica riguarda la definizionedi una rete di piste ciclabili ancora in via di realizzazione.Ciononostante Parigi possiede circa 327 km di piste ciclabiliattualmente utilizzabili in ambito urbano.Tra i progetti di riqualificaizone urbana finalizzati al recuperodi spazi comuni va segnalata la realizzazione della PromenadePlantée o Coulée Verte che attraversa il 12° arrondissementper una lunghezza complessiva di circa cinque chilometri.L’idea di recuperare l’antico tracciato dismesso della ferroviaParis Bastille - Vincennes risale alla fine degli anni Settantama solo all’inizio degli anni Novanta si è concretizzato ilprogetto di trasfrormare il viadotto in un asse verde dicollegamento tra piazza della Bastiglia e il Bois de Varenne.La parte superiore del viadotto originario, quindi, è statatrasformata in un giardino lineare, mentre la parte

I progetti di riqualificazione cherecentemente interessano la cit-tà sono in gran parte riconduci-bili all’obiettivo di migliorare laqualità degli spostamenti urbaniattraverso un sistema organicodi interventi sia per incrementa-re l’offerta di percorsi pedonalie ciclabili, sia per migliorare lecondizioni di fruizione degli spazipubblici.Gli interventi particolarmenteinerenti la relazione tra mobilitàe riqualificazione del territorioriguardano la realizzazione di :– “quartieri verdi”;– espaces civilisés;– pianificazione della mobilità

ciclabile.I “quartieri verdi” si inseriscononel filone delle politiche urbanefinalizzate al miglioramento delle condizioni di fruizione deglispazi comuni e di incremento dei livelli di sicurezza dellestrade urbane al fine di ottenere un migliore equilibrio tradifferenti modalità di spostamento. Gli interventi in questearee fanno riferimento a:– limitazione della velocità automobilistica atraverso l’intro-

duzione di zone 30;– ridefinizione dei sensi di percorrenza in ragione delle

condizioni di fruibilità delle attività presenti;– realizzazione di percorsi ciclabili in sede propria;– piantumazione di essenze arboree per separare le sedi

viarie destinate alle diverse modalità di spostamento.Gli espaces civilisès riguardano gli interventi relativi allarazionalizzazione degli spazi dedicati a differenti tipologie dispostamenti nell’ambito della stessa sezione stradale.Gli interventi fanno riferimento a:– realizzazione di piste ciclabili lungo l’asse stradale;– allargamento dei marciapiedi;

La passerelle Simone de Beauvoir, trentaquattresimo ponte e quarto passaggiopedonale sulla Senna è stata realizzata per consentire l’accesso pedonale direttoalla Biblioteca Nazionale di Francia.

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sottostante del viadotto è stata convertita per ospitareatelier di artisti o spazi espositivi gestiti dalla Samaest (Societéd’economie mixte d’aménagement de l’Est de Paris) incari-cata della realizzazione del Viaduc des Artes, lungo il ViaducDaumesnil. La promenade è accessibile da diversi punti incorrispondenza di specifiche aree filtro attrezzate per la sostadei pedoni e giochi per bambini. Uno di questi accessi è incprrispondenza del jardin de Reuilly che ha sostituito l’an-tica gare de Reuilly.

Conclusioni

La promozione della mobilità dolce interessa differenti paesie diversi livelli amministrativi.Gli interventi finalizzati alla costruzione di strutture dedicateagli spostamenti ciclabili e pedonali seppur differenziati inragione della scala territoriale di riferimento sono tuttiorientati alla promozione di forme di spostamento compatibilicon l’ambiente sia per ridurre le emissioni nocive causatedal traffico veicolare, sia per spingere verso stili di vita piùsalubri, almeno per lo svolgimen-to delle attività connesse al tem-po libero e al turismo. Pur nellacospicuità della produzione dinorme ed indirizzi a favore dellamobilità sostenibile in ambitourbano a livello legislativo, lapromozione della mobilità dolceè affidata all ’ iniziativa diassociazioni ed istituzioni privatesebbene agenti al fianco delleistituzioni pubbliche. Fanno eccezione piccoli stati(Lussemburgo, Svizzera, Belgio,Olanda, Danimarca) dove lapromozione della mobilità dolcecostituisce un particolaresegmento delle polit icheministeriali individuando un set-tore trasversale che coinvolge glienti preposti al la tuteladell’ambiente, delle infrastrut-ture, dei trasporti, dellapianificazione territoriale ed èoggetto di specifici documenti diindirizzo per consentire l’at-tuazione degli interventi. Se peril livello territoriale è possibileindividuare una linea di tendenzache prefigura la costruzione diun sistema di percorsi dedicatialla mobilità dolce, per il livello

urbano questo obiettivo sembra incontrare alcune difficoltàsoprattutto in ragione della maggiore concentrazione ditraffico veicolare presente in città nonché della scarsadisponibilità di spazi da destinare ad una modalità dispostamento differente dal mezzo privato.

Note

1 Progetto pilota per una logistica ecologica di viaggio collegatacon sistemi elettronici di prenotazione e informazione nelleregioni turistiche alpine. I partner del progetto sono l’Austria, laGermania e l’Italia.

2 Il progetto si basa sui risultati di “Alps Mobility I” ed amplia ilnumero di partner includendo anche la Francia e la Svizzera. Loscopo del progetto “Alps Mobility II” consiste nel creare delleofferte turistiche innovative composte da “Alpins Pearls”,combinando le attrazioni turistiche con i vantaggi della mobilitàdolce, basata sui mezzi di trasporto compatibili con l’ambiente.Per diventare una “perla” ogni regione partecipante deverispondere a determinati standard di mobilità e di turismo aisensi della sostenibilità e sulla base di un catalogo di criteri fissato.

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Riflettendo sull’andare a piedi

Costanza Caniglia Rispoli

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]

The pedestrian mobility is only a component of mobility, aphenomenon through which a society “takes possession” ofher territory. Since a long time mobility has become thesynonym of traffic and circulation as well as the classicengineering subject of transport planning, while already inthe Athens Charter it is considered one of the four basicfunctions of human settlement.In the most advanced culture, the attention is paid, from thetown planning point of view, to the causes of mobility and inthe engineering one it has been shifted from the mobility-oriented-analysis to the accessibility-based analysis.Walking integrates the urban transport system in a crucialway. But often, not only in Italy, there is confusion about theconcept of pedestrian: in the classification of urban roadsthere is a strict separation of the uses, while transport plansand town planning ones remain separate tools.Interesting examples, also of Italian case-studies, highlight thatpursuing better conditions of life in a territory asks for attentionto mobility problems together with those related to the use ofspace.There is a need for a study which would join competencesthat go also beyond transports and town planning and it isnecessary to understand that there is an ecological relationshipbetween people and places, between human society and theenvironment of her life.

Dalle finestre del nostro dipartimento, c’è una bella vedutafino al mare del lato occidentale della città. In primo piano sivede il grande piazzale Tecchio con l’ingresso della sedeprincipale della facoltà e un passaggio continuo di gente.Tutt’intorno uffici, una grande area espositiva, stazioni ditrasporti urbani e abitazioni. Poco più in là c’è lo stadio, poila seconda unità di Ingegneria, importanti istituti di ricerca,il centro regionale della RAI, un cimitero, ancora tanteabitazioni e altro ancora.Prima delle modifiche per i “Mondiali ‘90", da quelle finestresi vedevano le tracce aperte dai pedoni nei giardini delpiazzale: tracce che seguivano un percorso molto diversoda quello costituito da marciapiedi e attraversamentipedonali. Disegno del piazzale e intenzioni di quanti lousavano a piedi non andavano affatto d’accordo. Mi erochiesta se quella scarsa rispondenza non si potesse esprimerenumericamente. Dalla risposta positiva di Gennaro Improta,docente di ricerca operativa, nacque una bella collaborazionetra le nostre discipline, collaborazione che coinvolse anchela didattica e gli studenti erano affascinati dall’idea di studiarescientificamente uno spazio d’uso familiare.Studiare casi che richiedevano qualche riflessione su se stessi,mi parve molto utile per coltivare negli allievi lo spirito dellavoro urbanistico. Capire il senso di un campo disciplinarenon è facile, certo non lo è per l’urbanistica, con la suaresponsabilità di perseguire condizioni di vita “migliori” peruna popolazione data in un territorio dato secondo regoledi un dato tempo e luogo. E l’esperienza personale dovrebbeessere di grande aiuto per capire la rispondenza di uno spaziopubblico a un qualche uso, per esempio appunto all’usopedonale, per capire il senso della “mobilità pedonale” comecomponente dell’uso dello spazio urbano.I risultati furono molto buoni. Ci furono varie brillanti tesi dilaurea, due di queste vinsero un concorso banditodall’ANCSA (Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici)sullo spazio pubblico nei centri storici e avemmo finanche

applicazioni professionali da parte di giovani laureati. Quantoa noi, pubblicammo due bei lavori (Caniglia Rispoli e Improta1982, 1998).Ma qualcosa non andava: considerare se stessi tra i soggettidel fenomeno da studiare risultò meno produttivo di quantosi pensasse. Due studenti che lavoravano su una strada delcentro antico di Napoli, studenti bravi con i quali avevamodiscusso a lungo di motivazioni e caratteristiche dei flussipedonali, a un certo punto interruppero il loro lavoro: sierano accorti che “finché non avevano cominciato a contarli,a porre loro delle domande, non li avevano visti, i pedoni”!Non li avevano visti, non li avevano notati come personeche in quello spazio e sotto i loro occhi stavano vivendo unsegmento della propria vita; qualunque ne fosse lamotivazione, erano lì come persone complete, in tutta interala loro realtà fisica, mentale, emozionale; con il loro potenziale

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 65-72

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

Thinking about Going on Foot

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di esperienza, prospettive di vita. Per loro, quelle “persone”,in quanto tali, non c’erano! Era stato come se la mobilitàpedonale di quella strada fosse un fenomeno da meditarein astratto, contando e misurando flussi e quantità: non unaspetto dell’uso vero di quello spazio da parte di quellapopolazione.

I nostri due studenti conclusero brillantemente il percorsoformativo. E’ rimasto quel loro “non aver visto”. E’ unbell’argomento di attacco per riflettere sull’andare a piedi esulla mobilità.Nel suo rapporto con l’urbanistica, la mobilità è argomentocentrale per una rivista come questa, espressione di unlaboratorio che si chiama “Territorio Mobilità e Ambiente” eha per campo di ricerca le “relazioni tra mobilità di persone,

merci etc., e processi di governo delletrasformazioni urbane e territoriali”. E tra i10 temi di ricerca segnalati come impegnoculturale della rivista, ben quattroriguardano la mobilità pedonale.Dico “mobilità pedonale”, ma è il caso disottolineare che equivale a dire mobilitàtout court. Andare a piedi non è che unaspetto particolare della mobil ità,manifestazione cruciale della presenza diuna società in un territorio. Una società siimpadronisce del suo ambiente tra l’altroattraverso il movimento di persone e dicose. Si dice che caratteristica specificadegli esseri umani sia la creazionedell ’utensile. Ma forse ancor piùdell ’utensile è specif ico i l loro“addomesticare” lo spazio e il tempo,proprio nel senso di renderli domestici conla successione di azioni che prendono ascandire il tempo come i ritmi del lavoro equelli della vita quotidiana. E con la

creazione di forme ambientali che sono la controfacciamateriale di quelle azioni: gli spazi adattati per lavorare eabitare, le strade per andare dagli uni agli altri (Leroi Gouran1965). Non c’è una gran differenza tra l’utensile, ossia lostrumento di cui l’essere umano si dota per esaltare ilpotenziale della mano, e quel territorio umanizzato di cuiparimenti si dota per esaltare un potenziale collettivo esoddisfare una gamma di necessità materiali, sociali epsicologiche.

Nel linguaggio corrente, secondo vocabolario (Devoto-Oli),per mobilità si intende la “capacità di spostamento nellospazio, specialmente in rapporto a movimenti funzionali oche siano oggetto di indagine o di classificazione”. Per“Traffico: … regolare movimento di mezzi specifici relativi a

un dato settore del trasporto, spesso conriferimento a uno Stato, regione, ecc. per unacerta durata di tempo: il t. delle navi nel porto diGenova; … Con riferimento alle vie, la massa dipersone e veicoli che vi transita: il t. stradale,pedonale; il t. cittadino, …” (ivi). E “Circolazione:… C. stradale, il traffico …” (ivi).Questo vuol dire che di solito mobilità è sinonimodi traffico e di circolazione. Intesa così, la mobilitàè classico tema ingegneristico di pianificazionedei trasporti. Eppure ordinare gli spazi adatti perla circolazione è da sempre un tema centrale dellavoro urbanistico. Che qui trova lo spirito di unacultura che aveva posto quattro grandi funzionicome ragioni dell’insediamento umano: abitare,lavorare, svagarsi, circolare (Carta di Atene 1943).

I sentieri tracciati dai pedoni nei prati davanti all’università di Stoccarda.

Venezia. Nel “Rapporto Buchanan” i collegamenti per acqua e per calli sonoportati ad esempio per la classificazione di sistemi separati per la mobilità dei

trasporti meccanici e per la mobilità pedonale.

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Da tempo l’attenzione del lavoro urbanistico si è spostatadal fenomeno “mobilità” alla sua motivazione: alla domandadi accessibilità, riconosciuta come causa della mobilità.L’accessibilità è un punto fondamentale per esempio nellateoria della “buona città” (Lynch 1981), dove è la quartacategoria di prestazioni che gli esseri umani avrebberosempre richiesto al proprio insediamento (le altre essendovitality, sense, fit, control). E intanto la letteraturainternazionale segnala per l ’area trasportistica uncambiamento radicale nel modo di individuare problemi evalutare le soluzioni nel campo della pianificazione deitrasporti. Cambiamento che può essere descritto come unospostamento dalla mobility-oriented analysis, che valuta laprestazione del sistema trasporto su quantità e qualità delphysical travel, alla accessibility-based analysis che prendein considerazione una più ampia serie di impatti e opzioni(Litman 2008).

L’andare a piedi ha un posto rilevante nel sistema mobilitàdi un insediamento. Come già notava Colin Buchanan nel1963, il semplice atto dell’andare a piedi giuoca un ruoloinsostituibile nel sistema dei trasporti di ogni città. L’andarea piedi risolve molti spostamenti su media distanza, in praticatutta la distribuzione finale a partire dalle fermate degliautobus e dai parcheggi e una grande quantità di vai e

vieni casuali. Andare a piedi è essenziale per molte altreesigenze di una collettività insediata, come guardare le vetrinedei negozi, osservare un ambiente, parlare con la gente. Inconclusione, il grado di libertà con cui una persona puòandare a piedi in giro e guardarsi intorno può essereconsiderato un indice molto utile della qualità civile di un’areaurbana. Un fatto che riguarda l’intera popolazione di uninsediamento, perché prima o poi tutti sono pedoni.Tuttavia alle volte c’è a dir poco una qualche incertezza sucosa intendere per mobilità pedonale e forse proprio per“pedoni”. E’ quanto può accadere per esempio in Italia,nel contesto della cultura istituzionale. Nel nostro paese, leDirettive per la redazione dei “piani urbani del traffico”,richiedono che nello sviluppare un piano si applichi una “scaladei valori delle componenti fondamentali del traffico” chevede al primo posto i pedoni. Ma i criteri di analisi e diprogettazione che esse forniscono riguardano solo il trafficomeccanizzato. Per la componente pedoni non viene dettonulla: nulla sui criteri di raccolta ed elaborazione dati suipedoni in sé né sulla trama di itinerari descritta daglispostamenti, sulle attività cui gli spostamenti sono legati,sugli “opportuni indicatori” che si dovrebbero usare permonitorare l’andamento dei fenomeni e così via. Se i nostristudenti non avevano visto i pedoni, in queste direttivesembrerebbe che proprio non si intenda vederli. Come non

si riuscisse a vederli. O non si sapessecosa sono. Peraltro l’”assenza” deipedoni o la povertà di concettiintorno all ’ idea di pedoni sonoevidenti anche altrove. Si vedano peresempio le Linee guida per l’analisidella sicurezza delle strade (Ministerodelle Infrastrutture e dei Trasporti2001): qui si dà per ovvio che quantoun analista sa in partenza èsufficiente per svolgere un’analisi. Ele si confrontino con l’equivalentestatunitense che introduce la guidaa partire dal “chi sono, che fanno,perché” (Federal HighwayAdministration 2007).

Più che incertezza, qualche volte sidirebbe che su questi argomenti c’èproprio una bella confusione. Netroviamo le prove un po’ dovunque,per esempio nelle immagini diqualche progetto “importante”.Si osservi l’ambiente che si staprogettando per l’ex Fiera di Milanonella pubblicazione “ufficiale”Progetto Fiera. Dove tra i complessidi abitazioni spiccano i tre grattacieli

Napoli 1980. Piazzale Tecchio: studio di alcuni aspetti della mobilità pedonale. Asinistra la situazione esistente; al centro i prati consumati dai pedoni; A destra ladisattitudine calcolata come “deformata” del piazzale per i pedoni che lopercorrono provenendo da un polo dato.

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bislacchi di Hadid, Isozaki e Libeskin e il museo d’artecontemporanea ancora di Libeskin; il tutto tra viali e giardini.Si guardino con attenzione quelle immagini. Sono piene dipedoni: gente che va di qua e di là chi viene chi attraversala scena seguendo ordinatamente viali e slarghi, senza mainessuno che attraversi un prato…… Guardateli bene queipedoni. Nessuno va o viene per davvero: non sono“soggetti”, non sono “persone”. Sono pupazzetti posti lì adarte (?), senza vere motivazioni. Qui c’è l’opposto di quelloche si vedeva a piazzale Tecchio, dove l’andare dei pedoniera motivato in modo più che mai evidente, era dichiarato

dalle loro tracce ed era ben diverso daquello immaginato da chi aveva progettatoil piazzale. Questi vanno come se fosseronel vuoto! Ed è proprio un vuoto, perchénulla li richiama dall’intorno!I pedoni, quelli veri, hanno sempre unsenso, un “perché”. Se apparentementenon hanno alcuna ragione per andare, sonocertamente motivati a essere lì per unapropria, personale e concretissima ragione.Collegata in modi che non sappiamo, mache possiamo ipotizzare arguire indagare,con le attività poste nei luoghi dell’intorno.Ricordo a Seattle la grande Piazza Rosadell’University of Washington. Notavo conDennis Ryan, docente di urbanisticadell’unversità, che era bella, quella piazza.E lui disse “Certo che è bella, è copiata daSiena! Peccato però che non c’è mainessuno. Non ci sono richiami a livello piazzain quegli edifici, nessuna attività ai pianiterra!”

Fatti così spiegano come mai quel tutt’unoche è (può essere) un’architettura con ilsuo intorno alle volte implode. E l’edificioresta lì solo, a farsi ammirare in sé. Colrisultato che edifici come il Guggenheim diBilbao di Frank Gehry, la Torre Agbar diBarcellona di Jean Nouvel o lo StadioOlimpico di Pechino di Herzog & deMeuron, con la loro immagine fungono dapubblicità e da icone turistiche. Col risultatoche le architetture diventano come quei“Musei spettacolo” e quelle “Mostrespettacolo” per i quali l’InternationalCouncil of Museums (Icom) Italia, haemanato Raccomandazioni di condanna alleamministrazioni che privilegiano “gli eventirispetto alle istituzioni, la spettacolaritàrispetto alla crescita della cultura, ilsuccesso immediato rispetto allo sviluppo

durevole” (Jalla 2008). E’ appunto il prevalere, la dominanzadegli eventi sull’attenzione allo spazio d’uso!E dietro la ricerca per l’effetto d’immagine si scoprono poile pecche di progettazione esecuzione previsione di spesa... Vedi rivestimento di coperture brillanti per evitare fastidiosiriflessi dei raggi di sole sull’edificio prospiciente la Walt DisneyConcert Hall a Los Angeles; la sala principale del Palau de lesArts a Valencia da rifare neanche un anno dopol’inaugurazione; nell’Auditorium di Roma inadeguatezza innumero e collocazione delle dotazioni igieniche per la salada 2700 posti e necessità di ascensori per chi non può

Napoli 1998. Ricerca per migliorare la mobilità dei flussi pedonali in parte del centroantico. In alto a sinistra i generatori-attrattori principali del centro antico; in alto a destra il

dettaglio dell’area di studio; al centro flussi pedonali nella situazione esistente e nellasituazione progettata (ascensore a Caponapoli); in basso sezione nord-sud.

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salire le impegnative rampe di scale per le gallerie superiori… (Tombesi 2008, Millan e Chiorino 2008). E quali pecchenello spazio pubblico? Inadeguata la rappresentazione di unospazio dove pure si svolge la vita. Scarsa la coscienza diquello che sarà ambiente vissuto.Tra le idee sulla mobilità e le idee sull’uso dello spazio c’è unrapporto singolare. Non tanto tra le idee sui fenomeni di uncampo e dell’altro, ma proprio tra il modo di pensare aiproblemi e al che fare/perché dell’uno e dell’altro. Non è daescludere che anche in Italia qualche volta le cose stianocome Kaiser, Godschalk e Chapin notavano nel 1995 per gliStati Uniti, dove piani urbanistici e piani dei trasporti sonopensati come operazioni separate. Il piano trasporti tendead assumere come schema dei futuri usi del suolo unaproiezione degli usi passati così rafforzando le tendenze dellosviluppo passato e non quelle previste dal piano urbanistico.Mentre quest’ultimo per parte sua considera molto di quantoproposto dal sistema trasporti come un input diverso da unfattore di piano da coordinare con gli usi del suolo.Non c’è dubbio che un rapporto di questo genere tra i duecampi di azione sia esattamente l’opposto di quello cheoccorre se si vogliono perseguire progressivamente miglioricondizioni di vita in un territorio. Ma questa consapevolezzacomincia a circolare anche in Italia. Vediamone allora qualcheesempio: un primo sulla relazione tra piani urbanistici e pianidella mobilità e un secondo sulle norme per la redazione diquesti ultimi.Un buon esempio di Piano della mobilità è il piano urbano diReggio Emilia approvato il 5 maggio 2008 dichiaratamenteimpostato su “una grande novità”: la coerenza fra Pum(mobilità) e Psc (urbanistica). “Costruito per spostare la

domanda di mobilità dall’automobile al trasporto pubblico ealla bicicletta”, il piano “lavora in stretta sinergia eintegrazione con il piano strutturale comunale” e quindi conla pianificazione urbanistica “ponendo il problema dellalimitazione della dispersione di insediamenti, civili e produttivi,sul territorio”. Che equivale a limitare l’uso dell’automobile.Finalità generali: attenuare l’impatto ambientale, migliorarel’efficienza della mobilità con particolare attenzione aiproblemi quotidiani, migliorare la sicurezza soprattutto neglispostamenti quotidiani con l’introduzione di Zone a trafficomoderato: le cosiddette Ztm o Zone 30.Significative alcune iniziative della Regione Piemonte costruitea partire da una critica puntuale delle norme vigenti. Sivedano le “linee guida” per le zone 30, dove si giudica“fuorviante” che le norme italiane guardino allo spazio dellamobilità esclusivamente in rapporto alla efficienza del trafficoveicolare (linea guida 7), classificando le strade in unagerarchia ad albero che ignora la compatibilità ambientale eindica come zone classiche per la pedonalità le cosiddette“isole ambientali” ossia aree delimitate da “corridoi” di stradedi scorrimento. Ciò comporta tra l’altro l’adozione di unoschema di assetto residenziale che ripete il modello diimpianto razionalista della tradizionale “unità di quartiere”,così ripescando l’”ideologia della vita comunitaria di villaggio”(l.g. NISS 2.03) ormai priva di senso. In conclusione, il testo

“La regola delle 7V”: classificazione delle strade secondo LeCorbusier. Sulla V3 è impostata l’organizzazione del “settore”urbano equivalente a un quartiere residenziale (5.000 - 20.000abitanti) e di conseguenza di un intero insediamento.Un’applicazione totale della regola è stata fatta a Chandigar.

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costituisce un articolato e pesante giudizio di inadeguatezzadelle normative italiane in tema di strade urbane.Secondo le norme nazionali, le strade urbane devono essereripartite sulla base di una precisa classificazione funzionale:- autostrade destinate in modo esclusivo al traffico di

attraversamento veicolare (di fatto ahimé uguali a lineedi soglia!);

- strade di scorrimento destinate al solo traffico diattraversamento e in particolare a quello per spostamentia lunga distanza interni al centro abitato e dove èpossibile elevare i limiti di velocità da 50 a 70 km/h;

- strade di quartiere che hanno lo scopo di collegare settoriurbani e quartieri limitrofi o zone estreme dello stessoquartiere;

- strade locali a servizio diretto degli edifici, per glispostamenti pedonali e per la parte iniziale o finale deglispostamenti veicolari privati. Da tali strade è esclusa lacircolazione dei mezzi di trasporto pubblico collettivo.

E’ una classificazione orientata al tipo di traffico che transita(o che si ritiene debba transitare) sulle strade e che separarigorosamente tutto ciò che è circolazione da ogni mobilità

che implichi accessi. Una tale classificazione riconosce e dividele strade partendo da un categoria “superiore” didistribuzione primaria per poi scendere attraverso le stradeintermedie a mano a mano che diminuisce la loro capacitàdi ospitare il traffico di attraversamento fino ai percorsiesclusivamente pedonali. E, cosa che la rendeparticolarmente problematica per le città esistenti, consideraaccettabili solo le situazioni che corrispondono allaspecializzazione funzionale indicata, sottovalutando il fattoche per le strade delle città esistenti nella gran maggioranzadei casi non si può evitare la commistione di diversecomponenti di traffico.Come si vede c’è una vera contrapposizione tra taleclassificazione e quella espressa dal linguaggio corrente, chericonosce una priorità ben diversa alle strade di uninsediamento! Chi legge ricordi qual è concretamente lastrada “principale”, quali le strade più importanti della suacittà, del suo quartiere!La classificazione italiana delle strade è un prodottodell’evoluzione tecnologica del secolo scorso. Per decenni,nei paesi a sviluppo industriale avanzato, si è posto il problemadi rispondere al progressivo incremento del tasso dimotorizzazione. Si sono fatti studi sui problemi posti dal trafficocon particolare attenzione ai tessuti urbani. Buchananenunciò nel suo Traffic in towns la distinzione tra stradeper il traffico di scorrimento e strade di esclusivo accessoagli edifici: “ci sono solo due tipologie di strade, strade didistribuzione, definite per il movimento, e strade di accesso,a servizio degli edifici”. Furono così riprese e confermateidee espresse due decenni prima (H.A.Tripp), secondo cuile funzioni di distribuzione e di accesso sono“necessariamente antagoniste nella gestione dei sistemiurbani e soprattutto negli effetti che producono sugli stessi”.Questo principio ha avuto come conseguenza una“gerarchizzazione” delle strade urbane che permane tuttoracome codice di organizzazione del sistema urbano.E’ il caso appunto della classificazione italiana, messa a puntodal CNR nel 1998, dove solo l’ultimo dei quattro tipi di strade

Ecco il senso di una “isola pedonale” secondo unaclassificazione tradizionale delle strade: uso pedonalemassimo all’interno e separazione netta dal contesto.

Linee guida zone 30 della Regione Piemonte. Schemacomplessivo di un ambito residenziale in cui va realizzata una

zona 30: planimetria e legenda.

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urbane individuati è destinato alla mobilità lenta e alla sostaveicolare. Senza che sia riconosciuta e definita una prioritàdi uso urbano per tutto il sistema. E quando questi principisono stati applicati per pianificare nuovi insediamenti, ilrisultato è stato la creazione di ‘oasi’ di urbanità, con stradelocali aperte ai pedoni ma circondate da un deserto di stradedistributrici, quasi interamente vocate all’attraversamentoda parte del traffico (Marshall 2005).La necessità di connettere su base sistematica sapereingegneristico e sapere urbanistico oggi si sta manifestandoin modi diversi. Per esempio sul versante trasportistico è incorso uno studio già molto avanzato che ha l’obiettivo disuperare la dicotomia classica tra il circolare e l’accedere.Qui il bisogno di una gerarchizzazione in cui le due funzionipossano anche essere riconosciute come separate ma nonnecessariamente incompatibili ha portato al tentativo diformulare un nuovo sistema di classificazione con la ricercaArterial Streets Towards Sustainability (ARTIST). Base ditale ricerca, la riflessione sul fatto che ogni tratto stradalenasce dalla “combinazione di due caratteristiche, il link statuse il place status”, ossia la connessione tramite collegamentoe il sito in sé. E inoltre dal fatto che Link status e placestatus non dipendono direttamente da caratteristiche comela forma fisica o l’uso che ne fanno gli utenti, ma dal lororuolo in relazione al sistema urbano nel suo insieme. Il linkstatus denota il relativo significato del tratto stradale comeparte di una rete. Il place status il significato relativo di unastrada locale come ‘luogo’ a connotazione urbana, all’internodell’intero sistema urbano. Da questo punto di vista laconseguente gerarchizzazione delle strade non è affattobasata su un sapere che appartiene esclusivamente al mondodegli ingegneri, ma è costruita sulla osservazione di intersezionia varie scale geografiche di categorie di usi del suolo daparte degli abitanti.

S. Francisco. Strade residenziali simili per caratteri degli edifici madiverse per flusso giornaliero di automobili (heavy traffic 15.750,moderate traffic 8.700, light traffic 2.000): indicazione da parte degliabitanti dei rischi connessi al traffico, delle aree considerate “hometerritory”, dei rapporti personali e dei punti di sosta dei pedoni.

Con finalità analoga e evidente coscienza urbanistica, Gabellinie Bonfantini (2005) studiano alcune strade di Milano a partiredai due approcci classici di problemi di traffico urbano e diqualità dello spazio strada. Il primo è quello proprio deiprogettisti di infrastrutture e dei trasporti, caratterizzatodalla attenzione prevalente per gli aspetti di tipo funzionalee quantitativo e per le politiche settoriali, e dove oggettisoggetti e relazioni vengono interpretati ed espressi in terminidi flussi veicolari, sviluppo lineare di infrastrutture, capacitàed efficienza delle reti, superfici di parcheggio. Un secondoapproccio si affida soprattutto all’applicazione di tecnicheche esperienze esemplari hanno proposto come soluzioni disuccesso, ripetibili in diversi contesti (woonerf, zone 30,isole ambientali, ecc.). Nella prospettiva di “romperel’isolamento del problema e delle sue soluzioni”, la ricercacentra l’attenzione sugli usi e sui comportamenti dei cittadinientro lo spazio stradale, aspetti “finora trascurati perchénon ritenuti problematici”. Come corollario, gli autori hannoindagato anche l’”immagine comune” del problema,ricercando nella cronaca giornalistica i caratteri dominantidel modo di descriverlo e interpretarlo. Uno studio sull’”ideadel traffico” che tra l’altro conferma quanto abbiamoosservato poco più indietro: per il governo locale prevalel’attenzione sugli eventi e le grandi opere, per la gente comuneprevale quella sulle “piccole cose” della vita quotidiana.Gli autori indicano la chiave del loro studio in un carattereparticolare del luogo in cui si vive, carattere che in modomolto pertinente chiamano l’abitabilità dell’ambiente urbanoe spiegano così: “Recuperando il significato profondo del

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Referenze immagini

La foto di pag. 65 è tratta da Qui Touring n. 10, 2008. La foto di pag. 66 è tratta daBuchanan C. & Partners, op. cit. Le immagini di pag. 67 sono tratte da CanigliaRispoli C., Improta G. (1982) op. cit. Le immagini di pag. 69 sono tratte da CanigliaRispoli C. et al. (1998) op. cit. Le immagini a pag. 69 sono tratte da Le Corbusier(1961) L’urbanistica dei tre insediamenti umani, Edizioni di Comunità, Milano. L’immaginedi pag. 70 a sinistra è tratta da Regione Piemonte op. cit., quella in alto a destra ètratta dal Domenicale de Il Sole 24 Ore del 6/7/2008. Le immagini di pag. 71 sonotratte da Appleyard D. (1981) Liveable Streets, University of California Press.

termine, occuparsi dell’abitabilità comportalavorare sulla dimensione esperienziale che sidispiega nel rapporto tra spazio e società,allargare il campo di osservazione ai differentiluoghi e modi nei quali questo rapporto sirealizza. In tal senso parlare di abitabilità dellastrada non è astratto o paradossale, ma indicail preciso intendimento di considerare quellodel movimento un tempo fondamentale dellavita e di orientare conseguentemente laprogettazione.” Come, aggiungiamo noi, perorientare ogni lavoro di studio analisi gestionedello spazio strada.E’ sempre più evidente che tenere separati idue saperi è sbagliato. E’ sbagliato che pianiurbanistici e piani dei trasporti siano pensaticome “operazioni separate”, forse riducendoil rapporto tra un territorio e una popolazionea quello tra un contenitore e un contenuto.Forse senza vedere realmente i soggetti umani,senza vedere la stretta connessione trasoggetti e situazione ambientale; e senza capireil bisogno di uno studio convergente tracompetenze che vanno oltre trasporti eurbanistica.C’è un rapporto ecologico tra soggetti e luoghi,tra società umane e ambiente della loro vita.È un rapporto in cui ambiente e soggettiformano un tutt’uno: senza quell’ambiente cosìintrinsecato, quegli esseri umani che lì svolgonola vita non esistono. E così anchequell’ambiente, senza quegli esseri umani, nonc’è. La relazione spazio-popolazione è unarelazione vitale; che esprime un processo diumanizzazione dello spazio e di localizzazionedei soggetti (Caniglia Rispoli e Signorelli inc.d.s.). Da questo punto di vista lo spazio èun sistema di concretissimi luoghi; dove gliesseri umani, considerati a volte semplici unitàdemografiche, riacquistano la loro qualità disoggetti sociali. Urbanistica e Trasporti dunquehanno a che fare con spazi che sono sempresoggettivati, vale a dire che sono (saranno,sono stati) luoghi di e per soggetti socialisempre localizzati. Dove l’ambiente della vita ètutt’altro che un puro ambiente “fisico”: unmondo, quest’ultimo, privo di significati mentretra gli esseri umani e la realtà spaziale del loroambiente di vita c’è una relazione piena di sensoe di valenze positive e negative, ossia di qualitàterziarie, di affordancies (Gibson 1986), in unrapporto che coinvolge l’essere umano tuttointero, nello spazio e nel tempo.

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Raffaele SforzaResponsabile PO Mobilità Sostenibile e CiclabilitàCyronmed Project ManagerAssessorato ai Trasporti Regione Pugliae-mail: [email protected]

In Southern European areas, cycling is more limited for theabsence of cycling infrastructure; for too much motorised trafficon the roads; for the absence of land set aside for non-motorisedtransport; for the absence/shortage of transport links betweenbikes and public transport (bus / train / boat / aeroplane).Starting from this framework, Regione Puglia coordinates theCYRONMED project, whose aim is to supporting cycling andinvesting money in better infrastructures in order to implementsustainable policies to fight climate change.The paper describes the main result of the CYRONMED project inRegione Puglia. The project concerns a feasibility study of cyclepaths in South-Eastern Mediterranean areas, linking train stations,sea ports, and airports; processing and publication of a technicalmanual to bring such a cycle network to fruition; a study aboutthe strategy of tourism by bike advancement and development inArchimed area; a study about the strategy to advance anddevelop bicycle tourism in the ARCHIMED area.The expected results concerns promoting urban mobility andcycle-tourism in the in Archimed Area with Eurovelo and Bicitalia;to promote international cooperation, dialogue, and the exchangeof experiences between the various authorities in order to reacha consensus on standards required for cycling infrastructures;by establishing a standard methodology for implementing cyclinginfrastructures, tools could be developed to assist the relevantplanning in the interested countries or regions.

L’uso in condizioni di sicurezza della bicicletta come mezzodi trasporto abituale e la realizzazione di reti ciclabili di breve,media e lunga distanza integrate con stazioni ferroviarie/bus, porti e aeroporti, contribuiscono a sviluppare forme dimobilità sostenibile, ridurre i consumi energetici, combatterele emissioni di CO2 responsabili dei cambiamenti climatici,valorizzare i territori e le economie locali, promuovere stili divita sani ed ecologicamente corretti. D’altra parte nel campodel tempo libero e delle vacanze attive il cicloturismo è,nell’Europa centro settentrionale, tra le forme più diffusedi turismo. Le regioni del Sud Europa, come noto, scontanoun grande ritardo culturale prima che infrastrutturale rispettoalla mobilità scolastica, lavorativa e turistica in bicicletta. Percercare di invertire la rotta, la Regione Puglia ha attivato ecoordinato un partenariato internazionale composto dalleRegioni Campania, Calabria e Basilicata, delle Municipalitàgreche di Atene e Karditsa, dell’Ente del Turismo di Cipro edel Ministero dello Sviluppo Urbano di Malta, e ha concorsoall’assegnazione di fondi del Programma Interreg IIIBArchimed sulla Misura “Sviluppo di sistemi di trasporto efficacie sostenibili”. L’obiettivo? Avviare il processo di pianificazionedelle reti ciclabili a partire da uno studio di fattibilità degliit inerari ciclabil i di media-lunga percorrenza delleretiEuroVelo® e Bicitalia® che attraversano i territoriinteressati. Tali itinerari di carattere transregionale etransnazionale, integrati con reti ciclabili locali e sovracomunaliindividuate all’interno delle aree vaste, possono contribuirea costruire quella necessaria rete di ciclovie per invogliarenon più semplici appassionati della bicicletta, ma persone ditutte le età a muoversi sempre meno in auto e sempre piùin bicicletta. Ad attrarre cicloturismo sono quei Paesi dotatidi infrastrutture ciclabili, sicurezza per gli utenti nonmotorizzati e servizi per i ciclisti. I paesi del Sud Europaattualmente non presentano condizioni idonee per il

trasporto ciclistico e per il turismo in bicicletta, ma possonorecuperare i ritardi favorendo la realizzazione di reti ciclabiliintegrate. Il progetto CY.RO.N.MED – Cycle Route Networkof the Mediterranean, finanziato con i fondi del PIC InterregIIIB 2000-2006 Archimed, di cui l’Assessorato ai Trasportidella Regione Puglia è stato promotore e coordinatore, harappresentato per tutto il partenariato internazionale diprogetto un’opportunità in questo senso. Lo studio difattibilità della rete CY.RO.N.MED, costituita da itinerari dellaRete Ciclabile Europea “EuroVelo” e della Rete CiclabileNazionale “Bicitalia”, ha individuato le principali ciclovietransregionali e transnazionali, quali dorsali della rete ciclabilepugliese. Con CY.RO.N.MED viene restituita al Sud Italia ealla Puglia in particolare, la dignità di territorio ciclabile, valea dire permeabile al mezzo sostenibile per eccellenza: labicicletta.

Reti ciclabili e mobilità ciclistica

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 73-80

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

Towards the CYcle ROute Network of theMEDiterranean. The CYRONMED Project

Verso la rete ciclabile delMediterraneo: il progetto CYRONMED

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I progetti in cui si inserisce Cyronmed: EUROVELO eBicitalia

Il progetto Cyronmed, si inserisce in un più ampio quadroprogettuale e precisamente: il progetto Eurovelo1 per lacostruzione di una rete ciclabile europea, ed il progettoBicitalia2 di costruzione di una rete ciclabile nazionale.EuroVelo è un progetto di rete ciclabile trasnazionale cheattraversa l’intero continente europeo e che si articolain 12 grandi itinerari per collegare Dublino a Mosca, CapoNord a Malta, lo stretto di Gibilterra a Cipro. Il progettodi rete EuroVelo, che prevede uno sviluppo complessivodi 65.380 km, non mira a creare solo nuove ciclovie ma aindividuare e mettere in rete, per quanto possibile,ciclovie esistenti o progettate a livello locale, regionale enazionale. Lanciata nel 1995 dall’European Cyclists’Federation, EuroVelo può essere considerata una vera epropria rete di trasporto transeuropea per la mobilità e ilturismo sostenibile.La possibilità che un itinerario ciclabile locale entri a farparte di una rete pan-europea di trasporto sostenibile èuna prospettiva allettante per i cittadini, gli amministratorie i politici di qualsiasi comunità.I corridoi di EuroVelo vengono normalmente individuatisecondo un buon argomento/tematismo geografico oculturale (ad es. lungo un fiume o una linea costiera,una via di pellegrinaggio, ecc.).Euro Velo coinvolge l’Italia con il passaggio di 3 percorsi

(da Capo Nord a Malta fino in Sicilia EV 7; da Gibilterra adAtene attraverso la Pianura Padana EV 8; da Londra aBrindisi lungo la Via Romea-Francigena EV 5).Il progetto Bicitalia, è stato ideato un progetto di reteciclabile nazionale proposto dalla FIAB onlus (FederazioneItaliana Amici della Bicicletta, www.fiab-onlus.it) nel 2000ad integrazione di Eurovelo, prevede la realizzazione diUn network di grande respiro con 14 grandi itinerari cheattraversano tutta l’Italia.La Regione Puglia, è attraversata da cinque itinerari dellaRete Bicitalia, di cui uno coincidente con il percorsoEuroVelo n. 5. Nello specifico:- itinerario N3 “Via dei Pellegrini”che fa riferimento alla

via Francigena, inizia da Chiasso/Como, raggiunge Romae da qui Brindisi per lunghi tratti di via Appia, sulla viadi Gerusalemme. Coincide con l’itinerario EV5 (Londra- Brindisi);

- itinerario N6 “Via Adriatica” che collega Ravenna a S.Maria di Leuca, toccando la riviera più ricca di spiagge;

- itinerario N10 “Via dei Borboni”: collega le capitali delSud, da Bari a Ruvo, Castel del Monte quindi Potenza,Avellino, Salerno, Napoli;

- itinerario N11 “Alta via dell’Italia centrale”: collega glialtipiani e i Parchi dell’Italia centrale, dalle ForesteCasentinesi al Gargano;

- itinerario N14 “Via dei Tre Mari”, Adriatico, Ionio eTirreno: collega Otranto a Taranto fino a Sapri, dallepianure appulo-lucane ai primi contrafforti del Pollino.

Il progetto CYRONMED ha individuato le principali ciclovie transregionali e transnazionali, quali dorsali della reteciclabile pugliese. Il progetto ha come obiettivo la realizzazione di una rete regionale di ciclovie per promuovere l’uso

della bicicletta anche a fini turistici

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Il progetto Cyronmed: obiettivi previsti e risultatiottenuti

Il progetto “CY.RO.N.MED” - Cycle Route Network of theMediterranean ha coinvolto quattro regioni dell’Italiameridionale (Puglia, Campania, Calabria e Basilicata), ilMinistero dello Sviluppo Urbano di Malta, le Municipalitàgreche di Atene e Karditsa e l’Ente del Turismo di Cipro. Lefasi per la redazionedel progetto sono state:- realizzazione dello studio di fattibilità di una Rete Ciclabile

del Mediterraneo costituita dagli itinerari di lungapercorrenza n. 5, 7, 8 e 11 della Rete Ciclabile EuropeaEuroVelo e n. 6, 10, 14 della Rete Ciclabile Italiana BicItalia,limitatamente alle regioni UE interessate dal ProgrammaARCHIMED3;

- formulazione di strategie per lo sviluppo del cicloturismo;- elaborazione e pubblicazione di un manuale tecnico per

la realizzazione della rete ciclabile.Con CY.RO.N.MED la Regione Puglia, in qualità di soggettocapofila, ha assunto il ruolo di protagonista nell’areaeuromediterranea, nella promozione e diffusione di modellidi sistemi di trasporto durevoli e sostenibili transnazionali,coerentemente con i principi del “Libro bianco” sui Trasporti(Commissione Europea 2001) che sottolinea l’importanzadelle reti di trasporto alternative, sostenibili e intermodali edei collegamenti secondari. Prima ancora di esserecompletato, il progetto CY.RO.N.MED ha generato per laPuglia, alcuni risultati significativi:1) lo scorso 16 luglio 2007 su proposta dell’Assessore

regionale ai Trasporti, le Ferrovie regionali hannosottoscritto un protocollo d’intesa finalizzato allo sviluppodel trasporto intermodale bici e treno con l’impegno adeliminare gli ostacoli infrastrutturali, organizzativi e tariffari.Tra i primi effetti prodotti, l’abolizione del biglietto“supplemento bici”, grazie al quale la Puglia, oggi, è l’unicaregione in Italia dove è gratuito trasportare la bici alseguito sui treni regionali;

2) i risultati del progetto CY.RO.N.MED sono stati recepitidalla legge regionale n.16/08 riguardante principi eindirizzi del Piano Regionale dei Trasporti - che per la

prima volta in assoluto prevede la realizzazione di unaRete ciclabile regionale tra le azioni del PRT - e nellaprogrammazione dei fondi europei 2007-2013 (RegionePuglia 2008).

Con lo studio di fattibilità sono stati definiti in Puglia, i tracciatidei cinque itinerari principali di Bicitalia. Allo scopo è statoprogrammato un lavoro di equipe per le seguenti funzioni:1. Individuazione su cartografia degli itinerari previsti dal

Ministero dell’Ambiente con il coinvolgimento delpatrimonio di conoscenze del territorio delle associazionidi cicloescursionisti FIAB4;

2. Verifica dello stato delle strade interessate dal progettoCY.RON.MED attraverso sopralluoghi diretti, tesi aconoscere:

- la predisposizione dell’infrastruttura al transito dei ciclisti(pendenza della strada, presenza di banchine, ecc.);

- la criticità ai fini della realizzazione della viabilità ciclistica(carreggiata ristretta, livello di traffico elevato, presenzadi intersezioni pericolose, ecc.);

- la tipologia di opere da realizzare e quantificazione deicosti per adeguare le strade esistenti o per realizzarenuove infrastrutture ciclabili nelle diverse parti di tracciato(segnaletica, cordolature di protezione di corsie riservate,pavimentazione delle banchine, ecc.);

3. Sistematizzazione dei dati raccolti all’interno di un database stradale gestito in ambiente GIS, contenente unaserie di informazioni relative al reticolo stradale della Puglia(nome della strada, lunghezza, comune di appartenenza,ecc.). Il data base in possesso dell’Assessorato regionaleal Turismo, e disponibile presso Tecnopolis CSATA S.c.r.l.,è stato così integrato con nome dell’itinerario (rispettoalla classificazione prevista da Bicitalia e da EuroVelo),pendenza, flusso di traffico, tipologia e stato diconservazione della pavimentazione, tipologia di interventipreventivati.

Dal database è stato possibile estrarre informazioni utili perle finalità di CY.RO.N.MED, costruire 126 schede riepilogativeper Comune che raccolgono dati relativi al tratto di itinerarioche attraversa il singolo territorio comunale e determinarela stima sommaria dei costi.

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Il progetto Cyronmed in Puglia

La Puglia, per la sua posizione geografica di regione piùorientale dell’Italia protesa verso il Mediterraneo, si configuracome il luogo di connessione della Rete Ciclabile Europeacon i Paesi dell’area balcanica e mediterranea in generale.Tale conformazione peninsulare, con i suoi 746,5 km di costacostituita per 51,2% da costa alta e per il 48,8% da costabassa, la rendono la regione con maggiore lunghezza di costamarina tra tutte le regioni dell’Italia continentale. Il suoterritorio prevalentemente pianeggiante fa invece dellaPuglia la regione meno montuosa d’Italia. L’intero territorioregionale esteso per 1.935.725 ha (19.357 kmq), risultainfatti costituito da pianura per il 53,2% (1.030.477 ha);collina per il 45,3%, (876.603 ha); montagna, oltre i 700metri, per 1,5% (28.645 ha). La maggiore altitudineraggiunta nella cornice appenninica del Tavoliere è il MonteCornacchia (1.151 m.), mentre il più alto punto del Garganoè il Monte Calvo (1.065 m.); l’altopiano delle Murge nonsupera i 650 m. La rete di itinerari ciclabili individuati con ilProgetto CY.RO.N.MED, che esplora i diversi paesaggipugliesi, attraversa tutti i territori provinciali per una lunghezzacomplessiva di 1.653,36 km. Di questi, circa il 34% riguardala sola provincia foggiana, tra il Sub-Appennino, il Tavoliereed il Gargano (sia sulla costa che all’interno). Gli itinerariprincipali con una serie di varianti, sono stati individuati sullaviabilità esistente, per quanto possibile a basso traffico, dovesono stati previsti specifici interventi da realizzare ai fini dellapercorribilità ciclistica. Sono state inoltre censite altre risorsequali le strade di servizio (bonifica, forestali, acquedotto) ele reti ferroviarie dimesse che, opportunamente riconvertiteai fini ciclabili, possono rappresentare delle infrastrutture diassoluto pregio in quanto separate dal traffico motorizzatoo perché presenti in particolari contesti ambientali. E’ infase di attuazione un ulteriore studio di fattibilità,

commissionato dalla Regione Puglia, sulla precorribilità ciclisticadel principale canale dell’acquedotto pugliese che, correndoparallelamente tra la linea costiera e il confine con la Basilicata,arricchisce ulteriormente la costituenda rete ciclabileregionale. La Via Adriatica rappresenta l’itinerario più lungo(684,26 Km) che si snoda lungo tutta la costa adriatica, daLesina al Capo di Santa Maria di Leuca, toccando tutte leprincipali città costiere della Puglia. Gli altri 4 itineraripresentano una lunghezza media di 250 km. Essi tagliano laregione trasversalmente, collegando la costa con le zoneappenniniche interne. Tra questi i più lunghi risultano la Viadei Pellegrini (282 km) e la Via dei Tre Mari (264 km). La Viadei Borboni interessa prevalentemente comuni della provinciadi Bari, mentre l’Alta via dell’Italia centrale in Puglia percorreesclusivamente il territorio della provincia di Foggia. Quasi lametà dei Comuni pugliesi (49%) risulta attraversata dagliitinerari di CY.RO.N.MED, coinvolgendo 2.758.098 abitantipari al 68,6% della popolazione pugliese. La rete ciclabile diCY.RO.N.MED rappresenta certamente un’infrastrutturaleggera che promuove modelli di mobilità sostenibile perconsentire la migliore conoscenza possibile del variegatopatrimonio naturalistico e paesaggistico della Puglia. Il sistemadei Parchi e delle Riserve naturali, insieme ai siti della reteNatura 20005 rappresentano nello stesso tempo un valoreaggiunto dei tracciati individuati, offrendo al cicloturista lapossibilità di percorrere tratti di territorio tra i più significativie affascinanti del Mediterraneo. Su 21 Parchi e Riservenazionali e regionali ben 18 (pari all’86%) risultano percorsidai 5 grandi tracciati individuati dal progetto CY.RO.N.MED,che svolge un ruolo importante nel mettere in rete la grandericchezza di beni culturali di cui dispone la Puglia, costituitanon solo da testimonianze di grande rilievo, ma anche daun ricchissimo patrimonio diffuso, risultato della lungastratificazione dell’insediamento umano, che caratterizzafortemente il territorio regionale.

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Le relazioni con il sistema delle reti di trasporto e leinfrastrutture turistiche

L’integrazione modale dei percorsi ciclabili con le altre retitrasportistiche ha una valenza assolutamente strategica aifini del trasporto pendolare e turistico. Intermodalità bici emezzi pubblici e collettivi vuol dire: poter trasportare alseguito la bicicletta su treni/bus/aerei/navi; poter disporre,all’interno di stazioni, porti e aeroporti, di tutte quelleinfrastrutture che facilitano la movimentazione delle bicicletteeliminando ostacoli e impedimenti (grazie a scivoli,montacarichi, segnaletica); poter disporre di servizi(informazioni, mappe, guide, assistenza); poterparcheggiare/depositare il proprio mezzo in idonei spaziattrezzati o di noleggiare una bicicletta da riportare nellostesso luogo o in luoghi differenti. Gli esempi di maggiorsuccesso sono le “Velostation” francesi o svizzere e le“Radstation” tedesche, vale e dire centri di assistenza,noleggio, parcheggio e deposito biciclette nelle stazioniferroviarie o di bus. E’ fondamentale inoltre che stazioni,porti e aeroporti siano accessibili mediante percorsi ciclabilisicuri e segnalati e/o mezzi pubblici siano attrezzati per iltrasporto delle bici al seguito.Dei 126 Comuni direttamente coinvolti dai percorsi diCY.RO.N.MED molti dispongono di porti e stazioni ferroviarie.Naturalmente queste dotazioni infrastrutturali possonodiventare un’importante occasione di intermodalità solo seopportunamente attrezzate ed effettivamente accessibiliai ciclisti.

Per quanto riguarda la ricettività ed i servizi per i cicloturisti,su 201.477 posti letto disponibili nell’intera regione, ben188.600, pari al 93,6%, sono intercettati dai percorsi diCY.RO.N.MED che potranno essere di supporto per il 78,5%delle strutture ricettive presenti in Puglia.La rete ciclabile di CY.RO.N.MED può svolgere un ruolofondamentale in chiave turistica:- favorendo la connessione tra le strutture ricettive pugliesi

e i beni di interesse storicoculturale e ambientale-naturalistico;

- generando nuove forme di collaborazione tra operatori;- fornendo servizi aggiuntivi alle strutture ricettive pugliesi

a favore di ciclo-turisti e ciclo-escurisonisti;- offrendo un’importante opportunità per destagionalizzare

le presenze turistiche in Puglia.Fondamentale il ruolo degli “alberghi per ciclisti” che, se daun lato rappresentano un importante servizio a favore deiviaggiatori in bicicletta, dall’altro possono contribuire adattrarre traffico cicloturistico e a determinare la valorizzazionedi particolari aree geografiche. Attualmente in Italia, salvorare eccezioni, non esistono strutture ricettive per ciclisti dipassaggio e per cicloturisti. Per porre rimedio a tale gravecarenza, la FIAB ha istituito un apposito servizio online: ilservizio Albergabici®, un portale unico al momento in Italia,che si propone di fare incontrare domanda e offerta. I datisono inseriti direttamente e liberamente dalle singolestrutture e devono essere aggiornati almeno ogni anno,per garantire una informazione precisa e trasparente.Albergabici non si pone l’obiettivo di “certificare” le strutture

Una volta individuati i percorsi della rete ciclabile, è stato formulato un abaco di interventi cui sono stati associati deicosti unitari (euro/ml). In questo modo è stato possibile stimare i costi di intervento per ciascun itinerario.

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idonee ai ciclisti, ma di mettere in rete utili informazioni,altrimenti difficilmente reperibili per chi viaggia in bicicletta.Attualmente raccoglie circa 1.700 strutture tra alberghi,agriturismo, bed and breakfast, campeggi e ostelli cheoffrono i servizi tipicamente richiesti da turisti e viaggiatoriin bicicletta. Allo stato solo attuale 98 sono gli Albergabiciregistrati in Puglia, un dato che evidenza come il turismo inbicicletta sia ancora poco conosciuto o sottostimato dallestrutture ricettive regionali. Tuttavia, nei 126 Comuniattraversati dai percorsi di CY.RO.N.MED sono presenti 72Albergabici pari all’83% di tutte le strutture ricettive percicloturisti presenti nell’intera regione.

Le risorse per lo sviluppo della rete CY.RO.N.MED: ipiani ed i progetti per la ciclabilità

Il censimento di tutti i piani e i progetti (realizzati, in corsodi realizzazione o previsti in Puglia) ha rappresentato unelemento di base su cui costruire lo studio di fattibilità perla realizzazione della rete pugliese di CY.RON.MEDTutte le informazioni tecniche di piani e progetti insiemealla rappresentazione cartografica del percorso, sono stateinserite nel geo-database del Sistema Informativo diCY.RO.N.MED. Sono risultati 105 (pari al 40,7%) i Comunipugliesi coinvolti a vario titolo da:

- piani della ciclabilità e piani per la moderazione del trafficofinanziati nell’ambito del POR Puglia – misura 5.2;

- progetti di piste ciclabili finanziati nell’ambito del PORPuglia – misura 5.2;

- piste ciclabili esistenti.Dei 105 Comuni coinvolti in Piani e progetti di ciclabilità ben89 (pari all’85%) sono a loro volta coinvolti dall’inserimentoin itinerari Bicitalia. Sono state censite quelle risorse esistentisul territorio potenzialmente utili allo sviluppo della reteciclabile pugliese quali tratturi, ferrovie dismesse, strade diservizio, linee di adduzione dell’acquedotto, che possonodiventare, dopo opportuni interventi, vere e proprie“greenways”, vale a dire strade verdi, prive di trafficomotorizzato e di pregio perché inserite in particolari contestinaturalistico-ambientali.I risultati di tale censimento sono stati inseriti nel geo-database del Sistema Informativo di CY.RO.N.MED. NellaTabella riepilogativa delle risorse potenziali, oltre all’Ente, alnome della strada ed alla sua lunghezza, è esplicitata lapossibilità che la stessa sia carrabile o meno. E’ ancheespresso un dato qualitativo relativamente al grado dicarrabilità (buono asfaltato 3 - medio macadam 2 - scarsosterrato 1). Sono inoltre fornite indicazioni riguardanti leintersezioni con gli itinerari, con le altre risorse potenziali econ i Comuni interessati.

Oltre alla realizzazione di infrastrutture per la ciclomobilità, il progetto prevede una serie di interventi immateriali volti apromuovere l’uso della bicicletta anche per spostamenti sistematici, sul modello tedesco ed olandese.

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Lo stato attuale della ciclabilità della reteCY.RO.N.MED e la fattibilità degli interventi

Individuati gli itinerari principali, sono stati effettuatisopralluoghi puntuali finalizzati a rilevare la predisposizionedell’infrastruttura al transito dei ciclisti e ad individuare lecriticità: carreggiata ristretta, livello di traffico elevato,presenza di intersezioni pericolose, ecc.Sono stati così classificati i livelli di ciclabilità degli itinerari intre categorie:1. Ottimale: piste ciclabili e itinerari programmati, in corso

di realizzazione, realizzati;2. Medio: infrastrutture caratterizzate da viabilità veicolare

a basso flusso;3. Non accettabile: infrastrutture da adeguare mediante

la realizzazione di specifici interventi.Secondo tale classificazione (da considerare che la rete viariapugliese non è stata costruita fino ad oggi per essereutilizzata da un traffico ciclistico), allo stato attuale, dei1.653,36 km complessivi della rete CY.RO.N.MED, 235 km(14,2%) interessano tratti con livello di ciclabilità ottimale,poco più di 507 km (30,7%) corrono su strade a bassaintensità di traffico, e quasi 911 km (55,1%) hanno unlivello di ciclabilità non accettabile.La normativa vigente in materia di lavori pubblici obbligatutte le stazioni appaltanti, nel caso di opere di importosuperiore a 100 milioni di Euro (art. 4 della L.144/99), allaredazione di studi di fattibilità che consentano l’accesso aifondi disponibili per la progettazione.Uno degli elementi qualificanti di uno studio di fattibilità èquindi costituito dalla quantificazione preliminare dei costi direalizzazione delle opere.Lo studio di fattibilità messo a punto dalla Regione Puglia,fornendo un’analisi tecnica tesa a trasformare un’ideaprogettuale in concrete proposte di intervento, ha ritenutodi conformare la quantificazione della spesa necessaria perrealizzare gli itinerari ciclabili previsti da CY.RON.MED a quantoprevisto dalla normativa vigente sugli appalti pubblici nelcaso di progetti preliminari.La stima dei costi per realizzare le opere previste dallo studiodi fattibilità quantifica le somme congrue per la realizzazionedelle opere preventivate.Vista la valenza strategica del progetto CY.RON.MED, inquesta fase di pianificazione si è cercato di partire dallalunghezza dei percorsi, adottando il seguente schemametodologico:1. Definizione di un abaco dei possibili interventi tipo da

realizzarsi per l’adeguamento delle infrastrutture esistentilungo i diversi itinerari;

2. Stima dei costi unitari di realizzazione (euro/metro);3. Calcolo dei costi di adeguamento di un determinato

tronco stradale ottenuto moltiplicando il costo unitariodel singolo intervento per la lunghezza effettiva della

strada interessata della realizzazione dell’opera tipo;4. Estensione del modo di calcolo a tutte le strade che

compongono un determinato itinerario, con la possibilitàdi ottenere tabelle riepilogative (per itinerario, percomune, per provincia, ecc.) che consentono dielaborare quadri economici di spesa omnicomprensivi degliinvestimenti necessari per l’attuazione del progettoCY.RON.MED in Puglia.

L’abaco degli interventi tipo e gli investimenti per larealizzazione della rete

La linea guida adottata nella scelta dei tracciati, e diconseguenza delle tipologie di opere da realizzare, è stataquella di contenere al minimo gli interventi di adeguamentoprogrammati.Diversi itinerari, nel rispetto di quanto previsto dalla normativain materia di viabilità ciclistica (cfr. art. 4 comma 6 del DM 30novembre 1999, n. 557), sono stati ricavati sfruttando stradesecondarie a basso traffico (strade comunali, vicinali,provinciali, ecc.).Per gli itinerari da realizzare secondo le norme tecnichepreviste dal DM 30 novembre 1999, n. 557, art. 6, si ècercato di contemperare la realizzazione di opere chegarantiscono adeguati standard di sicurezza stradale con lanecessità di perseguire l’obiettivo di contenere costi e tempidi realizzazione.Per la stima sommaria dei costi di intervento è stato quindipredisposto un abaco degli interventi tipo con i relativi costiunitari rapportati alla lunghezza unitaria della strada. Nella definizione dei costi unitari si è tenuto conto di quantoprevisto dalla normativa vigente in materia di tipologie diinfrastrutture ciclabili (cfr. art. 6 comma 2 del DM 30novembre 1999) partendo dall’assunto che, di norma,salvo casi particolari legati a particolari condizioni locali, siprivilegia la realizzazione di n. 2 corsie ciclabili una persenso di marc ia, sul la sede stradale interessatadall’intervento (cfr. art. 4 comma 6 e art. 6 commi 3 e 4del DM 30 novembre 1999).Sommando tutti i costi unitari relativi alle diverse tipologiedi intervento applicate ad ogni singolo tratto omogeneointeressato dal progetto CY.RON.MED, è quindi possibilegiungere ad una stima sommaria della spesa per ogniitinerario previsto.I costi così calcolati, incluse le spese generali, oscillano dai28 MEuro necessari alla realizzazione dell’itinerario n. 10 Viadei Borboni, ai 46 MEuro necessari per l’itinerario n. 11 Altavia dell’Italia centrale, mentre per l’itinerario più lungo, il n.6 Via Adriatica, viene stimata una spesa di poco inferiore a133 MEuro.Il costo totale della realizzazione della rete ciclabilein Puglia è pertanto stimato in circa 291 Milioni di Euro.

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Conclusioni

La redazione dello studio di fattibilità è solo il primo passoper la implementazione della rete. Sono stati affiancati allostudio infatti una serie di interventi immateriali orientati allaformazione dei tecnici e alla promozione dell’uso dellabicicletta. E’ di fondamentale importanza infatti non solo larealizzazione di infrastrutture e servizi per la mobilità ciclistica,ma anche favorire una trasformazione culturale e deicomportamenti di mobilità. A questo proposito l’Assessoratoai Trasporti della Regione Puglia è stato promotore di unaserie di workshop per tecnici e amministratori di Enti Localie liberi professionisti coinvolti nella pianificazione strategica,dal titolo “Reti ciclabili di Area Vasta: dalla pianificazione allarealizzazione”. Anche queste giornate di studio rientranonell’ambito del progetto CY.RO.N.MED, che ha trai suoiobiettivi di far crescere la cultura tecnica degli operatoripubblici e privati sul tema della ciclabilità urbana edextraurbana, dalla pianificazione alla realizzazione degliinterventi, in un particolare momento in cui Comuni eProvince sono coinvolti nella pianificazione strategica di areavasta finalizzata a percepire le risorse finanziarie della nuovaprogrammazione 2007-2013 (Regione Puglia 2007).In sintesi, ill successo della rete ciclabile non può dipendereesclusivamente dalla realizzazione di nuove infrastrutture,ma da un complesso sistema di iniziative ed interventi, tra cui:- la creazione/funzionamento di Uffici Mobilità Ciclistica da

istituire almeno nei principali comuni per sopperire allenote carenze di professionalità e cultura tecnica oggiesistente in materia nellaPubblica Amministrazione.Significativo sarà il livello dimotivazione, preparazione einteresse al continuoaggiornamento anche conpartecipazione a corsi econvegni in Italia e all’estero;

- la creazione di una “cabina diregia” – tra i diversi settori(Lavori pubblici, Urbanistica,Trasporti, Ambiente, Energia,Pubblica Istruzione, Cultura,Turismo, Sviluppo economico)affinché, il “mezzo” bicicletta e“l’utente della strada” ciclistasiano sempre al centro nellepolit iche e nelle azioni digoverno del territorio, in strettocollegamento con il Responsabileregionale della Mobil itàSostenibile e Ciclabilità;

- la creazione di una rete ciclabilein ogni singolo centro urbano

coinvolto che si innesti alla direttrice principale;- la realizzazione di campagne di promozione e

comunicazione permanenti finalizzate a modificare leabitudini dei cittadini (es. campagne “in bici a scuola/università”, in bici al lavoro ed educazione nelle scuolealla multi-mobilità in stretta relazione con le attività delmobility manager scolastico).

Oltre alla partecipazione attiva dei comuni e degli enti locali,sarà dunque essenziale quella con le associazioni degli utentidella bicicletta e di tutti gli altri soggetti a qualunque titolointeressati alla realizzazione e al mantenimento della Reteciclabile intercomunale.

Note1 Per maggiori informazioni sul progetto EUROVELO si rimanda al

sito http://www.ecf.com/14_1

2 Per maggiori informazioni sul progetto BICITALIA si rimanda alsito http://www.bicitalia.org/

3 Per maggiori informazioni sul progetto ARCHIMED, si rimanda alsito http://www.interreg.gr/default.aspx?lang=en-GB&page=314

4 Per maggiori informazioni sulla FIAB – Federazione Italiana Amicidella Bicicletta, si rimanda al sito http://www.fiab-onlus.it/index.htm

5 Con la Direttiva Habitat (Direttiva 92/42/CEE) è stata istituitala rete ecologica europea “Natura 2000”: un complesso di siticaratterizzati dalla presenza di habitat e specie sia animali evegetali, di interesse comunitario.

Riferimenti Bibliografici

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Referenze immagini

La immagini di pag. 75 e 77 sono tratte dallo studio di fattibilità CYRONMED. Le altreimmagini sono dell’autore.

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Emilia Giovanna TrifilettiLaboratorio TeMA - Territorio Mobilità e AmbienteDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

The article described the recent urban transformations of Istanbulcity (Turkey) in relationship to the implementation of pedestrianareas and the use of soft mobility. Transport system has beenwidened and integrated recently very quickly in the city: in thelast two years the tram line has been strengthened, two funicularsare been inaugurated and a new transportation node have beenrealized. Each actions and each realizations have had a greatinterest in pedestrian areas. Maritime lines are been implementedand connected with public transport system. Thereforedevelopment and requalification of Istanbul city have been drivenfrom the transformation of transport system that represents thereal spin-off of urban regeneration. The ancient district ofSultanahmet has entirely been retrained and connected, throughfast tramway that cross all the district, to the rest of the city and tosuburban areas. The Beyoglu district that, after the Independenceit was fallen in total downfall, has again become elegant. TheIndependence Avenue has been made pedestrian and it has beenendowed with a vintage tramway that connetted the Taksiminterchange node, endowed with one subway and one funicular,with Tünel interchange node, endowed with fast tramway andbus line. The article underlines as the urban retraining of the cityof Istanbul has been driven from integrated transport and urbanplanning politics and also from politics on the social safety.

Introduzione

Urban Transformation vs Soft Mobility:the Istanbul Case-study

La storia della civiltà urbana è stata sempre condizionatadallo sviluppo dei percorsi per il trasporto sia di persone chedi merci: anticamente le vie dell’acqua, poi le strade, lelinee ferroviarie ed oggi quelle aeree. Di pari passo anche lapianificazione urbana e territoriale è sempre stata correlataalle modalità di spostamento di merci e persone e quindialle relative infrastrutture.I trasporti costituiscono dunque uno dei fattori determinantiper lo sviluppo economico di un Paese. È per questi motiviche la pianificazione del trasporto è determinate per lestrategie di un Paese e, di conseguenza, per le strategieda mettere in essere nei centri urbani; le previsioni deltrasporto incidono sulla rivitalizzazione funzionale di areecentrali e/o periferiche, innescano processi di riqualificazionefisica e sono in grado di determinare l’implementazione o lariattivazione di percorsi pedonali e ciclabili (Cutini 2003).Il caso che si presenta è quello della città di Istanbul inTurchia che, a partire dagli anni Ottanta, ha subitomutamenti radicali sia dal punto di vista politico cheeconomico, tra cui l’introduzione di importanti riformeeconomiche che hanno consolidato il suo ruolo quale motoreindustriale della Turchia.Si è assistito, dal 1980 in poi, ad un boom economico digrande rilevanza, favorito dalla liberalizzazione del mercato,parallelamente ad un rapido sviluppo del turismo in tutto ilPaese ed in particolare nella sua città principale. Diconseguenza si è registrata una forte urbanizzazione conuna vera e propria migrazione di massa verso la città che siaffaccia sul Bosforo.Le vicende politico-economiche di Istanbul degli ultimi annisono state complesse, ma dopo una grave crisi nel 2001,che ha portato alla vittoria del Partito Islamico della Giustiziae dello Sviluppo, la Turchia, ed in particolare Istanbul, sta

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 81-88

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

Trasformazione urbana verso lamobilità dolce: il caso di Istanbul

vivendo un periodo di grande crescita e sviluppo. Il piùimportante cambiamento che si profila all’orizzoonte èoviamente legato alla domanda di adesione all’UnioneEuropea inoltrata dal Paese.Infine la candidatura della Turchia per l’adesione alla ComunitàEuropea, inoltrata nel 2004, ed il titolo conferito ad Istanbulquale “Capitale europea della Cultura 2010”, hannoaccelerato molti dei processi già in atto, contribuendo inmaniera esponenziale al rilancio economico e socialedell’intero Paese.L’articolo, partendo dal la descrizione del le recentitrasformazioni urbane della città turca, intende evidenziarecome la riqualificazione urbana della città sia stata guidatada interventi integrati tra trasporto e territorio, e come irisultati ottenuti siano stati anche il frutto di politiche attenteall’implementazione delle aree pedonali contestualmente adazioni correlate alla sicurezza sociale.

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Il caso-studio di Istanbul

La città di Istanbul è la più grande metropoli della Turchia,seguono per grandezza la capitale Ankara e Smirne (Izmir).Istanbul rappresenta anche il maggiore centro industriale ecommerciale turco.Antica Bisanzio, poi capitale dell’Impero Romano d’Orientecon il nome di Costantinopoli ed infinecapitale dell’Impero Ottomano da cuidiscende l ’attuale nome turco,affacciandosi sullo stretto del Bosforo,che divide il continente europeo dalquello asiatico e congiunge il Mar diMarmara con il Mar Nero, Istanbul sisviluppa su entrambe le sponde erappresenta l’unica città al mondo cheappartiene sia al continente europeoche a quello asiatico (AA.VV. 2007).La localizzazione strategica della cittàtra i due continenti, viene ricordata dalnome dell’antico porto, il “Cono d’Oro”,che si affaccia sulla riva europea delBosforo.La disomogeneità caotica checaratterizza oggi l’impianto urbano diIstanbul rende difficile credere che untempo gli edifici ed i quartieri fossorofrutto di accurati piani urbanistici. ComeRoma, la città era disposta su sette colliin base ad un reticolo ben definito.

La superficie territoriale della città è di circa 5.500 kmq, lapopolazione ufficiale è di circa 12,5 milioni di abitanti (2007),ma si stima che possa raggiungere i 20 milioni di abitantiincludendo i residenti non ufficiali, quindi con una densitàabitativa che oscilla tra circa 2.180 e i 3.600 abitanti perchilometro quadro. Amministrativamente Istanbul fa partedi due entità politiche diverse: il comune e la provincia. La

Veduta del Bosforo dalla città antica.

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città è organizzata come municipalità metropolitana,articolata in diverse grandi unità amministrative minori postesotto l’autorità di una Giunta metropolitana. Ed è prpopriol’attuale Giunta che sta operando un ottimo lavoro nelcampo delle infrstrutture, la cui domanda continua a crescerea causa del costante flusso di immigrati dalle province.Istanbul ospitava la famosa stazione dell’Oriente Express chela collegava alla città di Parigi dal 1883 fino al 1914, anno incui la tratta fu interrotta dalle due guerre mondiali, percessare definitivamente il suo viaggio nel 1977 a causa dellaconcorrenza dei trasporti aerei. I trasporti, via mare e suferro, hanno dunque sempre rappresentato il motore dicrescita economica e sociale della città.Andando ancora indietro nel tempo, l’antica Costantinopoliera famosa come città per i pedoni, tanto che addiritturanon era concesso l’uso del cavallo come mezzo di trasportoall’interno delle mura della città. Limitare l’accesso in città aicavalli, in breve, era una modalità di regolamentazione persalvaguardare la salute e la vivibilità dei cittadini. L’unico acui era permesso l’utilizzo del cavallo era il Sultano e gli altigradi a suo servizio. Esiste anche una leggenda al riguardoriportata dall’urbanista e storico Ilhan Tekeli dell’UniversitàTecnica del Medio Oriente di Ankara:Un vecchio uomo costruì una spada per il Sultano MahmudII. Il Sultano fu talmente colpito dalla bellezza e dall’arte diquesta spada che volle ricompensare l’anziano uomo. Chiesedunque all’uomo quale fosse il suo desiderio ed il vecchiouomo rispose: “Sono un uomo vecchio, non ho forza nellemie gambe, e non posso più camminare. Mi permetta diandare a cavallo da casa mia al mio negozio”. Quindi il Sultanoordinò ai suoi uomini: “Costruite una nuova casa a questouomo vicino al suo negozio” (http://thecityfix.com).Il Sultano dunque aveva già individuato la necessità dipromuovere i percorsi pedonali e la suasoluzione anticipa molte teorieurbanistiche moderne dove si asseriscela necessità di vivere molto vicino alluogo del proprio lavoro.Negli anni Sessanta ad Istanbul, quandola città cresceva velocemente con inumerosi immigrati che si riversavanonella città, le auto iniziarono adaumentare in maniera molto più velocedel trasporto pubblico. È per questo chein quegli anni si pensò di investire sultrasporto collettivo. Nel 1985 la città diIstanbul iniziò nuovamente ad investiresul sistema del trasporto pubblico ed inparticolare sul trasporto su ferro (http://www.istanbul-ulasim.com.tr)..Il sistema del trasporto pubblico su ferrodi Istanbul ad oggi è molto articolato:due linee tramviarie (di cui una, quella

Mappa del sistema di trasporto pubblico su ferro di Istanbul.

sulla sponda europea, prettamente turistica); due lineemetropolitane; è in corso la realizzazione di una nuova lineametropolitana detta Marmaray che collegherà le due spondedella città attraversando il Bosforo posizionandosi sul fondodel mare; due linee ferroviarie che collegano la città con laprovincia; quattro tramvie; due funicolari (di cui la storicaTünel) ed una teleferica. Il sistema di trasporto così articolatocopre gran parte del territorio urbano, serve più di 700milioni di passeggeri e procura lavoro a 800 persone, conun bilancio di 200 milioni di passeggeri l’anno.

Tram vintage lungo l’asse di Istiklal (viale dell’Indipendenza).

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Importante è anche il ruolo delle ferrovie suburbane, tracui va segnalata, in territorio europeo, quella tra la stazioneferroviaria principale di Sirkeci e Alkali, destinata ad esserecollegata a quella in territorio asiatico tra la stazione ferroviariaprincipale di Haydarpasa e Gebze mediante il cosiddettoMarmaray, tunnel ferroviario di 13 km sotto il Bosforo incorso di costruzione, come già anticipato sopra.Fondamentali, in chiave di interscambio, diverranno i previstiprolungamenti della metro fino a Yenikapi, sulla costa delcontinente europeo in posizione centrale rispetto alquartiere antico, dove si trova una delle fermate del trenosuburbano. Ma l’attenzione al trasporto pubblico è semprestata direzionata verso un’infrastrutturazione leggera: la primatramvia di Istanbul risale al 1869 quando il tram venivatrainato da cavalli e successivamente elettrificato nel 1914.Come in molte altre città, il servizio tramviario è cessato nelsecondo dopoguerra (nel 1961 nella parte europea diIstanbul e nel 1966 in quella asiatica), a favore di una retedi bus su gomma. Con fini prevalentemente turistici nel 1990è stata riaperta una tratta del vecchio tram (1,6 km) traTaksim e Tünel in territorio europeo. Questa tratta, chepercorre una delle strade pedonali più lunghe e commercialidi Istanbul, Istiklal caddesi antica Rue de Pera, è stata il

primo asse-simbolo intermente pedonalizzato e servito daun’infrastruttura “dolce”. Il tram congiunge i quartieri diBeyoglu e Karaköy che sono stati completamenteriqualificati. Lungo quest’asse infatti sono localizzati i maggioriconsolati dei paesi stranieri, tra cui quello francese e quelloinglese. Via Istiklal, con l’antico tram localizzato nella mezzeria,è un luogo sempre affollato sia nelle ore diurne chenotturne, ed è caratterizzato da un aspetto fortementeoccidentale. La scelta di deviare da via Istiklal tutto il trafficoveicolare, indirizzandolo sulle arterie più esterne del quartiere,è risultata una scelta strategica per gli users di Istanbul.Ciò che ha contribuito i maniera determinate al successo ditale operazione è stata la predisposizione, lungo tutto l’asse,di punti di controllo delle forze dell’ordine, circa ogni 500metri. Infatti verso la fine del secolo scorso il quartiere diBeyoglu si era guadagnato una fama di quartiere pocoraccomandabile, ospitando attività illecite di ogni genere.Oggi la percezione di sicurezza è la prima caratteristica delquartiere e l’asse pedonale di Istiklal ricorda quello dellecittà europee. Prima della pedonalizzazione, i quartieri diBeyoglu e Karaköy erano caratterizzati da un spazio collettivonon “disegnato”, paralizzato da un commercio caotico e daun traffico disordinato, mentre oggi sono nuovamente

Piazza dell’Ippodromo nel quartiere di Sultanahmet.

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affolati di gente che anima i vecchiristoranti in cui si respira l’affascinanteatmosfera del passato, i bar ed i localinotturni delle vie laterali pedonalizzatedi via Istiklal ed i numerosi negozidistrubuiti lungo l’asse pedonale.Le scelte operate negli ultimi anni,optando per un sistema di trasportoleggero, connesso ad una pedonaliz-zazione diffusa, sono state catalizzatricidi risorse, incentivando numeroseiniziative pubbliche e private. Pur inpresenza di una situazione di difficoltàriguardo la sicurezza sociale, le scelteurbanistiche sono riuscite a recuperareun nuovo clima di fiducia nelle istituzionie di maggiore sicurezza tra gli abitanti edi turisti.Le scelte urbanistiche dell ’ult imodecennio operate ad Istanbul, sonomolto vicine ai nostri “Contratti diQuartiere”, introdotti dalla Legge 21/2001 e modificati dalD.M. 27/12/2001 e dal D.M. 31/12/2002, che si basano,per l’appunto, su progetti di recupero urbano sia edilizioche sociale in quartieri caratterizzati da diffuso degrado dellecostruzioni e dell’ambiente urbano, da carenze di servizi inun contesto di scarsa coesione sociale e di marcato disagioabitativo. Così come si è operato ad Istanbul: il quartiere diBeyoglu che, dopo l’indipendenza era caduto in totale rovina,ha riacquistato l’antica eleganza che lo connotava.Il viale che attraversa tutto il quartiere è stato reso pedonalee con l’antico tram che percorre tutto l’asse sono stati

col legati i l nodo di interscambio Taksim, dotato dimetropolitana e funicolare, con il nodo di interscambio Tünel,dotato di tram veloce e trasporto su gomma.Una seconda tratta dell’antico tram (linea T3) è stata riapertanel 2003, nella parte asiatica della città.Questo tram effettua un tragitto ad anello nel quartiereKadiköy che, secondo una leggenda, rappresenta l’anticaCalcedonia dove si stabilirono i primi coloni greci.Il quartiere, che non ha conservato gli antichi splendoridell’antichità come è accaduto sulla sponda europea, graziealla riattivazione dell’antica tramvia, si è notevolmente

rivitalizzato negli ultimi tempi: dalFestival Internazionale del Cinema diIstanbul al più grande mercatoall’aperto della città, senza contare chel’area servita dal tram è statanotevolmente riqualif icata conl’apertura di strutture ricettive quali bar,caffè e ristoranti (Baser e Kubat 2007).Ma l’intervento che più di tutti ha incisosulla rinascita della città di Istanbul èstata la realizzazione della linea ditrasporti pubblico su ferro leggera cheattraversa, nella parte europea, quasitutta la città, articolandosi in tre tratte:linea T1, linea T2 e linea T4.Il sistema tramviario è tra i più innovativial mondo, ed ha rappresentato il veroinnesco del processo di rinnovamentodell’intera città (Ünlü e Edgü 2007).La linea T2, lunga circa 5 km con novefermate, collega Zeytinburnu, nodo di

Linea tramviaria T1 nel quartiere di Sultanahmet.

Funicolare nel quartiere di Beyoglu.

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interscambio tra la linea M1 della metropolitana e la linea T1del tram, con Bagcilar.Da Zeytinburnu è possibile prendere la l inea dellametropolitana leggera e raggiungere l’aeroporto di AtatürkHavalimaný, unico aeroporto di Istanbul, con la fermataHavalimani che rappresenta anche il terminal della linea M1della metropolitana leggera. La linea è stata realizzata pertratte cronologicamente differite: la prima, inaugurata nel1989, collegava il centro dell’area storica (fermata di Aksaray)all’aeroporto; successivamente sono state inaugurate varietratte fino al 2006 che segna la data di completamentodell’intera linea T2.Il collegamento diretto tra l’aeroporto della città ed il sistemadi trasporto pubblico è una delle conquiste più importantinel settore urbanistico e dimostra come Istanbul voglia aallinearsi agli standrad europei.La linea T1 del tram, lunga circa 10 km con ventiquattrofermate, è quella che più di tutte le altre linee ha influitosulla rinascita della vecchia Istanbul.

La linea parte da Zeytinburnu e, attraversando sul ponteGalata il canale del Corno d’Oro, raggiunge il quartiere diBeyoglu alla fermata di Kabatas, nodo di interscambio conla linea del tram che va a Taksim. Lungo la linea T1 sonolocalizzate le fermate per raggiungere le più importantiattrazioni storico-artistiche della città, in grado di attirareflussi da tutto il mondo: la chiesa voluta da Giustiniano AyaSofia, il palazzo Topkapi, la famosissima Moschea Blu, laCisterna Basilica ed il quartiere del Bazar.Sultanahmet, fino a dieci anni fa, era sì un quartiereaffascinante e ricco di monumenti, ma a differenza delpassato, oggi è diventato parte integrante della città.Prima degli interventi di infrastrutturazione leggera, ilquartiere e le sue emergenze architettoniche ed artistiche,vivevano una condizione di assoluto degrado edemarginazione, e l’area veniva vissuta dai turisti come unazona “mordi e fuggi” che al tramonto doveva essereabbandonata. Gli stessi abitanti da anni avevano lasciato lecase di proprietà nella parte storica per trasferirsi nella partead est della città, area modernizzata e servita dal trsportopubblico collettivo. Basti ricordare la cinematografia deglianni Novanta per riconoscere i grandi mutamenti che si sonosucceduti negli ultimi anni nell’antico quartiere di Istanbul.La linea tramviaria, a differenza della linea ferroviariapreesistente che corre lungo la costa creando una verabarriera tra il quartiere ed il mare, ha avuto l’effetto di collantetra la parte antica e la parte moderna della città.La pianificazione urbanistica degli anni Sessanta avevaconcentrato lo sviluppo della città tutto sul versante est diIstanbul, prevedendo i nuovi quartieri residenziali, leattrezzature e le attività di interesse generale lontano dallacittà antica. La conseguenza era che i quartieri storicivenivano abbandonati all’incuria ed alla delinquenza, ed ancheAntico Bazar nel quartiere di Sultanahmet.

Linea tramviaria T1 nel quartiere di Sultanahmet.

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gli abitanti tendevano ad abbandonare il centroantico verso la nuova espansione. Le politicheurbanistiche degli ultimi dieci anni e la realizzazionedella linea T1, hanno consentito, non solo ilcollegamento fisico della parte est con quellaovest della città, ma hanno dato l’opportunitàdi ripensare interi spazi urbani che sono statiinteramente riqualificati e ristrutturati. Gli spazipubblici sono stati sgombrati dalle superfetazioniche negli anni si erano stratificate, la maggiorparte delle strade del quartiere storico diSultanahmet sono state rese pedonali, sono statiridisegnati interi spazi con arredi e nuovepavimentazioni, sono state fatte scelte chehanno posto l’attenzione ai diversamente abili esono stati ristrutturati (azione ancora in progress)i maggiori monumenti della città. Queste azionisono state affiancate da una politica attenta allasicurezza sociale, fondamentale per cambiare iltrend sociale del quartiere: ogni fermata dellalinea tramviaria è stata dotata di una stazione dicontrollo delle forze dell’ordine e di tornelli perl’accesso e l’uscita dal tram. L’attenzione alla sicurezza socialeè stata determinate al fine di cambiare l’immagine chequesta parte della città restituiva.Oggi Sultanamhmet è caratterizzata da un sistema di piazzee zone pedonali che si susseguono da una emergenzaarchitettonica all ’altra, e questo ha innescato unmeccanismo auto propulsivo di iniziative, anche private, teseal recupero delle antiche residenze per convertirle instrutture ricettive (alberghi, pensioni, B&B) tutte dotate diterrazza con vista sul Bosforo da un lato e sulla Moschea Bludall’altro. Molti turisti oggi si stabiliscono direttamente aSultanamhmet senza esplorare altri quartieri. Dopo tuttonon molte città presentano una tale concentrazione dimonmenti di grande interesse storico ed artistico, areecommerciali pedonali, alberghi e ristoranti a poca ditanzal’uno dall’altro.Nel 2007 è stata inaugurata la linea T4 della tramvia checollega la parte antica della città con l’area periferica nord diIstanbul. La linea T4, chiamata la linea Sultançiftligi-Edirnekapiè lunga 14,5 km con diciotto fermate; è a tutti gli effettiuna metropolitana leggera, ma viene ufficialmente classificatacome tramvia. Sono in costruzione due nodi di interscambioed il prolungamento della linea T4 per scambiare con lalinea M1 della metropolitana leggera e con la linea T1 deltram. Sul versante orientale della città, dove arriva la lineaT1 del tram veloce, sono importanti due nodi diinterscambio: Karaköy e Kabatas. Dal primo nodo parte lastorica funicolare di Tünel che la prima volta fu inauguratanel 1875 (http://www.istanbul-ulasim.com.tr/). Ancora oggiquesta funicolare di 570 metri di lunghezza, è una lineafondamentale del sistema trasportistico di Istanbul con la

Linea tramviaria T1 verso il nodo di interscambioZeytinburnu con la linea M1 della metropolitana leggerache raggiunge l’aeroporto.

sua capacità di coprire una distanza altimetrica di 60 metri.La stazione di arrivo Beyoglu, in cima, è collegata con lapiazza da cui parte il tram vintage lungo via Istikal. Dall’altrastazione di Kabatas è possibile prendere una modernafunicolare lunga 600 metri che consente l’arrivo nel nodo diinterscambio Taksim, da cui parte la linea della metropolitanaM2. In questa parte orientale di Istanbul, il sistema deltrasporto pubblico ha creato un’isola, totalmente pedonale,servita da tram moderni, tram vintage e funicolari,disegnando in cartografia un trapezio perfetto. È inquest’area, come già indicato prima, che si sono sviluppatetutte le attività commerciali più tipicamente europee erappresenta ad oggi la parte “moderna” della città di Istanbul.L’asse pedonale di Istiklal Caddesi (Rue de Pera), che significaviale dell’Indipendenza, già anticamente rappresentava laparte elegante della città, ma dopo l’indipendenza i negozied i ristoranti esclusivi chiusero e le grandiose residenzesignorili andarono in rovina, finché il quartiere fu quasi deltutto abbandonato al degrado. E’ solo nel nuovo Millennioche il quartiere ha mutato radicalmente il suo aspetto,proprio con la realizzazione dell ’ampio boulevardpedonalizzato. La scelta della pedonalizzazione e dellariqualificazione non è solo legata all’implementazione deltrasporto leggero, ma anche da un “Progetto di abbellimentodel quartiere Beyoglu”, un’iniziativa delle autorità municipaliche ha manifestato sensibilizzazione riguardo ai problemi diordine pubblico, al restauro dei prestigiosi edifici d’epocaed all’unificazione delle insegne commerciali e della

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Referenze immagini

L’immagine di pagina 82 è tratta dalla mappa del servizio turistico diIstanbul.La mappa a pagina 83 è tratta dal sito web http://www.istanbul-ulasim.com.tr/.

segnaletica stradale, che devono attenersi alle indicazionidel piano urbanistico della città (per esempio tutte le insegnedei servizi commerciali devono essere dorate).

Conclusioni

Negli ultimi dieci anni Istanbul ha cambiato volto mediantela messa in essere di azioni di riqualificazione e ridisegnourbano che hanno contribuito a modificare l’immaginario chedella città si aveva fino agli anni Novanta. Questo processo,come si è visto, è stato strettamente legato alle strategiepolitiche operate nel settore dei trasporti ed in particolarenelle scelte di optare per un diffuso trasporto “dolce”.Negli ultimi due anni è stata potenziata la linea tranviaria,sono state inaugurate una funicolare ed una teleferica edè stata realizzata una stazione di interscambio gomma-ferro,ponendo grande attenzione all’integrazione del trasportosu ferro e/o gomma con la mobilità pedonale. Allo stessomodo sono state implementate le linee marittime checollegano le diverse sponde della città ed integrate alle lineesu ferro e su gomma. Lo sviluppo e la riqualificazione dellacittà sono stati guidati dalla trasformazione del sistematrasportistico che ha rappresentato il vero motore dellariqualificazione urbana. Basti pensare che il motto dellasocietà di trasporti integrati Ulasim è “Transportation of thefuture is on its track with us”. La pedonalizzazione dellestrade, il ridisegno dello spazio urbano fanno parte di unastrategia politica che punta sulla realizzazione di strade“democratiche” cioè accessibili e fruibili da tutti. La politicaè quella di coinvolgere tutti gli attori che utilizzano lo spaziopubblico, compresi coloro che svolgono attività commerciali,nel ridisegno e nella pianificazione delle strade (Moudon1991). La città sta dimostrando dunque di possedere tuttii requisiti necessari affinchè l’Unione Europea possa accettarela richiesta di adesione. Nel corso del summit di Bruxellesdel dicembre del 2004, è stato raggiunto un accordosull’avvio dei negoziati di adesione, ma il risultato ad ogginon è ancora scontato. Spagna, Germania, Regno Unito,Italia e Francia, appoggiano la candidatura della Turchia, mai paesi scandinavi avanzano alcune riserve soprattutto acausa della questione dei diritti umani. In realtà chiunquevisiti Istanbul oggi, non riesce a capire il motivo per cui ladomanda di ingresso nell’UE dovrebbe essere respinta.Tuttavia è pur vero che quando si lascia la città per addentrarsinelle zone rurali più povere e conservatrici, ci si rende contoche la questione è più complicata di quanto non sembri.Una cosa è certa: la domanda di adesione della Turchia all’UEha cambiato per sempre il volto dell’intero paese. Le iniziativevolte ad allineare la Turchia con i suoi vicini europei in materiadi diritti umani, tutela ambientale, amministrazionedell’economia, libertà di parola e democrazia, hanno avutoimportanti conseguenze, sopratutto ad Istanbul.

Istanbul porta dunque la grande responsabilità di essere lacittà-volano per l’adesione della Turchia all’Unione Europea.Non da poco è anche l’impegno assunto con il titolo di“Capitale europea della cultura 2010” conferito di recentead Istanbul. La mission che la città si è prefissata per il titoloconferitole riguarda ancora una volta il miglioramento delleinfrastrutture di trasporto collettivo (su ferro, su gomma emarittimo) contestualmente ad azioni di recupero urbanodi alcuni quartieri e di restauro architettonico di oltre milletra monumenti e palazzi storici.A tale riguardo è necessario che il sistema imprenditorialeed industriale di Istanbul supporti lo sforzo intrapreso dalleautorità politiche ed amministrative affinché i progetti inatto per il 2010 fungano da ulteriore volano per lo svilupposocio-economico della città e di tutto il paese (http://www.istanbul2010.org/en/).Il caso di Istanbul sottolinea il ruolo che la disciplina urbanisticaè in grado di svolgere parallelamente alla progettazione egestione delle infrastrutture di trasporto.Negli utlimi dieci anni la Municipalità di Istanbul e lo Statoturco hanno modificato radiclamente l’approccio allapianificazione ed al governo delle trasformazioni urbaneoptando per scelte integrate tra politiche di trasporto epolitiche del terriotrio.

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a cura di Cristina CalendaLaboratorio - Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

Management Solutions of Soft Mobility

WebSoluzioni per la gestione della mobilità pedonale

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 89-92

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

In questo numero

Il problema della congestione urbana unito alla necessità diridurre le emissioni in atmosfera ha indotto le amministrazionia sviluppare soluzioni che forniscano una valida alternativaalle attuali tipologie di trasporto. Tra queste, la realizzazionedi percorsi ed aree dedicate ad i pedoni può rappresentareuna soluzione da adottare per disincentivare il trasportomotorizzato.Per tale ragione, sia in Italia che all’estero sono stati promossiprogetti finalizzati a sviluppare soluzioni innovative chepossano consentire un’ottimizzazione della gestione edorganizzazione delle reti pedonali; inoltre, molti istituti diricerca stanno approfondendo questo tema.Migliorare la pedonalità urbana, oltre a generare uneffetto diretto e positivo sull’organizzazione deitrasporti, si configura anche come un’opportunità diriqualificazione della città e di incremento dei flussituristici. Proprio sul conseguimento di questo scoposi fondano le attività del Victoria Transport PolicyInstitute, del Pedestrian and Bicycle InformationCenter (PBCI) e del progetto europeo Spatial Metro.Il comune denominatore dei due centri e del progettoè la rivalutazione della figura del pedone all’internodella città, non solo realizzando percorsi dedicati edaree ricreative ma anche attraverso altri strumentiche consentano di rendere più agevoli gli spostamenti“non motorizzati” nei centri urbani quali, ad esempio,la realizzazione di una segnaletica adeguata, laredazione e diffusione di mappe pedonali o larealizzazione di info point.Nello specifico, l’attività del Victoria Transport PolicyInstitute s’incentra sullo studio della gestione delladomanda di trasporto interessando tutte le modalitàdi spostamento, tra cui anche le reti pedonali, egli strumenti per una loro adeguata pianificazione.

Pedestrian and Bicycle Information Center (PBCI) è uncentro americano le cui att iv i tà sono f inal izzateprincipalmente, da un lato a supportare i pedoni ed i ciclistirendendoli più consapevoli dei loro diritti, dall’altro a suggerirealle amministrazioni ed ai governi le strategie da adottareper realizzare sistemi di reti pedonali efficienti e più sicuri eper diffondere la “cultura” del trasporto non motorizzato.Il progetto europeo Spatial Metro, iniziato nel 2005 e chesi concluderà nel 2008 si propone di implementare soluzioni,che vadano oltre la sola costruzione di aree e percorsipedonali, al fine di migliorare la mobilità pedonale all’internodella città e la fruibilità degli spazi ad essi dedicati.

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www.vtpi.org/Victoria Transport Policy Institute

Il Victoria Transport Policy Institute è un istituto di ricercaindipendente che si propone di sviluppare soluzioniinnovative nel settore dei trasporti con lo scopo di migliorarnela pianificazione.Il sito è articolato in quattro sezioni: Home, Our Approach,TDM Encyclopedia e Document. Nella sezione Home oltread essere illustrata la mission dell’organizzazione, è propostauna rassegna di contributi su alcuni argomenti di attualitàcome le tecniche per la riduzione delle emissioni in atmosferaoppure i criteri per la predisposizione di un set di indicatoridi sostenibilità.In Our Approach è presentato in maniera più dettagliatal’approccio seguito dall’istituto relativamente ad alcuniargomenti specifici e le soluzioni da esso proposte; gliargomenti trattati in questa sezione interessano sia lo studioper una migliore gestione della domanda di trasporto sial’analisi dell’andamento del mercato dei trasporti.La sezione TDM (Transportation Demand Management)Encyclopedia si configura, invece come una completa“enciclopedia” on line che propone un’ampia scelta distrategie innovative per la gestione della domanda dimobilità.L’enciclopedia è articolata in settori: Overview, che illustrain maniera più approfondita l’organizzazione dei contenutidella sezione; Strategies To Achieve Specific Objectives chedescrive le migliori tecniche per la riduzione dei fenomeni dicongestione, per la limitazione dei consumi di energia e delleemissioni in atmosfera, per garantire l’equità di condizioni ditrasporto tra le diverse tipologie di soggetti coinvolti (disabilie non), per assicurare una maggiore vivibilità dei luoghi, edun più elevato livello di sicurezza e Best Strategies For VariousOrganizations and Stakeholder Groups TDM Strategies, chepropone soluzioni nel settore della mobilità,differenziate in funzione delle competenze deisoggetti promotori (stato, agenzie di trasporto,associazioni economiche).Altre sezioni dell’Encyclopedia sono: ImprovedTransport Options, che riporta approfondimentisulle soluzioni, ad oggi più efficaci, per gestire almeglio il settore della mobilità, dal Traffing calmingal Car sharing, dal Park&ride alla realizzazione diPedways, reti di sentieri interni urbani, sopraelevateo sotterranee, che connettono le residenze conedifici di interesse comune come centricommerciali o terminal di autobus oppure stazioni;Incentives To Use Alternative Modes and ReduceDriving, che propone incentivi per favorirel’intermodalità e la riduzione dell’uso del trasportoprivato come il Pay-As-You-Drive (PAYD) VehicleInsurance, meccanismo che prevede la definizione

del premio di assicurazione sulla base di “quanto” si utilizza ilveicolo; Parking and Land Use Management, che illustra lesoluzioni per una migliore gestione delle aree di sosta, traqueste si ricorda, ad esempio, lo Smarth Grow ossia l’insiemedi politiche che integrano trasporti ed uso del suoloincoraggiando una struttura urbana meno dispersacaratterizzata dallo sviluppo di zone a mix funzionale nellearee urbane esistenti al fine di contenere il fenomeno dellosprawl urbano.Accanto a queste strategie, l’istituto nell’Encyclopediapropone in Policy And Institutional Reforms esempi di riformeche i governi dovrebbero adottare nell’organizzazione dellamobilità, ed in TDM Programs and Program Support illustrapossibili iniziative da attuare per la gestione della mobilitàinerenti il trasporto scolastico, la logistica o la gestione deltrasporto in occasione dei grandi eventi. Infine, il “capitolo”TDM Planning and Evaluation della Encyclopedia è dedicatoalla pianificazione dei trasporti. Nella sezione, oltre ad essereanalizzati gli effetti sull’assetto del territorio e quelliambientali, sociali ed economici derivanti dalle decisioni sullamobilità, sono proposti modelli e metodi per la valutazionedelle performance delle reti di trasporto oppure sono riportatistudi sulla valutazione della qualità dei trasporti pubblici, sullamobilità sostenibile e sull’accessibilità.In Document è proposta una rassegna di studi e rapportitecnici. Tra le sottosezioni, è presente Walking and Cyclingrelativa al trasporto pedonale e ciclabile, in cui sono riportaticontributi che ricoprono settori di interesse differente: dallelinee guida sulle best-practice di pianificazione per la gestionedella “mobilità non motorizzata” agli indirizzi per la selezionedi siti idonei come aree di sosta per le biciclette, dagli studieconomici tesi ad analizzare il “valore” della pedonalità comeelemento su cui valga la pena intensificare gli investimentialle tecniche da adottare per garantire una maggioresicurezza per i pedoni.

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Il ponte pedonale e carrabile Felipe II aBarcellona.

www.walkinginfo.org/Pedestrian and Bicycle Information Center

Il Pedestrian and Bicycle Information Center (PBIC) è uncentro americano che si occupa di ingegneria, accessibilitàe sicurezza relative alla mobilità pedonale e ciclistica,trattando argomenti che potrebbero essere di interesseper diverse tipologie di utenti, dal cittadino al pianificatore.Il sito si articola in tre sezioni Walking Basics, WalkingSolutions e Walking Resources.Walking Basics è una sezione di carattere più generale conla quale si vuole fornire agli utenti una prima presentazionesulla mobilità pedonale, illustrandone i vantaggi in termini diriduzione dei fenomeni di congestione e di miglioramentodella qualità della vita e riportando alcune statistiche sugliincidenti in cui sono coinvolti i pedoni al fine di illustrare iprincipali problemi connessi a tale tipologia di mobilità, efornendo indicazioni ai cittadini sulle organizzazioni a cuirivolgersi per garantire la tutela dei propri diritti.La sezione Walking Solutions è organizzata nelle seguentisottosezioni: Implement Solutions che propone soluzioni perpromuovere e rendere più sicura la mobilità pedonaleattraverso sia l’implementazione di scelte pianificatorieadeguate e la progettazione di reti più sicure che lo sviluppodi piani di comunicazione al fine di responsabilizzare esensibilizzare la comunità sull’argomento; Develop Plans andPolicies che fornisce indicazioni sull’elaborazione di strumentidi pianificazione ad hoc per i pedoni; Engineer PedestrianFacilities che propone alcune soluzioni ingegneristiche perincrementare la qualità delle reti pedonali che interessanoprincipalmente la struttura delle strade, le aree di sosta e lagestione del traffico; Educate Drivers and Pedestrians chefornisce indicazioni sulla strutturazione di programmi di“educazione” dei pedoni e degli autisti per garantire unamaggiore sicurezza sulle strade; Enforce Laws che presentaun focus sulla normativa di settore esistente; ImproveAccess to Transit nella quale sono suggerite strategie permigliorare l’accessibilità; Promote Walking and Health cheillustra soluzioni per promuovere la pedonalità quali ladeterminazione di incentivi o l’elaborazione di mappe deipercorsi pedonali come strumento di supporto per i pedoni;Seek Funding and Build Support che riporta le possibilistrategie per lo sviluppo della mobilità pedonale comericerche, programmi educativi ed interventi per rendere piùagevoli i percorsi ciclabili e pedonali o per crearne di nuovi.Ciascuna delle sezioni propone, di solito, per l’argomentotrattato un’introduzione di carattere generale ed unapprofondimento sia sulle ricerche in merito che su alcuneapplicazioni portate a termine.Tra le sottosezioni del sito, interessante è Develop Plansand Policies che riporta alcuni esempi di piani pedonali redattiin alcune città. A tale proposito, solo per citarne alcuni, siricordano il Portland International Airport Bicycle and

Pedestrian Plan (2003), redatto con lo scopo di agevolare ipedoni ed i ciclisti nell’accesso all’aeroporto, attraverso ilpotenziamento delle reti pedonali e ciclabili collocate neipressi dello stesso con lo scopo di migliorare l’accessibilitàmediante modalità di trasporto non motorizzate; oppure ilPedestrian Plan di Cambridge (2000), strumento in cuipartendo da un’analisi dello stato attuale del sistemapedonale nella città, sono definiti indirizzi per l’assetto deglispazi pedonali, classificando la città in nodi, percorsi ed areepedonali; o l’Oakland Pedestrian Master Plan (2002) in cuipartendo da uno studio sulle abitudini dei pedoni, siindividuano interventi per potenziare la rete pedonale.Walking Resources è, invece, una sezione creata per fornirealcuni servizi ai propri utenti: dalla ricerca, nel catalogo online dell’organizzazione, di testi, studi e report attraverso lasezione Search library, alla possibilità di eseguire una ricercapiù specifica e più vicina alle esigenze dell’utente accedendoalla Get Local Assistance oppure alla Search FAQs fino allaconsultazione di eventi, convegni, seminari e corsi diformazione riportati nella sezione Get Training.

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Referenze immaginiLe immagini a pag. 89 ed a pag. 92 sono tratte dal sitowww.spatialmetro.org, l’immagine a pag. 90 è tratta dal sitowww.amsterdamtour.it, l’immagine a pag. 91 è tratta dal sitowww.ediliziainrete.it.

www.spatialmetro.org/Home.aspxSpatial Metro

Spatial Metro è un progetto internazionale finalizzato adimplementare nuove soluzioni per realizzare centri cittadinipiù adatti alle esigenze dei pedoni, in parte finanziato dalprogramma Interreg IIIB Europa Nord Occidentale, in partedai partner coinvolti ed in parte dai governi inglese e svizzero.Il progetto coinvolge cinque istituti di ricerca tra cuil’università dell’East Anglia (School of Computer Science andSchool of Environmental Sciences) in Inghilterra, la Universityof Technology di Delft (Facoltà di Architettura, Dipartimentodi Urabnistica) in Olanda, l’Institute of Computer Sciencedell’University di Koblenz in Germania, la Swiss PedestrianAssociation di Zurigo; e cinque città Norwich, Bristol, Rouen,Koblenz e Biel/Bienne.In particolare, il progetto nella volontà di promuovere lapedonalità, si propone di:− realizzare mappe di percorsi pedonali;− potenziare i percorsi pedonali di accesso ai servizi;− migliorare la segnaletica per i pedoni nei centri urbani;− realizzare punti informativi presso i principali nodi ditrasporto (aeroporti, stazioni);− realizzare modelli virtuali di edifici e percorsi che agevolinoil pedone negli spostamenti in città;− sfruttare le tecnologie web e telefoniche per realizzareuna rete informativa disponibile a tutti;− migliorare i punti di riferimento lungo i percorsi in mododa convertirli in aree di svago per i pedoni;− testare ed introdurre modalità di trasporto sostenibili comerisciò e scooter elettrici all’interno delle aree pedonali;− misurare le risposte della comunità a queste iniziative.Il sito, oltre alla sezione Home di presentazione del progettoed alla sezione Member Login in cui è possibile per i membridel progetto accedere ad ulteriori documenti, presenta unasezione Themes in cui sono meglio dettagliate le attivitàper ciascun obiettivo da conseguire ed i risultati ottenuti.Tale sezione è suddivisa nelle seguenti sottosezioni: Metro-style Maps, Links, Signs, Information Gateways, VirtualReality Models, Mobile Phone and Internet Technology,Stations, Transport e Public Response.Uno tra i prodotti del progetto è la redazione di mappepedonali realizzate con lo scopo di agevolare i pedoni neglispostamenti all’interno della città e di proporre unapanoramica dei servizi che la città offre. Queste mappe sonoriportate nella sezione Metro-style Maps, nome che discendedalla loro grafica che ricalca la struttura delle mappe dellelinee metropolitane, in cui i percorsi sono, però, differenziatiper tipologia di via, ad esempio se si tratta di una stradastorica o di una via commerciale, ed in cui alle “stazioni”corrispondono i punti della città quali musei, monumenti,chiese, centri commerciali di maggiore rilevanza. Spatial Metroha sviluppato anche studi sul potenziamento di alcuni percorsi

cittadini, usando in particolare giochi di luce che oltre adagevolare la percorribilità degli stessi migliorano anchel’immagine della città; a tale proposito, in Links sono illustratigli interventi realizzati a Norwich e sono riportate alcunepossibili soluzioni nel settore. Un altro modo per agevolaregli spostamenti pedonali consiste nella collocazione nei pressidi stazioni, aeroporti e parcheggi di pannelli informativi; atale proposito nella sezione Information Gateways èpresentata l’esperienza di Bristol che ha avviato un processodi miglioramento della propria segnaletica pedonale.L’Università dell’East Anglia di Norwich nell’ambito delprogetto ha anche realizzato un modello virtuale che illustraedifici e percorsi, storici, culturali e commerciali. Il modello,visibile nella sezione Virtual Reality Models, consente all’utentedi selezionare il tragitto di suo interesse e di consultare leinformazioni utili su di esso. In Mobile Phone and InternetTechnology è illustrata una tecnologia innovativa adottatanella città di Koblenz, che prevede l’invio di informazionigratuite sui cellulari quando l’utente visita un’attrazionelocale. Il sistema si basa sulla connessione Bluetooth e siattiva quando il cellulare del visitatore è individuato da speciali“access box” collocati lungo percorsi e zone di interesse.Nel corso del progetto sono stati organizzati anche deiworkshop per discutere sugli avanzamenti del lavoro, inparticolare in Stations sono riportati gli esiti di alcuni incontrirelativi all’assetto delle “stations”, intese in questo caso comespazi pubblici che connettono i percorsi pedonali in cui ipedoni possono sedersi, svagarsi e riposarsi. Infine, inTransport sono presentate modalità di trasporto ecologicheutilizzabili nelle aree pedonali ed in Public Response gli esitidi indagini fatte alla popolazione al fine di comprendernemeglio le esigenze.

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Andrea S. ProficeLaboratorio TeMALab - Territorio Mobilità AmbienteDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 93-96

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

The Innovative Culture of Soft Mobility

In questo numero

PubblicazioniLa nuova cultura della mobilità dolce

In Europa più del 60% della popolazione degli stati membrivive in città e in città si produce, ormai, più dell’85% delProdotto Interno Lordo dell’Unione.L’aumento esponenziale della popolazione urbana e lapresenza, in città, di molte delle attività a maggiorepolarizzazione di utenza rendono il tema della mobilità urbanauna delle questioni centrali nel dibattito urbanistico moderno.Come afferma la Commissione Europea nel suo “Libro Verde”sulla Mobilità Urbana – una delle pubblicazioni che sipresentano in questo numero: “Le città europee sonodiverse l’una dall’altra, ma si trovano tutte di fronte allestesse sfide e sono alla ricerca di soluzioni condivise”. Moltidegli autori che hanno promosso il dibattito intorno ai diversiaspetti del “problema mobilità” – congestionedel traffico, inquinamento ambientale e acustico,aumento degli incidenti stradali – concordanosu un punto: è necessario un cambiamento diparadigma, un passaggio da una cultura dellamobilità urbana “dipendente” dall’automobile auna nuova cultura centrata sulla persona.Questo auspicio rappresenta il filo conduttoredelle tre pubblicazioni presentate in questonumero.La persona non solo come centro di interessema anche come promotore del dibattito supolitiche e strategie. Nel “Libro Verde”, peresempio, la consultazione pubblica delle autoritàe degli utenti del trasporto pubblico europeorappresenta il mezzo per la promozione deldibattito e per la definizione delle possibili opzionipolitiche a soluzione dei problemi della mobilità.Il secondo studio “Car Free Development”,commissionato dal Ministero per lo Sviluppo e laCooperazione Economica della Germania e

orientato alla realizzazione di “un nuovo ordine urbano basatosulla qualità della vita” (trad.prop.) afferma esplicitamentecome la partecipazione attiva dei cittadini e dei gruppiportatori di interesse rappresenti condizione necessariae sufficiente alla buona riuscita di programmi e progetticar free.“Pedestrian and Bicycle Planning. A guide to best practices”– la terza pubblicazione proposta – include tutti gli aspettiinerenti la pianificazione degli spazi publici a servizio di pedonie biciclette. La guida, che punta alla realizzazione di Pianispecificatamente orientati alla pedonalità e alla ciclabilità,descrive come sviluppare tali strumenti e come integrarlinei processi ordinari per il governo della mobilità urbana.

Il Brooklin Bridge a New York.

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Titolo: LIBRO VERDE. Verso una nuova cultura della mobilità urbana

Autore/curatore: Commissione delle Comunità Europee

Editore: Commissione delle Comunità Europee

Download: http://ec.europa.eu/transport

Data pubblicazione: 2007

Numero di pagine: 23

Prezzo: gratuito

Codice ISBN:

Lingua: tutte le lingue dell’Unione

LIBRO VERDE: verso una nuova cultura della mobilitàurbana

Un Libro Verde rappresenta un documento preparatorio diuna legge o di un corpus di leggi di riforma che,generalmente, non contiene disposizioni o obblighi, maproposte di strategie. Nella legislazione europea, che lo hamolto utilizzato – anche di recente, il Libro Verde è unostrumento per promuovere il dibattito intorno ad undeterminato tema e alle possibili opzioni politiche perriformarne le disposizioni. Lo scopo ultimo è giungere aduna visione comune di riforma. Il “Libro Verde” sulla mobilitàurbana ha fatto seguito al riesame intermedio 2006 del “LibroBianco sui Trasporti. La politica europea dei trasporti fino al2010: il momento delle scelte”. Il “Libro Bianco” è la rispostaalla “Strategia di Sviluppo Sostenibile” concordata tra i varistati membri nel Consiglio europeo di Göteborg nel giugno2001. Le sessanta misure presentate in questo documentosono orientate a realizzare una rete di trasporti europeacapace di riequilibrare l’intermodalità nei trasporti collettivi,rilanciando, quindi, le ferrovie, promuovendo il trasportomarittimo e fluviale e controllando la crescita del trasportoaereo.Il “Libro Verde” è stato pubblicato nel Settemre del 2007 aseguito di un ampia consultazione pubblica, avviata nel 2006,che ha coinvolto molti cittadini europei, diverseamministrazioni locali, regionali e nazionali, molte aziende ditrasporto urbano, PMI, imprenditori, ecc. Da questo iterconsultivo sono scaturite le proposte di riflessione – presentenel documento – intorno ai diversi temi inerenti la mobilitàurbana in Europa. Sulla scorta di questo documento, laCommissione ha deciso di riavviare la consultazione pubblicaper pervenire, entro fine del 2008, ad unPiano d’Azione per la mobilità sostenibileeuropea.Le città europee sono diverse le une dallealtre, ma i problemi connessi alla mobilitàche si trovano ad affrontare – è scritto nelDocumento – sono comuni alle stesse. Lacongestione del traffico urbano, che siripercuote non solo sulla qualitàdell’ambiente urbano ma ha notevoli effettisui tempi di attraversamento delle città equindi sulla loro economia. La Commissioneha calcolato che, a causa della congestionedel traffico, ogni anno l’economia europeaperde circa l ’1% del PIL dell ’UE.L’inquinamento atmosferico, tra cui la CO2,che contribuisce, per la parte del traffico,al 40% delle emissioni di Anidride Carbonicain Europa. Gli incidenti stradali: ogni annoin europa aumenta il numero di morti perincidenti stradali, aumenta il numero di

incidenti verificatisi in città e aumeta anche il numero dipedoni e ciclisti vittime della strada.A fronte dei numerosi problemi messi in evidenza, il “LibroVerde” propone un ripensamento generale delle politicheeuropee per la mobilità, orientato – in ultima analisi – alla“sostenibilità dei trasporti”, all’ottimizzazione nell’uso di tuttele modalità di tasporto – collettive (treno, tram,metropolitane, ecc.) e individuali (automobile, motocicletta,bicicletta, a piedi) – attraverso una migliore organizzazionedella “comodalità” tra gli stessi.Il disincentivo all’uso delle automobili private, la promozionedegli spostamenti non motorizzati e dei mezzi pubblicirappresentano gli assi principali della strategia del Documento.Condizione indispensabile, però – osserva la Commissione –per una reale promozione di tali modalità di spostamento incittà è l’integrazione di queste opzioni nelle politiche e neiprogrammi ordinari per la mobilità. Promuovere, quindi, glispostamenti a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblicirendendo “attraenti” e, sopratutto, per quanto riguarda lapedonalità e la ciclabilità, sicure queste modalità dispostamento. E’ necessaria una maggiore attenzione, quindi,allo sviluppo di infrastrutture adeguate alle necessità di pedonie ciclisti, la promozione all’uso di tali aree nelle scuole epresso l’opinione pubblica, l’incentivo all’uso dei mezzipubblici e il disincentivo all’utilizzo delle automobile privata,anche attraverso la revisione delle politiche dei parcheggi.Pedonalità e ciclabilità, nel “Libro Verde”, rappresentano,comunque, solo una delle possibili soluzioni. Infatti, il nodovero della questione “mobilità”, osserva la Commissione, è ilmiglioramento delle combinazioni efficienti tra le varie opzionidi trasporto. Rendere, in ultima analisi, flessibile l’offerta perlo spostamento in città.

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Car Free Development

Questa pubblicazione costituisce uno dei 26moduli di un corposo libro elettronico – prodottodalla Società per la Cooperazione Tecnica (GTZ)del Ministero tedesco per la Cooperazione e loSviluppo – il cui focus è il trasporto urbano“sostenibile”.Il libro “Sustainable transport: a sourcebook forpolicy-makers in devoping cities” rappresenta unodei maggiori contributi sviluppati nell’ambito diun progetto internazionale sullo svilupposostenibile dei trasporti frutto di una partnershiptra la GTZ, CITYNET – un Network internazionaledi autorità locali per lo sviluppo degli insediamentiurbani – e la UN Economic and Social Commissionfor Asia and the Pacific (UNESCAP).L’autore di “Car Free Development” è il Prof.Lloyd Wright, un esperto di pianificazione deltrasporto urbano che ha lavorato a numerosiprogetti internazionali promossi dalle NazioniUnite.Molte economie – afferma l’autore, sia nei paesi del PrimoMondo che del Secondo e del Terzo, fondano il propriosviluppo – e la propria idea di sviluppo – sul mercatodell’automobile. Nel mondo si contano ormai più di un miliardodi autoveicoli e, a causa della crescita di alcune economieasiatiche, tale numero è destinato ad aumentarevertiginosamente nei prossimi anni. L’autore sostiene che ilprogressivo degradamento dell’ambiente urbano e, diconseguenza, il peggioramento della qualità della vita in cittàsono il frutto di questa cultura della mobilità urbana centratasulla “motorizzazione” degli spostamenti.“Car Free Development” si prefigge l’emergere di un nuovo“ordine” urbano – come lo definisce il Prof. Lloyd – basatosulla qualità della vita dei cittadini e che mette l’uomo primadell’automobile.Il Primo dei sei capitoli del lavoro è dedicato ad una analisidelle maggiori problematiche, connesse alla mobilità, che sitrovano ad affrontare molte delle moderne società urbane,con particolare enfasi alle condizioni della mobilità pedonalenel mondo. In fatto di pianificazione di spazi publici e di areededicate ai pedoni – sotiene l’autore – esistono pochi paesial mondo che possano dirsi veramente sviluppati.Nel mondo, comunque, aumentano il numero di esperienzedi pedonalizzazione dei centri urbani – molti centri storichinel mondo sono completemente car free – ma l’estensionecomplessiva di tal i aree rimane molto ad di sottodell’estesnione degli spazi dedicati al traffico veicolare.Nel Secondo Capitolo vengono forniti – oltre ad un breveescursus storico – alcuni esempi di città e di progetti carfree e pedonali realizzati nel mondo. Il movimento car freeè nato e si è sviluppato prioritariamente in Nord e in Centro

Titolo: Car Free Development

Autore/curatore: Lloyd Wright

Editore: GTZ

Download: http://www.sutp.org/

Data pubblicazione: 2005

Numero di pagine: 159

Prezzo: gratuito

Codice ISBN: -

Lingua: inglese

Europa ed è li che possono essere rintracciati i migliori esempidi best practises.A fronte di questi esempi, nel Terzo Capitolo vengono fornitealcune linee guida per la realizzazione di Piani e Programmiper la mobilità sostenibile e per una loro migliore integrazionenelle politiche del governo delle trasformazioni urbane.Nel processo per l’implementazionie di Programmi car free,il design progettuale delle aree pedonali rappresenta solouno dei passi necessari. E’ indispensabile una preventivaopera di condivisione delle politiche del Programma tra i variportatori di interesse, prima di tutto i cittadini. A valle, poi,della decisione, della definizione e della realizzazione delprogetto è necessaria un opera di marketing dello stessoe, quindi, di promozione pubblicitaria anche coinvolgendo imedia locali.Una fase ugualmente importante del processo – spessoelusa – è il monitoraggio dell’opera realizzata, dal punto divista della funzionalità degli spazi, della resistenza dei materialiurbani e della reale utilizzazione dell’area da parte dei cittadini.Gli ultimi capitoli di Car Free Development sono dedicatialll’approfondimento di ciascuno di questi passi del processodi pianificazione. Nel Quarto Capitolo vengono presentatealcune delle diverse opzioni di design urbano per le areepedonali, nel Capitolo 5 le migliori strategie per la promozionedell’opere e nel Capitolo 6 come valuterle alla luce delprocesso generale.Car free è – a detta dell’autore – una risorsa principalmenteindirizzata alle autorità locali. In più parti, comunque, dellavoro viene ricordato come la partecipazione dei cittadinisia la chiave per la realizzabilità del progetto e, in ultimaanalisi, per il suo successo.

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Pedestrian and Bicycl e Planning. A Guideto Best Practices

Il Victoria Transport Policy Instutute, l’editoredi questa pubblicazione, è un’organizzazionedi ricerca indipendente il cui obiettivo èsviluppare soluzioni pratiche ed innovative aiproblemi del trasporto e della mobilità.“Pedestrian and Bicycle Planning. A Guide toBest Practices” si presenta come una guidapratica, a supporto dei policy makers,orientata alla definizione e allo sviluppo di Pianiper la mobilità pedonale e ciclabile e ad unaloro migliore integrazione negli strumentiordinari per il governo della mobilità.Questi, in passato, hanno spesso focalizzatol’attenzione (politica e finanziaria) allemodalità di trasporto veicolari, pubbliche eprivate, escludendo – di fatto – altre tipologiedi traspoto non motorizzate. Vari autori enumerose esperienze internazionali hannodimostrato, invece, come l’integrazione tra le diverse opzioni– motorizzate e non, pubbliche e private – sia la miglioresoluzione ai problemi di mobilità e accessibilità in ambitourbano.Il problema, sottolineano gli autori, è migliorare l’offertainfrastrutturale per la mobilità pedonale e ciclabile,rendendola più attrattiva e sicura, e disincentivare l’usodell’automobile privata.In molti contesti, infatti, gli spostamenti a piedi e in bicicletta,che qui vengono definiti “basic mobility”, rappresentano ilmodo più veloce e efficiente per compiere brevi tragitti.Migliorare l’offerta – e quindi la disponibilità sul territorio diinfrastrutture eterogenee per lo spostamento – per migliorarel’accessibilità e la mobilità.Un ambiente in cui l’offerta infrastrutturale è, invece, ostileai pedoni riduce le possibilità di scelta tra modalità alternativedi spostamento, incentivando, di fatto, l’utilizzo dell’automobileanche per piccoli tragitti.Anche qui, come negli altri lavori presentati in precedenza,viene evidenziato come il design progettuale e larealizzazione delle infrastrutture pedonali e ciclabili rap-presentino solo una delle tappe del processo complessivodi pianificazione – l’ultima, secondo gli autori – che includeanche: la definizione degli obiettivi, la ricerca dell’integrazionedelle scelte all’interno delle politiche ordinarie per la mobilitàe per il trasporto urbano, la promozione e l’educazione aglispostamenti a piedi e all’utilizzo delle aree realizzate,l’identificazione di strumenti e tecniche per la gestione e lamoderazione del traffico (traffic calming), la definizione diprogrammi di valutazione delle opere.La guida è suddivisa in nove capitoli. I primi tre sono dedicatiad approfondire le varie tappe del processo di pianificazione

Titolo: Pedestrian and Bicycl e Planning. A Guide to Best Practices

Autore/curatore: AAVV

Editore: Victoria Transport Policy Institute

Download: www.vtpi.org

Data pubblicazione: 2008

Numero di pagine: 88

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Codice ISBN:

Lingua: inglese

di politiche e interventi per il trasporto urbano, in generale,e per i trasporti non motorizzati, più nello specifico. Quindi:come definire obiettivi e scopi, come misurare domanda eofferta attuale e prevedere quella futura, a opererealizzzate. Come valutare la fattibilità dei Piani, sia dal puntodi vista dello stato dei luoghi che della fattibilità finanziariadegli interventi. Come integrare le politiche per la mobilitàurbana e gli interventi programmati all’interno delle politichedei trasporti di area vasta (provicniale, regionale).I capitoli Quarto e Quinto sono dedicati alla pianificazionedegli interventi per la realizzazione di aree pedonali e pisteciclabili. In riferimento alle prime, vengono illustrati – in primaistanza – i principi generali da perseguire nella disegno di taliaree (sicurezza, accessibilità, funzionalità, ecc.).Successivamente, viene messo in evidenza come il progettodelle opere da realizzare debba “soddisfare” le necessità divarie tipologie di utenti e di gruppi di utenti (disabili, anziani,bambini) e i relativi bisogni (svago, sport, lavoro, ecc.).Le infrastrutture programmate (aree pedonali, pisteciclabili, sottopassi) e le caratteristiche di queste devono,quindi, incontrare, per quanto è possibile, le necessità ei bisogni di tutti.Per quanto concerne, invece, le piste ciclabili, gli autorisottolineano come il progetto di tali infrastrutture debbanecessariamente bilanciare due fattori. Da una parte, ladomanda ovvero le esigenze e i bisogni posti dagli utenti –che variano anche a seconda dalla loro “capacità” (bambini,ciclisti esperti, famiglie) e dal motivo dello spostamento(lavoro, sport, ecc.). Dall’altra, la disponibilità di spazio neltracciato stradale attuale. Nella maggior parte dei casi,quest’ultimo rappresenta il fattore maggiormente limitantead una realizzazione ottimale degli interventi.

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a cura di Giuseppe Mazzeo* e Cristina Calenda*** Laboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabCNR-Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail:[email protected]; web: www.dipist.unina.it

In questo numero

La volontà di tutelare le risorse ambientali e di attuare iprincipi dello sviluppo sostenibile ha favorito la diffusionenella gestione del governo del territorio di pratiche estrumenti finalizzati all’implementazione di interventi cherisultino compatibili con l’ambiente. Tali innovazioni hannointeressato anche il settore dei trasporti.Infatti, l’incremento considerevole del traffico urbano e leripercussioni che esso genera sull’ambiente e sulla qualitàdella vita all’interno delle città richiedono l’attuazione di misurefinalizzate ad una mitigazione del fenomeno ed alla diffusionedi modalità alternative di trasporto.In tal senso, la realizzazione di reti pedonali e ciclabili potrebberappresentare una delle possibili soluzioni per disincentivarel’utilizzo dei veicoli privati, senza pregiudicare la crescitaeconomica delle città e la possibilità di accedere ai servizi daessa offerti. Tuttavia, affinchè alla realizzazione di infrastrutturededicate alla mobilità “non motorizzata”, segua un effettivoincremento del loro uso da parte della comunità, ènecessario che la costruzione dei percorsi sia portataa termine seguendo scrupolosamente gli standardtecnici previsti dalla normativa, in modo da garantirela sicurezza dei pedoni e dei ciclisti.Con tale intento, è stato elaborato il Decreto delMinistero dei Lavori Pubblici n. 557/1999 che disciplinai requisiti tecnici da considerare nella progettazionedi un itinerario ciclabile, specificando per le diversetipologie di percorsi (promiscui o esclusivamenteciclabili) gli standard da rispettare nella lorocostruzione ed individuando gli strumenti di governodi cui si dotano le autorità, quali il piano delle reticiclabili ed i progetti degli itinerari ciclabili, per unamigliore gestione degli stessi.L’ intenzione da parte del governo italiano diincentivare i comuni a realizzare interventi per

Security, Accessibility and Soft Mobility

** Laboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

NormativaSicurezza, accessibilità e pedonalità urbana

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 97-100

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

l’implementazione di modalità di trasporto meno impattantiall’interno della città, si è tradotta nell’emanazione delDecreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela delTerritorio e del Mare del 28 gennaio 2008 che definiscel’elenco dei comuni ammessi ad usufruire del cofinanziamentoper la realizzazione di interventi strutturali per larazionalizzazione della mobilità in ambiente urbano al fine diridurre le ripercussioni negative sull’ambiente derivanti daltraffico urbano.La mobilità pedonale e ciclabile è promossa anche da partedell’Unione Europea che ha finanziato progetti di ricercaper lo sviluppo di nuove soluzioni ed ha emanato direttiveper disciplinare meglio il settore. Tra le disposizioni legislativeemanate, si riporta la Direttiva Comunitaria n. 102/2003,con la quale sono state definite norme più rigorose perassicurare la protezione dei pedoni e degli altri utenti dellastrada prima ed in caso di urto con un veicolo a motore.

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Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n. 557/1999

Il Decreto Ministeriale n. 557/1999 “Regolamento recantenorme per la definizione delle caratteristiche tecniche dellepiste ciclabili” individua le linee guida per la progettazionedegli itinerari ciclabili e degli elementi di qualità delle diverseparti degli itinerari medesimi. Gli itinerari ciclabili si identificanocon i percorsi stradali utilizzabili dai ciclisti, sia in sede riservata(pista ciclabile in sede propria o su corsia riservata), sia insede ad uso promiscuo con pedoni (percorso pedonale eciclabile) o con veicoli a motore (su carreggiata stradale).Scopo del Decreto è il raggiungimento degli obiettivi disicurezza e di sostenibilità ambientale della mobilità, obiettiviche devono essere perseguiti valutando di volta in volta lestrategie che meglio rispondono agli stessi.Ai sensi dell’articolo 2 del Decreto, le finalità ed i criteri daconsiderare nella pianificazione e nella progettazione di unitinerario ciclabile sono:– favorire e promuovere un elevato grado di mobilità

ciclistica e pedonale;– puntare all’attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità

dell’itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi,diretti e sicuri sulla base dei risultati di indagini sull’originee la destinazione dell’utenza ciclistica;

– valutare la redditività dell’investimento con riferimentoall’utenza reale e potenziale ed in relazione all’obiettivodi ridurre il rischio d’incidentalità ed i livelli di inquinamentoatmosferico ed acustico;

– verificare la fattibilità ed il reale utilizzo degli itinerari ciclabilida parte dell’utenza, secondo le differenti fasce d’età ele diverse esigenze, verificando anche le condizioni plano-altimetriche dei percorsi.

Per il perseguimento delle suddette finalità, gli strumenti dipianificazione e di progettazione, di cui gli enti locali, si dotanosono:– un piano della rete degli itinerari ciclabili, nel quale siano

previsti gli interventi da realizzare, comprensivo dei datisui flussi ciclistici, delle lunghezze dei tracciati, della stimaeconomica di spesa e dell’indicazione delle priorità diazione e dei tempi di realizzazione, con la possibilità diconsiderare itinerari isolati che rispettino comunque lefinalità su indicate. Il livello di indagini preliminari e didettaglio degli elaborati di piano deve essere adeguatoall’estensione della rete ciclabile ed alla complessità delmodello di organizzazione della circolazione delle altrecomponenti di traffico. Inoltre, per i comuni che sonotenuti alla predisposizione del Piano Urbano del Traffico(PUT), il piano della rete ciclabile deve essere inseritocome piano di settore all’interno del PUT;

– i progetti degli itinerari ciclabili, previsti dal suddettopiano, che prevedano anche, se necessario, lariqualificazione dello spazio stradale circostante. Inparticolare, i progetti devono considerare e prevedere

adeguate soluzioni per favorire la sicurezza della mobilitàciclistica nei punti di maggior conflitto con i pedoni ed iveicoli a motore (intersezioni, accessi, ecc.).

Per la progettazione degli itinerari ciclabili, inoltre, devonoessere considerati, in particolare, i seguenti elementi: laregolarità delle superfici ciclabili, gli apprestamenti per leintersezioni a raso e gli eventuali sottopassi o sovrappassicompresi i loro raccordi, le sistemazioni a verde, le opere diraccolta delle acque meteoriche; la segnaletica verticale edorizzontale e gli impianti semaforici, le indicazioni degliattraversamenti ciclabili, gli impianti speciali per la visualizzazionenotturna degli attraversamenti a raso, che devono tenerconto delle alberature esistenti in modo da evitare zoned’ombra, le rastrelliere per la sosta dei velocipedi e,specialmente sulle piste ad utilizzazione turistica, panchine,fontanelle di acqua potabile ogni 5 km di pista, ecc.Riguardo ai percorsi promiscui pedonali e ciclabili, essi sonorealizzati all’interno di parchi o di zone a traffico prevalentementepedonale, oppure possono essere anche realizzati, previaapposizione della suddetta segnaletica, su parti della stradaesterne alla carreggiata, rialzate oppure delimitate eprotette, usualmente destinate ai pedoni, qualora la stradanon presenti dimensioni sufficienti per la realizzazione di unapista ciclabile e di un contiguo percorso pedonale e se talipercorsi risultano necessari per dare continuità alla rete diitinerari ciclabili. In tali casi, il percorso promiscuo pedonalee ciclabile deve presentare una larghezza adeguatamenteincrementata rispetto ai minimi fissati per le piste ciclabili edun traffico pedonale ridotto. I percorsi ciclabili su carreggiatastradale sono a maggiore rischio per i ciclisti e, pertanto,sono ammessi per garantire la continuità alla rete previstadal piano della rete ciclabile, se non è possibile realizzarepiste ciclabili. Per i suddetti percorsi è necessario intervenirecon idonei provvedimenti (interventi sulla sede stradale,attraversamenti pedonali rialzati, rallentatori di velocità, ecc.)finalizzati alla riduzione dell’elemento di maggiore pericolositàrappresentato dalla differenza di velocità tra i velocipedi edi veicoli a motore.

Gli standard progettuali per le piste ciclabiliIl D.M. n. 557/1999 stabilisce che la larghezza minima dellacorsia ciclabile, comprese le strisce di margine, sia pari ad1,50 m; tale larghezza può essere ridotta ad 1,25 m nelcaso di due corsie contigue, dello stesso o di oppostosenso di marcia, per una larghezza complessiva minima paria 2,50 m. Per le piste ciclabili in sede propria e per quellesu corsie riservate, la larghezza della corsia ciclabile puòessere ridotta fino ad 1 m, a patto che tale situazione siaopportunamente segnalata e che questo valore siaprotratto per un tratto limitato dell’itinerario ciclabile.Inoltre, la larghezza dello spartitraffico che separa la pistaciclabile in sede propria dalla carreggiata destinata aiveicoli a motore, non deve essere inferiore a 0,50 m.

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Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tuteladel Mare del 28 gennaio 2008

Con il Decreto del 28 gennaio 2008, il Ministero dell’Ambientee della Tutela del Territorio e del Mare ha definito l’elencodei comuni ammessi al cofinanziamento per la realizzazionedi interventi strutturali per la razionalizzazione della mobilitàin ambiente urbano finalizzati alla riduzione dell’impattoambientale derivante dal traffico e le procedure che devonoespletare per usufruire dello stesso.Il Decreto prevede che i soggetti, che abbiano ottenutol’ammissione al cofinanziamento dei progetti devonotrasmettere entro sessanta giorni dalla notifica del presentedecreto il Piano operativo di dettaglio, così come previstoall’art. 9, comma 1 del Programma di cofinanziamento, chedeve riportare:– la descrizione delle fasi in cui si articola il progetto

finanziato, coerentemente con quanto già riportato nellarichiesta di finanziamento, ed i tempi di attuazione diogni fase del progetto;

– l’indicazione nel piano finanziario delle voci di costo alnetto dell’IVA, quest’ultima deve essere indicataseparatamente per il suo importo complessivo;

– i benefici ambientali derivanti dall’attuazione delprogetto, espressi in termini quantitativi, per i quali deveessere specificata la metodologia adottata per la loromisura ed il soggetto pubblico o privato responsabile delmonitoraggio dei benefici ambientali. La spesa previstaper tale attività di monitoraggioe la relativa coperturafinanziaria, sono riportate nelpiano finanziario del progettoallegato al programmaoperativo di dettaglio.

Nel caso in cui la somma concessaper il finanziamento sia inferiore aquanto richiesto, il Piano operativodi dettaglio deve essere redattotenendo conto del cofinanziamentoattribuito e conformemente alprogetto approvato.Tuttavia, il Comune beneficiariopuò comunque realizzare i lprogetto per il quale è statorichiesto il finanziamento, prov-vedendo autonomamente alreperimento delle risorse neces-sarie alla copertura finanziaria perla quota non coperta dalcontributo ministeriale.Il Comune si impegna, sia nellafase di realizzazione degliinterventi che ad ultimazione degli

stessi, ad utilizzare il logo del Ministero dell’Ambiente e dellaTutela del Territorio e del Mare.In conformità con le più recenti disposizioni in materia direalizzazione degli interventi di trasformazione, è previstaanche un’attività di monitoraggio degli stessi da parte delComune che deve rendere disponibili al Ministero i relatividati, secondo quanto definito dalla Convenzione del 28dicembre 2006 stipulata tra il Ministero dell’Ambiente edella Tutela del Territorio e del Mare e l’ANCl per i lmonitoraggio della spesa ed altre iniziative informative econoscitive in campo ambientale.Il Comune si impegna, inoltre, a rendere accessibile alMinistero le banche dati a sua disposizione relative allasituazione della mobilità e della qualità dell’aria secondole modalità definite dal Sistema Pubblico di Connettivitàe Cooperazione di cui al D.L. n. 42/2005 e le specificheprodotte dal Comitato Nazionale per le Regole Tecnichesui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni di cuiall’art. 59 del D.L. n. 82/2005.Tra i progetti ammessi al cofinanziamento si ricorda ilMoviBike, progetto di inziativa del comune di Torino conil quale si vuole realizzare un sistema di utilizzo di biciclettepubbliche per spostarsi nella zona nord-ovest della cittàoppure il progetto BiciMia del comune di Brescia cheprevede un sistema per lo scambio intermodale auto-bicie bici-treno o le iniziative di bike sharing promosse aNovara, Cuneo, Bolzano, Savona, Terni ed Udine.

Area pedonale nei pressi dell’Arco di Trionfo a Barcellona.

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Referenze immaginiLe immagini a pag. 97 ed a pag. 99 sono tratte dal sitowww.windoweb.it, l’immagine a pag. 100 (in basso) è tratta dalsito www.cicloamici.it, l’immagine a pag.100 (in alto) è tratta dalsito http://japanpassion.splinder.com/tag/harajuku.

Direttiva Comunitaria n. 102/2003

Con la Direttiva Comunitaria n. 102/2003, l’Unione Europeaha voluto regolamentare meglio le disposizioni in materia diprotezione dei pedoni e degli altri utenti vulnerabili dellastrada al fine di ridurre il numero delle vittime di incidentistradali.La Direttiva vuole configurarsi come uno degli elementi diun pacchetto più ampio di misure, da adottare anche daparte dell’industria e delle autorità competenti degli Statimembri, al fine di una gestione integrata del problema.Gli interventi da attuare per la sicurezza stradale dovrebberocomprendere misure attive e misure passive finalizzate allaprevenzione degli incidenti ed alla riduzione degli effettisecondari, mediante misure di moderazione del traffico emiglioramenti delle infrastrutture al fine di tutelare al megliogli utenti più vulnerabili presenti sulle strade, quali pedoni,ciclisti e motociclisti.Uno dei primi passi per disciplinare meglio tale settore è ladefinizione di norme specifiche per il controllo dei veicoli; atale proposito la Direttiva prevede che a partire dal 1 gennaio2004 gli Stati membri non possono, per motivi inerenti allaprotezione dei pedoni, rifiutare per un tipo di veicolo,l’omologazione CE o l’omologazione nazionale, oppurerifiutare l’immatricolazione, né vietare la vendita o la messain circolazione dei veicoli, se questi risultano conformi alleprescrizioni tecniche stabilite nell’allegato in cui sono indicatele prove a cui sottoporre i veicoli per assicurare in caso d’urtola tutela del pedone. Inoltre, a decorrere dal 1 settembre2010, per assicurare la protezione dei pedoni, gli Stati membrinon rilasciano più l’omologazione CE oppure l’omologazionenazionale per ogni tipo di veicolo, se non sono rispettate leprescrizioni tecniche indicate in allegato, eccetto nel casoin cui siano richiamate le disposizioni dell’articolo 8, comma2, della Direttiva Comunitaria n. 156/1970. A decorrere dal31 dicembre 2012, gli Stati membri rif iutanol’immatricolazione e vietano la vendita e la messa incircolazione dei veicoli nuovi che non sono accompagnatida un certificato di conformità come previsto dalla DirettivaComunitaria n. 156/1970, se non sono rispettate le

prescrizioni tecniche e non sono state eseguite le proved’urto indicate in allegato I ai punti 3.1 o 3.2.La Direttiva stabilisce, inoltre, l’obbligo per le autorità diomologazione degli Stati membri di trasmettere ogni mesealla Commissione Europea una copia della scheda diomologazione, relativa a ciascun veicolo omologato nel corsodel mese.La Commissione, sulla base delle informazioni comunicatedalle autorità di omologazione e dalle parti interessate,nonché di studi indipendenti e di prove pratiche eseguite,esamina i progressi compiuti dall’industria in materia diprotezione dei pedoni ed effettua, entro il 1 luglio 2004,una valutazione indipendente di fattibilità concernente leprove d’urto elencate nell’allegato I al punto 3.2, ed inparticolare le altre misure alternative, quali le misure passiveo una combinazione di misure attive e passive, chepresentino un’efficacia reale almeno equivalente.Se, in seguito alla valutazione di fattibilità, si ritiene necessarioadeguare le disposizioni dell’allegato della presente Direttivaper includervi una combinazione di misure attive e passiveaventi almeno lo stesso livello di protezione di quello delledisposizioni attualmente previste, la Commissione Europeasottopone al Parlamento Europeo ed al Consiglio unaproposta finalizzata a modificare la presente Direttiva.Tuttavia, se l’adeguamento del la Direttiva si l imitaall’introduzione di misure passive alternative tali da garantirealmeno lo stesso livello di protezione previsto dalle esistentidisposizioni, esso può essere realizzato dal Comitato perl’adeguamento al progresso tecnico, secondo la proceduraprevista dalla Direttiva Comunitaria n. 156/1970.

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Pratiche urbanisticheMobilità sostenibile e grandi interventi di pedonalizzazione

a cura di Fiorella de CiutiisLaboratorio TeMALab - Territorio Mobilità AmbienteDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]

Negli ultimi anni, le Amministrazioni locali hanno posto semprepiù attenzione alle tematiche ambientali soprattutto peradempiere ad obblighi di legge (es. la normativa sulla qualitàdell’aria, D.M. 60/2002). Da questa attenzione è discesal’esigenza, sempre più sentita, di governare e gestire ilsistema della mobilità urbana per limitarne le esternalitànegative (inquinamento atmosferico, inquinamento acustico,congestione da traffico veicolare). La pianificazione urbanisticaè stata così chiamata a rispondere alla necessità di garantireuna mobilità sostenibile nelle grandi città, che ha assolto inmolti casi attraverso l’introduzione di misure volte a migliorareil trasporto pubblico urbano e a potenziare la rete pedonale.A tal riguardo, un primo esempio è costituito dal progettodi pedonalizzazione dellacittadella universitaria diBologna, partito nel 2008 eprevisto nell’ambito del sistemadi interventi del nuovo PianoGenerale del traffico urbano,approvato nel 2006. Il progettoè volto non solo a favorire lamobilità pedonale, ma anche ariorganizzare i percorsi ciclabili,entrambi interventi funzionali amigliorare il livello di qualitàdell’aria e a favorire lo scambiomodale con il trasporto pubblico.Altro caso significativo èrappresentato dal PedestrianPlan di Ginevra (1995), finaliz-zato a rilanciare la pedonalitàcome modalità di trasportovalorizzando i diversi percorsipedonali già presenti in città e

puntando sul miglioramento della qualità urbana degli spazipubblici, non più solo luoghi di attraversamento ma aree incui si svolgono diverse attività della vita cittadina.In ultimo, altro caso interessante è rappresentato dalPedestrian Master Plan di San Diego (2006): il piano miraalla creazione di un ambiente pedonale sicuro, connessoe accessibile, ma anche economicamente vantaggioso,puntando contemporaneamente al potenziamento deltrasporto pubblico e di modalità alternative, come labicicletta.Il piano ha inoltre trovato il consenso dei cittadini, che sonostati informati sul lavoro in itinere attraverso diversi incontrie invitati ad esprimere un proprio parere.

In questo numero

Sustainable Mobility and Pedestrian Plans

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 101-104

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

Il progetto dell’Harbor Drive Pedestrian Bridge di San Diego, che scavalca HarborDrive e la linea ferroviaria garantendo la continuità del percorso pedonale.

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Il progetto di pedonalizzazione dellacittadella universitaria di Bologna

Nel maggio 2008 è partita l’attuazione delprogetto di pedonalizzazione della cittadellauniversitaria storica di Bologna, nell’ambito delsistema di interventi previsto dal nuovo PianoGenerale del traffico urbano, approvato nel2006. La cittadella universitaria si estende suuna superficie di circa 50 ha ed è localizzatanel quadrante Nord-Est del Centro, compresotra via Irnerio, via Indipendenza e via Rizzoli,in un’area già inserita nella Zona a trafficolimitato.In quest’area, il progetto di pedonalizzazione,che riveste carattere sperimentale, hal’obiettivo di promuovere la mobilità sostenibilee di favorire l’integrazione della strutturauniversitaria nella città storica.Nello specifico, il progetto è volto non solo afavorire la mobilità pedonale, ma anche ariorganizzare i percorsi ciclabili, entrambiinterventi funzionali a migliorare il livello dellaqualità dell’aria e a favorire lo scambio modale con il trasportopubblico.Riducendo, infatti, l’entità dei flussi veicolari all’interno dellazona, sarà possibile adottare provvedimenti che consentanoil raggiungimento di un duplice obiettivo: da un alto laricucitura degli itinerari ciclabili all’interno dell’area e dall’altroil miglioramento delle condizioni di circolazione, trasferendola mobilità ciclabile dalle principali arterie veicolari alle stradesecondarie poco trafficate.Il provvedimento di limitazione del traffico, che interessaanche i motocicli, è esteso dalle 0 alle 24 e l’accesso all’areaè garantito solo ai residenti e ai titolari di attività economichee culturali, garantendo al contempo un’efficiente accessibilitàalternativa per gli utenti esterni.

Oggi, nella zona universitaria, già servita dalle principali lineedel trasporto pubblico che si attestano ai confini dell’area,sono in atto una serie di interventi necessari per ilraggiungimento degli obiettivi fissati dal progetto, qualil’inserimento di un nuovo servizio di navetta (linea B), cheattraverserà il cuore del quartiere universitario collegandosicon i più importanti parcheggi di interscambio esterni all’area;l’estensione agli studenti, compresi quelli non residenti aBologna, e al personale del servizio dell’università di servizi dibike sharing e il car sharing; l’inserimento di due nuovi vigilielettronici ai varchi di accesso, per evitare attraversamentiimpropri del centro.Il progetto di pedonalizzazione, frutto di un lungo percorsodi studi, si inserisce nella più ampia cornice delle politiche

per la mobilità urbana sostenibile adottatedall’Amministrazione comunale, e nasce in un climadi collaborazione e concertazione tra l’Am-ministrazione stessa e l’Università di Bologna.Tale collaborazione ha avuto inizio già in fase dielaborazione del Piano Generale del traffico Urbanodel 2006 ed è proseguita in seguito con un’azionesinergica che ha portato alla realizzazione di alcuniinterventi, tra cui l’estensione della linea 35 perservire il nuovo plesso di Ingegneria al Lazzarettoin una zona non coperta dal servizio di bus.L’Amministrazione comunale ha inoltre attuato unpiano di comunicazione dell’iniziativa con un mesedi anticipo rispetto all’entrata in vigore delle norme,mettendo a disposizione dei cittadini un servizioinformazioni presso l’Urban Center.

Il progetto di pedonalizzazione della cittadella universitaria storica di Bologna, cheinteressa una superficie di circa 50 ha, ha l’obiettivo di promuovere la mobilità

sostenibile favorendo l’integrazione della struttura universitaria nella città storica.

Tra gli interventi previsti :

- inserimento di un nuovo servizio di navetta (linea B) che collegail quartiere universitario con i parcheggi di interscambio esterniall’area

- introduzione di servizi di bike sharing e car sharing per residenti,studenti e personale di servizio dell’università

- inserimento di due nuovi vigili elettronici ai varchi di accesso, perevitare attraversamenti impropri del centro

- iniziativa per l’accesso serale di parenti e amici dei residenti, i cuiveicol i possono accedere dalle 20.00 al le 7.00 previacomunicazione

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Gli obiettivi del Planning Directive for Pedestrian Routes diGinevra:

- promuovere la pedonalità

- migliorare la qualità degli spazi pubblici nei diversi quartieri cittadini

- facilitare il traffico pedonale

- eliminare le barriere architettoniche

- governare la mobilità veicolare in ragione delle dimensioni dei quartieri

Il Planning Directive for Pedestrian Routesdi Ginevra

Il Planning Directive for Pedestrian Routes,elaborato dal Dipartimento di Urbanistica delcomune di Ginevra, si configura come un pianodi ampio respiro e individua un programma dimisure a lunga scadenza (da realizzarsi nell’arcodi 10-15 anni) per rilanciare la pedonalità comemodalità di trasporto. Il piano, approvato nel1995, è tutt’oggi sottoposto ad aggiornamentoe propone una serie di misure volte a favorire ipedoni in termini di sicurezza, di continuità e dicomodità degli spostamenti, siano essi quotidianio occasionali, sulla base dei seguenti obiettivi:– promuovere la pedonalità;– migliorare la qualità degli spazi pubblici nei diversi quartieri

cittadini;– facilitare il traffico pedonale;– eliminare le barriere architettoniche;– governare la mobilità veicolare in ragione delle dimensioni

dei quartieri.In particolare, in relazione al primo obiettivo, il Piano intendevalorizzare l’alto potenziale, ancora poco sfruttato, dei diversi

percorsi pedonali già presenti in città; Ginevra possiede infattiun paesaggio urbano molto vario e a pochi passi dal centroabitato è possibile raggiungere a piedi grandi spazi verdi eboschi. Il secondo obiettivo, invece, è legato a migliorare laqualità degli spazi pubblici, intesi non solo come spazi daattraversamento, ma anche come luoghi in cui si svolgonodiverse attività della vita cittadina, da migliorare quindi conl’inserimento di adeguato arredo urbano.Il terzo obiettivo è legato all’esigenza di superare la difficoltà

di percorrere a piedi molte strade urbane,caratterizzate da attraversamenti pericolosi edall’inadeguatezza di marciapiedi e percorsiprotetti.I l quarto obiettivo, invece, riguardal’eliminazione delle barriere architettonicheper permettere a tutti i cittadini, soprattuttoa quelli diversamente abili, di potersi muoverefacilmente in città. Infine, l’ultimo obiettivoriguarda l’adozione di misure di moderazionedel traffico veicolare, in ragione della scalaurbana: zone 30 e sensi unici per i quartieri,miglioramento dei meccanismi di sicurezza deltraffico stradale pesante per le reti principali(incroci con barriere centrali).Il sistema degli interventi previsto dal pianoha finora condotto alla costruzione di più diun centinaio di nuovi attraversamentipedonali, alla riorganizzazione dei marciapiedicon numerosi interventi di adeguamento eallargamento, alla modifica di alcuni punti diconflitto come gli incroci.Inoltre, durante tutta la fase di elaborazione,il Piano ha mantenuto un dialogo con diverseassociazioni operanti sul territorio e con icittadini, con l’obiettivo di integrare leesigenze di tutte le parti interessate e dicoinvolgerle attivamente nel processodecisionale.

Il Planning Directive for Pedestrian Routes di Ginevra è volto avalorizzare l’alto potenziale, ancora poco sfruttato, dei diversi percorsipedonali già presenti in città, che consentono di raggiungere grandispazi verdi e boschi a pochi passi dal centro abitato.

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Referenze immaginiL’immagine a pag. 101 è tratta dal sito http://www.ccdc.com,l ’ immagine a pag. 102 è tratta dal sito http://www.urp.comune.bologna.it, l’immagine a pag. 103 è trattadal sito web http://www.ville-ge.ch.L’ immagine in questa pagina è tratta dal sito http://www.sandiego.gov.

Il Pedestrian Master Plan project di San Diego

Al fine di pianificare la mobilità pedonale, la città diSan Diego ha elaborato il Pedestrian Master Plan,approvato nel 2006. Attraverso questo piano,l’Amministrazione cittadina ha inteso migliorare lecondizioni di qualità fisica dei quartieri e al contempofavorire la mobilità, facilitando l’attuazione di diversiprogetti di miglioramento della rete pedonale.Il Piano identifica e classifica i diversi progetti giàelaborati, e individua i canali da poter attivare perricevere finanziamenti per l’attuazione di taliprogetti. Per l ’elaborazione del piano,l’Amministrazione ha messo su un gruppo di lavorointerno e un team di consulenti, che hannoindividuato quale vision del piano la creazione diun ambiente pedonale sicuro, connesso eaccessibile, che contribuisca a migliorare la qualitàfisica della città e promuova la pedonalità comeuna modalità di trasporto pratica, conveniente edefficace in termini di costi.Gli obiettivi di supporto alla vision indicati dal Piano,adeguati sulla base degli input ricevuti dallacomunità locale, sono 4:– sicurezza, cioè creare una rete sicura e priva di

barriere architettoniche, che abbia sufficientipassaggi pedonali e zone cuscinetto per ipedoni e disponga di spazi sufficientementeampi per smaltire i picchi di flusso pedonale;

– accessibilità, ovvero rendere accessibili a tutti ipedoni (soprattutto a quelli diversamente abili)i servizi presenti sul territorio, cercando di soddisfare tuttii requisiti richiesti dai governi locali, statali e federali;

– connessione, vale a dire sviluppare una rete pedonaleche fornisca un collegamento diretto e conveniente coni diversi quartieri residenziali, con le aree in cui sonoconcentrati uffici e servizi, con le stazioni ferroviarie, congli spazi pubblici;

– capacità, cioè creare servizi per incoraggino gli utentinell’utilizzo delle rete pedonale migliorino le condizioni diuso da parte degli stessi.

In ragione di tali obiettivi, i risultati attesi individuati dalpiano sono:– la creazione di qualità urbana nei quartieri, così da offrire

opportunità di interazione sociale, un maggiore sviluppoeconomico e stili di vita sani;

– il potenziamento di mezzi di trasporto pubblico, persostenere la scelta della mobilità pedonale, che resta laprincipale modalità di trasporto, grazie anche al ricorso altrasporto pubblico, o a modalità alternative, come labicicletta;

– l’esistenza di un rapporto costo-efficacia, poiché ilmiglioramento della mobilità pedonale può contribuire a

ridurre le spese relative al transito veicolare e i relativiinvestimenti. Il Piano è stato elaborato da un team diconsulenti sotto la guida del Planning Department e delPedestrian Master Plan Project Working Group (PWG).

Quest’ultimo è costituito da un gruppo che rappresentadiversi portatori di istanze: dalla Community PlannersCommittee (commissione di pianificatori delle diversecomunità) al la Subcommittee for the Removal ofArchitectural Barriers (commissione per la rimozione dellebarriere architettoniche), fino ad arrivare ai rappresentantidei cittadini. Tra i suoi compiti, vi è stato il controllo periodicodel lavoro (il PWG si è riunito mensilmente) per valutare laqualità e l’efficacia dei risultati di volta in volta prodotti eper orientare l’elaborazione complessiva del Piano.

Il Pedestrian Master Plan di San Diego, approvato nel 2006, si èposto l’obiettivo di migliorare la qualità fisica della città e di

promuovere la pedonalità come una modalità di trasporto pratica,conveniente ed efficace in termini di costi.

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Napoli 2011Da piazza Dante a Chiaia: la realizzazione di una rete pedonale

a cura di Daniela CerroneLaboratorio Territorio Mobilità e Ambiente - TeMALabDipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, Piazzale V. Tecchio, 80Università degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

The Realization of a Pedestrian Network

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 105-108

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

Il Master Plan per il Centro Storico di Napoli: strategieper la realizzazione di una rete pedonale

La costruzione di una rete pedonale non è cosa semplice,ancor meno, in una città complessa come Napoli in cuil’esiguità degli spazi, l’elevato mixité funzionale, l’usoindiscriminato dell’automobile, ancora oggi, caratterizzanola quasi totalità degli spazi anche quelli con una fortevocazione all’uso pubblico.A Napoli, fino alla metà degli anni ’90, non esistevano areeo percorsi per la mobilità dolce. La mobilità pedonale eraconfinata sui marciapiedi ai lati delle strade e le areeesclusivamente pedonali di una certa consistenzacoincidevano con i pochi parchi urbani come la villa comunaledi Chiaia e la Floridiana nel quartiere collinare del Vomero.Solo dalla metà degli anni ’90 ha preso avvio il processo diriqualificazione e pedonalizzazione di alcune aree e percorsinella città storica.Il primo caso eccellente (1994) è stato piazza del Plebiscitoche in occasione della manifestazione del G8 (allora G7) furiqualificata, interdetta al traffico e pedonalizzata. Ladecisione di chiudere definitivamente la piazza al trafficoautomobilistico fu in un primo momento fortementecontestata a dimostrazione di quanto, anche a livelloculturale, la città non fosse ancora pronta a cambiare modello.L’utilizzo dell’automobile anche per piccoli spostamenti enonostante i forti problemi legati al traffico e alla difficoltà direperire parcheggio, era comunque considerata l’unicasoluzione praticabile. Nonostante l’iniziale ostracismo, al primointervento fecero seguito le riqualificazioni e pedonalizzazionidi via Toledo e via Santa Lucia rispettivamente a nord e asud della piazza e, in brevissimo tempo, l’insieme degliinterventi finalizzati ad incrementare la qualità di alcune areedel centro città a cui andarono ad associarsi interventi dirivitalizzazione di contesti limitrofi, divennero il simbolo dellarinascita di Napoli.

A Napoli i primi interventi di riqualificazione epedonalizzazione hanno comportato una notevoleriduzione delle dimensioni delle sedi stradali a vantaggiodelle aree di marciapiede. Gli interventi successivi hannoinvece determinato veri e propri assi pedonali.

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Anche in ragione dei risultati ottenuti con questi primiinterventi, alla fine degli anni ’90 l’Amministrazione Comunaleapprovò il Master Plan per il centro storico, un programmadi interventi finalizzato alla riqualificazione e rivitalizzazione dipercorsi, aree e manufatti del centro storico. Più che unprogramma, il documento definisce un modello di interventoindividuando strategie e obiettivi del processo diriqualificazione e rivitalizzazione.Alla base del modello viene indicata la strategia dipropagazione di fenomeni di riqualificazione fisica erivitalizzazione funzionale a partire da una serie di interventipubblici su aree, percorsi e contenitori storici.Il modello che nel documento si delinea per il raggiungimentodegli obiettivi di riqualificazione generale consiste nellarealizzazione di una rete di azioni finalizzate a definire “poli ecorridoi di qualità urbana”.Nel documento, si presume che, a partire dalla riqualificazionedi alcuni contenitori di particolare interesse storico-architettonico così come da alcuni “vuoti urbani” (piazze,slarghi, etc.) di particolare rilievo, l’azione pubblica debbaessere finalizzata alla realizzazione di poli di qualità fisica efunzionale. Contestualmente, devono essere previstiinterventi di riqualificazione di percorsi, strade (corridoi fisici)o filiere di attività (corridoi funzionali) tesi a mettere incollegamento le aree riqualificate. In questo modo, le risorse

impiegate per gli interventi di riqualificazione dei manufatti,delle aree e dei percorsi concorrono sinergicamente aldiffondersi di effetti su aree sempre più ampie e allarealizzazione di una vera e propria rete pedonale.Molto importante è ritenuta la strategia di prevedere cheagli interventi di riqualificazione fisica dei contenitori e deglispazi pubblici si associno azioni di rivitalizzazione funzionaledel contenitore e del suo intorno, prevedendo l’inserimentodi attività, non solo compatibili con il manufatto ma,soprattutto, capaci di generare un indotto di qualità.Il rifacimento delle quinte stradali e degli spazi comuni, ilrecupero dell’edilizia minore, il restauro di edifici monumentali,il ridisegno dei fronti commerciali, la riorganizzazione dellaviabilità e l’incremento di manufatti di arredo urbano, cosìcome la valorizzazione e creazione delle aree verdi e deglispazi pubblici, la promozione di nuove attività imprenditorialie la valorizzazione di quelle esistenti, sono individuate, neldocumento, come le azioni propedeutiche alla realizzazionedella rete. Tra le tipologie di intervento individuate, prioritariadiventa la riqualificazione degli spazi pubblici e quindi:– la sistemazione delle pavimentazioni attraverso il recupero

di quelle esistenti;– l’eliminazione degli organismi estranei, quali arredi

degradati o non congrui all’area;– l’eliminazione delle costruzioni a carattere provvisorio

degradate;– il ridisegno delle pavimentazioni dei percorsi pedonali da

valorizzare e differenziare anche rispetto a quelli destinatiagli autoveicoli;

– la valorizzazione dei caratteri originari delle aree e deipercorsi pubblici anche attraverso l’introduzione di nuovielementi di arredo di elevata qualità.

Particolare attenzione viene riservata alle aree verdi, anchedi piccola dimensione, al fine di costituire, un tessutoconnettivo che tenga insieme anche le aree verdi privateesistenti.Altrettanto strategico diventa il restauro dei principali edificiad uso pubblico di elevato valore storico ed architettonico.Questa strategia prende avvio dalla considerazione che aNapoli, così come in molte città storiche, esiste unconsiderevole numero di edifici ad alto valore storico edarchitettonico (ex complessi conventuali, chiese, palazzinobiliari) non utilizzati o adibiti a funzioni incompatibili con leloro caratteristiche. Il Master Plan definisce strategicol’intervento di recupero e rifunzionalizzazione di questi beniper innalzare la qualità delle attività insediate nel centrostorico.Il miglioramento del decoro urbano in senso lato, infine, siritiene debba essere perseguito, attraverso una maggioreattenzione ad elementi diffusi quali fontane e statue per lequali viene previsto un intervento di restauro perché ri-diventino elementi principali dell’arredo urbano con cuiintegrare nuovi elementi quali opere d’arte contemporanea

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o moderna. Altrettanto importante l’intervento finalizzatoall’individuazione e realizzazione di nuovi impianti diilluminazione e di illuminazione ad effetto per i principalielementi architettonici (piazze, palazzi storici, fontane).Infine, il documento individua i criteri per la scelta delle areedi intervento. Criteri riconducibili a:– grado di degrado delle aree e pei percorsi;– valenza ai fini turistici e commerciali (percorsi di

collegamento tra le emergenze storiche ed architet-toniche, fronti commerciali di una certa consistenza);

– presenza di rilevanti proprietà pubbliche (condizione cheagevola l’intervento diretto dell’amministrazione);

– realizzazione o programmazione di interventi sulleinfrastrutture per la mobilità (linee metropolitane,funicolari).

Dai primi interventi alla realizzazione della rete

L’approvazione del Master Plan per il centro storico di Napolie delle strategie di intervento in esso contenute hannodato avvio ad una serie di azioni di riqualificazione che hannointeressato aree e percorsi sempre più ampi.Come accennato, la riqualificazione di piazza del Plebiscitoprima, di via Toledo e via Santa Lucia dopo poco, haconsentito la creazione di un primo percorso per il quale,l’attenzione alla mobilità pedonale ha indirizzato le scelteprogettuali anche successive.La piazza è stata chiusa al traffico e pedonalizzata; via Toledoe le vie e gli slarghi quali piazzetta Matilde Serao, via Pontedi Tappia, sono state dichiarate zona a traffico limitato eattraversabili solo in determinati punti per consentire lamobilità tra le aree a monte e a valle della nuova areapedonale; via Santa Lucia completamente ridisegnata perconsentire la realizzazione di ampi marciapiedi, la riduzionedella sede stradale destinata al traffico automobilistico e lalimitazione ad un solo senso di marcia.Coerentemente con l’obiettivo del documento, finalizzatoa mettere in moto un «processo di irradiamento generatodalla rete degli interventi realizzati direttamente dall’A.C. e/o indotti», dal 2000 in poi si sono susseguiti molti interventistrettamente connessi al le aree precedentementeriqualificate.Gli interventi che hanno fatto seguito, si sono caratterizzatiper una crescente attenzione alla mobilità pedonale incondizioni di qualità e per una forte limitazione ai mezzi ditrasporto privato.Ai primi interventi, infatti, caratterizzati da una riduzionedella sede stradale a vantaggio dei marciapiedi e da limitazionial passaggio dei mezzi privati, si è passati con gli interventisuccessivi, alla realizzazione di vere e proprie aree pedonaliche messe a sistema tra loro hanno comportato la realiz-zazione della prima rete pedonale a Napoli. Il processo è

partito dai luoghi già riqualificati con un effetto che potrebbedefinirsi di irradiamento.In continuazione con via Toledo verso nord, sono statecompletamente riconfigurate e attrezzate con arredi urbanipiazza Carità, Largo Oberdan (2003), via Pessina e le traverselimitrofe (via Doria, via Broggia); per connettere via Toledocon l’area del Maschio Angioino e piazza Municipio è statariqualificata via S. Brigida; infine, via Cesario Console percorsodi connessione tra piazza Plebiscito e via Santa Lucia.L’intervento maggiormente significativo del progressivoaffermarsi dell’esigenza di realizzare percorsi esclusivamentepedonali è stato l’intervento di riqualificazione di via Chiaja.Fino al 2005 l’asse si configurava come strada di collegamentotra piazza Trieste e Trento, piazza Plebiscito e piazza dei Martirinel quartiere Chiaia.Interessato da un importante fronte commerciale, il percorsoera prevalentemente caratterizzato da un intenso flussoautomobilistico, i lati della carreggiata erano destinati aparcheggio e la mobilità pedonale era relegata su piccolimarciapiedi lungo i fronti commerciali. L’intervento diriqualificazione e pedonalizzazione con conseguenteinterdizione al traffico è stato oggetto, in fase progettuale,di molte contestazioni in particolar modo di commerciantiche temevano ripercussioni dovute al fatto che l’impossibilitàdi raggiungere l’area con la macchina avrebbe scoraggiatomolti acquirenti e dai residenti che ritenevano lesi il dirittodi accesso alle loro proprietà. Anche in questo caso, unminuzioso lavoro di partecipazione e una particolareattenzione alla qualità dei materiali e degli arredi, haconsentito la totale pedonalizzazione dell’asse cui hannofatto seguito altri interventi nel quartiere Chiaia quali la

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riqualificazione di piazza dei Martiri, piazza Rodinò, vicoCavallerizza, via Morelli, via Palasciano, via Poerio e lapedonalizzazione di piazza S. Pasquale.In alcuni casi si è trattato di una parziale pedonalizzazione,in altri casi, l’interdizione al traffico è stata totale.A tutt’oggi il quartiere di Chiaia è interessato da moltiinterevnti che sulla scorta dei precedenti hanno l’obiettivodi incrementere le aree per la mobilità pedonale attraversoanche la regolamentazione del traffico automobilistico.In linea con gli interventi già realizzati, vengono incrementatenotevomente le interdizioni al traffico per la realizzazioni diaree a traffico limitato.Contestualmente agli interventi direttamente finalizzati allariqualificazione e pedonalizzazione di aree del centro, moltialtri interventi già in atto e afferenti ad altre tipologie diintervento ed ad altri obiettivi prioritari, sono stati ricalibrati.Per creare sinergia con quelli relativi alla riqualificazione e allacreazione di aree e percorsi pedonali sono stati ripensati,ad esempio, gli interventi in corso per la realizzazione dellarete metropolitana.Le aree di stazione in superficie sono state riprogettatecome occasione di riqualificazione di ampie aree del centrocittà e non solo, quindi, come luoghi di accessoall’infrastruttura per il trasporto pubblico collettivo.Ai progettisti (Gae Aulenti, Alvaro Siza ed altri) è statoaffidato il compito di risolvere le aree di stazione conl’indicazione di incrementare le aree destinate alla mobilitàpedonale risolvendo il problema del traffico veicolare.Così è successo per piazza Dante e per piazza Cavour,rispettivamente a lato e a monte di via Toledo, per le qualiil traffico veicolare è stato marginalizzato lungo un solo latodelle aree.Con lo stesso obiettivo –privilegiare forme di mobilità dolcein sostituzione di quella automobilistica– il progettodell’architetto Alvaro Siza per piazza Municipio, ripensa lapedonalizzazione dell’immensa piazza potenziando ilcollegamento diretto tra la city e il porto della città.Gli esempi descritti partono dai primi interventi in terminitemporali e descrivono il processo di realizzazione progressivadi una rete pedonale in una determinata area della città diNapoli, quella tra il quartiere di San Ferdinando e il quartieredi Chiaia.Altri esempi altrettanto emblematici hanno interessatoanche altri quartieri come quello del Vomero, nell’areacollinare della città, dove a partire da via Scarlatti, asse aforte vocazione commerciale, si è assistito ad un progres-sivo intervento di pedonalizzazione e riconfigurazione deglispazi. Anche in questo caso per sostenere la mobilitàpedonale si è puntato sul rafforzamento del collegamentodel quartiere collinare con la “città bassa” garantito da trelinee funicolari che sono state oggetto di importantiinterventi di manutenzione straordinaria sull’infrastrutturedi trasporto e di rifunzionalizzazione delle stazioni.

I primi interventi di riqualificazione e pedonalizzazione dipiazza Plebiscito (1994), via Toledo e via Santa Lucia,

sono stati per Napoli il simbolo della nascita di unanuova attenzione alle aree pubbliche. A partire da questi

luoghi del centro storico, il processo di riqualificazione hainteressato aree sempre ampie della città. Piazza Carità,

largo Oberdan, via Pessina, via S. Brigida, via CesareoConsole ma sprattutto via Chiaja e poi piazza Rodinò, viaMorelli, via Palasciano, via Poerio sono state riqualificate

con una sempre maggiore attenzione con l’obiettivo direalizzare una rete pedonale di qualità.

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News ed eventiPedonalizzazioni nel mondo

Emilia Giovanna TrifilettiLaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALabDipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico IIe-mail: [email protected]; web: www.dipist.unina.it

In questo numero

Data la congestione di molti centri urbani, la pianificazionedagli anni ‘80 ad oggi è stata tesa a rendere pedonali le areepiù sovraccaricate, consentendo un miglioramento dellaqualità della vita e contestualmente restituendo alla collettivitàspazi per attività e/o servizi di vario genere.Le pedonalizzazioni, infatti, hanno il principale obiettivo diaccrescere la vivibilità di vie e piazze; l’obiettivo è configurareuna nuova immagine della città, non più sciatta, non piùdeturpata da un uso incontrollato del suolo, ma una città conpiù decoro, spazi pubblici rinnovati e nuove centralità per icittadini. Tra le azioni che consentono la pedonalizzazione diun’area, che rientra tra gli interventi del settore della mobilità,un’attenzione particolare è rivolta all’arredo urbano. Tutti glielementi cosiddetti “ripetitivi” quali l’illuminazione, le

Pedestrian Areas in the World

Trimestrale del LaboratorioTerritorio Mobilità e Ambiente - TeMALab

http://www.tema.unina.itISSN 1970-9870Vol 1 - No 3 - ottobre 2008 - pagg. 109-112

Dipartimento di Pianificazione e Scienza del TerritorioUniversità degli Studi di Napoli Federico II

© Copyright dell’autore.

panchine, le edicole dei giornali, i cestini per i rifiuti, i dissuasoridi sosta, sono inseriti nel ridisegno delle aree interessate.È da questo quadro d’insieme che scaturiscono le potenzialitàdi trasformazione urbana dello spazio pubblico che, con unnuovo assetto di questi elementi, deve garantire l’uso e lapiena godibilità dei “luoghi”.La progettazione di tali elementi comporta un attento studiodelle componenti tecnico/architettoniche e funzionali diognuno. È questo il compito del pianificatore che devecomprendere come il sistema delle reti infrastrutturali si debbarelazionare con il territorio, inducendo trasformazioniprogrammate per la riqualificazione urbana. In questo numerosi è scelto di “mostrare” alcune delle immagini di ciò chel’urbanistica ha prodotto nel passato e negli ultimi tempi

riguardo le scelte operate nel settoredella mobilità dolce in varie parti delmondo. Le immagini mostrano comegli interventi di pedonalizzazioneincrementino l’utilizzo del trasportopubblico rispetto al trasporto privatoincidendo dunque anche sullaqualità ambientale degli ambitiurbani.Gli interventi di pedonalizzazionedefiniscono percorsi completamentepedonali e/o percorsi misti con iltrasporto pubblico. Gli obiettivi dellapedonalizzazione sono, nel lamaggior parte delle città, gli stessi:elevare la qualità ambientale,rimodellare gl i spazi urbani,rivitalizzare il commercio e creare deiluoghi di aggregazione e per ilturismo.

Mostra "Lausanne, du bleu au vert". Zurigo - Svizzera, 30ottobre/18 dicembre 2008.

Tutte le info sul sito: http://www.gta.arch.ethz.ch/d/flash.htm

Congresso "urbanpromo 2008". Venezia, 21/24 novembre 2008Tutte le info sul sito: http://www.urbanpromo.it/

XII Conferenza SIU "Il progetto dell'urbanistica per ilpaesaggio". Bari, 19/20 febbraio 2009

Tutte le info sul sito:http://www.planum.net/siu/index.htm

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Conferenza "The postsecular city". Tokyo -Giappone, 17/20 dicembre 2008.

Tutte le info sul sito: http://www.shakti.uniurb.it/rc21/

Parte superiore (interamente pedonale) del ponte diBrooklyn a New York (U.S.A.).

Boulevard lungo il canale Ota-gawa ad Hiroshima(Giappone).

Ponte pedonale a Nikko(Giappone).

Milenium bridge a Londra (U.K.).

Conferenza "Empty Country and Lively Cities?". Berlino - Germania, 7/8maggio 2009

Tutte le info sul sito: http://www.leeresland-buntestadt.de/

Masetr di II livello "Urb.am - 'urbanisticanell'amministrazione pubblica: management della cittàe del territorio". Roma, gennaio 2009/dicembre 2009

Per informazioni ed iscrizioni (entro il 17 novembre 2008)consulta il sito: http://www.uniroma1.it/

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Corso "BAUHAUS KOLLEG X - Post-functionalist City - Transdisciplinarystudies on modern urbanism". Dessau - Germania, II semestre: 24 aprile 2009/31 luglio 2009.Per informazioni ed iscrizioni ( entro il 27 febbraio) consulta il sito:http://www.bauhaus-dessau.de/en/kolleg.asp?p=post1

Progetto “Roma in bike” a Roma (Italia).

Piazza del Plebiscito a Napoli (Italia).

Conferenza "True Urbanism: Cities for Health &Well-Being" - 47th International Making CitiesLivable Conference. Portland (Oregon) - U.S.A.,10/14 maggio 2009

Tutte le info sul sito: http://www.livablecities.org/

Conferenza "Rural of the 6th Framework Programme projecys TERESA andETUDE". Vienna - Austria, 27/28 novmbre 2008

Per informazioni ed iscrizioni (entro il 17 novembre 2008) consulta il sito: http://www.teresa-eu.info/conference

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Attraversamento pedonale a Tokyo(Giappone).

La scala mobile più lunga del mondoa Tokyo (Giappone).

4th Kuhmo-Nectar Conference and SummerSchool "Transport and Urban Economics".

Danimarca 29 giugno/3 luglio 2009

Per informazioni ed iscrizioni (entro il 1 marzo 2009)consulta il sito:

http://www.kuhmonectar2009.dk./

London Planning Events - series 2008/09

Tutte le info sul sito: http://www.bartlett.ucl.ac.uk/planning/information/seminarsLondon.html