benedetto xvi imparare a credere

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    LE DOMANDE DI FONDO

    La questione della speranza , in verit, al centro della nostra vita di es-seri umani e della nostra missione di cristiani, soprattutto nellepoca con-temporanea. Avvertiamo tutti il bisogno di speranza, ma non di una spe-ranza qualsiasi, bens di una speranza salda ed affidabile, come ho volutosottolineare nellEnciclica Spe salvi. La giovinezza in particolare tempodi speranze, perch guarda al futuro con varie aspettative. Quando si giovani si nutrono ideali, sogni e progetti; la giovinezza il tempo in cuimaturano scelte decisive per il resto della vita. E forse anche per questo la stagione dellesistenza in cui affiorano con forza le domande di fondo:perch sono sulla terra? che senso ha vivere? che sar della mia vita? Einoltre: come raggiungere la felicit? perch la sofferenza, la malattia e lamorte? che cosa c oltre la morte? Interrogativi che diventano pressantiquando ci si deve misurare con ostacoli che a volte sembrano insormonta-bili: difficolt negli studi, mancanza di lavoro, incomprensioni in famiglia,

    crisi nelle relazioni di amicizia o nella costruzione di unintesa di coppia,malattie o disabilit, carenza di adeguate risorse come conseguenzadellattuale e diffusa crisi economica e sociale. Ci si domanda allora: doveattingere e come tener viva nel cuore la fiamma della speranza?

    LE SPERANZE DELLUOMO

    L'uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze pi piccole o pi

    grandi diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte pu sembrareche una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non abbia bisognodi altre speranze. Nella giovent pu essere la speranza del grande e ap-pagante amore; la speranza di una certa posizione nella professione,dell'uno o dell'altro successo determinante per il resto della vita. Quando,per, queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ci non era,in realt, il tutto. Si rende evidente che l'uomo ha bisogno di una speranzache vada oltre. Si rende evidente che pu bastargli solo qualcosa di infini-

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    to, qualcosa che sar sempre pi di ci che egli possa mai raggiungere. Inquesto senso il tempo moderno ha sviluppato la speranza dell'instaurazio-ne di un mondo perfetto che, grazie alle conoscenze della scienza e ad unapolitica scientificamente fondata, sembrava esser diventata realizzabile.

    Cos la speranza biblica del regno di Dio stata rimpiazzata dalla speran-za del regno dell'uomo, dalla speranza di un mondo migliore che sarebbe ilvero regno di Dio . Questa sembrava finalmente la speranza grande erealistica, di cui l'uomo ha bisogno. Essa era in grado di mobilitare perun certo tempo tutte le energie dell'uomo; il grande obiettivo sembravameritevole di ogni impegno. Ma nel corso del tempo apparve chiaro chequesta speranza fugge sempre pi lontano. Innanzitutto ci si rese contoche questa era forse una speranza per gli uomini di dopodomani, ma nonuna speranza per me. E bench il per tutti faccia parte della grande

    speranza non posso, infatti, diventare felice contro e senza gli altri re-sta vero che una speranza che non riguardi me in persona non neppureuna vera speranza. E divent evidente che questa era una speranza controla libert, perch la situazione delle cose umane dipende in ogni genera-zione nuovamente dalla libera decisione degli uomini che ad essa appar-tengono. Se questa libert, a causa delle condizioni e delle strutture, fosseloro tolta, il mondo, in fin dei conti, non sarebbe buono, perch un mondosenza libert non per nulla un mondo buono. Cos, pur essendo necessa-rio un continuo impegno per il miglioramento del mondo, il mondo miglio-

    re di domani non pu essere il contenuto proprio e sufficiente della nostrasperanza. E sempre a questo proposito si pone la domanda: Quando migliore il mondo? Che cosa lo rende buono? Secondo quale criterio sipu valutare il suo essere buono? E per quali vie si pu raggiungere que-sta bont ?Ancora: noi abbiamo bisogno delle speranze pi piccole o pi grandi che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grandesperanza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa gran-de speranza pu essere solo Dio, che abbraccia l'universo e che pu pro-porci e donarci ci che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l'esseregratificato di un dono fa parte della speranza. Dio il fondamento dellasperanza non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umanoe che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l'umanit nel suo insieme.

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    re di unevoluzione che appare come una realt che dobbiamo vedere e chearricchisce la nostra conoscenza della vita e dellessere come tale. Ma ladottrina dellevoluzione non risponde a tutti i quesiti e non risponde so-prattutto al grande quesito filosofico: da dove viene tutto? e come il tutto

    prende un cammino che arriva finalmente alluomo? Mi sembra molto im-portante che la ragione si apra di pi, che veda s questi dati, ma cheveda anche che non sono sufficienti per spiegare tutta la realt. Non suf-ficiente, la nostra ragione pi ampia e pu vedere anche che la ragionenostra non in fondo qualcosa di irrazionale, un prodotto della irraziona-lit, ma che la ragione precede tutto, la ragione creatrice, e che noi siamorealmente il riflesso della ragione creatrice. Siamo pensati e voluti e,quindi, c una idea che mi precede, un senso che mi precede e che devoscoprire, seguire e che d finalmente significato alla mia vita. Mi sembra

    questo il primo punto: scoprire che realmente il mio essere ragionevole, pensato, ha un senso e la mia grande missione scoprire questo senso, vi-verlo e dare cos un nuovo elemento alla grande armonia cosmica pensatadal Creatore. Se cos, allora anche gli elementi di difficolt diventanomomenti di maturit, di processo e di progresso del mio stesso essere, cheha senso dal suo concepimento fino allultimo momento di vita. Possiamoconoscere questa realt del senso precedente a tutti noi, possiamo ancheriscoprire il senso della sofferenza e del dolore; certamente c un doloreche dobbiamo evitare e che dobbiamo allontanare dal mondo: tanti dolori

    inutili provocati dalle dittature, dai sistemi sbagliati, dallodio e dalla vio-lenza. Ma c anche nel dolore un senso profondo e solo se possiamo daresenso al dolore e alla sofferenza pu maturare la nostra vita. Direi soprat-tutto che non possibile lamore senza il dolore, perch lamore implicasempre una rinuncia a me, un lasciare me, un accettare laltro nella suaalterit, implica un dono di me e, quindi, un uscire da me stesso. Tuttoquesto dolore, sofferenza, ma proprio in questa sofferenza del perdermiper laltro, per lamato e quindi per Dio, divento grande e la mia vita trovalamore e nellamore il suo senso.

    LNCERTEZZA DEL FUTURO

    Luomo, nella sua vita, in costante attesa: quando bambino vuole cre-scere, da adulto tende alla realizzazione e al successo, avanzando nellet,aspira al meritato riposo. Ma arriva il tempo in cui egli scopre di aver spe-rato troppo poco se, al di l della professione o della posizione sociale, non

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    gli rimane nientaltro da sperare. La speranza segna il camminodellumanit, ma per i cristiani essa animata da una certezza: il Signore presente nello scorrere della nostra vita, ci accompagna e un giornoasciugher anche le nostre lacrime. Un giorno, non lontano, tutto trover

    il suo compimento nel Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace.Ma ci sono modi molto diversi di attendere. Se il tempo non riempito daun presente dotato di senso, lattesa rischia di diventare insopportabile; sesi aspetta qualcosa, ma in questo momento non c nulla, se il presentecio rimane vuoto, ogni attimo che passa appare esageratamente lungo, elattesa si trasforma in un peso troppo grave, perch il futuro rimane deltutto incerto. Quando invece il tempo dotato di senso, e in ogni istantepercepiamo qualcosa di specifico e di valido, allora la gioia dellattesa ren-de il presente pi prezioso.

    IL CUORE INQUIETO

    Il cuore inquieto il cuore che, in fin dei conti, non si accontenta di nienteche sia meno di Dio e, proprio cos, diventa un cuore che ama. Il nostrocuore inquieto verso Dio e rimane tale, anche se oggi, con narcoticimolto efficaci, si cerca di liberare luomo da questa inquietudine. Ma nonsoltanto noi esseri umani siamo inquieti in relazione a Dio. Il cuore di Dio

    inquieto in relazione alluomo. Dio attende noi. in ricerca di noi. AncheLui non tranquillo, finch non ci abbia trovato. Il cuore di Dio inquieto,e per questo si incamminato verso di noi verso Betlemme, verso il Cal-vario, da Gerusalemme alla Galilea e fino ai confini del mondo. Dio in-quieto verso di noi, in ricerca di persone che si lasciano contagiare dallasua inquietudine, dalla sua passione per noi. Persone che portano in s laricerca che nel loro cuore e, al contempo, si lasciano toccare nel cuoredalla ricerca di Dio verso noi.

    IL BISOGNO DELLA VERIT

    Di questo cuore inquieto e aperto abbiamo bisogno. il nocciolo del pelle-grinaggio. Anche oggi non sufficiente essere e pensare in qualche modocome tutti gli altri. Il progetto della nostra vita va oltre. Noi abbiamo bi-sogno di Dio, di quel Dio che ci ha mostrato il suo volto ed aperto il suocuore: Ges Cristo. Giovanni, con buona ragione, afferma che Lui

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    lUnigenito Dio che nel seno del Padre (cfr Gv 1,18); cos solo Lui,dallintimo di Dio stesso, poteva rivelare Dio a noi rivelarci anche chisiamo noi, da dove veniamo e verso dove andiamo. Certo, ci sono numero-se grandi personalit nella storia che hanno fatto belle e commoventi

    esperienze di Dio. Restano, per, esperienze umane con il loro limite uma-no. Solo Lui Dio e perci solo Lui il ponte, che veramentemette in con-tatto immediato Dio e luomo. Se noi cristianidunque lo chiamiamo lunicoMediatore della salvezza valido per tutti, che interessa tutti e del quale, indefinitiva, tutti hanno bisogno, questo non significa affatto disprezzo dellealtre religioni n assolutizzazione superba del nostro pensiero, ma sololessere conquistati da Colui che ci ha interiormente toccati e colmati didoni, affinch noi potessimo a nostra volta fare doni anche agli altri. Difatto, la nostra fede si oppone decisamente alla rassegnazione che consi-

    dera luomo incapace della verit come se questa fosse troppo grande perlui. Questa rassegnazione di fronte alla verit , secondo la mia convin-zione, il nocciolo della crisi dellOccidente, dellEuropa. Se per luomo nonesiste una verit, egli, in fondo, non pu neppure distinguere tra il bene eil male. E allora le grandi e meravigliose conoscenze della scienza diven-tano ambigue: possono aprire prospettive importanti per il bene, per lasalvezza delluomo, ma anche elo vediamo diventare una terribile mi-naccia, la distruzione delluomo e del mondo. Noi abbiamo bisogno dellaverit.

    SENZA DI ME NON POTETE FARE NULLA

    Senza Dio l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprende-re chi egli sia. Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo dei popoli chequasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci viene in aiuto la parola delSignore Ges Cristo che ci fa consapevoli: Senza di me non potete farnulla (Gv 15,5) e c'incoraggia: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla finedel mondo (Mt 28,20). Di fronte alla vastit del lavoro da compiere, sia-mo sostenuti dalla fede nella presenza di Dio accanto a coloro che si uni-scono nel suo nome e lavorano per la giustizia. Paolo VI ci ha ricordatonella Populorum progressio (n.42) che l'uomo non in grado di gestire dasolo il proprio progresso, perch non pu fondare da s un vero umanesi-mo. Solo se pensiamo di essere chiamati in quanto singoli e in quanto co-munit a far parte della famiglia di Dio come suoi figli, saremo anche ca-paci di produrre un nuovo pensiero e di esprimere nuove energie a servizio

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    di un vero umanesimo integrale. La maggiore forza a servizio dello svi-luppo quindi un umanesimo cristiano, che ravvivi la carit e si facciaguidare dalla verit, accogliendo l'una e l'altra come dono permanente diDio. La disponibilit verso Dio apre alla disponibilit verso i fratelli e ver-

    so una vita intesa come compito solidale e gioioso. Al contrario, la chiusu-ra ideologica a Dio e l'ateismo dell'indifferenza, che dimenticano il Creato-re e rischiano di dimenticare anche i valori umani, si presentano oggi tra imaggiori ostacoli allo sviluppo. L'umanesimo che esclude Dio un umane-simo disumano. Solo un umanesimo aperto all'Assoluto pu guidarci nellapromozione e realizzazione di forme di vita sociale e civile nell'ambitodelle strutture, delle istituzioni, della cultura, dell'ethos salvaguardan-doci dal rischio di cadere prigionieri delle mode del momento. la consa-pevolezza dell'Amore indistruttibile di Dio che ci sostiene nel faticoso ed

    esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo dei popoli, tra successied insuccessi, nell'incessante perseguimento di retti ordinamenti per lecose umane. L'amore di Dio ci chiama ad uscire da ci che limitato e nondefinitivo, ci d il coraggio di operare e di proseguire nella ricerca del bene

    di tutti, anche se non si realizza immediatamente, anche se quello che riu-sciamo ad attuare, noi e le autorit politiche e gli operatori economici, sempre meno di ci a cui aneliamo (cf. Spe salvi n. 35). Dio ci d la forza dilottare e di soffrire per amore del bene comune, perch Egli il nostroTutto, la nostra speranza pi grande.

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    ABBANDONARE LE PROPRIE SICUREZZE

    Qual la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no? Che cosa apregli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro che restano indifferenti, a co-loro che indicano la strada ma non si muovono? Possiamo rispondere: latroppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la real-t, la presunzione di avere gi formulato un giudizio definitivo sulle coserendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novit di Dio. Sono sicuridellidea che si sono fatti del mondo e non si lasciano pi sconvolgerenell'intimo dall'avventura di un Dio che li vuole incontrare. Ripongono laloro fiducia pi in se stessi che in Lui e non ritengono possibile che Dio siatanto grande da potersi fare piccolo, da potersi davvero avvicinare a noi.Alla fine, quello che manca l'umilt autentica, che sa sottomettersi a ciche pi grande, ma anche il coraggio autentico, che porta a credere a ciche veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme.Manca la capacit evangelica di essere bambini nel cuore, di stupirsi, e diuscire da s per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada

    di Dio. Il Signore per ha il potere di renderci capaci di vedere e di salvar-ci. Vogliamo, allora, chiedere a Lui di darci un cuore saggio e innocente,che ci consenta di vedere la stella della sua misericordia, di incamminarcisulla sua strada, per trovarlo ed essere inondati dalla grande luce e dallavera gioia che egli ha portato in questo mondo.

    APERTI ALLASCOLTO

    Il concetto di coscienza negli ultimi due secoli si trasformato profonda-mente. Oggi prevale lidea che razionale, che parte della ragione, sarebbesolo quanto quantificabile. Le altre cose, cio le materie della religione edella morale, non entrerebbero nella ragione comune, perch non verifica-bili, o, come si dice, non falsificabili nellesperimento. In questa situazio-ne, dove morale e religione sono quasi espulse dalla ragione, lunico crite-rio ultimo della moralit e anche della religione il soggetto, la coscienzasoggettiva che non conosce altre istanze. Solo il soggetto, alla fine, con il

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    suo sentimento, le sue esperienze, eventuali criteri che ha trovato, decide.Ma cos il soggetto diventa una realt isolata, e cambiano cos, di giorno ingiorno, i parametri. Nella tradizione cristiana coscienza vuol dire con-scienza: cio noi, il nostro essere aperto, pu ascoltare la voce dellessere

    stesso, la voce di Dio. La voce, quindi, dei grandi valori iscritta nel no-stro essere e la grandezza delluomo proprio che non chiuso in s, non ridotto alle cose materiali, quantificabili, ma ha uninteriore apertura perle cose essenziali, la possibilit di un ascolto. Nella profondit del nostroessere possiamo ascoltare non solo i bisogni del momento, non solo le cosemateriali, ma ascoltare la voce del Creatore stesso e cos si conosce cosa bene e cosa male. Ma naturalmente questa capacit di ascolto deve esse-re educata e sviluppata. E proprio questo limpegno dellannuncio chenoi facciamo in Chiesa: sviluppare questa altissima capacit donata da

    Dio alluomo di ascoltare la voce della verit e cos la voce dei valori.

    A DIO ATTRAVERSO LA SUA PAROLA

    Ciascuno di noi reso cos da Dio capace di ascoltare e rispondere alla di-vina Parola. Luomo creato nella Parola e vive in essa; egli non pu capi-re se stesso se non si apre a questo dialogo. La Parola di Dio rivela la na-tura filiale e relazionale della nostra vita. Siamo davvero chiamati per

    grazia a conformarci a Cristo, il Figlio del Padre, ed essere trasformati inLui.In questo dialogo con Dio comprendiamo noi stessi e troviamo risposta alledomande pi profonde che albergano nel nostro cuore. La Parola di Dio,infatti, non si contrappone alluomo, non mortifica i suoi desideri autenti-ci, anzi li illumina, purificandoli e portandoli a compimento. Come im-portante per il nostro tempo scoprire che solo Dio risponde alla sete chesta nel cuore di ogni uomo! Nella nostra epoca purtroppo si diffusa, so-prattutto in Occidente, lidea che Dio sia estraneo alla vita ed ai problemidelluomo e che, anzi, la sua presenza possa essere una minaccia alla suaautonomia. In realt, tutta leconomia della salvezza ci mostra che Dioparla ed interviene nella storia a favore delluomo e della sua salvezza in-tegrale. Quindi decisivo, dal punto di vista pastorale, presentare la Paro-la di Dio nella sua capacit di dialogare con i problemi che luomo deve af-frontare nella vita quotidiana. Proprio Ges si presenta a noi come coluiche venuto perch possiamo avere la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10).Per questo, dobbiamo impiegare ogni sforzo per mostrare la Parola di Dio

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    come apertura ai propri problemi, come risposta alle proprie domande, unallargamento dei propri valori ed insieme come una soddisfazione alleproprie aspirazioni. La pastorale della Chiesa deve illustrare bene comeDio ascolti il bisogno delluomo ed il suo grido. San Bonaventura afferma

    nelBreviloquium: Il frutto della sacra Scrittura non uno qualsiasi, maaddirittura la pienezza della felicit eterna. Infatti la sacra Scrittura appunto il libro nel quale sono scritte parole di vita eterna perch, non so-lo crediamo, ma anche possediamo la vita eterna, in cui vedremo, amere-mo e saranno realizzati tutti i nostri desideri.

    RICONOSCERSI CREATURE

    Dobbiamo rendere nuovamente presente Dio nelle nostre societ. Mi sem-bra questa la prima necessit: che Dio sia di nuovo presente nella nostravita, che non viviamo come se fossimo autonomi, autorizzati ad inventarecosa siano la libert e la vita. Dobbiamo prendere atto di essere creature,costatare che c un Dio che ci ha creati e che stare nella sua volont non dipendenza ma un dono damore che ci fa vivere.Quindi, il primo punto conoscere Dio, conoscerlo sempre di pi, ricono-scere nella mia vita che Dio c, e che Dio centra. Il secondo punto - se ri-conosciamo che Dio c, che la nostra libert una libert condivisa con gli

    altri e che deve esserci quindi un parametro comune per costruire unarealt comune il secondo punto, dicevo, presenta la questione: qualeDio? Ci sono infatti tante immagini false di Dio, un Dio violento, ecc. Laseconda questione quindi : riconoscere il Dio che ci ha mostrato il suo vol-to in Ges, che ha sofferto per noi, che ci ha amati fino alla morte e cos havinto la violenza. Occorre rendere presente, innanzitutto nella nostra"propria" vita, il Dio vivente, il Dio che non uno sconosciuto, un Dio in-ventato, un Dio solo pensato, ma un Dio che si mostrato, ha mostrato sstesso e il suo volto. Solo cos, la nostra vita diventa vera, autenticamenteumana e cos anche i criteri del vero umanesimo diventano presenti nellasociet.

    CERCARE CRISTO

    Cercare Cristo devessere lincessante anelito dei credenti, dei giovani edegli adulti, dei fedeli e dei loro pastori. Va incoraggiata questa ricerca, va

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    sostenuta e guidata. La fede non semplicemente ladesione ad un com-plesso in s completo di dogmi, che spegnerebbe la sete di Dio presentenellanimo umano. Al contrario, essa proietta luomo, in cammino nel tem-po, verso un Dio sempre nuovo nella sua infinitezza. Il cristiano perci

    contemporaneamente uno che cerca e uno che trova. proprio questo cherende la Chiesa giovane, aperta al futuro, ricca di speranza per linteraumanit.SantAgostino ha stupende riflessioni sullinvito del Salmo 104 "Quaeritefaciem eius semper - Cercate sempre il suo volto". Egli fa notare chequellinvito non vale soltanto per questa vita; vale anche per leternit. Lascoperta del "volto di Dio" non si esaurisce mai. Pi entriamo nello splen-dore dellamore divino, pi bello andare avanti nella ricerca, cos che"amore crescente inquisitio crescat inventi - nella misura in cui cresce

    lamore, cresce la ricerca di Colui che stato trovato" (Enarr. in Ps. 104,3:CCL 40, 1537).

    IL SIGNORE CI VIENE INCONTRO

    Non difficile costatare che in ogni giovane c unaspirazione alla felicit,talvolta mescolata ad un senso di inquietudine; unaspirazione che spessoper lattuale societ dei consumi sfrutta in modo falso e alienante. Occor-

    re invece valutare seriamente lanelito alla felicit che esige una rispostavera ed esaustiva. Nella vostra et infatti si compiono le prime grandiscelte, capaci di orientare la vita verso il bene o verso il male. Purtropponon sono pochi i vostri coetanei che si lasciano attrarre da illusori miraggidi paradisi artificiali per ritrovarsi poi in una triste solitudine. Ci sono pe-r anche tanti ragazzi e ragazze che vogliono trasformare, come ha detto ilvostro portavoce, la dottrina nellazione per dare un senso pieno alla lorovita. Vi invito tutti a guardare allesperienza di santAgostino, il quale di-ceva che il cuore di ogni persona inquieto fino a quando non trova ci cheveramente cerca. Ed egli scopr che solo Ges Cristo era la risposta soddi-sfacente al desiderio, suo e di ogni uomo, di una vita felice, piena di signi-ficato e di valore (cfr Confessioni I,1,1).Come ha fatto con lui, il Signore viene incontro a ciascuno di voi. Bussa al-la porta della vostra libert e chiede di essere accolto come amico. Vi vuolerendere felici, riempirvi di umanit e di dignit. La fede cristiana que-sto: lincontro con Cristo, Persona viva che d alla vita un nuovo orizzontee con ci la direzione decisiva. E quando il cuore di un giovane si apre ai

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    suoi divini disegni, non fa troppa fatica a riconoscere e seguire la sua voce.Il Signore infatti chiama ciascuno per nome e ad ognuno vuole affidareuna specifica missione nella Chiesa e nella societ. Cari giovani, prendeteconsapevolezza che il Battesimo vi ha resi figli di Dio e membri del suo

    Corpo che la Chiesa. Ges vi rinnova costantemente linvito ad esseresuoi discepoli e suoi testimoni. Molti di voi li chiama al matrimonio e lapreparazione a questo Sacramento costituisce un vero cammino vocazio-nale. Considerate allora seriamente la chiamata divina a costituire unafamiglia cristiana e la vostra giovinezza sia il tempo in cui costruire consenso di responsabilit il vostro futuro.

    IL CAMMINO DELLA CONVERSIONE

    Non possiamo pensare di vivere subito una vita cristiana al cento per cen-to, senza dubbi e senza peccati. Dobbiamo riconoscere che siamo in cam-mino, che dobbiamo e possiamo imparare, che dobbiamo anche convertirciman mano. Certo, la conversione fondamentale un atto che per sem-pre. Ma la realizzazione della conversione un atto di vita, che si realizzanella pazienza di una vita. un atto nel quale non dobbiamo perdere lafiducia e il coraggio del cammino. Proprio questo dobbiamo riconoscere:non possiamo fare di noi stessi dei cristiani perfetti da un momento all'al-

    tro. Tuttavia, vale la pena andare avanti, tener fede all'opzione fondamen-tale, per cos dire, e poi permanere con perseveranza in un cammino diconversione che talvolta diventa difficile. Pu capitare infatti che mi sentascoraggiato, cos da voler lasciare tutto e restare in uno stato di crisi. Nonci si deve subito lasciar cadere, ma con coraggio bisogna ricominciare. IlSignore mi guida, il Signore generoso e con il suo perdono vado avanti,diventando anch'io generoso con gli altri. Cos impariamo realmente l'a-more per il prossimo e la vita cristiana, che implica questa perseveranzadell'andare avanti.

    I VERI VALORI DELLA VITA

    In una societ e in una cultura che troppo spesso fanno del relativismo ilproprio credo - il relativismo diventato una sorta di dogma -, in una si-mile societ viene a mancare la luce della verit, anzi si considera perico-loso parlare di verit, lo si considera autoritario, e si finisce per dubitare

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    della bont della vita bene essere uomo? bene vivere? - e della validi-t dei rapporti e degli impegni che costituiscono la vita. Come sarebbepossibile, allora, proporre ai pi giovani e trasmettere di generazione ingenerazione qualcosa di valido e di certo, delle regole di vita, un autentico

    significato e convincenti obiettivi per lumana esistenza, sia come personesia come comunit? Perci leducazione tende ampiamente a ridursi allatrasmissione di determinate abilit, o capacit di fare, mentre si cerca diappagare il desiderio di felicit delle nuove generazioni colmandole di og-getti di consumo e di gratificazioni effimere. Cos sia i genitori sia gli in-segnanti sono facilmente tentati di abdicare ai propri compiti educativi edi non comprendere nemmeno pi quale sia il loro ruolo, o meglio la mis-sione ad essi affidata. Ma proprio cos non offriamo ai giovani, alle nuovegenerazioni, quanto nostro compito trasmettere loro. Noi siamo debitori

    nei loro confronti anche dei veri valori che danno fondamento alla vita.

    I COMPAGNI DI VIAGGIO

    Nella vita di ciascuno di noi ci sono persone molto care, che sentiamo par-ticolarmente vicine, alcune sono gi nelle braccia di Dio, altre condividonoancora con noi il cammino della vita: sono i nostri genitori, i parenti, glieducatori; sono persone a cui abbiamo fatto del bene o da cui abbiamo ri-

    cevuto del bene; sono persone su cui sappiamo di poter contare. E impor-tante, per, avere anche dei compagni di viaggio nel cammino della no-stra vita cristiana: penso al Direttore spirituale, al Confessore, a personecon cui si pu condividere la propria esperienza di fede, ma penso anchealla Vergine Maria e ai Santi. Ognuno dovrebbe avere qualche Santo chegli sia familiare, per sentirlo vicino con la preghiera e lintercessione, maanche per imitarlo. Vorrei invitarvi, quindi, a conoscere maggiormente iSanti, a iniziare da quello di cui portate il nome, leggendone la vita, gliscritti. Siate certi che diventeranno buone guide per amare ancora di piil Signore e validi aiuti per la vostra crescita umana e cristiana.Come sapete, anchio sono legato in modo speciale ad alcune figure di San-ti: tra queste, oltre a san Giuseppe e san Benedetto dei quali porto il no-me, e ad altri, c santAgostino, che ho avuto il grande dono di conoscere,per cos dire, da vicino attraverso lo studio e la preghiera e che diventatoun buon compagno di viaggio nella mia vita e nel mio ministero. Vorreisottolineare ancora una volta un aspetto importante della sua esperienzaumana e cristiana, attuale anche nella nostra epoca in cui sembra che il

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    relativismo sia paradossalmente la verit che deve guidare il pensiero,le scelte, i comportamenti.SantAgostino un uomo che non mai vissuto con superficialit; la sete,la ricerca inquieta e costante della Verit una delle caratteristiche di

    fondo della sua esistenza; non, per, delle pseudo-verit incapaci di darepace duratura al cuore, ma di quella Verit che d senso allesistenza ed la dimora in cui il cuore trova serenit e gioia. Il suo, lo sappiamo, non stato un cammino facile: ha pensato di incontrare la Verit nel prestigio,nella carriera, nel possesso delle cose, nelle voci che gli promettevano feli-cit immediata; ha commesso errori, ha attraversato tristezze, ha affron-tato insuccessi, ma non si mai fermato, non si mai accontentato di ciche gli dava solamente un barlume di luce; ha saputo guardare nellintimodi se stesso e si accorto, come scrive nelle Confessioni, che quella Verit,

    quel Dio che cercava con le sue forze era pi intimo a s di se stesso, gliera stato sempre accanto, non lo aveva mai abbandonato, era in attesa dipoter entrare in modo definitivo nella sua vita (cfr III, 6, 11; X, 27, 38).Come dicevo a commento del recente film sulla sua vita, santAgostino hacapito, nella sua inquieta ricerca, che non lui ad aver trovato la Verit,ma la Verit stessa, che Dio, lo ha rincorso e lo ha trovato (cfrLOsservatore Romano, gioved 4 settembre 2009, p. 8). Romano Guardinicommentando un brano del capitolo terzo delle Confessioni afferma:santAgostino comprese che Dio gloria che ci getta in ginocchio, bevanda

    che estingue la sete, tesoro che rende felici, [egli ebbe] la pacificantecertezza di chi finalmente ha capito, ma anche la beatitudine dellamoreche sa: Questo tutto e mi basta (Pensatori religiosi, Brescia 2001, p.177).Sempre nelle Confessioni, al Libro nono, il nostro Santo riporta un collo-quio con la madre, santa Monica la cui memoria si celebra il prossimo ve-nerd, dopodomani. una scena molto bella: lui e la madre stanno aOstia, in un albergo, e dalla finestra vedono il cielo e il mare, e trascendo-no cielo e mare, e per un momento toccano il cuore di Dio nel silenzio dellecreature. E qui appare unidea fondamentale nel cammino verso la Verit:le creature debbono tacere se deve subentrare il silenzio in cui Dio puparlare. Questo vero sempre anche nel nostro tempo: a volte si ha unasorta di timore del silenzio, del raccoglimento, del pensare alle proprieazioni, al senso profondo della propria vita, spesso si preferisce vivere sololattimo fuggente, illudendosi che porti felicit duratura; si preferisce vi-vere, perch sembra pi facile, con superficialit, senza pensare; si ha

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    paura di cercare la Verit o forse si ha paura che la Verit ci trovi, ci af-ferri e cambi la vita, come avvenuto per santAgostino.Vorrei dire a tutti, anche a chi in un momento di difficolt nel suo cam-mino di fede, a chi partecipa poco alla vita della Chiesa o a chi vive come

    se Dio non esistesse, di non avere paura della Verit, di non interromperemai il cammino verso di essa, di non cessare mai di ricercare la verit pro-fonda su se stessi e sulle cose con locchio interiore del cuore. Dio nonmancher di donare Luce per far vedere e Calore per far sentire al cuoreche ci ama e che desidera essere amato.

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    IL RITORNO DELLILLUMINISMO

    Nel mondo occidentale oggi viviamo un'ondata di nuovo drastico illumini-smo o laicismo, comunque lo si voglia chiamare. Credere diventato pidifficile, poich il mondo in cui ci troviamo fatto completamente da noistessi e in esso Dio, per cos dire, non compare pi direttamente. Non sibeve alla fonte, ma da ci che, gi imbottigliato, ci viene offerto. Gli uomi-ni si sono ricostruiti il mondo loro stessi, e trovare Lui dietro a questomondo diventato difficile. Questo non specifico della Germania, ma qualcosa che si verifica in tutto il mondo, in particolare in quello occiden-tale. D'altra parte l'Occidente oggi viene toccato fortemente da altre cultu-re, in cui l'elemento religioso originario molto forte, e che sono inorriditeper la freddezza che riscontrano in Occidente nei confronti di Dio. E que-sta presenza del sacro in altre culture, anche se velata in molte maniere,tocca nuovamente il mondo occidentale, tocca noi, che ci troviamo al cro-cevia di tante culture. E anche dal profondo dell'uomo in Occidente e inGermania sale sempre nuovamente la domanda di qualcosa "di pi gran-

    de". Lo vediamo nella giovent, nella quale c' la ricerca di un "pi": incerto modo il fenomeno religione - come si dice - ritorna, anche se si trattadi un movimento di ricerca spesso piuttosto indeterminato. Ma con tuttoci la Chiesa di nuovo presente, la fede si offre come risposta.

    LA SUPERBIA DELLA RAGIONE

    Pi recentemente la globalizzazione, per mezzo delle nuove tecnologie

    dellinformazione, ha avuto non di rado come esito anche la diffusione intutte le culture di molte componenti materialistiche e individualistichedellOccidente. Sempre pi la formula "Etsi Deus non daretur"diventa unmodo di vivere che trae origine da una specie di "superbia" della ragione realt pur creata e amata da Dio la quale si ritiene sufficiente a se stes-sa e si chiude alla contemplazione e alla ricerca di una Verit che la supe-ra. La luce della ragione, esaltata, ma in realt impoverita,dallIlluminismo, si sostituisce radicalmente alla luce della fede, alla luce

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    di Dio (cfr Benedetto XVI, Allocuzione per lincontro con lUniversit diRoma "La Sapienza", 17 gennaio 2008).Non possiamo nasconderci, tuttavia, che si verificato uno slittamento daun pensiero prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimen-

    tale. La ricerca si volta soprattutto allosservazione della natura nel ten-tativo di scoprirne i segreti. Il desiderio di conoscere la natura si poi tra-sformato nella volont di riprodurla. Questo cambiamento non stato in-dolore: l'evolversi dei concetti ha intaccato il rapporto tra la fides ela ratiocon la conseguenza di portare l'una e l'altra a seguire strade diverse. Laconquista scientifica e tecnologica, con cui lafides sempre pi provocataa confrontarsi, ha modificato l'antico concetto di ratio; in qualche modo, haemarginato la ragione che ricercava la verit ultima delle cose per farespazio ad una ragione paga di scoprire la verit contingente delle leggi

    della natura. La ricerca scientifica ha certamente il suo valore positivo. Lascoperta e l'incremento delle scienze matematiche, fisiche, chimiche e diquelle applicate sono frutto della ragione ed esprimono l'intelligenza conla quale l'uomo riesce a penetrare nelle profondit del creato. La fede, daparte sua, non teme il progresso della scienza e gli sviluppi a cui conduco-no le sue conquiste quando queste sono finalizzate all'uomo, al suo benes-sere e al progresso di tutta l'umanit. Come ricordava l'ignoto autore dellaLettera a Diogneto: Non l'albero della scienza uccide, ma la disobbedien-za. Non si ha vita senza scienza, n scienza sicura senza vita vera (XII,

    2.4).Avviene, tuttavia, che non sempre gli scienziati indirizzino le loro ricercheverso questi scopi. Il facile guadagno o, peggio ancora, l'arroganza di sosti-tuirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante. E questa unaforma di hybris della ragione, che pu assumere caratteristiche pericoloseper la stessa umanit. La scienza, d'altronde, non in grado di elaborareprincipi etici; essa pu solo accoglierli in s e riconoscerli come necessariper debellare le sue eventuali patologie. La filosofia e la teologia diventa-no, in questo contesto, degli aiuti indispensabili con cui occorre confron-tarsi per evitare che la scienza proceda da sola in un sentiero tortuoso,colmo di imprevisti e non privo di rischi. Ci non significa affatto limitarela ricerca scientifica o impedire alla tecnica di produrre strumenti di svi-luppo; consiste, piuttosto, nel mantenere vigile il senso di responsabilitche la ragione e la fede possiedono nei confronti della scienza, perchpermanga nel solco del suo servizio all'uomo.

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    Emerge che c un duplice uso della ragione e un duplice modo di esseresapienti o piccoli. C un modo di usare la ragione che autonomo, che sipone sopra Dio, in tutta la gamma delle scienze, cominciando da quellenaturali, dove un metodo adatto per la ricerca della materia viene univer-

    salizzato: in questo metodo Dio non entra, quindi Dio non c. E cos, infi-ne, anche in teologia: si pesca nelle acque della Sacra Scrittura con unarete che permette di prendere solo pesci di una certa misura e quanto vaoltre questa misura non entra nella rete e quindi non pu esistere. Cos ilgrande mistero di Ges, del Figlio fattosi uomo, si riduce a un Ges stori-co: una figura tragica, un fantasma senza carne e ossa, un uomo che ri-masto nel sepolcro, si corrotto ed realmente un morto. Il metodo sacaptare certi pesci, ma esclude il grande mistero, perch luomo si fa eglistesso la misura: ha questa superbia, che nello stesso tempo una grande

    stoltezza perch assolutizza certi metodi non adatti alle realt grandi; en-tra in questo spirito accademico che abbiamo visto negli scribi, i quali ri-spondono ai Re magi: non mi tocca; rimango chiuso nella mia esistenza,che non viene toccata. la specializzazione che vede tutti i dettagli, manon vede pi la totalit.E c laltro modo di usare la ragione, di essere sapienti, quello delluomoche riconosce chi ; riconosce la propria misura e la grandezza di Dio,aprendosi nellumilt alla novit dellagire di Dio. Cos, proprio accettandola propria piccolezza, facendosi piccolo come realmente , arriva alla veri-

    t. In questo modo, anche la ragione pu esprimere tutte le sue possibilit,non viene spenta, ma si allarga, diviene pi grande.

    IL PROGRESSO SENZA DIO

    S, la ragione il grande dono di Dio all'uomo, e la vittoria della ragionesull'irrazionalit anche uno scopo della fede cristiana. Ma quand' che laragione domina veramente? Quando si staccata da Dio? Quando diven-tata cieca per Dio? La ragione del potere e del fare gi la ragione intera?Se il progresso per essere progresso ha bisogno della crescita moraledell'umanit, allora la ragione del potere e del fare deve altrettanto ur-gentemente essere integrata mediante l'apertura della ragione alle forzesalvifiche della fede, al discernimento tra bene e male. Solo cos diventauna ragione veramente umana. Diventa umana solo se in grado di indi-care la strada alla volont, e di questo capace solo se guarda oltre sestessa. In caso contrario la situazione dell'uomo, nello squilibrio tra capa-

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    cit materiale e mancanza di giudizio del cuore, diventa una minaccia perlui e per il creato. Cos in tema di libert, bisogna ricordare che la libertumana richiede sempre un concorso di varie libert. Questo concorso, tut-tavia, non pu riuscire, se non determinato da un comune intrinseco cri-

    terio di misura, che fondamento e meta della nostra libert. Diciamoloora in modo molto semplice: l'uomo ha bisogno di Dio, altrimenti restaprivo di speranza. Visti gli sviluppi dell'et moderna, l'affermazione di sanPaolo citata all'inizio (cfr Ef2,12) si rivela molto realistica e semplicemen-te vera. Non vi dubbio, pertanto, che un regno di Dio realizzato senzaDio un regno quindi dell'uomo solo si risolve inevitabilmente nella fine perversa di tutte le cose descritta da Kant: l'abbiamo visto e lo ve-diamo sempre di nuovo. Ma non vi neppure dubbio che Dio entra vera-mente nelle cose umane solo se non soltanto da noi pensato, ma se Egli

    stesso ci viene incontro e ci parla. Per questo la ragione ha bisogno dellafede per arrivare ad essere totalmente se stessa: ragione e fede hanno bi-sogno l'una dell'altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione.

    LA LIBERT COME VALORE ASSOLUTO

    Limportanza fondamentale della libert deve essere rigorosamente salva-guardata. Non quindi sorprendente che numerosi individui e gruppi ri-

    vendichino ad alta voce in pubblico la loro libert. Ma la libert un valo-re delicato. Pu essere fraintesa o usata male cos da non condurre alla fe-licit che tutti da essa ci aspettiamo, ma verso uno scenario buio di mani-polazione, nel quale la nostra comprensione di noi stessi e del mondo si faconfusa o viene addirittura distorta da quanti hanno un loro progetto na-scosto.Avete notato quanto spesso la rivendicazione della libert viene fatta,senza mai fare riferimento alla verit della persona umana? C chi oggiasserisce che il rispetto della libert del singolo renda ingiusto cercare laverit, compresa la verit su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il par-lare di verit viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindida riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verit o me-glio, della sua assenza si diffusa lidea che, dando valore indiscrimina-tamente a tutto, si assicura la libert e si libera la coscienza. ci chechiamiamo relativismo. Ma che scopo ha una libert che, ignorando laverit, insegue ci che falso o ingiusto? A quanti giovani stata offertauna mano che, nel nome della libert o dellesperienza, li ha guidati

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    allassuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale,alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazionee cos, tragicamente, al suicidio? La verit non unimposizione. N semplicemente un insieme di regole. la scoperta di Uno che non ci tradi-

    sce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la veritarriviamo a vivere in base alla fede perch, in definitiva, la verit unapersona: Ges Cristo. questa la ragione per cui lautentica libert non una scelta di disimpegno da. una scelta di impegno per; niente dimeno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell essereper gli altri di Cristo (cfr Spe salvi, 28).

    LA SECOLARIZZAZIONE

    La secolarizzazione, che si presenta nelle culture come impostazione delmondo e dellumanit senza riferimento alla Trascendenza, invade ogniaspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalit in cui Dio di fattoassente, in tutto o in parte, dallesistenza e dalla coscienza umana. Questasecolarizzazione non soltanto una minaccia esterna per i credenti, ma simanifesta gi da tempo in seno alla Chiesa stessa. Snatura dallinterno ein profondit la fede cristiana e, di conseguenza, lo stile di vita e il com-portamento quotidiano dei credenti. Essi vivono nel mondo e sono spesso

    segnati, se non condizionati, dalla cultura dellimmagine che impone mo-delli e impulsi contraddittori, nella negazione pratica di Dio: non c pibisogno di Dio, di pensare a Lui e di ritornare a Lui. Inoltre, la mentalitedonistica e consumistica predominante favorisce, nei fedeli come nei pa-stori, una deriva verso la superficialit e un egocentrismo che nuoce allavita ecclesiale.La "morte di Dio" annunciata, nei decenni passati, da tanti intellettualicede il posto ad uno sterile culto dellindividuo. In questo contesto cultura-le, c il rischio di cadere in unatrofia spirituale e in un vuoto del cuore,caratterizzati talvolta da forme surrogate di appartenenza religiosa e divago spiritualismo. Si rivela quanto mai urgente reagire a simile derivamediante il richiamo dei valori alti dellesistenza, che danno senso alla vi-ta e possono appagare linquietudine del cuore umano alla ricerca della fe-licit: la dignit della persona umana e la sua libert, luguaglianza tratutti gli uomini, il senso della vita e della morte e di ci che ci attende do-po la conclusione dellesistenza terrena.

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    LA LAICIT

    ci sono molteplici maniere di intendere e di vivere la laicit, maniere talo-ra opposte e persino contraddittorie tra loro

    Per comprendere lautentico significato della laicit e spiegarne le odierneaccezioni, occorre tener conto dello sviluppo storico che il concetto ha avu-to. La laicit, nata come indicazione della condizione del semplice fedelecristiano, non appartenente n al clero n allo stato religioso, durante ilMedioevo ha rivestito il significato di opposizione tra i poteri civili e le ge-rarchie ecclesiastiche, e nei tempi moderni ha assunto quello di esclusionedella religione e dei suoi simboli dalla vita pubblica mediante il loro confi-namento nell'ambito del privato e della coscienza individuale. avvenutocos che al termine di laicit sia stata attribuita unaccezione ideologica

    opposta a quella che aveva allorigine.In realt, oggi la laicit viene comunemente intesa come esclusione dellareligione dai vari ambiti della societ e come suo confino nellambito dellacoscienza individuale. La laicit si esprimerebbe nella totale separazionetra lo Stato e la Chiesa, non avendo questultima titolo alcuno ad interve-nire su tematiche relative alla vita e al comportamento dei cittadini; lalaicit comporterebbe addirittura lesclusione dei simboli religiosi dai luo-ghi pubblici destinati allo svolgimento delle funzioni proprie della comuni-t politica: da uffici, scuole, tribunali, ospedali, carceri, ecc. In base a que-

    ste molteplici maniere di concepire la laicit si parla oggi di pensiero laico,di morale laica, di scienza laica, di politica laica. In effetti, alla base di ta-le concezione c' una visione a-religiosa della vita, del pensiero e della mo-rale: una visione, cio, in cui non c' posto per Dio, per un Mistero che tra-scenda la pura ragione, per una legge morale di valore assoluto, vigente inogni tempo e in ogni situazione. Soltanto se ci si rende conto di ci, s pumisurare il peso dei problemi sottesi a un termine come laicit, che sem-bra essere diventato quasi lemblema qualificante della post-modernit, inparticolare della moderna democrazia. compito, allora, di tutti i credenti, in particolare dei credenti in Cristo,contribuire ad elaborare un concetto di laicit che, da una parte, riconoscaa Dio e alla sua legge morale, a Cristo e alla sua Chiesa il posto che ad es-si spetta nella vita umana, individuale e sociale, e, dall'altra, affermi e ri-spetti la legittima autonomia delle realt terrene, intendendo con taleespressione, come ribadisce il Concilio Vaticano II, che le cose create e lestesse societ hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente devescoprire, usare e ordinare (Gaudium et spes, 36). Tale autonomia

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    un'esigenza legittima, che non solo postulata dagli uomini del nostrotempo, ma anche conforme al volere del Creatore. Infatti, dalla stessaloro condizione di creature che le cose tutte ricevono la propria consisten-za, verit, bont, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ci luomo

    tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ognisingola scienza o arte (ibid.). Se, invece, con l'espressione autonomia del-le realt temporali si volesse intendere che le cose create non dipendonoda Dio, e che l'uomo pu disporne senza riferirle al Creatore, allora lafalsit di tale opinione non potrebbe sfuggire a chiunque creda in Dio e al-la sua trascendente presenza nel mondo creato (cfr ibid.).Questa affermazione conciliare costituisce la base dottrinale di quellasana laicit che implica leffettiva autonomia delle realt terrene, noncerto dall'ordine morale, ma dalla sfera ecclesiastica. Non pu essere per-

    tanto la Chiesa a indicare quale ordinamento politico e sociale sia da pre-ferirsi, ma il popolo che deve decidere liberamente i modi migliori e piadatti di organizzare la vita politica. Ogni intervento diretto della Chiesain tale campo sarebbe un'indebita ingerenza. Daltra parte, la sana laici-t comporta che lo Stato non consideri la religione come un semplice sen-timento individuale, che si potrebbe confinare al solo ambito privato. Alcontrario, la religione, essendo anche organizzata in strutture visibili, co-me avviene per la Chiesa, va riconosciuta come presenza comunitariapubblica. Questo comporta inoltre che a ogni Confessione religiosa (purch

    non in contrasto con l'ordine morale e non pericolosa per l'ordine pubblico)sia garantito il libero esercizio delle attivit di culto - spirituali, culturali,educative e caritative - della comunit dei credenti. Alla luce di questeconsiderazioni, non certo espressione di laicit, ma sua degenerazione inlaicismo, l'ostilit a ogni forma di rilevanza politica e culturale della reli-gione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istitu-zioni pubbliche. Come pure non segno di sana laicit il rifiuto alla co-munit cristiana, e a coloro che legittimamente la rappresentano, del di-ritto di pronunziarsi sui problemi morali che oggi interpellano la coscienzadi tutti gli esseri umani, in particolare dei legislatori e dei giuristi. Non sitratta, infatti, di indebita ingerenza della Chiesa nell'attivit legislativa,propria ed esclusiva dello Stato, ma dell'affermazione e della difesa deigrandi valori che danno senso alla vita della persona e ne salvaguardanola dignit. Questi valori, prima di essere cristiani, sono umani, tali percida non lasciare indifferente e silenziosa la Chiesa, la quale ha il dovere diproclamare con fermezza la verit sull'uomo e sul suo destino.

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    GLI IDOLI DEI CRISTIANI

    Tutto ci deve oggi far pensare anche noi come cristiani: la nostra fedeabbastanza pura ed aperta, cos che a partire da essa anche i "pagani", le

    persone che oggi sono in ricerca e hanno le loro domande, possano intuirela luce dellunico Dio, associarsi negli atri della fede alla nostra preghierae con il loro domandare diventare forse adoratori pure loro? La consapevo-lezza che lavidit idolatria raggiunge anche il nostro cuore e la nostraprassi di vita? Non lasciamo forse in vari modi entrare gli idoli anche nelmondo della nostra fede? Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo puri-ficare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tuttoci che Gli contrario?

    I NO DELLA CHIESA

    Come si sceglie la vita? Come si fa? Riflettendo, mi venuto in mente chela grande defezione dal Cristianesimo realizzatasi nell'Occidente negli ul-timi cento anni, stata attuata proprio in nome dell'opzione per la vita. stato detto - penso a Nietzsche ma anche a tanti altri - che il Cristianesi-mo una opzione contro la vita. Con la Croce, con tutti i Comandamenti,con tutti i "No" che ci propone, ci chiude la porta della vita. Ma noi, vo-

    gliamo avere la vita, e scegliamo, optiamo, finalmente, per la vita liberan-doci dalla Croce, liberandoci da tutti questi Comandamenti e da tutti que-sti "No". Vogliamo avere la vita in abbondanza, nient'altro che la vita. Quisubito viene in mente la parola del Vangelo di oggi: "Chi vorr salvare lapropria vita, la perder, ma chi perder la propria vita per me, la salver"(Lc 9, 24). Questo il paradosso che dobbiamo innanzitutto tener presentenell'opzione per la vita. Non arrogandoci la vita per noi ma solo dando lavita, non avendola e prendendola, ma dandola, possiamo trovarla. Questo il senso ultimo della Croce: non prendere per s ma dare la vita.

    IL MALE NEL MONDO

    Dio o c' o non c'. Ci sono solo due opzioni. O si riconosce la priorit dellaragione, della Ragione creatrice che sta all'inizio di tutto ed il principiodi tutto - la priorit della ragione anche priorit dellalibert o si sostiene la priorit dell'irrazionale, per cui tutto quanto fun-

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    ziona sulla nostra terra e nella nostra vita sarebbe solooccasionale, marginale, un prodotto irrazionale - la ragione sarebbe unprodotto della irrazionalit. Non si pu ultimamente "provare" l'uno o l'al-tro progetto, ma la grande opzione del Cristianesimo l'opzione per la ra-

    zionalit e per la priorit della ragione. Questa mi sembra un'ottima op-zione, che ci dimostra come dietro a tutto ci sia una grande Intelligenza,alla quale possiamo affidarci. Ma il vero problema contro la fede oggi misembra essere il male nel mondo: ci si chiede come esso sia compatibilecon questa razionalit del Creatore. E qui abbiamo bisogno realmente delDio che si fatto carne e che ci mostra come Egli non sia solo una ragionematematica, ma che questa ragione originaria anche Amore. Se guar-diamo alle grandi opzioni, l'opzione cristiana anche oggi quella pi ra-zionale e quella pi umana. Per questo possiamo elaborare con fiducia

    una filosofia, una visione del mondo che sia basata su questa priorit dellaragione, su questa fiducia che la Ragione creatrice amore, e che questoamore Dio.

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    ALLINIZIO LAMORE DI DIO

    La fonte della gioia cristiana questa certezza di essere amati da Dio,amati personalmente dal nostro Creatore, da Colui che tiene nelle suemani l'universo intero e che ama ciascuno di noi e tutta la grande famigliaumana con un amore appassionato e fedele, un amore pi grande delle no-stre infedelt e peccati, un amore che perdona. Questo amore " talmentegrande da rivolgere Dio contro se stesso", come appare in maniera defini-tiva nel mistero della Croce: "Dio ama tanto l'uomo che, facendosi uomoEgli stesso, lo segue fin nella morte e in questo modo riconcilia giustizia eamore" (Deus caritas est, 10).Questa certezza e questa gioia di essere amati da Dio deve essere resa inqualche modo palpabile e concreta per ciascuno di noi, e soprattutto per legiovani generazioni che stanno entrando nel mondo della fede. In altre pa-role: Ges ha detto di essere la "via" che conduce al Padre, oltre che la"verit" e la "vita" (cfr Gv 14, 5-7). La domanda dunque: come possono inostri ragazzi e i nostri giovani trovare in Lui, praticamente ed esisten-

    zialmente, questa via di salvezza e di gioia? proprio questa la grandemissione per la quale esiste la Chiesa, come famiglia di Dio e compagniadi amici nella quale veniamo inseriti con il Battesimo gi da piccoli bam-bini e nella quale deve crescere la nostra fede e la gioia e la certezza di es-sere amati dal Signore. indispensabile quindi - ed il compito affidatoalle famiglie cristiane, ai sacerdoti, ai catechisti, agli educatori, ai giovanistessi nei confronti dei loro coetanei, alle nostre parrocchie, associazioni emovimenti, finalmente all'intera comunit diocesana - che le nuove gene-razioni possano fare esperienza della Chiesa come di una compagnia di

    amici davvero affidabile, vicina in tutti i momenti e le circostanze della vi-ta, siano esse liete e gratificanti oppure ardue e oscure, una compagniache non ci abbandoner mai nemmeno nella morte, perch porta in s lapromessa dell'eternit. Colui che sa di essere amato a sua volta sollecitato ad amare. Propriocos il Signore, che ci ha amati per primo, ci domanda di mettere a nostravolta al centro della nostra vita l'amore per Lui e per gli uomini che Egliha amato.

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    INCONTRARE IL SIGNORE

    La fede nasce dallincontro personale con Cristo risorto, e diventa slanciodi coraggio e di libert che fa gridare al mondo: Ges risorto e vive per

    sempre. E questa la missione dei discepoli del Signore di ogni epoca e an-che di questo nostro tempo: "Se siete risorti con Cristo esorta san Paolo cercate le cose di lass pensate alle cose di lass, e non a quelle dellaterra" (Col 3,1-2). Questo non vuol dire estraniarsi dagli impegni quoti-diani, disinteressarsi delle realt terrene; significa piuttosto ravvivareogni umana attivit come un respiro soprannaturale, significa farsi gioiosiannunciatori e testimoni della risurrezione di Cristo, vivente in eterno (cfrGv 20,25; Lc 24,33-34).Scoprire la bellezza e la gioia della fede un cammino che ogni nuova ge-

    nerazione deve percorrere in proprio, perch nella fede viene messo in gio-co quanto abbiamo di pi nostro e di pi intimo, il nostro cuore, la nostraintelligenza, la nostra libert, in un rapporto profondamente personalecon il Signore che opera dentro di noi. Ma la fede , altrettanto radical-mente, atto ed atteggiamento comunitario, il "noi crediamo" della Chie-sa. La gioia della fede dunque una gioia che va condivisa: come affermal'apostolo Giovanni, "quello che abbiamo veduto e udito (il Verbo della vi-ta), noi lo annunziamo anche a voi, perch anche voi siate in comunionecon noi... Queste cose vi scriviamo, perch la nostra gioia sia perfetta"

    (1Gv 1, 3-4). Perci educare le nuove generazioni alla fede un compitogrande e fondamentale che coinvolge l'intera comunit cristiana. Cari fra-telli e sorelle, voi toccate con mano come questo compito sia diventato oggiper vari aspetti particolarmente difficile, ma proprio per questo ancorapi importante e quanto mai urgente. possibile individuare infatti duelinee di fondo dell'attuale cultura secolarizzata, tra loro chiaramente in-terdipendenti, che spingono in direzione contraria all'annuncio cristiano enon possono non avere un'incidenza su coloro che stanno maturando ipropri orientamenti e scelte di vita. Una di esse quell'agnosticismo chescaturisce dalla riduzione dell'intelligenza umana a semplice ragione cal-colatrice e funzionale e che tende a soffocare il senso religioso iscritto nelprofondo della nostra natura. L'altra quel processo di relativizzazione edi sradicamento che corrode i legami pi sacri e gli affetti pi degnidell'uomo, col risultato di rendere fragili le persone, precarie e instabili lenostre reciproche relazioni.Proprio in questa situazione tutti noi abbiamo bisogno, e specialmente inostri ragazzi, adolescenti e giovani hanno bisogno, di vivere la fede come

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    gioia, di assaporare quella serenit profonda che nasce dall'incontro con ilSignore.

    NESSUNO CREDE DA SOLO

    "Come arrivare ad una fede viva, ad una fede realmente cattolica, ad unafede concreta, vivace, efficiente?". La fede, in ultima istanza, un dono.Quindi la prima condizione lasciarsi donare qualcosa, non essere auto-sufficienti, non fare tutto da noi, perch non lo possiamo, ma aprirci nellaconsapevolezza che il Signore dona realmente. Mi sembra che questo gestodi apertura sia anche il primo gesto della preghiera: essere aperto allapresenza del Signore e al suo dono. questo anche il primo passo nel rice-

    vere una cosa che noi non facciamo e che non possiamo avere, nell'intentodi farla da noi stessi. Questo gesto di apertura, di preghiera - donami lafede, Signore! - deve essere realizzato con tutto il nostro essere. Noi dob-biamo entrare in questa disponibilit di accettare il dono e di lasciarcipermeare dal dono nel nostro pensiero, nel nostro affetto, nella nostra vo-lont. Qui, mi sembra molto importante sottolineare un punto essenziale:nessuno crede solo da se stesso. Noi crediamo sempre in e con la Chiesa. Ilcredo sempre un atto condiviso, un lasciarsi inserire in una comunionedi cammino, di vita, di parola, di pensiero. Noi non "facciamo" la fede, nel

    senso che anzitutto Dio che la d. Ma, non la "facciamo" anche nel sensoche essa non dev'essere inventata da noi. Dobbiamo lasciarci cadere, percos dire, nella comunione della fede, della Chiesa. Credere un atto cat-tolico in s. partecipazione a questa grande certezza, che presente nelsoggetto vivente della Chiesa. Solo cos possiamo anche capire la SacraScrittura nella diversit di una lettura che si sviluppa per mille anni. una Scrittura, perch elemento, espressione dell'unico soggetto - il Popo-lo di Dio - che nel suo pellegrinaggio sempre lo stesso soggetto. Natu-ralmente, un soggetto che non parla da s, ma un soggetto creato daDio - l'espressione classica "ispirato" -, un soggetto che riceve, poi tradu-ce e comunica questa parola. Questa sinergia molto importante. Sap-piamo che il Corano, secondo la fede islamica, parola verbalmente datada Dio, senza mediazione umana. Il Profeta non c'entra. Egli solo l'hascritta e comunicata. pura parola di Dio. Mentre per noi, Dio entra incomunione con noi, ci fa cooperare, crea questo soggetto e in questo sog-getto cresce e si sviluppa la sua parola. Questa parte umana essenziale,e ci d anche la possibilit di vedere come le singole parole diventano

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    realmente Parola di Dio solo nell'unit di tutta la Scrittura nel soggettovivente del popolo di Dio. Quindi, il primo elemento il dono di Dio; il se-condo la compartecipazione nella fede del popolo pellegrinante, la comu-nicazione nella Santa Chiesa, la quale, da parte sua, riceve il Verbo di

    Dio, che il Corpo di Cristo, animato dalla Parola vivente, dal Logos divi-no. Dobbiamo approfondire, giorno dopo giorno, questa nostra comunionecon la Santa Chiesa e cos con la Parola di Dio. Non sono due cose opposte,cos che io possa dire: sono pi per la Chiesa o sono pi per la Parola diDio. Solo unitamente si nella Chiesa, si fa parte della Chie-sa, si diventa membri della Chiesa, si vive della Parola di Dio, che laforza di vita della Chiesa. E chi vive della Parola di Dio pu viverla soloperch viva e vitale nella Chiesa vivente.

    UNA LUCE NEL BUIO

    Intorno a noi pu esserci il buio e loscurit, e tuttavia vediamo una luce:una piccola fiamma, minuscola, che pi forte del buio apparentementetanto potente ed insuperabile. Cristo, che risorto dai morti, brilla in que-sto mondo, e lo fa nel modo pi chiaro proprio l dove secondo il giudizioumano tutto sembra cupo e privo di speranza. Egli ha vinto la morte Egli vive e la fede in Lui penetra come una piccola luce tutto ci che

    buio e minaccioso. Chi crede in Ges, certamente non vede sempre soltan-to il sole nella vita, quasi che gli possano essere risparmiate sofferenze edifficolt, ma c sempre una luce chiara che gli indica una via, la via checonduce alla vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Gli occhi di chi crede inCristo scorgono anche nella notte pi buia una luce e vedono gi il chiaro-re di un nuovo giorno.La luce non rimane sola. Tuttintorno si accendono altre luci. Sotto i lororaggi si delineano i contorni dellambiente cos che ci si pu orientare. Nonviviamo da soli nel mondo. Proprio nelle cose importanti della vita abbia-mo bisogno di altre persone. Cos, in modo particolare, nella fede non sia-mo soli, siamo anelli della grande catena dei credenti. Nessuno arriva acredere se non sostenuto dalla fede degli altri e, daltra parte, con la miafede contribuisco a confermare gli altri nella loro fede. Ci aiutiamo a vi-cenda ad essere esempi gli uni per gli altri, condividiamo con gli altri ciche nostro, i nostri pensieri, le nostre azioni, il nostro affetto. E ci aiu-tiamo a vicenda ad orientarci, ad individuare il nostro posto nella societ.

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    FEDE E RAGIONE

    I Padri della Chiesa si trovavano confrontati con diverse filosofie di tipoplatonico, nelle quali si presentava una visione completa del mondo e del-

    la vita, includendo la questione di Dio e della religione. Nel confronto conqueste filosofie, loro stessi avevano elaborato una visione completa dellarealt, partendo dalla fede e usando elementi del platonismo, per rispon-dere alle questioni essenziali degli uomini. Questa visione, basata sullarivelazione biblica ed elaborata con un platonismo corretto alla luce dellafede, essi la chiamavano la "filosofia nostra". La parola "filosofia" non eraquindi espressione di un sistema puramente razionale e, come tale, distin-to dalla fede, ma indicava una visione complessiva della realt, costruitanella luce della fede, ma fatta propria e pensata dalla ragione; una visione

    che, certo, andava oltre le capacit proprie della ragione, ma che, come ta-le, era anche soddisfacente per essa.Per san Tommaso l'incontro con la filosofia pre-cristiana di Aristotele(morto circa nel 322 a.C.) apriva una prospettiva nuova. La filosofia ari-stotelica era, ovviamente, una filosofia elaborata senza conoscenzadellAntico e del Nuovo Testamento, una spiegazione del mondo senza ri-velazione, per la sola ragione. E questa razionalit conseguente era con-vincente. Cos la vecchia forma della "filosofia nostra" dei Padri non fun-zionava pi. La relazione tra filosofia e teologia, tra fede e ragione, era da

    ripensare. Esisteva una "filosofia" completa e convincente in se stessa,una razionalit precedente la fede, e poi la teologia, un pensare con lafede e nella fede. La questione pressante era questa: il mondo della razio-nalit, la filosofia pensata senza Cristo, e il mondo della fede sono compa-tibili? Oppure si escludono? Non mancavano elementi che affermavanol'incompatibilit tra i due mondi, ma san Tommaso era fermamente con-vinto della loro compatibilit - anzi che la filosofia elaborata senza cono-scenza di Cristo quasi aspettava la luce di Ges per essere completa.Questa stata la grande sorpresa di san Tommaso, che ha determinatoil suo cammino di pensatore. Mostrare questa indipendenza di filosofia eteologia e, nello stesso tempo, la loro reciproca relazionalit stata lamissione storica del grande maestro. E cos si capisce che, nel XIX secolo,quando si dichiarava fortemente l'incompatibilit tra ragione moderna efede, Papa Leone XIII indic san Tommaso come guida nel dialogo tra l'u-na e l'altra. Nel suo lavoro teologico, san Tommaso suppone e concretizzaquesta relazionalit. La fede consolida, integra e illumina il patrimonio diverit che la ragione umana acquisisce. La fiducia che san Tommaso ac-

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    corda a questi due strumenti della conoscenza la fede e la ragione puessere ricondotta alla convinzione che entrambe provengono dallunicasorgente di ogni verit, il Logos divino, che opera sia nellambito dellacreazione, sia in quello della redenzione.

    Insieme con l'accordo tra ragione e fede, si deve riconoscere, d'altra parte,che esse si avvalgono di procedimenti conoscitivi differenti. La ragione ac-coglie una verit in forza della sua evidenza intrinseca, mediata o imme-diata; la fede, invece, accetta una verit in base allautorit della Parola diDio che si rivela. Scrive san Tommaso al principio della sua Summa Theo-logiae: Duplice lordine delle scienze; alcune procedono da principi cono-sciuti mediante il lume naturale della ragione, come la matematica, lageometria e simili; altre procedono da principi conosciuti mediante unascienza superiore: come la prospettiva procede da principi conosciuti me-

    diante la geometria e la musica da principi conosciuti mediante la mate-matica. E in questo modo la sacra dottrina (cio la teologia) scienza per-ch procede dai principi conosciuti attraverso il lume di una scienza supe-riore, cio la scienza di Dio e dei santi (I, q. 1, a. 2).Questa distinzione assicura lautonomia tanto delle scienze umane, quan-to delle scienze teologiche. Essa per non equivale a separazione, ma im-plica piuttosto una reciproca e vantaggiosa collaborazione. La fede, infatti,protegge la ragione da ogni tentazione di sfiducia nelle proprie capacit, lastimola ad aprirsi a orizzonti sempre pi vasti, tiene viva in essa la ricer-

    ca dei fondamenti e, quando la ragione stessa si applica alla sfera sopran-naturale del rapporto tra Dio e uomo, arricchisce il suo lavoro. Secondosan Tommaso, per esempio, la ragione umana pu senzaltro giungereallaffermazione dellesistenza di un unico Dio, ma solo la fede, che acco-glie la Rivelazione divina, in grado di attingere al mistero dellAmore diDio Uno e Trino.Daltra parte, non soltanto la fede che aiuta la ragione. Anche la ragione,con i suoi mezzi, pu fare qualcosa di importante per la fede, rendendoleun triplice servizio che san Tommaso riassume nel proemio del suo com-mento al De Trinitate di Boezio: Dimostrare i fondamenti della fede;spiegare mediante similitudini le verit della fede; respingere le obiezioniche si sollevano contro la fede (q. 2, a. 2). Tutta la storia della teologia ,in fondo, lesercizio di questo impegno dellintelligenza, che mostralintelligibilit della fede, la sua articolazione e armonia interna, la suaragionevolezza e la sua capacit di promuovere il bene delluomo.

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    LA FORZA CHE PURIFICA LA RAGIONE

    La fede ha la sua specifica natura di incontro con il Dio vivente un in-contro che ci apre nuovi orizzonti molto al di l dell'ambito proprio della

    ragione. Ma al contempo essa una forza purificatrice per la ragione stes-sa. Partendo dalla prospettiva di Dio, la libera dai suoi accecamenti e per-ci l'aiuta ad essere meglio se stessa. La fede permette alla ragione disvolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ci che le proprio. qui che si colloca la dottrina sociale cattolica: essa non vuoleconferire alla Chiesa un potere sullo Stato. Neppure vuole imporre a colo-ro che non condividono la fede prospettive e modi di comportamento cheappartengono a questa. Vuole semplicemente contribuire alla purificazio-ne della ragione e recare il proprio aiuto per far s che ci che giusto pos-

    sa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato.La dottrina sociale della Chiesa argomenta a partire dalla ragione e daldiritto naturale, cio a partire da ci che conforme alla natura di ogniessere umano. E sa che non compito della Chiesa far essa stessa valerepoliticamente questa dottrina: essa vuole servire la formazione della co-scienza nella politica e contribuire affinch cresca la percezione delle vereesigenze della giustizia e, insieme, la disponibilit ad agire in base ad es-se, anche quando ci contrastasse con situazioni di interesse personale.Questo significa che la costruzione di un giusto ordinamento sociale e sta-

    tale, mediante il quale a ciascuno venga dato ci che gli spetta, un com-pito fondamentale che ogni generazione deve nuovamente affrontare.Trattandosi di un compito politico, questo non pu essere incarico imme-diato della Chiesa. Ma siccome allo stesso tempo un compito umanoprimario, la Chiesa ha il dovere di offrire attraverso la purificazione dellaragione e attraverso la formazione etica il suo contributo specifico, affin-ch le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente rea-lizzabili.

    A DIFESA DELLUOMO

    Il Magistero della Chiesa intende offrire il proprio contributo alla forma-zione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti cercano la verite intendono dare ascolto ad argomentazioni che vengono dalla fede ma an-che dalla stessa ragione. La Chiesa, nel proporre valutazioni morali per laricerca biomedica sulla vita umana, attinge infatti alla luce sia della ra-

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    gione che della fede (cfr Istruzione Dignitatis personae, n. 3), in quanto sua convinzione che ci che umano non solamente accolto e rispettatodallafede, ma da essa anche purificato, innalzato e perfezionato (Ibid.,n. 7).

    In questo contesto viene altres data una risposta alla mentalit diffusa,secondo cui la fede presentata come ostacolo alla libert e alla ricercascientifica, perch sarebbe costituita da un insieme di pregiudizi che vizie-rebbero la comprensione oggettiva della realt. Di fronte a tale atteggia-mento, che tende a sostituire la verit con il consenso, fragile e facilmentemanipolabile, la fede cristiana offre invece un contributo veritativo anchenellambito etico-filosofico, non fornendo soluzioni precostituite a problemiconcreti, come la ricerca e la sperimentazione biomedica, ma proponendoprospettive morali affidabili allinterno delle quali la ragione umana pu

    ricercare e trovare valide soluzioni.Vi sono, infatti, determinati contenuti della rivelazione cristiana che get-tano luce sulle problematiche bioetiche: il valore della vita umana, la di-mensione relazionale e sociale della persona, la connessione tra laspettounitivo e quello procreativo della sessualit, la centralit della famigliafondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. Questi contenuti,iscritti nel cuore delluomo, sono comprensibili anche razionalmente comeelementi della legge morale naturale e possono riscuotere accoglienza an-che da coloro che non si riconoscono nella fede cristiana.

    LASCIAR PARLARE LAMORE

    L'amore gratuito; non viene esercitato per raggiungere altri scopi. Maquesto non significa che l'azione caritativa debba, per cos dire, lasciareDio e Cristo da parte. in gioco sempre tutto l'uomo. Spesso propriol'assenza di Dio la radice pi profonda della sofferenza. Chi esercita la ca-rit in nome della Chiesa non cercher mai di imporre agli altri la fededella Chiesa. Egli sa che l'amore nella sua purezza e nella sua gratuit la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e dal quale siamospinti ad amare. Il cristiano sa quando tempo di parlare di Dio e quando giusto tacere di Lui e lasciar parlare solamente l'amore. Egli sa che Dio amore (cfr 1 Gv 4, 8) e si rende presente proprio nei momenti in cuinient'altro viene fatto fuorch amare.

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    LA FEDE DONO

    Vorrei, a questo punto, delineare un percorso che aiuti a comprendere inmodo pi profondo non solo i contenuti della fede, ma insieme a questi an-

    che latto con cui decidiamo di affidarci totalmente a Dio, in piena libert.Esiste, infatti, ununit profonda tra latto con cui si crede e i contenuti acui diamo il nostro assenso. Lapostolo Paolo permette di entrareallinterno di questa realt quando scrive: Con il cuore si crede e conla bocca si fa la professione di fede (Rm 10,10). Il cuore indica che il pri-mo atto con cui si viene alla fede dono di Dio e azione della grazia cheagisce e trasforma la persona fin nel suo intimo.Lesempio di Lidia quanto mai eloquente in proposito. Racconta san Lu-ca che Paolo, mentre si trovava a Filippi, and di sabato per annunciare il

    Vangelo ad alcune donne; tra esse vi era Lidia e il Signore le apr il cuoreper aderire alle parole di Paolo (At 16,14). Il senso racchiusonellespressione importante. San Luca insegna che la conoscenza deicontenuti da credere non sufficiente se poi il cuore, autentico sacrariodella persona, non aperto dalla grazia che consente di avere occhi perguardare in profondit e comprendere che quanto stato annunciato laParola di Dio.Professare con la bocca, a sua volta, indica che la fede implica una testi-monianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non pu mai pensare che

    credere sia un fatto privato. La fede decidere di stare con il Signore pervivere con Lui. E questo stare con Lui introduce alla comprensione delleragioni per cui si crede. La fede, proprio perch atto della libert, esigeanche la responsabilit sociale di ci che si crede. La Chiesa nel giorno diPentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del cre-dere e dellannunciare senza timore la propria fede ad ogni persona. ildono dello Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra te-stimonianza, rendendola franca e coraggiosa.La stessa professione della fede un atto personale ed insieme comunita-rio. E la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Co-munit cristiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace dellingressonel popolo dei credenti per ottenere la salvezza. Come attesta il Catechi-smo della Chiesa Cattolica: Io credo; la fede della Chiesa professatapersonalmente da ogni credente, soprattutto al momento del Battesimo.Noi crediamo la fede della Chiesa confessata dai Vescovi riuniti inConcilio, o pi generalmente, dallassemblea liturgica dei fedeli. Io cre-

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    do: anche la Chiesa nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede eche ci insegna a dire Io credo, Noi crediamo (n. 167).Come si pu osservare, la conoscenza dei contenuti di fede essenziale perdare il proprio assenso, cio per aderire pienamente con lintelligenza e la

    volont a quanto viene proposto dalla Chiesa. La conoscenza della fede in-troduce alla totalit del mistero salvifico rivelato da Dio. Lassenso cheviene prestato implica quindi che, quando si crede, si accetta liberamentetutto il mistero della fede, perch garante della sua verit Dio stesso chesi rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore.Daltra parte, non possiamo dimenticare che nel nostro contesto culturaletante persone, pur non riconoscendo in s il dono della fede, sono comun-que in una sincera ricerca del senso ultimo e della verit definitiva sullaloro esistenza e sul mondo. Questa ricerca un autentico preambolo alla

    fede, perch muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio.La stessa ragione delluomo, infatti, porta insita lesigenza di ci che valee permane sempre. Tale esigenza costituisce un invito permanente, in-scritto indelebilmente nel cuore umano, a mettersi in cammino per trova-re Colui che non cercheremmo se non ci fosse gi venuto incontro. Proprioa questo incontro la fede ci invita e ci apre in pienezza.