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Sesso sì, amore no?

Diamanti che scottano

Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: First Time Lucky?

Say It with Diamonds Harlequin Mills & Boon Modern Heat

Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2012 Natalie Anderson

© 2012 Lucy King Traduzione di Gil Bancor

Traduzione di Lucia Panelli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Collezione Sensual

settembre 2012

Questo volume è stato stampato nell'agosto 2012 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

HARMONY COLLEZIONE SENSUAL

ISSN 1970 - 0377 Periodico mensile n. 68 dello 06/09/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 619 dello 09/10/2006

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

Sesso sì, amore no?

Pagina 5

Pagina 161

Diamanti che scottano

Sesso sì, amore no? NATALIE ANDERSON

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Il dottor Gabe Hollingsworth guardò con disapprovazione l'a-desivo sul paraurti dell'auto davanti alla sua. La sagoma color argento gli ricordava che l'indomani sarebbe stato giorno di provini. Metà della sua squadra avrebbe presenziato per verifi-care di persona i possibili nuovi acquisti del gruppo di bellezze provocanti con i pompon. Se per i giocatori le ballerine erano carne fresca, Gabe invece considerava le donne cacciatrici an-ziché prede, con i loro occhi luminosi, le pose invitanti e la lau-rea in seduzione. Anche se ufficialmente sostenevano la società di rugby più importante del paese, in realtà avevano messo fuo-ri gioco più di un uomo. Lui compreso. Quindi l'indomani si sa-rebbe tenuto a chilometri di distanza dallo stadio durante le au-dizioni. Svoltò a sinistra mentre l'auto con l'adesivo argento prose-guiva dritta fino a scomparire. Sollevato, lanciò come d'abitudi-ne un'occhiata alla casa sul limitare del parco. Vide subito il cartello con la scritta Affittasi e un numero di cellulare scara-bocchiato sopra. Quando era passato quella mattina non c'era. Accostò e si portò una mano alla tasca, poi la tirò fuori senza prendere il cellulare. Era proprio lì fuori, che male c'era a pre-sentarsi alla porta per chiedere qualche informazione di perso-na? Sempre che fosse riuscito a trovarla, la porta. Alla fine del vialetto c'era un garage scalcinato, mentre una

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selva incolta circondava il resto del perimetro anteriore. Gabe costeggiò una sorta di siepe spinosa alta due metri, un intrico di alberi il cui fitto fogliame sempreverde impediva la visuale, e sbirciò dietro il cartello sistemato in modo precario davanti alla cassetta della posta arrugginita. Scorse quello che sembrava uno stretto sentiero in mezzo ai rami e si incamminò. I ramoscelli nodosi gli graffiarono le braccia nude e lui fece una smorfia di dolore. Più si addentrava, più rifletteva che pro-babilmente la proprietà era un rudere abbandonato al centro di qualche disputa urbanistica fra ecologisti che volevano inglo-barlo nel parco e magnati dell'edilizia che si accanivano per de-molirlo e costruirci qualche palazzone di appartamenti o uffici. Eppure quella fortificazione impervia e verdeggiante lo incu-riosiva ed era affascinato dall'idea di possedere un rifugio in centro città, considerato l'incubo in perfetto stile Attrazione fa-tale che era diventata la sua ultima avventura amorosa. Non c'era proprio speranza che qualche ex fidanzata fuori di sé ten-tasse un'incursione in quella casa: un tipo delicato come Diana non avrebbe mai messo a repentaglio pelle e unghie per arrivar-ci. Che cavolo, quasi quasi non ci riusciva nemmeno lui! Sempre più determinato a scoprire cosa nascondesse quella giungla e incurante degli abiti che si laceravano, spezzò rami e calpestò con forza quel terreno accidentato finché non si ritrovò all'aperto, battendo le palpebre al chiarore improvviso della se-rata estiva. Si fermò e rimase a guardare, dimenticando la pelle marto-riata dai graffi. Non era affatto un rudere abbandonato. Le rimaneva soltanto il bagno al piano di sotto e poi la casa sarebbe stata pulita, vuota e pronta per essere occupata. Roxie prese il disinfettante dall'odore pestilenziale e raddrizzò le spal-le doloranti. Era decisa a finire in serata, perché la parte ottimi-sta di lei sperava che l'indomani qualcuno avrebbe chiamato per affittare la casa. Aprì il rubinetto dell'acqua calda ed entrò

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nel box doccia. Non aveva importanza se si bagnava. Non ap-pena avesse finito lì, sarebbe tornata nel suo monolocale, si sa-rebbe fatta una doccia come si deve e poi si sarebbe infilata a letto. Si chinò per arrivare agli angoli, puntando davanti a sé il getto dell'acqua, e strofinò le pareti con gesti energici. Aveva passato gran parte della giornata a pulire e a provare le coreo-grafie nei momenti di pausa per evitare di pensare a quanto fos-se diversa la casa senza mobili. Non sarebbe stata mai più la stessa, pur rimanendo sempre casa sua... il suo cuore. Non le restava altro, ormai. Sbuffò e ci diede dentro con lo spray per allontanare quei pensieri malinconici. La doccia non era affatto sporca, nessuno la usava da mesi, però lei la voleva immacolata perché i futuri inquilini si sentissero obbligati a mantenerla in quello stato. Per quanto non ambisse ad averli intorno, ne aveva bisogno. Le servivano i soldi per andare finalmente avanti con la sua vita. Gli occhi le bruciavano mentre strofinava, ma non per via delle lacrime... quelle si erano consumate da tempo. No, erano le esalazioni acri di quel potente detersivo a incendiarle i sensi, e non nel senso buono del termine. Passò la spugna trattenendo il fiato, eppure l'acidità riuscì a stordirla. Scosse la testa per ri-prendersi dall'intontimento e afferrò il doccino per risciacquare alla svelta la schiuma, ma i vapori aumentarono fino a travol-gerla. Oltre a non vederci quasi più, tra la schiuma, il vapore e il fetore, non ci sentiva neanche bene, dato che al di sopra dello scroscio dell'acqua credette di udire qualcuno che la chiamava. Ma lì ormai non c'era più nessuno. Ancora in apnea, uscì barcollante dal box, senza curarsi di chiudere i rubinetti tanto era impellente il desiderio di arrivare alla finestra. «Tutto bene?» Roxie saltò su, inspirò un'ultima boccata di vapori chimici e poi cacciò un urlo indemoniato. Come metodo per frenare la nausea non esisteva niente di più efficace. Una potente botta di

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adrenalina le entrò in circolo, riattivando il cervello e i muscoli, ma purtroppo non la vista. Che stupida era stata ad aver lasciato la bottiglia di detersivo nella doccia, avrebbe potuto usarlo a mo' di spray al peperoncino. Invece eccola lì mezza cieca e con uno sconosciuto nella stanza. «Ehi!» gridò l'uomo, sovrastando i suoi strilli. «Calmati. Non sono venuto per farti del male.» Roxie tacque e anche il rumore dell'acqua corrente cessò. Cercò di aguzzare lo sguardo, ma si ritrovò costretta a serrare gli occhi per il dolore. «Chi sei?» chiese con voce roca, la gola bruciante per gli urli selvaggi. «Cos'hai negli occhi?» La domanda pacata, rivolta con voce fredda e autoritaria, eb-be un leggero effetto calmante sui sensi atterriti di Roxanna. «Credo sia il detersivo che si è mescolato al vapore» ansimò. «È un miracolo che tu non abbia perso i sensi. Vieni.» Le af-ferrò il braccio con decisione e le fece fare un paio di passi. «Siediti.» L'accompagnò nei movimenti finché non si acco-modò sul bordo della vasca. Lei batté le palpebre più volte con una voglia disperata di ri-prendersi. Udì l'acqua scorrere nel lavandino e sentì un venti-cello leggero quando si aprì la finestra, ma il bruciore agli oc-chi non passava. In preda al tormento dell'intossicazione, intra-vide soltanto una figura alta e troppo vicina. «Chi sei?» «Mi chiamo Gabe Hollingsworth. Ho visto il cartello e sono entrato subito» le rispose con quella sua voce calma, anche se adesso sembrava stesse sorridendo. «Scusami, non volevo spa-ventarti.» Nessuno entrava subito. La siepe era lì apposta. Per la mag-gior parte della gente quel posto era un prolungamento del par-co, la casa dismessa del giardiniere o roba simile. Lei entrava dal garage, che però era chiuso a chiave. Doveva credere a quell'uomo? Aveva scavalcato il recinto per rubare, oppure a-veva intenzioni ben peggiori? Ma se era un serial killer o uno

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stupratore, si sarebbe fermato ad aiutarla, anziché approfittare di lei? «Hai gli occhi irritati.» Sembrava davvero preoccupato. E sì, anche divertito. «Ma non mi dire!» Non riusciva a tenerli aperti tanto le bru-ciavano. Si aggrappò al bordo della vasca con le dita fredde e ordinò al resto del corpo di calmarsi. Quel Gabe non sembrava un serial killer. Non che lei ne sapesse molto di serial killer, ma sperò che quell'accenno di humour fosse un buon segno. «Dobbiamo lavarli.» Noi non dobbiamo fare proprio un bel niente! «Sto bene. Tra un minuto passerà.» «Dobbiamo sciacquarli. Non preoccuparti, sono un medico.» Lei rispose con una mezza sbuffata. Magari non era un serial killer, però Roxie aveva dei dubbi sulle sue qualità oculistiche. «No, davvero.» Lui le aveva letto nel pensiero. «Mettiti que-sta sugli occhi per un secondo.» Le avvicinò al viso una pezza bagnata e Roxie alzò la mano per sistemarsela. In effetti, fu costretta ad ammettere, calmò il dolore. Sentì l'acqua scorrere di nuovo dai rubinetti. «Levala.» Come se non la ritenesse capace di seguire le i-struzioni, avvicinò una mano calda e ferma. Le tolse la pezza e le inclinò il viso prima da un lato e poi dall'altro, irrorando deli-catamente ogni occhio con l'acqua pulita. «Cerca di tenerli a-perti» mormorò. «Aiuta.» La sua voce le solleticava l'orecchio, quindi i loro visi si sfioravano. Roxanna avvertì un tuffo al cuore. Non si ritrovava così vicina a un uomo da quasi un anno e l'ultima volta che era successo la parte del dottore era toccata a lei. Ma questo andava ben oltre. Questo andava... «Meglio?» chiese Gabe con un altro sussurro fin troppo rav-vicinato. Quando lei soffocò un fremito, le venne la pelle d'oca. Non che avesse freddo, anzi, tutt'a un tratto si sentiva bruciare. E

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tutt'a un tratto si ricordò che addosso aveva soltanto un paio di shorts in lycra, per di più logori, e una canotta. Niente reggise-no. Nel frattempo l'acqua le colava sul viso e giù verso il petto. «Mi sto bagnando.» Si ritrasse, spinta dal desiderio di coprirsi. «Non più di quanto tu non fossi già» rispose lui con tono più vivace questa volta. «Adesso ce la faccio.» Liberò il viso dalla sua presa. «Gra-zie.» Gli occhi le bruciavano davvero di meno e li spalancò per guardare l'uomo chino davanti a sé. Batté più volte le palpebre. Era stata un'allucinazione? No, aveva sentito il suo tocco, ave-va udito le sue parole e adesso, a mano a mano che riacquistava la vista, iniziava a scorgerlo in tutta la sua altezza. Tutto un altro effetto! Abbronzato, spalle larghe, incredibile. Almeno un metro e ottantacinque, capelli scuri e occhi ancora più scuri che fissavano i suoi con un'intensità fastidiosa. In un secondo momento Roxie notò i blue jeans, la maglietta rossa e le scarpe da ginnastica. Gli abiti casual mettevano in risalto il fisico atletico, l'abbronzatura e l'indubbio vigore e lei fu con-tenta di essere seduta, vista l'improvvisa debolezza delle ginoc-chia causata da una penosa reazione ormonale. Le foglie che lui aveva fra i capelli a mo' di ornamento stavano a indicare che era davvero entrato attraversando la siepe. Ma gli occhi la te-nevano in ostaggio, neri come l'ebano, profondissimi. «Grazie» gli disse con voce roca per rompere il pesante si-lenzio. Poi deglutì. «Cosa posso fare per te?» Lui posò accanto al lavandino il bicchiere appena usato e in-dietreggiò di qualche passo, ficcandosi le mani nelle tasche dei jeans. «Ho visto il cartello Affittasi.» «È stato messo questo pomeriggio.» Roxie si alzò, cercando di creare una situazione di parità. Peccato che lui fosse alto e lei no. Che fosse vestito e lei no. Che fosse uno schianto e lei decisamente no. «Lo so.»

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«Vuoi affittare questo posto?» Non aveva l'aria del tipo che affitta, piuttosto del tipo che compra. E parecchio anche. Lavo-rando nel settore della vendita al dettaglio – per quanto il suo fosse un negozietto di articoli da regalo per vecchie signore – Roxie sapeva riconoscere i capi alla moda e sapeva distinguere ciò che valeva un occhio della testa da ciò che costava poco. Sapeva quindi che l'orologio da polso di quell'uomo costava un sacco, come anche le sue scarpe, mentre il prezzo della T-shirt era gonfiato di almeno dieci volte rispetto a quello reale soltan-to per l'etichetta. Quel tizio aveva decisamente avuto tutto dalla vita. «Voglio comprarlo» precisò lui, brusco. Eccolo, il possidente. «Non è in vendita» rispose lei altret-tanto brusca. Gabe sostenne il suo sguardo per un istante, poi lo abbassò verso la piccola pozza d'acqua sul pavimento. «Dov'è il pro-prietario?» Roxie cominciò a stizzirsi. «Ce l'hai davanti.» Le sue ciglia troppo lunghe schizzarono all'insù e gli occhi scuri e profondi la studiarono di nuovo, spalancati per la sor-presa. «Non mi credi?» «Be', non sembri...» Scosse la testa. «Non importa.» Sapeva quello che stava per dire: la considerava troppo gio-vane per possedere una casa. Quanti anni le dava? Chiaramente non più di quelli che poteva avere una studentella. L'aveva pre-sa per la donna delle pulizie? Fantastico. Peccato che, invece, avesse ventidue anni e che negli ultimi cinque si fosse occupata di quella casa quasi senza aiuti. Non aveva intenzione di fare l'offesa, per quanto le deduzioni di quell'uomo l'avessero infa-stidita, però sotto sotto le bruciava che quell'esemplare maschio di razza purissima non la vedesse come un'adulta capace o an-che solo come una donna. L'ingiustizia della situazione la irritò. Quella era casa sua e

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quel tizio stava lì a dettare legge nel suo bagno dopo averla sal-vata da un episodio mortificante. Lei, però, non aveva affatto bisogno di essere salvata. Se la cavava sempre. E non era forse un classico che, l'unica volta nella vita in cui le capitava davan-ti un uomo da urlo, fosse conciata peggio di Cenerentola? Ah, se almeno avesse avuto le scarpe addosso per poterlo guardare dritto negli occhi. Scarpe di tendenza, naturalmente, con un bel tacco dodici. Invece doveva allungare il collo per incontrare quello sguardo concentrato ma tristemente imperturbabile. Decise di evitarlo e si diresse in soggiorno con l'andatura più disinvolta possibile, anche se non era per niente facile con il cuore che martellava ancora più forte di quando quel tizio l'a-veva spaventata qualche minuto prima. «La casa non sarà mai in vendita» precisò con tono garbato ma allo stesso tempo deci-so. «Mi spiace che ti sia disturbato per niente.» «Non per niente.» La seguì. «Questo posto mi ha sempre in-curiosito. Se non ti secca, mi piacerebbe molto dare un'occhiata in giro.» Non poteva mica dire di no dopo che lui l'aveva aiutata, ben-ché si fosse trattato di una prestazione medica fugace e disinte-ressata. Annuì e tese le mani. «È conosciuta come la casa del-l'albero. Il motivo mi pare ovvio.» Gabe raggiunse il centro della grande stanza, gli occhi che la esaminavano con approvazione. «Lo è eccome» mormorò. «Perché l'affitti?» le chiese, avvicinandosi per esaminare i det-tagli intagliati della cornice di un quadro. «Mi servono i soldi» rispose con sincerità. «Ti prenderesti una vagonata di soldi, se la vendessi.» «Non la venderò mai. E pazienza se non riuscirò a trovare un inquilino» mentì. Quegli occhi scuri la squadrarono di nuovo per un istante, poi l'attenzione tornò sulle peculiarità della stanza. «È origina-le.» Già. Non era la tipica costruzione moderna e non era affatto

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grande. Ma era certo degna del nome che portava. In un ango-lo, una quercia vetusta e massiccia spuntava dal pavimento, sia come struttura portante, sia come elemento di arredo. Il sole en-trava dai lucernari posizionati ad arte e le finestre sembravano incorniciare l'incantevole paesaggio offerto dal parco. La casa era tutta di legno levigato e lavorato a mano. Era stata costruita con l'amore, il sangue e il sudore dei nonni di Roxie, che ave-vano dedicato a lei lo stesso amore, la stessa energia e le stesse attenzioni. Finché la malattia non aveva capovolto la situazione e Roxie era diventata la badante loro e della casa. Non avrebbe mai abbandonato quel posto, però adesso doveva lanciarsi in qualche nuova avventura, altrimenti si sarebbe fossilizzata lì per sempre senza andare avanti. Era arrivato il momento di vo-lare via, ma si sarebbe tenuta il nido dove fare ritorno. «Piace quasi a tutti.» Almeno alle poche persone che l'aveva-no vista negli ultimi anni. «Mio nonno diceva sempre che nien-te può eguagliare la bellezza naturale.» Lo sguardo scuro di lui si posò su Roxie per un altro istante. «Aveva ragione.» Lei ricambiò l'occhiata. Un fremito non meglio identificato le corse lungo la schiena. Si riferiva alla casa, giusto? Si era voltato, quindi non era possibile leggergli negli occhi, che comunque erano impenetrabili. «Per quanto tempo cerchi un inquilino?» «Sei mesi, tanto per cominciare, anche se l'ideale sarebbe un anno.» Quelle erano le sue intenzioni, benché in verità si sareb-be accontentata di ciò che capitava. Lui si diresse verso l'angolo opposto, dove quella meraviglia di albero nodoso cresceva letteralmente dal pavimento, ma l'at-tenzione di Roxie venne attratta dal fisico dell'ospite inatteso. La visione posteriore era quasi interessante quanto quella ante-riore, la forma a V delle ampie spalle e dei fianchi snelli dava un'ulteriore conferma dell'impressione iniziale di forza. Deglutì a fatica mentre avvampava per il caldo. Era proprio giunto il

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momento di levare le tende ed esplorare un po' il mondo, un po' di uomini di mondo. Visto l'effetto che le faceva il primo in cui si imbatteva dopo secoli, era chiaro che aveva aspettato fin troppo. Appoggiò un palmo sul tronco, le dita che accarezzavano la corteccia, e ripensò alla sensazione di quel palmo sul viso. A-desso aveva le guance in fiamme. Lui si voltò di scatto. «La prendo per un anno.» Lei strabuzzò gli occhi, dimenticando per un istante quanto l'uomo fosse sexy. «Non sai neanche quant'è l'affitto.» «Non importa. E, se mai decidessi di venderla, voglio avere il diritto di prelazione.» Non aveva neanche visto il resto della casa, ma a volte essa esercitava una sorta di effetto magico sulle persone. Per lei era un tranquillo santuario, certo, non con lui dentro... Quell'uomo era portatore di una carica elettrica che la innervosiva. Però a-veva bisogno di un inquilino e, se il dottore era serio riguardo all'affitto di un anno, in tal caso doveva superare quel nervosi-smo. «Ci sono un paio di cosette che non sai.» Se non altro le sembrava corretto avvisarlo, anche se adesso il cuore pompava con più forza alla prospettiva che lui avrebbe risolto i suoi pro-blemi finanziari. «Condizioni?» Roxie annuì. «Non puoi avere accesso al garage, né all'ap-partamentino sopra il garage.» Lui la guardò perplesso. «Ci vive qualcuno?» Roxie abbassò la testa. L'espressione di Gabe si irrigidì. «Finché resto in città, vivrò lì» si affrettò a spiegare. Viste e considerate le sue stramberie, avrebbe mantenuto le debite di-stanze. Peccato che quella spiegazione non lo tranquillizzò. Anzi, lo agitò ancor di più. «Di solito non ti fermi in città?» le chiese.

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«Vado all'estero.» «Quando?» «Presto.» Non appena avesse trovato i soldi. Roxie decise di glissare sul fatto che le ci sarebbe voluto qualche mese per raci-molare abbastanza. «Devo sbrigare alcune faccende prima di partire» concluse evasiva. Lui annuì. Finalmente. «Okay.» Tutt'a un tratto il panico l'attanagliò. Vedere uno sconosciuto vivere lì si preannunciava una cosa difficile da sopportare, ma non sarebbe stato per sempre e così almeno la casa sarebbe ri-masta sua. Era l'unico modo. Tirò un bel respiro prima di proseguire. «La manutenzione del giardino è a carico della proprietà.» Era un extra, giusto? Tuttavia notò il suo sorriso incredulo. «Non hai visto il giardi-no» puntualizzò sulla difensiva. Gabe aprì le braccia e guardò in basso. «Ho addosso mezza siepe!» Lei guardò con disapprovazione le foglie impigliate fra i ca-pelli. «Spero che tu non me l'abbia rovinata.» «Sei seria quando dici che se ne occupa un giardiniere?» Sì, la stava prendendo in giro. E che le venisse un colpo, il suo sorriso adesso era supersexy. «Serissima» rispose. «Ha bi-sogno di un sacco di cure.» «Ha bisogno di una motosega.» «La siepe resta, così com'è. E non è una condizione negozia-bile.» Gabe tornò verso di lei, il sorriso che gli curvava ancora di più le labbra fin troppo sensuali e che riuscivano a distrarla con facilità. «Come faccio a entrare in casa senza passare dal giar-dino o dal garage?» «C'è un cancello segreto sul lato del parco.» «Un cancello segreto?» ridacchiò lui, emettendo un suono caldo e contagioso. La sorpresa e la sensualità della sua risata la fecero quasi

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ammutolire e Roxie dovette serrare la mascella per evitare che si aprisse e rivelasse quanto sbavava per lui. Girò su se stessa per non vederlo più, per poter pensare. «Gran parte del fascino di questa casa sta proprio nell'intimità che può offrire. Non è quello che ti attira?» Seguì un breve silenzio. «Sei astuta.» Questa volta la voce non era divertita. «D'accordo, le tue condizioni non sono un problema. Continuo a volerla affittare per un anno.» Roxie si sentiva più rintronata di quando aveva inalato per sbaglio il potente detersivo nella doccia. «Mi serviranno refe-renze.» «Certo. Che ne dici se adesso ti lascio un anticipo in contanti per fermarla e poi domani i nostri avvocati si occuperanno del contratto? Ce l'hai un avvocato, vero?» «Naturalmente. Il suo numero è fuori, sul cartello. Le chie-derò di mettere per iscritto le condizioni.» Gabe annuì e tornò all'albero, sforzandosi di tenere lo sguar-do alto e distante. La canotta bianca di Miss Affittacamere era diventata trasparente con gli schizzi d'acqua. Se non l'avesse a-vuta, sarebbe stato uguale. Lei, però, sembrava non essersene accorta e lui non voleva certo dirglielo, né voleva starci a pen-sare un secondo di più di quanto non avesse già fatto. No, non voleva soffermarsi sulle sue curve generose e rimproverò se stesso. Accidenti, doveva avere al massimo diciassette anni! Sembrava appena tornata a casa da scuola. E lui non si lasciava concupire da passioni al limite della legalità. Era una bambina! Altro che bambina. Il suo era il corpo più delicato e femmi-nile che avesse mai visto: gambe lunghe, spalle ben proporzio-nate, vita snella, viso dai lineamenti dolci, pelle liscia e lumino-sa, labbra piene e sensuali... Poi aveva aperto gli occhi, pugna-landolo dritto allo stomaco. Erano di un azzurro pazzesco. Si era illuso che la loro radiosità innaturale fosse dovuta al deter-sivo, che gli agenti chimici avessero sortito una specie di effet-to collaterale in grado di accentuare l'intensità del colore. Come

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no! Erano semplicemente da infarto. E adesso quei meraviglio-si occhi cerchiati di rosso erano sbarrati. Già, Gabe avrebbe dovuto essere cieco per non vedere come lo guardava. Era abituato a quel tipo di sguardo e di solito la cosa non lo turbava, soltanto che in quel momento lui stava fa-cendo di tutto per non ricambiarlo. Era uno sguardo sorpreso, quasi sbalordito, che nasceva dall'apprezzamento fisico e dal desiderio inatteso. Forse aveva inalato anche lui qualche vapore tossico, perché non si riconosceva in quei pensieri. Gli shorts che Roxie indos-sava erano vecchi e lisi e non certo adatti a tutte le stagioni. I capelli castani inzaccherati e stretti in una coda di cavallo dava-no risalto al look da scolaretta. E quella cavolo di canotta bian-ca leggera era diventata trasparente. Gli costava uno sforzo tita-nico non pensare ai boccioli eretti protesi verso di lui, ma alla fine non aveva perso il controllo di sé tanto da eccitarsi per un paio di capezzoli appena visibili, né per l'immagine delle pro-prie mani che si impossessavano di quelle colline o di lui che si chinava a baciarne le estremità turgide premendo il viso contro le morbide curve circostanti. Okay, aveva perso eccome il controllo e la sua fantasia ribel-le stava peggiorando la situazione. Era passato troppo, troppo tempo dall'ultima volta che aveva fatto l'amore. Per un periodo troppo lungo aveva seguito la noia della retta via e adesso il suo cuore martellava all'impazzata, rimbombandogli nelle orecchie. L'ultima cosa che si era aspettato di trovare oltre quell'orrenda siepe era una casa fiabesca dal punto di vista architettonico con dentro una principessa incredibilmente bella stile Biancaneve o Bella Addormentata. Gabe non poté evitare di chiedersi dove fossero i nanetti, le bestie feroci o le streghe cattive... Accidenti, doveva reagire! Era soltanto la frustrazione che gli offuscava l'intelletto. Correre dietro a una donna simile, del-la stessa età di Diana – se non addirittura più giovane – era una follia. Avrebbe voluto da lui più di quanto potesse offrirle, oltre

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a essere emotivamente immatura, una sognatrice con la fissa del vissero per sempre felici e contenti a cui lui non avrebbe mai e poi mai ceduto. Ed era stato proprio quando l'argomento lieto fine era saltato fuori per l'ennesima volta che la strega che era in Diana era uscita allo scoperto. Irruente e bisognosa d'af-fetto, un caso al limite dell'internamento psichiatrico. Bastò il pensiero di quel disastro a raffreddargli i bollenti spiriti. O quasi. Grazie al cielo, la trovatella triste che aveva davanti sarebbe partita per altri lidi. Soltanto con quella certezza Gabe avrebbe potuto prendere in affitto la casa. Senza dubbio dal viaggio lei sarebbe tornata più matura e raffinata, una donna, e se la sorte voleva che le loro strade tornassero a incrociarsi, allora ci a-vrebbe provato. Fra cinque anni, tipo. Per il momento si sareb-be limitato a rendere proprio quel nascondiglio e vi si sarebbe nascosto fin da subito. Di lì a un paio di settimane la squadra a-vrebbe giocato a Sydney e allora lui avrebbe battuto i locali notturni per darsi a bagordi vietati ai minori. Dopo gli sforzi che aveva fatto per ottenere la propria indipendenza, non avreb-be permesso a nessuna donna di ostacolare la propria libertà. Quindi fra lui e Miss Affittacamere non c'era storia. Tornò ad affrontarla e stabilì un prezzo che riteneva più o meno adeguato al posto. «In realtà, avevo mente qualcosina di più. Il mio avvocato ti spedirà i dettagli per la domiciliazione.» E così la Bella Addormentata non era poi tanto addormenta-ta. Buon per lei che conosceva l'elevato valore della sua pro-prietà. E buon per lui che poteva permetterselo. Tirò fuori il portafogli e ne estrasse abbastanza contanti da coprire i primi due mesi di affitto. Lei li prese con mano ferma e quegli oc-chioni sgranati. «Non credi che sarebbe carino dirmi come ti chiami?» le chiese mentre cercava di celare il desiderio che lo divorava.

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«Roxanna Jones» rispose, sfrontata e a testa alta. «È stato un piacere fare affari con te, Roxanna.» Ma non al-trettanto pensare a lei. «Quando volevi trasferirti?» La ragazza strinse forte la maz-zetta di banconote che lui le stava porgendo per evitare di sfio-rarlo e dare sfogo all'insana curiosità delle proprie dita. Da quando le pizzicavano in quel modo? «Domani.» Lei spalancò la bocca. «Sei senza casa?» «No, ma avevi ragione: mi piace l'intimità di questo posto.» «Lo so.» Roxie sorrise, improvvisamente elettrizzata per il suo futuro. Gabe si voltò con un brusco cenno della testa. «Sarà meglio che vada.» «Non vuoi vedere il resto della casa?» «Domani.» «Okay. Appena saranno sistemate le questioni legali, prov-vederò a farti entrare dal garage, così potrai portare dentro la tua roba.» «Davvero gentile» rispose Gabe con voce carica di ironia. Lei cercò di placare i battiti impazziti del proprio cuore pen-sando a qualcosa di sensato. Adesso quel tizio era il suo inquili-no, quindi meglio raffreddare i bollori e non mandare tutto al-l'aria. Presto sarebbe stata libera di andarsene all'estero e cono-scere ragazzi ancora più sexy, anche se dubitava che in tutto il pianeta esistessero esemplari più sexy di quello. «Vuoi passare dal cancello, o attraversi di nuovo la siepe?» Gabe non aveva visto il retro della casa né del giardino e Roxie desiderava essere presente per leggergli in faccia la sorpresa. «Attraverso la siepe, così cerco di rimetterti a posto qualche ramo.» «Sicuro?» Era delusa. Sperava tanto in un momento di grati-ficazione, visto che sarebbe stato l'unico insieme a lui. «La siepe è il tuo sistema di sicurezza, vero?»

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D'accordo, era tanto furbo quanto bello. «Credo di sì.» «In tal caso coprirò le tracce lasciate sul grande sentiero. Non sia mai che a qualcun altro venga voglia di farti una visiti-na e spaventarti.» «Meno male che non mi sono spogliata per pulire la doccia, altrimenti ti saresti spaventato tu.» Le scappò una risatina acuta e imbarazzata che era già di per sé imbarazzante. Con sua sorpresa, il fugace sorriso di Gabe parve altrettanto imbarazzato e lui si allontanò alla svelta riprendendo la strada verso la siepe spinosa. Che figuraccia. Roxie scosse la testa per la propria goffaggi-ne e tornò in bagno a risciacquare quel che restava del detersi-vo. Lanciò un'occhiata allo specchio e... Oddio santissimo! Gli occhi lucidi e cerchiati di rosso erano già abbastanza mostruosi, ma la canotta che era diventata trasparente con l'acqua era a dir poco raccapricciante. L'effetto era ben più sconcio della com-pleta nudità, eppure Gabe il bello non aveva neanche battuto ciglio! E lei aveva interpretato la sua insistenza nel guardarla dritto in faccia come un atto di cortesia, o una dimostrazione di totale disinteresse, viste le sue misure non proprio da pin-up. Certo, come no. Fantastico. Un uomo da infarto incrociava per la prima volta la sua strada e lei non era neanche stata capace di indurlo a dare una seconda occhiata al suo seno quasi nudo. Si chiese cosa ci volesse per suscitare interesse in un tipo come lui. Sciolse l'orribile coda di cavallo e sospirò davanti a quella massa arruffata di capelli. Non c'era da stupirsi se Gabe non a-veva battuto ciglio. Si passò le dita fra la chioma per ravviarla, mentre si immaginava taglio e colore nuovi, poi si guardò il se-no e mentalmente si allacciò un push-up con effetto una taglia in più. Era ora di mettersi in ghingheri. La cosa più ragionevole da fare era senza dubbio depositare quel gruzzolo in banca l'in-domani stesso. Era rimasta così a lungo a corto di denaro e a-desso, finalmente, aveva la sicurezza di un'entrata mensile fissa

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da sperperare, giusto? Be', per una volta poteva anche farlo. Avrebbe comunque messo da parte il necessario in un baleno, ma almeno il figurone al provino sarebbe stato assicurato. E poi per festeggiare aveva intenzione di comprare anche qualche al-tra cosetta... Con rinnovata energia mise su la musica e riprovò la coreo-grafia un'ultima volta, ballando fino allo stremo delle forze. Strisciò sul pavimento, la schiena appoggiata al vecchio albero, e ripensò a lui quasi subito. Udì la sua voce bassa e divertita nell'orecchio e sentì il suo tocco deciso. Poi ricordò lo sguardo impassibile e una nuova determinazione si impadronì di lei. Non sarebbe mai più stata così invisibile. Finalmente aveva finito i lavori alla casa dell'albero e si me-ritava un po' di svago. Non si sarebbe tirata a lustro soltanto per l'audizione. La prossima volta che si fossero visti, era decisa a far girare due volte il suo bel pezzo di inquilino a guardarla. Che cavolo, anche tre!

Sesso sì, amore no? di NATALIE ANDERSON

Diamanti che scottano di LUCY KING

Potere e bugie di KIMBERLY LANG

Tutto è bene ciò che finisce a letto di HEIDI RICE

Roxie ha trovato come recuperare il tempo perduto. È armata di una lista di cose da fare e di sei bottiglie di champagne per festeggiare ogni punto. Niente e nessu-no la fermerà, nemmeno il dottor Hollingsworth.

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Bella è convinta che l'uomo perfetto stia per bussare al-la sua porta. Ma all'ingresso della sua gioielleria c'è so-lo il più sbagliato che potesse capitarle. La strada per il lieto fine potrebbe essere tortuosa e irresistibile.

Ammanettata a Brady Marshall. È il sogno proibito di qualunque donna, ma certo non dell'attivista Aspy. Le foto di quell'unione forzata rischiano di rovinare la re-putazione a entrambi. A meno che...

Quando la sua promozione dipende dall'incontro con Nick, Eva non può tirarsi indietro. Nemmeno se l'ap-puntamento va ben oltre il lavoro. Fra malintesi e verità, la ragione non deve sempre averla vinta.

Ciak, motore, azione! di KIMBERLY LANG

Testimoni di una notte di ANNE OLIVER

Il regalo più sexy di HEIDI RICE

Per Natale voglio te di KELLY HUNTER

Produttore di successo, più attrice scapestrata, uguale relazione che ha i giorni contati. A tre anni dalla fuga di Caitlyn, Finn è convinto di averla dimenticata, ma si sbaglia. Che il remake della loro storia abbia inizio!

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DALL'8 NOVEMBRE

Emma è concentrata e sarà una damigella perfetta. Ma anche Jake, il testimone dello sposo, sa come raggiun-gere i suoi obiettivi e adesso vuole solo allentare la ten-sione di Emma. Cominciando dalla suite matrimoniale.

La migliore lista di Natale? Quella di regole per l'avven-tura perfetta. Trova un ragazzo, lasciati andare, anno nuovo, amante nuovo. Cassie è a buon punto: Jace l'ha invitata da lui. Si ricorderà di lasciare fuori i sentimenti?

Ruby adesso vuole onestà dai ragazzi prima di conce-dersi. E ha trovato chi può accontentarla. Mi chiamo Damon West, parto fra una settimana e voglio le tue mani su di me. I patti sono chiari, ma...

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