il surplus cognitivo di clay shirky

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Al contrario dei media tradizionali, il web ha sempre dimostrato un proprio caratte- re di libertà e innovazione, grazie allo scon- finato potenziale di iniziative spontanee. I media sociali generano massa critica, buzz, trasmettono informazione istantanea at- traverso gli amici di Facebook, i rapidi up- date di Twitter, i segnalibri di del.icio.us, i consigli di lettura di Anobii. Il mese scorso è uscito in Italia, edito da Codice, ‘Uno per uno, tutti per tutti’ libro del professore della New York University Clay Shirky, esperto mondiale delle rivolu- zioni digitali, che indaga le nuove forme di organizzazione d’impresa.Tempo fa aveva fatto scalpore un suo articolo pubblicato su www.shirky.com: ‘Gin, Television, and Social Surplus’, la cui tesi era che per ci- mentarsi in un periodo di tempo partico- larmente stressante, la società si impegna in una qualche attività che anestetizza la mente che, di conseguenza, crea un surplus cognitivo. Qualche volta però questo surplus straripa e si creano nuove forme di valore. Porta l’esempio dei londinesi post rivoluzione in- dustriale che bevevano gin fino alla perdi- ta della coscienza, ma poi, quando la socie- tà si riprese da quella sbornia collettiva, co- struì molte delle moderne istituzioni che ancora oggi teniamo in grande considera- zione: scuole, biblioteche, musei... Così co- me oggi noi italiani ci sediamo davanti al- la tv per vedere Scrubs o Desperate Housewives, ma utilizziamo anche internet per produrre Wikipedia e scambiarci buzz su Facebook o Twitter. A farlo riflettere sulla questione è stata una conversazione con una giornalista televisi- va. Mentre lui le raccontava di come gli uten- ti della rete si cimentassero a modificare le voci di Wikipedia dedicandovi giorni di la- voro, la domanda della giornalista fu: “Ma questa gente, dove trova il tempo?”. Chi lavora per la tv non ha il diritto di fare questa domanda! Sa benissimo dove tro- nc_digital/interactive_net life _48_ Claudio Pasqua, seo marketing manager Time & Mind [email protected] LA RIVOLUZIONE POST DIGITALE DOVER AFFRONTARE LA NUOVA DIMENSIONE PARTECIPATIVA SOCIALE DELLA RETE SPAVENTA ANCORA MOLTE IMPRESE. IN UN PAESE COME L’ITALIA, IN CUI LA CULTURA AZIENDALE NON È SEMPRE PRONTA AI CAMBIAMENTI, LA DIMENSIONE APERTA E TRASPARENTE DEL WEB SOCIALE SI SCONTRA CON LA CULTURA CONSERVATRICE ANCORA DI STAMPO UNIFAMILIARE, ERMETICA, CHIUSA E POCO ATTENTA AI NUOVI CANALI COMUNICATIVI DELLA RETE. DI CLAUDIO PASQUA

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Page 1: Il Surplus Cognitivo di Clay Shirky

Al contrario dei media tradizionali, il webha sempre dimostrato un proprio caratte-re di libertà e innovazione, grazie allo scon-finato potenziale di iniziative spontanee.I media sociali generano massa critica, buzz,trasmettono informazione istantanea at-traverso gli amici di Facebook, i rapidi up-date di Twitter, i segnalibri di del.icio.us, iconsigli di lettura di Anobii.Il mese scorso è uscito in Italia, edito daCodice, ‘Uno per uno, tutti per tutti’ librodel professore della New York UniversityClay Shirky, esperto mondiale delle rivolu-zioni digitali, che indaga le nuove forme diorganizzazione d’impresa. Tempo fa avevafatto scalpore un suo articolo pubblicatosu www.shirky.com: ‘Gin, Television, andSocial Surplus’, la cui tesi era che per ci-mentarsi in un periodo di tempo partico-

larmente stressante, la società si impegnain una qualche attività che anestetizza lamente che, di conseguenza, crea un surpluscognitivo.Qualche volta però questo surplus straripae si creano nuove forme di valore. Portal’esempio dei londinesi post rivoluzione in-dustriale che bevevano gin fino alla perdi-ta della coscienza, ma poi, quando la socie-tà si riprese da quella sbornia collettiva, co-struì molte delle moderne istituzioni cheancora oggi teniamo in grande considera-zione: scuole, biblioteche, musei... Così co-me oggi noi italiani ci sediamo davanti al-la tv per vedere Scrubs o DesperateHousewives, ma utilizziamo anche internetper produrre Wikipedia e scambiarci buzzsu Facebook o Twitter.A farlo riflettere sulla questione è stata unaconversazione con una giornalista televisi-va. Mentre lui le raccontava di come gli uten-ti della rete si cimentassero a modificare levoci di Wikipedia dedicandovi giorni di la-voro, la domanda della giornalista fu: “Maquesta gente, dove trova il tempo?”.Chi lavora per la tv non ha il diritto di farequesta domanda! Sa benissimo dove tro-

nc_digital/interactive_net life

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Claudio Pasqua, seo marketing managerTime & Mind

[email protected]

LA RIVOLUZIONE POST DIGITALEDOVER AFFRONTARE LA NUOVA DIMENSIONE PARTECIPATIVA SOCIALE

DELLA RETE SPAVENTA ANCORA MOLTE IMPRESE. IN UN PAESE COME L’ITALIA,

IN CUI LA CULTURA AZIENDALE NON È SEMPRE PRONTA AI CAMBIAMENTI,

LA DIMENSIONE APERTA E TRASPARENTE DEL WEB SOCIALE SI SCONTRA

CON LA CULTURA CONSERVATRICE ANCORA DI STAMPO UNIFAMILIARE,

ERMETICA, CHIUSA E POCO ATTENTA AI NUOVI CANALI COMUNICATIVI

DELLA RETE.

DI CLAUDIO PASQUA

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vano il tempo: lo trovano nel surplus cogni-tivo che la tv ha assorbito negli ultimi 50anni! Quanto vale questo surplus?Prendiamo Wikipedia: considerando ognisua voce, modifica, o pagina di discussionein tutte le lingue, insieme a un ingegneredell’Ibm, Shirky ha calcolato l’equivalentedi circa 100 milioni di ore di pensiero uma-no! E la tv? Solo negli Usa la guardano 200miliardi di ore l’anno, ovvero l’equivalentedi 2.000 progetti Wikipedia! Gli americaniguardano pubblicità per 100 milioni di oreogni fine settimana! Di fronte a iniziativecome Wikipedia non ci si rende conto chein realtà si tratta di un progetto di minimoimpegno rispetto all’enorme potenziale dicapitale umano sprecato ogni giorno da-vanti allo schermo televisivo.Quello che fa riflettere è che del surpluscognitivo la società, all’inizio, non sa pro-prio cosa farsene, proprio come i bevitoridi Gin del periodo post-industriale. La fisi-ca della partecipazione ha talmente tantevariabili che è più simile al battito d’ali del-la farfalla che genera un uragano nell’op-posto continente, che a una forma orga-nizzata di pensiero. Ma con il tempo que-sto surplus si organizza, acquista forma.Un esempio? Recentemente a Torino sonovenuto a conoscenza di un progetto mes-so in piedi da alcuni fisici esperti di reti, tracui Alessandro Vespignani e Vittoria Colizza,dell’Indiana University (www.influweb.it).È una wiki-mappa dell’influenza in Italia.Se uno ha l’influenza lo segnala con unapuntina sulla mappa di Google. Un po’ al-la volta si conosceranno i focolai di influen-za, e questo modello, che nel mondo è ilprimo a essere studiato, usa l’attività par-tecipativa della rete per, un giorno, poterprevenire, monitorare e controllare i peri-

coli di una eventuale pandemia! Una persona che lavori con strumenti co-sì economici può ragionevolmente spera-re di trarre vantaggio dal surplus cognitivo,una capacità collettiva che fino a 5-6 an-ni fa era irragionevole sperare di utilizzare.Questo non significa che si smetterà diguardare in pantofole il Grande Fratello, malo si farà per meno tempo.E le aziende? Anni di cultura del marketinga senso unico, portano a considerare il webuna vetrina in cui esserci è un costo, nonun’opportunità: il blog aziendale e i siti ‘so-cial’ sono considerati solo un modo in cuialzare la propria voce rispetto al rumore difondo. Prendiamo certi blog di impresa: mo-

derano i commenti, impediscono il dialo-go diretto, limitano il confronto. Servizi diquesto genere si rivelano sterili. La comu-nità on-line si disaffeziona in fretta e nongradisce conversazioni a senso unico.Certo, i motivi per cui molti blog azienda-li sono di fatto ‘impermeabili’ sono com-prensibili se pensiamo al rischio cheun’azienda corre quando espone i propriprodotti o servizi al giudizio collettivo delWeb 2.0.È però fisiologico che comportamenti co-me questi saranno sempre meno accetta-ti dalla comunità della rete, disponibile amettere in pratica il proprio surplus cogni-tivo. nc

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Di fronte a iniziative come Wikipedia non cisi rende conto che in realtà si tratta di un

progetto di minimo impegno rispettoall’enorme potenziale di capitale umano

sprecato ogni giorno davanti allo schermotelevisivo