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Monsieur Vincenzo Tusa La Sicilia fenicio-punica In: Dialogues d'histoire ancienne. Vol. 9, 1983. pp. 237-285. Citer ce document / Cite this document : Tusa Vincenzo. La Sicilia fenicio-punica. In: Dialogues d'histoire ancienne. Vol. 9, 1983. pp. 237-285. doi : 10.3406/dha.1983.1607 http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/dha_0755-7256_1983_num_9_1_1607

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Monsieur Vincenzo Tusa

La Sicilia fenicio-punicaIn: Dialogues d'histoire ancienne. Vol. 9, 1983. pp. 237-285.

Citer ce document / Cite this document :

Tusa Vincenzo. La Sicilia fenicio-punica. In: Dialogues d'histoire ancienne. Vol. 9, 1983. pp. 237-285.

doi : 10.3406/dha.1983.1607

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DHA 9 1983 237 - 286

LA SICILIA FENICIO-PUNICA

E' stato sempře un «luogo comune», una posizione che sembravadefínitivamente acquisita, anche presso strati di popolazione di media cultura,considerare la Sicilia antica tutta greca : la «Sicile grecque» era diventata,e lo è ancora per molti, una «verità», difficile da modificare о anche solo

dascalfire.Tanto piii perô le verità sembrano raggiunte e definitive, acquistandoquindi il valore di luoghi comuni ormai assodati, tanto piu debbono essereindagate e rimesse in discussione alia luce di una critica razionale e documen-tata la quale non deve temere di abbattere miti e di mettere da parte ricos-truzioni fantastiche, per ristabilire invece una corretta interpretazione deldocumento о per riempire un vuoto o, al contrario, di sostituire con unvuoto di notizie quel che era riempito di ricostmzioni fantastiche e arbi-trarie.

Su questa linea idéale io mi sono mosso e mi muovo nella mia attività

di archeologo militante che opera nella Sicilia Occidentale, fin da quandomi sono imbattuto, a Solunto, nei primi monumenti che non rientravanotra i modelli del mondo greco-romano a me noti ; per la carenza dei nostriinsegnamenti infatti, anche presso le scuole di perfezionamento, che io stessoavevo frequentato a Roma, nessuno mai parlô agli studenti dell'esistenza,in sede archeologica,delJ'Egitto, della Fenicia, di Babilonia, dell'Assiria,etc...

Quali i motivi di questa carenza ? In verità sono facili ad individuare.Da un lato, come motivo remoto, la nota mitizzazione della civiltà greca,messaggio altissimo e grandissimo per l'umanità, ma che finiva di essere

umano quando si considerava «miracolo» (W . Deonna, Le miracle grec !) e,più vicino a noi, nel nostro Paese, l'ostracismo fascista per tutto quantonon fosse romano («... e tutto quanto è grande e augusto, egli è romanoancora...»), tanto peggio se c'era odor di semitico ! E' chiaro che in nessunodei due casi si fa storia, ma solo retorica e demagogia.

Queste, che considero verità, mi furono chiare fin da quando mi awi-cinai agli studî archeologici e, sopratutto, fin da quando, oltre trent'annifà, venni a Palermo, addetto come Ispettore presso la Soprintendenza alléAntichità della Sicilia Occidentale (1).

Abito quindi a Palermo da oltre trent'anni, vi opero nel campo dell'

archeologia militante, il che mi ha obbligato e mi obbliga ad avere contatti

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e a conoscere ambienti diversi (culturali, politici, agricoli, imprenditoriali,popolari, piccolo borghesi, etc.) in tutta la Sicilia Occidentale dato che laSoprintendenza archeologica che dingo ha giurisdizione sulle provincie diPalermo e Trapani. La mia formazione culturale è awenuta principalmentea Catania (con periodi di permanenza a Roma e sopratutto a Bologna) doveho compiuto tutti i miei studí, dalle scuole médie aU'Università. Provengoda una famiglia di imprenditori agricoli che ha operato e opera a Cataniaed io stesso ho operato in quel campo.

Queste brevi note autobiografíche mi autorizzano, ritengo, ad affermareche la mia conoscenza della Sicilia nella sua fase attuale, pu 6 considerarsiabbastanza varia ed esauriente, tale comunque da consentirmi di rapportare,ed anche di verificare, gli awenimenti attuali con quelli antichi, documentatida quelle fonti originali e immediate costituite dalle testimonianze archeolo-giche. Considero quindi «attuale» qualsiasi awenimento storico, modestoo grandioso, antico o moderno che sia, da immettere comunque nel contestoglobale délie vicende storiche di quesťisola, uno dei luoghi, per la sua posi-zione geografica e per le sue qualita climatiche e produttive, tra i più inter-essanti del Mediterraneo e fors'anche di altri continenti.

L'«attenzione» che dedico agli awenimenti della Sicilia mi spinge adire ai varî interlocutori con cui spesso m'incontro, che non c'è errore piùgrande, quando si parla della Sicilia, di considerarla corne «un tutt'uno»,a qualsiasi aspetto ci si voglia riferire, moderno o antico che sia, trannne chenon si voglia alludere all'espressione geografica : è un errore che fanno molti,dovuto, nella quasi totalita dei casi, alla mancata conoscenza degli avvenimen-ti storici siciliani (2).

Una verifica incontrovertibile che autorizza a ritenere giusto quantofin quà si è detto è costituita dagli awenimenti recenti verificatisi in questiultimi tempi nella sicilia Occidentale : mi riferisco particolarmente, e supra-tutto, ai molti omicidi perpetrati in questa parte delT isola, e specialmentenella zona palermitana, ad opera della mentalita mafiosa che domina in questastessa parte dell'isola, mentalita che si trova, ma solo sporadicamente e,comunque, con aspetti diversi, in qualche zona della Sicilia Centrale e Orientale,ma che non ha raggiunto, nemmeno lontanamente, il potere determinantehe invece detiene nell'altra parte della Sicilia.

Questo è l'aspetto più éclatante cui oggi assistiamo, ma è tutto un costume di vita, la «way of life», che rende straordinariamente diverse le dueparti della Sicilia.

Quale il motivo di tutto questo ?

Non mi pare che ci possono essere dubbi per attribuirlo aile strati-ficazioni storiche che si sono succedute nell'isola dalla più remota preistoriafino ad epoca récente. Non farb certo un «excursus» storico generále, me nemanca la competenza e, inoltre, non è questa la sede adatta,auspico pero che

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una analisi storica, per i varî periodi, venga fatta seriamente al fine di com-prendere la situazione attuale e prowedere in conseguenza : senza un'ade-

guata conoscenza storica, cioè senza la diagnosi, non si puo indicare laterapia.

Fatta questa brève premessa, che ho ritenuto opportuna anche perdare un senso e una giustificazione al mio lavoro e, in particolare, a quelloche sara l'oggetto dell'argomento che tratterb qui di seguito, vengo ora adiscorrere délia Sicilia anellenica.

Pensando alla Sicilia antica, anche da parte di persone di media cultura,corne ho accennato sopra, il pensiero corre aile consistenti testimonianze,archeologiche e letterarie, che la cultura greca vi ha lasciato : questo è giusto,ed è anche giustificato dal fatto che, in realtà, le massime manifestazioni

che ci son rimaste délia Sicilia antica, sia in senso qualifïcativo che quantita-tivo, sono derivati appunto da quella cultura connessa alla colonizzazionegreca che, dalla meta dell'VIII0 sec. a. C. in poi, ebbe luogo nella maggiorparte del territorio dell'isola.

Questo fatto, di per se incontrovertibile, non giustifica perô che per il

passato sia stato trascurato, anzi, spesso, addirittura ignorato, un altro aspettodélia Sicilia antica rappresentato dalla presenza nell'isola, fin da un periodoprecedente la colonizzazione greca e proseguito poi durante la colonizzazione

stessa, di altre popolazioni non greche che, se pur non lasciarono testimonianze tali da reggere il confronto con quelle greche, rappresentarono pur

tuttavia un elemento determinante nelle vicende délia Sicilia antica e la cuiconoscenza si dimostra sempře più indispensable per un'esatta compren-sione délia storia antica délia Sicilia, storia che a sua volta costituisce unacomponente essenziale per la conoscenza del Mediterraneo antico : mi ri-

ferisco alla presenza fenicio-punica ed elima nell'isola, presenza che, com'ènoto, è generalmente localizzata nella Sicilia Occidentale. Da un po di tempoa questa parte pero, studi e ricerche più approfonditi, e sopratutto senzapregiudizî , vanno dimostrando che una certa presenza fenicio-punica, ancheindiretta, non è assente nemmeno nella Sicilia Orientale, corne avremo mododi accennare in seguito.Fenici — Del resto la prima e forse più autorevole testimonianza di questasituazione ce la d à Tucidide in un noto passo délia sua opera (VI, 2) checostituisce la base e il punto di partenza per lo studio délia presenza fenicio-punica nell'isola, che sempře più si va dimostrando verosimile e che qu itrascriviamo per una migliore intelligenza di quanto diremo : «Abitarono poianche i Fenici tutte le coste délia Sicilia, avendo occupato i promontorîsul mare e le isolette vicine, a causa del commercio con i siculi. Ma quandopoi gli Elleni in gran numero vi giunsero per mare, lasciata la maggior parte(dell'isola) abitarono a Motya e Soloenta e Panormo ; vicino agli Elimi aven-dole confederate, fidando nell'alleanza degli Elimi e perché, da quel punto,

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Cartagine dista dalla Sicilia di une brevissimanavigazione».Tucidide accenna al fatto che, all'arrivo dei Greci, i Fenici occu-

pavano già «tutte le coste della Sicilia, avendo occupato i promontorí sulmare e le isole tte vicine» : è ormai noto e risaputo che i Fenici, per i loroapprodi, prediligessero appunto promontorí ed isolette vicino alla costa, alfine di esercitare più agevolmente i loro commerci con le popolazioni locali,e Mozia ne è un chiaro esempio. Diciamo subito che non abbiamo, allôstato attuale délie nostre conoscenze, testimonianze archeologiche precisee dirette circa il periodo che precede gli awenimenti cui abbiamo accennatotesté, fine delTVIIIosec. a. C. cioè, allô stesso modo pero diciamo che nonpossiamo rigettare l'affermazione tucididea per il fatto che non disponiamofinora di dati archeologici, considerata anzitutto l'autorità dello stesso e,nel nostro caso particolare, la veridicità di quanto afferma nel passo soprariportato a proposito della Sicilia Occidentale.

Vediamo ora di giustificare, per quanto possiamo, la nostra afferma-zione. Ansitutto abbiamo la testimonianza di storici antichi che, malgradoscrivessero in tempi considerevolmente lontani dagli awenimenti che narra-no, sono da prendere in considerazione, sia pure con le dovute cautele (3) :

essi ci dicono che negli ultimi anni del XII sec. a. С. i Fenici si spinsero finoaile estreme coste nord - occidentali dell' Africa fondando Uticae,ol trépassate le colonne d'Ercole, fondando Cadice nelle coste sud-occidentali dellaSpagna e Lixus sulle coste africane dell'Atlantico ;Diodoro sembra confer-mare queste notizie accennando alla presenza fenicia in Africa prima dellafondazione di Cadice alla quale peraltro fa cenno egli stesso.

Malgrado si possa pensare il contrario, non doveva essere difficile оimpossibile per i Fenici, che peraltro sappiamo essere stati esperti navigatori,attraversare il Canale di Sicilia о il Tirreno, se provenienti rispettivamente dall'Africa settentrionale о dalla Spagne, favoriti in questo anche dalle correntimarine che daU'Oceano Atlantico entrano nel Mediterraneo «con velocitàvariabile, ma sempře molto forte e che aiutano a comprendere perché gliantichi navigatori abbiano in et à cosi antica colonizzata la Sardegna, daTartesso giungendo a Nora o spingendosi fino in Sicilia» (4).

Sol che osserviamo una carta geografica del Mediterraneo notiamocorne la Sicilia non potè non essere stata toccata da questo movimentoespansionistico fenicio : non solo per la sua posizione geografica ma ancheperché in Sicilia si trovavano in quel periodo, dalla fine del XII sec. a. Сin poi, consistenti nuclei di popolazione (mi riferisco aile località note diPantalica, Cassibile, Dessueri, S. Angelo Muxaro, Finocchito, etc..) concui i Fenici avevano interesse a commerciare.

A questo punto, sempře per giustificare l'espansione fenicia nel Mediterraneo a cominciare dalla fine del XII0 sec. a. C, è opportuno fare

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brevemente un passo indietro per accennare ad un problema molto intéressante i fini délia conoscenza di questo remoto periodo délia nostra storia :

mi riferisco al problema dei rapporti o, comunque, délia successione neicommerci nel Mediterraneo, tra Micenei e Fenici o, forse più appropriatamen-te, tra Eteo-ciprioti e Fenici. In questa sede non intendo assolutamenteaddentrarmi in questo arduo problema, peraltro ancora allô stadio inizialedi indagine presso i varî studiosi (5), qu i mi basta soltanto accennare al pro

blema e indicarne due aspetti che ritengo utili ai fini del terna che fa oggettodi questa nota : a) l'attività principale dei Micenei consisteva nel commerciocon i varî popoli del Mediterraneo ed in particolare con quelli che abitavanoin Sicilia, com'è testimoniato da un discreto numero di dati archeologici(6) ; b) la fine délia talassocrazia micenea si pone generalmente intorno al1100 a.C.(7). Alla luce di questi due aspetti sipuô verosimilmente ipotizzareuna successione fenicia nelTattività commerciale nel Mediterraneo. Altreconsiderazioni si possono ancora fare per apportare altri elementi alla pre-senza dei Fenici nel Mediterraneo nel periodo che intercorre tra la notiziadélie fonti, la contemporanea scomparsa dei Micenei, cui abbiamo accennato,e l'esistenza dei dati archeologici che testimoniano, dalla fine deH'VIIIosec.,la presenza dei Fenici in Sicilia ; e nello stesso tempo, per giustificare la man-canza di testimonianze archeologiche dirette per il periodo precedente.

C'è anzitutto una fondamentale considerazione da fare sul tipo dicommercio esercitato dei Fenici ; a tal proposito abbiamo una intéressante

testimonianza trasmessaci da Erodoto (IV, 196) e che qu i riportiamo :

«Quando siano arrivati ed abbiano scaricato le merci, dopo averle disposte inordine lungo la spiaggia, si rimbarcano e alzano una fumata. Allora gl'indigenivedendo il fumo vanno al mare e poi in luogo délie merci depongono oroe si ritirano lontano dalle mercanzie. E i Cartaginesi sbarcati osservano, e sel'oro sembra ad essi degno délie merci lo raccolgno e s'allontanano, se invecenon sembra degno, rimbarcatisi di nuovo attendono :e quelli, fattisi innanzi,depongono altro oro, finchè li sodisfino. E non si fanno torto a vicenda,perché ne essi toccano l'oro prima che l'abbiano reso uguale al valore déliemerci, ne quelli toccano le mercanzie prima che gli altri abbiano preso l'oro».

A prescindere dall'aspetto quasi leggendario délia testimonianza, è possi-bile dedurre da essa che i Fenici, per l'espletamento dei loro commerci, nonavevano bisogno di sedi stabili e tanto meno di centri abitati regolarmentecostituiti, ma solo di qualche punto d'appoggio sulla costa, se proprio non si

servivano a questo fine délie loro stesse navi, corne appare dal recconto diErodoto.

Corne si pub bencomprendere,èlogicoe naturale che di questi stanzia-menti sia rimasto poco o niente e che quindi le ricerche archeologiche nonabbiano portato niente, о quasi, alla luce : a questo riguardo, inoltre, abbiamoil dovere di tener présente che le ricerche archeologiche sono sempře «infieri» e che non si pub affatto pretendere, corne purtroppo talora si prétende,

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che esse abbiano già fornito tutti i materiali sui quali quindi si possa direl'ultima parola. In particolare, per quanto riguarda la Sicilia, è noto che solo

da pochi anni si sono iniziate ricerche sistematiche nelle varie località dell'isola e si vanno studiando e pubblicando, alia luce di una nuova impostazionedegli studi, materiali già noti e completamente ignoti in passato (8). Inquesto contesto è da vedere Горега di L. Bernabo - Brea il quale, in varieoccasioni, ha accennato e anche trattato della presenza culturale fenicia inSicilia, e particolarmente nella Sicilia Orientale, per Героса precedente lacolonizzazione storica (9).

Agli elementi sopra riportati, basati su varie considerazioni e su testimo-nianze indirette, si è aggiunta recentemente, sempře per la stessa epoca, unatestimonianza diretta il cui valore pero, ai nostri fini, ha dei limiti dovuti

allé modalita di rinvenimento : mi riferisco alia statuetta di bronzo, ripro-ducente verosimilmente il dio Hadad, rinvenuta da pescatori alcuni annifà nel tratto di mare antistante Selinunte (fig. 1) (10) - Com'è stato dimostra-to (1 1) essa appartiene a quel «tipo iconografico assai diffuso in Siria durantele et à del Medio e Tardo Bronzo» (12) e particolarmente aiï'ambiente ugari-tico cui appartengono altre stauette simili databili al XIII-XII sec. : il rinvenimento in mare, con re ti a strascico, avulsa quindi da qualsiasi contestoarcheologico, diminuisce il valore che questa statuetta avrebbe avuto ai finidella documentazione della presenza fenicia nel /lediterraneo in quellalontana epoca, essa pero rappresenta sempře un eiemento che non si pub

ignorare e di cui bisogna tener conto, sia pur limitatamente.Concludendo su questo argomento, alla luce di quanto è stato qu i

detto, io ritengo che la Sicilia sia stata interessata all'espansione fenicianel Mediterraneo fin dalle sue prime fasi, malgrado la mancanza di datiarcheologici strettamente pertinenti e relativi all'epoca cui si riferisce. Peruna pi ù esatta comprensione di questa fase ritengo sempře valida la génialeintuizione di В. Расе (13) secondo la quale i primi stanziamenti fenici dove-vano essere «scali commerciali, uffici di corrispondenza per acquisto o collo-camento di merci. Poche persone viventi in seno a villaggi indigeni, riunitesemmai in quartieri speciali con privilegi di diritto e di fatto, ma senza so-

vranità territoriale, simile a coloni moderni, secondo l'accezione che diamoalla parola quando la riferiamo ad un nucleo di cittadini di un paese stanziatiin località straniera» .

Vediamo ora corne si présenta, sotto l'aspetto archeologico, la Siciliafenicio-punica (14) attraverso alcune testimonianze délie varie località interes-sate (fig. 2).Mozia (fig. 3) — E' il nome fenicio, forse corrispondente a filanda, dell'isoletta di S. Pantaleo posta difronte a Marsala, in un tratto di mare detto«Stagnone».

Molto probabilemnte fu il centro abitato più importante del dominio

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fenicio-punico in Sicilia : su Mozia infatti puntô direttamente Dionisio

quando, nei primissimi anni del IV sec. a. C, decise di impadronirsi di tuttala Sicilia, pensando forse che, abbattendo Mozia, tutto il resto délia Siciliapunica sarebbe caduto facilmente. Ma la poderosa cinta muraria che circon-dava tutta l'isola, di cui ancora oggi sono conservati considerevoli resti, (fig.4) e Pimpegno degli abitanti a difendere la propria città, fecero andare amonte il piano di Dionisio il quale potè prenderla solo dopo un lungo asse-dio, nel 397 a. C. - Era stata fondata alla fine dell'VIII0 sec. come si puôdesumere dal těsto tucidideo che abbiamo riportato sopra e dai dati archeo-logici in nostro possesso : mi riferisco specialmente alla necropoli arcaicain gran parte scavata recentemente e di cui alcuni corredi recano, insieme a

ceramica tipicamente fenicio-punica, vasi corinzî importati databilitra

lafine dell' VIII0 e gl'inizî del VII0 sec. a. C.(15) (figg. 5 e 6) -

La necropoli di cui si parla ebbe sede a Mozia fîno agl'inizî del VI sec.a. C, corne si evince da materiále corinzio importato rinvenuto nei vancorredi ; dopo questa data i Moziesi andarono a deporre i loro morti sullacosta siciliana antistante, in una località denominata Birgi, costruendo,forse per l'occasione, la strada sottomarina tutt'ora conservata.

A questo i Moziesi furono indotti dalla nécessita di costruire la cintamuraria che, dovendo circondare tutta l'isola lambendo quasi il mare, attra-versô la necropoli tagliandola e quindi rendendo impossibili ulteriori depo-

sizioni. Scavi eseguiti recentemente nella cinta muraria e tutt'ora in corso,confermano (16), per la costruzione della cinta stessa, la datazione cheabbiamo indicato a proposito della necropoli. Tenendo présente la datad'inizio della città e la data di costruzione della cinta muraria, si deduceche i fondatori di Mozia non ritennero necessario dotare subito la città diuna fortificazione : questo fecero dopo oltre un secolo dalla fondazionequando, come recentemente si è ipotizzato, si profïlô la prima minaccia diinvasione greca di cui si è conoscenza dalla tradizione, la spedizione cioè

che prende il nome dallo cnidio Pentatlo e ch e awenne, com'è noto, intornoal580a.C-

Trai

varî tratti della cinta muraria è degna di nota la Porta Nord:

(fig. 7) due torrioni posti di sbieco fiancheggiano l'ingresso che immette in

due corsie divise da un muro centrale e chiuse a loro volta da tre coppie diporte di cui son rimasti i batten ti e, in qualche caso, le sedi dei cardini ; lecorsie non sono in asse con l'ingresso, come awiene invece nelle fortifie azi onigreche, ma ricordano il sistema délie porte scee di omerica memoria e dicuitroviamo qualche esempio in ambiente siro-palestinese (Tell-Mardik) (17).

Per la costruzione è stata adoperata pietra locale discretamente squa-drata, esiste perô qualche tratto in pietra diversa trasportata dalla Sicilia ecostruito alla maniera greca, co l sistema a diatoni e ort ostati (fig. 8).

La cinta muraria subi1 varî rimaneggjamenti, qualcuno forse anche

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dopo il 397 : contrariamente a quel che si credeva prima infatti la vita a

Mozia continue) anche dopo la distruzione, fors anche in maniera più modestae probabilmente fino alla fine délia prima guerra punica quando la Siciliatutta, tranne Siracusa, fu unificata sotto il dominio romano (18).

Tra le città fenicio-puniche délia Sicilia Mozia ê quella che conservala maggior copia di testimonianze di quella civiltà : notevole è un recintosacro, c.d. di «Cappiddazzu», costituito da un muro di cinta aU'interno delquale dovevano esserci vari edifici di culto oggj non facilmente identificabilianche a causa di uno scavo che nel passato distrusse gran parte dei resti alloraesistenti (fig. 9) : l'edificio principale è costituito da una costruzione a trenavate in senso longitudinale Est-Ovest e da una trasversale in senso Nord-

Sud nella parte posteriore:

secondo l'uso orientale (il tempio di Afroditepaphia a Cipro, ad es.) l'edificio principale non è compreso dentro il recintoma incastrato nel recinto stesso. Il luogo dove sorge questo santuario è ilposto più alto di Mozia, un luogo alto cioè, (ricordiamo i «luoghi alti» men-zionati dalla Bibbia) che è stato occupato, verosimilmente sempře da edificisacri daU'epoca più antica (fine VIII0 sec. a. C.) fino aU'alto - medioevoquando vi si installé una comunità di monaci basiliani che diede il nomemoderno dell 'isola. Molto probabilmente, com'è stato rilevato a seguitodi scavi recenti, il basamento esistente sarà stato rifatto posteriormentealla distruzione del 397 (19).

Ma il luogo che forse più di ogni altro caratterizza Mozia fenicio-punicaè il «tophet», quel luogo cioè dove si praticava il sacrificio dei bambini edove si deponevano le urnette contenenti i resti del sacrificio, urnette chespesso venivano segnate con una stele di pietra scolpita, spesso fïgurata eaile volte con iscrizione (fig. 10). Secondo la collega A. Ciasca, che per alcunianni ha diretto lo scavo, l'uso del «tophet» si pub porre tra gl'inizî del VII0

e il III sec. a. C, coincide quindi con l'inizio e la fine délia città, corneabbiamo indicato sopra (20). Oltre aile stele, di cui diremo appresso, nel«tophet» è stato rinvenuto un gruppo di maschere di terracotta che nelloroinsieme costituiscono uno «specimen» interessantissimo délia cultura figura-

tiva fenicio-pnica : notiamo prevalente in queste maschere la componenteegizia (fig. 11 ) mentre è usata integralmente, con una leggerissima variantenegli occhi, una maschera di tipo greco : (fig. 12) nella maschera orrida sipuô forse individuare un'espressione autonoma dell'artigianato fenicio-punico di Mozia. (fig. 13).

Il rinvenimento più importante perô è stato quello délie stele : ne sonostate rinvenute circa 700e costituiscono nel loro insieme un repertorio déliascultura fenicio-punica, la cui conoscenza è ormai insostituibile per chiunquevoglia avère cognizione délia scultura fenicio-punica nel suo complesso (21).

Mozia era gjà nota corne luogo di provenienza di due grandi sculture,

la nota statua acefala, (fig. 14) in pietra basaltica nera, databile al VI0 sec.

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a. С. (22) e l'altrettanto noto gruppo scultoreo riproducente due leoni che

azzannano un toro, pure databile al VI sec. a. С.

:(fig. 15) mentre la prima,che raffîgura forse un sacerdote, dénota un influsso chiaramente cipriota,l'altra si riallaccia più direttamente a prototipi del Medio e Vicino Oriente.A queste grandi seul ture, ed a qualche al tra già esistente, si aggiungono orale stele del tophet perle qualiil dato più sicuro e più visibile che risalta subito,anche dopo un esame superficiale, ê il diretto rapporto che si puô stabiliretra il linguaggio che queste stele esprimono e quello, su monumenti simili оmeno, del Medio e Vicino Oriente ; di questo rapporto è probabile cheMozia sia stata la portatrice verso le altre località fenicio-puniche del Medi-terraneo e forse anche verso Cartagine stessa : è un problema questo ch e

merita quanto meno di essere affrontato.Sarebbe troppo lungo, in questa sede, procedere ad un esame specificodei varî motivi e délie varie tipologie délie stele, ne citeremo quindi soloalcune(figg. 16-17-18).

La componente egjzia è présente in alcune stele sia nelle forme archi-tettoniche (naiskos e gola di tipo egizio) che nella decorazione costituitaaile volte dai noti urei riprodotti nell architrave dove più spesso troviamoperô il disco solare e il crescente lunare .

Una stele riproducente una figura maschile vestita con una lunga vesteedalto copricapo ricorda da vicino raffigurazioni simili neH'area siro-palesti-

nese ; ad una stele di Sidone si riferisce direttamente una di Mozia, purtroppoframmentaria, che conserva ancora due coppie di gambe lunghe e unite aparte del corpo tondeggiante .

Un motivo di sicura origine orientale è rappresentato dalla donna conun disco in mano :oltre che nel Medio e Vicino Oriente questo motivo èdocumentato anche à Cipro.

Un altro aspetto che si coglie subito osservando le varie centinaia distele è dato dallo straordinario numero di esse riproducenti la forma umana :

è nota la suddivisione che spesso si fà tra «iconismo e aniconismo nelle stelepuniche» (23) e le questioni che questo aspetto comporta anche in sede cro-

nologica. Le stele di Mozia sono per la maggior parte iconiche in contrastocon quelle di Cartagine in cui prédomina l'aniconismo : i simboli aniconici chetroviamo nelle stele di Mozia sono vicini a quelli di Cartagine, e per questipossiamo anche pensare a scambi reciproci.

Accanto agl'influssi esterni notiamo nelle stele moziesi una originalitae una autonomia degne délia massima attenzione, quale appunto l'iconismo;riscontriamo poi, a taie riguardo, altri particolari quali la donna co l disco inmano vista di profilo, une figura umana dipinta, tracce in colore in alcunestele, due figure accoppiate in altre.

Corne si è accennato sopra alcune stele recano iscrizioni votive tutte

dedicate a Bàal Hammon, manca invece qualsiasi riferimento a Tanit, corne

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del resto il segno di Tanit è assente nella simbologia delle stele; questa circos-tanza costituisce un elemento, oltre che di carattere religioso, anche crono-logico, dato che sappiamo che solo alia fine del V° sec. il segno apparea Cartagine : e del resto in epoca più tarda appare anche, ma sempře spo-radicamente, a Mozia stessa oltre che in altre località puniche della Sicilia.

Per quanto riguarda la cronologia le stele sono state datate recente-mente (Moscati - Uberti, cit., p. 57) «tra la meta del VI sec. a. C. e buonaparte del V°» .

Nelle varie campagne di scavo che si sono succedute a Mozia in questiultimi anni è stata messa in luce, tra la necropoli arcaica e il tophet, una zonache si ritiene industriale, (24) sia che si tratti di una fabbrica di laterizi,come farebbero supporre le due fornaci che sono state rinvenutenellostessorecinto, (25) oppure che si tratti di un luogo per la concia e la coloritura dellepelli come farebbero supporre il confronto con ambienti simili modernínell Africa settentrionale e la grande quantità di «murices», da cui appuntosi estraeva la рофога, che vi è stata rinvenuta : è un ambiente quasi quadran-golare, ben delimitate da mura, tutto pieno di fosse scavate nelle roccia, fosseche all'atto della scoperta presentavano le pareti rivestite di argilla per l'imper-meabilizzasione delle fosse stesse (fig. 19). Questo ambiente ebbe vita in con-comitanza con la vita della città fino agli inizî del IV sec. a. C, cioè fino alladistruzione ad opera di Dionisio.

Un saggio eseguito nella zona abitata ha messo in luce parte di un quar-tiere con una larga strada e un 'area sacra posteriore perô alla distruzione del397 (26) : scavi in corso tendono a mettere in luce la zona abitata che precedela distruzione, lo scavo eseguito comunque, insieme ad al tri elementi, tra cuila nota «casa dei mosaici» (fig. 20) conferma che, contrariamente a quel chesi è sempře detto e scritto a questo riguardo, Mozia continué ad essere abitataalmeno fino alla meta del III sec. a. С.

Sokinto — E' un'altra delle località menzionate da Tucidide tra quelle dovesi ritirarono i Fenici quando abbandonarono la Sicilia Orientale. Sorge acirca 20 km. ad Est di Palermo, su una collina denominata «Monte Catal-fano» : è questa perô la città sorta nel IV Sec a. C. ;la Solunto più antica dicui parla Tucidide, cui verosimilmente appartiene una necropoli arcaicarecentemente scoperta accanto a quella più récente già nota da tempo, nonè stata ancoraindividuata malgrado qualche tentativo fatto in passato (27).

Il fatto più intéressante della Solunto posta sul monte Catalfano ècostituito dalla urbanistica, tipicamente ippodamea, cioè greca : (fig. 21) i

soluntini cioè, quando voliéro costruire una nuova città per abitarvi dopola distruzione di quella più antica operata da Dionisio agli inizî del IV a. С.

(Diod. XIV, 48, 5 ; 78, 7), presem a modello Furbanistica ippodamea che giàera stata attuata in Grecia, in Asia Minore e nella Magna Grecia, a Thurii.

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DIALOGUES D'HISTOIRE ANCIENNE 247

Ma la città era abitata da punici come fanno fede i tre edifici sacri finora

messi in luce e varî altri oggetti rinvenuti nelle abitazioni (fig. 22) (28).La città fu abbandonata alla fine del II sec. d. C, ma fino all'ultimo vi si

praticavano i culti nelle aree sacre puniche, corne fanno fede alcuni datiarcheologici.

La presenza culturale punica inoltre è attestata dal tipo di tombe tipi-camente puniche, malgrado i corredi comprendano in gran parte materiáled'importazione greco (fig. 23).

Palermo - E' la terza tra le città menzionate da TucidideFu sempře uno dei capisaldi délia provincia punica in Sicilia : il suo

porto e il suo retroterra, abbastanza fertile, costituiscono certamente motivivalidi perché il possesso di questa città venisse considerato indipensabile perchiunque volesse conservare il dominio délia Sicilia Occidentale : si spiegacosi, verosimilmente, la «tenacia semitica» (29) con cui i punici difeserosempře Palermo fino a quando nel 244 a. C. non furono costretti ad abban-donare ai Romani l'ultima posizione costituita dal Monte Pellegrino perabbandonare definitivamente il campo tre anni dopo.

Le nostre conoscenze archeologiche di Palermo si basano principal-mente sulla necropoli dato che la cittàmodernacopre quella antica ; i correditombali che in gran numero si rinvengono nelle moltissime tombe scavate

nella rocciache occupano una vasta area a sud dellacittà, contengono suppel-lettili di tipo fenicio-punico (ceramica, monili, etc.) ma anche molta ceramicagreca d'importazione, la quai cosa ha fatto pensare a qualcuno che la cittàfosse abitata anche da greci : cosa non impossibile questa, ma non necessariapotendo giustificare la presenza di materiále greco con gli scambi commercialiche certo dovevano essere abbastanza intensi (30) (figg. 24 e 25).

Cannita - E' una località che si trova ad Est di Palermo, a poco più di dieciKm. E- nota sopratutto perché circa tre secoli fà vi furono rinvenuti i duenoti sarcofagi antropoidi oggj conservati al Museo di Palermo, gli unici di

que sto tipo esistenti in Sicilia.Altri oggetti rinvenuti, sia pure non a seguito di scavi regolari, fannodi questo centro uno dei più importanti délia Sicilia per il periodo più anticodélia presenza fenicio-punica nella Sicilia Occidentale (3 1) (fig. 26).

Lilibeo - Corrisponde all'odierna Marsala. Fu fondata dopo la distruzionedi Mozia awenuta nel 397 a. C- Conosciamo poco il centro abitato anticoessendovisi sovrapposto l'abitato moderno, consistent elementi di conoscenzaricaviamo invece dalle necropoli databili dal IV° sec. a.C. al II0 d.C, abbastanza vaste e in gran parte esplorate : si tratta délie solite tombe puniche

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scavate nella roccia, in gran parte a pozzo verticale. I corredi sono mol tovarî : accanto a materiále di tipo punico è présente in quantité considervole

ceramica di tipo ellenistico (32).Notevoli le stele funerarie : una in particolare (fig. 27) che, oltre ad una

iscrizione punicadedicataaBa'al Hammon da parte di Hanno, fïglio di Adon-ba'al, reca varî simboli relativi alla religione punica e cioè un sacerdote cheprega davanti ad un «thymiaterion», il segno di Tanit con il caduceo e la

triade betilica(33).Un altro gruppo di stele, databili al I-II sec. d. C, hanno la forma di un

piccolo edifïcio, con frontoncino (fig. 28) e con colonnine о pilastri : sonodi pietra calcarea, rivestite di uno spesso strato di stucco bianco su cui sonodipinti, a vivaci colori, scene di banchetto, festoni di fïori, iscrizioni greche

e il segno di Tanit con caduceo: la presenza di questi due segni punici inquesti monumenti ci dà la testimonianza del perdurare, fino ad epoca tarda,di un ethnos punico che si manifesta specialmente nei fatti religiosi (34).

Selinunte - Dopo la distruzione di questa pretigiosa città awenuta nel 409a. C. da parte dei Cartaginesi e dopo lo sfortunato tentativo di Ermocrate diriconquistarla al dominio siracusano, passô sotto il dominio politico carta-ginese sotto cui visse, con alterne vicende, per tutto ilIV°sec.e meta del111°, fino alla conquista romana che ne provocô la totale distruzione e Pab-bandono. Scavi e studi recenti hanno messo in luce varî elementi che, uniti

a quei pochi che si conoscevano in precedenza, cominciano a delineare unquadro abbastanza consistente délia punicità di questo centra (35) ; appar-tengono alla «faciès» punica délia città la sistemazione urbanistica delTacropoli, (fig. 29) che i selinuntini abitarono dopo la distruzione délia lorocittà che invece adoperarono corne necropoli (36), tre aree sacre di tipo punico, ue segni di Tanit su pavimenti, (37) (fig. 30) anse di anfore con bollie segni punici e varie altre testimonianze (figg. 31- 32).

Corne si è accennato sopra i sehnuntini, abbandonato il luogo déliacittà, andarono ad abitare suU'acropoli ; anche questa doveva essere moltodevastata, si pose quindi ai selinuntini il problema di rendere questo luogo

atto a ricevere le loro abitazioni : per questa esigenza sistemarono adeguata-mente l'acropoli, tenendo conto ovviamente degli edifici e degti allineamentistrádali già esistenti ;l'aspetto attuale dell'acropoli, quale appare oggi a primavista, rispecchia questa situazione (38). Stando cosi le cose per quanto ri-

guarda l'acropoli, si puô parlare di «sistemazione viaria» eseguita nel IVsec. a. C. (39) e non di urbanistica nel significato più vero di questa parola :

questa infatti è la risultanzadi varie componenti, studiate e previste singolar-mente e portate poi a costituire un tutto unico dove l'uomo puô avère tuttoquanto a lui è utile per vivere in maniera ottimale, nel posto scelto a questofine ; niente di tutto questo invece sull'acropoli di Selinunte : il posto non fu

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DIALOGUES D'HISTOIRE ANCIENNE 249

scelto dagli abitanti, i varî edifîci già esistenti condizionarono certamente lasistemazione che oggi vediamo, nessuno studio potè precedere questa siste-

mazione stessa dati gli awenimenti che diedero origine all'utilizzazione dell'acropoli per funzioni abitative. Data questa realtà, non si puó parlare assolu-tamente di «urbanistica», ne tanto meno tirare in ballo il nome di Ippodamoda Mileto, come invece si puô fare benissimo per Solunto (40). Poche case sono state messe in luce fïnora nell'acropoli lungo le vie principali NS ed EO :

si traita di piccole abitazioni molto strette ed anguste, abbarbicate le uneaile altre e spesso, corne nel caso di quelle esistenti a SO del tempio С, addos-sate quasi all'edificio presistente. Constano di due e tre ambienti, posti l'unodietro altro comunicanti attraverso porte strettissime, spesso con qualcheaccenno di scala che portava ad un piano sovrastante : in questo caso nonsi esclude che il vano sottostante prospiciente sulla strada possa essere statoadoperato come bottega. Lungo la strada principale NS si trova qualchecasa un pô più grande ; con l'atrio al centro, ma senza peristilio, corne si

trova invece a Solunto.Un certo schema organico, sorto in epoca punie a, si trova a NE del

tempio С : (41) su una stretta via in senso EO si affacciano abitazioni abbas-tanza modeste costituite da complessi abitativi aventi mûri in comuni, formatida due о tre váni posti l'uno dietro l'altro e comunicanti, anche questi, attraverso strette aperture ; in génère dal piccolo vano che si trova al punto oppos-to délia strada si diparte una scale tta che porta al piano superiore, oggi nonpiù esistente ; anche qu i è probabile che il vano ch e si affacciava sulla stradasia stato adibito a bottega (42) (fig. 33).

Erice - Malgrado questa città appartenga, com'è noto dalla tradizione, allaregione elima, essa mostra chiari segni punici : la tradizione stessa peraltroc'informa che Erice in particolare ebbe rapporti stretti col mondo punico.Pochi scavi sono stati condottiad Erice : essi perô hanno permesso di accer-tare due fasi nella costruzione délia cinta muraria, tuttora ben conservataanche per varî restauri che vi sono state eseguiti nel corso dei secoli ;(fig. 34)una prima fase, elima, databile tra l'VIH e il VI sec. a. C, ed una seconda

fase «punica» databile tra la seconda meta del VI la fine del Iv sec. a. С. :

a questa seconda fase apparterebbero le lettere puniche incise su alcuniblocchi che compongono le mura. Anche il materiále conservato nel piccolomuseo locale, sia pure proveniente da rinvenimenti fortuiti, rive la una pre-senza costante dimotivi fenicio-punici (43).

Favignana - I resti punici di Favignana sono costituiti da alcune tombe ditipo punico incavate nella roccia cui si accede spesso per un «dromos» :

notevole, in una di queste grotte, una breve iscrizione in neo-punico databileal II-I sec. a. C, di difficile interpretazione ed in cui si accenna forse ad un'

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offerta a base di legno (fig. 35). Nel mare intorno a Favignana e aile altre dueisole che costituiscono l'arcipelago delle Egadi, Levanso e Marettimo, si

rinvengono spesso anfore с d. a. siluro, di tipo punico, testimonianza questadella presenza punica in quel mare (44).

Pantelleria - (fig. 36) II nome antico di Pantelleria (questo appare solo nelXIIe sec.) è Kóaaoupa , Cossyra, con molte varianti : incerta è l'originedi questo nome, non si esclude perô una componente etimologica fenicia.

La più antica fonte su Pantelleria è il «periplo» dello pseudo-Scilaceche, com'è noto, rimonta alla meta del IV° sec. a. C. : in esso si dice chePantelleria distava un giorno di navigazione da Lilibeo.

Esistono a Pantelleria, com'è noto, resti preistorici di notevole intéresse,

i с. d. «sesi», oltre ad un villaggio in località «Mursia», cinto da una muraglia ;eistono altresi, in località S. Teresa e S. Marco, alcuni tratti di mura forsedi epoca punica. Di origine fenicia sono alcune terrecotte riproducenti testee protomi feminili con «Klaft о benda che, secondo P. Orsi, che a suo tempole ha recuperate, provengono dalla località «bagno delTacqua» dove sarebbestato un santuario di tipo punico di epoca abbastanza antica, corne testi-monierebbe un aryballos tardo-corinzio ivi rinvenuto e databfle al VIsec. a. C.

Altre poche testimonianze di epoca punica (gjoielli, collane, monetě)mentre ci forniscono la prova archeologica della sicura esistenza nell'isola di

una lunga «faciès» culturale fenicio-punica, ci danno nello stesso tempo laprécisa sensazione che l'insediamento punico aveva una consistenza abbastanzaimi tata (45).

Nel corso di queste brevi note abbiamo accennato qualche volta apresenze culturali greche in ambiente fenicio-punico ; in real ta i Fenici ePunici usarono sempře dove più e dove meno,i prodotti della cul tura grecaaddirittura costruirono città (Solunto) alla maniera greca, ma non ne recepi-

rono mai lo spirito, il contatto con la cultura greca restô sempře per loro unfatto epidermico superficiale quindi ; quando perô si doveva esprimere il

loro spirito, come nei fatti religiosi, (edifici ed aree sacre, simboli religiosivarî corne le stele di Lilibeo) si esprimevano a modo loro, corne più e megliosi confaceva alla loro sensibilité : in sostenza la cultura greca non si puôconsiderare una componente delle manifestazioni artigianali puniche in

Occidente allô stesso modo corne consideriamo componenti l'egiziana, lamesopotamica о la siro-palestinese, che furono fatte proprie dalla culturafenicio-punica.

Questa considerazione sui rapporti tra fenicio-punici e greci non ci deve

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DIALOGUES D'HISTOIRE ANCIENNE 251

sorprendere : si tratta di due mondi, di due popoli assolutamente diversi,di due opposte concezioni di vita, che esprimono quindi, oviamente un lin-

guaggio assolutamente diverseQueste osservazioni non vogliono essere ne assolute ne definitive,intendono soltanto costituire lo spunto per un approfondimento del pro-blema, uno dei più interessanti ed affascinanti per chi voglia seriamenteconoscere una délie componenti essenziali dell'antica storia del Mediter-raneo, cioè di noi stessi : la civiltà fenicio-punica.

Prof. Vincenzo TUSA

NOTES

1. A questo punto è forse opportuno che dica qualcosa di me stesso perche si

possa comprendere meglio quanto dirb in seguito.2. Un esempio récente di questa mancata conoscenza ci è offerte dall'intervista

rilasciata ad una giornalista francese da un uomo di grande talento, che spesso ha inter

preta to corne nessun'altro alcuni aspetti délia Sicilia, Leonardo SCIASCIA, il qualepero, corne si evince anche dal titilo (La Sicilia corne metafora, Milano 1979), tendea far apparire corne diffusi in tutta la Sicilia alcuni aspetti di luoghi ben delimitati e

circoscritti délia zona centro méridionale dell'isola. A questo punto mi corre l'obbligodi dire che, in discussioni private ,lo scrittore siciliano ebbe a dirmi che il suo pensieroera stato in parte falsato, pur ribadendo che Горега letteraria, qual'è la sua, puô nonattenersi scrupolosamente ai dati storici.

3. Si tratta di VELLEIO PATERCOLO, I, 2, 3, PLINIO, N. H., XVIo, 216 e

XIX, 63, DIOD., V, 20.4. L. BREGLIA, Le antiche rotte del Mediterraneo documentate da monetě

e pesi, in Rendiconti deU'Acc. di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli, 1956, p. 211e sgg., La Breglia ammette che la presenza fenicia lungo la rotta africana è documentatadal XII-XI secolo.

5. M. MARAZZI, Egeo о Occidente alla fine del lť millennio a. С, Roma 1976,passim (ivi ampia bibliografia).

6. M. MARAZZI e S. TUSA, I Micenei in Sicilia. Prospettive per una ricercadi gruppo, in Sicilia Archeologica, VII, 26, 1974, p. 23 e sgg.

7. W. TAYLOUR, / Micenei, Milano 1966, Pp. 191-192 « Iolkos fu sopraf-

fatta Micene fu completamente distrutta.Tutte queste calamità si datano approssimativamente intorno al 1110 a. С

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Lo stato miceneo in realtâ non si riprese più dai colpi subiti alla fine del XIII sec. Lacomplessa amministrazione che aveva sorretto la sua potenza si disintegró, il suo com-

mercio, che era stato la sua vita, si frammentô e il tessuto délia sua società decaddeverso una fine ingloriosa».8. Sullo stato délie ricerche e degli studi archeologici in Sicilia all'inizio di una

nuova fase degli studi stessi, con particolare riguardo alla Sicilia Occidentale, v. V.TUSA, Problemi presenti e futuri dell'archeologia nella Sicilia Occidentale, in RIASA,1964-65 ;p. lOesgg.

9. L. BERNABO-BREA, Leggenda e Archeologja nella protostoria siciliana,in Kokalos, X-XI, 1964-85, Pp. 1-33 : qui VA traita «delTinserimento del commerciofenicio in Sicilia agl'inizî del X sec. collegato аИа comparsa fin da quest'epoca ditestimonianze materiali quali la fibula con areo a gomito, la oinochoe a bocca trilobata,

ed alla introduzione, seppure in maniera ancora sporadica, di prodotti in ferro» (ri-portato da M. MARAZZI, op. cit., pag. 99). Ancora il BERNABÔ-BREA in Sicilia prima dei Greci, Milano 5 éd. 1972, accennando (pagg. 154-6) al fenomeno «singolare»per il quale «parecchi dei bronzi siciliani di questa età si ritrovano in Spagna o sulle costeatlantiche délia Francia o dell' inghliterra» dice : «Queste analogie tipologiche non sonocertamente accidentali. Al contrario esse sono il riflesso archeologico di un fatto storicodi grande portata : le navigazioni e il commercio dei Fenici nel Mediterraneo occidentalee oltre lo stretto di Gibilterra. Siamo nel X e IX sec. a. C, nel periodo délia colonizza-zione fenicia sulle coste dell' Africa settentrionale e délia Spagna. Già sono state fondateUtica e Cadice. Le navi fenicie hanno sostituito quelle micenee ne i mari che circondano

la Sicilia». Ed ancora, a pag. 169:

«Questo complesso di rivenimenti che va dal Pantali-ca al Dessueri, abbracciando tutta la Sicilia sud-orientale, mostra una faciesdi civiitàab-bastanza unitaria. Sia i tipi délie ceramiche ch e quelli dei bronzi si ripetono con con-stanza, età per età, su tutto questo vasto territorio. Aile evidentissime influenze micenee,che contraddistdnguono il primo momento, si sostituiscono poi quelle derivanti dalcommercio fenicio. Prévale infïne l'imitazione di tipi del tardo geometrico greco, mentrei řiti funebri, cosi come molti altri elementi, si mantengono quelli tradizionali nellaSicilia délia prima e délia media et à del bronzo. Ma nessun elemento ci richiama a quelleculture appenniniche о sub-appenniniche délia penisola italiana délie quali, sulla basedélie fonti storiche, dovremmo pensare che i Siculi fossero portatori. La Sicilia sud-

orientale durante la tarda età del bronzo e la prima età del ferro guarda al MediterraneoeallaGrecia, non all 'Italia».10. G. PURPURA, Sulle vicende e il luogo di rinvenimento del cosiderto Mel-

qart di Selinunte, in Sicilia Arch eologica, 1981 46-47 p. 87 e sgg.

11. V. TUSA, La statue tta fenicia del Museo Nazionale di Palermo, in Rivistadi Studi Fenici, I, 2, 1973, p. 173 e sgg.

12. F .MATTHIAS,Ars Syra, Roma, 1962, p. 56 e sgg.

13. В. РАСЕ, Arte e Civiltà délia Sicilia Antica, Ie, 1958, p. 231. Non ignoroposizioni diverse al riguardo, tra cui quella di Garbini (G. GARBINI, I Fenici in Occi-dente, in / Fenici - Storia e Religione, Napoli 1980, p. 125 e sgg.) e, ultima, quella di

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DIALOGUES D'HISTOIRE ANCIENNE 253

Moscati (S. MOSCATI, Recensione a G. BUNNENS, L'expansion phénicienne en Méditerranée, in RSF, IX, 1981, p. 126-7) ch e ha sostansialmente modificato la sua prece

dente;

io perb non ritengo di modificare la mia, perimotivi che adduco in questa sede.14. Ritengo necessario a questo punto definire anzitutto ch e cosa inten-

do pe r «fenicio» e ch e cosa intendo pe r «punico» : per «fenicio» bisogna inten

dere tutto quanto ha origine о dériva dalla costa occidentale délia Siria, secon-do i limiti geografici e cronologici proposti da S. Moscati nella sua nota me-

moria e che qui si accetta corne valida ipotesi di lavoro (La questione fenicia in

Rendiconti dell'Accademia Naz. del Lincei, 1953, p. 483 e sugg.), mentre per «punico»bisogna in tendere tutto quanto di nuovo e di diverso ha espresso quella cultura che ebbeil suo centro a Cartagine fin dalla sua fondazione (814 a. C. : ritengo incosistente latesi del Forrer secondo la quale sarebbe stata fondata nel 673-663), e comunque dall'

VIII sec. in poi, e fïno aile ultime, percepibili manifestazioni di questa faciès culturale,a presdndere evidentemente dalla distruzione di Cartagine stessa del 146 a. C. Eowioche il limite cronologico qui indicate non vuole assolutamente cosituire un distacconetto e preciso in tutti i sensi in quanto Finflusso fenicio continua anche dopo la fondazione di Cartagine : esso vuole costituire soltanto un awertimento, un richiamo a tener

conto, nell'esame délie varie manifestazioni, di questa nuova realtà ch e si chiamaCarta-gine, per tutto quanto essa comporta.

15. Delia necropoli arcaica sono state portate alla luce 162 tombe di cui solo33 contenevano ceramica importata esclusivamente corinzia (in questa sede non facciodistinzione tra protocorinzia e corinzia : lo stesso Payne del reste ha dimostrato che pro-

tocorinzio e corinzio sono due fasi successive délia produzione ceramica di Corinto)'mentre 23 avevano ceramica corinzia dlmitazione : quesťultima costituita quasi sempředa coppette biansate imitanti le «Kotylai» c. d. proto corinzie, non si accompagnamai con quella importata, sembra quasi che la sostituisca.

Il numero totale degli oggetti rinvenuti nelle tombe ammonia a 461, cui 41sono quelli importati, poco meno del 9 % cioè : di questi 19 sono Kotylai, 11 skyphoi'10 aryballoi e una oinochoe ; tranne in due casi (tombe 41 e 51 ) in cui si è rinvenutasolo ceramica importata quesťultima si accompagna sempře a ceramica fenicio-punicache costituisce quindi la parte prépondérante del corredi. Tra le tombe rinvenute notevo-le un gruppo, numerate da 1 a 16, il cui corredo è costituito solo da ceramica punica

arcaica, se si fa eccezione per quattro tombe (3, 6, 6, 10) dove è aggiunta una coppettabianzata che ricorda il tipo délia Kylix corinzia a sua volta riferibiïe a tipi orientali.16. A. CIASCA, Mozia 1979. Scavi aile mura, in Rivista di Studi Fenici, VIII,

2, 1980, p. 237 esgg.17. A. DAVICO e P. MATTHIAE, II settore A, in Missione Archeologica in Si

ria, Rome 1967, p. 21 e sgg.18. V. TUSA, Mozia dopo il 397 a. C. in Mozia - III, Roma 1967, p. 85 e sgg.

19. V. TUSA, // Cappiddazzu, Lo scavo del 1971, m Mozia VIII, Roma 1972,p. 7 e sgg.

20. A. CIASCA e altri, Mozia 1-IX, passim, Roma 1964 - 1978.

21. S. MOSCATTI MX. UBERTI, Scavi a Mozia - La Stele. Roma, 1981 .

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254 V. TUS A

22. G. FALSONE, La statua fenicio-cipriota dello Stagnone, in Sicilia Archeo-logica, III, n° 10, 1970, p. 54 e sgg.

23. S. MOSCATI, Iconismo e aniconismo nelle più antiche stele puniche, inOriensAntiquus,Vm, 1, 1969, p. 59 e sgg.

24. V. TUSA, Luogo di arsione, in Mozia - IX, Roma 1978, p. 65 e sgg.

25. N. CUOMO DI CAPRIO, Annotazioni tecniche in margine al cosidetto «Luogoi Arsione» di Mozia, in Sicilia Archeologica, XIV, 1981, p. 7 e sgg. ;G. FALSONE,Struttura e origine orientale dei forni da vasaio di Mozia, Palermo, 1981

26. V. TUSA, II centro abitato, in Mozia - VI, Roma 1970, p. 49 e sgg.

27. Per una visione generále storico-archeologica di Solunto v. V. TUSA, So-lunto nel quadro délia civiltà punica délia Sicilia Occidentale, in Sicilia Archeologica,V. 17, 1972, p. 27 e sgg. ; id., Solunto-Nuovi contributi alla soluzione del problema

storico-topografico, in Kokalos, XVII, 1971 ,

p. 33 e sgg.28. V. TUSA, Edificio scaro Solunto, in Palladio, I-IV, 1967, p. 155 e sgg.

29. G. DE SANCTIS, Storia dei Romani, III, la, Firenze 1976, pag. 89.30. I. TAMBURELLO, Punici e Greci a Palermo nelTetà arcaica ? in Kokalos,

III, 1966, p. 234, e sgg. : ead., Palermo : osservazioni sulla necropoli punica, in Kokalos,XX, 1974, p. 152 e sgg.

31. C. CITRO, Topografia, storia, archeologia di Pizzo Cannita - La Cronia diPolieno, in A tti A ce. Se, Lett.eArtidi Palermo, 1952-53.

32. CA. DI STEFANO, Libibeo alla luce délie nuova scoperte archeologiche,in Sicilia Archeologica, XIII, 1980, p. 7 e sgg.

33. M.G. GUZZO-AMADASI, Le iscrizioni fenicie e puniche délie colonie inOccidente, Roma 1967, pp. 57-58.34. AM. BISI, Le stele puniche, Roma 1967, pp. 154-156.35. V. TUSA, Selinunte punica, in RIASA, N.S., XVIII, 1971, pp. 47-68.36. A. RALLO, Scavi e ricerche ne lia città antica di Selinunte. Relazione preli-

minare, in Kokalos, XXII-XXIII, 1976-77, II, 2, pp. 720-723.37. V. TUSA, Segni di Tanit a Selinunte, in Revista de la Universidad Complu-

tense (Homenaje a Garcia Bellido II) XXV, 104, 1976, pp. 29-35.38. E noto come da parte di vari studiosi si sia interprétai» in vario modo F«urba-

nistica» di Selinunte, «urbanistica» ch e intanto, riguarda solo l'acropoli : v. al tal propo-

sito J. MARCONI-BOVIO, Urbanistica 23, 1953, 76 e sgg. (ivi Bibliografïa precedente).Data l'importanza del problema, che è da vedere in tutto il conteste selinuntino, laSoprintendenza Archeologica di Palermo ha promosso già da alcuni anni campagnedi scavo, ricerche e studi sull'argomento, avendo ottenuto l'ambita collaborazionedel più illustre studioso di urbanistica antica, l'amico R. Martin cui esprimo in questasede la più sincera gratitudine e il più vivo apprezzamento per l'opéra Sua e délia Sua«équipe» tanto preziosa pe r i nostri studi. Di questo lavora, che sarà opportunamentepubblicato, il prof. Martin ha già fornito i primi risultati : v. R. MARTIN, Rapportsur l'urbanisme de Selinonte, in Kokalos, XXI, 1975, pp. 54-67 ; id., Histoire de Séli-nonte d'après les fouilles récentes, in CRAI, 1977, pp. 46-63 ; J. DE LA GENIERE,

Saggi sull'acropoli di Selinunte - Relazione preliminare, in Kokalos, XXI, 1975, pp.68-109.

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256 V. TUSA

SCAVO fRAFiiCH ITAl

ШЛ'Л. RESTAURO

seununte zona archeqiûgica

Fig. 1. — Selinunte zona archeologia

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Fig. 2. — Centri non greci délia Sicilia Occidentale

Fig. 3. — Mozia, foto aerea dell'isola

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Fig. 4. — Mozia, particolare della cinta muraria

Fig. 5. — Mozia, necropoli arcaica, particolare

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Fig. 6. — Mozia, Museo Whitaker, corredo tombale

Fig. 7. — Mozia, cinta muraria, porta Nord

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Fig. 8. — Mozia, cinta muraria, particolare

Fig. 9. — Mozia, il santuario di « Cappiddazzu »

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Fig. 10. — Mozia, il tophet

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Fig. 11. — Mozia, Museo Whitaker, maschere, dal tophet

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Fig. 12. — Mozia, Museo Whitaker, maschere, dal tophet

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Fig. 13. — Mozia, Museo Whitaker, maschere, dal tophet

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Fig. 14. — Palermo, Museo archeologico régionale, statua acefala

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Fig. 15. — Mozia, Museo Whitaker, gruppo scultoreo riproducentedue leoni che azzannano un toro

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Fig. 16. — Mozia, Museo Whitaker, stele dal tophet

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Fig. 17. — Mozia, Museo Whitaker, stele dal tophet

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Fig. 18. — Mozia, Museo Whitaker, stele dal tophet

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Fig. 21. — Solunto, pianta délia città

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Fig. 22. — Palermo, Museo Archeologico régionale - Stele punica da Solunto

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Fig. 23 . — Palermo, Museo Archeologico régionalestatuetta tipo « tanagra », della necropoli

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Fig. 24 . — Palermo, Museo Archeologico régionalemonili d'argento e d'osso, dalla necropoli punica

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Fig. 25. — Palermo, Museo Archeologico régionalecippo di pietra, dalla necropoli punica

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Fig. 26. — Palermo, Museo Archeologico régionalesarcofago antropoide, dalla localité « Cannita »

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Fig. 27 . Palermo, Museo Archeologico régionaletele funeraria da Lilibeo

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Fig. 28 . — Palermo, Museo Archeologico régionalestele funeraria da Lilibeo

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Fig. 29 . — Selinunte, Acropoli

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Fig. 30. — Selinunte, Acropoli : il segno di Tanit con caducéinel pavimento di una casa

Fig. 31. — Selinunte, collina orientale, mura di tipo punico

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Fig. 32 . — Palermo, Museo archeologico régionale, stele geminaal santuario della Malophoros di Selinunte

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Fig. 33. — Selinunte, case puniche sull'Acropoli

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Fig. 34. — Erice, cinta muraria, particolare

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Fig. 35. — Favignana, iscrizione neo-punica

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pa nt e 1 1 e r i a

Fig. 36. — Pantelleria, pianta dell'isola