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Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige GENNAIO / FEBBRAIO / MARZO 2013 In caso di mancato recapito restituire al CPO di Bolzano - Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in A.B. – 70% NE/BZ, Tassa Pagata/Taxe Perçue AFFARI SENZA FRONTIERE Le aziende altoatesine (ri)scoprono l’export. E si attrezzano per diventare ancora più internazionali 01

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Magazine per il Destination Marketing in Alto AdigeG E N N A I O / F E B B R A I O / M A R Z O 2 0 1 3

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affari senza frontiere

Le aziende altoatesine (ri)scoprono l’export. E si attrezzanoper diventare ancora più internazionali

01

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1.853aziende altoatesine risultavano attive nell’export nel 2011

» Nel Registro delle imprese dell'Alto Adige sono iscritte in totale 58.600 ditte. In Trentino si contano 52.115 aziende, 1.088 delle quali nel 2011 hanno fatto esportazione. (Fonti: ASTAT 2011, Camera di commercio di Bolzano, Camera di commercio di Trento, ISTAT)

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Export? Ora più che mai!Noi altoatesini veniamo talvolta tacciati di avere una mentalità ristretta, di non co-noscere bene l’inglese (per non parlare della padronanza delle due lingue locali) e di andare all’estero, nel migliore dei casi, solo in vacanza. Tutto ciò è ben lungi dall’essere totalmente vero, come dimostra il numero di M che state leggendo: le aziende che si occupano di export sono aperte nei confronti di altre culture e lin-gue e delle opportunità che esse offrono. E c’è anche da dire che oggi un euro su cinque viene generato all’estero, così come tanti posti di lavoro sono direttamente o indirettamente legati all’export.

Ammettiamolo: per quanto riguarda la quota di esportazione, il Tirolo con il suo 41% è di gran lunga davanti a noi. In Alto Adige la quota di fatturato maturata all’e-stero è attorno al 22%, ed è pertanto ancora nella fase embrionale. Però, guardan-do più da vicino le statistiche, si può notare come in Tirolo il 50% del volume delle esportazioni sia prodotto da pochissime aziende mentre in Alto Adige sono 26, a significare che l’economia altoatesina è molto ben diversificata. Da noi insomma l’esportazione è espressione di svariate realtà imprenditoriali, e non solo di una manciata di grandi aziende che indicano la strada da seguire. E il bello è che sono sempre di più le ditte altoatesine che tentano la sorte all’estero, mentre anche la politica sta preparando il terreno per facilitare l’esportazione alle aziende locali. Insomma, è proprio il caso di dire: export? Ora più che mai!

Hansjörg Prast, direttore di EOS

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Partecipa al concorso

Alto Adige Award dell’Economia 2013 e contribuisci allo sviluppo della location Alto Adige!

Info e condizioni di partecipazione su www.altoadige-award.it

Le iscrizioni si aprono il 1° gennaio e si chiudono il 15 aprile 2013

Cerchiamo proprio te!

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BLS – Business Location Alto Adige Spa, Passaggio Duomo 15, 39100 Bolzano EOS – Organizzazione Export Alto Adige, via Alto Adige 60, 39100 Bolzano SMG – Alto Adige Marketing Scpa, piazza della Parrocchia 11, 39100 Bolzano TIS – innovation park, via Siemens 19, 39100 Bolzano

Direttore responsabile: reinhold marsoner | Caporedattrice: barbara Prugger | Redazione: maria C. De Paoli, bettina König, Hartwig mumelter, eva Pichler, gabriela zeitler Plattner, Cäcilia Seehauser | Coordinamento: ruth Torggler | Traduzioni: Paolo florio | Layout: succus. Communicazione Srl | Design Consult: arne Kluge | Fotografie: 4betterdays.com, frieder blickle, alex filz, Lukas nagler, newTec Design, federico Pedrotti, Shutterstock | Illustrazioni: Lorenzo Petrantoni, Carlo Stanga | Infografica: alessandra Stefanut | Prestampa: typoplus, via bolzano 57, 39057 frangarto | Stampa: Karo Druck, Pillhof 25, 39057 frangarto | Per non ricevere più questa rivista è sufficiente inviare una mail specificando il proprio indirizzo a [email protected] | registrazione presso il Tribunale di bolzano n. 7/2005 del 9 maggio 2005

Sommario

copertina: export

8 Più export, più crescitainversione di tendenza: adesso solo chi ha un respiro internazionale può sperare in un futuro di successo.

14 Le esportazioni altoatesine del 2010Panoramica sui 10 mercati principali e sui settori più importanti della nostra economia locale.

15 Regola prima, evitare figuracceConoscere le lingue straniere non basta più, bisognaanche avere la giusta sensibilità verso le altre culture.

16 La solitudine non pagail comparto turistico altoatesino si dimostra ancora scettico nei confronti dei tour operator.

18 Stranieri? No grazieL'imprenditore pusterese Helmut Senfter parla delle sue esperienze lavorative e di vita in Cina.

20 Are you ready?Pronti ad espatriare? ecco un test per capire se avete tutto il necessario per tentare la fortuna all'estero.

21 L'esperienza serve. Anche nell'exportCon il progetto "export Coach" dell'eoS, manager esperti assistono le aziende locali che cercano nuovi mercati.

24 Anche i piccoli viaggianoTre aziende altoatesine raccontano come sono riuscite, con strategie diverse, ad avere successo all'estero.

MarKetinG

30 Per un futuro con meno inquinamentoil primo aDaC erallye Südtirol valorizza l'alto adige e apporta nuove conoscenze alla mobilità elettrica.

33 Attori protagonisti. Ma in incognitoDa James bond a Terence Hill: il product placement è sempre più diffuso anche a casa nostra.

38 L'artigianato digitaleecco come vendere on line prodotti di design realizzati in legno di cirmolo rigorosamente tirolese.

Rubriche

6 mailbox 7 made in alto adige26 uno sguardo oltre i confini29 l'opinione 36 menti 40 nell'occhio dei media42 mercato

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è già disponibile presso l’incubatore d’imprese del TIS; la visita può anche es-sere abbinata ad un primo colloquio in-formale con esperti di fondazione d’im-presa ed esperti di vari settori economici.www.tis.bz.it/incubatore

L'ALTO ADIGE A PuNTATERACCONTI #2 cerca sceneggiature

IMPORT. Con l’iniziativa RACCONTI, la Business Location Südtirol/Alto Adige (BLS) va ogni anno a caccia di valide sce-neggiature per cinema e tv, da produrre possibilmente in Alto Adige. Il program-ma dello Script Lab RACCONTI #2 pre-vedeva la presentazione di idee per serie televisive originali e di alta qualità am-bientate in Alto Adige e rivolte al pubbli-co televisivo di lingua italiana e tedesca. Tra le tante proposte pervenute alla BLS, una giuria di esperti ha selezionato i mi-gliori soggetti. Gli autori avranno adesso l’occasione di limare le loro sceneggiatu-re, affiancati da 4 drammaturghi di fama,

in due workshop previsti a fine feb-braio e ai primi di maggio del 2013. Grazie alla consu-lenza di questi esperti ed ai con-tatti con produtto-ri e responsabili di

emittenti televisive procurati dalla BLS, gli autori hanno delle ottime chances di vedere presa in considerazione e realiz-zata la loro sceneggiatura.www.bls.info/it/racconti

accattivanti, cartine interattive e testi di spessore redazionale, il nuovo magazine on line cerca di attirare nuovi turisti in Alto Adige e fornisce anche link a siti part-ner, alberghi e ri-storanti. I temi trattati per i nuovi mercati sono le Dolomiti, sci e ga-stronomia, eventi invernali, vacanze sulla neve in fami-glia ecc. In Repub-blica Ceca la rivista è stata spedita a 300.000 indirizzi, in Polonia le mail invia-te sono state 520.000 mentre in Gran Bre-tagna il magazine è arrivato nella posta elettronica di 180.000 potenziali clienti. www.smg.bz.it/it/Onlinemagazines

START-uP-BOxPrendi la scatola e scappa

INPuT. “Prendi e parti”: ecco il motto del-la campagna “Start-up-Box”, lanciata dall’incubatore di imprese del TIS e ri-volta a potenziali aziende fondatrici che abbiano idee commerciali innovative. La scatola in questione contiene tutte le no-tizie utili e necessarie per poter fondare una nuova impresa: oltre alle informa-zioni di base sull’incubatore di imprese del TIS e sui servizi che offre, vengono messi a disposizione prospetti e manua-li che consentono di sapere come fonda-re un’azienda o come elaborare un busi-ness plan professionale. Lo Start-up-Box

MELE, SPECK, vINODue campagne sostenute dalla UE

ExPORT. Accanto alle classiche campa-gne pubblicitarie per i prodotti altoatesi-ni, finanziate con denaro privato e pub-blico, da qualche tempo esistono anche due progetti UE molto efficaci. Il primo, decollato nel 2011, ha cadenza annuale ed è una campagna informativa sul trio di punta altoatesino “Mele, Speck e Vino” lanciata in Italia, Germania, Polonia e Repubblica Ceca. Oltre al consueto lavo-ro di PR con i media e le campagne di inserzioni su stampa e Internet, il pro-getto prevede anche la produzione di filmati informativi e l’allestimento di degustazioni promozionali. Da parte sua il vino altoatesino è riuscito, grazie anche al sostegno del progetto comuni-tario “ProVinus” (Promozione Vini negli United States), a prendere sempre più piede sul mercato americano. www.altoadigewinesusa.com www.suedtiroler-originale.info

fIDELIzzAzIONE IN RETELa rivista on line che parla di Alto Adige

MARKETING. La famiglia della rivista on line “daVivere”, realizzata da Alto Adige Marketing (SMG), è cresciuta. Dopo il suc-cesso della versione italiana e tedesca, questo mezzo di fidelizzazione della clientela viene ora sperimentato sui mer-cati di Repubblica Ceca, Gran Bretagna e Polonia. Avvalendosi di immagini e video

una delle immagini utilizzate per le campagne pubblicitarie su stampa e Internet

L'iniziativa della BLS va in cerca di valide sceneggiature ambientate in Alto Adige

(gzp)

m a i l b ox

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Prodotto: tavolino audio "Hoop Premium"L A S C H E DA

Produttore .................................................................................. newTec Design: audio, bolzanoParticolarità ............................... qualità di suono uniforme abbinata ad un design di classePaesi di esportazione ............13 mercati in europa, poi Cina, india, Corea, Singapore, USa Anno di nascita dell’azienda ................................................................................................... 2002

Il tavolino audio con luci al led per esterni non è solo bello da vedere, ma anche pratico: può infatti essere telecomandato da uno smartphone tramite blutooth. Lo sviluppo del tavolino audio ha riguardato solo l’aspetto tecnologico, in quanto il design esisteva già. “Di norma però i nostri prodotti vengono sviluppati fin dall’inizio assieme ai designer”, spiega il direttore Patrick Steurer. Per l’occasione il disegnatore è stato il bolzanino benno Simma. nella produzione si è badato soprattutto ad ottenere un suono diffuso e unifor-me. “Questa è un’arte. Ma solo così possiamo dire di aver ottenuto l’effetto benessere”, dice Steurer. Tra i clienti della piccola ma ambiziosa azienda bolzanina figurano Hugo boss, s. oliver, marriott e Le meridian. www.newtec-audio.com

m a D E i N a lto a D i g E

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co p E Rt i N a : exPorT | Più export, più crescita

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La stridula luce al neon del picco-lo supermercato nel cuore di Yogyakarta, l’antica capitale dell’Indonesia, fa apparire la

merce sugli scaffali se possibile ancora più strana. Per gli europei è praticamente impossibile riconoscere un solo prodot-to, né per il contenuto né per la confezio-ne e neanche per la marca. Le uniche ec-cezioni sono le bottiglie di Coca Cola nel reparto bevande, le saponette Palmolive, i soliti prodotti a marchio Nestlé e – in-confondibili all’occhio di un turista alto-atesino – i wafer della Loacker nelle con-fezioni dai tipici colori brillanti rosso, giallo, blu e bianco.

“In Indonesia vendiamo molto bene”, conferma il responsabile marketing Hans-Peter Dejakum. L’isola del sud-est asiatico peraltro è solo una delle tante bandierine piantate sul mappamondo

All’inizio andavano solo nei paesi confinanti. Oggi le aziende dell'Alto adige esportano in 150 nazioni di tutto il mondo. il volume d’affari au-menta, ma sarebbe bene che crescesse anche il numero delle ditte che esportano. Perché solo chi ha un respiro internazionale, avrà successo.

Testo: Maria Cristina De PaoliIllustrazioni: Lorenzo Petrantoni

PIù ExPORT, PIù CRESCITA

dalla fabbrica di biscotti del Renon: “Sia-mo presenti in 100 paesi”. Appunto. Tra i mercati più floridi figurano, accanto a Germania ed Egitto, anche Arabia Saudi-ta e Kuwait, Stati Uniti e Israele, Giappo-ne e Corea del Sud. Nel 2011 il fatturato estero della Loacker si è attestato – tra wafer, barrette di cioccolato e praline – sui 91,9 milioni di euro. Nello stesso pe-riodo le vendite in Italia hanno toccato quota 76, 2 milioni. Prestazioni di tutto rispetto, premiate l’anno scorso con l’Al-to Adige Award nella categoria Export.

Un simile successo non si raggiunge per caso ma con tanto impegno. Sentia-mo Dejakum: “In alcuni mercati abbia-mo dovuto muoverci come in mezzo a una giungla. E quando finalmente erava-mo entrati, hanno cambiato le regole del gioco e abbiamo dovuto ripensare l’orga-nizzazione”. La stessa cosa potreb-

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N E l 2 0 1 3 a R R i va i l f o N D o D i g a R a N z i a a lt o a t E s i N o p E R l ’ E x p o R t

all’estero l’hanno già fatto, adesso tocca all’alto adige: in futuro l’attività di export delle aziende locali potrà con-tare su maggiori garanzie, per ridurre i rischi e aumen-tare le capacità concorrenziali. il nuovo meccanismo è stato concepito da organizzazione export alto adige (eoS) con il coinvolgimento della Provincia di bolza-no, della banca di controllo austriaca (Ökb) e degli istituti di credito locali. in futuro un’azienda che inten-de aggiudicarsi un appalto all’estero si rivolgerà in primis alla eoS, presso uno sportello allestito appositamente.

Qui la documentazione verrà esaminata e trasmessa alla banca di controllo austriaca, che dopo aver eseguito il rating emetterà una polizza di garanzia. a questo punto l’azienda potrà andare

dalla propria banca e chiedere un finanziamento fino al 70% del valore dell’appalto.il sistema viene garantito da un fondo che, dopo la do-tazione iniziale da parte della Provincia, è destinato ad essere finanziato dall’attività stessa, ovvero dalle com-missioni trattenute. L’obiettivo è di rendere concorren-

ziale l’economia locale rispetto alle offerte della concor-renza estera. Da segnalare che, laddove questo meccani-

smo è stato già introdotto, la quota di esportazione risulta essere più alta di quella altoatesina.

be succedere in Indonesia. Secondo in-discrezioni, a breve dovrebbe scattare un divieto di pubblicità sugli imballaggi.

“La cosa naturalmente riguarda anche noi e saremo costretti ad adeguarci. Una misura del genere rischia di far sparire le piccole aziende, perlomeno sul mercato indonesiano”. Hans-Peter Dejakum è al-tresì convinto che per fare export ci vo-gliano solide basi e respiro lungo, e que-sto in tutti i settori commerciali: “Il seg-mento alimentare è sicuramente complicato, ma ce ne sono altri altrettan-to complessi”.

A confrontarsi con un mercato ali-mentare quanto mai agguerrito non sono solo i biscotti del Renon ma anche le mele, il prodotto da esportazione per eccellenza dell’Alto Adige. Secondo l’isti-tuto nazionale di statistica Astat, nel 2011 il fatturato delle mele altoatesine – dalle Golden alle Gala, passando per le Fuji e le Pink Lady - ha raggiunto i 470 milioni di euro. Ogni anno il 50% della produzione locale esce dai confini nazio-nali, l’altra metà è destinata all’Alto Adi-ge o alle altre regioni italiane. La forza delle mele altoatesine sta senza ombra di dubbio nella loro qualità, ma anche nelle modernissime tecnologie di stoc-caggio. Qui l’Alto Adige è all’avanguardia a livello mondiale. Tuttavia la crisi eco-nomica, il calo dei raccolti, la concorren-za interna ed esterna all’Europa e le mu-

tate abitudini alimentari obbligano an-che i produttori nostrani a cercare nuovi sbocchi di mercato.

“Mentre in Italia la Golden Delicious è ancora considerata la mela per eccel-lenza, in Germania questa varietà rap-presenta appena il 4-5% delle mele im-portate”, informa Sepp Zöschg del con-sorzio di produttori della Val Venosta VI.P. “Insomma, bisogna cercare nuovi acquirenti”, aggiunge Zöschg riferendo-si all’Africa del Nord ed al Medio Oriente.

"In Asia la domanda di Golden è piuttosto scarsa, perché gli asiatici preferiscono le varietà rosse come le Stark, Gala o Fuji".

un trend positivo

Malgrado le barriere culturali e le restri-zioni legislative, nonostante le difficoltà e i rischi, l’export rappresenta tuttora un fattore di crescita decisivo. E basta dare uno sguardo alla classifica delle aziende nostrane per riconoscere gli effetti positi-vi dell’internazionalizzazione. Chi era già grande è cresciuto anche l’anno scorso malgrado la crisi, laddove le piccole e me-die imprese spesso e malvolentieri rista-gnano. E uno dei fattori decisivi per il suc-cesso delle imprese di punta è stato pro-prio il respiro internazionale. Gli analisti lo affermano all’unisono: chi vuole rima-nere concorrenziale anche negli anni a venire, deve essere forte anche nell’export.

Negli ultimi anni il volume di esportazio-ne dell’Alto Adige è cresciuto continua-mente. Nel 2011 il valore delle merci che hanno varcato i confini nazionali ha toc-cato i 3.663 milioni di euro, con un incre-mento del 10,3% rispetto al 2010. Nel secondo quadrimestre del 2012 si è regi-strato un calo dell’1,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011, ma c’è da dire che il fatturato si è comunque man-tenuto sopra la soglia dei 900 milioni, un dato parziale che anche prima della crisi del 2009 non era mai stato raggiunto. E non è tutto: oggi l’Alto Adige esporta i suoi prodotti in 150 paesi sparsi in tutto il pianeta, laddove le quote dei mercati in passato più importanti sono calate a vantaggio soprattutto dei nuovi paesi Ue dell’Europa centro-orientale.

“Oggigiorno non dipendiamo più come una volta dai mercati di Germania, Austria e Svizzera” afferma Hansjörg Prast, direttore di Organizzazione Export Alto Adige (EOS), che vede come un se-gnale positivo questa differenziazione. In questo contesto Walder si riferisce an-che alle altre regioni italiane. “Per espor-tazione si intende il trasporto di merce al di fuori dei confini nazionali, e questo criterio viene anche usato per stilare le statistiche sull’attività di export”. Per de-finire correttamente il commercio ester-no all’Alto Adige, si dovrebbe però am-pliare il concetto di export: “L’esportazio-

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ne inizia nel momento in cui si superano confini linguistici e culturali”. Tanto più che, proprio per le piccole aziende, la conquista del mercato italiano rappre-senta una sfida maggiore di quanto pos-sa essere una spedizione in Germania.

Il fatto che l’export altoatesino sia ancora oggi caratterizzato dai fatturati di alcune grandi aziende, viene com-pensato dalla gamma relativamente ampia dei prodotti esportati: non solo mele, ma anche prodotti ad alta tecno-logia per l’industria automobilistica, tecnologie di misurazione e medicina, componentistica in plastica e metallo. I numeri attuali parlano di 1.853 imprese attive all’estero, anche se la metà del vo-lume d’affari complessivo è generato da 26 aziende. “Se rapportato alle regioni limitrofe Tirolo e Trentino, si tratta di un dato molto buono. Nella provincia di

Trento la metà del fatturato viene pro-dotta da 20 aziende, in Tirolo addirittu-ra si contano sulle dita di una mano”, dice Prast.

Va da sé che in futuro lo sviluppo del volume d’affari non dovrebbe derivare solo dalla crescita delle grandi aziende,

“ma piuttosto dall’aumento delle picco-le ditte che decidono di cimentarsi in campo internazionale, da sole o in con-sorzio”. Secondo EOS, le carenze più evidenti - ma anche le maggiori poten-zialità - si annidano nelle aziende con 5 fino a 50 dipendenti: in Alto Adige ce ne sono 3.300.

Resistenti alla crisi

D’altronde gli studi dimostrano che le aziende vocate all’esportazione sono più resistenti alle crisi, più aperte e in rete, e

generalmente investono in ricerca e svi-luppo più di quanto faccia la concorren-za “stanziale”. “E una volta che si sono sistemate in loco – conclude Prast – le aziende che esportano possono creare nuovi posti di lavoro, facendo oltretutto da apripista per altre aziende”.

Un po’ com’è successo al Falkenstei-ner Michaeler Tourism Group, che seb-bene abbia spostato la sede a Vienna, mantiene salde radici in Alto Adige. Il gruppo gestisce tra le tante cose 36 alber-ghi del segmento da 4 a 5 stelle: sei di questi sono sparsi tra Casteldarne e Ave-lengo, gli altri si trovano in Austria, Cro-azia, Repubblica Ceca e Serbia. “E in ognuno di questi paesi – sottolinea Erich Falkensteiner – abbiamo esportato un pezzo di ospitalità altoatesina, una carat-teristica importante per distinguerci dalla concorrenza”.

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Ma questo “tocco di sudtirolesità”, come lo definisce Falkensteiner, non è la sola cosa dell’Alto Adige che l’azienda si è por-tata all’estero. Nell’ottica di un servizio di alta qualità, il gruppo collabora assidua-mente con aziende nostrane: “Per la pro-gettazione e la gestione del progetto con-tinuiamo ad avvalerci della consulenza di Michaeler & Partner”, ditta con sede a Varna posseduta al 100% dal gruppo FMTG. “Tramite loro conosciamo parec-chie aziende altoatesine, con le quali col-laboriamo molto volentieri”. Basti pen-sare alle porte degli alberghi che arrivano dalla Val Pusteria o agli impianti di depu-razione dell’acqua fabbricati nei dintor-ni di Bolzano, ai quali ben presto si af-fiancheranno altri prodotti made in South Tyrol. “Nel settore turistico in par-ticolare il nome Alto Adige ha una conno-tazione positiva”, afferma Erich Falken-steiner. Un fattore che il gruppo ha voluto sfruttare, e come esempi l’imprenditore cita i vini nostrani e il noto marchio Luis Trenker: “In questi campi abbiamo già allacciato dei contatti”.

Che le dimensioni di un’azienda non siano a tutti i costi decisive per lanciarsi sul mercato internazionale, lo ribadisce Josi Kosta della Joko srl di Salorno. Appe-na 6 dipendenti e un milione di fatturato annuo, ma una quota di export pari al 60%: ecco i numeri principali dell’azien-da della Bassa Atesina. Da 40 anni Joko produce ceppi, ceppaie e superfici da la-

voro in legno, polietilene e acciaio. “E da oltre 35 anni li esportiamo”, precisa Co-sta. Inizialmente nelle nazioni europee più vicine e nel Medio Oriente, poi “dieci anni fa siamo riusciti a creare un’altra importante linea di prodotti, ovvero mo-duli di cottura di alta qualità, carrelli grill e piani di cottura per uso domestico che esportiamo persino in Giappone e Malesia, negli Stati Uniti e in Nuova Ze-landa”, informa Kosta. “I contatti con i clienti, in particolare rivenditori e archi-tetti, li prendiamo nelle fiere specializza-te. In alcuni paesi però ci avvaliamo di agenti di commercio”.

Per Kosta anche il sito Internet ha la sua importanza: “Un’azienda piccola deve presentarsi nel migliore dei modi”. Kosta è cosciente della paura che tante aziende altoatesine hanno di gettarsi nell’export. “Per esperienza però posso dire che proprio i clienti più esigenti ap-prezzano un rapporto senza tanti fronzo-li. Un vantaggio che hanno proprio le ditte piccole, dove si riesce a parlare di-rettamente con il capo e quindi è più fa-cile reagire in maniera rapida alle richie-ste della clientela”.

L'export nel Dna

Il processo di internazionalizzazione delle aziende a carattere familiare, come la Joko di Salorno, è stato recentemente oggetto di studio dell’agenzia di consu-

lenza Weissman Austria. Nel documento, frutto della collaborazione con la banca privata austriaca Gutmann, è stato trac-ciato il “Dna” delle aziende familiari di successo, prendendo in esame oltre 100 ditte dell’area di lingua tedesca tra cui 24 altoatesine. La conclusione degli analisti è univoca: la chiave del successo delle aziende familiari consiste nel sapersi concentrare sulle competenze principali, nei valori che esse rappresentano, nella sensibilità verso l’ambiente e nello sfor-zo di crescere con le proprie forze rima-nendo di proprietà della famiglia. Ciò non toglie che, senza uno sbocco inter-nazionale, neanche queste imprese han-no margini futuri di crescita. E di questo ne sono consapevoli, laddove la maggior parte di esse sono presenti sui mercati esteri di lingua tedesca e nel mirino han-no già Asia e Usa, Sudamerica e altri stati europei. Lo studio fa anche notare come le aziende tedesche siano particolar-mente impegnate nel dare un respiro internazionale al loro portafoglio clienti.

In un’epoca di globalizzazione, chi non sarà in grado di uscire dalla menta-lità del maso chiuso andrà incontro a serie difficoltà, sostiene Heinz Peter Ha-ger, dottore commercialista ed esperto contabile di Bolzano. A meno che non si tratti di un settore di nicchia. Proprio per questo tipo di aziende il mercato locale diventa ben presto troppo stretto, e il pas-so verso l’export è solo la naturale conse-

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u N a s q u a D R a D i s t R a N i E R il ' E x p o R t c R E a o c c u pa z i o N E

Tra le condizioni essenziali per mettere radici su un mercato estero figurano il superamento delle barriere linguistiche e la comprensione delle altrui culture. alcune aziende altoatesine ag-girano l’ostacolo importando personale con know how spe-cifico per determinate zone. Questo fa sì che, da Vipite-no a Cortaccia e tra malles e brunico, l’export sia cu-rato da specialisti provenienti dai più svariati Paesi.Prendiamo ad esempio la coppia francese compo-sta da Dominic bosio, che da sei anni lavora come responsabile per i nuovi mercati della Leitner di Vipiteno, e da sua moglie Valérie, che è alle dipen-denze della rubner di brunico. La famiglia transal-pina vive a Bressanone e, dice Bosio, “le mie due fi-glie sono già diventate delle vere altoatesine”.il francese si trova molto bene in alto adige, “ma sono anche molto contento di poter viaggiare spesso all’estero per lavoro”.a suo parere le aziende altoatesine sono aperte e interessate, quasi predestinate a svolgere attività al di fuori dei confini pro-

vinciali. La posizione geografica e il fatto di essere un’interfaccia tra due culture sono, secondo bosio, due grandi vantaggi, “e inoltre gli altoatesini non hanno problemi a imparare lingue stra-niere. Da Leitner c’è gente che parla cinque, sei o addirittura sette lingue”. Dominic è particolarmente affascinato dalla natura altoatesina: “io sono originario della regione di grenoble, ci pia-

ce sciare e fare fondo e quindi è normale che qui ci troviamo molto bene”.

anche fernando mena fa parte della squadra di stra-nieri ingaggiati con l’obiettivo di incentivare l’ex-port dell’alto adige. Dopo una lunga esperienza la-vorativa a new York, oggi lavora per la rothoblaas di Cortaccia. “Sono originario dell’Ecuador”, dice nel suo italiano curato che ha mantenuto un marca-

to accento spagnolo. Per quanto fernando abbia po-tuto scoprire finora, gli altoatesini sono buoni tecnici,

hanno alcuni prodotti di punta e parecchio know how. “Spesso però manca loro una visione per l’export”. Cosa che

oggi è invece particolarmente importante: “gli affari non si fan-no più sui mercati europei, ma altrove. e per capire il resto del mondo bisogna uscire di casa”.

guenza. La ditta Ferdinand Stuflesser 1875 esiste da 137 anni e vanta una ge-stione familiare di cinque generazioni. La ditta produce arredi sacri per chiese, statue e sculture in legno, bronzo e mar-mo ed esegue anche lavori di restauro. “Il nostro mercato è così specifico – dice Fi-lip Stuflesser – che per forza di cose dob-biamo uscire dai confini dell’Alto Adige”. Le opere di alto valore artistico prodotte a Ortisei si possono trovare in chiese e

cattedrali sparse in tutto il mondo, e la quota di fatturato derivante dall’export ammonta al 40%. “Le nostre migliori re-ferenze? La nostra tradizione. I clienti ci conoscono e vengono direttamente da noi”. A differenza di altre ditte gardenesi, la Stuflesser non sente la concorrenza dei paesi a basso reddito, anche se Filip non risparmia una frecciatina alle altre aziende del settore. “Alcune ditte hanno trasferito la produzione all’estero, ma

non solo: alcuni artisti hanno portato il nostro know how e l’arte dell’intaglio in giro per il mondo, con il risultato che oggi tutti ci fanno concorrenza”.

Stuflesser si riferisce non solo a Cina e Romania, ma anche ai materiali alter-nativi come la plastica: “Siamo stati poco lungimiranti”, conclude. È manca-ta una visione, proprio quella visione che

– tutti gli analisti ne sono convinti – è de-cisiva nel settore dell’esportazione.

g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r zo 2 0 1 3 | M 1 3

Page 14: M - Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

Export? Di tutto e anche di più

Da tempo ormai l’Alto Adige non esporta più solo alimentari e vino.e chi avrebbe mai immaginato che una regione così piccola potesse esportare anticrittogamici nell’immensa nazione cinese? oppure che il settore n. 1 dell’export è rappresentato dai componenti per auto che vanno a finire in Gran Bretagna? Nella Top Ten dei mercati però manca un nome importante: l’italia. Le statistiche infatti non pren-

dono in considerazione le “esportazioni” nello Stato di appartenenza, anche se numericamente rivestono una grande importanza. basti pensare a latte e derivati ma anche all’edilizia. Per le piccole ditte peraltro, a causa delle barriere linguistiche, è più facile vendere nelle vicine nazioni di lingua tedesca che a sud di Salorno. a proposito: come se la passa l’Alto Adige in confronto alle regioni confinanti? nel 2011 il volume d’affari generato dall’export ha toccato i 3,7 miliar-di di euro, contro i 3,1 miliardi del Trentino e gli 11,5 miliardi del Tirolo.

La Top Ten dei Paesi in cui esporta l'Alto Adige (dati del 2010)

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co p E Rt i N a : exPorT | Infografica

1 4 M | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r zo 2 0 1 3

Totale export in mil. €

Volume del settore principale d'esportazione

Percentuale volume del settore principale d'esportazione

Settore principale d'esportazione

1.148,7

167,8

15%

164,5368,3

31,827,4

19% 29%

146,6155,0

14,815,6

10%7%

125,1132,0

60,937,7

49% 23% 23%10%

75,2115,4 70,4

56,2 16,326,6

75%

Prodotti agricoli

macchinari & apparecchi

Prodotti alimentari & bevande

articoli in gomma & materie plastiche

metalli & prodotti in metallo

mezzi di trasporto & componenti

Prodotti chimici & farmaceutici

Page 15: M - Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

co p E Rt i N a : exPorT | Il galateo

Regola prima, evitare figuracce. Solo chi conosce le abitudini di comportamento dei paesi stranieri e riesce a capire le loro culture ha la possibilità di fare affari all’estero. anche se ci sono delle eccezioni.

(mdp)

NON MERAvIGLIATEvI SE un uomo d’af-fari cinese, dopo aver annuito tutto il tempo, alla fine si alza e se ne va. Oppure se un cliente egiziano continua a contrat-tare anche dopo aver firmato, o se un partner russo vi mette sempre la mano sulla spalla mentre parla. A tutto c’è una spiegazione: i cinesi sono persone estre-mamente educate e non dicono mai un

“no” chiaro e tondo; gli egiziani sono mer-canti per natura e per loro la contrattazio-ne è molto più che una formalità; i russi mentre discutono cercano il contatto fi-sico. E sappiamo anche che gli svedesi passano subito al “tu”, che gli inglesi sono dei chiacchieroni, gli indiani non la smettono di mercanteggiare, i francesi se la prendono comoda e gli ungheresi preferiscono la telefonata alla mail.

Training interculturale

Paese che vai, usanze che trovi: il vecchio motto vale anche per gli affari. Più in là ci si spinge con l’internazionalizzazione del business, più alto sarà il rischio di in-cappare in qualche figuraccia. Gli esperti lo definiscono “Training interculturale”, il confronto con i Dos & Don’ts delle altre culture. “È sempre affascinante osserva-re come in alcuni settori le cose vadano lisce anche senza una preparazione spe-cifica”, afferma Sylvia Ortlieb.

La politologa ed etnologa di Monaco si riferisce nello specifico all’industria

degli armamenti: “In questo campo gli affari si concludono in fretta e senza pro-blemi, anche senza avere delle grandi conoscenze reciproche”. In tutti gli altri settori invece Ortlieb consiglia di sinto-nizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda del mercato scelto. E non solo per quan-to riguarda le regole di comportamento locali, il modo di fare conversazione o le tradizioni culinarie.

“La cosa più importante è mantenere sempre la capacità di azione e saper fronteggiare le situazioni difficili”. L’autrice del manuale “Business-Knig-ge für den Orient” (Il galateo del business in Oriente) fornisce un esempio pratico:

“Nelle contrattazioni gli arabi le provano tutte. Spesso e volentieri capita che all’improvviso se ne stiano in silenzio davanti all’interlocutore. Chi non è pre-parato a una situazione simile corre il rischio, sentendosi imbarazzato, di ab-bassare spontaneamente il prezzo o di rivedere le proprie condizioni. E invece si tratta solamente di tattica”.

Quando “forse” significa “no”

Oggigiorno esistono diverse possibilità per acquisire competenze interculturali, e non è detto che solo le grandi aziende possano prepararsi per affrontare un nuovo mercato. “La regola generale è che qualsiasi persona, anche un turista, che voglia incontrare una cultura diversa, do-

vrebbe informarsi in anticipo”, sostiene Sylvia Ortlieb. D’altronde la letteratura specializzata non manca e “nel frattem-po si è anche creata una vasta offerta di seminari e training”. Inoltre non guasta mai utilizzare i media per informarsi sul-le situazioni politiche, i film di successo o gli avvenimenti sportivi degli altri paesi.

“Ogni popolo ha i propri ritmi, ogni paese ha le proprie connotazioni”, dice Ortlieb. Alla domanda su quali siano i posti più pericolosi o i mercati più diffi-cili, l’esperta bavarese non ha dubbi:

“Senz’altro l’Arabia Saudita, con la sua interpretazione estremamente conser-vatrice dell’Islam”. Ma anche i sorrisini amichevoli dei cinesi sono di difficile interpretazione: nella “Terra di mezzo” un “forse” può anche significare “no”, perché l’educazione vieta di manifestare direttamente un diniego.

E negli USA? “In America ognuno può andare direttamente al sodo senza problemi”, consiglia la giornalista ed esperta di galateo tedesca Isabel Nitzsche nel suo “Business-Spielregeln rund um den Globus” (Le regole del gioco nel business di tutto il mondo). “La critica non viene espressa direttamente ma confezionata sotto forma di lode. I pro-getti vengono affrontati in maniera di-retta e pragmatica e chi pensa già agli eventuali problemi viene visto come il solito tedesco dalla mentalità disfatti-sta”. Chi invece vola a Rio de Janeiro do-vrebbe sapere che in Brasile un atteggia-mento cordiale è molto più importante che a New York o San Francisco. A Rio inoltre c’è minore fiducia nelle leggi, nei contratti e nelle istituzioni: “Sono i rap-porti personali ad avere un ruolo decisi-vo”. Ad ogni modo per Isabel Nitzsche non è necessario “imparare pedissequa-mente a memoria” quello che bisogna sapere; ha invece molto più senso com-binare le informazioni preliminari con un comportamento adeguato e svilup-pare la capacità di capire le culture dei diversi paesi.Non basta conoscere le lingue straniere

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co p E Rt i N a : exPorT | Turismo

"NESSuN CONTADINO Può vendere tutte le sue mele nel maso”, afferma Cornelia Kupa, responsabile del reparto Distribu-zione & Tour Operator di Alto Adige Mar-keting (SMG). “Per vendere l’intero rac-colto c’è bisogno di validi partner di di-stribuzione. Come fanno le cantine, che malgrado abbiano un proprio shop aziendale, per vendere i loro vini si ap-poggiano a enoteche, negozianti, cate-ne o ristoranti”.

Di fatto, è quello che succede nel comparto turistico, dove esiste la colla-borazione con i tour operator. “Non im-porta se ci si rivolge a TUI, Dertour o Thomas Cook: ogni operatore contribu-isce ad esportare l’offerta turistica”, spiega Kupa. Con 10.000 strutture, 200.000 letti, 6 milioni di arrivi e 29 mi-lioni di pernottamenti, il settore turisti-co “importa” ogni anno in Alto Adige circa 3 miliardi di euro. “Queste cifre fanno del turismo il prodotto più espor-tato dell’Alto Adige”, commenta il diret-tore di SMG Christoph Engl. E se in effet-ti il “prodotto” viene consumato in loco,

“la pubblicità viene fatta al di fuori dei confini provinciali, e da qui arrivano an-che i clienti e i capitali”.

I clienti abituali di vicinato

L’alta percentuale di viaggi individuali e di clienti abituali provenienti dai merca-ti principali – Italia e Germania – ha fi-nora tenuto lontane molte strutture no-strane dalla collaborazione con i tour operator. Gli ultimi sviluppi del settore turistico però obbligano ad un cambio di mentalità. “Chi è in cerca di nuovi clienti o di nuovi mercati, a causa delle barriere linguistiche e geografiche non ce la potrà mai fare senza un partner di distribuzione”, sostiene Kupa. Detto questo, non è comunque facile mettere in piedi una collaborazione, anche per le reticenze tuttora esistenti. “Molte aziende sono ancora oggi poco informa-te, e tante hanno paura delle provvigioni

TUI. “Il nostro obiettivo è garantire ai nostri partner il miglior mix di clientela dai più diversi mercati e il miglior tasso di occupazione”. E chi prenota per la pri-ma volta da TUI, è probabile che ci torni come cliente individuale.

“Ogni anno perdiamo dal 15 al 20% della nostra clientela a vantaggio dell’e-conomia privata”, informa Innerhofer.

“Gli ospiti si trovano bene nell’albergo o nel posto scelto e diventano ospiti abi-tuali. Ma per TUI va bene così. Noi sap-piamo infatti che un cliente soddisfatto tornerà da noi per altri tipi di vacanza”. In Alto Adige la quota di fidelizzazione è mediamente tra l’80 e il 90 per cento, ciò

che devono pagare. Quel 25% richiesto mediamente dai tour operator viene vi-sto come una perdita piuttosto che come un investimento di marketing”.

La paura delle provvigioni

“L’Alto Adige – dice Thomas Innerhofer di TUI Austria – è presente in almeno 10 diversi cataloghi dei nostri vari organiz-zatori. E in più facciamo pubblicità su tanti media”. Innerhofer parla di cam-pagne rivolte ad uno specifico gruppo di ospiti, di target molto differenziati e del-le tante nuove tendenze che ogni anno vengono elaborate dal leader di mercato

La solitudine non paga. Oggigiorno le barriere linguistiche e geografiche obbligano sempre più anche il comparto turistico altoatesino a cercare partner di vendita. gli imprendi-tori tuttavia rimangono alquanto prudenti in materia di mercato turistico.

Provvigioni e contingenti sono le principali materiedi contrattazione tra albergatori e tour operator1 6 M | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r zo 2 0 1 3

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significa che la maggiore parte delle per-sone che è stata in vacanza in Alto Adige, ci torna. E questo discorso vale anche per chi acquista pacchetti vacanza. In-nerhofer condivide solo parzialmente i timori degli albergatori altoatesini. “È vero che i margini di guadagno si ridu-cono e c’è il timore di dover cedere al tour operator una fetta di torta cospicua. Ma troppo spesso ci si dimentica che an-che tutte le altre attività di marketing costano, mentre la collaborazione con un operatore turistico comporta un esborso solo se la prenotazione va a buon fine”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si si-tua Elena Odegova del tour operator rus-so PAC Group. “Siamo presenti in Italia con nostri uffici da più di 20 anni; a bre-ve ne apriremo uno in Val di Fassa e da 17 anni lavoriamo anche con alberghi della Val Gardena”. Ora i russi cercano di espandere il mercato. “E per questo, oltre alle strutture a tre o quattro stelle, stiamo cercando anche piccoli alberghi, pensioni e case vacanza per la stagione invernale”, informa Odegova, che con-clude: “In Alto Adige però non è così fa-cile”. Il PAC Group lavora con contin-genti di letti ma anche su richiesta: l’al-bergo viene contattato in caso di bisogno e questo, secondo Kupa, “è una situazio-ne che può rivelarsi interessante pro-prio per le piccole strutture”.

I portali di prenotazione

Chi invece cerca un canale di vendita on line deve mettere in conto una provvi-gione attorno al 12 per cento. La coope-razione con un portale di prenotazione tuttavia può essere anche più cara: “Tut-to dipende dal ranking”, spiega Elmar Premstaller, direttore del reparto IT/Online-Marketing dell’associazione al-bergatori (HGV), in quanto più in alto viene posizionato un albergo, più cara sarà la provvigione: “Con il rischio che le imprese si mettano a giocare al rialzo”.

Questo comunque non impedisce alla vendita on line di acquisire fette sempre più grandi di mercato. Il trend dei cana-li di prenotazione è costantemente in crescita. Secondo i dati forniti dall’asso-ciazione tedesca degli albergatori, solo in Germania, Austria e Svizzera la quota di prenotazioni effettuate on line ha rag-giunto il 27 per cento, di cui il 19% ri-guarda i portali di prenotazione ed il resto si riferisce al sito web dell’albergo o ai sistemi di prenotazione di coopera-zioni o catene alberghiere. Anche in Alto Adige il futuro dei portali di prenotazio-ne promette bene, tant’è che Booking.com ha da poco aperto a Bolzano un uf-ficio con 12 dipendenti per lanciare l’as-salto al mercato locale. Al momento di

chiudere il giornale il portale ospitava 1.367 strutture ricettive altoatesine.

“Sul portale di prenotazione dell’HGV, BookingSuedtirol.com, sono presenti cir-ca 800 aziende alberghiere e il numero è in costante aumento”, informa Premstal-ler. Per fronteggiare la concorrenza inter-nazionale le piattaforme regionali devo-no ricorrere ad una forte differenziazione.

“Noi distinguiamo per tipologia di camera e offriamo pacchetti; oltre alla stanza si possono prenotare anche skipass ed escursioni guidate, cosa che i grandi non fanno. La presenza del nostro portale di prenotazioni inoltre fa sì che, in confron-to al resto d’Italia, in Alto Adige le provvi-gioni si mantengano su un livello relativa-mente moderato”. (MDP)

vicino al cliente: i cataloghi e i siti di prenotazione on line sono importanti strumenti di vendita

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t i t E l : exPorT

Stranieri? No grazie. L'imprenditore pusterese Helmut Senfter parla delle sue esperienze sul mercato cinese, delle difficoltà linguistiche e del fatto che in Cina, per sentirsi come a casa propria, bisogna essere cinesi.

Chi è

Pusterese di San Candido, Helmut Senf-ter (41 anni) fa parte del Cda di Grandi Salumifici Italiani Spa con sede a Mode-na. All’interno del gruppo (670 milioni di euro di fatturato annuo) è responsabile per lo sviluppo del mercato cinese. Negli anni tra il 1995 e il 2010 ha lavorato e vissuto in Cina. Senfter è anche ammini-stratore unico della Ibet, una Srl parteci-pata al 49 per cento da una centrale a biogas cinese.

Helmut Senfter, è convinzione diffusa che una piccola-media impresa possa avere successo all’estero solo quando il capo si mette in gioco in prima persona. Tra l’al-tro lei non si è limitato a viaggi d’affari e colloqui con i clienti, ma nel 1995 – a soli 24 anni e fresco di laurea – è volato addi-rittura in Cina per mettere in atto i piani di espansione di Senfter.Nel 1995, assieme all’azienda statale cinese Shineway, abbiamo siglato una Joint Venture nel settore della produ-

zione di insaccati. In un primo mo-mento sarebbe dovuto partire il nostro Export Manager, il quale però – per motivi familiari – poco prima della partenza ha cambiato idea. E a quel punto è toccato a me imbarcarmi sull’aereo per la Cina.

Quali sono le difficoltà più grandi incon-trate in Cina?Fino al momento in cui non abbiamo concluso affari con il Governo di Pechi-no e io stesso non ho imparato il cine-se, l’ostacolo più grosso è stato senz’al-

tro la lingua. Ancora oggi, a fare carrie-ra nel partito e nelle aziende statali sono solo le persone che non parlano inglese. Chi si interessa alla cultura asiatica viene subito guardato con so-spetto. E neanche un traduttore può fare più di tanto: in Cina infatti non ba-sta capire quello che ti dice il tuo inter-locutore, ma soprattutto devi capire quello che intende dire. E in questo la traduzione simultanea non ti aiuta. Tra l’altro succede spesso che i tradut-tori, pur non essendo parti in causa, ri-escano a trasformare un problemino in una tragedia. E non è finita: in Cina, quando la conversazione coinvolge tre persone, non si può più parlare in ma-niera franca perché la terza persona potrebbe essere una spia. Tant’è che tra gli imprenditori c’è il terrore diffuso che i traduttori lavorino per i servizi se-greti.

Quanto ha inciso la sua presenza sul posto?Se io non fossi andato in Cina, non avremmo cavato un ragno dal buco.Fin dall’inizio abbiamo capito che gli affari con i cinesi si fanno sul posto. E

probabilmente un Export Manager non avrebbe mai imparato il cinese, con la conseguenza che non saremmo mai ve-nuti a capo della situazione conflittuale di partenza. Quindi è vero che in fatto di export deve occuparsene il capo in prima persona.Non necessariamente, dipende dalla struttura aziendale. Nelle imprese a conduzione familiare è così, con il pa-drone che deve prendere in mano la si-tuazione anche per risparmiare sui co-sti. Laddove invece c’è un apparato diri-

genziale, il capo deve permettere ai suoi quadri di occuparsene anche perché, fa-cendo tutto da solo, rischia di ritrovar-si con un team poco motivato con tutte le conseguenze che una simile situa-zione comporta.

Lei è andato in Cina, suo padre per anni ci ha messo la faccia per pubblicizzare i pro-dotti Senfter in televisione e sui giornali: non sono tante le aziende, anche a condu-zione familiare, che si impegnano così tanto in prima persona.All’epoca la presenza di mio padre ne-gli spot televisivi e nelle inserzioni sul-la carta stampata fu una scelta strate-gicamente efficace per il mercato ita-liano. Anche altre aziende storiche come il produttore di pasta Giovanni Rana o l’allevatore di pollame Amado-ri hanno percorso la stessa strada e in parte lo fanno ancora oggi, sempre con successo.

Qual è la situazione attuale di Senfter e di Grandi Salumifici Italiani in Cina?Le nostre partecipazioni nella Joint Venture con Shineway le abbiamo ce-dute ad un consorzio di banche che ha anche curato la privatizzazione di Shi-neway. Adesso gestiamo un’azienda tutta nostra a Shanghai, dove producia-mo specialità italiane e tedesche come prosciutto cotto e würstel, ma anche prosciutto crudo e salumi. La lingua ufficiale dell’azienda è il cinese e que-sto ci permette di prelevare manodope-ra da qualsiasi altra azienda cinese. A Shangai negli ultimi anni sono nate anche ditte a gestione inglese, con per-sonale proveniente in prevalenza dalle grandi multinazionali che di conse-guenza ha delle pretese finanziarie maggiori.

Quali sono le dimensioni della vostra azienda cinese?Fatturiamo cinque milioni di euro l’an-no, direi che non è male anche perché in Cina di fatto occupiamo un settore

"In Cina solo i cinesi si sentono a casa loro: non è un posto per stranieri come l'America"

co p E Rt i N a : exPorT | L'intervista

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Page 19: M - Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

di nicchia: i nostri insaccati non diven-teranno mai un prodotto di massa. I ci-nesi hanno una cultura alimentare completamente diversa dalla nostra, basti pensare che non consumano né latte né latticini ma in compenso si in-gozzano di soia. Un cinese che voglia conoscere i cibi stranieri deve cambia-re completamente la propria mentalità alimentare, e sono in pochi quelli di-sposti a farlo.

A proposito di cultura: dopo questi anni in Cina, si sente un po’ a casa sua come a San Candido?In Cina solo i cinesi si sentono a casa. La Cina non è un posto per stranieri come può esserlo l’America o l’Austra-lia. Qui non è possibile integrarsi. La legge non prevede neanche che uno straniero possa ricevere la cittadinanza cinese. Esiste una sorta di cittadinanza onoraria, che però è solo un pezzo di carta. Non esistono passaporti: chi si trova in Cina per lavoro, anche per pe-riodi lunghi, deve sempre rinnovare il permesso di soggiorno.

Lei ha sposato una donna cinese che vive a San Candido. Come si trova invece sua moglie in val Pusteria?I cinesi hanno un’idea ben precisa di come dovrebbe essere un paese civile. Di questa loro visione fanno parte stra-de grandi e asfaltate, marciapiedi liberi, piste ciclabili e tanto verde, ma anche grattacieli con ascensori come ad Atlan-ta o Houston. New York ad esempio è quasi al limite. Per non parlare dei cen-tri storici come quelli che si trovano in Italia: ancora oggi mia moglie, quando vede strade e vicoli con i ciottoli, non ri-esce a farsene una ragione. A San Can-dido i marciapiedi sono privi di auto, c’è tanto verde attorno e le strade sono in ottime condizioni. E questi sono gli aspetti positivi. Per mia moglie però in paese c’è troppa poca gente. Meno male che in estate e in inverno arrivano i turi-sti, e le cose si aggiustano...

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co p E Rt i N a : exPorT | Fitness Test

nologiche necessarie. Per muoversi su nuovi mercati c’è inoltre bisogno di per-sonale competente, per cui è decisamen-te opportuna la frequenza di appositi corsi di formazione.

MercatiChi vuole conquistare nuo-vi mercati deve conoscerli alla perfezione e seguire co-

stantemente i loro sviluppi. Il prodotto deve altresì essere fiscalmente deduci-bile sul mercato di destinazione. È per-tanto consigliabile, perlomeno nei pri-mi tempi, concentrarsi su un gruppo li-mitato di clienti.

ProdottiChi non è ancora in grado di adattare il proprio prodotto al fabbisogno ed alle diretti-

ve giuridiche del paese di destinazione, dovrebbe rinunciare ad un’offensiva estera. Chi vuol fare valere anche all’e-stero i propri diritti su idee e marchi, dovrebbe preventivamente metterli sot-to tutela.

PrezziAl momento di definire il prezzo bisogna domandar-si: il prezzo calcolato si col-

loca in un range accettabile? Quanto in-cidono i costi di trasporto e l’eventuale deposito temporaneo? Ci sono dazi sulle importazioni? Quali sono le modalità di pagamento? Come è possibile assicurar-si contro i rischi di insolvenza all’estero?

DistribuzioneOgni forma di distribuzione ha i suoi vantaggi e svantag-gi che bisogna mettere sulla

Are you ready?Siete pronti ad espatriare? Ecco un test per capire se avete tutto il necessario per tuffarvi nell'export. E con le dieci mosse giuste per avere successo oltre i confini nazionali.

Non c'è nessuna valida ragione per cui alle aziende piccole o giovani non sia consentito avere successo all’estero. A

patto ovviamente che lo sbarco su un nuo-vo mercato sia stato preparato come si deve. La EOS – Organizzazione Export Alto Adige – ha elaborato un test per im-prese che intendono fare attività di ex-port. Si tratta di uno strumento pensato per aiutare le aziende a esaminare da sole le proprie capacità di successo all’estero.

AttivitàChi vuole andare all’estero deve innanzitutto sapere quanto sana è veramente la

propria azienda sul mercato locale. Si consiglia di fare un inventario.

StrategieLe intuizioni possono esse-re utili all’inizio, ma le sen-sazioni di pancia devono

essere accompagnate da un business plan preciso. Un impegno insufficiente, a qualsiasi livello aziendale, è un proble-ma serio da prendere in considerazione.

RisorseChi vuole conquistare nuovi mercati deve possedere per-severanza, anche finanziaria.

Le garanzie di successo non esistono. Si consiglia di creare un cuscinetto di liqui-dità per far fronte a mancati incassi o spe-se impreviste. Le agevolazioni possono essere richieste a Provincia, Stato o UE.

OrganizzazioneIl fatturato estero potrà cre-scere solo quando l’azienda disporrà delle strutture tec-

bilancia. Una cooperazione con un part-ner locale è senz’altro una buona oppor-tunità per fare bene in un mercato estero.

ContrattiPer evitare spiacevoli conse-guenze, è opportuno che le condizioni di vendita e le

eventuali modifiche siano sempre con-fermate per iscritto da tutte le parti coin-volte nell'affare.

MarketingPubblicità e pubbliche rela-zioni sono requisiti essen-ziali per avviare in maniera

soddisfacente l’attività su un mercato estero. È pertanto utile creare un corpo-rate design adeguato e, altro aspetto molto importante, anche un sito web ben fatto: nella ricerca di fornitori infat-ti, sempre più acquirenti esteri si rivol-gono a Internet.

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H i g H -t E c H m a D E i N a lt o a D i g E

il 30 per cento dell’esportazione altoa-tesina riguarda prodotti High Tech, come ad esempio le tecnologie avan-zate in campo medico, spaziale o chi-mico. i prodotti ad alta tecnologia sono fondamentali per un’economia, in quanto creano parecchi posti di la-voro che richiedono un elevato grado di formazione e specializzazione. Chi ha solo prodotti ordinari da proporre al mercato, prima o poi deve fare i conti con la concorrenza dei paesi a basso salario. in proporzione il settore dell'high-tec investe molto in ricerca e sviluppo e vive grazie all’innovazione; in alto adige si possono citare ad esem-pio aziende come zirkonzahn, barbieri electric, Durst Phototechnik, industrie-technik, microgate.

Se osservate quest’uomo di bella presenza, vedrete degli occhiet-ti svegli e una faccia piena di slancio e di voglia di fare. Chri-

stian Olbrich, uomo dalla variegata car-riera professionale, è uno dei 10 Export Coach che aiutano le aziende altoatesine a trovare all’estero nuovi mercati e sboc-chi commerciali.

Il principio è semplice e già sperimen-tato più di mille volte dal centro di com-mercio estero della Baviera: si prende un’impresa che vuole fare le prime espe-rienze nell’export o su un determinato mercato e la si mette in contatto con un export manager esperto, possibilmente già in pensione, che abbia tempo e voglia di mettere a disposizione le proprie cono-scenze. I due analizzano lo status quo, fissano un obiettivo e definiscono un pia-no d’azione da mettere in atto in uno, al massimo due anni. Per i costi del mana-ger esiste un finanziamento apposito che copre fino al 50 per cento della spesa.

Christian Olbrich vive a Varna, ha 46 anni e ovviamente non è pensionato, ciò non toglie che abbia già maturato un bel bagaglio di esperienze in fatto di export. Nato e cresciuto a Monaco, Olbrich ha iniziato la sua formazione come ammi-nistratore industriale presso la Degussa di Francoforte (multinazionale di spe-cialità chimiche) occupandosi di ammi-nistrazione, controlling e vendita, per poi fare carriera interna e diventare re-sponsabile vendite e marketing della De-gussa Thailand Ltd.

Nel 1997 è passato alla Durst Photo-technik di Bressanone come responsabi-le vendita e marketing, dal 2005 ha af-fiancato all’attività lavorativa anche un MBA alla Scuola superiore di St. Gallen. Nel 2007 Olbrich cambia ancora e diven-ta responsabile vendite di Swarowski Optik ad Absam, dove porta avanti con successo l’internazionalizzazione dell’a-zienda austriaca. Dal 2011 Olbrich sta curando l’ampliamento delle attivi-

L'Export Coach conosce il settore dell'esportazione e i mercati

L'esperienza serve. Anche nell'export Viaggiare in buona compagnia: con il progetto "Export Coach" di Organizzazione Export Alto Adige (EOS), manager esperti assistonole aziende locali che cercano nuovi sbocchi commerciali all'estero.

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co p E Rt i N a : exPorT | Export Coach

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co p E Rt i N a : exPorT | Export Coach

1. Dopo un primo colloquio, l’azienda interessata viene messa in contatto con un export Coach che si ritiene adeguato.

2. Quando l’azienda trova il coach che fa al caso suo e le due parti si intendono tra di loro, si effettua un “Fitness Check” per individuare le intenzioni e le potenzialità di interna- zionalizzazione del cliente.

3. il piano di internazionalizzazione viene elaborato assieme all’azienda e quindi messo in pratica. a seconda degli accordi, il coach si reca una volta a settimana in azienda e funge da intermediario di know how, apportatore di soluzioni e motivatore.

Costi:Il progetto viene finanziato fino al 50%, in linea di massima i costi per un’azienda si aggi- rano sui 10.000 euro per progetto e all'anno.

Contatto: organizzazione export alto adige (eoS), via alto adige 60, bolzano, referente: markus Walder, direzione Trade Support, [email protected], tel. 0471 945 750.

i l c a m m i N o D a l l ’ a z i E N D a v E R s o l ’ E x p o R t c o a c H :

tà di vendita e marketing presso la Koni-ca Minolta di Monaco, un impiego che gli lascia spazio per affrontare un’altra sfida: diventare “Export Coach”. E l’esta-te scorsa Olbrich ce l’ha fatta.

“Con il mio progetto di coaching col-laboro con una ditta altoatesina che si è

ricavata una nicchia nel settore dell’alta tecnologia, ovvero proprio nel campo in cui ho accumulato maggiori esperienze. L’analisi della situazione aziendale ha consentito di capire se, e in quale misu-ra, l’impresa possiede già i requisiti ne-cessari per un positivo avviamento e la

gestione di un’attività di export oppure dove c’è ancora da lavorare. Abbiamo anche esaminato l’offerta di prodotti e servizi, le certificazioni, la concorren-zialità, la struttura organizzativa, la qualificazione dei collaboratori e la ca-pacità produttiva. L’azienda esporta già i suoi prodotti di nicchia in varie nazio-ni, e ora abbiamo definito congiunta-mente che il prossimo mercato da ap-profondire sarà quello statunitense. Il primo passo sarà uno studio di mercato, in base ai cui esiti si provvederà alla ri-cerca di un adeguato rappresentante commerciale".

Il know how fresco fa bene

A questo punto ci si chiede come mai una ditta che ha già esperienza nel cam-po dell’esportazione, per questo merca-to debba avvalersi di un Export Coach.

“La risposta è presto detta”, spiega il tito-lare dell’azienda, che preferisce restare nell’anonimato in quanto il progetto è ancora nella fase embrionale: “Abbia-mo sentito parlare del progetto e ci sia-mo informati. Poi con il coach consiglia-toci da EOS si è subito creato un ottimo feeling, e noi sappiamo capire quando una persona vale. Eravamo coscienti di

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dover cambiare qualcosa sul mercato americano dove eravamo già presenti. E proprio per questa fase di cambiamento avevamo bisogno di nuove idee e soprat-tutto risorse. Naturalmente stiamo fre-mendo nell’attesa di vedere come si svi-lupperà il progetto. Sarebbe presunzio-ne pura, credere che il coach da solo ci possa spianare la strada nel mercato statunitense; prima tocca a noi fare i no-stri compitini, e noi ce la metteremo tutta per avere successo”.

Ecco, proprio queste motivazioni e questi stimoli sono decisivi, secondo Olbrich: “Solo se i vertici aziendali sono convinti, la cosa può funzionare. Que-sto è fondamentale”. Va da sé che oltre alla convinzione ci vogliono i prodotti giusti, collaboratori bravi e motivati, strutture aziendali all’altezza e mezzi finanziari quanto basta. Alle volte poi sono i dettagli a delimitare il confine tra il successo e il fiasco di un affare: ho se-guito le prescrizioni doganali, mi sono procurato i certificati necessari, le mie palette sono a norma, ho rispettato le normative sul confezionamento e sull’e-tichettatura. Olbrich: “Tutto ciò può far passare la voglia, ma al contempo può consentirmi di conquistare il mercato prima della concorrenza”.

l ’ a s s o N E l l a m a N i c a ? l ’ a p p R o c c i o s i s t E m a t i c ot R E D o m a N D E a l c o a c H c H R i s t i a N o l b R i c H

Come fa un’impresa a capire qual è il mercato migliore su cui avviare un'at-tività di esportazione?Capita spesso che le richieste arrivino dal mercato stesso. È comunque assolu-tamente indispensabile intraprendere una selezione sistematica e accurata delle informazioni e dei dati relativi all’export, analizzandole nell’ottica degli obiettivi che ci si è posti. Queste fasi preparatorie richiedono molto tempo e pertanto vengono spesso trascurate, a torto però, perché consentono di au-mentare le chances di successo. ad ogni modo è necessario rispondere a queste domande: qual è il fabbisogno del nuovo mercato? Com’è la concorrenza in loco? a quali esigenze deve rispondere il pro-dotto che intendo esportare? Quali sono i canali di vendita in grado di ga-rantire un successo duraturo? Quanto grande deve essere la mia disponibilità finanziaria per sopperire ad eventuali battute d’arresto?

È più facile avere successo muoven-dosi nelle regioni vicine o in quelle più lontane?La scelta di una nazione o una regione piuttosto che un’altra dovrebbe dipen-dere, in primis, dal fatto se un prodotto è richiesto da un determinato mercato e se ci sono possibilità di venderlo in loco. Tenendo peraltro conto che all’estero al-cune abitudini commerciali sono diver-se da quelle altoatesine. Chi vuole lan-ciarsi su nuovi mercati non deve obbli-gatoriamente curare in proprio la distribuzione all’estero: le partnership di vendita con un partner in loco hanno in-fatti il vantaggio che questa persona co-nosce in prima persona il mercato, la gente, le abitudini commerciali, la lin-gua nazionale, la mentalità e le normati-ve giuridiche, e inoltre si assume una parte dei rischi.

Quali sono le opportunità per pren-dere contatto con i nuovi mercati?oggi come oggi internet è il mezzo più straordinario e conveniente per trovare produttori o partner di vendita. andare alle fiere specializzate consente poi di farsi un quadro aggiornato della concor-renza e del mercato, oltre ad essere un eccellente strumento per la ricerca di partner. Se poi si vuole essere trovati, allora è assolutamente necessario avere un sito web in inglese.

(CS)

New York: da sempre simbolodi commercio e apertura

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LE AzIENDE ALTOATESINE che svolgono regolarmente attività di export sono 1.853. Qui ve ne presentiamo tre che rac-contano le loro esperienze e le strategie usate per fare successo all’estero.

Pietre naturali on the road

“L’Alto Adige è la patria del legno, noi vendiamo pietre naturali”: ecco cosa ri-sponde Niko Bagnara a chi gli chiede come mai la sua azienda da anni si sia dedicata anima e corpo all’export. La Spa Nikolaus Bagnara esporta negli Usa, negli Emirati Arabi Uniti, in Russia, Co-rea del Sud e Australia. La quota di ex-port si aggira sul 70% del fatturato (28 milioni di euro). L’azienda a conduzio-ne familiare con sede ad Appiano produ-ce sia prodotti finiti che piani di lavoro per cucine, scale, pavimenti e facciate sotto forma di lastre semilavorate in pie-tra naturale. Il materiale peraltro deve essere in gran parte importato “quasi per il 70 per cento. Abbiamo cave di no-stra proprietà sparse in tutto il mondo nonché contratti di fornitura esclusivi”, spiega Bagnara. “La qualità delle mate-rie prime ed il nostro know how sono le armi vincenti per battere la concorrenza di Cina e India”.

Sul suolo italiano Bagnara dà lavoro a 70 persone, che salgono “a 200 consi-derando tutte le succursali del mondo del Gruppo Bagnara”. Dieci di questi di-pendenti si trovano nella filiale sudcore-ana, dove Bagnara ha ottenuto una gran-de commessa: “Per 800.000 euro dob-biamo fornire tutti gli elementi in pietra naturale necessari alla costruzione della Clubhouse di un campo da golf a Busan”. Per ottenere questo lavoro, l’impresa dell’Oltradige ha partecipato ad un ban-do di gara internazionale: “Il fatto di prendersi cura, regolarmente e sul po-sto, degli architetti e della clientela ci consente di dire la nostra in progetti di questa portata. Le pietre naturali non sono prodotti per low budget e c’è biso-

Anche i piccoli viaggiano. Quando in alto adige si parla di export, si pensa subito alle grandi aziende presenti in provincia. e invece da noi ci sono anche parecchi “Hidden Champions” che con strategie diverse sono riusciti a conquistare il mondo.

In alto: le pietre naturali di Niko Bagnara. Qui sopra: gli acciai di Wolfsgruber

co p E Rt i N a : exPorT | Aziende

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gno della clientela giusta”, spiega Ba-gnara, per poi aggiungere: “Non è sem-pre facile collaborare con i grandi studi di progettazione. Ci vuole un grosso di-spendio di personale e di tempo, ma nel lungo periodo è sicuramente la strada più giusta da seguire”.

L’acciaio su misura

“All’estero in passato abbiamo collabora-to con i grossisti”, dice Matthias Wolfsgru-ber dell’omonima azienda a conduzione familiare di Brunico. “Quelli però si sce-glievano solo i pezzi migliori del nostro assortimento, e il resto se lo facevano pro-durre in qualche paese a basso salario”.

Oggi la Wolfsgruber srl ha tre filiali in Germania, una in Austria e una in Fran-cia: “Là abbiamo i nostri magazzini ma anche i nostri collaboratori del servizio esterno”. Il cuore dell’azienda comun-que è a Brunico, e dalla Val Pusteria viene seguito anche il resto del mondo. “Sia-mo presenti soprattutto in Europa ma anche in paesi extraeuropei”. Il fatturato annuo di tutto il gruppo si attesta sui 12 milioni di euro, dei quali il 40% deriva dall’attività di esportazione. L’azienda pusterese produce semilavorati in accia-io inox e ferro battuto, “con un catalogo di 4.000 articoli”. Su richiesta i prodotti

vengono forniti anche finiti “e inoltre la-voriamo su misura e a progetto”. Come è avvenuto ad esempio in Dubai con il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo,

“per il quale abbiamo prodotto le lampa-de in acciaio inox”.

I primi contatti per questa prestigio-sa commessa sono stati allacciati in oc-casione di una fiera, l’affare vero e pro-prio si è concretizzato invece a distanza di tre anni. “Quando si parla di export – assicura Matthias Wolfsgruber, figlio del fondatore Klaus – è necessario pen-sare a lungo termine. Poi c’è anche biso-gno di dipendenti sempre disposti a viaggiare, e noi abbiamo la fortuna di avere un team giovane che si muove sen-za problemi”.

Gli specialisti del tetto

Per la Riwega di Egna la decisione di pun-tare sui mercati esteri è legata ai grandi investimenti in ricerca e sviluppo. “Cre-iamo sempre nuovi prodotti che necessi-tano di mercati grandi”, spiega Werner Rizzi, co-fondatore e amministratore delegato. Il processo di internazionaliz-zazione è stato comunque accelerato dalla crisi che sta attraversando il settore edile italiano “e che non sappiamo nean-che quando finirà”.

I primi passi all’estero – per la precisione in Svizzera – della fabbrica di Egna, spe-cializzata in prodotti e soluzioni per co-perture edili e tetti, risalgono a più di 10 anni fa. La positiva esperienza convinse gli imprenditori a tentare la fortuna an-che su altri mercati: “Soprattutto Spagna, Francia, Croazia e Slovenia”, precisa Riz-zi, che aggiunge: “L’Europa dell’Est inve-ce – ossia Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria – viene seguita dalla nostra consorella austriaca”.

Nella sede di Egna la Riwega ha 30 collaboratori, altri 60 si occupano del servizio esterno. Nel 2011 l’azienda del-la Bassa Atesina ha chiuso con un fattu-rato di 18 mili0ni di euro ed una quota di export pari al 6 per cento, con tendenza all’aumento. “La nostra consorella au-striaca fattura 7 milioni l’anno, con una quota estera del 7-8 per cento”. Alla Riwega gli affari con l’estero sono… affa-ri dei capi: “Sono presente a tutti i collo-qui dei responsabili di vendita e spesso mi muovo in prima persona”. Secondo Rizzi, per lanciarsi su un mercato estero e avere successo, bisogna innanzitutto abbattere le barriere linguistiche: “Per questo motivo noi diamo molta impor-tanza alle conoscenze linguistiche dei nostri dipendenti e investiamo anche in questo aspetto”. (MDP)

La Riwega è specializzata nella creazione di nuovi prodotti per il tetto

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LA RISCOSSA DEL vIETNAM Pepe e riso, produzione record

Negli ultimi cinque mesi il Vietnam ha espor-tato più di 60.000 tonnellate di pepe, ovvero il 40-50 per cento di tutto il pepe venduto nel mondo, diventando il più grande esporta-tore di pepe del pianeta. ma anche con il riso i vietnamiti non scherzano: nel 2012 sono di-ventati il primo paese al mondo per esporta-zione spodestando la Tailandia. Sospinta da una grande richiesta e da una positiva previ-sione per la produzione interna, la capitale Hanoi punta a raggiungere nel 2012 un volu-me di export pari a 7,2 tonnellate di riso. Per contro le esportazi0ni tailandesi faranno re-gistrare nel 2012 un calo di 6,6 milioni di ton-nellate; nel 2011 la Tailandia era invece riusci-ta a toccare la cifra record di 10 milioni di tonnellate di riso destinate all’export.a bangkok questo crollo viene spiegato con gli interventi del governo nazionale, che ha provocato un forte aumento del prezzo del riso a vantaggio dei coltivatori. Morale: Le egemonie sui mercati mondiali stanno cambiando.

co p E Rt i N a : exPorTUno sguardo oltre i confini

I prodotti esteridi cui non possiamofare a meno. O no?

uN PEzzO DI STORIA Il leggendario coltellino svizzero

Il nome Victorinox è strettamente legato al leggendario coltello svizzero da sport e da ufficiali “Original Swiss Army Knife” del lon-tano 1897. a ibach, Schwyz, nel cuore della Svizzera, nel 1884 Karl elsener fonda quella fucina di coltelli che sarebbe diventata un modello di successo mondiale. milioni di persone sparse in tutto il mondo associano al coltellino multiuso Victorinox i tipici valori svizzeri come inventiva, affidabilità, funzio-nalità e qualità. Oggi Victorinox produce e vende in tutto il mondo una gamma di pro-dotti di alta qualità e utilizzo pratico in vari settori: coltellini tascabili, coltelli domestici e da lavoro, orologi, valigie, abbigliamento e profumi. Tutti i prodotti hanno in sé lo spiri-to dell’original Swiss army Knife. giunta al suo 125° anno di vita, l’azienda Victorinox è sempre rimasta fedele alla sua filosofia ed ai suoi valore di base. Morale: Una tradizione che ancora oggi affa-scina tutto il mondo.

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campioni del mondo ecco come l'austria aiuta l'export

Nell’ottobre scorso a Kuala Lumpur (Male-sia), il commercio estero della Camera di commercio austriaca (WKÖ) è stato premia-to dall’International Trade Centre (ITC) come migliore organizzazione per il com-mercio estero del mondo. “Questo titolo mondiale ha inteso premiare non solo la rete WKÖ, che con oltre 115 centri di com-mercio estero è il secondo network più grande al mondo dopo gli Stati Uniti, ma so-prattutto le attività della nostra organizza-zione per il commercio estero”, si compiace il presidente della WKÖ Christoph Leitl.

“Abbiamo confermato per l’ennesima volta che siamo in grado di seguire le nostre aziende associate prima e dopo il loro sbar-co all’estero, fornendo così un notevole contributo al successo dell’esportazione del nostro paese”, aggiunge Leitl. Secondo la Camera di commercio d’Oltrebrennero, le imprese austriache devono metà del loro fatturato all’attività sui mercati esteri. Non solo: un posto di lavoro su due dipende in maniera diretta o indiretta dall’export. Morale: Le relazioni virtuose sono terreno fer-tile per un’economia vincente.

bollicine di lusso un difetto diventato un mito

Lo champagne è lo spumante più famoso del mondo, proveniente dall’omonima regione del nord della Francia. Tra tutte le bevande, è di gran lunga quella maggiormente colle-gata ad un’atmosfera di festa. E nessun’altra bevanda ha protocolli così severi per la pro-duzione e la vendita. Lo champagne venne scoperto praticamente per sbaglio nel XVII secolo: quando si cominciò a imbottigliare il vino (fermo), talvolta succedeva che l’au-mento delle temperature provocasse una seconda fermentazione. Questo fenomeno venne visto inizialmente come un difetto, che procurava lo scoppio di parecchie botti-glie durante il deposito e il trasporto. Gli ari-stocratici invece rimasero entusiasti da que-sto vino particolare. A dargli lustro fu Dom Pérignon, monaco benedettino del conven-to di Hautvillers (1638–1715). Dopo parecchi periodi di crisi, al termine della seconda guerra mondiale lo champagne ha conosciu-to un vero e proprio boom che prosegue an-cora oggi. Ogni anno vengono vendute in tutto il pianeta circa 300 milioni di bottiglie. Morale: Fare di necessità virtù, un’arte sem-pre attuale.

efficienza digitale soluzioni intelligenti

La sempre più consistente massa di dati, che tramite la digitalizzazione dei media aumenta costantemente nell’uso quotidia-no, mette a dura prova la memoria dei ser-ver più diffusi tra le aziende. L’azienda sta-tunitense NetApp produce innovativi siste-mi di stoccaggio (tra cui il leader mondiale) e software pensati per supportare i clienti nella fasi di conservazione, gestione e pro-tezione di una delle loro risorse più prezio-se: i dati. L’azienda a stelle e strisce genera un fatturato di 5 miliardi di euro, che scatu-risce da oltre 12.00o dipendenti disseminati in più di 150 filiali dell’azienda di software presente in tutto il mondo. NetApp garan-tisce un aumento della capacità di memoria del 200% ed una performance di Storage System che può arrivare al 400 per cento. Recentemente il “Great Place to Work Insti-tute” ha assegnato a NetApp il terzo posto nella sua lista “World’s Best Multinational Workplaces 2011”, un sondaggio effettuato a livello mondiale riguardante la qualità sul posto di lavoro.Morale: Affari e buone condizioni di lavoro possono tranquillamente convivere.

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Hier feiern für Ihre Sinne

La bontà dà spettacolo!Festival del Gusto Alto Adige

festival del gusto alto adigeBolzano I 24 – 26 maggio 2013www.festivaldelgusto.it

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Sapete qual è la merce più esportata dall’Alto Adige? Sbagliato: è Angela Merkel. La cancelliera tedesca, campionessa del mondo di esportazione già a casa sua, quando in estate viene in vacanza da noi si tra-sforma in uno dei nostri prodotti di esportazione

di punta. Questo perché il turismo è export dal punto di vista del padrone di casa, mentre per natura è import per tutti quel-li che viaggiano. L’export porta quattrini, quindi è avere; import invece presuppone l’esborso di quattrini e pertanto è dare. La Merkel, quando è qui, ce l’abbiamo noi, mentre la Germania, quando lei è via, paga. Il tutto suona un po’ strano, io stesso ho capito solo in età avanzata che dare e avere, costi e ricavi, import ed export, tutto insomma è solo una questione di punti di vista.

E nessuno si azzardi a dire che non c’è niente di cui meravigliarsi: sono sedu-to da qualche parte sopra Vipiteno, forse a Tunes, guardo giù verso l’autostrada e osservo le auto dei turisti in colonna da-vanti al casello della A22. Paraurti contro paraurti, dapprima in due file, poi quat-tro, sei e così via fino a dodici. Tutti voglio-no fiondarsi da noi. Ma cosa li porta qui? Da cosa stanno scappando? Se la passano così male a casa loro, o siamo noi a essere irresistibili? Poveretti! Ecco, questi sono i pensieri che mi frullano in testa. E secondo voi io dovrei capire che si tratta di export? Un qualcosa che entra nel nostro territorio, come si fa a definirlo esportazione?

Bisogna veramente aver imparato a pensare fuori dagli schemi per non vedere, dietro tutto questo, solo un truc-chetto contabile. Quello che esportiamo non sono certo gli ospiti, quelli anzi arrivano. Noi esportiamo la nostra ospita-lità, la gioia degli ospiti per il nostro paesaggio, il nostro cibo, i nostri letti, lo sci e, non dimentichiamo, i Kastelru-ther Spatzen e in fin dei conti noi stessi, per come siamo e per come viviamo. Per tutto questo ci facciamo pagare e i tu-risti, in maniera educata, ci consegnano personalmente i quattrini. Perché la differenza alla fine sta tutta qui: mele,

speck e Schüttelbrot glieli spediamo a casa, la felicità inve-ce i turisti devono venire a prendersela di persona.

Torniamo alla Merkel. Il mio archetipo di export è lo stand dell’Alto Adige alla “Grüne Woche” di Berlino. Da quan-do è stato piazzato lì? A rigor di logica, sicuramente non pri-ma che nascesse questa fiera agricola che probabilmente è la più grande del mondo. A breve dovrebbero essere 90 anni,

ma chi lo sa? Lo stand comunque ha l’aria di essere stato lì da sempre, anzi sembra che la “Setti-

mana verde” gliel’abbiano pian piano co-struita attorno. Ogni cosa che si trova in fiera è soggetto a continui mutamenti, il modo di presentarsi e gli slogan cambia-no con le mode, il ministro tedesco all’a-gricoltura cambia colore a ogni elezione – ne hanno avuto di neri, gialli e rossi e persino la verde Künast. Anche i sindaci di Berlino vanno e vengono. A casa no-stra però, nello stand dell’Alto Adige, tut-to è rimasto immutato. Che poi non è ne-anche vero. Ma chi se ne frega della veri-tà? Per me è come se fosse così.

Lo stand dell’Alto Adige alla “Grüne Woche” incarna la visione che abbiamo

dell’export. Un’immagine imperitura e im-mutabile. La pubblicità dell’Alto Adige con il

calore della stalla e l’atmosfera della stube. I nostri politici provinciali, anch’essi eterni, che si mettono in posa per le foto assieme ai mutevoli ministri tedeschi e sindaci berlinesi e levano i calici “alla salute”, mentre le Marketenderinnen versano da bere e “in purissimo chiarore / splendono al desco pane e vino”. Georg Trakl mi perdonerà questo plagio. Il giorno dopo arrivano la massa, il parlamento regionale, l’as-sociazione dei contadini, le donne rurali e noi tutti turisti del-la “Grüne Woche”. Ma qui stiamo nuovamente parlando del nostro import. Vedete come sappiamo essere equanimi.

florian Kronbichler, 61 anni, è giornalista freelance a bolzano. i suoi editoriali e commenti vengono pubblicati da giornali in lingua tedesca e italiana.

Ex I port, l'; nell’ambito della contabilità generale, indica la quantità di beni messi a disposizione da un’economia nazionale nei confronti di altre economie. Dal punto di vista delle economie riceventi, questi movimenti di beni vengono definiti importazioni.

Andiamo a casa. A BerlinoPer florian Kronbichler import ed export sono solo una questione di punti di vista. e spiega perché il turismo viene considerato export, cosa avranno mai da vendere gli altoatesini in questo frangente e come mai ci sono cose che non cambieranno neanche tra cent’anni.

Hier feiern für Ihre Sinne

La bontà dà spettacolo!Festival del Gusto Alto Adige

festival del gusto alto adigeBolzano I 24 – 26 maggio 2013www.festivaldelgusto.it

co p E Rt i N a : exPorT | L'opinione

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L'ADAC eRallye Südtirol andato in scena nell’ottobre 2012 è sta-to un evento assolutamente pionieristico sia per Alto Adige

Marketing (SMG) che per l’ADAC, l’equi-valente tedesco dell’italiano Automobile Club. Questo perché il rally a emissioni zero attraverso la nostra provincia, che ha visto in lizza le auto elettriche di serie smart electric drive, Opel Ampera, Nis-san Leaf e Peugeot i0n, è stato in assoluto il primo del suo genere. Il rally non è sta-ta una gara tradizionale: a bordo delle vetture c’erano 38 soci ADAC, selezionati tramite un concorso lanciato dalla rivi-sta del club “ADAC-Motorwelt” (18 milio-ni di lettori a numero). Per vincere biso-gnava essere bravi in tre discipline: cono-scenza dell’Alto Adige, uniformità di guida e ridotto consumo di “carburante”.

Per gli organizzatori SMG e ADAC, l’o-biettivo dichiarato è quello di essere pio-nieri della mobilità elettrica e raccoglie-re esperienze sul campo. E se per l’Auto-mobilclub e per le case costruttrici al primo posto c’erano l’efficienza e la ma-neggevolezza dei veicoli a batteria, SMG invece guarda con particolare interesse al rapporto tra mobilità elettrica e terri-torio altoatesino: “Noi stiamo lavorando per posizionare l’Alto Adige come regio-ne verde, pertanto il motto scelto per il rally – emissioni zero – si adatta alla per-fezione alla nostra provincia”, afferma il direttore di SMG, Christoph Engl, spie-gando le finalità del progetto.

Il divertimento comunque non è cer-to mancato. Ad ogni arrivo di tappa gli equipaggi composti da due persone – au-tista di autobus e avvocatessa, parroco e poeta, padre e figlio e altre coppie prove-nienti da tutta la Germania – hanno po-tuto conoscere alcuni dei posti più belli dell’Alto Adige tra cui piazza Walther a Bolzano, il lago di Carezza, la Sellaronda, i paesini lungo la Strada del Vino, l’abba-zia di Novacella e il Passo Giovo. A questo si aggiunge il programma di contorno

A dare il via al rally elettrico è stato Thomas Kroher, capo del settore test e tecnica della rivista "ADAC Motorwelt"

m a R k E t i N g

Per un futuro con meno inquinamento SMG e ADAC, l’Automobilclub tedesco, sono riusciti a mettere a segno un bel colpo nel settore della mobilità elettrica. Tanto più che le ricadute positive del primo rally riservato alle auto elettriche di serie non si limitano all’Alto Adige.

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Page 31: M - Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

predisposto da SMG, comprendente il ricevimento nella “cantina nella roccia” di Laimburg da parte del presidente pro-vinciale Luis Durnwalder, la degustazio-ne alle cantine Lageder di Magrè, la visi-ta alle fabbriche di marmo di Lasa ed un corso di cucina in piazza Walther.

Emissioni zero

La rivoluzione energetica rappresenta la più grande sfida socio-politica del 21° se-colo. “Il fatto che l’Alto Adige sia all’avan-guardia nel settore delle energie rinno-vabili, ovviamente non incide molto dal punto di vista climatico. La nostra pro-vincia però può porsi come esempio, come prova che è possibile vivere in modo sostenibile, ed è proprio quello che vogliamo dimostrare”, sottolinea Durnwalder. Già oggi l’Alto Adige è lea-der in Italia nel campo delle fonti ener-getiche rinnovabili. Entro il 2020 si pun-ta a ricavare il 75% del fabbisogno ener-getico – corrente, calore e mobilità – da fonti rinnovabili, una percentuale desti-nata a salire al 90% nel 2050. “Con il pro-getto Klimaland 2050, l’Alto Adige si as-sume precise responsabilità in materia di tutela climatica e ambientale, e que-sto fa sì che la nostra provincia figuri tra

le prime regioni d’Europa dove si vorreb-be vivere”, spiega Christoph Engl.

Ma se le potenzialità ci sono, quello che ancora manca sono i requisiti per una futura mobilità verde. Secondo un recen-te studio condotto da Deloitte, gli italiani vorrebbero auto elettriche con un’auto-nomia di 320 km, un tempo di ricarica inferiore alle due ore e un costo che non superi i 15.000 euro. La realtà invece dice che le auto oggi disponibili sul mercato hanno un’autonomia di 140-150 km, ci mettono anche 8 ore per una ricarica completa e costano almeno 28.000 euro.

Individuare le esigenze

Messi da parte i problemi legati a percor-renza, prezzo d’acquisto e tempi di rica-rica, il rally ha dimostrato che già oggi un’auto elettrica offre parecchi vantaggi e che, in determinate zone, questi veicoli sono utilizzabili senza problemi per per-correnze inferiori ai 150 km. Un’autono-mia più che sufficiente, considerando che tedeschi e italiani percorrono media-mente tra i 30 e i 40 km al giorno. La rica-rica notturna inoltre permette di riparti-re tranquillamente il giorno dopo. In-somma, in fatto di mobilità elettrica, ciò che conta è soprattutto un cambio di

mentalità che presuppone, tanto per co-minciare, una guida intelligente: al pari delle auto a benzina, infatti, la guida con il gas a manetta equivale a consumi mag-giori e minore autonomia. Un’altra ri-flessione va fatta sui prezzi: al momento dell’acquisto sono alti, ma i costi di man-tenimento sono – rispetto ad un’auto a benzina – molto più bassi. Secondo la IESE (Business School of the University of Navarra), i costi iniziali si ammortizza-no in un periodo variabile tra 5 e 9 anni. Anche il governo Monti, riconoscendo le potenzialità dei bolidi ecologici, punta ad incrementare i dati delle vendite: per il 2013 è previsto un decreto che offre, a chi si sposta in auto per affari, un premio di rottamazione fino a 5.000 euro in caso di acquisto di un’auto elettrica nuova.

Soluzioni globali

Per gli esperti comunque, l’aspetto cru-ciale è che le auto a batteria rappresenta-no solo uno dei tasselli di un concetto globale di mobilità che prenda in consi-derazione tutta una serie di misure. La parolina magica è: intermodalità intelli-gente tra e-car (car sharing), e-bike e fer-rovia. E l’Alto Adige si sta attrezzando. Le infrastrutture del trasporto locale

Tutte le auto elettriche partecipanti all'ADAC eRallye Südtirol hanno dimostrato di essere affidabili su qualsiasi tipo di percorso

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Page 32: M - Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

sono state ampliate con soluzioni di tra-sporto integrato, aumento dei passeggeri sui treni, nuovi bus a idrogeno e una rete ciclabile con punti di noleggio bici che copre tutto l’Alto Adige. A tutto questo la Provincia vuole aggiungere una rete ca-pillare di stazioni di ricarica, distributori elettrici e corsie di marcia per veicoli elet-trici. Entro il 2013 in tutti i parcheggi pub-blici interrati saranno installate delle stazioni di ricarica, e si pensa anche alla sosta gratuita per i veicoli a batteria.

Nell’autunno del 2012 presso l’agen-zia di insediamento provinciale BLS è stato allestito uno sportello che, avvalen-dosi del sostegno scientifico del Fraunho-fer-Institut di Bolzano, lavora allo svilup-po di una regione modello per la mobilità sostenibile nelle Alpi. Anche il gruppo di lavoro “Elettromobilità nell’area alpina” del TIS si sta confrontando intensamen-te con il tema della mobilità elettrica: la sua mission è di aiutare gli imprenditori altoatesini attivi in questo settore, in par-ticolare attraverso il trasferimento di tec-

nologie e di know how. A livello provin-ciale non sono previsti incentivi per l’ac-quisto di veicoli elettrici, i quali però per parecchi anni sono esentati dal paga-mento delle tasse automobilistiche.

“È difficile prevedere come sarà la mo-bilità elettrica tra dieci anni, ma i segna-li sono positivi e l’Alto Adige si sta attrez-zando per far fronte al cambio di menta-lità”, conclude Engl tirando le fila del primo rally elettrico dell’Alto Adige. È vero che tra la popolazione persistono ancora remore e pregiudizi, ma è altresì vero che proprio manifestazioni del ge-nere possono far cambiare atteggiamen-to: “Per l’Alto Adige un evento così rap-presenta un’ottima chance per acquisire conoscenze nel settore dell’elettromobi-lità, senza contare l’enorme ritorno d’immagine legato alla presenza sui me-dia di ADAC”, conclude Engl. E con il fattivo sostegno della Provincia di Bolza-no, l’Alto Adige ha la strada spianata per diventare la regione modello per una mobilità alpina sostenibile. (GZP)

Nuove auto, nuovo know how: le batterie del-le auto elettriche si ricaricano alla presa di corrente, ma anche con una guida intelligente

s p o R t i v o & f u R b os a p E vat E c H E … ?

…il motore elettrico è in grado di pas-sare da 0 a 100 km/h in meno di 10 se-condi? La velocità massima delle auto di serie si aggira sui 150km/h. atten-zione: un elevato utilizzo di freni e ac-celeratore fa sì che la batteria si scari-chi molto prima.

… nelle auto elettriche c’è un timer che permette di riscaldare o raffred-dare la macchina durante la ricarica? fin quando l’auto è attaccata alla pre-sa, il consumo non intacca la batteria e di conseguenza non ne diminuisce l’autonomia.

…quando il guidatore di un’auto elet-trica pigia il pedale del freno o si limita a togliere il piede dall’acceleratore, il veicolo frena meglio di un’auto con motore a combustione? Ciò è dovuto al fenomeno di recupero dell’energia cinetica, che consente di aumentare considerevolmente l’autonomia delle batterie.

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m a R k E t i N g

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Attori protagonisti. Ma in incognito James Bond lo fa, i “Men in Black” e “Ocean’s Eleven” anche, e ora la fa pure il forestale Pietro (alias Terence Hill) nella serie

“Un passo dal cielo”. Stiamo parlando del product placement. Ma in cosa consiste esattamente questa forma pubblicitaria?

Se vediamo James Bond sfreccia-re a tutta velocità sulla sua Aston Martin, telefonare con un Sony Ericsson K800i oppure sorseg-

giare un Vodka Martini (agitato, non me-scolato), stiamo assistendo al cosiddetto

“product placement”, alias “collocamen-to di prodotto”. Con questo termine spe-cialistico si intende l’inserimento di un articolo di marca o di un’azienda in un mezzo di comunicazione, per un contro-valore in denaro o in merce, senza che lo spettatore lo percepisca come elemento di disturbo. Nel cinema e in televisione

questa integrazione intenzionale di pro-dotti a fini pubblicitari rappresenta una nuova forma di cooperazione tra le azien-de e le produzioni cinematografiche e televisive, in grado di procurare vantaggi ad entrambe le parti.

“La produzione di un film può essere paragonata ad un’azienda temporanea. E come ogni impresa si basa su riflessioni di natura prettamente economica: ci sono un concetto di marketing e un piano di sfruttamento dell’opera, ricavi e perdi-te e soprattutto budget limitati. Di conse-guenza ogni casa di produzione, attraver-

so la collaborazione con partner esterni, cerca nuove vie di finanziamento in grado di garantire la produzione di film di qualità”, spiega Christiana Wertz, responsabile del reparto Film Fund & Commission della Business Location Alto Adige (BLS). Per le aziende invece il collocamento di prodotto rappresenta un’interessante forma pubblicitaria, che consente di presentare i loro prodotti o il loro marchio in maniera innovativa e ol-tretutto molto efficace, in quanto pensa-ta proprio per il target del film.

“Il product placement è un particolare strumento di marketing che consente di accedere direttamente al contenuto. Il motto che va di moda oggi, “Content is King”, qui viene interpretato nella manie-ra più azzeccata”, sostiene Otto Kettman, presidente dell’associazione tedesca per il product placement. “Si tratta dell’unico strumento capace di evitare l’insofferen-za verso la pubblicità, anche perché lo spettatore non la percepisce come tale, anzi ai suoi occhi il messaggio promozio-nale diventa parte integrante della narra-zione”. Questa valutazione spiega »

Illustrazioni: Carlo Stanga

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come mai il fenomeno stia diventando sempre più importante per pubblicitari e aziende. Anche l’Alto Adige lo ha ricono-sciuto: recentemente Otto Kettman è sta-to ospite di un evento organizzato dalla BLS e dedicato al product placement ed al tax credit, che ha permesso ad aziende, associazioni e istituzioni altoatesine di essere informate sulle nuove opportunità di investimento. “Noi siamo convinti che il product placement rappresenti anche per le imprese altoatesine un’ottima piat-taforma per mettere in vetrina i loro pro-dotti in maniera diversa dal solito, e per-ciò abbiamo voluto mostrare loro le varie possibilità esistenti”, afferma Wertz.

Le mele di Terence Hill

Il convegno è stato organizzato assieme all’agenzia bolzanina di product place-ment Dolomyte Media, che dopo una lunga esperienza in campo editoriale ha aperto un nuovo ramo d’azienda. Obiet-tivo: far incontrare aziende e case di pro-duzione e indicare nuove forme di pub-blicità e di investimento. “Bolzano è una location ideale per il product placement

– affermano all’unisono Gottfried Solde-rer e Stefan Tschenett di Dolomyte Media

– in quanto ponte tra due culture linguisti-che che permette di allacciare contatti straordinari tra nord e sud”.

i l g R a N D E b u s i N E s s : i l p R o D u c t p l a c E m E N t a H o l ly w o o D

Nel mitico film “Il laureato” i protagoni-sti principali sono due: Dustin Hoffman e la sua alfa romeo Spider di colore ros-so sgargiante.La prima apparizione di Daniel Craig nei panni dell’agente segreto 007 in “Casino Royale” è stata accompagnata, tra l’altro, dai prodotti di aston martin, Sony erics-son e Brioni. Tra i film di James Bond il campione d’incasso per product place-ment è però “La morte può attendere”: la pellicola con Pierce brosnan ha gene-rato qualcosa come 120 milioni di euro per 20 marche, tra cui 7 Up, Jaguar, ran-

ge rover. L’impresa di spedizioni ameri-cana fedex ebbe un ruolo preponderan-te nel film “Cast away”, con Tom Hanks che interpretava un dipendente fedex naufragato su un’isola deserta. occhiali da sole Ray Ban protagonisti nel film “Men in Black II”, indossati da Will Smith e Tommy Lee Jones, con altre 34 marche a giocare un ruolo da co-prota-gonista. ancora meglio ha fatto “oce-an‘s Eleven”: nel film con George Cloo-ney e brad Pitt comparivano ben 42 marchi, tra i quali apple, ford, rolex e rolls royce.

Un’azienda che ha già sfruttato il nuovo canale di marketing, avvalendosi della consulenza di Dolomyte Media, è il Con-sorzio delle cooperative frutticole dell’Al-to Adige (VOG). Le sue mele “Marlene” sono tra le protagoniste “occulte” della fortunata serie televisiva “Un passo dal cielo” in tutti e 15 gli episodi, come pre-vede l’accordo sul collocamento di pro-dotto. Georg Kössler, direttore del Con-sorzio, spiega cosa ha convinto la VOG a presentare le mele dell’Alto Adige nella fiction con Terence Hill: “Noi crediamo

che il mercato non ne possa più degli spot pubblicitari tradizionali, e perciò come VOG abbiamo deciso per la stagio-ne 2012/13 di battere nuove strade. Que-sta serie fa proprio al caso nostro perché la natura ha un ruolo, per così dire, da protagonista ed è quindi il contesto ide-ale per far conoscere il nostro prodotto”.

Non è ancora dato sapere a quanto abbia corrisposto, in termini di fatturato, la comparsata televisiva della Marlene; ad ogni modo gli effetti del product place-ment sono stati già dimostrati da alcuni

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i l ta x c R E D i t p E R i N v E s t i R E N E l c i N E m a

Dal 2010 lo stato italiano promuove gli investimenti nell’industria cinema-tografica grazie ad un interessante si-stema di agevolazioni fiscali. Il tax credit è stato introdotto come possi-bile ulteriore forma di finanziamento dei progetti cinematografici per far fronte al calo dei contributi statali de-stinati alla cultura. Chi investe in una produzione filmica matura un credito d’imposta compensabile con debiti fi-scali (ires, irpef, irap e iva) e contribu-ti previdenziali (inps) e assicurativi (inail). Del tax credit possono usufrui-re tutte le aziende che hanno la sede fiscale in Italia.Per informazioni: aniCa (associazio-ne Nazionale Industrie Cinematografi-che audiovisive e multimediali), www.anica.it.

prodotto deve essere perfettamente in-tegrato nella vicenda: se la sua presenza risulta invadente, ecco che lo spettatore prova una sensazione di fastidio. Mora-le della favola: il product placement è efficace, ma solo se fatto bene.

illustri predecessori. La fabbrica di cioc-colato Hershey’s, ad esempio, ha registra-to nel giro di un mese un aumento di fat-turato fino al 75% per i suoi bonbon “Re-ese’s Pieces Candy” dopo che Elliot, il bambino protagonista del leggendario film “E.T.”, li aveva usati per attirare il pic-colo extraterrestre. L’apparizione nel film “Risky Business” degli occhiali da sole Ray Ban, modello “Wayfarer”, è stata premiata con un incremento delle vendi-te dell’83%. E ancora: al produttore di car-rozzine per bambini Bugaboo è bastato un passaggio di 7 secondi nella popolare serie tv “Sex and the City” per diventare, da un giorno all’altro, un must per i geni-tori moderni dei grandi centri urbani.

Malgrado tutti questi esempi, esisto-no ancora parecchi imprenditori, ma anche professionisti del marketing, che nutrono dubbi sulla bontà di un simile investimento. “Il product placement – sostiene invece Otto Kettmann – è asso-lutamente efficace. In primis fa conosce-re il prodotto, che viene riconosciuto e memorizzato dallo spettatore. Al con-tempo, la diffusione tramite grandi mez-zi di comunicazione consente di rag-giungere un vasto pubblico. Un secondo aspetto positivo è il ritorno in termini di immagine, quando il film è ambientato in un contesto che trasmette simpatia”.

Un terzo punto a favore è il maggiore at-taccamento alla marca o al prodotto:

“Quando uno spettatore vede sullo scher-mo il suo tablet, prova un sentimento di orgoglio e si sente in qualche maniera partecipe del successo del film”.

vespa o Lavazza?

Va da sé che il product placement non è una soluzione adatta a tutto e a tutti. “Al pari di altri strumenti, anche questo deve essere adeguato alla comunicazione d’impresa e bisogna poi tenere presente che questo strumento è pensato per il me-dio termine. Tra le riprese e l’uscita di un film passa parecchio tempo”, spiega Kett-mann. E dipende anche dal prodotto. In linea di massima si può dire che più gran-de e più di design è un prodotto, maggio-ri saranno le probabilità di successo:

“Sullo schermo la Vespa avrà sempre un riscontro superiore al caffè Lavazza”.

Ma come reagisce il consumatore? In uno studio commissionato dalla so-cietà di marketing IP Deutschland, l’isti-tuto Mediascore ha rilevato che general-mente gli spettatori non si sentono infa-stiditi dal product placement. Il 37% degli intervistati lo trova addirittura po-sitivo, mentre 55 persone su cento ri-mangono indifferenti. Va da sé che il

(BK)

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L'amministratore delegato urban von Klebelsberg portasottobraccio la fortunata linea di vini Praepositus

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Il rivoluzionario. Urban von Klebelsberg è diventato amministratore delegato dell’abbazia di Novacella nel 1987. Passo dopo passo, sempre con risorse finanziarie ridotte, ha ampliato la produzione vinicola della cantina conventuale. oggi i suoi vini sono esportati in oltre 30 nazioni.

o R D i N E D E i c a N o N i c i a g o s t i N i a N i

abbazia di novacellaVia Abbazia 1 139040 VarnaTel. 0472 836 189www.abbazianovacella.it

QuANDO uRBAN vON KLEBELSBERG, il 1° luglio 1987, diventa amministratore delegato dell’abbazia di Novacella, i suoi capelli avevano già qualche venatura di grigio. Poco male, anzi la chioma “sale e pepe” conferisce a quel giovane agrono-mo l’aura di un manager maturo e assen-nato, nel quale la Congregazione agosti-niana ripone la più grande fiducia. Tut-tavia quel 27enne bolzanino è ben lontano dal possedere quegli attributi.

Dietro le sue profonde orbite si cela uno sguardo da furbetto, gli occhi marro-ne scuro simulano una serietà che di tanto in tanto viene spezzata da un ampio an-corché laconico sorriso. Dopo la laurea a Firenze, von Klebelsberg insegna all’Isti-tuto tecnico agrario di Ora. Ma non è certo

questa l’esperienza che gli può permette-re di assumersi l’impegnativo compito di amministrare l’abbazia. In quel momen-to il più grande monastero del Tirolo sta lottando con problemi di natura agricola. Gli enormi oneri da interessi degli anni Settanta avevano causato una montagna di debiti, appianati solo attraverso la ven-dita di terreni. È vero che quando Urban prende in mano l’azienda non ci sono più debiti, ma è anche vero che non c’è una lira per innovazione e investimenti. Il pun-to è che l’abbazia, secondo il volere dei Canonici agostiniani, non può avere esclusivamente scopi di lucro.

Ancora oggi il ricavato netto viene de-stinato a finalità sociali e in particolare alle attività di formazione. Ad ogni modo, anche se non sente la pressione del risul-tato, il giovane Urban deve rimboccarsi per bene le maniche. D’altronde deve am-ministrare 1.200 ettari di terreno, tra cui

25 di vigneti, 26 di frutteti, 700 di bosco e 400 di malghe. La sola superficie di tetto di tutto il convento è pari a due ettari, e all’e-poca ha urgente bisogno di risanamento. Pure il parco veicolare e le attrezzature non godono di ottima salute, tanto che il primo investimento è un furgone destina-to a sostituire il vecchio Bedford: “Ad ogni salita dovevamo aggiungere acqua di raf-freddamento, altrimenti ci sarebbe stra-mazzato davanti agli occhi”, ricorda Kle-belsberg sorridendo con compassione. Anche la tecnica di vinificazione peraltro è antiquata, e nei primi tempi si acquista-no impianti scartati da altre cantine. Kle-besberg capisce in fretta l’importanza del vino, anche perché egli stesso possiede un piccolo appezzamento di Lagrein.

L’abbazia possiede i vigneti più a nord d’Italia, terreni aspri a cui non si può chie-dere più di tanto. Quando il centro di spe-rimentazione di Laimburg affibbia una brutta pagella alla nuova varietà di vino bianco Kerner “perché è stata testata sul terreno sbagliato”, a Urban von Kle-belsberg sorgono dei dubbi legittimi. In Germania, la varietà di vite nata nel 1969 dall’incontro tra Riesling e Trollinger ha dato origine a vini gradevoli: perché non dovrebbe succedere lo stesso in Alto Adi-ge? “Era il vino proibito. Il cantiniere di allora ne mise una botte piccola in canti-na: il proibito mi ha sempre affascinato!”

Malgrado non sia autorizzato, il gio-vane amministratore continua a coltiva-re Kerner e i risultati sono superiori alle aspettative. Già nel 1992 il Kerner si fre-gia del marchio Doc, in seguito alle pres-sioni fatte da Klebelsberg presso l’ispet-torato forestale della Provincia.

Oggi il Kerner è diventato la varietà più importante della cantina di Novacella, con una produzione annuale di 160.000 bottiglie. La costruzione della nuova can-tina nel 1998 e l’arrivo dello zelante eno-logo Celestino Lucin segnano la consa-crazione definitiva della cantina conven-tuale. Delle 650.000 bottiglie prodotte ogni anno, due terzi escono dall’Alto Adige. Quando il lucido Klebelsberg vide che tutte le cantine altoatesine si gettava-no in massa sul mercato italiano, fu nuo-vamente colto dal suo scetticismo di fon-do: “Chi può sapere quanto reggerà an-cora l’Italia dal punto di vista economico?”

Un dubbio che lo aveva assalito già 10 anni fa, quando le agenzie di rating non dipingevano ancora l’Italia come una re-pubblica delle banane. Un motivo in più per cercare nuovi sbocchi. Oggi, dei 30 Paesi serviti, i migliori clienti sono gli Usa. La distribuzione viene curata in loco dal-la stessa abbazia: “Il nostro vino viene venduto dove la gente va in vacanza, dalle Maldive alla Repubblica Domenicana!”

Urban è sempre stato contrario ai pro-dotti a buon mercato destinati all’estero, com’è invece usanza nelle altre cantine nostrane. Al terzo posto dell’export spun-ta il Vaticano, ma “non certo per il legame clericale, bensì perché qui tramite cono-scenze si può acquistare il vino di Nova-cella senza l’Iva”, spiega von Klebelsberg sfoggiando quel largo sorriso che in tutti questi anni non lo ha mai abbandonato.

“All’epoca il Kerner era una varietà proibita e quindi aveva un suo fascino particolare”

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Testo: Hartwig MumelterFoto: Alex Filz

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m a R k E t i N g

G eorg Juen ne è convinto: “L’artigianato deve avvicinar-si maggiormente a Internet”. Il designer tirolese nutre una

grande passione per oggetti e mobili in legno di fattura artigianale, in particola-re va pazzo per il cirmolo. “In Alto Adige e in Tirolo ci sono parecchie falegname-rie e artigiani che lavorano il cirmolo, ma appena si esce dai confini regionali que-sto legno tipico delle nostre zone, dalle proprietà uniche, è praticamente scono-sciuto”, spiega Juen.

Ma allora come si fa a uscire dai con-fini, possibilmente in maniera vincente? Tramite Internet, of course, ha pensato l’agenzia pubblicitaria di Innsbruck ICC, che assieme a Juen ed al suo net-work ha creato lo shop on line 4better-days.com. La filosofia del sito è estrema-mente lineare: “Pensa locale, agisci glo-bale". Questo intrigante assioma è stato preso alla lettera da ICC e Juen, che ven-

dono prodotti locali in tutto il mondo. Il negozio virtuale è stato aperto nell’otto-bre del 2012 e vende esclusivamente mo-bili e accessori in legno di alta qualità rifiniti artigianalmente. Al momento l’assortimento comprende una ottanti-na di articoli in cirmolo, dal letto esclu-sivo ai divani per cani passando per i moderni portafrutta.

L’importanza della Rete

Per creare i suoi oggetti di design in le-gno di cirmolo, Juen ha coinvolto quat-tro falegnamerie altoatesine ed un’offi-cina di tornitura austriaca, alle quali a breve si aggiungeranno altre aziende. Juen fornisce il design per i prodotti, che poi vengono realizzati dalla singole ditte.

“Attraverso il sito vogliamo offrire pezzi dal design molto speciale, per mantene-re fede all’ambizioso livello di design che proponiamo nel nostro shop on

line”, dice Juen. L’ottanta per cento cir-ca della merce presente sul sito è stata realizzata unicamente per la vendita on line, per il resto si tratta di pezzi già esi-stenti nei cataloghi delle falegnamerie associate; tutti i prodotti comunque hanno l’etichetta “4betterdays” per ave-re un’immagine omogenea. Nella confe-zione tuttavia viene riportato il nome del produttore, al quale viene quindi confe-rita ulteriore visibilità.

Sulla homepage altoatesina sono in vendita on line, tra gli altri, mobili e ac-cessori della ditta Gaderform della Val Badia e della falegnameria Schwienba-cher di Silandro. “Abbiamo già un grosso volume d’affari estero verso la Germania e l’Austria”, informa Thomas Willeit del-la Gaderform. E poiché in Val Badia le connessioni Internet malauguratamen-te funzionano male, ecco che il sito 4bet-terdays rappresenta una buona opportu-nità per lanciarsi nell’e-commerce senza

L'artigianato digitale È possibile mettere d’accordo e-commerce e prodotti artigianali? Certamente! Un designer tirolese ce l’ha fatta e ora nel suo shop on line vende i pregiati mobili in cirmolo realizzati da falegnamerie altoatesine e nordtirolesi.

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doversi occupare in prima persona della gestione del sito. “A parte que-sto, trovo molto positivo anche il fatto che questo progetto faccia la-vorare fianco a fian-co aziende del Tiro-lo del Nord e del Sud”. Anche Klaus

Schwienbacher si è fatto convincere dalla filosofia che

sta dietro 4betterdays: “Vendere pro-dotti di qualità in legno massiccio è qualcosa che facciamo già come fale-gnameria”, dice Schwienbacher, che per il negozio virtuale ha prodotto una ven-tina di articoli tra cui i divani per cani in diverse grandezze.

“Per la nostra azienda questo shop on line è un’ottima chance per crescere sen-za doversi procurare tutto il know how che sta dietro all’e-commerce e, inoltre, senza doversi preoccupare della com-mercializzazione del prodotto”. Anche il giovane team di Schwienbacher si è fatto convincere fin dall’inizio dal progetto.

“Certo, realizzare nuovi prodotti per noi rappresenta uno sforzo ulteriore, ma poiché i metodi di produzione sono inte-ressanti dal punto di vista artigianale, possiamo integrarli molto bene nella formazione degli apprendisti”.

Prodotti sotto i riflettori

Ogni partner deve produrre un numero ben definito di pezzi di ogni articolo messo in vendita e spedirlo ad un magaz-zino centrale, in modo da accelerare al massimo i tempi di spedizione. “Noi ga-rantiamo al cliente che la merce gli verrà consegnata entro una settimana in tutta Europa e appena due settimane nel resto

del mondo”, dice Juen. La spedizione è affidata ad una ditta di servizi esterna, giacché soprattutto le consegne negli Usa o in Canada costituiscono un bell’impegno, non foss’altro per le pro-blematiche riguardanti il diritto com-merciale internazionale.

Lo shop on line è stato finanziato e realizzato dall’agenza ICC, che ora si oc-cupa anche della commercializzazione e della comunicazione. “I mobili messi in vendita sono dei veri prodotti di nicchia e pertanto costano quel che costano”, in-forma Juen. Ragion di più per munirsi di un’efficace strategia di comunicazione; 4betterdays si serve solo della comunica-zione on line ed è presente su tutti i so-cial network. Per quanto riguarda lo shop on line in sé, i prodotti vengono presentati nel modo migliore possibile con l’ausilio di foto: “Le immagini devo-no riuscire a trasmettere emozioni e la qualità dei prodotti”, sintetizza Juen, che aggiunge: “In un negozio o in uno showroom posso vedere i prodotti da vi-

cino, toccarli e osservarli da varie ango-lazioni. In un negozio virtuale invece le foto e la descrizione devono bastare per indurre il visitatore del sito all’acquisto”.

Per una vita migliore

Il nome “4betterdays” ed il logo a forma di cuore rimandano alle proprietà benefi-che del cirmolo. È infatti scientificamen-te dimostrato che il legno di pino cembro rallenta il battito cardiaco, procurando così un effetto calmante. “I mobili sono prodotti di benessere che dovrebbero contribuire ad abbellire ed alleggerire le giornate”, spiega Juen. Lo shop dovrebbe quindi trasmettere i valori dell’artigiana-to e delle persone che ci lavorano. Nei mesi a venire Juen è intenzionato a coin-volgere nel progetto altre falegnamerie ed a lavorare con altri tipi di legno. “Noi puntiamo a diventare, nel giro di due anni, il più grande shop on line per mobi-li di produzione artigianale di tutto l’arco alpino”, conclude fiducioso Juen. (EP)

un cane rilassato? Merito dellegno di cirmolo delle foreste alpine

Chi ama i prodotti di design in cirmolopuò comodamente acquistarli on line

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Deutschland: ARD und SWRRatgeber – Auto – Reise – Verkehr - Könnten Elektroautos zur annehm-baren Alternative von Benzinern werden? Die erste ADAC eRallye Südtirol mit vier flotten Stromern gibt Aufschluss. Eine gute Zusam-menfassung über die Ergebnisse des Wettbewerbs liefert der fünf-

minütige TV-Bei-trag in der ARD und auf SWR. Erstausstrahlung Sonntag 14. Oktober um 16.30 Uhr

Österreich: Der WienerLifestyle-Heft für den Mann – Gleich zwei Artikel widmet der Wiener in seiner Italien-Ausgabe Südtirol: „Mit Leib und Seele!“ lautet der Titel des ersten, in dem Südtirol als Schlaraffenland bezeichnet wird, das alles bietet, man müsse nur wissen, was man brauche. Im zweiten Artikel

„In lässigen Höhen“ geht es um den Filmdreh des Dolomi-tendramas „Der Stille Berg“. Ausgabe August 2012

Dicono di noi. La banda larga dei media cresce sempre più. La parte del leone la fanno ancora gli aspetti culinari, ma l’Alto Adige viene presentato anche come territorio ideale per testare le auto elettriche e come location azzeccata per l’industria cinematografica.

n e l l ' o cc h i o d e i m e d i a

Belgium: WintersportgidsSport Magazine – The Magazine which comes out once a year with an edition of 40.000 on

12 pages full of pictures, talks about some Ski-Re-sorts in South Tyrol: Alta Badia, Val Gardena, Ortler Skiarena and Alta Pusteria. After this lecture the desi-re of getting there for a ski-adventure is top gear. Release October 2012

Italia: L’EspressoSettimanale di politica, cultura ed economia – Uno dei maggiori settima-nali italiani tratta i temi scienza, innovazione e sostenibilità “Made in Alto Adige” prendendo spunto dall’Innovation Festival. Il giornalista Paolo Cagnan inoltre approfondisce con dovizia di particolari storicilo sviluppo “green” dell’Alto Adige. Edizione 27 settembre 2012

Schweiz: Das Wandermagazin SchweizWandermagazin – In der 25-seitigen Re-

portage über den Vinschgau, gespickt mit Infoboxen und Tipps, wird vor allem das ausgeklügelte Bewässerungssystem

aus dem 13. Jahrhundert, die Waale, unter die Lupe genommen. Einen Vor-geschmack auf die Möglichkeiten für Skitourengeher, Winterwanderer und

Langläufer gibt’s obendrein. Ausgabe Oktober/November 2012

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Page 41: M - Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

united Kingdom: Lonely Planet MagazineTravel Magazine – on eight pages the journa-

list oliver Smith describes the Legends oft the Pale mountains „Dolomites“ and shows

some personalities living there: michil Costa, an authority on the culture and traditions, erica Clement, a specialist in making fresh

batch of doughnuts in her kitchen and Sieg-fried meyr, passionate woodcarver.

Release August 2012

Netherlands: LifestyleLifestyle Magazine – 11 pages, wonderful pictures and “fairytale-like stories”. That’s how one of the biggest Lifestyle-Magazines

of the netherlands (edition: 51.000) describes the Winter Season in South Tyrol. The article end’s up with the sentence: There are

few places better to indulge a taste for cross-country skiing than South Tyrol’s beautiful mountains. Release October 2012

Deutschland: Schöner Wohnen Wohnzeitschrift – auf drei Seiten beschreibt die redaktion ein „Loftcube“, ein mobiles Designhaus am ritten, konzipiert vom berliner Designer Werner aisslinger. Der quad-ratische Bungalow mit einer Grundfläche von 39 Quadratmetern wird per Hubschrau-ber oder Lkw binnen zwei Tagen montiert und kann jederzeit wieder abreisen. Ausgabe Oktober 2012

Italia: Ansa On lineAgenzia di Stampa Italiana – “Castagne, vino e tradi-zione: l’autunno a Merano” è il titolo dell’ articolo sul sito web dell’anSa. il redattore descrive l’atmosfera autunnale a merano e una serie di ap-

puntamenti in centro e nei dintor-ni, ideati per assaporare i gusti ti-pici locali e per scoprire la bellezza di questa stagione in alto adige. On line dal 23 ottobre 2012

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TOuR PROMOzIONALE DI COPPIA: debutto congiunto per alto adige marketing (Smg) e Organizzazione Export Alto Adige (EOS) al salone del gusto eat&STYLE di Colonia, la fiera eno-gastronomica più importante della Germania. Sotto i riflettori sono finiti i prodotti tipici dell'alto adige, il festival del gusto dell'alto adige in programma dal 24 al 26 maggio 2013 a bolzano ed uno show culinario con il cuoco stellato Herbert Hintner. Lo chef di appiano, in occasione di più esibizioni giornaliere, ha introdotto i visitatori ai segreti della sua cucina re-gionale. nato nel 2006, il salone del gusto eat&STYLe rappresenta il mix vincente tra food entertainment, cuochi famosi e tendenze nel settore della gastronomia e dell’ospitalità.

c o l o N i a , g E R m a N i a

Il cuoco stellato Herbert Hintner ed il direttore di SMG Christoph Engl al rinomato salone del gusto eat&STYLE di Colonia

4 2 M | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r zo 2 0 1 3

m E Rc ato

Page 43: M - Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

“un’azienda nonvive di quello

che produce,ma di quello

che vende”.Autore ignoto

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bolzanobressanonebrunicovipiteno

concept store bolzano4 floors of new styling