new oreste m. g. debernardi cultural projects advisorodeberna/ode/sns.pdf · 2018. 11. 26. ·...
TRANSCRIPT
Oreste M. G. Debernardi
Cultural Projects Advisor
Gent.mo. Prof. Barone,
mi rivolgo a Lei nella Sua veste di neo Direttore della Scuola Normale Superiore.
Ho incontrato venerdì il sig. Marco R., come forse ricorda quando Lei stesso ha fatto capolino
in sala stemmi per sincerarsi fosse pronta per condurre il seminario pomeridiano.
L‘incontro era finalizzato a informarci reciprocamente sullo stato dei rispettivi ambiti di
interesse e per valutare possibili sinergie visto il fertile connubio passato e la attuale mia
presenza in Italia. Dalla riunione – cui ha partecipato anche una filologa spontanea non solo per
dare un tocco femminile all‘incontro, ma per permettermi una successiva autocritica attraverso
il confronto delle mie impressioni col suo punto di vista – sono emerse alcune esigenze.
Glissando sui contenuti personali condivisi, direi che il senso di profonda riconoscenza di
Marco verso la Scuola per la possibilità di essere stato a contatto con la ricchezza culturale di
chi ne frequenta le strutture – perché egli è capace di trarre nutrimento persino dai brevi contatti
dovuti dal settaggio delle impostazioni di rete – conferma la fertilità di un ambiente formativo
unico a dispetto del declino indicato da alcuni ranking della S.N.S. È anche emersa una sintonia,
la stessa che avevamo a inizio millennio, quando gravitavo nell‘orbita della Scuola.
Registro con piacere l‘incremento di opere
d‘arte presenti al Palazzo Carovana, una
presenza che interpreto quale indice della
consapevolezza che l‘arte riduca i sentimenti
negativi che l‘uomo prova nel confronto con
l‘innovazione. L‘opera d‘arte assolve, infatti,
alla funzione di ridurre la paura di un
concetto davvero innovativo che impone al
soggetto conoscente un rinnovamento
categoriale o paradigmatico per fruirlo.
Permette di familiarizzare con esso affinché
gli sia possibile coglierne l‘intima essenza e
riesca a inscriverlo nel personale bagaglio di
conoscenze, senza assimilarlo a qualcosa di
già conosciuto, quindi deformandolo, con
l‘illusione di capirlo. L‘inserimento nel senso
personale è il punto di transizione tra l‘uso di
obsolete categorie interpretative e quelle che
il nuovo concetto richiede di adottare per
essere compreso. La presenza dell‘opera
d‘arte è indispensabile nel processo di
apprendimento tout court. Infatti, l‘estesia, la
forma sensibile con la quale si percepisce il
mondo, richiede di conciliarsi con esso e per
farlo occorre agire tenendo conto
dell‘amigdala, magari adottando metodi
empatici e linguaggi consoni alla nostra
sensibilità.
L‘arte non è solo gesto, o stile, o cifra
espressiva di un autore, è pure fattore di mediazione, catalizzatore emotivo a fini ermeneutici,
stimolo che apre prospettive interpretative considerate dal lato del fruitore.
Nella bellissima cornice del palazzo, è stato sommessamente spiacevole riscontrare l‘immagine
della S.N.S. dall‘esterno che pare non cogliere gli sforzi della Scuola per mantenere la propria
eccellenza, almeno a giudicar dall‘apparente declino del ranking e pure nei contenuti della
relazione del referente degli studenti umanisti alla cerimonia di consegna dei diplomi del
dicembre scorso. Vorrei sottolineare l‘andamento della curva, non il valore assoluto
dell‘Academic Ranking of World Universities, in quanto basato sul confronto del n. di
pubblicazioni prodotte dagli atenei senza parametrare in base al n. dei docenti nell‘ateneo. Per 4
anni la SNS si è posizionata al 27° e 28° posto e poi è scesa al 30° nel 2015, tra le università
italiane, e nel periodo è oscillata tra il 446° (2014) e il 486° (2015) a livello mondiale [fonte].
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
Poiché Lei non mi conosce, farò una breve presentazione dei rapporti intrattenuti con la S.N.S.
Dopo un excursus eterodosso [cv htm o pdf] che, da una formazione semiotica a Bologna (con
Umberto Eco e Paolo Fabbri), transitando soprattutto attraverso lo studio della filosofia a Pisa
(con Aldo G. Gargani), accedendo al nascente mondo dell‘informatica (grazie alla relazione con
una ricercatrice in un centro di ricerca privato ho seguito dall‘interno l‘avvento
della microinformatica) e un approfondimento di un paio d‘anni presso la facoltà
di matematica a Pisa, ormai io trentenne, per colmare il limitante gap della
divisione disciplinare tra arte e scienza, inizio a intrattenere relazioni con la
Scuola nei primi anni novanta, prima come semplice frequentatore della
meravigliosa biblioteca, e poi con l‘accredito all‘accesso anche all‘uso delle
risorse della Scuola della professoressa P. Bora e A. M. Iacono per condurre una
ricerca mirata al rinnovamento in chiave epistemologica della topica lacaniana,
ricerca da cui sono conseguiti alcuni testi in seguito raggruppati in: Debernardi
O. M. G., Analitici - Raccolta, s. l., ed. Debernardi, 2006, che si compone dei seguenti:
Debernardi O. M. G., Taccuino adolescenziale, s. l., ed. Debernardi, 2006, (ed. originale 2004);
Debernardi O. M. G., Analitici, s. l., ed. Debernardi, 2006 (ed. originale 1990, 1992, 1995);
Debernardi O. M. G., Dérive existentielle, s. l., ed. Debernardi, 2006, (ed. originale 1995);
Debernardi O. M. G., La cornice invisibile, s. l., ed. Debernardi, 2006, (ed. originale 1997);
Debernardi O. M. G., Avant qu’il arrive (Godot), s. l., ed. Debernardi, 2006, (ed. orig. 1998).
Le pubblicazioni sono state realizzate solo a partire dal 2006, come per altri testi, perché in
precedenza li condividevo in rete, o li distribuivo personalmente a una limitata platea di lettori.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
La ricerca in campo psicoanalitico ha reso necessaria un‘applicazione pratica per testarne i
risultati: ho applicato il trans-metodo che avevo elaborato su soggetti latori di disagio psichico.
In seguito, la ricerca si è estesa alle teorie della conoscenza, col preciso obiettivo di ottimizzare
le tecniche di apprendimento, della creazione e della trasmissione del sapere.
Da tali studi si è generato il volume: Debernardi O. M. G., Codici e
Cognizione, s. l., ed. Debernardi, 2006, (ed. originale 2001).
In seguito, ho avuto occasione di godere della stima del compianto prof.
Lorenzo Foà. L‘intesa con lui si è realizzata – come abbiamo ricordato con
Marco venerdì, il quale, come me, gli era molto legato – sulla base di alcuni
presupposti che avevamo in comune.
Egli, nonostante rivestisse ruoli prestigiosi in una società che è orientata verso
modelli unidimensionali, verso l‘iperspecializzazione in ambiti specifici,
aveva colto l‘importanza di soggetti dotati e creativi, magari divergenti, capaci di coltivare
diversi interessi in modo originale. Egli aveva fatto propria l‘esigenza di proporre una sintesi tra
l‘approccio analitico scientifico e la visione globale di stampo umanistico. Si era dimostrato
felice di aver trovato un soggetto dotato di senso critico, capace di proporre soluzioni
complesse, aumentando e non riducendo l‘ordine di complessità dei problemi affrontati. Vedevo
il bosco ma riuscivo a descrivere anche i singoli alberi, e perciò mi aveva rubricato tra i soggetti
pluripotenziali – il termine è mio, lui preferiva un ossimoro per via dell‘idioletto mutuato dalla
sua formazione: ―scienziato dell‘anima‖, che usò a una riunione indetta su iniziativa di alcuni
componenti del centro di calcolo per avversare il nascente progetto. Forse costoro non mi
capivano perché non mi ero dedicato, come loro, a una singola identità in cui riconoscermi.
Avevo compreso che l‘idea di una vita focalizzata in uno specifico campo è assai romanzata. Si
basa sul presupposto che l'obiettivo esistenziale debba essere unico e che ci sia riservato solo un
destino particolare o un'unica vocazione. Con spirito rinascimentale – ben saprà che a quel
tempo esser portati verso più discipline era considerata tra le migliori condizioni – Lorenzo ha
saputo apprezzare un soggetto come me multi-potenziale e con diversi interessi. E tutto ciò è
scaturito da un‘e-mail e una conversazione de visu, grazie alla quale mi feci
conoscere e gli esposi l‘idea del progetto CEC , poi condotto alla Scuola nel
2002/03, descritto dal testo: Debernardi O. M. G., Comunicazione Empatia
Conoscenza, s. l., ed. Debernardi, 2006, (ed. originale 2003), (in allegato
estratto della fase nascente).
Solo in seguito mi sono spiegato come fosse stato possibile che in un‘unica
conversazione Lorenzo avesse raggiunto una sicurezza tale da difendere la mia
idea anche contro l‘attacco dei suoi collaboratori amministrativi in riunione,
individuando nella sua capacità di sintesi e di visione globale, la possibilità di
cogliere un tachipsichico che parlava in fretta, facendo pure correlazioni inusitate.
Aveva riconosciuto in me la capacità di combinare diversi ambiti per creare qualcosa di nuovo
nell'area della loro intersezione, come aveva fatto lui in molti momenti della sua vita. Legga
come ha trovato il modo di misurare la vita media dei mesoni nella sua intervista del 2009.
Essendo Lei chimico di formazione, e per giunta in una città come Napoli, ove si diventa
intelligenti perché sottoposti a uno stress cognitivo costante, anche a ogni semaforo, dovendo
sincerarsi di come siano interpretati di volta in volta i colori dagli altri automobilisti per stabilire
come regolarsi – ovvero in una città ove non si rispettano regole generali ma solo applicazioni
locali di regole locali – Lei deve aver esperito che la vera innovazione si genera proprio da un
mix di esperienze pluridisciplinari in aree intersezione di diversi campi.
Ora, chi meglio di Lei sa che il mondo non si dipana secondo le definizioni che l‘uomo ne dà,
ma sono le definizioni che devono rinnovarsi per tentare di descriverlo. Lorenzo, come me,
aveva compreso che il corpus del sapere non solo intende descrivere il mondo alle persone, ma
soprattutto indicare loro come relazionare con quanto non conoscono, favorendo le
trasformazioni soggettive indispensabili ad accoglierlo. Non basta innovare, se non si rinnova
categorialmente il soggetto conoscente.
Ed è a questo punto che entra in gioco un‘ulteriore capacità che i soggetti pluripotenziali hanno,
quella dell'adattabilità. La capacità di trasformarsi in qualsiasi cosa lo richieda una data
situazione. Assumere diversi ruoli a seconda delle esigenze è la capacità di adattamento,
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
essenziale in un mondo che cambia velocemente e in modo imprevedibile. Non a caso, nel
progetto CEC stabilimmo per me una definizione di massima, lasciandomi libero di assumere la
forma più congrua all‘obiettivo da raggiungere. L‘adattamento a cui alludo implica flessibilità,
ma anche il mantenimento di alcune condizioni strutturali, affinché non sia tradito l‘obiettivo.
Va sempre avversata la rinegoziazione dei fini in cui a volte cade chi si confronta con una
difficoltà e riduce il grado di complessità della propria visione, magari accontentandosi di un
risultato lontano dall‘obiettivo di partenza.
Dosare sapientemente le metamorfosi è una dote favorita da capacità come l‘apprendimento
rapido, che permette non solo di approfondire celermente l‘ambito di interesse, giungendo a
dominarlo in fretta, ma di trasferire conoscenza tra discipline diverse, riversando quanto già
appreso nella nuova area di interesse. Con queste capacità, grazie al tachipsichismo e a una
sensibilità estroversa ben note a chi mi conosce o a chi mi osteggia proprio a causa di esse,
riuscivo a fronteggiare problemi complessi e multi-dimensionali con un approccio creativo,
sottratto a schemi prestabiliti. L‘aver svolto il progetto circondato dagli studenti e da alcuni
ricercatori della Scuola, investendo nell‘esperienza la sfera interpersonale e quella relazionale,
ha determinato un forte impulso grazie allo scambio di esperienze, know how e punti di vista.
Con il trasferimento a Berlin, ove risiedo da una decina d‘anni, mi sono immerso nel mondo
dell'arte relazionale e contemporanea, dilatando la cornice di riferimento dei miei progetti.
Le esperienze sociali e artistiche condotte hanno approfondito diversi temi. Ho svolto alcuni
progetti in Italia, complice anche una giovane moglie, controllore di volo, sul patrio suolo.
All‘inizio del 2016, ho acquisito un edificio vicino a Lucca con relativo terreno[progetto The
dare] ove penso di realizzare un istituto in cui accogliere soggetti dotati [progetto L’a-scuola].
Esiste una correlazione tra tale decisione e l‘istanza che mi è stata rivolta nel 2014 da parte di
insegnanti di musica che, constatando gli ottimi risultati che avevo ottenuto con uno dei loro
violinisti, diplomando al conservatorio lucchese, mi hanno chiesto di ripetere l‘esperienza anche
con altri allievi, portando anche loro all‘eccellenza come era avvenuto col giovane di cui mi ero
occupato. Avevo immaginato un‘ipotesi di intervento [bozza del progetto MES] che però non si è
concretizzata per ragioni ovvie a chiunque conosca la situazione didattica italiana attuale (non a
caso il nome del progetto è anche acronimo del Meccanismo Europeo di Stabilità…).
Occorrevano risorse per i musicisti internazionali che avrei dovuto necessariamente coinvolgere
(si apprende a suonare usando i neuroni a specchio di fronte ad esempi virtuosi). È stato
paradossale riscontrare che in una città come Lucca, famosa sostanzialmente per la sua
tradizione musicale – ricordo che Lucca esiste nell‘immaginario collettivo essenzialmente in
virtù della musica che ha saputo esprimere in passato e per lo stesso motivo è stata persino
annoverata da Forbes tra le primissime città a livello mondiale in termini di qualità della vita – il
budget annuale del suo conservatorio si attestasse su circa 1,5M€ a fronte, ad esempio, dei
7,5M€ di una scuola privata come quella di Fiesole! Forse chi doveva decidere in merito, non ha
colto la ricaduta, anche economica, dell‘eventuale conquista dell‘eccellenza in quel
conservatorio, ricaduta che sarebbe stata sul lungo periodo pari a multipli dell‘investimento
iniziale. A dire il vero, avrei potuto tentare di supplire con il crowdfunding, ma in quel periodo
dovevo conciliare esigenze emotive e il personale senso storico; non ho potuto far prevalere
esigenze esterne che taluni credevano io potessi soddisfare.
Venendo ai giorni nostri, poiché il contesto urge di porsi a salvaguardia degli
obiettivi annotati nell‘ingresso del palazzo Carovana, e in senso più generale
urge agire come fa lo stimato e a me caro prof. Settis, che si batte in difesa
della Costituzione attaccata di recente, sento il bisogno anch‘io di dare un mio
contributo. Sono stato legato da un rapporto di profonda amicizia a Teresa
Mattei sin dal 1990 e pure lei, che mi è stata vicina in momenti difficili, non
separava la sfera personale da quella politica, concetto a me familiare per aver
io respirato l‘atmosfera bolognese post ‘77.
Poiché l‘incontro di venerdì alla Scuola mi ha rievocato piacevoli sensazioni
e, intendendo io continuare a esplorare quanto la passione mi indica e l‘azione
sociale richiede, Le manifesto interesse ad incontrarla col fine di vagliare
insieme possibilità collaborative, in termini da definire.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
Di fondo mi interessa una proiezione nel futuro, in modo da poterci orientare nel tempo.
Non sono attratto dall‘idea di ripetere l‘esperienza di ricerca già svolta alla Scuola, anche se mi
ha dato soddisfazioni e stimoli evolutivi. In generale, non mi piace ripetere esperienze, non
ritenendo di avere abbastanza tempo per sperimentare tutto ciò che la vita potrebbe offrire.
Ho maggiore esperienza rispetto allora, grazie alla decina d‘anni trascorsi all‘estero e a contatto
con soggetti dotati provenienti da ogni parte del mondo. A ciò si unisce la consapevolezza a
posteriori dell‘evoluzione dei ragazzi di cui mi sono occupato durante il progetto CEC, essendo
trascorsi abbastanza anni per poter fare una valutazione ex post. Quanti di costoro hanno
preferito ―soddisfare la bramosia di sapere con l‘indigesto alimento del potere‖, come annotavo
anni fa? La spinta alla competizione ha sortito il risultato di allontanarli dalla libera ricerca? In
alcuni casi, credo che sia accaduto. Loro stessi non sanno fornire un‘autolettura della propria
condizione, ritenendola frutto di condizioni contestuali e non derivanti necessariamente dai
modelli formativi. Ma per me la correlazione esiste, e credo che questi ultimi siano un‘eredità
con la quale, magari inconsciamente, faranno i conti sempre.
Al proposito, ritengo che la Scuola possa migliorare il codice morale trasmesso, superando
l‘individualismo esacerbato a favore di logiche collaborative, facendo in modo che la ricerca
dell‘eccellenza non spinga a una competizione ossessiva, ma sia una naturale ambizione con cui
interpretare l‘essere, senza scadere nell‘isolamento dovuto a un elitarismo estremizzato,
favorendo quella sorta di umana ‗transumanza‘ che se non sbaglio richiedevano gli studenti.
L‘integrazione tra le due aree disciplinari per me è scontata e andrebbe favorita senza orientarla
dirigisticamente per evitare si creino divisioni ulteriori dovute alla forzatura, in quanto le
diverse formae mentis occorre trovino liberamente modo di fondersi.
Nelle lettere al Prof. Settis, che allego per dare il senso dell‘evoluzione del pensiero, trapelano i
presupposti su cui mi basavo in ordine ai concetti di ricerca e di formazione, rispettivamente
venti e sedici anni fa. Scrivevo che ―la qualità della ricerca è funzione delle persone che la
conducono, della loro motivazione, degli strumenti a disposizione, dell‘ambiente in cui la
svolgono, dell‘interazione reciproca tra ricercatori. Ogni intervento su una di queste variabili ha
ricadute sul risultato finale‖. E ancora: è la ―ricerca che ha consentito all‘uomo, attraverso
abduzioni inattese e la sovversione degli schemi del passato, di transitare a nuovi paradigmi e a
quella crescita al cui cospetto ci troviamo. E la persistenza di obsoleti modelli finalizzati alla
conservazione del potere e alla riproduzione dell‘ordine‖ fanno resistenza all‘evoluzione.
A ciò consegue che servano soggetti unici, speciali, creativi, oserei dire ineffabili.
Che sia necessario un creativo per comprendere un creativo, credo sia una frase scontata, come
pure sostenere che la capacità di distinguere soggetti divergenti – ovvero capaci di trovare
soluzioni in modo abduttivo e non meramente deduttivo o induttivo – pertenga a chi contempli
la divergenza come ricchezza e non come stranezza.
Non pensi che io stia cercando di occupare il tempo post estivo, prima di tornare nella mia
Berlin, o sia in attesa di superare gli aspetti burocratici connessi al progetto The dare.
Spero sia chiaro dal tenore di questa mia che tengo davvero a che la Scuola sia ancora baluardo
dei valori che ho amato e credo non debbano essere diluiti dalla superficialità contemporanea.
Qualora l‘ipotesi collaborativa prendesse corpo, non porrei limiti temporali.
Ora vengo al punto dell‘esigenza di ristabilire una migliore posizione nel ranking delle scuole
mondiali. Tango questo argomento forse influenzato dai grafici mostrati dal Direttore alla
consegna dei diplomi. Non so se ciò rientri tra i Suoi obiettivi, neppure ho ancora approfondito a
cosa ascrivere l‘attuale posizionamento [Il World University Ranking posiziona la S.N.S. al
102esimo posto nel 2016 su scala mondiale, dopo averle riconosciuto il 63esimo nel 2015]. È
possibile che altri atenei siano diventati più competitivi, inoltre è certo che nel contesto italiano,
ove la regressione culturale è sempre più diffusa, vi siano sempre meno soggetti capaci di offrire
contributi alla futura crescita del Paese, ma è essenziale agire per indurre un‘inversione di
tendenza. La quale è difficile ascriverla a ragioni economiche, considerato che gli oltre 30M€
che riceve la S.N.S. all‘anno si ripartiscono su 600 allievi (somma per allievo multipla di altri
atenei). Non ritengo essenziale rincorrere il posizionamento in statistiche, ma promuovere
l‘innovazione, e, personalmente, non direttamente sul punto di frontiera, ma in leggera
retroguardia, sul crinale della comprensione dei soggetti che acquisiscono il nuovo concetto.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
Per farlo occorre l‘umiltà della rinuncia al vecchio sapere, cosa che in S.N.S. mi ha spinto a
preferire la relazione con i ragazzi piuttosto che con i docenti, escluso alcune eccezioni che
mantenevano viva la loro freschezza mentale. Con ―promuovere l'innovazione‖ non alludo a
operazioni di divulgazione scientifica quanto più a creare vettori di rinnovamento categoriale, di
elementi di rottura degli equilibri precedenti, catalizzatori di fenomeni di condensazione
cognitiva. Il progetto CEC credo abbia suscitato rottura all'epoca non a caso proprio nell'area
più tradizionalista della Scuola, quella caratterizzata da minore capacità di autorinnovamento.
A dire il vero, ho sempre subito il fascino di figure come il giovane Gödel, piuttosto che nel
blasonato Hilbert. E ciò anche prima di sapere che l‘idea del primo avrebbe avuto la meglio
sull‘altro. In sintesi, credo sia utile poter contare su qualcuno capace di pensare al futuro in
termini visionari, di vedere strutture celate e correlazioni non banali, affiancato ai ricercatori.
Certo la sfida è ambiziosa, mi auguro non sia confusa come segno di una hybris irrealistica.
Ho notato che Le attribuiscono un indice di Hirsch di 69 di tutto rispetto, ho ascoltato Suoi
interventi di cui v‘è traccia in rete, e ho avuto modo di cogliere nelle Sue parole e nel Suo stile
locutorio elementi che mi hanno suggerito di dedicare un sabato per raccogliere queste parole.
La Sua idea che il salto paradigmatico vada favorito tenendo conto dei sistemi complessi, ormai
studiabili nel loro sistema naturale senza riduzioni di complessità, mi trova concorde.
Pure il Suo approccio al problema del Big data indifferenziato, cogliendo l‘esigenza di
un‘analisi delle correlazioni non apparenti che non ricalchi l‘ordine paradigmatico precedente,
altrimenti servirà a ben poco: che senso avrebbe riordinare masse di dati di ordini di grandezza
superiori con gli stessi criteri compositivi di quelle precedenti? È proprio in un nuovo possibile
ordinamento che si genera il salto di complessità cui la vera ricerca mira.
Al proposito, mi interessavo di middleware giusto due estati fa, o meglio di sistemi che
catalizzino dati informativi e li trasformino in spunti di comprensione attraverso operatori
semantici o di altra natura.
All'epoca intendevo applicare alcuni modelli di potenziamento cognitivo ad app cognitive,
stimolanti l‘apprendimento attraverso giochi. Avevo in mente una collaborazione con un fisico
normalista che opera a New York, ma poi una grande società ha comprato la start-up in cui
lavora e non ho neppure fatto a tempo a condividere l‘idea.
Intravedo anch‘io un incremento dell‘uso della realtà aumentata, a patto che diventi di massa
com‘è avvenuto, ad esempio, con i sistemi operativi a finestre, permettendo di superare i limiti
sensoriali e incrementando le potenzialità cognitive, riducendo altresì l‘impatto di grosse
rivoluzioni percettive conseguenti al cambiamento dei modi di pensare in modo controintuivo.
Concordo quando dice che l‘interazione del cervello con una realtà naturale sia molto più diretta
rispetto al caso di un intermediario di tipo indiretto fisico-matematico. La possibilità di
muoversi in maniera naturale in mondi in cui non possiamo accedere realmente, ma percepiti
come se fossimo nella vita reale con le nostre dimensioni spazio temporali, possono attivare
processi di salto cognitivo sfruttando isomorfismi sensoriali che giungono alla consapevolezza
in modo naturale. Al proposito ricordo l‘eccellente Prof. Franco Conti che sapeva pensare oltre
R5… senza l‘uso di alcun marchingegno. Non so se sia stata sostituita una figura come la sua
alla Scuola, capace di contribuire alla didattica creando nuove forme di insegnamento; una
figura di primo contatto con gli studenti ammessi, capace di orientare gli allievi.
Nel suo lavoro trovavo conferma della correttezza dell‘obiettivo didattico di comunicare la
passione per la conoscenza come forma di insegnamento, quale momento di dilatazione degli
orizzonti cognitivi. Come il prof. Conti insegnava che la matematica fosse parte integrante della
cultura e svolgesse un ruolo fondamentale nella società, mi accorgo di aver appreso la lezione
essendomi dedicato a promuovere il gusto per l‘apprendimento in quasi tutti i miei progetti, che
avevano spesso l‘obiettivo di modellizzare la problematica affrontata di volta in volta, più che
quello di creare un bagaglio nozionistico specifico. Il loro carattere sperimentale anticipava
possibili scenari, dotando i partecipanti di strumenti per gestirsi in tali prospettive evolutive…
Mi accorgo dall‘approssimarsi del margine che mi sono dilungato forse troppo. Non mi resta
che citare G. B. Vico, scusandomi per non aver avuto abbastanza tempo per esser più breve. E
pure se, qui e là, ho avuto un approccio dal sapore un po‘ ingenuo e naive.
Cordialmente Oreste M. G. Debernardi
Pisa, 03/09/16
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
Il testo della lettera è stato rivisto varie volte il giorno seguente la stesura, chiedendomi come
Lei avrebbe reagito nel leggerla. Mentre la parte che segue (PS) è stata scritta il 07/09/16.
PS Attendendo il momento più opportuno per l‘invio a Lei della missiva, che nel
frattempo ho inviato a Marco e ad alcune amiche per avere da loro un feedback, mi è venuta
un‘idea. Tra costoro, una si è sbilanciata in un commento positivo, aggiungendo che si
comprende che sono affezionato alla Scuola. In effetti, dal mio punto di vista non avevo colto
questa mia prospettiva. Con tale pensiero, ovvero che si abbia esigenza di un momento di
verifica esterno, mentre la ragazza, che mi aveva accompagnato all‘incontro con Marco,
raccontava l‘esito del suo recente viaggio all‘estero in una struttura di ricerca ove trasferirsi, le
chiedevo come procedessero nel valutare l‘efficienza in quel contesto. A quel punto mi è
sovvenuta una figura capace di valutare la ‗produttività‘ del personale docente in merito alla
ricaduta innovativa o altre variabili che si decida di prendere in considerazione. Attività svolta
da un soggetto dalla formazione eterodossa, capace di interfacciarsi con docenti e allievi, dotato
di un approccio epistemologico, una figura, che, anche se inizialmente avversata dai docenti,
acquisirebbe anche per loro valore e significato nel tempo perché consentirebbe loro un
confronto indispensabile a una retroazione prima che giunga il ranking a sancire un eventuale
errore di indirizzo. Un soggetto onesto intellettualmente e disincantato, capace di intuire e poi
verificare, al di là delle apparenze d‘immagine e dei giochi di potere, gli esiti di scelte
didattiche, la cui validità non dovrà più discendere dal fatto che ricalchino schemi già percorsi o
consentano il mantenimento di posizioni di potere. Capace di orientarsi a verificarne i risultati in
modi sempre nuovi affinché essi non risultino anacronistici, dando così maggiore garanzia della
capacità innovativa della Scuola, cercando lo specifico contributo da parte di ogni docente agli
obiettivi della Scuola, non facendo valutazioni d‘insieme del tutto inutili sul piano operativo.
Una figura direttamente referente al Direttore che rielabora e riadatti qualcosa di simile all‘OEE
(Overall Equipment Effectiveness), finalizzato al controllo e all‘implementazione degli
orientamenti e obiettivi didattici.
Se si cerca una competitività con altre scuole è utile dotarsi di un sistema di controllo e
miglioramento dell‘efficienza attraverso forme davvero critiche. Ovvio esso non possa esser
lasciato solo all‘autocoscienza del didatta e neppure al contraddittorio didatta/allievo per ovvie
dinamiche che ne impedirebbero una reale efficacia. Gli obiettivi potrebbero essere:
– misurare la ricaduta didattica in modo oggettivo stabilendo le variabili da considerare;
– diffondere indicatori di esse che spontaneamente generino effetti virtuosi;
– individuare ed eliminare gli errori e gli anacronismi metodologici.
La tecnica dovrà essere implementata opportunamente calibrata, dato che nasce per valutare
mansioni tendenzialmente ripetitive e standardizzate. Essa prevede alcuni passaggi:
– definizione degli obiettivi (il concetto di eccellenza è troppo astratto) precisando tempi,
modalità e grado di qualità;
– sviluppo di un modello per la valutazione dell‘efficienza e per la sua analisi;
– costruzione di un sistema aperto (in S.N.S.) di rilevazione delle carenze (al fine di esser
utile collettivamente);
– seminari divulgativi sugli obiettivi dell‘attività e sul significato degli indicatori;
– valutazione del livello di efficienza dell‘anno precedente;
– individuazione delle principali cause dei risultati insufficienti;
– eliminazione delle mancanze tramite attività di miglioramento mirate;
– quantificazione comparativa dei risultati ottenuti.
La tecnica potrebbe essere implementata in un‘area pilota e, quindi, progressivamente estesa ad
altre aree. Ciò consentirebbe di impostare un percorso sostenibile, effettuando una calibrazione
del metodo OEE sulle specificità del contesto. La pubblicazione degli indicatori costituisce un
riferimento condiviso per tutti i soggetti coinvolti.
Allegati:
1) Lettera al Prof. Salvatore Settis, Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, 08/03/96.
2) Lettera al Prof. Salvatore Settis, Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, 07/04/00.
3) Estratto dal testo: Debernardi O. M. G., Comunicazione Empatia Conoscenza, s. l., ed.
Debernardi, 2006, (ed. originale 2003).
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
1) Gent.mo Prof. Settis,
mi rivolgo a Lei per sottoporle una richiesta alla quale farò seguire alcune note esplicative.
Le chiedo l‘appoggio della Scuola alla ricerca che sto conducendo e l‘autorizzazione
all‘utilizzo delle strutture della Scuola nei termini che, mi auguro, Lei vorrà concordare con me.
Al fine di contestualizzare la mia richiesta accennerò ad alcune considerazioni che, Le premetto,
non intendono entrare nel merito della gestione del suo mandato. Ciò che desidero è che non sia
respinta a priori una richiesta che dispone dei requisiti formali per essere posta solo in
substantia. Solitamente chi non ritualizza e istituzionalizza i propri obiettivi, deve dimostrare a
ogni interlocutore la propria competenza al prezzo di un considerevole dispendio di energie. In
tal senso va intesa la forma epistolare che scelgo per rivolgermi a Lei, anche se certo sarebbe
assai più comodo riferirmi brevemente a qualche titolo accademico. Come, a volte, offrire nello
stesso contenuto del messaggio la forma di fruizione che esso richiede è utile al fine di
comunicare senza equivoci l‘exemplum di cui intendiamo farci promotori, così con questa
lettera cerco di offrirle un‘indicazione delle mie idee. Per superare eventuali anfibologie, conto
sulla Sua apertura, in virtù della quale, insieme alle mie argomentazioni, mi auguro Lei vorrà
accogliere la mia istanza.
Nel rispetto dell‘intreccio di tradizioni del quale la Scuola è espressione, Lei meglio di
me sa che nella valutazione degli indirizzi di ricerca ne va preservato il valore, operando la
selezione e di quanti vi accedono in base agli obiettivi di ricerca che la Scuola si dà, non ci si
può limitare alla rigorosa applicazione deduttiva delle condizioni date dalle tradizionali linee;
ma occorre abbracciare un modello flessibile che faccia dell‘esercizio abduttivo un momento
non irrilevante.
Non è opera facile coniugare gli elementi tradizionali che marcano la qualità e il valore
della Scuola e la spinta verso i nuovi orizzonti che la ricerca offre e al contempo impone, col
risultato di disgregare i precedenti modelli di organizzazione del sapere. Scegliere quali ricerche
finanziare o anche solo consentire è una sfida anche in nome della responsabilità e della
consapevolezza che dalla scelta dipende la eventuale esclusione di possibili validi apporti al
sapere collettivo. Essi, infatti, possono costituire l‘embrione di iniziative che, anche se
parametrate sulla struttura valoriale vigente non appaiono collocabili nell‘area di riferimento del
positivo, possono recare in nuce fattori le cui potenzialità potranno forse contribuire a
modificare la stessa struttura valoriale in base alla quale si esprime la valutazione.
A volte il timore del nuovo impedisce di sottrarsi alle categorie consolatorie e
confortevoli del già conosciuto, piuttosto che premiare lo sforzo verso ciò che non siamo riusciti
a studiare. Commemoriamo la nostra mediocrità e perfettibilità spacciandola per validità
metodologica il cui successo è garantito, con una fiducia illimitata nel progresso scientifico del
cui paradigma dimentichiamo i limiti. Erigiamo monumenti a quella che è solo la testimonianza
della nostra incapacità di andare oltre, guardandoci bene anche solo dall‘approssimarci ai
confini del nostro sapere, adagiandoci nelle certezze appena dimostrate, ma l‘istante successivo
superabili.
Constatare il limite genera il desiderio di varcarlo. Compiacersi di ciò che si è fatto
genera l‘illusione di essere arrivati, la stasi. Paradossalmente è proprio ciò che eccede l‘ordine
organizzato dall‘ occasionale episteme che è il motore propulsivo del sovvertimento di quel
principio organizzatore. Essendo questa residualità a generare il dinamismo, ci si può chiedere
in che direzione vada la ricerca quando l‘approccio epistemologico ne riduce l‘importanza a
marginalità inefficace e perciò se ne allontana.
Ebbene, la ricerca va avanti?
Contro-intuitivamente la ricerca è ferma. Si avviluppa su se stessa, si contorce e blocca
ogni movimento possibile. L‘uomo procede verso qualcosa di nuovo solo quando non ha più
spazio per continuare e con ciò non alludo all‘estensione dell‘ordine negli ambienti, ma allo
sviluppo di nuove categorie di ordinamento. L‘uomo è cieco: esclude dal proprio orizzonte di
intelligibilità ciò che non risulta omogeneo rispetto al criterio ordinatore. Non si è dato un
metodo per orientarsi sul piano cognitivo, nonostante gli esempi ricevuti dal passato, allora
applicati, alle problematiche che il livello evolutivo del pensiero imponeva. Ora altri sono i
problemi e vanno affrontati a partire da dove ci troviamo, senza penose regressioni. Eliminando
dal nostro pensiero ogni vacuo ragionamento seguendo gli insegnamenti di Cartesio e di
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
Spinoza, di Leibniz e di Kant, ora non dobbiamo perdere tempo ed energie verso direzioni
sbagliate o privi di direzione. Se in precedenza siamo riusciti a evolvere la qualità del
ragionamento è stato per saturazione di spazio. Restando cioè sempre nello stesso luogo
abbiamo esaurito gli spazi di percorribilità e ne siamo stati necessariamente proiettati al di fuori.
Può l‘uomo procedere intenzionalmente verso un obiettivo cognitivo? È illusorio
domandarselo? L‘obiettivo non può essere posto a priori, ma rilevato dopo aver superato il
carattere inclusivo dell‘evoluzione di ogni sistema cognitivo. Certo tale tesi può apparire
eccessivamente viziata, ma nello sforzo verso la più obiettiva descrizione è ineluttabile
introdurre categorie valutative o se ne può fare a meno?
Crederlo possibile significa scadere nella metafisica, negare il principio di
indeterminazione di Heisemberg. Accettare che non lo sia permette un depotenziamento del
punto prospettico soggettivo, traslando così l‘osservatore da una posizione di osservazione
statica a una dinamica che gli fornisce una panoramica generante una messe di dati in ordine
all‘oggetto, il cui limite di gestione è proprio giusto la facoltà di elaborazione del soggetto che
non può sottrarsi a tale impressione. Ciò non significa necessariamente spaesamento, ma
viaggio, e non solo nella dimensione che pertiene all‘ermeneutica.
Oggi conoscere è spostarsi; questo in termini esperienziali genera i nuovi modelli utili a
rinnovare le definizioni di noi stessi e del mondo. Ricalcando i medesimi approcci e le
circostanze abituali si consolidano soltanto i vecchi stili cognitivi, mentre le nuove categorie
analitiche si generano dopo essere stati altrove rispetto al nostro situs analitico. È l‘azione,
impressa sui contesti, che conferiscono il senso alle parole, a sortire un effettivo cambiamento.
Questa cornice semantica – a noi peraltro occulta – consente di percepire come possibile una
diversa definizione del reale. E il soggetto partecipa di essa, coinvolgendosi sul piano
esperienziale, non rimanendo spettatore delle rappresentazioni che altri gli danno e che gli
restano estranee, inintelligibili alle proprie categorie di assiomatizzazione.
È rinegoziando lo statuto dell‘assioma che ci si apre al nuovo, al non scontato o al non
concesso, ma per esperirlo occorre un riferimento. Come il testo chiede di essere interpretato per
quello che è, senza attribuzioni soggettive di sorta, così un momento fenomenologico viene
effettivamente vissuto quando il soggetto esercita la propria libertà di azione orientandosi verso
il dato che gli si offre tramite l‘adozione di una determinata prospettiva interpretativa.
Il fenomeno, come sostiene Aldo Giorgio Gargani, pone al soggetto che lo esperisce il
limite entro il quale esercitare la realizzazione di sé, che corrisponde alla datità stessa del
fenomeno. Vagheggiare realizzazioni personali trascendendo il limite della datità di ciò che è
altro da noi, significa scadere nell‘onirico, nell‘illusione percettiva, se non nell‘allucinazione
delirante. La necessità di trascendere noi stessi alla ricerca della realizzazione deve avvenire
verso la realtà fenomenologica, e non oltre. L‘eccedenza di cui è costituita la nostra psiche va
proiettata al di là della porzione di presente da essa controllata, in direzione della realtà che
chiede di dispiegare il proprio senso e di manifestarsi attraverso di noi – e non verso l‘irrealtà.
La totalità verso cui la psiche, eccedendo se stessa, si dirige genera quell‘impressione di
lenimento dell‘angoscia nata dalla primordiale separazione da essa. Una beanza che può solo
illusoriamente essere colmata dall‘identificazione in un ruolo, aderendo così al consorzio sociale
per timore dell‘anomia che riconduce al citato senso di angoscia. L‘integrazione nel consorzio
sociale non può prescindere dall‘uniformarsi alle modalità relazionali e tecnologiche che esso
prevede.
Constatando ora che conseguenze significative, come quelle un tempo generate dal
passaggio dalla trasmissione orale della cultura a quella scritta, si stanno proponendo con la
diffusione capillare dell‘informatica e della telematica, con ricadute ineludibili sulla
soggettività, sono interessato a studiare le mutazioni che essa subisce in tale passaggio. Ma,
poiché l‘orizzonte della soggettività si confonde con quello dell‘intelligibilità e, in quanto
sistemi autopoietici, le soggettività ricreano nelle loro azioni le proprie condizioni di esistenza,
l‘ambito della riflessione si estende necessariamente allo spazio di orientamento dell‘agire
umano in senso più ampio. In tale direzione si indirizzano i miei studi.
La necessità di un monitoraggio responsabile dell‘accadere cui partecipo ha consentito
ora l‘evidenziarsi della forte esigenza di ridefinire le personali condizioni esistenziali, non
escludendo più eventuali collaborazioni intellettuali. A ciò si aggiunge il fatto che non posso più
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
provvedere autonomamente al prosieguo delle ricerche, e pertanto diventa imperativo chiedere
aiuto a terzi. Sono disponibile a qualunque forma di divulgazione della riflessione che sto
coltivando, qualora la Scuola intenda farsene promotrice.
Colgo l‘occasione per porgerle i miei più rispettosi saluti.
Pisa, 8 marzo 1996 Oreste Debernardi
2) Gent.mo Professor Settis,
ho partecipato ieri all‘incontro con Monsieur Guyon e ne ho tratto non pochi spunti di
riflessione. Non ho inteso manifestarmi in quella sede per lasciare spazio espressivo ai ragazzi.
Scelgo di inviarle questa nota perché mi sembra di aver colto nelle Sue parole un sincero
interesse nell‘interpretare il suo ruolo di Direttore mediando tra la conservazione del prestigio
della Scuola, nel rispetto delle tradizioni, e la promozione della ricerca quale momento principe
dell‘istituzione.
Considerare l‘École e la Scuola due accessi al mondo della ricerca ha conseguenze non
irrilevanti. La qualità della ricerca è funzione delle persone che la conducono, della loro
motivazione, degli strumenti a disposizione, dell‘ambiente in cui la svolgono, dell‘interazione
reciproca tra ricercatori. Ogni intervento su una di queste variabili ha ricadute sul risultato
finale.
Intendo portare la Sua attenzione sull‘opportunità di non limitare gli accessi a quegli
studiosi che provengono da un corso di studi istituzionale. A un osservatore attento non può
sfuggire che il progresso scientifico non si è solo appoggiato su ricerche promosse da soggetti
formati in rigidi ambiti disciplinari. Certo personaggi illustri hanno accettato di rivestire ruoli
istituzionali per svariate ragioni, ma non per promuovere i loro interessi di ricerca. Mi rendo
naturalmente conto che, per valutare la preparazione di soggetti non individuabili
disciplinarmente, non sia possibile adottare modelli valutativi disciplinari. Ma questo sarebbe un
problema di facile soluzione, se esistesse interesse in questa direzione.
Devo, purtroppo, rilevare che l‘ambizione di apertura al mondo che muove Monsieur
Guyon verrà delusa quando, di quel mondo, si promuoveranno velocità ed eccellenza,
restringendone così i campi. Il sapere ormai è così complesso che qualsiasi tentativo di
rappresentarlo rischia di rivelarsi vano. La velocità con cui si avvicendano le metamorfosi degli
approcci cognitivi è tale che supera di gran lunga qualsiasi velleità di previsione.
Come non sento di aderire a quello che pare l‘obiettivo inconscio delle scienze bio-
tecnologiche, riprodurre la vita umana, analogo scetticismo oppongo alla hybris di chi pretende
di stabilire norme e regole alla formazione di giovani menti, senza accorgersi del triste
ingabbiamento che ciò determina.
I normalisti vanno a occupare ruoli di prestigio nella società. Come stupirsene, viste le
sollecitazioni del loro super-io nella Scuola? Ma quanti di costoro hanno preferito soddisfare la
bramosia di sapere con l‘indigesto alimento del potere spinti da un loro spontaneo desiderio?
Non è forse, invece, la spinta alla competizione che ha sortito il risultato di allontanarli dalla
libera ricerca? Quella stessa ricerca che ha consentito all‘uomo, attraverso abduzioni inattese e
la sovversione degli schemi del passato, di transitare a nuovi paradigmi e a quella crescita al cui
cospetto ci troviamo. E la persistenza di obsoleti modelli finalizzati alla conservazione del
potere e alla riproduzione dell‘ordine non sono forse le ragioni della contraddittoria coesistenza
dell‘estrema ignoranza con apici di perspicuità?
Mi auguro che Lei apprezzi la franchezza con la quale ho scelto di interpellarla. Forse il
mio spirito di autoconservazione a coltivare i miei studi al riparo da ogni controllo mi spingerà a
non inviare la missiva.
Con rispetto e stima.
Pisa, 7 aprile 2000 Oreste Debernardi
[Entrambe le missive sono presenti in Debernardi O. M. G., Articoli e lettere, s. l., ed.
Debernardi, 2006.]
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
3) Estratto dal testo: Debernardi O. M. G., Comunicazione Empatia Conoscenza, s. l., ed.
Debernardi, 2006, (ed. originale 2003).
Come nasce il progetto CEC
Marzo è arrivato e sono rimasto in Italia. L‘auspicato trasferimento all‘estero non è
stato possibile. Mi raccolgo, tendo a completare quanto lasciato in sospeso. Provo ad aprirmi su
più piani, ma la risposta mi delude.
Mi chiudo sul fronte familiare, mi chiudo sul fronte relazionale, mi chiudo sul fronte
amicale. Quasi senza sforzo, se ne apre presto uno nuovo.
La Scuola è sotto attacco di virus informatici. Risolvo una delicata situazione con la
rete, ma una lettera di lamentele al Direttore del centro di calcolo viene inviata da alcuni
perfezionandi. Le conseguenze non tardano ad arrivare. Il responsabile della rete è disposto a
condividere con me le problematiche relative a un router di frontiera.
L‘attività comincia e si rivela piacevolmente interessante per entrambi. La volta
seguente, la notizia di un furto costringe il CED a un cambiamento repentino che tronca sul
nascere l‘intesa appena creata.
Legenda
Fiorenzo - Direttore del CED
Pilar - responsabile tecnico del CED
Mario - responsabile della rete
From: Oreste To: Responsabile della rete
Sent: Thursday, April 04, 2002 10:54 AM
Caro Mario, in effetti, calpestare tutti gli aspetti umani attivati tra noi per rispettare la logica
della sicurezza mi disturba non poco. Tra noi non c‘era solo una collaborazione di reciproco
scambio di know-how, ma si era attivata una dimensione umana più ampia. Capisco
naturalmente le esigenze di tutela della Scuola dalle mire di Arsenio Lupin di bassa lega.
Capisco che sia stata sensibilizzata l‘area, ma la vostra posizione nei miei confronti implica una
sfiducia di fondo che non ritengo di meritare. E, tra parentesi, mi sembra indice di non saper
dove agire per una reale tutela delle risorse e della sicurezza. Ma questo è problema sul quale
non mi avete chiesto una consulenza. Ciò che mi interessa è la ―relazione‖ e mi pesa tutto ciò
che la va a ledere. Non ho voglia di perder tempo su tutto ciò che mi allontana dalla dimensione
delle ―essenze‖ di cui mi sto occupando. Questa interruzione interrompe uno scambio che,
ancorché effettuato a proposito del router di frontiera, mi consentiva una riflessione di ben più
largo respiro. Tu sei un tantino più grande di me e di solito attivo queste operazioni con persone
più giovani. Avrei voluto sviluppare la riflessione, che ti preciso non è ―su‖ qualcuno, ma ―con‖
qualcuno, anzi più che un ―qualcuno‖ è calibrata su specificità, andando sostanzialmente ad
elaborare categorie peculiari alla singolarità con cui mi relaziono. Per così dire il router era il
pretesto per un coinvolgimento, ciò forse poiché mi sono abituato a cogliere nella prassi la
verità di noi umani.
Devo dire che hai saputo trovare parole molto azzeccate per segnalare la tua posizione: ―aiutami
a trovare il modo di farti capire che non vi è nulla di personale‖. A dire il vero io vivo
soprattutto l‘aspetto personale, dato che i ruoli li diserto in quanto li vivo come limite alla
sperimentazione esistenziale che pratico. Di fatto ora mi trovo una barriera di ben diversa
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
consistenza di quella posta attraverso stringhe di caratteri alfanumerici che chiamano login e
password (che non è così difficile trovare).
Se all‘ex giovane hacker presente al convegno sull‘Internet security interessava come
funzionavano le macchine, a me interessa come funzionano le persone (non intese come
macchine, naturalmente). Così mi sento molto appesantito. Forse ti invio queste note perché non
voglio davvero pensare a come superare la situazione sul piano reale. Per ora voglio solo
esprimere la mia emotività. Vedrò in futuro che fare. Magari dammi qualche indicazione, se ti
interessa o cogli il senso di quanto scrivo. Ciao
From: Responsabile della rete To: Oreste
Sent: Friday, April 05, 2002 11:05 AM
Caro Oreste, so che in qualche modo ieri ti ho ferito. Non più tardi di due ore dopo ho ricevuto
la stessa ‗umiliazione‘. Ho sinceramente sofferto tutto il giorno e ancora sento il dolore di
quanto non ho ancora razionalizzato e collocato nella mente in un posto o in un modo più
gestibile e tollerabile. Sarei tentato di divagare sullo psicologico, ma ho intuito che a te non
piace molto come strumento di analisi della realtà. Anche io Oreste ho intuito che si rompeva
qualcosa di più importante prima ancora di dirtelo, ma devo rispondere di un imperativo
concordato internamente al CED. Io sdrammatizzerei un momento e cercherei di alimentare
quella parte che ancora ci fa incontrare su queste righe. Cerco di esporti il mio punto di
osservazione: ho un compito da svolgere e non posso concedermi interruzioni non
programmate; la via della collaborazione su un‘attività poteva essere un modo in cui conoscerci
senza togliere tempo ai miei doveri professionali. Altro punto importante che devi sapere: per
me la fiducia è un tentativo all‘inizio, ma occorrono anni per consolidarla: sposo la tesi
giurisprudenziale che non ammette frasi del tipo: ―...ho incontrato tizio alla stazione e mi ha
ispirato fiducia...‖. D‘altronde ti vedo da molto tempo e ti ho visto lungamente nello studio di
Marino, che ti ripeto per me è come un fratello, e questo gioca a favore della fiducia che ti ho
dimostrato. Altro punto importante che devi considerare: ritengo un dovere diffondere le mie
conoscenze e vorrei tanto coinvolgere gli studenti interessati, quindi il tuo iniziale interesse per
le slide sulla sicurezza dei router, coglieva questo mio bisogno. Purtroppo se dobbiamo parlare
di questioni che toccano la sfera della sicurezza informatica è necessario che la tua posizione nei
confronti del CED e della Scuola in generale sia formalizzata. Una via potrebbe essere avere
un‘autorizzazione dal direttore del CED a collaborare a qualche titolo con me, ma lascio a te
l‘interesse e la capacità di farlo. In alternativa gli argomenti informatici trattabili sono tanti.
Riparliamone. L‘importante è non perdere tempo durante l‘orario di lavoro, quindi
necessariamente ci dobbiamo agganciare a un‘attività finalizzata al raggiungimento di qualche
obiettivo preciso.
L‘emotività attivata si trasforma in motivazione ad agire. Velocemente si intrecciano
esigenze recenti con bisogni espressivi più remoti.
Nasce l‘idea del progetto che prende forma nei dialoghi con Mario e con alcuni allievi e
perfezionandi. Traduco i pensieri in un mail al Direttore del CED.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
From: Oreste To: Direttore del CED
Sent: Tuesday, April 09, 2002 11:00 AM
Subject: problemi e proposte
Al Direttore del Centro di Calcolo della Scuola Normale Superiore
Oggetto: modello organizzativo del network ed effetti conseguenti sulle condizioni di utilizzo
del sistema
Gent.mo Professore, scelgo uno stile informale – che spero Lei voglia benevolmente accettare –
sull‘onda di una piacevole conversazione intrattenuta con una perfezionanda che mi ha parlato
di lei e che, tra l‘altro, ha offerto un interessante punto di vista quale utente del centro di calcolo
della Scuola, alla luce della sua recente esperienza americana. Le parole della giovane
dottoressa hanno ulteriormente rafforzato l‘impressione che i recenti problemi di rete hanno
diffuso. Il frequentare la Scuola mi ha permesso non solo di seguire corsi e seminari, ma
soprattutto di essere in relazione con la comunità che accoglie. È grazie a questo contatto che mi
è facile percepire il disagio di chi incontra difficoltà nell‘usare le macchine, e ben comprendo la
percezione di chi si sente vittima di una politica avversa, o quanto meno percepisce sfocato il
potere attrattivo della Scuola nel proprio orizzonte di ricerca.
Prima problematica
Esiste una disparità considerevole, oltre a quella che è lecito attendersi, nell‘uso degli strumenti
informatici tra l‘utenza letteraria e quella scientifica. Disparità che personalmente aiutavo a
ridurre coadiuvando in modo estemporaneo chi incontrava problemi. A ciò si aggiunge il
problema causato dall‘attacco dei virus informatici. Per evitare che questi si propaghino e
diventino serio ostacolo al lavoro, la recente esperienza dimostra quanto sia essenziale una
maggiore consapevolezza degli utenti. Ed essa non è certo favorita dall‘involontaria
incomunicabilità esistente tra il personale del centro di calcolo e alcuni utenti letterati1.
Possibile soluzione
Un mediatore tra le due realtà – con le competenze tecniche e comunicative necessarie a
organizzare momenti di approfondimento dell‘uso di macchine e applicativi – permetterebbe di
evitare di assaggiare l‘amaro sapore della disapprovazione per il disservizio. Una risposta in
questo senso non sarebbe solo tecnica – non si tratta, infatti, di un problema solo tecnico – ma
anche cognitiva: essere affiancati in un tirocinio che abbia come obiettivo l‘autonomia personale
non rinvia ad un terzo l‘onere di capire, e quindi di imparare ad affrontare gli imprevisti. Penso
a una figura che sia di stimolo all‘acquisizione di competenze e non a cui, per ruolo, siano
demandate facoltà di cui è auspicabile essere depositari.
Rischi conseguenti la prima problematica
L‘approccio alle macchine ormai indispensabile a tutti seleziona, in senso darwiniano, solo chi
ha una forma mentis a esse orientata. Avvicinare in modo gradevole le persone alle macchine,
senza che ne sentano la distanza e senza che per avvicinarsi debbano perdere il piacere della
relazione – qualcosa di prossimo all‘amore che lega il musicista al proprio strumento – è, a mio
avviso, indispensabile.
Seconda problematica
D‘altra parte è necessaria sensibilità verso esigenze e desiderata dell‘utenza che pare non siano
state considerate rilevanti nell‘ elaborazione delle soluzioni tecniche. Ad esempio non è
essenziale la mancata perdita di dati per l‘attacco dei virus, quando spesso il fattore essenziale è
il tempo di consegna del lavoro ed è prioritario il reperimento di quei dati. La legittimazione
implicita che gli attacchi dei virus giustifichino deficit operativi o drastiche limitazioni
all‘utilizzo della rete cade clamorosamente di fronte all‘evidenza dell‘ultimo periodo. Le
limitazioni non sono state sufficienti a evitare i recenti problemi e ciò impone che venga
ripensato il modello organizzativo creando un equilibrio tra esigenze di sicurezza e utilizzo
degli strumenti nei termini che la particolare utenza della Scuola richiede.
1 La comunicazione non si realizza soltanto aprendo canali che però non vengono usati. Quando ognuno ritiene
esclusiva la personale articolazione del codice, ovvero intende abitare lo spazio di interlocuzione secondo il proprio
stile e proietta sull‘interlocutore il proprio modello di interazione, il risultato è l‘incomprensione.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
Possibile soluzione
Affiancare i responsabili del centro di calcolo nel cercare una riorganizzazione del sistema per
ridurre le ragioni dei disservizi. Lo schema operativo prevede un‘immersione nel sistema e il
calibrare interventi all‘interno di esso, elaborando modelli organizzativi specifici.
L‘approccio consulenziale che prevede l‘applicazione di modelli già testati in altre realtà si
rivelano perdenti in partenza perché inapplicabili alla situazione assolutamente originale della
Scuola, trascurando il momento essenziale: gli utilizzatori, come pensano, cosa intendono fare e
diventare.
Osservazioni personali
Quando chiesi l‘autorizzazione ad accedere alla Scuola cercavo un ambiente che condividesse i
miei presupposti in ordine alla ricerca e che si accordasse con la prospettiva esistenziale che
coltivavo. Nonostante una formazione semiotica, mi sono avvicinato alla matematica e
all‘informatica tanto da non riconoscermi più nella figura del letterato. Abituato com‘ero a non
restare nei limiti di una didattica, al tempo percepita come inadeguata rispetto ai miei tempi di
apprendimento e agli obiettivi che mi ero dato, non ho accettato la divisione disciplinare o
l‘assunzione di ruoli che limitassero il mio desiderio di interpretare in modo originale il
percorso cognitivo. Ho posto attenzione soprattutto a conseguire competenze, piuttosto che alla
loro certificazione e in quest‘ottica l‘ambiente umano si è rivelato prezioso stimolo alla crescita
intellettuale.
Proposte
Poiché l‘atmosfera che circonda chi è sotto impegno determina inevitabilmente la qualità dei
suoi risultati, ho deciso di sottoporLe alcune soluzioni che considero implementabili
separatamente.
1) Le offro di organizzare momenti di incontro (seminari, corsi, tutore) con gli utenti del Cluster
Windows che ne sentano la necessità – senza attendere che il disagio venga percepito come
inettitudine oppure limite dello strumento o del personale tecnico – al fine di trasferire il know-
how necessario a una soddisfazione nell‘utilizzo più completo delle macchine e del software. Il
modello relazionale non intende necessariamente ricalcare lo stereotipo del corso e del
seminario: la libertà di elaborare il modello più congruo in base alle diverse competenze degli
interlocutori permetterà di raggiungere l‘obiettivo, la cui ricaduta in termini di efficienza del
lavoro individuale e di immagine della Scuola non sarà trascurabile.
2) Le offro di collaborare con il personale del centro di calcolo per elaborare e un progetto di
riorganizzazione delle risorse – macchine e network – nel rispetto di una gerarchia di priorità
che non trascuri quelle non meramente tecniche. Penso a un‘attività consulenziale svolta
attraverso un periodo di auditing interno, seguito da un‘elaborazione collegiale di soluzioni2.
Ciò dovrebbe evitare la percezione di perdita di potere di chi se n‘è occupato sinora.
Riflessione disincantata
Non ho ancora avuto modo di parlare con i responsabili dei settori o i consulenti di cui la Scuola
si avvale e mi riservo di farlo dopo aver sentito la Sua opinione. Sono consapevole che la
seconda offerta potrebbe costituire l‘oggetto di una costosa consulenza esterna, ma sarebbe un
interessante banco di prova per i risultati delle mie ricerche relative alla produzione e alla
trasmissione della conoscenza. Mi rendo inoltre conto che occorra adeguata ―entratura‖, se mi
perdona il termine, per poter sperare venga anche solo esaminata tale offerta. Non basterà certo
l‘apparente hybris che trapela dal proporla a convincerLa della sua opportunità. Se fosse
interessato a prenderla in considerazione stabiliremmo condizioni che non si tradurrebbero in
uno sterile consumo di risorse, poiché strettamente correlate ai risultati.
Nel ringraziarLa per la Sua attenzione Le chiedo l‘autorizzazione a continuare la collaborazione
con il responsabile della rete, che ha per obiettivo prevenire attacchi alla sicurezza di rete3. La
2 L‘idea di fondo è di porre attenzione su ciò che ancora non sappiamo – e non riproporre ciò che abbiamo già
abbondantemente testato. In quest‘ottica la capacità di mettere in discussione le mete raggiunte diventa essenziale,
come prediligere risorse umane che non abbiano necessariamente al loro attivo esperienza nel settore – poiché non
potrebbero che limitarsi ad esportarla – ma a chi ha sufficienti strumenti cognitivi per creare categorie interpretative
specifiche per formulare i problemi in termini più consoni alle soluzioni auspicate. 3 Dalla continuazione della collaborazione nascerebbe un confronto tra il mondo di chi struttura la rete e quello di chi
la usa. Da tale sinergia potranno scaturire soluzioni non meramente passive sia di utilizzo, che di sicurezza.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
collaborazione è cominciata partendo dalla configurazione dell‘elemento più importante: il
router di frontiera. L‘intesa con il responsabile è stata immediata grazie alla sua disponibilità e
avevo pensato che la mia mancanza di ruolo in quel contesto avrebbe evitato le consuete
dinamiche di potere, ma purtroppo si è materializzato un problema ulteriore. La recente
effrazione ha modificato l‘approccio alla sicurezza globale, costringendo il Sig. Mario, a
chiedermi di formalizzare il mio ruolo con la Scuola. Cordialmente.
From: Oreste To: Direttore del CED
Sent: Wednesday, April 10, 2002 9:29 AM
Gent.mo Professore, se desidera delucidazioni in merito al mail che le ho inviato ieri mi trovo in
sala utenti del centro di calcolo. Sarò ben lieto di incontrarla in giornata impegnandoLa lo
stretto necessario a chiarirLe la proposta. Cordialità.
From: Direttore del CED To: Oreste
Sent: Wednesday, April 10, 2002 11:19 AM
Caro Oreste, sarei molto contento di capire meglio il senso del tuo mail. Puoi passare dal mio
studio stamattina? Io sono qui fino all‘una.
From: Oreste To: Direttore del CED
Sent: Tuesday, April 09, 2002 5:50 PM
Caro Professore, conoscerLa è stato per me entusiasmante. Ha superato ogni positiva
descrizione che possono avermi fatto di Lei. Le preannuncio che dalle conversazioni che sto
intrattenendo con il personale del CED, e con alcuni ragazzi e docenti ottengo reazioni assai
positive al progetto la cui bozza sto redigendo. Le conversazioni sono necessarie a redigerla.
Volevo anche scusarmi per aver parlato con lei a una velocità eccessiva, ma pensavo che mi
avrebbe offerto solo pochi minuti. In ogni caso sono stato contento che dopo l‘ora trascorsa
insieme lei era ancora sorridente come all‘inizio e la sua stretta di mano sicura quanto all‘inizio.
Quanto all‘imbarazzante domanda che mi ha fatto: ―quanto vuoi‖, Le dirò che mi sta
costringendo ad un interessante dilemma.
Oscillo tra la necessità di fare una richiesta accettabile dalla Scuola ed una che riconosca il
valore del progetto in cui mi sto impegnando.
Nel prendere informazioni ho scoperto quanto la Normale retribuisce i cantanti. Ne ha un‘idea?
Ma sarò serio: non porrò come logo nelle slide che presenterò la scritta: ―Sigh, perché non ho
fatto l‘artista da grande?‖
A presto.
Consegno la bozza al Direttore del CED.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
PROGETTO SPERIMENTALE
COMUNICAZIONE – EMPATIA – CONOSCENZA
nel contesto della relazione con sistemi informatici
Focus: qualità emotiva nella relazione di apprendimento.
Obiettivo di lungo termine:
migliorare la qualità emotiva della relazione con la rete e con le macchine.
Obiettivo intermedio:
elaborare un modello di gestione e di utilizzo delle risorse informatiche che rispetti le
priorità formative della specifica utenza con focus sulla qualità emotiva.
Obiettivo a breve termine con gli utenti:
· recuperare la qualità della percezione dell‘ambiente di lavoro attraverso interventi
oggettivi e soggettivi;
· favorire un approccio emotivamente positivo all‘uso delle risorse informatiche;
· fornire gli strumenti cognitivi necessari ad un autoapprendimento delle modalità di
installazione e di configurazione di sistemi operativi e di software applicativi, passando
dall‘adattamento passivo allo strumento, alla configurazione autonoma dei sistemi;
· massimizzare l‘utilizzo dei sistemi e ridurre le perdite di tempo, i tempi di
apprendimento, i disservizi per incapacità di utilizzo;
· fare esperienza di hacking controllato, al fine di imparare a difendere la sicurezza dei
propri sistemi.
Obiettivi a breve termine con il personale del centro di calcolo:
· stabilire un nuovo canale comunicativo tra personale del centro di calcolo e utenti;
· concordare la documentazione on line necessaria alla transizione al nuovo sistema
operativo e alle modalità di configurazione del software;
· stimolare l‘emergere di desideri di crescita personale, di autorealizzazione,
individuando l‘identità vocazionale e fornendo indicazioni che aumentino la
consapevolezza di sé al fine di effettuare autonomamente una pianificazione esistenziale
e professionale.
Metodologia: elaborare, applicare, verificare, correggere o ridefinire una
strategia di intervento differenziata e calibrata sui diversi livelli di consapevolezza e di
sensibilità emotiva. La ridefinizione delle prassi in itinere avverrà qualora si rivelino in
contrasto con gli obiettivi. Flessibilità e autonomia operativa durante la sperimentazione
permetterà di ridefinire gli obiettivi parziali nel rispetto dell‘obiettivo generale.
Relazioni aggiornate dell‘attività svolta consultabile via web interno. La verifica
dei risultati avverrà attraverso un sistema di verifica da elaborare.
Occasione di sperimentazione: passaggio al nuovo sistema operativo. Ciò
richiederà adattamenti che è importante vengano gestiti tenendo conto della dimensione
emotiva.
Soggetti coinvolti nel progetto: utenti dei sistemi (docenti e allievi), personale
del centro di calcolo (in quanto gestori delle risorse di rete).
Target della sperimentazione: docenti, allievi iscritti al corso ordinario e
perfezionandi.
Condizioni operative: completa autonomia decisionale ed operativa, senza
obblighi di orario che non siano stati concordati con gli interlocutori.
Referenti diretti: il Direttore del centro di calcolo e il Direttore della Scuola.
Risorse necessarie al progetto:
a) affidamento di un notebook per il periodo della sperimentazione;
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
b) disponibilità di un ufficio (anche per poche ore al giorno) ove ricevere gli utenti;
c) disponibilità saltuaria dell‘aula Fermi fornita di proiettore video;
d) spazio macchina su server della Scuola interrogabile dal web;
e) autorizzazione a conoscere ogni problematica connessa a rete e sistemi al fine di non
intralciare il lavoro del centro di calcolo e rendere più semplice la trasmissione di ogni
conoscenza;
f) esplicita richiesta da parte del Direttore ai dipendenti e agli allievi di favorire
l‘iniziativa;
g) autorizzazione a far effettuare piccoli cambiamenti senza costi nelle due sale;
h) autorizzazione all‘uso della mensa al costo per i dipendenti;
i) se disponibile, alloggio in una camera della Scuola.
Tempi: cinque mesi per organizzare, applicare, verificare e correggere i risultati
sperimentali.
Dopo l‘approvazione del progetto, ovvero la sua autorizzazione, partirà la prima
fase organizzativa della quale si ipotizzano i seguenti momenti (indicazioni di
massima):
· disbrigo delle pratiche amministrative necessarie;
· consegna del portatile ed installazione dei software necessari;
· stesura del piano di lavoro del progetto e relativa immediata applicazione;
· riunioni preliminari con il personale del centro di calcolo per concertare i tempi di
collaborazione e gli obiettivi tecnici;
· preparazione della fase pubblicitaria del progetto;
· comunicazione da parte della Direzione dell‘iniziativa in corso;
· istituzione degli orari a disposizione dell‘utenza non appena disponibile l‘ufficio;
· raccolta di punti di vista dell‘utenza tramite contatto personale e via mail;
· ideazione del piano di lavoro tenendo conto di ogni elemento emerso a quel momento;
· istituzione dei corsi-laboratorio e pubblicizzazione dei seminari;
· affiancamento al personale del centro di calcolo in relazione alla creazione del disco
immagine con il software che verrà installato nel passaggio al nuovo sistema operativo;
· redazione della documentazione on-line relativa;
· partecipazione alle riunioni del centro di calcolo il cui impatto decisionale riguardi la
rete e le condizioni di utilizzo dei sistemi;
· verifica del grado di accoglienza da parte dell‘utenza e dei risultati sul piano cognitivo;
· preparazione dell‘elaborato finale.
Un successivo periodo, la cui durata verrà valutata in base ai risultati
sperimentali, permetterebbe l‘applicazione dei risultati su scala maggiore. Sarebbe
interessante poter iniziare con l‘arrivo dei nuovi iscritti.
Sarebbe opportuno far transitare ritualmente dall‘istituendo ufficio i nuovi
utilizzatori. Oltre a consegnare i dati relativi all‘account, sarebbe possibile fare una
valutazione di massima delle competenze informatiche dell‘utente e pubblicizzare
l‘iniziativa in corso.
Perché proprio io?
Quando chiesi l‘autorizzazione ad utilizzare gli strumenti di cui la Scuola dispone
cercavo un ambiente umano che condividesse i miei presupposti in ordine alla ricerca e
che si accordasse con la prospettiva esistenziale che coltivavo.
Frequentare la Scuola mi ha permesso non solo di coltivare i miei interessi di
ricerca, ma mi ha consentito di essere in relazione empatica con la comunità che
accoglie. Il progetto mi darebbe la possibilità da una parte di sottoporre a verifica i
risultati delle mie ricerche sui meccanismi che regolano le attività cognitive e dall‘altra
di mettere a frutto la mia competenza in comunicazione empatica.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
Presentazione grafica dello schema di interazione con i soggetti (diagramma di Pert)
Progetto sperimentale
COMUNICAZIONE — EMPATIA — CONOSCENZA
From: Oreste To: Direttore del CED
Sent: Friday, April 12, 2002 1:24 PM
Subject: dimenticavo…
Gent.mo Professore, ho dimenticato di dirLe che il frontespizio, l‘introduzione e l‘indice che
trova nel documento sono esemplificazione di quello che potrebbe essere l‘elaborato finale. Le
altre quattro pagine con obiettivi, metodologia, ragioni della scelta personale, richiesta
economica sono la bozza della proposta che discuteremo la prossima settimana quando vorrà
incontrarmi. Buon fine settimana.
Continuo a rivedere la bozza del progetto rendendomi conto di quanto la prima fosse
lacunosa. Nuove riflessioni che hanno per oggetto il nuovo impegno si susseguono senza posa.
In effetti, tutto ciò è normale in un processo di natura sperimentale.
Dopo aver sentito che il Direttore del CED parlerà al Direttore della Scuola, consegno
alla segreteria della direzione la bozza del progetto.
Al Direttore della Scuola Normale Superiore
Al Vice Direttore della Scuola Normale Superiore
e Direttore del Centro di Elaborazione, Informazione e Calcolo
Oggetto: richiesta di approvazione del progetto sperimentale “qualità emotiva nella relazione di
apprendimento‖
Gent.mi Professori, dopo profonda riflessione e lunghe discussioni con le persone che
potrebbero esservi coinvolte, presento la bozza del progetto di sperimentazione alla Vostra
valutazione.
Il documento intende dare un‘idea di massima del progetto. Trattandosi di operazione a stretto
contatto con una molteplicità di soggetti, saranno possibili continue revisioni in itinere. Mi
attendo anche da Voi contributi e indicazioni che sarò ben lieto di seguire.
Qualora non riteniate opportuno approvare la richiesta economica indicata, chiedo che almeno
autorizziate l‘iniziativa, permettendomi ugualmente di procedere nei termini descritti. Dalla
sperimentazione alcuni vantaggi deriverebbero comunque alla Scuola in quanto verrebbe
qualificata la relazione empatica con gli strumenti da parte del gruppo di allievi a cui mi
rivolgerò. Anche il personale del centro di calcolo, grazie all‘inevitabile riflessione che scaturirà
dagli affiancamenti e dalla collaborazione, ne trarrà certo beneficio in termini di motivazione al
lavoro.
Grazie per l‘attenzione. Con stima.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
La prossimità teorica tra il progetto e i risultati delle ricerche del Prof. Damasio, invitato
a tenere le lezioni fermiane, dà un‘ulteriore spinta all‘iniziativa. Mi ribello all‘attesa e comincio
i contatti via e-mail e personali.
From: Oreste To: Direttore del CED
Sent: Monday, April 15, 2002 12:38 PM
Gent.mo Professore, ho consegnato alla Segreteria del Direttore, Prof. Settis, il documento che
trova allegato privo della 3° e 4° pagina (descrizione dei tempi e dei costi del progetto) poiché
attendo di rivederle insieme a Lei. PoterLa incontrare ancora forse aiuterebbe Lei a superare
dubbi e naturali resistenze, e a me a formalizzare meglio la direzione di marcia. In questi giorni
seguirò gli incontri con Damasio. A presto.
From: Oreste To: Direttore del CED
Sent: Monday, April 22, 2002 12:59 PM
Subject: richiesta lumi
Gent.mo Professore, potrebbe essere così gentile da informarmi in merito alla Sua decisione
relativa al progetto? Mille grazie.
From: Direttore del CED To: Oreste
Sent: Wednesday, April 24, 2002 1:23 PM
Subject: RE: richiesta lumi
Stiamo andando bene, ti saprò dire meglio venerdì. Fiorenzo
Sono ancora in attesa del placet dei Direttori.
Una struttura rileva le istanze poste in modo rituale e a patto che siano contemplate tra
quelle previste. Il progetto esorbita la consuetudine, eccede gli schemi e perciò verrà
probabilmente assimilato a categorie preesistenti al fine di essere concettualizzato. Il rischio di
rifiuto è alto.
L‘attesa mi snerva. Mi sono calato ancora una volta in uno stato di dipendenza
logorante. L‘emotività è regina anche dei tempi.
Attendere la decisione pone problematiche di vario ordine. Mi accorgo che il tempo è
elemento essenziale nel dinamismo emotivo. Ma cos‘è il tempo in questa prospettiva?
L‘aspettativa ne stabilisce la qualità. Lo dilata o lo comprime a seconda dell‘orientamento
emotivo del momento. Dovrei controllare l‘idea del tempo: se ciclico è rassicurante, se infinito o
progressivo è ansiogeno. Restare intrappolato in questo schema ha troppe ricadute. Devo
uscirne.
Lunedì 29 aprile 2002, ore 22:00, intermezzo del concerto di Mariko Sano al Teatro
Verdi di Pisa. Fiorenzo si avvicina. Gli presento per scherzo la mia accompagnatrice che ben
conosce. Mi dice: ―In poche parole: sì‖. E poi aggiunge: ―Cominciamo con cinquanta.‖
Continuo a scherzare dicendo che era l‘obiettivo che mi ero posto. Ribadisce che non sa come
fare. Gli chiedo di ristringerci le mani.
Oreste M. G. Debernardi
Brahestr. 9A, 10589 Berlin
Cultural Projects Advisor
Commenti di amici alla lettera al direttore del 2016
Da Luciano M., psicoanalista
L'ho letto rapidamente. Avrei molte esitazioni io a rivolgermi a un prof. Barone per
antonomasia. Se devo giudicare il genere letterario lo riterrei un generoso tuo sforzo per
districarti dai grovigli affettivi e di senso che ti hanno visto in 'prima persona' adeso a quell'
esimio ed illustrissimo istituto. Vale la pena di frequentarlo oltre al piacere di incontrarvi
qualche lontano fantasma? Nel caso fosse invece una lettera vera sorveglierei maggiormente la
prosa andando più direttamente alla proposta ed eviterei accuratamente ogni riferimento al
traffico di Napoli che alle vicende matrimoniali di Marco ...:-)
Da: Jacob V., violinista
Impressioni su lettera al Direttore della S.N.S.
Trovo molto interessante leggere la tua lettera sia nei termini con cui ti rivolgi al destinatario sia
nei contenuti, in cui affiora quanto intenso sia stato il tuo coinvolgimento in Normale nel
passato, e anche quanto l'intero tuo percorso di formazione l'abbia dedicato ad avversare il
sistema di divisione disciplinare a cui l'università obbliga lo studente. Grazie per il rilievo che
hai dato alla nostra esperienza.
Questo tema dell'esperienza pluridisciplinare che hai condiviso con Lorenzo Foà, è stato un
motivo di riflessione anche per me, ho valutato con sempre maggiore coscienza l'importanza del
tuo discorso più volte ripetuto, quello dell'autonomia di ogni individuo proporzionale alla
coscienza e conoscenza di tutti i profili esistenziali (saper risolvere e gestire i problemi ad es.
psicologici, informatici, relazionali, logistici, materiali, in totale autonomia allontana dalla
schiavitù della moneta, e quindi dalla schiavitù del lavoro, dalla schiavitù del Sistema).
Ma il mondo della mia generazione, avendo imparato a seguire i modelli dettati dall'alto e
quindi ad ambire a una carriera brillante che potrà essere svolta soltanto in un ambito specifico,
si ostina (come anch‗io ho fatto) a seguire un percorso di iperspecializzazione, attraverso cui il
singolo può assicurarsi un successo relativamente soddisfacente (a scapito di tutti gli altri aspetti
esistenziali!) senza togliere il lato frustrante della concorrenza che spesso rende la vita
dell'uomo in carriera meno stimolante, più povera nel profilo sociale, e a volte opprimente.
L'idea dell'uomo poliedrico del Rinascimento che apprende principalmente da dati empirici di
proprie esperienze potrebbe essere una controtendenza di una prossima fase positiva.
Per adesso ho visto adottare un'idea di questa mentalità a pochi miei coetanei che hanno iniziato
il loro percorso di autonomia affittando qualche colonica abbandonata negli appennini.
L'autodescrizione messa tra le parole del Prof. Foà "tachipsichico che parla in fretta facendo
correlazioni inusitate" è molto buffa, mi ha fatto scompisciare...
Nel complesso, anche a seguito delle esperienze che ho avuto la fortuna di vivere da
protagonista, approvo tutti i punti proposti nella definizione del progetto. Mi rendo conto che la
proposta potrebbe risultare ambiziosa da concretizzarsi, soprattutto dal punto di vista di un
neodirettore di una gloriosa scuola che non ti conosce personalmente , ma conoscendoti, hai
tutte le carte per sviluppare il progetto con grande slancio. Nel mio personalissimo parere, la
proposta al destinatario potrebbe essere molto più efficace se proposta da te di persona,
cercando di stabilire un appuntamento senza troppe premesse sull'obiettivo in questione. Scrivi
bene, ma quando si tratta di convincere, nessuno ti resiste in un confronto a quattr'occhi.
Scusa son lento e sono in Polonia. Se mi viene in mente altro, lo scriverò in altra email.
Saluti da Wroclaw
J