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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO SCUOLA UNIVERSITARIA INTERFACOLTA’ IN SCIENZE MOTORIE TESI DI LAUREA MAGISTRALE/SPECIALISTICA In Scienze a tecniche avanzate dello sport (CLASSE LM68) Metodologie di allenamento applicate alla pratica del nordic walking RELATORE: Prof. Giuseppe Massazza CANDIDATO: Sergio Benzio ANNO ACCADEMICO 2012/2013

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO SCUOLA UNIVERSITARIA INTERFACOLTA’ IN SCIENZE MOTORIE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE/SPECIALISTICA In Scienze a tecniche avanzate dello sport

(CLASSE LM68)

Metodologie di allenamento applicate alla pratica del nordic walking

RELATORE: Prof. Giuseppe Massazza

CANDIDATO: Sergio Benzio

ANNO ACCADEMICO 2012/2013

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Anno accademico 2012-2013

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TORINO SCUOLA UNIVERSITARIA INTERFACOLTA' IN SCIENZE MOTORIE

ABSTRACT - LAUREA SPECIALISTICA/MAGISTRALE

CANDIDATO: Benzio Sergio

RELATORE : DOTT. Giuseppe Massazza

SESSIONE AUTUNNALE : A.A. 2012-2013

TITOLO: Metodologie di allenamento applicate alla pratica del nordic walking

TITOLO IN INGLESE: TRAINING METHODS APPLIED TO THE PRACTICE OF NORDIC WALKING

□ T2: TESI DESCRITTIVA X T3: TESI SPERIMENTALE/ESPERIENZIALE

CONTENUTO:

Il nordic walking è una disciplina sportiva, praticata a livello non agonistico. Rientra nell’ambito delle attività motorie fruibili da un’ampia fascia di utenti. Lo scopo dello studio è prendere in considerazione la pratica del nordic walking, utilizzando metodi sperimentali (valutazioni in laboratorio) e quasi sperimentali (valutazioni su campo), l’applicazione di metodologie di allenamento normalmente utilizzate per sportivi agonisti di ogni livello su un gruppo eterogeneo di trenta soggetti di ambo i sessi. Vengono prese in considerazione, didattica, tecnica, biomeccanica, valutazione funzionale, metodologie di allenamento, dinamiche di gruppo, obbiettivi individuali. La finalità è quella di valutare l’applicabilità, nella pratica del nordic walking, di metodi di allenamento normalmente utilizzati in ambito agonistico. N° SOGGETTI ESAMINATI : 30 TIPOLOGIA SOGGETTI ESAMINATI : ETEROGENEA, NON AGONISTI.

Firma Candidato Firma Relatore

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INDICE

- Introduzione pag. 4

- Cenni storici pag. 7

- Soggetti pag. 9

- Metodi pag.11

- Tecnica pag.13

- Biomeccanica pag.15

- Postura pag.21

- Pull-up pag.25

- Valutazione funzionale pag.27

- Plicometria pag.29

- Allenamento pag.31

- Strumenti pag.40

- Comunicazione pag.41

- Risultati pag.42

- Conclusioni pag.45

- Ringraziamenti pag.48

- Bibliografia pag.49

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INTRODUZIONE

I soggetti partecipanti sono 30, di età variabile tra 26 e i 68 anni di entrambi i sessi

anche se in prevalenza donne; nessuno di loro con passato sportivo agonistico di

rilievo, alcuni sedentari altri praticanti attività di fitness a basso impatto con frequenza

di 2 volte la settimana.

L’obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare un’esperienza reale in ambito sport

benessere a livello non agonistico, in cui sono state utilizzate metodiche e tecniche di

allenamento del tutto simili a quelle che si possono utilizzare con sportivi agonisti di

ogni livello.

La bibliografia consultata sostiene i benefici di questa attività in vari campi, dalla

distribuzione dei carichi sugli arti inferiori e superiori (Sugiyama et al., 2013 ) alla

biomeccanica e traumatologia (Morsø et al., 2006, Pérez-Soriano et al., 2011, Simic

et al., 2011), agli aspetti psicologici (Suija et al., 2009), al condizionamento organico

(Sugiyama et al. 2013), agli effetti benefici sulle normali attività giornaliere (Breyer et

al. 2010).

L’approccio didattico iniziale, in accordo con le linee guida degli istruttori

internazionali Tina Arrankoski e Tuomo Kettunen. è stato fondamentale per

introdurre il corretto utilizzo dei bastoncini ma, più che altro, per trasferire la filosofia

che sta alla base dell’attività in oggetto, presupposto fondamentale per rendere

consapevoli i soggetti riguardo il percorso intrapreso (INWA 2008).

Test e valutazioni antropometriche sono state di fondamentale aiuto per la gestione e

il controllo dell’intensità e per stabilire dei parametri di partenza per strutturare gli

allenamenti. Frequenza cardiaca e livello di intensità percepita, scala di Borg e sua

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correlazione con andamento dell’accumulo del lattato ematico (Held e Marti, 1999)

sono stati i parametri considerati. In questo senso si è reso necessario introdurre una

valutazione individuale anche dell’intensità muscolare percepita che talvolta non

collimava con quella della fatica percepita valutata con la scala di Borg.

Le uscite guidate, sempre in ambiente spiccatamente naturale, logisticamente

facilmente raggiungibile da ogni parte della città con minimi spostamenti. Torino da

questo punto di vista è una città che si presta in maniera eccezionale.

Immagine 1: Torino dalla Collina

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Oltre ad Obiettivi individuali come controllo della distribuzione delle masse corporee

e benessere generale psicofisico, si sono materializzati obbiettivi di gruppo

riguardanti due prestazioni proposte, appunto, come obbiettivi di gruppo: uno

consiste nel percorrere 10 km in pianura più velocemente possibile sfruttando la

tecnica corretta del nordic walking, l’altro di percorrere parte della grande traversata

della collina (GTC, 25 km ) con considerevole dislivello e lunga durata (5h30’).

La proposta di obiettivi ha incentivato la motivazione individuale e di gruppo a

frequentare gli allenamenti preparatori sfruttandoli al meglio sotto tutti gli aspetti.

Il polso degli umori del gruppo è stato costantemente tenuto d’occhio seguendo la

pagina di riferimento su social network e comunicando costantemente via mail,

scambiando con tutti i soggetti impressioni e opinioni. Anche la programmazione e

descrizione delle attività veniva fatta tramite posta elettronica. Importantissimi i

dibattiti su argomentazioni varie specifiche durante le uscite che hanno contribuito

fortemente alla creazione di dinamiche di gruppo, aspetto che ritengo fondamentale

della pratica dell’attività fisica in ambiente naturale con lo scopo di acquisirne

benessere e serenità.

Immagine 2 : allenamento di gruppo

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CENNI STORICI

Il nordic walking ha le sue origini in Finlandia; trattasi di una disciplina che è sempre

stata praticata dagli sciatori fondisti durante i periodi estivi e consiste nel camminare

utilizzando bastoncini con tecnica simile a quella utilizzata nella tecnica classica dello

sci di fondo.

Questa tecnica veniva utilizzata dagli sciatori per lunghe uscite in montagna o nei

boschi collinari al fine di mantenere la coordinazione tipica dello sci di fondo tecnica

classica, in questo modo essi esercitavano anche fuori stagione la muscolatura

specifica.

In realtà questo tipo di attività veniva comunemente definita “camminata con

bastoni”; ancora adesso nei programmi di allenamento dei fondisti questa è la sua

accezione tipica. Inoltre, data la caratteristica di allenamento sportivo, essa

prevedeva anche la corsa con i bastoncini: si utilizzavano all'uopo gli stessi attrezzi

usati nello sci; ovviamente gli atleti erano capaci di adattare il movimento anche con

bastoni non adatti all’andatura senza gli sci, in quanto detti bastoni risultavano troppo

lunghi !

Alla fine degli anni 80 il governo Finlandese prese atto che la popolazione stava

diventando troppo sedentaria (noi non lo abbiamo ancora capito ora !!!), aumentava

l’incidenza delle malattie cronico degenerative e i cattivi stili di vita, inoltre l’età media

si alzava e questo faceva sì che ci fosse anche una popolazione più anziana con i

problemi relativi all’invecchiamento.

Si pensò allora di proporre a livello nazionale la pratica gratuita di tale disciplina,

ovviamente sotto il controllo di istruttori sportivi laureati in scienze motorie, qualificati

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e remunerati, il tutto anche allo scopo di preservare la salute pubblica e di alleggerire

il carico economico derivante dal costo di una popolazione “malata” (sotto questo

profilo giova purtroppo rimarcare l’arretratezza della visione culturale sportiva in cui

versiamo).

L’attività proposta non ha mai avuto fini agonistici, era volta all’aspetto ricreativo e di

fitness. Iniziarono studi e ricerche atti a dimostrare l’efficacia di tale disciplina nonché

ad ottimizzare l’attrezzatura (i bastoncini) rendendola ergonomica.

Va da sé che i dati provenienti da istituti specializzati in salute e sport, nonché in

riabilitazione di pazienti con patologie cronico degenerative quali cardiopatie, diabete

e disturbi dismetabolici, hanno dato grande valore a questo tipo di attività.

I tecnici coinvolti pensarono ad adattare sempre più la tecnica e l’attrezzatura

all’utilizzo biomeccanicamente e fisiologicamente più coerente, con lo scopo di

ottimizzare l’utilizzo dei bastoncini integrandoli alla normale tecnica di cammino

dell’essere umano. Infatti il nordic walking altro non è che questo. Attualmente il NW

è praticato in moltissimi Paesi del Mondo ed è in continua crescita. (INWA, 2008).

Immagine 3: Gli albori in Finlandia Immagine 4: Fondista in allenamento estivo

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Soggetti

Il gruppo è composto da soggetti di età variabile da 26 a 68 anni, in prevalenza

donne (n = 20); a livello di massa corporea il gruppo risulta abbastanza omogeneo

con massa corporea media. L’eccesso di massa grassa da lieve a moderato

(mediamente 5/10 kg) nelle donne e da lievissimo a lieve negli uomini (mediamente

2/6 kg). Dal punto di vista dell’attività sportiva svolta si può dire in quantità non

significativa e a livello fitness, tranne per alcuni rari casi. I soggetti erano tenuti a

presentare certificato medico di idoneità alla pratica sportiva non agonistica e/o

un’indicazione medica per la pratica di attività aerobica all’aria aperta di intensità sub

massimale.

Immagine 5: Gruppo soggetti

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Soggetto Sesso Età Statura (cm) Peso(kg) I.M.C. % T.A.

1 F 47 160 59 23,05 27

2 F 57 164 60 22,31 25

3 F 41 167 74 26,53 28

4 F 40 165 67 24,61 23

5 F 38 168 58 20,55 25

6 F 40 166 62 22,5 29

7 F 43 164 65 24,17 22

8 F 39 165 66 24,4 25

9 F 62 156 61 25,07 32

10 F 61 165 64 23,5 30

11 F 40 168 72 25,2 21

12 F 52 166 60 21,77 27

13 F 50 157 55 22,31 27

14 F 40 168 67 23,74 29

15 F 53 168 63 22,32 31

16 F 68 167 60 21,51 29

17 F 62 165 48 17,63 19

18 F 40 154 56 23,61 23

19 F 40 162 69 26,29 28

20 F 38 163 61 22,96 31

21 M 45 174 71 25,31 27

22 M 50 188 82 23,2 15

23 M 55 185 78 22,79 17

24 M 48 176 71 22,92 19

25 M 26 173 73 24,39 22

26 M 41 180 80 24,69 17

27 M 53 175 82 25,31 25

28 M 54 183 80 25,62 20

29 M 65 177 75 23,49 19

30 M 50 190 95 26,32 28

Media d.s.

F 48,1

+/- 10 163,9 +/- 4

62,421 +/- 6

23,2 +/-2

24,7 +/- 3,5

Media M 47,7

+/- 10 178,5 +/- 8

77,091 +/- 9

24,3 +/- 1,3

21,8 +/- 5

d.s.

Tab. 1: riassuntiva soggetti. I.M.C.= indice di massa corporea T.A.= Tessuto Adiposo

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METODI

Didattica: il corso base (Arrankoski e Kettunen, 2012) consiste in 6 ore di didattica

pratica e 2h di didattica in aula con analisi video. Le lezioni in ambiente naturale

durano 2h. La prima parte prevede mobilità articolare, riscaldamento generale e

specifico (10’-15’), la parte centrale è molto didattica (30’-40’), vengono eseguiti

esercizi tecnici per l’utilizzo corretto dei bastoncini e per la tecnica di camminata.

Nelle tre lezioni vengono trattate tecnica base, tecnica di salita e tecnica di discesa;

la parte conclusiva (60’-70’) della lezione è dedicata alla pratica e al cammino,

sempre con feedback didattici dell’istruttore, ma molto meno pressanti per lasciare

all’allievo il piacere di godersi la natura e sperimentare le tecniche apprese nella

parte didattica. In aula vengono visionati video effettuati durante il corso analizzati,

dapprima, in modo generale, poi scendendo nell’analisi dettagliata del movimento

per valutare le varie fasi della camminata. Oltre ad avere una valenza tecnica questo

incontro è molto utile anche per creare un piacevole clima di gruppo, al di fuori della

pratica vera e propria.

Immagine 6: Parco della Rimembranza

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Durante la fase didattica del corso si concentra l’attenzione su vari aspetti oltre quelli

meramente tecnici riguardanti l’esecuzione corretta degli esercizi e si pone l’accento

sulla corretta integrazione attrezzo – corpo al fine di rendere i movimenti naturali ed

efficienti.

A questo scopo sono importantissime le competenze dell’istruttore riguardanti aspetti

biomeccanici per integrare correttamente l’uso della parte superiore del corpo con

quella della parte inferiore. Inoltre l’azione tecnica del nordic walking incide e stimola

la meccanica respiratoria, altro ambito in cui è necessario avere competenze per

dare le informazioni corrette agli allievi e recepirne correttamente i feedback, sia

positivi che negativi, per interpretarli in funzione dell’attività in svolgimento o degli

esercizi che si stanno proponendo.

Nella lezione teorica in aula la discussione verte proprio su questi fattori: attraverso

l’analisi video delle riprese effettuate durante il corso si discute insieme per trovare

spiegazioni e soluzioni circa tutte le questioni trattate durante il corso.

Questa fase del corso è estremamente formativa e importante proprio per lo scambio

che si va ad instaurare tra il tecnico e l’allievo.

I prossimi due capitoli riguarderanno proprio questi aspetti che si devono integrare

con la tecnica.

Durante l’ultima lezione viene fatta una sorta di verifica per tutti i partecipanti con

delle domande riguardanti argomenti trattati durante il corso, sebbene non

rappresenti un vero e proprio esame.

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LA TECNICA

La tecnica del NW si basa essenzialmente su:

- tecnica corretta e naturale del cammino

- postura corretta, allineamento del corpo corretto, stabilità centrale del corpo,

utilizzo attivo dei muscoli del dorso e dell’addome

- utilizzo corretto dei bastoncini con tecnica simile a quella utilizzata per lo sci di

fondo.

UNO DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA DISCIPLINA E’ CHE OGNI ABILITA’

APPRESA FACENDO NW DOVRA’ ESSERE TRASFERIBILE ALLA VITA DI

TUTTI I GIORNI PER MIGLIORARE IL MODO DI MUOVERSI ED IL PROPRIO

BENESSERE GENERALE.

Facendo NW i movimenti degli arti seguono il ritmo naturale dell’andatura della

camminata normale. L’oscillazione delle braccia, la forza di spinta dei piedi e dei

bastoni influenzano la lunghezza dei passi.

La tecnica eseguita correttamente fa sì che si utilizzi l’85% dei muscoli presenti nel

corpo umano.

Immagine 7: Muscolatura coinvolta (INWA, 2008)

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Allo scopo di evitare inutili e potenzialmente dannose tensioni dei muscoli del collo e

delle spalle - già messi a dura prova dalle cattive posture e dall’inutilizzo della

muscolatura medesima tipici del nostro modo di vivere e muoverci (o non muoverci) -

è fondamentale imparare bene la tecnica di utilizzo dei bastoncini.

Una volta poggiato il bastoncino sul terreno, i muscoli degli arti superiori e dell’area

spalle e tronco vengono attivati utilizzando la speciale impugnatura, un “guantino

ergonomico”, fondamentale per l’esecuzione corretta del movimento; effettueremo

quindi la spinta correttamente e dopo il movimento di spinta otterremo l’immediato

rilassamento dei suddetti muscoli. Il lacciolo è stato appositamente studiato sì da

permettere la fase di recupero del bastoncino che ha appena effettuato la spinta in

modo del tutto funzionale al movimento naturale dell’arto superiore (oscillazione).

Immagine 8: Integrazione uso bastoncini e camminata normale (INWA, 2008)

E’ inoltre importante che il movimento del braccio segua il movimento di rotazione del busto e che la rotazione del busto sia un effetto logico del movimento delle gambe. (INWA, 2008)

Immagine 9: Descrizione fasi tecniche del movimento (INWA, 2008)

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BIOMECCANICA

STABILITA’ DINAMICA DURANTE IL CAMMINO E NEL NORDIC WALKING

Durante il cammino il corpo è suddiviso funzionalmente in due unità:

1. Unità passeggero (testa, collo, tronco e braccia)

nel NW (testa collo)

2. Unità locomotrice (arti inferiori e pelvi)

nel NW (tronco, braccia, arti inferiori e pelvi)

L’unità passeggero è responsabile solo dell’integrità posturale: le richieste funzionali

sono ridotte al minimo (trasporto passivo dall’unità locomotrice).

A) Al contatto del calcagno con la superficie di appoggio (ricezione), l'elica si

rilascia per consentire la lassità del piede atta ad ammortizzare il peso del corpo e ad

adattarsi alla superficie stessa. A tal fine l'arto inferiore ruota internamente,

l'astragalo, ad esso solidale, ruota quindi anch'esso internamente supinando, il

calcagno prona, ruotando esternamente. L'assunzione del peso da parte del piede è

graduale ed è massima nel momento in cui la linea gravitaria cade nel centro della

superficie podalica.

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Immagine 10: descrizione grafica fasi (A,B) appoggio

B). Appoggio totale (contatto / midstance)

Quando tutta la superficie plantare è a contatto con la superficie del suolo, la

rotazione interna dell'arto si trasforma bruscamente in rotazione esterna. Ciò fa

scattare il meccanismo che ha come sede l'articolazione sotto-astragalica.

Seguendo la rotazione dell'arto, l'astragalo ruota sul piano trasverso esternamente

(per ca. 12° mediamente) pronando e risalendo al di sopra del calcagno

(allontanandosi dal legamento calcaneo-scafoideo-plantare). A sua volta il

calcagno ruota internamente, supinando attorno all'asse di compromesso: il

retropiede si verticalizza tramite l'avvitamento reciproco astragalo-calcaneare.

Il cuboide, tenacemente collegato al calcagno, migra plantarmente assumendo

"sulle sue spalle" la serie dei cuneiformi.

L'avampiede si dispone in contrasto rotatorio con il retropiede per la reazione al

suolo. Si ha così l'avvolgimento dell'elica podalica e il conseguente "inarcamento"

del piede: l'articolazione medio-tarsica è bloccata e si ha il contemporaneo

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passaggio del peso sul IV e V metatarso per eversione dell'avampiede non ancora

rigido. Il muscolo peroniero lungo richiama a contatto col suolo la testa del I

metatarso eseguendo un lavoro di stabilizzazione facendo si che il peso sia ora

distribuito su tutte le teste metatarsali (ventaglio metatarsale); il piede si trasforma

da elica in rigida "barra di leva".

Immagine 11: descrizione stilizzata azione piede fasi A e B .

C) Appoggio digitale (propulsione, fase propulsiva / terminal stance)

Il calcagno si solleva dal terreno. Le dita, dopo essersi adattate tenacemente alla

superficie di appoggio, si flettono dorsalmente. Ciò fa sì che la aponeurosi

plantare (immagine) si accorcia tendendosi di ca. 1 cm (le digitazioni

dell'aponeurosi plantare raggiungono le falangi basali corrispondenti,

connettendosi al periostio, nei segmenti adiacenti alle articolazioni) innescando il

meccanismo dell'argano che completa la coesione intrapodalica

CI) Il centro di gravità del corpo migra ventralmente e il corpo si avvia a cadere in

avanti. L'intervento del controllo muscolare, in particolare del muscolo tricipite

surale, formato da gastrocnemio e soleo (oltre al tibiale anteriore, tibiale

posteriore, peroneo lungo e flessori dorsali) e il tempestivo contatto contro

laterale, esercitano azione da freno.

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CII) Nella fase propulsiva le forze agenti sul piede sono pari a 3-4 volte il peso del

corpo. In situazione di corretta fisiologia il piede si comporta a elica in modo tale

che la proiezione a terra del baricentro corporeo resti perlopiù centrata, ossia

passi lungo il proprio asse, che corrisponde all'incirca all'asse podalico, asse

passante centralmente al retropiede e al centro tra II e III dito.

D) Fase oscillante (Swing phase)

La fase oscillante si verifica tra il distacco delle dita dal suolo e il successivo

appoggio del tallone dello stesso piede. Essa rappresenta la provvidenziale

preparazione per la fase portante. La rotazione interna dell'arto attorno all'asse

meccanico, che inizia in questa fase, è indispensabile premessa per la successiva

rotazione esterna. E' grazie a questa alternanza di rotazioni che l'energia potenziale

si trasforma nel corpo umano in energia cinetica. Le fasi oscillanti e portanti sono

pertanto legate relativamente alla continuità della progressione. Il pendolo podalico è

in realtà un pendolo portante. Il complesso neuro-muscolare vigila su questo

reciproco passaggio di consegne stabilizzandolo, modulandolo e caratterizzandolo

quale espressione tipica dell'individualità. (Paparella Treccia, 1978).

Immagine 12: Fasi del cammino

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Immagine 13: Lavoro del piede sul piano trasverso

E' quindi nel piano trasverso che la moderna biomeccanica ha individuato

l'elemento spaziale prioritario nella statica e nella dinamica dell'uomo. Difatti è dalla

rotazione nel piano trasverso che scatta il meccanismo anti gravitario, il quale

consente la migrazione del baricentro verso l'alto. L'altezza del baricentro carica il

sistema di energia potenziale, ovvero di instabilità che però, come abbiamo detto, si

trasforma in indispensabile energia cinetica nella dinamica, consentendo così la

progressione nello spazio con un modesto consumo di energia muscolare.

Relativamente all'arto inferiore, le articolazioni in cui si compie il movimento nel piano

trasverso sono, a catena cinetica chiusa, la coxofemorale (articolazione dell'anca) e

la sotto astragalica. In particolare, l'articolazione coxofemorale e l'articolazione

astragalo-scafoidea sono analogamente strutturate e corrispondentemente disposte.

I movimenti essenziali nella meccanica anti gravitaria dell'anca sono l'estensione e la

concomitante rotazione esterna e viceversa (flessione- intra rotazione). Nel

trasferimento dalla flessione all'estensione, quindi, il femore ruota verso l'esterno

riflettendosi nel meccanismo di rilasciamento-irrigidimento podalico. E' questa quindi

una condizione anatomo - funzionale che favorisce la nostra anti gravitarietà.

(Paparella Treccia, 1978).

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E' ancora da chiarire con precisione il ruolo delle masse muscolari nella

stabilizzazione dell'arto inferiore nel piano trasverso. Si ritiene che i muscoli chiamati

in causa siano gli adduttori dell'anca, i flessori del ginocchio, lo psoas, il piccolo e

medio gluteo, ma il muscolo determinante sembra essere il grande gluteo

(estensore, abduttore ed extrarotatore dell'anca). Il grande gluteo è considerato il più

potente stabilizzatore dell'anca nel piano trasverso. La sua attività di estensore

contribuisce validamente al mantenimento del centro di gravità (o baricentro) al di

sopra dei centri di rotazione delle anche. La sua prevalente attività stabilizzatrice

esplica una funzione essenziale nella deambulazione e la sua azione si estende

all'articolazione del ginocchio tramite il tratto ileo tibiale.

L'analisi delle caratteristiche morfologiche e funzionali dell'arto inferiore relativamente

al piano trasverso apre un grosso capitolo di patologia strutturale che contempla le

anomalie di rotazione femoro-tibiale e le ripercussioni sulla funzionalità podalica e

viceversa. Si getta in tal modo un robusto ponte che connette sempre più il piede ai

segmenti corporei soprastanti, in particolare, col cingolo pelvico, col cingolo scapolo-

omerale, con la cerniera cervico-occipitale fino all'articolazione temporo-mandibolare,

nel contesto della biomeccanica e della pato-meccanica.

Rivolgendo l'attenzione alle superfici (terreni piani) e agli involucri (scarpe) con cui il

piede viene a contatto, fin dai primi passi e per tutta la vita, spesso inadatti ma che la

civiltà e la moda ci impongono (per la forma senza riguardi per la sostanza ovvero

per la salute), il rapporto fra informazione genetica, rivelata dalla morfostruttura

originaria, e l'informazione ambientale, invece di un armonico incontro assume gli

aspetti di una disputa alla quale, nelle età successive, si risale attraverso i segni

lasciati nel piede e nella postura.

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L'insufficienza gravitaria primaria scaturisce da anomalie dell'integrazione

informativa genetica-ambientale e si esprime usualmente come inattitudine

dell'elica podalica a svolgere fisiologicamente il suo compito (Paparella Treccia,

1998).

POSTURA

- Allineamento del corpo durante il movimento, linea centrale di forza, posizione

neutra bacino nella corretta posizione, controllo dei muscoli coinvolti, ileo psoas,

glutei, muscoli posteriori della coscia.

Utilizzo corretto dei bastoncini stimola la:

- Core stability; utilizzo attivo dei muscoli centrali durante il movimento,

trasverso dell’addome, i 5 strati dei muscoli dorsali, i 3 strati dei muscoli

del pavimento pelvico (diaframma pelvico) e il diaframma (più importante

muscolo respiratorio).

Cenni di meccanica respiratoria

Il diaframma rappresenta il muscolo essenziale della meccanica respiratoria in

quanto da solo riesce ad aumentare i tre diametri del volume toracico. Quando le

fibre muscolari del diaframma si contraggono abbassano il centro frenico: in tal

modo aumenta il diametro verticale del torace. L’abbassamento del centro frenico è

rapidamente limitato dalla messa in tensione degli elementi del mediastino e dalla

presenza dei visceri addominali. A partire da questo momento il centro frenico

diventa punto fisso: le fibre muscolari che meccanicamente agiscono dalla periferia

di questo centro diventano elevatrici delle costole inferiori.

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Sollevando le costole inferiori il diaframma aumenta il diametro trasverso della parte

inferiore del torace; contemporaneamente, per mezzo dello sterno, innalza anche le

costole superiori aumentando anche il diametro antero-posteriore (Capone C., Zignin

C., 2010).

Il diaframma possiede un comando a volte automatico, a volte volontario. Ogni volta

che il suo funzionamento deriva da un comando automatico, il diaframma assicura

un ruolo essenziale alla sopravvivenza sul piano respiratorio, circolatorio e digerente

mediante un’azione di pompa. Nel corso di tale azione il centro frenico resta mobile.

La fissità del centro frenico consente al diaframma di agire sul rachide dorso-

lombare, particolarmente a livello D11 e D12 dove la mobilità delle costole fluttuanti e

la direzione leggermente obliqua delle fibre muscolari permettono una trazione

diretta sulle vertebre L1, L2 (zona di inserzione dei pilastri diaframmatici). E’ così che

ogni blocco diaframmatico in inspirazione corrisponde ad un’accentuazione

della lordosi di D11, D12, L1, L2. (Souchard P.,1995)

E’ necessario notare che, se si contrae vigorosamente in associazione con gli

addominali, il diaframma non è il solo ad aggravare la lordosi lombare: anche il

trasverso e lo psoas agiscono trazionando le vertebre lombari in avanti,

determinando così l’entrata in gioco degli spinali. L’unica azione comune a tutti i

muscoli addominali è quella di abbassare le ultime sei coste durante

l’espirazione. I retti sono gli unici antagonisti dei muscoli posteriori. Il trasverso,

poiché si inserisce posteriormente sulle prime quattro vertebre lombari, è un

muscolo lordotizzante e quindi non è antagonista dei muscoli posteriori. Gli obliqui

sono antagonisti dei muscoli posteriori per quanto riguarda la flessione anteriore,

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quando si contraggono bilateralmente. Quando si contraggono unilateralmente sono

dei latero-flessori e rotatori, quindi agonisti dei muscoli posteriori.

Rapporti di antagonismo-sinergia tra diaframma e addominali: abbiamo già

definito il diaframma il principale muscolo inspiratore e gli addominali muscoli

espiratori accessori molto potenti, capaci di determinare l’espirazione forzata.

Bisogna ora precisare che questi muscoli hanno tra loro un rapporto di antagonismo-

sinergia indispensabile per un’azione efficace del diaframma. Ciascun gruppo

muscolare è in uno stato di contrazione permanente (tono), ma la loro contrazione

evolve affinché ci sia sempre un equilibrio dinamico cioè un antagonismo sinergico:

durante l’inspirazione, infatti, mentre la contrazione del diaframma aumenta, il tono

dei muscoli addominali diminuisce e, all’opposto, durante l’espirazione, aumenta la

tensione degli addominali mentre diminuisce progressivamente il tono diaframmatico.

Durante l’inspirazione, nel momento in cui il diaframma si contrae, senza la

resistenza della muscolatura addominale il contenuto dell’addome si

lascerebbe spingere verso il basso (ptosi addominale) ed il centro frenico, non

trovando un appoggio solido, non permetterebbe al diaframma di sollevare le

costole inferiori. In questa fase del ciclo respiratorio l’azione, quindi l’efficacia

dell’azione diaframmatica, dipende dal gioco antagonista-sinergico dei muscoli

addominali. Durante l’espirazione, invece, i muscoli addominali sono perfetti

antagonisti del diaframma in quanto diminuiscono contemporaneamente i tre

diametri toracici. Nel momento in cui il diaframma si rilascia e gli addominali si

contraggono abbassando l’orifizio inferiore del torace, diminuiscono simultaneamente

i diametri antero-posteriori e trasverso della gabbia toracica; inoltre, aumentando la

pressione intra-addominale, spingono la massa dei visceri addominali verso l’alto

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facendo risalire il centro frenico e determinando così una diminuzione anche del

diametro verticale del torace. Nella ginnastica posturale la respirazione riveste un

ruolo fondamentale per facilitare il rilassamento dell’individuo. Alcuni autori si

concentrano maggiormente sul rilassamento psichico, attuando metodi di lavoro più

psicologici, altri rivolgono invece l’attenzione particolarmente al rilasciamento

muscolare. In entrambi i casi comunque non si perde mai di vista la stretta relazione

tra psiche e corpo. I posturalisti ricercano il rilassamento globale dell’individuo,

rieducando la dinamica respiratoria dello stesso: danno particolare importanza alla

fase espiratoria, tenendo conto che il blocco diaframmatico avviene sempre in

inspirazione e coinvolge tutta la colonna. Ogni sforzo, ogni dolore, ogni tensione

psicologica provocano infatti un blocco inspiratorio del diaframma (in seguito alla sua

costante contrazione), con conseguente aumento della lordosi lombare e

irrigidimento della zona dorso-lombare che perdura nel tempo e determina

inevitabilmente un’alterazione dell’intera statica per accorciamento dei muscoli della

colonna. L’uso dell’espirazione profonda nelle posture di allungamento è

fondamentale per la loro buona riuscita, in quanto rappresenta la fase passiva del

rilasciamento dei muscoli inspiratori. La rieducazione all’espirazione profonda,

tramite l’azione de-lordotizzante, permette il rilasciamento e l’allungamento del

diaframma, con conseguente risalita del centro frenico, iper-trazione delle sue

connessioni lombari e modificazioni delle curve rachidee.(Souchard P.,1995)

Immagine 14 spostamenti cassa toracica insp. (sx)/ esp. (dx)

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PULL-UP

Per ottenere una postura ottimale è fondamentale imparare a riconoscere e

controllare i movimenti del bacino, ricercando la posizione neutra, quella in cui le 3

curve naturali della colonna vertebrale rientrano nei range di normalità 36° lordosi

cervicale, 35°- 45° cifosi dorsale, 50°-60° lordosi lombare. Il Pull-up è un metodo

attraverso il quale troviamo la posizione neutra del corpo (INWA, 2008):

- Allineamento piedi a distanza di larghezza degli ischi, spostare il peso sui tre

punti di appoggio del piede per trovare il punto centrale; rilassarsi con le

ginocchia flesse.

- “Bucare” la terra con i piedi e raddrizzarsi senza spingere in iper - estensione

(senza bloccare le ginocchia).

- Retroversione del bacino senza contrarre troppo i glutei, dirigere verso l’alto e

verso la colonna la parete addominale senza muovere bacino e torace.

- Raddrizzarsi completamente immaginando di spingere verso l’alto qualcosa con

la calotta della testa.

- Mantenere il controllo del bacino.

- Abbassare le spalle e fare scivolare verso il basso le scapole.

- Raddrizzare la nuca, abbassare il mento e cercare la posizione neutra del capo.

- Immaginare la verticale passante dalla testa, avanti la colonna vertebrale,

forando il bacino avanti all’articolazione del ginocchio e delle caviglie e uscendo

dal piede (terzo medio).

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UNA CORRETTA POSTURA AGEVOLA QUALSIASI TIPO DI MOVIMENTO

PERMETTENDOCI DI SFRUTTARE APPIENO LA POTENZIALITA’ MUSCOLARE

INDIVIDUALE. Ogni movimento inizia con l’attivazione della muscolatura profonda

dei muscoli centrali del corpo.

Immagine 15: Muscolatura dorsale e degli arti superiori di fondista professionista

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Valutazione funzionale

Dopo il completamento del corso ai soggetti è stato proposto un protocollo di

valutazione funzionale che prevedeva, misurazioni antropometriche, peso,

plicometria (Hronek et al., 2013) calcolo body max index (B.M.I.) (Loenneke, 2013) .

A seguire un test di cammino, incrementale su ergometro trasportatore.

Protocollo:

riscaldamento 15’ a pendenza da 0 a 3%, poi cambio pendenza ogni 5’ e velocità da

1,11 m/s a 1,25 m/s cambio velocità ogni 5’)

Partenza da 5% di pendenza e 1,11 m/s o 4 km/h poi pendenza incrementale con

incremento di 1% a step e velocità incrementale da 1,11 m/s o 4,0 km/h con

incremento di 0,5 km/h gli step sono stati progettati della durata di 5’ fino a sforzo

percepito di livello 14 e 3’ dal livello 14 in poi (scala di Borg) in modo tale da

assicurare l’adattamento della frequenza cardiaca al carico imposto (Weinek, 2007)

ad ogni carico veniva registrata frequenza cardiaca e livello individuale di percezione

dello sforzo in base alla scala di Borg sfruttando la sua correlazione con ‘andamento

del lattato ematico (Held e Marti, 1999). Il test è stato concepito a carattere sub

massimale ed è stato interrotto al raggiungimento di un livello di percezione dello

sforzo di 18-19 su 20 (90% - 95% f.c. max ref. scala di Borg), comunque al mancato

completamento di almeno il 50% (90”) dello step in corso.

Nella pagina successiva, scala di Borg, tabellino riassuntivo range frequenza

cardiaca di allenamento, report completo valutazione funzionale.

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Tab. 2: scala di Borg

Tab. 3: livelli individuali f.c.

Verde = lievi Giallo = moderati Rosso= intensi

Immagine 16: modello di report valutazione funzionale.

FC consigliate per l'allenamento

Recupero Attivo (R.A) < 127

Fondo Lento (F.L) 127 ---- 144

Fondo Medio (F.M) 145 ---- 155

Fondo Medio Veloce (F.M.V) 156 ---- 167

Potenza Aerobica (P.A) 168 ---- 181

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PLICOMETRIA

Le misurazioni antropometriche prevedono la rilevazione del peso corporeo e delle

pliche cutanee per la valutazione della distribuzione massa corporea.

La valutazione plicometrica parte dal presupposto che il grasso corporeo sia

distribuito in 3 sedi: grasso strutturale, grasso viscerale e grasso sottocutaneo,

quest'ultima è quella che viene misurata; la sua individuazione porta ad una stima

della percentuale di tessuto adiposo (T.A.).

Il plicometro sarebbe opportuno fosse di livello professionale, quello utilizzato ad

esempio è un calibro professionale GIMA. Il fatto di utilizzare strumenti di elevata

precisione dà alla misura l'attendibilità necessaria; il plicometro adatto a una misura

valida dovrebbe esercitare una pressione costante di 10 g/mm2.

I punti di repere utilizzati possono essere svariati, i più comunemente considerati

sono il tricipite mediale; questa plica è la più misurata ed è strettamente correlata con

il grasso corporeo percentuale e totale; si prende medialmente sopra il muscolo

tricipite. Le altre pliche sono sottoscapolare all'angolo inferiore della scapola e

sovrailiaca linea medio-ascellare appena sopra la cresta iliaca.

Immagine 17: tricipitale e sottoscapolare Immagine 18: sovrailiaca

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Il calcolo della percentuale di grasso può essere effettuato con la formula di Jackson e Pollock modificata.(Pollock J., Jackson A. 1985)

Maschi

DC = 1.1093800 - (0.0008267 X somma pliche ) + (0.0000016 X somma pliche al quadrato)

- (0.0002574 X età)

Tab. 4 D.C.= densità corporea

Femmine

DC = 1.0994921 - (0.0009929 Xsomma pliche) + (0.0000023 X somma pliche al quadrato)

- (0.0001392 X Età anni)

Tabella 5 D.C.= densità corporea

Determinata la densità corporea, si applica l'equazione di Siri:

Massa grassa = [(4,95/D.C.)-4,50] x 100

Immagine 19: plicometro professionale GIMA

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Allenamento

Questo ambito rappresenta la messa in pratica di ciò che l’individuo ha appreso

durante il corso e l’intervento del coach coadiuvato dall’utilizzo dei dati individuali

raccolti riguardanti i soggetti.

La difficoltà è stata, inizialmente, quella di combinare obiettivi ed esigenze diverse

con differenti livelli di performance: la prima operazione è consistita nel “tarare” il

gruppo su percorsi di differente tipologia scelti nell’ambito del verde urbano di Torino.

Percorsi pianeggianti lungo il fiume Po dal parco delle Vallere a Moncalieri fino al

parco del Meisino e oltre raggiungendo il comune di San Mauro Torinese, passando

per il parco del Valentino e della Colletta.

Percorsi collinari nel gigantesco parco della Collina torinese e i suoi oltre 65 sentieri

segnati e ben tracciati, con dislivello vario e variabile o con salite lunghe dal centro

urbano fino ai punti più alti della nostra collina: Superga, Colle della Maddalena, ecc.

Preso atto delle risposte alle differenti tipologie di percorso ma anche di intensità

proposte, sono stati creati due gruppi anche in base alle preferenze del giorno di

ritrovo.

Ai due gruppi sono stati dati obiettivi identici e proposte attività legate al loro

raggiungimento, questo ha subito creato interessanti dinamiche di gruppo sia interne

che esterne verso “gli altri”.

L’approccio metodologico è stato di non descrivere nel dettaglio il programma della

giornata ma di pensare ad un percorso adatto a soddisfare il raggiungimento

dell’obiettivo della seduta senza che la persona che partecipava all’uscita se ne

rendesse conto.

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Per fare esempi pratici, se lo scopo era la resistenza aerobica, con interesse

particolare sulla tecnica del gesto, veniva scelto un percorso pianeggiante con un

terreno facile ed adatto all’esecuzione tecnica corretta.

La resistenza alla potenza aerobica, stimolata con salite lunghe ad intensità media e

salite brevi leggermente più intense con periodi di recupero (allenamento frazionato)

a volte è stato eseguito del vero e proprio interval training la cui intensità veniva

regolata dall’istruttore che dettava il ritmo di camminata e i tempi di recupero

basandosi su feedback continui riguardo intensità percepita e frequenza cardiaca

(Weinek et a.,2008) .

L’aspetto tecnico è sempre stato tenuto sotto controllo, la varietà del percorso, sia

come andamento che come tipo di terreno stimolava l’interpretazione e l’adattamento

individuale del gesto mantenendo fissi i parametri fondamentali della tecnica. Il

gruppo veniva stimolato a fornire feedback e a provare situazioni esplorando le varie

possibilità di movimento ed approccio in modo da trovare insieme al coach le

soluzioni migliori e oggettivandole.

Tutto questo non caricando dello “stress” del programma di allenamento predefinito e

obbligato, anche perchè uno degli obiettivi comuni importante, direi fondamentale,

era di fare attività in ambiente rilassato ed appagante dal punto di vista psicologico.

La durata degli allenamenti è stata progressivamente allungata con inizio da 90’ fino

ad arrivare ad oltre due ore e trenta (150’). Durante gli allenamenti venivano chiesti

feedback su intensità percepita e livelli di frequenza cardiaca, in modo tale da tenere

sotto controllo la fatica in modo individualizzato; venivano inoltre trattati argomenti

inerenti l’attività in svolgimento e fatti collegamenti con argomenti collegati, come

fisiologia umana, traumatologia, effetto conservativo su alcune piccole o medie

patologie articolari, alimentazione.

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Questa parte dell’allenamento è certamente la più formativa, l’individuo consapevole

e informato trae migliori benefici dall’attività che svolge e questo vale anche per gli

atleti di ogni livello.

Lo svolgimento dell’attività è stato costante da aprile 2012 a luglio 2013, nel periodo

autunno-inverno l’obiettivo comune è stato fissato nel provare a percorrere in pianura

un percorso di 10 km più velocemente possibile mantenendo la corretta esecuzione

tecnica del movimento.

I gruppi si sono cimentati in due giorni diversi ma consecutivi con orari, condizioni

meteo e di terreno identiche. Entrambi gli eventi sono stati condotti dal coach,

riscaldamento eseguito come prima di ogni allenamento: 10’ di mobilità articolare

generale e qualche esercizio di attivazione muscolare dei vari gruppi coinvolti, 10’ di

cammino libero e lento.

Dopo un piccolo briefing iniziale su modalità esecuzione prova, si sono percorsi

quattro (4) giri all’interno del parco delle Vallere, 2,5 km a giro, monitorati dal coach

con gps Garmin 910 XT, alcuni partecipanti utilizzavano cardiofrequenzimetro, altri

riferivano feedback su livello di intensità percepita costantemente richiesti dal coach.

I 10 km sono stati percorsi con un tempo di 91’, 0.31 m/s o 6.7 km/h per il gruppo 1 e

98’, 0.29 m/s o 6.1 km/h per il gruppo 2, ad un livello di frequenza cardiaca tra 75 e

85 % di fc max o livello 14 - 16 scala di Borg, con dispendio energetico calcolato,

rispettivamente, di 286 J/m e 261 J/m. I soggetti hanno percorso la distanza

costantemente in gruppo, in fila o doppia fila, per cui tempo e velocità di percorrenza

indicati devono considerarsi già come medie dei due gruppi.

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Le tabelle seguenti riassumono i dati della camminata dei due gruppi: nella prima ci

sono anche i dati frequenza cardiaca media e massima di uno dei soggetti

partecipanti, con evidenziato in giallo anche il training effect calcolato dal software

Garmin® che definisce un indice di impatto dell’allenamento sul miglioramento

prestativo.

Immagine 20: camminando……..

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Punteggio Training Effect

5.0 – Sovra - affaticamento

4.0 – Miglioramento elevato

3.0 – Miglioramento

2.0 – Mantenimento

1.0 – Minore

Tab. 6: training effect Garmin®

Distanza: 10,00 km

Dettagli gruppo 1

Tempo

Ora: 1:31:16

Velocità media: 6,7 km/h

Velocità max.: 7,2 km/h

Velocità Passo

Freq. card.

FC Media: 164 bpm

FC max: 175 bpm

Training Effect : 4 **training effect calcolato da software Garmin®

Distanza: 10,00 km

Dettagli gruppo 2

Tempo

Ora: 1:38:44

Velocità media: 6,1 km/h

Velocità max.: 6,6 km/h

Velocità Passo

Tab. 7: riassuntiva gruppo 1 e 2 dati garmin® 910 XT

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Immagine 21: Dispendio energetico Joule per metro (J/m) in base a velocità di percorrenza metri

al secondo (m/s) .

Gruppo 1 Gruppo 2 Massima efficienza del cammino ~1,2 m/s

Parametri 10 km

Tempo Vel. m/s

Vel. Km/h

(J/metro) Kcal tot.10 km

% di FC max

Valore scala di Borg

Gruppo 1 91 min. 1,86 m/s

6,7 km/h

286 686 75-85%

14-16

Gruppo 2 98 min. 1,74 m/s

6,1 km/h

261 626 75-85%

14-16

Tab. 8: riassunto dei parametri 10 km

J/m

m/s

Linea blu: andamento costo energetico del cammino

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Dopo questo primo evento, sono state intensificate le uscite in collina e un nuovo

obiettivo è stato proposto ai soggetti. Questa volta si trattava di traversare la dorsale

della collina torinese da San Mauro a Moncalieri, circa 25 km.

Dal punto di vista tecnico à stata enfatizzata la tecnica di discesa, situazione che

predispone a danni articolari se approcciata inadeguatamente, percorsi vallonati e

percorsi con lunghe e medie salite sono stati utilizzati per stimolare le intensità

condizionanti la massima potenza aerobico lipidica, concetti ben conosciuti da tutti gli

allenatori ed atleti di endurance, che si colloca ad intensità moderate, 80-85% di FC

max, in maratoneti altamente allenati anche al 90-92% di fc max. La potenza

aerobico lipidica è quell’intensità che permette di utilizzare una quota elevata di

grassi nell’unità di tempo risparmiando glicogeno anche ad intensità moderate

(Weinek et al.,2008) come può essere quella della maratona o come quella dei

nostri camminatori per la traversata della collina.

Data la complessità della misura di questo parametro e considerato il fatto che

prevede sofisticati e costosi esami di laboratorio, è stata stimata e collocata a livello

del range di frequenze cardiache corrispondenti al fondo medio individuale o

comunque ad un’intensità percepita di 13 – 14 sulla scala di Borg.

In questi allenamenti venivano date indicazioni anche su come e quando idratarsi, è

stato consigliato di utilizzare solo acqua e di alimentarsi, suggerito prevalentemente

cibo e non surrogati o integratori.

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La durata degli allenamenti è stata progressivamente allungata fino ad un picco

massimo di 3h30’ prima di approcciare la traversata completa.

Durante il percorso lungo della traversata collinare, 26 km, 1227 m di dislivello

positivo e 1021 di dislivello negativo, sono state rilevate velocità ascensionali medie

di 500-600 mt/h; detto parametro è stato utilizzato per calcolare parametri meccanici

ed energetici, 162,5 +/- 17,5 w oppure 2,25 +/- 0,25 w/kg, con intensità del 80 % +/-

5% di fc max (13 – 15 scala di Borg) l’intensità media invece si può collocare al 70 %

+/- 5% di fc max ( 12 – 13 scala di Borg). Seguono tabelle riassuntive.

Distanza: 26,04 km

Ora partenza: 7:24:26

Tempo

Tempo in movim.: 5:18:55

Avg Moving Pace: 12:15 min/km

Quota

Dislivello + : 1.227 m

Dislivello - : 1.201 m

Quota min: 220 m

Quota max: 707 m

Tab. 9: riassunto della traversata estiva da Garmin connect

Parametri 26 km

Tempo Vel. m/s

Vel. Km/h

Dislivello totale + (m)

Kcal totali consumate

% di FC max

Valore scala di Borg

Gruppo 1 319 min. 1,08 m/s

3,8 km/h

1227 ~3000 70% 12-13

Tab.10: parametri traversata estiva Da questi dati si può ipotizzare un elevato impatto di tale prestazione sul massimo utilizzo degli acidi grassi nell’unità di tempo considerando l’intensità media mantenuta e ciò precedentemente descritto circa la massima potenza aerobica - lipidica.

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Immagine 22: camminando…….

Immagine 23: salita finale

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STRUMENTI

Gli strumenti utilizzati vanno dagli attrezzi tecnici come i bastoncini da nordic walking,

quelli utilizzati dai membri del gruppo sono di due marche, Leki® mod. prestige e

Swix® mod. CT3.

Le rilevazioni in laboratorio e su campo è stato utilizzato un Gps sportivo della

Garmin® mod. 910 XT.

I test indoor sono stati eseguiti su ergometro trasportatore Nordic Track® T92

Le valutazioni delle pliche sono state effettate con plicometro professionale GIMA®

Immagine 24: GPS Immagine 25: bastoncini

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COMUNICAZIONE

Un breve cenno al sistema di comunicazione utilizzato per interagire con il gruppo di

soggetti.

E’ stata creata una mailing list attraverso la quale ogni settimana venivano illustrati i

programmi delle uscite previste nel fine settimana, tutti sono stati invitati a rispondere

ed a confermare la presenza.

Nel contempo le attività inerenti il nordic walking venivano inserite su una pagina

dedicata su un noto social network; su tale canale sono stati pubblicati file gps

riassuntivi allenamenti e percorsi, fotografie e video delle attività didattiche e delle

uscite allenamento.

Immagine 26; comunicazione

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RISULTATI

L’esperienza in corso dopo diciotto mesi di attività risulta, dal punto di vista tecnico,

molto soddisfacente. La maggior parte dei soggetti ha acquisito una buona tecnica di

base e una più che discreta capacità di adattamento ai vari tipi di terreno. Sembra

che molti siano entrati appieno nella vera essenza del nordic walking (INWA, 2008) e

ne sfruttino la pratica .Dal punto di vista prestazionale, tutti i partecipanti hanno

elevato il proprio livello di performance, lo dimostrano le continue rilevazioni gps nei

vari itinerari utilizzati che evidenziano miglioramenti sia dal punto di vista del

rendimento che della capacità di mantenere più a lungo livelli di sforzo moderati e

migliori capacità di recupero (Weinek, 2010).

Velocità media V.A.M. Fc base Fc media I.P.

+ 0,25 m/s + 200 m/h

Tab.11: Variazione Parametri medi. V.A.M.= velocità ascensionale media I.P.=

intensità percepita.

I parametri di frequenza media diminuita e di intensità percepita inferiori sono dovute

più al miglioramento delle capacità di recupero che alla diminuzione dell’intensità

degli allenamenti. Da sottolineare che il miglioramento è da considerarsi globale, su

tutti i soggetti del gruppo, chi è migliorato coincide con chi ha frequentato più

assiduamente le uscite.

Naturalmente una quantificazione più precisa di questi miglioramenti si potrà avere

nel momento in cui verranno ripetute le prove effettuate quest’anno, sia sui 10 km in

pianura che nel percorso lungo da 26 km.

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Dal punto di vista della composizione corporea si sono riscontrati dei notevoli

miglioramenti collegati alla costanza della partecipazione alle uscite e, per contro, dei

peggioramenti allorquando, per svariati morivi, il soggetto non è stato costante nella

pratica. La situazione, al momento, relativa a controlli in itinere effettuati su più del

75% dei soggetti è riassunta nella seguente tabella.

PESO I.M.C. T.A.

3 KG +/- 2 10% +/- 2%

Tab. 12 risultati medi composizione corporea. I.M.C.= Indice di Massa Corporea

T.A.= tessuto adiposo

Il risultato più convincente è senza dubbio quello di aver creato un gruppo che ha

intrapreso un percorso di pratica sportiva in ambiente naturale, praticando con

costanza, consapevolmente e in serenità, il nordic walking, ottenendo ottimi risultati

in riferimento sia agli obbiettivi individuali che a quelli di gruppo.

% presenze 90 -100% 75-85% 50-70%

Maschi 6 3 1

Femmine 15 3 2

Totale

21

(93% dei soggetti)

6

(2% dei soggetti)

3

(1% dei soggetti)

Tab.13 percentuale presenze

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Oltremodo, questo gruppo di soggetti, non praticando altre attività sportive -

potenziali variabili fuori controllo condizionanti lo stato di allenamento aerobico è da

ritenersi adatto ad un’analisi degli effetti dell’allenamento strutturato mediante

applicazione di metodologie proprie dell’allenamento sportivo.

Immagine 27: M.te Aman panoramica di Superga

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CONCLUSIONI

Riassumendo il NW attiva la muscolatura non utilizzata nel cammino normale (treno

superiore) (INWA, 2008).

La camminata, rispetto alla corsa, diminuisce l’esposizione a traumi (INWA, 2008) e il

NW si colloca, dal punto di vista del condizionamento organico, a metà tra la

camminata e la corsa, quest’ultima troppo dispendiosa (Larsen et.al.,2002) e

potenzialmente traumatica, risultando ideale sia per chi vuole un’attività a basso

impatto sia per chi vuole un’attività allenante senza però stressare le articolazioni.

Dall’analisi della tecnica si desume che il NW assume il vantaggio di mobilitare la

muscolatura della parte superiore del corpo, arrivando ad utilizzare gran parte dei

muscoli in modo coordinato e armonico, mantenendo inalterato lo schema motorio

della camminata. Inoltre su terreno sterrato aumenta la performance rendendo la

camminata più equilibrata e corretta grazie all’utilizzo dei bastoncini sia come

supporto all’equilibrio - reso precario dalle condizioni del terreno accidentato che

però a sua volta stimola positivamente la propriocezione (INWA, 2008) - sia per la

possibilità di essere più performanti nella spinta e quindi di essere in grado di

affrontare percorsi impegnativi che in altra maniera potrebbero essere affrontati con

molta fatica, assumendo posture scorrette. L’utilizzo corretto dei bastoncini mantiene

efficiente il movimento sinusoidale del baricentro permettendo il naturale andamento

del passo che prevede la discesa del centro di massa e favorendo un accumulo di

energia potenziale che si trasforma poi in energia cinetica (Paparella e Treccia ,

1988, INWA, 2008).

In salita l’utilizzo dei bastoni favorisce la propulsione e in discesa permette di gestire

al meglio il carico articolare, aspetto da non sottovalutare dato l’estremo traumatismo

dei tratti in discesa sui percorsi con dislivello.

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Camminare con i bastoncini conferisce un maggior senso di sicurezza e stimola la

coordinazione e la variabilità ritmica del passo; la possibilità, inoltre, di eseguire

camminando esercitazioni basate sul ritmo, sulla coordinazione e sull’equilibrio,

rende quest’attività anche molto varia ed allenante favorendo l’esecuzione di diverse

tipologie di allenamento (Arrankoski e Kettunen, 2012). Coniugandolo sui tre livelli,

wellness, fitness e sport, il nordic walking ha grandissime potenzialità quale attività

adatta a tutti, ma questo non è un concetto nuovo, ancora oggi sciatori fondisti di

altissimo livello utilizzano la camminata con bastoncini durante l’allenamento a

secco; allo stesso modo il nordic walking può essere utilizzato nei protocolli

riabilitativi per vari tipi di malattie cronico degenerative, ad esempio la sindrome di

Alzheimer o dismetabolismi come il diabete o l’obesità (Tschentscher et al. 2013).

La pratica in ambiente naturale favorisce anche la psiche, diventando un

potentissimo antidepressivo (Suija et al., 2009).

Dal principiante, all’anziano, all’atleta, tutti possono trovare una risposta alle proprie

esigenze con la pratica del nordic walking. Come per gli atleti, le tecniche e

metodologie utilizzate devono essere individualizzate e finalizzate agli obiettivi del

praticante (INWA, 2008).

Questo studio è da considerarsi “quasi sperimentale” data l’impossibilità di proporre

protocolli di ricerca rigorosi a tale genere di attività. L’eccessivo rigore avrebbe

snaturato la filosofia su cui si basa la pratica del nordic walking posto che, non

dimentichiamolo, tale esperienza, come tutte quelle sul campo, ha certamente una

grande valenza “ecologica”. Il margine di ottimizzazione è molto ampio, troppo poco

una volta la settimana, anche se di durata apprezzabile; bisognerebbe arrivare alle

fatidiche tre volte la settimana di pratica, magari con due uscite un po’ più brevi in

settimana e una più corposa nel week-end. Questo passo necessita di una presa di

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coscienza da parte degli individui, bisogna arrivare a mettere la pratica di attività

motoria come priorità assoluta nel corso della giornata. L’esercizio fisico costante e

coerente con il rispetto dei ritmi biologici è un “farmaco” potentissimo, con nessun

effetto indesiderato, affidarne la cura a persone competenti nel maneggiarlo è

un’ottima soluzione per ottimizzarne gli effetti positivi ed eliminare la possibilità

remota che crei dei problemi. Il concetto dell’allenamento, ma potremmo definirlo

semplicemente condizionamento organico, è assolutamente applicabile ad ogni

ambito e a tutti i soggetti, individualizzandone la dose e il modo di somministrazione.

Ciò necessita di grande responsabilità da parte di chi organizza e gestisce

l’allenamento, ma il lavoro sarà ampiamente ripagato dalla soddisfazione di aver

contribuito al benessere psicofisico dei partecipanti.

Immagine 28: Basilica di Superga (retro)

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RINGRAZIAMENTI

Nella veste di istruttore e di appassionato di sport a contatto con la natura in ogni sua

declinazione, ringrazio l’ambiente naturale ispiratore di quest’esperienza, parte del

mio lavoro, ma soprattutto parte della mia vita.

Ringrazio, inoltre, per la fiducia in me riposta, le persone che fanno parte di questo

gruppo.

Un sentito grazie al mio relatore e nordic walker Giuseppe Massazza che con grande

passione partecipa e sostiene questa esperienza.

Un grazie grandissimo ai miei colleghi/amici Antonio Gualtieri, Stephan Saporito,

Enrico Maffei ed agli amici Barbara Roggero, Rita Sironi, Fabrizio Giulio Tonolo,

Carlo Pavese e Giuliano Berti per l’aiuto e il sostegno disinteressati da loro ricevuti.

Agli amici di Dare Motus®, Riccardo Ferrein, Marco Serra e Lillo Foti, per la

disponibilità e il costante sostegno .

A mia moglie Gabriella e ai miei figli Amedeo e Gloria che per tutti i cinque anni del

mio percorso di studi hanno fatto grandi sacrifici e rinunce.

A mia madre e a mia sorella, e a mio papà che, spero, da lassù, sia contento del mio

cammino.

Immagine 29: Il mio “ufficio”

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