looking forward - accenture/media/accenture/conversion-assets/... · sico, indonesia e molti altri...

64
LOOKING FORWARD INNOVAZIONE E RILANCIO ECONOMICO E SOCIALE Redatto in collaborazione con STRATEGY PRACTICE DI ACCENTURE Terzo volume Articoli di Rosabeth Moss Kanter, Andrea Poggi, Marco Salera, Luigi Onorato, Andrea Bargioni, Alessandro Diana, Luca Scanu, Danilo Troncarelli, Paolo Vendramin. Supplemento allegato al n. 11.2010 di ITALIA

Upload: others

Post on 24-Dec-2019

9 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

LOOKING FORWARDINNOVAZIONE E RILANCIO

ECONOMICO E SOCIALE

Redatto in collaborazione con STRATEGY PRACTICE DI ACCENTURE

Terzo volume

Articoli di Rosabeth Moss Kanter, Andrea Poggi, Marco Salera, Luigi Onorato, Andrea Bargioni, Alessandro Diana, Luca Scanu, Danilo Troncarelli, Paolo Vendramin.

Supplemento allegato al n. 11.2010 diITALIA

ITALIA

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �

LOOKING FORWARDINNOVAZIONE E RILANCIO

ECONOMICO E SOCIALE

Redatto in collaborazione con STRATEGY PRACTICE DI ACCENTURE

Terzo volume

Articoli di Rosabeth Moss Kanter, Andrea Poggi, Marco Salera, Luigi Onorato, Andrea Bargioni, Alessandro Diana, Luca Scanu, Danilo Troncarelli, Paolo Vendramin.

Enrico SassoonPREFAZIONE Sfide a tutto campo

Rosabeth Moss KanterINTRODUZIONE Il futuro passa dalla capacità di innovare

Andrea PoggiLOOKING FORWARD Innovazione e rilancio economico e sociale

Luigi Onorato, Amato Della Vecchia, Michele Serra e Fabio FrisaHEALTH & PUBLIC SERVICE Un servizio pubblico rinnovato a partire dal sistema salute

Andrea Bargioni, Pierpaolo Cazzola e Go!redo Amodio FINANCIAL SERVICES - BANKING Innovazione in banca: la strada obbligata per la crescita sostenibile

Paolo Vendramin, Antonio Orlando, Francesco Iervolino e Matteo VerganiFINANCIAL SERVICES - INSURANCE Un’operazione di sistema per rinnovare il ruolo dell’industria assicurativa

Alessandro Diana, Ra!aella Campagnoli ed Eron SimoniniPRODUCTS Innovazione nella strategia di geo-expansion in un mondo multipolare

Marco Salera e Andrea PagliaiCOMMUNICATIONS AND HIGH TECH"Innovazione espansiva: il prossimo passo verso la pervasività delle tecnologie digitali. “Connecting Home & Internet TV”

Luca Scanu, Danilo Troncarelli, Luca Venturini e Andrea FrauRESOURCES Decentramento energetico e smart city: nuove opportunità di crescita per le utility italiane

3

6

10

18

28

35

44

50

56

Direttore responsabile Enrico Sassoon ([email protected])

Comitato editorialeRoger Abravanel, Umberto Bertelè, Armando Brandolese, Federico Butera, Carlo Alberto Carnevale-Ma!è,Roberto Casaleggio, Maurizio Decina, Alessandro Di Fiore, Vito Di Bari, Guido Di Stefano, Manuela Doglio, Franco Gia-comazzi, Raoul C. D. Nacamulli, Luca Pacces, Elserino Piol, Stefano Preda, Walter G. Scott

Collaborazione editoriale Brigida Forese

Collaborazione grafica Carlo Baiardi

Segreteria editoriale Eva Sportoletti Baduel ([email protected])

Pubblicità StrategiQs Edizioni srlVia Lanzone 2, 20123 MilanoTel. 02.3651.4980 – Fax 02.3651.4984Email: [email protected]

Andrea De RoseTel. 02.8928.3419 - Fax 02.8928.3412Email: [email protected]

Informazioni abbonamenti e servizio arretrati Eva Sportoletti Baduel([email protected])

Consiglio di Amministrazione:

Alessandro Di Fiore PresidenteEnrico Sassoon Amministratore Delegato Donato Pinto Consigliere

Via Lanzone 2, 20123 Milano - www.hbritalia.it

Testata registrata presso il Tribunale di Milano n. 192 del 20/03/2006 Stampa Industria Grafica -Graphic Scalve, Loc. Ponte Formello Vilminore di Scalve (BG) Distributore per l’Italia: Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. 20090 Segrate (Mi) Abbonamenti: Press-Di, Milano Oltre, via Cas-sanese 224, 20090 Segrate (MI). Per informa-zioni: tel. 199.111.999; per gli abbonati di Milano e provincia: 02.66.814.363; fax 030.3198.202; e-mail: [email protected]. Indirizzo postale: Servizio Abbonati – Casella Postale 97 – 25197 Brescia. Abbonamento annuale: Euro 99,90 (Euro 135,00, sconto 26%),oltre spese di spedizione secondo tari!e per l’estero. Garanzia di riservatezza per gli abbonati. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la can-cellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a Press Di srl – Distribuzione Stampa e Multimedia - U"cio Privacy – Milano Oltre - Via Cassanese, 224 - 20090 Segrate (MI)

�� �

LOOKING FORWARDINNOVAZIONE E RILANCIO ECONOMICO E SOCIALE

SOMMARIO

ITALIA

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 3

Sfide a tutto campo

Arrivati all’autunno 2010, lo scenario in-ternazionale non rispecchia le speranze di una ripresa significativa per il periodo in corso e per il prossimo anno, che for-mavano il nocciolo delle previsioni dei

grandi organismi internazionali nel 2009 e nella prima parte di quest’anno. D’altra parte, anche i timori di una seconda fase di crisi, il cosiddetto double dip, non si sono concretizzati e oggi le probabilità di una ripetizione della fase recessiva vengono considerate alquanto contenute dal Fondo Monetario internazionale, nonostante le nere aspettative di alcuni ben noti economisti.Il punto centrale rimane che il mercato mondiale appa-re fortemente disomogeneo. I Paesi avanzati arrancano verso una difficile e lenta ripresa, scarsamente in grado di riassorbire la gran massa di disoccupati che si è forma-ta con la recessione 2008-2009. All’estremo opposto vi sono i Paesi rampanti, in primo luogo Cina e India, con una crescita stimata per il biennio 2010-2011 attorno al 10% all’anno. Altri Paesi emergenti come Brasile, Mes-sico, Indonesia e molti altri si situano a mezza strada, ma nessun Paese di vecchia industrializzazione entra nella pattuglia di testa.La situazione vista sotto il profilo della domanda rispec-chia quella della capacità di crescita: i consumi nei Paesi avanzati – essenzialmente, negli Usa e in Europa – con-tinuano a crescere molto lentamente: mordono gli alti livelli di disoccupazione, le incertezze sul futuro, la dimi-nuita ricchezza patrimoniale e finanziaria delle famiglie, spesso anche i più bassi valori immobiliari. In questo quadro, il mercato per le imprese si presenta poco dina-mico e ben difficilmente il panorama potrà modificarsi significativamente nel prossimo biennio.

Ben diverso il profilo della domanda nei Paesi emergen-ti e in forte crescita. La nuova domanda per consumi si concentra in queste aree che, non a caso, l’FMI oggi defi-nisce il “motore” dell’economia mondiale. Sono questi i mercati cui rivolgersi per assicurare stabilità e crescita in futuro, e questo ormai riguarda non solo le imprese mul-tinazionali abituate a muoversi su scala planetaria, ma anche le piccole imprese che si sono finora illuse di poter rimanere fuori dal mainstream, protette in una nicchia o in un mercato domestico.Ciò che appare ogni giorno più evidente è che la crisi ha rallentato processi fondamentali di innovazione nei mer-cati avanzati, ma non ha prodotto lo stesso effetto sui Paesi emergenti, anzi. Soprattutto i due giganti asiatici hanno enormemente investito in innovazione, ma anche in acquisizioni realizzate dalle loro imprese più dinami-che, per posizionarsi al meglio in vista della futura ripre-sa internazionale. Detto in altro modo, le imprese di molti Paesi emergen-ti sono oggi in grado di competere sui mercati interni e internazionali con prodotti a basso costo (determinato solo in parte dai bassi costi del lavoro) e di qualità cre-scente. Ed è con queste imprese fortemente dinamiche e innovative che si dovranno fare i conti nei prossimi anni.Come fare fronte a questa concorrenza low-cost e hi-gh-quality? Il mix appare micidiale, e lo sarebbe se il fronte di questa concorrenza fosse generalizzato. For-tunatamente non lo è, o non lo è ancora. In un mondo multipolare le diseguaglianze sono ancora molto forti, per cui gli spazi di manovra rimangono elevati. Ma ciò significa che, per competere in futuro, le nostre imprese dovranno investire in misura crescente nell’innovazione,

di Enrico Sassoon*

PREFAZIONE

4 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

quell’ambito fondamentale per i cittadini che è il “siste-ma salute”, nel quale peraltro l’Italia vanta eccellenze riconosciute a livello mondiale. Affrontare e risolvere i fattori di debolezza del sistema sanitario, si sostiene, non solo determinerebbe un marcato miglioramento del be-nessere collettivo, ma agirebbe da volano economico di grande rilievo, capace di influenzare l’innovazione anche in altri settori del servizio pubblico.Il contributo di Andrea Bargioni (con Pierpaolo Cazzola e Goffredo Amodio) è dedicato al settore finanziario e, in particolare, alla realtà attuale e prospettica del mondo delle banche italiane. I prossimi anni saranno caratteriz-zati da una moderata fase di ripresa dopo i travagli della

crisi finanziaria globale, ma per le banche italiane si impone or-mai l’esigenza di una ricostru-zione dalle fondamenta, una sorta di “nuovo rinascimento” del settore. Ciò che occorre per battere le deboli prospettive di crescita del settore è un percor-so di trasformazione che ponga le basi per il modello operativo e di business per i prossimi 5-10 anni, un modello in grado di generare in modo sostenibile la

redditività che serve per remunerare gli azionisti e per garantire una buona solidità patrimoniale. L’innovazio-ne è chiaramente il fattore centrale di trasformazione, non solo in senso tecnologico, ma ampio e pervasivo su tutta la catena del valore, con particolare riferimento al ripensamento del modello distributivo, alla capacità di coprire nuovi bisogni della clientela e all’introduzione di innovazioni “radicali” nella struttura della macchina operativa delle banche. Anche il variegato mondo delle assicurazioni italiane sconta oggi, pur dopo una crescita record a livello euro-peo nel 2009, la necessità di una forte azione di innova-zione che consenta non solo di colmare il gap con i Paesi a maggiore penetrazione assicurativa, ma di realizzare appieno il suo ruolo di riferimento per istituzioni, citta-dini e imprese. Serve, sostengono gli autori del saggio su questo settore (Paolo Vendramin, con Antonio Or-lando, Francesco Iervolino e Matteo Vergani) una vera e propria “operazione di sistema”, basata su un piano industriale di settore con iniziative volte a ridefinire i modelli di offerta, le modalità distributive e le logi-che di servizio, con un grado di efficienza superiore a quello corrente; e su una rinnovata azione congiunta dei diversi attori in gioco, e cioè un’innovazione delle modalità di relazione delle compagnie assicurative con

di prodotto e di processo, naturalmente, ma anche nell’or-ganizzazione, nella supply chain e nelle risorse umane.È questa l’indicazione che emerge dall’introduzione di Rosabeth Moss Kanter a questo Strategy Book di Accen-ture, ma nell’insieme da tutti gli articoli realizzati dagli autori della Strategy Practice della società di consulenza. Si tratta del terzo lavoro di approfondita indagine che la Strategy Practice (che in questi giorni celebra i vent’anni dalla sua costituzione) ha realizzato sui temi dell’innova-zione e che viene pubblicato come supplemento a Har-vard Business Review Italia (i precedenti sono stati pubbli-cati nel giugno 2009 e nel marzo 2010).Andrea Poggi osserva nel suo saggio che il termine stes-so di “innovazione” può suona-re oggi alquanto inflazionato ma che, al tempo stesso, rimane un fattore competitivo chiave sia per le imprese, sia per lo sviluppo economico di ciascun Paese, specie quando si tratta di esercitare il massimo sforzo per uscire da una situazione di crisi. Le economie oggi più pro-spere sono anche quelle che più investono nell’innovazione ma, questo è il punto dolente, l’Ita-lia e le sue imprese non sono di norma tra queste, e il gap sta aumentando. Come modificare la situazione? Due le direttrici di fon-do indicate: creare le condizioni che abilitano lo svi-luppo dell’innovazione a livello di sistema, investendo su capitale umano, efficienza della Pubblica Ammini-strazione, finanziamento e protezione delle imprese; e adottare, a livello di impresa, un approccio strutturato che renda l’innovazione non più solo un’“arte”, ma una vera e propria scienza strutturata, capace di valorizzare le migliori genialità.Non c’è dubbio che, nel quadro di interventi così descrit-ti, un punto critico fondamentale è rappresentato dall’ef-ficienza dello Stato e della sua amministrazione nei di-versi ambiti. La Pubblica Amministrazione italiana non può certo paragonarsi alle best practice internazionali, ma al suo interno in alcune aree sono stati realizzati im-portanti guadagni di efficienza ed efficacia grazie a uno sforzo innovativo premiante. Questo sforzo, si rileva nel saggio di Luigi Onorato (con Amato Della Vecchia, Mi-chele Serra e Fabio Frisa), va accentuato. Anzi, il servi-zio pubblico è oggi chiamato a contribuire all’uscita dal-la crisi rinnovandosi radicalmente. Poiché difficilmente si può presumere di scatenare l’innovazione allo stesso tempo in tutto l’apparato pubblico, è bene iniziare da

La crisi ha provocato il rallentamento degli

investimenti in innovazione nei Paesi avanzati,

ma non nei Paesi emergenti. Al contrario.

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 5

dispositivi fissi e mobili, dalla televisione ai device come iPhone, iPad, Tablet, eReader e altro. Si tratta di una grande sfida, ma anche di una enorme opportunità per tutti gli operatori, ai quali nell’articolo vengono propo-ste cinque chiavi di successo per riuscire a realizzare in modo efficace la fase di transizione innovativa richiesta dal mercato.Questo rapporto speciale si chiude con un saggio di Luca Scanu e Danilo Troncarelli (con Luca Venturini e An-drea Frau) dedicato al fondamentale settore dell’energia e dell’ambiente, focalizzato sulle prospettive offerte alle utility italiane dallo sviluppo della cosiddetta smart city.

La premessa è che il modello centralizzato di produzione, tra-sporto e distribuzione dell’ener-gia alle città sta rapidamente cambiando per numerosi e pro-fondi motivi di carattere demo-grafico, energetico e ambienta-le. Se questo trend concerne nei fatti la società intera, la sfida è particolarmente attuale per il funzionamento delle città, che devono modificare, presto e bene, i loro modelli di funziona-mento oggi caotici e poco razio-nali, verso una rete organizzata

e integrata di connessioni che consentano di ridurre gli impatti migliorando la qualità della vita dei cittadini. È questo il concetto di fondo della smart city, che richiede profondi interventi in aree quali la mobilità, gli edifici, il riscaldamento e condizionamento, la sicurezza pubblica, l’energia, l’acqua e i rifiuti. Le città italiane sono molto sensibili al tema, spinte anche dalla crescente consape-volezza dei loro abitanti, ma per ora l’evoluzione è mol-to lenta e approssimativa, laddove le opportunità che si presentano sono semplicemente colossali per gli opera-tori (in primo luogo, le imprese di pubblica utilità) così come sono di enorme rilievo i benefici potenziali per i cittadini. Il saggio propone una visione lucida di cam-biamento e innovazione per le utility, sottolineando come l’investimento in una smart city costituisca, per le imprese e per il sistema-Paese, un’occasione irripetibi-le per assumere posizioni di leadership in un mercato la cui crescita avrà nei prossimi anni un andamento esponenziale.

* Direttore responsabile, Harvard Business Review Italia.

istituzioni e cittadini, allo scopo di assicurare coerenza ed efficacia alle azioni da intraprendere.L’analisi di Alessandro Diana (con Raffaella Campagnoli ed Eron Simonini) dedicata alle strategie internazionali delle imprese di largo consumo e grande distribuzione, conferma in modo estremamente puntuale le considera-zioni precedentemente espresse sulla crescente rilevanza dei mercati emergenti. Una recente ricerca Accenture su un campione mondiale di centinaia di dirigenti di azien-de di ogni tipo e dimensione rivela che il trend di cui si aspetta il maggiore impatto nei prossimi cinque anni è proprio «la crescita di player provenienti dai Paesi emer-genti». Questi Paesi costituisco-no, una volta di più, la principale sfida e la principale opportuni-tà del futuro, in quanto le loro imprese diventano ogni giorno più aggressive e competitive su una scala globale, ma allo stesso tempo i loro mercati crescono a grande velocità con capacità cre-scenti di assorbimento dell’offer-ta. Ma come allargare l’ambito competitivo a questi nuovi target di mercato? Il saggio analizza le differenti opzioni e si conclude con una serie di suggerimenti per innovare profondamente le strategie di penetrazione, te-nendo conto che non esiste una strategia “a misura uni-ca” per tutte le imprese e che ogni Paese target richiede scelte specifiche, e altamente flessibili, di portafoglio di offerta, modello operativo/distributivo e di partnership.Un macro-settore che negli ultimi anni ha rappresentato il caso più paradigmatico di crescita basata su una inno-vazione continua è quello di telecomunicazioni, media e high tech, preso in esame da Marco Salera e Andrea Pa-gliai. L’innovazione tecnologica in questo macro-settore è stata di tipo essenzialmente progressivo e basata sul-lo sviluppo delle tecnologie infrastrutturali di rete, che hanno permesso di introdurre un’offerta diversificata e crescente di servizi agli utenti. Ma oggi questo non ba-sta più ed è agevole verificare che stiamo attraversando un periodo di forte discontinuità, una “fase distruttiva” legata a un’innovazione dei modelli di servizio che detta regole nuove, fortemente sfidanti per gli attuali operato-ri in campo. Al centro di questa fase distruttiva sta il binomio Inter-net-Mobilità, che si sta però rapidamente allargando per diventare il trinomio Internet-Mobilità-Casa, un’evolu-zione il cui punto focale è costituito dall’ambiente do-mestico come “hub multimediale” in grado di connettere

Nel macro-settore tlc/media/hi-tech è in atto una “fase

distruttiva” di innovazione dei modelli di servizio

che è una sfida per tutti gli operatori.

PREFAZIONE

6 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Il futuro passa dalla capacità di innovare

Quando l’Italia fu unificata nel 1861, l’era industriale era già ampiamente in cor-so. I Paesi occidentali si svilupparono rapidamente convertendo materie pri-me in prodotti finiti e le esportazioni di-

ventarono emblema di prosperità economica. Nacque-ro i “campioni nazionali”, cioè le aziende che hanno dominato i mercati interni e che di conseguenza sono diventati simbolo nazionale quando si avventurarono sul mercato estero. Settori molto regolamentati, che hanno alimentato l’economia industriale, come quello bancario e, più avanti, l’energetico e le telecomunica-zioni spesso hanno beneficiato dello stretto rapporto con il Governo, senza considerare i casi in cui non era-no già collegati o addirittura di proprietà pubblica.Gli ultimi 30-40 anni hanno reso obsoleti i modelli dell’era industriale: di fronte ai progressi nel settore ICT, alla privatizzazione dei monopoli nazionali con-nessi con lo Stato, alla globalizzazione dei mercati e alla crescita delle nazioni asiatiche come potenze economi-che, Paesi come l’Italia, e le aziende italiane in partico-lare, si scontrano con dinamiche differenti che portano a un’unica soluzione onnicomprensiva: l’innovazione.Molti Paesi in via di sviluppo erano una volta fonte di manodopera a buon mercato, dal momento che ba-savano le proprie economie sulla produzione a basso

costo, sommergendo il mondo con merci economiche basate su design creati nel mondo sviluppato. A partire dall’inizio del XXI secolo, molte “economie emergenti” hanno incrementato il loro contributo nella creazione di valore, diventando fonte di progetti originali e di in-novazioni. Proprio come fece il Giappone molti decenni fa, la Cina ha fatto dell’innovazione il fulcro del proprio recente piano economico. Nonostante le grandi dimensioni del mercato interno permettano al Paese di non dipendere unicamente dalle esportazioni, la Cina sta investendo in una forte estensione del proprio sistema d’istruzio-ne superiore, al fine di coltivare talenti che possano sostenere un’economia dell’innovazione. L’India è già un centro d’eccellenza per l’information technology e fornitore, in ambito scientifico e ingegneristico, di ta-lenti che una volta emigravano negli USA, ma che ora restano sempre più nel Paese per sviluppare l’economia nazionale. Le aziende farmaceutiche indiane si stanno proponen-do come centri di ricerca e non soltanto come siti per la produzione di farmaci generici. Tata Motors ha svilup-pato una piccola vettura per la città, la Nano, che può essere venduta a circa 2.000 dollari; questo sottrarrà un vantaggio per le piccole case automobilistiche che un tempo dominavano il mercato?

Iniziare un sentiero teso a realizzare l’innovazione funziona solo se vi è una volontà di!usa di continuare a perseguirla. Il vantaggio competitivo che si può ottenere è forte, ma temporaneo; per assicurarsi una prosperità sostenibile, è necessario un impegno deciso nel costruire la cultura dell’innovazione e nel sostenere i leader che possano determinarla. di Rosabeth Moss Kanter *

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 7

I Paesi emergenti, pur partendo in ritardo, hanno un vantaggio d’innovazione nella concorrenza con l’Italia e con le altre nazioni europee poiché possono inizia-re da zero e saltare le fasi di sviluppo: il Sudafrica e l’India, ad esempio, sono leader nelle applicazioni mo-bili come il servizio banking da telefono cellulare. Le esigenze della popolazione per servizi che non esistono ancora ma che devono avere costi contenuti, spronano l’immaginazione. L’esperienza di Procter&Gamble in Brasile è diventata un modello a livello mondiale per aver sviluppato un detersivo a basso costo ma di elevata qualità, utilizzando un processo produttivo più snello. Forse Telecom Italia troverà nuovi simili spunti per le pro-prie operations in Brasile.La classe media, i cui compo-nenti stanno aumentando in Cina e India, e che costitui-sce un vasto mercato date le imponenti dimensioni della popolazione, predilige anco-ra il design di lusso europeo, in gran parte proveniente dall’Italia e commercializza-to con modelli simil-europei; tuttavia esistono già designer locali emergenti che acquisi-scono quote di mercato “in casa” e, al tempo stesso, co-struiscono marchi che posso-no essere esportati in Europa. L’Europa ha già vissuto un fenomeno simile, con il Giap-pone emerso dalla Seconda Guerra mondiale e diventato una formidabile potenza industriale passando da imita-zioni a buon mercato alla leadership globale nel settore automobilistico e nell’elettronica di consumo. Pensia-mo al produttore di orologi giapponese Seiko che ha scosso la tradizionale industria orologiera svizzera con l’utilizzo della tecnologia unita alla moda. Come è noto l’industria svizzera è stata poi salvata da Nicolas Hayek con la creazione di Swatch che ha gareggiato in innova-zione, producendo orologi attraenti, low-cost, ma alta-mente alla moda e personalizzati, con uno stile che ha affermato un marchio globale.

L’innovazione che batte il protezionismoUna tentazione è quella di combattere questi trend chiudendo le frontiere e imponendo barriere con alte

tariffe regolamentari. Uno dei settori più controversi è certamente l’agricoltura: gli Stati Uniti, il mio stes-so Paese, sono tra i più protezionisti in questo campo in quanto proteggono con sovvenzioni gli agricoltori dall’impatto dei cambiamenti dell’economia. Vi è però, sia negli USA che tra i politici europei, la diffusa con-vinzione che l’innovazione nel lungo termine sia una strategia migliore. Il modo più valido per competere è essere fantasiosi nel ridefinire prodotti e marchi. L’in-novazione costituisce l’unica forma legale di monopo-lio – un monopolio temporaneo che dura per il periodo in cui un’azienda offre qualcosa di migliore, di più ve-

loce o di più economico, ma è l’unica a farlo. L’innovazio-ne può aprire nuovi mercati o spingere i clienti al cam-biamento, come è avvenuto quando Apple ha conquista-to con l’i-Pod il mercato del-la musica online – qualcuno direbbe con la costituzione di quel mercato che fornisce un’alternativa alla condivi-sione illegale dei file. Garan-tire il futuro attraverso l’in-novazione è particolarmente importante per l’Italia, a cau-sa delle sue caratteristiche demografiche e dimensionali – una popolazione, sempre più anziana che ha diritto a servizi sociali che devono es-sere sostenuti da una forza lavoro più giovane ma nu-mericamente inferiore, e un

mercato nazionale di dimensioni relativamente picco-le e in forte competizione con i vicini Paesi dell’UE come Germania e Spagna. Senza innovazione, l’Italia potrebbe trovarsi a fronteggiare una stretta economica anche peggiore rispetto ai problemi derivanti dalla cri-si finanziaria corrente.

Che cosa facilita l’innovazione? L’innovazione è la conversione di nuove idee in solu-zioni utili. Queste idee possono coinvolgere nuove tec-nologie (software o hardware), prodotti (smartphone), servizi (carte di credito), modelli organizzativi (team-based management) o processi (il controllo delle scor-te in modalità just-in-time). La creazione di conoscenza è un importante motore d’innovazione. L’innovazione è talvolta associata all’in-

INTRODUZIONE

8 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

sono caratterizzate dalla presenza di imprese grandi e dominanti, ma da una molteplicità di piccole imprese, ognuna delle quali sperimenta una varietà di approcci differenti, spesso in collaborazione e allo stesso tempo in competizione tra loro, nello sviluppo della conoscen-za. La collaborazione è stato un classico punto di forza

dell’economia industriale Italiana basata sui distretti, noti per la condivisione del-le idee e il perfezionamento delle tecniche. Le picco-le imprese non dovevano inventare tutto in manie-ra autonoma; le loro idee potevano essere arricchite dalle idee dei propri vicini. All’interno delle imprese, l’innovazione richiede una cultura aperta al cambia-mento e reattiva a ogni tipo di idea nuova. E’ impor-tante sottolineare “di ogni tipo”, grande o piccola, e in più ambiti. Stare fermi ad attendere un rilevante cambiamento di prodotto può essere come “aspettare Godot”, dal titolo dell’ope-ra di Samuel Beckett - un esercizio futile, dove idee promettenti vengono trala-sciate perché ancora troppo piccole o considerate mar-ginali. In aggiunta, la resi-stenza al cambiamento può

essere attenuata grazie a un ambiente circostante in cui si discutano con frequenza idee nuove, di qualsiasi ge-nere, e in cui le persone siano incoraggiate a guardare sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione per identificare nuovi trend e idee. Questo è il motivo che mi induce a consigliare ai leader di sfruttare l’immaginazione di tutti i propri dipendenti, incoraggiandoli a essere “esploratori di idee”. La for-za vendita può esplorare l’andamento del business dei propri clienti e identificare nuovi bisogni, ma tutti i di-pendenti sono membri di alcune comunità che possono condurre a discussioni su bisogni, problemi e opportu-nità in grado di scatenare l’immaginazione su un nuovo modo di risolvere problemi o individuare bisogni. Nell’era digitale, la discussione di idee nuove avviene online. Le aziende dedicano nelle proprie intranet spa-

venzione e sicuramente molte innovazioni si presenta-no sotto forma di nuove scoperte che assumono poi la forma di prodotti completamente nuovi. Le aree geografiche che possono contare su numerosi centri d’istruzione superiore e laboratori di ricerca pos-sono generare il capitale intellettuale che si trasforma in motore economico attra-verso la creazione di nuovi business o il miglioramento di quelli già esistenti. Le aziende considerano la spesa in Ricerca & Svilup-po un investimento per il futuro, ma la semplice co-noscenza, seppur preziosa, non costituisce innovazione. Gli investimenti in R&S di alcune aziende sono mal indirizzati e di conseguen-za sprecati. Ci sono aree geografiche con un’elevata propensione all’apprendi-mento, ma con una scarsa capacità di tradurlo in ap-plicazioni concrete. Risulta così difficile separare l’in-novazione dall’imprendito-rialità. Non sono i brevetti di per sé, né le idee stesse che producono innovazio-ne, è necessario qualcuno che sviluppi l’idea in un’of-ferta valida, attraverso un’azienda affermata o una di nuova costituzione. La disponibilità di capitale di rischio è un aspetto impor-tante, ma deve essere accompagnato da una mentalità e da una cultura che favoriscano l’assunzione di rischi.L’innovazione è per sua natura incerta; più l’idea è ori-ginale, maggiore è il grado d’incertezza. Una lezione generale, appresa tramite numerosi studi effettuati sull’innovazione, è che ridurre il rischio non significa esclusivamente prediligere idee abituali e conservative, ma implica testare più idee piuttosto che scommettere su una sola. Avere maggiore successo implica andare in-contro anche a un numero maggiore di fallimenti, per-ché saranno più numerosi i tentativi che non andranno a buon fine. Più ampio sarà il portafoglio di idee intel-ligenti, maggiore sarà la probabilità di avere successo. Questa lezione aiuta a comprendere la ragione per cui le aree geografiche con maggiore innovazione non

Le aziende considerano la spesa in Ricerca

& Sviluppo un investimento per il futuro. Ma la semplice

conoscenza, seppur preziosa, non costituisce innovazione.

IL FUTURO PASSA DALLA CAPACITÀ DI INNOVARE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 9

glierla. I provvedimenti pubblici possono incoraggiare la spesa in Ricerca & Sviluppo, così come rivitalizzare aziende e settori già consolidati. La capacità di gestire capitale di rischio può fornire finanziamenti ed espe-rienza per nuove imprese; le università possono facili-tare l’incontro tra le idee sviluppate dai ricercatori e gli imprenditori alla ricerca di nuove iniziative da avviare; le Business School possono incoraggiare gli studenti a sviluppare business plan. Di recente ho incontrato un’imprenditrice canadese la cui idea di business è stata concepita durante un seme-stre passato in una business school italiana: ispirata dal design italiano, così come da valori del movimento am-bientalista, ha fondato un’impresa che trasforma pellic-ce riciclate in gioielli e accessori e che si sta espandendo a livello internazionale. E ovviamente i media possono pubblicizzare i successi imprenditoriali e rendere l’in-novazione importante per il pubblico.L’innovazione può generare numerosi vantaggi per Pa-esi e aziende, e questo spiega perché molti Governi e leader aziendali vedano nell’innovazione un potente antidoto contro la recessione. E’ però necessario un avvertimento: iniziare un sentiero teso a incoraggiare l’innovazione funziona solo se vi è una volontà diffusa di continuare questo viaggio. Il vantaggio competitivo ottenibile con l’innovazione è forte, ma temporaneo; e l’innovazione spinge ad andare sempre oltre. Un’azien-da non può innovare una sola volta e pensare che sia sufficiente. L’innovazione porta con sé anche l’imitazio-ne: essere il primo a innovare non garantisce il mono-polio del mercato per un lungo periodo. Per assicurarsi una prosperità sostenibile, è necessario un impegno deciso nel costruire la cultura dell’innovazione e nel so-stenere i leader affinchè possano continuare a innovare.

* Rosabeth Moss Kanter detiene la cattedra di Ernest R. Arbuckle presso la Harvard Business School. È ex direttore della Harvard Business Review e autore di 18 libri, tra cui, tra i più recenti, Supercorp: How Vanguard Companies Cre-ate Innovation, Profits, Growth, and Social Good e Confi-dence: How Winning Streaks and Losing Streaks Begin and End. È anche Presidente e Direttore della Harvard Universi-ty Advanced Leadership Initiative, una collaborazione inno-vativa che sviluppa una nuova fase dell’istruzione superiore e una forza globale di leadership (www.advancedleader-ship.harvard.edu), ed è consulente di importanti aziende e Governi in tutto il mondo.© Copyright 2010 by Rosabeth Moss Kanter. All rights reserved. Permission granted to HBR Italia for one-time use in all media.

zi destinati alle persone che sono interessate alle novi-tà, dove poter parlare e scambiarsi idee. Di fatto, fanno “crowd source” di nuove idee, segnalando contenuti agli sviluppatori o inserendo richieste di aiuto. “Innovazio-ne aperta” significa per le imprese andare spesso oltre il proprio “recinto”, o costituire network di fornitori per trovare l’innovazione.Per le aziende, un approccio sistematico all’innovazio-ne può essere rappresentato da ciò che chiamo la “pira-mide dell’innovazione”:

Alla base della piramide, è presente un grande numero di piccole idee, sollecitate regolarmente ovunque, all’interno e all’esterno dell’organizza-zione. Queste includono idee per il miglioramento continuo e l’innovazione incrementale che man-tengono aggiornate le operations. Si incoraggia così una cultura orientata alla creatività e al cambia-mento, e a volte alcune piccole idee dimostrano di avere il potenziale per trasformarsi in grandi idee. Questo spiega perché alcune grandi aziende come Google e 3M autorizzino il proprio personale a de-dicare il 10-15% del loro tempo a progetti che essi stessi scelgono.La sezione intermedia della piramide rappresen-ta l’incubatrice di nuove opportunità. Contiene un gamma di progetti, prototipi e nuove iniziative con un potenziale di crescita. Ognuno possiede la propria identità e un margine per essere sviluppato e testato, in alcuni casi in modo distaccato in al-tri edifici, in altri casi viene invece semplicemente lasciata la libertà di creare senza l’interferenza di regole burocratiche stabilite per le attività quoti-diane. Non tutti questi progetti avranno successo ma, se ben scelti, il 10% potrebbe essere fonte rile-vante di nuovi ricavi, un altro 20% potrebbe essere sufficientemente promettente da essere incorpora-to in attività già formalizzate, e il resto potrebbe rappresentare una fonte di apprendimento. Al vertice si trovano le poche e più grandi scom-messe relative alle direttrici per il futuro - tecnolo-gie, crescita dei business, o temi che richiedono la priorità di risorse e l’attenzione del management per il potenziale dirompente. La chiarezza del top management su questi temi guida le tipologie d’idee che si sviluppano alla base, senza vincolarne la creatività.

Le istituzioni più incoraggianti possono creare intor-no alle aziende e alle comunità un ambiente in grado di generare innovazione e ispirare le persone ad acco-

INTRODUZIONE

10 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

1. L’Innovazione come scienza e priorità per CEO e Governi La letteratura economica e scientifica è ricca di tentativi di definire il concetto di innovazione, di categorizzarne le diverse tipologie, di analizzare le condizioni che la pro-muovono, la abilitano o la ostacolano. Da Adam Smith nel XVIII secolo, passando per Marx, Ricardo e Schum-peter, molti tra i principali economisti hanno teorizzato sul concetto di innovazione. Tuttavia è solo nel XX secolo che questo è divenuto una vera e propria “teologia”: un argomento di interesse primario per riviste e pubblica-zioni di natura economico-scientifica, ma soprattutto uno strumento chiave per la competitività delle imprese, per la crescita delle economie e quindi una priorità sull’agenda di CEO e Governi.Parafrasando la classica definizione formalizzata dall’OC-SE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel Manuale di Oslo del 2005, possiamo de-finire come innovazione i cambiamenti dello status quo

(produzione, assimilazione e sfruttamento di nuove idee) in grado di generare progresso economico o sociale (be-nefici). Lo stesso Manuale di Oslo classifica poi, sulla base dell’oggetto, quattro differenti tipologie di innovazione: innovazione di prodotto, innovazione di processo, innova-zione di marketing e innovazione organizzativa.Se è vero quindi che il termine “innovazione” è un po’ “inflazionato”, è altrettanto vero che si tratta di un fatto-re competitivo chiave sia per le imprese, per aumentare profitti e quote di mercato, sia per gli Stati, per lo sviluppo economico, soprattutto in fasi di uscita dalla crisi come quella che stiamo vivendo. L’attuale particolare momento storico non deve, infatti, penalizzare gli investimenti in innovazione proprio perché la ripresa economica si concretizzerà in un aumento della domanda di beni e servizi a maggiore contenuto innova-tivo, assecondando le mutate preferenze dei consumatori, sempre più alla ricerca del migliore value for money. Un recente studio condotto da Accenture sulle aziende

Per far sì che l’innovazione possa contribuire a uno sviluppo virtuoso ed equilibrato del Sistema Italia occorre attivarsi con priorità su due direttrici di intervento sinergiche e complementari: creare le condizioni abilitanti lo sviluppo dell’innovazione a livello di sistema e adottare, a livello di impresa, un approccio strutturato che renda l’innovazione non più solo un’“arte” ma una vera e propria scienza strutturata. di Andrea Poggi

Innovazione e rilancio economico e sociale

LOOKING FORWARD

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 11

� � condizioni favorevoli della domanda: come la dimen-sione o la composizione del mercato domestico.

Il nostro Paese (si veda la figura 1) non può contare, in-vece, su un costo del lavoro particolarmente competitivo, come Cina, India, Messico o Brasile, in grado di garan-tirci una leadership di costo a livello internazionale. Non possiamo fare leva nemmeno su una dotazione di riser-ve petrolifere “inesauribili” come alcuni Paesi del Medio Oriente, né, infine, su un mercato domestico di dimensio-ni particolarmente rilevanti.L’innovazione diventa, quindi, quasi una scelta obbligata per l’Italia, un fattore essenziale, per perseguire una ir-rinunciabile strategia di differenziazione in grado di ge-nerare un vantaggio competitivo sostenibile per il sistema Paese. Su questa base, l’Italia, a differenza di altre econo-mie, può fare leva su una “storia” di innovazione impor-tante, un glorioso passato imperniato su creatività, spirito pionieristico ed innovazione. La nostra storia è costellata di esempi emblematici del “genio italico”: dal motore a scoppio (inventato da Bar-santi e Matteucci nel 1854), al telefono (Antonio Meucci - 1871), alla radio (Guglielmo Marconi - 1895), al fax (Gio-vanni Caselli - 1861), al primo personal computer (Pier Giorgio Perotto in Olivetti negli anni ’60), molte delle più grandi innovazioni che hanno trasformato radicalmente il mondo negli ultimi due secoli sono state opera di inven-tori italiani.Esistono, inoltre, nella nostra storia più recente, numerosi casi in cui l’innovazione, la creatività e lo spirito imprendito-riale sono andati di pari passo: sono le storie di alcune delle imprese del capitalismo italiano (Barilla, Campari, Olivetti, Pirelli, Ferrari, Illy, Ferrero, solo per citarne alcune) che sono, o sono state, sulla cresta dell’onda dell’innovazione, dalle cui esperienze si possono trarre utili insegnamenti per capire e affrontare i problemi di scarsa capacità innovativa che sembrano oggi affliggere il nostro Paese.

3. L’attuale situazione italiana: “innova-tori moderati” in cerca di riscatto?Benché fattore irrinunciabile, secondo numerosi e au-torevoli analisi condotte a livello internazionale1, l’Italia sconta oggi un considerevole ritardo a livello mondiale

high performer dimostra come le imprese definibili come “vincenti” negli ultimi venti anni siano state quelle che hanno approfittato di crisi in atto per trasformare il pro-prio business e creare vantaggi competitivi sostenibili, conciliando la ricerca dell’e!cienza aziendale con la ri-cerca di nuovi motori di crescita, facendo leva appunto sull’innovazione. Tali aziende, che hanno investito in modo integrato e sinergico su entrambe le aree descritte, si sono assicurate un vantaggio competitivo sostenibile, come dimostrato dai differenziali di performance ottenuti nei successivi periodi (fino a 15 punti percentuali in termi-ni di risultato operativo sul capitale investito). Non è un caso, infatti, che aziende quali Microsoft, No-kia, Google e Blackberry siano state create (o rilanciate), in momenti caratterizzati da una congiuntura economica sfavorevole.

2. Innovare: scelta o necessità per il sistema Italia?Per un Paese come l’Italia, in particolare, l’innovazio-ne rappresenta, più che una scelta possibile, quasi una condizione ineludibile. Le economie più prospere e di successo a livello mondiale da un lato, e i Paesi emergen-ti dall’altro possono contare, a differenza dell’Italia, su vantaggi competitivi in termini di:� � fattori della produzione: quali, ad esempio, la presenza

di mano d’opera a costi ridotti o l’abbondanza di risorse naturali;

Figura 1Confronto internazionale

“L’innovazione, proprio perché è un motore unico di crescita, è una priorità per Stati e aziende, in particolare nei momenti di discontinuità come quello che stiamo vivendo”.

“L’innovazione è per il sistema Italia una strada obbligata e, in qualche modo, collegata al suo DNA sociale ed economico, su cui bisogna fare leva”.

1. Innovation Index del World Economic Forum, World Innovation Index elaborato dall’INSEAD, European Innovation Scoreboard della Commissione Europea, Country Innovation Index dell’Economist Intelligence Unit.

12 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

A nostro avviso, alcune motivazioni a parziale spiegazione di tale dinamica in atto vanno ricercate a livello di sistema. Si possono identificare tre principali aree di miglioramento che hanno causato il differenziale di performance con eco-nomie a noi comparabili: � � Finanziamento dell’innovazione: in primo luogo il

nostro Paese investe a livello aggregato su ricerca e sviluppo in maniera significativamente inferio-re ai Paesi top performer a livello europeo e mon-diale (circa 1,1% del PIL vs. oltre 3% in Giappo-ne, Finlandia e Svezia e oltre il 2,5% in USA)3:sia per quanto riguarda l’investimento pubblico (in-vestimento pubblico in R&S / PIL 0,55% in Italia nel 2008 a fronte di valori quasi doppi nei Paesi in testa alla classifica come Finlandia 0,94%, Svezia 0,97% e Germania 0,79%, e una media EU27 pari a 0,67%)4;sia, e soprattutto, per quanto riguarda la spesa in ricerca e sviluppo delle imprese (in Italia 0,6% del PIL, a fronte di

ed europeo in termini di innovazione. In particolare, come si evince dalla Figura 2 (“Il ranking internazio-nale dell’innovazione”), la classifica dei Paesi mag-giormente innovatori mostra una supremazia nordeu-ropea, americana e giapponese, mentre il nostro Paese si posiziona, secondo tutte le diverse fonti analizzate, come “moderatamente innovatore”, i cui risultati (es. brevetti e pubblicazioni scientifiche) si collocano de-cisamente al di sotto della media. L’Italia si classifica intorno alla trentesima posizione nel ranking mondia-le e alla ventesima in quello europeo, in compagnia di economie meno sviluppate quali Lituania, Slovacchia, Grecia o Nuova Zelanda. In particolare, guardando la European Innovation Score-board2, un ulteriore dato che emerge è come il nostro Pa-ese stia registrando una dinamica di crescita dell’innova-zione limitata e inferiore ai Paesi inclusi nel nostro cluster di appartenenza. Siamo in ritardo ed il gap va progressiva-mente aumentando. Quali sono le motivazioni di questa situazione? E soprat-tutto le nostre imprese e il nostro Paese possono o meno sostenere una tale dinamica senza reagire?

Figura 3European Innovation Scoreboard

“Il nostro è oggi un Paese di innovazione moderata, ma il gap rispetto alle economie leader sta aumentando”.

2. Indice sintetico di innovazione costituito da oltre trenta parametri, suddivisi in:

elementi abilitanti: capitale umano, finanziamenti a supporto;caratteristiche e performance delle imprese (investimenti,

imprenditorialità e brevetti);output (applicazione dei brevetti ed effetti economici a livello aggregato).

3. Fonte: elaborazione su dati OCSE4. Fonte: elaborazione su dati OCSE

Figura 2Ranking internazionale innovazione

INNOVAZIONE E RILANCIO ECONOMICO E SOCIALE

LOOKING FORWARD

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 13

Analizzando però la situazione oltre i meri fenome-ni quantitativi che emergono dalle analisi condotte dall’OCSE, spostando la prospettiva a livello di impre-sa, sull’innovazione “di business”, (quale descritta in apertura), emerge come la situazione sia forse meno negativa proprio perché il tessuto imprenditoriale ita-liano non può essere pienamente rappresentato nel cupo quadro di “immobilismo” fin qui delineato. Non vanno, infatti, dimenticate le peculiarità del no-stro tessuto produttivo composto prevalentemente da piccole e medie imprese, in cui l’attività di ricerca e sviluppo non sempre segue solo binari formalizzati e ingessati, ma piuttosto trae spesso origine da attività incrementali, non formalizzate e pertanto difficilmente misurabili. Il sistema Italia, inoltre, dispone di alcune aree di eccellenza riconosciute, in diversi ambiti, e le imprese italiane che mantengono una posizione di le-adership in questi settori, spesso caratterizzati da una forte competizione sulla qualità, lo fanno grazie ad una continua ricerca dell’innovazione: innovazione non solo tecnologica ma anche e soprattutto nella relazione con il cliente, nei canali di vendita, nella comunicazione, nel prodotto e nei processi operativi. Basti pensare, a puro titolo esemplificativo e senza al-cuna pretesa di esaustività, ai casi di alcune aziende ita-liane leader nei rispettivi settori, definibili come best practice e che hanno fatto dell’innovazione (non solo tecnologica ma anche e soprattutto di prodotto, di pro-cesso, di marketing e organizzativa) una leva per com-petere con successo nei mercati internazionali: � � Alessi, diventata leader nella fornitura di artico-

li per la casa e per la ristorazione facendo leva sull’innovazione di processo e di prodotto: è stata una delle prime aziende ad introdurre la figura del designer come autore di progetti per la produzio-ne, legando indissolubilmente la propria immagine a prodotti di qualità elevata;

� � Illy, che ha fatto dell’innovazione e della ricerca scientifica nel settore del caffè una leva strategica per l’eccellenza qualitativa sin dalla sua fondazio-ne. Non a caso alcune delle più radicali innovazioni nel settore quali la pressurizzazione per la conser-vazione del caffè, e la prima cialda per caffè porzio-nato provengono da questa azienda;

valori tripli in Germania 1,84%, e doppi in Francia 1,27%, media EU27 1,21%)5. In Italia, inoltre, tali lacune non possono neppure essere in parte compensate dal mercato del venture capital, di stampo tipicamente anglosassone e americano, che dovrebbe favorire l’in-novazione, investendo in società ad alto potenziale di crescita, spesso legato all’innovazione tecnologica o operativa. Tale settore, infatti, nel nostro Paese è di dimensioni particolarmente ridotte, basti pensare che il valore generato dai venture capital italiani è infe-riore ai 100 milioni di euro6, mentre quello generato dagli incubator nella sola Silicon Valley supera i 40 miliardi di dollari.

� � Capitale umano: dal raffronto internazionale emer-ge chiaramente come le competenze e le profes-sionalità italiane, seppure in costante crescita negli ultimi anni, siano ancora oggi non completamente adeguate in termini sia qualitativi che quantitati-vi alle sfide che l’innovazione ci pone. Basti pensa-re come il nostro Paese si posizioni agli ultimi posti delle relative graduatorie sia per numero di laureati (in Italia fra i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni, soltanto il 19% è in possesso di un diploma di laurea, a fronte di una media europea pari al 30%, con Francia, Spagna, Danimarca, Svezia e Regno Unito attorno al 40%), sia per laureati in discipline economiche e scientifiche, sia per numero di ricerca-tori (7 ogni 1.000 impiegati contro circa 20 nei Pae-si del Nord, 15 in Giappone Francia e Germania)7. A ciò si aggiunge, poi, la cosiddetta “fuga dei cervel-li”, sintetizzata da un dato emblematico della limitata attrattività del nostro sistema di ricerca per i talenti riconosciuti a livello internazionale: il 2,3% dei lau-reati italiani lavora all’estero, a fronte di un 0,3% di laureati stranieri nel nostro Paese.

� � Condizioni amministrative e infrastrutturali: in Ita-lia le condizioni infrastrutturali (basti ad esempio pensare al tasso di penetrazione della banda larga che riguarda il 18% delle famiglie rispetto a una media UE del 24%; l’80% delle imprese contro l’84% della media UE) e l’apparato normativo e amministrativo non favoriscono la promozione dell’innovazione (si pensi alla lentezza della buro-crazia) penalizzando la conversione delle idee dalla ricerca universitaria all’innovazione di impresa.

“Se è vero che l’Italia sconta un gap in investimento in Ricerca e Sviluppo, capitale umano e Infrastrutture, d’altra parte l’innovazione di business e la ricerca della qualità sono state una leva per il successo imprenditoriale italiano.”

5. Fonte: elaborazione su dati OCSE6. Fonte: elaborazione su dati OCSE7. Fonte: elaborazione su dati OCSE

14 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

cui il presente volume si pone l’ambizioso obiettivo di contribuire in termini di dibattito e di una prima rispo-sta è la seguente: come rilanciare l’innovazione in Italia nei diversi comparti industriali?Le iniziative proposte nel volume, approfondite negli articoli che seguono e lungi dal voler essere esaustive, faranno riferimento a specifici ambiti settoriali e indu-striali ma, a livello complessivo di Sistema Italia, a no-stro avviso esistono due fondamentali e sinergiche di-rettrici di risposta sulle quali attivarsi congiuntamente:

la prima, strategica a livello di sistema Paese, ri-sponde fondamentalmente alla domanda “dove” innovare;la seconda, più di stampo manageriale, risponde alla domanda “come” innovare a livello di singola azienda.

4.1. Dove innovare per il rilancio del PaeseAl fine di sostenere il rilancio del sistema Paese e valo-rizzare le specificità del contesto italiano riteniamo prio-ritario agire innanzitutto su alcune leve infrastrutturali e su alcuni elementi che potremmo definire come “abi-litanti” e facilitatori dell’innovazione: il capitale umano, l’efficienza della Pubblica Amministrazione, il finanzia-mento dell’innovazione e la protezione dell’impresa (si veda la figura 4).In primo luogo, riteniamo strategico e prioritario potenzia-re il capitale umano, rafforzando la componente più quali-ficata della forza lavoro (scienza, ingegneria, tecnologia), vero e principale motore dell’innovazione, attraverso:� � la valorizzazione dei talenti e delle eccellenze uma-

ne presenti nel contesto italiano, attraverso l’atti-vazione di piani di sviluppo, modelli meritocratici e percorsi formativi in linea con le best practice internazionali, in modo da attrarre e conservare le migliori competenze;

� � la promozione dell’istruzione universitaria, soprat-tutto di stampo scientifico e ingegneristico, anche attraverso la collaborazione tra università, aziende e istituzioni per favorire la cultura dell’innovazione dal basso;l’incentivazione diretta e indiretta della formazione di carattere informatico e tecnologico, per supera-re il gap di alfabetizzazione informatica che ci se-para dal resto dei Paesi sviluppati;la facilitazione - attraverso, ad esempio, l’incen-tivazione fiscale - dell’attrazione di professionisti altamente qualificati dall’estero e del rientro dei lavoratori qualificati fuoriusciti.

Un ulteriore elemento abilitante a livello di sistema è la

� � Geox nel calzaturiero, che ha impostato la propria strategia, soprattutto nella fase iniziale di sviluppo della società, sull’innovazione tecnologica contenuta nei prodotti commercializzati, attraverso un’attenta politica brevettuale tesa a impedire ai competitor la possibilità di sviluppare prodotti simili;

� � Technogym, la “wellness company”, diventata una tra i big player mondiali nel settore delle attrez-zature per il fitness e la riabilitazione biomedica, facendo leva costante sull’innovazione e sulla qua-lità: non a caso l’azienda può contare su un centro interdisciplinare di Ricerca composto da oltre 130 professionisti (ingegneri, medici, ortopedici) che pone le basi per lo sviluppo di nuovi prodotti e in-veste ogni anno circa il 6% del proprio fatturato in Ricerca e Sviluppo.

Un ulteriore fattore mitigante da considerare per ana-lizzare correttamente il livello di innovazione del no-stro Paese è rappresentato dall’esistenza di alcune “for-me indirette” di innovazione che, pur avendo luogo in Italia, non sono “codificabili” come di matrice italiana. In particolare sono i casi, tipici di settori a vocazione marcatamente internazionale, quali il finanziario e le telecomunicazioni, dove l’innovazione è stata spesso capitalizzazione e personalizzazione a livello di “branch italiana” di esperienze internazionali di successo esi-stenti a livello di Gruppo.

4. Come ripartire: le direttrici di interventoQuindi, a fronte di un contesto in cui l’innovazione di-venta sempre più componente imprescindibile per so-stenere lo sviluppo di aziende e Stato, di una situazione italiana caratterizzata da “innovazione moderata” ma con punte di eccellenza da valorizzare, la domanda a

Figura 4Direttrici di intervento

INNOVAZIONE E RILANCIO ECONOMICO E SOCIALE

LOOKING FORWARD

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 15

Una volta compiuti questi, a nostro avviso necessa-ri, interventi “abilitanti”, non va tuttavia dimenticato che per perseguire gli ambiziosi obiettivi di sviluppo del sistema che ci poniamo occorre continuare a inve-stire a partire da quei settori di eccellenza del tessuto produttivo italiano, quali il turismo, l’abbigliamento o l’arredamento solo per citarne alcuni, in modo tale da non perdere la posizione di leadership acquisita a livel-lo internazionale. Tali iniziative “verticali e di settore” possono avvenire tramite:

l’attivazione di una partnership sempre più stretta e orientata alla creazione di valore tra imprese e università;lo sviluppo di network collaborativi di imprese, per condividere attività e risultati di ricerca e sviluppo in ottica di partnership;l’introduzione di meccanismi aziendali interni pre-mianti e incentivanti l’adozione di nuove idee e so-luzioni; la ricerca di elementi emergenti e nuovi trend svi-luppati in contesti differenti, ma che opportuna-mente arricchiti con i fattori distintivi del Made in Italy si trasformano in sviluppo di nuovi mercati o nuove soluzioni di offerta distintive.

4.2. Come innovare per rendere l’innovazione un successo a livello aziendaleLa seconda direttrice di intervento per rilanciare l’in-novazione si rivolge direttamente alle aziende e ai manager. L’innovazione a livello aziendale è, infatti, un volano per l’intero sistema, poiché permette di tra-sformare le idee vincenti in posti di lavoro e benessere economico e sociale. D’altra parte le idee più innovati-ve non sempre si traducono nello sperato outcome per l’azienda e i suoi stakeholder: in oltre il 50% dei casi le idee, seppure vincenti, non raggiungono il mercato di sbocco ma si scontrano contro l’”inerzia” aziendale e l’avversione al rischio dei manager che preferiscono preservare lo status quo.Talvolta, al contrario, prodotti e servizi, sostenuti dal management aziendale e dai dipartimenti di ricerca e sviluppo, non risultano in pari successi a livello com-merciale perché si scontrano con resistenze non previste

modernizzazione della Pubblica Amministrazione che, su-perando le tradizionali inefficienze e i costi della burocra-zia, potrebbe porre le basi per la sostenibilità economica e sociale futura. Un’efficace politica di modernizzazione della Pubblica Amministrazione, attraverso ad esempio la semplificazione dei processi amministrativi e la digitaliz-zazione della macchina amministrativa, genererebbe un duplice e significativo beneficio a livello di sistema:

un recupero di e!cienza, in grado di liberare risorse per l’investimento pubblico in Ricerca e Sviluppo;

� � un miglioramento della qualità del servizio offerto al cittadino ed alle imprese, stimolando e facilitan-do l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali.

In questo senso il piano e-Gov 2012, promosso dal Mini-stero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, si presenta come un primo significativo passo in questa direzione e una straordinaria e ambiziosa opportunità per modernizzare, rendere più efficiente e trasparente la Pubblica Amministrazione, restituendole un ruolo di volano per lo sviluppo dell’economia del Paese.Il terzo elemento abilitante per promuovere l’innova-zione nel Paese è, a nostro avviso, rappresentato dal ruolo del sistema finanziario, generalmente (e in parti-colare modo nel nostro Paese) assai cauto nell’investire e sostenere progetti innovativi. È auspicabile, per un proficuo sviluppo dell’innovazione, che tale settore si ritagli un ruolo di crescente importanza, attraverso:� � la promozione e il finanziamento, tramite non solo

credito ma anche capitale di rischio, di progetti in-novativi ad alto potenziale;

� � la tutela dall’incertezza, attraverso strumenti as-sicurativi in grado di proteggere le imprese dagli effetti di eventi dannosi, non solo legati al rischio imprenditoriale, potenzialmente in grado di met-tere a repentaglio la sopravvivenza delle imprese;

� � il supporto, con strumenti anche non tipicamente ban-cari o assicurativi, ma più marcatamente consulenziali, all’avvio di nuovi business e alla gestione del day by day.

Interventi simili permetterebbero al settore finanziario di ottenere, inoltre, anche ritorni di immagine signifi-cativi, accreditandosi verso gli attori istituzionali come promotore di sviluppo imprenditoriale e verso il merca-to come referente “unico” e partner dell’impresa nelle fasi di avvio e di crescita.Formazione, Efficienza, Finanziamento e Protezione: sono questi dunque gli elementi indispensabili per abi-litare lo sviluppo del sistema Paese. Elementi indispen-sabili ma tuttavia non sufficienti a garantire all’Italia di colmare il gap che ci separa dai sistemi best practice in termini di innovazione.

“È necessario agire in primo luogo abilitando quegli elementi propedeutici allo sviluppo dell’innovazione nel Paese (formazione, e!cienza, finanziamento e protezione) e al contempo investire nei settori di leadership in cui eccelliamo per non perdere i vantaggi acquisiti.”

16 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

dall’insieme esteso di tutti i dipendenti azienda-li: come avviene in numerose aziende tra cui 3M, P&G e la stessa Accenture, dove ogni anno at-tiviamo una iniziativa nota come “Strategy Con-test”, nella quale i dipendenti partecipano alla re-dazione di concept innovativi, che, se selezionati diverranno offering da presentare al mercato;dai fornitori e dalle aziende presenti nella stessa filiera produttiva, come avviene in numerosi di-stretti industriali italiani, dove per raggiungere massa critica sufficiente, spesso piccole e medie imprese si aggregano e collaborano nella ricerca e nello sviluppo delle innovazioni;dai consumatori, come hanno fatto diverse aziende, facendo leva ad esempio sulle nuove tecnologie e sul web. È il caso ad esempio di Lego, il produttore di giocattoli danese, che ha creato differenti programmi (es. lego ambassa-dors, lego factory, …) per coinvolgere ed ascol-tare i propri clienti “storici” nella progettazione e nel design dei nuovi prodotti.

Conversion: Sviluppo delle idee e trasformazione in prodotti e servizi. In questa fase le aziende top per-former hanno alcune caratteristiche comuni: in pri-mo luogo analizzano preventivamente le possibili re-sistenze del mercato e le eventuali barriere interne e strutturano i propri prodotti e servizi in modo tale da fronteggiare e prevenire tali issue. In secondo luogo, fanno leva su strutture dedicate all’innovazione, con budget e risorse specifiche e responsabilità definite per i risultati prodotti. Infine, critico per il successo di questo step, sono processi e strumenti di valuta-zione delle idee e dei progetti innovativi in grado di identificare e classificare le migliori idee, sulla base del potenziale, in modo tale da definire le priorità su cui investire.Execution: realizzazione e lancio delle iniziative. Spesso il lancio di nuovi prodotti o nuove idee, ancor-ché potenzialmente ottimi, non riscuote lo sperato successo perché le aziende non dedicano sufficiente attenzione alla fase di execution (intasando ad esem-pio le pipeline con troppi progetti nello stesso tempo e defocalizzando le risorse finanziarie e manageriali) o difettano nella pianificazione e nell’esecuzione di una corretta ed efficace strategia di roll out. Infatti, le innovazioni commerciali, operative organizzative o tecnologiche richiedono una strutturata strategia di gestione del cambiamento (roll out) che faciliti il processo di trasmissione delle innovazioni e di evolu-zione dei comportamenti. Inoltre, è necessario inve-

da parte dei consumatori finali, quali ad esempio i “costi del cambiamento” o mutamenti richiesti nel loro stile di consumo (si pensi ad esempio al caso nell’home entertain-ment del successo effimero del minidisc, che pur contan-do su componenti innovative a valore - il primo supporto digitale registrabile- , si è scontrato contro switching cost, non solo economici, troppo elevati per i consumatori).Come “fare” quindi innovazione in modo efficace in azienda? Sulla base dell’esperienza di Accenture, è possibile sviluppare un approccio industrializzato end to end verso l’innovazione, per permettere la generazione di nuove idee e il loro efficace sviluppo e rilascio.A nostro avviso, un efficace sviluppo dell’innovazione a livello aziendale è il prodotto di tre componenti essenziali (si veda la figura 5):

Foundation: la fase della creatività nella quale le idee vengono generate. Le aziende innovatrici di maggiore successo possono contare su strumenti, capability e as-set in grado di esplorare il mercato, precorrendo i trend emergenti e identificando le nuove potenziali opportu-nità in anticipo, grazie a una osservazione del business da differenti angolazioni e prospettive. Un esempio di successo in questo senso è l’utilizzo del “marketing pre-dittivo” in Google per prevedere secondo alcuni mo-delli statistici i trend futuri analizzando le statistiche di ricerca. Un ulteriore esempio di successo nella gestione della generazione delle idee è quanto sta emergendo sempre con maggiore frequenza con il fenomeno della “crowd innovation”, ossia del coinvolgimento nella ge-nerazione di nuove idee di diversi attori, anche esterni:

Figura 5Le componenti per lo sviluppo dell’innovazione

INNOVAZIONE E RILANCIO ECONOMICO E SOCIALE

LOOKING FORWARD

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 17

questa specifica area, che riporta direttamente a un Innovation Officer a livello centrale;

� � strumenti e asset che consentano l’innovazione continua e la ripetibilità del processo “creativo”, quali ad esempio l’utilizzo di tecniche avanzate per analizzare i bisogni dei consumatori o l’utilizzo di tecnologie innovative per consentire un sistema open source e captare le possibili innovazioni da clienti, fornitori e dipendenti;

� � metriche chiare, condivise e differenziate per sta-dio di sviluppo e tipologia di business per la valuta-zione della performance “innovativa”, in grado di combinare l’ottica retroattiva (es. return on inno-vation, spesa in ricerca e sviluppo) con la prospetti-va futura (es. composizione della pipeline, stadio di sviluppo dei progetti, numero di persone dedicate alla gestione dell’innovazione).

5. In sintesiIn estrema sintesi, innovare è una priorità e una leva stra-tegica e necessaria per lo sviluppo sostenibile di Stati e imprese. L’Italia tuttavia, pur essendo stata culla dell’in-novazione, oggi ha perso competitività nello scacchiere internazionale. Per fare dell’innovazione il motore di uno sviluppo virtuoso ed equilibrato del sistema Paese, massimizzando le nostre specificità e cogliendo le oppor-tunità che la situazione di discontinuità ci pone, occorre a nostro avviso attivarsi con priorità su due direttrici di intervento sinergiche e complementari:

Creare le condizioni abilitanti lo sviluppo dell’in-novazione a livello di sistema, investendo su capita-le umano, efficienza della Pubblica Amministrazio-ne, finanziamento e protezione delle imprese;Adottare, a livello di impresa, un approccio struttu-rato che renda l’innovazione non più solo un’“arte” ma una vera e propria scienza strutturata, capace di valorizzare le migliori genialità.

Siamo pronti a cogliere questa sfida?

stire in strumenti, programmi e processi per rendere l’innovazione continua e replicabile.

Concludendo, l’esperienze sul campo ci insegna che per eccellere a livello di impresa nella gestione dell’in-novazione è necessario assicurare 5 fattori critici di successo(si veda la figura 6):

una strategia aziendale votata all’innovazione e alla ricerca di nuove opportunità di successo che non precluda alcuna strada, accompagnata da una forte leadership dall’alto. In una parola: crederci;un processo di innovazione strutturato, con budget e risorse dedicate è imprescindibile per trasforma-re idee vincenti in iniziative di business di successo. Un esempio in questo senso è rappresentato dal-la Otis, società leader mondiale nella produzione, installazione e manutenzione di ascensori, che uti-lizza un processo formalizzato di pianificazione, valutazione e approvazione delle nuove iniziative strutturato per gate e checkpoint, a ognuno dei quali vengono valutate e riviste le idee, i team e le risorse finanziarie dedicate;un modello di governance formalizzato con chiare e precise responsabilità individuate. Le aziende le-ader in questo senso sono dotate di strutture cross-funzionali, con la specifica responsabilità dell’inno-vazione a livello aziendale (ad esempio, la figura del Chief Innovation Officer), misurate su specifi-che metriche collegate all’outcome prodotto dall’in-novazione. Kellogg’s, la multinazionale americana dei cereali per la prima colazione, ad esempio ha creato una struttura organizzativa tale per cui ogni Business Unit ha un proprio responsabile dedicato all’innovazione, misurato sui risultati prodotti in

L’ AUTORE

Andrea Poggi Executive Partner, Head of Strategy Practice in IGEM (Italia, Est Europa, Grecia, Turchia, Medio Oriente)

Figura 6I fattori critici di successo

18 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Il servizio pubblico, oggi più di ieri, è chiamato a tutelare e aiutare il tessuto economico-sociale a fronte di un conte-sto sempre più complesso e interessato da fenomeni:� � strutturali, di intensità sempre crescente, come, ad

esempio, i rilevanti cambiamenti del mix demografi-co1, una domanda di servizi sempre più consapevole e un’enfasi crescente su tematiche di sostenibilità;

� � congiunturali, quale la recente crisi, che hanno imposto ai policy maker di varare misure espansive, incremen-tando gli squilibri nella finanza pubblica con un peggio-ramento di deficit e debiti pubblici (si veda la Figura 1).

In questo scenario caratterizzato da ristretti margini di manovra, appare, quindi, necessario un diverso agire da parte del servizio pubblico che è chiamato a rinnovarsi radicalmente: non è sufficiente solo cambiare, ma oc-corre innovare, ossia superare ed evolvere i pre-esistenti paradigmi e comportamenti. Considerata la complessità e varietà del servizio pubblico, da dove è più opportuno avviare tale percorso di innovazione? Riteniamo che un possibile approccio sia quello di foca-lizzarsi, in via prioritaria, su quegli ambiti centrali per il presidio dei diritti fondamentali del cittadino e che allo stesso tempo possano fungere da volano per l’intero setto-re economico. In particolare, è possibile partire dal siste-ma Salute che, assieme alle altre componenti del welfare, rappresenta il core business dei sistemi pubblici e verso il

quale è oggi necessario garantire un rinnovato equilibrio fra spesa ed efficacia dei servizi offerti al cittadino.

1. Perché innovare il sistema Salute italianoIl sistema sanitario italiano si basa su due attori fondamen-tali con responsabilità differenti e complementari. A livello centrale il Ministero della Salute (e relative agenzie) è re-sponsabile di garantire il diritto alla salute dei cittadini e di determinare le linee guida di indirizzo e finanziamento del sistema sanitario nazionale (da qui in avanti SSN). Alle Re-gioni, nell’ambito delle linee guida ministeriali (Figura 2), è invece affidata la gestione tecnica del sistema e la respon-sabilità del funzionamento della macchina sanitaria (da qui in avanti SSR). La Sanità italiana è considerata una delle migliori del mon-do in quanto è capace di fornire a tutta la popolazione (si-stema universalistico) un’elevata qualità clinica dei tratta-menti sanitari, come testimonia anche un tasso di mortalità della popolazione italiana tra i più bassi del mondo con 546 decessi/anno per 100.000 abitanti rispetto ai 650 della me-dia OCSE. Ciò nonostante il sistema Salute italiano mo-stra, a nostro avviso, alcune aree di debolezza in termini di:� � E!cacia o"erta sanitaria: secondo l’Health Consumer

Powerhouse (primario istituto europeo di ricerca in ambito sanitario) l’Italia, rispetto ad altri Paesi europei “simili” come ad esempio Francia, Olanda, Germania (si veda la Figura 3) presenta un significativo gap di efficacia di offerta sanitaria. Questo gap è dovuto in particolare alla scarsità di servizi territoriali “long term

I grandi mutamenti economici, sociali e demografici in atto richiedono al servizio pubblico di prepararsi a un crescente ruolo di sostegno e sviluppo del sistema economico e sociale. Questo implica per lo Stato la responsabilità e la necessità di “innovare se stesso”, proprio a partire da quei settori che tutelano i valori fondamentali della società quali il diritto alla Salute e il benessere dei cittadini.di Luigi Onorato, Amato Della Vecchia, Michele Serra e Fabio Frisa

Un servizio pubblico rinnovato a partire dal sistema Salute

1. In Italia, gli “over 65” passeranno dall’attuale 20% al 35% nel 2050 (Fonte Rapporto sulla non Autosufficienza, Ministero della Salute e del Welfare, 2010).

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 19

HEALTH AND PUBLIC SERVICE

Figura 1Impatti della crisi sulle finanze pubbliche

Accenture Management Consulting

Enti ministeriali

Ministero della Salute

LIV

EL

LO

C

EN

TR

AL

E

Organizzazione

Regulation e coordinamento

complessivo

Responsabilità

Figura 2 – Overview architettura del SSN

Figura 2

© 2010 Accenture. All rights reserved. 2

Regione 1 Regione 2 Regione …

Enti ministeriali

centrali

Azienda OspedalieraASL

LIV

EL

LO

R

EG

ION

AL

E

Strutture Private Convenzionate …

Gestione sistema sanitario

Coordinamento territoriale ed erogazione

del servizio

Figura 2Overview architettura del SSN

Accenture Management Consulting

Figura 3 – Sistemi sanitari europei a confronto

Portogallo

Francia

Germania

Svizzera

Danimarca

Paesi Bassi

Co

sto

de

i s

erv

izi

(Spesa

sanita

ria /

PIL

, %

)*

Me

dia

e

uro

pe

a (

9,3

%)

10%

10,5%

11%

Figura 3

© 2010 Accenture. All rights reserved. 3

Grecia

Spagna

ItaliaNorvegia

Danimarca

Co

sto

de

i s

erv

izi

(Spesa

sanita

ria /

PIL

, %

)*

Efficacia offerta sanitaria(Euro Health Consumer Index, punti ottenuti)**

Me

dia

e

uro

pe

a (

9,3

%)

Regno Unito

8%

9%

8,5%

9,5%

500 punti

900punti

600 punti

700 punti

800 punti

*Fonte: OCSE, 2007**Fonte: Health Consumer Powerhouse, 2009

Figura 3Sistemi sanitari europei a confronto

verso la componente pubblica, con un ruolo seconda-rio per la Sanità integrativa: questa, infatti, incide solo per il 12% sulla componente privata della spesa (vs. ad esempio il 59% della Francia, il 50% della Germania ed il 78% dei Paesi Bassi).

� � Disomogeneità territoriale: il sistema sanitario italiano mostra una scarsa omogeneità tra i diversi sistemi re-gionali, sia dal punto di vista dell’efficacia dell’offerta sia in termini di equilibrio economico. In particolare, incrociando i risultati di un’indagine CENSIS3 su di-versi parametri di qualità del servizio (come customer satisfaction cittadini, ampiezza servizi offerti, mobilità ospedaliera, rilevanza di servizi di assistenza territoria-le e domiciliare) con i livelli di debito cumulato pro-ca-pite delle diverse Regioni, emerge come gli stessi SSR

care” e al basso livello di diffusione delle nuove tecno-logie di e-health.

� � Equilibrio economico: per quanto riguarda i conti della sanità il sistema Salute italiano soffre sia di problemi contingenti sia in prospettiva. Se ad oggi, infatti, il bi-lancio sanitario mostra un disavanzo corrente (pari a circa 3 miliardi di euro nel 2008), domani mantenere l’equilibrio economico potrebbe essere ancora più difficoltoso. La spesa sanitaria (circa 135 miliardi di euro nel 2008), infatti, è prevista in forte crescita (da 8,7% su PIL nel 2007 a circa il 17% nel 20502), spinta principalmente dai trend demografici e dall’evoluzio-ne tecnologica dei trattamenti. Quest’aspetto, inoltre, è particolarmente critico se consideriamo che il mix di finanziamento della spesa è marcatamente sbilanciato

2. Fonte: Elaborazioni Accenture su dati ANIA, OCSE, e CERM.

20 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

2.1 La riduzione della spesaCon riferimento alla riduzione della spesa si può partire dai costi più facilmente comprimibili e caratterizzati da partico-lari trend negli ultimi anni. Se, ad esempio, si osserva la spesa sanitaria pubblica nazionale (Cfr. Figura 5), emerge che:

la spesa per l’acquisto di beni e servizi incide per circa il 30% sulla spesa complessiva delle strutture sanitarie pubbliche e, dal 2001 al 2008, ha mostrato i maggiori tas-si di crescita (trend di crescita di circa il 9% ogni anno);la spesa farmaceutica convenzionata, che rappresenta circa il 10% della spesa complessiva, pur essendo com-plessivamente stabile negli ultimi anni, costituisce una

caratterizzati da problemi economici mostrino anche bassi livelli di efficacia e viceversa (Figura 4).

Pertanto, in questo contesto, è necessario rivedere la Sa-nità italiana al fine di:

garantire un miglior equilibrio economico oggi e una maggiore sostenibilità nel lungo periodo (es. se tutti i sistemi sanitari regionali italiani convergessero verso li-velli di spesa su PIL vicini ai valori medi delle Regioni in equilibrio economico, si potrebbe risparmiare ogni anno una somma pari a circa l’1% del PIL nazionale, per un ammontare di circa 15 miliardi di euro4);fare evolvere l’e!cacia dell’o"erta sanitaria garantendo un accesso più omogeneo ai servizi su tutto il territorio nazionale.

***A nostro avviso, quindi, risulta importante avviare un per-corso di innovazione strutturale del sistema sanitario ita-liano con interventi mirati a tutti i livelli, in particolare:

a livello regionale, per innovare direttamente i meccani-smi di gestione ed erogazione dei servizi sanitari;a livello nazionale, per indirizzare quegli aspetti di por-tata più generale capaci di massimizzare i benefici per il sistema nel suo complesso in sinergia e a supporto degli interventi regionali.

2. Un possibile piano di innovazione a livello regionaleLe Regioni in disavanzo hanno da tempo avviato interven-ti di risanamento dei bilanci sanitari: i cosiddetti “piani di rientro”. Anche se con risultati non omogenei, si può af-fermare che tali piani hanno già aperto la strada verso una maggiore efficienza (soprattutto in termini di razionaliz-zazione della rete ospedaliera), identificando, ed in parte attuando, iniziative volte, soprattutto, al contenimento dei costi. In tale direzione i SSR, con sfumature e priorità diffe-renti, possono, quindi, affrontare le seguenti ulteriori sfide: 1. ridurre la spesa, contenendo i costi attraverso l’elimi-

nazione delle sacche di inefficienza;2. rafforzare la governance, potenziando la capacità di

pianificazione e controllo della macchina sanitaria;3. intervenire sull’organizzazione, ribilanciando l’assetto or-

ganizzativo delle strutture sanitarie; 4. potenziare l’o"erta di servizi sanitari al cittadino, miglio-

randone l’appropriatezza facendo leva su assistenza terri-toriale e nuove tecnologie.

3. Rapporto Censis 2007 sez. Il sistema del Welfare.4. Se consideriamo un campione di Regioni virtuose ed al contempo rappresentative di diversi modelli gestionali come Toscana, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, si ottiene un livello di penetrazione della spesa sanitaria pubblica.

Accenture Management Consulting

Figura 4 - Sistemi sanitari regionali a confronto

Emilia Romagna

Bolzano

Friuli

Calabria *Puglia Basilicata

Sardegna

Marche Piemonte

Umbria

Liguria

Lombardia

Veneto

Toscana

800

Eq

uil

ibri

o e

co

no

mic

o

cap

ite c

um

ula

to 0

1-0

8, !)*

*

-100

200

500

Trento

Me

dia

it

ali

an

a 5

40

!

Figura 4

© 2010 Accenture. All rights reserved.

Campania

Sicilia

Abruzzo

Molise

Valle d’Aosta

2.000

1.100

1.400

800

1.700

Efficacia offerta sanitaria(Indicatore sintetico Censis, punti ottenuti)***

0 punti

70punti

30 punti

50 punti

60 punti

10 punti

40 punti

20 punti

Eq

uil

ibri

o e

co

no

mic

o

(Dis

ava

nzo

pro

-ca

pite

cu

mu

lato

01

Lazio

* Il disavanzo calabrese è un dato indicativo in quanto la precisa entità del disavanzo non è ad oggi nota** Fonte: Cergas Bocconi, Rapporto OASI 2009***Fonte: Censis, Rapporto annuale 2007

Me

dia

it

ali

an

a 5

40

Figura 4Sistemi sanitari regionali a confronto

Accenture Management Consulting

Sfide dei sistemi sanitari regionali

Spesa Contenere i costi identificando le sacche di inefficienza

GovernanceRafforzare la capacità di pianificazione e controllo della macchina sanitaria

2

1

Specchietto 1

© 2010 Accenture. All rights reserved. 5

macchina sanitaria

OffertaMigliorare l’appropriatezza dei servizi al cittadino facendo leva su assistenza territoriale ed e-health

3

4

OrganizzazioneRibilanciare l’assetto organizzativo delle strutture sanitarie

Sfide dei sistemi sanitari regionali

UN SERVIZIO PUBBLICO RINNOVATO A PARTIRE DAL SISTEMA SALUTE

HEALTH AND PUBLIC SERVICE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 21

un intervento di razionalizzazione degli acquisti median-te start-up di un’apposita Agenzia Regionale (Intercent-ER). L’Agenzia, che opera non solo per il SSR, ma anche a favore di altri settori della Regione, presidia l’intero processo di procurement: dall’analisi della domanda di beni da parte degli enti regionali, fino alla selezione dei fornitori e alla fornitura. Per fare questo, fa leva sia sulla stipula di convenzioni quadro con i fornitori, sia su piatta-forme tecnologiche innovative che consentono la creazio-ne di cataloghi on-line e lo svolgimento di vere e proprie gare telematiche.In merito alla spesa farmaceutica sono importanti, a no-stro parere, quelle azioni volte, da un lato, a ridurre i con-sumi di farmaci, dall’altro a contenerne i costi di distribu-zione. Per diminuire i consumi di medicinali si potrebbe intervenire, ad esempio, attraverso un maggiore controllo dell’appropriatezza prescrittiva dei medici (come da tem-po avviene, ad esempio, in Lombardia) oppure promuo-vendo campagne di informazione verso i cittadini sul cor-retto uso dei medicinali. Per contenere i costi distributivi, sarebbe opportuno, invece, incentivare forme di distribu-zione diretta dei farmaci in ospedale o presso le ASL. A titolo di esempio, citiamo il caso dell’ASL1 Imperiese che adotta politiche di distribuzione diretta fin dal 2001, ri-uscendo ad ottenere prezzi di acquisto dei farmaci infe-riori fino al 50% rispetto alla distribuzione farmaceutica

voce di bilancio problematica soprattutto per le Regioni in deficit che spendono circa il 15% in più rispetto a quelle virtuose5;la spesa per l’acquisto di servizi sanitari privati in con-venzione, pari a circa il 20% della spesa complessiva, ha mostrato significativi e costanti trend di crescita pari al 4,2% ogni anno nel periodo 2001 – 2008.

Tali voci, complessivamente, rappresentano più del 60% della spesa sanitaria pubblica e costituiscono sicuramente una prima area di possibile recupero di efficienza dalla quale partire; la restante parte è rappresentata principal-mente dal personale e dalla medicina generale convenzio-nata, spese più difficilmente comprimibili.Per contenere la spesa di acquisto di beni e servizi, si po-trebbe fare leva sullo start-up di centrali di acquisto sani-tarie controllate dalla Regione al fine di ridurre il costo medio di acquisto dei beni e servizi. Guardando a Regioni che hanno già attivato centrali di questo tipo, come Emi-lia Romagna e Toscana, si osserva come le procedure cen-tralizzate abbiano restituito risparmi per ASL e Ospedali fino al 25%6 della spesa per beni e servizi. Il tutto senza considerare gli ulteriori vantaggi che si sono ottenuti gra-zie a una maggiore capacità di indirizzo e controllo dei fornitori (fondamentale soprattutto in grandi progetti di cambiamento e innovazione). L’Emilia Romagna, ad esempio, è stata la prima Regione in Italia ad indirizzare Accenture Management

Consulting

Trend spesa sanitaria 2001-2008 (Dati in ! milioni)

Figura 5 – Overview spesa sanitaria pubblica

+3,9%+/-%

+9%

CAGR 01-08

2001 2008

Ripartizione spesa sanitaria pubblica italiana 2008

(Dati in %)

30.865

35.177

Figura 5

Privata

Altro

1%

© 2010 Accenture. All rights reserved.

Fonte: Elaborazioni Accenture sui dati MEF ( Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese), 2008

Personale Beni e servizi

Medicina generale

convenzionata

Farmaceutica convenzionata

Privata convenzionata

Altro

-0,3%

+4,4%

-0,6%

+4,2%26.888

16.883

4.511

11.662

16.641

1.101

6.084

11.208

22.237

1.080

29%

6%

Personale

Beni e servizi

Medicina generale

convenzionata

Farmaceutica convenzionata

Privata Convenzionata

1%

33%21%

11%

Figura 5Overview spesa sanitaria pubblica

5. Fonte: Elaborazioni Accenture su dati Ministero della Salute, 2009.6. Fonte: FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e

Ospedaliere), 2009 – Rapporto analisi comparativa delle esperienze di aggregazione della domanda in Sanità.

22 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

sia dai gestori del sistema (manager e amministrato-ri pubblici). In questo senso pensiamo a strumenti di monitoraggio in grado di misurare in modo omogeneo, confrontabile e flessibile, l’attività di tutte le strutture sanitarie regionali, con diversi profili di aggregazione e dettaglio in modo da supportare al meglio le decisio-ni a tutti i livelli del sistema (dall’Assessorato Regio-nale fino al più piccolo presidio ospedaliero locale).

2.3 L’ottimizzazione dell’organizzazionePer quanto concerne la terza sfida dei SSR, ossia il ribilanciamento dell’organizzazione, è possibile inter-venire ottimizzando l’assetto delle strutture sanitarie e la capacità di offerta di posti letto. Ad oggi, infatti, si assiste, soprattutto nella Regioni in difficoltà, a uno sbilanciamento verso strutture di tipo ospedaliero a scapito della lungodegenza. Ciò è testimoniato anche dal fatto che queste Regioni registrano un numero di ricoveri in ospedale molto elevato: in Liguria e Cam-pania, ad esempio, si rilevano più di 220 ricoveri l’anno ogni mille abitanti, a fronte di uno standard ministeria-le di 1807. Questo fenomeno porta il sistema sanitario a dover affrontare esborsi maggiori, in quanto un posto letto ospedaliero ha costi sensibilmente superiori (an-che 5-6 volte) rispetto a uno di lungodegenza. In questo contesto, una possibile soluzione per meglio bilanciare l’assistenza di lungodegenza e quella ospedaliera, passa attraverso la riconversione degli ospedali più piccoli e inefficienti in presidi di lungodegenza quali, ad esempio, le Residenze Sanitarie Assistenziali. In tal direzione si stanno muovendo molte Regioni: si pensi a quanto sta facendo il Lazio nell’ambito del proprio piano di rientro, anche valorizzando l’apporto degli operatori privati.

2.4 Il potenziamento dell’o"ertaPer potenziare l’offerta sanitaria riteniamo che sia neces-sario puntare sul miglioramento dell’appropriatezza dei servizi, attraverso due principali leve d’intervento:

Ampliamento dell’assistenza territoriale: in Italia, a causa di una carenza di presidi sul territorio, si regi-stra un inappropriato ricorso all’ospedalizzazione per curare malattie che non lo richiederebbero, come ad esempio la cura delle cronicità e dei pazienti anziani o disabili. Questa situazione è più accentuata in contesti regionali deboli. Di contro, esistono alcuni SSR (come il Veneto, l’Emilia Romagna o la Lombardia) dove è presente un’ampia offerta di cure ambulatoriali e do-miciliari, in grado di garantire più appropriatezza e un

tradizionale. Tali risultati sono stati possibili grazie all’at-tivazione di una capillare rete distributiva, gestita diretta-mente dal SSR: oggi, sul territorio imperiese, gli ospedali, le strutture distrettuali nonché residenziali dispensano far-maci in convenzione al cittadino. In aggiunta, il recupero di efficienza ottenuto ha permesso di attivare anche un canale di distribuzione dei farmaci a domicilio, a testimonianza di come efficienza e qualità di servizio siano perseguibili con-temporaneamente.Relativamente, infine, alla spesa per l’acquisto di servi-zi sanitari privati in convenzione, si potrebbe intervenire indirizzando l’offerta privata primariamente verso aree a valore per la Regione e complementari al servizio pub-blico (es. assistenza “long term care”, cure ambulatoriali per patologie croniche, residenze sanitarie assistenziali), ad esempio, intervenendo opportunamente sulle tariffe di accreditamento dei servizi in convenzione.

2.2 Il ra"orzamento della governancePer quanto riguarda le capacità di governance dei SSR, il mosaico regionale appare ancora una volta eterogeneo, con contesti dotati di notevoli capabilities (come la Lom-bardia o l’Emilia Romagna) e altri che scontano un gap significativo. Si rileva, in particolare, un diverso ricorso a strumenti di pianificazione, con situazioni limite tali per cui alcune strutture sanitarie sono finanziate a consuntivo (il cosiddetto costo storico), senza di fatto meccanismi ef-ficaci per il governo della spesa. In tali contesti sarebbe auspicabile, quindi, che le Regioni adottassero in maniera diffusa meccanismi di budgeting, per regolare il finanziamento di tutte le strutture sanitarie regionali, sia pubbliche che private. In questo modo si po-trebbe abilitare un controllo ex-ante della spesa e porre le basi per una pianificazione sostenibile. Al fine di ottenere benefici dall’introduzione di un modello di questo tipo, risulta, ovviamente, condizione necessaria una respon-sabilizzazione dei “manager” sanitari su obiettivi chiari e condivisi con adeguati schemi di incentivazione.In merito alla capacità di controllo, molte Regioni si di-mostrano spesso poco efficaci soprattutto in termini di monitoraggio finanziario. Esso appare spesso poco strut-turato, con conseguenti lacune nella verifica dei flussi di pagamento o addirittura difficoltà nel fotografare la reale dimensione del disavanzo sanitario.Per potenziare la capacità di controllo, potrebbe esse-re necessario intervenire razionalizzando la cospicua massa di dati scambiati tra i diversi operatori (es. ASL, AO, privati in convenzione,…). Sarebbe opportuno, infatti, agire per rendere i dati “informazioni” effet-tivamente utili e fruibili sia dagli operatori sanitari 7. Fonte: Ministero della Salute, 2008.

UN SERVIZIO PUBBLICO RINNOVATO A PARTIRE DAL SISTEMA SALUTE

HEALTH AND PUBLIC SERVICE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 23

per modernizzare radicalmente la Sanità attraverso l’e-health:

� � L’Integrazione in rete degli operatori sanitari: lo sviluppo di un network in grado di collegare tutti gli attori della filiera sanitaria (es. medici di base, farmacie, ospedali, laboratori,…), insieme alla centralizzazione dei dati del paziente nel fascico-lo sanitario elettronico, costituiscono sicuramente una priorità per le Regioni, in quanto requisito sul quale costruire servizi sanitari elettronici sempre più evoluti. In questo senso riteniamo best practice quanto fatto dalla Lombardia (progetto CRS-SISS) e dall’Emilia Romagna (progetto SOLE) in cui è stata realizzata una rete di interconnessione tra tutti gli operatori sanitari. Con riferimento al caso lombardo, ad esempio, il processo di integrazione (in atto dal 2001) ha consentito di connettere, ad oggi, al Sistema Informativo Socio-Sanitario (SISS) 2.600 farmacie (il 100% dei punti vendita regio-nali), circa 7.000 medici di base/pediatri (94% del totale) e tutte le Aziende Ospedaliere. I risultati di questa integrazione e del “networking” che ne è scaturito sono considerevoli: nel solo 2009 sono transitate dal SISS 60 milioni di prescrizioni (70% del totale), 12 milioni di referti e 5 milioni di fa-scicoli sanitari elettronici. Inoltre, la diffusione di più di 9 milioni di carte sanitarie elettroniche, ha

notevole risparmio di risorse grazie al minor ricorso ad ospedali e strutture di pronto soccorso. Per colmare il gap di assistenza territoriale dei SSR più deboli, rite-niamo, dunque, importante ispirarsi alle Regioni più evolute, intervenendo attraverso la diffusione di reti di assistenza territoriale (si veda la Figura 6). Queste reti potrebbero essere costituite, ad esempio, da diverse as-sociazioni di medici generici, pediatri di libera scelta e specialisti in grado di curare end to end i pazienti in am-bulatori o direttamente a domicilio, oltre che rafforzare il loro ruolo di filtro (“gate keeping”) verso le strutture ospedaliere. Le diverse associazioni potrebbero inoltre comprendere figure di supporto in grado di fungere da Care Manager e di assistere i pazienti lungo tutto il per-corso di cura costituendo un unico punto di contatto as-sistenziale. Quest’ultimo aspetto permetterebbe di mi-gliorare la qualità del servizio prestata ed, al contempo, garantire le cure più adeguate al paziente riducendo la possibilità di trattamenti non appropriati.Sviluppo dell’e-health: ad oggi, la diffusione dell’e-health nella Sanità italiana è in ritardo rispetto ad altri Paesi europei (in tal senso si considerino quali esempi rilevanti a livello europeo la Danimarca o la Regione spagnola autonoma della Catalogna). Inoltre, in Italia si osserva una forte disomogeneità tra le Regioni, con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna all’avanguar-dia rispetto alle altre. Secondo la nostra esperienza vi sono principalmente tre linee di azione su cui puntare

Figura 6L’evoluzione della filiera Assistenziale

Accenture Management Consulting

Figura 6 – L’evoluzione della filiera assistenziale

Da una filiera incentrata sull’assistenza ospedaliera….

Cittadini Cittadini

� Erogazione cure ambulatoriali per:

…allo sviluppo dell’assistenza territoriale

Figura 6

© 2010 Accenture. All rights reserved. 7

Assistenzaterritoriale

AssistenzaOspedaliera

AssistenzaOspedaliera

� Erogazione cure ambulatoriali per:

! Anziani

! Disabili

! Portatori patologie croniche

! …

� Erogazione prestazioni domiciliari

� Gatekeeping e indirizzamento dei pazienti

� Care Management

� …

Assistenzaterritoriale

24 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

dalle ASL della Regione. Queste iniziative hanno consentito, a titolo di esempio, l’attivazione, per circa 4.500 pazienti, di servizi di telemedicina per patologie croniche tramite l’installazione di veri e propri “ambulatori domestici”. In aggiunta, han-no permesso di sviluppare servizi di tele-consulto specialistico: anche rivolgendosi a strutture sanita-rie “periferiche” (ad esempio un medico di base), è possibile dialogare con specialisti collocati nelle strutture di eccellenza regionali (es. ospedali di Ve-nezia o Padova) per ottenere una diagnosi del tutto assimilabile a quella di una visita “reale”. A testi-monianza dei benefici concreti per i cittadini, basti pensare che i 4.200 tele-consulti neurologici effet-tuati in regione dal 2007 al 2009 hanno consentito ai pazienti affetti da patologie neurologiche di ab-battere dell’80% il numero dei viaggi normalmente effettuati per ottenere una visita specialistica.

3. Un possibile piano di innovazione a livello nazionaleTutti gli interventi sopra citati sono, dunque, fondamenta-li per garantire equilibrio economico ed efficacia dell’of-ferta sanitaria a tutti i SSR, con una particolare valenza per le Regioni più in difficoltà. In aggiunta, come antici-pato, è auspicabile delineare anche interventi di valenza sistemica nazionale, in grado di massimizzare i benefici complessivamente raggiungibili dal SSN, salvaguardando contemporaneamente l’indipendenza dei diversi SSR. In tal senso è opportuno dare priorità ad iniziative quali:1. l’ottimizzazione della capacità di governance e coordi-namento dei diversi SSR;2. il rinnovamento dei meccanismi di finanziamento del SSN.

3.1 L’ottimizzazione della capacità di governance e coordinamento dei diversi SSRPer rafforzare la capacità di governance e di coordinamen-to dei SSR e, di conseguenza, ridurre le disomogeneità in-terregionali tipiche del nostro Paese, si potrebbe far leva sull’attivazione di una “Cabina di Regia” (si veda la Figu-ra 7), in grado, da un lato, di coadiuvare il Ministero della Salute supportando l’attività di benchmarking e diffusione delle best practice, dall’altro, di aggregare servizi e processi “shared”, a supporto dell’operatività delle Regioni.Un adeguato modello di benchmarking sui diversi SSR è ormai strumento irrinunciabile per stimolare una concor-renza costruttiva tra le diverse Regioni e, soprattutto, va-

permesso anche ai cittadini di accedere on-line alla propria posizione sanitaria, consultando esami ef-fettuati e referti. Esperienze come quella lombarda o emiliana sono considerate best practice non solo a livello nazionale, ma anche a livello internazio-nale e quindi possono rappresentare un punto di riferimento e fonte di sinergia per lo sviluppo di programmi simili nelle altre Regioni italiane. L’attivazione di portali di accesso: l’introduzione di strumenti in grado di facilitare l’accesso alle presta-zioni sanitarie, come ad esempio la prenotazione online delle prestazioni, risulta una pratica abba-stanza diffusa in Italia. Circa il 60%8 delle Regioni dispone, infatti, di un CUP (Centro Unico di Pre-notazione) spesso in grado di gestire la prenotazio-ne dell’intera offerta sanitaria, distribuire i carichi di lavoro in modo efficiente su tutte le unità ero-ganti e supportare la programmazione dell’offerta. In questo ambito, oltre a una diffusione capillare e integrata dei CUP, è opportuno intervenire pun-tando soprattutto sull’innovazione tecnologica per permettere al cittadino di accedere in modo sem-plice e veloce ai propri dati sanitari. In tal senso, costituisce un caso interessante l’ASL di Treviso (Azienda ULSS 9 Treviso). Nella città veneta, infat-ti, il cittadino ha a disposizione un portale web in-novativo capace di facilitare sia l’accesso alle cure, mediante un “catalogo” servizi estremamente frui-bile poiché costruito in logica life-cycle (ossia orga-nizzato in base alle diverse esigenze delle fasi della vita), sia l’espletamento di attività amministrative quali il ritiro di un certificato o la visualizzazione di un referto.La diffusione della telemedicina: la possibilità di assistere a distanza i pazienti costituisce uno degli aspetti più rilevanti dell’e-health, in quanto per-mette di migliorare la qualità delle cure domiciliari supportando lo sviluppo dell’assistenza territoriale. La diffusione di questi servizi non è ancora signifi-cativa ed è limitata a piccole realtà locali a livello di ASL (circa il 15% ha sperimentato servizi di tele-monitoraggio9). Il Veneto sembra essere una fra le Regioni più attive con importanti progetti anche di respiro internazionale lanciati negli scorsi anni (ad esempio ricordiamo i progetti Renewing Health o Health Optimum), gestiti e coordinati tramite la creazione di uno specifico consorzio partecipato

8. Fonte: Rapporto LITIS (Livelli di Innovazione Tecnologica In Sanità), Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione.9. Fonte: Rapporto LITIS (Livelli di Innovazione Tecnologica In

Sanità), Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione.10. Fonte: COPAFF (COmmissione Paritetica per l’Attuazione del Federalismo Fiscale).

UN SERVIZIO PUBBLICO RINNOVATO A PARTIRE DAL SISTEMA SALUTE

HEALTH AND PUBLIC SERVICE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 25

tire la sostenibilità del sistema sanitario, infatti, potrebbe essere opportuno valorizzare il contributo di finanziatori privati quali Fondi Sanitari o Assicurazioni, disegnando una riforma ispirata alla medesima logica di quanto fatto in campo previdenziale. Si tratta di promuovere, in sinte-si, un’architettura di sistema basata sull’obbligatorietà o semi-obbligatorietà nella sottoscrizione di polizze o fondi da parte dei cittadini, a fronte di incentivi fiscali finalizzati a garantire l’accesso alle fasce più deboli. Fondi sanitari e Assicurazioni sarebbero, dunque, chiamati ad assolve-re un ruolo “sociale”, disegnando un’offerta congrua ed a prezzi opportunamente calmierati, anche in virtù di un aumento dei volumi gestiti e della mutualità. Sistemi “multi-pilastro”, ove il finanziamento pubblico è affian-cato dal contributo privato, sono, del resto, già diffusi in molti Paesi come l’Olanda, la Francia e la Germania.In secondo luogo, tutti concordano sulla necessità di ri-vedere le modalità di finanziamento dei sistemi sanitari regionali, abbandonando definitivamente le logiche del costo storico e dello sblocco di risorse una tantum (come ad esempio i fondi FAS), in favore di un più congruo tra-sferimento delle risorse sulla base di costi standard. In tale direzione, oltre ad adottare un adeguato benchmark per la definizione dello standard, risulta altrettanto critica una corretta modalità di attuazione progressiva in grado di evitare il “collasso” dei SSR con l’equilibrio economico più debole. Va, infine, sottolineato che potrebbe non esse-re sufficiente rivedere solo le logiche di distribuzione delle risorse dal Centro verso le Regioni, ma si dovrebbe esten-dere tale logica anche ai flussi di finanziamento all’interno dei SSR verso le singole strutture sanitarie, in modo che i benefici si propaghino attraverso tutta la filiera.

4. Come attuare il piano di innovazione del sistema SaluteOltre a disporre di una chiara agenda degli interventi basata su esperienze innovative concrete nazionali ed in-ternazionali, pensiamo sia necessario presidiare adegua-tamente anche l’approccio realizzativo tenendo in consi-derazione alcuni fattori critici di successo per far sì che l’innovazione si “realizzi” in maniera efficace e veloce.Innanzitutto è, a nostro avviso, necessario disporre di una “Regia” forte in grado di tradurre le idee in piani di lavoro, supportando e coordinando step-by-step il processo di cam-biamento a tutti i livelli. A titolo di esempio, basti pensare all’importanza di avere piani di lavoro presidiati con tempi e priorità costantemente monitorate o ad aspetti più soft, come il change management, fondamentali per “scaricare a terra” l’innovazione e vincere le resistenze al cambiamento.Inoltre, è opportuno rafforzare la collaborazione tra pub-

lorizzare le buone pratiche diffuse sul territorio. Si pensi, a titolo di esempio, al caso delle differenze regionali sui costi di acquisto di beni e servizi (ad esempio, il costo del-la medesima apparecchiatura TAC è 1.550 euro in Cam-pania e 1.000 euro in Emilia Romagna10). La diffusione di informazioni sui prezzi effettivamente pagati dalle diverse Regioni per i beni e servizi più comu-ni, ha saputo stimolare le politiche di sourcing dei siste-mi meno virtuosi, valorizzando contemporaneamente gli ottimi risultati conseguiti dalle Regioni virtuose (quelle, cioè, che hanno saputo negoziare le condizioni di acqui-sto migliori). Benefici ulteriori potrebbero essere abilitati attribuendo alla Cabina di Regia anche funzioni di aggre-gazione di servizi e processi, in una logica simile a quel-la delle maggiori imprese multinazionali, dove le diverse “country” condividono processi amministrativi e di sup-porto. Fermo restando il principio di autonomia e respon-sabilità dei diversi SSR ed in coerenza con le logiche del federalismo e con la modifica dell’articolo 5° della costi-tuzione, si tratterebbe, quindi, di mettere a fattor comune alcuni servizi oggi gestiti a livello regionale, come alcune categorie di acquisti, l’amministrazione del personale, la gestione delle tecnologie. Questo permetterebbe alle Re-gioni di sfruttare vantaggi in termini di maggiori economie di scala e di scopo, come, ad esempio, mettere a fattor comune i diversi sforzi fatti dai SSR in programmi di in-novazione (es. e-health).

3.2 Il rinnovamento dei meccanismi di finanziamento del SSNPer quanto attiene al rinnovamento dei meccanismi di finanziamento del sistema sanitario, vi sono, in particola-re, due iniziative “chiave”. In primo luogo, appare improrogabile promuovere lo svi-luppo di schemi di Sanità integrativa. Proprio per garan-

Accenture Management Consulting

Ministero della Salute

Figura 7 – Overview funzioni Cabina di Regia a supporto del sistema sanitario

� Monitoraggio sistemi regionali� Benchmarking e diffusione best practice� Gestione centralizzata programmi di innovazione� …

Figura 7

© 2010 Accenture. All rights reserved. 8

Sistema Sanitario Regionale 1

Sistema Sanitario Regionale 2

Sistema Sanitario Regionale …

“Cabina di Regia”

� Aggregazione di servizi e processi condivisi tra le Regioni:

- Acquisti- Operations (HR, Contabilità,…)- Gestione sistemi e tecnologie- …

Figura 7Overview funzioni Cabina di Regia a supporto del sistema sanitario

26 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

equilibrio che limiti il peso sulle finanze pubbliche grazie a nuove logiche di distribuzione delle risorse, nuove strutture di governo del sistema e migliori meccanismi di partnership pubblico-privato. In particolare, concentrandosi sul citta-dino sarà possibile una “patient experience” (Figura 8) ra-dicalmente innovativa, sia in termini di accessibilità, sia in merito alla vera e propria fruizione dei servizi sanitari. A titolo di esempio, potrebbe essere realtà, facendo leva sui molteplici device che accompagnano la vita di tutti i giorni (es. personal computer, smartphone, Tablet PC, …), effettuare prenotazioni, ricevere informazioni e con-sulenza medica, consultare la propria cartella clinica e ricevere in via digitale referti e ricette. Ma, soprattutto, il ricorso alla tecnologia abiliterebbe la possibilità di ri-cevere cure “virtuali” e meno traumatiche nell’ambiente più familiare: la casa. Si pensi a servizi, come l’ospeda-lizzazione domiciliare, possibili anche grazie all’ausilio di macchinari medici manovrati a distanza o all’integrazione con strumenti di domotica a supporto, ad esempio, delle persone non autosufficienti. Se tutto questo può sembrare troppo futuristico, non va di-menticato come esperienze di questo tipo già esistano anche nella Sanità italiana, come dimostrano le più avanzate prassi in ambito di e-health, alcune di queste precedentemente ri-chiamate. Seguendo questa strada, forse, ognuno di noi po-trebbe un giorno avere un “Avatar” a propria disposizione in qualità di medico virtuale, in grado di gestire i propri bisogni base ed elementari di assistenza socio-sanitaria. ***In conclusione, in un contesto di risorse economiche scar-se e di una forte domanda di servizi sociali, riteniamo che l’innovazione del sistema pubblico debba partire dai siste-

blico e privato, sia per quanto riguarda gli aspetti realizza-tivi sia per ciò che concerne il finanziamento delle diverse iniziative. Se, da un lato, infatti, il sistema sanitario potreb-be valorizzare metodologie e competenze tipiche del setto-re privato per gestire il cambiamento, dall’altro potrebbe condividere anche il finanziamento delle iniziative attraver-so, ad esempio, il project financing. Una rafforzata partner-ship, in grado di mettere a fattore comune le eccellenze del pubblico e del privato, può, dunque, offrire maggiori garan-zie sulla buona riuscita del piano di innovazione.Va inoltre messo in evidenza come piani di questa portata ri-chiedano una chiara responsabilizzazione degli attori chiave che partecipano in prima linea alla gestione del cambiamento. Oltre ai decisori, anche chi è responsabile delle attività realiz-zative dovrà essere inserito in opportuni schemi di performan-ce management in grado di verificare e premiare i risultati.Da ultimo è auspicabile affrontare il rinnovamento del si-stema sanitario con un approccio progressivo capace di contenere gli impatti sulle finanze pubbliche. E’, infatti, opportuno partire da iniziative capaci di liberare risorse nel breve periodo e di alimentare successivamente azioni di più ampio respiro, come, ad esempio, l’ottimizzazione dell’assetto delle strutture sanitarie e dei posti letto, il contenimento della spesa ed il potenziamento dei sistemi di pianificazione e controllo. Nel medio-lungo termine, capitalizzando le risorse liberate dagli interventi di breve, si potrebbe intervenire sviluppan-do l’assistenza territoriale e le nuove tecnologie, avviando poi interventi di sistema come lo sviluppo della Sanità inte-grativa o l’attivazione di una Cabina di Regia del SSN.

5. Come potrà essere la Sanità di domani ?Imboccando questa strada di innovazioni pragmatiche e progressive, in futuro è possibile ipotizzare una Sanità in

Accenture Management Consulting

Come attuare il piano di innovazione

“Regia” forteSupportare e coordinare step-by-step il processo di cambiamento a tutti i livelli

Partnership pubblico-privato

Attivare partnership pubblico-privato per condividere competenze specialistiche ed impegno finanziario

2

1

Specchietto 2

© 2010 Accenture. All rights reserved. 9

privato impegno finanziario

Approccio progressivo Rinnovare il sistema sanitario in modo graduale limitando gli impatti sulle finanze pubbliche

3

4

Responsabilizzazione degli attori

Responsabilizzare ed incentivare gli attori chiave del cambiamento

Come attuare il piano di innovazione

Accenture Management Consulting

Da dove partire per l’innovazione del sistema salute

Contenimento della Spesa pubblica(es. attivazione centrali di acquisto, incentivazione distribuzione diretta farmaci, revisione tariffe privato

B

Ottimizzazione assetto strutture sanitarie e posti letto (es. riduzione posti ospedalieri a favore del potenziamento della lungodegenza)

A

Specchietto 3

© 2010 Accenture. All rights reserved. 10

distribuzione diretta farmaci, revisione tariffe privato convenzionato, ..)

C Potenziamento dei sistemi di pianificazione e controllo(es. diffusione budgeting sulle strutture, introduzione cruscotti di monitoraggio omogenei …)

Da dove partire per l’innovazione del sistema salute

UN SERVIZIO PUBBLICO RINNOVATO A PARTIRE DAL SISTEMA SALUTE

HEALTH AND PUBLIC SERVICE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 27

spetto al quale, il nostro Paese, presenta già alcune compe-tenze ed esperienze importanti su cui fare leva per mettere in campo con successo azioni concrete e a valore. Una riforma attenta del settore sanitario potrà rendere più solide le basi del sistema economico-sociale, fungendo an-che da volano per il lancio di ulteriori programmi di innova-zione da adottare anche in altri settori del servizio pubblico.

mi di welfare, il vero “core business” del servizio pubblico, puntando in particolare all’innovazione del sistema Salute.La Sanità italiana, pur essendo considerata fra le migliori al mondo, richiede interventi urgenti per garantire, oggi e domani, una tutela, congrua e sostenibile nel tempo, della Salute dei cittadini. E’ necessario avviare un ampio percorso di innovazione ri-

Accenture Management Consulting

© 2010 Accenture. All rights reserved.

Figura 8 – “Patient experience” sanitaria innovativa

Paziente

Informazioni

Prenotazione

Certificato

Facile accessibilità al sistema sanitario,

per …

... Prenotare una visita

... Sapere a quale struttura rivolgersi per un problema

... Richiedere documenti a distanza

...Vedere i risultati di un esame

Consulenza

... Avere suggerimenti in caso

di bisogno

Sito

Applicazione smart-phone

Call-center

Possibilità di ricevere cure da casa perchè …

Ospedalizzazione domiciliare

Attivazione servizi

emergenza

Domotica

Misuratore pressione

Cardiofrequenzimetro

Regolazione riscaldamento

... I medici possono monitorare a

distanza i parametri

... Si possono attivare servizi di

emergenza in caso di bisogno

... La domotica facilita la vita

domestica

Referto esame...

Figura 8

Accenture Management Consulting

Da dove partire per l’innovazione del sistema salute

Contenimento della Spesa pubblica(es. attivazione centrali di acquisto, incentivazione distribuzione diretta farmaci, revisione tariffe privato

B

Ottimizzazione assetto strutture sanitarie e posti letto (es. riduzione posti ospedalieri a favore del potenziamento della lungodegenza)

A

Specchietto 3

© 2010 Accenture. All rights reserved. 10

distribuzione diretta farmaci, revisione tariffe privato convenzionato, ..)

C Potenziamento dei sistemi di pianificazione e controllo(es. diffusione budgeting sulle strutture, introduzione cruscotti di monitoraggio omogenei …)

GLI AUTORI

Luigi Onorato PartnerStrategy Practice

Amato Della VecchiaSenior ManagerStrategy Practice

Michele SerraConsultantStrategy Practice

Fabio FrisaConsultantStrategy Practice

Figura 8“Patient experience” sanitaria innovativa

28 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

1. Verso una lenta ripresaCi lasciamo alle spalle due anni molto difficili per il sistema finanziario globale. In Italia, il biennio appena trascorso è stato caratterizzato da una forte pressione sui ricavi: rispetto a tre anni fa, il settore ha subito una contrazione di oltre 9 miliardi di euro1 del margine di intermediazione (circa il 12% del totale), in buona parte riconducibile al prolungato andamento sfavore-vole dei tassi, che hanno quasi azzerato la redditività dei depositi. A questo effetto si sommano, da un lato, la difficoltà nel contenimento della dinamica dei costi operativi, aumentati con una media annua del 3%, e, dall’altro, il deterioramento della qualità del credito frutto della difficile congiuntura (negli ultimi tre anni, il settore ha spesato oltre 40 miliardi di euro per ac-cantonamenti). Tutto ciò ha portato a un crollo verti-cale delle redditività del capitale: nel 2009 il ROE di sistema si è attestato al 3%, a fronte di valori pre-crisi superiori al 10%.

In un contesto di sostanziale stagnazione dei rica-vi, la parola d’ordine per numerosi gruppi bancari è stata “comprimere la base costi”, attraverso progetti annunciati di snellimento dei modelli operativi e di ra-zionalizzazione delle reti distributive. Spesso però tali iniziative si sono concretizzate in manovre di genera-lizzato taglio della spesa, che ha comportato in mol-ti casi anche il blocco della progettualità orientata al futuro.Guardando in avanti, le previsioni per il prossimo bien-nio confermano uno scenario con prospettive modeste: il ROE delle banche italiane è atteso in ripresa per l’at-tenuazione dei fenomeni congiunturali sfavorevoli, ma con l’aspettativa di raggiungere nel 2012 livelli intorno al 4-5%, ancora non sufficienti a coprire il costo del capitale.Il biennio alle porte e gli anni a venire dovranno ne-cessariamente essere focalizzati sulla “ricostruzione” delle fondamenta del settore, che dovrà portare ad un “nuovo rinascimento” per gli operatori. Per crescere a velocità superiori alle deboli aspettative di merca-to sarà necessario, però, agire in modo aggressivo. E’

Nel settore finanziario l’innovazione rappresenta un percorso obbligatorio per le banche determinate a trovare nuove fonti di sviluppo in uno scenario di mercato con limitate prospettive di espansione dell’attività tradizionale, crescente consolidamento e abbattimento delle barriere inter-settoriali.di Andrea Bargioni, Pierpaolo Cazzola e Go!redo Amodio

Innovazione in banca: la strada obbligata per la crescita sostenibile

1. Fonte: Prometeia, Previsione dei Bilanci Bancari, Luglio 2010.

FINANCIAL SERVICES ! BANKING

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 29

mobile banking). La tendenza sarà probabilmente quella di intraprendere nel lungo periodo un per-corso di trasformazione che porterà la banca ad es-sere non solo un intermediario di flussi finanziari, ma anche un punto nevralgico di una rete di scam-bi “informativi”, offrendo ad esempio alla propria clientela l’accesso a nuovi servizi per la persona, la casa o l’azienda, potendo fare leva su un rap-porto consolidato di fiducia, di conoscenza e di affidabilità con tutte le controparti coinvolte. Tra gli operatori più attivi nel generare con costanza nel corso degli anni innovazioni di prodotto ricor-diamo Barclays, pioniere e leader di innovazione nella monetica, e Bank of America.

Ricostruire la capacità di crescere significa anche tro-vare modalità creative per dare risposta ad alcuni nodi rimasti irrisolti nel percorso verso l’eccellenza distri-butiva: come individuare e coprire in maggiore profon-dità i bisogni della propria base clienti e come ottenere il giusto equilibrio tra la centralità della filiale e le po-tenzialità offerte dalle innovazioni emergenti nei cana-li alternativi. Fonti di ispirazione possono trarsi dalla lunga storia di successo di Wells Fargo nel conseguire livelli di cross-selling significativamente superiori alla media di mercato e la capacità riconosciuta di Bankin-ter nell’offrire una superiore esperienza multicanale alla propria clientela.In parallelo, però, sarà prioritario per le banche tro-vare nuove soluzioni anche per semplificare la propria macchina operativa, sia per rispondere alle pressanti richieste del regolatore nell’interesse della clientela, sia per recuperare flessibilità ed adeguarsi al ridimen-sionamento generalizzato dei ricavi.Per raggiungere nuove frontiere di efficienza le banche italiane potranno trarre spunti da alcuni importati ope-ratori del mercato spagnolo (Santander, BBVA), che hanno accentrato le operations in pochi centri e hanno costruito una piattaforma operativa unica e condivisa da tutti i mercati geografici nei quali sono presenti. In più hanno fluidificato molti processi trasversali supe-rando le barriere tra dipartimenti, ricorrendo alla digi-talizzazione spinta delle pratiche, con impatto positivo sia sulla rapidità di risposta al cliente che sulla qualità del servizio. Nei riquadri a fianco riportiamo alcuni casi di innova-zione rappresentativi dei trend in atto:

Mobile life: oltre i servizi finanziari;Banca sostenibile;Retailization: ricominciare dalla filiale;Nuovo patto banca-impresa: oltre il credito.

tempo di intraprendere un percorso di trasformazione e rinnovamento che, ponendo le basi per il modello di business e operativo dei prossimi 5-10 anni, sia in gra-do di generare la redditività necessaria per remunerare in modo sostenibile gli azionisti e raggiungere un livel-lo di solidità patrimoniale indispensabile per assorbire nuovi shock.Per far ciò, l’imperativo diventa quindi innovare. L’inno-vazione non deve essere intesa esclusivamente come pro-gresso tecnologico o come attività estemporanea frutto di iniziative sperimentali (gadget), ma come fenomeno più ampio e pervasivo in grado di modificare il modus operandi lungo tutta la catena del valore. Instaurare un circolo virtuoso di questo tipo richiede però la creazione di un ecosistema “fertile” che si ponga al centro delle attività aziendali e sia in grado di favorire l’imprendito-rialità lungo tutta la filiera, dallo sviluppo dei prodotti, alla qualità e rapidità dei processi, allo sfruttamento in chiave commerciale delle nuove tecnologie.Accenture mantiene da tempo un Osservatorio sull’In-novazione che, fondandosi sulla conoscenza del settore bancario globale e sull’attenzione al costante monito-raggio dei cambiamenti che lo attraversano, identifica le principali aree che saranno maggiormente coinvol-te da fenomeni di innovazione nei prossimi anni. Sul fronte dello sviluppo dell’offerta, la spinta di rinnova-mento si orienterà verso due direzioni distinte:� � evoluzione dell’attività tradizionale: a fronte di

una difficoltà di fondo a concepire prodotti real-mente nuovi, gli sforzi dovranno essere indirizzati a cogliere i bisogni insoddisfatti di segmenti emer-genti o comunque serviti in maniera poco selettiva (es. prodotti modulari in grado di rispondere ai bisogni di maggiore personalizzazione, soluzioni di micro-finance per immigrati, linee di servizi fi-nanziari dedicate alle donne) e trovare nuovi modi per creare legami e sinergie tra singoli prodotti; in termini di servizio, se Internet è diventato per fasce sempre più ampie di clientela un requisito indispensabile per l’accesso alla banca, esistono ampi spazi inesplorati per sfruttare a proprio favo-re le potenzialità del canale mobile in nuove aree di grande impatto sulla realtà di tutti i giorni, quali i pagamenti o altri servizi che contribuiscono a sem-plificare la vita al consumatore;

� � diversificazione verso prodotti non finanziari: al-cune banche si pongono già sul mercato offrendo prodotti extra bancari o servizi direttamente o in-direttamente collegati alla loro offerta tradiziona-le (es. traffico telefonico come servizio abbinato al

30 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

INNOVAZIONE IN BANCA: LA STRADA OBBLIGATA PER LA CRESCITA SOSTENIBILE

incanalare e governare la creatività;responsabilizzare e stimolare l’organizzazione.

Punto di partenza è rendere l’organizzazione ricettiva ai trend socio-culturali per anticipare i cambiamenti nei bisogni dei clienti. A tale fine è necessario inte-grare gli spunti acquisiti tramite il marketing analitico con strumenti collaborativi evoluti per raggiungere il massimo coinvolgimento di tutti gli attori (es. clienti, dipendenti, aziende a valle o monte della catena del valore) nello sviluppo dei nuovi prodotti. In questo senso, una nota marca automobilistica europea ha de-ciso di realizzare una community online per raccoglie-

2. Costruire il sistema di innovazionePer modificare realmente il DNA delle banche è cru-ciale avviare la costituzione di un “sistema di innova-zione” per il governo e la trasformazione delle idee in reali opportunità di business. Solo un approccio strut-turato permetterà di sfruttare appieno gli spazi offerti dal contatto continuativo con un’ampia base clienti e con un mondo sempre più “co-creativo” e “virale”. Ma come costruire concretamente il “sistema di inno-vazione”? I tre ingredienti che riteniamo indispensabili sono:

creare una rete di innovazione “permeabile”;

“Mobility” è divenuta la parola d’ordine delle banche per l’evoluzione delle strategie distributive multicanale, in linea con i nuovi stili di vita e acquisto dei clienti e la di!u-sione delle tecnologie di comunicazione. In tal senso questa è una delle aree in cui in modo più costante le banche si sono impe-gnate ad introdurre innovazioni nel corso degli ultimi anni, con particolare riferimento al tema del mobile banking. Questo nuovo canale evolve e completa l’o!erta di e-ban-king, sfruttando la progressiva di!usione di connettività senza limitazioni di orario e di luogo e la di!usione di nuovi dispositivi in grado di o!rire capacità di interazione e usabilità sempre più avanzate.Questo processo è tuttora in corso: la prima tappa, rappresentata dai mobile

financial services, ossia la possibilità di interagire con il proprio conto corrente fruendo via cellulare di servizi informativi, alert e transazioni, è già una realtà con-solidata nell’o!erta di multicanalità dei principali intermediari finanziari.E’ invece in fase di sperimentazione avan-zata la nuova o!erta di mobile payment, ossia la possibilità di utilizzare il proprio cellulare per pagare l’acquisto di beni e servizi in modalità remota o direttamente nel punto vendita. Il mercato è in fase nascente e sono attesi tassi di crescita prospettici superiori al 50-60% annuo a livello globale1, non solo nei Paesi occidentali, ma anche in aree economiche in via di sviluppo, dove la di!usione della telefonia cellulare è già rilevante.

La nuova frontiera all’orizzonte è rap-presentata dal concetto più pervasivo di mobile life, basato sull’integrazione di una varietà di servizi bancari ed extra-bancari in una piattaforma unica, facilmente fruibile ed in grado di semplificare signi-ficativamente la vita dell’utilizzatore. I primi segni di questa tendenza sono già presenti sul mercato (es. mobile wallet, augmented reality, mobile domotics) e la convergenza tra settori ra!orza e abilita questa tendenza.Le banche hanno un ruolo potenzialmente centrale in questo “ecosistema” inter-settoriale, facendo leva sulla funzione ancora prevalente di gestore dei sistemi di pagamento e sul forte rapporto di fiducia e fedeltà con la propria clientela.

Mobile Life: oltre i servizi finanziari

L’introduzione di condotte aziendali sosteni-bili è una leva essenziale per a!rontare e risolvere la crisi di fiducia che ha compro-messo il rapporto degli intermediari finan-ziari nei confronti della propria base clienti e della business community. In questo senso, introdurre innovazioni nella direzione della sostenibilità si traduce, quindi, anche in una strategia importante per recuperare condizioni di equilibrio economico (si parla, infatti, di “crescita economica sostenibile”).Il concetto di sostenibilità per un interme-diario finanziario è ovviamente diverso da quanto accade in settori come quello mani-fatturiero ed energetico. La sostenibilità per una banca di"cilmente attiene ad aspetti tangibili quali la riduzione delle emissioni di gas inquinanti o lo smaltimento ottimale degli output dei processi produttivi. Si con-

centra invece su aspetti “soft” relativi a:� � o!erta di prodotti (es. semplificazione

della scheda di o!erta, introduzione di meccanismi di prezzo più trasparenti, introduzione di prodotti eco-compatibili, ingresso in nuove aree di business come il micro-finance o in nuovi segmenti di clientela quali le comunità di immigrati);� � incremento dell’e"cienza (es. progetti

di digitalizzazione dei processi ammini-strativi, “zero carta” in rete e direzione centrale);� � aspetti reputazionali nei confronti della

clientela (es. implementazione di politiche stringenti per il rispetto delle normative vigenti, aggiornamento delle politiche e degli strumenti di customer relationship management), ma anche nei confronti dei dipendenti (es. introduzione di training

specializzato, facilitazione del lavoro a distanza).

Le banche che hanno introdotto per prime innovazioni nella direzione della sosteni-bilità hanno individuato iniziative “pilota” gestite dalle strutture esistenti; progressiva-mente l’aumento della consapevolezza sta portando i principali operatori internaziona-li a creare unità di corporate sustainability dedicate, come già accade in altri settori.Queste unità lavorano secondo un insieme di KPI articolato e spesso di!erenziato per area di business, che concorre anche a determinare gli obiettivi (MBO) dell’alta direzione. L’applicazione ai processi di controllo direzionale verticistico costituisce il primo passo per la di!usione del principio della sostenibilità su una base più ampia di attività operative della banca.

Banca sostenibile

1. Fonte: Market Insight: Mobile Payment, Gartner 2010.

FINANCIAL SERVICES ! BANKING

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 31

Per sfruttare al meglio la capillarità delle proprie reti commerciali e ripor-tarle a un livello di equilibrio economico accettabile, le banche stanno progres-sivamente adottando nuove soluzioni prendendo spunto dai modelli tipici del mondo della distribuzione di prodotti fisici (retailization).La logica del recupero della produttività del punto vendita (non solo misurata in termini di margine per addetto, ma anche di profitti per metro quadro) richiede di introdurre nuovi modelli di gestione delle reti, cambiare l’organizza-zione interna della filiale ed arricchire la varietà di prodotti distribuiti.Ad oggi, la quasi totalità delle reti commerciali bancarie è “proprietaria” ed è stata oggetto negli ultimi anni di una crescente “migrazione” decisionale verso la funzioni centrali interne. La riscoperta della vicinanza al territorio e dei principi di imprenditorialità di!usa suggeriscono una revisione dei rapporti centro-rete. In quest’ottica, in futuro non sono da escludere reti governate tramite modelli “misti” con comparteci-pazione all’utile, nel rispetto dei vincoli normativi e di qualità del servizio. Sul fronte del modello di filiale le principali novità riguardano:

� � nuovi layout: la tendenza in atto è pro-iettata verso soluzioni “aperte” e lumi-nose (es. porte scorrevoli, ampi spazi, eliminazione delle casse tradizionali), con rilevante presenza di elementi multimediali e di design. A questi pos-sono essere a"ancati strumenti per la rilevazione della soddisfazione della clientela (es. semafori per raccogliere i feedback dei clienti all’uscita), da inse-rire negli obiettivi della filiale al pari dei budget di vendita;

� � nuovi concept: alcune banche hanno sviluppato un proprio formato “speri-mentale”, spesso utilizzato come ele-mento di immagine e per testare l’ap-prezzamento di soluzioni innovative da parte della propria clientela. E’ il caso di un primario operatore internaziona-le che ha aperto alcuni punti vendita non tradizionali negli Stati Uniti secon-do un modello di business misto tra “filiale leggera” e “cafè”, con l’obiettivo di fornire un ambiente rilassante dove poter o!rire servizi e prodotti bancari e accesso all’Internet banking. Un player di nicchia, particolarmente innovativo, ha inserito in alcuni super e ipermercati postazioni self-service per conferire fisicità al prodotto e vendere pacchetti take-away per l’attivazione

di un nuovo conto corrente o dei servi-zi di multicanalità.

� � nuove soluzioni organizzative: oppor-tunità di cambiamento sono riscon-trabili nella composizione del team di filiale con ruoli prevalentemente commerciali, come anche nell’introdu-zione del consulente remoto a presidio di determinate fasce di clientela che non richiedono o non giustificano il gestore relazionale in filiale. Inoltre si stanno a!acciando nuove logiche di costituzione di portafogli non legate esclusivamente al valore del patrimo-nio, ma anche al profilo e al potenziale del cliente.

Per quanto riguarda l’ampiezza di gam-ma, mutuando esempi dal mondo del largo consumo, un prossimo passo per la filiale potrebbe essere l’allargamento a prodotti fisici non finanziari collegati alla propria o!erta tradizionale (es. prodotti di elettronica abbinati al prestito fina-lizzato). Inoltre, la banca può sfruttare la propria posizione di intermediario e interlocutore di fiducia per veicolare alla propria clientela l’o!erta di servizi per la persona e la casa (manutenzione, pro-gettazione, assistenza), come già accade in alcune realtà della grande distribuzio-ne (es. mercato francese).

Retailization: ricominciare dalla filiale

L’eredità che questi anni ci lasciano è soprattutto una: l’incertezza del domani. La percezione generale è che la probabilità di eventi “critici” (nuove crisi, bolle speculative, fallimenti) sia notevolmente aumentata e che il mercato diventerà molto più instabile e meno prevedibile. Da qui la necessità di prepararsi maggiormente a vivere e gestire un universo sempre più variabile, non solo tramite l’adozione di modelli di funzionamento più flessibili, ma soprat-tutto attraverso lo sviluppo di migliori strumenti a supporto del “governo dell’incertezza”.Se la gestione del rischio costituisce l’essenza del business bancario, l’inno-vazione in banca non può prescindere dal ripensamento del modo di fare cre-dito soprattutto in termini di capacità di prevedere le performance future della controparte.

Tale considerazione assume maggiore valore anche alla luce dell’evoluzione regolamentare in corso, i cui e!etti complessivi sull’accesso al credito sono ancora incerti, ma che sicuramente rappresenterà un’ulteriore spinta verso l’evoluzione e la selettività delle logiche di valutazione del merito creditizio e del pricing.L’innovazione nel credito si dovrebbe sviluppare lungo due direttrici:� � Innovazione relazionale: adottare un

modello di servizio “virtuoso” basato su una reale interconnessione banca-impresa da raggiungere sia attraverso l’evoluzione dei modelli di relazione (da generalisti a professionisti della crescita) e una maggiore specializza-zione delle rete commerciale (es. ciclo di vita, settori di punta), sia attraverso il reale sfruttamento delle potenzialità di connessione disponibili. Ad oggi ri-

scontriamo una crescente domanda di prodotti e servizi evoluti (“oltre il cre-dito”) da parte delle imprese solo in parte soddisfatta dall’o!erta attuale;� � Innovazione metodologica e analitica:

le banche si ritrovano oggi, dopo aver recepito le norme imposte da Basilea in tema di gestione e contenimento del rischio ed aver avviato un progressivo percorso di valorizzazione dei dati, un patrimonio informativo relativo al cliente molto importante che si pone alla base dell’applicazione di nuove tecniche di valutazione e monitoraggio del merito creditizio. Alla luce del re-ale potenziale informativo disponibile, gli investimenti fatti in tal senso vanno ulteriormente valorizzati attraverso la migliore integrazione, la maggiore fre-quenza di aggiornamento e l’introdu-zione di nuove variabili (es. metriche di settore e territorio).

Nuovo patto banca-impresa: oltre il credito

32 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

INNOVAZIONE IN BANCA: LA STRADA OBBLIGATA PER LA CRESCITA SOSTENIBILE

della “centralità dell’innovazione” è stato un operato-re americano. È interessante sottolineare che in questo caso la banca non si è concentrata solo sull’introdu-zione di un centro interno per costruire la “banca del futuro”, ma si è occupata anche di arricchirlo di com-petenze tramite una collaborazione con un’importante università. Su questo fronte, molti player testimoniano l’importan-za dell’introduzione del responsabile dell’innovazione (Chief Innovation Officer), al quale assegnare il titolo di “direttore d’orchestra” con il compito di governo e indirizzo del processo di creazione e industrializzazio-ne. Tale importanza è confermata anche da una nostra indagine condotta su circa 600 manager di azienda, secondo i quali l’introduzione di una figura dedicata al cambiamento consente di triplicare la probabilità di successo delle idee sviluppate.

3. Innovazione e performance Uno dei maggiori punti di controversia nel giudicare il successo dell’attività di innovazione di un’azienda con-siste nella difficoltà di valutarne i risultati in termini di impatto sulla performance finanziaria.E’ opinione comune che dalla costruzione di relazioni reciprocamente proficue con i clienti e della capacità di rispondere al futuro dipendono le prospettive di so-pravvivenza di un’azienda nel lungo periodo, ma come tradurre queste capacità intangibili nel linguaggio fer-reo della creazione di valore, basato principalmente sulla generazione di aspettative sui flussi di cassa futu-ri? In altre parole, c’è un’evidenza che le organizzazio-ni più innovative siano anche maggiormente valorizza-te e premiate dai mercati finanziari?Per qualunque azienda, il valore di mercato è costituito

re informazioni da tutti coloro che sono interessati ai temi della mobilità del domani. La stessa scelta è stata percorsa da un primario operatore del settore delle te-lecomunicazioni, che ha creato un laboratorio virtuale dove i clienti possono partecipare al test di alcuni nuovi servizi ed esprimere la propria opinione sul prodotto. Il secondo passo riguarda la costruzione di un processo che aiuti ad incanalare e gestire la creatività in modo strutturato e monitorabile (si veda la Figura 1). Tale per-corso consente di trasformare un insieme disaggregato di idee in soluzioni per il mercato che rispondono a re-ali principi di utilizzabilità e attrattività per la cliente-la. Il processo inizia dalla generazione delle idee: come già sottolineato in precedenza, in tale fase è fondamen-tale prevedere il coinvolgimento dell’ambiente esterno alla banca per stimolare la spinta creativa. Successiva-mente, tutte le opportunità identificate sono indirizza-te verso un meccanismo unificato di valutazione delle iniziative, denominato “ACID Test”, basato su criteri di fattibilità economica e tecnica e di aderenza all’im-magine della banca. Le fasi realizzative (finalizzazione, industrializzazione e lancio) hanno lo scopo di trasfor-mare l’iniziativa da idea a progetto, arricchendola di tutti i dettagli necessari per renderla “concreta” (es. aspetti di marketing).Terzo elemento per costruire il “sistema di innovazio-ne”, imprescindibile per il successo dei precedenti, è quello di rendere tutta l’organizzazione coinvolta e re-attiva allo sviluppo di nuove idee, individuando al con-tempo una chiara responsabilità del processo a 360°. A tale scopo è quindi consigliabile la costituzione di un’unità dedicata di innovazione, adeguatamente in-tegrata all’interno delle dinamiche organizzative della banca. Il primo player a precorrere i tempi del modello

Figura 1Possibile approccio al processo di innovazione

FINANCIAL SERVICES ! BANKING

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 33

ultimi anni, sulla capacità del management di agire in modo sistematico e continuativo sul contenimento del-la base costi, non essendo prevedibili margini significa-tivi per espandere l’attività.In queste difficili condizioni di mercato, da cosa di-pende la possibilità di aggiudicarsi un premio extra? Dalla capacità della banca di creare un flusso continuo di innovazioni incrementali “utili”, sfruttando anche le adiacenze, dalla disponibilità di una base clienti a cui proporre i nuovi servizi e dalla capacità di rafforzare la propria immagine nella mente del pubblico. Tradurre queste “riserve strategiche” di potenziali profitti fu-turi in elementi quantificabili “oggi” significa trovare un metodo facilmente comprensibile al pubblico e alla comunità finanziaria di valorizzare la capacità creativa (“innovation equity”), i forti legami con un’ampia base clienti (“customer equity”), un posto privilegiato nella mente dei consumatori (“brand equity”).Da una banca in grado di poter contare su una pro-duzione sistematica di innovazioni è lecito aspettarsi una maggiore generazione di flussi di cassa futuri? Le banche percepite come più innovative hanno dimostra-

da una componente relativamente più prevedibile de-rivante dalla proiezione futura dei profitti generati dal business attuale, più un eventuale premio basato sulle attese di generare flussi supplementari non program-mati, tramite nuove strategie non riflesse nelle attività correnti (le cosiddette opzioni di crescita). L’esisten-za di un premio per l’extra-crescita è l’elemento che consente a Apple di essere valutata più di Microsoft (attualmente2 i corsi di borsa vedono Apple quotata 16 volte gli utili attesi per il 2011 contro un multiplo di 11 per Microsoft), nonostante abbia profitti più bassi e tassi di crescita a breve comparabili. La confidenza sulla capacità del management di Apple di reinventare continuamente settori di attività e prodotti che sem-bravano maturi e consolidati spinge i mercati a pre-miare il titolo.In alcuni settori, in mancanza di informazioni diffuse sulla reale consistenza di questa capacità di innovare, i mercati si limitano a concentrarsi sulle trimestrali. Questo fenomeno è particolarmente significativo per le banche italiane, la cui valutazione è spesso appiat-tita sulla valorizzazione delle attività correnti e, negli

Figura 2Confronto tra Total Shareholder Return portafoglio Accenture Banche innovative e benchmark

2. Fonte: Bloomberg, settembre 2010.

INNOVAZIONE IN BANCA: LA STRADA OBBLIGATA PER LA CRESCITA SOSTENIBILE

34 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

to performance di borsa superiori? Propendiamo per una risposta affermativa, ancorché difficile da quan-tificare. A questo proposito, Accenture ha analizzato i rendimenti di un portafoglio azionario costituito da campioni dell’innovazione, ovvero da banche ricono-sciute “eccellenti innovatrici” in termini di modelli di offerta, soluzioni distributive, comunicazione, efficien-za operativa (BBVA, Santander, Bankinter, Barclays, Bank of America, Wells Fargo) sulla base degli studi dell’Osservatorio Accenture sull’Innovazione.Analizzando i rendimenti in ottica Total Shareholder Return3 (Figura 2), il portafoglio in questione ha avuto ritorni positivi e sovraperformato l’indice benchmark S&P Global 1200 Financial mediamente di circa 6 punti percentuali su base annua negli ultimi 5 anni (CAGR +1,8% contro -4,3%).La miglior tenuta sui mercati finanziari delle banche innovative si è quindi confermata anche durante la cri-si, che invece ha affossato i rendimenti del settore in generale.

4. ConclusioniRiteniamo che l’innovazione nel settore finanziario rappresenti un percorso obbligatorio per le banche de-terminate a trovare nuove fonti di sviluppo in uno sce-nario di mercato con limitate prospettive di espansione dell’attività tradizionale, crescente consolidamento e abbattimento delle barriere inter-settoriali.Opportunità di creazione di valore e forte discontinuità sono individuabili in svariate aree della catena del va-lore, con particolare riferimento al ripensamento del modello distributivo, alla capacità di coprire nuovi bi-sogni del cliente evolvendo l’offerta, all’introduzione di radicali innovazioni nella struttura della macchina operativa.Si è osservato che una superiore capacità innovativa consente tendenzialmente di generare ritorni superiori alla media e attirare l’interesse degli investitori. Que-sto può avvenire a condizione che le banche sviluppino una capacità di misurare e comunicare efficacemente alla comunità finanziaria i concreti risultati della pro-pria spinta innovativa (“innovation equity”).A livello implementativo, sono richiesti interventi di tipo strutturale per valorizzare la capacità creativa diffusa, incanalandola attraverso una chiara disciplina organizzativa, con impatto sul modo di lavorare e sulle responsabilità nella gestione dell’innovazione.

GLI AUTORI

Andrea Bargioni Partner Strategy Practice

Pierpaolo CazzolaSenior Manager Strategy Practice

Go!redo Amodio Senior Manager Strategy Practice

3. Total Shareholder Return: apprezzamento del valore del titolo più i dividendi.

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 35

FINANCIAL SERVICES ! INSURANCE

1. Il sistema assicurativo italiano tra crescita e opportunità ancora non colteCrescita record. È questo quanto si evince dall’analisi dei risultati 2009 del mercato assicurativo italiano. Dopo un triennio di profonda difficoltà, che ha portato ad una ridu-zione di oltre il 15% della raccolta premi complessiva (dal 2005 al 2008), l’industria assicurativa italiana è cresciuta del 28% raccogliendo premi per oltre 117 mld di euro nel corso dell’ultimo esercizio, grazie alle performance del business Vita (in crescita del 48,7% vs. 2008). Protagoni-sta di questa netta inversione di tendenza è stata la capaci-tà delle assicurazioni di intercettare il bisogno di sicurezza dei consumatori nella gestione del risparmio, facendo leva su soluzioni di offerta tradizionali con protezione del ca-pitale investito e rendimento garantito. Tale dinamica po-sitiva, confermata anche per il 2010 dalle prime evidenze sull’anno in corso (nuova produzione in continua crescita, anche se in progressivo rallentamento, a agosto 2010 del 27,9% rispetto lo stesso periodo dello scorso anno) è an-cor più significativa se confrontata con i principali mercati internazionali (cfr. Figura 1), che sono stati caratterizzati nel 2009 da differenti risultati di raccolta:

� � Mercati in crescita, seppur a ritmo inferiore rispetto al contesto italiano: è il caso ad esempio di Francia e Ger-mania, rispettivamente in crescita dell’8% e del 4% nel 2009 vs. 2008, dove tali performance sono state trainate (come nel caso italiano) dai risultati positivi del Vita, per via della capacità dell’offerta assicurativa di soddisfare i bisogni di tranquillità nella gestione del risparmio;

� � Mercati in contrazione, con il business Vita in difficoltà: è soprattutto il caso dei Paesi il cui settore finanziario è stato maggiormente impattato dagli effetti della crisi economica. È il caso di UK e USA, Paesi in cui la rac-colta complessiva si è contratta rispettivamente del 7% e 8% nel 2009 vs. 2008, ma anche dell’Olanda (-0,5% vs. 2008, -8,2% nel Vita).

Se nel business Vita il mercato italiano ha ottenuto perfor-mance di rilievo a livello internazionale, nel Danni si sono evidenziati alcuni elementi di criticità. In particolar modo la contrazione della raccolta certa Auto (-3,4% YoY) e gli impatti della crisi economica sui rami corporate (ad esempio Credito -6,5%, Trasporti -17,7%), nonostante siano stati fenomeni diffusi nel panorama continentale (calo delle immatricolazioni auto a livello europeo del

Per innovare il sistema assicurativo è necessario un piano industriale di settore radicale e concreto, ma per colmare definitivamente il gap rispetto ai Paesi più avanzati è indispensabile innovare il ruolo dell’industria assicurativa con operazioni di sistema che coinvolgano anche le istituzioni, i clienti e lo Stato.di Paolo Vendramin, Antonio Orlando, Francesco Iervolino e Matteo Vergani

Un’operazione di sistema per rinnovare il ruolo dell’industria assicurativa

36 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

UN’OPERAZIONE DI SISTEMA PER RINNOVARE IL RUOLO DELL’INDUSTRIA ASSICURATIVA

mercato assicurativo italiano, considerata la sua “storica” sotto-penetrazione, conferma quindi evidenti potenzialità di sviluppo (cfr. Figura 2). In aggiunta a ciò, come vedremo in dettaglio in seguito, si osserva una crescente necessità da parte dei consuma-tori italiani, meno soddisfatti delle Compagnie assicurati-ve rispetto al resto d’Europa, di sviluppare con il proprio partner assicurativo una relazione più attiva attraverso un maggior coinvolgimento, come messo in luce da una crescente propensione alla mobilità da parte dei consu-matori (es. 15% dei consumatori ha cambiato almeno par-zialmente Compagnia nel 2009 a fronte dell’8% del 2008 secondo i risultati di una recente indagine Accenture). Propensione ad oggi ancora “inespressa”, ma evidenza concreta di un cliente assicurativo ricettivo ai cambiamen-ti ed in movimento.

2. L’evidenza dal contesto internazionale: un ruolo chiave per le assicurazioni nello sviluppo del sistema PaeseI mercati a maggior penetrazione assicurativa (si pensi in particolare a Francia, UK, Germania e Olanda) si diffe-renziano dal panorama italiano per il diverso ruolo che il settore riveste all’interno del contesto socio-economico.

-1,6% nel 2009 vs. 2008, contrazione del PIL della zona Euro del -4,1%), hanno portato ad una riduzione della raccolta Danni (-1,9% nel 2009 vs. 2008), a differenza in-vece di quanto verificatosi in altri contesti. In particolare mercati comparabili hanno registrato un incremento della raccolta Danni, grazie al contributo determinante delle coperture relative alla persona (Salute e Property in pri-mis, sostanzialmente stabili o in leggera contrazione nel mercato italiano), come accaduto ad esempio in Olanda, con un mercato Danni in crescita nel 2009 del 3,7% vs. 2008 grazie all’onda lunga della riforma sanitaria, oppure in Francia, con un mercato Danni in crescita nel 2009 del +1,0% vs. 2008 grazie ai business Malattia e Infortuni (ri-spettivamente in crescita del +8% e +2% nel 2009 YoY). Più in generale, nonostante il record di raccolta per il mercato italiano registrato lo scorso anno, l’industria as-sicurativa nazionale evidenzia, rispetto a mercati similari, limiti dimensionali a causa della storica sottoassicurazio-ne (soprattutto nel business Danni) che caratterizza fa-miglie e imprese, in particolare: circa il 40% di raccolta pro capite in meno rispetto a Francia ed Inghilterra (pari a 80 mld complessivi), oltre il 60% rispetto all’Olanda (primo Paese al mondo per penetrazione assicurativa, con una raccolta pro capite di ca. cinquemila euro annui). Il

Figura 1Trend raccolta premi – Confronto internazionale

Figura 2Premi pro-capite – Confronto internazionale

FINANCIAL SERVICES ! INSURANCE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 37

In Olanda, inoltre, la previdenza complementare suppor-ta i bisogni pensionistici dei lavoratori arrivando oggi a coprirne il 90% su base volontaria (in Italia il tasso è pari al 22%); in Inghilterra inoltre è molto sviluppato il mer-cato dei fondi pensione i quali rappresentano il 50% delle attività finanziarie delle famiglie (circa il 15% in Italia).La gestione del risparmio presenta significativi esempi in Germania e Francia dove l’elevata diffusione delle polizze Vita quali strumenti dell’accumulo di risparmio, porta il 50% circa delle famiglie ad essere titolari di tale polizza (a fronte di un tasso di diffusione in Italia, nonostante la crescita del 2009, limitato al 15% delle famiglie).Per quanto riguarda invece la tutela ed il sostegno all’at-tività operante delle imprese, una marcata diffusione del-le polizze Corporate orientate alla protezione dei rischi d’impresa (premi Corporate/PIL pari a 1,5% in UK vs. 0,9% in Italia), possono essere in grado di agevolare an-che l’accesso al credito da parte delle PMI, come dimo-strato da un recente studio ANIA.Come testimoniato dai dati dimensionali precedentemen-te illustrati, in questi Paesi il mercato assicurativo è riu-scito a crescere in modo significativo facendo leva sulla capacità di tutelare e supportare il “Sistema” nella sua interezza in qualità di “partner”. Gli elementi che, a no-

In questi Paesi, infatti, l’industria assicurativa si delinea come partner di riferimento di Istituzioni, Cittadini e Im-prese, contribuendo in modo chiaro e determinante allo sviluppo dell’intero sistema Paese. Per meglio chiarire tale differenza basti pensare a come l’industria assicurativa supporta la collettività in aree chiave (cfr. Figura 3), quali:

Protezione dei beni e del patrimonio delle famiglie;Supporto al sistema sanitario nazionale;Gestione integrativa dei bisogni pensionistici;Gestione sostenibile del risparmio;Tutela e sostegno dell’operatività delle imprese.

Nello specifico, il primo ambito è stato perseguito attra-verso la vasta diffusione di polizze sull’abitazione come in UK e Olanda dove le famiglie volontariamente titola-ri di una copertura assicurativa sono pari ad oltre il 75% (contro il 20% in Italia), o come in Francia dove è stata introdotta la copertura obbligatoria per la protezione da rischi derivanti da eventi catastrofali.Per quanto concerne la copertura sanitaria, Francia e Olanda hanno attivato modelli di partnership Stato-Assi-curazioni che hanno portato ad una diffusione del 90% di polizze assicurative private (in Italia è solo del 5%), men-tre in Germania si è optato per l’obbligo dell’assicurazione sanitaria per contrastare il rischio di non autosufficienza.

Figura 3 Il ruolo del sistema assicurativo a supporto del Sistema Paese

38 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

UN’OPERAZIONE DI SISTEMA PER RINNOVARE IL RUOLO DELL’INDUSTRIA ASSICURATIVA

su iniziative volte a ridefinire i modelli di offerta, le mo-dalità distributive e le logiche di servizio. Il tutto abili-tato da Compagnie assicurative con modelli operativi e piattaforme efficienti, in grado cioè di superare i legacy storici. Una rinnovata azione congiunta dei diversi attori in gioco, ossia un’innovazione delle modalità di relazione delle Compagnie con Istituzioni e Cittadini per definire e mettere in atto quegli interventi da apportare sia in termini di evoluzione normativa, sia di sviluppo della cultura assicurativa e finanziaria collettiva.

Denominatore comune di un’“operazione di sistema” così delineata è appunto l’innovazione, vero e proprio motore del cambiamento nel settore assicurativo. In-fatti, sebbene proprio per natura l’industry tenda ad affacciarsi con diffidenza a ciò che non è garantito (e l’innovazione per definizione ha sviluppi non pianifi-cabili a priori), è stato grazie all’attivazione di modelli di offerta, soluzioni distributive, logiche operative e di servizio innovative che si sono registrate le discontinu-ità più significative nel settore (crescita della raccolta, evoluzione organizzativa e operativa lungo la filiera, …), tanto a livello internazionale quanto nazionale. Si pensi in particolare agli impatti sul tradizionale model-lo di business assicurativo (si veda la figura 4) di:

Innovazione distributiva tramite l’attivazione del ca-nale bancassicurativo, che dai primi casi di accordi distributivi tra banche ed assicurazioni in Francia nei primi anni Ottanta, si è delineato come il canale di ri-ferimento della raccolta Vita in tre dei principali mer-cati assicurativi europei (Francia, Italia e Spagna);Innovazione di prodotto tramite l’introduzione del-le polizze Vita Index e Unit Linked, che dalla loro introduzione in Inghilterra negli anni Ottanta come punto di contatto tra il mondo assicurativo e quello del risparmio gestito, si sono poi diffuse nel mercato italiano diventando il motore di crescita del business Vita nei primi anni Duemila;Innovazione di servizio, con lo sviluppo dell’accesso ai contenuti assicurativi tramite canali diretti (web e call center), innovazione che ha reso possibile sia l’attivazione di soluzioni distributive ad-hoc (dappri-ma sviluppatesi in Inghilterra a metà anni Novanta), sia l’evoluzione della relazione tra il Cliente e la Compagnia introducendo il concetto di “self-servi-ce” nel mondo assicurativo (preventivazione, con-fronto tra offerte, tracking sinistri, …) e sviluppando comunicazione e cultura assicurativa.

A queste innovazioni si possono aggiungere ulteriori ini-ziative di trasformazione, che seppur siano intervenute sul

stro avviso, consentono al sistema assicurativo nei Paesi più avanzati di essere “partner di riferimento di cittadini, imprese ed Istituzioni” sono essenzialmente riconducibili a due macro-categorie:

Di settore, relativi a modus operandi innovativi e di suc-cesso messi in atto dall’industria assicurativa stessa per favorire la diffusione e la penetrazione delle coperture;Di sistema, relativi cioè alla capacità congiunta del settore e degli altri stakeholder di definire un contesto regolamentare e culturale orientato alla creazione di valore reciproco.

In merito al primo ambito si è intervenuto lungo tre direttrici:

Semplificazione delle logiche di prodotto e integrazio-ne di garanzie, come avvenuto storicamente nel mondo anglosassone sin dall’introduzione delle polizze multi-line sull’abitazione, fino all’attivazione dei prodotti ri-sparmio integrati con coperture assicurative sulla per-sona;Sviluppo di un modello distributivo consulenziale e proattivo verso il cliente, si pensi al ruolo dei broker, facendo sempre riferimento al mercato inglese;Potenziamento dei livelli di servizio attraverso persona-lizzazione e multicanalità, vero ambito di innovazione rispetto al paradigma tradizionale delle assicurazioni, come emerge da una recente ricerca Accenture che evi-denzia come “la qualità del servizio” sia il principale driver di soddisfazione nei Paesi dove le assicurazioni sono meglio percepite (come ad esempio nel contesto tedesco e inglese).

Con riferimento al secondo ambito si è proceduto sia at-traverso un progressivo adeguamento della regolamenta-zione per favorire il contributo “sociale” dell’assicurazio-ne e sia sulla continua sensibilizzazione della domanda, attivando un ciclo virtuoso tra Istituzioni, Cittadini/ Im-prese e Compagnie stesse. Si pensi ad esempio alle inizia-tive di defiscalizzazione per incentivare il ricorso all’assi-curazione in ambito sanitario (Olanda e Francia in primis) o previdenziale.Come capitalizzare quindi questo paradigma, applicato con successo a livello internazionale, anche nel contesto italiano?

3. La risposta per l’industria assicurativa italiana: innovazione per attivare un’operazione di sistemaCapitalizzando l’esperienza internazionale, conside-rando al tempo stesso le caratteristiche distintive del Sistema Italia, riteniamo essenziale una “operazione di sistema” basata su:

Un “piano industriale” del settore assicurativo fondato

FINANCIAL SERVICES ! INSURANCE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 39

4.1 Innovazione delle logiche di o!ertaPer quanto riguarda l’innovazione di offerta la prima di-rettrice di intervento è focalizzata sullo sviluppo dell’of-ferta alle famiglie. In particolare le famiglie italiane si caratterizzano per:

La capacità di generare risparmio, che nonostante la contrazione registrata nel corso del 2009, si mantiene ben al di sopra della media europea (propensione al risparmio famiglie italiane: 13,4% Q1 2010 vs. media EU27 <12%, ma in contrazione di 1,6 p.p. YoY).L’elevata percezione di copertura dagli imprevisti (il 69% degli italiani ritiene di essere sufficientemente “coperta”), non verificata però nei fatti dato che an-nualmente una famiglia spende mediamente più di mille euro in riparazioni, manutenzioni straordinarie e visite mediche, tutte spese che potrebbero essere pro-tette da coperture assicurative sulla persona e sui beni;L’emergere di una maggiore sensibilizzazione su nuovi potenziali rischi impattanti la persona e le aspettative sulla qualità della vita (ad esempio il 33% degli italiani è interessato a copertura per malattie gravi, il 29% per rischio decesso).

In questo contesto, a nostro avviso, l’offerta assicurativa, capitalizzando il suo ruolo a supporto della gestione del risparmio, dovrebbe focalizzarsi su quelle aree in cui la scopertura assicurativa è maggiore, attraverso soluzioni di offerta modulare, in grado di integrare la protezione del risparmio e della persona. In particolare, per quanto ri-guarda la gestione del risparmio (estendibile quindi anche alla gestione dei bisogni pensionistici), l’offerta si deve caratterizzare per la capacità di coniugare la protezione del capitale investito con la flessibilità di investimento in funzione del ciclo di vita del risparmiatore. Con riferimen-to alle garanzie aggiuntive integrabili nel prodotto è possi-bile prevedere un’estensione ai seguenti ambiti:

Salute: con garanzie e servizi dedicati al segmento “mass-market”;Protezione dei beni primari (protezione casa e danni ai beni/ perdite pecuniarie, …).

Soluzioni di offerta integrata caratterizzate dall’integrazio-ne della gestione del risparmio (flessibile nella gestione del-la ricerca della performance finanziaria) e garanzie aggiun-tive sulla persona (attraverso coperture TCM, LTC e altre garanzie tipicamente danni) sono diffuse a livello interna-zionale e rappresentano un deciso motore di crescita. Si pensi ad esempio ai prodotti “Indexed Universal Life” svi-luppate nel mercato americano, primo prodotto in termini di crescita nel corso dell’anno in corso (raccolta +45% nel primo semestre 2010 YoY) nel mercato assicurativo Vita.In secondo luogo è opportuno intervenire sulle soluzioni

sistema assicurativo ad un livello meno evidente, hanno modificato i modelli di interazione tra azienda assicurativa, canali e clienti. In particolare sono state ridisegnate le mo-dalità di relazione relativamente al “come” (si pensi al ruolo delle tecnologie online nella relazione Compagnia - Canali), al “dove” (ad esempio l’introduzione di soluzioni e servizi tramite mobile device) e al “quanto” (ad esempio attraverso l’introduzione delle polizze “pay-per-use”).Sviluppando quindi lungo le due direttrici di intervento (“piano industriale assicurativo” e “innovazione delle modalità di dialogo con Istituzioni e Cittadini/ Imprese”) nuovi percorsi di innovazione in funzione dei trend socia-li, economici e tecnologici in atto e capitalizzando le espe-rienze di successo già messe in atto a livello internazionale dall’industria assicurativa riteniamo possibile per il mer-cato assicurativo italiano rivestire quel ruolo di riferimen-to per l’intero sistema Paese, che gli è già riconosciuto con successo in altre economie.

4. Il piano industriale del settore assicurativoCome precedentemente anticipato, la prima area di intervento su cui il settore assicurativo si dovrebbe fo-calizzare è rivolta ad innovare il modello di business stesso dell’impresa assicurativa. Una sfida per i CEO assicurativi sulle seguenti leve di innovazione:

Innovazione delle logiche di offerta, per quanto ri-guarda sia l’area della persona, sia dell’impresa;Innovazione delle modalità distributive;Innovazione dei modelli di servizio;Innovazione dei modelli operativi di Compagnia.

Figura 4Timeline breakthrough mercato assicurativo

40 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

UN’OPERAZIONE DI SISTEMA PER RINNOVARE IL RUOLO DELL’INDUSTRIA ASSICURATIVA

di o!erta e servizio alle imprese. Un bacino di domanda potenzialmente ampio (con oltre 4,5 mln di imprese, pre-valentemente “micro”, dato che circa il 75% ha meno di 2 addetti), ma caratterizzato da:

Bassa protezione delle proprie attività core (2,8 coper-ture medie possedute, spesso mono ramo /mono garan-zia) a causa di una bassa percezione dei rischi (secondo una recente ricerca ANIA l’80% circa delle imprese in-tervistate si ritiene adeguatamente coperta dai rischi);Esigenze assicurative specifiche per dimensioni di im-presa (micro imprese con bisogni “simil retail”, …) e segmenti di attività;Una crescente difficoltà nell’accesso al credito (in peg-gioramento per il 25% delle aziende), soprattutto in questa fase caratterizzata da vincoli più stringenti da parte degli istituti di credito (garanzie, tassi di interesse più elevati, …).

Per indirizzare queste criticità, supportando le imprese, di ogni dimensione, nella gestione del relativo business, le Compagnie devono quindi innovare le proprie modalità di gestione del segmento attraverso:

Un’offerta semplice e modulare per le micro imprese, caratterizzata da prodotti costruiti su un set di garanzie standard (ad esempio Incendio e Furto, RC, …), cross-settoriali, ulteriormente integrabili con garanzie aggiun-tive opzionali o specifiche settoriali (RC prodotto, …);Lo sviluppo di soluzioni di risk management assicu-rativo per le medie e grandi imprese attraverso servi-zi integrati di analisi e gestione dei rischi (mutuando l’esperienza del mercato broker inglese e delle relative modalità di gestione della clientela corporate).

Come evidenziato da un’indagine ANIA una maggiore

copertura assicurativa consentirebbe alle imprese di facili-tare l’accesso al credito (-17 punti base del tasso sul credi-to bancario per ogni copertura aggiuntiva), intervenendo quindi in modo determinante su una delle principali criti-cità di business affrontate dalle imprese italiane.

4.2 Innovazione delle modalità distributivePer definire le modalità di innovazione in ambito distribu-tivo è opportuno evidenziare alcune peculiarità del mer-cato italiano legate sia al mondo dei Clienti, sia al contesto dei canali distributivi e delle Compagnie, in particolare:

I clienti continuano a desiderare un rapporto “fisico” con la propria Compagnia (il 72% vuole un consulente in “carne e ossa” secondo una recente ricerca Accen-ture-GPF);Il contatto tra Cliente e i canali si verifica principal-mente per finalità amministrative (sempre secondo l’indagine Accenture-GPF, il 74% dei Clienti non è mai stato contattato nell’anno dalla propria compagnia per promozioni commerciali/ nuovi prodotti);Il canale tradizionale agenziale (primo per rilevanza nel business Danni con oltre l’80% dei premi raccol-ti), a causa sia della contrazione della primaria fonte di raccolta (il business Auto, in contrazione del 3,7% nel 2009 YoY), sia dell’incremento dell’incidenza dei costi amministrativi, vede il proprio modello di business in difficoltà (contrazione della redditività di agenzia di ol-tre il 10% - dati al 2008 YoY).

In un tale contesto, a nostro avviso le Compagnie dovrebbe-ro agire su uno sviluppo dei modelli relazionali con il cliente attraverso un maggiore proattività e focalizzazione commer-ciale. La prima linea guida di innovazione da attivare per perseguire tali obiettivi è rivolta al potenziamento del movi-mento commerciale dei canali verso i clienti, attraverso:

Il progressivo alleggerimento del carico amministrati-vo dei canali, centralizzando e razionalizzando attività amministrative e in alcuni casi di post-vendita diretta-mente in Compagnia. Un’esperienza di successo capi-talizzabile in tal senso è rappresentata dalle modalità di semplificazione delle attività gestionali di Rete che ha consentito l’attivazione del Bancassurance Danni in Francia (che oggi rappresenta una quota del 9% dell’intera raccolta Danni francese, rispetto al 2% in Italia), superando le resistenze “storiche” degli spor-telli bancari alla vendita di prodotti assicurativi “puri”.L’erogazione di servizi commerciali e di marketing (es. marketing intelligence, campaign management, …) per sviluppare l’efficacia commerciale dei canali distributi-vi. Un esempio di successo in tal senso è rappresentato

Figura 5L’agenzia assicurativa in tasca

FINANCIAL SERVICES ! INSURANCE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 41

(intesa come semplicità e completezza), con comunica-zioni mirate e gestite attraverso tool innovativi, in grado di raggiungere il cliente non solo nei momenti “assi-curativi” tradizionali (ad es. legati al pagamento della quietanza annuale).Crescente disponibilità di prodotti e servizi accessibi-li attraverso i canali “non-fisici” (internet e telefono), testimoniata dalla crescita 2009 vs. 2008 del 3,7% (dati ANIA sui Rami Danni), e anche dal presumibile ulte-riore consolidamento nel corso dell’anno corrente, do-vuto soprattutto alla forte componente di self-service 24/7 e all’implicita “vocazione” low-cost. In tal senso sono di particolare interesse le iniziative di accessibi-lità multicanale alla Compagnia sviluppate in Francia e Germania, tramite le quali viene realizzata una vera e propria sinergia operativa tra i canali per gestire le diverse fasi del ciclo di vita della polizza.

Un approfondimento doveroso in tema di servizio al cliente, riguarda la gestione della fase liquidativa, vero e proprio momento “cruciale” nella relazione con i clienti. In particolare per ottimizzare la qualità dei servizi offer-ti è possibile intervenire introducendo nuove modalità di interazione Cliente-Compagnia volte alla riduzione dei tempi di gestione dell’intero processo e all’aumento del-la soddisfazione del Cliente. In questo senso servizi quali l’apertura del sinistro self service (online, tramite call cen-ter o mobile application), il commitment su tempi di liqui-dazione e servizi esclusivi al cliente (es. riconsegna auto a domicilio, riparazione in loco, …), attivate ad esempio in UK e nel mercato francese, sono orientati a garantire l’eccellenza del servizio offerto durante il sinistro.

4.4 Innovazione dei modelli operativi di CompagniaFattore abilitante dei sopracitati interventi è senza dubbio l’evoluzione delle piattaforme operative e infrastruttura-li. In particolare, per gestire le innovazioni di offerta (ad esempio le integrazioni di offerta), distributive (ad esem-pio per gestire le nuove modalità di vendita e la piena in-tegrazione operativa tra i canali) e di servizio (come ad esempio la sfida alla riduzione dei tempi di gestione del sinistro) è necessario che le Compagnie sviluppino la pro-pria macchina operativa coerentemente con le innovazio-ni richieste dal mercato, attraverso ad esempio:

L’utilizzo di modalità operative lean ed industrializzate, basate su tecnologie “on-line” per garantire il pieno al-lineamento tra Compagnia, Canali e Clienti;L’attivazione di modalità operative basate su logiche di servizio (in chiave “shared service”) in grado quindi di

dai servizi messi a disposizione degli agenti indipen-denti nel mercato statunitense (dove i carrier competo-no innanzitutto sul mercato della distribuzione, prima ancora che sul cliente finale).L’introduzione di innovativi strumenti di vendita, capita-lizzando le opportunità offerte dai nuovi mobile device (si pensi alle potenzialità commerciali di strumenti innova-tivi quali ad esempio l’iPad) per abilitare la raccolta del-le informazioni e la proposizione commerciale diretta-mente dal cliente e semplificare l’attività di vendita e di emissione del contratto. Tale soluzione (si veda la figura 5) è già in corso di test e finalizzazione da parte di alcuni broker inglesi.

Il secondo ambito di intervento riguarda la capacità di sviluppare un assetto distributivo multicanale in grado di valorizzare le specificità dei diversi canali distributivi in termini di mix di offerta/ segmento di clientela servita. Il tutto supportato da una rinnovata partnership tra canali e Compagnia orientata ad uno sviluppo sostenibile e pro-fittevole del business attraverso la condivisione di risultati tecnici, commerciali e di soddisfazione dei Clienti.

4.3 Innovazione dei modelli di servizioIl terzo ambito del piano industriale sui cui le Compagnie dovrebbero a nostro avviso focalizzarsi è il livello del ser-vizio erogato, anche a fronte di dati di mercato che mo-strano come le Compagnie non siano in grado di soddi-sfare a pieno le esigenze della propria clientela (20% dei clienti soddisfatti in Italia vs. 50% in Francia, 30% UK, 26% Germania). In particolare pur rimanendo il prezzo il primo driver di scelta (nel 45% dei casi), sono servizi/pro-dotti di qualità e una relazione più personalizzata (richie-sta dal 38,1% dei clienti) i driver principali di soddisfazio-ne. Il nuovo Modello di Servizio è tanto più “motore della crescita” del sistema assicurativo quanto più garantisce:

La trasparenza verso i propri Clienti, a partire da una revisione e accrescimento della comprensione dei pro-dotti offerti (es. condizioni contrattuali), fino ad una più completa e condivisa percezione del “servizio ri-cevuto” da parte del Cliente stesso (ancor più che del “prodotto acquistato”). In questo senso risultano di rilievo le iniziative settoriali sviluppate in UK per favo-rire la qualità della relazione tra Compagnie e Clienti (ad esempio l’iniziativa “Treating Customer Fairly” ba-sata sul miglioramento della trasparenza e della comu-nicazione al cliente).Le comunicazioni verso i propri Clienti, sia in termini di quantità (superando l’attuale numero medio di con-tatti che le Compagnie assicurative hanno con i propri Clienti, pari ad uno l’anno), sia in termini di qualità

42 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

UN’OPERAZIONE DI SISTEMA PER RINNOVARE IL RUOLO DELL’INDUSTRIA ASSICURATIVA

di aderenti su tutta la forza lavoro, 26,9% consideran-do i lavoratori dipendenti del settore privato impat-tati dalla riforma, questi ultimi cresciuti in termini di adesioni di +0,9p.p. nel corso del 2009) e attivando un modello di collaborazione Pubblico-Privato per gestire Sanità (l’8,6% del PIL nel 2008, di cui il 19% a diret-to carico dei cittadini) ed Assistenza ai cittadini non autosufficienti (2,6 milioni individui), tema ancor più rilevante considerando i trend demografici della popo-lazione (con gli over 65 in crescita dal 20% attuale della popolazione, al 35% del 2051). In merito al modello sanitario, di particolare rilevanza risultano essere nel contesto internazionale i modelli multi pilastro con si-nergia tra copertura Pubblica (primo pilastro) e coper-ture private obbligatorie/volontarie (secondo e terzo pilastro) introdotti in Olanda e Francia.Sviluppare la tutela dai “grandi rischi”, per prevenire i fenomeni e attenuarne l’impatto, esigenza tanto più rilevante in un contesto ambientale, come quello italia-no, a forte rischio (81,9% Comuni a rischio idrogeolo-gico). Come già anticipato, iniziative simili sono state attivate con successo nel contesto francese attraverso le Coperture semi-obbligatorie per la protezione dai rischi catastrofali.Favorire l’evoluzione della regolamentazione per au-mentare efficacia ed efficienza dell’intero sistema assi-curativo (ad esempio introducendo l’agenzia antifrode, come effettuato in Olanda in cui sono state attivate banche dati istituzionali per prevenire il rischio frode ai danni delle assicurazioni);Di!ondere una maggiore cultura assicurativa tra i Cittadini e le imprese, grazie ad attività di sensibiliz-zazione, continuando sul percorso già tracciato dalle iniziative promosse dall’ANIA (ad esempio Forum ANIA-Consumatori, Fondazione per la Sicurezza Stra-dale, …).

Tali sinergie virtuose rappresentano dunque una condizio-ne essenziale per catalizzare gli sforzi e sviluppare il ruolo a supporto della collettività.

6. I benefici conseguibili per le Compagnie e non soloL’approccio proposto per sviluppare il ruolo dell’indu-stria assicurativa a supporto della collettività prevede quindi l’attivazione di interventi attuabili dalle Compa-gnie (di natura prettamente endogena) e iniziative di sviluppo congiunto che prevedono la partecipazione di tutti gli “attori in gioco” (di carattere sistemico). Attivando quindi l’innovazione delle practice attuali delle Compagnie, capitalizzando le soluzioni di eccel-

sviluppare il ruolo della Compagnia come erogatore di servizi a valore nel rispetto di tempi e output definiti;L’introduzione di modalità di pricing e di selezione dei rischi a sostegno della massimizzazione della redditività tecnica dell’offerta basati su strumenti e tecnologie “sta-te of the art” (come ad esempio l’automazione dell’assun-zione dei rischi standard, oppure strumenti di pricing industrializzato per rischi non standard/ complessi, …).

Il tutto con l’obiettivo di trasferire il valore generato da un approccio innovativo sistemico ai Clienti al giusto prezzo, valorizzando e preservando la profittabilità dell’industria assicurativa stessa.

5. Innovazione nelle modalità di dialogo con istituzioni e cittadini/impreseParallelamente alle iniziative che l’industria assicurativa deve comunque portare avanti (si veda la figura 6), è neces-saria un’azione sinergica tra tutti gli stakeholder per mas-simizzare i benefici ottenibili in ottica di valore reciproco.Una sinergia virtuosa così configurata, permetterebbe al sistema assicurativo italiano di “liberarsi” dalle tradizio-nali difficoltà che lo hanno contraddistinto negli ultimi anni e di dare quindi il contributo economico e sociale che gli spetta all’interno del sistema Paese, attraverso un circolo virtuoso e un dialogo di rinnovata “costruttività” ed efficacia tra Compagnie assicurative e:

Istituzioni, lavorando insieme a sostegno dello sviluppo del sistema socio-economico;Cittadini/ Imprese, dialogando per uno sviluppo condi-viso e a valore di domanda e offerta.

In particolare, è possibile prevedere una rinnovata colla-borazione volta a:

Modernizzare il welfare, dando un nuovo sviluppo alla previdenza complementare (che registra ad oggi il 22%

Figura 6Il piano industriale del sistema assicurativo

FINANCIAL SERVICES ! INSURANCE

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 43

lenza già presenti nel contesto internazionale, riteniamo possibile ottenere un concreto miglioramento del setto-re, come ad esempio un aumento del livello di penetra-zione dei prodotti e servizi e un incremento della profit-tabilità. Il tutto a fronte di una maggiore consapevolezza – da parte di cittadini e imprese – dei servizi offerti dalle Compagnie e di un conseguente progressivo riposiziona-mento dell’immagine stessa del sistema assicurativo.Risultati ancora più importanti sono perseguibili atti-vando non solo le leve a disposizione delle Compagnie, ma sviluppando il ruolo economico e sociale del settore nel suo complesso. Attraverso questa “operazione di si-stema” è possibile sviluppare vantaggi allargati a tutti gli stakeholder, i quali si trovano ad essere attori dello sviluppo e al tempo stesso beneficiari di tale percorso virtuoso. Tra i benefici possiamo senz’altro annoverare:

Un innalzamento del livello di copertura dei rischi e del servizio a beneficio dei cittadini e del livello di protezione delle imprese e del loro business;Un deciso contributo (non solo economico) alla so-stenibilità del sistema Paese, anche attraverso un mi-nore “costo per lo Stato”, sia sociale sia tecnico;Un’ottimizzazione dei costi per le Compagnie, do-vuta essenzialmente a una minore sinistrosità (gene-rata a partire dalla contrazione dei comportamenti fraudolenti) con possibilità di praticare, ad esempio, migliori prezzi ai Clienti per prodotti e servizi offerti e maggiore mutualità.

7. In sintesiIl mercato assicurativo italiano, nonostante la crescita record a livello europeo nel 2009, sconta ancora una marcata sottopenetrazione rispetto ai Paesi più avanza-ti. In tali Paesi, infatti, il sistema assicurativo è partner di riferimento di Istituzioni e cittadini per lo sviluppo del sistema socio-economico, a differenza del ruolo marginale rivestito nel contesto italiano. Per invertire la tendenza e colmare questo gap è necessario quindi innovare non solo il modello di business delle assicu-razioni, ma anche le modalità di relazione con gli sta-keholder di riferimento, Istituzioni e cittadini/imprese, ossia un’operazione di sistema. In conclusione, a fronte di un mercato in fermento e di un sistema assicurativo solido ma con possibilità di miglioramento, un’azione congiunta Clienti – Compagnie – Regulatory – Stato potrebbe, a nostro avviso, consentire il raggiungimen-to di un’adeguata cultura assicurativa della collettività, sviluppare un rapporto più bilanciato e di partnership tra i diversi attori in gioco e garantire il virtuoso svilup-po dell’intero sistema Paese.

GLI AUTORI

Paolo VendraminSenior Manager Strategy Practice

Antonio Orlando Manager Strategy Practice

Francesco Iervolino Manager Strategy Practice

Matteo Vergani Manager Strategy Practice

44 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

1. Dalla globalizzazione a un approccio multipolareIn un mondo sempre più interconnesso, in cui la rapida cir-colazione di informazioni e risorse ha raggiunto livelli mai visti in passato, le aziende operanti nel settore dei beni di largo consumo e del retail (CG&R) si trovano di fronte alla scelta di come interpretare tale “appiattimento” del globo1.La teoria del “mondo piatto” pubblicata da T.L. Friedman, infatti, sostiene che ci troviamo in una nuova era della globa-lizzazione, in cui «stiamo connettendo tutti i centri di cono-scenza del pianeta in una singola rete globale che potrebbe dare l’avvio ad un’era di straordinaria prosperità, innovazio-ne e collaborazione tra imprese, comunità e individui», e pro-segue: «ovunque si guardi, si nota che le gerarchie vengono sfidate dal basso, abbandonando una struttura rigidamente verticale per assumerne una più orizzontale e fondata sulla collaborazione». La tesi di Friedman si sostanzia in un avvi-cinamento – appiattimento, appunto – dei confini geografici

e culturali del pianeta grazie al sempre maggiore utilizzo di tecnologie, piattaforme e network che abilitano imprese, na-zioni ed economie a collaborare e comunicare con maggiore facilità e flessibilità.Oggi la realtà è che i Paesi del vecchio continente e del Nord America rappresentano mercati maturi in cui le prospettive di crescita sono limitate. Il Grafico2 1 mostra come il potere di acquisto delle popolazioni dei Paesi del B6 - Cina, India, Messico, Russia, Brasile e Corea del Sud - sia destinato a superare quello dei Paesi più industrializzati del G6 - Usa, Giappone, Italia, Germania, Francia e Regno Unito - entro il 2025. Il ribilanciamento in atto nella produzione e nei consumi mondiali da ovest verso est e da nord verso sud del globo è stato acuito dalla crisi internazionale che ha generato impatti più pervasivi e persistenti nei Paesi sviluppati. L’accelerazio-ne di questo trend strutturale è testimoniata dall’andamento degli investimenti diretti all’estero: il 2009 è stato il primo

Non esiste una “strategia ottimale” capace di garantire il successo delle operazioni di crescita internazionale nei mercati emergenti. A!rontare tale sfida significa innanzitutto comprendere profondamente le caratteristiche distintive di questi Paesi e declinare il proprio modello di business in modo flessibile, tenendo conto delle specificità locali.di Alessandro Diana, Ra!aella Campagnoli ed Eron Simonini

Innovazione nella strategia di geo-expansion in un mondo multipolare

1. Thomas L. Friedman, The World is Flat, 2006. 2. Fonte: Economist Intelligence Unit.

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 45

PRODUCTS

generate dall’“appiattimento” globale e che valorizzino specificità e competenze locali, fondamentali per penetrare economie i cui criteri di funzionamento ancora non sono del tutto chiari.Quali sono le leve di applicazione per interpretare questo cambiamento di scenario in un settore come il food & beve-rage, ancora rappresentato da realtà fortemente ancorate a logiche locali? Sulla base di quali criteri i player possono implementare efficacemente le proprie strategie d’ingresso, dovendo considerare non solo il contesto politico, cultura-le ed economico ma anche elementi più complessi quali, ad esempio, le abitudini nutrizionali, gli impatti del clima nella conservazione dei cibi, la disponibilità di catene distributive specializzate?Come migliorare ed innovare il proprio portafoglio prodotti in un contesto in cui la disponibilità di informazioni locali, l’interconnessione e la collaborazione - nonostante l’appiat-timento di Friedman - non sono ancora a livelli paragonabili con quelli dei mercati più sviluppati?

2. Innovazione e flessibilità nella strategia d’ingresso nei mercati emergentiLe strategie messe in atto sinora dai principali player del set-tore sono diverse e hanno portato a risultati ben differenti.Wal-Mart nell’agosto 2007 ha incontrato forti restrizioni legislative da parte del governo indiano il quale impedisce agli operatori esteri di aprire punti vendita che possano com-petere con i retailer domestici. Per entrare in India, quindi,

anno nella storia in cui le economie emergenti sono riuscite ad attrarre più risorse di quelle sviluppate (Grafico 23).L’incremento della rilevanza dei Paesi emergenti nello scac-chiere globale emerge chiara anche da una recente ricerca Accenture4 svolta su un campione di 420 dirigenti di aziende, rappresentati da una pluralità di settori e aree geografiche, da cui è emerso che il trend che più potrà avere impatti nel cambiamento del contesto competitivo nei prossimi 5 anni sarà la “Crescita dei player provenienti da Paesi emergenti” (citato dal 41% degli intervistati - possibili risposte multiple).Ora le economie emergenti rappresentano il mercato da cui cogliere le principali opportunità di crescita ed il termine stesso globalizzazione è sempre più sinonimo di un mondo multi-polare. «Nel 1980 solo un quarto delle esportazioni dai Paesi in via di sviluppo erano prodotti industriali, nel 2000 questa percentuale superava l’80%; quattro Paesi emergenti (India, Messico, Brasile e Indonesia) conteranno nell’econo-mia globale complessivamente come il Giappone e l’Unione Europea vedrà la sua incidenza economica ridotta di un ter-zo5; l’economia cinese dovrebbe raggiungere le dimensioni dell’economia americana intorno al 20356; il 100% degli stu-denti indiani laureati nel 2009 parla inglese, 10 anni fa solo il 12%7…».Anche per gli operatori del largo consumo e del retail la sfida oggi è quella di allargare l’ambito competitivo alle economie emergenti, comprendendo le caratteristiche dei mercati tar-get e riprogettando il proprio modello di business in maniera coerente con la disponibilità di risorse e il concetto di mul-tipolarità. La complessità consiste nell’efficace articolazione di asset, risorse e competenze che sfruttino le opportunità

3. Fonte: Economist Intelligence Unit.4. From global connection to global orchestration, Accenture 2010. 5. Banca Mondiale, 2009.

6. Business Week, 2009.7. Pankaj Ghemawat," Redefining Global Strategy", 2007.

Grafico 1Evoluzione del potere di acquisto nei principali Paesi del mondo al 2025

Grafico 2Flussi globali di investimenti diretti esteri

46 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

utilizzando configurazioni ibride.Nella definizione della strategia di geo-expansion, quindi, ci sembra di poter identificare quattro fasi sequenziali utili alla corretta declinazione del business model nei mercati emer-genti: (a) identificazione dei potenziali Paesi target e valuta-zione del livello di attrattività; (b) analisi del mercato e delle barriere all’ingresso (CAGE); (c) valutazione delle competen-ze/asset disponibili e necessarie nei mercati target; (d) identi-ficazione di una strategia di ingresso che abiliti il reperimento delle competenze/asset non disponibili ma necessari. (a) Dato un panel di Paesi emergenti potenzialmente in-teressanti per lo sviluppo, è necessario identificare quelli prioritari. Tale fase consiste nell’elaborazione di variabili macroeconomiche (es. crescita del PIL, livello e crescita del PIL pro-capite, incidenza investimenti esteri sul PIL, …), in-dicatori socioculturali (es. % di popolazione urbana, livello di corruzione, …) e dati di mercato (es. diffusione dei canali di vendita al dettaglio, numero di punti vendita, …) che con-ducono all’identificazione dei mercati più attrattivi, ovvero ad elevato potenziale di crescita e inseriti in un contesto di business favorevole.

(b) Definito il/i Paese/i più attrattivo/i, occorre identificare le caratteristiche del mercato rispetto alle barriere all’in-gresso (CAGE) che devono essere superate per poter pene-trare efficacemente il mercato (Figura 1).(c) La fase successiva è focalizzata all’identificazione degli asset e delle competenze necessarie per l’ingresso nel/nei mercato/i target (Figura 210): tenendo in considerazione un set di competenze ed asset in linea con gli obiettivi strate-gici di penetrazione dell’impresa in questione (ad es. solo distribuzione, distribuzione e insediamento di stabilimenti produttivi,…) si valuta il livello di disponibilità degli stessi in loco o in Paesi limitrofi.

Wal-Mart ha modificato la propria anima di retailer propo-nendosi come grossista attraverso la costituzione di una joint venture con la società indiana Bharti Enterprises. Per non causare tensioni con le associazioni commerciali e i partiti politici più conservatori, inoltre, ha creato un brand indiano per i suoi punti vendita, Best Price Modern Wholesale. Oggi Best Price Modern Wholesale vanta 3 punti vendita all’in-grosso: uno nella città di Amritsar, aperto nel 2009, e 2 nella provincia del Punjab al nord del Paese. Al fine di entrare efficacemente in Sud Corea con una pro-pria catena, nel 1999 Tesco ha stretto una partnership con la coreana Samsung, azienda leader con fortissima conoscen-za del contesto locale, lanciando la catena Homeplus. Nei suoi attuali 305 punti vendita, oltre all’offerta tradizionale si possono trovare anche servizi finanziari e prodotti elettro-nici. Anche grazie al supporto del partner locale, Tesco si è fortemente radicata nel mercato e la scelta di utilizzare per-sonale coreano anche nei ruoli direttivi (solo 11 dei 22.000 dipendenti arrivano dal Regno Unito) è stata vincente: oggi la Corea del Sud rappresenta per Tesco il secondo Paese per fatturato dopo il Regno Unito, con prospettive positive an-che per i prossimi anni. Nonostante rappresenti uno dei retailer con più ampia pre-senza ed esperienza internazionale, Carrefour durante i 10 anni di permanenza in Corea del Sud (1996-2006) ha ottenu-to risultati del tutto opposti: contrariamente a Tesco, infatti, la catena francese ha tentato di penetrare nel mercato con il proprio modello di business “classico”, peraltro utilizzando top management proveniente dall’estero. Nel 2006 Carre-four ha deciso di uscire dal Paese asiatico, non riuscendo a raggiungere i risultati auspicati dopo aver investito circa 1,1 miliardi di dollari.La considerazione dei casi Tesco e Carrefour in Corea del Sud generano una riflessione di base: operatori con espe-rienze internazionali hanno a!rontato in maniera molto di!erente l’approccio al mercato, l’uno valorizzando il più possibile il contributo di chi lo conosce e lo governa, l’altro replicando la strategia di ingresso classica. La storia dimostra quale sia stato l’approccio vincente in questo caso. Ma la ricetta perfetta esiste?In realtà, la sempre maggiore disponibilità informativa insie-me al concetto di multipolarità supportano l’identificazione di diverse opzioni d’ingresso nei mercati emergenti. A partire dalla considerazione dei vincoli locali (culturali, amministra-tivi, geografici ed economici - CAGE8), degli asset e delle capability detenute da ogni azienda, la strategia d’ingresso deve essere costruita in maniera flessibile ed adattiva, anche

8. Fonte: Elaborazione Accenture 2010.9. Fonte: Elaborazione Accenture 2010.

10. Fonte: Elaborazione Accenture 2010.

INNOVAZIONE NELLA STRATEGIA DI GEO!EXPANSION IN UN MONDO MULTIPOLARE

Figura 1Valutazione delle barriere all’ingresso (CAGE) in un Paese

PRODUCTS

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 47

di minimizzare le scorte da consegnare ai diversi punti ven-dita presenti sul territorio. Inoltre, il servizio front office di grande qualità che l’azienda vantava era favorito dal sistema di partecipazione azionaria dei dipendenti, il cui coinvolgi-mento nell’azionariato societario bastava da solo ad accre-scerne la motivazione. L’assenza di infrastrutture adeguate e di un mercato dei capitali sviluppato non facilitava l’otte-nimento degli stessi risultati nei mercati emergenti. A ciò si aggiungeva l’esigenza di modificare l’approccio al marketing poiché spesso, nei Paesi in via di sviluppo, il basso costo del lavoro comporta che i clienti target non siano solo i proprie-tari di case, bensì appaltatori che facciano da intermediari tra il punto vendita ed il proprietario. Per tutti questi motivi, nel 2001, l’azienda ha deciso di ven-

Obiettivo di tale sforzo è quello di evidenziare se l’azienda sia in grado di supportare la propria espansione in maniera au-tonoma oppure se il contesto del mercato/i target evidenzino la necessità di reperire parte o la totalità degli asset esterna-mente, come nel caso di Tesco in Corea del Sud (Figura 311).(d)Le fasi (b) e (c) sono funzionali all’identificazione delle possibili ipotesi di ingresso (Figura 412):� � M&A (quadrante 1): In un contesto caratterizzato da un

elevato CAGE e limitata disponibilità di competenze, as-set e risorse interne, l’entry strategy consigliabile è la cre-scita inorganica, in particolare attraverso acquisizione di un player già attivo sul mercato target.

� � Crescita green-field (quadrante 3): la soluzione opposta, caratterizzata da basso CAGE ed elevata disponibilità di competenze, asset e risorse vede la crescita green-field come l’entry strategy preferibile poiché le competenze e risorse già presenti in azienda (o facilmente acquisibili in loco) vengono valorizzate in un ulteriore mercato.

Il modello di ingresso green-field e quello orientato alla cre-scita inorganica rappresentano le alternative più immediate per le imprese. I due esempi seguenti dimostrano come la crescita organica sia stata, soprattutto nel passato, la prima opzione praticata per l’ingresso nei mercati emergenti.Tra il 1998 e il 2000 la statunitense Home Depot - retailer di prodotti per migliorare, costruire e manutenere la casa - ha deciso di entrare autonomamente in due Paesi emergenti: nel 1998 ha aperto due punti vendita in Cile e nel 2000 uno store in Argentina. In nessuno dei due casi gli investimenti all’interno di tali Paesi hanno ottenuto i ritorni desiderati. Negli USA infatti, Home Depot poteva contare sulla validità dei sistemi logistici di gestione delle scorte i quali, uniti all’ef-ficienza del sistema autostradale americano hanno permesso

Figura 2Set di risorse, asset e competenze per l’ingresso nel mercato target

Figura 3Quantificazione del gap di risorse, asset e competenze necessarie all’ingresso nel mercato

11. Fonte: Elaborazione Accenture 2010.12. Tarun Khanna, Krishna G. Palepu, Winning in Emerging Markets, Harvard Business Press, 2010.

Figura 4Mix di opzioni strategiche per l’ingresso nel mercato

48 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

teriormente: oggi McDonald’s ha 235 ristoranti di proprietà nessuno dei quali è stato dato in franchising, mentre l’80% degli ingredienti sono forniti da operatori esterni. Tale ap-proccio rispecchia le parole del CEO, Jim Skinner, il quale ha affermato come l’obiettivo dell’azienda sia «consegnare il business nelle mani di fornitori indipendenti». Il caso russo mostra come il colosso americano sia riuscito ad orchestrare il proprio modello di business nel tempo per rispondere alle esigenze richieste dal territorio russo e alle sue evoluzioni. In un periodo come quello degli anni ‘90 in cui l’asimmetria informativa rispetto ai mercati emergenti rendeva difficile anticipare le conseguenze della globalizzazione, McDonald’s è stata in grado di agire e pensare localmente, creando i pre-supposti per implementare nel tempo la value proposition stabilita a livello globale.� � Focus su Partnership commerciali e Joint Venture (quadran-

te 2). Nel caso di significativa presenza di asset e competen-ze interne sul territorio (ad esempio la presenza di un plant produttivo in loco) ma altrettanto elevate CAGE, la gene-razione di Partnership/Joint-Venture rappresenta l’alterna-tiva più efficace: il supporto di un player locale consente di oltrepassare le barriere all’ingresso e di capitalizzare sulle risorse interne.

Un altro esempio rilevante in questo senso, oltre alla joint ven-ture Tesco-Samsung è quello di Nestlé Professional e Ikea in Cina. Le due multinazionali hanno lavorato insieme per assor-tire i ristoranti del colosso svedese con alimenti e bevande (tra cui zuppe, Milo, tè con latte) che fossero in grado di incontrare i gusti dei consumatori locali; la positiva esperienza è stata suc-cessivamente mutuata anche in Stati Uniti e Canada.� � Focus su Partnership operative e outsourcing (quadran-

te 4). Come ultima alternativa, nel caso in cui le barriere all’ingresso siano limitate ma l’azienda non disponga del-le risorse e competenze interne necessarie a supportare l’espansione, il focus si sposta sull’identificazione di part-nership atte a facilitare lo svolgimento delle operations in loco (ad esempio attraverso partner in grado di reclutare e formare risorse locali specializzate, il supporto di piatta-forme logistiche esterne, l’utilizzo di centri di outsourcing anche offshore per la gestione del back office, soluzioni light esternalizzate per la gestione dell’infrastruttura tec-nologica).

Tale modello è forse la massima espressione di multipolarità applicata al concetto di “appiattimento” di Friedman e, allo stesso tempo, alternativa più consona alla minimizzazione del time to market e del rischio di ingresso. L’innovazione, in questo senso, si sostanzia nella possibilità di orchestrare la strategia di ingresso in funzione delle reali disponibilità e bi-sogni di competenze su quel territorio, allineando l’intensità di capitale dedicato con gli obiettivi strategici aziendali.

dere le attività presenti in Cile ed Argentina realizzando una perdita netta di 14 milioni di dollari.13 Nello stesso anno, Home Depot ha modificato radicalmente la sua strategia di ingresso nei mercati emergenti a cominciare dal Messico. Qui, infatti, ha optato per una strategia di acquisizione di re-tailer locali: Total Home prima e Del Norte l’anno successi-vo. Nel 2004 la società statunitense contava 42 punti vendita in Messico. Qualche anno più tardi, consapevole dei prece-denti errori in Cile ed Argentina, Home Depot ha valutato attentamente l’opportunità di entrare nel mercato cinese il quale presentava grosse prospettive di crescita. Qui, oltre alle classiche problematiche descritte precedentemente, si aggiungeva che in Cina le case necessitavano di interventi più radicali rispetto alle abitazioni americane. Nel 2006 Home Depot ha deciso di entrare in Cina attraverso l’acquisto del retailer locale Home Way, catena che aveva replicato il mo-dello di business dell’acquirente, copiandone finanche il fa-moso grembiule arancione. Oggi Home Depot possiede 10 punti vendita localizzati in 5 città del gigante asiatico. Un altro esempio di azienda capace di affrontare le sfide che il contesto locale di un Paese emergente sottopone è dato da McDonald’s in Russia. Globalmente, il colosso americano ha solo il 15% dei propri ristoranti di proprietà; l’85% è gestito da franchisee che l’azienda monitora per assicurarsi che la qualità dei prodotti e dei servizi offerti ai suoi clienti rispettino gli stan-dard stabiliti. Di solito McDonald’s entra in un Paese estero ricercando partner locali cui affidare in outsourcing fasi della supply chain (produzione e distribuzione in particolare). Tale approccio in Russia non sarebbe stato perseguibile in quanto nel 1990, la multinazionale americana non ha trovato un nu-mero sufficiente di operatori in grado di fornire gli oltre 300 ingredienti di cui necessitava un punto vendita McDonald’s. Piuttosto che rinunciare ad un mercato tanto vasto, McDo-nald’s ha costituito una joint venture con l’amministrazione di Mosca identificando agricoltori e produttori locali come part-ner addizionali, ha provveduto direttamente all’importazione dei prodotti non locali e migliorato le tecniche agricole locali attraverso l’assistenza di specialisti canadesi ed europei.L’azienda ha costruito un McComplex di oltre 9.000 mq dove ha concentrato la produzione degli ingredienti, strutturato la rete distributiva e finanziato i suoi fornitori così da permet-tere loro l’acquisto di attrezzature moderne e favorire il rag-giungimento di economie di scala nella produzione. Inoltre, ha curato la formazione del personale russo, anche traverso un periodo di scambio all’estero per 23 dei manager locali.Per rispondere alle difficoltà locali, quindi, McDonald’s ha dato vita ad una struttura verticalmente integrata. In Rus-sia, dopo 20 anni dal suo ingresso, il contesto è evoluto ul-

13. Fonte: Accenture, 2010.

INNOVAZIONE NELLA STRATEGIA DI GEO!EXPANSION IN UN MONDO MULTIPOLARE

PRODUCTS

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 49

DALL’ANALISI DELLE ESPERIENZE descritte emerge come non esiste una “strategia ottimale” capace di garantire il successo delle operazioni di crescita internazionale nei mercati emer-genti. Possiamo concludere che affrontare tale sfida significa:

comprendere profondamente le caratteristiche distintive dei Paesi target; declinare il proprio modello di business con flessibilità e senso adattivo: le scelte in termini di portafoglio di offerta, modello operativo/distributivo, partnership devono essere specifiche per ciascun Paese. Non esiste una best way, uni-versalmente replicabile in modalità top down;essere in grado di amalgamare ed orchestrare opzioni di crescita inorganica a partnership commerciali e operative, oltre che far leva su servizi esterni come acceleratore del percorso (Figura 5);bilanciare la necessità di preservare la cultura aziendale con l’esigenza di rispettare ed aprirsi alle culture locali. Il blend di management internazionale e locale spesso è una utile soluzione;far leva anche su competenze e risorse esterne (locali) per accelerare i processi di market entry.

Un esempio interessante è rappresentato dalla recente ini-ziativa lanciata in Cina da un gruppo di aziende leader nel settore del largo consumo14: in tale Paese, una delle princi-pali criticità di ingresso consiste nella scarsa disponibilità di forza vendita locale e negli elevati costi dei canali tradizionali di recruiting (peraltro non ancora sviluppati). Per sopperi-re a tale problematica, le multinazionali si sono unite in un consorzio dedicato alla ricerca e alla formazione di giova-ni talenti sul territorio. Per attingere in maniera efficace e tempestiva alle risorse, il consorzio ha creato una “recruiting and training machine” che, agendo su volumi di domanda significativi, riduce il costo marginale di ingresso delle sin-gole risorse per le aziende partner assicurando ai candidati un livello di preparazione elevato. La vision del consorzio è quella di testare il modello, attualmente pilota, utilizzando le competenze sviluppate per supportare il recruiting e la forma-zione su scala globale.L’azienda francese Nutriset, rappresenta un ulteriore caso. Produttrice di cibo per bambini che non necessita di aggiunta di acqua (che è spesso veicolo di malattie infettive) nei Paesi poveri, nel 2005 ha ideato PlumpyField Network: una rete di produttori locali che, all’interno dei mercati emergenti, è in grado di comprendere le esigenze della domanda per favorire l’accesso a soluzioni innovative ad alto valore nutrizionale per le popolazioni a rischio di malnutrizione. L’introduzione della produzione nelle aree bisognose rende maggiormente facile l’accesso al mercato e contribuisce ad ampliare il mercato stes-so migliorando le condizioni economiche della popolazione locale. Al contempo, Nutriset fornisce al network macchine produttive ad alta performance, trainer per l’utilizzo di tali macchinari e concessionario del brand e del brevetto Plumpy.

GLI AUTORI

Alessandro DianaPartner Strategy Community Practice

Ra!aella Campagnoli Senior Manager Strategy Practice

Eron Simonini Manager Strategy Practice

Figura 5Innovazione nelle strategie di crescita nei mercati emergenti

14. Fonte: Accenture, 2010.

50 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

1. Innovazione e crescitaÈ innovazione e crescita il binomio importante che con-traddistingue il mondo delle telecomunicazioni, dei media e dell’high-tech da sempre. Le aziende creano valore per gli azionisti attraverso una crescita profittevole. L’innova-zione è una delle leve principali per sostenere tale cresci-ta. Eppure è abbondantemente dimostrato che quando il core business di un’impresa ha raggiunto la maturità, fatto evidente in molti comparti di questa industry, la ricerca di soluzioni innovative su cui fondare la crescita futura com-porta un rischio molto elevato per la sopravvivenza stessa dell’azienda (una su dieci riesce nell’intento). Stiamo oggi uscendo da una situazione di forte incertezza, determina-ta dall’elevata maturità del settore con forti strappi inno-vativi, coscienti quindi che solo poche aziende riusciranno alla fine a mantenere nel tempo quel tipo di crescita at-tesa, ossia quello che si traduce in incremento superiore alla media dei ritorni per gli azionisti per i prossimi cinque anni almeno. Innovare verso direzioni sbagliate può portare l’intera

corporation al tracollo e perseguire la crescita in modo sbagliato può essere a volte quindi anche peggio di non crescere. Ci dobbiamo quindi fermare a riflettere, perché non tutte le sirene di oggi indicano con chiarezza la strada del successo. La battaglia che si sta giocando tra player di diversi settori ormai integrati non ha ancora evidenziato chiaramente né i vincitori né i vinti. Analizzando il mer-cato, e contestualmente il processo innovativo in atto, no-tiamo che esistono degli spazi ancora non completamente indirizzati, opportunità che, come aziende appartenenti a questi tre settori, dovremmo valutare per assicurare la giusta continuità di crescita. L’innovazione tecnologica da sola non porta automatica-mente successo. È vincente se riesce a soddisfare bisogni (anche se non ancora chiaramente espressi!) in modo più semplice ed economico, sia in termini di spesa che di tem-po, rispetto a qualsiasi altra soluzione precedentemente utilizzata dai nostri clienti. Oggi occorre avere un’estrema capacità di ascolto e comprensione profonda del mercato e delle sue dinamiche per costruire un prodotto di suc-

L’innovazione è l’unico vero motore di rilancio per un settore che, in un contesto dalla crescita ancora incerta, è in realtà sempre in movimento intorno a noi. di Marco Salera e Andrea Pagliai

Innovazione espansiva: il prossimo passo verso la pervasività delle tecnologie digitali. “Connecting Home & Internet TV”

COMMUNICATIONS AND HIGH TECH

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 51

mettendo a rischio quella di player ancorati a vecchi mo-delli basati sul concetto di premium price tecnologico asso-ciato al servizio. “Internet & mobilità” è il binomio al centro dell’attuale fase distruttiva. L’iPhone è solo l’inizio. Il passo successi-vo? Una fase espansiva, in cui la crescita sarà appannaggio di chi sarà in grado di offrire al mercato prodotti e servizi sempre più pervasivi e agnostici rispetto all’infrastruttura tecnologica abilitante. “La casa” entrerà necessariamen-te e prepotentemente nel binomio Internet & mobilità e sarà al centro di questa terza fase innovativa. Un “hub multimediale domestico”, integrato con smartphone, Tablet e Pc consentirà domani di connettere l’intero ambiente “domestico” a Internet.

Alcuni indizi:Apple con il suo iOS ha dichiarato l’intenzione di espandere a tal punto le potenzialità dell’iPad da trasformare completamente il mondo dei PC, assicu-rando l’integrazione dei contenuti e servizi fra iPod, iPhone e Apple TV.Android OS di Google dal PC è ormai approdato su mobile (Samsung Galaxy Tab) andrà sulle TV connes-se a Internet (Google TV) a breve.

Cinque saranno i fattori critici che assicureranno il suc-cesso di un prodotto/ servizio nel contesto competitivo di domani:� � Bandwidth Availability/Network Agnostic: high ban-

cesso. La velocità con cui all’interno dei social network circolano contenuti e opinioni, la viralità con cui i giudizi su prodotti e servizi si propagano all’interno non solo del-la rete, ma vengono poi ripresi anche dai media classici come la TV o la carta stampata, dimostra come il “solo” tempo speso nei nostri laboratori di ricerca e sviluppo per avere soluzioni tecnologiche sempre più innovative sia as-solutamente insufficiente per assicurare la creazione di un prodotto veramente di successo.L’innovazione tecnologica in questo settore negli ultimi anni è essenzialmente stata di tipo progressivo. Fondata sullo sviluppo delle tecnologie infrastrutturali di rete, ha consentito e comunque continuerà a consentire di realiz-zare “autostrade informative” sempre più performanti e veloci. Ma non basta più. Ci troviamo oggi in un momento di forte discontinuità. Una fase “distruttiva”, legata all’in-novazione dei modelli di servizio. In questa fase distruttiva sono cambiate le regole del gioco, operatori con posizio-ni di mercato giudicate precedentemente stabili e sicure, rischiano o di essere schiacciati da servizi più semplici e convenienti di ieri verso posizioni di nicchia o costretti a fare i conti con il rischio di commoditizzazione del proprio portafoglio di offerta.Pensiamo ai vari Applications Store disponibili sui vari smartphone, alla loro usability e confrontiamoli con i wal-led garden realizzati dai vari Telco negli anni scorsi. Nuovi modelli di business (es. tra i ruoli di Content/Store/Con-nection) spostano marginalità lungo la catena del valore

Figura 1

52 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ni affidamento non solo sull’evoluzione della tecnologia HSDPA, ma soprattutto sulle reti di quarta generazione (LTE/4G1) che però richiedono più alti investimenti legati all’acquisto delle licenze per le frequenze oltre che per lo sviluppo di nuove componenti della rete di accesso.La tecnologia LTE rappresenta l’innovazione progressiva da perseguire, assicurando un costo per bit molto inferio-re rispetto all’HSPA Plus, ma questa diventa veramente conveniente solo quando la densità media di domanda di banda per hot spot risulti essere 4/5 volte più alta del valo-re base gestito (quello del 2010) e al netto dei costi neces-sari per l’acquisizione di un’eventuale licenza. Quindi, benché la fase distruttiva del mercato stia portando a un’esplosione della domanda di Internet in mobilità, diventa fondamentale fare delle puntuali analisi di geo-distribuzione dello usage dei servizi, conoscere il “percorso in mobilità” dei nostri utenti, per bilanciare correttamente gli investimenti delle reti wireless broadband innovative sul territorio. Per supportare il trinomio Internet–casa–mobilità non po-tremo prescindere dall’innovazione dell’infrastruttura di rete fissa (principalmente basata su soluzioni FTTx). Ma anche per quest’ultima varrà il principio di bilanciamento della profittabilità: la sua realizzazione dovrà essere su-bordinata a una puntuale analisi del costo dell’investimen-to e della distribuzione/densità territoriale dello usage dei servizi. Si dovrà prendere in considerazione che per rea-lizzare una connessione FTTx servirà un CAPEX medio per la sola componente infrastrutturale di accesso di cir-ca 500 euro - 1500 euro per abitazione2 e comparare tale valore con il ricavo medio ottenibile nei nuovi modelli di servizio (specialmente per chi assicurerà il servizio di sola connettività broadband all’utente finale).L’agnosticità del servizio rispetto alla rete broaband è un vantaggio per l’utente al quale verrà assicurata l’op-portuna pervasività e coerenza dell’experience attraverso molteplici device e durante i diversi momenti della sua giornata. Ma diventa anche una condizione necessaria per una bilanciata innovazione infrastrutturale che ci porterà ad avere un patchwork di accessi fisso-mobili di reti bro-adband. Molteplici accessi trasparenti all’utente finale il quale indipendentemente dalla rete utilizzata si preoccu-perà della sola qualità di delivery del servizio assicurata dal service provider prescelto.Per esser distintivo nei confronti dei diversi service provi-der, quindi, l’operatore che fornirà le infrastrutture broa-

dwidth e low latency essenziali per erogare data inten-sive service disponibili in modo seamless attraverso dispositivi connessi su reti broadband sia wireless che wireline.

� � 360° Customer Experience: va assicurata in termini di facilità di uso e disponibilità everywhere e any time del servizio (sia in termini di delivery che di supporto).

� � Service Variety & Networking Integration: elevata varietà di contenuti distinti per profilo e location dell’utente, integrati con community di partner e di utenti che ne completeranno l’offerta.

� � Customer Premises Equipment Interoperability: ele-vata usability e forte integrazione tra device per assi-curare la pervasività e l’experience di servizio prevista.

� � Superior Content Delivery: assicurare un livello di qualità elevato del servizio ma distinto in funzione della tipologia di contenuto fornito.

2. Bandwidth Availability/Network Agnostic, Superior Content DeliveryLa rete sarà quindi sempre più solo una delle componenti, non necessariamente la principale, per l’erogazione stessa del servizio. La sua innovazione dovrà essere sempre più guidata da logiche di profittabilità per segmento di mer-cato aggredito/servito, piuttosto che basata su logiche di pura innovazione tecnologica.La componente Internet & mobilità dei servizi farà doma-

INNOVAZIONE ESPANSIVA: IL PROSSIMO PASSO VERSO LA PERVASIVITÀ DELLE TECNOLOGIE DIGITALI.

Figura 2Simulazione dell’aumento della domanda: LTE vs. HSPA+

1. Per il mondo wireless la tecnologia LTE (Long Term Evolution) e più in generale le reti wireless di quarta generazione (4G) è in grado di supportare servizi video ad alta definizione su mobile, il download contemporaneo di più filmati ad alta qualità grazie a velocità consistentemente più elevate rispetto alle tecnologie HSDPA

e HSPA+ (in modalità Full-Ip sia per la voce che per i dati).2. Diverso se parliamo di FTTC, FTTH, FTTB e se parliamo di abitazione abilitata o attivata. A tali valori poi vanno aggiunti CAPEX non infrastrutturali e OPEX per la gestione del cliente e del servizio.

COMMUNICATIONS AND HIGH TECH

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 53

L’innovazione a breve porterà la nostra TV di casa ad essere direttamente con-nessa a Internet. Un rischio di perdere share o un’innovazione che apre nuove opportunità per player come RAI? Il continuo, dinamico, incessante innovar-si del mercato è il motore che o!re alle aziende la possibilità di espandersi e svi-lupparsi, ma è al tempo stesso origine di condizioni di rischio per chi vi opera. Oggi il driver principale del mercato risiede proprio nella tecnologia, nel suo rapido evolversi e nella sua capacità di creare valore. La Connected TV o!re alla RAI, nell’ottica del servizio pubblico radiotele-visivo, la possibilità di valorizzare al mas-simo il prodotto, l’immenso patrimonio di professionalità editoriali e tecnologiche, la memoria storica delle Teche. È vero che ovunque c’è un’opportunità c’è anche un rischio, ma l’impegno è avere la capacità di innovare, accettare la sfida e giocare la partita anche sui nuovi campi. Credo d’altra parte che la RAI abbia dimostrato la sua capacità di governare il processo di innovazione, a!rontando con successo la di"cile sfida del passaggio al digitale.

Dalla TV di casa quindi non vedremo solo altri programmi video tramite Internet,

ma avremo direttamente e facilmente accesso ad una vasta serie di servizi inno-vativi. Quali e con quali modalità? Assieme ai contenuti audiovisivi, attraver-so la connessione a Internet faranno il loro ingresso sul televisore di casa anche servi-zi tipici del web. La quantità e la qualità di questi servizi dipenderà sicuramente dal grado di “intelligenza” che i produttori di televisori e decoder vorranno introdurre nei loro apparecchi. È immaginabile che, all’inizio soprattutto nella fascia alta di mercato e poi man mano sempre più di!usamente, questi dispositivi saranno sempre più simili a un computer: anche, la Google TV sta andando in questa direzione. Al broadcaster sarà perciò consentito di a"ancare all’o!erta televi-siva, free-to-air, pay oppure on demand, diverse tipologie di servizi per l’utente: si possono ad esempio immaginare servizi di Home Banking, prenotazioni di viaggi, par-tecipazione ai giochi a premi e alle scom-messe con carte prepagate ricaricabili. Ma soprattutto l’innesto del più semplice linguaggio televisivo su servizi tipici del mondo web potrà rappresentare l’occasio-ne per la Pubblica Amministrazione di superare il digital divide culturale di alcune fasce di popolazione in di"coltà

con l’uso del personal computer.

E che ruolo può/deve avere un player come RAI in un’arena competitiva in cui molti attori (anche non broadcaster) stanno per entrare con soluzioni tecno-logiche particolarmente innovative? La RAI, in quanto Concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, con gli obblighi derivanti dal Contratto di Servizio con lo Stato, continuerà a ritenere centra-le l’o!erta radiofonica e televisiva in chia-ro. La piattaforma Open Internet rappre-senta un nuovo territorio dove valorizzare ulteriormente l’o!erta con nuovi servizi quali la Replay TV (l’o!erta on demand dei palinsesti degli ultimi sette giorni di alcuni canali presenti sui multiplex del digitale terrestre) o con nuovi programmi collegati a servizi web: ad esempio trasmissioni sul turismo associate a servizi di prenotazioni on line di viaggi. Il ruolo che la Rai potrà giocare non sarà quindi soltanto quello di content provider, ma potrà evolvere verso quello di service provider, agendo anche in partnership con i principali attori anche allo scopo di promuovere il mercato.

* Luigi Rocchi è Direttore Strategie Tecnologiche di RAI.

Governare il processo di innovazioneIntervista di Andrea Pagliai a Luigi Rocchi *

Il segmento del Media & Entertainment sarà quello più importante non solo per i volumi generati, ma anche perché sarà il primo ad essere sviluppato per varietà e vastità di contenuti, fungendo così da volano per il resto delle soluzioni di “Connecting Home”.Si stima che in Italia nel 2014 le sole sotto-componenti di Media & Entertainment “on line Gaming e Perso-nal Entertainment Management (es. Turismo)” fruite attraverso soluzioni di Internet TV potranno generare un giro di affari complessivamente di circa 0,7-1 miliar-di di euro. Molti attori in questo momento sono ben posizionati per aggredire il futuro mercato della Connecting Home, ma ognuno con un differente elemento distintivo. Qualcu-no parte in qualità di fornitore di connettività mettendo un proprio media hub nella case dei propri clienti. Altri, tramite decoder interattivi (gold), saranno in grado di aggiungere servizi IP al proprio palinsesto televisivo. Altri, tramite proprie consolle/media center saranno in grado di offrire giochi, video e contenuti dal proprio “garden”… altri, ancora più semplicemente, apriranno

dband abilitanti dovrà valutare l’opportunità di inserire nel proprio portafoglio di offerta una distintiva capa-bility di content delivery tale da assicurare una miglio-re qualità ed experience di servizio fruito attraverso la sua infrastruttura rispetto a quella di un suo eventuale competitor. Questa è la direzione degli investimenti in innovazione per la componente infrastrutturale.

3. Connecting Home & Internet TVL’ambiente domestico è il luogo dove esploderà la pros-sima fase innovativa legata al trinomio Internet–casa–mobilità. La connessione di Internet al nuovo concetto di TV sarà il cuore intorno al quale si potrà costruire una variegata offerta di servizi digitali. Servizi integra-ti con altre piattaforme digitali (es. PC/ smartphone) e una “internet TV” connessa con una molteplicità di device “domestici”.L’offerta si concentrerà principalmente su quattro ca-tegorie di servizio: Communications & Productivity, Media & Entertainment, Monitoring & Control, Home Support.

54 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

direttamente il mondo del web nella TV e sfrutteranno la co-noscenza dello usage di servizio del cliente attraverso la Inter-net TV per accrescere la propria profittabilità.Nessuno tra questi attori ha però ancora tutte le capa-bility necessarie per assicurare che i servizi del mondo della Connecting Home siano erogati attraverso la In-ternet TV in modo opportuno secondo le 5 chiavi di successo prima indicate e, in particolare, in relazione a temi di: 360° Customer Experience, Service Variety & Networking Integration, Customer Premises Equip-ment Interoperability. Sono sei le capability chiave che dovranno sviluppare/ gestire gli operatori della Connecting Home di domani:� � Unified User Experience and Multi-Screen UI: per

assicure la coerenza di servizio tra device TV, PC/Tablet, Smartphone.

� � Connecting Home Portal and Open Development Environment: un portale unico di servizio e una piattaforma di sviluppo aperta per estendere con rapidità il portafoglio di offerta.

INNOVAZIONE ESPANSIVA: IL PROSSIMO PASSO VERSO LA PERVASIVITÀ DELLE TECNOLOGIE DIGITALI.

L’innovazione tecnologica progressiva non è più la chiave del successo. Qual è l’approccio giusto che si deve tenere ver-so l’innovazione oggi in questo settore? Ho sempre sostenuto che l’innovazione si misura dall’impatto che ha sul mercato e non più sulle previsioni tecnologiche e sulle potenzialità abilitanti delle tecnologie. Un prodotto e/o servizio può chiamarsi innova-tivo da come risolve in maniera di!usa spe-cifici problemi e non solo dalla sua novità tecnica, dallo stupore ad essa associato. Oggi è tempo di integrare il foresight tec-nologico con altri strumenti. Le dinamiche di mercato, parlo da imprenditore, sono notevolmente cambiate e il cambiamento di tutte le aziende nel fare innovazione sta cambiando: le prestazioni dei prodotti, soprattutto quelli che usano la grande rete, non é più su"ciente per di!erenziare l’o!erta delle aziende. La maggior parte dei laboratori di ricerca e sviluppo sono pieni di tecnologia, di innovazioni che sono alla ricerca di un utilizzo. Probabilmente non lo avranno mai. Perchè? Perchè l’innovazione, fatta da un singolo o da un’azienda, non è di colui che ha le idee o possiede la tecno-logia, ma è di chi riesce a tradurre questa in fatti concreti e quindi di!ondere l’idea. In altre parole, l’autentico innovatore è

colui che sa comunicare l’innovazione. Badi bene, colui che innova con questo modello non è un plagiatore. Parte sempre con mo-delli sperimentali anche se strambi, a cui riesce però ad attribuire valori emozionali e concretezza straordinari.La sola tecnologia è fredda. Gli analisti sof-tware, gli sviluppatori, gli esperti di rete e i responsabili del marketing, fondamentali nel processo innovativo di prodotti e servizi non sono narratori. Occorre ascoltare la gente. E’ la gente che determina quello che vuole e non, come un tempo, coloro che si richiudono all’interno del proprio laboratorio di ricerca e sviluppo e “creano”. Gli elementi su cui basare il vantaggio com-petitivo di domani, a mio modo di vedere, necessitano inevitabilmente di competenze miste insomma.

Il mondo dei servizi in mobilità sembra ormai aver preso una strada chiara. Forte personalizzazione del servizio, ampia gamma di o!erta, localizzazione e integrazione con il mondo 2.0 sembrano esser gli elementi per competere sul mer-cato. Non c’è più altro da inventare dopo? I ruoli tra i vari attori sono ormai decisi?Riguardo al mondo del mobile, oggi siamo sull’onda del “geosocial network”. Sul di-

zionario è praticamente impossibile trovare questo termine, eppure questo modello di servizio è diventato in poco tempo l’ambizione di siti e applicazioni, grazie allo sviluppo e alla inarrestabile di!usione degli smartphone. Tutto grazie ai sistemi Gps integrati negli smartphone che prevedono, ad esempio, di disporre in automatico su una mappa le foto che abbiamo scattato. E’ inutile dire che gli usi di tale tecnologia aprono la fantasia per lo sviluppo di servizi innovativi. Piuttosto c’è da domandarsi se questi servizi siano realmente utili. Comu-nicare a tutti i propri spostamenti potrà sicuramente servire a farsi belli con gli amici, ma potrebbe anche dare una mano ai malintenzionati e i cyber-stalker sono sempre in aumento.Direi che i vari attori sono tutt’altro che decisi. Ricorderete l’anno Duemila, il gran-de boom di internet, dei portali web. Gli editori che si trasformavano in tecnologi, i tecnologi che si improvvisavano editori, gli operatori di telecomunicazioni che sognavano di estendere il proprio modello di business divenendo media company. Abbiamo dovuto aspettare almeno dieci anni prima di avere una mappa corretta sui ruoli. La dinamica della convergenza tra In-ternet e media e più in generale della larga

Oltre l’innovazione progressivaIntervista di Andrea Pagliai a Luca Tomassini *

Figura 3Connecting Home - Service Pillars

COMMUNICATIONS AND HIGH TECH

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 55

� � Integrated Service Delivery Platform: per allinea-re coerentemente i vari OSS e BSS dei partner di servizio.

� � In Home Controller and Support: per assicurare la corretta experience di servizio attraverso la Inter-net TV, durante tutte le fasi: dal service installation allo usage integrato con altri device domestici.

� � T-Store Management: per avere una sicura gestio-ne della componente transazionale all’interno del Connecting Home Portal.

� � Home Area network management: per assicurare che le applicazioni domestiche siano “always on” e controllate attraverso connessioni locali wireless/ WiFi.

Queste le altre 6 direzioni verso le quali indirizzare gli in-vestimenti in innovazione per la componente di servizio.

GLI AUTORI

Marco SaleraExecutive Partner Strategy Practice

Andrea Pagliai Senior Manager Strategy Practice

banda impone una revisione complessiva dei ruoli e quindi di attori.

Ho l’impressione che esistano spazi che l’innovazione ancora non ha toccato con prepotenza, in particolare quelli legati al nostro ambiente domestico. Abbiamo una scarsa distribuzione delle reti broa-dband fisse, un non chiaro utilizzo delle reti broadband wireless come alterna-tiva, una non entusiasmante penetra-zione/uso del PC. Esiste un mercato sguarnito da aggredire domani?Certamente sì, l’intrattenimento domestico è un tema che a mio modo di vedere avrà un importante sviluppo. La parola chiave per comprendere l’evoluzione dell’home entertainment è “integrazione”. Concepire l’ambiente domestico come un sistema, nel quale device diversi, sempre meno etero-genei, sono in relazione e comunicano tra di loro e con l’utente attraverso la forza uni-ficante del linguaggio digitale. Da questo punto di vista, l’intrattenimento domestico rappresenta il contraltare dell’home auto-mation: sostenuto da un trend di sviluppo per molti versi simile, con la di!erenza che ai fini di servizio e supporto si sostituiscono qui quelli ludici e di svago. Attraverso la lente dell’entertainment, il rapporto con la tecnologia si arricchisce di coinvolgimento emotivo: è forse questa la ragione per cui, se le applicazioni domotiche restano per

molti aspetti ancora futuribili, il network domestico da tempo non è più un vezzo da “nicchia” tecnologica, ma una realtà sempre più comune. Se “integrazione” è la prima parola chiave per caratterizzare l’intrattenimento domestico, “multimedia-lità” potrebbe essere la seconda: di fatto, il dialogo e la cooperazione tra apparati diversi sono andati di pari passo con l’avanzata del multimediale. L’“enhanced home-device” assicurerà la piena interope-rabilità con tutti gli altri device personali, come smarphone, tablet, game consolle, videocamere digitali e molto altro. Certo è che le aspettative degli utenti in tema di in-trattenimento domestico confermano che la tendenza è quella di assegnare alla TV il nuovo, sfidante compito di sostenere la convergenza di diverse funzioni su un unico dispositivo. Una sorta di hub domestico, in grado di gestire interconnessioni verso tutti i dispositivi. Quello che vedo più imminente è la TV via Internet e in generale i servizi erogati attraverso reti broadband. Faccio riferimento alla cosiddetta Over the top TV, social TV e più in generale al concetto di casa digitale. Negli ultimi tempi si sono imposte nuove modalità di distribuzione dei contenuti televisivi, free, premium e UGC. Tutto questo impatta su un emergen-te mercato di servizi per lo spazio televisivo del medio futuro. Le implicazioni e quindi gli spazi di mercato sono enormi. Non solo

in termini di convergenza tra Internet, TV e social media web ma soprattutto sui mo-delli di business. Basta pensare all’impatto dei servizi di t-commerce e della gestione di contenuti multimediali, free e premium. Il modello più promettente è quello sia di controllare e raccogliere direttamente gli investimenti pubblicitari, sia di richiedere il pagamento di una fee per accedere a elementi premium. E’ una rivoluzione in atto che vede un’importante di!usione di multimedia device broadband, decoder broadcast-broadband, personal video recorder, connect TV e smartphone. Tutti questi device costituiscono un elemento dinamico della catena del valore per tutti i nuovi sistemi televisivi. La capacità di ag-gregare contenuti, servizi di terzi e magari aggiungendo on top a integrazione i propri costituiscono la principale scommessa per i nuovi service provider, operatori di telecomunicazioni, broadcaster e content provider.

* Luca Tomassini, Vetrya Founder e CEO, già senior vice-president di Telecom Italia, ha ricoperto diversi incarichi di responsa-bilità nel gruppo. Direttore di Broadband Content, Business Innovation e Innovation Business Development di TIM e Telecom Italia. È stato Senior member dell’Open IPTV Forum e membro del CdA di Matrix.

56 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

1. Il decentramento energeticoI sistemi energetici che conosciamo, che hanno reso pos-sibile l’incremento di benessere degli ultimi sessant’anni, sono nati e si sono sviluppati come reti centralizzate. Le reti di trasmissione e di distribuzione elettrica traspor-tano per centinaia di chilometri gli elettroni prodotti da grandi centrali idro e termoelettriche; i gasdotti distribu-iscono il gas dai pozzi algerini, russi, olandesi e italiani in città e migliaia di piccoli centri; il petrolio estratto in ogni area del globo è trasformato in un numero ridotto di raffinerie e poi distribuito. Il paradigma di mercato di ciascuno di questi settori sta cambiando:

In Europa nell’ultimo anno sono entrati in linea più megawatt eolici e fotovoltaici che non termoelettrici1;Centinaia di impianti tedeschi e austriaci immettono in rete il biogas generato da discariche e da biodigestori;Piccole e medie raffinerie di biofuel si stanno diffon-dendo in tutti i Paesi Europei.

Il decentramento energetico trasformerà i merca-ti energetici, che non saranno più composti da pochi grandi produttori e innumerevoli clienti, ma vedranno la comparsa di migliaia di “produttori–consumatori”. Di conseguenza le reti di trasporto e di distribuzione subiranno un significativo cambiamento, passando a network sempre più intelligenti per gestire variazioni di flusso e di carico in tempo reale da parte di migliaia di produttori. La figura 1 illustra i principali fattori che detteranno l’evoluzione del settore energia.

2. Le smart cityDa millenni le città raccolgono le risorse del territorio di riferimento e dall’inizio della rivoluzione industriale hanno richiesto crescenti quantità di energia per ali-mentare i processi produttivi e soddisfare gli aumen-tati bisogni dei cittadini. Nei prossimi anni il modello rischia di entrare in crisi per le aumentate pressioni su domanda, offerta e infrastrutture di rete, causate dal contemporaneo realizzarsi di tre macrofenomeni:

In tutto il mondo le città sono chiamate a ridefinire il proprio modello di funzionamento energetico e ambientale, superando la dipendenza dai combustibili fossili e il consumo non e!ciente di risorse. L’investimento in una smart city è per le utility e per il sistema-Paese un’occasione irrepetibile per capitalizzare l’attuale primato tecnologico della rete di distribuzione elettrica Italiana. di Luca Scanu, Danilo Troncarelli, Luca Venturini e Andrea Frau

Decentramento energetico e smart city: nuove opportunità di crescita per le utility italiane

1. European Wind Energy Association, Wind in power: 2009 Statistics January 2010

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 57

RESOURCES

ne, appliance e sistemi, così da ridurre l’impatto ambientale e soddisfare le esigenze dei cittadini. Questa trasformazione consente di creare una vera smart city, tramite interventi su sette aree: mobilità, edifici, riscaldamento/condizionamento,

� � Urbanizzazione in aumento. Nei prossimi vent’anni, la quota della popolazione urbana mondiale passerà dal 50 al 59%, In Italia dal 68% al 75%2.

� � Riduzione del peso dell’easy oil. L’easy oil, ovvero il pe-trolio che presenta bassi costi di estrazione e un ridot-to contenuto di zolfo coprirà, nei prossimi decenni, una quota decrescente della domanda, mentre il peso del difficult oil, estratto da perforazioni in acque pro-fonde, o da sabbie bituminose tenderà a salire3, con immediate conseguenze sul livello dei prezzi

� � Crescita del livello di emissioni di CO2. Il livello di biossido di carbonio nell’atmosfera è aumentato di 2 ppm all’anno, nell’ultimo decennio. Le città sono con-siderate responsabili di circa il 60-70% delle emissioni complessive.

Per gestire questi macrofenomeni le città sono chiamate a ridefinire il proprio modello di funzionamento, superando la dipendenza dai combustibili fossili e il consumo non efficien-te di risorse. L’evoluzione del concetto tradizionale implica il passaggio da un insieme caotico e indistinto di servizi ed edifici a una rete organizzata e integrata che connette perso-

Figura 1I fattori che detteranno l’evoluzione del settore energia

2. United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division, World Urbanization Prospects, the 2009 Revision. New York 2010.3. David Talbot, “Industry Challenges: the end of easy oil”, in Technology Review, MIT Press, settembre/ottobre 2010.

Figura 2Quota popolazione urbana

58 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

DECENTRAMENTO ENERGETICO E SMART CITY: NUOVE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA PER LE UTILITY ITALIANE

Figura 3Gli interventi che realizzano una smart city

nel mercato delle tecnologie verdi e dell’efficienza ener-getica. La IEA stima che tale mercato dovrà raggiungere i 10,5 trilioni di dollari nei prossimi venti anni, per evitare modifiche irreversibili al clima del pianeta. Per cogliere questa opportunità storica, le utility devono aggregare intorno a se una serie di partner tecnologici e “avere il coraggio “ di modificare la loro offerta tradizionale, inte-grandola con servizi a valore aggiunto, dalla domotica alla gestione integrata dei trasporti cittadini.

sicurezza pubblica, energia, acqua, rifiuti, come illustrato nella Figura 3. Con particolare rifermento all’area dell’ener-gia, si può sicuramente affermare che le smart city sono la massima espressione del decentramento energetico.Gli investimenti richiesti per realizzare una smart city sono ingenti, vista la necessità di intervenire su gran par-te dell’attuale struttura urbana, e per questo motivo ri-chiedono un forte contributo da parte pubblica. L’Unione Europea si è fatta alfiere di questo progetto, mettendo a disposizione, tra fondi specifici e non, circa 272 miliardi di euro, per ridurre del 40% le emissioni di CO2 delle città obiettivo.In una prima fase, i finanziamenti dovranno concentrarsi sulle infrastrutture, come le smart grid e i sistemi ICT, che rendono possibile il dispiego delle altre soluzioni. Uno dei passaggi fondamentali è lo sviluppo di sistemi Machine To Machine (M2M), capaci di mettere in comunicazione i sistemi che governano le infrastrutture urbane e i sin-goli apparecchi domestici, tramite sensori, telecamere e controlli da remoto. La diffusione di questo genere di soluzioni potrebbe ridurre le emissioni di 113 milioni di tonnellate di CO2, entro il 2020.Partecipando alla realizzazione di una smart city, le utility italiane possono rafforzare la loro posizione competitiva

Figura 4Dispositivi M2M collegati 2008-2012

RESOURCES

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 59

dell’aria relativamente buona, e/o a ridotte emissioni pro-capite di CO2. Queste città sono già impegnate nella riduzione delle proprie emissioni, ma le iniziati-ve implementate o annunciate non sono all’altezza del loro impegno – ad esempio i progetti sulle smart grid sono ancora in fase di discussione.

� � Crescita a rischio. L’attuale livello medio/basso di inqui-namento è conseguenza di essere ancora nelle prime fasi di sviluppo industriale; esiste però il rischio di un aumento imponente delle emissioni, grazie a una velo-ce crescita economica e alla diffusione della mobilità privata. Inoltre, le iniziative pianificate o implementate non sono all’avanguardia. Non governare consapevol-mente la crescita, limitando le emissioni e attivando da subito soluzioni integrate potrebbe mettere a rischio lo stesso sviluppo socio-economico di tali città.

Amsterdam rientra nel gruppo dei precursori, avendo av-viato il programma Amsterdam Smart City per ottenere entro il 2015 un’organizzazione municipale neutrale nei confronti dell’ambiente e un taglio del 40% delle emis-sioni entro il 2025. Per raggiungere gli obiettivi, la città ha preferito un approccio bottom-up, dando avvio a una serie di iniziative, per misurare la loro efficacia nello specifico contesto urbano. Ship to grid è una di queste e consiste nell’installazione di 73 “colonnine elettriche” nel porto per consentire alle

3. Le prime esperienze di smart cityDa Singapore a Curitiba, da Hong Kong a Seattle, il paradigma della smart city si sta diffondendo a grande velocità. Ogni progetto presenta focus e caratteristiche peculiari, sulla base del tessuto urbano e sociale di rife-rimento. Nella Figura 5 è riportata una rappresentazio-ne sintetica delle iniziative in essere su un panel di città europee e mondiali.Sulla base delle iniziative avviate e pianificate e del livel-lo di inquinamento energetico, è possibile raggruppare le città in quattro categorie:� � I precursori. I precursori presentano un livello di in-

quinamento medio/basso poiché la decarbonizzazione del mix energetico e la riduzione dei consumi sono già in atto. Questi centri hanno pianificato iniziative inno-vative per raggiungere obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di CO2.

� � I grandi inquinatori. La situazione iniziale presenta un livello di inquinamento medio/alto. Queste città, con o senza la definizione di obiettivi ambiziosi, hanno inizia-to o stanno pianificando l’implementazione di alcune iniziative innovative. Smart grid, energie rinnovabili e veicoli elettrici sono le loro scommesse tecnologiche.

� � Città in transizione. L’attuale livello di inquinamento medio/basso è dovuto principalmente a una scelta stra-tegica a favore delle energie rinnovabili, a una qualità

Figura 5Mappatura delle più significative iniziative smart city

60 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

gior numero dei clienti dell’area, sono parte attiva del consorzio che realizza le iniziative. Entrambe stanno testando soluzioni tecnologiche innovative che posso-no rafforzare la capacità di competere sia sul mercato nazionale sia su quello internazionale e rafforzano le loro relazioni con i partner industriali.Le città Italiane sono, per lo più da un punto di vista ideale, molto sensibili e affascinate ai temi di riduzione

navi, quando ormeggiate, l’utilizzo di energia verde, an-ziché tenere in funzione i tradizionali motori a gasolio. Si è ottenuto così un significativo calo delle emissioni di CO2. Un altro progetto ha visto l’installazione di 700 smart meters e display per garantire visibilità immedia-ta dei consumi ai clienti domestici. Nel corso di un anno tale iniziativa ha ridotto le emissioni di CO2 dell’8,9%, il consumo di gas del 9,9% e quello di elettricità del 7,4%, come illustrato in figura 8.Le utility olandesi partecipano attivamente alla realiz-zazione dei progetti: Alliander, la principale società di distribuzione di gas ed elettricità del Paese, e Nuon, la società di generazione e vendita che serve il mag-

DECENTRAMENTO ENERGETICO E SMART CITY: NUOVE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA PER LE UTILITY ITALIANE

Figura 6Mappatura delle smart city

Figura 7Ship to grid

Figura 8Smart meters and display

RESOURCES

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 61

ve tecnologie nell’illuminazione pubblica. Vi hanno aderito oltre 400 comuni ed stato realizzato un pro-getto pilota in provincia di Milano; il pilota ha visto il finanziamento di un sistema di controllo, diagnostica e monitoraggio che coordina le diverse soluzioni tec-nologiche implementate.La definizione e lo sviluppo di un progetto smart city integrato non solo garantirebbe ai cittadini un miglio-ramento delle performance ambientali e della qualità della vita ma rappresenta una fondamentale occasione

delle emissioni e di progettazione di una città più vici-na alle esigenze dei cittadini. Dimostrazione esplicita di tale sensibilità sono le oltre 600 adesioni al “Cove-nant of Mayors”, da parte di piccoli e grandi centri.Al tempo stesso ancora nessuna amministrazione co-munale ha sviluppato un progetto integrato e strut-turato, capace di coinvolgere concretamente diversi player industriali. Tra le iniziative non organiche av-viate, merita di essere ricordato il progetto Lumière, promosso dall’ENEA, per incentivare il ricorso a nuo-

La costruzione di una società sostenibile deve necessaria-mente passare da un importan-te ripensamento dei centri ur-bani, come noto diventati negli ultimi anni il punto di maggiore concentrazione di popolazio-ne, inquinamento e consumo energetico. E proprio l’energia, e un suo uso intelligente, può consen-tirci di cambiare direzione e portarci verso la soluzione. Il raggiungimento degli obiettivi di riduzione della CO2 è subor-

dinato all’implementazione di interventi di efficienza ener-getica, a una crescita di gene-razione distribuita rinnovabile e alla creazione di un nuovo modello di mobilità. Enel si sta muovendo da tempo in questa direzione per suppor-tare i centri urbani e non solo, attraverso le innovazioni già diventate realtà del contatore elettronico e del telecontrollo di rete, e attraverso la ricono-sciuta leadership tecnologica nell’implementazione delle

smart grids, della mobilità elettrica e di sistemi abilitanti la domanda attiva. Queste innovazioni, unite a una forte collaborazione con amministrazioni pubbliche capaci di progettualità a lungo termine e a una estesa sensibi-lizzazione ai cittadini, possono garantirci un cambio di marcia nel cammino verso una società realmente sostenibile.

* Livio Gallo è Direttore della Divi-sione Infrastrutture e Reti di ENEL.

Energia intelligentedi Livio Gallo *

Le smart grids rendono possibile la transizione da un sistema cen-tralizzato a uno decentralizzato, in particolare:� � Trasportano e distribuiscono

energia in modo e!ciente ed a!dabile

� � Integrano una maggior quota di fonti rinnovabili non programmabili nelle reti di trasmissione e distribuzione

� � Abilitano la gestione di un numero crescente di veicoli elettrici

� � Contribuiscono a ridurre le emissioni di CO2

� � Permettono al cliente finale di avere un maggior controllo dei suoi consumi energetici

� � Abilitano le soluzioni di e!-cienza energetica

� � Abilitano la nascita di nuovi business model nel settore energia

Oltre a elencare i potenziali benefici è opportuno identifica-re il possibile impatto dell’ina-zione: senza un’infrastruttura di rete smart, l’integrazione di fonti rinnovabili intermittenti e le richieste di energia da parte dei veicoli elettrici possono destabilizzare la rete e causa-re un aumento degli outage. Investire oggi nelle smart grid significa evitare che l’infrastrut-tura diventi un collo di bottiglia capace di rallentare il passag-gio ad un sistema energetico multipolare e ad un mondo “low carbon”.

Grazie all’utilizzo di soluzioni tecnologiche avanzate, sviluppa-te nel settore IT e telecomunica-zioni (es. embedded sensing and computing) le smart grid realiz-zeranno un più sicuro, e!ciente e resistente sistema energeti-co. Allo stesso modo di quanto accaduto con la realizzazione dell’infrastruttura internet, una rete elettrica smart supporterà la definizione di nuovi modelli di business, l’ideazione di nuovi servizi la profilazione puntua-le delle tari"e di vendita, una gestione innovativa degli asset e delle stesse modalità di interazio-ne con il cliente finale, creando le premesse per un mercato in tempo reale e super e!ciente dell’energia elettrica.

Smart grids: l’enabler del decentramento energetico

62 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

DECENTRAMENTO ENERGETICO E SMART CITY: NUOVE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA PER LE UTILITY ITALIANE

4. Decentramento energetico, smart city e le sfide per le utilityIl modello di business delle utility italiane è da sempre orientato a garantire al cittadino/ cliente le commodi-ty richieste. Unbundling societario, liberalizzazione dei settori gas ed elettricità, e il dover affrontare la con-correnza di player Italiani e stranieri hanno obbligato le società del settore ad avvicinarsi al cliente finale. La realizzazione di una smart city modifica completamen-te lo scenario dei mercati di riferimento. In breve signi-fica dover ridisegnare il proprio modello di business, trasformare in modo radicale l’organizzazione e pro-porre al cliente finale non più commodity ma soluzioni “chiavi in mano”. L’utility di domani non si limiterà ad offrire il metano per alimentare piccole ed inefficienti caldaie o l’ener-gia elettrica per attivare centinaia di split, ma potrebbe offrire la garanzia di una determinata temperatura, sia d’inverno che d’estate. Questo passaggio non è limitato

di rilancio della competitività del territorio di riferi-mento. La tipologia di investimenti previsti attrae ca-pitale umano qualificato, crea green jobs ed è un ponte per la conversione delle aziende locali verso la sosteni-bilità e il paradigma di mercato di domani.Condizione necessaria per lo sviluppo di una smart city è la capacità dell’Amministrazione Pubblica di coin-volgere svariati attori industriali e di coordinare in modo consapevole gli interventi sul tessuto cittadino. Ogni partner industriale ha una sua specifica area di responsabilità: le compagnie ICT dovranno sviluppare sistemi di comunicazione che garantiscano l’interope-rabilità dei diversi apparecchi; le aziende di trasporto e la GDO avranno il compito di ridisegnare la logistica delle merci, mentre i produttori di beni di consumo e i car maker dovranno ridurre l’impatto ambientale dei propri prodotti.

Figura 9Le aree di business delle utility coinvolte nel nuovo scenario di mercato

RESOURCES

SPECIALE STRATEGY PRACTICE ACCENTURE | 11.2010 63

allo sviluppo e alla gestione di tradizionali sistemi di tele-riscaldamento o di tele-raffreddamento, ma impli-ca la capacità di combinare svariate soluzioni tecnolo-giche, per esempio solare termico, geotermia a bassa entalpia, piccola cogenerazione e impianti di domotica avanzata, per soddisfare i bisogni del cliente finale.Per identificare le soluzioni tecnologiche più adeguate ai singoli contesti, le utility italiane devono rafforzare la capacità di market screening e di simulazione, oltre a de-finire innovative modalità di finanziamento e di vendita al cliente finale. Una volta che saranno identificati i for-nitori di tecnologia che propongono soluzioni innovative e adeguate a soddisfare i bisogni del cliente finale, sarà necessario sviluppare capacità di partnership manage-ment per creare una relazione che consenta a tutte le parti di crescere e di migliorare la propria redditività.Nella Figura 9 viene illustrato il livello di cambiamen-to imposto alle diverse aree funzionali di un’utility. Per le società di generazione affrontare il cambiamento significa in primis diversificare il mix di generazione e ottimizzare la produzione esistente, affinando le strate-gie di offerta sui diversi mercati. Le utility attive nella distribuzione e nel trasporto dovranno rendere le pro-prie reti intelligenti e capaci di accogliere una quota crescente di generazione intermittente, garantendo il dispacciamento. Le società di vendita dovranno mo-dificare la relazione con il cliente finale, integrando le tradizionali offerte con servizi a valore aggiunto, ad esempio definendo tariffe ad hoc sulla base dei consumi puntuali e finanziando impianti di micro-generazione con cui fornire il cliente finale, creando così rapporti di lunga durata.La trasformazione della relazione con il cliente fina-le passa necessariamente da significativi investimenti, nell’area marketing e in sistemi IT flessibili. Competen-ze e sistemi di supporto adeguati consentono di lancia-re campagne annuali e semestrali, allineando la propria offerta ai desiderata dei clienti. Anticipare il cambiamento consente di ridurre il rischio di vedere le proprie vendite cannibalizzate dalla dif-fusione di impianti solari termici o di piccoli impianti di cogenerazione, oltre a dover affrontare un calo dei volumi di vendita per la diffusione di appliance più ef-ficienti. Inoltre, i first movers hanno l’opportunità di raccogliere un vantaggio competitivo difficilmente col-mabile dai followers, a patto di sviluppare la propria capacità di ascolto tramite business analytics avanzato, gestire modelli decisionali basati su real option e risk management integrato, pianificare investimenti con il supporto fattivo di scenario planning, oltre a presidiare

GLI AUTORI

Luca ScanuPartner Strategy Practice

Danilo Troncarelli Partner Strategy Practice

Luca Venturini Consultant Strategy Practice

Andrea Frau Consultant Strategy Practice

accuratamente le aree di cambiamento regolatorio, an-che in sede comunitaria.L’investimento in una smart city è per le utility e per il sistema-Paese un’occasione irrepetibile per capitalizza-re l’attuale primato tecnologico della rete di distribu-zione elettrica Italiana. Le utility Italiane possono esse-re leader in un mercato in crescita esponenziale.