milanonera mag settembre 2010

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Numero 9 | agosto/settembre 2010 - anno III Rivista mensile dedicata alla letteratura gialla e noir. Edizione gratuita A Mantova va di moda il giallo COVER STORY Assassinio sul molo Il messaggero Piombo sul juke box a pagina 8 LA RECENSIONE a pagina 13 WHITE SIDE a pagina 6 e 10 RACCONTI Eva Massari Fabrizio Canciani Stefania Perosin A Festivaletteratura Frederick Forsyth e Ian Rankin, e tante "signore in giallo": Perry, Aykol, Lama e Solana. Scouting e attualità internazionale. Incontri anche in lingua, per favorire l'interazione con gli autori. Scrittori in arrivo da tutti i continenti e tanti premi Nobel.

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MilanoNera mag settembre 2010

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Page 1: MilanoNera Mag settembre 2010

Numero 9 | agosto/settembre 2010 - anno IIIRivista mensile dedicata alla letteratura gialla e noir. Edizione gratuita

A Mantova va di moda il giallo

COVER STORY

Assassiniosul molo

Il messaggeroPiombosul juke box

a pagina 8LA RECEnSIOnE

a pagina 13 WHITE SIDE

a pagina 6 e 10RACCOnTI

Eva Massari

Fabrizio Canciani

Stefania Perosin

A Festivaletteratura Frederick Forsyth e Ian Rankin, e tante "signore in giallo": Perry, Aykol, Lama e Solana. Scouting e attualità internazionale. Incontri anche in lingua, per favorire l'interazione con gli autori. Scrittori in arrivo da tutti i continenti e tanti premi Nobel.

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Si comincia sempre da un luo-go per immaginare un roman-zo, o da un personaggio. Me-glio da entrambi, se possibile. Almeno io faccio così.

Le storie dopotutto sono lì, davanti a noi, pronte per essere raccon-tate. Basta giusto saperle cogliere, anche se questa, ne sono consapevole, è la parte più complessa. Quello che le rende vin-centi, memorabili, alcune volte addirittu-ra immortali, è l'idea di base. Qualcosa che intrighi il lettore e che lo porti, senza quasi che se ne accorga, alla fine della narrazione, in un fiato.

Così spiegato sembra semplice ma sono sicuro che durante il vostro peregri-nare estivo fra lettini e spiagge, montagne e creme solari, nella maggioranza dei li-bri che avete portato con voi (o trovato per la strada) tutto questo non ci fosse. Sbaglio?

Un conto, infatti, è che un romanzo venga stampato, da un grande editore magari; un altro è che davvero valesse la pena pubblicarlo...In effetti, la verità sta sempre nelle sfumature perciò la doman-da a bruciapelo che bisogna porsi è: il mondo ne avvertiva davvero l'intrinseca, disperata, necessità? La risposta è sconta-ta, purtroppo.

Ogni fine estate questo dubbio mi prende e ancor non m'abbandona, direbbe il Poeta. Ad ogni buon conto

un'ancora di salvezza c'è, una bussola per trovare la retta via fra le migliaia di ro-manzi che appaiono ogni anno nelle li-brerie italiane (più di cinquanta al giorno, di cui una decina di genere giallo\noir!): quale? MilanoNera,ovviamente.

Questo numero di settembre del no-stro Mag rappresenta quell'idea cui ac-cennavo all'inizio, l'idea di rifondare un

magazine e di trasformarlo in mensile per fornire una cartina tornasole dello stato del giallo in Italia. Sono trascorsi dodici mesi da quella rifondazione e quel ro-manzo con tanto di personaggi ci ha tra-ghettato sin qui: sotto ai vostri occhi, anzi fra le vostre mani.

Il mensile è diventato un punto di riferi-mento per gli addetti ai lavori, gli edi-tori e, soprattutto, gli appassionati del

genere. La risposta se ne valesse la pena, se questo libro dovesse essere pubblicato, ora potete darla voi lettori.

M I L A N O • 2 • N E R A |

Un romanzo estivo lungo dodici mesi

MILANONERAPeriodico mensile, n. 9 anno III

Redazione: Via Galvani 24, 20124 Milano - Tel. +39 0200616886

www.milanonera.com

EDITOREMilanoNera Eventi S.R .L.

www.mne20.com

DIRETTORE RESPONSABILE:Paolo Roversi

[email protected]

CAPOREDATTORE:Francesca Colletti

[email protected]

REDATTORI:Adele Marini

Fabio Spaterna

Hanno collaborato a questo numero:

Fabrizio Fulio Bragoni, Fabrizio Canciani, Patrizia Debicke, Stefano Di Marino, Eva Massari, Giampietro Marfisi, Cristina Marra, Corrado Ori Tanzi, Stefania Perosin, Massimo

Versalotto, Giovanni Zucca

IMPAGINAZIONE E PROGETTO GRAFICO

[email protected]

PUBBLICITà[email protected]

SERVICE E PUBBLICITàTESPI s.r.l., C.so V. Emanuele II 154

00186 RomaTel. 06/5551390 - mail: [email protected]

STAMPASIEM, Via delle Industrie, 5

Fisciano (Sa)

Registrazione presso il Tribunale di Milano n° 253 del 17/4/08

EDITORIALE

Paolo Roversi

MilanoNera E20 APPUnTAMEnTI ~ In Redazione ~

| Numero 9 - anno III

GIO 16 SETTEMBRE ORE 18,00Paolo Roversi

GIO 23 SETTEMBRE ORE 18,00Patrizia Debicke

GIO 30 SETTEMBRE ORE 18,00Adele Marini

I MAESTRIDEL gIALLORELOADED

Torna la nuova edizione de I Maestri del Giallo, il labora-torio intensivo di scrittura de-

dicato agli amanti della letteratu-ra gialla e noir. Paolo Roversi, Adele Marini, Patrizia Debicke, ci guideranno nei meandri della tecniche di scrittura. Tre incontri di tre ore ciascuno per scoprire come imparare a scrivere, editare e leggere un romanzo, a partire dalla coerenza, verosimiglianza e consequenzialità, le caratteristi-che fondamentali di un buon gial-lo. Il laboratorio è rivolto a tutti i lettori e aspiranti scrittori di lette-ratura gialla e noir. Iscrizioni en-tro il 5/09/2010 a: [email protected]. Il costo del la-boratorio è di 125 Euro.

GIO 16 SETTEMBREORE 18,00 - 21,00I maestri del giallo reloadedPaolo Roversi

GIO 23 SETTEMBREORE 18,00 - 21,00 I maestri del giallo reloadedPatrizia Debicke

LUN 27 SETTEMBREORE 19,00 Robert HueltnerLa Dea (Del Vecchio)

GIO 30 SETTEMBRE ORE 18,00 - 21,00 I maestri del giallo reloadedAdele Marini

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Parte mercoledì 8 e si conclu-de domenica 12 settembre la quattordicesima edizione di Festivaletteratura, a Manto-va. Sarà il tema del confronto culturale - l’amore per la lettu-

ra, il desiderio di scoprire ancora appas-sionate rappresentazioni del mondo- il fil rouge della manifestazione. Al cen-tro la memoria di due grandi italiani: En-nio Flaiano - di cui il Festival ricostruirà la Biblioteca di studio - e Fernanda Piva-no - disponibili per il pubblico delle re-gistrazioni inedite. I premi Nobel Vidia-dhar S. Naipaul e Séamus Heaney sono tra gli ospiti più attesi, insieme al poeta e narratore statunitense Edmund White, a John Berger, Joseph O’Connor, Azar Nafisi e Hanif Kureishi.

Ad Amos Oz sarà invece dedi-cata la retrospettiva di quest’an-no: l’intera opera dello scrittore israeliano, divisa per l’occasio-ne in “storie di sé”, “storie di coppia”, “sto-rie del villaggio”. Un’attenzione particola-re è dedicata alla produzione letteraria e artistica dell’Iran. Grazie alla collabo-razione attiva di alcuni giovani giornali-sti e studenti iraniani che vivono in Italia, sono previsti incontri in cui alcuni auto-ri presenti al Festival potranno dialogare con blogger, artisti, giornalisti che vivono e proseguono la propria attività in Iran. Eventi sul giornalismo più direttamente legati alle vicende italiane sono l’omag-gio a Peppino Impastato - con Giovanni Impastato, Antonio Ingroia, Paolo Ros-si - e gli incontri tra Mario Pirani e Cor-rado Augias e tra Joaquín Navarro-Valls e Alessandro Zaccuri.

Ma veniamo a noi. Sono tutti in tre-pida attesa per l’incontro del 10 settem-bre tra il maestro del giallo Carlo Luca-

relli e Frederick Forsyth autore de Il giorno dello sciacallo, pietra miliare del genere spy-story di matrice anglosasso-ne. Giornalista per la Reuters e poi per la BBC, Forsyth ha mantenuto nei suoi ro-manzi la cura del dettaglio e la precisione documentaria tipica del giornalismo in-vestigativo. Dossier Odessa, Il Quarto Protocollo sono solo alcuni degli altri ti-toli che hanno negli anni consolidato il successo internazionale dell’autore bri-tannico. E dalla Scozia arriva Ian Ran-kin, uno dei più raffinati autori di thriller del nostro tempo, vincitore dell’Edgar nel 2004 e padre di John Rebus, un poli-ziotto irascibile, testardo, solitario, dolo-rosamente umano. A Mantova il re del

giallo scozzese presenterà il suo ultimo romanzo, Un colpo perfetto (Longane-si), una storia carica di tensione che esplora il sottile confine tra normalità e perversione. La storia di Mike MacKen-zie, collezionista di opere d’arte che ha costruito la sua fortuna vendendo software,che ha avuto tutto dalla vita. Ma insieme ai suoi amici di sempre decide di tentare il colpo del secolo alla National Gallery di Edimburgo. L’idea è semplice e geniale: penetrare nel magazzino in cui sono conservate le opere delle pinacote-che e dei musei di Edimburgo che non trovano spazio nelle sale, sostituire alcu-ni dipinti originali con le loro perfette co-pie e quindi trafugare il bottino senza che nessuno possa accorgersi dell’inganno. Non lo fanno per denaro: vogliono solo rimettere in libertà qualche opera ingiu-

stamente condannata alla solitudine di un caveau. All’inizio tutto sembra filare liscio, ma le cose si complicano quando entra in gioco un quarto uomo: Chib Cal-loway, astuto e rozzo malvivente pronto a tutto pur di saldare un pesante debito d’affari con la mala norvegese. E improv-visamente la vita dei protagonisti entra in una crudele spirale di violenza e ricatti incrociati.

Saranno le signore in giallo ad essere le protagoniste di questo Festival, nume-rosi gli incontri con le più affermate scrit-trici di genere, a partire dall’evento di gio-vedì 9 settembre con Anne Perry, l’autrice inglese che ha sperimentato negli anni una formula narrativa di successo, am-

bientando i suoi polizieschi nell’Inghilterra vittoriana e dando vita a due prota-gonisti che hanno con-

quistato il cuore di miglia-ia di lettori: il detective Thomas Pitt e l’ispettore Wil-liam Monk. A Mantova presen-

terà, insieme a Marcello Fois, il suo ultimo romanzo, Assassinio sul molo (Fanucci), recensito in questo numero. Bianca Pit-zorno, invece sarà la relatrice dell’incon-tro di venerdì 10, con la turca Esmahan Aykol, autrice di Hotel Bosforo (Sellerio), il suo primo romanzo con protagonista la libraia con il vizio dell’indagine Kati Hir-schel, una donna tedesca, nata e cresciuta ad Istanbul, dove il padre si era rifugiato durante il nazismo. Domenica 12 settem-bre è la volta di Diana Lama e Annalucia Lomunno con Massimo Cirri. Accanto al Mezzogiorno ridente e solare, c’è un Sud rosso-sangue che ribalta l’immaginario da cartolina, gettando nelle spire dei crimini più efferati ignare quarantenni, aitanti professori di ginnastica e giovani studen-tesse universitarie. Annalucia Lomunno (Rosa Sospirosa, Troppe donne per un de-

litto) e Diana Lama (Solo tra ragazze, La sirena sotto le alghe) prediligono la secon-da cornice, lasciando che i protagonisti dei loro gialli setaccino le zone d’ombra di un mondo ambiguo, nascosto tra le pie-ghe della vita di provincia.

Si prospetta interessante invece l’in-contro del 10 settembre, rigorosamente in lingua spagnola, La novela Negra y la muerte de la novela.

La giallista catalana, Teresa Solana, sarà protagonista di un dibattito sulla morte del romanzo come genere e sul ruolo dei romanzi polizieschi nello sce-nario attuale della letteratura: il thriller è l'unico modo per fare critica sociale nel secolo della morte del romanzo?

Francesca Colletti COVER STORY

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A Mantova va di moda il giallo A Festivaletteratura Frederick Forsyth e Ian Rankin, e tante "signore in giallo": Perry, Aykol, Lama e Solana. Scouting e attualità internazionale. Incontri anche in lingua, per favorire l'interazione con gli autori. Scrittori in arrivo da tutti i continenti e tanti premi Nobel .

ESMAHAn AYkOLHotel BosforoSellerio

AnnALUCIA LOMUnnOTroppe donne per un delittoMarinotti

HAnS TUzzIL'ora incerta fra il cane e il lupoBollati Boringhieri

IAn RAnkInUn colpo perfettoLonganesi

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4 I gIALLI A MAnTOVA

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RACCOnTI Piombosul juke box

Tra le leggende metropolita-ne che inondano la storia della musica rock quelle ri-guardanti i vivi e i morti so-no le più diffuse. Riassumia-mone alcune. Paul McCartney

è morto mentre Elvis Presley è vivo, così come Jim Morrison.

Ma se così fosse, cioè, se per esem-pio, il leader dei Doors si aggirasse anco-ra per il mondo, chi sarebbe sepolto al ci-mitero parigino di Père Lachaise? Forse Gianluca Grignani dato per deceduto da anni, oppure Fabri Fibra, da tempo – si di-ce - sostituito da un sosia. Ragazzi, c’è un limite a tutto, anche alle leggende metro-politane.

Passi la presunta morte di uno dei Beatles ma inserire nei cataloghi Grignani e il signor Fibra è davvero troppo. Nessuno si sognerebbe di seppel-lirli a Père Lachaise, con tutto il rispetto per i due cantanti nostrani. La new entry dei non morti riguarda, quasi inevitabil-mente, Michael Jackson, sostituito al mo-mento della scomparsa da un fido amico che ora si trova nella bara al suo posto (brrrr..). A tal proposito una curiosa favo-la riguarda l’identità delle sorelle di Jack-son: La Toya e Janet.

Secondo gli untori di leggende me-tropolitane Michael e le sue sorelle erano la stessa persona. I tre non si facevano mai vedere assieme e le poche foto circo-lanti non erano altro che il frutto di mon-taggi con il photo-shop. La stessa voce pare circoli a riguardo di Cristina e Bene-detta Parodi.

Ma veniamo alla fiaba metropo-litana per eccellenza, quella di Paul dei Beatles. La leggenda legata alla sua morte è talmente diffusa che viene addi-rittura indicata con l’acronimo P.I.D., Paul is Dead. Inizia a circolare nel 1969 e rac-conta di come il buon McCartney sia in realtà deceduto a seguito di un incidente stradale nel 1966, in una notte buia e tem-pestosa, e sostituito da un sosia. Vari mes-saggi in codice vengono poi disseminati nei dischi dei quattro (anzi tre più uno) di Liverpool. Sia le copertine che le canzoni sembrano nascondere indizi che, messi insieme, dimostrerebbero come Paul mandi messaggi dall’aldilà.

In realtà con quel genere di indi-zi si potrebbe comprovare tutto e il contrario di tutto, che so’ che Jim Mor-rison è vivo e si cela sotto le sembianze di Sandro Bondi (che infatti scrive poesie). Scherzo ovviamente, non vorrei dovermi difendere dalle querele (non di Bondi ma dei fans dei Doors). È un po’ come la leg-genda secondo cui se si ascoltano certi di-schi al contrario si scoprono messaggi de-moniaci o subliminali. Pare, tuttavia, che ascoltando al contrario una canzone di Apicella si distinguano chiaramente alcu-ni versi dell’inno “Pazza Inter, amala!”.

Corre l’anno 1964 e in Italia il miracolo economico sta cominciando l’inesorabile parabola discendente. Le famiglie italiane si stipano nelle Fiat 600, l’Inter vince

la sua prima coppa dei campioni men-tre nei cinema riecheggia la frase: “Quando un uomo con la pistola incon-tra un uomo col fucile, quello con la pi-stola è un uomo morto!”.

Gigliola Cinguetti, una mino-renne che non ha l’età per amare, vince la quattordicesima edizione del Festival di Sanremo. A fare scal-pore è però un tale Roberto Satti, che ha scelto come nome d’arte Bobby Solo e come stile quello di Elvis Presley.

L’imitazione di Elvis è quasi mania-cale, nelle movenze, nel ciuffo impoma-tato e nell’impostazione vocale. Natu-ralmente la copia è molto più scarsa dell’originale ma questo la maggior par-te degli italiani non lo sa e non lo può verificare, chi l’ha mai visto il vero Elvis da noi? Basti ricordare che in quel 1964 quattro ragazzi di Liverpool, che stanno già spopolando in tutto il mondo, tran-sitano a Sanremo ospiti di una trasmis-sione radiofonica passando pratica-mente inosservati. I loro dischi nei ne-gozi non ci sono, per acquistare un 45 giri dei Beatles è necessario andare fino in Inghilterra!

Sul palco del salone delle feste del Casinò di Sanremo mister Satti canta “Una lacrima sul viso”, si pre-senta pesantemente truccato, più che una lacrima sul viso si nota tanto cero-ne. Roba da scandalizzare i benpensan-ti. Ma non basta, la canzone pur am-messa alla finale, dopo l’esibizione del cantante viene esclusa dalla votazione.

Perché? Mistero.

Si sparge la voce che Bobby Solo abbia cantato “con il disco”, cioè, lui faceva finta di cantare ma dietro le quinte avevano messo su il disco. Una cosa mai vista né sentita. Il fatto è che il povero Bobby aveva accusato un fasti-diosa laringite. I casi della vita.

E della gola. Tuttavia l’operazione fruttò ai discografici un inaspettato sur-plus pubblicitario, il 45 giri vendette ol-tre un milione di copie con le code da-vanti ai negozi di dischi e le scorte esau-rite. E tutto per un mal di gola.

A differenza di quello che si crede, però, il Bobby non fu il primo in Italia a ricorrere al playback. Nell’edizione del 1955 del festival di Sanremo Claudio Villa, vittima di una faringite improvvisa, ricorse a un fono-grafo ben visibile in scena e fece finta di cantare. Il bello è che vinse lo stesso il festival. È proprio vero che faringiti e la-ringiti funzionano meglio di un acuto.

Fabrizio Canciani

PLAYBACK VIVI E MORTI

Continua a pagina 10 ▶

PILLOLE DI STORIA

DELLA MUSICA

ATTRAVERSO

DELITTI,

MISFATTI, MISTERI E

OSCURE VICENDE

LEGATE AL MONDO

DELLE SETTE NOTE.

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RECEnSIOnI

Per cercare giu-stizia l’ispet-tore William

Monk esce dall’au-la e s’intrufola nei bassifondi della Londra di metà ot-tocento. L’avvocato Oliver Rathbone, il suo amico Oliver, è riuscito a far sca-

gionare Jericho Philipps, accusato dell’omicidio di un tredicenne e sospet-tato di essere coinvolto in un giro di pro-stituzione minorile. Monk non ci sta, è convinto della colpevolezza di Phillips così come ne era convinto il suo coman-dante, Durban, che poco prima di mori-re gli affidò personalmente il caso, al quale lavorava da anni.

Pensa che quel giorno nelle acque del Tamigi, proprio dove il morto am-mazzato era solito cercare oggetti di va-lore caduti nel fiume, la cattura dell’uo-mo dopo un rocambolesco inseguimen-to da una chiatta all’altra, abbia signifi-cato il trionfo della legge.

E per cercare la sua verità abbando-na il mondo togato e scende in quello della miseria dei ghetti, dove si rifugia-no quelli che per la nobile società vitto-riana sono i rifiuti della società e che, proprio per questo, sono disposti a qua-lunque cosa pur di cavarsela.

L’ispettore Monk entra in un limbo di disperazione e inumanità, dove la lot-ta per la sopravvivenza scivola spesso nella perversione e nella depravazione più nera.

La scrittura meditativa di Anne Per-ry dà forma a una narrazione che me-scola al fumo e alla nebbia i cupi istinti degli uomini, risalendo la piramide so-ciale partendo dagli ultimi fino a toccare gli insospettabili, tanto stimati quanto invischiati nelle storie più sordide, uo-mini di legge.

Eva Massari

R itorna Kiruna, la città più a nord della Sve-

zia, al di là del circo-lo polare artico, fa-mosa per le sue mi-niere di ferro, con il suo sole di mezza-notte d’estate e la sua incredibile, per noi gente mediterranea,

aurora boreale d’inverno a riportarci, pun-tuale come il ghiaccio sul lago agli inizi di ottobre, il sostituto procuratore Rebecka Martinsson.

La nordica interprete dei tre prece-denti romanzi di Asa Larsson, viene

coinvolta in un’amara vicenda rurale, dove storia personale e inquietudine de-gli inquisitori locali, reduci da traumati-che esperienze in prima persona, fanno da contraltare all’alienazione crudele, bestiale degli assassini, demoniaca pre-senza dominante fin dalle prime pagi-ne.

In tutti i mie libri i morti si manife-stano, scrive l’autrice nelle sue righe esplicative. E, infatti, anche stavolta il fantasma di una giovane vittima riemer-ge dal suo gelido sudario per accusare i colpevoli. Il movente del delitto è antico, viene dal passato, incollato su atroci frammenti di storie vere di una guerra ingiusta, che metteva fratelli e amici uno contro l’altro.

L’autrice un caso a sé nella fenome-nologia degli scrittori svedesi, tuffa la penna in uno scenario, talvolta mac-chiettistico, di un provincialismo esa-sperato che non è il nostro, tutto da sve-lare, con regole, abitudini e mentalità diverse, e muove alla ricerca di un bene che appare piccolo e fragile per portarci per mano a una fine attesa, abbastanza scontata, forse salvifica, ma non per questo meno drammatica.

Patrizia Debicke

Tornata nella natia Alba per rispettare le

volontà del nonno defunto, un'indaf-farata scrittrice si lancia nell'impro-bo tentativo di riu-nire i dispersi membri della sua famiglia: un fratel-

lo pittore fuggito a New York in seguito a un tragico incidente, e una nipote stabilitasi a Londra per completare la formazione universitaria.

Disabituata alla vita di campagna, e sola nella località (quasi) deserta, la donna si trova a fare i conti con un inat-teso rumore di fondo: un “leggero scric-chiolio”, come polvere negli ingranaggi che garantiscono la rotazione del globo terrestre. “Il rumore della terra che gira”.

Costruito attraverso un'alternanza di punti di vista che non genera effetti corali (lo “scricchiolio” sembra legato alla difettosa rotazione della “sociosfe-ra” piuttosto che al moto di rivoluzione terrestre, e l'ovvio senso di separazione e incomunicabilità che caratterizza i rapporti tra i tre personaggi è sottolinea-to dalla pleonastica dicitura “altro io”, che accompagna ogni cambio di narra-tore), Il rumore della terra che gira re-gistra l'allontanamento di Roberto Sa-porito dal genere: se Carenze di futuro rendeva omaggio a Manchette e al noir esistenzialista francese, il nuovo roman-zo sembra segnato dalla frequentazione del postmodernismo americano, e di DeLillo. Come l'autore di White Noise tratteggiava il rapporto benjaminiano

tra shopping, fantasmagoria e umana aspirazione all'immortalità, Saporito racconta lo scacco dei meccanismi so-ciali e familiari, dipinge la (presunta) precarietà politica nel suo farsi esisten-ziale (il momento culturale è quello im-mediatamente successivo all'11 settem-bre), sfiorando il risorgere della proprie-tà e dell'oggetto (si veda l'esuberante ag-gettivazione possessiva delle prime pa-gine).

E il romanzo, deliberatamente (e sorprendentemente) destrutturato, e ar-ricchito da un paio di note metaforico-sociologiche di stupefacente lucidità, funziona alla perfezione.

Fabrizio Fulio Bragoni

Torna il noir balcanico di Alberto Cu-

sterlina. Una storia criminale venata di politica che ha, come primo meri-to, quello di rac-contare una storia avvincente in ma-niera compiuta,

senza aspirazioni troppo letterarie e, forse proprio per questo, con uno stile vigoroso e personale. Custerlina ama i suoi personaggi e le situazioni dram-matiche, a volte quasi paradossali, in cui va a cacciarli. Soluzioni di struttura orgogliosamente pulp sempre razio-nalmente sorrette da una forza narrati-va che manca a moltissimi autori di ‘noir’ di questi tempi. Un doppio se-questro coinvolge la figlia di un impor-tante politico, sua cugina e un libro sa-cro della comunità ebraica di Sarajevo.

Un impiccio che rischia di riaccen-dere un fuoco mai spento. Chi guada-gnerebbe da un massacro nella regione balcanica? Un signore della guerra che ha cambiato volto? La Mano Nera, orga-nizzazione politica di un altro tempo mai completamente scomparsa? E tra serbi, croati, bosgnacchi, cristiani e mu-sulmani si snoda una vicenda in cui ca-so e premeditazione contribuiscono a capovolgere continuamente la situazio-ne. Una storia che è quasi un film, rac-contato però con il rispetto della parola scritta, del ritmo del romanzo che non è quello del cinema. Tra tutti i personaggi la Santa, Ljudmila, assassina feroce, convinta sino al fanatismo di essere in-vestita di una missione divina, si stacca dal palcoscenico di volti maschili e fem-minili che costituisce l’ossatura di que-sto teatro di ombre balcanico. La Santa richiama archetipi classici ma, ribalta un precedente personaggio di Al (Zor-ka) esibendo una sensualità negata e in-trigante. È proprio la capacità di giocare con le regole, impiegandole in maniera imprevista, rivoltandole pur conservan-done l’efficacia che Custerlina si confer-ma narratore di talento. Leggete questo romanzo se pensate che scrivere storie

d’azione sia semplice. Non è così e Al-berto lo sa per questo, come Ljudmila, anche stavolta centra il bersaglio.

Stefano Di Marino

Tomislav Boxic, lo chiamano Toxic, è un se-

rial killer cinico, spietato, freddo, lu-cido e ultraraziona-le nel curare le sta-tistiche riguardanti la sua attività.. "Chi è la vittima numero 24? E la 57?". Pesca

nel suo database mentale per visualiz-zarne caratteristiche personali, vizi, vir-tù, momento e modalità della morte. Ama le donne, Toxic, ha una relazione con la burrosa Peruviana Munita, e clas-sifica il loro sex appeal secondo la for-mula: "Se fossi bloccato in montagna con un plotone, comincerei a pensare a lei dal giorno numero...".

Pur commettendo crimini a volte orribili, il tocco leggero di Toxic ce lo rende simpatico, umano, quasi fraterno, e per sua stessa amara ammissione: "Quando uno ha ucciso più di cento per-sone non ha più il diritto di lamentarsi per un pavimento sporco o per una stan-za in disordine".

Thriller avvincente che si lascia di-vorare in poche ore, con una venatura comica spiccata, soprattutto nella prima parte del libro. L'evoluzione di Toxic da killer spietato con loft da urlo a Manhat-tan a fervente religioso in Islanda (poco per scelta, un pò per caso e molto per necessità) è la parabola discendente di un libro comunque notevole, capace di riappassionarci ancora alla buona lette-ratura noir contemporanea.

Giampietro Marfisi

C'è un rappor-to tra Abby D a w s o n ,

giovane donna in fuga, chiusa in un ascensore sabotato a Brighton, che ri-schia di precipitare, e il cadavere di un'altra donna, che emerge dal baga-

gliaio di un auto in un fiume, in Austra-lia? E di chi sono i resti, anche in questo caso femminili, trovati in un canale di scolo nel sottosuolo di Brighton? A do-verlo scoprire sarà, ancora una volta, il sovrintendente Roy Grace (già protago-nista di Al buio, In rete e Alter ego, tutti editi da Kowalski) del corpo di polizia del Sussex, investigatore attento e tenace,

MANO NERA Alberto CusterlinaB.C. Dalai, p. 175, € 13,00

IL RUMORE DELLA TERRA... Roberto SaporitoPerdisa, p. 112, €. 12,00

FINCHé SARà PASSATA...Asa LarssonMarsilio, p.310, € 17,00Traduttore K. De Marco

ASSASSINIO SUL MOLOAnne Perry Fanucci, p. 384, € 18,00Traduttore S. Brambilla

TOxICHallgrimur HelgasonIsbn, p. 291, 15,00 euroTraduttore S. Cosimini

DOPPIA IDENTITàPeter JamesKowalski, pag. 560, € 19,50Traduttore S. Massaron

| Numero 9 - anno IIIM I L A N O • 8 • N E R A |

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RECEnSIOnI

con un grosso 'buco' nella vita privata, la scomparsa misteriosa della moglie San-dy, avvenuta nove anni prima e tuttora ir-risolta. Le indagini di Grace e della sua squadra mettono in evidenza il ruolo di un uomo di nome Ronnie Wilson, sfortu-nato affarista di pochi scrupoli: peccato non poterlo interrogare, perché Wilson è morto a New York, l'11 settembre del 2001... Mentre Abby gioca a rimpiattino con un avversario sadico, deciso a recu-perare qualcosa di molto prezioso, Grace risale con pazienza i fili del labirinto, se-guendo i passi di un uomo morto... Una trama a più strati ben orchestrata, tra il 2001 e il 2007, per questo lungo e com-plesso romanzo dalla 'doppia identità' (thriller e police procedural) come i suoi personaggi, che indaga sull'avidità, uno dei moventi chiave dell'agire umano. No-nostante qualche dettaglio di troppo che 'allunga un po' il brodo', si legge con inte-resse fino alla fine. E attenti al piccolo twist finale...

Giovanni Zucca

Stravagante noir tribale che non si avvantaggia

della traduzione ita-liana forse un po’ troppo alla lettera. Tanto alla lettera che uno dei verbi che ri-corre più frequente-mente nelle 151 pa-gine di narrazione è

ridere che, pur ricordando le suggestive interpretazioni cinematografiche di Eddie Murphy, non si presta a immergerci nell’atmosfera cupa e tenebrosa di un ro-manzo che viene definito noir. Peccato, perché la trama che attinge a piene mani dalla tradizione leggendaria locale del Mali mischiata agli annaspanti tentativi del commissario Habib con l’appoggio del suo valido ispettore Sosso di condurre un indagine potrebbe avere degli spunti inte-ressanti.

Partendo da un inizio quasi casuale, il ritrovamento dei cadaveri del capo e di sua moglie in un campo Bozo, etnia con radici antichissime, uccisi dal fulmine, la narrazione si inoltra come in un campo minato, descrivendoci un mondo arcaico, intriso di una modernità spesso incom-presa e poco tollerata. Punizione divina di Maa il dio del fiume, il Lamantino contro i due morti rei di averlo offeso con pen-sieri e azioni o un delitto da risolvere? Ha-bib e il suo presente di studi francesi sono costretti a convivere con un passato per-meato di poteri magici, di sottomissione agli anziani, ma tollerato e accettato da ogni strato della popolazione. Persino la religione locale offre un Allah accomo-dante che convive e s’inchina all’animi-smo.

Con tutto e tutti contro di lui, riuscirà il commissario a sbrogliare il mistero?”

Patrizia Debicke

A Bari, città in cui arte e cul-tura s’intrec-

ciano senza intac-care la caratteristi-ca baresità lingui-stica e tradizionale, inspiegabili delitti si susseguono tra le mura dell’antico e pregevole Conser-

vatorio Piccinni. Pietro Battipede, già autore di In-giustizia sotto pelle (2008) e La città degli ultimi (2009), nel thriller L’ultima risonanza, ai rumori della sto-ria e al frastuono della città, crocevia tra Oriente e Occidente, fa rispondere le melodie suonate al Conservatorio, ma sono melodie che preannunciano la morte. Giovani allieve sono uccise e mu-tilate. Accanto ai loro cadaveri riversi sul pianoforte un biglietto con un verso del-la Divina Commedia. Un messaggio la-sciato dal killer che lancia la sfida all’in-vestigatore. A raccoglierla è il commis-sario Amedeo Zanchi, affascinante e ipocondriaco, che indaga supportato da lettere anonime che suggeriscono nuo-ve piste. Il legame profondo col territo-rio e le vicende personali e sentimentali di Zanchi interferiscono col processo in-vestigativo indirizzato a restringere il campo dei sospettati all’interno del Conservatorio. L’autore utilizza la ben congegnata trama gialla per entrare a ri-troso negli intricati percorsi mentali del killer, per scoprirne debolezze e lati oscuri. Il thriller diventa così un viaggio nella memoria che svela traumi e fru-strazioni che conducono all’origine del crimine.

Cristina Marra

C'era una volta in un paese piccino e lon-

tano adagiato sulla riva orientale del Mediterraneo, un luogo zeppo di pini dritti come donne in lutto (...)”. Con que-ste parole struggenti, amarognole e malin-

coniche, Elia parla del suo paese natale, in Libano. Sta sorvolando l’Atlantico in aero-plano, di ritorno dalla terra d’origine, e l’immagine – cinematograficamente per-fetta – è quella di un uomo fragile e confu-so che sussurra segreti intimi e dolorosi a un’estranea, addormentata per caso sulla sua spalla. L’epilogo di Pioggia di giugno vede Elia mettere insieme i pezzi di un viaggio complicato nei luoghi della sua in-fanzia, dov’è andato in cerca di storie che potessero raccontargli la sua, ridando un senso all’identità mancata, alle radici ne-

gate. Perché da bambino è stato mandato in America? Come è morto suo padre? Che cosa è successo a Burj al - Hawa nel giugno del 1957? Per rispondere a queste doman-de è tornato, Elia, e durante la sua perma-nenza non ha abbracciato solo la madre Kamleh, straordinaria coprotagonista del romanzo, ma ha anche vissuto le tragedie e le consuetudini degli abitanti del borgo, ripercorso le storie dei vivi e dei morti, so-gnato d’inebriarsi di fronte alla visione perduta per sempre dei mandorli in fiore. Con questo libro Jabbour Douaihy ha il merito di fare luce sulla storia ancora at-tuale di un Libano sconquassato dalle lot-te intestine tra famiglie e clan rivali, ma an-che di gettare ombre inquiete e strazianti sul senso della giustizia, dell’appartenenza e dell’amore.

Stefania Perosin

C'è un com-mento di Ste-phen King

(che non è certo l’ul-timo arrivato) stam-pato sulla copertina di Road Dogs. Affer-ma che il libro di Le-onard è il migliore da diversi anni a questa parte.

Per chi non conosce Elmore Leonard tutto ciò ha poca importanza. Al massimo può essere un incentivo a scoprirlo attra-verso quest’opera piuttosto che un’altra. A chi piace, però, la frase di King non sfugge di certo. E gli fa metter mano al portafogli.

Penultimo in ordine di tempo della vasta letteratura leonardiana, Road Dogs non tradisce le parole del Maestro dell’hor-ror. E nemmeno l’aspettativa di chi si è fiondato a comprarlo appena uscito. Lungi dall’essere un capolavoro della letteratura contemporanea (ma questo non era nem-meno nelle intenzioni del suo autore), si lascia leggerealla velocità della luce. Meri-to, al solito, dei suoi lunghi dialoghi salaci (sorta di vero e proprio marchio di fabbri-ca), dell’intreccio ritmato senza fronzoli o inutili arzigogoli e, naturalmente, merito della sua tagliente scrittura.

Jack Foley, già protagonista di Out of Sight, è un personaggio di quelli che susci-tano immediatamente tanta, tanta simpa-tia. Lui è meglio di Dillinger (ha rapinato oltre un centinaio di banche), ma non lo sa nessuno. Dovrebbe scontare trent’anni di galera. Ma è un figaccione e un’avvocates-sa che la sa lunga lo fa uscire prima. Molto prima. Parecchio prima anche di Cundo, cubano tarchiatello che fuori dalla gatta-buia ha tanti soldi, diventa suo amico e lo manda a controllare la sua ragazza, Dawn Navarro, finché lui non esce.

“Deve fare la santa” dice Cundo. Sì, esatto. Foley se la spupazza per bene. E scopre che lei di presupposti nella vita ne ha tanti e sono pure molto diversi dal “mantenersi casta e pura”. Fa la medium, lei (cioè

abbindola gli stolti) e gli piacciono, tanto tanto, i soldi di Cundo.

Road Dogs aggredisce le pagine di carta stampata con il vento in poppa. Flui-do e anarchico (Leonard reinventa al solito le regole del noir per adattarle a una trama tutta sua), vi trascinerà con leggerezza fino all’epilogo di una vicenda che è, in fondo, anche un’interessante riflessione implici-ta.

Sull’America. Sul nostro secolo. Parla di soldi, Road Dogs (come qualsiasi noir che si rispetti), ma lo

fa in un modo un po’ particolare.Noi però adesso facciamo i bambini

cattivi e non vi sveliamo nulla. Perché per-dereste il gusto della lettura.

Massimo Versalotto

Il dottor Mawsley viene trovato ca-davere nel suo stu-

dio londinese. Cele-bre, ricco, non pro-prio amato, la sua morte non può pas-sare inosservata. La causa è immediata-mente scoperta: un’iniezione di stric-

nina. Altrettanto celeri le indagini, che ar-rivano a rubricare il fatto come semplice incidente. Qualcosa però non quadra. Per-ché il dottor Mawsley non si era costruito una certa fama per poi commettere un er-rore così grossolano come iniettarsi una sostanza che, assunta in quelle dosi, è leta-le. E allora, se non è stato ucciso, se non aveva motivo di togliersi la vita, cos’è suc-cesso? Durante una cena con amici, del caso viene a conoscenza anche un profes-sore di matematica con l’hobby del detec-tive. Si chiama Lancelot Priestley e la sua investigazione vuole arrivare a provare che non fu omicidio, non fu suicidio, ma non fu neanche errore. Perché può esistere una quarta alternativa. Anche se la mente uma-na non riesce a inquadrarla. John Rhode (pseudonimo di Cecil John Street) firma questo geniale mystery dal titolo Morte in Harley Street, pubblicato da Polillo nell’or-mai classica collana dei bassotti. E il genio sta tutto nella testa dello strano investiga-tore, che estrae dal cilindro un’alternativa che può fungere anche da nuovo punto di partenza: ma allora, che cosa è stato com-messo se, non solo la legge, ma neanche l’etica, ha mai contemplato una definizio-ne per un caso del genere?

La morte del dottor Mawsley suscita ipotesi e supposizioni. Ogni possibilità vie-ne sezionata da ogni angolazione, ogni ca-pello spaccato in quattro e poi in sedici. Niente. Il buco non offre ragno. Allora me-glio affidarsi alla sentenza? Per niente. Fin-ché Priestley, sottraendo dal cappello delle soluzioni l’evidente e l’impossibile, giunge alla verità. Per quanto improbabile. Ma che è stata possibile proprio perché diabo-lica.

Corrado Ori Tanzi

L’ULTIMA RISONANZAPietro BattipedeFalzea, p. 160, € 13,00

LA MALEDIZIONE DEL DIO...Moussa KonatéE/O, p. 155, € 16,50Traduttore V. Malatesta

PIOGGIA DI GIUGNOJabbour DouaihyFeltrinelli, p.304, € 17,50Traduttore E. Bartuli

ROAD DOGSElmore LeonardEinaudi, p. 308, € 18,00Traduttore L.Conti

MORTE IN HARLEY STREETJohn RhodePolillo, p. 256, € 13,90Traduttore B. Amato

agosto/settembre 2010 | | M I L A N O • 9 • N E R A

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M I L A N O • 1 0 • N E R A | | Numero 9 - anno III

RACCOnTI L'ADDIO

Può una canzone spingere al suicidio? Mi sembra già di sentire un coro di suggeri-menti che riguardano molti cantanti nostrani, da Clau-dio Lolli a Marco Masini.

Certo, titoli come “Angoscia metropoli-tana” o frasi del tipo “perché lo fai dispe-rata ragazza mia…”, non infondono una grande euforia a chi le ascolta, diciamo che la gioia di vivere andrebbe ricercata altrove. Ma non è a Lolli e ai suoi emuli che ci riferiamo (a proposito, per i culto-ri dell’angoscia a sette note consiglio il recupero di un cantautore anni 70 cadu-to nel dimenticatoio, tale Mauro Pelosi; al suo confronto Claudio Lolli sembrava un cantante di salsa). La domanda ini-ziale era connessa a quel genere musi-cale, il metal, additato da molti come criminogeno o istigatore di violenza e autodistruzione. Che esagerazione! È come se ascoltando Pupo uno avesse tendenze infanticide.

Ebbene, nell’ottobre del 1984, un ragazzo californiano di 19 anni viene trovato morto nel suo letto. Si è sparato in colpo in testa. I genitori attribuiscono la colpa a una canzone che il giovane ascoltava ossessivamente: Suicide Solution, di Ozzy Osbourne, ex cantante del Black Sabbath. Sono con-vinti che il brano lo abbia influenzato negativamente spingendolo al suicidio. In effetti il ritornello non ci va tanto leg-

gero: “Get the Gun and Try It!, Shoot! Shoot! Shoot!”, prendi la pistola e prova: spara! Spara! Spara!

Suicide Solution, secondo Ozzy, è in realtà dedicata al cantante degli AC/DC, Bon Scott, morto soffocato dal suo vomito dopo una sbronza colossale. La solution, a cui si fa riferimento pare va-da intesa come "soluzione" in senso chi-mico e questo spiegherebbe la dedica a Bon Scott, avvelenatosi con un esagera-to miscuglio d’alcol. La traduzione esat-ta del titolo sarebbe quindi "miscuglio da suicidio" e non "soluzione suicida". Una differenza non di poco conto.

Nel corso della sua carriera Osbourne è stato accusato pratica-mente da tutte le organizzazioni reli-giose anglosassoni di essere un adorato-re del diavolo e un promotore della mu-sica di Satana, al punto che gli viene af-fibbiato il simpatico nomignolo di “prin-cipe delle tenebre”.

Viene trascinato in tribunale dai ge-nitori del ragazzo congiuntamente a un’associazione di mamme puritane americane. La causa interminabile gli fornirà però un surplus di pubblicità nel momento nell’inevitabile assoluzione.

Ancora una volta, quindi, Sata-na l’aveva vinta.

Unico fastidio: la mancata par-tecipazione – per via del processo - a un episodio di Miami Vice.

E pensare che una volta Ozzy venne addirittura sorpreso a sniffare una co-lonna di formichine rosse. Se lo becca-vano gli animalisti…

Di “donna Elvira” tutti conservano un buon ricordo: Gabriele Miccichè, re-dattore factotum e ora editore in proprio, la descrive come la vera anima della casa editrice, forse perché, come ha detto Salvatore S. Nigro, «Non ha mai fatto distinzione tra la vita e la letteratura, viveva con e per i suoi autori, leggeva tutto quello che pubblicava, non lo fa più nessuno». Gran-de finezza e intuito culturale, tenacia e attaccamento al lavoro: era da un

po’ che non andava alle riunioni della casa editrice, colpa della lunga malattia che la debilitava. Ma poi, a cose fatte, i collaboratori dovevano comunque andare a prendere il caffè da lei, che abitava a pochi passi dalla sua Sellerio, in via Siracusa 50, a Palermo. E lì, con la tazzina in mano, dovevano raccontarle tutto.

Ci ha lasciati lo scorso 3 agosto, creando un gran vuoto nel mondo culturale italiano, e pensare che non aveva alcuna esperienza editoriale. Figlia di un prefet-to e laureata in giurisprudenza, aveva lavorato per anni all’Eras (Ente per la Rifor-ma agraria in Sicilia): investì la sua liquidazione nella creazione, nel 1969, della Sellerio (dal nome del marito, il fotografo Enzo, dal quale si era separata) che ha avuto tra i suoi autori Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino.

Donna Elvira, editrice coraggiosa e lungimirante: nel 1978, dopo l’uscita dell’Affaire Moro di Sciascia e lo straordinario successo di vendite, la Sellerio deci-se di creare una nuova collana dedicata ai lettori impegnati. I primi titoli costava-no mille lire e i librai non li volevano perché ci guadagnavano troppo poco. Così Elvira s’inventò la tredicesima di collana: ogni 12 copie regalava ai librai la tredi-cesima. Prima del successo di Camilleri, agli inizi degli anni novanta la casa editri-ce stava quasi per essere travolta dai debiti, fu lei l’unica ad avere il coraggio di non mollare e proseguire, grazie anche al credito che le fecero tutti, dagli autori amici ai tipografi, che stampavano senza farsi pagare. Proprio come aveva fatto lei anni prima con Pietrangelo Buttafuoco che prima di essere giornalista e scrittore è sta-to libraio di frontiera ad Enna, osteggiato per le sue idee politiche: quando ormai nessuno voleva più avere a che fare con lui, Elvira fu l’unica a riempirlo di libri in conto vendita.

Elvira giorgianni Sellerio (1936-2010).Quando l’editoria è donna

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Fabrizio Canciani Francesca Colletti

◀ Segue da pagina 6

PILLOLE DI STORIA DELLA MUSICA ATTRAVERSO DELITTI, MISFATTI, MISTERI E OSCURE VICENDE LEGATE AL MONDODELLE SETTE NOTE.

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che il tormento, i dubbi e le contraddi-zioni di un ribelle che, diventato con-dottiero, è stato capace di cambiare le sorti del mondo.

Per costruire il racconto, la parola passa a chi lo conobbe: curvi poeti, vec-chi mercanti, astronomi barbuti, dome-stici e schiave, in un grande coro armo-nioso e stonato, placido ed esultante. Ed è qui che la storia s’infrange e si ri-compone: mentre Abdolah descrive l’af-fascinante avventura di Muhammad, ri-flette anche sulla potenza enigmatica e fragorosa della fede.

Stefania Perosin

Tony Pagoda, l'eroe sorrentiniano di questo libro, già visto (almeno in potenza se non qualcosa di più) al

cinema ne L'uomo in più, ci rappresen-ta un po' tutti. E' il contrasto fra il nostro essere e il nostro voler essere. Uno sbruffone donnaiolo capace, però, di buoni sentimenti al momento giusto. O quasi.

Un romanzo costruito attraverso una serie di episodi che spaziano dallo stile gangster e pupe (con tanto di com-parsata di Sinatra) al buffonesco cial-trone (la vendetta del cugino ai danni di chi si dimentica del suo compleanno) e per questo specchio della nostra Italiet-ta. Brani che evidenziano la grande ca-pacità dell'autore di tracciare immagini vivide, pennellate narrative di sicuro ef-fetto. Un romanzo che si legge piacevol-mente, in cui si mischia il gusto del pa-radosso a quello spesso dissacrante de “una risata vi seppellirà” perché a pren-dersi troppo sul serio si finisce male...

Un viaggio col personaggio (e del personaggio) picaresco che noi lettori al seguito accettiamo di buon grado, spinti dalla curiosità di sapere tutto su Tony Pagoda: la sua discesa agli inferi da cantante di successo a signor nessu-no circondato dagli scarafaggi in Brasi-le; il suo talento, le sue donne, la sua Napoli di ieri e di oggi, il suo segreto.

Elettrizzante l'attacco newyorkese, eccitante l'epilogo sudamericano.

Paolo Roversi

I lan Fernandéz ha solo diciotto anni quando chiede a un armatore di co-struirgli una barca che contenga una

piscina, una sauna, e una pista di atter-raggio per elicotteri. L’avrebbe pagata in contanti, e si sarebbe chiamata Suerte.

Fernandéz nasce nei sobborghi di Cali, in Colombia, vive con la madre, una domestica, e è orfano di padre. Fin da piccolo avverte l’urgenza di riscat-tarsi, di uscire dal ghetto e diventare co-me quegli gli uomini che vede sfreccia-re per le strade della città a bordo di au-to lussuose o prendere il sole su yacht da sogno.

Il riscatto prevede l’uso di denaro, e i soldi a Cali si fanno in un solo modo: spacciando droga. Ilan inizia fornendo cocaina ai turisti e utilizza i proventi per comprare altra droga da piazzare non più a livello locale, ma su larga scala. Prima Miami, poi la Spagna.

A diciannove anni è a capo di un’or-ganizzazione criminale che ha il mono-polio del traffico di stupefacenti tra il Sudamerica, gli Stati Uniti e la Spagna.

Un personaggio potente, scenari mutevoli e una trama convincente. Ma non è un romanzo. E’ la storia vera di Ilan Fernandéz, che ha raccontato allo scrittore Giulio Laurenti gli anni dell’ini-ziazione e i nove passati in carcere, fino alla creazione fortuita del marchio che è già un case history: De Puta Madre 69.

Fernandez scrisse quello che più che uno slogan è un modo di essere (in italiano si traduce con “Mi sento da Dio!) sulla maglia del figlio di un secon-dino che la indossò in discoteca. Il pas-saparola ha fatto il resto e l’ha reso un imprenditore rispettato ma ancor pri-ma, è diventato un uomo libero.

Non è un libro che parla di reden-zione, è piuttosto l’intelligente narra-zione di una vita straordinaria, non mi-tizzata.

Nessun giudizio di valore su ciò che è giusto e cosa no, ma un semplice ri-tratto di un uomo. Da leggere senza censura.

Eva Massari

E ra l’unica del giro a “non essere an-cora dentro”, così Elena, PR dal tac-co facile (“provo un brivido se ma-

neggio spilli di vernice siglati da pugna-li metallici”), sorriso e struttura minuta e compatta che le hanno fatto guada-gnare il soprannome di Smart, decide di creare il suo personale profilo sul social network più cool del momento: Face-Book.

Ben presto però si trova a fare i con-ti con le avance di GS: il Grande Scritto-re e tombeur de femmes, dalla prevedi-bile poeticità di chi con le parole ci sa fare. GS scompagina la vita di Elena che si ritrova innamorata. E tradita.

Ma la nostra eroina cercherà ven-detta in quella stessa rete da cui si è fat-ta intrappolare. Dalle ceneri di Elena ri-nasce così l’avatar felice, Bea (“corpo da bagnina, istinti da pornodiva e la testa da Accademia dei Lincei”) che ripaghe-rà con la stessa moneta il patetico e vile GS.

Ho letto per la prima volta Beati e bannati in treno, durante l’ennesima fuga, e mi ci sono immediatamente im-medesimata. Terminato il libro mi son detta: bene, se ci è riuscita lei posso far-cela anche io. Ma si sa, davanti alle ten-tazioni (in questo caso affettive), i buo-ni propositi vanno a farsi benedire. Quando l’ho ripreso per scrivere questa recensione ho capito che non è un sem-plice romanzo leggero, con l’immanca-bile -seppur imprevedibile- happy end, ma è molto di più.

E’ una guida che tutte noi dovrem-mo leggere, un’educazione sentimenta-le per provare a diventare un po’ più- consentitemi la parola- stronze.

Dalla sconcertante e veritiera pre-messa: “tutti gli uomini sono traditori” alla consolatoria conclusione: “Fb è un covo di traditori. Sancite da eccezioni che confermano la regola, fino a prova contraria”, la misteriosa autrice sciorina perle di saggezza che tutte noi dovrem-mo tenere a mente: “Il principe azzurro è un’utopia e la vita propone regimi e ri-serva ben altre sorprese dallo schiocco

le dita e ottengo ciò che voglio”.Certo, il paragone con Sex & the city

è quasi lampante, ma attenzione, sareb-be un errore paragonare la serie televi-siva a Beati e bannati: l’esordiente Bea Buozzi ci piace molto di più. Più sfac-ciata e disinvolta di Samantha, più sar-castica di Miranda, a tratti più pura e sensibile della dolce Charlotte, riesce a leggere nel cuore (spezzato o palpitante che sia) delle donne meglio di Carrie. Una scrittura fresca, ironica, e mai vol-gare, seppur spesso (e volentieri) af-fronta argomenti hot (vi basterà leggere il divertente capitolo Prova orale).

Si dice che dietro un grande uomo ci sia sempre una grande donna. In que-sto caso, “senza il Grande Scrittore non sarebbe nata Bea”. E questo sì che sareb-be stato un problema. L’ennesima pro-va, che anche dalle storie sbagliate, riu-sciamo sempre a guadagnarci.

Francesca Colletti

La penna di Kader Abdolah – straor-dinario scrittore d’origini iraniane, costretto dal 1988 all’esilio in Olan-

da – dà voce a Zayd, figlio adottivo del Messaggero Muhammad. E questa vo-ce, vellutata e suadente, racconta una vicenda basata su fatti storici, ma che va letta “secondo le leggi della letteratura”: si tratta della vita di Maometto, profeta dell’Islam.

Se il risultato è un romanzo indi-menticabile, poetico, ironico e miste-rioso, non è soltanto perché ci riconse-gna l’immagine dell’uomo Muhammad – tratteggiata con il rispetto che si deve al sentimento religioso – ma anche per-ché si costruisce di tante altre immagini e muove verso una magistrale visione d’insieme; dove trionfano bassi cieli stellati e monti neri illuminati dai falò dei pastori, s’intravedono polverosi ca-ravanserragli allietati dalle danze di splendide schiave, chiassosi bazar e sontuose regge.

Nelle intenzioni dichiarate da Zayd, lo scopo del libro non è quello di rac-contare solo il carisma e la forza, ma an-

WHITE SIDE

agosto/settembre 2010 | | M I L A N O • 1 3 • N E R A

SUERTE Giulio Laurenti Einaudi, p. 232, € 17,50

BEATI E BANNATIBea BuozziPerrone, p. 189, € 12,00

HANNO TUTTI RAGIONEPaolo SorrentinoFeltrinelli, p. 320, €18,00

Il lato candidodi Milanonera

IL MESSAGGEROKader AbdolahIperborea, p.332, € 17,00Traduttore E. Svaluto Moreolo

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RACCOnTI Storiacced'autore

Roma, 5 Febbraio 2010

Mario Montanari ha 33 anni, gli anni di Cristo, fa l’operaio in una fabbrica che produce i cassonetti per la raccolta differenziata, ed è

innamorato di Valentina, che di anni ne ha 24, studia Giurisprudenza all’università, vorrebbe fare l’avvocato, una volta laurea-ta. Anzi, per la precisione vorrebbe fare il concorso ed entrare in Procura per fare la

p.m. Valentina ha un padre, una madre, e un fratello, Saverio, che di anni ne ha 39, ed è una vita che entra ed esce dalla galera. Ultras della squadra della città, accuse per percosse, poi spaccio e rapina aggravata.

Tutti loro abitano alla Garbatella, a Roma. Dove girano “I Cesaroni”.

E tutti loro, in qualche modo, sono le-gati.

Saverio ha sempre amato Valentina, la sua sorellina, e forse è proprio per lui

che lei – con una sorta di ribaltamento – ha deciso di diventare un Pubblico Ministero, un inquirente, un accusatore.

Saverio approva.- Mejo che lo fai te, sto mestiere – le ha

sempre detto. – Te almeno c’hai er core bono…

E infatti Valentina il cuore ce lo ha buono davvero…

Ma il cuore di Valentina non batte più per Mario.

S’è stancata.Valentina fa la cubista, in discoteca.

Papà è in pensione, mamma fa la casalin-ga, i pochi soldi che hanno li spendono per Saverio e i suoi processi. Se lei vuole man-tenersi agli studi, deve lavorare. E infatti la-vora. Cubista: è bella, gambe lunghe, bel culo, belle tette, bel faccino. Sul cubo fa una gran figura, e guadagna quello che le serve. All’inizio Mario Montanari è ammi-rato. Un paio di volte fanno sesso mentre lui le sussurra … - dài, dì la verità, ti sareb-be piaciuto farti fare da quel biondino che ti guardava, vero? -. È un gioco, sembra un gioco. Poi, però, Mario Montanari si inge-losisce, inizia a fare scenate, a darle della troia, è insicuro, piange, urla, si incupisce, pensa, rumina, s’incattivisce.

E Valentina lo lascia. Cinque mesi fa.Ma non per come è diventato lui. O

almeno, non è questa la ragione principa-le. Più banalmente, si è stancata, annoiata. Lui non le interessa più. È giovane, ha dei sogni, delle aspettative, vuole altro.

Mario Montanari sembra accettare la decisione di lei: - Hai ragione, ho sbagliato, però possiamo rimanere amici.

Invece, dopo pochi giorni, inizia la persecuzione. Decine di sms al giorno, centinaia di chiamate al mese.

Valentina ne parla ai suoi, suo padre ne parla al Maresciallo dei Carabinieri, che già conosce per via di Saverio. Il Mare-sciallo, però, proprio a causa di Saverio, minimizza, e dice al padre: - Voi avete altri problemi a cui pensare, dotto’… occupate-vi di quelli… qua sono faccende tra ragaz-zi!

Mario Montanari viene licenziato dal-la fabbrica ma non smette con gli sms e le chiamate, e sta sempre appostato sotto ca-sa di Valentina, o fuori dall’università, o fuori dal locale dove lei balla.

Tre sere fa, Mario Montanari è all’usci-ta di una discoteca dove Valentina balla sui cubi. Quando lei esce, lui la prega: - due chiacchiere, dai, solo due chiacchie-re…

E lei accetta.Torna a casa con due costole rotte,

due dita rotte, un occhio nero, uno zigomo rotto, e stuprata.

Suo padre afferra un coltello da cuci-na e fa per uscire, ma Saverio – agli arresti domiciliari - lo ferma.

- a Pa’ ma che stai a fa’?- Io lo ammazzo a quello!- No tu non ammazzi a nessuno!- Quindi quello la passa liscia?- Possiamo anna’ ai carabbinieri…- Quelli nun ce ascoltano, Save’… Io

già glielo avevo detto…Suo padre scoppia a piangere.- Io già glielo avevo detto, Save’ – ripe-

te.Saverio abbraccia suo padre senza di-

re nulla. Poi va nella stanza di Valentina e abbraccia pure lei, che piange.

Anche a Saverio scappa una lacri-ma…

- Valenti’, te vojo bene, e tu lo sai. Lo sai, no?

- Sì, lo so, Save’… Ma che c’entra?- Niente c’entra… ma davero t’ho

sempre voluto un bene che me se spacca er core…

Valentina fissa suo fratello che a sua volta la guarda con gli occhi rossi e umidi.

- Save’?- Eh, che c’è?- Che voi fa’?- Niente, vojo fa’, niente. Nun te preoc-

cupa’… Mo’ ce penso io…- Save’?- ShhhtSaverio posa l’indice sulle labbra di

sua sorella, poi lo toglie, le accarezza deli-catamente una guancia, poi esce dalla sua stanza.

Mario Montanari sente squillare il campanello.

Sente sirene della Polizia in avvicina-mento.

Di fronte si trova Saverio, che lo spin-ge dentro casa, con in mano lo stesso col-tello che aveva il padre: - mo’ noi due dob-biamo parla’ un poco!

Andrea COTTISTALKING

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