tesi benaglia

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA GENERALE Corso di Laurea in Scienze Psicologiche della personalità e delle relazioni interpersonali (Curriculum: valutazione della personalità) ELABORATO FINALE LA MOTIVAZIONE E LE EMOZIONI DELL’APPRENDIMENTO QUALCOSA DI PERSONALE... Learning motivation and emotions Something personal... Relatore: Prof.ssa Angelica Moè Laureanda: Marika Benaglia Matricola: 513365 Anno Accademico 2011/2012

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Tesi Benaglia

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Page 1: Tesi Benaglia

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA GENERALE

Corso di Laurea in Scienze Psicologiche della personalità e delle relazioni interpersonali

(Curriculum: valutazione della personalità)

ELABORATO FINALE

LA MOTIVAZIONE E LE EMOZIONI DELL’APPRENDIMENTO

QUALCOSA DI PERSONALE...

Learning motivation and emotions

Something personal...

Relatore:

Prof.ssa Angelica Moè

Laureanda: Marika Benaglia

Matricola: 513365

Anno Accademico 2011/2012

Page 2: Tesi Benaglia

Alla mia dottoressa

a me stessa

e a tutti coloro che riescono a credere negli altri, nonostante tutto

Page 3: Tesi Benaglia

INDICE

Introduzione....................................................................................................................................pag. 4

Capitolo 1 - Metodi di studio e strategie nell’apprendimento......................................................pag. 7

Capitolo 2 - Motivazioni ed emozioni dell’apprendimento...........................................................pag. 9

2.1 - Programmi................................................................................................................pag. 12

2.2 - Il Metodo Feuerstein................................................................................................ pag. 14

Capitolo 3 - Esperienze............................................................................................................... pag. 16

Conclusioni................................................................................................................................. pag. 22

Bibliografia..................................................................................................................................pag. 23

Appendice

Page 4: Tesi Benaglia

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INTRODUZIONE

Il mio incontro con le ricerche sugli aspetti fondanti l’apprendimento, in particolare le strategie di studio e

la motivazione, riunite sotto il nome (che diventa prassi) di ‘Didattica Meta cognitiva’, quelle del Gruppo

MT e degli studiosi dell’apprendimento dell’Università di Padova, è stato un incontro personalmente

piacevole e proficuo, da molti punti di vista. Primo fra tutti è stato rivelatore di quanto sia complesso un

fenomeno, seppur solo apparentemente e ad un’analisi superficiale, semplice come l’apprendimento;

inoltre i diversi aspetti risultanti dall’analisi del fenomeno, si rivelano altrettante possibili chiavi di

intervento nel campo dell’intervento di recupero e sostegno agli studenti in difficoltà; infine, ma non meno

importante, mi ha fornito utili strumenti di lavoro, arricchendo il personale patrimonio di conoscenze e

competenze, come pedagogista impegnata da più di dieci anni nella cura di bambini e adolescenti con

disagio, presso le Scuole e privatamente, nella Provincia di Bologna.

‘Personale’, tra l’altro, è da considerarsi anche una delle parole chiave di questo breve elaborato

sull’apprendimento, in quanto è questione assolutamente personale, ma non solo (...).

Altrettanto interessante è stato l’incontro con il Metodo Feuerstein, Programma di intervento che per certi

aspetti completa quello della Didattica Meta cognitiva e che per altri aspetti trova spazi di giustapposizione,

come normalmente non può non capitare a teorie epistemologicamente corrette (almeno in un dato

momento, come la storia della scienza ci insegna!).

Uno degli aspetti che maggiormente ritengo interessante e importante, che conferma la visione

dell’apprendimento come una questione personale, è il richiamo alla necessità di partire dalle

caratteristiche personali dell’allievo, richiamo anche metodologico preciso, ovvero dall’analisi e bilancio

degli stili e abilità cognitive. Insomma non si può pensare l’apprendimento senza la persona che apprende,

non si può insegnare senza tenere in considerazione ogni allievo e si può certo affermare che è opportuno,

anzi necessario, partire dal linguaggio e dalle esperienze di chi apprende per poter insegnare qualcosa.

Page 5: Tesi Benaglia

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Come per qualsiasi intervento riabilitativo è necessario e imprescindibile calibrare le proposte sulla base

delle caratteristiche personali del fruitore, oltre che un’ovvia prassi terapeutica.

Altro aspetto importantissimo è che personale è e deve essere l’elaborazione del materiale di studio,

perché sia memorizzato più facilmente prima di tutto, ma anche perché risulti più significativo ed

interessante e, ultimo ma non meno importante aspetto, perché l’apprendimento sia così il più libero e

critico possibile.

Inoltre, se è vero che di motivazioni (al plurale) si può correttamente parlare e che in ogni circostanza

l’allievo dovrebbe strategicamente poter ricorrere a quella più opportuna (per esempio alla motivazione

etero diretta del finire gli studi, di fronte ad esami almeno apparentemente inutili e i cui argomenti di

studio, oltre che assolutamente ostici, risultano anche particolarmente noiosi), è anche vero che la forma di

motivazione che maggiormente garantisce soddisfazioni è quella legata alla crescita personale, la

motivazione cosiddetta intrinseca (De Beni e Moè, 2000; Moè, 2010), legata cioè alla soddisfazione, del

tutto personale, di vederci migliorati e cresciuti rispetto ad un apprendimento e ad un compito (anche se

imposto dal contesto scolastico).

Personale è il percorso di crescita che ognuno di noi è chiamato a compiere, a prescindere da qualsiasi

opinabile teoria del successo, che magari privilegi valori di natura materialistica a cui aspirare per essere dei

vincenti. Quanta inutile ansia eviteremmo e dunque demotivazione se ci astenessimo da confronti sociali e

ci concentrassimo invece sulla dimensione dello studio come crescita personale, dell’imparare per se stessi.

Meglio sarebbe, quindi, ritornare alla qualità dell’apprendimento e quindi alla qualità dell’insegnamento.

Personale è anche l’interesse che suscitano in me questi argomenti, vista la mia personale esperienza

scolastica, costellata da numerosi fallimenti (sostenuti da un contesto familiare multi problematico e una

motivazione all’evitamento dell’insuccesso), ferite (perché questo sono gli insuccessi scolastici!) che si

stanno faticosamente tramutando in onorevoli cicatrici di battaglia, anche grazie a questo lungo percorso di

studi superiori (senza dimenticare il percorso di psicoterapia, intrapreso anche in seguito ad una

bocciatura).

Page 6: Tesi Benaglia

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Vorrei, con la mia personale (ancora una volta) testimonianza, mandare un messaggio di speranza: non è

mai troppo tardi per ricostruire, seppur faticosamente, un senso di competenza e per recuperare, quasi, il

tempo perduto, dandosi delle ulteriori e infinite, magari, possibilità di successo! E non è mai troppo tardi

per ricercare le vittorie che ognuno di noi giustamente reclama! Qualsiasi esse siano! E non

necessariamente quelle convenzionali!

Colgo l’occasione per ringraziare, inoltre, sinceramente e fortemente la mia Relatrice, esempio

sorprendente di accoglienza e attenzione, senza il cui intervento, non avrei probabilmente intrapreso

questo lavoro inaspettatamente tanto piacevole per me!

In questo elaborato ho quindi voluto ripercorrere le teorie e le ricerche principali in questo campo, per

arrivare poi subito a documentare una personale esperienza di lavoro, che ritengo essere un’interessante

testimonianza di applicazione di un intervento ispirato alla didattica meta cognitiva nelle scuole e che certo

non potrà non essere influenzata anche dal personale punto di vista pedagogico.

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CAPITOLO 1

METODI DI STUDIO E STRATEGIE NELL’APPRENDIMENTO

“Laddove compaiono svogliatezza, noia, distrazione, lentezza, ritardi, stanchezza, squilibri nella quantità di

tempo assegnato alle varie materie, cattiva assimilazione dei contenuti, incapacità di applicarli a contesti

nuovi, ecc. è lecito sospettare che manchi un metodo adeguato di studio” (Cornoldi, De Beni e Gruppo MT,

2001 ). In base a questa premessa, il gruppo MT afferma l’importanza che la scuola si impegni a sviluppare

la capacità di imparare degli studenti.

Il gruppo MT è nato dall’idea di Cesare Cornoldi (1976) di poter utilizzare i risultati della ricerca psicologica

contemporanea sull’apprendimento per mettere a punto materiali utili al mondo della scuola. La sigla MT

vuole ricordare che un apprendimento non è realmente significativo se non è in grado di mantenersi nel

tempo (Memoria) e di applicarsi a nuovi contesti (Transfer).

Numerose sono anche le ricerche che, a conferma di quanto detto sopra, mettono in luce il rapporto tra

rendimento scolastico e grado di sviluppo delle strategie di studio e soprattutto grado di adattamento e

applicazione di un metodo di studio alle diverse situazioni.

Secondo Schneider e Pressley (1997) le strategie sono dei processi o sequenze di processi che, se messe

appropriatamente in relazione al compito, facilitano la prestazione.

Esse possono essere organizzate in un insieme strutturato fino a costituire un vero e proprio metodo di

studio (SQ4R di Robinson, ad esempio, è uno dei più conosciuti).

Le prime esperienze di applicazione dei programmi d’intervento in questo senso hanno però evidenziato

una carenza di mantenimento e trasferimento delle strategie e dei metodi appresi, ponendo così con forza

la questione dell’importanza di altri aspetti relativi all’apprendimento, quali l’atteggiamento motivazionale

e la capacità di riflessione meta cognitiva (alcune ricerche hanno trovato una relazione tra successo nello

studio e abilità di autoregolazione).

Page 8: Tesi Benaglia

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Molte indagini hanno anche affrontato tematiche quali il rapporto tra studio e contesto sociale, differenze

di genere, relazione con gli stili cognitivi, implicazioni del contesto, abitudini di studio, idee che lo studente

sviluppa sullo studio.

Un discorso a parte meritano gli studenti con disturbi dell’apprendimento, con ritardo mentale e disturbo

da deficit d’attenzione e/o iperattività, per i quali peraltro sono state formulate specifiche proposte di

programmi pensati proprio per il loro problema.

In generale, l’ottica meta cognitiva è rivolta a sviluppare nel soggetto la consapevolezza di quello che fa, del

perché lo fa e di come è più opportuno farlo, in questo modo, implementando “le capacità di essere

‘gestori’ diretti dei propri processi cognitivi, dirigendoli attivamente con proprie valutazioni e indicazioni

operative” (Ianes, 1991).

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CAPITOLO 2

MOTIVAZIONI ED EMOZIONI DELL’APPRENDIMENTO

“Interesse, attività e sforzo sono i caratteri distintivi del lavoro spontaneo e auto educativo del bambino. L’adulto quindi ha il compito di sviluppare e accrescere queste attività spontanee, suscitare gioia ed entusiasmo per la loro pratica e aiutare il bambino a ‘fare da solo’, liberandolo dagli ostacoli allo sviluppo che si pongono sulla sua strada”.

Maria Montessori

Aspetti decisamente fondamentali dell’apprendimento, ma ancora troppo spesso trascurati nella prassi

scolastica, sono quelli meno direttamente collegati ai ‘contenuti’, diremo così, bensì al ‘contesto’, ovvero il

‘clima di classe’ (Lewin, 1936) e il livello di maturazione e consapevolezza di ciascun allievo che vi è inserito

(Dweck, 2000). Numerosi studi, a partire da quelli pionieristici di Lewin, ci illustrano come ci sia una chiara

relazione tra effettivo grado di apprendimento e qualità del vivere in classe. Quest’ultima la ottiene

l’insegnante che con la sua attività e la sua impostazione crea un determinato clima di classe. Alcune

indagini ci dicono che gli insegnanti preferiti sono caldi, amichevoli, disponibili ad aiutare, comunicativi, ma

al tempo stesso ordinati, in grado di motivare e di controllare il comportamento in classe. I ragazzi,

insomma, non amano necessariamente l’insegnante che li fa lavorare poco, li diverte, non li responsabilizza,

anzi. Come l’effetto Pigmalione (Rosenthal e Jacobson, 1992) ci insegna, le aspettative che l’insegnante

sviluppa per i suoi allievi sono di grande importanza e influenzano fortemente i risultati che ottiene e

l’autovalutazione del ragazzo. In generale, sembra che gli insegnanti che hanno aspettative elevate non solo

nei confronti dei loro allievi, ma anche verso se stessi, ottengano il migliore clima di classe. Lewin distingue

tre climi fondamentali: autoritario, lassista e democratico. Il clima cosiddetto ‘democratico’ ottiene

generalmente gli effetti migliori ed è, inoltre, spesso legato ad un’impostazione cooperativa, piuttosto che

competitiva, dell’insegnamento.

Personalmente, ritengo prerequisito fondamentale a tutto quanto descritto finora, che l’insegnante si

guadagni il rispetto dei ragazzi, che certamente non perderanno occasione di mettere alla prova.

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Gli studi della Dweck (1988) hanno messo in luce, inoltre, quanto contino gli aspetti di maturazione

personale, in particolare di auto attribuzione per la gestione dell’ansia, nella prestazione scolastica. I ragazzi

che hanno una teoria dell’intelligenza come un’entità data e non modificabile, incontrando una difficoltà

sviluppano subito ansia manifestando evitamento delle prove e bassa persistenza nel compito. Al contrario

chi ha un’idea dell’intelligenza come modificabile è generalmente più portato ad impegnarsi e a mettersi in

discussione.

Tra gli aspetti di maturazione personale (non potendo non ricordare, peraltro, l’influenza dell’ambiente su

di essa) includiamo la motivazione, fulcro del mio elaborato, ma soprattutto fulcro dell’apprendimento,

nella misura in cui a determinarla entrano in gioco diverse componenti, declinate in ogni individuo, con

sfumature particolari. In generale la motivazione può essere definita come “qualsiasi bisogno, significato o

obiettivo capace di direzionare e dare forza al comportamento” o come “movimento psichico”, vista

l’etimologia latina, da ‘motus’, del termine (Moè, 2010; 2011). La motivazione all’apprendimento, in

particolare, può essere vista come una componente importante di un circolo virtuoso, che porta al successo

lo studente, tra uno stile d’apprendimento strategico, un’attribuzione principale all’impegno e un costante

atteggiamento meta cognitivo:

Dunque sostiene positivamente la motivazione all’apprendimento, possedere strategie e metodi di studio

efficaci, ma soprattutto avere la consapevolezza di possederne e l’auto percezione di sé come capace di

sfruttarle appieno nelle diverse situazioni e materie.

STRATEGIE DI STUDIO

ATTRIBUZIONE MOTIVAZIONE

CONTROLLO METACOGNITIVO

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Sostiene, inoltre, positivamente la motivazione attribuire la causa del successo principalmente alla quantità

e qualità dell’impegno profuso nell’attività di studio, abbandonando quegli stili d’attribuzione perdenti che

delegano il cosiddetto ‘locus of control’ (Heider, 1958) a fattori esterni quali la fortuna o il pregiudizio degli

altri.

Sostiene, infine, la motivazione il lavoro meta cognitivo che lo studente deve continuamente esercitare

come controllo su di sé durante lo studio e la consapevolezza, ancora, dell’importanza di coltivare

l’abitudine ad essere strategici orientandosi al successo e dunque alla soddisfazione personale.

Le emozioni legate all’apprendimento sono anch’esse componenti fondamentali e spesso ben poco tenute

in considerazione nella quotidiana prassi scolastica.

Una traballante fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, la paura di sbagliare o di essere rifiutati sulla

base di una scarsa autostima, ad esempio, può essere il ‘cocktail fatale’ che conduce lo studente al rifiuto

totale dell’impegno scolastico allo scopo di non affrontare possibili prove. Tra parentesi, il terribile ‘habitus

psicologico’ che ha condizionato pesantemente anche i miei anni delle scuole superiori, alle quali,

comunque, devo anche il fatto che sono riuscita a risollevarmi, grazie all’invio presso una psicologa di loro

riferimento, la persona meravigliosa alla quale è dedicato questo elaborato.

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2.1 Programmi

In un contesto scolastico, italiano ed internazionale, con preoccupanti tassi di dispersione scolastica e reso

particolarmente critico anche dalle problematiche relative all’integrazione degli alunni stranieri e dai

sempre più diffusi disturbi dell’apprendimento, appaiono sempre più utili tutti quegli strumenti che

possono sostenere gli insegnanti nella loro professione, che si rivela sempre più una missione!

Di programmi così ce ne sono molti e validi e in particolare l’approccio meta cognitivo ne ha elaborati

davvero tanti e soprattutto talmente vari che intercettano praticamente ogni problematica che l’alunno

può manifestare a scuola.

Programma particolarmente interessante, ma che conosco, purtroppo, solo superficialmente, è

‘Empowerment cognitivo e prevenzione dell’insuccesso’ (Pazzaglia, Moè, Friso e Rizzato, 2002), che

prevede delle schede di lavoro...per gli insegnanti, finalmente! Che, scherzi a parte, sono davvero quelli che

più hanno bisogno di essere preparati per ottenere i migliori risultati con i ragazzi e penso, inoltre, che il

lavoro insieme a loro possa anche facilitare il buon esito di un ipotetico intervento da parte di un esperto

esterno alla scuola.

Programma che invece conosco piuttosto bene, anche perché personalmente utilizzato direttamente sul

campo, è ‘Imparare a studiare 2’ (Cornoldi, De Beni, Gruppo MT, 2001), strumento particolarmente

completo.

Obiettivo principale del programma è quello dell’ “imparare a imparare” e oltre alle regole di studio (aspetti

strategici e metodologici), tiene conto degli atteggiamenti (verso la scuola, rapporto coi compagni e con gli

insegnanti...), degli stili cognitivi e motivazionali e per ognuno di questi argomenti propone schede che

possano essere di stimolo alla presa di coscienza e implementazione delle competenze, per sviluppare nei

ragazzi un atteggiamento meta cognitivo nei confronti dello studio.

Lo strumento fornisce anche precise indicazioni metodologiche sul come procedere, pur prestandosi altresì

ad un uso eventualmente più flessibile.

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Esso è accompagnato anche da un Questionario sul Metodo di Studio (QMS), composto da 163 item (di cui

esistono diverse versioni ridotte, più agevoli, anche con domande riadattate e semplificate), da

somministrare preliminarmente e i cui risultati, poi, si prestano a possibili svariate analisi statistiche, ma

soprattutto ad un bilancio delle caratteristiche e competenze dell’alunno grazie al quale desumere più

precise indicazioni d’intervento!

Una parola meritano anche la tipologia delle schede, che così graficamente ben curate, sono

particolarmente congeniali a sostenere una presa di coscienza e ad alleggerire il lavoro, pur essendo

particolarmente efficaci anche sul piano dei contenuti.

Ciò che ritengo, inoltre, importante, che anticipo in questa sede, ma che approfondisco nelle conclusioni, è

che il tecnico (esperto o insegnante che sia), alla luce del primario obiettivo di rendersi utile per gli alunni in

difficoltà e per l’istruzione in genere, eviti atteggiamenti dogmatici di adesione acritica ad un solo metodo o

ad un approccio teorico, ma resti aperto e pronto ad approfittare di tutto ciò che gli possa essere utile (nei

più disparati campi del sapere)...!

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2.2 Il Metodo Feuerstein

Questo metodo, messo a punto da Reuven Feuerstein e i suoi collaboratori (Vanini, 2005), è attualmente

utilizzato con successo per sviluppare creatività e flessibilità, per riattivare risorse d’apprendimento, negli

ambiti scolastico, sanitario e anche dell’impresa. Personalmente l’ho conosciuto grazie ad un’esperienza di

formazione docenti di Scuole Primarie, che dava libero accesso anche a professionisti nel settore, tenuta

dalla dott.ssa Paola Vanini, fondatrice e direttrice del Centro Feuerstein IRRE – Emilia Romagna.

Feuerstein, allievo di Piaget, prende le mosse dal concetto di ‘zona prossimale di sviluppo’ di Vygotskij

(2002) e dal ‘modello della mediazione’ di Bruner (1991), per dire che le potenzialità dell’individuo sono

infinite, fondando questa sua convinzione sulla teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale. Numerose

evidenze scientifiche documentano la plasticità delle cellule nervose e confermano che lo sviluppo

cognitivo, pur partendo da una dotazione genetica naturale e da una data maturazione delle strutture

nervose, è flessibile e soprattutto sensibile all’azione dell’ambiente. Esperienze d’apprendimento ben

strutturate e proposte, dunque la qualità dell’insegnamento, ha la responsabilità prima dello sviluppo e

potenziamento cognitivo di chi apprende. Infatti numerosi sono i casi documentati di fanciulli con gravi

compromissioni nell’area degli apprendimenti che si sono sbloccati e hanno ottenuto ottimi risultati

successivamente al trattamento col Metodo Feuerstein, che sulla qualità dell’insegnamento si fonda, con il

concetto di Esperienze di Apprendimento Mediato (E.A.M.) e i Criteri della Mediazione. Fondamentale è

l’azione del Mediatore che si interpone tra chi apprende e gli stimoli ambientali, sia regolando modalità –

durata – intensità – ordine - ecc. degli stimoli (input) sia la produzione delle risposte (output). E’ altresì

presente l’attenzione alla fase di elaborazione dell’informazione, schematizzata nella ‘Mappa Cognitiva’ e

nella ‘Lista delle funzioni cognitive carenti’, strumenti utili ad alzare il livello del comportamento cognitivo.

Tornando al concetto di E.A.M., di particolare valore, a mio avviso, è inoltre l’attenzione posta sulla qualità

della relazione tra mediatore e allievo che, tenendo conto della fondamentale componente affettiva, è

guidata dai Criteri, in particolare quelli di ‘reciprocità’, ‘individuazione/differenziazione psicologica’ e del

‘sentimento di appartenenza’, che informano e sostengono appunto gli aspetti emotivi della relazione

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pedagogica, in altre parole ‘il non detto’, ma anche solo comunicato empaticamente, ma così fondamentale

in ogni relazione!

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CAPITOLO 3

ESPERIENZE

Lavoro nel territorio della Provincia di Bologna da più di dieci anni e in questo periodo ho avuto modo di

sperimentare le mie competenze con diversi casi e in diversi ambiti, privato e pubblico. Ovviamente il

Progetto d’Intervento da me formulato si è sempre modificato in base alle caratteristiche dell’utenza e

della committenza. Nell’ambito del privato ho avuto modo di lavorare con un preadolescente con diagnosi

di ritardo mentale, un caso di non ancora riconosciuto DSA e un adolescente con calo di rendimento

scolastico. Nel settore pubblico ho collaborato con due Scuole Secondarie di primo grado, una a

Casalecchio di Reno e l’altra a Zola Predosa (nella provincia di Bologna), con un Progetto di Rimotivazione

scolastica a favore di gruppi di ragazzini con diverse problematiche, tutti con carriere scolastiche alle spalle

quanto meno faticose.

In questo lavoro intendo documentare la mia esperienza nella Scuola Secondaria di primo grado di

Casalecchio di Reno, nell’anno scolastico 2006/2007. Questa è stata particolarmente entusiasmante,

essendo stata la mia prima esperienza di consulenza professionale presso le Scuole e perché, anche grazie

al mio contributo, la Scuola ha partecipato (con un Progetto dal titolo significativo di ‘A scuola di

Consapevolezza’, modestamente, da me suggerito, che comprendeva ovviamente anche il mio intervento

di Rimotivazione scolastica, ma non solo) ad un Bando regionale per combattere la dispersione scolastica,

ottenendo l’approvazione del progetto e i finanziamenti. E’, inoltre, doveroso e un piacere per me ricordare

il fondamentale ruolo che in questa esperienza di ‘buona scuola’, ha avuto un’insegnante straordinaria,

incaricata dell’accoglienza e alfabetizzazione degli alunni stranieri, che ha creduto nel mio contributo e

coordinato l’intero Progetto scolastico a favore dell’antidispersione, anche con un’opera, non facile, di

paziente coinvolgimento dell’intero Istituto.

Di seguito propongo uno schema che riassuma i casi, con le principali caratteristiche, che ho affrontato con

il mio progetto nella Scuola di Casalecchio di Reno:

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ALUNNI M/F

ETA’ CARATTERISTICHE PRINCIPALI

AREE D’INTERVENTO PREVALENTI

RISULTATI

M.V. M 14 Rifiuto/bullo, a rischio abbandono

Strumenti compensativi Iscrizione ciclo scolastico superiore

G.B. M 13 Disagio familiare, scarsa autostima

Rinforzo positivo, memorizzazione

Scelta scolastica meglio motivata

S.P. F 13 Sospetto DSA, deprivazione culturale, pregiudizi di genere

Gestione dell’ansia Abbandono percorso

S.B. M 13 Integrazione scolastica difficile, estrema timidezza

Organizzazione e metodi di studio

Conclusione percorso

L.B. M 13 Disagio familiare Strategie e metodi di studio

Abbandono percorso

CRITICITA’ PRINCIPALI

Coinvolgimento degli Insegnanti ed eventuale Formazione

Il gruppo di ragazzi, in generale, tutti frequentanti il terzo anno scolastico, dunque a fine ciclo, era

composto da tre alunni di origine straniera (una ragazza S.P. e due ragazzi S.B. e G.B.), un compagno di

classe di quest’ultimo (L.B.) e un ultimo ragazzo (V.M.), frequentante una terza differente, fortemente a

rischio di abbandono scolastico. Purtroppo si è verificato un abbandono dell’intervento, quasi subito da

parte di L.B., un ragazzo particolarmente problematico e un altro verificatosi più avanti, da parte di S.P.,

ragazza con una situazione familiare particolare.

Il Progetto d’Intervento (vedi appendice), prendendo le mosse dagli studi del gruppo MT, in particolare da

Imparare a studiare 2, prevedeva la somministrazione di un breve questionario iniziale (vedi appendice), da

me elaborato, che fungesse soprattutto da strumento utile ad una prima conoscenza delle caratteristiche

del ragazzo e da stimolo alla presentazione delle schede successive (sempre dalla sottoscritta elaborate),

che ovviamente non potevano non articolarsi tenendo in debita considerazione le esigenze particolari dei

ragazzi e del committente Scuola. Quest’ultima mi ha richiesto la compilazione di un registro delle

attività/presenze dei ragazzi, un consuntivo ore da aggiornare costantemente e verifiche in itinere e finale

del lavoro svolto. A questi strumenti ho voluto personalmente affiancare un ‘diario’ in cui ho annotato le

osservazioni a posteriori relative ad ogni incontro. La Scuola mi ha richiesto, inoltre, uno specifico

intervento sul sostegno alla preparazione dell’esame di licenza media, che mi ha permesso di svolgere

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insieme a loro un generale lavoro sulle strategie di compilazione di un elaborato e un più personalizzato

lavoro di sostegno alla motivazione nell’affrontare il compito.

Il setting dell’intervento era piuttosto flessibile, anche se generalmente vedevo i ragazzi almeno una volta

alla settimana, per una o al massimo due ore, in aule solitamente vuote (aula computer, ad esempio) e la

durata complessiva dell’intervento è stata da marzo a giugno.

Vorrei ora raccontarvi alcuni casi più da vicino.

G.B., un ragazzo di origine colombiana, con una situazione familiare alle spalle piuttosto problematica,

appariva, soprattutto, abbattuto e arreso ad un futuro di mediocrità, vista la sua abitudine a non credere

nelle sue capacità. L’intervento con lui ha da subito fatto emergere che le sue prime difficoltà scolastiche

coincidevano con la separazione dei suoi genitori e ho suggerito a G. di rivolgersi eventualmente anche al

servizio di sportello d’ascolto che la scuola offriva. In seguito anche alla sua notevole capacità di auto

riflessione e disponibilità a mettersi in discussione (pure troppa!), ci siamo subito concentrati sulla

sottolineatura della possibilità di implementare le abilità cognitive. Denunciando lui, quindi, una particolare

difficoltà nella memorizzazione, proprio quel sistema che risente più di tutti dell’umore e di eventuali

traumi emotivi (Cornoldi e De Beni, 2005), ho preparato del materiale e abbiamo svolto un lavoro specifico

sulla memoria e le mnemotecniche (vedi estratto in appendice). Anche allo scopo di recuperare

un’insufficienza, l’ho affiancato nella preparazione di un’interrogazione, per la quale G. ha preparato anche

un breve elaborato scritto sui motori, argomento fortunatamente, ma non a caso, di suo interesse e

concordato con la professoressa. Relativamente all’esame di licenza media, ho lavorato con lui sulla

strategia di compilazione di una scaletta/indice utile come guida alla stesura di un elaborato e l’ho

accompagnato in biblioteca per la ricerca e reperimento del materiale a lui necessario. Durante il percorso,

sollecitato anche dalla Scuola con interventi di orientamento per la scelta scolastica, in seguito alla

conclusione del ciclo, era emerso il suo desiderio di fare l’aviatore, che lui però manifestava sempre come

un sogno irraggiungibile, come una carriera per cui lui non fosse all’altezza, aggiungendo anche spesso

“meglio la scuola alberghiera, perché si studia poco”. Tutto l’intervento ha visto una personale,

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instancabile, attività di rinforzo e incoraggiamento, ovviamente, ma, in particolare, ho ragionato con lui

sull’importanza della dimensione della soddisfazione personale e di una motivazione alla scelta scolastica

futura che andasse in quella direzione. A fine anno e percorso G. ha scelto una scuola tecnica, senza dubbio

più vicina ai suoi interessi (fulcro di una solida motivazione che sostenga al successo!) e, soprattutto, direi,

con una maturata motivazione all’impegno e una maggior fiducia in se stesso!

S.P., era una ragazza di origine magrebina, nata in Sicilia, con difficoltà nella completa padronanza della

lingua italiana, probabilmente, soprattutto, dovute ad un ambiente deprivante culturalmente, ma non solo.

S., infatti, aveva alle spalle un percorso logopedico, vista la sua grande difficoltà nella lettura (“mi si

accavallano le lettere” mi ha riferito un giorno), ma era sprovvista di una certificazione e la Scuola tendeva

a credere che le sue difficoltà principali fossero imputabili ad una mancanza di stimoli e ad un ambiente

poco attento. S. nella scrittura non manifestava le stesse grandi difficoltà che nella lettura e scriveva, infatti

con piacere, fin da piccola, un diario, che mi ha fatto leggere in alcuni passaggi, potendo constatare e

sottolineare anche a lei quanto fosse straordinariamente capace di trasmettere emozioni. Spesso arrivava

in ritardo perché, riferiva, troppo presa dalle faccende domestiche e in diverse altre occasioni ho avuto

modo di pensare che nel suo ambiente familiare non si investisse affatto sulla realizzazione sociale e a

maggior ragione culturale, delle donne. La famiglia ha interrotto la frequenza del percorso di S. prima della

sua naturale conclusione, ma prima ho potuto lavorare con lei sulla gestione dell’ansia (vedi estratto in

appendice), altro problema che denunciava. Prima di abbandonare il percorso aveva manifestato

l’intenzione di intraprendere un corso professionale per parrucchiera.

M.V., con una già lunga storia di grave insuccesso scolastico alle spalle, dovuta probabilmente anche ad un

sospetto DSA non riconosciuto, e con una situazione familiare piuttosto complicata. Manifestava

comportamenti oppositivi più o meno intensi alle figure docenti e a volte anche da bullo. Soprattutto

manifestava un netto e deciso rifiuto scolastico, non stancandosi mai di ripetere “la scuola non fa per me”,

convinzione ormai ben radicata in lui. Aveva già ripetuto il secondo anno, soprattutto per motivi legati alle

troppe assenze ed era a rischio (più che altro minacciato, a fin di bene, secondo la scuola) di perdere anche

l’anno in corso, l’ultimo! Gli insegnanti erano piuttosto rassegnati e ritenevano che già il semplice fatto che

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M. frequentasse più o meno volentieri il suo percorso con me, fosse un più che discreto successo! Senza

dubbio non mi sono mai accontentata di questo, pur riconoscendolo anch’io, e ho tentato sempre di

intraprendere tutte le possibili strade di intervento. Dunque, una volta inquadrata bene la situazione, anche

per aggirare il suo rifiuto, ci siamo avvalsi dell’uso del computer per i nostri incontri, mezzo almeno

tollerabile per lui e ho, a più riprese, sottolineato sia la sua autonomia di gestione degli incontri, a seconda

delle sue esigenze, sia quella di frequenza (nel limite del possibile). A proposito del lavoro svolto insieme,

l’ho aiutato a compilare un tema, tentando di introdurre la tecnica della scaletta, ma soprattutto, alla fine,

aiutandolo nella formulazione del discorso scritto. E’ stato questo il momento in cui M. è stato più vicino a

prendere del tutto coscienza dei suoi disturbi e io ho tentato di parlargli apertamente delle sue ipotetiche

difficoltà, ma si è difeso subito molto bene da questa nuova occasione di consapevolezza e molto

probabilmente per la sua più grande paura, di risultare “stupido”, nonostante ogni tipo di rassicurazione in

merito. M. era davvero un caso da manuale di “una storia di un malinteso” (Stella, 2004), in cui genitori,

insegnanti ed esperti non sono stati capaci di comprendere le sue difficoltà quando era il momento,

instaurando così un circolo vizioso che ha accresciuto la frustrazione di tutti e soprattutto allontanato la

soluzione del problema, conducendo M. verso una strada di atteggiamenti di rifiuto e da bullo, “perché il

bullo non ha difetti, non ha niente e tutti credono che se lui vuole può fare anche meglio degli altri” (Stella).

A proposito invece dell’attività svolta relativamente all’esame finale, come strumento compensativo, gli ho

preparato un file audio con la registrazione del contenuto che doveva studiare per la prova. Pur sembrando

inizialmente l’intervento più difficile, alla fine siamo riusciti ad ottenere che il ragazzo si iscrivesse ad un

Istituto Superiore con cui oltretutto ho personalmente preso contatti per presentare il caso particolare di

M.

Il bilancio dell’esperienza, a fine intervento, era personalmente piuttosto scoraggiante, viste le enormi

difficoltà incontrate, oltre che nei casi piuttosto difficili affidatimi, anche nella relazione con gli insegnanti,

che spesso, più che sostenere il mio intervento, lo disconfermavano in diversi modi, più o meno

consapevolmente. Nonostante la Scuola fosse di un livello elevato, con insegnanti mediamente molto

preparati e offrisse numerose opportunità ai ragazzi, quali sperimentazione in musica, sportello d’ascolto,

Page 21: Tesi Benaglia

21

ecc., nell’accoglienza e gestione dei casi difficili, come ad esempio i ragazzi con DSA non riconosciuti sono,

era mediamente piuttosto impreparata, faticando anche nella relazione con le famiglie. Tra l’altro,

probabilmente, poco era ancora passato dei contenuti della Circolare Ministeriale del 2004 (Prot 4099/A

del 5.10.2004), sugli strumenti compensativi e dispensativi a favore degli alunni con DSA (considerando poi

che nessuno dei ragazzi aveva una certificazione!). E’ essenziale, inoltre, per il buon esito di qualsiasi

intervento, a mio avviso, che tutti i soggetti adulti coinvolti stipulino un ideale ‘patto pedagogico’, in cui

concordino e condividano le linee educative da tenere a favore dei ragazzi fruitori del servizio. Ed è

probabilmente ancor più necessario quando le conoscenze in merito a certe questioni sono ancora poco

diffuse e l’intervento dunque è particolarmente ‘tecnico’. E da questo punto di vista, probabilmente, si è

fatto troppo poco, essendo mancata anche un’adeguata presentazione dello stesso, ad inizio anno.

A distanza di tempo, penso che il bilancio dell’intervento sia, considerando anche tutte le difficoltà

incontrate, da considerarsi davvero positivo, visti i risultati raggiunti.

Di seguito presento alcune considerazioni che ho fatto sugli aspetti critici e meno, relativi agli interventi

condotti nelle scuole e nel privato, facendo quindi un confronto:

ASPETTI POSITIVI ASPETTI NEGATIVI

INTERVENTO A SCUOLA Ambiente di lavoro stimolante, dal punto di vista degli strumenti e delle possibilità d’intervento;

Difficoltà di gestione dei rapporti tra tutti gli adulti coinvolti: genitori, insegnanti ed esperto (a rischio il patto pedagogico);

INTERVENTO NEL

PRIVATO

Rapporto diretto e fiduciario con la famiglia (sì al patto pedagogico);

Difficoltà di circoscrizione dell’intervento, che spesso può essere confuso con semplici ripetizioni;

Page 22: Tesi Benaglia

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CONCLUSIONI

La vera chiave che permette di entrare in comunicazione con lo studente, anche in situazione di disagio,

sostenendone la motivazione, a mio avviso, sta nell’espressione ‘né troppo difficile, né troppo facile’ (che

richiama vagamente anche la frase attribuita ad Einstein), che riassume una sapiente capacità

dell’insegnante di tenere sempre e bene in considerazione le caratteristiche dell’allievo, proponendogli

quindi materiale che lo rinforzi nelle sue capacità, dunque per lui approcciabile con almeno discreta

autonomia e buone possibilità di riuscita, ma mai troppo semplice. Per dirla con altre parole, il materiale

deve comunque e sempre andare ad intercettare il ‘livello prossimale di sviluppo’ (Vygotskij, 2002), perché

solo così lo studente potrà sentire il piacere della sfida e la soddisfazione del successo.

La vera sfida per l’insegnante risiede proprio in quei casi che possiamo definire ‘difficili’, per incontrare le

caratteristiche dei quali, il mestiere dell’insegnare si trasforma a volte in una vera e propria arte, talmente

complicato e creativo diventa scovare e proporre loro i giusti compiti!

E qui, termino con la considerazione della enorme importanza che riveste la formazione continua degli

insegnanti, anche indirizzata precisamente allo scopo di migliorare le loro capacità di comprensione e

gestione delle fondamentali componenti di natura emotivo – motivazionale (Moè, Pazzaglia e Friso, 2010)

dell’apprendimento, che può aumentare senza dubbio le possibilità di riuscita degli interventi con gli allievi!

Page 23: Tesi Benaglia

23

BIBLIOGRAFIA

Ashman, A.F. e Conway, R. (1991). Guida alla didattica meta cognitiva. Trento: Erickson

Bruner, S.J. (1991). Il linguaggio del bambino. Roma: Armando

Cornoldi, C. e De Beni, R. (2005). Vizi e virtù della memoria. Firenze – Milano: Giunti

Cornoldi, C. De Beni, R. e gruppo MT (2001). Imparare a studiare 2. Trento: Erickson

De Beni, R. e Moè, A. (2000). Motivazione e apprendimento. Bologna: il Mulino.

Lewin, K. (1936). Principi di psicologia topologica. Firenze: edizioni OS

Moè, A. (2011). Motivati si nasce o si diventa? Bari: Laterza

Moè, A. Pazzaglia, F. e Friso, G. (2010). MESI. Trento: Erickson

Montessori, M. (2000). L’autoeducazione. Milano: Garzanti

Pazzaglia, F. Moè, A. Friso, G. e Rizzato, R. (2002). Empowerment cognitivo e prevenzione

dell’insuccesso. Trento: Erickson

Rheinberg, F. (2004). Valutare la motivazione. Bologna: il Mulino

Rosenthal, R. e Jacobson, L. (1992). Pigmalione in classe. Monza: Franco Angeli Editori

Stella, G. (2004). La dislessia. Bologna: il Mulino

Stella, G. (2007). storie di dislessia. Firenze: libri liberi, Associazione Italiana Dislessia onlus

Vanini, P. (2003). Potenziare la mente? Una scommessa possibile. Brescia: Vannini editrice

Vygotskij, L. (2002). Pensiero e linguaggio. Firenze – Milano: Giunti

Page 24: Tesi Benaglia

APPENDICE

Progetto di rimotivazione allo studio

La realizzazione di questo tipo d’intervento tiene conto degli aspetti fondanti e meno evidenti dell’apprendimento, la cui analisi ed eventuale modifica, dovrebbe garantire

un’azione profonda sui soggetti.

L’obiettivo è quello di re – indirizzare i soggetti verso un approccio positivo allo studio,

rimotivarli all’apprendimento, attraverso un intervento che miri a trasformare in un circolo

virtuoso (maggiori strategie – migliori risultati – maggiore motivazione), quello che è in

alcuni casi un ormai consolidato, ma non indistruttibile, circolo vizioso (scarsi risultati –

scarse aspettative – scarsa motivazione).

Per ottenere ciò è necessario non fermarsi esclusivamente agli aspetti didattico –

strategici, se pur di fondamentale importanza, ma è essenziale indagare insieme ai

soggetti le convinzioni che stanno a monte l’apprendimento scolastico e che lo

riguardano – informano particolarmente.

Gli aspetti fondamentali sui quali questo tipo d’intervento intende focalizzarsi ed agire sono

i seguenti:

Strategie d’apprendimento: intervento di approfondimento e ampliamento delle

strategie di studio, di memorizzazione, eventualmente d’approccio ad alcune materie

specifiche, etc.

ATTRIBUZIONE MOTIVAZIONE

CONTROLLO METACOGNITIVO

STRATEGIE DI STUDIO

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Stili d’attribuzione: individuazione della causa prevalente alla quale i soggetti

attribuiscono il successo – insuccesso scolastico proprio e altrui, per indirizzarli verso

uno stile d’attribuzione che sostenga maggiormente l’apprendimento.

Stili di motivazione: individuazione delle componenti fondamentali della motivazione,

dello stile personale dei soggetti ed eventuale intervento di stimolo al ripensamento

dello stesso.

Abilità metacognitive: obiettivo trasversale all’intero progetto è quello della

stimolazione della metacognizione nei soggetti, nell’ottica della centralità della

consapevolezza di sé, come strumento essenziale per esercitare uno strategico auto -

controllo metacognitivo.

L’intervento prevede un percorso con lo studente con materiale da me preparato, frutto di

personali studi e lavoro di documentazione sulla ricerca accademica psico - pedagogica

contemporanea che riguarda l’apprendimento. Le finalità del materiale da me previsto

sono di approfondire la conoscenza, sia del ragazzo sia mia, su quali siano le difficoltà e le

criticità maggiori nel suo atteggiamento verso lo studio e cominciare a fornirgli, dunque,

prospettive di cambiamento e strumenti per attuarlo.

Esso consiste, ad esempio, nella somministrazione iniziale di un piccolo questionario

conoscitivo “Alcune domande per cominciare…”, da me pensato allo scopo di indagare le

convinzioni dei ragazzi e introdurre gli stimoli fondamentali del percorso previsto, che

verranno ripresi ed approfonditi in seguito attraverso il successivo materiale.

L’intervento da me progettato prevede, inoltre, una fase di esercitazioni pratiche con i

ragazzi, da loro proposte e tratte dal loro materiale quotidiano di studio, grazie a cui

rinforzarli strategicamente e veder applicati gli stimoli forniti loro nella fase precedente del

percorso.

Di importanza essenziale sarà la prima fase di conoscenza del ragazzo/a, attraverso la

quale potrò valutare se e come eventualmente calibrare l’intervento, secondo le

caratteristiche dello stesso.

Page 26: Tesi Benaglia

Ultimo, ma non meno importante fattore che potrà facilitare i buoni risultati dell’intervento,

sarà il rapporto con la famiglia, con cui sarebbe opportuno concordare fin da subito un

ideale “patto pedagogico” con ovvia finalità principale il bene del ragazzo. dott.sa Marika Benaglia

Page 27: Tesi Benaglia

A L C U N E D O M A N D E P E R C O M I N C I A R E …

1. A tuo avviso, studiare un argomento di matematica o un testo di italiano, è lo stesso o noti delle differenze? ………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

2. Hai mai sentito parlare di “schema anticipatorio”? Prova a spiegare cos’è anche se non ne hai mai sentito parlare………………………………………………. ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

3. Ricorda e descrivi un episodio che definiremo di “insuccesso scolastico” (un voto insuff., una nota di demerito, ecc.) e prova a spiegare perché è andata così…………………………………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………….…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

4. A tuo avviso, quali sono gli aspetti che contano maggiormente nel successo/insuccesso scolastico? Stila una classifica tra: impegno, abilità, facilità del compito, fortuna, aiuto.

o …………………………. o …………………………. o …………………………. o …………………………. o …………………………. 5. Secondo te, perché si studia?

………………………………………………………………………………………...……….……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

6. Come definiresti l’intelligenza? ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

7. Ripensa all’episodio ricordato al punto 3…pensi che sarebbe potuto andare diversamente? E in che modo, secondo te? ……………………………………………………………………………………………..…..…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

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L-A M-E-M-O-R-I-Z-Z-A-Z-I-O-N-E

Per un’efficace memorizzazione ti propongo qui di seguito una lista di valide metodologie e

tecniche utili allo scopo:

Elaborazione attiva del materiale: farsi domande, pensare e immaginare quanto si

studia, creare dei collegamenti con la propria esperienza, rendere quindi il materiale

di studio il più familiare e significativo possibile.

Strategie classiche: leggere più volte, sottolineare, costruire uno schema, ripetere ad

alta voce e ripassare.

Mnemotecniche: 1. Mnemotecnica dei luoghi o dei loci: consiste nell’immaginare una serie ordinata di

luoghi, in ognuno dei quali poter collocare, pezzo dopo pezzo, tutto il materiale da

ricordare. 2. Mnemotecnica delle parole – chiave: ne esistono almeno due versioni, ovvero, la

prima è quella che ti dovrebbe aiutare a memorizzare una lista di parole scollegate fra

loro, magari in lingua straniera (es., in inglese, horse = cavallo, ecc.), che consiste

nell’individuare una parola assonante e creare un’immagine mentale che le colleghi

(es.: horse è assonante alla parola italiana orso e si può quindi immaginare un orso

che va a cavallo). Una seconda versione è quella che ti suggerisce di individuare una

sequenza di parole – chiave, che fanno rima con i numeri, che deve essere appresa in

precedenza, ad esempio: uno – pruno, due – bue, tre – re, quattro – gatto, cinque –

pingue, sei – nei, sette – vette, otto – dotto, nove – piove, dieci – ceci, ecc. alle quali

poi “attaccare”, sotto forma di immagini interattive, le parole o i concetti che si devono

memorizzare. A mio avviso, le parole – chiave più utili per ricordare, sono quelle che rappresentano

meglio i concetti principali che stai studiando, quelle che in qualche modo li riassumono e

quelle che tu hai individuato grazie alla tua il più possibile attiva e profonda elaborazione del materiale che devi studiare.

3. Mnemotecnica cifra – consonante: può essere utile per imparare date storiche e

consiste nella trasformazione di sequenze di cifre in parole facilmente traducibili in

immagini visive. A ogni cifra da 0 a 9 viene associata una consonante e quindi i numeri

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IL RELAX PSICOFISICO Il relax (da non confondere con il riposo, utile anch’esso, ma non altrettanto efficace) è uno

stato di rilassamento psicofisico ottimale che si raggiunge attraverso un’azione cosciente –

attiva, eliminando tensioni muscolari e riducendo l’attività mentale.

In questo momento storico, nel nostro tipo di società, occorre rieducare il nostro apparato

muscolare al relax, poiché è un “lusso” che raramente ci concediamo, un po’ perché “non

abbiamo tempo”, un po’ perché è “vincente” colui che non si ferma mai. Solo grazie ad

esso invece possiamo abbassare nel nostro sangue l’alto tasso di adrenalina provocato

dallo stress che quotidianamente dobbiamo affrontare e/o subire (fornendo così un aiutino

al nostro sistema nervoso parasimpatico che è naturalmente preposto a questa funzione,

ma che con i nostri attuali ritmi e stili di vita rischia di non trovare lo spazio necessario

d’azione).

E’ stato inoltre provato che in stato di relax aumentano anche le nostre capacità mnemoniche. Non sono pochi, infatti, i giovani studenti che, durante gli esami, presi dal panico, non

riescono più ad aprire bocca! La tensione, l’ansia, l’emozione negativa scatenano

alterazioni chimico – umorali che fanno loro dimenticare quanto hanno appreso.

Ti scrivo qui di seguito, come promemoria, le principali fasi del relax psicofisico:

1. RESPIRAZIONE: “Il mio respiro è calmo, profondo e regolare” 2. RILASSAMENTO DEI MUSCOLI: “Il mio corpo è completamente rilassato”

3. RILASSAMENTO DEL PLESSO SOLARE: “Il mio plesso solare è disteso e rilassato”

4. RILASSAMENTO DEL VISO: “Il mio viso è rilassato”, “il mio viso è sereno e disteso”

5. LA CONQUISTA: “Io sono completamente rilassato e calmo” e posso, se voglio, agire

sull’inconscio attraverso frasi che aumentino la fiducia nel futuro e nelle mie possibilità,

promuovano la mia autostima, l’autonomia e il benessere psicofisico.

6. USCITA: conto fino a 10 e apro gli occhi, mi stiracchio e sbadiglio…e via!

!Ricordati una cosa molto importante!: il relax psicofisico una volta acquisito può

essere vissuto in qualsiasi momento e luogo. Anche quando cammini (presta comunque

attenzione alla strada e a dove metti i piedi, mi raccomando!) nessuno t’impedisce di

rilassare i muscoli non impegnati (le spalle, le braccia, il viso, la pancia…) o di eseguire

profonde e regolari respirazioni, già da sole portatrici di grande benessere e sollievo. A

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maggior ragione, qualche istante prima di un’interrogazione o di una verifica…respira

profondamente, rilassati e vai…“falli neri” (in senso buono naturalmente)!

Buon relax!

Dott.ssa Marika Benaglia

Bibliografia:

Tratto da A. Bortolotti “Tecniche di autodistensione”, Naturalmente Medicina Editori, ideatore e promotore delle attività del Centro Ricerche psicofisiche “Carl G. Jung” di Riccione (RM), scritto in collaborazione con il prof. Marco Travaglini, docente di educazione fisica e il dott. Stefano Stolfi, psicologo e psicoterapeuta.