il sommelier nr.6/08

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Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: ”Poste Italiane S.p.A. - Sped.Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po” Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVI - Numero 6 - Novembre-Dicembre 2008 4, 10 ISSN 1826-6533 IN QUESTO NUMERO: Premio Casato Prime Donne Campania: due grandi bianchi D.O.C.G. Degustazione Vini forgiati dal fuoco Divinando: Trionfa Treviso Chianti Rufina: il Chianti più alto www.ilsommelier.com

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La rivista istituzionale della F.I.S.A.R. Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori -Bimestrale di enogastronomia e turismo

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comma1,DCBPo

Rivista di enologia, gastronomia e turismo AnnoXXVI - Numero 6 - Novembre-Dicembre 2008

€ 4,10

ISSN1826-6533

IN QUESTONUMERO:

• Premio Casato PrimeDonne• Campania:due grandi bianchi D.O.C.G.

• Degustazione Vini forgiatidal fuoco

• Divinando: Trionfa Treviso• Chianti Rufina:il Chianti più alto

www.ilsommelier.com

Page 2: Il Sommelier nr.6/08

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In questoNumero

Chianti Rufina: il Chianti più altoPiera Genta Pag. 42

Nelle Marche la vite fa parte della storiadel territorio - Luca Iacopini e Massimo Bracci Pag. 46

L’opinione del Presidente - Vittorio Cardaci Ama Pag. 2Uva e bellezza - Roberto Rabachino » 3L’opinione di Marcello Masi - Marcello Masi » 4News dall’Italia » 50In Famiglia » 58La segreteria comunica - Carlo Tridenti » 60

Misteri esoterici del simbolo d’eternitàdall’acqua nel fuoco per un peccato di golaGianni Staccotti Pag. 6

Premio Casato Prime Donne - Valentina Niccolai » 10

Campania: due grandi bianchi D.O.C.G.Gudrun Dalla Via » 12

Pineau des Charentes Douce France, terra di distillati… - Silvana Delfuovo » 14Birra o Whiskey? Un piacevole dilemma irlandese - Enza Bettelli » 18Vienna: capitale del vino di qualità - Piera Genta » 22

SPECIALEASSEMBLEA A cura di Mario Del Debbio » 26

Degustazione Vini forgiati dal fuoco - Piera Genta» 31

SPECIALE

Divinando: Trionfa Treviso » 32

Le notizie di enogastronomia e turismoa cura della redazione di Quality ADV » 34

Eccellenti nell’eccellenza - Mario Del Debbio » 38

diVinando

Page 4: Il Sommelier nr.6/08

Cercherò pertanto di raccontare, brevemente, le emozionivissute dal sottoscritto dettate dal piacere provato nel dareil benvenuto a tutti i Soci al loro arrivo a Ragusa, stupendoricamo della Sicilia, dove la parola Ospitalità continua adavere un significato primordiale, come la forza del Vulcanoche ha accolto i Fisariani al loro passaggio, con la sua mae-stosità per chi lo ammirava dal basso giungendo con auto otreno, mentre coloro che hanno goduto della vista aerea,sono rimasti ammaliati dalla sommità sempre viva e pul-sante, minacciosa ed insieme magica. La Sicilia orientale èuna terra ricca, prodotto mirabile di una commistione diculture antiche come quelle greca, romana, medievale,araba, normanna e bizantina. Taormina, Catania,Siracusa, Ragusa sono gioielli incastonati in un territorio acavallo fra due mondi contrastanti: il mare e il fuoco, lamondanità e la tradizione più vera, aspra. Passione, arte eturismo s’intrecciano con le atmosfere arcaiche e sempliciche soltanto la Sicilia può offrire. In tre giorni ho avuto l’oc-casione di stare insieme a tanti Soci provenienti da tuttaItalia, potendo scambiare con loro opinioni, confronti,commenti ma anche il piacere della convivialità. Abbiamopotuto apprezzare il racconto del territorio etneo dalla vocedi Salvo Foti, stimato enologo e profondo conoscitore della“Muntagna”, così è chiamato l’Etna dai miei conterranei,che, oltre a guidarci, tra tradizione e innovazione, nelladegustazione di alcuni vini prodotti sulle pendici dell’Etna,ci ha presentato il suo ultimo libro La Montagna di Fuoco.Ancora emozione nel nominare Socio Onorario la dottores-

sa Maria Grazia Giampiccolo, Direttrice della CasaCircondariale di Volterra, per la collaborazione con lanostra Federazione nella lodevole iniziativa delle “CeneGaleotte”; e sommelier Onorari il Maestro cioccolatiereFranco Ruta dell’Antica Dolceria Bonajuto di Modica, a cuisi deve il rilancio della cioccolata modicana e lo Chef PinoCuttaia del ristorante la Madia di Licata; secondo la classi-fica di una autorevole guida dei ristoranti Pino Cuttaia èannoverato, come new entry, nel Club del 90, cioè il grup-po di ristoratori (sei) che hanno ottenuto il punteggio di90/100, di poco distanti dal drappello dei venticinqueristoranti che occupano le vette della ristorazione italiana ilcui vertice ha ottenuto il punteggio di 95/100. Bella soddi-sfazione e, se posso aggiungere. . ., buona intuizione daparte nostra. Emozione nello stringere la mano a LorenzoGiannone, nuovo sommelier dell’anno, il quale usufruiràdel premio della Crociera dei Sapori a bordo di una navedella Costa Crociere. Voglio ringraziare pubblicamente leAziende Al-Cantara, Barone di Villagrande, Cottanera,Edomè, e Murgo che hanno gentilmente offerto alcuni lorovini per la degustazione dei “Vini Forgiati dal Fuoco”, oltreovviamente, tutte le altre Aziende che hanno collaboratoalla riuscita del nostro Congresso.Troverete i servizi dedicati sfogliando il giornale. Mi conge-do augurando la solita serenità e che il vostro calice siasempre colmo.

Vittorio Cardaci Ama

Lettera delPresidente

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008pagina 2

Il SommelierRivista di Enologia,

Gastronomia e TurismoRegistr. Tribunale di Pisa n° 21 del 15.11.1983

Organo Ufficiale della F.I.S.A.R.Federazione Italiana Sommelier

Albergatori RistoratoriRic. di Pers. Giuridica PI. n° 1070/01 Sett. I del 9.5.01

EditoreFISAR

Direttore Responsabile: Roberto RabachinoC.so Galileo Ferraris, 138 - 10129 Torino

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Responsabile Comitato Scientifico:Giuseppe Sicheri

Comitato di Redazione e Controllo:Mario Del Debbio,

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Hanno collaborato a questo numeroG. Staccotti, S. Marini, S. Scarpino,

G. Sicheri, S. Marini, A. L. Vinci, L. Iacopini,M. Bracci, A. Battistuzzi, G. Dalla Via,

E. Bettelli, P. Genta, C. Ravanello, C. Tosetti,S. Delfuoco, G. Roversi e M. Masi

Per la fotografiaOliviero Toscani, Saverio Scarpino,

Enza Bettelli, Alberto Doria,immagini di Redazione e

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di VittorioCardaci Ama

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parole emozioni.

Dare parole ai profumi, ai sapori, alle emozioni non è certamentecosa facile! E, poichè l’argomento “guida” di questo ultimo numerode Il Sommelier è il nostro Congresso Nazionale, vogliamocimentarci in un’ardua impresa:

Dare parole alle emozioni.

per comunicarecon il [email protected]

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Editorialedel direttore

“I grappolidell’uva hannoadornato itempli degli dèi,simboleggiandofecondità eabbondanza,,

Ma la vite per gli uomini è molto di più. Questoci dice in un bellissimo articolo la collegaRebecca Rosso.“Le persone morigerate bevevano soltanto trecoppe annacquate: una per il brindisi, una perl’amore, una per il sonno. A questo punto ilsaggio doveva terminare la serata ed andare acasa. Se fosse restato, infatti, e avesse conti-nuato a bere avrebbe fatalmente scoperto chela quarta coppa apparteneva alla violenza, laquinta al chiasso, la sesta all’allegria dell’u-briachezza, la settima alla rissa, l’ottava all’u-sciere, la nona all’attacco di fegato e la decimaalla follia ed alla distruzione del mobilio»(Ateneo, I, 36, b-c).Ecco un’altra citazione (tratta da“L’alimentazione del mondo antico”) chedenota come fin dall’antichità la vite ed il suofrutto, l’uva, siano stati decantati ed apprezza-ti per le loro virtù. I grappoli dell’uva hannoadornato i templi degli dèi, simboleggiandofecondità e abbondanza; il nettare dei suoiacini ha inebriato gli abitanti dell’Olimpo edha sostituito il latte nell’alimentazione deglianziani.Secondo alcuni testi la vite si coltivava già nel-l’antica Babilonia e con i suoi frutti gli Egiziadornavano le tombe. Che dire, poi, del signi-ficato della vite nella simbologia cristianacome, ad esempio, l’acqua trasformata in vinoda Gesù durante le nozze di Cana o la presen-za del vino durante la celebrazione della messacristiana e il suo frequente uso metaforico nelleparabole?La vite, dunque, da sempre raffigurazione delciclo della vita, non solo costituisce nell’imma-ginario collettivo il simbolo dell’allegria e delbenessere, ma attualmente è anche entrata nelmondo della cosmesi con trattamenti assoluta-mente innovativi i quali hanno rivisitato inchiave moderna questo frutto.Tra i numerosi trattamenti oggi in commerciosi fa strada l’innovativa proposta di alcuni cen-

tri di bellezza indirizzata a curare le rughe e isegni dell’età con la Vinoterapia, l’utilizzo,cioè, degli antiossidanti enoici per i trattamen-ti di bellezza e contro i processi di invecchia-mento della pelle. I massaggi al “vino” e ibagni agli estratti di uva e sali biologici hannoconquistato uomini e donne; le terapie nonlasciano chiazze o macchie di colore sulla pellené, tanto meno, profumo di vino sul corpo…ma solo una sensazione splendida: la pelle èliscia e dolcemente profumata. Il segreto dellaVinoterapia è racchiuso nell’uso di uva, mostoe olio di vinacciolo che contengono sostanzecapaci di aumentare la resistenza dei vasi san-guigni, rinforzano la microcircolazione, hannoazioni rimineralizzanti, schiarenti, nutrienti,idratanti ed elasticizzanti. Insomma quantobasta per prevenire l’invecchiamento cutaneo,ma non solo. La Vinoterapia prevede infattianche trattamenti di peeling del corpo, mas-saggi e idromassaggio: cure, naturalmente, daeseguire presso centri specializzati e sotto stret-to controllo medico.L’uva ed il vino, salute e bellezza.

Colgo l’occasione per augurare personalmentee a nome di tutta la redazione gli auguri piùsinceri a tutti i nostri lettori di buone festività.Che il vino vi sia propizio.

Un grappolo d’uva è da semprerappresentazione di abbondanza e benessere:il suo nettare inebriante, dicono gli antichi testi,rallegrava la vita sull’Olimpo.

di RobertoRabachino

@ per comunicare con il Direttore:[email protected]

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Uva bellezzaUva e bellezza

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

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apecanto

L’Opinione diMarcello Masi

pagina 4 Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Vorrei essere un poeta per descrivere quello cheprovo sapendo che le api stanno morendo.

Un misto di malinconia e paura. Le api sonouno dei simboli più evocativi della natura.Rappresentano dalla notte dei tempi, ilbuono. Tutti abbiamo scritto la parola ape inprima elementare associata ad un disegnosemplice. Il miele, la cera, l’alveare hannosegnato la nostra educazione. Un segno inde-lebile che ha posto da sempre queste amichedell’uomo al vertice del nostro rispetto.Anche il loro pungiglione ha sempre rappre-sentato una metafora semplicemente meravi-gliosa. Il sacrificio assoluto per permettereagli altri di vivere. Esseri così piccoli e cosìimmensi. Esempio vivente di un mondo pos-sibile e giusto, pulito e semplice. Ma orastanno morendo. Il primo allarme è arrivatouna ventina di anni fa. Nessuno ci fece caso.In Sud America una varietà di api più gran-di ed aggressive aveva colonizzato alcuneregioni del Nord di quel continente. Qualchescienziato a dir la verità si allarmò, ma noi cipreoccupammo soprattutto delle conseguen-ze delle punture, dolorosissime ed in qualchecaso fatali. Era un campanello d’allarme.Uno squillo di tromba nell’indifferenza gene-rale sulle sorti della nostra terra. Gli annisono passati velocemente e abbiamo dimen-ticato. Ora le notizie si fanno drammatiche evolgere lo sguardo dall’altra parte non è piùpossibile. Le prime segnalazioni di morieanomale di milioni di api anche questa voltasono arrivate dall’America. Negli Stati Unitimoltissimi apicultori hanno denunciato ladecimazione degli alveari. Stragi improvvisesenza un’apparente causa scatenante.Semplicemente gli alveari si svuotavano. Leapi si dissolvevano nei paesaggi sconfinati di

quelle terre lontane. Ancora una volta abbia-mo fatto finta di non capire, ancora unavolta abbiamo sperato in un’anomalia pas-seggera e senza particolari conseguenze.Ancora una volta ci siamo sbagliati. Oggi èun tragico bollettino di guerra mondiale.Solo in Italia abbiamo perso il 40/50 percento delle nostre api. Un numero impressio-nante, spaventoso. Siamo di fronte a qualco-sa mai successa prima. Un fenomeno globaleche non risparmia nessun angolo della terra.Siamo di fronte ad un’emergenza. È allarmerosso.Di chi è la colpa? Sicuramente dell’uomo. Ècolpa nostra. Tutti noi siamo responsabili.Direttamente o indirettamente. E noi dob-biamo rimediare, adesso, subito, prima chesia troppo tardi. La comunità scientificainternazionale è al lavoro per identificare lecause di queste stragi. Probabilmente si trat-ta di un insieme di fattori che agiscono insie-me generando una sorte di moltiplicatore dieffetti mortali. Sicuramente la chimica.Pesticidi sempre più potenti garantisconoraccolti ricchi, ma inquinano la terra e leacque in modo sempre più pericoloso.Sicuramente i parassiti. Microorganismi par-ticolarmente aggressivi sono stati rilevati inmolte api malate. Sicuramente i cambiamen-ti climatici che disorientano le nostre ami-che. Le stagioni anomale ed imprevedibilicausano confusione nei perfetti meccanismipercettivi delle api. Così come l’aumento del-l’inquinamento atmosferico ed elettroma-gnetico. Insomma i killer delle api sono tantie tutti micidiali. Le conseguenze ora sonosotto gli occhi di tutti. Strapparci le vesti

di Marcello MasiVice Direttore TG2RAI e responsabilerubrica Eat Parade

Il canto dell’ape

“risparmiamoacquaed energia,riduciamoil consumodi prodottichimici, nessunoescluso.Facciamola raccoltadifferenziatadei rifiuti,,

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pagina 5Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

L’Opinione diMarcello Masi

serve a poco. Bisogna agire per salvare lesentinelle della salute delle nostre pianure,colline e montagne. Senza api rischieremmogrosso. Questi meravigliosi esseri viventisono tra i principali impollinatori agricoli.“Operai” iperspecializzati ed insostituibili. Illoro lavoro infaticabile permette non solo diraccogliere i frutti della terra, ma anche digarantire la catena alimentare delle proteineanimali. Cosa daremmo da mangiare ainostri animali se le culture agricole stentas-sero? Qualche scienziato già parla di perico-lo di carestia mondiale. Io personalmentesono contrario a scatenare campagne ecoter-roristiche. Per esperienza troppi allarmi sca-tenano una sorta di indifferenza autoassolvi-trice. Del resto cosa può fare un uomo, unafamiglia che ogni giorno sente parlare dicontinue catastrofi naturali in tv e sui gior-nali? La cosa più semplice è quella di spera-re che non sia vero, che si esageri, che infondo la terra è capace di autorigenerarsi inogni caso. Non è così purtroppo. Eppure pos-siamo fare molto, anzi moltissimo. Nel nostropiccolo ognuno di noi rappresenta un univer-so. Cominciamo ad agire sui piccoli gesti

quotidiani. Risparmiamo acqua ed energia,riduciamo il consumo di prodotti chimici,nessuno escluso. Facciamo la raccolta diffe-renziata dei rifiuti. Cominciamo a leggereattentamente le etichette di tutti i prodottiche acquistiamo e cominciamo a premiare leaziende che si impegnano a rispettare l’am-biente. Chi ha un’azienda agricola piccola ogrande che sia si faccia consigliare per ridur-re l’uso dei prodotti nocivi. Comportiamociin modo responsabile. Non aspettiamo idivieti della legge scritta, agiamo subito. Sulfronte istituzionale pretendiamo da chi cigoverna ad ogni livello maggiore attenzioneper la nostra salute e per la salute dell’am-biente che ci circonda. Dimostriamo nei fatti,con i nostri comportamenti piccoli o grandiche siano di credere in un futuro migliore. Leapi sono nostre amiche da sempre, il loromiele nutre l’umanità millenni. Vederleestinguerle senza fare niente è imperdonabi-le. Noi abbiamo fatto il danno. Spetta all’u-manità rimediare. Cominciamo da qui.

“Ancheil loropungiglioneha semprerappresentatouna metaforasemplicementemeravigliosa.Il sacrificioassoluto perpermettere aglialtri di vivere.Esseri cosìpiccoli e cosìimmensi,,

@ per comunicare con il Direttore:[email protected]

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acqua fuoco

peccato gola

Culturae sapori

pagina 6

di Gianni Staccotti

“Le anguillea cui vieneimpedito ilviaggio diaccoppiamentonon sviluppanoadeguatamentegli organisessuali e sitrasformano incapitoni,particolari perdimensioni esapore,,

Camilla, l’anguilla: misteriosa e sconosciutal’anguilla percorre distanze immense passandodall’acqua salata a quella dolce nei diversi periodidella sua vita.

Misteri esoterici del simbolo d’eternitàdall’acqua nel fuocoper un peccato di gola

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Pesce serpentiforme che nasce nel mare deiSargassi, enorme bacino dell’oceano Atlantico frale Antille e le Azzorre, dove le larve, simili afoglioline trasparenti, si lasciano trasportaredalla corrente del Golfo fino a raggiungere lecoste europee assumendo nomi diversi: angulasin Spagna; civelles in Bretagna e cee in Toscana epiù genericamente ragani quando risalgono ifiumi e si installano nelle acque dolci per unlungo periodo che varia dai 9 ai 15 anni fino rag-giungere la maturità sessuale; quando, spinte daun irrefrenabile impulso amoroso, lasciano leacque abituali per scendere al mare dove si ripro-ducono nella loro splendida livrea dal dorsobruno–verdastro ed il ventre argenteo e la loropolpa è migliore. Allora vengono catturate con ilavoreri: sbarramenti posizionati in prossimitàdelle aperture a mare delle Valli e nei canaliinterni, studiati in modo da catturare i pesciadulti nel momento delle loro migrazioni, con-sentendo al tempo stesso l’entrata in valle dinuovi esemplari.Anguilla è, in latino, diminutivo di anguis: ‘serpè

latet anguis in herba’: si cela fra l’erba il serpe inatteggiamento che ricorda l’anguilla nelle erbelacustri, per questo i lombardi la chiamano bis-setta e nelle lagune venete è chiamata bisato perl’aspetto che ricorda la serpe: la bissa in dialetto.Nelle valli di Comacchio, i romagnoli ,con il lorospirito arguto la chiamano Camilla: l’anguilla diComacchio.

La Regina delle ValliL’anguilla è protagonista indiscussa nella storiasociale delle Valli di Comacchio, dell’economia,della popolazione e della sua cultura. Sulle isolet-te al centro della laguna, mancava tutto, persinol’acqua dolce che veniva raccolta nella terrafermae trasportata nell’antico villaggio di pescatori inun isolamento millenario alleviato solo intornoalla metà dell’Ottocento, quando fu costruita lastrada carrozzabile che collegava Comacchio aOstellato. La storia delle Valli racconta di leggivessatorie che impedivano la pesca dando aditoal furto e al contrabbando. I fiocinini avevanofatto del furto di pesce un mestiere lecito e neces-sario, braccati dalle guardie,lavoravano la notte,scivolando sull’acqua a bordo delle caratteristi-che barche lagunari, nascosti dalle nebbie inpreda i venti, alla pioggia scrosciante e al gelo.Un ambiente tanto ostile da non consentire l’alle-vamento del bestiame, tanto meno il maiale, chesaziava le mense dei contadini della grassa terraromagnola ed emiliana, regno del maiale chenelle Valli aveva trovato un surrogato nell’anguil-la della quale, come per il maiale, non si butta vianiente. La trippe in umido, erano considerate unaprelibatezza per chi non poteva permettersi altro,e le lische croccanti come antichi pop corn, fritte

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

nel grasso che colava durante la cottura delleanguille sugli spiedi dei forni che ancora si pos-sono vedere nella sala del fuoco ricostruita nellaManifattura dei marinati. Grasso che servivaanche per le lucerne in un uso non alimentarecome per la pelle che, essiccata e tagliata a stri-sce, era utilizzata per i lacci da scarpa.Come per il maiale, molte parti non venivanoconsumate subito ma sottoposte ad una prepara-zione di conservazione. Un ciclo di produzionescandiva tutti i passaggi: dalla cottura allo spie-do, alla preparazione della concia ottenuta conaceto, acqua, sale e foglie di alloro, fino alla dis-posizione del pesce negli “zangolini”: tipici con-tenitori in legno. La marinatura, eseguita primaartigianalmente e poi a livello semi-industriale,consentiva e consente di conservare la prelibata epreziosa Regina delle Valli per tutto l’anno e didistribuirla in tutto il mondo, simbolo del donopiù prezioso che un comacchiese possa fare ad unamico vicino o lontano.Mario Soldati ha ambientato una della più bellescene del suo film “la donna del fiume“ nel sug-gestivo palcoscenico della “sala del fuoco“ doveuna giovanissima Sofia Loren stagliava la suafigura sudata fra le altre donne intente all’opera-zione più delicata del processo di marinatura.Le anguille appena pescate erano tagliate a pezzi:i morelli, infilzati su lunghi spiedi su girarrostimultipli davanti al fuoco di enormi camini in unambiente infernale per un peccato di gola.L’anguilla è ora allevata in specchi d’acqua detti“valli”, dove la pesca è regolata dall’andamentodel mercato ed è particolarmente intensa dallaMadonna del Rosario, in ottobre, fino a Natalequando è protagonista dei cenoni di magro dellaVigilia.

CapitoneLe anguille a cui viene impedito il viaggio diaccoppiamento non sviluppano adeguatamentegli organi sessuali e si trasformano in capitoni,particolari per dimensioni e sapore.I latini definivano un testone: Capito – capitonis:che ha una grossa testa ed il termine è passato,specie nelle regioni meridionali ad indicare l’an-guilla dalla testa grossa e di dimensioni maggio-ri, alcuni esemplari, lunghi fino a un metro emezzo, sono molto apprezzati in cucina.Storicamente oltre ad essere piatto per gentenobile lo era anche per il popolo povero, o alme-no così alcune leggende narrano. È un piatto tipi-camente natalizio, apprezzato anche da alcunipapi, celeberrime sono le anguille che costarono ilPurgatorio dantesco a papa Martino IV «ebbe laSanta Chiesa in le sue braccia dal Torso fu, epurga per digiuno le anguille di Bolsena e la ver-naccia» (Dante, Purgatorio, Canto XXIV).La cena della vigilia si basa sulla ritualità dellapreparazione di alcune pietanze che si ricollega-no ad antichissime tradizioni propiziatorie paga-ne, concomitanti con il solstizio d’inverno del 21

dicembre quando la terra è alla massima distan-za dal sole e l’angoscia della fine del ciclo dellestagioni è sentita come simbolo di morte da supe-rare con una rinascita della natura, con la prepa-razione di cibi magici riferibili al sopranaturale.Bandite quindi le carni rosse, contenenti sangue,attributo infernale e quindi pesce ed in particola-re la grossa anguilla femmina chiamata capitone:un animale dai costumi insoliti, caratterizzato daun affascinante e complesso ciclo vitale somma-riamente descritto in queste poche righe.La preparazione del capitone prevede il suo taglioin trance che, appena tagliate continuano a muo-versi vive, operazione cruenta che presupponel’azione simbolica di recidere il tempo nel tenta-tivo di poter fermare il presente e controllare ilfuturo…un orrendo rituale che prelude all’assag-gio di un suo pezzo: ne và del proprio futuro! Nonè vero ma ci credo.

Un po’ d’esoterismoNelle tradizioni del Natale gioca un ruolo impor-tante la tombola che riunisce le famiglie e dovenon manca mai l’esperto della smorfia che com-menta ogni numero estratto. La smorfia napole-tana attribuisce ad ogni sogno (persona, oggettoo animale) uno dei novanta numeri del lotto. Lasmorfia napoletana è una serie di credenze e dettipopolari che sono stati uniti da alcuni studiosi. Alcapitone è stato assegnato il 32.L’anguilla e il capitone sono cibi natalizi di anti-chissima tradizione. Venivano consumati durantegli antichi Saturnali, feste romane in onore al dioSaturno dal 17 fino al 25 Dicembre, giorno cheera dedicato alla dea del silenzio: Angerona oAngitia, ritenuta responsabile del mal di gola edel soffocamento. L’anguilla che scivolava senzasforzo nella gola, allontanava le malattie relative,ma non solo: propiziava anche una vita lunga,perché alludendo al serpente che si morde lacoda, era simbolo dell’anno e dell’eternità.Un altro rito propiziatorio consisteva nel cibarsiritualmente dell’anguilla, animale primordialeche emerge dalle acque cosmiche come messag-gero del sole, astro che doveva essere a passarenella strettoia del solstizio.

Culturae sapori

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“Labastonatura èil modo con ilqualel’anguilla vienefinita e serve afavorirne lacottura,,

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

La commediaSaturno era ritenuto talvolta un dio infernale: igiorni a lui consacrati erano i Saturnalia cheponevano fine al mese di dicembre e all’anno ederano occupati da feste più o meno licenziose,durante le quali le classi sociali erano capovolte:gli schiavi comandavano ai loro padroni e questiultimi li servivano a tavola.Un’inversione di ruoli che si ritrova spesso nellecommedie zeppe di personaggi simpaticamentescaltri anche se un po’ imbroglioni, che desidera-no impudentemente soddisfare i bisogni primaririschiando di essere pizzicati da quanti posseggo-no l’oggetto del desiderio che li colgono con unasalva di sonore legnate.Anguillas: elabitur è un’anguilla: scivola via: inquesto passo dello Pseudolus plautino si indicaun furfante tanto abile da riuscire a sfuggireanche se colto in flagrante. Il paragone con l’an-guilla a proposito della scivolosità era già topicoin greco: in Aristofane e in Eupoli che indicavauna persona tutta oliata e impomatata, che nonfornisce una sicura «manopola con cui prender-la», ma scappa sempre via... Un paragone conl’interlocutore che evita di fornire risposte pun-tuali ed impegnative come nel divertente dettobolognese sulla scarsa affidabilità delle donne Aciapèr una dóna in paróla, l’é cm’é ciapèr un’an-guella par la co...Figure scaltre come l’anguilla che tenta di sfuggi-re in ogni modo, più o meno onesto, ma vengonocolte sul fatto e bastonate come l’anguilla basto-nata di Ferrara, o meglio di Lagosanto dove lasanno bastonare bene prima di ammannirla. Labastonatura è il modo con il quale l’anguillaviene finita e serve a favorirne la cottura. Infattise non fosse bastonata (in sostanza se non le fossespezzata in più punti la sua spina dorsale) sulfuoco non resterebbe diritta, rattrappirebbe e nonpotrebbe essere cotta in modo corretto. L’anguillabastonata è cotta sulla cenere e talvolta nellabrace, a fuoco lentissimo in modo che la pelle sisgrassi e faccia una sorta di involucro che, unavolta tolto, lasci la polpa cotta e saporita, servitacon polenta bianca.

Il vino delle sabbieAbbinamento d’obbligo con il vino locale, moltoparticolare prodotto tipico è passato indenne dalflagello della fillossera che aveva rischiato di farscomparire l’intero patrimonio viticolo europeodel XIX secolo, grazie alla crescita nei terrenisabbiosi, per almeno l’ 85% da sabbia ma dameno del 7% di argilla, e perciò chiamato “vinodelle sabbie“ . Un’autentica rarità per il nostrocontinente, questo vitigno sopravvissuto allafilossera e che oggi cresce sul piede franco origi-nario anziché sul portinnesto americano,Un vitigno rimasto intatto per cinque secoli daquando la Duchessa Renata di Francia, andatasposa al Duca Ercole II d’Este, nel 1528 fece col-tivare nelle vicinanze del Bosco della Mesola,riserva di caccia degli Estensi un particolare viti-

gno oggi noto come Fortana del Bosco Eliceo.Dalle foci del Po, a nord, fino a Goro, e nellaparte meridionale a sud della foce del fiume Renofino a lambire le zone costiere dei comuni diRavenna e Cervia, si sviluppa l’area dei vini delBosco, lungo la statale Romea, denominataappunto “strada dei vini del Bosco”.Un ambiente simile si trova alla foce del Rodano,l’altro grande fiume del Mediterraneo, dove siproduce il Vin de Sable du Golfe du Lion.

Il triangolo di storie accennateUn triangolo geografico ideale che conta comevertici la mitica Venezia, la magnificente Ferrara,la scintillante Ravenna. Attraversato dalla StradaRomea che i “romei“ che, sanrocchino sulle spal-le, cappello a larga tesa legato sotto il mento, bor-done e bisaccia, percorrevano per raggiungere inpellegrinaggio verso Roma. In una vibrazione dicolori impensabile fuori dal paesaggio svetta ilcampanile dell’anno Mille che segna il sito, soli-tario nell’ampia pianura, dell’Abbazia diPomposa. Un’area fra terra e mare in continuaevoluzione e porta sul mare della PianuraPadana. Risultato dell’interazione millenaria trale forze della natura e l’intervento dell’uomo, cheha reso possibile l’esistenza all’interno di ununico territorio di una grande varietà di ambien-ti e di attrattive culturali che continuano tutt’og-gi ad interagire in un contesto sempre mutabile.Dove l’acqua, nei diversi gradi di salinità, è ildenominatore comune degli splendidi ambientinaturali ed il vino del Bosco chiede aiuto ai fortivini romagnoli per sostenere la cucina del deltaricca di prodotti poveri.

Culturae sapori

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“L’anguillaè protagonistaindiscussanella storiasociale delleValli diComacchio,dell’economia,dellapopolazione edella suacultura,,

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Un’idea che soddisfa le esigenze di molti professionistidel settore vinicolo e dei consumatori più evoluti.

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Casato Prime Donne

Culturae sapori

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diValentina Niccolai

“Casato Prime Donne”: un famoso Brunello maanche un Premio internazionale con DonatellaCinelli Colombini.

PremioCasato Prime Donne

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Nell’anno olimpico Montalcino proponealle donne un profilo femminile forte,generoso e fuori dagli schemi. JosefaIdem 44 anni e 7 Olimpiadi, è la donnache ha vinto di più nella storia dellosport italiano.Sabato 20 settembre, a Montalcino il Premio“Casato Prime Donne” 2008 è stato assegna-to a Josefa Idem, che arriva nella capitale delBrunello dopo la sua settima Olimpiade.

Cos’è il Premio Casato Prime Donne?L’iniziativa è giunta alla nona edizione e pre-mia chi divulga, fotografa o studia il territo-rio di Montalcino e i suoi vini. Il principalericonoscimento viene assegnato a donne chehanno valorizzato la presenza femminilenella società e nel lavoro. Fra le vincitriciKerry Kennedy, paladina dei diritti umani,Le suore Cabriniane, primo ordine missiona-rio femminile e nel 2006 le volontarie delTelefono Rosa che aiutano le donne oggettodi violenza.Nella prestigiosa giuria presieduta daFrancesca Colombini Cinelli, ci sono IldaBartolini, il Ministro Rosy Bindi, Anselmadell’Olio, Marina Marcucci, Melania

Mazzucco e Anna Pesenti.«Non abituarsi ai soprusi, combattere edessere sereni» questo il motto di Josefa Idem.Nonostante il prestigio della posizione cheoccupa nella storia olimpica, la Idem èapparsa una donna profondamente calatanella realtà sociale: «Sacrificio lo sport?Sacrificio è non avere il pane ogni giorno,non avere un tetto sopra il capo» dice Josefaspiegando il suo impegno in difsa dei piùdeboli come i malati di sclerosi multipla peri quali è testimonial. A questi impegni siaggiungono la famiglia, essendo moglie diGuglielmo Guerrini e mamma di Janek eJonas.Josefa ha dettato una frase che rimarrà persempre nei vigneti di Brunello del CasatoPrime Donne sulle pendici di Montalcino.«Motivazione è riuscire ad abbattere le bar-riere mentali, superare i propri limiti, rag-giungere la capacità di esprimersi al meglio;solo mettendosi in gioco si può capire cosa siè in grado di fare, a costo di fallire, vale lapena provarci. Anche per questo atteggia-mento ho il coraggio di dire che nulla èimpossibile. Arrivederci a Londra 2012».

“La primarealizzazionefu un Brunelloperconsumatoriin gonnella,,

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Culturae sapori

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“Motivazioneè riuscire adabbattere lebarrierementali,superare ipropri limiti,raggiungere lacapacità diesprimersi almeglio,,

Ma cosa narra la storiadel Premio Casato Prime Donne?Dietro questo premio tutto al femminile, sinasconde il progetto “Prime Donne” nato nel1997 quando Donatella divise la sua produ-zione di Brunello da quella della sua famigliaCinelli Colombini. Ci voleva un cantinierema alla scuola di enologia di Siena le rispo-sero che occorreva una prenotazione conanni di anticipo, mentre per avere una donnaera molto più semplice: non le voleva nessu-no come cantiniere.Da questo episodio nacque l’idea del proget-to “Prime Donne” per aumentare le opportu-nità delle donne nel mondo del vino.La prima realizzazione fu un Brunello perconsumatori in gonnella. Una novità rivolu-zionaria come la creazione di cravatte perdonne o di rossetti per uomo. I vini impor-tanti, in Italia, sono infatti scelti e compratidagli uomini.Per selezionare il Brunello Prime Donne fucreato un panel di sole donne: la Master ofwine inglese Maureen Ashley, l’enotecariatedesca Astrid Schwarz, la sommelier italia-na Daniela Scrobogna e la PR italo america-na Marina Thompson. Durante le loro

riunioni, che avvengono due volte l’anno,esse scelgono le tipologie dei vini, la duratadell’affinamento e le botti da usare.

Nel 1999 “Prime Donne” è diventato unpremio dedicato a Montalcino ed ai suoivini.La parte principale del progetto “PrimeDonne” riguarda la cantina del Brunello diDonatella Cinelli Colombini, che è sorta nel2001 presso il podere Casato dove gli ante-nati di Donatella trascorrevano la luna dimiele e andavano a caccia.Il Brunello Casato Prime Donne oggi è unvino molto famoso che ha collezionato rico-noscimenti prestigiosi e ha incontrato il favo-re del consumatore finale, in tutto il modo.In occasione di questa bella festa DonatellaCinelli Colombini degusta insieme ai suoiospiti questo splendido vino in abbinamentoai piatti preparati dallo chef del suo nuovoristorante, l’Osteria di Donatella aTrequanda, Fattoria Il Colle.Dimenticavo, una cantina con sole donne adimostrazione che produrre grandi vini nonè una questione di sesso o di forza fisica, madi intelligenza, e le donne ne hanno più chea sufficienza.

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Degustandibus

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diGudrun Dallavia

La Campania è un territorio vocato a grandi vini,in dall’antichità. Probabilmente questo è uno deimotivi per cui fu chiamata “Campania Felix”.

La natura vulcanica dei terreni, imicroclimi molto diversi tra loroanche su spazi relativamenteristretti, la passione e la grandeesperienza di viticoltori ed enolo-gi fanno ancora oggi di questa

regione la patria di vini inimitabili. Il meritodei viticoltori è tra l’altro quello di aver saputoresistere, attraverso i decenni, alla tentazionedi seguire la moda di impiantare vitigni inter-nazionali. Prevalgono a tutt’oggi i vitigni piùtipici della zona, in gran parte antichi, e conrecuperi interessanti di vitigni cosiddetti“minori”.

Un grande numero di vini D.O.C. e poi treD.O.C.G., di cui due bianchi: il Fiano diAvellino e il Greco di Tufo.

Greco di TufoUn vino che si distingue per la sua eleganza,aromaticità e grandissima tipicità e che èapprezzato in tutto il mondo. I suoi profumiricordano subito la pesca e la mandorla amara,ma nella complessità emergono anche profumi

di fiori, di frutti maturie fermentati, soprattut-to di mele e fragole, poidi noci e nocciole. IlVeronelli lo definivacosì: “Color giallopaglierino, lucido; bou-quet folto, continuo,soave; sapore seccosenza asperità, nutrito e

tuttavia nervoso, stoffa delicata ed elegante;con la spigola in bianco ci ha fatto l’amore”. Ilvitigno Greco, o Aminea Gemina, era già notonell’antichità. Fu importato dalla Tessaglia daiPelasgi, e ne parlano i Georgici Latini, Catone,Varrone, Virgilio e Columella.Nel Greco di Tufo, il Greco deve essere presen-te per almeno l’85%, la Coda di volpe biancapuò esserci per un massimo del 15%.Si ottiene da vigneti situati in solo otto comuninella zona a Nord di Avellino (Tufo, AltavillaIrpina, Chianche, Montefusco, Prata diPrincipato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolinae Torrioni); prende il nome dalla cittadina diTufo, il cui primo nucleo pare risalga al X seco-lo A.C.

Fiano di AvellinoIl Fiano di Avellino è uno dei pochi vini bian-chi italiani adatti all’invecchiamento. Questoparticolare e il fatto che la produzione è limita-ta a 26 comuni nel cuore della provincia diAvellino e che la produzione massima consen-tita è di 10.000 kg per ettaro lo rende parago-nabile ai grandi “crus” francesi. L’omonimovitigno in antichità era noto come Vitis Apiana:le api infatti sono molto attratte dal profumosoave e dal sapore dolce di quest’uva.Nonostante la produzione limitata, il Fiano diAvellino è molto noto anche all’estero, anzi, èun prodotto dipunta per l’ex-port. Le sue notearomatiche sonocaratteristicheed inconfondibi-li, con sentori dinocciole tostate.La sua storia èdi tutto rispetto:nel XIII.

CampaniaCampania:due grandi bianchi D.O.C.G.

Greco di Tufo Fiano d’Avellino

“La naturavulcanica deiterreni, imicroclimimolto diversitra loro anchesu spazirelativamenteristretti,,

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Secolo l’Imperatore Federico II lo ebbe nel registro degliacquisti, e Carlo II Re di Napoli chiese 16.000 viti daimpiantare nella vigna reale.Il Fiano di Avellino deve essere composto per l’85% mini-mo di Fiano; il resto può essere costituito da Greco, Codadi volpe bianca e/o Trebbiano Toscano.L’indicazione della denominazione di origine controllata egarantita “Fiano di Avellino” può essere accompagnatadalla menzione tradizionale di origine classica“Apianum”. Ultimamente c’è stata una tendenza di passa-re dall’uso esclusivo dell’acciaio (dove il Fiano sviluppabene i suoi profumi di nocciola tostata e di miele di casta-gno) ad un passaggio in botte di rovere o addirittura diret-tamente in barrique. Inoltre alcuni viticoltori hanno ini-ziato a lasciare i grappoli ad appassire sulla pianta o rac-coglierli surmaturi.

Greco di TufoColore paglierino più o meno intensoOdore gradevole, intenso, fine, caratteristicoSapore fresco, secco, armonicoAcidità totale minima: 5,0 g/lTitolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,5 % vol.Produzione massima per ha: 10.000 kgAbbinamenti:Crostacei arrosto e in salsa; pesce nobile alla griglia e piattiche li contengono; zuppa di pesce in bianco; frutti di mare;spigola in bianco; alcuni primi, per esempio pasta o risottocon funghi porcini pasta con i cavoli; formaggi non stagiona-ti e molli. Temperatura di servizio: 8-10°C.Il vino “Greco di Tufo” può essere elaborato nella tipologia“spumante” con il metodo della rifermentazione in bottiglia(metodo classico) purché affinato per almeno 36 mesi in bot-tiglia a decorrere dal 1° novembre dell’anno della vendem-mia.Il “Greco di Tufo Spumante”deve avere le seguenticaratteristiche:spuma fine e persistentecolore giallo paglierino più o meno intensocon riflessi verdognoli o doratiodore caratteristico, gradevole, con delicato sentore di lievitosapore sapido, fine e armonico, del tipo “extrabrut”o del tipo “brut”;titolo alcolometrico volumico minimo totale: 12,00% vol;acidità totale minima: 6,0 g/l;Abbinamenti: come aperitivo o con antipasti freddi.

Fiano di AvellinoColore giallo paglierino più o meno intensoOdore intenso, gradevole, caratteristicoSapore secco, armonicoGradazione alcolica minima 11,5 %Acidità totale minima: 5,0 g/lProduzione massima per ettaro 10.000 kgAbbinamentiÈ perfetto come aperitivo. Si abbina bene agli antipasti raffi-nati a base di caviale, ostriche e frutti di mare pregiati, inol-tre ai carpacci di pesce fresco, zuppa di pesce in bianco, cro-stacei, soprattutto aragosta e… mozzarella di bufala. Il Fianoinvecchiato si sposa ottimamente con i formaggi caprini apasta semidura non stagionati.E naturalmente è ottimo gustato da solo.Temperatura di servizio: 8-10° C.

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Cultura, passione, tradizione

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CharentesPineau

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diSilvana Delfuoco

Così poco conosciuto in Italia da esserepraticamente introvabile. Come accade per imigliori “prodotti di nicchia”, bisogna andarselo acercare sul posto.

Pineau des CharentesDouce France, terra di distillati…

E la Charente non è affatto una meta trascu-rata dai turisti. Come spiegare, allora, lamancanza di attenzione verso questo suoillustre e piacevolissimo “figlio”? Attenzione,però, a non equivocare! Non stiamo certo

parlando delCognac, cheanche da noi hafior di consu-matori e cono-scitori esperti,ma del suo, percosì dire, “fra-tello minore”: ilPineau desCharentes, ilpiù nobile degliaperitivi france-si!Frutto di unmélange tra un75% di mostofresco e un 25%di Cognac, siprepara in otto-bre, al momen-to della vendemmia. Dopo la distillazione(meglio se in alambicchi di rame), vienefatto invecchiare in botti di rovere per alme-no cinque anni. Inoltre, per beneficiare del-l’appellation , il mosto d’uva e l’acquavitedevono venire dalla stessa proprietà. Forsesono proprio queste sue caratteristiche afarne un prodotto così particolare, al puntoche non tutte le aziende di distillati, neppurele più rinomate, sono in grado di garantirnela produzione. Tra i pochi produttori contutte le carte in regola, quello universalmen-te riconosciuto da tutti come il più degno didefinirsi “storico” è la Maison GastonRivière, ad Angéac-Charente, nel cuore della

Degustandibus

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Degustandibus

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regione Poitou-Charente. Qui si produce ilmitico Pineau Grande Réserve François 1er,invecchiato per almeno diciotto anni, dalleannate ormai quasi introvabili! La visita aquesto domaine, dove le viti centenariehanno conosciuto il lavoro di ben cinquegenerazioni, sembra quasi connotarsi comeun viaggio nel tempo che fu. Costruita, comeda tradizione, intorno ad un vasto cortilecentrale, la casa padronale in severa pietragrigia è abitata dalla stessa famiglia fin dal1804; la sua collocazione, proprio al centrodella proprietà, rende più agevoli gli sposta-menti per il lavoro quotidiano. Tutt’attorno

ci sono i boschi e i terreni per il foraggio, chegarantiscono l’autosufficienza produttivadell’azienda: tutto in dolce pendenza verso lavalle dove scorre la Charente, il fiume che dànome all’intera regione. Dove l’esposizione èmigliore si stendono, come è ovvio, i 31 h divigneto: a sinistra, su di un eccellente terroirargilloso-calcareo, le viti centenarie dicolombard, destinate al Pineau; a destra, infilari più allargati, quelle per il Cognac.Una volta arrivati qui, non è difficile com-prendere come proprio in un posto comequesto, dove anche la natura controllata dal-l’uomo continua a conservare un aspetto unpo’ selvaggio e sfuggente, sia nata la leggen-da sulla nascita del Pineau. Si raccontainfatti che nel 1589 un viticultore di questeparti, in un momento di distrazione, abbiaversato del mosto d’uva in una botte perlasciarlo fermentare, senza accorgersi che sulfondo era rimasta una certa quantità dicognac. Aperta la botte dopo qualche mese,per procedere al lavoro di distillazione, eccola sorpresa inaspettata: al posto del vino-base c’era una bevanda già pronta, dall’aro-ma e dal gusto del tutto inedito ma gradevo-lissimo. Per molto tempo tuttavia non sipensò che il nuovo prodotto potesse essereimmesso sul mercato; il Pineau infatti rima-se a lungo tra le pareti domestiche dei pro-duttori, servito come aperitivo o come vinotonico nei pranzi famigliari. Fu solo neglianni trenta del secolo scorso che a qualcunovenne l’idea di una sua possibile commercia-lizzazione. E fu proprio nella Maison GastonRivière che, nel 1923, il nonno degli attualiproprietari ebbe l’idea di costruire un mac-chinario per la distillazione in rame rosso,materiale già raro a quei tempi: oggi, ancoraperfettamente funzionante a carbone dilegno, si può davvero considerarlo un auten-tico gioiello! Solo con questo sistema, infatti,è possibile ottenere un Pineau che conservi,nelle sue caratteristiche uniche, la tipicitàdell’azienda che l’ha prodotto. Il lavoro delladistillazione a carbone – ci dicono- è moltodiverso da quella a gas. Forse proprio acausa della maggior manualità di cui neces-sita, risente moltissimo degli stati d’animo edegli umori di chi manovra l’alambicco, chesi trasmettono al liquido che ne esce… Maicome in questo caso, dunque, vale la regolache bisogna stare bene con se stessi e con glialtri per poter far bene il proprio lavoro: neva del benessere delle future generazioni diconsumatori!

“Dopo ladistillazione(meglio se inalambicchi dirame),viene fattoinvecchiare inbotti di rovereper almenocinque anni,,

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Birra oWhiskey?

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Girovagando

Il verde del paesaggio irlandese è interrottodall’azzurro di laghi e fiumi che, soprattuttonelle tranquille regioni del Nord, formanouna suggestiva rete navigabile. Villaggi e cit-tadine non intaccano l’armonia della naturacircostante che può vantare un territorio ingran parte ancora incontaminato che forni-sce acqua pulitissima, materia prima ecce-zionale per birra e whiskey. La birra è labevanda nazionale irlandese e se le rosse alesono tipiche e la Harp è un’ottima bionda, èla birra scura l’irlandese famosa da secoli, eil detto locale “my Goodness, my Guinness”mette subito in chiaro qual è la più amata.Nata nel 1759 a Dublino, la Guinness utiliz-za ogni anno circa 100 mila tonnellate diorzo per produrre le milioni di pinte dall’in-tenso tenore di luppolo e malto tostato ven-dute in tutto il mondo. Le altre stout, pro-dotte nella zona di Cork, sono la Beamish, digusto secco e un po’ meno forte, e la Murphydalla spuma molto densa e gusto forte e deci-so. La birra scura e la Guinness in particola-re viene versata in due tempi: si riempie ilbicchiere per ¾ tenendolo inclinato e con ilbeccuccio dello spillatore contro l’interno delbicchiere, poi si lascia riposare qualcheminuto e si completa la spillatura tenendo ilbicchiere distante per far sì che la spuma siaben densa e cremosa. La birra scura accom-pagna tutti i piatti tradizionali dell’isola e sisposa perfettamente anche con quelli dipesce, primo fra tutti l’eccellente salmoneirlandese.

diEnza Bettelli

Una corposa stout o un aromatico distillato?Il buon bene non è un problema nella verde isolad’Irlanda e la calda atmosfera dei pub favorisce econsolida amicizie e buonumore.

Birra o Whiskey?Un piacevole dilemma irlandese

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Altro prodotto emblematico in Irlanda è ilwhiskey, che si distingue dagli altri nelmondo non solo per la “e” in più ma per lalavorazione. Infatti il malto viene distillatoalmeno tre volte, e non è raro che siano quat-tro o cinque contro le due di quello scozzese,in ampi alambicchi dalla forma particolare(Irish Pot Still) ottenendo il caratteristicogusto morbido e pulito. Questo anche graziealle fornaci di rame chiuse nelle quali l’orzoviene essiccato senza entrare in contatto conil fumo.E per gustare un boccale di birra o un bic-chierino di whiskey non c’è posto miglioredel pub, una vera istituzione in Irlanda dove,attorno all’immancabile bancone di legno,gli avventori si fanno compagnia a voltealternando un sorso di birra con uno di whi-skey, in una atmosfera che la musica e un belfuoco nel camino contribuiscono a rendereancora più amichevole.

Un caffè per riscaldarsiCon il whiskey si prepara un’altra delle piùfamose specialità irlandese, l’irish coffee,inventato da un creativo barman durante laprima metà del ‘900 per offrirlo ai clientiinfreddoliti del bar dell’aeroporto. Incertaperò la paternità di questa corroborantebevanda che viene rivendicata dalle cittadinedi Foynes e di Shannon. La preparazione è lamedesima: caffè forte e bollente, zuccherato

e allungato con un bicchierino di whiskey. Iltutto nel tipico bicchiere con il manico riscal-dato, completato da un ciuffo di panna cheandrebbe fatto scivolare sulla superficie delliquido con l’aiuto del dorso di un cucchiaio.L’Irish Coffee si beve a tutte le ore e conclu-de perfettamente il pasto irlandese, sia essocon l’eccellente carne di manzo o di agnello,sia con i freschissimi prodotti della pescacome ostriche, granchio oltre al salmone, fre-sco o affumicato. Ma basta anche uno spun-tino con il caratteristico soda bread, lievitatocon il bicarbonato, e formaggi locali dimucca o di pecora per creare la giusta baseda innaffiare con stout prima e irish coffeedopo.

Girovagando

“Nata nel1759 a Dubli-no, la Guinnessutilizza ognianno circa 100mila tonnellatedi orzo perprodurre lemilioni di pintedall’intensotenore diluppolo emalto tostatovendute intutto ilmondo,,

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Vienna:

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Girovagando

“In seguito alloscandalo del 1985sono stateintrodotte nuoveleggi moltorestrittive efinalizzate allarivalutazione dellaqualità edell’immagineinternazionale,,

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di Piera Genta

Pensando a Vienna, sicuramente pensiamoal Prater con la sua ruota panoramica, allaSachertorte, al Danubio e a Mozart, ma non al vino.

Vienna:capitale del vino di qualità

Vienna è invece una interessante area vitivi-nicola con circa 700 ettari all’interno deiconfini urbani, 320 viticoltori ed una produ-zione di circa due milioni di litri.Dobbiamo andare molto indietro nel tempoper trovare le origini della viticoltura proprionell’area in cui si trova la capitale. I ritrova-menti in una tomba del Burgenland, al con-fine con l’Ungheria, di alcuni semi di vitisvinifera hanno dimostrato che già i Celti e gliIlliri producevano nel 500 a.C. una sorta dibevanda alcoolica simile al vino; ma si deveai Romani lo sviluppo della viticoltura esoprattutto all’imperatore Marco AurelioProbo (che ha regnato dal 276 al 282 d.C.)l’annullamento del divieto di viticoltura perle aree a nord delle Alpi permettendo ai suoisoldati di piantare nella Pannonia (era que-sto il nome della Bassa Austria) vitigni e pro-durre vino.Per lungo tempo poi la viticoltura venne pra-ticata nei monasteri, nel Medioevo la viteoccupava una superficie 10 volte superiore aquella attuale ed i vini austriaci erano moltofamosi.Nel 1106 venne fondata l’abbazia diKlosterneuburg dove nel 1860 fu aperta laprima scuola di viticoltura ed enologia, ora

Klosterneuburg è fra le più grandi aziendevitivinicole del paese.Torniamo a Vienna che deve la costruzionedella cattedrale di Santo Stefano al baratto,effettuato nel XII secolo dalla famigliaBabenberg, di un vigneto della zona diWachau (a nordovest di Vienna, la piùimportante sottoregione che si estende lungoil Danubio) contro il diritto di avere una par-rocchia intestata alla famiglia.C’è anche un’altra tradizione viennese chegli appassionati di vino dovrebbero conosce-re: gli Heurigen. In tedesco heurige ha duesignificati: vino novello che esattamente ilgiorno di San Martino, 11 novembre, si tra-sforma in vino vecchio, ma anche le tradizio-nali taverne della città dove il viticoltorevende per alcuni mesi i vini di propria pro-duzione accompagnandoli a pietanze moltogustose come il pollo fritto, l’arrosto di maia-le, le polpette, il prosciutto con il rafanograttuggiato.Gli oltre 200 Heurigen si trovano sulle colli-ne che costeggiano il sud-ovest della città, ipiù turistici sono quelli del quartiere diGrinzing.Fortunatamente devo ringraziare la straordi-naria conoscenza della mia accompagnatricese ho avuto modo di passare qualche ora pia-cevole in luoghi più autentici, parlare con iproduttori e soprattutto degustare con loro ivini.Innanzi tutto queste taverne sono raggiungi-bili dal centro con la metropolitana e con gliautobus: un bel vantaggio per non avere pro-blemi con l’etilometro.E che dire poi, anche Ludwig van Beethoven,ha vissuto in una romantica casa situata inPfarrplatz sopra ad una tradizionale vineria

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Le bottiglierie quali�catedove trovare i vini dellaLinea Veneto Orientale

Aqua Alta cantina d’ItaliaBorgo Sant’Agnese, 13/15Portogruaro (Ve)

La CanevaVia Napoli, 22Vigonovo (Ve)

Enoteca TrevigianaViale IV novembre, 62Treviso (Tv)

Vic TesserLa Galleria dei ViniVia Spineda, 8Venegazzù di V. del Montello (Tv)

La Bottega del ProseccoPiazza Marconi, 23Valdobbiadene (Tv)

La Bottega del GustoVia Francesco Tasca, 47San Pietro in Gù (Pd)

La Casa del VinoVia Roma, 129Torri di Quartesolo (Vi)

Al Vigneto di Lucia VallinVia G. Piva, 6Rovigo (Ro)

La Bottega dell’AcquaCorso del Popolo, 431Rovigo (Ro)

Fratelli IzziVia Tertulliano, 35Milano (Mi)

Fratelli FassaVia Giuseppe Mazzini, 45Torino (To)

Enoteca FabiCorso Belgio, 49Torino (To)

Enoteca Fuori PiazzaVia di Vittorio Giuseppe, 19Greve in Chianti (Fi)

Enoteca DantePiazza Dante Alighieri, 18/19Napoli (Na)

V E N E TO O R I E N TA L E

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Girovagando

e proprio qui ha iniziato a comporre la suaNona Sinfonia. Il vino aiuta!Una caratteristica della viticoltura di questazona è la frammentazione e la specializzazio-ne nei vini bianchi, che rappresentano l’80%di tutte le uve coltivate, i rossi sono in cresci-ta in particolare lo Zwigelt, un vitigno autoc-tono e seconda varietà più diffusa dopo ilbianco Grüner Veltliner.

In seguito allo scandalo del 1985 sono stateintrodotte nuove leggi molto restrittive efinalizzate alla rivalutazione della qualità edell’immagine internazionale.Nel 2006 quattro tra i migliori viticoltori diVienna hanno costituito il gruppo“Wienwein” con l’obiettivo di definire deglistandard di qualità per il vino prodotto nel-l’area e fare riconoscere la sua unicità suimercati internazionali. Il gruppo sostiene inmodo particolare il classico “GemischterSatz”.

Il Gemischter Satz proviene da una vignamista, si tratta di una tecnica antica, unasorta di miscela in vigna dove vengono pian-tati diversi vitigni, tutti a bacca bianca, macon caratteristiche diverse.Ci sono uve base (come il Pinot bianco e ilGrüner Veltliner), uve che danno acidità(come il Riesling renano) e uve che dannoaromaticità (come il Muskateller e ilTraminer). Ogni vino è diverso, ma tuttiesprimono un forte legame con il territorio.Nessuno conosce esattamente l’origine diquesto sistema di coltivazione.Probabilmente è legato alla necessità di pre-servare almeno una parte del raccolto in caso

di maltempo.Fino agli anni ’90 il vino che se ne ricavavaera considerato di scarso valore, oggi lasituazione è radicalmente cambiata: ungruppo di circa 20 produttori ha dimostratoche i Gemischter Satz possono essere vini digrande personalità.

“Wienwein” è composto da due produttoridella dalla parte nord di Vienna RainerChrist, un giovane astro nascente che conti-nua i quattro secoli di tradizione famigliarenei vigneti molto vicini al Danubio.Interessante il suo Weissburgunder (pinotblanc) morbido e cremoso, le cui uve vengo-no raccolte davvero con la luna piena; Fritz

Luoghi da non perdereRathaus Wein & DesignUn design hotel progettato dall’architetto Manfred Katzlinger in unpalazzo del 1890 in cui il vino è il protagonista.39 camere di cui 37 dedicate a viticoltori austriaci, i cui vini si posso-no degustare nella moderna Wine lounge dell’albergo guidati dall’e-sperienza di Martina Pöll.Una camera è intitolata al produttore di Champagne Lallier ed unaalla famiglia Reisetbauer che produce distillati utilizzando fruttaaustriaca.I proprietari sono Petra & Klaus Fleischhaker, Klaus è originario dellaregione del Waldviertel, cuoco dell’anno 2001, il suo ristorante, il“Pfefferschiff“ situato vicino a Salisburgo ha ottenuto 3 cappelli dellaGuida Gault Millau, 1 stella Michelin e 4 corone della Guida austria-ca “A la carte”.Winebar “Meinl am Graben”Interessante il wine bar situato nella cantina del leggendario tempioviennese di specialità alimentari.Urbanek sul mercato NaschmarktDelizioso mini locale in cui si va non solo per acquistare le gustose spe-cialità ma per incontrare incredibili per-sonaggi e per un buon bicchiere “alvolo”.GegenbauerSempre nel mercato Naschmarkt: sesiete affascinati dal complesso mondodell’aceto, una visita è d’obbligo.Fratelli SzigetiSi può bere un buon metodo classicoprodotto con i vitigni austriaci.Interessante il loro Zweigelt, il migliorvino rosso con le bollicine.Julius MeinlSulla passeggiata Graben con due pianidi specialità gastronomiche.

“Vienna èun’interessanteareavitivinicolacon circa 700ettariall’interno deiconfini urbani,320 viticoltoried unaproduzione dicirca duemilioni dilitri,,

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Girovagando

Wieninger nel sobborgo di Stammersdorf, ilpioniere della viticoltura viennese, ha tra-sformato la centenaria azienda di famiglia inazienda biodinamica restaurando l’anticacantina di un convento e costruendo ancheuna parte in stile moderno.Dal Mauer (si trova XXIII distretto) proven-gono Michael Edlmoser, la cui famiglia diri-

ge l’azienda dal1374 e RichardZahel un’aziendaorientata alla bio-dinamica e la far-falla del loro logovuole propriosignificare questastretta relazione

con la natura ed con la particolarità del ter-roir. Una volta all’anno il gruppo presenta laproduzione al Palazzo della Secessione diVienna.

Nel mio percorsodi conoscenzadel vino diVienna ho incon-trato StefanHajszan, solo dapoco attivo nel

campo della viticoltura, ha avviato una pro-duzione particolarmente attenta ai rigidiprincipi biodinamici. Interessante il suoRiesling, ottima la cucina del suo ristorante,dalle cui sale si vedono le cantine e si puòanche assistere alla produzione del vino.Ed ancora Jutta Ambrositsch che fa parte diun insolito gruppo di viticoltori (WienerOrchideen Winzer), insolito perché tutti loroprovengono da tutt’altra attività, chi musici-sta, chi impiegato di banca, chi grafico comela nostra Jutta. Giovane, dolce ed innamora-ta dei suoi due ettari di vigna che cura per-sonalmente a mano, cercando il dialogo conil vigneto, cercando di assecondare la naturae non di dominarla. E vi garantisco, un risul-tato stupefacente. Ho assaggiato lo stessovino di dueannate, 2006 e2007, e si capivaper fe t tamentel’influenza delclima e dell’in-vecchiamento.Curioso poi, leistessa disegnal’etichetta dopoaver assaggiato ilvino.

“nelMedioevo lavite occupavauna superficie10 voltesuperiore aquella attualeed i viniaustriaci eranomoltofamosi,,

il Presidente Benedetto Grechie lo staff della Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano

58054 Scansano · Toscana Italy · Tel. +39 0564.507288 - 507979 · Fax +39 0564.507785 · www.cantinadelmorellino.it · [email protected]

M

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I Sommelier di Ragusa a servizio della degustazione

Viaggiu

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Il fragore improvviso di un tuono pone fineal mio dormire, una luce incerta e confusadisegna contorni che non riconosco. Ancoratra il sonno e la veglia i ricordi faticano ad

affrancarsi dai sogni poi, pian piano, pren-dono forma e donano coscienza. Non so benespiegare il perché, ma ho sempre bisognodella notte per assimiliare il giorno di arrivo.

SPECIALEASSEMBLEA

Dal 3 al 6 ottobre si è svolta a Ragusa la 38a

Assemblea Nazionale dei soci FISAR.Ancora una volta la Sicilia è riuscita a conquistareil cuore di tutti rinnovando il legame che i nostrisommelier hanno con questa terra.

“Cumpagnidi Viaggiu”

a cura diMario Del Debbio

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Il viaggio aereo, l’attesa sul pullman dei soli-ti ritardatari, la registrazione, i saluti, lasistemazione in hotel, mi distraggono dallarealtà che solo nei ricordi riesco poi a goder-mi. Il pullman percorre lento il viaggio traCatania e Ragusa, il sole quasi ci ha lasciatoquando arriviamo. Il Poggio del Sole Resort,hotel scelto per l’Assemblea, si stagliasull’Altopiano Ibleo tra muri a secco chedisegnano nel terreno infinite trame geome-triche spezzate soltanto dagli alberi di carru-be dal profumo intenso e inconfondibile. Gliocchi mediterranei di Guendalina accolgonosorridenti tutti i fisariani che ora affollano glispazi dell’hotel ravvivandolo di calorosi salu-ti. Il consorzio del Cerasuolo ha preparato ungustoso benvenuto dandoci la possibilità diassaggiare i vini locali. Ci fa da guida ilpadrone di casa Enzo Scrofani che, assiemealla Delegazione di Ragusa guidata daGiorgio Antoci, ha organizzato l’evento.Ricordo perfettamente tutto ora: il primocalice di Cerasuolo, la dolce compagnia dellacena, il profumo del sigaro perennementespento dell’amico Biagio, il sapore del cibo. IlSapore, in questa parola sta tutto il fascinodella Sicilia. Qui tutto ha sapore, in un

mondo che ci vuole abituare all’insipidezza eall’appiattimento è una gioia scoprire ancorai sapori decisi. Il vento, u ventu, ha spazza-to via le nubi e il cielo, u celu, si è aperto.Saliamo sul pullman che ci porta alla canti-na Gulfi, una bellissima costruzione, ancorain fase di ultimazione, che domina la collina.Qui incontriamo Salvo Foti, enologo e scrit-tore impegnato nella valorizzazione dei viti-gni siciliani che ci illustra il lavoro che daanni porta avanti, raccontandoci di come èstato difficile all’inizio, di quando quasi sivergognava a presentarsi come enologo amolti che non capivano perché per fare unvino ci fosse bisogno di un “dottore”. Dopola degustazione in cantina ci spostiamo nelpaese di Chiaramonte Gulfi piccola cittadinain stile tardo-barocco nota come “balcone diSicilia” per la posizione che le permette unavista unica sulla valle sottostante. Il pranzoci vede tutti riuniti al Ristorante Majore dove“si magnifica il porco” come recita un epi-grafe tra gli affreschi della sala. Una scrittache si rivela assolutamente veritiera. Nelpomeriggio ancora una interessante degusta-zione con Salvo Foti sui vini dell’Etna perscoprire le potenzialità del Nerello Mascalese

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SPECIALEASSEMBLEA

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Sala degustazione

“La cena diGala si svolgenell’ampiosalone delPoggio del SoleResort alcospetto diospitiillustri,,

suwww.fisar.comtutte le foto dell’evento

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(vedi articolo ndr). Veramente grandi iragazzi della delegazione di Ragusa che siadoperano nel servizio dei vini, nei giornidell’assemblea hanno lasciato le loro attivitàper seguirci e coccolarci in tutte le nostre esi-genze. Una prelibata cena a base di pesceazzurro con coreografia di balli e canzoni incostume tipico organizzata presso il ristoran-te Il Baglio conclude una lunga e bella gior-nata. Ancora un fragore mi sveglia. Non più

un temporale ma una leggera scossa di terre-moto! Niente di preoccupante per fortuna,anche se qui è stato proprio il grande terre-moto del 1693 a disegnare la storia. Ibla fudistrutta e Ragusa fu costruita più in altodalla nuova borghesia. I nobili ricostruironola città vecchia abbellendola di splendidipalazzi in stile barocco e solo dopo moltianni le due città furono riunite sotto un’uni-ca gestione. La domenica dei fisariani è ungiorno di lavoro. L’annuale riunione dei dele-gati impegnerà tutta la mattinata. Non sonomolte, purtroppo, le delegazioni presenti mail dibattito è finalmente costruttivo e lepoche polemiche sono giustamente propositi-ve. Il punto in questione è fondamentalmen-te uno: per crescere occorre decidere cosavogliamo veramente fare. Tornare a fare isommelier amiconi e festanti delle sagre ofare un ulteriore balzo in avanti e presentar-si come riconosciuti e stimati professionisti.Il segreto sta nel far coesistere le due cose,perché non dobbiamo comunque dimentica-re che la nostra molla è unicamente la pas-sione e la voglia di divertirsi. La riunione sichiude con un rinnovato impegno che i pre-senti sottoscrivono all’unanimità. Ho biso-gno di scaricare la tensione e chiedo aiuto adue amici: Mariella e Roberto Pulvino che mioffrono un giro turistico. Roberto ferma l’au-to su uno dei tre ponti che uniscono laRagusa settecentesca a quella del novecento.Il Ponte dei Cappuccini è il più anticocostruito nel 1835 grazie all’interessamentodei frati per un ponte che superasse la Valledel Gonfalone. Non ci facciamo mancare unasosta gastronomica alla rinomata PasticceriaDi Pasquale. Il banco dei dolci rapisce inostri occhi e non solo ma giuriamo chetanto domani staremo a dieta. Alcuni scorcidi Ibla mi sembrano stranamente familiarima quando Roberto mi illustra i vari setdella serie “il Commissario Montalbano”capisco il perché. Il duomo di San Giorgiodomina una piazza affollata di persone ma imiei pensieri vengono rapiti quando Mariellami mostra il “Circolo di Conversazione”salotto buono riservato alla nobiltà. Penso ainobili “SanGiorgiari” ed ai massari e bor-ghesi “SanGiovannari” che invece si riuniva-no nella piazza del duomo di San Giovanninella Ragusa post-terremoto. Quante batta-glie, quante lotte, si saranno consumate suqueste colline. Per le strade del centro incon-

SPECIALEASSEMBLEA

“Ancora unavolta la Sicilia èriuscita aconquistareil cuore di tuttirinnovando illegame che inostri sommelierhanno conquesta terra,,

Maria Grazia Giampiccolocon Flavio Nuti (del. Volterra)

Vittorio Cardaci Ama con Franco Ruta

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triamo tanti amici fisariani in cerca di unricordo da comprare. Rientriamo in Hotel, ilconcorso del sommelier dell’anno si è conclu-so ma il nome del vincitore verrà svelato soloa fine serata. La cena di Gala si svolge nel-l’ampio salone del Poggio del Sole Resort alcospetto di ospiti illustri. La Fisar consegnal’attestato di socio onorario alla DottoressaMaria Grazia Giampiccolo, direttrice dellaCasa Circondariale di Volterra, per la colla-borazione con la FISAR nell’interessante ini-ziativa delle “Cene Galeotte”, dove i detenu-ti del Carcere di Volterra diventano chef,maitre e sommelier. Hanno poi ricevuto l’im-portante riconoscimento di SommelierOnorario lo chef Pino Cuttaia del RistoranteLa Madia di Licata e il Maestro pasticcereFranco Ruta titolare dell’Antica DolceriaBonajuto di Modica per l’impegno quotidia-no nella ricerca finalizzata nella valorizza-zione delle tipicità gastronomiche dellaSicilia. Prima di svelare il nome delSommelier dell’anno un premio importante èandato alla Delegazione di Genova che èrisultata la delegazione che nel 2008 ha fattoregistrare il maggior incremento dei soci eche ha battuto sul filo di lana la Delegazionedella Versilia. Donatella Favalli accompa-gnata da Rosita Guiso ha ritirato con soddi-sfazione una 5 litri di Rosso del Conte gentil-mente offerta dall’azienda Tasca d’Almerita.Lorenzo Giannone, enotecario di Scicli, chesolleva sorridente il Trofeo RCR CristalleriaItaliana in palio per il miglior SommelierFISAR 2008 è l’ultima immagine che miporto dentro di un’assemblea intensa e pia-cevole condivisa con tanti compagni di viag-gio anzi: cumpagni di viaggiu!

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SPECIALEASSEMBLEA

“Unaprelibata cenaa base di pesceazzurro concoreografia diballi e canzoniin costumetipico,,

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Mario Del Debbio premia la Delegazione di Genova

Nicola Masiello con Pino Cuttaia

L’Enologo Dott. Salvo Foti

un ringraziamento a chi ci è stato vicinonell’organizzazione dell’assemblea:

Ajello Azienda Agricola • Al-Cantàra • AlcestiAntica Azienda Agraria Curto • Assess. Reg Agricoltura e Foreste

Assessorato Reg Cooperazione, Commercio, Artigianato, PescaATO Ragusa Ambiente • Avide Vitivinicola

Azienda Agricola Emanuele Scammacca Del MurgoAzienda Agricola Cottanera • Azienda Agricola Gulfi

Azienda Agricola Manenti • Azienda Agricola Paolo CalìBarone di Villagrande • Calp

Camera di Commercio di Ragusa • Carlo PellegrinoCasa Vinicola Lanzara • Casa Vinicola Paternò

Comune di Chiaramonte Gulfi • Comune di ComisoComune di Santa Croce Camerina

Consorzio di tutela del Cerasuolo di VittoriaConsorzio Sicilia Barocca Export • CoRFiLaC

Duca di Castelmonte • Guccione • Maggio Vini • MandrarossaMonti Iblei - Consorzio di tutela dell’olio extra vergine di olivaPescato di Sicilia • Principe di Corleone • Provincia di RagusaRagusa Latte • Regione Sicilia • Rio Favara • Sergio Tumino

Tasca d’Almerita • Tenuta BonincontroTenuta Chiuse del Signore • Tenuta di DonnafugataTenuta Rapitalà • Terre di Giurfo • Valle dell’Acate

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SPECIALEASSEMBLEA

Come consuetudine durante l’assemblea dei Soci dellaFISAR si è svolto il Concorso del Sommelier dell’annoFISAR 2008. La competizione si è svolta nella gior-nata di domenica 5 ottobre 2008 nella splendida cor-nice dell’Hotel Poggio del Sole Resort di Ragusa.Quattro i finalisti in gara: Piera Genta, ClaudioMazza, Emanuele Cappuzzello e Lorenzo Giannone.Durante la serata di Gala, il responsabile del CTNAlberto Giustarini - Presidente della Giuria delConcorso - proclamava vincitore per l’anno 2008 ilsiciliano Lorenzo Giannone, 29 anni, sommelier pro-fessionista delle Delegazione di Ragusa e proprietariodi una famosa enoteca.Al vincitore - oltre a ricevere il prestigioso Trofeo dellaRCR Cristalleria Italiana - anche la Crociera dei Sapo-

ri a bordo della naveCosta Serena, ammi-raglia della CostaCrociere.Alla consegna deltrofeo erano presentil’On. Carmelo Incar-dona - Assessore alLavoro della RegioneSicilia e il Dr. Gio-vanni Cosentini -Vice Sindaco diRagusa.

I quattro finalisti e la commissione del concorso

Una prova del concorso

Il vincitore L.Giannone con il Presidente Fisar Cardaci

Il responsabile del CTN Alberto Giustariniproclama il vincitore

A LORENZO GIANNONEIL TROFEO RCR - CRISTALLERIE ITALIANE

E LA CROCIERA DEI SAPORI - COSTAPER IL MIGLIOR SOMMELIER FISAR 2008

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008pagina 30

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Vini forgiati dal fuoco

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SPECIALEASSEMBLEA

DegustazioneVini forgiati dal fuoco

In occasione della 38a assemblea Nazionale deisoci tenutasi a Ragusa dal 3 al 6 ottobre 2008,uno degli appuntamenti piu’ intriganti per tutti noiè stata la degustazione dei vini dell’Etna guidatadall’enologo Salvo Foti.

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Per parlare dei vini di questa area geograficanon si può non partire da una leggenda, quelladi Ulisse che aiutato da Dionisio ubriacò ilciclope Polifemo con il vino ottenuto dall’uvache cresceva spontanea sulle pendici dell’Etna.Questo per dire che la vite sulla “Muntagna”(come viene familiarmente chiamato il volca-no) è sempre esistita, infatti proprio sull’Etnasono state rinvenute delle viti selvatiche. Edancora i Siculi nel XI secolo a.C. introdussero ilsistema di allevamento della vite ad alberello.Il territorio etneo gode di una situazione pedo-climatica originale in cui interagiscono la natu-ra del terreno, l’altitudine elevata che in certicasi supera i 1000 metri con pendenze del 40%e l’esposizione dei vigneti. Proprio la naturavulcanica del terreno riveste una importanzadeterminante sul profilo organolettico dei viniprodotti.Solo tre dei quattro versanti del vulcano sonovitati. In quello meridionale si trovano i vigne-ti più impervi dove si coltivano Nerello masca-lese, Carricante e altri vitigni autoctoni ormaia rischio d’estinzione.Salendo sul versante a est, le zone più vocatesono collocate nei comuni di Viagrande,Zafferana, Santa Venerina e Milo per il Nerellomascalese e, sempre a Milo, in contradaCaselle, per il Carricante.Infine il versante nord del vulcano, dove si con-centra il 45% della produzione e dove vengonoprodotti i migliori rossi della zona etnea, perlo-più a base di Nerello mascalese. Nel comune diRandazzo si trovano ancora, in agro Gurrida,decine di vigneti di Grenache noir, ossial’Alicante di origine spagnola.Vitigni autoctoni a bacca rossa quali il Nerellomascalese, il Nerello cappuccino, la Minnella, ilCarricante ed il Catarrato a bacca bianca chedanno origine alla Etna doc nelle declinazioniEtna Rosso e Rosato, Etna Bianco ed EtnaBianco superiore.I rossi presentano un colore rosso rubino che

con l’invecchiamento assume riflessi granato;odore vinoso con un profumo caratteristico,sapore secco, caldo con una evidente minerali-tà.I bianchi sono leggeri, fragranti di colore gial-lo paglierino, profumo delicato e sapore armo-nico.Nel 1994 è stato costituito il Consorzio Tutelavini Etna doc con sede presso la Camera diCommercio di Catania che si propone di tute-lare la viticoltura nella zona di produzionefacilitando ed incoraggiando la diffusione deivitigni adatti. Ed è stata realizzata una Stradadel vino dell’Etna che si snoda per ben 215chilometri di circonferenza con suggestivi per-corsi per far conoscere le caratteristiche e lebiodiversità di questo territorio.In occasione della degustazione è stato presen-tato il romanzo del dott. Salvo Foti “La mon-tagna di fuoco” edito dalla Food editore. Unviaggio nato dall’esigenza di conoscere la pro-pria terra attraverso nuovi occhi accompagna-to da un amico.

di Piera Genta

“la naturavulcanica delterreno rivesteunaimportanzadeterminantesul profiloorganoletticodei viniprodotti,,

Alcuni produttori presenti alla degustazione

nel prossimo numeroun reportage tecnico della degustazione,

completo di schede organolettiche

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Trionfa Treviso

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Treviso sale sul gradino più alto del podiodella prima edizione di Divinando, il concor-so a squadre riservato alle delegazioni prove-nienti da tutta Italia e organizzato dallaFisar con la preziosa collaborazione di

Carpené Malvolti e svoltosi domenica 19ottobre nella sede della storica casa spuman-tistica. La delegazione guidata dal capitano edelegato Luciano Cescon, ha avuto la megliosull’agguerita delegazione di Montecarlo

SPECIALE

Finale emozionante a Conegliano nella taverna diCarpené Malvolti del trofeo a squadre riservatoalle Delegazioni FISAR. Una splendida giornatache ha decretato il successo di una gara accoltacon entusiasmo dai nostri sommelier

Trionfa Treviso

diVinando

diVinando

il Delegato Luciano Cescon riceve il trofeo DIVINANDO 2008 dal Presidente Cardaci e da Rosanna Carpenè.

“l’esperienzadi DIVINANDOè assolutamenteun’esperienzada ripetere edaccrescere, perl’alto valore chesi porta dentroe la capacità didiffondere intuttal’associazione ilgiusto spirito disquadra,,

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capitanata da Stefania Sforzi che ha cedutoil passo ai trevigiani solo nell’ultima prova.Al terzo posto la delegazione di Livorno gui-data da Emilio Bellatalla. Manca per un sof-fio il podio la delegazione di Brescia cheassieme alla prime tre si era guadagnata l’ac-cesso alla prova finale del pomeriggio elimi-nando nelle prove di sbarramento le purbrave squadre delle delegazioni di Firenze e

di Jesi. Le squadre si sono affrontate rispon-dendo ad una lunga seria di quesiti sulletipologie di vino, sui territori di produzione eil riconoscimento “bendato” di più vini.Domande studiate dal nostro CTN perrispondere alle quali non bastava una sem-plice conoscenza della materia ma necessita-vano di doti intuitive, apertura mentale ecultura generale. Ad allietare la pausa pran-

zo, un risotto con scampi e zucchine cucina-to da uno chef d’eccezione: Andrea Zanin, ilcuoco e maestro pasticcere di Mestre appenarientrato da Tokio, dove ha rappresentato lacucina italiana - veneta in particolare - aItalian Fair, l’evento dedicato alle specialitàalimentari italiane organizzato dalla catenadi centri commerciali Isetan. La consegnadel Trofeo e delle medaglie è avvenuta allapresenza del Presidente Fisar, VittorioCardaci Ama, e di Rosanna Carpenè, quintagenerazione della casa veneta che proprioquest’anno festeggia 140 anni dedicati alProsecco DOC di Conegliano eValdobbiadene e all’Arte Spumantistica.Assieme a Luciano Cescon hanno ricevuto lamedaglia d’oro DIVINANDO 2008 gli altricomponenti della squadra: Laura Minato,Michela Taffarel, Davide Zanette e NiccolòMilanesi che hanno ricevuto un calorosoapplauso dai componenti delle delegazionisconfitte. In questo, si misura il vero succes-so della manifestazione. Nello spirito che si ècreato tra i vari partecipanti che la sera ante-cedente la finalissima si sono ritrovati tuttiinsieme per una cena conviviale organizzatadai ragazzi trevigiani e proprio per questol’esperienza di DIVINANDO è assolutamenteun’esperienza da ripetere ed accrescere, perl’alto valore che si porta dentro e la capacitàdi diffondere in tutta l’associazione il giustospirito di squadra.

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SPECIALE

“Treviso salesul gradino piùalto del podiodella primaedizione diDivinando,,

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

diVinando

Delegazione Fisar Firenze

Delegazione Fisar Jesi Delegazione Fisar Livorno

Delegazione Fisar Montecarlo Delegazione Fisar Brescia

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Viticoltori Associati diVinchio-Vaglio Serra:i premi arrivano dall’esteroNegli ultimi 5 anni la Viticoltori Associati di Vinchio - Vaglio Serraha vissuto e sta attualmente vivendo un processo di interna-zionalizzazione, con un esportazione in piena crescita in 19paesi (pari al 30% dell’intera produzione circa 1.200.000 bot-tiglie annue) sugli storici mercati Europei e oltreoceano comeGermania, Inghilterra, Scandinavia, Stati Uniti, Canada e CentroAmerica, Singapore oltre ad essersi affacciata suinuovi mercati dell’Est-Centro Europa comePolonia, Slovakia e paesi baltici. Un succes-so determinato dalla indiscussa qualità deivini e dall’importante collaborazione azien-dale; nell’ultimo anno tali fattori hannoportato al raggiungimento dei più ambitipremi internazionali.

Il grande successo 2008:

Decanter World Wine Awards 20085 premiazioni - unica azienda in PiemonteGOLD MEDAL:Barbera d’Asti Doc Superiore

Sei Vigne Insynthesis 2006BRONZE MEDAL:Barbaresco Docg 2003COMMENDED:Barbera d’Asti Doc SuperioreLAUDANA 2005COMMENDED:Barbera d’Asti Doc SuperioreVIGNE VECCHIE 2005COMMENDED:Barbera d’Asti Doc SuperioreI TRE VESCOVI 2006

Viticoltori Associati di Vinchio & Vaglio Serra - www.vinchio.com

Il “Ripasso” Tommasiin volo con British AirwaysLa compagnia di bandiera inglese BRITISH AIRWAYS ha scelto perla sua Business Class – Club World il “RIPASSO” ValpolicellaClassico Superiore doc di TOMMASI VITICOLTORI. Il “RIPASSO” saràservito nella più esclusiva classe di viaggio British Airways, cheassicura a chi sceglie “Club World” l’esperienza di volo più rilas-sante e tranquilla e che annovera la migliore selezione di vinidi alta qualità. Non solo un bel risultato, ma anche un’impor-tante soddisfazione per la riconferma di questo vino unico sele-zionato dalla compagnia inglese per la seconda volta, a testi-monianza dell’impegno della famiglia Tommasi nel produrrevini di alta qualità, a partire dall’estrema dedizione e cura dellavite e del lavoro nei vigneti di proprietà posti sulle migliori col-

line della Valpolicella classica,come La Groletta, la Concad’Oro, Ca’ Florian, per finirepoi in cantina dove le uvesono seguite passo dopopasso nei procedimenti di vini-ficazione ed affinamento nellebotti di rovere. Il “Ripasso” è prodotto solo nelle grandi annatedi Amarone. Questo Valpolicella Classico Superiore viene “rifer-mentato” sulle vinacce utilizzate per la produzionedell’Amarone, ancora calde e ricche di zuccheri. Il risultato è il“Ripasso” TOMMASI che ha personalità da grande vino, rosso

rubino intenso, dal profumo ricco e speziato,pieno, intenso e morbido: un’ esperienza indi-menticabile per il palato. TOMMASI VITICOLTORI è unaazienda familiare, fondata nel 1902. È situata aPedemonte, nel cuore della storica Valpolicella

Classica. Si è consolidata nel corso degli anni eoggi si estende su 135 ettari di vigneti di pro-prietà nelle zone DOC della provincia diVerona, situati sulle migliori e più rinomatecolline del territorio. Dal 1997 la famigliaTommasi possiede, inoltre, la splendida tenu-ta POGGIO AL TUFO, che si estende su 66ettari nella Maremma Toscana. TOMMASI

VITICOLTORI è attualmente diretta dalla quartagenerazione della famiglia, sempre spintadalla medesima passione per il vino e per ilterritorio e che ha fatto della qualità un dove-re morale.TOMMASI Viticoltori - www.tommasiwine.it

L’Aquila Realedi Cesarini SforzaPresentata a Trento, lo scorso venerdì 26 settembre, la nuovacuvée “Aquila Reale” della Cesarini Sforza, alla pre-senza delle istituzioni locali, della stampa e deirappresentanti della struttura commerciale dell’a-zienda. La giornata ha avuto inizio con la visita alMaso Sette Fontane, in Val di Cembra, dalle cuiuve Chardonnay è stata ottenuta la cuvée “AquilaReale” – Trento D.O.C. Riserva Millesimata 2001.Il Maso, conosciuto per le sue produzioni d’ec-cellenza fin dal secolo XVIII, si trova a 500 metrisul livello del mare, si affaccia con una spetta-colare veduta sulla Valle dell’Adige e offre lecondizioni ideali per ottenere grandissimeuve da utilizzare come basi spumante. Lavisita al vigneto, di grande interesse scientifi-co, è stata condotta dall’agronomo CorradoAldrighetti e ha visto la partecipazione dellafamiglia Moser, proprietaria del Maso SetteFontane. A Ravina, presso gli stabilimentidella Cesarini Sforza, il programma è prose-

le notizie di enogastronomia e turismo

a cura della redazionedi

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guito con la degustazione tecnica della nuova cuvée “AquilaReale”: l’amministratore delegato dell’azienda, FaustoPeratoner, e l’enologo, Giorgia Brugnara, hanno risposto allenumerose domande che hanno animato il dibattito seguito agliassaggi. In serata, l’evento è culminato con la cena di gala alRelais Gourmet Maso Franch di Giovo: qui lo chef stellatoMarkus Baumgartner ha accompagnato personalmente inumerosissimi ospiti in un insolito percorso degustativo, secon-do la formula di sua creazione, “Festival della Cucina”, che havisto il servizio di “Aquila Reale” Cesarini Sforza a ogni portata.Fratelli Rinaldi Importatori - [email protected]

Il Ruchè Montalberapresentato nella terradei BaroliQuando gusto ed atmosfera s’incontrano… un tappeto di rosesembra scintillare ai nostri piedi. Ed è il delicato effluvio dellarosa canina ed il particolar sentore che sprigiona dai caliciquando in tavolo viene servito il Ruchè Montalbera di FrancoMorando, giovin Signore e ambasciatore dei nobili filari di viti

m o n f e r r i n e .L’occasione èstata la seratadi degus-tazione pressoil Ristorante

Carpe Noctem et Diem in Pollenzo (Cn) al centro di un fasci-noso anfiteatro romano. Qui, dinnanzi a palati esigenti ed abit-uati ad austere degustazioni dei famosi Baroli e Barbareschi, siè presentato il Ruchè “l’accento” Montalbera con contezze daparte dei presenti strabiliati. Ci siamo dunque lasciati condurrein un gioco di sapori dove il vino ha sapientemente fatto dacornice alle prelibatezze firmate da Gian Battista Asteggianodivin proprietario del ristorante. Prosit!!!Montalbera - Terra del Ruché - www.montalbera.it

Oscar FarinettiIL MERCANTE DI UTOPIEÈ in libreria da meno di un mese e la prima edizione – 17 milacopie – è già andata a ruba. Si chiama “Il mercante di utopie”(Sperling & Kupfer, pp. 288, euro 17), scritto dalla giornalistatorinese Anna Sartorio: la storia, a tratti lirica a tratti ironica, diOscar Farinetti, inventore di Eataly e già patron di UniEuro, oggiamministratore delegato di Fontanafreddaha e proprietario dialtre sei aziende vitivinicole sparse per l’Italia, tra cui Borgogno,la più antica cantina di Langa.In questa terra del Cuneese Oscar nasce e trascorre l’infanzia.In questa terra suo padre, il Capitano Paolo, diventa eroe dellaResistenza. Ed è proprio da queste colline che Farinetti comin-cia la sua irresistibile ascesa, facendo prima centro con l’elet-

tronica di consumo, negli anniNovanta; poi realizzando laGrande Utopia: il più grandesupermercato al mondo dedi-cato solo ai cibi (e ai vini) dialta qualità. “Il mercante di uto-pie” parte da qui: dal 27 gen-naio 2007, nell’ex fabbrica tori-nese della Carpano, giorno del-l’inaugurazione di Eataly, perdipanarsi in un flash-backlungo una vita, tra avventure,incontri, sconfitte e vittorie, inun viaggio quasi picaresco traluoghi e personaggi (celebri enon) che, a vicenda, si cambie-ranno la vita.

Ristoranti e Vini d’Italiade L’ESPRESSO - le Guide 2009

Mercoledì 8 ottobre alla StazioneLeopolda di Firenze in collaborazio-ne con Pitti Immagine, scenograficapresentazione delle edizioni 2009della Guide de L’Espresso Ristorantid’Italia e dei Vini d’Italia. Per quan-to riguarda la ristorazione, 16 sonoi ristoranti con “tre cappelli”. LaFrancescana di Modena (MassimoBottura) sale a 19,5/20 e raggiun-ge al vertice Alajmo, Pierangelini eVissani. Dietro la Lombardia, laCampania, ancora in crescita, insi-dia il secondo posto del Piemonte.Per i Vini d’ Italia sono invece 13 leaziende che hanno ottenuto la

massima valutazione delle tre stelle su un totale di2.300 produttori recensiti. Due ivini che hanno ottenuto i 20/20::il Barolo Riserva Monfortino diGiacomo Conterno e ilBarbaresco Crichët Pajé diRoagna. Un vero successo per ivini piemontesi, che con 66“eccellenze” hanno raddoppiatola cifra raggiunta lo scorso annograzie all’effetto trainante deiBarolo della grande annata 2004. Direttore Editoriale Enzo Vizzaricuratore della Guida Ristorantid’Italia. Per la Guida Vini d’Italia icuratori sono Ernesto Gentili eFabio Rizzari. In edicola e in libre-ria: euro 22,00

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a cura della redazionedi

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Creato il Club“Ambasciatori del Cabreo”Il Cabreo oggi è un simbolo di unaforte connotazione territoriale, sem-pre più ricercata dagli appassionatienogastronomi. È per questo che èstato creato il “Club degliAmbasciatori del Cabreo” per riuni-re, ogni anno, un centinaio di risto-ranti, enoteche o wine-bar seleziona-ti, sotto la grande bandiera della tra-dizione enogastronomica italiana edella “qualità Cabreo”. È anche unmodo per affrontare questi momen-ti di contrazione dei consumi cercando maggiori sinergie ope-

rative nella filiera tra la produzione e il con-sumatore. L’Ambasciatore del Cabreo è inrealtà il beneficiario di una serie di attivitàstudiate per valorizzare il proprio locale eper essere più propositivi con la clientela.Verrà data maggiore visibilità attraverso ilsito: www.ambasciatoridelcabreo.com, chediventerà una guida enogastronomica inrete. Verranno poi selezionati prodotti parti-

colari di tutto il mondo da distribuire in modo esclusivo per ilgruppo di ambasciatori. Questo progetto verrà raccontato sutestate specializzate di settore utilizzando le foto di tutti questiprotagonisti. A disposizione del “club” tutta la preparazione tec-nica dello staff per organizzare stage formativi e piccoli corsi sutematiche inerenti al servizio del vino e degli abbinamenti.Nella stessa ottica saranno organizzati nella cucina attrezzata diVilla Nozzole incontri di piccoli gruppi di lavoro su temi ineren-ti alla grande varietà e alla ricchezza della enogastronomia ita-liana. L’appassionato gourmand potrà riconoscere il locale sele-zionato grazie al doppio magnum del Cabreo il Borgo perso-nalizzato e anche attraverso un adesivo, da attaccare all’ingres-so, che riporta il logo del Club.Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute - www.tenutefolonari.com

Autunno di premi perDuca di SalaparutaIl Pro Carton Ecma concorso annuale rivolto allecartotecniche europee, ha contato quest’anno 122iscritti provenienti da ben 11 paesi europei e havisto l’Italia distinguersi. Il concorso è organizzato dalla Pro Carton,l’Associazione europea dei produttori e trasforma-tori di cartone e cartoncino. Tra i vincitori il marchioFlorio, la nota casa vinicola siciliana, che si è aggiu-dicata il premio per il design più innovativo e peril miglior uso del cartone con la confezioneMorsi di Luce ideata dalla Cartografia Pusterla.Elegante e raffinata, i suoi colori richiamano la vul-canica isola di Pantelleria dove vengono coltivate leuve Zibibbo che danno vita a Morsi di Luce, a chiu-dere la confezione un frammento di pietra lavica.Duca di Salaparuta - www.duca.it

Chiude in positivo la Douja d’Or 2008Il 28 settembre scorso ha chiuso i battenti la Douja d’Or 2008.I dati confermano che si tratta di una iniziativa in ulteriore cre-scita: complessivamente nei 17 giorni di apertura le degusta-zioni dei vini sono state oltre 37.000 e sono state vendute oltre22.000 bottiglie. Particolarmente gradite anche le offertegastronomiche: dopo il “pienone” dei piatti d’Autore, si ricon-ferma il successo delle specialità straniere con 1.661 piatti

degustati dal 22 al 26settembre. Anche lanew entry della ScuolaAlberghiera di AglianoTerme, presente il 27 e28 settembre, è stataaccolta positivamentecon 345 piatti servitinell’area ristorazione diPalazzo del Collegio.

“Parlando della prossima edizione – afferma in conclusione ilPresidente della Camera di Commercio Dr. Mario Sacco - stiamovalutando di introdurre per il prezzo delle degustazioni unafascia unica, che vada a copertura del servizio e non della qua-lità, che è una priorità assoluta della nostra manifestazione”.Camera di Commercio di Asti - www.at.camcom.it

Degustivina - 9a edizionedal 21 al 22 novembre 2008Importante banco d’assaggiodei vini siciliani (ma non solo) aPalermo nell’ex deposito loco-motive di S. Erasmo. Una sele-zione di oltre 50 aziende tra lepiù prestigiose della realtà isola-na per un appuntamento che,giunto alla sua nona edizione,ha ancora molto da offrire a esperti e appassionati, con loscopo di diventare un punto di riferimento certo per la promo-zione e la crescita delle aree vitivinicole locali. L’associazioneEnos, promotrice dell’iniziativa, ha registrato il marchioDegustiviae per valorizzare il progetto Strade del Gusto diSicilia, di cui si parlerà giovedì 20 novembre nel corso del con-vegno “Marketing territoriale e vino”. Inoltre verranno presenta-te le nuove Doc Passito di Moscato di Noto, Rosso di Noto eNero d’Avola di Noto, in collaborazione con il Consorzio TutelaVini Doc Eloro e Moscato di Noto. Uno spazio sarà riservato allaterza edizione di Volio, vetrina dedicata all’olio extra vergine dioliva che negli anni scorsi ha riscosso grande interesse di pub-blico e critica.www.degustivina.it

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Alla Reggia di Venariapremiati i vini di Montagna

Nella splendida cornice della sala“Scudieri” del Parco la Mandria diVenaria (TO) si è svolta il 6 settembrescorso la premiazione del XVI concor-so internazionale dei vini di monta-gna organizzato dal Cervim. I viticolto-ri sono stati premiati dal Presidentedel Cervim François Stevenin,dall’Assessore all’Agricoltura RegionePiemonte Mino Taricco, dal consiglie-re regionale della Valle d’Aosta Mauro

Bieler, dal Presidente dell’Uncem Piemonte Lido Riba, dallaPresidente del Parco la Mandria Emanuela Guarino e dalDirettore Generale di Assoenologi Giuseppe Martelli, che hapresentato i primi dati della previsione dell’annata vendem-miale 2008, confermando una diminuzione dell’uva in terminidi quantità. Il Cervim, ha voluto dare un RiconoscimentoSpeciale alla Casa di Reclusione dell’Isola di Gorgona (Li) cheha presentato fuori concorso un Vermentino Passito “Gorgona”.Il premio è stato ritirato dal Vice Comandante della casa direclusione Giovanni Martano, che ha sottolineato come questoriconoscimento sia importante per i detenuti ma anche per tuttigli operatori che hanno creduto in questo progetto.CERVIM - www.cervim.org

Cantine Pellegrino si rinnovaall’insegna del gusto,della tradizionee della ricercaNuovo logo e nuova veste grafica per i bestseller liquorosi diCantine Pellegrino Villa del Sole, Zibibbo Liquoroso Sicilia IGT,Malvasia Sicilia IGT, Moscato Sicilia IGT, PantelleriaMoscato DOC, Pantelleria Passito DOC: i vini dolcidi Sicilia affrontano le prossime stagioni con unnuovo volto a conferma di una inalterata qualità.Un look altamente attrattivo, ad alto impatto visivoe emotivo, che evoca immediatamente i coloriche il sole siciliano disegna. L’etichetta infatti riba-disce la centralità del brand e la forza dellastraordinaria tradizione di Cantine Pellegrino,sposando uvaggi diversi per vini apprezzati intutto il mondo. “Questo restyling vuole rende-re ancora più immediato il legame tra i nostrivini e la terra generosa che li produce, cosìcome con le nostre storiche cantine – com-menta Emilio Ridolfi, Direttore Commercialedel gruppo – Valorizzando, per il consumato-re che li sceglie allo scaffale, un’immagine

bella, moderna e pulita,capace di trasferire inpoche chiare parole la qua-lità indiscussa dei nostriVini”.Carlo Pellegrino S.p.a.www.carlopellegrino.it

La Cantina Vignaioli al48° Salone Nautico di Genova

Il 48° Salone Nautico di Genova èstato un palco d’eccezione per laCantina Vignaioli del Morellino diScansano che ha offerto ad un foltopubblico di appassionati della nauti-ca la degustazione del Morellino diScansano DOCG. A pochi mesi dall’entrata sul merca-to delle prime bottiglie di Morellinodi Scansano D.O.C.G., avvenuta nelmarzo 2008, la Cantina dei Vignaiolidel Morellino di Scansano, con il suo

Presidente, Benedetto Grechi e il direttore, Santino Ceccarelli,ha presentato, nell’animato panorama della Fiera di Genova, isui vini d’eccellenza. I vini Bianco di Pitigliano Doc Rasenno eTalamo, il Vermentino Igt Toscana, il Roggiano, il Vin del Fattoree il Vignabenefizio i Morellino di Scansano nella produzione aDOCG, e il Sicomoro, il Roggiano Riserva e il San Rabano iMorellino di Scansano Riserva DOC sono stati proposti in degu-stazione, agli appassionati del mare e agli estimatori e delbuono, con alcuni prodotti locali per far assaporare a tutti i pre-senti i più invitanti sapori della Maremma. Cantina Vignaioli del Morellino di Scansanowww.cantinadelmorellino.it

Premiata l’ASA a"Olio&Olive 2008"Con due giornate dedicate all’olivicoltura in Piemonte si è tenu-ta a Cumiana (To) la manifestazione “OlioeOlive 2008” con-clusasi con un convegno moderato da Marcello Masi,Vicedirettore Tg2 e Direttore della rubrica Eat Parade, durante ilquale l’Associazione Stampa Agroalimentare Italiana, nella per-sona del suo Presidente nazionale Roberto Rabachino, ha rice-vuto un premio come “riconosci-mento per l’impegno e la pro-fessionalità dei giornalisti dellastampa agroalimentare italiananella promozione e diffusionedell’olio di oliva e dell’eccellenzaalimentare italiana”.

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nell’eccellenza

pagina 38 Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

“idealmentebrindiamo ainostri bravisommelier cheper il quintoannoconsecutivohannodimostrato la loroprofessionalitànel servizio dei vini,,

Girovagando

di Mario Del Debbio

Presentata a Firenze l’edizione 2009della guida “I Vini d’Italia de l’Espresso”. Un vernissage scenografico nella suggestivaStazione Leopolda con il professionalesupporto dei sommelier della FISAR che hannocurato il servizio dei vini in degustazione.

Eccellentinell’eccellenza

Son ben 185 i vini che hanno meritato unpunteggio di almeno 18/20 e che rappresen-tano l’eccellenza della guida 2009. Ventiseiin più dello scorso anno tra cui molti pie-montesi che firmano un successo dovutosoprattutto alla bontà dell’annata 2004 delBarolo. 2.300 i produttori censiti suddivisinelle varie regioni, per 13 di loro il massimoriconoscimento delle tre stelle: Castello diAma, Conterno Giacomo, Dal FornoRomano, Gaja, Giacosa Bruno, Isole eOlena, Ornellaia, Pacenti Siro, Poliziano,Produttori Terlano, San Guido,Valentini, Voerzio Roberto. Nel presentarela guida il Direttore Enzo Vizzari, affiancatodai curatori Fabio Rizzari ed Ernesto Gentili,ha ricordato come il mondo del vino sia cam-biato e continui a cambiare. Da una smoda-ta ricerca di forza e robustezza basata su unutilizzo sempre più diffuso di vitigni interna-zionali, stiamo finalmente tornando allafinezza e all’eleganza, al rispetto delle iden-tità storiche e territoriali giocando sullecaratteristiche dei vitigni autoctoni. Per dirlain un altro modo, come possiamo leggerenell’introduzione della guida: si leggono isintomi di una transizione da vini che si sor-seggiano a vini che, vivaddio, si bevono. Inquesto sta la grande scommessa dei produt-tori anche in vista dei profondi cambiamentiche le nuove leggi della Comunità Europea

porteranno nel campo delle DOP. Il Piemonteperò, non la fa da padrone solo nel campodei rossi, raccogliendo eccellenze anche conun vitigno che sembrava ormai passato insecondo piano come il Gavi, ed assieme alSoave Contrada Salvarenza di Gini e al friu-lano Sacrisassi de Le Due Terre, conquista ilpunteggio più alto tra i bianchi (19/20) conil Langhe Bianco Hérzu di Ettore Germano.La Toscana rimane quest’anno leggermentein ombra e raggiunge “solo” i 18,5/20 con iChianti Classico Il Borghetto 2005 e laRiserva 2004 di Castell’ in Villa oltre all’IGTd’Alceo 2005 del Castello dei Rampolla.Grande assente dai vertici della guida ilBrunello di Montalcino, se si escludono lepresenze di Biondi Santi, Il Colle e Poggio diSotto. Annata poco felice a parte, sotto giu-dizio l’assolato 2003, il grande rosso toscanopaga sicuramente lo scotto di una situazionenon ancora del tutto chiarita che ha lasciatoprofonde ferite nel mercato. 18,5/20 ancheper il Pas Operé Gran Cuvée 2002 diBellavista giudicata miglior bollicina dell’an-no. La stessa con la quale idealmente brin-diamo ai nostri bravi sommelier che per ilquinto anno consecutivo hanno dimostratola loro professionalità nel servizio dei vinimeritandosi pure loro un grande punteggio:eccellenti nell’eccellenza.

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Roagna Barbaresco 1999Crichet PajèÈ uno dei 20/20 difeso strenuamente daiselezionatori per certa sua rustica ed anticatipicità. Dopo tempi di ossigenazione biblici se neapprezza il Barbaresco di una volta: cannel-la, piacevolissimo mentolato, legni profu-mati e frutta. Decisamente maturo con tan-nini decisi ed abbondanti che ci sembraintacchino eleganza ed equilibrio, pur sup-portando bene la struttura. Gran vino, maun “punt e mes” sotto, ci sono almeno unadiecina di bottiglie un pò sacrificate.

Giacomo Conterno Barolo Monfortino Ris. 2001 La bottiglia vale tutti i 20/20 assegnatile.Colore non apoplettico, ma sicuramenterosso barolo con unghia che avverte affina-mento in corso. Naso che si riempie di rosa,frutta, legno profumato e spezie con china,cannella e liquirizia:insieme molto fine edelegante. Corpo pieno ed equilibrato contannini eleganti e maturi in grande equili-brio con alcol ed acidità. Da meditazione enella sua collocazione naturale sul brasato,su selvaggina da pelo e, a partire da novem-bre, sul cinghiale.

Bruno Giacosa Barbaresco Asili Ris. 2004 Emozionante riserva, tra i nostri primiassaggi. Colore d’antan, senza inutili pro-fondità. Frutta, essenze e legni odorosi conelegante spruzzata di cannella. Inizio dimaturazione sull’unghia, poi in bocca ci siaccorge che insieme alla sapidità ci sonoampi margini di evoluzione. Grande equili-brio con acidità ben espressa, tannini soffu-si ed eleganti ed alcol piacevolmente avvol-to dalla sapidità. Lunga la persistenza. Sipensa subito a selvaggina di penna dallastarna al fagiano, si sognano abbondanticrostini di beccaccia.

Girovagando

pagina 39

Marzio Berrugi

I nostri assaggia cura di Marzio Berrugi

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Girovagando

pagina 40 Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Romano Dal Forno Amarone VignetoMonte Lodoletta 2003 A dolcezza frenata, questa la prima che cosa che passaper la testa accostando il bicchiere al naso ormai ottu-so dagli effluvi zuccherini sui quali gli amaroni sem-brano essersi adagiati. Prima del naso il colore pro-fondo, elegante, vivo che preannuncia lunga evoluzio-ne. Molto ampio in bocca con frutto rosso contenutoma ricco e non zuccheroso, fieno profumato e legniresinosi asciutti, morbidezza ed alcol avvolti e conte-nuti da sapidità netta e ricca. Lunghissimo il fin dibocca, mai disarmonico. Forse è sconveniente berloinsieme al cibo.

Gaja – Sorì Tildin 2005Poter sfruttare sia il nome che questa bottiglia si èconquistato nel tempo, sia la DOC Langhe lascia alproduttore mano molto più libera sui vitigni portandoad un vino intenso di colore, ancora giovane, ricchis-simo di profumi intensi e fini. Subito le spezie con evi-denti cannella e china, poi affioramento di percezionibalsamiche di legni che ricordano il ginepro stagiona-to e frutta matura in ottimo equilibrio. Morbido edarmonioso in bocca e potente con tannini lunghi diottima qualità, fa pensare ad abbinamenti con for-maggi stagionati come caprini, tome d’alpeggio ricchee profumate, montasio, ma non alla fine del pasto colpalato affaticato bensì a merenda quando sensi ebocca sono liberi e vigili. Barbaresco 2005: un po’arcigno con legno e tannini ancora in cerca di armo-nia, ma asciutto di buona struttura con tipicità chia-ramente avvertita in bocca.

Tenuta San Guido Sassicaia 2005 Maturità già piena come il colore suggerisce. Al nasosentori coloniali evidenti, boisè preciso, piacevole eben integrato così come il profumo di paglia odorosa.Snello ed elegante in bocca, ben strutturato, ben fusigli elementi portanti specialmente i tannini.Cacciagione di pelo anche in prosciutto ed altri salu-mi è la prima proposta cui segue formaggio stagiona-to non troppo saporito.

ValentiniTrebbiano di Abruzzo 2005 Vino restio a concedersi ed a dispiegare tutta la suastoffa. Abbisogna di paziente ossigenazione, non sem-pre possibile. Ma è trebbiano, a differenza di altrifamosi abruzzesi. Naso in progressione, apparente-mente deludente all’inizio, ma con frutta e vegetalifini ed armoniosi. Buon corpo equilibrato e piacevolecon persistenza sufficiente. Esempio di quanta stradaabbia fatto il trebbiano d’Abruzzo negli ultimi duedecenni.

Le Due TerreCOF Bianco Sacrisassi 2006È dura non poter più scrivere Tocai, ma ancor piùdura è scrivere Friulano come vitigno in purezza.Magari Friulaner Weisse, chissà mai. Piccola tracciadell’antico splendore è la citazione in etichetta, in pic-colo, di recenti premiazioni quando ancora si potevascrivere Tocai. Il vitigno però ritorna prepotentequando, goduto il colore cristallino ed elegante, siavvicina il bicchiere al naso. Immediata la nocciolafresca, mandorla appena sgusciata nel finale, gialla lafrutta. Nel mezzo affiorano erbe aromatiche forserosmarino forse salvia con percezione globale di cre-mosità. Lungo in bocca e caldo, corposo ed armonicocon gentile percezione di legno.

Germano EttoreLanghe bianco Herzù 2006 Rheinriesling di elevatissima qualità che mi ha ricor-dato un 2004 di un piccolo produttore di Muscoline,alture del Garda. In Germania bisogna assaggiare laparte storica della Bernkastel per ritrovare queste sen-sazioni. Netti ed assai intriganti minerali ed idrocar-buri, poi note piacevolmente tostate e frutta, il tutto diabbondante intensità. Ben fresco in bocca senza perquesto perdere pienezza e struttura, molto, moltolento a sparire. Carni bianche in arrosti aromatici,pesci azzurri di grande taglia in braciole appena gri-gliate.

Gini Soave ClassicoContrada Salvarenza V.V. 2006Come osservato in altri bianchi, giallo paglierino nonspesso, con pregevoli sfumature. Naso di frutta gialla,spruzzatina balsamica ed erbe aromatiche da arrosti.Nocciola piena in bocca netta e pulita. Sapidità e mor-bidezza ben percettibili ed importanti la dicono lungasulla struttura. In tavola valgono le proposte del pre-cedente.

Tenuta delle Terre NereSi possono fare vini equilibrati ed eleganti anche aSud sulle pendici dell’Etna. La quota (600 metri edoltre) ed il clima apportano profumi articolati ed aci-dità piacevoli. Il colore vivo e lucido ricorda il PinotNero, poi la bocca parla siciliano con liquirizia, legnie frutta cotta. Da segnalare che Terre Nere ha portatoall’eccellenza sia Etna Prephilloxera 2006, piùmagro e snello, sia l’Etna su piede americano,Calderara Sottana 2006 ma vuoi mettere gustarsi unpiede franco di quella portata? In conclusione, questirossi che svettano come l’Etna su una pianura di nerid’Avola ricchi solo di frutta spesso cotta, tannici edinutilmente cupi, sono piacevolissima sorpresa.Da osservare come la banda Vizzari abbia trascurato,mortificato i vini palestrati e gonfi di estratto.

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COORDINATORELuigi Mastrocicco

ASSISTENTEClaudia Marinelli

CAPI SERVIZIOLaura MaggiRiccardo Innocenti

FISAR FIRENZERoberto FratiAlessandro BombardelliLuca TaddeucciAndrea SeroniMatteo PucciMauro SeveriStefano AlessiAndrea MicheliGiovanni D’AlessandroLuca SolettiGianni FilippiniDimitri BiniIrene BurberiRocco Padula Francesco BenozziChiara MicheliMarco TabaniPasquale CantisaniLeonardo FinettiAnna Paola CoppiGiovanni Ballerini

FISAR PONTEDERAFrancesca CorsiDaniela MattiacciManuela PuccioniLuciano MansaniMassimiliano Chelli

FISAR PISAUmberto ChericoniLorenzo Mariotti Piero RistoriAngelo BacciAlberto NannizziLiana BeniniFrancesca VerdiRoberto Menichetti

FISAR PISTOIASimone Bartoli Giorgio IannuzzoAngelo LainoStefania D’AddioGiorgio BaglieriAndrea SibaldiMoreno Frati

FISAR LIVORNOSilvia PucciniDavide AmadeiMonica BracciMarco CanapicchiFabio BaronciniCarlo RamponeDoriana MaterazziLuca CecchiMarco NovelliEmilio BellatallaMario AlbanoFilippo Terrasini

FISAR LE DUE VALLIAdriana PieroniValeria UlivieriIsetta NanniniLuca Montorzi

FISAR VALDICHIANAClaudia MasielloMarilena Sensi

FISAR MONTECARLOGiorgio BimbiFabio BagniGabriele BernacchiBarbara CorrieriMichele LazzareschiGino LuporiniStefania SartiniDaniele Venturini

FISAR VERSILIAAndrea BagliettiIlaria NatucciLuca LuminiMassimo NicolettiMassimo VolpiDavide Fiori

FISAR ORVIETONatale CadamuroGraziella GasparriPaolo PimpolariAlessandro CeciDomenico ColombiniRoberto BelsolePaolo TestaguzzaElisabetta BellocchioGianluca Pepe

FISAR VALDELSATiziana SantonocitoAna Maria CostalesAlessio PetriFranco AiazziGiuseppe TroiloDaniele BernazziVincenzo Niccolini

FISAR MASSA CARRARANunzia CeliValerio Della TommasinaTullio ScavoneAlessandro FontanaAlcide ComastriLucia Bertella

FISAR VITERBOCristina Baglioni

FISAR PRATOStefania NanniDaniele ArnetoliAlessio Vitale

FISAR FABRIANO E IESISimone StroppaLuciano TodiscoGiovanni Elce FabbrettiStefano CantariniSauro Bini

FISAR ROMAPaola Mastrocicco

Firenze Stazione Leopolda - 8 Ottobre 2008

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Chianti Rufina:

La parola all’esperto

pagina 42 Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Siamo alla vigilia dell’anteprimaed incuriositi dallo slogan di “Chiantipiù alto” chiediamo al presidente del Consorzio Giovanni Busi il motivo.Perché siamo la zona di produzione più anord dell’intera denominazione Chianti conun’altitudine media più alta delle altre zone.

Per il resto saranno i nostriclienti a trovare altre interpreta-zioni.

Come è andata la vendemmia2008?Abbiamo avuto una primaveramolto piovosa e questo ha com-portato un’allegagione minore deifiori e quindi grappoli più spargo-li, che si traduce automaticamen-te in “qualità”. L’estate è stataottima non molto calda, le nottidirei fresche e questo in una zonacome il Chianti Rufina significaavere vini molto profumati.

Può spiegare la differenza traChianti Classico e Chianti Rufina?Innanzitutto c’è una differenza di collocazio-ne delle due aree, una si trova a sud diFirenze e l’altra, il Chianti Rufina, a nord-est.Il Chianti Classico essendo a sud gode di unclima più caldo, meno piovoso, i terreni sonopiù galestrosi, il che si traduce in vini piùgrassi, più opulenti e colori più intensi. Il Chianti Rufina più a nord-est ha un climapiù fresco, più piovoso e quindi le piante nonvanno in stress idrico nella fase di matura-zione; i terreni sono meno galestrosi, piùargillosi e ricchi di scheletro, tutto questopermette un’ottima percolazione delle acque.I vini sono molto profumati, eleganti e lon-gevi, i tannini esprimono la loro complessitàe struttura in modo da dare vini adatti adaccompagnare sia piatti semplici che com-plessi come gli stufati.

12.500 ettari compresi tra i comuni di Dicomano,Londa, Pelago, Pontassieve e Rufina, sulle alture adest di Firenze. Una piccola zona, ma una delle piùantiche e vocate, conosciuta fin dall’età etrusca conun vino che dal 1984 si può fregiare della docg ed unConsorzio di tutela creato nel 1980.di

Piera Genta

Chianti Rufina: il Chianti più alto

Presidente del Consorzio

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www.carpene-malvolti.com

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Di recente si è concluso lo studiodi zonazione, durato quattro anni,condotto in collaborazione conl’Università di Milano per capire i varitipi di terreni, le loro morfologie edottenere sempre il massimo in terminidi qualità. È di qualche mese fal’incarico da parte del Ministero dellePolitiche Agricole per svolgere azioni ditutela e di promozione dell’area. Come intendete procedere?

Da più di un anno abbiamo iniziato a farciconoscere al grande pubblico attraverso lastampa ed organizzare degustazioni in variecittà italiane e straniere dimostrando, con ilbicchiere, quello che andiamo a dire. Anche l’anteprima, che quest’anno si svolgeil 14 e 15 Novembre, è un momen-to importante per presentare al grande pub-blico i prodotti che a breve avranno l’oppor-tunità di acquistare.Una opportunità per conoscere vino e terri-

torio è rappresentata dal “Museo della vite edei vino” ospitato a Rufina presso la Villa diPoggio Reale. La struttura museale raccontala grande vocazione del territorio ed il pro-fondo rapporto che intercorre tra il vino e lacampagna; è suddivisa in quattro sale, ognu-na delle quali è dedicata ad un argomentoparticolare: la lavorazione in vigna, la canti-na, i contenitori del vino, la fama del ChiantiRufina nel mondo e nei secoli ed è completa-ta da un’enoteca e da una notevole bibliote-ca storica, che raccoglie volumi, documenti,fotografie e filmati su aspetti storici dellavitivinicoltura.

La parola all’esperto

pagina 44

“L’estate èstata ottimanon moltocalda, le nottidirei fresche equesto in unazona come ilChianti Rufinasignifica averevini moltoprofumati,,

Bottiglie Rufina vecchie annate

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Il 23 novembre parte la prima Crociera dei Sapori a bordo

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Marche

storia del territorio

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Piccole DOC

pagina 46

Nel nostro girar l’Italia delle piccole Doc ci siamoavvicinati alle Marche, una regione che producevino, come del resto tutta l’Italia, ma scarsamen-te menzionata nei grandi concorsi internazionalio nelle grandi testate giornalistiche, conosciutasolo per alcuni vini storici come il Verdicchio diJesi. In questa regione si producono 2 Docg e 15 Doc,però tutte piccole o semisconosciute difficilmenteritrovabili sui mercati nazionali. La nostra curio-sità ci ha portati a conoscere e degustare ilLacrima di Morro D’Alba Doc un vino rosso gio-vane interessante che in questa regione è un po’in secondo piano rispetto allo strapotere dei vinibianchi. La zona di produzione si estende a nord-

ovest di Ancona e si sovrappone, sia parzialmen-te, a quella del Verdicchio dei Castelli di Jesi.Comprende un ristretto territorio di circa seicomuni. Il centro della produzione è intorno all’o-monima località da cui prende il nome: Morrod’Alba, un piccolo borgo a 30 km da Ancona dicirca 1800 anime, che conserva ancora oggi testi-monianze del suo passato come la cinta murariapentagonale con le sue torri, i bellissimi sotterra-nei, e altri fabbricati di interesse storico-turistico.A differenza del Verdicchio qui le colline sono piùdolci e basse, posizionate a pochi chilometri dalmare dove l’insolazione e le escursioni termichenotturne non possono che essere positive sullamaturazione. È uno degli ultimi vini che ha otte-nuto la denominazione doc nella regione nel1985, questo successo ha permesso al vino di sal-varsi da una quasi certa estinzione. Sono state lacaparbietà e l’orgoglio di alcune cantine di Morrod’Alba nel mantenere questa tradizione facendoin modo che non si espiantassero i ceppi autocto-ni a favore di altri. Pensate che nel 1985 l’area dicoltivazione era 7 ettari ed è arrivata al 2006 conquasi 200 ettari. Possiamo quindi parlare di unavera e propria rinascita. Si parla della presenza diquesto vino fin dal 1167 in cui FedericoBarbarossa durante l’assedio a Ancona scelsecome propria dimora la fortezza di Morro d’Albae da qui conobbe il famoso omonimo succo d’uva.A questo punto viene da domandarci perché sichiama Lacrima di Morro d’Alba? Il vitigno prin-cipale della doc è la Lacrima di Morro, un vitignoautoctono della zona. Il nome deriva da un parti-colarissimo fenomeno di maturazione: la bucciadell’uva quando arriva al punto di massimamaturazione, crea una specie di spaccatura,lasciando gocciolare il succo come se lacrimasse,ecco quindi svelata l’origine. Da questo momentoavviene velocemente la raccolta perché si tratta diuna varietà tardiva, che matura a metà ottobre eil rischio di piogge e muffe è alto. La buccia del

Morro D’Alba piccolo borgo delle Marcheche produce un vino rosso, aromatico, da bere giovane.

Nelle Marche la vite fa parte

della storia del territorio

di Luca Iacopini

e Massimo Bracci

“Il Lacrimadi Morro va servito in calice di mediagrandezza ad unatemperaturadi 15°,,

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Piccole DOC

pagina 48

“A differenzadel Verdicchioqui le collinesono più dolci ebasse,posizionate apochi chilometridal mare dovel’insolazione ele escursionitermichenotturne nonpossono cheessere positivesullamaturazione,,

Lacrima di Morro ha uno spessore notevole, ilche, in fase di macerazione, fa sì che abbia unanotevole cessione di sostanze coloranti e di tanni-ni. Il vino che ne consegue ha sempre un colorerosso rubino intenso con sfumature violacee nelprimo periodo, è di medio corpo, sono sempreevidenti profumi di viola e rosa.Il disciplinare di produzione della Doc prevedetre tipologie: Lacrima di Morro, Lacrima diMorro Superiore e Lacrima di Morro Passito,quest’ultima versione introdotta negli ultimi annista dando interessanti risultati di gradimento daparte dei consumatori. La percentuale di apportodel vitigno Lacrima di Morro è almeno del 85%possono concorrere alla produzione di questovino altri vitigni a bacca nera, non aromatizzati,autorizzati dalla regione Marche sino ad un mas-simo del 15%. Questo uve hanno un grandepotenziale aromatico anche se vinificate con lamacerazione carbonica, ossia quella per fare ivini novelli, però il vino perde la doc e diventa IgtMarche. Essendo un vino non particolarmentestrutturato ma con intensi profumi primari espri-me le sue migliori qualità se consumato nei primidue anni.

Per la degustazione ci siamo affidati a una delleaziende storiche delle regione, l’Azienda Velenosi,presente fin dal 1984. Abbiamo degustato ilLacrima di Morro d’Alba Superiore 2007.Nel bicchiere si presenta con un colore rosso rubi-no intenso, carico, con un unghia violacea piùtenue. Si vedono archetti di ampia apertura esubito capiamo del buon grado di alcolicità diquesto vino. Al naso sentiamo una forte intensitàdi frutti rossi, come la ciliegia e la fragola,accompagnato da un ottimo bouquet di fiori nelquale predomina la rosa. In bocca si confermano i sentori sentiti preceden-temente e ci accorgiamo subito di una presenza ditannini che ci asciuga il palato ma dopo pochiattimi si trasforma in una intensa dolcezza e mor-bidezza, il tutto accompagnato da un buona alco-licità.

La delicata e piacevole struttura del vino consen-te abbinamenti con antipasti di pesce azzurromarinato o in carpione, ai primi piatti in salsarossa e ragù, ai secondi piatti di carne bianca evi-tando lunghe cotture. Anche carni abbinate confrutta per esempio: maiale alle mele, selvagginacon mirtilli, ovvero nei piatti dove predomina latendenza dolce. Se affinato in rovere può tran-quillamente sostenere anche preparazioni piùforti e complesse. Il ”Lacrima” nel tipo passitoottimo per fine pasto con dolci, come crostate allafrutta o biscotteria secca. Il Lacrima di Morro vaservito in calice di media grandezza ad una tem-peratura di 15° se invece il vino due/tre anni diinvecchiamento e carico di tannini anche a16°/17°.A margine vogliamo segnalare anche un altroprodotto locale che ci ha piacevolmente incurio-sito, si tratta di un vino aromatizzato che ha lesue radici fin dai tempi del Medioevo nell’anticatradizione enologica marchigiana, si tratta delVino di Visciole. Si utilizza una particolare varie-tà di ciliegia selvatica, la visciola, dal colore rossoscuro e dal sapore acidulo. Questa viene fattamacerare con lo zucchero in parte intera e inparte schiacciata. Ne consegue mediante una fer-mentazione la formazione di uno sciroppo morbi-do e profumato che dopo essere stato opportuna-mente filtrato viene aggiunto al vino innescandoun’ulteriore fermentazione che amalgama perfet-tamente i due componenti. Questa viene interrot-ta a circa 14° alcolici per preservare un buonresiduo zuccherino. Il vino che ne risulta è moltopiacevole, morbido, senza perdere in freschezza.Una volta era considerato un vino da donna, pro-prio per omaggiare il gentil sesso con i suoi pro-fumi, la sua morbidezza e la sua rotondità. Oggiviene considerato più un vino da meditazione. Alpalato oltre alla ciliegia sono presenti piacevolisentori di frutti di bosco e mirtilli. Insomma unadolce e piacevole occasione per ritrovare i saporidi una volta.

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Newsdall’Italia

Lunga vita ai vini dell’Alto Adige

Sono nove e coltivano quasi esclu-sivamente in proprio i loro vignetinei dintorni di Bolzano e Merano edal 1994 si sono riuniti per scam-biarsi esperienze nelle tecniche diviticoltura e di vinificazione for-mando l’Associazione vignaiolisudtirolesi. Da un paio d’anni ilrisultato delle degustazioni deivini sono diventate il tema di unevento speciale che vuole metterein rilievo come i vini dell’AltoAdige possano resistere nel tempomantenendo pressoché inalteratele loro caratteristiche. L’ultimadegustazione in ordine di tempo,aperta per ovvie ragioni solo a unnumero limitato di privilegiati, si ètenuta lo scorso 4 settembre nellosplendido Castel Cornedo vicino a

Bolzano dove è stata offerta ancheuna deliziosa cena preparata dalgiovane e preparato chef HannesPignater del ristorante Steinbockdi Villandro in Valle Isarco.In degustazione 22 bottiglie tra i10 e i 15 anni, tra cui SantaMaddalena e Lagrein di tuttorispetto, Grauvernatsch di saporeintenso e 2 Sauvignon ancora benaromatici. Una sorpresa le 5 botti-glie più vecchie, da un Sauvignondel 1977 dal profumo poco accen-tuato ma piacevole e gusto leggeroa un notevole Cabernet Sauvignondel 1989. Star della serata unBlauburgunder del 1943, presen-tato nella bottiglia originale, concolore e profumo vagamente mar-salati e un gusto ancora assoluta-

mente godibile. Tra i presenti lacreatrice del vino Aloisia Menz,oggi una simpatica signora novan-tenne, che in quegli anni di guerradovette arrangiarsi tra vigneti ecantina per sostituire gli uomini inguerra. Una serata interessante che hadimostrato come i vini dell’AltoAdige possano reggere bene il pas-sare degli anni, anche se delletipologie che tradizionalmentenon sono destinate per l’invec-chiamento.

Il sito di viticoltori èwww.tirolensisarsvini.it

Notizia inviata da Enza Bettelli

La Redazione della rivista Il Som

melier

augura a tutti

Buon Natalee Felice

AnnoNuovo

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008pagina 50

Page 53: Il Sommelier nr.6/08

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La Redazione della rivista Il Som

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Buon Natalee Felice

AnnoNuovo

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Newsdall’Italia

pagina 52 Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Nella decade sessanta i vigneti diSangiovese atti a produrre Brunellodi Montalcino non raggiungevano i60 ettari, i produttori una ventina,le bottiglie prodotte non più di150.000; nello stesso periodo gliettari piantati a Nebbiolo nell’areadel Barolo erano 500, 115 i produt-tori/imbottigliatori, 3.000.000 lebottiglie di Barolo prodotte annual-mente. Mentre però il Barolo nonaveva un leader il Brunello diMontalcino aveva già in BiondiSanti un padre fondatore, l’artigia-no che nel tempo aveva tenuto altis-sima la bandiera della qualità e delprezzo di un Brunello aristocratico,raro, prezioso, alla portata soltantodei pochissimi che se lo potevanopermettere. E poi arrivò Banfi. Percapire come sia esploso il fenomenodel Brunello di Montalcino non sipuò prescindere da Biondi Santi eda Banfi. Banfi, di proprietà dei fra-telli americani Mariani distributoridi vini sul mercato USA, innescanella rossa Montalcino il sognoamericano: il futuro è vostro amico,crescete e moltiplicatevi.L’avventura inizia con una serie dierrori clamorosi. Con il benestaredelle amministrazioni locali e deisindacati agricoli i siti da destinarea vigneto vengono letteralmentestravolti, boschi e querce secolariabbattuti, colline abbassate di deci-ne di metri… ; con l’assistenza deiguru della viticoltura vengonointrodotte tecniche colturali chestanno agli antipodi della coltiva-zione accurata della vite; anzichépiantare Sangiovese per produrreBrunello di Montalcino vengonopiantati 500 ettari di Moscadelloper produrre una specie di lambru-sco bianco che non avrà successo.L’impresa sembrava volgere versoun fallimento clamoroso.E invece, miracolo, dopo lo sbanda-mento iniziale Banfi prende attodegli errori commessi, attua con

tempestività la riconversione deivigneti, punta con grande decisionealla produzione del Brunello diMontalcino e diventa il motore trai-nante della denominazionecostruendo sul mercato USA, il piùimportante al mondo per i vini diimmagine e di pregio, una fortedomanda che ben presto ricadesugli ignari produttori diMontalcino e si propaga in tutto ilmondo.Nessun’altra DOCG italiana ha lafortuna di avere un leader storico edun leader di mercato come ilBrunello di Montalcino. Grazie adessi montò l’interesse, da parte diproduttori/investitori italiani edesteri, di venire a tentare l’impresaa Montalcino contribuendo così aconsolidare la straordinaria spintadi crescita e di affermazione delladenominazione sui mercati interna-zionali.Oggi gli ettari di Nebbiolo iscrittiall’albo del Barolo sono 1.800 men-tre quelli di Sangiovese riconosciutiidonei alla produzione del Brunellosono diventati 2.000 - e sì che i pro-duttori hanno cercato di frenarne la

corsa introducendo il blocco degliimpianti – 250 i produttori e 7milioni le bottiglie prodotte annual-mente. È stato da più parti fattoosservare che la maggioranza deinuovi vigneti non possiede caratte-ristiche pedo-climatiche tali da assi-curare al Sangiovese di esprimerevini di eccellenza e si è lamentata lamancata zonazione (catalogazionescientifica dei terreni con la delimi-tazione di quelli vocati e di quellino): ma la zonazione in nessunaparte del mondo – ad esclusioneforse della Borgogna che riconosceperò non una, ma oltre cento deno-minazioni d’origine diverse - èdiventata il principio ispiratore deidisciplinari di produzione. Menoche mai in Italia ove si è più pro-pensi a coltivare la solidarietà e lacompiacenza. Oggi a Montalcino c’è una minoran-za di produttori che gode di un dop-pio privilegio: di avere vigneti iscrit-ti all’albo ed in più di possederevigneti di Sangiovese altamentevocati capaci di esprimere vini dieccellenza. E poi esiste una maggio-ranza di produttori che gode a

Angelo Gaja: Brunello di Montalcino,è ora di cambiare le regole

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È il Direttore Generale di Assoenologi Giuseppe Martelliil nuovo presidente del Comitato nazionale per la tute-la e la valorizzazione delle denominazioni di origine edelle indicazioni geografiche tipiche dei vini, organo delMipaaf con competenza consultiva, propositiva edamministrativa su tutti i vini designati con nome geo-grafico. A nominarlo è stato il ministro delle Politiche agricoleLuca Zaia, con apposito decreto del 13 ottobre 2008. “Sono molto onorato della fiducia accordata dal mini-stro Zaia - dichiara Giuseppe Martelli - lavorerò conimpegno e determinazione, secondo i principi cui misono ispirato fino ad oggi e mettendo a frutto l’espe-rienza maturata in cinque anni di presidenza dellaCommissione affari generali e in dieci di vicepresidenzadel Comitato stesso, consapevole dell’importanza dellenuove sfide che questo settore strategico per l’agroali-mentare made in Italy dovrà affrontare nel prossimofuturo”.

Ufficio Stampa Fisar

È Giuseppe Martelliil nuovo Presidente della Commissione Vini

Newsdall’Italia

pagina 53Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

pieno titolo soltanto del primo pri-vilegio. Sia dagli uni che dagli altrii consumatori si attendono unBrunello di Montalcino di elevataqualità. Il disciplinare di produzione, redat-to nella decade sessanta, quando gliettari iscritti all’albo erano ancorauna sessantina, impone il 100% diSangiovese per la produzione delBrunello di Montalcino. Con l’esplo-sione della superficie vitata la mag-gioranza dei produttori in possessodi vigneti di dubbia vocazioneavvertiva la necessità di migliorarela qualità dei loro vini e apparve aipiù evidente che l’imposizione del100% di Sangiovese risultassepenalizzante. Si ritenne che il miglioramentogenetico del Sangiovese attraversola selezione clonale e l’introduzionedi nuove tecniche di vigneto e dicantina avrebbero cambiato lasituazione, mentre invece la que-stione resta sul tavolo oggi comeallora.

Se le indagini che la magistraturaha in corso accertassero l’impiego divarietà diverse dal Sangiovese perla produzione del Brunello diMontalcino, la mancanza più gravecommessa dai produttori sarebbestata a mio avviso quella di nonessersi adoperati prima per modifi-care il disciplinare di produzione erimuovere il vincolo del 100% diSangiovese.Voglio ricordare che il disciplinaredel Rosso di Montalcino è ancorapiù inadeguato, presuntuoso e fuoridel tempo.I disciplinari di produzione si posso-no modificare ed il compito spettaesclusivamente ai produttori.Ad ostacolare la modifica del disci-plinare è il conflitto di sempre tra iproduttori artigiani ed i produttoridi grandi volumi, ispirati come sonoa filosofie di produzione e a strate-gie di vendita diverse. Se si guardaperò allo strepitoso successo delBrunello di Montalcino, occorrericonoscere che è nato dall’azione

sinergica degli uni e degli altri, chegli uni e gli altri sono stati preziosinel procurarlo e consolidarlo.Ho letto che si ritiene inadatto oraun intervento atto a modificare ildisciplinare di produzione delBrunello di Montalcino, quandol’indagine avviata dallaMagistratura è ancora in corso.A mio avviso è invece arrivato ilmomento di pensare seriamente aldopo cominciando dalla modificadel disciplinare; essa richiede corag-gio, tolleranza e rispetto reciprocoda parte dei produttori. Occorreindividuare una formula che con-senta agli artigiani di esprimere neiloro vini la straordinaria dignità delSangiovese e di poterla dichiarare inetichetta rendendo così riconoscibi-le la loro fedeltà al 100% dellavarietà, ed ai produttori di grandivolumi di poter operare con mag-giore elasticità: e tutti e due i vinidebbono potersi fregiare del nomeBrunello di Montalcino.

Notizia inviata da Angelo Gaja

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Newsdall’Italia

pagina 54 Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

I vini da produzione biodinamica veri ambasciatori del territorioUna tavola rotonda sulla biodinamicacome filosofia di vino: “Riflessioni edapprofondimenti sul presente e sul futu-ro dello stile di coltivazione introdotto daRudolf Steiner” è stata organizzata aSan Miniato (provincia di Pisa) pressol’azienda “Tenuta di Poggio” di CosimoMaria Masini, un giovane produttore divino che si è “convertito” alla biodina-mica fin dal 2003. L’iniziativa volevamettere a confronto le varie esperienzeche attuano i principi della filosofia stei-neriana, anche con punti di vista diver-si. Oltre al padrone di casa ne hannoparlato il prof. Marco Nuti(Dipartimento di Microbiologiadell’Università di Pisa), ed altri tre pro-duttori che operano in aziende biodina-miche: Caiarossa, Tenuta di Valgiano eFabbrica San Martino. ModeratoreSandro Sangiorgi direttore di “Porthos”:“Questa regione è una spina nel fianco:qui è più sentita la necessità di una agri-coltura naturale”, ha detto nel presenta-re l’iniziativa.“Personalmente – ha detto CosimoMasini – ho iniziato questa avventuracon l’intenzione di intraprendere un’a-gricoltura che potesse essere sostenibile.I terreni erano stanchi e molto compatti,inariditi. Con dedizione e pazienza ècominciato il lavoro in vigna rivitaliz-zando il terreno con l’aiuto dei prepara-ti biodinamici. L’obiettivo primario èsempre stato quello di arrivare a cono-scere fino in fondo il territorio, peracquisire la sensibilità necessaria a com-prendere i naturali ritmi biologici dellanatura e le energie che entrano in giocoquando si lavora con le piante”.Per il prof. Nuti, invece, “lo sfruttamen-to indiscriminato del terreno, il boomdemografico e l’aumento dei consumienergetici, costituiranno una miscelaesplosiva. Le piante infatti, trovanonaturalmente ciò che necessita loro percrescere e riprodursi in maniera autono-ma e con i loro tempi. Spingere l’accele-ratore e forzare questo equilibrio fornen-do elementi chimici in sovrabbondanzaobbliga le piante stesse a eliminare que-sti eccessi. Un esempio? Fornendo azotoalla pianta questa ‘denitrificherà’, libe-rando azoto nell’aria”.Dominique Genot, agronomo-enologodell’azienda “Caiarossa, Podere Serraall’Olio” di Riparbella (Pisa): “La biodi-namica è al 95 per cento sul vino e sitende a limitare il più possibile l’attivitàagricola. In vigna utilizziamo i preparaticonsentiti. La biodinamica deve tenereconto di tutta l’azienda: vigna, olivo,bosco”.

Giuseppe Ferrua (Fabbrica di SanMartino, Lucca): “Oggi mancano i rac-conti di cosa facevano i nostri nonni.Sono arrivato all’agricoltura dopo unavita nella ristorazione. Fare biodinamicavuol dire rispetto per la terra che ci èstata affidata perché poi dobbiamo…renderla. Prima mi ero dedicato al biolo-gico è poi è scattata la molla per la bio-dinamica. Oggi la biodinamica è unaproduzione minima: siamo quattro gatti.La biodinamica prende importanzacome ciclo intero dell’azienda. Il vinoprodotto in biodinamica è espressionedell’uva coltivata nel migliore modonaturale possibile. Con una produzionedi 12.000 bottiglie all’anno posso per-mettermi di fare certe scelte coraggiose”.

Francesco Saverio Petrilli della TenutaValgiano di Lucca: “La base della biodi-namica è il letame maturato sotto terraperché dopo quattro anni i terreni sonopiù belli. La biodinamica è buonsenso.La pianta vive in funzione del sole. Unapianta concimata ‘beve’ molto di più. Lapianta è il principale fruitore dell’ener-gia che viene dal sole: la fotosintesi.Aromi e tannini fanno la qualità delvino. Con gli altri produttori lavoriamoinsieme ma ognuno ha un suo percorsopersonale”.L’enologo di “Tenuta di Poggio”,Cipriano Barsanti: “Tutti noi ci rifaccia-mo alla scuola filo-australiana. Fare bio-dinamica oggi è una operazione di mar-keting. Siano stanchi dei vini costruiti. Ilvino è il ministro della tavola. La nostraterra è meno rovinata di altre. Un vinoveramente interessante lo faranno inostri figli”.Un altro capitolo è la biodinamica ed illegame con la terra ed il rispetto dellanatura.I principi della filosofia biodinamica sibasano su un concetto preciso: il com-plesso sistema di un’azienda agricola èfatto da terreno, piante, animali, uomo etutto ciò che sta intorno. Questi elemen-ti contribuiscono attivamente ad unequilibrio che assicura la salute del siste-ma stesso che viene concepito come

un’unica entità vivente. Questo «organi-smo» è influenzato nei suoi ritmi e ciclivitali da molti fattori, non ultimi quelliprovenienti dalle stelle, cioè dai pianetiche ci circondano.È indispensabile dunque rispettare leleggi naturali che da sempre regolanoperfettamente questo equilibrio. Le basidell’agricoltura biodinamica traggono iloro fondamenti dalla scienza spiritualedelineata dall’australiano RudolfSteiner, l’antroposofia sviluppatasi allafine dell’800.Dal punto di vista del lavoro in vignabisogna partire dal fatto che in biodina-mica si utilizza compost che deriva daletame compostato, inserendo nei cumu-li che vengono fatti alcuni preparati spe-cifici (preparati da cumulo). Invece, nel-l’azienda di Cosimo Maria Masini nonvengono utilizzati compost di origineanimale ma si sfruttano sovesci che ven-gono seminati in autunno e che, dopoaverli sfalciati, vengono interrati duran-te il mese di maggio. Il terreno ricco dihumus è un terreno che riesce a far cre-scere una pianta in maniera equilibrata.L’assunto fondamentale è che i pianeti,con il loro passaggio, esercitano forzeche si ripercuotono sull’ambiente terre-stre: la luna influisce sul contenuto idri-co di tutti gli organismi, il sole contri-buisce alla crescita delle piante, gli altripianeti operano sia direttamente cheindirettamente attraverso l’atmosfera.Per questo travasi e imbottigliamentosono fatti seguendo determinate fasilunari.La biodinamica è una vera e propriafilosofia di produzione che raccoglieintorno a sé sempre maggiori consensi. Idati di Renaissance de Aoc ci dicono cheil gruppo di produttori raccolti intornoalla figura del vigneto francese NicolasJoly confermano che negli ultimi cinqueanni il numero delle aziende associatesia triplicato (più 750%). Con il 2003 siha una vera e propria «esplosione» dellacultura biodinamica che sta alla base diRenaissance e sempre di più i produttorine fanno una bandiera di qualità.«La strada della biodinamica - secondoCosimo Maria Masini - è quella giustaper raggiungere l’idea di uscire dall’o-mologazione, con vini di grande elegan-za, ma al tempo stesso di ottima bevibi-lità. Sono stato spinto anche dalla fermavolontà di preservare la natura, il terri-torio e la biodiversità per fare un pro-dotto genuino. Ma anche dalla voglia diinnovare nella tradizione».

Contributo inviato da Gianfranco Grossi

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Newsdall’Italia

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In Sicilia, dove la vite ed il vino hannocasa da millenni, si registra un costantegraduale abbandono della produzione:davvero il numero di forze lavorative edi aziende produttive quasi non si con-tano più nel loro declinare all’impegnoin vitivinicoltura.Negli ultimi sette anni 30.000 ettari divigneto sono stati abbandonati, e diconseguenza sono stati persi, in produ-zione, circa 180 milioni di Euro.Per fortuna c’è qualcuno che va in con-trotendenza. E penso che proprio perquesto fa più notizia. Ne parliamo.Famiglie nobili siciliane iscritte nelLibro d’oro della Nobiltà italiana ce nesono parecchie. Qualcuna ha una storiamolto ben radicata e perfino un Santo,tra gli avi: San Nicasio.Al santo di casa sarà dedicato, tra il2009 ed il 2010, un vino che sarà “pre-sentato” ufficialmente in bottigliamolto probabilmente al Vinitaly. Il vino è un grillo vendemmia tardiva(al momento in cui si legge, in affina-mento in botti di rovere), e l’anticafamiglia è quella dei Conti Burgio delleGazzère di Ma zara del Vallo, in pro-vincia di Trapani.Salvatore, detto Totino, è il discendentevignaiolo della famiglia, con origini nellontano 1046, comproprietario dellaTenuta Poggio Allegro e dell’omonimoBaglio, che, dopo un periodo di stasinella produzione vitivinicola, ha decisodi riprendere e soprattutto di riattivarel’attività d’imbottigliamento.I Conti Burgio hanno avuto il titoloall’inizio dell’anno 1000 quando l’emi-ro Ackneth, convertitosi al cristianesi-mo, sposando la principessa normannaAldegonda d’Altavilla, prese il nome diRoberto I signore di Burgio.Molti, della famiglia, nel millennio,sono stati i personaggi di spicco. Fraquesti il Beato Ferrandino, ucciso inbattaglia, e San Nicasio, catturato nellabattaglia di Etimo e martirizzato per-ché non ha voluto abiurare alla fedecristiana.Impegnati in agricoltura sin dalle origi-ni, ultimo imprenditore vinicolo in atti-vità, prima della pausa produttivadurata alcuni anni, è stato il conteAurelio Burgio, papà di Salvatore, cheha condotto un’azienda di circa 70ettari di vigneto collaborato dai figliSalvatore, Maria Rosaria e Giovanni.Nel 1800, i conti, vantavano anche laproduzione del vino Marsala che imbot-tigliavano in una loro cantina vicinoPalermo.Ancora oggi l’attività agricola dell’anti-ca famiglia, si estende negli stessi spaziterritoriali che trovano sito, oltre che in

provincia di Trapani anche nella pro-vincia di Caltanissetta. In quest’ultimazona le coltivazioni agricole sono adibi-te a frutteti ed uliveti.La produzione vinicola, appena ripresa,è diretta alla produzione di un biancoed un rosso: due IGT Sicilia, il cui bian-co è un blend dei vitigni catarratto,inzolia e chardonnay; il rosso invece è,un blend di nero d’avola e pignatello.Ma, la storia della civiltà vitivinicolamillenaria siciliana legata agli antichinobili casati ben s’incrocia con la storiamoderna, che registra nuovi volentero-si, piccoli e bravi vignaioli.Per la felicità e la fortuna degli adora-tori dei comandamenti di Dio Bacco.Alcuni molto giovani, eredi di piccoliappezzamenti di terreni coltivati a viti,che accettano la sfida, pur in unmomento tutt’altro che favorevole,d’investire il tempo e le risorse finan-ziarie per dedicare amore ed impegnoalla vigna ed alla produzione del buonvino. Uno di questi è Nino Barraco, marsale-se, come la sua splendida giovane

moglie Angela. Lei, neo laureata in giu-risprudenza è proiettata anche verso lacarriera forense.Nino ed Angela, appena sposati, hannounito in perfetta sinergia alla loro esi-stenza, i pezzetti di terreno coltivati avite, ricevuti in eredità dai rispettivigenitori. Nasce, praticamente così l’a-zienda agricola Barraco.“Penso di offrire al mercato 10-12 000bottiglie l’anno per 4 monovarietaliautoctoni. Tre vini bianchi: il grillo, ilcatarratto e lo zibibbo, ed uno rosso, ilnero d’Avola -dice Nino- È un impegnomolto importante per me, che mi dà ilsenso della sfida più bella e sensata. Piùbella perché è in perfetta armonia conla storia contadina della mia famiglia edi tutto il territorio marsalese. Piccolastoria di piccoli contadini che si inseri-scono nelle radici della millenaria civil-

tà vinicola marsalese. La più sensataperché ha un preciso senso occuparmidei terreni, dunque delle vigne e delvino, oltre che per vocazione, perrispetto dei sacrifici e del sudore deimiei avi. E sin dal primo minuto, m’im-pegno a farlo in maniera moderna ,meticolosamente nel segno della quali-tà, tenendo ben presente che il vino quiè alta espressione di cultura, di storia edi civiltà”.Nino Barraco sta iniziando l’attività digiovane vignaiolo-imprenditore con lariprogrammazione del lavoro neicampi, sia nei vigneti di famiglia (dicirca 7 ettari) sia in quelli che via viaha preso in gestione in zone ad altavocazione vitivinicola dell’hinterlanddella provincia.Sommelier e, seppur giovane, grandestudioso e ricercatore, Barraco sostiene,in maniera quasi provocatoria che “perraggiungere obiettivi che esprimano almeglio le peculiarità del territorio sipossano fare ricerche e nuove speri-mentazioni attraverso metodi di vinifi-cazione alternativi. La mia idea-pro-getto non è quella di fare vini perfetti,ma quella di fare vini con forte perso-nalità… ed anche con note dissonanti.Il vino lo considero –conclude- fruttodella personale e territoriale cronisto-ria del produttore; dunque, tale intimorapporto non permette l’interferenza,in fase di vinificazione di tecnici”.Barraco, infatti, con una conoscenza eduna professionalità invidiabile, che glipermette di curare i terreni, la vigna, lavendemmia e la vinificazione senzaalcun problema, non si fa appoggiareda alcun “tecnico”.Intanto (scriviamo a metà settembre)dal fronte della vendemmia arrivanonotizie incoraggianti, pur tra i timoridovuti al nuovo regolamento CEE479/08: l’uva è di qualità eccellente e siregistra un aumento di produzione.Dopo l’anno della peronospora, che hadecimato il raccolto, quest’anno inSicilia si prevede una raccolta di circa9.000.000 di quintali di uve (circa il55% in più rispetto all’anno scorso). Diquesti, quasi il 50% si raccoglierà nellasola provincia di Trapani. Insomma c’èil ritorno allo standard classico.Ma, aleggiano grossi timori.L’eliminazione del premio di immagaz-zinamento, l’aumento dei costi di pro-duzione e la diminuzione dei consumiporta parecchie preoccupazioni ai pro-duttori vinicoli siciliani.Per fortuna (sentiamo il bisogno dellaripetizione) alcuni coraggiosi pongononuove sfide.

Notizia inviata da Attilio L. Vinci

In un difficile momento per la vitivinicoltura siciliana

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La provocazione è servita: non esisteuna cucina nazionale italiana. E sull’a-nalisi di questo pensiero del giornalistasiciliano Martino Ragusa raccolto e svi-luppato dalla storica casa vinicolaCarlo Pellegrino S.p.a. che si è svolto aMarsala il quinto Pellegrino CookingFestival, la celebre kermesse enogastro-nomica all’insegna delle miglioriespressioni della cucina italiana. Diparticolare rilievo il fatto che per laprima volta un manifesto di tutela dellanostra cucina sia promosso da una casavinicola, con un decalogo già sottoscrit-to da alcuni dei più grandi cuochi ita-liani.“La cucina italiana è affetta da 3mali”, afferma Martino Ragusa, “Ilprimo è un complesso di inferiorità. Inostri prodotti di eccellenza rifornisco-no le ricette di chef d’avanguardia ditutto il mondo che poi noi copiamo. Ilsecondo è il difetto di identità fuori daiconfini. Il terzo male è il provincialismodal quale la cucina italiana cerca diemanciparsi scopiazzando quella deglialtri. Il mio manifesto vuole semplice-mente provare a mettere d’accordo gliitaliani”, conclude Ragusa, “convincer-li che tutti hanno del buono e possonounirlo al buono di altri per raggiunge-re un ‘ottimo’ che ci rappresenti tutticome meritiamo”.E nei due giorni del Pellegrino CookingFestival, grandi maestri della cucinaitaliana e internazionale, simpatica-mente supportati da alcuni giornalistidi importanti testate nazionali, hannoesaltato nel migliore dei modi la tradi-zione culinaria che ci rende unici nelmondo presentando piatti non partico-

larmente elaborati, con ingredientisemplici e di facile reperibilità in questasplendida terra di Sicilia quali il pesce,ovviamente freschissimo, e le profuma-te verdure di stagione ma anche sapori-te carni, morbida polentina e gustosiformaggi splendidamente armonizzatitra loro con l’olio buono di queste terree restituendo quindi dignità e sacralitàalla parola “cuoco” fino ad oggi messain secondo piano rispetto al più inter-

nazionale e fin troppo abusato “chef”.E si badi bene che il termine “non ela-borato” non vuol dire sciatto anzi, èproprio in questi piatti che abbiamoritrovato lo spirito del “cuoco brico-leur” teorizzato da Martino Ragusa: “ilcuoco bricoleur”, - dice il giornalista –“deve saper trovare i prodotti italianigiusti e saperli unire con opportuneprocedure preferibilmente di tradizionenostrana, filologica o rivisitata, ri-destinandoli a strutture finali sprovin-cializzate e riconoscibili come italianedalla sensibilità collettiva”. Ed è pro-prio da questo lavoro di bricolageintenso che può nascere la cucinanazionale italiana. Un capitolo a parte meritano i vini: laPellegrino sta continuando l’importan-

te percorso iniziato proprio a Marsalafin dal 1880, anno della fondazione. Lascelta delle zone più vocate della SiciliaOccidentale, la rigorosa selezione delleuve ed una sapiente ed attenta vinifica-zione hanno condotto a risultati dieccellenza. Il rispetto e il recupero dellatradizione permettono di ottenere dalleuve autoctone Grillo e Catarratto presti-giosi Marsala tra i quali spicca ilSuperiore Riserva Oro, sorprendente

Quinta edizione delPellegrino Cooking Festival: presentato il Manifesto della Cucina Nazionale ItalianaMartino Ragusa lancia il suo nuovo manifesto e decalogo per la cucina nazionalein occasione dell’appuntamento annuale alle Cantine Pellegrino, il 20 e 21 settembre 2008

I cuochi, i piatti, i viniVenerdì 19 settembre

Jan Dahdji, Ristorante Ekebergrestauranten, Norvegia, conil piatto “Vitello e tonno uniti in salsa” abbinato al Tarenidel Duca Inzolia Sicilia I.g.t. 2007 Maurizio Somma,Ristorante il Tasso, Sorrento (Na), con il piatto “Paccheri alRegno delle due Sicilie” abbinato al Dinari del DucaChardonnay Sicilia I.g.t. 2007 Mario Pozzi, Trattoria del

Glicine, Cernobbio (Co), con il piatto “Gamberoni a spassoper l’Italia “ abbinato al Tripudium Bianco Sicilia i.g.t.2007 Ferruccio Girelli Consolaro, Ristorante il Nido delleCicogne, Sandrà di Castelnuovo del Garda (Vr), con il piat-to “Maialino croccante in tavolozza di colori” abbinato alTripudium Rosso Sicilia I.g.t. 2005 Beppe Giuffrè,Ristorante Giardino Eden, Trapani, con il piatto “Babànazionale” abbinato al Marsala Superiore Riserva OroD.o.c.

Sabato 20 settembre

Franco Tornese, Ristorante IlVillino, Lecce, con il piatto “Fusionedi cotture dei sapori mediterranei”abbinato al Dinari del Duca GrilloSicilia 2007Denis Matiuzzi, Ristorante AlleMarcandole, Salgareda (TV), con ilpiatto “Vellutata di patatee crostacei con croccante nero”abbinato al Dinari del DucaChardonnay Sicilia I.g.t. 2007Karl Mainey, Ristorante The CrownInn, Yorkshire, England, con il piat-to “Celebrazione di fine estate”abbinato al Gibelè Zibibbo seccoSicilia I.g.t. 2007Yasuhiko Shige, Ristorante CucinaSiciliana Archimede, Tokio, Japan,con il piatto “Involtino di trigliaripieno di riso in salsa di vongole”abbinato al Tripudium BiancoSicilia I.g.t. 2007Giovanni Guarnieri, Ristorante DonCamillo, Siracusa, con il piatto“Rosso e Giallone” abbinato al Nespassito naturale di Pantelleria 2007

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Newsdall’Italia

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gioiello dorato dagli intensi profumimentre da Pantelleria, vera perla vulca-nica regalataci dalle profondità di unincredibile mare color cobalto, provienelo Zibibbo che viene trasformao in unclassico vino da dessert come il Moscatoo da raffinata meditazione come ilPassito naturale dalla commovente mor-bidezza ed estesa gamma aromatica.L’ammodernamento delle unità produt-tive e la meticolosa cura nell’affina-mento dei prodotti, con l’adozione dinumerose barriques sia per i vini rossisia per alcune varietà di marsala, hapermesso ai vini a marchio Duca diCastelmonte di conquistare, per la loroqualità, posizioni di mercato semprepiù ampie. Inzolia e Grillo, freschi efruttati, l’innovativo Gibelè, Zibibbosecco agrumato e intensamente florealee un fascinoso Chardonnay affinato inbarriques ben si sposano con il princi-pale prodotto di questo meravigliosomare, il pesce, proposto in tutte le suedeclinazioni. Il Nero d’Avola e il Syrah,caldi e di eleganti tannini, sono eccel-lenti con le carni e con i meravigliosiformaggi stagionati, vero vanto dell’in-dustria casearia isolana.

“Le serate di venerdì e sabato ci hannoofferto come sempre la fortunata possi-bilità di gustare piatti straordinari,potendo così apprezzare quella che èrisultata essere l’interpretazione piùbrillante della nostra cucina” concludeBenedetto Renda, AD della società.“Come sempre, il Festival è stato unmomento di festa e di degustazione deivini Pellegrino e Duca di Castelmonte.Il Pellegrino Cooking Festival si chiude-rà idealmente al Vinitaly, con la pre-sentazione del libro delle ricette che ciavranno accompagnato in queste pre-ziose giornate”.

“Questo era già il presupposto sulquale era nato il nostro PellegrinoCooking Festival: la volontà di noi,famiglia proprietaria da sempre dellenostre cantine, di farci promotori diinnovazione e di sviluppo, nel rispetto -religioso - delle tradizioni” ha com-mentato infine Pietro Alagna,Presidente del Gruppo. “Dopo avereesplorato stili e cucine diverse, abbia-mo sentito forte il desiderio di racco-gliere la tradizione del nostro paese,così ricca di storia e cultura e divulgar-la attraverso i suoi piatti”.

Notizia inviata da Paolo Alciati

La cucina nazionaleitaliana deve:

Avere una identità forte,riconoscibile e impron-tata al gusto italiano.Deve sapersi distingueredalla cucina locale cosìcome dalle nuove cucinedi pura ricerca, dallecucine straniere e daquelle esotiche. Individuare come suamassima ispiratrice lacucina tradizionale-locale italiana, povera oricca, di corte o di popo-lo o di strada (cucinaneo tradizionale).“Usare” a piene mani ilterritorio italiano qualemassimo fornitore dimaterie prime (cucinaglocale). Prodotti e isaperi gastronomici,procedure e metodi dicottura di tutto il terri-torio nazionale devonoessere accostati emescolati con sapientecriterio e corretto equili-brio all’interno delmedesimo piatto-pro-getto. Ispirarsi al lavoro delcuoco bricoleur, comedescritto nel manifestoIspirarsi alla semplicità,puntando alla valoriz-zazione dei prodotti ed

evitando di nascondernei sapori con eccessivecoperture. Rispettare la centralitàdella pasta, dell’olioextravergine di oliva,del pane e del vino. Rispettare la grandevarietà che da sempredistingue la mensa ita-liana. Cereali, pesci,verdure, carni e fruttadevono essere presentinelle ricette senza pre-clusioni, per esempio,verso le carni rosse. Essere una cucina sana.Deve essere attenta aiprogressi della scienzadell’alimentazione edella dietologia e devesaperli applicare. Essere aperta al rinno-vamento ma allo stessotempo difendersi damode falsamente inno-vative perché effimere,confusive e snaturanti ilgusto italiano. Proporre piatti riprodu-cibili, la cucina è sem-pre artigianato, a voltedi livello talmente altoda somigliare all’arte,ma non è un’opera d’ar-te e a differenza di que-sta, un piatto deve poteressere sempre riproduci-bile da altre persone. Il“Raviolo Aperto” di

Gualtiero Marchesi è unesempio magistrale. Proporre piatti storiciz-zabili. Ogni nuovo piat-to, deve avere la possi-bilità di diventare unpiatto tradizionale didomani. Proporre piatti connomi anch’essi storiciz-zabili e quindi ricorda-bili. Tenere in considerazio-ne il pasto all’italiana enon sostituirlo con imenu - degustazione.Allo stesso modo il pastoall’italiana non dovràessere sostituito daFinger food, snack,tapas, morphings cui vadato il valore di fuoripasto.Importare dall’estero,vicino o esotico, sola-mente prodotti chesiano armonici con ilpatrimonio gastronomi-co nazionale, non incontraddizione con ilgusto italiano, che sianoassenti in Italia o aper-tamente superiori a pro-dotti italiani equivalen-ti. Lo stesso criterio valeper le tecniche e gli stru-menti di cucina.

Martino Ragusa

Massimo Bellina, Pietro Alagna, Caterina Tumbarello, Emilio Ridolfi, Paola Alagna, Benedetto Renda

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In Famiglia

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Questa estate ci ha lasciati l’amico sommelier DiegoMarinelli. Diego era uno dei soci fondatori della delegazione di Pavia,sommelier da una decade era stato istruttore, direttore dicorso ed aveva ricoperto numerosi altri ruoli al servizio del-l’associazione.Lascia la moglie Giovanna e la figlia, neo-sommelier,Camilla, cui vanno le nostre sentite condoglianze.Tramite le pagine della nostra rivista vorremmo far sapereanche a chi non ha avuto la fortuna di conoscere Diego per-sonalmente, quanto fosse unico nel suo modo di trasmette-re passione per il vino, per le cose buone, per le cose benfatte, quelle piccole e quelle grandi… e per la sua voglia edisponibilità nello stare insieme agli altri. Vorremmo farvisapere che ha cambiato le nostre vite per sempre, perché lasua attenzione non era mai superficiale, e anche i momentipiù banali, con lui diventavano occasione di contatto verotra persone.Quando incontrerete un associato di Pavia, non chiedeteglise conosceva Diego, ma fatevi subito raccontare chi era,perché ognuno di noi si porta dentro una storia, un aned-

doto, una frase che è rimasta lì nellamente o nel cuore come segno del suopassaggio.Ora che ci ha lasciati soffriamo pernon essere stati in grado di ricambiaretutto il suo affetto burbero, per nonessere sempre stati all’altezza delle sueaspettative, per non aver colto attimiche non torneranno più.

Speriamo che, con il passare del tempo, il dolore ed il sensodi vuoto si affievoliscano, ma siamo determinati a nondimenticare la sua lezione di rigore, di amore per le cose benfatte, di tensione verso la scoperta del senso più vero dellecose, anche quelle, tutto sommato semplici, che si nascon-dono in fondo ad un calice.Già ora, mentre rileggo queste poche righe, penso a qualesarebbe stato il suo commento, e so quale genere di erroriavrebbe scovato… e questo costringermi a pensare un pococome avrebbe fatto lui, me lo fa sentire meno lontano.Un brindisi per Diego.

Notizia inviata dalla Delegazione di Pavia

Importante serata di gala organizzatadalla FISAR (Federaz. ItalianaSommelier Albergatori Ristoratori) diPisa e Litorale per l’annuale “Festa delSommelier” al Grand Hotel Duomo diPisa. Il convivio è iniziato nel foyer congli aperitivi del rinomato barman Bob,salatini e stuzzichini caldi: pizzette,olive ascolane, tartine di polenta fritta,sia con lardo di cinta senese sia conporcini trifolati e crocchette di patate.Un preludio indovinato che ha contri-buito a rendere l’atmosfera serena edun clima di festa. In seguito gli invitatihanno preso posto nella sala ristorantedove lo chef Luigi Cavalieri ha propo-sto un originale e gradito menù: dueprimi piatti composti da Ravioli alburro e salvia e Farrotto ai funghi por-cini abbinati allo Chardonnay 2007della Fattoria “La Tana” di Crespina(PI), prodotto da uve selezionate, il cuiprofumo intenso, il carattere vivace edarmonico, unito ad una marcata acidi-tà, meglio si accompagnava al Farrottodal deciso sapore dei porcini. Persecondo uno squisito e croccante frittodell’aia fatto di pollo, coniglio e tacchi-

no opportunamente disossati e tagliaticon verdure pastellate di anelli di cipol-la, zucchini alla julienne con relativifiori e dadolata di melanzane fritte,anche esse con giusta doratura. IlLucestraia DOC Montescudaio 2005della Fattoria di Sorbaiano, le cui uveTrebbiano, Chardonnay e Vermentinone conferiscono ricchezza di profumi esentori di frutta esotica, con i suoi 13gradi si è rivelato di ottimo abbinamen-to adatto a ripulire le papille gustative.Scenografica la crostata di frutta con lostemma della FISAR che ha fatto il girodei tavoli, fra gli applausi degli astanti,prima di essere sporzionata e servitaaccompagnata al Moscato d’Asti DOCGdell’azienda Strevi. Applausi anche pertutta la brigata di cucina ed il rango diservizio alla consegna del tradizionalegagliardetto da parte del direttore deicorsi Barbara Poli allo chef Luigi. Lafesta è proseguita con la cerimoniadella consegna del “Tulipano d’argen-to” (25 servizi) effettuata dalla respon-sabile dei Sommelier Liana Benini adAlberto Nannizzi e con l’intervento del-l’assessore al Comune di Pisa per le

manifestazionistoriche, lo sporte l’ambiente,Federico Eligi,che ha valoriz-zato il ruolosvolto in tutti questi anni dallaDelegazione Pisana, invitandola a dareun contributo qualificato alle manife-stazioni che caratterizzeranno la ricor-renza dell’Anno Galileano venturo. Egliha quindi consegnato una coppia diballons da degustazione, personalizzaticon placca d’argento FISAR, alSommelier Piero Ristori, a riconosci-mento della nomina di Cavaliere dellaFisar.Ha chiuso la serata il Delegato FlavioRomboli, prima confermando di impe-gnare la Delegazione al massimo persoddisfare le richieste dell’assessore epoi con la consegna ad Angiolo Baccidel diploma di “Sommelier dellaSquadra Nazionale” ad honorem edinsignendolo con la relativa stellinad’argento.

Notizia inviata da Tiziano Taccoladella Delegazione di Pisa e Litorale

La Fisar di Pisa festeggiae premia i suoi Sommelier

Il ricordo ad un grande amico

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In Famiglia

Lo scorso 8 e 9 settembre aTerricciola nel cuore delle CollinePisane si è tenuta l’inaugurazionedella bellissima cantina dellaFamiglia Rivetti, famosi produttoriPiemontesi, che hanno deciso di ini-ziare questa sfida tutta Toscana, conil vitigno che qui fa da padrone dicasa: il Sangiovese.La nuova cantina si chiama Casanovadella Spinetta e sorge in una bellissi-ma vallata con intorno i vigneti diCasanova, che sono un corpo unico dicirca 45 ettari, con altri 15 ettari chesono in località Fichino, nel Comunedi Cascina Terme.La costruzione della cantina segue icanoni moderni della nuovaArchitettura legata alla costruzione diqueste, dove il tocco dell’architetto èsenza dubbio visibile. L’Architetto lasignora Giulietta Roz, è riuscita a tra-smettere nell’edificio parte della pro-pria personalità e l’essenza dellaFamiglia Rivetti stessa, e questa sen-sazione è evidente quando si visita lastruttura. All’esterno le sensazioni primariesono quelle di un luogo che si integraperfettamente con l’ambiente, dovel’impatto c’è ma è molto sobrio, conl’utilizzo di materiali come il traverti-no che hanno contribuito a raggiun-gere questo effetto.La parte della cantina dedicata allavinificazione è molto funzionale ed èconcepita per lavorare per gravitazio-ne, concetto moderno per ridurre al

minimo l’uso di pompe per lo sposta-mento dei prodotti. Entrare poi nella“Barriccaia” è davero uno spettacolo:qui si respira veramente l’anima dichi l’ha concepita. Funzionale, essen-ziale, d’impatto poiché è molto gran-de, quindi ampia e con quel tocco disuggestività che comunque ci siaspetta da una cantina come questa;la spettacolarità della struttura tutta-via non predomina sul fatto che è unluogo dove degli uomini dovrannolavorare.I vini prodotti sono tre: il Nero diCasanova, il Sassontino, il Sezzana,tutti a base Sangiovese con solo unpiccolo apporto di Colorino, altrovitigno autoctono Toscano; la diffe-renza fra questi vini sarà sostanzial-mente la zona di produzione delle uvee l’affinamento.Per i due giorni dell’inaugurazione laFamiglia Rivetti è stata impeccabilenell’accoglienza dei propri ospiti affi-

dando l’organizzazione della ricevi-mento a degli amici, Andrea Alciadi eil suo staff del Ristorante Guido daCostigliole (Relais San Maurizio),Fulvio Sicari del Ristorate Conti deRoero e Franco Bracaloni delRistorante da Castero – Banca dellaBistecca. Il servizio dei vini è stato affidato aiSommelier Fisar, che hanno servito:Champagne Cuvée SpécialePhilipponnat, Barbaresco Docg2002, Barolo Campè Docg 2003,Il Nero di Casanova IGT 2006,Sezzana IGT 2004, Sassontino IGT2006 e per finire Moscato D’Asti“Biancospino” Docg 2007.Colgo l’occasione per ringraziare tuttii sommelier che sono venuti a fareservizio. Vorrei ringraziare nello spe-cifico la Delegazione di Pistoia, diPisa e quella di Livorno: senza il lorocontributo la Delegazione diPontedera - Valdera non avrebbepotuto sostenere questo impegno.Vorrei far notare che al di là del luogodi competenza o di territorialità delledelegazioni, questo è stato un servizioFisar, dove si è vista l’unità di squa-dra e tutti hanno contribuito allabuona riuscita dell’evento. Un ringraziamento ulteriore va datoalla Famiglia Rivetti per la loro dis-ponibilità e ospitalità tuttaPiemontese ma che hanno credutoprincipalmente alle potenzialità di unterritorio, quello delle Colline Pisane.

Notizia inviata a Claudia MarinelliDelegazione Pontedera - Valdera

Inaugurata sulle Colline Pisanela nuova cantina della Famiglia Rivetti

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sito

La segreteriacomunica

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di Carlo TridentiWebmaster

Internet è sempre più indispensabile nellacomunicazione, nel lavoro e nella crescita. Con l’inizio del nuovo anno, tante importantinovità per il nostro portale ormai non soltantomezzo di comunicazione ma vero e propriostrumento interattivo.

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

Lettera aperta del Webmaster:Cari Soci,

abbiamo il piacere di comunicarvi che sulsito istituzionale www.fisar.com è stataattivata un’area esclusiva per Voi.Riteniamo di aver fatto oltre che cosa gradi-ta un passo importante verso la comunica-zione diretta tra il Socio e la Sede Nazionale;in quest’area attualmente avete la possibili-tà di interagire con le seguenti voci:

Dati personali: qui potete modificarei vostri dati di residenzae i vostri contatti.

Dati di accesso: qui potete personalizzarela vostra password.

Rinnovo tessera: qui trovate i datinecessari per effettuareil rinnovo della tesseraassociativa e la possibilitàdi rinnovarla onlinetramite il servizio PayPal.

Comunicazioni: è uno spazio dovesaranno inserite le notiziepiù recenti sulle attivitàdella Federazione e leinformazioni specificheper i Soci.

Area Download: daremo la possibilità di scaricare utilità e/odocumentazione di vostrointeresse.

Naturalmente non riteniamo conclusa que-sta operazione, ma accetteremo volentieri ivostri preziosi consigli affinché quest’ areadiventi la più completa possibile e la piùrispondente alle vostre richieste ed esigenze.La nostra Associazione, ormai da qualcheanno sensibile e determinata a svilupparenuovi software che migliorino le nostre esi-genze di comunicazione e amministrative haattivato sul sito istituzionale www.fisar.comnell’area Delegazioni, un nuovo software chepermetterà di gestire online il tesseramentodei Soci e di amministrare il loro percorsoformativo; in questi giorni a tutte leDelegazioni è stata inviata un’apposita cir-colare informativa. Ricordo anche che è atti-vo il sito ufficiale della nostra rivistawww.ilsommelier.com sul quale è possibi-le sfogliare gratuitamente “Il Sommelier”.Ultima novità: da novembre è attivo anche loshop online.Per qualsiasi informazione, chiarimento edaiuto la Segreteria Nazionale, come sempre,è a Vostra disposizione.

Grazie dell’attenzione,un abbraccio a tutti

servizio

Un sito al serviziodei Soci

@ [email protected]@fisar.com

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Il mondo di Jacquart è un mondo di savoir-faire. Gli Champagne Jacquart sono l’esaltazione di uve eccezionali, attraverso il sapiente lavoro dei vignaioli della regione. Questo lavoro compor-ta il rispetto per i ritmi della natura, e la pazienza nel seguire l’andamento delle stagioni. Dal grappolo al bic-chiere, è necessario allearsi al tempo progetto d’eccellenza. Dai vignaioli al responsabile di cantina, a ogni fase, ciascuno dà il meglio di sé per esaltare tutte le qualità dei vini, e per riscoprire la sorpresa, sempre nuova, dell’incontro con ciò che è straordinario. Toccando i sensi e le emozioni, lo Champagne Jacquart aiuta a rendere irripetibi-le ogni momento di privilegio.

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