il sommelier n.1/2011

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Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po” 5, 30 www.ilsommelier.com Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXIX - Numero 1 - Gennaio-Febbraio 2011 ® speciale T oscana 2 a Parte Karen Casagrande miglior Sommelier dell’Anno Trofeo Rastal 2010

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La rivista bimestrale della F.I.S.A.R. Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori

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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 3 - Maggio-Giugno 2010

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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXIX - Numero 1 - Gennaio-Febbraio 2011

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speciale Toscana 2a

Parte

Karen Casagrandemiglior Sommelier dell’AnnoTrofeo Rastal 2010

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Una famiglia frantoiana dove regna un’antica armonia Giancarlo Roversi 10

Portogallo: la terra dei Montado Luigi Terzago 14

Produrre vino rispettando l’ambiente Gladys Torres 18

Parigi preferisce il bio Enza Bettelli 20

Dalla Valle del Rodano al Vulcano Etna: alla scoperta dei vini del Canton Vallese - Antonio Iacona 22

Il primo icewine brasiliano Roberto Rabachino 24

Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV 26

Seconda Parte 30

ROMA VINOEXCELLENCE & MERANO WINEFESTIVAL - a cura della redazione di Quality ADV 82

Chiude i battenti l’ottavo Salone del Gusto: Roberto Rabachino 84

Gorgona! “l’isola che non c’è” Luca Iacopini e Massimo Bracci 86

L’opinione del Presidente Pag. 2

La contraffazione alimentare vale 60 miliardi - Roberto Rabachino 4

L'opinione di Marcello Masi 6

Fisar in Rosa - Gladys Torres 8

News dal Mondo 90

In famiglia 94

Il CTN Comunica 106

Le Eccellenze dell'Espresso 201. I nostri assaggi - Davide Amadei 108

Speciale Congresso 2010 111

ComuniCazione istituzionale

ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITà

SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI

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ariospeciale Toscana

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 12

Dai primi albori del nuovo anno, nonostante

qualcuno insiste ancora nel volere far credere

che la crisi che attanaglia il nostro Paese sia

passata, nonostante siano trascorsi i cento giorni per la

ricostruzione del dopo terremoto nelle Marche così come

i dieci giorni per la risoluzione del problema dei rifiuti in

Campania, per non parlare delle aziende che continuano a

chiudere i battenti e di quanti, di conseguenza, seguitano

a perdere il posto di lavoro; senza ignorare l’inquietudine,

ma forse sarebbe meglio dire agitazione, di tutte quelle

categorie coinvolte nei tentativi di riforme istituzionali

pensate per uscire da questo inarrestabile disfacimento,

quali Sanità, Università, Magistratura... tutto ciò in nome

del progresso che viene quindi trasformato in un ciclo

di riforme, anche se non sempre vincenti, tendenti ad

escludere dall’agenda politica le istanze provenienti da

ampi settori della società, senza potere più contare su

una certa, seppur minima, qualità della vita, sempre più

compromessa. E si potrebbe continuare, ma la nostra

rivista si occupa d’altro, e allora vediamo quali “riforme”

ci aspettano, concretamente, in questo nuovo anno:

innanzi tutto la didattica in tutte le sue forme: libri di testo,

lezioni in PowerPoint, revisione dell’albo docenti, ruolo

primario del Centro Tecnico Nazionale.

La nuova edizione dei libri di testo riguardanti gli

argomenti trattati nei corsi per sommelier di secondo

livello, enografia nazionale ed internazionale, sono in fase

avanzata e saranno pronti per la prossima primavera,

in più volumi. Così come il nuovo testo per i corsi di

terzo livello, la tecnica dell’abbinamento vino-cibo, sarà

stampato nelle prossime settimane.

Si sta lavorando per la revisione delle lezioni in PowerPoint

di primo livello, mentre a seguire l’uscita dei volumi prima

citati ci saranno anche le relative lezioni in PowerPoint.

È in preparazione un corso destinato ai Docenti, sulla

tecnica della comunicazione e degustazione dei vini,

dopo che è stato aggiornato l’Albo Docenti. I componenti

il Centro Tecnico Nazionale, unitamente ai Direttori di

corso, saranno chiamati a svolgere un ruolo di primaria

importanza per il conseguimento di un livello qualitativo

sempre più altro dei corsi di formazione.

Il tutto per garantire ai nostri Soci l’uniformità didattica che

ci distingue per il rigore formale ma anche per l’eleganza e

la sobrietà nello stile. Uno stile chiaro e preciso diventato

un punto di riferimento della sommelleria italiana. Le parole

chiave della nostra Federazione sono infatti Sobrietà e

Misura, cioè essere consapevoli di offrire un “prodotto”

di alta qualità senza necessariamente essere costoso

o accessibile solo a pochi eletti; e senza compromessi

sapere coniugare professionalità e passione con la

costante ambizione di affermare uno stile mai gridato,

ma raffinato e che duri nel tempo senza inseguire mode

o effimere tendenze, ma il proprio gusto. Tutti i giorni. Il

vero lusso è semplice, consapevole e unico come la vera

bellezza, a tutto tondo.

Auguro ai nostri Soci e a tutti i Lettori che le avversità

eventualmente subite possano affondare nel mare del

passato mentre tutti i sogni possano concretizzarsi in

questo duemilaeundici, con il consueto auspicio che il

vostro calice sia sempre colmo.

Presidente Vittorio Cardaci Ama

per comunicare con il Presidente:[email protected]

L’anno che sarà

Page 5: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 3

Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo

Organo Ufficiale della F.I.S.A.R.Federazione Italiana Sommelier

Albergatori RistoratoriRic. di Pers. Giuridica PI. n° 1070/01 Sett. I del 9.5.01

Editore: Vittorio Cardaci AmaPresidente Nazionale FISARe-mail: [email protected]

Direttore Responsabile: Roberto RabachinoC.so Galileo Ferraris, 138 - 10129 Torino

Tel. +39 011 5096123 Fax +39 011 19706172e-mail: [email protected]

Segreteria di Redazione: Gladys Torrese-mail: [email protected]

Correttore di bozze: Mario Del Debbioe-mail: [email protected]

Ufficio Stampa: Ufficio Stampa FISARe-mail: [email protected]

Amministrazione: Sede Nazionale F.I.S.A.R.Via dei Condotti, 16 - 56017 Asciano (PI)

Tel. +39 050 857105 - Fax +39 050 856700e-mail: [email protected]

Grafica e Stampa: Tipografia RossiVia Casalpiano, 28 - 53048 Sinalunga (SI)

Tel. 0577 679158 - Fax 0577 [email protected] - www.tipografiarossi.com

Responsabile Comitato Scientifico:Il Comitato Tecnico Nazionale FISAR

Comitato di Redazione e Controllo:Nicola Masiello, Mario Del Debbio, Graziella Cescon,

Luigi Terzago, Alberto Giustarini

e-mail: [email protected]

Swww.tipografiarossi.com

Distribuzione della rivistaLa rivista viene inviata a tutti i soci Fisar, a tutti gli organi di informazione, atutti i giornalisti dei gruppi di specializzazione di settore, a tutte le Istituzioni,a tutte le Associazioni di settore e a tutti gli IPSSAR che ne facciano richiesta

tramite spedizione gratuita in abbonamento postale.

La rivista è associata al USPIUnione Stampa Periodica Italiana

Hanno collaborato a questo numeroMarcello Masi, Giancarlo Roversi, Enza Bettelli,

Gudrun Dalla Via, Virgilio Pronzati,Luca Iacopini, Massimo Bracci,

Silvana Delfuoco, Saverio Scarpino

Per la fotografiaOliviero Toscani, Saverio Scarpino,

Roberto Rabachino, Enza Bettelli, Alberto Doriae immagini di Redazione.

Per la vostraPUBBLICITÀ

Responsabile Piemonte e Valle d'AostaQUALITY PIEMONTE

Cell. +39 333 [email protected]

Responsabile TrivenetoMarilena ANDREATTA

Cell. +39 348 9491911 - Tel. +39 049 [email protected]

Responsabile Lombardia e LiguriaPietro MILO

Cell. +39 335 [email protected]

Responsabile ToscanaLido VANNUCCHI

Cell. +39 338 [email protected]

Responsabile SardegnaGiovanni CHERCHI

Cell. +39 348 [email protected]

Responsabile SiciliaVincenzo CUCURULLOCell. +39 340 7279242

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Concessionario di Pubblicità per l’Italia

10137 Torino - Corso Siracusa, 152

Paolo ALCIATI Cell. +39 335 6063373

tel. 011 3119090 r.a. (8 linee) - fax 011 [email protected]

Abbonamento alla RivistaSegreteria di Redazione Il Sommelier

Via dei Condotti, 16 - 56010 ASCIANO (PI)Tel. +39 050 857105 Fax +39 050 856700

[email protected] alla rivista: 25,00 per 6 numeri

www.ilsommelier.com

Responsabile Puglia - Abruzzo - Molise - Basilicata - CalabriaValeria GRIMALDICell. 320 4127588

[email protected]

Responsabile LazioDEGUSTANDO.PJ

Cell. +39 380 6422360 - Cell. +39 335 [email protected]

Responsabile CampaniaAngelo CERINO

Cell. +39 347 0049460

Responsabile Emilia RomagnaSICOMUNICA s.n.c.

Cell. +39 335 5778858 - Tel. +39 051 5872977 - Fax +39 051 [email protected]

[email protected]

L'immagine di copertina è del fotografo Arcangelo Piai - Susegana (TV)

Page 6: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Non si può più solo esportare soltanto il

semplice prodotto senza promuovere

anche l’intero territorio con la sua sto-

ria e le sue tradizioni. Contestualmente vanno

incentivate tutte le iniziative che possano favo-

rire la verifica dei risultati, la trasparenza delle

scelte.

Per poter affrontare i mercati più difficili, a mio

avviso, dovrebbe essere costituito un’aggre-

gazione di tutti i fondi pubblici già destinati alla

promozione delle produzioni agricole ed agroa-

limentari al quale si dovrebbero anche aggiun-

gerebbero quote sempre più cospicue di cofi-

nanziamenti anche di origine privata.

Una cosa è certa: la dispersione degli inter-

venti, la scarsa organizzazione della domanda

e, in certi casi, dell’offerta crea purtroppo una

situazione di scarsa e decisamente insufficiente

finalizzazione degli interventi, con il risultato di

sovrapporre iniziative spesso contraddittorie se

non addirittura contrastanti.

Uno strumento indispensabile da non sottova-

lutare è la comunicazione agroalimentare.

Al consumatore estero bisogna ribadire il mes-

saggio che vede premiato il concetto delle pro-

duzioni di qualità come affermazione di quello

"stile di vita italiano" che in tutto il mondo è r

simbolo di naturalezza, benessere ed elegan-

za.

Il modello agroalimentare italiano deve essere

percepito come un bisogno di genuinità e sa-

lute da coniugare con quello di gusto e piacere

sensoriale.

Credo che, insieme, politica ed imprenditoria

possono raggiungere e trovare quel giusto equi-

librio indispensabile all’esportazioni di quei valori

che hanno nell’agroalimentare la loro principale

peculiarità anche sull’onda del riconoscimento

ottenuto della nostra “Dieta Mediterranea” pro-

clamata patrimonio dell’Umanità.

L’internazionalizzazionedei mercati:

una strada obbligataper l’agroalimentare

italiano

Il tema dell’internazionalizzazione richiede un nuovo modo di pensare e un nuovo tipo d’approccio.“ ”

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per comunicare con il Direttore:[email protected]

di Roberto Rabachino

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Page 8: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 16

Avviene in Italia come in Francia, negli Stati Uniti come nel resto del mondo. I riflessi della crisi economi-

ca si riflettono sui mercati come bagliori di un temporale che è appena passato sulle nostre colline, ma resta vicino. Sugli scaf-fali del super mercato la guerra dei prezzi non conosce più limiti. Vitigni, blasonati e non, chiedono pochi euro ma tante etichet-te non garantiscono la qualità promessa. Nello Champagne e non solo le promozio-ni esagerate sono diventate la norma. Per mantenere il mercato molti produttori sono costretti ai salti tripli. In Nuova Zelanda una ricerca choc ha rivelato che il vino sfuso all’ingrosso ormai costa meno dell’acqua minerale: 0,67 centesimi contro 0,78 cen-tesimi al litro. In Italia come documenta la Cia il prodotto sfuso in alcune zone registra un arretramento che costringe gli agricol-tori a vendere sottocosto con conseguen-ti ed evidenti riflessi negativi sui redditi. Naturalmente è la crisi il principale attore

di questa situazione negativa, ma non è il solo. Come è noto il consumo procapite di vino in Italia diminuisce anno dopo anno. Tra i motivi non solo i prezzi, ma anche esigenze dietetiche ed una cattiva informa-zione che troppe volte confonde la cultura del vino con l’abuso di alcol. Nessuno può difendere l’abuso, mentre dovremmo mol-tiplicare gli sforzi per affermare nel nostro Paese la vera cultura del bere bene e del bere giusto. In questo contesto può essere inquadrata l’esigenza di un vino non esage-ratamente alcolico. Oggi fa quasi sorridere l’idea che fino ad una decina di anni fa era diffusissima la pratica del taglio per conferi-re, specie ai vini del nord, un tasso alcome-trico accettabile: molte leggende, ma an-che molte verità. Non molti sanno che oggi, però, con il costante innalzamento della temperatura terrestre è possibile coltivare la vite in regioni del mondo che fino a pochi anni fa non erano assolutamente adatte per produrre l’uva. Un esempio su tutti l’Inghil-

Vino di qualitàsenza compromessi

di Marcello MasiVice Direttore TG2 RAI

e responsabile rubrica Eat Parade

Milioni di bottiglie di vino invendute giacciono nellecantine in attesa di conoscere il proprio destino“ ”

Page 9: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 7

terra che già sta sperimentando sulla sua terra l’impianto di molti ettari di vigna. Ma pochi sanno anche che il maggiore calo-re e la maggiore insolazione dei vitigni ha aumentato praticamente in tutto il mondo il contenuto di zuccheri nell’uva e di con-seguenza il valore alcolico del vino. E que-sto è un grosso problema. Vini che hanno combattuto sempre con i disciplinare per raggiungere il minimo consentito oggi si tro-vano a combattere con l’eccessivo carico alcolico. Difficile per i produttori intervenire in vigna, delicatissimo intervenire in cantina. Gli enologi stanno sperimentando una serie di procedimenti altamente tecnologici per porre rimedio a questi eccessi. La strada della sperimentazione incoraggia la spe-ranza di mantenere il prodotto integro, ma dubbi ed incertezze non mancano. La de-alcolizzazione parziale non può e non deve essere un rimedio qualunque. Soprattutto se applicata a grandi vini non può lasciare margini di errore. Un prodotto non integro e non all’altezza della qualità delle nostre ec-

cellenze immesso frettolosamente sul mer-cato sarebbe un errore gravissimo. Altra cosa è il discorso del vino non vino, e cioè del vino senza alcol. Stati Uniti, Germania e Giappone rappresentano già mercati ma-turi per questa bevanda gustosa e disse-tante. Un successo che potrebbe doppiare quello della birra analcolica che in Spagna, lo segnalo, ha già raggiunto il 10 per cen-to del mercato complessivo delle bionde. Anche in questo settore produttivo l’Italia non dovrebbe rimanere indietro, abbiamo tantissima ottima materia prima e impren-ditorialità capace di affermare il proprio va-lore. Inoltre confiniamo con l’immenso mer-cato del mondo islamico che alla bevanda di vino senza alcol potrebbe rivolgere molta attenzione. Comunque, vorrei rassicurare le bottiglie citate all’inizio del mio articolo: tranquille, nessuno vi torcerà un alcole, a voi vi berremo così come siete e con gran-de gusto.

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 18

La proclamazione ufficiale dei vincitori è av-venuta sabato 13 novembre 2010 durante la Cena di Gala del Congresso Nazionale

FISAR di a Castelbrando (12-14 novembre) nella magnifica cornice del Ristorante La Fucina all'in-terno del prestigioso Castello che domina la cit-tadina di Cison di Valmarino (Tv) alla presenza del Vicepresidente della Provincia di Treviso Floriano Zambon e dei rappresentati dei Consorzi di Tutela

del territorio oltre alle numerose autorità ammini-strative amministrative ed accademiche e ai 200 fisariani. Il Presidente Nazionale FISAR Vittorio Cardaci Ama insieme a Paolo Fulgosi della Rastal hanno consegnato alla neo sommelier dell'anno il presti-gioso Trofeo Rastal e un soggiorno per due per-sone in Sicilia.Al secondo e al terzo posto a pari merito al Luigi Valter Piaggesi della Delegazione di Varazze e Piero D'Acunto della Delegazione di Roma. Mariapia Gori di Alessandria, Orietta Ferrari di Genova, Raffaele Porceddu di Valdichiana, Gaetano Augusto Prosperini di Catania e Giorgio Mantovani di Treviso hanno partecipato anch’essi al concorso classificandosi a pari merito al quarto posto. Importante e significativa la presenza femminile al Congresso Nazionale con le tre Consigliere elet-te Graziella Cescon, Luisella Rubin e Mariateresa Lanza ad accogliere le tante associate provenienti da tutta Italia.

Dopo Laura Sandoli della Delegazione di Pavialo scettro passa a Karen Casagrande“ ”

È nuovamente una donna la miglior sommelier

FISAR dell’annodi Gladys Torres

Negli ultimi anni per ben 5 volteil concorso è stato declinato al femminile

1993 - Claudia Marinelli della Delegazione Pontedera2000 - Mara Annunziata Lamanna della Delegazione di Roma

2007 - Marta Chiavacci della Delegazione di Lucca2009 - Laura Sandoli della Delegazione di Pavia

2010 - Karen Casagrande della Delegazione di Treviso

FISAR in rosa

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Karen Casagrande

I tre finalisti: Piagges, Casagrande e D'Acunt

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 9

Karen Casagrande con il trofeo Rastal

Un gruppo di associati alla Carpené Malvolti

Il Presidente Vittorio Cardaci Ama con Karen Casagrande che riceve il premio del soggiorno presso l'Azienda Barone di Villagrande - Milo (CT)

Graziella Cescon (al centro) con alcune sommelier

FISAR in rosa

Page 12: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Una famiglia frantoiana dove regna

un’antica armonia

Ci sono famiglie di artisti, famiglie di attori, famiglie di grandi giornalisti, di atleti, di imprenditori, e molte altre ancora, dove ci

si tramanda di padre in figlio lo scettro del primato.“”

di Giancarlo Roversi

10

Elisabetta e Gabriella Gabrielloni

Page 13: Il Sommelier n.1/2011

Ma ci sono anche le grandi famiglie dell’olio, ossia degli olivicoltori e frangitori di olive, che, di gene-

razione in generazione, si trasmettono i segreti del mestiere per mantenere viva un’antica tradizione di eccellenza. Una di queste, una delle più emblemati-che, è quella dei Gabrielloni che ha le sue radici a Montefiore, una manciata di case in ridente posizione panoramica in comu-ne di Recanati e a un tiro di schioppo da Montefano in provincia di Macerata. Quattro gradi di discendenza si sono pas-sati il testimone della nobile arte della moli-tura delle olive in una filogenesi armoniosa che parte dal fondatore, il nonno Marino, trasferitosi a cent’anni su una nuvola per deliziare col suo olio gli angeli del Paradiso, e poi attraversa il figlio Emilio e la moglie Cesarina, per approdare oggi alle nipo-ti Gabriella ed Elisabetta, due dinamiche frantoiane stregate dall’olio, quello che se-duce e crea nel consumatore una sottile, invincibile, “dipendenza”. Due donne di garbo, legate ai valori veri del-la vita e di sottile sensibilità, che abbinano il culto della tradizione con quello della qua-lità nell’ambito di una intrigante e moderna concezione dello stile di vita alimentare. Ma soprattutto che fanno l’amore con l’olio e sanno trasmettere, a chi ha l’opportunità di avvicinarle, un senso di antica armonia. Sì perchè entrare in dimestichezza con la fami-glia Gabrielloni, semmai sedendosi al desco con loro per assaporare i cibi gustosi e non sofisticati di mamma Cesarina, è un piccolo privilegio. Significa poter toccare con mano gli oliveti di famiglia, che si distendono sugli ameni declivi più a valle del frantoio, dove sorge ancora la vecchia casa patriarcale dei

Gabrielloni. Significa conoscere quasi uno ad uno gli olivi, accarezzati dal sole e lam-biti dalla brezza vivificatrice dell’Adriatico, e gustare dal vivo carciofi, ortaggi e frutta dal sapore antico. Significa apprendere le storie di quasi un secolo di olivicoltura, le storie di sacrifici, delle piccole grandi gioie quotidiane della vita dei campi. E significa, soprattutto, imparare a rispettare la natura e i suoi frutti, gli stessi da cui viene estratta la loro essenza più autentica e profonda. Vale a dire quel nettare inestimabile che è l’olio Gabrielloni nella sua espressione più sublime, il Laudato, sgorgato dall’incanto

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 11

Page 14: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 112

per le olive di due giovani figlie d’arte e della loro famiglia frantoiana. Basta un sorriso rassicurante di mamma Cesarina, ma anche un sorriso di Gabriella ed Eisabetta e di Sonia, l’amabile e dina-mica cugina oggi parte attiva nell’azienda, e, perchè no, un sorriso divertito di Emilio per farti sentire a tuo agio, uno di famiglia. Basta mangiare alla tavola dei Gabrielloni con vista sulle colline maceratesi per sen-tirsi dei privilegiati. Perchè si è attorniati da un’atmosfera di gioia serena, di cose buo-

ne, di tentazioni per il palato e per

lo spirito. Specie se si sosta all’agriturismo

“Al crepuscolo”, l’ultima “creatura” dei Gabrielloni, che hanno magnificamente ristrutturato la vecchia casa patriarcale, dove, insieme a Gabriella ed Elisabetta, è all’opera Sonia Gabrielloni, la giovane e dinamica cugina anche lei innamora-ta della campagna e della natura Anche questa nuova struttura agrituri-stica è destinata a diventare un approdo

dello spirito oltre che del gusto, il gusto semplice e irresistibile delle buone cose di una volta. Perchè quando qualcosa nasce dall’amore il risultato non può mai tradire il visitatore, anche quello dal palato più esigente e raf-finato. Per descrivere l’olio o, meglio, i distilla-ti suadenti di olive, che scivolano via leg-geri dai fiscoli e zampillano coi loro colori dorati e smeraldini nel glorioso Frantoio Gabrielloni, sarebbe necessario un critico d’arte o, almeno, il lessico artistico, ossia quelle espressioni sottili e vibranti che i cri-tici figurativi impiegano per descrivere un dipinto, una scultura. Le “creature olearie” di Gabriella ed Elisabetta sono riservate esclusivamente a chi ama l’olio, quello che non solo porta la specifica di extravergine, che ormai hanno tutti gli oli, ma che racchiude nella sua strut-tura una carica di umori terragni sapiente-mente mescolati con i valori della tradizione e della qualità. Quando le due figlie di Emilio hanno preso in mano le redini del frantoio si sono trova-te di fronte a una scommessa, a una sfida:

Page 15: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 13

tradire il passato e adeguarsi agli standard produttivi moderni oppure tenere duro, fa-cendo tesoro solo dello stretto necessario che l’odierna tecnologia offre come garan-zia di qualità e igiene per il consumatore. Insomma, passare all’estrazione a caldo or-mai massificata oppure continuare a molire le olive a freddo con le solenni molazze di pietra, le stesse che hanno accompagnato l’evoluzione della vita della civiltà mediter-ranea e il cammino del frantoio Gabrielloni. Per fortuna nostra ha avuto il sopravvento la fedeltà al sistema tradizionale.E così il molino oleario di Montefiore spre-me dalle olive, selezionate quasi una ad una, un olio che sa ancora...d’olio come ri-velano gli effluvi tra il dolce e l’erbaceo che avvolgono chi vi mette piede e creano un’ aura di armonia che sa di valori antichi e buoni, quelli che pensavamo di non potere più ritrovare. D’altronde magnificare le doti del Laudato, del Solivo e del Virgoro, la trimurti del fran-toio Gabrielloni (ma è in arrivo anche l’olio monovarietale di Mignola !), è quasi su-perfluo se si considerano i riconoscimenti nazionali e internazionali che li pongono ai vertici del gotha oleario. Forse aveva assaporato quest’olio anche Giacomo Leopardi che qui era di casa. Con un pizzico di fantasia possiamo scorgere il suo spirito mentre ci sorride compiaciuto dall’alto della torre di Montefiore che domi-na il frantoio Gabrielloni. Oggi il tormentato poeta recanatese sareb-be sicuramente orgoglioso di quest’olio dei suoi “ermi colli”, che sgorga dagli oliveti che abbracciava con lo sguardo, sulle colline da lui tanto celebrate. Le stesse pregiate olive, maturate al sole dell’Adriatico e insaporite

dalla brezza dei Monti Azzurri, le olive che accarezzava fra le dita vengono raccolte ancora manualmente come ai suoi tem-pi. Il miracolo della loro trasformazione nel migliore condimento del mondo, il succo d’oliva, avviene il giorno stesso della bruca-tura., entro 48 ore dalla brucatura. Al termine della lavorazione l’olio, filtrato a cotone con il metodo goccia a goccia pren-de poi il magico nome di “Laudato”, la gem-ma più preziosa del frantoio Gabrielloni, ap-prezzata dai buongustai di mezzo mondo, cui fanno da corona, a seconda delle varie-tà di olive utilizzate, il “Solivo” e il “Virgoro”, che è un monovarietale di eccellenza. Anche quest’anno, caratterizzato da un rac-colto scarso, gli oli del Frantoio Gabrielloni evidenziano una eccezionale qualità e fra-granza di gusto. In particolare il “Laudato”, un extravergine ottenuto da una selezione di olive raccolte nei poderi di famiglia, presen-ta un tasso di acidità incredibile: lo 0,11%. Veramente poco se si considera che è già considerata molto bassa una percentuale dello 0,25% !Il “Laudato”, di sapore dolce e delicato, è particolarmente indicato per il pesce, ma valorizza pure paste e verdure fresche. Il "Solivo" dona un tocco inconfondibile a bruschette, spaghetti e bolliti mentre il “Virgoro” può essere ottimamente utilizzato per impreziosire carni alla brace e per insa-porire zuppe di legumi.L’effetto straordinario degli impeccabili oli del Frantoio Gabrielloni va oltre l’utilizzo cu-linario. A comprovarlo è stato Marino (non-no di Gabriella ed Elisabetta), che è cam-pato 100 anni compiuti e ora sta in cielo su una nuvola a frangere le olive per fare l’olio per il Paradiso, il Laudato naturalmente.

Page 16: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Portogallo:la terra dei Montado

di Luigi Terzago - Consigliere Nazionale di Giunta

14

La produzione è esplosa no-

tevolmente verso la fine del

diciannovesimo secolo. Fra il

1890 ed il 1917 la mano d'opera è rad-

doppiata e nel 1930 addirittura quintu-

plicata, per un totale di 10.000 operai. A

quel tempo il Portogallo era divenuto il

principale produttore di sughero a livel-

lo mondiale, una posizione che detiene

tutt’oggi. Circa il 70 per cento delle assi

di sughero, è attualmente utilizzato per

la produzione di tappi, inclusi tappi na-

turali (43%), tappi per spumante, tappi

con testa (bar-Top) per vini fortificati e

superalcolici e piccoli tappi per altri usi.

Le foreste da quercia da sughero dan-

no un contributo notevole all'economia

portoghese ( 40 milioni di tappi prodot-

ti al giorno, con 12 mila lavoratori) ed

all'ecologia (secondo un recente studio

effettuato dalla Scuola di Agraria ISA di

Lisbona il Portogallo con le sue foreste

di sughero trattiene 4,8 milioni di ton-

nellate di CO2 nel corso di un’anno) e di

parecchi paesi mediterranei coprendo

una superficie mondiale di 2,2 milioni di

ettari.

“I tappi di sughero sono arrivati in Portogallo verso il 1700. Dopo circa 70 anni furono usati a Porto per tappare

delle bottiglie cilindriche, permettendo per la prima volta l’invecchiamento di un vino in un recipiente di vetro.

Page 17: Il Sommelier n.1/2011
Page 18: Il Sommelier n.1/2011

Un'analisi della distribuzione per singolo stato

delle sugherete (montado in portoghese) indica

che il Portogallo detiene il 33% del totale mon-

diale, che corrisponde ad una superficie di circa

730.000 ettari dei quali 50.000 hanno ottenuto la

certificazione FSC (Forest Stewardship Council)

che consente di promuovere una gestione fore-

stale, in modo che risulti adeguata, che produ-

ca benefici sociali e tenga conto anche di quelli

economici. Altri 150.000 ettari di sugherete

portoghesi potrebbero essere certificate entro il

2010.

In Portogallo si producono oltre 150.000 ton-

nellate di sughero l’anno, ovvero il 52,5% della

produzione del mondo in volume (l’italia è al ter-

zo posto con il 5,5%, seconda la Spagna con il

29,5%).

Nello scorso mese di novembre la FISAR è stata

invitata da APCOR (Associaçào Portuguesa de

Cortiça) alla visita delle sugherete di Coruche,

piccola cittadina situata ai confini della provincia

di Ribatejo con l’Alto Alentejo.

Dopo il pernottamento a Lisbona e l’incontro con

Carlos de Jesus (APCOR Project Operational

Director) visitiamo le foreste di querce da sughe-

ro (Quercus suber), pianta sempreverde, longe-

va (vive circa 200 anni) e con una grande capa-

cità di rigenerarsi (la corteccia si rigenera circa

16 volte).

Perché la quercia cominci a produrre sughero

occorrono 20/25 anni: il tronco deve misurare

almeno 1,3 metri di altezza e raggiungere una

circonferenza di 70 cm. Da quel momento, il su-

ghero può essere raccolto dall’albero per circa

150 anni, con un intervallo minimo di 9 anni. Solo

dopo la terza decortica si ottiene il sughero con

le migliori proprietà, adatto alla produzione di

sugheri di qualità, chiamato “amadia” o sughero

da riproduzione, dopo tale operazione sull’albero

viene dipinto un numero corrispondente all’ulti-

mo numero dell’anno in cui è stata fatta l’estra-

zione. In tarda mattinata la visita si sposta agli

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 116

Page 19: Il Sommelier n.1/2011

impianti industriali Amorim& Irmàos con strutture

per l’immagazzinamento del sughero pari a 11

ettari, in questa fabbrica conosciamo come av-

viene il processo della lavorazione del sughero.

Nel primo pomeriggio visitiamo Equipar: sono i

più moderni impianti del Gruppo Amorim, i più

grandi stabilimenti al mondo per la produzio-

ne di tappi di sughero, in serata raggiungiamo

Oporto.

Il mattino seguente ci rechiamo a Santa Maria de

Lamas nella sede di APCOR per la presentazione

tecnica di ricerca avanzata da parte del dr Paulo

Lopes (Enologist PhD Research & Development)

su uno degli aspetti più indagati il cosiddetto

“sapore di tappo”, causato principalmente dal-

la contaminazione da parte di molecole di TCA

(Tricloroanisole) che impattano sulle proprietà or-

ganolettiche del vino. Grazie a questo impegno,

nel giro di soli cinque anni, il numero di bottiglie

danneggiate dal TCA è diminuito dell’80%.

Il tour termina con il trasferimento alla sede sto-

rica degli impianti Amorim sempre a Santa Maria

de Lamas, dopo aver rivisto le varie fasi di lavo-

razione per produrre tappi di sughero e il museo

storico di famiglia siamo invitati a pranzo nella

Casa do Fundador da Antònio Rios de Amorim

(Presidente di APCOR e della Corticeria Amorim

S.G.P.S., S.A.).

Meregalli FERTUNA SOMMELIER 22-12-2010 10:43 Pagina 1

Colori compositi

C M Y CM MY CY CMY K

Rossi d’Autore

“Lodai - Messiio - Plato”- Fertuna -

“Le tre età dell’uomo”- Tiziano -

“Annunciazione”- Botticelli -

Fertuna, l’arte del vino.

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Distribuitoin esclusiva da meregalli.com

Rossi d’Autore

Page 20: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Produrre vino rispettando l’ambiente

18

“Emissioni zero”, un impegnativo programma di investimenti avviato all’inizio del 2009 – nell’anno del Pianeta Terra –

per la tutela dell’ambiente: oggi quel progetto è divenuto realtà.“”

di Gladys Torres

“Siamo orgogliosi di poter mostrare

che è possibile produrre vino ad

emissioni zero”, dichiara Salvatore

Avallone che insieme alla sorella Maria Ida oggi

guida Villa Matilde a Cellole (CE).

Fare vino tutelando l’ambiente è una scelta

derivata dalla consapevolezza che il settore

vitivinicolo rappresenta uno dei settori a

maggior consumo energetico e più alto impatto

ambientale. Ma al tempo stesso l’intero

comparto offre un considerevole potenziale

di miglioramento nell’efficienza energetica sia

nel senso del risparmio che nella possibilità di

utilizzo di energie alternative.

L’audit energetico di Villa Matilde è stato il punto

di partenza dell’intero progetto. Attraverso lo

studio approfondito di ogni fase del processo

produttivo è stato possibile stilare un bilancio

energetico in grado di individuare sprechi e

contemporaneamente supportare l’accresciuto

fabbisogno dovuto ad un ampliamento dei

sistemi di stoccaggio dei vini. Si è scelto di

adottare un sistema composito tra fotovoltaico,

produzione ad olio di colza e, a parziale

supporto, rete elettrica tradizionale.

Il ricorso alle energie alternative rappresenta

dunque, uno dei punti cardine dell’intero

programma “Emissioni Zero di Villa Matilde”,

che ha appena completato l’installazione

di un impianto fotovoltaico di 339 pannelli.

I pannelli sono stati applicati sui tetti di 6

strutture del complesso aziendale, senza

alterare il paesaggio agricolo circostante. La

produzione da energia solare che ne deriva dà

un contributo alla salvaguardia dell’ambiente e

del clima garantendo una mancata emissione

in aria di oltre 73 tonnellate all’anno di anidride

carbonica altrimenti prodotte dagli impianti

Villa Matilde

Page 21: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 19

Impianto raccolta di energia solare di Villa Matilde

tradizionali. Una quantità rilevante se si pensa che

in un anno la stessa viene assorbita da circa 110

alberi.

Accanto alla produzione di energia alternativa si

è lavorato alla razionalizzazione di tutti gli impianti

dell’azienda con interventi strutturali sostanziali per

un attento risparmio energetico.

In primo piano si stanno compiendo una serie

di azioni per il risparmio delle acque utilizzate per

l’irrigazione e la lavorazione delle uve, l’utilizzo

di materiali da costruzione altamente coibenti

fino all’utilizzo delle più moderne tecnologie per il

contenimento dei consumi. Ma il progetto è vasto e

la politica produttiva di Villa Matilde non è nuova ad

interventi per salvaguardare la natura: da oltre 15 anni

l’azienda produce uve in regime di lotta guidata ed

integrata a basso impatto; contribuisce alla riduzione

di emissioni di CO2 prodotte dal ciclo fermentativo

attraverso l’impianto continuo di nuovi alberi; utilizza

elettricità per tutti i mezzi di movimentazione interna

delle merci e macchine agricole a basso consumo.

Ma non è tutto. Anche le bottiglie bordolesi utilizzate

vanno nella direzione dell’eco-sostenibile: il peso

vetro è stato abbattuto di 100 grammi per bottiglia

che significa un abbattimento di pari peso trasporto

con la conseguente riduzione di carburante.

Page 22: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Con migliaia di ristoranti, brasseries e

bar-tabac aperti a tutte le ore del giorno

e della notte, Parigi si può paragonare

a un’immensa vetrina della gastronomia e

dell’enologia francesi, in grado di soddisfare tutti

i gusti, dal più semplice al più raffinato, dal più

economico al più costoso. Tra le proposte più

classiche c’è ovviamente il vino, il cui consumo

non risente né del ritorno alle ricette di una

volta, soppiantando a volte l’abbinamento più

tradizionale con la birra, né al dilagare di happy

hours con relativi bocconcini più o meno esotici.

Però è finita l’era degli ingredienti sofisticati e delle

ricette elaborate e creative a tutti i costi e anche

in Francia c’è voglia di ritornare alla naturalità. I

locali si sono subito adeguati e a Parigi pure le

brasseries più modeste propongono i prodotti

bio e le semplici verdure di campagna di antica

tradizione coltivate nel modo il più possibile

spontaneo. A questo bisogno di semplicità

non si sottrae nemmeno il mondo del vino e

questa esigenza è stata recepita dai produttori

che, sempre più numerosi, evitano quindi le

aggiunte di zuccheri, di lieviti artificiali e di solfiti,

ottenendo gusti e aromi più caratteristici e meno

livellati. Di conseguenza i locali e gli indirizzi

preferiti dai Parigini per consumare e acquistare

questi prodotti sono subito diventanti bobo,

cioè un po’ bourgeois e un po’ bohème come le

persone che li frequentano, e per fare tendenza

non devono necessariamente trovarsi nei mitici

quartieri trasgressivi di Montparnasse e di Saint

Germain.

Un bicchiere di vino all’ora dell’aperitivo si

può ordinare in tutte le brasseries o, meglio

ancora, nei bar à vins che offrono un maggiore

assortimento. Per seguire corsi di degustazione

ci si rivolge alle enoteche o a scuole di cucina

blasonate, come quella di Ducasse che

presenta un percorso provocatorio, iniziando

dai vini rossi anziché da quelli bianchi. Ottimo

indirizzo il Museo del Vino di Parigi che ha sede

in un convento del 1500 e sotto le antiche

e suggestive volte raccoglie una notevole

collezione di antichi oggetti legati al mondo del

vino. Si possono seguire corsi di degustazione,

acquistare vini, qualche specialità gastronomica

e fermarsi a pranzo scegliendo dal menu tra

pochi piatti, ma di buon livello, e il vino dalla

carta con 300 etichette rigorosamente francesi.

Del tutto speciale anche l’offerta delle Galeries

Lafayette che hanno recentemente aperto

Parigi preferisce il bio

Nella capitale francese la nuova tendenza gastronomica ridimensiona le esagerazioni e porta verso cibi

più semplici e possibilmente biologici. Vino compreso e scegliendo gli indirizzi “giusti”.

“”

di Enza Bettelli

20

Page 23: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 21

quello che si può considerare un monumento

al vino francese dove è possibile anche fare

degustazioni. Si chiama Bordeauxthèque, è la

più grande raccolta di vino Bordeaux al mondo

e in 250 metri quadrati riunisce 12 mila bottiglie

con etichette dalle più diffuse fino a quelle più

antiche (p.e. Mouton 1945 o Yquem 1899),

alcune di cui rimangono ormai solo uno o due

esemplari con prezzi a dir poco da capogiro.

Una sala circolare con vini bianchi e Sauternes

ugualmente pregiati costituisce il cuore della

Bordeauxthèque.

Ma a Parigi le sorprese enologiche non finiscono

qui perché anche la ville lumière ha la sua vigna.

Pochissimi ettari a Montparnasse, proprio sotto il

Sacré Coeur, quanto rimane degli antichi vigneti

e che dal 1935, ogni secondo fine settimana di

ottobre, ospita una vera e propria festa del vino

con relative degustazioni in una allegra cornice

di musica e sfilate folcloristiche.

MATRIMONI DI GUSTOTra le offerte gastronomiche parigine, i frutti

di mare sono una costante nei menu di ogni

categoria di locali. Le ostriche sono molto diffuse

anche come semplice spuntino e si gustano

perfino in piedi presso i vari banchi all’esterno

di ristoranti, brasseries e nei mercati. La scelta

è fra varie tipologie, almeno 3, e abitualmente

vengono servite con una salsina a base di

aceto e cipolla che sembra non disturbare il

palato dei Parigini che vi abbinano di solito un

bicchiere di Muscadet. Il plateau royal è invece

un monumentale piatto di frutti di mare assortiti

che comprende tra l’altro scampi e granchi, con

il quale si abbinano vini più importanti, come

per esempio il Pouilly Fumé. Il civet è a base

di Bordeaux e ovviamente lo si serve con un

Bordeaux mentre la choucroute, che verrebbe

spontaneo abbinare con la birra alsaziana, si

sposa perfettamente con il Riesling con il quale

è spesso preparata. E arrivati al formaggio,

(peccato non sceglierne uno ben stagionato

per gustarlo con un prezioso Sauternes,

lasciandone un poco anche per chiudere il pasto

con qualche colorato macaron, inconfondibile

specialità dolce di Parigi.

Interno dell'enoteca parigina Bordeauxthèque Brasserie

Page 24: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

I Paesi confinanti avrebbero potuto rivelarsi scomodi, vere e proprie spine nel fianco, ammantati come sono dalla legittima aura

di prestigio che li accompagna da secoli. Già, Italia e Francia, storici e nobili produttori di vino a livello mondiale, avrebbero potuto stonare sonoramente, o almeno disturbare, come “vicini di casa”. Invece, la calma glaciale della Svizzera, e più in particolare la serenità dei ghiacciai del Canton Vallese, si confermano un’autentica risorsa anche per il mondo enoico. Sì, perché il terzo Cantone più grande della Confederazione elvetica (dopo Grigioni e Berna) alla tradizione turistica, con le storiche Alpi “tradotte” in eleganti impianti sciistici, unisce una lunga e altrettanto storica tradizione vitivinicola, riuscendo a presentare oggi un terroir ricco e tra i più interessanti di tutta la Svizzera. Ancora più interessante se poi la nordica realtà della Valle del Rodano, che domina la regione, la si accosta a realtà tutte mediterranee, come la cucina e le produzioni vitivinicole dell’Etna, che se di nordico ha le sue cime innevate, di mediterraneo ha le sue lingue di fuoco. Come per la viticoltura siciliana, infatti, anche nel Canton Vallese si riscontrano tracce antichissime di agricoltura, già dal periodo romano o addirittura antecedenti. Molti dei vitigni autoctoni della Croce elvetica sono rintracciabili in questa regione, con risultati

eccellenti nella produzione di vini. Le statistiche ufficiali parlano di oltre un terzo delle produzioni elvetiche provenienti dalla Valle superiore del Rodano, con un’alta adattabilità della regione per la coltivazione dei vigneti. Numerose sono anche le manifestazioni che la regione organizza per far conoscere questa ricchezza enoica. Tra gli incontri di prestigio, spicca sicuramente “Vinea Sierre”, evento allestito annualmente con centinaia di viticoltori, 1.500 vigneti diversi e una quarantina di vitigni che vanno dal Pinot Noir al Syrah, da Petite Arvine a Marsanne Blanche a Chasselas. E ancora, le degustazioni del vino del ghiacciaio, nelle cantine del paese di Grimentz; le visite al Museo Vallesano della vigna e del vino,

Dalla Valle del Rodano

al Vulcano Etna: alla scoperta dei vini del Canton Vallese

La passione enoica elvetica svelata tra le

onde dello Jonio “”

di Antonio Iacona

22

Page 25: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 23

diviso tra Sierre e Salgesch, collegate attraverso il sentiero viticolo; le passeggiate nella Via del vino, tra Martigny e Leuk; fino alle Settimane del vino di Varen. Ma sicuramente originale, proprio per quell’accostamento di cui scrivevamo tra Alpi Pennine e Valle del Rodano con il vulcano Etna e il mare Jonio, si è rivelata la “passione alpina” per i vini svelata nel contesto della Delegazione Fisar di Catania, opportunamente guidata per l’occasione, oltre che dal Delegato Gaetano Prosperini e dal Segretario Carlo Guzzardi, con i sommelier Fisar Evaristo Gallo, Giuseppe Milazzo e Angelo Sapienza, anche dal presidente nazionale Fisar Vittorio Cardaci Ama e da Michele Scammacca, tra i maggiori produttori vitivinicoli italiani. Un viaggio culturale e sensoriale, per poter apprezzare le abili “esibizioni” di etichette che si fanno bardi e portavoci del terroir vallese. Esibizioni, certo, perché musiche dai caratteri diversi e dalle diverse tonalità sono apparsi, infatti, i cinque vini degustati della Svizzera sud-occidentale. Fendant AOC 2009 Pierrafeu da uve: Chasselas (l’uva bianca più tipica della Svizzera e del Basso Reno), un vino consigliato per aprire le danze a vini e pasti successivi, che tradisce la sua gioiosa giovinezza, con “bouquet très fruité et intense avec une vive expression des arômes de jeunesse”, lo presenta ufficialmente la Provins Valais; Petite Arvine du Valais AOC 2009 “Maitre de Chais” uve: Petite Arvine, vitigno simbolo per il Vallese e per il vino svizzero di qualità, con sentori minerali e buona persistenza; Heida AOC 2008 “Maitre de Chais” uve: “Heida” o Payen o Savagny (3 nomi per la stessa uva! Queste uve vengono coltivate fino a 1300 metri ed i vini vengono anche chiamati “i vini del ghiacciaio”!), non è

un caso che sia tra i prestigiosi vini premiati, tra i numerosi concorsi, anche dal Cervim, che raggruppa i produttori di vino di alta montagna; Pinot Noir du Valais AOC 2009 St. Guérin uve: Pinot Noir nel particolare terroir: questo vitigno raggiunge dei notevoli livelli di complessità, molto equilibrato nei tannini; Cornalin du Valais AOC 2009 (Grand Métral) uve: Cornalin (una delle uve rosse più tipiche del Vallese da cui si ottengono vini molto interessanti), con sentori di frutta rossa che denota la supremazia del bosco. Di grande eleganza, dunque, i tre bianchi, che hanno saputo unire armoniosamente il fascino di riflessi dorati con i sapori accesi delle terre da cui provengono: buona acidità e la voglia di non passare inosservati al degustatore. Di carattere i due rossi, a tratti scontrosi, dalla presentazione forse con qualche parentesi aspra, ma a voler rivelare la durezza di una terra spartana, che non vede il mare, anche se possiede un altro paradiso di boschi e di montagne. Eleganza e durezza, equilibrio e armonia, bianco e rosso di Alpi e foreste che hanno saputo accompagnare, infine, con il prestigio che meritano, alcune degustazioni della gastronomia etnea, firmate dallo chef Giulio (Ylii) Dedei, sposando degnamente il mare e le montagne, il sale e il ghiaccio, le campagne siciliane con i loro formaggi e i pascoli alpini con i loro vitigni: arancinetti di calamari, crostini con ricotta e maggiorana, tocchetti di caciocavallo semistagionato e miele, melanzane grigliate in emulsione di basilico, crostoni in salsa verde, insalata di pomodoro e tonno sott’olio e capperi di Salina, gnocchetti di grano duro con pesto di mandorle e cozze. Il tutto concluso con un “prosit” che ha riecheggiato dalle onde dello Jonio fino alla Valle del Rodano.

Page 26: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 124

Il primo icewine brasiliano

Abbiamo preparato i nostri vigneti per realizzare una nostra idea - dichiara Wandér Weege,

fondatore della Vinícola Pericó“

di Roberto Rabachino

Siamo nel distretto di Pericó a São Joaquim

nello Stato di Santa Catarina in Brasile.

A causa di un eccezionale evento

climatico da quest’anno l’azienda Vinicola

Peric, ha tra i suoi vini un Icewine. Si avete letto

bene. A queste latitudini! Il Brasile, terra di sole,

samba, spiagge, di grandi parchi, della foresta

amazzonica può iscrivere il suo nome tra i paesi

produttori dell’icewine.

Un miracolo? Assolutamente no!

L’Icewine Pericò è stato coltivato a 1.300 mt.

di quota dove, tra il 4 e il 12 giugno 2009, la

temperatura è scesa a -7,5 °C consentendo

l’elaborazione di questo raro vino prodotto

esclusivamente con Cabernet Sauvignon.

“Abbiamo scelto questa varietà perché era l’unica

in grado di sostenere una vendemmia tardiva

in vigneto – dichiara l’enologo e agronomo

Jefferson Sancineto Nunes responsabile

del progetto. La natura poi è stata favorevole

consentendoci di poter scendere a quella

temperatura minima che potesse garantirci la

Page 27: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 25

produzione di questo importante

ed unico prodotto”.

“Questo prodotto rappresenta il

nostro punto di partenza e non

certamente un punto d’arrivo

– dichiara Wandér Weege.

Ricerca, sperimentazione e

scelta dei collaboratori hanno

portato a questo straordinario

risultato. L’obiettivo era portare

all’attenzione del mondo intero il

prodotto enoico brasiliano. Con

orgoglio ed emozione credo

che l’Azienda Pericò sia stata

protagonista di un momento

unico scrivendo una pagina

importante nella storia del

comparto vitivinicolo brasiliano e

non solo”.

La scheda organolettica di

valutazione è stata fatta a Torino

dai sommelier della FISAR

ed ha ottenuto la valutazione

straordinaria di 90/100 con il

metodo OIV.

La presentazione mondiale

di questo primo icewine del

Brasile è stata fatta a Sao

Paulo il giorno 5 di Ottobre di

quest’anno dove, alla presenza

di giornalisti ed opinion leader,

il fondatore dell’azienda Pericò

Wandér Weege ha raccontato

la storia di quest’ azienda che in

meno di 10 anni è diventata un

esempio di qualità e successo.

Unico vero rammarico è

che l’Icewine Pericò non è

commercializzato in Italia anche

se è stato presentato ufficialmente

nella sede del Consolato Generale

di Milano con la partecipazione

attiva dei sommelier FISAR della

locale delegazione.

La bottiglia dell'Icewine

Il vigneto di Cabernet Sauvignon dell'Azienda Pericò

Page 28: Il Sommelier n.1/2011

Italia per il primo Convegno nazionale dedicato al Moscato di

Scanzo DOCG. Questo vino rosso passito, prodotto su una

superficie di soli 30 ettari nella provincia di Bergamo, e più

precisamente nella zona di Scanzorosciate, ha 22 produttori

consorziati che insieme producono non più di 60mila bottiglie

da mezzo litro l’anno. Un piccolo quantitativo rende il Moscato

di Scanzo ancora più prezioso e ricercato, non sono in Italia

ma anche all’estero. La Denominazione di Origine Controllata

e Garantita, ottenuta con impegno e passione da parte

di tutti i produttori, è stata ottenuta nel 2009 e per questo

durante la cena sono stati premiati con pergamena d’onore

Paolo Bendinelli, presidente per 17 anni del Consorzio Tutela

Moscato di Scanzo, e Corrado Fumagalli, storico sostenitore

di questa associazione. Questo è stato il primo Convegno

nazionale sul Moscato di Scanzo, ma il Consorzio darà presto

nuovi appuntamenti che permetteranno di portare sempre più

in auge questo prezioso vino in Italia e all’estero.CONSORZIO DI TUTELA MOSCATO DI SCANZO www.consorziomoscatodiscanzo.it

MUNDUS VINI 2010: UN POKER D’ASSI AL CONCORSO ENOLOGICO!Tre Ori ed un Argento... è questo l’eccezionale risultato

ottenuto in Germania dai vini Gerardo Cesari al Gran Premio

Internazionale del Vino MUNDUSvini 2010: MEDAGLIA D’ORO

all’Amarone della Valpolicella DOC Bosan 2003 - MEDAGLIA

D’ORO all’Amarone della Valpolicella Classico DOC 2007 -

MEDAGLIA D’ORO al Ripasso Valpolicella Superiore Bosan

DOC 2007 MEDAGLIA D’ARGENTO al Lugana DOC Cento Filari

2009. 5800 i vini provenienti da 42 paesi e solamente al 30%

delle bottiglie presentate viene assegnato un riconoscimento.

Il giudizio è infatti legato alla valutazione di numerosi elementi:

corpo, eleganza e gamma aromatica del vino. «Questi risultati

ci rendono orgogliosi del lavoro fatto sia in vigna che in

cantina - dichiara Franco Cesari, presidente della Gerardo

Cesari - sono premi che hanno un valore soprattutto tecnico,

quindi di grande soddisfazione, e testimoniano la grande cura

e qualità delle nostre produzioni, da sempre incentrate sui

vini della Valpolicella. Lo dimostra anche la scelta della giuria

di premiare quattro diversi vini che rappresentano al meglio

il nostro territorio». Non certamente una sorpresa, ma una

conferma per quanto riguarda l’Amarone Bosan, già premiato

le notizie di enogastronomia e turismo

UN ROSE’ IN PIENA “REGOLA”L’azienda Podere La Regola di Riparbella (PI), nella

Costa Toscana (www.laregola.com) ha lanciato

un nuovo vino tipico della Costa degli Etruschi,

ovvero il rosato. Con Il “Rosègola”, cioè il rosè

de La Regola, l’azienda intende rivalutare

il vino della tradizione costiera da sempre

abbinato ai piatti della cucina livornese.

Dalla vinificazione “in rosa”, con raccolta

precoce (agosto) delle uve a bacca rossa di

Sangiovese, Merlot e Syrah, per garantirne

adeguata freschezza ed una bassa alcolicità

(12,5 %), nasce questo vino IGT dal sentore

floreale di rosa dai petali essiccati, poi ciliegie

e ribes. In bocca è polposo, la frutta è fresca e

vivace con una croccante ciliegia, mirtillo rosso

e lampone, note di mandarino e arancio. Buona freschezza e

persistenza, “uno dei migliori rosati toscani dell’anno” (Guida

Espresso 2010 15/20).PODERE LA REGOLA - www.laregola.com

IL MOSCATO DI SCANZO HA TUTTE LE CARTE IN REGOLASi è svolto il 10 novembre a Palazzo Maestri (Cenate Sopra)

il convegno nazionale dedicato al Moscato di Scanzo

decretandolo come la DOCG più preziosa per la sua poca

quantità prodotta. Grande partecipazione ed entusiasmo da

parte del pubblico e della stampa intervenuta da tutta

a cura della redazione di

Page 29: Il Sommelier n.1/2011

nelle precedenti edizioni

del concorso per

l’annata 2000 e 2001

con la Medaglia d’oro

e il riconoscimento

di Miglior vino rosso

d’Europa, che ottiene

ancora una volta una

medaglia d’oro. È il

segno che la qualità di

questi vini non si discute,

lo sforzo e l’impegno

per mantenere e

migliorare la qualità

è costante. Non per

niente l’azienda ha scelto di non produrre alcuna versione

di Amarone nell’annata 2002 a differenza di molte altre

aziende del territorio, anche molto blasonate. Un risultato che

sarà un ottimo biglietto da visita e permetterà all’azienda di

affrontare l’importante mercato tedesco con una marcia in

più: la Germania rappresenta infatti ancor oggi un mercato di

riferimento per tutto l’export del vino italiano.GERARDO CESARI S.P.A. - www.cesariverona.it

NASCE PACTIO, CELEBRAZIONE DI 25 ANNI DI UNIONE TRA DUE GRANDI UOMINI DEL VINO“PACTIO, un nome, un vino che nascono dall’unione di ben 25

anni, tra due uomini che al vino hanno dato una vita: il Marchese

Nicolò Incisa della Rocchetta e Giuseppe Meregalli. Forse 25

anni fa non pensavano di sancire con un vino l’unione che si

è cementata successo dopo successo, ma oggi il PACTIO

ne celebra le ricorrenze e ne conferma nel tempo la stima e

la grande amicizia”. Nasce dunque un nuovo vino che unisce

due uomini ma che suggella anche la grandezza di una terra

vinicola feconda come la Maremma toscana. La Maremma,

che venne scelta grazie alla lungimiranza del Marchese Mario

Incisa della Rocchetta per la sua Tenuta San Guido, è diventata

famosa in tutto il mondo grazie al celebre Sassicaia che è oggi

considerato il vertice della produzione vitivinicola italiana, per il

livello raggiunto e per la costante qualità. Nessuno poi aveva

mai pensato di fare un vino “bordolese” su terreno italiano.

le notizie di enogastronomia e turismo

Ma anche Fertuna nasce in Maremma, in un luogo semplice

e solitario dove la nota dominante è data dalla natura, quella

della vegetazione spontanea e quella su cui ha agito, senza

sopraffazione, la mano dell’uomo, disegnando un anfiteatro

di vigneti. La tenuta conta 150 ettari di cui 50 di produzione

viticola con varietà di uve selezionate per ottenere vini di grande

qualità. Tutte le vigne sono dotate di impianto d’irrigazione

a goccia, alimentato da un grande lago artificiale di circa

1.500mq. La cantina è ipertecnologica e posta al centro dei

vigneti. Fertuna è la materializzazione del concetto di azienda

vitivinicola, che ha sempre avuto la famiglia Meregalli, nata dalla

lungimiranza dell’enologo manager, il Cav. Ezio

Rivella, e non da precedenti impianti vitivinicoli,

ma dalla sua percezione istintiva che il luogo

era quello giusto per realizzare in Maremma. Il

nome scelto è di pura fantasia e piace riferirlo

all’atmosfera quasi rarefatta che vi si respira. Si

avverte il senso di un luogo sospeso nel tempo

e nello spazio, pervaso da un senso magico.

I vini di questa tenuta sono distribuiti già in

18 paesi nel mondo e sono riconosciuti

anche a livello internazionale da critici del

calibro di James Suckling che ha segnalato

nella Buying Guide di WineSpectator,

considerato la bibbia del settore, il Messiio

con 91 punti e il Lodai (primo nella sua

categoria) con 88 punti. “Il PACTIO nasce

così dall’incontro tra Fertuna ed il Marchese

Nicolò Incisa della Rocchetta. Un vino che

vuole celebrare l’amore per la Maremma,

terra di grandi uomini e di grandi vini. Il suo

simbolo, il Giano Bifronte, che vigila fiero

sull’etichetta, diventa il simbolo di questa

unione, creato in onore dell’amicizia tra Fertuna ed il Marchese

Nicolò Incisa della Rocchetta”. Assemblaggio di tre vitigni,

Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot, invecchia 4 mesi

in barriques nuove di rovere francese e termina l’affinamento

in bottiglia. Ha profumo vinoso, intenso, fruttato con sentori di

vaniglia, di sapore morbido ed elegante, ben strutturato, con

tannino dolce si abbina perfettamente con salumi, formaggi

ed affettati, piatti di grande cucina con carni anche elaborate,

selvaggina e pollame nobile.

MEREGALLI GIUSEPPE s.r.l. - www.meregalli.com

a cura della redazione di

Page 30: Il Sommelier n.1/2011

italiano e internazionale può offrire. Ora l’appuntamento è con

il ROMA VINOEXCELLENCE & MERANO WINEFESTIVAL,

l’evento di portata internazionale che dal 5 al 7 febbraio 2011,

raccoglierà a convegno alcuni fra i più importanti enologi,

giornalisti, wine writer ed esperti che tratteranno dei più grandi

vitigni esistenti. Un’occasione unica in Italia per approfondire

le proprie conoscenze guidati da esperti di fama mondiale e

per degustare vini eccezionali presentati da 100 aziende di

altissimo livello selezionate personalmente da Ian D’Agata ed

Helmuth Köcher.

www.meranowinefestival.com

NOMACORC PUNTA IN ALTO CON SELECT SERIESIl primo produttore al mondo di chiusure alternative per il

vino non poteva non puntare in alto per il lancio, avvenuto in

anteprima mondiale a Merano lo scorso 6 novembre, della

sua nuova gamma Select Series, dedicata in particolare ai vini

rossi e commercializzata dal 2011. I nuovi tappi, sempre in

polietilene coestruso ma con prestazioni ancora più elevate

dei precedenti, sono realizzati con un processo brevettato

le notizie di enogastronomia e turismo

MAZZETTI D’ALTAVILLA “REGINA” DELL’ECCELLENZAUn 2010 all’insegna dei riconoscimenti nazionali e internazionali

per Mazzetti d’Altavilla. I “Distillatori dal 1846” vincono in Italia

e all’estero e convincono il pubblico di appassionati attirando

in cima alla collina di Altavilla una pioggia di importanti premi.

La giuria del XXVIII° Alambicco d’Oro, storico concorso

astigiano, ha infatti premiato le grappe Mazzetti Riserva

18.46 e la Collezione Nebbiolo da Barbaresco. Inoltre

l’ANAG (Associazione Nazionale

Assaggiatori Grappa ed Acqueviti)

ha consegnato a Mazzetti

d’Altavilla un’esclusiva targa di

riconoscimento per le continue

vincite nell’ultimo decennio.

Spostando l’attenzione in terra

tedesca, il concorso “Internationaler

Spirituosen Wettbewerb 2010” ha

attribuito a Mazzetti d’Altavilla il

premio “Oro” per Incontro, grappa

invecchiata di Nebbiolo da Barbaresco e Barolo e il premio

“Argento” per la Grappa di Moscato da Collezione. Mazzetti

d’Altavilla: il Regno dell’eccellenza!

MAZZETTI D’ALTAVILLA S.r.l. - www.mazzetti.it

MERANO WINEFESTIVAL, NUMERI A TRE ZERI PER L’EDIZIONE 2010Questa 19ª edizione del WineFestival, dopo quattro intense

giornate, passa agli archivi con numeri di tutto rispetto. Oltre

4500 i visitatori e più di 330 i giornalisti giunti da tutto il mondo

appositamente per degustare i “nettari” proposti dai 664

produttori italiani e stranieri selezionati, e per poter parlare

con loro per conoscere e approfondire la storia delle aziende

e le caratteristiche dei loro prodotti. Ottimi i riscontri in termini

di pubblico e stampa anche per bio&dynamica, la giornata

interamente dedicata ai vini bio, e per Culinaria, spazio di vere

delizie con chicche gastronomiche fra le più ricercate dall’Italia

e dal mondo. Helmuth Köcher, patron del Festival, si dichiara

soddisfatto di essere riuscito anche quest’anno a rispettare

gli obiettivi dell’evento fin dal 1992, ovvero proporre agli

appassionati solo l’eccellenza, quanto di meglio il panorama

a cura della redazione di

Page 31: Il Sommelier n.1/2011

che permette la stampigliatura delle estremità e rende, alla

vista, un effetto praticamente identico al sughero. Eliminata

l’apparenza di plastica, i tappi Select Series puntano ad essere

la vera alternativa al sughero completando l’offerta Nomacorc

non solo per l’eliminazione di difetti, a cominciare dal noto

TCA (che contamina circa 1 milione di bottiglie al giorno nel

mondo), ma anche nella complessa trafila della gestione

dell’ossigeno. La gamma Select Series è frutto delle più

recenti ricerche realizzate da Nomacorc e, grazie agli innovativi

sistemi di misurazione dell’ossigeno NomaSense basati sulla

oxo-luminescenza, permette un controllo completo delle

interazioni tra ossigeno e vino anche dopo l’imbottigliamento.

NOMACORC S.A. - www.it.nomacorc.com

OCTOMORE ORPHEUS PROCLAMATO MIGLIOR MALTO AL MONDONella sua “The Whisky Bible

2011”, appena uscita, il celebre

guru mondiale del Whisky Jim

Murray ha degustato e valutato

oltre 4500 prodotti provenienti

da tutto il mondo. Al termine

delle sue valutazioni, Murray ha

proclamato Octomore Orpheus

Single Malt of the Year: detto da

lui, ciò equivale al titolo di migliore

Malto al mondo per il 2011. Jim

McEwan, il Master Distiller che

ha creato Octomore Orpheus,

ha dichiarato: “Sono felice e

orgoglioso per questo grande

riconoscimento. Octomore

Orpheus è un pugno di ferro in un

guanto di velluto. È quanto è possibile ottenere combinando

un orzo potentemente affumicato col distillato più puro

che esista. Non c’è nient’altro di simile al mondo”. Viene

fatto invecchiare a Islay per cinque anni in fusti che hanno

contenuto bourbon, per poi subire una seconda maturazione

nelle rare e straordinarie barrique originali del leggendario

Château Pétrus. Il suo contenuto di torba è 140 ppm. Viene

imbottigliato senza taglio (cask strength), sull’isola di Islay, alla

gradazione di 61% vol. La sua disponibilità è di sole 15mila

bottiglie per tutto il mondo. All’esame visivo si presenta con

le notizie di enogastronomia e turismo

un magnifico color rosso acajou non troppo intenso. Al naso le

fragranze e gli aromi inebriano anche a distanza. È un sublime

assemblaggio di fumo e di torba, con note d’alghe fresche,

finissime note boisé ed essenze di mare. Aggiungendo alcune

gocce d’acqua esplodono i ricordi di frutti rossi, generati dai

fusti di rovere di Château Pétrus: ciliegie, mirtilli e melograno.

A seguire si percepiscono deliziosi sentori orientali, la dolcezza

della quercia e ancora un meraviglioso vortice fenolico, che

viene accompagnato dal soffio dell’orzo magistralmente

distillato. In bocca si avvertono un corpo robusto e una

consistenza incredibilmente morbida e vellutata. All’assaggio

si viene sommersi da un incredibile afflato di calore, poi si

avvertono la sua ricchezza, la sua eleganza e la sua finezza,

fuse assieme con una delicatezza e al tempo stesso una forza

fuori del comune.

FRATELLI RINALDI IMPORTATORI - www.rinaldi.biz

LA MONTINA,NUOVO IL ROSE’ EXTRA BRUTLe Tenute La Montina si trovano a Monticelli Brusati (Bs),

nell’estremo lembo nord orientale della Franciacorta, a

ridosso di un ampio anfiteatro morenico. Si sviluppano su

una superficie vitata di 72 ettari, dislocati in 7 Comuni della

Franciacorta. Vigneti, con giacitura preminentemente collinare,

impiantati su terreni calcarei e limo-argillosi. La produzione

media è di 450.000 bottiglie annue. Ultimo nato i n

Casa Montina il Franciacorta Rosatum Rosé

Extra Brut, ottenuto soprattutto da uve di Pinot

Nero raccolte in vigneti la cui storia e qualità

sono tradizionalmente consolidate. Le classiche

spremiture soffici ed il giusto tempo di macerazione

sulle bucce danno alle basi di questo vino nerbo

e vinosità, ma anche piacevolezza e finezza

conferiti dallo Chardonnay che lo completa.

Ha spuma soffice ed abbondante. Al naso

vengono esaltate le note marcate dei frutti

di bosco e della frutta matura. Al palato

è pieno, morbido ma con buon corpo.

Ottimo come aperitivo, ma sicuramente dà

il massimo di sé con salumi, carni grigliate

formaggi erborinati.LA MONTINA S.R.L. - www.lamontina.it

a cura della redazione di

Page 32: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 130

spec

iale

Tosca

na

La Toscana esprime

da sempre un’identità

culturale e storica co-

struita nei secoli dai suoi am-

ministratori, artisti, letterati e da

tutto quel tessuto socioecono-

mico formato dai suoi artigiani

e contadini. Tra i tesori che la

Toscana regala al mondo vi è

senza dubbio il suo territorio,

da sempre votato alla produ-

zione di grandi vini tra cui pri-

meggia per tradizione, notorie-

tà e livello qualitativo il Chianti

Classico.

Il Medioevo e l’attuale fi-

sionomia del territorio. Nu-

merose sono le testimonianze

che ricordano, nella zona del

Chianti, la presenza degli Etru-

schi e dei Romani, ma è a par-

tire dal Medio Evo che il Chianti

comincia ad acquistare quel

paesaggio architettonico che

ancor oggi lo contraddistingue.

Fu proprio in epoca medieva-

le, infatti, che questo lembo di

Toscana fu teatro di aspre bat-

taglie fra Firenze e Siena, im-

pegnate a contendersi quello

che pochi secoli dopo diverrà

il territorio di uno dei vini più

noti al mondo. Così accanto ai

villaggi, alle pievi e alle badie,

furono costruiti castelli e roc-

caforti, che in tempo di pace,

furono poi in parte trasformati

in ville e residenze.

Fu la consacrazione del rap-

porto che sin dall’epoca etru-

sca legava la gente del Chianti

con la propria terra. L’espres-

sione più intensa e nobile di

questa simbiosi fu da subito

la produzione del vino, già in

documenti del 1400 chiamato

“Chianti”.

1716: nasce il Vino Chianti.

Il territorio del Chianti acquistò

Chianti Classico:una storia toscana

Un viaggio alla scoperta del Chianti Classiconon può che iniziare con le tappe storiche più importanti

che hanno portato la Denominazione a essere oggi uno dei sistemi socioeconomici del vino

più importanti del mondo.

Marco Pallanti - Presidente Consorzio Vino Chianti Classico

Page 33: Il Sommelier n.1/2011

speciale Toscana

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 31

speciale Toscanaun tale prestigio da indurre, nel 1716, il Gran-

duca di Toscana Cosimo III a tutelarne il nome,

fissando in un bando i confini della zona di pro-

duzione, che ancora corrispondono approssi-

mativamente agli attuali 70.000 ettari. Il bando

del 1716 rappresenta il primo documento le-

gale nella storia che istituisce la delimitazione

di un’area viticola di produzione. E’ di fatto il

primo esempio di DOC ante litteram.

1924: nasce il primo Consorzio Vitivinicolo

d’Italia. A tutela della produzione del Chianti,

il 14 maggio 1924 un gruppo di 33 produttori

si riunì a Radda in Chianti per dar vita al Con-

sorzio per la difesa del vino Chianti e della sua

marca d’origine. Il simbolo scelto fin da subi-

to fu il Gallo Nero, storico simbolo dell’antica

Lega Militare del Chianti, riprodotto fra l’altro

dal pittore Giorgio Vasari sul soffitto del Salone

dei Cinquecento, nel fiorentino Palazzo Vec-

chio.

1932: il “Classico” è l’unico, l’originale. Ne-

gli stessi anni però, proprio per la notorietà che

aveva acquistato il Chianti, si trovò conveniente

produrlo anche negli altri territori toscani dota-

ti di una certa vocazione viticola, adottando le

stesse pratiche e gli stessi uvaggi del territorio

d’origine. Questo vino venne commercializzato

con il nome di Chianti, sottolineandone la ca-

ratteristica di essere fatto “all’uso” del Chianti,

e da quel momento l’indicazione geografica si

trasformò in una e vera e propria denomina-

zione enologica. Accanto all’originario Chian-

ti, nacquero così altre sei diverse tipologie di

vino.

Così, nel testo del decreto ministeriale del 1932

che sancì questo stato di cose, su impulso del

Consorzio per la difesa del vino Chianti e della

sua marca d’origine la zona del Chianti ven-

ne definita come “zona di origine più antica” e

al vino prodotto nel suo territorio fu aggiunto

il suffisso “Classico”, proprio per distinguere il

primo, l’originale, dagli altri “Chianti” realizzati

fuori dal territorio storico di produzione.

Page 34: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 132

spec

iale

Tosca

na 1984: arriva la DOCG. Nel

1984 l’intera denominazione

Chianti, e quindi anche la sua

zona di origine più antica, il

Chianti Classico, ottenne la

DOCG

1996: il Chianti Classico di-

viene una DOCG autonoma.

Con il decreto ministeriale del 5

agosto 1996, viene approvato

il disciplinare separato per la

denominazione Chianti Clas-

sico, che trasforma il Chianti

Classico non più in sottozona

della denominazione “Chianti”,

ma in denominazione autono-

ma.

2005: il Gallo Nero arriva in

fascetta. Nel giugno del 2005,

il marchio del Gallo Nero viene

inserito all’interno del contras-

segno di Stato e quindi ap-

plicato obbligatoriamente su

tutte le bottiglie di vino Chianti

Classico. Se fino ad allora era

possibile apporre il marchio del

Gallo Nero solo sulle bottiglie

dei soci del Consorzio, con

l’immissione del marchio in fa-

scetta di stato il Gallo Nero di-

stingue ogni bottiglia di Chianti

Classico prodotta, dai soci del

Consorzio ma anche dai pro-

duttori non soci. Il Gallo Nero

rafforza così il ruolo di simbolo

univoco e unificante di tutto il

Chianti Classico, assumendo

un connotato fortemente iden-

tificativo del territorio e dell’in-

tera filiera produttiva.

Page 35: Il Sommelier n.1/2011

Il TeRRITORIOIl territorio del Chianti com-

prende nelle sue terre i comu-

ni di Castellina, Gaiole, Greve

e Radda in Chianti per intero

ed, in parte, quelli di Barberino

Val d’Elsa, Castelnuovo Berar-

denga, Poggibonsi, San Ca-

sciano Val di Pesa e Tavarnelle

Val di Pesa. Dei 10.000 ettari

coltivati a vite, circa 7.000

sono destinati al vino Chianti

Classico DOCG, la cui produ-

zione si aggira mediamente

ogni anno attorno ai 270.000

ettolitri.

Il VINO CHIANTI ClASSICOI criteri di definizione del

Chianti Classico. Il Chianti

Classico è un vero e proprio

vino di territorio. Da nessun

altra parte al mondo potrebbe

nascere con le caratteristiche

che lo distinguono nei mercati

di tutto il mondo, proprio per-

ché il suo vitigno principale, il

Sangiovese, nel Chianti tro-

va la sua naturale consacra-

zione. Vitigno a bacca rossa

originario dell’Italia centrale, il

Sangiovese dà vita a vini dal

colore rosso rubino che con

l’invecchiamento tende al gra-

nato, dal profumo di spezie

e piccoli frutti di bosco, dalla

buona struttura, eleganti, ro-

tondi, vellutati.

Oltre al Sangiovese posso-

no essere presenti fino a un

massimo del 20% altre uve a

bacca rossa autorizzate e/o

raccomandate, autoctone

come il Canaiolo e il Colori-

no o internazionali (Cabernet

Sauvignon, Merlot etc.).

A partire dalla vendemmia

2006 non possono più essere

utilizzate le due uve a bacca

bianca, il Trebbiano e la Mal-

vasia, il cui impiego era prece-

dentemente consentito fino a

un massimo del 6%.

Il Chianti Classico Annata.

Vino relativamente giovane e

ricco di frutto, viene messo in

commercio a partire dal 1° ot-

tobre successivo alla vendem-

mia perfetto in abbinamento a

primi piatti e a piatti a base di

carni bianche e rosse.

Il Chianti Classico Riser-

va. Vino ricco di struttura e

capace di affrontare un lungo

periodo di maturazione, può

essere definito riserva solo

se raggiunge una maggiore

gradazione alcolica (12,5°) e

dopo aver trascorso un invec-

chiamento minimo di venti-

quattro mesi, di cui almeno tre

di affinamento in bottiglia.

La riserva, vino in cui prevale

la possente struttura del San-

giovese, è il compagno ideale

per carni importanti, grigliate,

arrosti, brasati, selvaggina o

formaggi stagionati.

Il CONSORzIO VINO CHIANTI ClASSICOIl Presidente, Dr. Marco

Pallanti, ci parla del Consorzio

Vino Chianti Classico.

l’attività del Consorzio.

Dalla sua nascita il Consorzio

Vino Chianti Classico si occu-

pa della tutela, della vigilanza

e della valorizzazione della de-

nominazione Chianti Classico.

Dal Consorzio per la difesa del

vino Chianti e della sua marca

d’origine del 1924 al Consor-

zio Vino Chianti Classico di

oggi, l’organismo consortile

ha cambiato nomi e stili grafici

del suo marchio dove da sem-

pre però campeggia il simbolo

storico del Gallo Nero.

Oggi il Consorzio si conferma

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 33

speciale Toscana

Page 36: Il Sommelier n.1/2011

come uno dei principali refe-

renti delle istituzioni nazionali e

comunitarie per il settore viti-

vinicolo. La sua organizzazio-

ne interna prevede strutture

necessarie ad assolvere i suoi

compiti istituzionali: dal fronte

della salvaguardia e dei servizi,

che vede impegnati il labora-

torio di analisi e quello legale,

a quello della valorizzazione,

affidato all’ufficio marketing e

comunicazione, il Consorzio

Vino Chianti Classico si svi-

luppa in diversi organi legati

dal comune impegno verso

produttori e consumatori del

Chianti Classico e della sua

terra di origine.

Per questo l’intera filiera, dalla

produzione delle uve all’im-

bottigliamento del prodotto,

è sottoposta ad un sistema di

tracciabilità, i cui dati vengono

gestiti direttamente dal Con-

sorzio e inseriti in un databa-

se informatizzato di pubblica

fruibilità. Il Consorzio attua,

inoltre, un severo controllo sul

prodotto confezionato già pre-

sente nei canali di vendita per

verificare la corrispondenza al

prodotto certificato.

Un’altra importante attività è

la ricerca e sperimentazione in

ambito agronomico ed enolo-

gico.

Numerose, infine, sono le atti-

vità promozionali, di pubbliche

relazioni, comunicazione e

marketing che vengono realiz-

zate nel corso degli anni al fine

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 134

spec

iale

Tosca

na

Uva Sangiovese

Page 37: Il Sommelier n.1/2011

di promuovere, diffondere e

dare lustro all’immagine del vino

Chianti Classico nel mondo.

Il nuovo disciplinare di pro-

duzione. Allo scopo di tu-

telare in maniera sempre più

efficace la qualità del Chian-

ti Classico, il Ministero delle

Politiche Agricole e Forestali

ha recentemente approvato

le nuove modifiche al discipli-

nare di produzione del Chianti

Classico proposte dall’As-

semblea generale dei soci del

Consorzio. Il testo che rego-

la la produzione del Chianti

Classico ha così subito alcune

piccole ma significative modi-

fiche, volte a garantire ulterior-

mente la qualità del prodotto,

in particolar modo per quanto

riguarda il vino sfuso.

In questo senso si inserisce la

modifica riguardante la “Co-

municazione preventiva di

vendita” che prevede di co-

municare all’ente di certifica-

zione la commercializzazione

dello sfuso “atto a divenire,

almeno due giorni prima del

trasferimento dello stesso”.

Tale prodotto oggetto della

commercializzazione deve ri-

spondere alle caratteristiche

chimico-fisiche” previste dal

disciplinare per il vino già cer-

tificato Chianti Classico.

Altri criteri che regolano la pro-

duzione dei vini del Gallo Nero,

alla luce delle recenti modifiche

del disciplinare riguardano la

densità minima per l’impianto

di nuove vigne che viene sta-

bilita in 4.400 ceppi per ettaro

e l’entrata in produzione dei

vigneti: a questo proposito i

vigneti non possono entrare

in produzione prima del terzo

anno dall’impianto per una

resa massima del 40% della

quantità consentita dal di-

sciplinare (30 qt di uva). Dal

quarto anno entrano a pieno

regime per una resa del 100%

(75 qt di uva).

Il ruolo del Consorzio a

seguito della nuova OCM

Vino. A seguito del regola-

mento comunitario 1234/08

sull’OCM vino è stato appro-

vato a livello nazionale il Dgls

n. 61 che ha sostituito la vec-

chia legge 164/92 sulle deno-

minazioni di origine.

In questo contesto la novità

più significativa per i Consorzi

di tutela che hanno una rap-

presentatività di almeno il 66%

della denominazione è data

dal fatto che l’attività di valo-

rizzazione svolta da quest’ul-

timi, diversamente da quanto

fino ad oggi avvenuto, sarà

sostenuta da tutti gli utilizzato-

ri della denominazione e non

più soltanto dagli associati al

Consorzio.

In sostanza una sorta di “erga

omnes” per la valorizzazione

della denominazione e del suo

marchio.

Se da un lato, quindi, i Con-

sorzi hanno ceduto la pura

attività di controllo, dall’altro

gli organismi con una rappre-

sentatività di almeno il 66%

della denominazione avranno

la possibilità di gestire tutta

l’attività di vigilanza, tutela e

valorizzazione “erga omnes”.

Un grande risultato che raffor-

za il ruolo del Consorzio come

reale gestore della denomi-

nazione. Oltre a quanto sud-

detto, secondo la proposta

ministeriale il Consorzio potrà

anche definire l’attivazione di

politiche di governo dell’offer-

ta, al fine di salvaguardare e

tutelare la qualità del prodotto

e contribuire al miglior coordi-

namento dell’immissione sul

mercato della denominazione

tutelata.

Prossimi appuntamenti

con il Chianti Classico

CHIANTI ClASSICO COlleCTION 2011

Il 15 e 16 Febbraio prossi-

mi alla Stazione leopolda

di Firenze si terrà il tradi-

zionale appuntamento del

Gallo Nero con la stampa e

gli addetti ai lavori

Anche quest’anno le prota-

goniste saranno le centinaia

di bottiglie di Chianti Classico

in degustazione nell’arco di

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 35

speciale Toscana

Page 38: Il Sommelier n.1/2011

due giorni dedicati a uno dei

territorio vinicoli più prestigiosi

del mondo. La “Chianti Clas-

sico Collection 2011” andrà in

scena come di consueto alla

Stazione Leopolda di Firenze

dove verranno presentate a

stampa e addetti ai lavori le

ultime annate e le principali

novità del Gallo Nero.

Il via è previsto per le 9.30 di

martedì 16 febbraio, giornata

dedicata esclusivamente alla

stampa che avrà la possibili-

tà di assaggiare oltre 350 eti-

chette delle ultime annate di

Chianti Classico. Previsti an-

che quest’anno oltre 200 gior-

nalisti provenienti da 29 diversi

paesi europei e extraeuropei:

Italia; Danimarca; Spagna;

Germania; Inghilterra; Polonia;

Serbia; Olanda; Repubblica

Ceca; Russia; Svezia; Norve-

gia; Austria; Ucraina; Finlan-

dia; Francia; Belgio; Grecia;

Svizzera; Croazia; USA; Giap-

pone; Canada; Cina; Corea

del Sud; Australia; India; Isra-

ele; Brasile.

Il 17 febbraio entreranno in

scena anche gli IGT prodotti

nel territorio e le anteprime di

un 2010 che promette delle

gran belle sorprese. Il neonato

Chianti Classico infatti si sta

comportando bene in cantina,

intenso nei colori e nei profu-

mi, presenta livelli di acidità tali

da fare prevedere una buona

attitudine all’invecchiamento;

le gradazioni alcoliche risulta-

no elevate ma senza eccessi,

a vantaggio di prodotti equi-

librati, che lasciano spazio a

un ricco bagaglio aromatico.

Qualità che sarà possibile ap-

prezzare direttamente insieme

ai produttori che saranno pre-

senti alla Leopolda durante la

seconda giornata di degusta-

zioni.

Dalle 13.00 la giornata sarà

dedicata agli operatori del

settore che avranno tempo

fino alle 20.00 per incontrare i

produttori e testare le diverse

etichette in degustazione.

Proprio per gli operatori il

Consorzio sta approntando

un modulo di iscrizione on line

che sarà accessibile dal 22 di-

cembre su

www.chianticlassicocollection.it.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 136

spec

iale

Tosca

na

Page 39: Il Sommelier n.1/2011

Il piatto fiorentino più fa-

moso è sicuramente la

bistecca alla fiorenti-

na. Pellegrino Artusi in “La

scienza in cucina e l’arte di

mangiar bene” la descriveva

così: “da beef steak, parola

inglese che vale la costola di

bue, è derivato il nome della

nostra bistecca, la quale non

è altro che una braciuola col

suo osso, grossa un dito o

un dito e mezzo, tagliata dalla

lombata di vitella o nelle sue

estremità”. Possiamo ricon-

durre il nome e la tradizione

della bistecca alla famiglia De’

Medici. In occasione della ce-

lebrazione della festa di San

Lorenzo, il 10 agosto, Firenze

si illuminava della luce di gran-

di falò dove venivano arrostite

grosse quantità di carne di vi-

tello che venivano poi distribu-

ite alla popolazione. Proprio in

occasione delle celebrazioni di

un San Lorenzo, si narra fos-

sero presenti in città alcuni ca-

valieri inglesi i quali riferendosi

alla carne arrostita sui fuochi

la chiamarono beef steak. Da

qui una traduzione adattata

alla lingua corrente creò la pa-

rola bistecca che è giunta fino

ai giorni nostri.

Ma la cucina fiorentina non si

ferma alla bistecca ed è rap-

presentata a pieno dai piat-

ti “poveri”, quelli della gente

comune, tramandati nelle fa-

miglie, basati su ingredienti

semplici come il pane, l’olio e

le verdure dell’orto.

Proprio il pane è l’ingrediente

principale di tanti piatti della cu-

cina fiorentina. Rigorosamente

sciapo, o come di dice a

Firenze “sciocco”, caratteriz-

zato dalla mancanza assoluta

di sale. Questa caratteristica

ha origine nel XII secolo quan-

do le lotte tra Pisa e Firenze

portarono la repubblica mari-

nara a bloccare il commercio

del sale verso l’interno e fu

così che i fiorentini decisero di

panificare senza sale. Dante

nella Divina Commedia scrive-

va “Tu proverai sì come sa di

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 37

speciale Toscana

La cucina fiorentina: piatti poveri

ricchi di storia.a cura di Laura Maggi

Percorso tra i piatti della tradizione.

Page 40: Il Sommelier n.1/2011

sale lo pane altrui,... ”.

La pappa al pomodoro è

una zuppa semplicissima ma

gustosissimo fatta con pane

raffermo, pomodori, spicchi

d’aglio, basilico, brodo e olio

di oliva extravergine. Da ricor-

dare che nella vera pappa al

pomodoro non deve essere

aggiunto alcun tipo di formag-

gio.

La fettunta è tipica dei mesi di

novembre e dicembre. È una

fetta di pane caldo e croccan-

te insaporita con uno spicchio

d’aglio strofinato sulla super-

ficie e condita con sale e olio

extra vergine di oliva “novo”

appena uscito dal frantoio.

Il pane con il cavolo nero

viene fatto in inverno usando

pane arrostito e cavolo nero

bollito e condito con olio extra-

vergine e sale. Il cavolo usato

è quello nero riccio di Toscana

dalle foglie lunghe d’un verde

scuro quasi nero che viene

prodotto durante tutto l’inver-

no. Per essere più buono è

necessario che il cavolo nero

abbia “preso il ghiaccio”, cioè

che sia passato da una o più

gelate invernali che ne am-

morbidiscono le foglie.

La ribollita è una zuppa il cui

nome deriva dal fatto che un

tempo le contadine ne cucina-

vano una gran quantità e quin-

di veniva “ribollita” per riscal-

darla e presentata di nuovo in

tavola nei giorni successivi.

La panzanella è un primo

piatto estivo fatta con pane

bagnato, “ammollato” nell’ac-

qua, pomodori maturi, cetrioli,

cipolla rossa e basilico, condi-

ta con olio extra vergine, ace-

to di vino e sale.

Passando poi ai piatti più sa-

poriti che si sposano perfetta-

mente con il pane sciapo che

ne esalta il gusto.

I crostini di fegatini fatti con

una salsa a base di fegatini di

pollo cotti sfumandoli con del

Vin Santo, tritati finemente a

mano, e portati a fine cottu-

ra con burro, capperi tritati,

filetti di acciuga e brodo. La

salsa ottenuta viene spalmata

su delle fette di “frusta”, una

pezzatura di pane simile alla

baguette, precedentemente

bagnate con del brodo.

I fagioli all’uccelletto sono

un piatto tipico della cucina

fiorentina. Un vecchio detto

fiorentino inizia con “Fiorentin

mangia fagioli” proprio per

sottolineare quanto sono po-

polari i fagioli a Firenze. Per

la preparazione la tradizione

vuole che si usi una pentola

di coccio, iniziando con un

leggero soffritto di olio e aglio

dove si mettono ad insaporire

i fagioli cannellini, preceden-

temente lessati, si aggiunge

la salsa di pomodoro con un

poco di acqua di cottura dei

fagioli, sale, pepe e un ciuffo

di salvia. Secondo Pellegrino

Artusi, che chiamava la ricet-

ta “fagioli a guisa d’uccellini”,

il nome deriva proprio dalla

salvia usata anche per insa-

porire gli “uccelletti” tanto cari

all’antica trazione culinaria to-

scana.

In questo percorso tra i piatti

della tradizione fiorentina non

possiamo dimenticare la trip-

pa e il lampredotto. A Firenze

si trovano ancora oggi diversi

“lampredottai” che, in piccoli

chioschi o furgoni attrezzati,

stazionano nei mercati e nelle

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 138

spec

iale

Tosca

na

Page 41: Il Sommelier n.1/2011

piazze e all’ora di pranzo sono

attorniati da fiorentini che si

gustano un panino con il lam-

predotto il tipico cibo da stra-

da di Firenze.

Il lampredotto è la parte più

scura della trippa detta gala,

caratterizzata da piccole cre-

ste (dette gale) dal sapore for-

te e deciso. Viene cotto a lun-

go in acqua con pomodoro,

cipolla, prezzemolo e sedano.

Una volta cotto, è possibile

gustarlo sia come un normale

bollito condito con salsa ver-

de, sia alla maniera più amata

dai fiorentini, ovvero tagliato

a pezzetti come ripieno di un

“semelle”, un panino la cui

fetta superiore viene bagnata

nel brodo di cottura del lam-

predotto, e condito con sale,

pepe, salsa verde e peperon-

cino piccante.

La trippa alla fiorentina è

un secondo piatto tipico del-

la città di Firenze ed è molto

gustoso. Si prepara tagliando

la trippa lavata a striscioline e

aggiungendola ad un soffrit-

to di cipolle, carote e sedani

tagliati a pezzettini. Si aggiun-

gono poi dei pomodori pelati

e si lascia cuocere fino a far

ritirare l’acqua della trippa e

dei pomodori. Si serve calda

con una spolverata di pepe e

un filo d’olio extravergine.

Spostandosi appena fuori

porta, all’Impruneta troviamo

il peposo alla fornacina, ov-

vero uno stracotto nato pro-

prio all’Impruneta il paese del-

le fornaci dove viene prodotto

il cotto.

Per concludere con i dolci del-

la tradizione fiorentina.

La schiacciata con l’uva è

un dolce che un tempo veni-

va cucinato durante il periodo

della vendemmia per le sagre

contadine e le sue modeste

origini sono testimoniate dal-

la semplicità degli ingredienti:

pasta per il pane, olio d’oli-

va, zucchero e uva nera. La

schiacciata alla fiorentina

è il dolce tipico di Firenze del

periodo di Carnevale, che una

volta veniva chiamato “schiac-

ciata unta” perché per prepa-

rarlo veniva usato lo strutto.

Oggi viene fatta una versione

più leggera che prevede l’uso

di olio extravergine di oliva,

farina, zucchero, latte e uova.

Ricorda la torta margherita.

La zuppa inglese è un dolce

al cucchiaio realizzato alter-

nando strati di pan di spagna

bagnati con alchermes a strati

di crema pasticciera e crema

al cacao. Le origini risalgono

alla prima metà del 1800. Si

racconta, infatti, che la zuppa

inglese sia stata “inventata” da

una donna di servizio di una

famiglia inglese residente sulle

colline di Fiesole. La domesti-

ca non volendo buttare via i

biscotti serviti con il tè diven-

tati secchi, pensò di riutilizzarli

bagnandoli con del liquore per

ammorbidirli e unendoli con al-

tri “avanzi” che aveva a dispo-

sizione: la crema pasticceria

(detta anche crema inglese) e

il budino al cioccolato.

I fiorentini vanno particolar-

mente fieri dei piatti della loro

tradizione perché rappresen-

tano un importante patrimonio

storico, culturale e artistico

del territorio da difendere e

diffondere.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 39

speciale Toscana

Page 42: Il Sommelier n.1/2011

4a edizione di Anteprima Chianti Rufina

a cura di Virgilio Pronzati

Toscana Vino & Cultura

Vite e ulivo disegna-

no da sempre colli e

colline della campa-

gna toscana. Dove tutto ciò è

rappresentato al massimo, è

la vasta zona del Chianti. Un

nome che echeggia antiche

scene di caccia, eletto sin dal

passato lontano, a vero e pro-

prio simbolo della Toscana.

Uno dei quattro vini toscani

citati nel famoso Bando del

24 settembre 1716, emanato

da Cosimo III de’ Medici, nel

quale sono già tracciate le ri-

spettive zone di produzione. In

tempi più recenti, un Decreto

Ministeriale del 31/7/1932

che ne tutela la storica zona,

riconosciuta poi Doc col DPR

del 9/8/1967 ed infine, Docg

col DPR del 2/7/1984. Una

grande area vitivinicola co-

nosciuta in tutto il mondo,

comprendente i territori vocati

di sei province, suddivisa in

ben sette sottozone: Rufina,

Colli Aretini, Colli Fiorentini,

Colline Senesi, Colline Pisane,

Montalbano, Montespertoli.

RUFINA:

AlTITUDINe e QUAlITà

Rùfina, situata nella provincia

di Firenze, oltre ad essere la

più piccola sottozona è anche

la più alta. Le sue particola-

ri condizioni pedo-climatiche

(terreni ricchi di sali minerali,

con estati calde di giorno e

fresche di notte) che gli con-

feriscono un colore rubino in-

tenso, un ampio e persistente

bouquet, molta sapidità e fre-

schezza, e maggiore longe-

vità. Singolari peculiarità che

differenziano sostanzialmen-

te il Chianti Rufina dagli altri

Chianti. La zona di produzio-

ne comprende i territori co-

munali di Pontassieve, Rufina,

Pelago, Lonta e Dicomano in

provincia di Firenze. La super-

ficie vitata è di 12.483 ettari

di cui circa 770 iscritti all’Al-

bo (che saliranno nel tempo a

1.000 ettari), con una produ-

zione di circa 27.000 ettolitri.

Come per Colli Fiorentini e

Montespertoli, Il Chianti Rufina

Docg ha un contenuto alcoli-

co minimo del 12% (mezzo

grado in più rispetto alle altre

4 sottozone), se con 12,5%

ed invecchiato almeno 2 anni

(dal 1 gennaio successivo alla

vendemmia) di cui almeno 9

mesi in botte di rovere e, affi-

nato tre mesi in bottiglia, può

portare la qualifica Riserva.

ANTePRIMA CHIANTI

RUFINA 2010

Creata ed organizzata nel

migliore dei modi, Anteprima

Rùfina anche se nata solo 4

anni fa, è oggi una delle più

importanti manifestazione di

settore. L’evento, svoltosi il

12 e 13 novembre scorso ed

articolato nell’arco di 2 gior-

ni in due parti, ha richiamato

numerosi giornalisti specializ-

zati provenienti da tutta Italia

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 140

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Tosca

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Page 43: Il Sommelier n.1/2011

e, in parte, dall’estero. Nella

prima parte, un tasting esclu-

sivo come la location. Teatro

dell’evento il regale salone

Vespucci Meeting Room del

fastoso Hotel Westin Excelsior,

situato in Piazza Ognissanti

nel centro di Firenze. A pre-

sentare l’evento, il dinamico

Giovanni Busi, presidente del

Consorzio di Tutela Chianti e

Chianti Rufina e patron della

Fattoria Travignoli. Busi dopo

avere illustrato ai giornalisti

che gremivano la sala, un qua-

dro completo comprendente

la zona, il vino e i produtto-

ri del Chianti Rufina e, per la

prima volta, un confronto con

altrettanti Bourgogne 1er Cru,

lasciava la parola ai giornalisti

Ian D’Agata e Jens Priewe,

brillanti conduttori delle degu-

stazioni. Altri brevi ma precisi

interventi, dai tre produttori

borgognoni presenti.

Nell’impegnativo tasting, si

sono alternati 6 Chianti Rùfina

Riserva ed altrettanti Premier

Cru della Borgogna, entrambi

dell’annata 2007.

le DeGUSTAzIONI DI

RùFINA RISeRVA 2007

Chianti Rùfina Docg Riserva 2007 Marchesi GondiTenuta Bossi Aspetto: limpido, di colore ru-

bino carico con orlo granato.

Al naso è abbastanza intenso,

persistente e fine, con sentori

fruttati e speziati di frutti rossi

maturi e pepe nero. In bocca

è secco, poco fresco ma sa-

pido, appena tannico, caldo,

pieno e continuo. Retrogusto:

speciale Toscana

Page 44: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 142

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note fruttata e speziata.

Discretamente armonico,

quasi pronto.

Chianti Rùfina Docg Riserva 2007Azienda Agricola FrascoleAspetto: limpido, di colore ru-

bino carico. Al naso è discre-

tamente intenso, persistente

e fine, con sentori fruttati di

piccoli frutti rossi maturi, boi-

sè, spezie, balsamico e lievi

di cacao e cuoio. In bocca è

secco, sufficientemente fre-

sco, sapido, caldo, giusta-

mente tannico, di buon corpo

e persistenza. Retrogusto:

vena tannica con note fruttata

e speziata. Deve affinare an-

cora 1 o 2 anni.

Chianti Rùfina Docg Riserva 2007 Fattoria I VeroniAspetto: limpido, di colore ru-

bino carico. Al naso è abba-

stanza intenso e persistente,

discretamente fine, con sen-

tori di giaggiolo, piccoli frutti

rossi maturi e un po’ disidra-

tati. In bocca è secco, fresco,

sapido, caldo, giustamente

tannico, pieno e continuo.

Retrogusto: note sapida, frut-

tata e floreale. Quasi pronto.

Chianti Rùfina Docg Riserva Cedro 2007Fattoria lavacchioAspetto: limpido, di colore ru-

bino vivo. Al naso è intenso e

persistente, fine, ampio, con

sentori floreali, fruttati e spe-

ziati. In bocca è secco, sufficien-

temente fresco, molto sapido,

caldo, piacevolmente astringen-

te, pieno e continuo. Retrogusto:

note tannica, fruttata e speziata.

Quasi armonico.

Chianti Rùfina Docg Riserva Montesodi 2007 Marchesi de’ FrescobaldiAspetto: limpido, di colore. Al

naso è discretamente intenso

e persistente e fine, con sen-

tori fruttati e boisé. In bocca è

secco, poco fresco, sapido,

caldo, leggermente astringen-

te, pieno e abbastanza con-

tinuo. Retrogusto: note tan-

nica, fruttata e boisé. Quasi

pronto.

Page 45: Il Sommelier n.1/2011

Chianti Rùfina Docg Riserva Bucerchiale 2007Fattoria SelvapianaAspetto: limpido, di colore

rubino vivo. Al naso è abba-

stanza intenso, persistente e

fine, con sentori fruttati, vege-

tali e boisé. In bocca è secco,

poco fresco, sapido, caldo, un

po’ astringente, pieno e conti-

nuo, con fondo amarognolo.

Retrogusto: note tannica, frut-

tato-vegetale e boisé. Ancora

giovane.

ANTePRIMA DeI RUFINA

2008 e 2009

Il giorno dopo, degna conclu-

sione con la presentazione e

degustazione delle annate

2009 e 2008 Riserva. Anche

in questo caso la location è

senz’altro ideale, in quanto

si tratta della stupenda Villa

Poggio Reale di Rufina, già

proprietà degli Spalletti ed

oggi sede del Consorzio di

Tutela. Nell’affollato grande

salone, posti in fondo ed ai lati,

vari tavolini, uno per azienda,

dove il titolare o l’enotecnico

presentava e serviva ai gior-

nalisti i propri vini. All’interno,

alcune raccolte salette dove

comodamente seduti si po-

teva degustare al meglio i 31

vini prodotti da diciannove

aziende, serviti da impeccabili

sommelier.

Le mie valutazione personali

Facendo una valutazione glo-

bale dei vini, i sedici Chianti

Rufina Docg 2009, hanno

espresso in generale buo-

ni colore e struttura. Al naso

oltre il fruttato - maturo in al-

cuni - discreta finezza, alcune

note boisé; mentre in bocca

oltre a sapidità e astringen-

za, evidenziavano abbastanza

corpo e continuità, ma ovvia

limitata armonia. Nel detta-

glio: 2 sono risultati ottimi, 4

buoni, 6 discreti e 4 sufficien-

ti. Ovviamente gran parte di

loro, data la discreta annata,

maturando, raggiungeranno

maggiore armonia. Gli altri

16 Chianti Rùfina Docg 2008

Riserva, hanno in generale

espresso al naso una qual

certa complessità, con profu-

mi fruttati, speziati e note bal-

samiche, ma anche di tostato

e boisé. Mentre al sapore si

presentavano sufficientemen-

te freschi, sapidi, giustamente

astringenti e continui, e in mi-

nor parte, poco freschi, magri

e duri. Quindi 2 ottimi, 5 buo-

ni, 6 discreti e 3 sufficienti. In

generale, un bilancio positivo

che attesta il Chianti Rufina tra

i grandi rossi d’ Italia.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 43

speciale Toscana

Page 46: Il Sommelier n.1/2011

CARMIGNANO

La più piccola docg del nostro paese con meno di 200 ettari di vigneto ed una produzione

di altissima qualità, in un territorio unico dal punto di vista ambientale e paesaggistico.

La fama dei vini di Car-

mignano si accom-

pagna indubbiamen-

te all’antica storia di questa

zona: sin dal 1300 infatti, era

così grande la sua reputazio-

ne che nel 1716 il granduca di

Toscana Cosimo III de medici

emise un bando con cui stabi-

liva precise norme per la ven-

demmia e con cui delimitava

la zona di produzione, crean-

do il primo esempio al mondo

di denominazione di origine

controllata, ben un secolo

prima della francese appella-

tion d’origine controllè. Negli

ultimi venti anni il Carmignano

è stata protagonista di un’im-

portante crescita in termini

di qualità e quantità. Agli inizi

degli anni Novanta gli ettari a

vigneto erano poco più di 100

- praticamente gli stessi dai

tempi di Cosimo III de’ Medici

- mentre oggi superano i 200,

di cui 150 destinati a docg e

doc. In crescita anche il nu-

mero dei produttori aderenti

al Consorzio, che da 6 sono

passati a 13. La ricerca della

qualità ha significato investi-

menti nel rinnovo delle vigne,

con filari distanti 1 metro e

80 centimetri (come si usava

ai tempi della mezzadria), e la

scelta di potature decise, per

ottenere meno grappoli a van-

taggio della qualità.

Il disciplinare, le caratteristiche organoletticheIl Carmignano nasce da una

miscela di Sangiovese (alme-

no per il 50%), Cabernet (dal

10 al 20%), Canaiolo nero

(fino al 20%) altri vitigni rossi

(fino al 10%). La composizio-

ne rispetta i dettami del disci-

plinare in vigore, pubblicato il

9 luglio 1998 sulla Gazzetta

Ufficiale, che ha dato rispo-

sta alle richieste dello stesso

Consorzio dei vini di Carmi-

gnano, modificando il primo

disciplinare di produzione ri-

salente al 20 ottobre 1990. Il

testo del disciplinare individua

come componenti del Car-

mignano docg: Sangiovese

minimo 50%, Canaiolo nero

fino al 20%, Cabernet Franc

e Cabernet Sauvignon, da

soli o congiuntamente, dal 10

al 20%, Trebbiano toscano,

Canaiolo bianco e Malvasia

del Chianti da soli o congiun-

tamente, fino ad un massimo

del 10%. Inoltre possono con-

correre alla produzione le uve

di altri vitigni a bacca rossa

raccomandati o autorizzati per

la provincia di Prato fino a un

massimo del 10% del totale.

Il periodo di invecchiamento

deve essere effettuato in bot-

ti di rovere e/o di castagno,

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 144

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Page 47: Il Sommelier n.1/2011

rispettivamente per almeno

otto mesi per il Carmignano e

per almeno dodici mesi per il

Carmignano tipologia riserva.

Altri prodotti, stessa qualità: Barco Reale e Vin Ruspo

Dalle stesse uve con cui si

produce il Carmignano si ottie-

ne anche il Barco Reale doc,

fratello più giovane del docg,

vino di più rapido consumo,

ma sempre con caratteristi-

che di alta qualità, il cui nome

deriva dalla grande proprie-

tà medicea che copriva gran

parte del territorio dei Comuni

di Carmignano e di Poggio a

Caiano e che era circondata

dal Muro del Barco Reale, lun-

go più di trenta miglia. E anco-

ra dalla stessa materia prima

nasce il Vin Ruspo, Rosato di

Carmignano doc (circa 500

ettolitri all’anno), che viene

prodotto svinando il 5 o 10%

del mosto delle vasche del

Carmignano docg prima della

fermentazione, e che deriva il

proprio nome dall’usanza dei

mezzadri di rubare, e da qui

vino ‘ruspato’, cioè ‘grattato’,

una o due damigiane dagli ul-

timi tinelli che venivano portati

in fattoria. Un ‘furto’ che col

tempo si codificò in un diritto.

Il territorioLa zona di produzione del Car-

mignano si trova sulle pendici

orientali del Montallbano, in

un’area di circa 40 chilometri

quadrati costituita per la mag-

gior parte da splendide colline

che vanno dai pochi metri di

elevazione di Comeana e Se-

ano, ai 200 metri del capoluo-

go, Carmignano appunto, ai

600 metri della vetta più alta

del Monte Albano: Poggio

Ciliegio.

Rispetto ad altre zone del

Chianti, e soprattutto a gran

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 45

speciale Toscana

Silvia Vannucci - neo Presidente del Consorzio di tutela dei vini di Carmignano

Page 48: Il Sommelier n.1/2011

parte del Chianti Classico, c’è

dunque una netta differenza di

altitudine media. Questa è in-

feriore a Carmignano di alme-

no 150-200 metri. Pertanto si

ha un più lungo periodo vege-

tativo, una maggiore quantità

di calore immagazzinato nel

terreno, più regolare e com-

piuta maturazione delle uve

nelle annate meno favorevoli.

Il ConsorzioDa pochi giorni sono ufficiali le

nuove nomine del Consorzio

di tutela dei vini di Carmignano

che per la prima volta si dota,

oltre alla figura del presidente,

di uno staff tecnico di provata

esperienza a supporto di tutte

le attività del Consorzio:

il nuovo presidente del

Consorzio di tutela dei vini

di Carmignano è la dott.ssa

Silvia Vannucci, (giovane ti-

tolare dell’azienda di famiglia

Piaggia), mentre il direttore

generale della Promozione è

Realmo Cavalieri (somme-

lier di comprovata esperienza

e conoscenza del territorio e

dei vini del Carmignano) e il re-

sponsabile del settore tecnico

Giuseppe Rigoli (enotecnico

di grande esperienza, titolare

dell’azienda Ambra).

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 146

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Vigneti Carmignano

Page 49: Il Sommelier n.1/2011

speciale Toscana

Vin Santo

a cura di Giovanni D’Alessandro

Vin Santo: emblema dell’ospitalità toscanae antico rito dei giorni della festa.

Il Vin Santo, è un prodotto

che ha radici e origini che

si perdono nella notte dei

tempi, da sempre viene realiz-

zato con tecniche tramandate

oralmente di padre in figlio,

come una preziosa eredità.

E’ un antico vino di colore

ambrato più o meno carico,

che per le sue particolari ca-

ratteristiche organolettiche

viene consumato in abbina-

mento al dessert quando ha

caratteristiche dolci (celebre in

tutto il mondo il binomio con

i cantuccini) e, può benissi-

mo essere accompagnato a

dei formaggi erborinati o dai

crostini neri di fegato, quan-

do si presenta in forma secca.

Nell’enologia toscana occu-

pa un posto importante e di

grande prestigio sin dal Medio

Evo.

Un po’ di storia

Sono varie le teorie sull’eti-

mologia del termine. Una

versione senese parla di un

frate francescano che duran-

te la Grande Peste del 1348

curava le vittime del morbo

con un vino che era comune-

mente utilizzato dai confratelli

per celebrare messa; da ciò si

sarebbe diffusa la convinzione

che tale vino avesse miraco-

lose proprietà taumaturgiche,

attribuendogli l’appellativo di

“santo”.

Un’altra versione è quella di

origine fiorentina secondo la

quale durante il Concilio di

Firenze del 1439, il metropo-

lita greco Giovanni Bessarione

proclamò, mentre stava be-

vendo il vin pretto: “Questo è il

vino di Xantos!”, forse riferen-

dosi ad un certo vino passito

greco (un vino fatto con uva

sultanina pressata) di Santori-

ni. I suoi commensali, che ave-

vano confuso la parola “Xan-

tos” con ‘santos’, credettero

che egli avesse scoperto nel

vino qualità degne di essere

definite “sante”. In ogni caso,

da quel momento il vin pretto

fu chiamato Vin Santo. Una

variante della storia narra che

egli abbia usato la parola Xan-

thos (in greco ξξξξξξ significa

giallo) mentre parlava del vino.

L’ origine meno romantica, ma

probabilmente più verosimile,

è l’associazione di questo vino

con il suo uso comune duran-

te la messa.

Varietà delle uve per il Vin

Santo e loro caratteristiche

enologiche

Il Vin Santo, dal punto di vi-

sta enologico, può essere

classificato fra i vini passiti e

si produce con uve che varia-

no con il variare della località.

Da noi in Toscana le uve più

adatte a fare il Vin Santo sono

il Trebbiano toscano, la Mal-

vasia del Chianti, il Canaiolo

bianco, il San Colombano

(utlizzato per lo più a Carmi-

gnano) e il Sangiovese (per la

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 47

Page 50: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 148

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Tosca

na versione “occhio di pernice”;

anche se le ricette dei vitigni

sono varie ed incostanti.

La vendemmia è effettuata nel-

la maggior parte dei casi, con

grappoli scelti, ottenendo già

una selezione preliminare; solo

per una bassa percentuale

l’uva è raccolta tardivamente.

l’appassimento delle uve

Il problema dell’appassimen-

to delle uve rappresenta da

sempre una sfida, costosa e

poco pratica, quando si de-

vono trattare grandi quantità.

Il Vin Santo è prodotto grazie

alla vinificazione di uva appas-

sita, posta in condizioni tali da

arrivare a disidratazione. In tal

modo si ottiene una separa-

zione dell’acqua dagli acini, e

di conseguenza una concen-

trazione zuccherina maggiore.

Esistono vari metodi per fare

appassire l’uva:

- appassimento sulla pianta

(pratica generalmente non

seguita in Toscana);

- appassimento negli appassi-

toi (sistema tradizionale se-

guito in Toscana);

- appassimento in appositi lo-

cali con ventilazione forzata.

L’appassitoio deve essere un

locale molto sano, ben espo-

sto e molto ventilato, con

temperature di circa 10°C-15-

°C. Nella preparazione del Vin

Santo toscano il metodo clas-

sico e più comune è quello di

mantenerla nell’appassitoio e

di rinnovare l’aria molto spes-

so, collocando i grappoli scelti

su graticci di canne. Sui can-

nicci, i grappoli devono essere

disposti su un solo strato e me-

glio se fra un grappolo e l’altro

rimane un po’ di spazio libero

per la circolazione dell’aria.

Durante l’appassimento l’uva

non deve essere abbando-

nata a se stessa: periodica-

mente deve essere ripulita da

quelle parti di grappolo che si

presentano marcite, affinché

la muffa non si diffonda sull’in-

tera massa per eccessivo

contagio, alterando il carattere

fruttato dell’uva e conferendo

ad essa odori sgradevoli.

lavorazione del mosto

Quando la percentuale zuc-

cherina ha raggiunto tas-

si soddisfacenti (30%-40%

per i Vinsanti dolci, e 25%-

28% per i Vinsanti secchi), e

le percentuali di contenuto

di acqua hanno subito una

sensibile diminuzione, i grap-

poli vengono avviati al pro-

cesso di ammostamento.

L’uva così concentrata, passa

alla pressatura previa un’at-

tenta selezione che consiste

nel separare i grappoli marciti,

oppure troppo carichi di muffa

non buona (es. peronospora)

o, se si vuol eseguire un la-

voro più accurato, anche gli

acini marciti, quelli immaturi

e quelli vuotati dagli insetti.

Buona pratica è mantenere

questo mosto carico di feccia

e di vinaccia per 3-4 giorni ad

una temperatura di 20-22°C al-

lontanando successivamente il

mosto e pressando la vinaccia.

Ottenuto il mosto, inizia la fase

di fermentazione nel caratello.

la fermentazione

nel caratello

Dopo la decantazione più o

meno parziale, ha inizio una

delle fasi più importanti e de-

terminanti per la qualità del

Vin Santo: la fermentazione

nei caratelli. Entrano quindi in

gioco due fattori: quello micro-

biologico e quello della qualità

del caratello. Il caratello per il

mosto del Vin Santo deve es-

sere robusto è ben cerchiato in

ferro, per una maggior tenuta

anche durante la fermentazio-

ne, per non riscontrare incon-

venienti di cedimento. Questo

vaso vinario è costituito da

doghe in legno (in genere ro-

vere o castagno ma anche

acacia e ciliegio ), con strut-

tura simile alle botti, ma con

capacità molto più piccole (da

50 a 200 litri circa). In esso av-

viene sia la fermentazione del

mosto che l’invecchiamento

del Vin Santo. Dopo essere

stato riempito fino all’80-85%

del suo volume. Il caratello

viene chiuso ermeticamente

in modo che possa avvenire la

fermentazione.

I caratelli sono posti in lo-

cali chiamati vinsantaie ca-

ratterizzati da sensibili va-

riazioni delle temperature,

Page 51: Il Sommelier n.1/2011

speciale Toscana

cosicché si verificano ripetu-

ti arresti della fermentazione,

che permettono il seleziona-

mento già dal 2° anno dei lie-

viti.

Il Vin Santo viene tenuto nei

caratelli per un minimo di 3

anni, periodo durante il quale

avviene sia la fermentazione

alcolica (specialmente in pri-

mavera ed autunno quando

le temperature favoriscono i

fermenti alcoligeni ) sia altre

fermentazioni condotte da

diversi tipi di batteri e muffe,

le quali conferiscono al Vin

Santo sostanze importanti per

l’acquisizione di determinanti

sapori ed odori. Nel periodo

di invecchiamento, durante il

quale continua la produzione

di alcool etilico, si possono

rendere necessari i travasi,

che consentono di separare

il Vin Santo dalla componente

fecciosa; tale operazione può

essere anche evitata, ma così

facendo si aumentano i rischi

di creare insediamenti di bat-

teri dannosi, che nutrendosi

di composti fecciosi, causano

alterazioni alla qualità del pro-

dotto.

la madre del Vin Santo

Il metodo tradizionale, valido

ancora oggi, è di usufruire del

deposito feccioso finale avuto

dall’ultimo travaso del vinsan-

to, ossia la Madre, contenente

quei ceppi di microrganismi re-

sistenti atti alla fermentazione.

Essa è costituita da gommo-

resine (sostanze solide di ori-

gine vegetale), pectine, pro-

teine, da lieviti e da batteri. Le

pectine, le gommoresine, e le

proteine apportano il velluta-

to, mentre i lieviti, generano

composti aromatici gradevo-

li in questa categoria di vini.

L’unico effetto negativo può

essere quello della formazione

di aldeide acetica in eccesso.

E chiaro che se la madre è

precedentemente derivata da

un vinsanto dalle qualità or-

ganolettiche non buone, verrà

scartata; al contrario le madri

migliori verranno riutilizzate.

La fermentazione può veni-

re affidata anche ai soli lieviti

derivanti dalla feccia dell’uva

ammostata, in assenza quin-

di della madre, anche se tale

pratica è meno abituale in To-

scana.

l’imbottigliamento

Terminato l’invecchiamento

(3 anni minimo), il Vin Santo

viene tolto dal caratello per

essere imbottigliato, suben-

do un processo di filtrazione,

vengono usati filtri di cellulosa

o filtri a cartone, in modo da

separare le eventuali sospen-

sioni presenti nel liquido.

Page 52: Il Sommelier n.1/2011

La prima bottiglia di

“Sassicaia”, con la

stessa etichetta che

conosciamo oggi, esce nel

1968. Il “Sassicaia” (85%

Cabernet Sauvignon e 15%

Cabernet Franc) ha aperto la

strada a tanti altri grandi pro-

duttori, locali e “nazionali” per-

chè tutti vogliono fare grandi

rossi a Bolgheri, ma anche a

Castagneto Carducci e Suve-

reto. La nuova cantina della

Tenuta San Guido inaugurata

con la vendemmia 2009 è tut-

ta tecnologia, non lasciando

niente alla esteriorità. Dopo

qualche anno a Bolgheri un

“giovane” produttore Eugenio

Campolmi (venuto a manca-

re troppo presto), aveva de-

ciso dal 2001 di cambiare il

suo “Paleo” con il Cabernet

Franc in purezza. Una intui-

zione che ha premiato il bravo

“contadino” e che ora la mo-

glie Cinzia Merli ne continua

caparbiamente la produzione.

Aldo Santini, il grande giorna-

lista e scrittore livornese che

conosce molto bene la “sua”

provincia, anni addietro in

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 150

spec

iale

Tosca

na Livorno,terra di grandi vini

a cura di Gianfranco Grossi

La realtà vinicola della provincia di Livorno da molti anni si è imposta all’attenzione del mondo intero per alcune

produzioni, grazie in primis al marchese Mario Incisa della Rocchetta che impianta il primo vigneto di Cabernet a

Castiglioncello di Bolgheri nel 1944.

Gianfranco Grossi con il Marchese Niccolò Incisa della Rocchetta

Page 53: Il Sommelier n.1/2011

omaggio al territorio di Bol-

gheri scrisse: “Davanti a que-

sti vini, giù il cappello”.

Il merito della nascita di vini

moderni e importanti a Bol-

gheri è di due contessine Della

Gherardesca che fanno inna-

morare un Antinori e un Incisa

della Rocchetta (che frequen-

tava l’Università a Pisa) e poi

li sposano. È proprio il mar-

chese Mario Incisa che mette

a dimora i ceppi di Cabernet

coltivati dai duchi Salviati a Mi-

gliarino. Poi, con l’intervento

di un allora “giovane promet-

tente” Giacomo Tachis il “Sas-

sicaia” trova la sua dimensio-

ne mondiale. La passione del

marchese, oltre al vino, erano i

cavalli: i meno giovani ricorda-

no le vittorie di Ribot allevato

a Bolgheri con il socio Tesio.

Una passione che il marchese

Nicolò “coltiva” ancora. Bol-

gheri ha una sua “Denomina-

zione di Origine Controllata”

riservata ai vini bianco, rosso,

rosato, Vermentino, Sauvi-

gnon e Vin Santo Occhio di

Pernice, mentre la DOC “Bol-

gheri” con riferimento alla sot-

tozona “Sassicaia” è riservata

al vino proveniente dalla omo-

nima sottozona. Il prof. Attilio

Scienza con Luca Toninato e

Paolo Krasnig hanno fatto uno

studio approfondito del terri-

torio di Bolgheri, “Un piccolo

territorio, zonazione e indica-

zioni pratiche per la valorizza-

zione delle risorse ambientali

e viticole della DOC Bolgheri”:

azienda per azienda, indican-

do il vitigno più adatto a quei

terreni.

Tra i produttori tradizionali

(a Bolgheri e Castagneto) ci

sono, tra gli altri, gli Antinori

(tutti ricordiamo il “Rosè”, poi

abbandonato e da qualche

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 51

speciale Toscana

Porto di Livorno

Page 54: Il Sommelier n.1/2011

spec

iale

Tosca

na

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 152

anno “rientrato” prepoten-

temente nella produzione) e

Antonino Tringali Casanuova,

tanto per fare alcuni nomi,

ma anche Gaia, Satta, Grat-

tamacco Collemassari e, “I

Luoghi” di Stefano Granata,

Podere Sapaio di Massimo

Piccin, “Batzella”, “Chiappini”,

i Frollani di “Casa di Terra” ed

i Fuselli di “Terre del Marche-

sato”. Non me ne vogliano di

qualche dimenticanza.

Oltre a Bolgheri, Castagneto e

Suvereto buoni vini sono pro-

dotti anche a Bibbona (che ha

la sua Doc Terratico): da cita-

re Villa Caprareccia dei Fratelli

Galli e “Ferrari Iris e figli”.

La provincia di Livorno insie-

me ai grandi rossi ed a bianchi

di tutto rispetto (il Vermentino

è più sapido quando “vede” il

mare), “offre” molta cultura: a

iniziare dalla poesia del Car-

ducci “I cipressi che a Bolgheri

alti e schietti van da San Guido

in duplice filar” (ben 2525!!!), il

viale che è un inno alla civiltà

della campagna toscana. Poi,

seguendo il profumo del vino

che proviene dalle cantine,

siamo invitati a visitare mu-

sei, paesi che sembrano usciti

dalle fiabe, ammirare tramonti

da mozzafiato e dedicarsi an-

che ad appuntamenti culturali,

l’ultimo dei quali “Bolgheri Me-

lody” ha riportato un succes-

so strepitoso. Dalla fine degli

anni ‘50 il marchese Incisa ha

concesso un ampio terreno al

WWF per farne un’oasi fauni-

stica che è visitata da migliaia

di amanti della natura.

La Doc Val di Cornia compren-

de, tra le altre, le aziende “Tua

Rita”: di Rita e Virgilio Bisti (ve-

nuto a mancare recentemen-

te): al suo “Redigaffi” (Merlot

in purezza) Robert Parker,

autore della rivista “The Wine

advocate”, aveva dato una

valutazione di 100/100, una

cosa mai esistita, mentre il

“Giusto di Notri” da tantissimi

anni è apprezzato e ricercato

in tutto il mondo; “Gualdo del

Re” di Nico e Maria Teresa

Rossi e anche Pietro Petricci e

Page 55: Il Sommelier n.1/2011

53

speciale Toscana

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Marilena Del Pianta: sono

aziende “storiche” di Suvere-

to. Credo buon ultimo, i Mo-

retti con la grandissima Can-

tina “Petra” (progettata da

Mario Botta), “La Bulichella”

di Hideyuki Miyakawa, Rus-

so del Podere Metocchina

e Jacopo Banti e la grande

azienda“Fratelli Muratori”.

A Piombino mi piace segna-

lare Anna Maria Toni Tolomei,

Fratelli Gigli di “Sant’Agnese”

e Bonti di San Giusto. Per

l’Isola d’Elba le aziende “in-

teressanti”: Pier Mario Meletti

Cavallari (dopo aver ceduto

“Grattamacco” sta coltivando

9 ettari a Capoliveri dove na-

sce un grande Aleatico), ”Ac-

quabona” di Marello Fioretti e

“Cecilia” soprattutto da quan-

do il giovane Lorenzo Signo-

rini ha preso in mano le redini

dell’azienda. Da poco anche

nell’isola di Capraia nasce un

rosso: “La Piana” di Linda Ca-

ioli. Della “Strada del Vino Co-

sta degli Etruschi” fanno parte

anche alcune aziende della

provincia di Pisa.

Il pesce: l'altra ricchezza dei livornesi

Page 56: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 154

spec

iale

Tosca

nasp

ecia

le To

scana Bolgheri:

invito alla visitaa cura di Paolo Valdastri

Bolgheri è soprattutto uno stato d’animo,un modo di vivere, un’atmosfera rarefatta

di un mondo che si pensa estinto.

Come in un mosaico,

le singole tessere che

lo compongono sono

costituite da materiali e colori

preziosi, ma, osservandole

una ad una, non si ha la

percezione dell’insieme. La

natura è ancora incontaminata:

il bosco domina le colline

che, correndo parallele alla

costa, proteggono dal gelo

invernale. E ad occidente

domina l’azzurro del mare,

che mitiga, con le sue brezze,

le grandi calure estive. La

vigna, spesso incastonata nel

verde della foresta, e gli antichi

olivi, dominano, insieme al

silenzioso frusciare del vento,

un paesaggio pennellato con

discrezione dalla presenza

umana. La popolazione

è cordiale e accogliente,

sorridente e contenta di

condividere la propria fortunata

condizione esistenziale

con il visitatore attento. I

borghi sono ben conservati,

senza alcuna concessione

alla spettacolarizzazione

turistica: percorrendo a piedi

le piccole strade, si entra

immediatamente in sintonia

con una vita reale ancora a

misura umana, senza stress e

senza affanni. Anche la cultura

ha la sua giusta collocazione,

con eventi saggi e misurati, mai

fuori dalle righe. Ma la tessera

più preziosa del mosaico,

quella di oro zecchino, è

costituita dai vini di questa

terra, vini che hanno fatto la

storia recente dell’enologia

italiana e che si raccordano

in maniera perfetta con la

gastronomia locale.

Vini profumati, complessi,

generosi, vini che parlano

di territorio al di là del loro

specifico uvaggio.

Ecco allora, che il mosaico

è composto, ed il quadro

è completo e affascinante.

Immergersi nella natura

bolgherese e nel suo

ambiente umano e storico,

assaporandone i frutti dolci

e maturi della sua terra, è

un’operazione che conduce

molto vicino a quello stato

di aponia tanto ricercato dai

filosofi epicurei e tanto difficile

da raggiungere nella morsa

degli attuali ritmi di vita.

Questa condizione di grazia la

si può percepire già attraverso

l’assaggio di un bicchiere di

vino Bolgheri. Dietro l’etichetta,

in quel rosso elegante e

complesso si percepisce tutta

la naturale gioia di questo

territorio. L’etichetta evoca

un mondo che ci si accorge

di aver sempre sognato, e

che esiste ed è reale. La visita

dei vigneti, delle cantine, dei

borghi medievali, delle colline

Page 57: Il Sommelier n.1/2011

55Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

e del mare, la degustazione

dei vini in compagnia dei

produttori, rendono conto

di quanto questo mondo sia

vero, concreto e a portata

di mano. Gli assaggi di vino

Bolgheri che seguiranno, a

casa propria oppure ovunque

nel mondo, riporteranno alla

memoria queste sensazioni

e le renderanno di nuovo

vive, animando il desiderio

di ripeterle il più spesso

possibile.

BOlGHeRI:I lUOGHIBolgheri: un Castello che

racchiude poche case,

una piccola chiesa dallo

stile asciutto, il Tinaione e il

Cantinone, testimonianza di

un’importante attività agricola

padronale, una piccola

piazzetta con la rassicurante

statua di Nonna Lucia, qualche

negozio di artigianato, molte

semplici e tranquille trattorie,

alcuni rocciosi, immensi olivi

pluricentenari. Tutt’intorno

boschi e colline, vigne ed

olivi a perdita d’occhio. Nelle

giornate più limpide, dall’alto

del campanile, la visione, quasi

un sogno, delle vette innevate

dei monti di Capo Corso ed

un mare intensamente blu nel

mezzo.

Castagneto Carducci: a

differenza di Bolgheri ha tutte

le caratteristiche di paese con

i suoi negozi, il suo traffico, i

suoi affari. Ma l’armonia del

luogo è sempre la stessa.

Qui si percepisce ovunque

la presenza del Poeta,

per i suoi versi, ricordati

efficacemente nel Parco

Letterario, ma soprattutto

per l’impronta lasciata nella

gastronomia locale,con le

sue pantagrueliche ricette di

cacciagione.

BOlGHeRI:Il VINOMario Incisa della Rocchetta

impianta il primo vigneto di

cabernet a Castiglioncello di

Bolgheri nel 1944.

La prima bottiglia di Sassicaia,

con la stessa etichetta che

conosciamo oggi, esce nel 1968.

Foto a cura di Luca Silvestri

Ornellaia, vigneto Bellaria

speciale Toscana

Page 58: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 156

spec

iale

Tosca

naLa DOC per il vino rosso arriva

solo nel 1994 e disciplina

i Bolgheri Superiore ed il

Bolgheri Sassicaia, come

primo esempio di “cru”

italiano.

Tanti anni ci sono voluti

perché si capisse che le geniali

intuizioni del Marchese Incisa

avevano creato un fenomeno

particolare per la storia del

vino italiano: quel fenomeno

che rende i vini bolgheresi,

vini di piena e grande

espressione di “terroir”, vini

profondamente legati al suolo

ed al clima del territorio da cui

provengono. Vini di carattere

e razza originale e personale,

i più famosi dei quali derivano

da un perfetto adattamento

dei vitigni bordolesi al clima

di Bolgheri, un’espressione

mediterranea di cabernet e

merlot, altrettanto affascinante

di quella atlantica offerta

nel loro territorio di origine.

La vocazione ai grandi vini

si esprime, però, anche

con i tradizionali autoctoni

Sangiovese e Vermentino,

sempre molto diffusi nella

zona.

Sassicaia tra i più grandi vini

del mondo, ma non da solo.

Già dalla fine degli anni ’80

altri produttori, anch’essi oggi

famosi, si affiancano al “mito”

per dimostrare che “grande”

è l’intero territorio e non

solo il singolo vino. La DOC

Bolgheri ha avuto una rapida

espansione negli ultimi dieci

anni, passando dai 250 ettari

della fine anni ’90 agli oltre

960 attuali.

Le aziende attualmente

associate al Consorzio sono

36 su circa 50 operanti sul

territorio.

GeOGRAFIA e ClIMAL’area di produzione corre

parallela alle spiagge della

Maremma settentrionale

situate in provincia di Livorno,

nel Comune di Castagneto

Carducci. Ad est una catena

di colline corre tra Bibbona e

Castagneto e protegge vigneti

e oliveti dai gelidi venti del

nord, che, durante l’inverno,

provocano spesso micidiali

gelate. In estate, invece,

questo corridoio è percorso

da venti rinfrescanti che si

generano tra le valli del fiume

Cecina a nord e del torrente

Cornia a sud.

Gli anziani dicevano che non

si potevano fare grandi vini

in vicinanza del mare. Per

questo il primo vigneto del

Sassicaia fu piantato, nel 1944

a Castiglioncello di Bolgheri,

esposto ad est e a 400 m.

slm. Oggi si è dimostrato che

è proprio la vicinanza del mare

a dare grandi vini.

GeOlOGIAI terreni di Bolgheri hanno una

grande variabilità in un ambito

piuttosto ristretto.

Vi sono dei terreni alluvionali,

di origine fluviale, con ciottoli

tondi depositati dagli antichi

corsi d’acqua. Il nome

Sassicaia deriva proprio da

questa caratteristica. Vi sono

terreni di origine marina, con

sabbie eoliche, dei calcari e

delle argille. E ancora rocce

vulcaniche provenienti dalle

Colline Metallifere ad est.

Secondo le ricerche di Lizio-

Bruno, si possono individuare

tre grandi zone: le colline, la

zona intermedia e la zona più

vicina al mare. Sulle colline si

trovano i depositi alluvionali

più antichi. L’alluvione

ciottolosa sulla quale si trova

il vigneto Sassicaia è inoltre

caratterizzata da una buona

presenza di ossido di ferro. In

basso i depositi fluviali sono

più giovani e si mescolano, ad

ovest, con quelli marini.

VIGNeTO e VITIGNILa densità dei vigneti è molto

variabile. I più vecchi hanno

una densità di 5.500-6.000

ceppi per ettaro, mentre in

alcuni più recenti si arriva

alla soglia dei 10.000 ceppi

per ettaro, con necessità di

utilizzo di trattori scavallanti.

La maggioranza dei nuovi

impianti si attesta oggi su una

densità di circa 7.000 ceppi

per ettaro.

Il sistema di allevamento

prevalente è il cordone

speronato singolo, ma non

mancano esempi di guyot e

addirittura di alberello.

Page 59: Il Sommelier n.1/2011

I vitigni più impiantati sono

ovviamente quelli la cui

vocazione è stata largamente

dimostrata da Sassicaia prima

e dagli altri storici, Ornellaia,

Grattamacco, Macchiole,

Guado al Tasso, Satta, dopo.

Si tratta di Cabernet

Sauvignon, Cabernet Franc,

Merlot. La sperimentazione

che dura ormai da quasi un

ventennio, ha dimostrato

le grandi potenzialità di altri

vitigni come Syrah e Petit

Verdot. Il Sangiovese continua

comunque ad avere un suo

zoccolo duro di sostenitori.

Per i vini bianchi, il Vermentino

è attualmente il più impiantato.

Il Sauvignon Blanc, dopo

alterne vicende, sta ritrovando

una sua dimensione altamente

qualitativa, ed è spesso

affiancato dal Viognier.

VINI ROSSI

L’attuale configurazione del

disciplinare, con la possibilità di

utilizzare Cabernet Sauvignon

fino all’80%, Merlot fino al

70%, Sangiovese fino al 70%,

non consente di definire uno

stile unico del vino Bolgheri.

In realtà i vini sono

generalmente basati sul

blend Cabernet (Sauvignon

e Franc) e Merlot, spesso

accompagnato da Petit

Verdot. Non mancano blend

con sangiovese o addirittura

sangiovese in purezza.

Siamo sempre di fronte a

vini rossi dai colori intensi

di un rubino cupo, spesso

impenetrabile, che dimostra

grande tenuta nel tempo. I

profumi sono caratterizzati da

frutto nero maturo e dolce,

a volte con note balsamiche

di macchia mediterranea,

con speziature del rovere

sempre ben integrate. Al

palato colpisce la rotondità e

la morbidezza, la dolcezza del

57Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Castello di Bolgheri: veduta dalle vigne

Foto a cura di Luca Silvestri

speciale Toscana

Page 60: Il Sommelier n.1/2011

frutto sempre ben vivacizzata

dalla freschezza della

componente acida, la trama

tannica fitta e matura, il finale di

buona lunghezza. L’eleganza

e la struttura potente ma

slanciata grazie all’acidità,

sono le caratteristiche positive

più frequenti, anche se il clima

mediterraneo offre sempre

delle gradazioni alcoliche di

tutto rispetto.

Lo stile ideale può comunque

essere ricercato nel solco della

linea tracciata dal Bolgheri

Sassicaia e dai grandi storici

“Bolgheri Superiore”, senza

però trascurare gli IGT assurti

ormai a fama mondiale come

Masseto e Messorio (Merlot

100%), Paleo (Cabernet Franc

100%), Cavaliere (Sangiovese

100%).

Sotto il Bolgheri Sassicaia, i

Bolgheri Superiore ed i grandi

IGT, troviamo l’ampia gamma

dei Bolgheri Rosso. Si tratta

di vini di grande piacevolezza

e bevibilità, anch’essi

morbidi, eleganti e maturi,

meno impegnativi rispetto ai

“superiori”, ma pur sempre in

grado di accompagnare una

saporita cucina di carni rosse

e selvaggina.

È importante puntualizzare

che il grosso di questi vini

deriva, attualmente, da

impianti giovani, che, anno

dopo anno, dimostrano

un costante miglioramento

qualitativo dovuto alla

sopravvenuta maturità dei

vigneti. La critica internazionale

è concorde nell’affermare che

il potenziale del vino Bolgheri

è “gigantesco”.

VINI ROSATI

Il vino rosato ha una sua

tradizione radicata fin dagli

anni ’70, quando era famosa

la produzione del “Rosé di

Bolgheri” degli Antinori.

Le uve più utilizzate sono

il Sangiovese e la Malvasia

nera, ma anche il Cabernet,

Merlot e Syrah che danno dei

rosati freschi, fruttati e saporiti,

perfettamente adatti alle molte

ricette della cucina marinara

della costa.

VINI BIANCHI

Il Vermentino è il vino bianco

preferito da molti produttori di

Bolgheri. É di solito vinificato in

purezza, ma si trova anche in

uvaggio con Sauvignon Blanc

e Viognier.

La tipologia più diffusa è

quella dei bianchi freschi e

fragranti vinificati in acciaio,

da accompagnare al saporito

pescato mediterraneo. Si

trovano alcuni esempi di

Vermentino e di Viognier raccolti

a piena maturità delle uve e

vinificati in barrique. Lo stile è

più complesso ed impegnativo

e si adatta a preparazioni di

mare più elaborate, ma anche

ad una cucina di carni bianche

e pollame.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 158

spec

iale

Tosca

na

Tenuta Ornellaia

Page 61: Il Sommelier n.1/2011

Sul tutto svetta il mon-

te Capanne con i suoi

poco più di mille metri.

Il mare che la circonda mitiga il

suo clima riducendo le escur-

sioni termiche giorno/notte

con scarsa piovosità più ac-

centuata nella parte occiden-

tale. Tracce del suo vino risal-

gono all’epoca greco-romana

e vien preso in considerazione

anche nel Bando delle Vigne di

Ferdinando I dei Medici con la

raccomandazione di recinge-

re le vigne per tener alla larga

i bovini, ma soprattutto i cin-

ghiali oggi veramente dannosi.

Anche Napoleone I dette una

mano agli elbani con tecnici

del sud della Francia che mi-

gliorarono molto la qualità del-

la produzione. Attualmente è

poca la superficie vitata perché

il turismo appare business più

redditizio e meno faticoso del

duro coltivar in terrazzamenti

ed a mano. Dai 5000 ha di fine

‘800 ai 3000 degli anni ’50 ai

560 degli anni ’90 ai circa 300

odierni dei quali solo il 10% -

trenta ! – coltivati ad aleatico.

Forse la recentissima proposta

di DOCG per l’Aleatico Passi-

to, scorporandolo dalla DOC

Elba, farà ricredere i vignaioli

elbani riportandoli sul loro viti-

gno più illustre e pregiato. Le

zone a maggior densità viticola

son le centro-orientali con il

territorio intorno al capoluogo

Portoferraio,il Pian di Mola, La-

cona e Porto Azzurro nonché

l’intorno di Capoliveri con il

colle che la sovrasta, partico-

larmente vocato per l’aleatico.

ISOLA D’ELBA “Un grandioso museo

mineralogico all’aperto” a cura di Marzio Berrugi

Questa è la definizione dell’isola che dette il Lotti, geologo di fine ‘800: a numerosi rilievi di poche centinaia

di metri si alternano alcune valli e tratti pianeggianti costieri come il Pian di Mola, fitto di viti.

speciale Toscana

59Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Vigneto Tenuta Ripalte

Page 62: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 160

spec

iale

Tosca

naUna curiosità: scrive il prof.

Scienza che esiste anche un

aleatico a bacca bianca “liati-

co” o “viatico” noto agli scrit-

tori di vino fin dal 1300, che ha

fatto sostenere ad un enologo

dell’800 la sua apparteneza

al ceppo dei moscati. Mah. Il

nostro aleatico ha produzione

media e costante, ama climi

caldi ed asciutti, terreni in colli-

na e ben esposti con suoli bruni

mediterranei e sopporta le piu

diffuse malattie crittogamiche

un po’ meno le muffe che ac-

compagnano tarde primavere

marcatamente umide. Talvolta

se ne esce con acinellature fit-

te e demoralizzanti: allega me-

glio con l’archetto del Guyot e

con l’alberello che con il cor-

done. I suoi grappoli, piccoli,

pesano spesso meno di 300

grammi hanno buccia legge-

rissima e vengono mortifi cati

dalla vendemmia tardiva che

ne demolisce l’acidità: ideale è

la vendemmia un po’ precoce

che brilla per zuccheri ed aci-

dità. È perciò l’appassimento

la parola chiave che fa capire

questo grande vino. Valgono

ancora, a distanza di ottanta

anni, le regole del Foresi, elba-

no: raccolta alla seconda metà

di settembre,cernita rigosa,

appassimento al sole su gra-

ticci che vengono coperti con

teli la notte o se piove. Come

il “soleo” di Jerez de la Fronte-

ra. Usati anche tunnel ricoperti

di teli con ventilazione naturale

specialmente per grosso par-

tite da appassire. Quando gli

zuccheri oltrepassano di poco

il 30%, diraspatura spesso ma-

nuale, pigiatura e fermentazio-

ne per una settimana o poco

più con lieve macerazione di 5

o 6 giorni poi inox o recipienti

in legno, la cui capacità varia

secondo le intenzioni del pro-

duttore, nei quali la fermenta-

zione continua lentamente con

possibili riprese primaverili.

Quando il rapporto tra zuccheri

residui ed alcol è di 1 a 5, ovve-

ro almeno 16°C totali di cui 13

svolti siamo arrivati. Esce sul

mercato nell’anno successivo

alla vendemmia fragrante di

amarena, ciliegia, ribes e mora

maturi e zuccherini, rosso non

troppo carico acidità ben av-

vertibile che, aiutata dal tanni-

no, alleggerisce la sensazione

dolce: piacevole la salinità fina-

le. Può avere anche un anno o

due di affinamento ed allora il

colore si ispessisce, la frutta di-

venta sotto spirito o confettura,

affiorano leggere speziature e

note di legno legate al tipo di

affinamento. Spesso visitando

i vigneti si viene distratti dal

magnifico panorama che l’isola

offre, come nella tarda prima-

vera quando il verde delle viti si

confonde con il ricco verde che

le circonda, spesso lucente di

gioventù perché rinato dopo

uno dei numerosi incendi che

talvolta affliggono l’Elba. Come

avviene alle Ripalte sopra Ca-

poliveri dove i vigneti più in alto

offrono a NE Porto Azzurro

con sullo sfondo Portoferraio

ed a SO Montecristo con dietro

l’isola del Giglio, mentre dall’al-

to le vigne più in basso sem-

brano sospese sull’azzurro del

mare. Qui si mette a punto un

Aleatico passito fuori dal coro

Page 63: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 61

speciale Toscana

Primo a dx Marzio Berrugi, ultimo a sx Piermario Meletti Cavallari;

il cui nome, Alea Ludendo,

sembra sottintendere i rischi

e le difficoltà che comporta la

messa a punto. Il timone lo tie-

ne Permario Meletti Cavallari,

già stella a Bolgheri, e la rotta

che ha tracciato conduce ad

un vino che ha sì amarena, ma

anche vegetali mediterranei

secchi, legni leggermente af-

fumicati, carruba ed altra frutta

secca con leggera terziarizza-

zione. Corpo pieno, morbido

con zucchero tutt’altro che in-

vadente, tannino che asciuga

le sensazioni dolci ed acidità

frasca che sostiene e pulisce

piacevolmente. Siamo in effetti

un po’ lontani dal vino dolce,

ciliegioso ed piuttosto ovvio.

Quando i 5 ha di vigneto avran-

no qualche vendemmia in più,

sarà sicuramente una bottiglia

eccellente. Notevole anche il

vermentino fresco di acidità,

di salvia ed essenze mediter-

ranee eppur pieno e morbido

con finale di mandorla, legger-

mente amarognolo ed il rosso

da alicante-grenache che con

piccola macerazione scarica il

colore e la percezione tannica

tanto da poter figurare, fresco,

su piatti robusti di pesce. Inte-

ressante anche Arrighi, piccolo

produttore di Porto Azzurro la

cui piccola produzione di Ale-

atico passito, decisamente di

qualità, è sul versante tradi-

zionale: corpo robusto,colore

intenso, amarena e ciliegia

evidenti, zuccheri residui ben

percettibili. Interessante la

presenza di sagrantino, primo

all’Elba, in parti uguali con san-

gioveto e syrah che spiega l’in-

solito nome del suo rosso Tres-

se. Procanico in purezza ed in

taglio con ansonica e biancone

ribadiscono il suo essere elba-

no. Di assoluto rilievo gli alea-

tici di due aziende del pian di

Mola, la Sapereta e la Mola:

vini caldi, color rosso vivo in-

tenso, fruttati, di gran struttura,

eccezionalmente lunghi in boc-

ca, tipici, ma distanti anni luce

da ciò che si produceva solo

venti anni orsono, mentre ai

Magazzini di fronte a Portofer-

raio l’Azienda La Chiusa tiene

botta e tradizione con un pas-

sito intenso, morbido e caldo,

intriso di ogni tipo di ciliegia,

amarena in primis. L’augurio è

che la DOCG cui accennavo

in partenza non faccia senti-

re “arrivati” questi benemeriti

della rinascita dell’aleatico, ma

li spinga a sempre meglio in-

terpretare il vitigno e la grandi

potenzialità della sua bacca

appassita.

Page 64: Il Sommelier n.1/2011

Il Cacciucco:tradizionale bandiera

della gastronomia livornese

a cura di Gianfranco Grossi

Tra le ricette livornesi quella più ricercata è senz’altroil “cacciucco”, quello con 5 “C”, mi raccomando,

altrimenti si troverebbe subito da litigare…

Livorno è città giovane

nata da una mesco-

lanza di genti con usi,

colori, riti, lingue e sapori: così

è nato il cacciucco, piatto na-

zionale della policroma colonia

dei Granduchi. Ecco perchè

spesso viene usata l’espres-

sione: “Cacciucco di pesci e

cacciucco di genti”.

Il cacciucco è la “gloria” di Li-

vorno, come la cacciuccata è

la festa di Livorno. E i livornesi

sono toscani soltanto perché

lo dicono le leggi e le carte ge-

ografiche. Le sue origini sono

antichissime. E’ un piatto nato

senza regole perché fatto con

quanto avanzava ai pesca-

tori (soprattutto pesci “rotti”

che nessuno voleva). Sono

in molti ancora oggi a dire e

raccontare che quello “suo” è

il cacciucco “vero”. Ma non è

così: ognuno lo fa a modo suo

e magari è anche un… buon

cacciucco. Negli ultimi anni,

poi, è stato “inventato” il cac-

ciucco per i turisti (qualcuno

dice ingentilito, roba da signo-

rine): cioè senza pesci liscosi,

con il pane abbrustolito ma

non agliato e, peccato grave,

senza o con pochissimo pe-

peroncino.

Sono molti gli ingredienti co-

mandati dal Signore che

compongono (o dovrebbero)

un bel piatto di cacciucco:

grongo e scorpano, palombo

e nocciolo, cicale, boccacce,

seppie e polpetti, sugarelli,

gallinelle, murene, ghiozzi, tri-

glie, ecc. e pane ben agliato in

fondo che poi l’alito “guarisce”

con un potente “ponce”.

Al confronto del “cacciuc-

co viareggino”, molto caro a

Lorenzo Viani, squisito non c’è

che dire, il cacciucco livornese

è tutta un’altra cosa. Anche se

recentemente Claudio Mollo

ha organizzato una gara di

cacciucco tra livornesi e via-

reggini che ha riportato un

grande successo di pubblico

attratto da questo confronto:

alla fine un pareggio ha messo

tutti d’accordo.

Aldo Santini recentemente ha

scritto un libretto sul cacciucco

(distribuito con Il Tirreno), pre-

parato dal alcuni grandi chef

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 162

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Tosca

na

Claudio Mollo

Page 65: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 63

speciale Toscana

“pluridecorati” e l’ha chiamato

“Per un cacciucco del 2000”.

E’ una pubblicazione che ha

suscitato un “vespaio” di pole-

miche, attirandosi le proteste

di quasi tutti i ristoratori livor-

nesi. Ma lui ha tenuto “duro”

dicendo che “quando è nato

non c’erano gli ingredienti che

abbiamo a disposizione oggi,

a cominciare dal pomodoro

e dal peperoncino (giunti a

noi alla fine del ‘500) e da un

raffinato “olio extravergine di

oliva”.

Una raccomandazione: per

degustare al meglio questo

piatto “sostanzioso” mettia-

moci un buon rosso giovane.

NASCe UN COMITATO DI

VAlORIzzAzIONe PeR Il

CACCIUCCO

Proprio per difendere que-

sto piatto tradizionale ha

preso definitivamente vita il

Comitato di Valorizzazione

del Cacciucco e delle

Ricette della Tradizione

Gastronomica livornese.

Voluto da Claudio Mollo, gior-

nalista e critico gastronomico,

cultore delle tradizioni culina-

rie della Toscana che, insieme

ad un gruppo di esperti del

settore della comunicazione

e dell’alimentazione ha deciso

di dare il via ad una iniziativa

coccolata da tempo.

“Non esiste “una ricetta” o “la

ricetta” del Cacciucco – affer-

ma Claudio Mollo - ma esi-

stono una serie di ricette che

documentano quanto questo

piatto, come altri, oggi non tro-

vino più rispondenza sui menù

proposti dalla maggior parte

dei locali della città. Aspetto

negativo quello della perdita di

identità di un piatto tradiziona-

le e tipico come il Cacciucco,

che non fa altro che aggiun-

gersi alla spaventosa crisi di

immagine nel panorama italia-

no che la ristorazione livorne-

se sta vivendo ormai da molti

anni a questa parte.

Con il Comitato di

Valorizzazione, la speranza è

quella di portare “nuovamen-

te” alla luce certi piatti evitan-

do di cadere in polemiche con

chicchessia o gare su chi fa

meglio questo o quello. Del

resto ognuno di noi è libero di

portare avanti le proprie idee

e noi porteremo avanti la cul-

tura gastronomica senza tanti

discorsi intorno, supportati

dalla stampa specializzata na-

zionale, dai professionisti della

comunicazione, e dagli opera-

tori del settore ittico, invitando

chiunque fosse interessato

Page 66: Il Sommelier n.1/2011

ad avvicinarsi all’iniziativa, per

provare a tornare, almeno una

volta a mangiare un piatto

“vero” e schietto.

Al suo esordio, appoggiano

il Comitato, con il loro patro-

cinio, l’ASA – Associazione

Stampa Agrolimentare Italiana;

L’Associazione Nazionale Città

del Pesce di Mare e il Pesce

Dimenticato. Organizzazione

che seguiranno da vicino le

vicissitudini del neonato grup-

po.

Presto verrà attivato un sito

internet dedicato al Comitato,

mentre è già disponibile un

indirizzo e-mail: comitatodel-

[email protected] al quale

si può richiedere informazio-

ni e precisazioni. Possibile

anche un contatto postale

all’indirizzo: COMITATO DEL

CACCIUCCO – c/o Casella

Postale 1062 – Fil. 6 – 57121

LIVORNO.

AlTRI PIATTI DellA CU-

CINA lIVORNeSe e Del-

lA SUA PROVINCIA

Livorno è stata da sempre cro-

cevia di popoli e religioni. La

presenza ebraica è massiccia

e bene integrata, da sempre,

nel tessuto cittadino. La cuci-

na livornese quindi ha subito

forti influenze da quella ebrai-

ca. Il piatto che più di altri in-

contra il favore dei buongustai

è il “Cuscus” che a Livorno è

presente fin dal 1700 quando

gli ebrei cominciarono ad arri-

vare dalla Tunisia e dalla Libia.

Altre ricette, tanto per citar-

ne alcune, sono le Reginette

con bietole, Zuppa di azzime,

Impanata, Animelle, Cardoni

ripieni, Baccalà in ghiotta, Tri-

glie (di scoglio) alla livornese,

altra specialità molto richiesta

dagli amanti della buona cuci-

na, ecc.

Anche le “roschette” a Livor-

no sono popolarissime e ne

siamo debitori agli ebrei “se-

farditi” venuti dalla Spagna

che qui furono liberi e ricevet-

tero numerosi privilegi. Ce ne

sono di due tipi: “Roschette di

Pasqua” (per la Pesah non si

mangiano cibi lievitati) e “Ro-

schette di Purin” che è la festa

dell’allegria.

Per quanto riguarda i piatti

tipicamente livornesi, oltre al

cacciucco ed alle triglie non si

può non ricordare, tra gli altri,

lo “stoccafisso alla livornese”,

il “Brodo di sassi” (ai tempi

della miseria… nera), il Cavolo

“strasciato”, le Cée alla sal-

via (ormai introvabili), i Datteri

ripieni alla livornese, Gam-

beroni alla Calafuria, l’Inno di

Garibaldi (il “lesso” tagliato a

pezzi e “rifatto” con le patate),

Palombo con piselli, la Torta

di ceci (e il “5 e 5” con il pane

francese con una spruzzata di

pepe). L’elenco sarebbe an-

cora lungo…

La cucina dell‘isola d’Elba e

Capraia (Montecristo e Gor-

gona sono inaccessibili, men-

tre l’accesso a Pianosa è con-

tingentato) naturtalmente, ci

presentano una infinita varietà

di piatti di pesce. Dall’Elba

ci vengono anche dei buoni

vini bianchi. E un tradizionale

buon “Aleatico”.

Per l’entroterra, il Bordatino

che è un piatto originario della

Garfagnana e della Lucchesia,

è arrivato a Castagneto Della

Gherardesca (oggi Castagne-

to Carducci) e a Bolgheri nel

1814 ed ha sfamato tantissi-

me famiglie. Sempre a Bol-

gheri e in tutta l’Alta Marem-

ma, molto ricercati i Crostini

di coglionella, la “Soprassata

di cignale”, Testa di cinghia-

le alla castagnetana, Zuppa

di fosso, Cinghiale in umido,

Pappardelle al cinghiale. Tut-

ti piatti che richiedono grandi

“rossi”. Sulla costa, invece,

Sarde ripiene, Zerri sotto pe-

sto, Pastasciutta “insulla pala-

mita”, Spaghetti con le triglie,

“Baccalà dell’uliva”, Calamari

in zimino, Orata al Sassicaia e

Triglie di Castiglioncello.

Tra i dolci: Campigliese, Ca-

stagnaccio, Cenci, Corollo

o ciambella, Frittelle di riso,

Schiaccia briaca dell’Elba e a

Livorno la “stiacciata” di Pa-

squa, ecc.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 164

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Tosca

na

Page 67: Il Sommelier n.1/2011

Val di Corniaa cura di Alessandro Alcamo

“Qualità” è stata fin da subito la parola d’ordine di questa giovane zona di produzione, in un territorio in cui la viticoltura è molto attiva fin da epoche antichissime.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 65

speciale Toscana

La Doc nasce

ufficialmente nel 1990

dopo 4 anni di intensa

attività dell’Associazione

Intercomunale, costituita

fra i comuni di Piombino,

Campiglia Marittima,

Suvereto, Sassetta, San

Vincenzo e Monteverdi, che

ha guidato a livello istituzionale

il percorso di riconoscimento

della DOC affidando, in tale

ambito, all’enologo Marco

Stefanini il compito di studiare

rigorosamente terreni e

vocazione escludendo dal

perimetro della stessa tutti i

terreni non vocati. Una storia

articolata ed appassionata

che Walter Gasperini, uno

dei protagonisti di allora, ha

raccolto in un volume fresco

di stampa.

Diciannove furono i produttori

“fondatori” della DOC e

molte di quelle aziende

rappresentano ancora oggi

l’eccellenza qualitativa del

territorio (Gualdo del Re,

Bulichella, Petricci e Del Pianta

a Suvereto, Az. San Giusto a

Piombino e Jacopo Banti a

Campiglia). Col passare degli

anni al nucleo dei “pionieri” si

sono aggiunte nuove realtà che

hanno contribuito a tenere alto

il livello di qualità, come non

citare Tua Rita, produttrice del

pluridecorato Redigaffi, merlot

in purezza, con un dinamismo

che è ancora lungi dall’essersi

esaurito. Nel 1999 è stato

rivisto il disciplinare andando

ad inserire accanto agli storici

Sangiovese, Trebbiano e

Vermentino anche i vitigni

internazionali (Cabernet,

Merlot e Syrah) e l’Aleatico,

Page 68: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 166

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iale

Tosca

na

a coronare un’ espansione di

gamma e di prodotti che negli

anni novanta si era già venuta

affermando con forza. La

definitiva consacrazione della

zona è avvenuta con l’ingresso

di grandi realtà nazionali del

mondo vitivinicolo sul territorio,

dove sono state realizzate

autentiche cantine modello

(Petra- Gruppo Moretti,

Tenuta Rubbia al Colle – F.lli

Muratori). Ma, come detto, la

zona è di per sé in continua

evoluzione ed oggi vive un’altra

trasformazione: dai “pionieri”

della Bulichella il concetto

di viticoltura biologica si sta

estendendo a numerose altre

aziende e in 3 casi (I Mandorli e

Macchion de’Lupi a Suvereto e

La Cerreta a Sassetta) si pratica

già la coltura biodinamica.

Attualmente nella DOC operano

49 aziende (29 a Suvereto,

8 a Campiglia Marittima, 7 a

Piombino, 3 a Monteverdi, 1

rispettivamente a San Vincenzo

e Sassetta) con una superficie

vitata complessiva di 561 ha.

La natura dei terreni varia

sensibilmente in funzione delle

zone, nel giro di pochi metri

si passa da argille calcaree a

terreni galestrosi, fino a trovarsi

di fronte ad argille plioceniche

e terreni calcarei affioranti.

Questa enorme e preziosa

variabilità è una fonte di

ricchezza per il territorio e i suoi

prodotti in quanto i vini che qui

nascono diventano complessi

e strutturati.

Il Sangiovese, il Merlot ed

il Cabernet riescono ad

esprimersi molto bene,

soprattutto nei terreni più

antichi come il Promontorio di

Piombino, quelli di Suvereto

collina, a Campiglia Marittima e

Sassetta, mentre nei terreni più

a valle si conferma il Cabernet

e danno il meglio di sé vitigni

come il Syrah ed il Vermentino.

I vini della Val di Cornia assumono

sovente una mineralità lieve,

conferita da terreni di coltura

antichi e importanti, che

rendono intriganti e originali

molti prodotti.

La DOC Val di Cornia sia da un

punto di vista geologico che

viticolo rappresenta un anello di

congiunzione tra i territori della

Maremma, con i sui vini robusti,

minerali e ricchi di carattere ed

il Bolgherese, caratterizzato da

prodotti intriganti, eleganti e

signorili, raggiungendo nei suoi

vini di eccellenza un equilibrio

raro di tutte queste virtù.

Page 69: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 67

speciale Toscana

Da secoli si coltivano,

su questi dolci pendii

la vigne e da secoli

se ne trae il nettare di Bacco.

Viene fatta risalire ai Romani la

coltivazione della vite nel terri-

torio ma è “soltanto” nel 846

d.c. che viene menzionata in

un atto ufficiale la produzione

di vino: “A tertiam vices uba le-

gittima calcata” - “vino puro, di

uva pigiata tre volte secondo le

regole, e poi svinata”

Ancora non era nato il piccolo

borgo medioevale, Montecarlo

è stato infatti costruito nel

1333, ma sul colle il lavoro agri-

colo era sicuramente dedito

alla viticultura; il piccolo paese

di contadini che lì vicino sorge-

va si chiamava infatti Vivinaia,

derivante dall’antica Via Vinaria,

strada romana che attraversa-

va la collina da oriente ad occi-

dente e che congiungeva la Via

Cassia presso Buggiano con la

Via Romea presso Altopascio.

La coltivazione della vite pre-

miava, ancora oggi in con-

trotendenza con i tipici vitigni

Toscani, la produzione dei vini

bianchi tanto che, una volta de-

caduta la Repubblica di Lucca

ed il territorio inglobato nel

granducato di Toscana, il Duca

Cosimo dei Medici “rallegrava

i commensali” bevendo i vini

prodotti con uva Trebbiano sul

colle Montecarlese e li stessi

vini raggiungevano contratta-

zioni superiori, sul mercato di

Firenze, a qualsiasi altro vino.

Montecarlo: 40 anni di D.O.C.

a cura di Roberto Forassiepi

Il piccolo comune posto sulla lieve collinache divide la piana di Lucca dalla Valdinievole

è sicuramente uno dei territori più vocati per la coltivazione della vite in tutta la Toscana.

Page 70: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 168

spec

iale

Tosca

naMa l’evento che ha cambiato ra-

dicalmente il vino di Montecarlo

è avvenuto circa nel 1870 quan-

do Giulio Magnani, proprietario

della Fattoria Marchi-Magnani,

decise di andare a visitare la

Francia per apprendere le tec-

niche di vinificazione di quei

territori e decise di riportare

delle barbatelle di vite di alcune

varietà che, secondo il suo giu-

dizio, potessero essere coltiva-

te nel suo territorio di origine.

Visitando la valle del Rodano

ritenne che il Roussanne, il

Semillon, il Viogner ed il Syrah

potessero migliorare i vini

Montecarlesi, bianco e rosso,

donandogli più corpo e profu-

mi ed andando ad ingentilire

quelli prodotti con gli autoctoni

Trebbiano e Sangiovese, antici-

pando notevolmente la tenden-

za degli ultimi anni di realizzare

dei blend tra vitigni autoctoni e

vitigni internazionali. Introdusse

anche tecniche di vinificazione

innovative per il territorio e per

il periodo, imparate in Francia,

tanto che intorno agli anni ’30

del secolo scorso, il vino era

conosciuto come “lo Chablis di

Montecarlo” e fini con l’allietare

i commensali del banchetto di

nozze tra il Principe Umberto di

Savoia e Maria Josè.

L’assegnazione della D.O.C.

nel 1969 al vino bianco di

Montecarlo, una delle prime in

Toscana, è un riconoscimento

sia della qualità del prodotto

sia della sua storia, insieme alla

Vernaccia di San Gimignano,

D.O.C. nel 1966, risulta esse-

re l’alternativa in bianco in una

regione conosciuta per i grandi

vini rossi. Un bianco risultato

di un microclima particolare,

un territorio ventilato con una

discreta diffrenza termica tra

giorno e notte, diverso da ogni

altra parte della regione etru-

sca.

Il vino di Montecarlo ha comun-

que seguito l’evolversi della

tecnologia in cantina ed oggi

produce in particolare vini bian-

chi freschi e profumati, da abbi-

narsi alle tante portate di pesce

che la cucina costiera propo-

ne e vini rossi giovani, freschi,

equilibrati da abbinarsi con i

piatti della pianura Lucchese,

dove la cultura contadina pro-

poneva la Farinata col Cavolo

Nero, la Zuppa alla Frantoiana

e tutti quei piatti legati ai pic-

coli allevamenti di conigli e polli

che i contadini producevano “in

proprio”.

Montecarlo

Page 71: Il Sommelier n.1/2011

Dieci anni fa, all’inizio

del mio percorso

di giornalista, venni

incaricato dal mensile Euposia

di scrivere un articolo sulla

biodinamica applicata alla

viticoltura. Questo compito mi

venne assegnato non tanto per

le mie capacità, ma, piuttosto

per la mia posizione geografica.

Abitavo, ancora oggi, a Lucca e

sulle mie colline, allora, covava

un focolaio di un nuovo modo

di interpretare la viticoltura;

se ne sapeva poco, ma era

certo che questo metodo

era svincolato dall’uso della

chimica nel vigneto. I riverberi

di questo piccolo fuoco erano

localizzati precisamente a

Valgiano, dove un giovane

enologo stava mettendo in

discussione i saperi istituzionali

acquisiti all’Università per

iniziare un cammino personale

di sperimentazione. Il giovane

enologo è Saverio Petrilli

e oggi il piccolo fuoco è un

incendio appiccato a tutta la

viticoltura italiana.

ORIGINeL’origine dell’applicazione

del metodo biodinamico

in agricoltura risale al secolo

scorso nel celebre incontro tra

gli agricoltori di Koberwitz e

l’antroposofo Rudolf Steiner.

Durante questo ciclo di otto

conferenze, Steiner dettò i

principi per un’agricoltura

naturale indipendente dalla

crescente e invasiva industria

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 69

speciale ToscanaSulle

COLLINE LUCChESIalla scoperta

della viticoltura biodinamica

a cura di Fabio Pracchia

Podere dei Concori

Page 72: Il Sommelier n.1/2011

della chimica. Le tesi steineriane

furono le fondamenta di una

filosofia agricola destinata a

rivoluzionare il concetto di

agricoltura. Tra i punti di questi

enunciati vale la pena ricordare

il concetto fondamentale di

organismo agricolo in relazione

continua con terra e cielo. La

reciproca influenza tra i corpi

celesti, il suolo e ciò che vive

sopra esso, piante, uomini e

animali e tale da generare un

ciclo chiuso, che ripropone un

modello universale di equilibrio.

Questo equilibrio è possibile

a patto di conservare il più

possibile la biodiversità delle

colture e degli animali. Difficile

mantenere questa situazione

nell’agricoltura moderna dove

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 170

spec

iale

Tosca

na

Gabriele Da Prato - Podere Concori Saverio Petrilli - Tenuta di Valgiano, premio Vini di Toscana 2009 per la viticoltura sostenibile

Page 73: Il Sommelier n.1/2011

la monocultura e la grande

estensione hanno depauperato

i terreni di sostanza organica

e gli uomini di capacità di

osservazione. Chi ha reso

possibile l’applicazione di

questo metodo alla morfologia

della nuova agricoltura è stato

Alex Podolinsky. Nato in

Russia e emigrato in Australia,

Podolinksy riuscì a realizzare

una serie di preparati, veri e

propri stimolatori di fertilità,

che applicati in piccole dosi

riuscivano ad attivare l’attività

radicale e fotosintetica

delle piante in maniera

sorprendente. Il metodo di

preparazione dei preparati

sfiora la normale comprensione

ma basti sapere che si

basano sulla moltiplicazione

dell’attività microbiotica e

sull’aumento delle rifrazione

dei raggi del sole. Base

della moderna biodinamica,

questi preparati vengono

denominati comunemente

500 e 501. Ce ne sono altri,

ma comunemente vengono

impiegati questi due.

lUCCASaverio Petrilli ha incontrato

più volte Podolinsky e ne

ha colto l’insegnamento. A

Lucca l’enologo della Tenuta

di Valgiano ha formato una

sorta di circolo virtuoso di

piccoli viticultori che praticano

la biodinamica all’interno delle

loro proprietà. Non è un caso

che questa enclave si sia

formata sulle colline lucchesi.

Innanzi tutto, nonostante

l’aspetto conservatore,

Lucca ha sempre mostrato

l’interesse per l’altro da sé,

per la scoperta: basti pensare

che in viticoltura le uve francesi

compaiono da sempre

nei declivi vitati di questa

provincia. La monocultura è

poco diffusa, spesso la vite

interrompe una teoria di oliveti,

orti e campi per l’allevamento.

Ancora, spesso il vino non

è l’unica fonte di reddito e

quindi convive spesso con

altre attività come agriturismo,

ristorazione o altre professioni.

Ultimo, in base a quanto detto

sopra, molti vignaioli hanno

una rara apertura mentale,

culturalmente avanzata e perciò

pronta al nuovo. In termini di

sostenibilità la biodinamica

permette di portare avanti

un vigneto senza inquinare

e stimolando la vegetazione

a guadagnarsi da sola ciò di

cui ha bisogno, attraverso una

brulicante attività radicale e

fogliare. I terreni sono salubri

e ricchi di microrganismi

che danno ossigeno al

suolo, tornano gli insetti

che regolano l’ecosistema

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 71

speciale Toscana

Page 74: Il Sommelier n.1/2011

e predano quelli pericolosi

per le colture. Le aziende

che hanno abbracciato

l’agricoltura biodinamica a

Lucca sono disseminate per

il comprensorio delle colline

con qualche interessante

inserzione fuori zona.

Fabbrica di San Martino,

Fattoria Colle Verde e

naturalmente la Tenuta di

Valgiano occupano in pieno

la denominazione. Per

queste aziende l’agricoltura

biodinamica ha significato

un’interpretazione sempre

più fedele del concetto di

appartenenza. Ciò si è tradotto

in vini progressivamente

più personali e scevri da

conformismi gustativi. Anzi

il vino per loro ha cessato

di essere una sola voce di

guadagno ma la naturale

conclusione di un processo

agricolo armonico e ampio.

Diverso il discorso per le altre

due aziende, principali attrici

di questo movimento. Macea

e Podere Còncori. Queste

aziende sorgono in un’area

dove la tradizione vitivinicola

è affidata ai saperi contadini,

capaci di individuare con la

propria sensibilità i migliori

appezzamenti per le uve.

Siamo, per quanto riguarda

Macea nella Media Valle del

Serchio, e, nel caso di Podere

Concori in Garfagnana. In

questi luoghi, meno facili per

la viticoltura in quanto più a

nord e meno assolati, proprio

la conoscenza delle vecchie

generazioni ha permesso a

queste aziende di salvare non

solo una sorta di viticoltura

ancestrale, ma addirittura

di riportare alla luce vitigni

locali altrimenti destinati

all’estinzione. La biodinamica

ha aiutato queste aziende in

molti modi. Proprio l’utilizzo

dei preparati, citati sopra, ha

permesso un radicamento

delle viti e un apporto di luce

sufficiente per condurre a

maturazione le uve che in

questi luoghi necessitano di

particolare attenzione. Ma

non si tratta solo di qualità

delle uve. In Garfagnana,

data la pendenza dei terreni,

ci sono pericolosi periodi

dell’anno dove le frane non

sono così rare. L’attenzione

alla biodiversità delle specie

vegetali e al fitto radicamento

delle stesse ha permesso una

naturale tenuta del terreno.

Circa tre anni fa in una frana

che aveva coinvolto la zona di

Gallicano dove sorge Podere

Còncori gli unici terreni che

avevano tenuto erano quelli

dell’unica azienda vitivinicola

presente. Che coincidenza

vero?

PARlIAMO DI VINOPurtroppo una diceria

diffusa anche tra gli addetti

ai lavori è che i vini ottenuti

da agricoltura biodinamica

abbiano qualche imprecisione

stilistica. Smettiamola una

volta per tutte: non è vero. Un

esempio per tutti: il Domaine

de la Romanée-Conti è

condotto in biodinamica.

Punto. Detto questo un

tratto comune di questo

approccio agricolo è che

origina vini capaci di rivelare

la reale vocazione dei vigneti.

A Lucca è precisamente

così. Soprattutto perché

stiamo parlando di vignaioli

che non delegano il

compito della vinificazione

e dell’affinamento delle

proprie uve. Il risultato è

stato eccellente. In parallelo

a un cambiamento della

critica enologica sempre più

attento ai vini di territorio, i

vini lucchesi si sono trovati

schierati. A parte Valgiano,

da tempo al vertice della

qualità enologica italiana,

specialmente la Fabbrica

di San Martino e Podere

Còncori stanno raccogliendo

molti consensi dalla stampa di

settore e dagli appassionati,

grazie a vini al tempo stesso

originali e profondi.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 172

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Tosca

na

Page 75: Il Sommelier n.1/2011

speciale Toscana

Risalendo il corso del

fiume Serchio tro-

viamo i paesi di

Castelnuovo Garfagnana, la cit-

tà più grande, Pieve Fosciana,

Castiglione di Garfagnana, Villa

Collemandina, Camporgiano,

Piazza al Serchio e tanti altri in-

cantevoli borghi come Corfino,

Careggine, Minucciano, Vagli,

luoghi dove il tempo sembra

essersi fermato ed aver iniziato

a correre indietro verso i primi

decenni del secolo scorso.

Chi visita questi paesi sente i

profumi ed i sapori di un tempo,

incontra la cultura contadina,

viene inebriato dalla tranquillità

e dalla lentezza dello scorrere

delle giornate, senza frenesia,

fuori da ingorghi, file caotiche.

Una terra dai sapori “poveri”,

semplici, contadini, una cucina

che riscopre il farro, la farina

di neccio, la polenta, il pane di

patate, il miele, i funghi porci-

ni, il formenton e salumi poveri

come il biroldo (del maiale si sa,

non si butta via nulla).

E quindi iniziamo il nostro viag-

gio con una panoramica delle

delizie che questa valle na-

sconde, solo una piccola parte

naturalmente perché ogni pic-

colo borgo va fiero di una spe-

cialità locale, magari prodotta

solo da una piccola macelleria

o da un contadino o da un paio

di pastori o da una vecchietta

che abita in quella casa là in

fondo al paese.

I PReSIDI SlOW FOODAnche in questa antica terra

bisogna ringraziare Slow Food

che ha aiutato alcuni picco-

li produttori a continuare la

produzione di piccole perle di

bontà che altrimenti sarebbe-

ro andate perdute e avrebbero

continuato a vivere solo nella

memoria degli anziani fino ad

andare, piano piano, perdute.

Il Biroldo della Garfagnana

è una tipologia di sanguinaccio

in cui viene utilizzata esclusi-

vamente la testa del maiale, il

cuore e la lingua con l’aggiunta

di spezie che variano a secon-

da dell’artigiano che lo produ-

ce. Non vengono aggiunti i pi-

noli o l’uvetta come nel biroldo

lucchese.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 73

La Garfagnana: viaggio tra i sapori di un tempo

a cura di Livio Del Chiaro

Immersa tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco Emiliano, attraversata dal fiume Serchio e brulicante di valli,

laghi e boschi si trova uno dei patrimoni naturalistici ed enogastronomici più importanti della Toscana, la Garfagnana. Siamo in provincia di Lucca, ad un passo dal Modenese, a sud

della Lunigiana, altra grande terra di antichi sapori.

Page 76: Il Sommelier n.1/2011

Un tempo era considerato un

cibo povero che nel corso de-

gli anni è stato dimenticato ma

poi fortunatamente riscoperto

da alcuni macellai e protetto

come presidio Slow Food.

Il Prosciutto Bazzone deve

il suo nome alla sua forma

particolarmente allungata

che ricorda una bazza (nome

locale per un mento pronun-

ciato). Questo è un prosciutto

prodotto con maiali locali alle-

vati allo stato semi-brado che

vengono macellati intorno ai

15 mesi, quando hanno rag-

giunto un peso di circa 200

kg. Il bazzone è molto grande

e deve essere tagliato solo col

coltello per esaltare le sue ca-

ratteristiche organolettiche. E’

una vera rarità prodotta da 3

soli produttori che hanno rico-

struito la filiera produttiva.

L’ultimo presidio Slow Food

è il Pane di Patate della

Garfagnana, che viene pro-

dotto aggiungendo alla farina

di grano un 15% di patate

lesse (spesso quelle di Sillano)

e facendo lievitare con lievito

madre. È un pane morbido e

molto saporito che fa venire

in mente quei tempi in cui le

patate venivano usate perché

costavano poco e perché il

pane così prodotto si conser-

vava più a lungo.

DOP e IGPla Farina di Neccio della

Garfagnana DOP è una farina

di castagne (neccio in garfa-

gnino significa castagno) per

produrre la quale le castagne

vengono essiccate in “metati”

(apposite strutture in muratu-

ra collocate nei castagneti in

cui le castagne vengono fatte

essiccare sopra un fuoco leg-

gero, alimentato con ciocchi

di castagno). Con la farina di

neccio si prepara la polenta,

i manafregoli, il castagnaccio

ed i necci, spesso accompa-

gnati con ricotta.

Il Farro della Garfagnana

IGP viene coltivato in terreni

idonei tra 300 e 1100 m s.l.m.,

viene seminato in autunno,

coltivato secondo i dettami

dell’agricoltura biologica e

raccolto in estate. Col farro si

preparano zuppe, torte, mine-

stre di fagioli, formaggi.

AlTRI PRODOTTI TIPICIIl Formenton otto file della

Garfagnana è un particolare

tipo di granturco con grandi

chicchi di colore oro, coltiva-

to praticamente da sempre in

Garfagnana. Viene macinato

in mulini a pietra ed usato per

preparare un’ottima polenta.

Il Miele della Garfagnana è

un altro prodotto dalle caratte-

ristiche organolettiche partico-

lari, dovute al territorio di pro-

duzione ancora praticamente

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 174

Biroldo Farina di Neccio

Farro della Garfagnana

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Tosca

na

Page 77: Il Sommelier n.1/2011

incontaminato. I più tipici sono

quello di acacia e naturalmente

quello di castagno.

Altri prodotti tipici sono i fun-

ghi porcini, qui particolarmen-

te abbondanti e saporiti, il pe-

corino, prodotto solitamente

con pecore di razza massese

allevate brade. Questo viene

sottoposto ad una stagiona-

tura più o meno prolungata ed

affinato con diversi ingredien-

ti (vinacce, cenere, foglie di

noce, farro, castagne).

Ma troviamo anche il pesce,

naturalmente non di mare

ma di torrente, la trota, in

particolare quella marinata di

Gallicano, preparata già nel

1500.

E per finire vi sono anche altri

salumi tipici come il Manzo di

pozza, carne di manzo taglia-

ta a pezzi e messa in una ca-

vità (pozza) con una salamoia

naturale fatta di sale ed erbe

aromatiche e la Mondiola

della Garfagnana, un salame

con la tipica forma ad “U” ed

una foglia di alloro nel mezzo.

Il VINOFino a non molti anni fa nel-

la lucchesia ed in Versilia

venivano decantate le lodi

dei prodotti alimentari della

Garfagnana ma si raccoman-

dava di non bere mai vino

garfagnino perché pessimo.

Negli ultimi anni questa affer-

mazione è stata smentita visto

la capacità di alcuni produtto-

ri di riuscire ad ottenere otti-

mi vini anche in questa zona

dove non c’era mai stata una

vera produzione di qualità. Ma

basta ricordare che fino a non

molti anni fa nessuno avrebbe

scommesso un centesimo su

Bolgheri ed invece....

Una chiaccherata con

Gabriele da Prato, proprietario

dell’azienda Poderi Concori

e precursore della viticoltura

di qualità in Garfagnana, mi

ha un poco chiarito le idee.

Gabriele è stato il primo vi-

gneron della Garfagnana, che

nel 1999 decise di continuare

l’opera del padre ed iniziare un

progetto basato sull’agricoltu-

ra biodinamica per produrre

un vino al livello degli altri vini

toscani nelle colline di Fiattoni

a Gallicano. Con l’aiuto del

maestro Saverio Petrilli e dopo

aver visitato diverse zone di

eccellenza per la produzione

di vino tra cui la Borgogna,

Gabriele decise di scegliere

vitigni capaci di adattarsi bene

a questo clima, recuperò alcu-

ni vitigni autoctoni, intraprese

la via della biodinamica, iniziò

a concepire il singolo vigneto

come cru...ed il miracolo av-

venne. Secondo Gabriele non

sono mai stati prodotti vini di

qualità in Garfagnana non per

una reale incapacità del terroir

ma per una chiusura mentale

ed una convinzione che que-

sta terra non poteva dare buon

vino. Le possibilità sono però

molto grandi per tutta la zona

dalle valli un poco più basse

e vicine al fiume Serchio dove

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 75

speciale Toscana

Formenton Prosciutto bazzone

Page 78: Il Sommelier n.1/2011

Chenin Blanc, Pinot Bianco,

Syrah e Pinot nero si sono

ben adattati, fino alle zone ad

altitudine più elevata dove ad

esempio il Riesling potrebbe

dare risultati inattesi.

lA CUCINA GARFAGNINAImmaginiamo per un attimo

non di trovarci nel solito ri-

storante all’ultimo grido ma

in un vecchio casolare in una

piccola conca con una vista

sul fiume Serchio da un lato

ed un immenso bosco di ca-

stagni dall’altro. Ci troviamo

seduti ad un rustico tavolo in

legno apparecchiato in manie-

ra piuttosto spartana con una

vecchia tovaglia a quadri rossi

e bianchi, con in mezzo al ta-

volo una brocca di vino rosso

e un bel “tombolo” di polen-

ta. Per cominciare, il padrone

di casa ci porta un tagliere di

affettati misti dove spicca al

centro il colore nero del birol-

do che accompagniamo con

un poco di pane di patate ed

un bicchiere abbondante di

vino rosso.

Poi passiamo ad una minestra

di farro e fagiolo mascherino

della Garfagnana, seguita da

cinghiale in umido e funghi

porcini con polenta di formen-

ton otto file. A questo punto,

anche se siamo già pratica-

mente sazi, ci viene portato un

vassoio di pecorini locali, fre-

schi, semistagionati ed anche

a lunga stagionatura sotto pa-

glia e fieno. E si arriva al dolce,

una fetta di castagnaccio (con

rosmarino e noci) ed un paio

di necci (crepes di farina di

castagne preparate con i testi

su fuoco a legna) con ricotta

e miele.

Per concludere un digesti-

vo, l’Elisir di China di Pieve

Fosciana (famoso negli anni

20’-30’).

A questo punto soddisfatti ci

alziamo con difficoltà dal tavo-

lo e siamo felici che esistano

ancora dei luoghi come que-

sto, dove il tempo scorre un

po’ più lentamente, dove si

apprezzano cibi semplici e ge-

nuini e dove la tradizione non

viene vista come arretratezza

e quasi con disprezzo ma con

ammirazione e come qualco-

sa da preservare. Un valore

che stiamo perdendo, ma che

ancora possiamo recuperare.

Benvenuti in Garfagnana!

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 176

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na

Parco dell'Orecchiella Garfagnana

Page 79: Il Sommelier n.1/2011
Page 80: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 178

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Tosca

na ANDREA BERTUCCI “l’ecogastronomo”

a cura di Mario Del Debbio

Durante una delle mie ulti-

me visite all’ Osteria del

Vecchio Mulino di Castelnuovo

di Garfagnana, ho assistito ad

una scena che testimonia da

sola la caratura di questo per-

sonaggio. Sono seduto alla

lunga tavola comune proprio

di fronte al vecchio bancone

quando una coppia di stra-

nieri di mezza età, riconoscibili

come tali per l’abbigliamen-

to ampiamente corredato da

macchine fotografiche e l’im-

mancabile guida tra le mani,

entra nel locale presumibil-

mente per mangiare. Dopo

un primo sguardo misto tra

curiosità e timore vedo il viso

della signora illuminarsi di un

grande sorriso. Con la gui-

da ben aperta si dirige verso

Andrea Bertucci intento ad

affettare, rigorosamente a

mano, un superbo prosciutto

e, pronunciando qualcosa in

un dialetto che sul momento

non riconosco ma sicuramen-

te nord-europeo, mostra pri-

ma al marito e poi allo stesso

Andrea la foto sulla guida che

lo ritrae nella stessa identica

posizione: seduto al taglio del

prosciutto. Andrea sorride e

dice, quasi candidamente: “si,

si, sono proprio io, questo è

il mio posto”. In questa foto

c’è tutto Andrea, un gigante

buono con la faccia da Bacco,

che trasmette a tutti una pas-

sione grande come il mare: la

ricerca costante della qualità.

La stessa che evidentemen-

te cercava quella coppia che

dalla lontana Scozia, giran-

do e rigirando per le terre di

Toscana, era finita in questo

angolo di paradiso gastrono-

mico che è la Garfagnana. In

questa osteria nata ai primi del

novecento, ubicata nelle fon-

damenta medievali del duomo

cittadino, e che custodisce

intatta l’atmosfera dell’antico

ristoro con il grande bancone

e le alte scaffalature dell’epo-

ca, Andrea Bertucci da oltre

20 anni porta avanti il suo pro-

getto tirando dritto sulla sua

strada. Una strada che lui non

ha solo percorso ma letteral-

mente costruito parlando di

qualità, di eco-sostenibilità, di

tutela del territorio e di risco-

perta dei prodotti tipici quan-

do queste cose ancora non

erano di moda.

Assieme a pochi amici, e mi

piace citare il compianto Enzo

Pedrieschi, ha riscoperto e

Andrea Bertucci

Page 81: Il Sommelier n.1/2011

fatto conoscere i prodotti della

sua terra come il Formenton

Otto File una qualità di gran-

turco che stava per essere

perduta e che Andrea con

grande intuito ha contribuito

a salvare convincendo alcuni

contadini locali non solo a non

abbandonarne la produzione

ma piuttosto ad incrementar-

la, od ancora come il Biroldo

della Garfagnana, un san-

guinaccio cotto oggi Presidio

Slow Food, e tanti altri sen-

za dimenticare ovviamente il

Farro, prodotto per il quale il

nostro Andrea si è guadagna-

to il titolo di “faro del Farro”

proprio per il suo ruolo guida

nella salvaguardia del patrimo-

nio gastronomico garfagnino.

Per questo la sua bottega è

diventata meta di viandanti di

ogni dove, persone semplici in

cerca di cose semplici da gu-

stare seduti accanto ad altre

persone sconosciute che la

buona tavola sa rendere subi-

to grandi amiche.

Ma oggi Andrea non si fer-

ma solo alla sua amata

Garfagnana, nella sua missio-

ne di “Eco-Gastronomo” va in

cerca di qualità ovunque essa

si trovi, nei grandi vini, nei sa-

lumi, nei formaggi italiani ed

anche in certe piccole chicche

che provengono da altri paesi

accompagnandole con le tor-

te di farro e di patate prepa-

rate in casa come facevano le

nostre nonne. Un prodotto per

essere di qualità, dice Carlin

Petrini anima di Slow Food,

deve essere “buono, pulito e

giusto”. Buono per le carat-

teristiche organolettiche, che

provocano esaltanti sensazioni

in bocca; pulito, perche deve

essere il più possibile prodotto

in modo adeguato, utilizzando

metodi poco impattanti; giu-

sto, perche chi coltiva e lavora

in questo modo deve essere

remunerato adeguatamente.

Un comandamento sposato in

toto dal nostro Oste garfagni-

no. La sua bottega dei sapori

vi attende e lui, potete esserne

certi, vi accoglierà seduto in-

tento a tagliare una fetta della

sua ultima scoperta, che sia un

salume, un formaggio o altro

ancora ma sempre e comun-

que con un garanzia infallibile:

selezionata con cura da Andrea

Bertucci “l’ecogastronomo.”

Enoteca Vecchiomulino

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 79

speciale Toscana

Page 82: Il Sommelier n.1/2011

le Pergole Torte 2007 - Montevertine - Radda in Chianti (SI)

Al naso è un catalogo delle note tipiche del sangiovese, con marasca, tanta

mineralità, terra bagnata, cui unisce, in un insieme di inarrivabile distinzione, note

terziarie di caffè e tabacco dolce. In bocca è emozionante, grazie alla perfetta

fusione di morbidezza, tannini finissimi, acidità e, soprattutto, una grande sapidità. Il

finale, su piacevoli sensazioni di piccoli frutti rossi freschi e dolci, di pepe e di terra,

è lunghissimo e rinfrescante. Eξ la dimostrazione delle vette di finezza e profondità

di cui il sangiovese è capace.

Bolgheri Sassicaia 2007 - Tenuta San Guido – Bolgheri (LI)

Il naso, decisamente distinto ed elegante, ha netta mineralità, note di caffè e

tostatura, liquirizia, piccoli frutti neri (mora), arbusti mediterranei, note balsamiche

fresche. La bocca si caratterizza per una bellissima sapidità, i tannini finissimi sono

da ammorbidire, ma lξequilibrio è già notevole; il finale, pulitissimo e lungo, è segnato

da intriganti sensazioni marine, iodate, saline.

Masseto 2007 - Tenuta dell’Ornellaia - Castagneto Carducci (LI)

Colore rosso rubino molto concentrato, impenetrabile. Al naso è decisamente ricco,

con note minerali (evidente talco), liquirizia, prugna, frutta rossa matura, sentori

mentolati freschi; solo accennati e discreti i caratteri vegetali del vitigno; la bocca

è grassa, ma con notevoli acidità e sapidità; la materia è notevole, senza alcun

cedimento, ma il finale, molto lungo, è fresco e corrispondente alla complessità

olfattiva. Eξ un Masseto magari non concentrato come suoi altri millesimi, ma

decisamente più elegante e piacevole.

Chianti Classico 2007 - Riecine - Gaiole in Chianti (SI)

Olfatto molto tipico con nettissima marasca, terra, note di viola; in bocca ha un

tannino leggermente ruvido, da affinare, ma ha grande freschezza, è molto sapido,

il finale è decisamente persistente ed elegante, invitante con netti sentori minerali e

fruttati. Un grande vino di territorio, godibilissimo, ad un piccolo prezzo.

Chianti Classico Riserva 2007 - Villa Cafaggio – Panzano (FI) Il Chianti Classico Riserva ha un colore rosso rubino, con una leggera nuance granata riconducibile al Sangiovese. Al naso si riconosce subito la frutta matura con note di mirtillo nero e di ciliegia con un piacevole sottofondo floreale. Palato pieno giustamente tannico di buona dolcezza. Finale lungo ed asciutto. Vino strutturato ed elegante ottimo compagno della cucina toscana.

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Tosca

na Degustando

Page 83: Il Sommelier n.1/2011

Bolgheri Superiore Ornellaia 2007 - Tenuta dell’Ornellaia - Castagneto Carducci (LI)Allξolfatto si esprime su note dolci, molte spezie, caffè, discreti aromi vegetali varietali. In bocca è ricco, ha grande materia, struttura, concentrazione; il calore alcolico è subito integrato e contrastato da una piacevole ed elevata sapidità; i tannini sono quasi vellutati, lξacidità non è eccessiva; il finale, molto lungo, è segnato da piacevoli note balsamiche da legno.

Tenuta di Valgiano 2007 - Tenuta di Valgiano - Valgiano (LU)Al naso esprime eleganza e finezza aromatica con note di amarena, cannella e pepe, profumo intenso e persistente. In bocca si ritrova immediatamente la piacevolezza del frutto, la struttura denota una trama di tannini, fitta ed elegante, ottima maturazione e morbidezza. Chiude in lunghezza sulle stesse note speziate e minerali Un vino equilibrato di gran classe sicuramente di grande durata

Melograno Rosso 2008 - Podere di Concori – Gallicano (LU)Rosso rubino. Profumo accattivante e diretto, di frutta rossa di bosco giovane, con note di ciliegia amarena, spezie (pepe sopratutto) ed erbe aromatiche. Al palato è fresco e deciso mantenendo però eleganza e equilibrio. Tannini non oppressivi ben integrati. Finale di buona lunghezza che gioca ancora con le spezie e retro-olfattiva di leggera aromaticità. Un vino che invita alla beva.

Piaggia 2007 riserva - Piaggia – Poggio a Caiano (PO)Rubino di trama fitta. Al naso attacco di frutti di bosco maturi con note di mora, seguono spezie e note aromatiche dolci di discreta persistenza. Attacco in bocca di grande impatto con tannini dolci ed integrati. Finale lungo che lascia un sentore di frutta matura con note di terziario. Da bersi e ribersi.

Tenuta di Capezzana 2007 – Villa di Capezzana – Carmignano (PO)Rosso di buona intensità. Si presenta al naso con profumi ξtoscaniξ con note di viola e piccoli frutti a polpa scura. Al palato si dimostra vivo e di buona freschezza. Tannini in evidenza ma senza eccessi. Buona struttura e complessità. Finale di giusta durata che lascia in bocca le note fruttate con leggere sfumature vegetali.

Casalferro 2007 - Barone di Ricasoli – Gaiole in Chianti (SI)L’azienda storica del Chianti propone l’ultima versione del Casalferro in Merlot in purezza. Di colore rubino intenso presenta un olfatto elegante con di frutta di bosco – ribes e more – con note floreali e sottofondo di leggera speziatura. Fresco al palato con tannini ancora in evidenza ma nel complesso equilibrato ed elegante. Finale che gratifica il palato con un ricordo fruttato.

I’ Rennero 2007 - Gualdo del Re – Suvereto (LI) Da uve Merlot un rosso rubino profondo. Naso avvolgente con frutta matura a polpa scura dalla ciliegia marasca alla mora. Note speziate sul fondo. In bocca denota la sua struttura, caldo e pieno, di piacevole morbidezza. Tannini di grande trama e di giusta dolcezza. Sul finale ampio e lungo si riconoscono ancora le note fruttate ravvivate dalla freschezza delle spezie.

Soc. Agr. I Balzini - Black Label 2007 - Igt Colli della Toscana CentraleCabernet Sauvignon - Sangiovese - MerlotLimpido. Rosso rubino con leggero granato all’unghia.Al naso intenso e persistente con floreale di Mammolo e rosa. Speziatura elegante con finale di cacao. Fruttato di prugna e frutti di bosco maturi, in evidenza il lampo-ne. Al gusto caldo, di corpo, leggera dominanza tannica già evoluta, sapido e con acidità vestita. Molto persistente.

81

speciale Toscana

Page 84: Il Sommelier n.1/2011

GLI INCONTRI INTERNAZIONALI

e LE GRANDI VERTICALI DI IAN

D’AGATA faranno conoscere al

pubblico veri e propri cult wines quail

l’Araujo e i Passiti d’Austria, e sa-

pranno sapere emozionare i palati

con annate epiche, dai Capezzana

degli anni ’30 ai Riesling austria-

ci degli anni ’70, passando per il

Chianti Classico Monsanto al 1964

fino ad approdare a Veuve Cliquot e

Bordeaux di annate difficili da dimen-

ticare.

a cura della redazione di Quality ADV

82 Il Sommelier Novembre-Dicembre 2010 • n. 6

Dal 5 al 7 febbraio 2011 il Salone delle Fontane

del Quartiere EUR a Roma ospiterà la seconda edizione del

ROMA VINOEXCELLENCE& MERANO WINEFESTIVAL.

Un evento di assoluta ri-

levanza internazionale

che persegue l’ambi-

zioso obiettivo di creare cul-

tura nel mondo del vino, per-

mettendo ad appassionati e

winelovers di conoscere i più

autorevoli esperti mondiali, di

partecipare a focus e seminari

di grande interesse, nonché

di poter degustare vini davve-

ro unici provenienti da tutto il

mondo, insieme a quelli pro-

posti dalle 100 aziende italia-

ne selezionate da Ian d’Agata

ed Helmuth Köcher.

I CONVEGNI SCIENTIFICI si

apriranno SAbATO 5 FEb-

bRAIO con L’Osservatorio

2011: Méthode Classique

e Méthode Charmat, e pro-

seguiranno con il Secondo

Simposio Internazionale

del Riesling, con contri-

buti da Germania, Austria,

Canada, Francia e Italia.

DOMENICA 6 FEbbRAIO si

punteranno i riflettori su un vi-

tigno sempre più apprezzato

da pubblico e critica, il Merlot,

con The Rome International

Focus on Merlot con esperti

di calibro mondiale quali Jean-

Claude Berrouet di Petrus,

Kees Van Leeuwen di Cheval

Blanc e altri ancora.

LuNEDì 7 FEbbRAIO la

Round Table Conference

sul Cabernet Sauvignon

con relatori quali il Marchese

Incisa della Rocchetta,

Eric Boissenot, Axel Heinz,

Gonzague Lurton e Claire

Villars.

Ian D'Agata ed Helmuth Köcher

Page 85: Il Sommelier n.1/2011

LE GRANDI DEGUSTAZIONI ogni giorno dalle ore 14 alle ore 20• 100 aziende vitivinicole italiane con oltre 500 vini in degustazione• Più di 100 grandi vini esteri in assaggio• I Grandi vini e prodotti gastronomici del Friuli Venezia Giulia• Incontri con esperti ed enologi di fama internazionale

GLI ESPERTI - giornalisti e wine writerBernard Burtschy (Le Figaro, F), Abi Dhur (Lussemburgo), Charles Metcalfe (International Wine Challenge, GB), Jens Priewe (Der Feinschmecker, D), Margaret Rand (Decanter, GB), Eric Riewer (La Revue du Vin de France,, F), Luzia Schrampf (Der Standard, A), Rocco Lettieri (giornalista, CH), Massimo Claudio Comparini (New Wine Journal), Fabio Turchetti (Il Messaggero) e tanti altri.

I CONVEGNI• Sabato 5 febbraio: 9.30-12.00 - L’Osservatorio 2011: Champagne, Metodo Classico e Metodo Charmat• Sabato 5 febbraio: 15.30-17.30 - Il Secondo Simposio Internazionale sul Riesling• Domenica 6 febbraio: 9.30-12.00 - The Rome International Focus on Merlot• Lunedì 7 febbraio: 9.30-12.00 - Conferenza-tavola rotonda sul Cabernet SauvignonAd ogni convegno seguirà una degustazione di 18 vini da tutto il mondo con i loro produttori.Degustate Sassicaia, Ornellaia, Château Durfort-Vivens, Château Haut-Bages Libéral, Messorio Le Macchiole, Redigaffi Tua Rita, Champagne Billecart-Salmon ed altri.

LE GRANDI VERTICALI E DEGUSTAZIONI GUIDATE DA IAN D’AGATA• Jean-Claude Berrouet (Ch. Petrus) e i grandi Merlot di Pomerol e Saint Emilion incluso il mitico Château Petrus• Kees van Leuwen e espressioni del Merlot nel territorio del Cheval Blanc con Petit Cheval e Cheval Blanc 1997 - 2001• Jaime Araujo e Araujo, verticale del vino cult americano• Luzia Schrampf e gli Eiswein e Passiti d’Austria• Ricardo Freitas e il Madeira Barbeito dal 1987 (!) - 1920 - 2000 - 2002• Dominique Demarville e Champagne Veuve Cliquot dal 1975 al 1990• Denis Blée e Champagne Billecart Salmon dal 1988 al 2000• Beatrice Contini Bonacossi e Carmignano di Capezzana dal 1930 al 2000• Laura Bianchi e il Castello di Monsanto Chianti Classico Riserva Il Poggio dal 1964 al 2006• Maurizio Castelli e Francesco Marone Cinzano e il Brunello di Montalcino Col d’Orcia MG 1985-2001• Delia Viader e Viader degustazione Cabernet cult del Napa Valley• Clair Villars e Gonzague Lurton e verticale di Château Haut Bages-Libéral e Durfort-Vivens• Riesling d’Austria e Riesling della Germania, verticale dal 1970

Ingresso € 35Per maggiori informazioni, visitate il www.meranowinefestival.com

Sabato 5, domenica 6 e lunedì 7 febbraio 2011Salone delle Fontane, Roma

Partner:Organisation:

(i soci FISAR usufruiranno di uno sconto riservato)

Page 86: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 184

La FISAR ha risposto positivamente

all’invito di Slow Food partecipando

attivamente al Salone del Gusto che si

è svolto a Torino dal 21 al 25 ottobre 2010.

Nei giorni di apertura sono stati impiegati 100

sommelier provenienti dalle Delegazioni di

Alessandria, Asti, Biella, Torino e Vercelli.

I nostri sommelier hanno

“versato”, consigliato

e descritto qualcosa

come 120.000 bicchieri

di vino dall’ENOTECA

PIU’ GRANDE DEL

MONDO (come ha

scritto il New York

Times) scelti tra le 1.759

etichette dei migliori vini

al mondo nell’Enoteca

e le 547 etichette

nell’esclusiva Banca del

Vino - Slow Wine.

“Un ringraziamento sincero va alla FISAR

- dichiara il Presidente di Slow Food

Roberto Burdese. - La professionalità e la

disponibilità dei sommelier ha trasformato la

manifestazione in un evento che sarà ricordato

negli anni per molti motivi: uno è sicuramente la

professionalità dimostrata dai sommelier. E poi.

Gli espositori sono soddisfatti, hanno stretto

contatti importanti con gli operatori di settore, si

sono divertiti ed era tempo che non si vedevano

così tante facce allegre” continua il Presidente

di Slow Food Roberto Burdese. e venendo

ai numeri: “Se è difficile fare una stima precisa,

possiamo però affermare che è stato raggiunto

l’obiettivo dei 200.000 visitatori. Tra questi il

30% sono stranieri. Rispetto al 2008 poi si sono

venduti più libri: un dato che rivela una mutazione

culturale in atto nel pubblico del Salone, rispetto

alla prima edizione del 1998: grande successo

ovviamente della nuova

guida Slow Wine e

anche, a sorpresa,

de Il piacere dell’orto,

entrambi titoli di Slow

Food Editore”.

“È stato un piacere e

un orgoglio partecipare

ad un’importante

m a n i f e s t a z i o n e

mondiale come è il

Salone del Gusto di

Torino - dichiara il

Presidente FISAR Vittorio Cardaci Ama.

- I nostri sommelier hanno dimostrato con i

fatti e con la loro assoluta eleganza la nostra

genetica vocazione indirizzata alla promozione

e divulgazione dell’eccellenza del comparto

certificando la nostra riconosciuta professionalità

in Italia e all’estero”.

I nostri sommelier sono stati anche impiegati

per la presentazione della prima guida Slow

Wine 2011 nella stupenda cornice della Reggia

di Venaria Reale.

Chiude i battenti l’ottavoSalone del Gusto:

di Roberto Rabachino l’edizione dei record con la FISAR protagonista

da sx.: Vincenzo Fragomeni, Davide Scabin, Fiorenza Cambiaghi, Giangiacomo Stella e Gladys Torres

Page 87: Il Sommelier n.1/2011

Un gruppo di Sommelier con Luigi Mastrocicco Resp. Nazionale dei Sommelier

Il nostro stand al Salone del Gusto

Da sx.: Luigi Terzago, il Presidente Vittorio Cardaci Ama, Roberto Rabachino, Mario Del Debbio,Luigi Mastrocicco

Roberto Burdese, presidente Slow Foodcon due nostri Sommelier

Il Segretario Nazionale Mario Del Debbioringrazia Vincenzo Fragomeni, capo servizi

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 85

Page 88: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Questa volta non ci occuperemo di una

vera e propria doc e neanche di una realtà

commerciale ben definita ma piuttosto di

esempio di viticoltura di qualità realizzato attraverso

una struttura abbastanza singolare quale è la colo-

nia penale dell’isola di Gorgona. La Gorgona è la

più piccola e la più settentrionale isola dell’Arcipela-

go Toscano. Il Territorio ricade amministrativamen-

te nel comune di Livorno, ed è parte integrante del

Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Dista 34

Km da Livorno e 60 Km dalla Corsica. La sua su-

perficie è circa 2,50 Kmq per capirsi il lato più lungo

è circa 2 km.

La storia di quest’isola è stata legata per molti secoli

alla chiesa, infatti fin dagli albori del Cristianesimo

ha visto vari insediamenti di ordini religiosi a

carattere eremitico a cominciare da Sant’Agostino

che vi soggiornò per un certo periodo. L’egemonia

Gorgona! “l’isola che non c’è”

È l’isola più piccola dell’Arcipelago Toscano ed è sede di una colonia penale ad indirizzo

agro-zootecnico dal 1869.“”

di Luca Iacopini e Massimo Bracci

86

La Rocca Vecchia

Page 89: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 87

religiosa continuò fino quasi alla fine del 1700

quando l’ultimo ordine dei certosini abbandonò

definitivamente l’isola e da quel periodo divenne

un importante centro per la pesca delle acciughe

fino ad arrivare al 1869 in cui buona parte dell’isola

fu destinata a colonia penale. Gorgona mostra un

territorio collinare, con una sorta di piccola dorsale

montuosa con la massima punta a quota 255 s.l.m..

Nonostante sull’isola siano presenti alcune sorgenti

non esistono corsi d’acqua perenni. Sono presenti

zone umide ma di piccole dimensioni. Il versante

orientale mostra ampi terrazzamenti, realizzati

principalmente alla fine dell’ottocento. Alcune

di queste terrazze ospitano tuttora coltivazioni;

altre sono in corso di rinaturalizzazione con le

principali essenze floristiche mediterranee o dalla

pineta di pino d’Aleppo. L’unico punto di approdo

dell’isola è una piccola insenatura denominata

Cala dello Scalo dove per altro si sviluppa l’unico

insediamento di tipo civile. Quasi la totalità dell’isola

è dedicata all’insediamento penitenziario. L’Isola

ospita attualmente 60 detenuti e 30 agenti di polizia

penitenziaria, stagionalmente alcuni risiedono con

la propria famiglia. La comunità autoctona residente

sull’isola è ormai ridotta a una sola persona,

gorgonese veracemente e fortemente affezionata

alla sua terra la signora: Luisa Citti di 85 anni. Altri

gorgonesi hanno mantenuto la residenza ma si

recano sull’isola solo nei periodi di vacanza. L’intero

territorio di Gorgona, comprese le abitazioni del

villaggio sono di proprietà del Demanio. Dal 1986

è possibile visitare l’Isola con i permessi speciali da

parte della Direzione della Casa di Reclutamento.

Il Clima in Gorgona è generalmente definibile di

tipo mediterraneo ossia inverni miti con piovosità

concentrate in autunno e primavera e stagioni estive

calde e tendenzialmente siccitose. In un ampia area

definita “agricola” si svolgono la maggior parte delle

produzioni vegetali e animali. Sono allevati tutti gli

animali domestici (bovini, suini, ovo-caprini, equini,

asini, pollame, api) e coltivate le tipiche specie

vegetali della nostra zona (vigna, olivi, ortaggi, piante

aromatiche e officinali). I principi ai quali si ispirano

le varie produzioni agro-alimentari della casa di

reclusione sono fondati sul rispetto dell’ambiente

e del consumatore, sul benessere degli animali

allevati e sulla qualità delle coltivazioni. I prodotti

vengono venduti in un circuito interno perché le

finalità principali dell’amministrazione carceraria non

è economica ma formativa e rieducativa.

In questa realtà agricola esiste anche una piccola

produzione di vino, che due anni fa è stata presente

anche al Vinitaly. Sono 2 ettari di vigneto con circa

6.000 piante allevate a cordone speronato impiantati

nel 1999 con vari vitigni come il Vermentino e

l’Ansonica per i vitigni a bacca bianca; il Sangiovese, il

Merlot e l’Alicante per i vitigni a bacca rossa. Sull’isola

è presente anche una cantina per la vinificazione

dove vengono eseguite tutte le operazioni sino

all’imbottigliamento. Tutte le fasi della produzione

sono svolte dal personale detenuto dirette da un

enologo esterno incaricato dal Ministero di Grazia

e Giustizia. Durante il nostro pranzo, fatto sotto una

piccola pineta di Pino marittimo, in uno scenario

Page 90: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 188

mozzafiato con il mare a pochi metri e in lontananza

il continente, ci hanno fatto bere il “loro” rosso come

lo ha definito Paolo (nome simbolico che abbiamo

dato al nostro “sommelier” detenuto su quell’isola

oramai da dieci anni). Questo vino composto per il

circa 70% di Sangiovese e il restante di Merlot si

mostra nel bicchiere con un coloroe rosso rubino

carico poco trasparente. Al naso un vino complesso

dove predomina la viola ma decisamente il Merlot fa

la sua parte con intensi frutti rossi maturi. In bocca

un vino di corpo, intenso, fortemente tannico con

le componenti dure piuttosto rilevanti comunque

sufficientemente equilibrato. Qui si percepisce tutta

la voglia di queste persone: la volontà di fare un

ottimo prodotto ma con mezzi non più adatti alle

vinificazioni moderne. Parlando con il personale

si capisce che non sempre è facile conciliare la

detenzione con i tempi di madre natura come la

raccolta, la fermentazione, le temperature, gli orari,

il meteo, etc. Abbiamo fatto i nostri complimenti

perché in quel posto, con quel pranzo, non avremmo

voluto bere nessun altro vino al mondo.

Gorgona con umiltà e impegno cerca di soddisfare

il fine ultimo del carcere: restituire persone migliori

alla società di oggi. La terra, le piante e gli animali

rappresentano educatori fondamentali per ogni

essere umano; L’isola offre questa opportunità in

un contesto ambientale e paesaggistico di immenso

valore. In virtù delle molteplici attività svolte sull’isola

oggi sono diversi i percorsi di collaborazione con la

società esterna, il tutto per permettere a ciascun

individuo un nuovo reinserimento socio-lavorativo.

Visitare Gorgona è stata un’emozione unica, ed è

impossibile rimanere insensibili alle bellezze che

essa ci propone o alle quantità di punti di interesse

che, concentrare in un così minuscolo territorio, ci

rivela. Auguriamo a tutti di vedere questo gioiello

della nostra bellissima Italia.

Cala Maestra

Page 91: Il Sommelier n.1/2011

le migliori bollicineemiliane

Tenuta Farnè S.r.l. - Sede produttiva Castello di Serravalle (Bo) - Sede logistica Nord Italia Portogruaro (Ve) Tel. 0421 770619 - Fax 0421 770112 - E-Mail: [email protected] - http://www.tenutafarne.it

Page 92: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 190

Conosciuta in tutto il mondo, la Mosella è,

insieme alla vicina Rheingau , la regione

vitivinicola tedesca più rinomata. Un

paesaggio fluviale romantico e profumato che

segue lo snodarsi del fiume omonimo. Di origini

antichissime, le prime viti vi furono impiantate in

epoca romana.

La produzione è quasi completamente dedicata

ai vini bianchi anche se alcuni produttori hanno

destinato piccoli appezzamenti alla coltivazione

di pinot nero con risultati contrastanti.

Il vitigno più importante qualitativamente parlando

è il celebrato Riesling renano, che originario di

queste regioni quando riesce a trovare i pendii

con le giuste esposizioni e le giuste composizioni

del suolo può dare vini di eccezionale qualità

caratterizzati da una longevità incredibile.

I riesling di qualità sono vini dotati di un’elevata

acidità, con spiccate note minerali che

presentano note vegetali e fruttate che con

l’invecchiamento virano verso i caratteristici

sentori di idrocarburo tipici di questo vitigno. Un

ottimo standard di qualità si può trovare nella

regione compresa tra i comuni di Brauneberg

e Erdener, dove è anche ubicato il vigneto

Calmont, presso Bremm che presenta il pendio

più ripido d’Europa con i suoi 68°. In questa parte

di Mosella si trovano i più rinomati vigneti come

il Doctor di Bernkastel, l’Ürziger würtzgarten,

l’Erdener Treppchen e l’Erdener Prälat.

A donare ai vini grande qualità è la presenza

di vari tipi di ardesia (grigia, blu e rossa) che li

arricchiscono di una spiccata mineralità ed in

alcuni casi di note affumicate.

Altra caratteristica peculiare è che il terreno di

questa regione assorbe calore durante il giorno

e lo rilascia nelle ore notturne favorendo la

maturazione dei grappoli. Nel comune di Ürzig il

suolo cambia. Il terreno è vulcanico, per cui ricco

di ferro. Questa caratteristica trasmette ai vini

particolari note speziate che possono ritrovarsi

accompagnate da sentori di frutta esotica e

tropicale nei vini provenienti dal vigneto Prälat,

situato nel comune di Erden, il cui terreno è

composto da ardesia rossa e la cui esposizione

è la migliore di tutta quest’area.

Passeggiando in questa terra si coglie un

aspetto, che in parte l’accomuna con la

Borgogna, e cioè che i vigneti sono suddivisi

in moltissime proprietà, con rare eccezioni,

in cui un singolo vigneto è di proprietà di un

unico produttore. Questa frammentazione

Viaggio in Mosella

Ogni passo mosso in questa valle è un’occasione per scoprire idilliaci scorci panoramici

dei vigneti che dominano il paesaggio. “”

a cura di Enrico Folpini sommelier della Delegazione di Bareggio

Newsdal MONDO

Page 93: Il Sommelier n.1/2011

causa non poche difficoltà ai produttori, il cui

lavoro in vigna è già reso complicato dalle

pendenze importanti. A colpire i visitatori

sono i sorrisi e la cordialità dei produttori

della zona, grandi o piccoli che siano, sempre

disponibili ed ospitali nei confronti di chiunque.

Per quanto riguarda i produttori più importanti

di questa regione è consigliabile prenotare le

visite ed essere in gruppi non eccessivamente

numerosi perché i locali destinati alle

degustazioni non sono particolarmente ampi. Le

spiegazioni puntuali dei sommelier e degli enologi

qualificati (che generalmente parlano un ottimo

inglese) rendono ineccepibili le degustazioni.

Permettono di cogliere le differenze e le diverse

sfumature tra i vini prodotti con uve provenienti

da vigneti differenti, che qui vengono vinificati

separatamente ed indicati sulle etichette

delle bottiglie. Da non perdere sono le visite

a produttori come J.J.Prumm, Dr Loosen,

Markus Molitor e Fritz Haag dove è possibile

degustare alcune delle migliori etichette della e

visitare alcuni dei vigneti più caratteristici della

mittel mosel. Effettuando più visite è anche

interessante cogliere le differenti caratteristiche

e filosofie che contraddistinguono i diversi

produttori, ad esempio Markus Molitor produce

vini con un residuo zuccherino più elevato

che risultano meno secchi e di conseguenza

più facili per chi li consuma, Dr. Loosen astro

nascente della mosella e vincitore del “Decanter

Man of the year 2005” si distingue per la grande

eleganza e raffinatezza dei suoi vini provenienti

da viti situate nelle zone migliori, che hanno

la caratteristica di essere molto longeve, con

un’età compresa tra i 60 e i 100 anni, ed ancora

a piede franco (quindi non innestate su piede

americano) poiché l’ardesia ed il clima di queste

latitudini non consentono l’attacco da parte

della fillossera,responsabile in altre zone di una

distruzione quasi totale delle vigne.

Il vantaggio delle viti a piede franco consiste

nel fatto che si hanno produzioni inferiori

quantitativamente ma migliori qualitativamente

rispetto alle viti innestate, inoltre essendo

solitamente anche piuttosto vecchie hanno

radici molto sviluppate che permettono una

migliore e maggiore estrazione delle sostanze

presenti nel sottosuolo che donano ai vini una

più alta concentrazione delle note minerali e

speziate.

Un aspetto interessante che merita un

approfondimento è la classificazione dei vini

tedeschi. Conoscerla è necessario per sapersi

orientare tra la moltitudine di tipologie diverse,

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 91

Page 94: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 192

soprattutto per quanto riguarda le vendemmie

tardive botritizzate, che da queste parti

venivano già realizzate un secolo prima che nel

rinomato bordolese, che stando ad alcune fonti

avrebbe importato la muffa nobile proprio da

queste regioni.

Altra meta da non perdere è la Ruwer. La zona

prende il nome da un piccolo affluente di destra

della Mosella, che si trova poco a sud di Trier,

città romana che regala piacevoli scoperte.

Nella Ruwer spesso i vigneti sono proprietà di

un unico produttore e i suoi vini hanno spiccate

note vegetali ed un grado di acidità superiore

rispetto a quelli prodotti in Mosella.

Le due più significative aziende vinicole della

zona sono Maximin Grunhaus e Karlsmühle.

Maximin Grunhaus è una storica proprietà. Le

sue origini risalgono all’anno mille.

In passato è appartenuta al clero e a famiglie

nobili. L’attuale proprietario è la famiglia

Von Schubert nella persona del Dott. Carl,

pluripremiato enologo di grande esperienza che

produce vini di grande eleganza e longevità,

il quale fa anche da eccezionale anfitrione

durante la visita alla tenuta ed alle splendide e

storiche cantine, le cui pareti sono interamente

ricoperte di muffa.

Una curiosità è il fatto che le botti da circa 800

litri utilizzate per l’affinamento, vengono prodotte

utilizzando legno di rovere proveniente da alberi

presenti nella tenuta; per i primi passaggi le

botti vengono destinate all’affinamento del pinot

bianco e solo successivamente, quando la

cessione dei profumi si riduce, vengono invece

utilizzate per il Riesling.

Karlsmühle è l’altro produttore di riferimento e

si trova a poche centinaia di metri dalla Maximin

Grunhaus. Qui la visita è facilitata poiché

l’agronomo Kay Hausen parla un ottimo italiano.

La filosofia dell’azienda prevede vini molto

freschi e secchi che presentano sentori fruttati

e vegetali molto eleganti e persistenti. Questi

risultati si ottengono grazie alla fermentazione

spontanea la cui temperatura viene mantenuto

a circa 11°c.

Questi produttori non effettuano trattamenti

con pesticidi e anticrittogamici e utilizzano

prevalentemente fertilizzanti naturali come la

paglia delle stalle e la legna delle vecchie vigne

mentre per quanto riguarda la vinificazione

utilizzano i solfiti in quantità molto basse .

In conclusione, il consiglio è di venire a visitare

questa regione per scoprire una gamma di vini

Page 95: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 93

veramente interessanti in una terra che offre

degli scorci paesaggistici eccezionali.

ClASSIFICAzIONe DeI VINI

La legislazione tedesca prevede per i vini

ottenuti da uve di qualità la denominazione QpM

(Qualitätswein mit Prädikat), all’interno della

quale troviamo una decina di denominazioni.

Quelle da ricordare sono:

Kabinett

Vini leggeri e freschi da bere giovani, anche se

sopportano senza problemi un invecchiamento

superiore ai dieci anni. Sono definiti trocken

(secco) nel caso in cui il residuo zuccherino sia

basso o halbtrocken (semisecco) e fineherb

quando il residuo di zuccheri è più elevato.

Spätlese

Vini ottenuti da uve leggermente sovra mature.

Si prestano a un buon invecchiamento.

Auslese

Vini ottenuti da uve sovramature, in alcuni casi

botritizzate, con una selezione dei grappoli

e con uve più mature rispetto agli spatlese.

Questi vini sono molto morbidi per il contenuto

zuccherino elevato e necessitano di un buon

invecchiamento.

Beerenauslese

Vini ottenuti da uve sovramature e botritizzate

raccolte a mano che prevodono l’utilizzo dei

soli acini attaccati dalla muffa i quali vengono

selezionati dureante la vende; questi vini sono

generalmente dolci e presentano i sentori

caratteristici della muffa nobile e si prestano ad

un lungo invecchiamento.

Trocckenbeerenauslese

Vini ottenuti da uve botritizzate completamente

disidratate. Risultano molto dolci, hanno

basso contenuto alcolico e un periodo

d’invecchiamento quasi illimitato.

Questi vini possono competere con i migliori

Sauternes.

eiswein

Vini ottenuti da uve gelate sulle vigne che

presentano un alto grado di acidità e una grande

concentrazione di zuccheri. La parte ghiacciata

degli acini, quasi completamente composta da

acqua, viene eliminata durante la pressatura.

Sono vini che, se prodotti in maniera perfetta,

sono dotati di grande eleganza e dolcezza

ma non risultano stucchevoli grazie all’elevata

acidità. Anche per gli eiswein l’invecchiamento

è pressoché illimitato.

Page 96: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 19494

fin amiglia

Festa del decennale della FISAR di CosenzaNel Rinascimento dei vini del Mezzogiorno la Calabria sta cominciando a segnalarsi con qualche etichetta, qualche produttore ma soprattutto con l’orgoglio di questi ristoratori “ambasciatori” della propria terra che, assieme a piatti gustosissimi e tenacemente locali, cominciano a proporre sempre di più i vini calabresi.In questi ultimi anni, si e potuto assaporare il gusto di questo cambiamento: che è prima di tutto culturale, e sta avvenendo nella stessa terra che gli antichi greci chiamavano Enotria.L’occasione più recente è stata il 26 agosto, quando Francesco Pingitore (che cura la delegazione della provincia di Cosenza) mi ha voluto fra i relatori del decennale. Scenario incantevole il Miramare Palace Hotel di Trebisacce ma, soprattutto, mi hanno colpito le testimonianze di stima che sono arrivate da tutta Italia.

La nostra amata penisola ha la fortuna di racchiudere in natura una enorme varietà di vitigni e, di conseguenza, di Doc e, chi come me ama il vino, è perennemente alla ricerca di qualcosa di nuovo. Quello stesso desiderio di scoperta, anzi di riscoperta vista l’antichissima tradizione dei vini calabresi, ha animato anche le altre relatrici che da Toscana e Campania hanno voluto celebrare i dieci anni della FISAR di Cosenza. La piscina del Roof Garden e la luna rossa affacciata sulle acque dello Jonio hanno fatto da coreografia al talk show serale condotto da Francesco Pingitore, attuale delegato della Federazione, dal titolo “Vino, arte, cultura e le donne”.Dopo i saluti di rito dei componenti del direttivo associativo, sommelier e titolari delle cantine associate, e quelli istituzionali del sindaco di Trebisacce, Mariano Bianchi e del consigliere regionale Gianluca Gallo, al tavolo degli interventi si sono, succedute

diverse esponenti femminili del mondo dell’enogastronomia. Tra tutte Maria Teresa Lanza, consigliere nazionale FISAR e responsabile del settore sviluppo, Elisa Niccoli, sommelier professionista toscana, volto iperfotografato dalle riviste di settore. Con loro anche io che, a distanza di poche settimane, nell’ambito della mia attività di food expert e sommelier in lingua inglese mi sarei ritrovata a New York con il sapore della Calabria e dei suoi vini ancora freschi sul palato.Vino & cibo, la Calabria ha tanto da esprimere e lo abbiamo potuto apprezzare nella degustazione del decennale della FISAR di Cosenza con vini bianchi e rosati provenienti da otto cantine associate: Rivera, Spadafora, Tramontana, Farneto del Principe, Russo & Longo, Vignaioli del Pollino, Tenuta del Castello e Feudi San Severino.Notizia inviata da Antonella Millarteper la Delegazione di Cosenza

Forte divino Sotto le Stelle con la FisarSi è svolta quest’estate sulla bellissima spiaggia di Forte dei Marmi “Forte divino Sotto le Stelle”. Questa manifestazione nasce perché troppo spesso i vini bianchi, anche se importanti, non ricevono l’attenzione che meritano; troppo difficile riuscire ad assaggiare in comparazione diretta molti vini spumanti; praticamente

impossibile assaggiarli se provengono da varie parti del mondo. Nasce piano piano...un po’ in sordina ma già con idee ed obiettivi ben chiari: raccogliere in un solo evento tutto ciò che di meglio è acquistabile in Italia. Negli intenti degli organizzatori c’è la volontà di far diventare questa serata sulla spiaggia l’evento più mondano dell’estate, in una delle località italiane più esclusive.Gli ingredienti di “Forte divino Sotto le Stelle” sono semplici ma creano un’alchimia incredibilmente affascinante. Una notte speciale

in compagnia di grandi vini e gastronomia d’eccellenza, nella cornice di una spiaggia tra le più belle d’Italia per un incontro unico nel suo genere, ambientato in uno scenario straordinario come la spiaggia di Forte dei Marmi, conosciuta in tutto il mondo per i suoi bellissimi tramonti oltre che per la cura della propria offerta turistica. Una serata di degustazione dedicata al vino bianco, bollicine e ai prodotti della terra di Versilia.Molte le cantine presenti che hanno accompagnano con i loro vini una cena di ottimo livello, all’interno di

Page 97: Il Sommelier n.1/2011

95Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 95

fin amiglia

uno dei più bei stabilimenti balneari di Forte dei Marmi il tutto coordinato dai sommellier della F.I.S.A.R. della delegazione Versilia. Una serata magica dall’atmosfera avvolgente dove sono stati assaggiano i vini più rappresentativi di alcune della cantine più prestigiose e dove è stato possibile conoscere direttamente i produttori in un ambiente tranquillo e rilassato. Da contorno un ricco menù fortemarmino, seduti ad una tavola elegantemente apparecchiata per l’occasione sulla sabbia, a pochi metri dal mare.Notizia inviata da Luca Iacopini

In questi giorni 8 ragazzi protagonisti del programma “Viages sen sin” che tradotto suona “viaggi senza fine” sono stati ospiti dell’APT di Pisa con tanto di telecamere al seguito per registrare un nuovo format per la televisione brasiliana. L’occasione è stata sfruttata per proporre una cena a base di Tartufo, accompagnata da una degustazione dei vini locali e un corso di cucina su come preparare la pasta secondo la tradizione Toscana. La degustazione dei dieci vini presenti è stata fatta dal sommelier Iacopini dove oltre a relazionare e degustare i vini è stato simpaticamente affrontato l’abbinamento con i piatti degli entrambi paesi, in un vero e proprio gemellaggio enogastronomico. Il tutto firmato per essere trasmesso in uno dei paesi a più alto sviluppo economico del mondo: il Brasile, da Globo sat la più grande pay tv dell’America Latina.Basti pensare che il Brasile, nei prossimi anni si svolgeranno i Mondiali di calcio e le Olimpiadi e che la crescita stimata del prodotto interno lordo per il 2010 è superiore al 7%. Potenziali

Turisti che potranno prendere visione della bellezza della Toscana attraverso questa sorta di grande fratello itinerante dalla Spagna all’Italia. Gli 8 ragazzi che caratterizzeranno le puntate dello show viaggiano su un camper, seguito da operatori della produzione per tutti i 26 giorni del viaggio. Le tappe sono Valencia, Tarragona, Leida, Andorra, Barcellona e Girona in Spagna, Perpignan, Marsiglia, Nizza,la Corsica e il principato di Monaco in Francia Genova, Pisa, Firenze Siena, Perugia

e Roma in Italia. Un format giovane e accattivante dove si raffigura le quotidiane abitudini dei giovani in paesaggi mozzafiato. Per il territorio Toscano è una promozione di rilievo, in modo particolare quella pisana che nel recente passato è stata celebrata da giornali autorevoli Usa proprio come meta di facoltosi acquirenti di tenute su cui investire in alternativa alla “vicina” Siena.

Notizia inviata da Luca Iacopini

La Fisar presenta i “Chianti delle colline Pisane” alla tv Globo

Page 98: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 19696

fin amiglia

Consegna degli attestati al primo sommelier della Delegazione di Lodi

Festa grande a Lodi, giovedi 7 otto-bre, presso il ristorante “La Quinta”, la giovane delegazione Fisar, ha conse-gnato i diplomi ai primi sei sommelier del territorio: Rocco Chiarillo, Antonio Fusarpoli, Riccardi Ursula, Alberto Sabbioni, Manola Suzzani, Rinaldo

Zuccarello.La giovane delegazione, capeggiata dalla delegata Annarita Granata, si propone allo scenario lodigiano con entusiasmo, brio e spirito innovativo. La voglia di diffondere la cultura e la conoscenza del vino rende la delega-

zione propositiva e vogliosa di colla-borare anche con enti esterni e realtà enogastronomiche del territorio.I festeggiamenti sono avvenuti alla presenza di amici, colleghi, della pro-duttrice friulana Antonella Cantarutti ( i cui prodotti hanno deliziato gli astan-ti) e di Roberto Pace, delegato della Fisar di Pavia; delegazione che si rin-grazia per l’appoggio e la disponibile collaborazione fornita nei tre corsi di formazione dei neosommelier. La delegazione di Lodi, che sta per cominciare i nuovi corsi, di cui un secondo livello, propone un autun-no ed un inverno caldi: corsi pro-fessionali per sommelier, minicorsi per avvicinare i neofiti ancora inde-cisi, serate di abbinamento cibo-vino, serate di degustazione a tema.

Notizia inviata da Annarita Granata della Delegazione di Lodi

IX edizione selezione vini di ToscanaLa FISAR è stata chiamata nuovamen-te all’importante degustazione. Il concorso ha l’obiettivo di selezio-nare e premiare i migliori vini toscani per creare un vero e proprio bouquet d’eccellenza da utilizzare in azioni di promozione, e per realizzare uno stru-mento di consultazione multimediale e cartaceo pensato per favorire nuovi

contatti a livello nazionale ed interna-zionale.I sommelier chiamati sono stati ( da sx nella fotografia) : Marco Barbi -Del. Valdichiana, Fabio Cartei - Del. Le Due Valli, Andrea Bencini - Del. Firenze, Davide Cecio e Davide Amadei - Del. Livorno.Alcuni numeri.1364 campioni di vino in degustazione in rappresentanza di 467 aziende (nel 2008 i campioni erano 1207).I campioni sono divisi in 19 categorie. I degustatori sono 7 per commissio-

ne, la valutazione è singola e non per commissione. Le commissioni sono 11 e sono composte da 1 sommelier, il resto sono enologi nazionali ed inter-nazionali, giornalisti del settore nazio-nali ed internazionali.Le commissioni hanno fatto 5 sessio-ni di lavoro, ogni sessione si divide in due segmenti di 12-14 vini ciascuno. La scheda di valutazione è quella in-ternazionale dell’ Union Internationale des Enologues.I vini che raggiungeranno un risul-tato pari o superiore ad 85/100

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97Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 97

fin amiglia

saranno premiati con una menzione speciale, i primi 5 vini che per ogni categoria avranno ottenuto il pun-teggio più alto in assoluto, riceve-ranno invece un diploma d’onore.

Notizia inviata da Claudia Marinelli, consigliere nazionale FISAR

La Delegazione di Padova il 17 ottobre scorso ha con piacere partecipato attivamente alla Festa del Vino denominata “VII Berényi Borünnep”, nella bella cittadina Ungherese di Jászberény, accompagnando alcuni produttori del Padovano e portando senza ombra di dubbio un’importante e significativa nota di professionalità nel servizio ma soprattutto, dando lustro alla Sansovino Vigneti e Cantine di Conselve (PD), che anche grazie ai Sommelier FISAR, ha ricevuto un consenso inaspettato, valorizzando la qualità dei prodotti del Veneto e il made in Italy.FISAR Padova rappresentata dal Delegato Andrea Zampieri e dai tre Sommelier Anna Oksana Kolyuzheva, Diego Chiaro e Filippo Girotto, prima di effettuare il servizio hanno avuto modo di visitare alcune cantine di Eger, tra cui una piccola ma pregevole realtà, Kovàcs Nimròd Winery.

Accompagnati da alcune guide locali, la delegazione ha potuto osservare le tecniche di lavorazione delle uve, ancora molto artigianali, visitando poi la caratteristica cantina, che affina e conserva i vini esclusivamente in barrique e tonneau, disposti lungo un’interminabile galleria scavata nella roccia e nel sottosuolo. La Delegazione ha avuto anche modo di visitare uno stabilimento di produzione di botti, dove si è potuto apprezzare la bontà dei legnami impiegati e le tecniche di lavorazione, ancora artigianali e di pregevole fattura. Lavorazioni che non utilizzano moderne attrezzature di taglio, ma il semplice impiego delle sapienti mani, basate sull’esperienza centenaria di un’azienda locale. La manifestazione svoltasi in un contesto folcloristico con tutto il sapore dei bei tempi andati, ha offerto visibilità ad una trentina di cantine ungheresi, tra

cui alcune dell’area Tokaj, con grande interesse da parte del pubblico. Unica cantina italiana presente alla manifestazione, è stata l’azienda vinicola Sansovino Vigneti e Cantine, che con il prodotto di punta “Friularo Ambasciatore”, ha letteralmente entusiasmato gli avventori. La manifestazione ha avuto un notevole successo per noi italiani, anche grazie al binomio stretto in quell’occasione, con la FISAR di Padova e due produttori di formaggio e salumi del Padovano, evidenziando l’alta qualità del food Italiano, particolarmente apprezzato con esaurimento di tutti i prodotti

esportati a Jászberény. FISAR Padova, per mano del Delegato Zampieri, ha voluto inoltre ringraziare per l’ospitalità ricevuta, le autorità, donando la rivista Il Sommelier, con lo speciale Veneto, e il gagliardetto FISAR con l’emblema della nostra Federazione al Sindaco Dr. Szabò Tomàs, che apprezzando il gesto, oltre a notare la qualità dei prodotti della nostra Regione e l’eleganza del servizio FISAR, ha potuto constatare che questa occasione ha valorizzato ulteriormente il gemellaggio tra Conselve e Jászberény, auspicando che questa manifestazione, dedicata alle tradizioni e al vino, meriti in futuro la giusta attenzione e possa diventare punto di riferimento, utile anche ad incrementare i rapporti e gli scambi tra Italia e Ungheria.

Notizia inviata da Andrea Zampieri della Delegazione di Padova

La FISAR di Padova in Ungheria

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fin amiglia

La FISAR di PontederaValdera a Pisaunicaterra 2010

Nei giorni 13 e 14 novembre si è svolta per la prima volta a Pontedera, presso il Centro Sete Sois Sete Luas, la rassegna dell’enologia pisana PISAUNICATeRRA DI VINO 2010, giunta alla quattordicesima edizione, promossa dalla Provincia di Pisa Assessorato allo Sviluppo Rurale e con il contributo del Comune di Pontedera.L’evento che ha visto circa 700 visitatori in una sede innovativa a ciò preposta, e con un allestimento fatto con materiali naturali, ove il prodotto vino ha mostrato ancor più il proprio fascino. Hanno partecipato 59 aziende della Provincia di Pisa, supportate dal servizio dei sommelier Fisar della Delegazione di Pontedera Valdera, Pisa e Livorno; un caloroso ringraziamento al Delegato di Pisa Maria Cristina Messina, che insieme a Daniela Mattiacci hanno coordinato l’evento, ai responsabili dei servizi

di Pontedera- Valdera Massimiliano Chelli, di Pisa, Liana Benini e di Livorno Silvia Puccini, per la collaborazione.Si ringraziano inoltre i sommelier che hanno prestato servizio, per l’ottimo lavoro di squadra svolto: Cappelli Stefano, Angiolini Valeriano, Moretto Dario, Chelli Massimiliano, Pandolfi Simone, Ciompi Alessandro, Ciampi Alessandro, Carraro Flavio (Pontedera- Valdera), Maggiani Manuela, Barsotti

Franco, Marchi Massimo, Di Sacco Stefania, Marrucci Alessandro, Due’ Tiziana, Ruffini Monica, Agostini Cinzia , Botti Flavia, Lena Gerado, Noferi Stefano (Pisa), Baglini Carla, Gaspardin Mario, Materassi Doriana, Raimondi Giovanni, Ucciferri Nadia, Del Chiaro Alessandro, Cricchio Gabriele, (Livorno). Notizia inviata da Daniela Mattiaccidella Delegazione Pontedera Valdera

Alla Delegazionedi Pisa si presenta il tartufoIl tradizionale appuntamento autun-

nale della FISAR di Pisa e Litorale ha

registrato un grande successo con la

presentazione di una cena in onore a

sua maestà il Tartufo. Doverosamente,

lo chef Atima ha sottolineato come dal

suo menu proposto fossero bandite

qualsiasi sorta di essenza ma fos-

se presente esclusivamente il tartufo

vero. La cena, organizzata dal dele-

gato Maria Cristina Messina al risto-

rante Circolo I° Maggio a Buti in via

Panicale 1, ha avuto inizio con antipa-

sti di crostini al tartufo, salumi al tar-

tufo, formaggio al tartufo e formaggio

con miele al tartufo, quest’ultimo par-

ticolarmente apprezzato per le sottili

fettine del prezioso tubero annegate

nel dolce e filante prodotto.

Ottimi i due primi: tagliolini freschi e

mezzelune naturalmente ambedue

con ricche e profumate scaglie di tar-

tufo e seguite da un tenerissimo filet-

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99Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 99

fin amiglia

to, cotto al punto giusto, accompa-

gnato da porcini e tartufo. Ha chiuso

il numero delle portate uno squisito

dessert di panna cotta al caramello

tartufato, che ha stupito per la genti-

lezza dell’accoppiamento che poteva

sembrare azzardato. Ottimo il servizio

vini, espletato dall’esperto sommelier

Piero Ristori che ha abbinato in ordi-

ne i seguenti vini: Lerner dell’Abbazia

di Novacella, Schiava Gentile dell’Al-

to Adige, Lacryma Christi Vesuvio

Rosso di Mastroberardino e Dolce

Peccato Toscana Passito di Torre a

Cenaia, quest’ultimo, forse, sovra-

stato dal sapore deciso e penetrante

del caramello. Grandi applausi finali

alla Brigata di cucina che ha deli-

ziato e soddisfatto i sensibili palati

dei convenuti in un tripudio di sapo-

ri, aromi e profumi a base di tartufo.

Notizia inviata da Tiziano Taccola

della Delegazione di Pisa e Litorale

Davvero ben riuscita la visita nel

veronese organizzata dalla delegazione

di Milano lo scorso 6 novembre.

Le premesse non erano certo

favorevoli, dato che nel corso della

settimana precedente in buona

parte del Veneto si era scatenata la

gravissima e ben nota alluvione, ma

alla fine tutto è andato per il meglio.

Oggetto della visita è stata la cantina

“Cà Rugate” di Montecchia di Crosara,

una tra le aziende più dinamiche e

affermate del veronese.

Perfetta l’accoglienza e molto

interessante la visita agli impianti,

collocati in spazi ampi e perfettamente

ordinati, moderni e computerizzati

ma con una particolare attenzione

alla tradizione, come testimonia il

suggestivo “ecomuseo”, ambiente

dedicato alla ricostruzione della

tradizione contadina, con attrezzi e

impianti d’epoca collocati in ambienti

accuratamente allestiti. Davvero

suggestivo.

Altrettanto stimolante la degustazione:

una selezione di salumi, formaggi e

dolci del territorio da abbinare con

gli ottimi prodotti dell’azienda: dal

particolare spumante metodo classico

da uve Molinara in purezza (!) “Fulvio

Beo” ai Soave classico “San Michele”

(l’ottimo prodotto base) e “Monte

Fiorentine” (selezione da vigneti con

resa inferiore, dai Valpolicella fino

all’ottimo Amarone della casa.

Tutto davvero benfatto e servito con

grande disponibilità a raccontare

vicende e prodotti, rispondendo con

cortesia a tutte le domande.

Complimenti a Cà Rugate e… alla

prossima.

Notizia inviata da Mario Zerbini

della Delegazione di Milano

La Delegazione di Milano in visita a Cà Rugate

Divise ufficiali FISAR.

Trova i rivenditori su: www.fisar.com

®

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1100100

fin amigliaLa Delegazione FISAR di Prato

incontra i vini di un esperto produttore calabreseRiservata ai Soci ed agli amici della FISAR, la Delegazione di Prato ha organizzato una serata di incontro con i vini di Roberto CERAUDO, un rinomato produttore vinicolo della fascia ionica calabrese, in località Dattilo. La degustazione si è tenuta presso la sede dell’Accademia del Peperoncino di via Franchi in Prato ed è stata molto apprezzata dai partecipanti.La zona di produzione dei vini di Roberto CERAUDO sono le colline di Strongoli, una fascia di terreni baciati dal sole e accarezzati dal mare Jonio, tanto vicino “da sentirne il profumo trasportato dalla brezza…e il fruscio della risacca nelle quiete sere d’estate”; e odoranti ancora di antico.È l’antica Petelia, infatti, la sede naturale di produzione dei vini di cui parliamo.La città, fondata da Filottete, fu capitale dei Lucani; presa dai Bretti, in seguito alle guerre di Pirro, entrò nell’orbita romana;durante le guerre puniche fu espugnata a lungo dai Cartaginesi e, dopo la disfatta seguita alla battaglia di Canne, rimase fedele a Roma. Petelia, per la sua fedeltà alla Repubblica, fu premiata da Roma, ricevendo il titolo di città e la possibilità di coniare moneta propria.Questo antefatto per dire che tutti i vini di Ceraudo hanno come marchio di riconoscimento una di queste monete, che rappresentano la dea Minerva, una volta coniate dalla città di Petelia.Era ed è la terra del KRIMISSA, il vino degno di essere servito agli dei ed ai

vincitori dei giochi di Olimpia, antenato dell’attuale Cirò. Una terra dagli antichi fasti, i cui vini in gran parte ottenuti da vitigni autoctoni coltivati da millenni, traspirano ampiamente, oltre alla gloria, odori e sapori di quelle colline sempre uguali. Il GAGLIOPPO, che è la base di molti di questi vini, di origine greca, è ritenuto da molti il vitigno più antico del mondo.Oltre ai vitigni tradizionali, quali il Greco bianco, Mantonico e, recentemente anche il Magliocco e Pecorella, l’Azienda Ceraudo ha impiantato vitigni stranieri quali Chardonnay e Cabernet Sauvignon. Una delle prime fra le aziende calabresi ad usare un’agricoltura biologica e tecniche avanzate.L’IMYR è stato il primo fra i vini ad essere degustato. Si tratta di un bianco di colore giallo paglierino, dal profumo pieno armonico e persistente e dal sapore fresco e rotondo. È un bianco IGT Val di Neto, a base di Chardonnay 100%. È affinato in barrique di rovere francese per quattro mesi.Grandi apprezzamenti per il GRAYASUSI IGT Val di Neto, rosè, etichetta argento, a base di Gaglioppo in purezza. Vino dal colore rosato, di rango eccellente e di vivace violacità, gustoso per i sapori di ribes e lamponi, dal profumo intenso e persistente, affinato per 4 mesi in barrique.Il DATTILO, un rosso dal colore rosso rubino, speziato, con affinamento in barrique per 18 mesi, un IGT Val di Neto, è caratterizzato da un profumo armonico di frutti di bosco, dal sapore fresco, vellutato e rotondo.

Altro Vino interessante si è

mostrato il PETRARO, prodotto con

GAGLIOPPO AL 50% E CABERNET

SAUVIGNON al 50%. Un IGT rosso

val di Neto, dal colore rosso rubino,

dall’odore gradevole con sentori di

frutta di bosco, dal sapore fresco e

rotondo, caldo e armonico, corposo,

piacevolmente vellutato; affinato in

barrique per 24 mesi.

All’esame organolettico questi vini

risultano tutti molto eleganti e si

distinguono per la complessità e

persistenza dei profumi oltre che per

una significativa consistenza.

In accompagnamento a queste

“perle” dell’enologia calabrese sono

stati gustati alcuni prodotti tipici

dell’Enotria, come la ‘NDUJA di

Spilinga, il PECORINO crotonese,

SOPPRESSATA e CAPICOLLO

caserecci, PEPERONI RIPIENI

con TONNO E ACCIUGA oltre ai

PACCHERI alla calabrese…

Il successo della serata sarà di

stimolo per ripetere un nuovo incontro

che permetta di conoscere vini di

eccellenza e grande personalità delle

varie regioni italiane, spesso poco

conosciuti dal pubblico. Tali incontri

favoriscono l’approfondimento

di quanti frequentano i corsi per

il conseguimento del diploma di

Sommelier e deliziano il palato dei molti

simpatizzanti FISAR che seguono le

nostre iniziative.

Notizia inviata da Vanda Ingarozza

della Delegazione di Prato

Page 103: Il Sommelier n.1/2011

Tentiamo l’impossibile? Questo era il titolo della serata che la F.I.S.A.R. Delegazione Siena Valdelsa aveva scelto per abbinare due mondi, quello del vino e del gelato, che non sempre vanno in simbiosi, cercando di far apprezzare la bontà del gelato con le caratteristiche organolettiche del vino proposto.La serata, svoltasi lo scorso 14 Ottobre presso la “SALA RICEVIMENTI” della Pubblica Assistenza di Poggibonsi, in collaborazione con la premiata e rinomata gelateria DONDOLI di San Gimignano, ha avuto un grandissimo successo di pubblico e gradimento, riuscendo a vincere questa difficile sfida, cioè abbinare dell’ottimo vino, a gusti di gelato molto particolari che lo stesso Sergio Dondoli aveva preparato in esclusiva per l’occasione.In una sala gremita e apparechiata per le grandi occasioni (i settanta posti disponibili erano andati esauriti già dalla mattinata di mercoledì), l’amico e docente F.I.S.A.R. della Delegazione di Brescia, Giampaolo Zuliani, ha avuto il difficile quanto gradito compito di condurre la degustazione, accompagnando gli ospiti ad apprezzare e contrapporre gusti e sapori diversi che man mano si andavano scoprendo esaltando le qualità del gelato con quelle del vino. Il lavoro di preparazione della degustazione si è basato su alcuni elementi fondamentali per riuscire ad armonizzare l’alimento gelato con il vino: il controllo della temperatura di mantecazione del gelato, per riuscire ad innalzare la temperatura di servizio, la presenza di spezie ed aromi che potessero creare richiami e delicati contrappunti con i profumi e gli aromi del vino ed alcune accortezze durante l’esercizio di abbinamento per riuscire a contenere lo sbalzo termico tra il gelato e il vino. L’attenzione e la scrupolosità con cui gli intervenuti seguivano tutto lo svolgimento della serata, facevano ben capire che gli abbinamenti con tanta cura e dedizione scelti, avevano fatto sicuramente centro, invogliando il pubblico più volte a chiedere il bis per poter “gustare” certe prelibatezze, sottolineando il gradimento degli abbinamenti proposti.Lo stesso Sergio Dondoli, intervenendo durante le varie portate, ha spiegato con cura ed amore per il proprio lavoro, quanto sia difficile “creare” gusti nuovi di gelato e quanto studio ci sia alla base di ogni singola nuova creazione. Il “Maestro Gelataio” più volte ha allietato il pubblico con aneddoti, racconti e storie sulla sua pluripremiata carriera, diventando così il vero valore aggiunto della serata, narrando dei difficili inizi in Germania, alla sua vocazione per il gelato

arrivata quasi per caso, che ne hanno poi nel tempo determinato la sua fama internazionale. L’evento, aperto come si conviene in certe occasioni dal responsabile di Delegazione Franco Aiazzi, ha visto come primo assaggio un crostino al gelato di acciughe con pomodori confit, abbinato ad un vino bianco dell’Abbazia di Novacella (BZ) della linea Praepositus, Weiss 2005 IGT molto apprezzato dal pubblico. I Sommelier FISAR hanno poi continuato la degustazione servendo ai convenuti, un Moscato di Noto DOC, Notissimo 2008 dell’azienda Riofavara, Ispica (RG) che accompagnava un gelato con caprino stagionato e noci di una delicatezza sopraffina che ha davvero entusiasmato il palato di tutti i presenti.Il terzo assaggio proposto e scelto dalla Delegazione e dallo stesso Dondoli, vedeva “scontrarsi” un gelato alla crema con zafferano e pinoli tostati con un ottimo Sauternes ASC, Chateau La Garenne 2005, Nicole Christian Ferbos, Gaec Garenne, Preignac (France) definito da molti un abbinamento al limite della perfezione, dove gelato e vino si fondevano in una prelibata nota armonica.La chiusura della degustazione era lasciata (e non poteva essere altrimenti) da un gelato di zabaione con cantucci e vin santo in abbinamento ad un Vin Santo, Caratello 2005, dell’Azienda Monterotondo di Gaiole in Chianti (SI) che come detto chiudeva degnamente la serata iniziata con tante perplessità e molta curiosità, ma finita con la certezza che gelato e vino, almeno qui a Poggibonsi, hanno trovato il così detto quieto vivere.Notizia inviata da Filippo Franchini della delegazione di Siena Valdensa

101Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 101

fin amiglia Il nettare di Bacco alla corte

di sua maestà il Gelato

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1102102

fin amiglia

Florence Wine Event 2010

Firenze, dal 19 al 21 novembre, ha festeggiato la quarta edizione di Florence Wine Event, nella prestigiosa cornice del Cortile dell’Ammannati di Palazzo Pitti. L’evento è stato Organizzato dal Comitato Oltrarno Promuove (a cui aderiscono Confesercenti, CNA, Confartigianato e Confcommercio) e Promowine, con il contributo della Camera di Commercio di Firenze.

Un ricco momento alla presenza di numerosi consorzi vinicoli, produttori di vino e altri prodotti d’eccellenza toscani. La Delegazione Fisar di firenze, guidata da Laura.Maggi ha gestito le degustazioni in modo vivace grazie anche ai wine tour guidati tra i tavoli dei produttori per accompagnare il pubblico desideroso di conoscere i particolari delle numerose etichette presenti.

La manifestazione, ben organizzata, ha visto la partecipazione di un pubblico

variegato: dal semplice appassionato e curioso all’appassionato evoluto, fidelizzato a questo tipo di manifestazioni e i membri delle associazioni di settore. Molti i turisti presenti anche se i primi freddi e la pioggia si facevano sentire sull’Arno.

Il Florence Wine Event è stato voluto anche per promuovere l’Oltrarno fiorentino: infatti esso rappresenta non solo una grande opportunità di degustazione ma anche l’occasione di scoprire o riscoprire questa parte di Firenze ancora molto tradizionale e affascinante. Infatti, alla base di Palazzo Pitti, in San Frediano, si sviluppano il dedalo di stradine ricche di ristoranti e locali, di botteghe artigiane, di antiquari, di negozi di moda giovane e vintage.

Tra gli extra event che hanno arricchito la kermesse l’educational “l’Arte della tavola” organizzato dalla produttrice fiorentina Antonella d’Isanto, titolare

con il marito Vincenzo dell’azienda vitivinicola I Balzini, in collaborazione con la Richard Ginori 1735, che ha fornito la prestigiosa mise en place. Due chef fiorentini, hanno accolto il folto pubblico, femminile e maschile, al Rondò di Bacco spiegando i segreti dell’arte di ricevere a tavola, secondo una semplice filosofia di base: una bella tavola, la giusta atmosfera, il garbo della padrona di casa, fanno da contorno per la riuscita dell’occasione conviviale. Durante l’ educational, a cui il pubblico ha partecipato attivamente con domande e curiosità, sono stati trattati tutti i temi per accogliere gli ospiti quali gli inviti, l’apparecchiatura, come costruire un menù con le basilari tecniche di abbinamento cibo-vino, il servizio, compresi utili suggerimenti di sommellerie. Il tutto in modalità elegante e rilassante al tempo stesso.

Notizia inviata da Valentina Niccolai

Page 105: Il Sommelier n.1/2011

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Page 106: Il Sommelier n.1/2011

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1104104

fin amigliaLa Delegazione di Verona in gita nello Jura

Inevitabile partenza ad ore anteluca-ne da Verona il giorno 6 ottobre 2010, dopo l’attraversata della Valle d’Aosta con splendide vedute, ora sugli eroici vigneti, ora sulle severe dimore-fortez-za, ora sulle vette incoronate dai ghiac-ciai, beneficiati da un sole oserei dire “agostano”, siamo approdati a metà pomeriggio nello Jura. Ai nostri occhi la regione si è offerta con una gamma variegata di paesaggi e colori: dai bo-schi impenetrabili ai pascoli popolati di bianchi bovini, dai laghi smeraldo alle colline color ocra intessute di vigneti. Lo Jura le cui “marne” e i “calcari”, hanno offerto al mondo della geologia il termine “Giurassico”, ospitano una gamma di vitigni di carattere che do-nano vini che non lasciano mai indiffe-renti. I “rossi” dello Jura devono la loro origine a tre “cépages” di pregio che danno luogo a dei vini luminosi e leg-geri (Trousseau, Poulsard, Pinot noir): rosati o rubino ciascuno con il suo co-lore e rotondità, ma tutti generosi di aromi di frutti rossi. Due sono le grandi famiglie che danno origine ai “bianchi”: lo Chardonnay con eleganti nuance di fiori bianchi e l’impetuoso “Savagnin” vera identità del terroir della regione. Vale la pena a questo punto, prima di proseguire nel racconto del viaggio, di soffermarci nell’analisi dei due vini simbolo: le Vin Jaune (il Vino Giallo) e le Vin de Paille (il Vino di Paglia). Le Vin Jaune è il più rappresentativo dei vini giurassiani. Il colore è giallo dorato brillante ed impiega molti anni a raggiungere la sua intensità. I pro-fumi, felicità per l’olfatto, presentano una scala aromatica sempre più com-plessa con il trascorrere degli anni, uno straordinario fuoco d’artificio, una

compiuta melodia che inframmezza la frutta secca (in particolare la noce), con avvolgenti spezie (noce moscata, zafferano, ginger), passando per la frutta a polpa bianca e note floreali, senza tralasciare una piacevole mine-ralità. La bocca rimane a “bocca aper-ta”. Questo nettare raro e ragguar-devole viene vinificato oltre che ad Arbois, L’Etoile e nella Côtes du Jura, anche attorno a Château-Chalon, uno sperone roccioso di una cinquantina di ettari che offre la migliore versione del territorio. Le Vin Jaune invecchia, per legge, in fusti di quercia per sei anni e tre mesi prima di essere posto in vendita, esso ha quindi il tempo di concentrare gli aromi inimitabili, grazie al “mistero del velo”, che solo il viti-gno Savagnin è in grado di esprimere.Vediamo cosa accade. La permeabi-lità della botte lascia evaporare una parte del contenuto e poiché nessun rabbocco è permesso, la botte rimane incompleta e un velo di lieviti naturali si forma sulla superficie del vino “si-gillandolo” (se questo non accadesse verrebbe declassato a Côtes de Jura Savagnin). Sorvegliato con grande at-tenzione dai mastri cantinieri, il vino acquisisce allora, anno dopo anno, le sue qualità e i suoi aromi particolari. Le Vin de Paille nasce dalla scelta dei migliori grappoli dei vitigni bianchi giu-rassiani. Appassiti per più mesi su un letto di paglia (da cui il nome) o più spesso all’aria aperta. Dopo la pres-satura, il vino viene messo ad invec-chiare in botti di rovere e, a seconda della vinificazione, si veste di un bel giallo dorato intenso o della dolcez-za di un biondo caramello. Gli anziani attribuiscono a questo vino delle vir-

tù medicinali , ma è per l’esplosione dei profumi di frutti canditi (ananas e dattero), di marmellata d’arancia, di the e spezie e la sua profonda mor-bidezza, che viene soprattutto ap-prezzato. In bocca è perfetta l’armo-nia tra l’alcool, gli zuccheri e l’acidità. La visita alla prima cantina è avve-nuta presso Chateau d’Arlay ricevuti nell’avita magione dal proprietario il conte d’Arlay. Non abbiamo ricevuto una buona impressione dai vini de-gustati: leggeri e squilibrati ora per acidità ora per tannini in eccesso. Soprattutto perplessità ha suscitato il Vin Jaune che sia nei profumi sia in bocca ha presentato note ossidative eccessivamente invasive.L’indomani 7 ottobre tutti ad Arbois, dopo una interessante visita alla cat-tedrale gotica con tour della cittadina, vista al Domaine de la Pinte. Dopo un breve giro per i vigneti, condotti se-condo le regole dell’agricoltura biodi-namica e dov’era ancora in corso la vendemmia, siamo stati ospitati nella sala degustazioni dove abbiamo po-tuto avere un’ampia panoramica dei vini prodotti. Possiamo dire che sia nei vini più semplici (Arbois Pupillin blanc 2007, Arbois Poulsard 2007, Arbois Trousseau 2007, Arbois pinot noir 2006) sia in quelli di maggior struttura (Arbois Savagnin 2003 di buona per-sonalità, Cuvèe Vieilles Vignes Rouge 2005 in divenire) abbiamo potuto ap-prezzare la qualità proposta. Non de-gno di menzione il Cremant du Jura. All’altezza delle aspettative il Vin Jaune 2003 e il Vin de Paille 2005. Un trionfo di profumi di frutta secca e mineralità il primo, morbido e suadente il secondo con spiccate note di dattero candito.

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105Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 105

Molte le bottiglie acquistate. Dopo il pranzo a base di piatti locali (su tutti un soddisfacente poularde de Bresse) e la visita alle saline di Salins le Bains (una antica vena d’acqua che attra-versando uno strato di salgemma si carica di sali e, pompata in superficie e riscaldata, lascia su appositi banchi di lavorazione il suo prezioso carico), visita alla Fromagerie Vagne dove si produce il famoso “fromage Comté” (per capirci un formaggio che ricorda un po’ il gruviera).Venerdì 8 ottobre di buon mattino vi-sita alle saline reali di Arc et Senans, una imponente complesso architet-tonico (progettato dall’architetto di re Luigi XIV) che ha potuto svolgere le sue funzioni per pochi anni a causa di sopraggiunte difficoltà tecniche (di fat-to produrre sale costava più di quanto si ricavasse dalla vendita). Nel pome-riggio visita al Domaine Jean Bourdy dove si conferma per le viti la meto-dologia di conduzione biodinamica. La cantina è presente sul territorio fin dal 1579 e da allora è sempre appar-tenuta alla stessa famiglia. Accolti da un simpatico anfitrione (Jean François Bourdy) siamo penetrati nelle caves (brutta impressione, muri anneriti dal-la muffa con fusti molto vecchi e ta-lora malandati) ed abbiamo iniziato la degustazione che inizialmente do-veva essere di due soli vini, ma che in breve, contrariamente alle abitudini francesi, grazie alla nostra curiosità e alla disponibilità dell’ospite si è (fortu-natamente) allargata a ben 6 tipologie. Dobbiamo dire subito che, finalmente, abbiamo trovato vini del tutto soddi-sfacenti. Nell’ordine di entrata (alla moda giurassiana prima i rossi e poi i bianchi): Côtes du Jura Rouge 2006 (pinot nero e trousseau, profumo in-

tenso con spiccata ciliegia, leggere spezie, tannini levigati, buona acidità, il tutto in discreto equilibrio), Côtes du Jura Blanc 2005 (buona tonalità di colore, profumi dove la frutta fresca domina senza nulla concedere agli anni, leggera vaniglia, piacevole nota minerale sul fondo, fresco vivo l’aci-dità, ancora più di qualche anno di vita davanti), Côtes du Jura Savagnin 2005 (fratello minore del Vin Jaune, si rivela potente nei profumi e in bocca, allo stato attuale manca di equilibrio ma non c’è dubbio che con i molti anni di vita davanti saprà ben recupe-rare), Vin Jaune 2002 (che dire, sem-plicemente affascinante nonostante “la giovane età”, giallo dorato, frutta fresca e secca a profusione, spezie orientali, pietra focaia, acidità impor-tante, il tutto ovviamente ancora alla ricerca del suo equilibrio). A questo punto si accende una animata discus-sone sulla longevità dei vini (il titolare afferma oltre cinquant’anni) e mentre noi esprimiamo i nostri dubbi ecco il colpo di scena, il sig. Bourdy si volta di scatto va verso la scaffalatura più lon-tana dai nostri occhi e ne estrae una bottiglia, senza nulla aggiungere l’apre e ce la offre, dopo qualche minuto di ossigenazione esplode al naso un tri-pudio di profumi di noce, nocciola, mandorla amara, di muschio, di curry, leggera mela e nuance di fiori secchi, marna e gesso; in bocca un’acidità ancora viva ma in buon equilibrio con il tutto, retrogusto-olfatto che rimanda ai profumi, finale lunghissimo. Era un “semplice” Côtes du Jura Blanc 1953. Lunga vita al re. Non mi dilunghe-rò oltre, ma sappiate che in questa cantina sono stoccate circa 30.000 bottiglie a partire dal 1778 per arriva-re ai nostri giorni e che in vendita ci

sono annate a partire (a seconda dei vini) dal 1865!!! (carta canta, mi sono trattenuto il listino e detto per inciso per soddisfare la curiosità vi rivelerò che l’annata di Château-Chalon 1865 viene proposta a € 5000, certamen-te costoso, ma non mi sembra uno sproposito data la rarità). Vin de Paille 2002: emotivamente sorprendente per la soavità e lo spessore della materia. Sabato 9 ottobre gita a Macon breve giro della città e proseguimento per Pouilly-Fuissé per l’appuntamento con la cantina di Dominique CorninGiovane imprenditore (forse alle pri-me esperienze di produttore) non ci ha impressionato con i suoi vini. Tecnicamente ben fatti, ma senza col-pi d’ala come ci saremmo aspettati da una qualità così affermata. Pochine le annate a disposizione (la più vecchia datava 2002). Vitigno chardonnay con affinamento in barrique; le annate de-gustate dal 2008 al 2006 abbastanza costanti nella loro espressione. Al naso profumi molto freschi di mela, pesca, limoncello, lieve vaniglia; in bocca di-fetto di morbidezza con una acidità da vivace a molto vivace; finale discreta-mente lungo. Vini rossi senza meriti. Interessante il pranzo al ristorante “Au Pouilly-Fuissé” con piatti tipicamen-te Jurassienne. Domenica 10 otto-bre chiusura con la visita a Bourg en Bresse del monastero reale di Brou, capolavoro del periodo gotico. Al po-meriggio, rientro in Italia con la nostra doverosa scorta di vini dello Jura, una regione sicuramente poco conosciu-ta dai più, ma certamente meritevole.

Notizia inviata da Gianni Vincenzi Consigliere della Delegazione di Verona

fin amiglia

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Il CTN comunica a cura di Giorgio Pennazzato

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Gli incontri, organizzati con l’intento di

nominare nuovi Direttori nelle zone non

adeguatamente coperte, si sono prefissi

di rispondere alle seguenti domande: “Chi è il

Direttore di Corso Fisar? Quale ruolo importante

svolge il Direttore? Quali capacità e conoscenze

deve avere?”

Questa prima iniziativa è stata sviluppata come

esperimento per ulteriori corsi di aggiornamento

da svolgersi sul territorio nazionale, per rendere

sempre più efficienti e preparati i DCSF, aprendoli

di volta in volta a nuovi ingressi a seconda delle

esigenze del territorio.

La didattica ha trattato i temi fondamentali per la

formazione di un DCSF:

- “Comunicazione efficace” (docente il dott.

Giorgio Pennazzato, consulente aziendale,

libero docente al Politecnico di Milano e

Consigliere nazionale Fisar)

- “Degustazione e valutazione di un vino”

(docente il prof. Vanino Negro, docente del

Corso di Laurea in Enologia dell’Università di

Padova)

- “Servizio del Sommelier” (docente il

Sommelier Franco Jurassich, Responsabile dei

Sommelier della Delegazione di Venezia)

- “Regole operative per organizzare e gestire

un corso” (docente la sommelier e prof.ssa

Antonietta Turrin, Insegnante scolastica).

I quattro temi riguardavano appunto aspetti

essenziali alla formazione di un DCSF, il cui

ruolo è fondamentale nella organizzazione

Prima serie di corsi 2010 per direttore di corso per

sommelier Fisar

Alla fine dello scorso ottobre si è conclusa la prima serie di corsi dedicati alla formazione di nuovi Direttore di

Corso per Sommelier Fisar (DCSF), con la possibilità di parteciparvi anche a chi era già Direttore, ma aveva il

desiderio o sentiva la necessità di aggiornarsi.

“”

106

Giorgio Pennazzato

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 107

territoriale della nostra Associazione, poiché cura

la realizzazione dei corsi da cui devono uscire i

nuovi Sommelier, ossatura della FISAR.

Due al momento i corsi realizzati: a Capua,

nei giorni 19 e 20 giugno; e a Desenzano sul

Garda, nei giorni 23 e 24 ottobre; in entrambi

i casi tutti i partecipanti hanno superato il test

finale ed hanno ricevuto un DVD personalizzato,

che riporta le slides delle 4 lezioni del corso, per

consentire un ripasso nel tempo ed un personale

aggiornamento.

Per la maggior parte dei partecipanti è stata

giudicata positiva la durata di due giorni di corso,

collocati di sabato e domenica. Tale soluzione ha

permesso agevolmente la partecipazione dei soci

interessati, senza dover chiedere ferie e senza

ingenerare problemi famigliari.

In particolare si è dimostrata indovinata la

concentrazione in due giornate, seguite subito

dall’esame, perché ha impegnato al massimo

l’attenzione dei partecipanti, ben consci che alla

fine li aspettava l’esame; inoltre l’immediatezza

dell’esame stesso ha consentito nei corsisti

un buon ricordo di quanto appena appreso,

controllato e verificato con la compilazione e

correzione dei test di comprensione, tenuti alla

fine di ogni “lezione”.

Si è così utilizzata la didattica nota come “full

immersion concentrated”, seguita anche a

livello della grande industria e delle primarie

attività commerciali e di servizi per una adeguata

preparazione del personale con mansioni

particolari.

Lasciamo la conclusione ad una frase ricavata

dal test CS di un corsista: “Sicuramente le

espressioni e i volti dei docenti mi rimarranno

in testa per la passione trasmessa”.

Vanino Negro durante le lezioni

Giorgio Pennazzato

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a cura di Davide Amadei

Le Eccellenze dell’Espresso 2011

I nostri assaggi

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1108

®

Il 7 ottobre 2010, al Mercato di San Lorenzo di Firenze, è stata presentata la Guida I Vini d’Italia 2011 dell’Espresso, curata da Enzo Vizzari, Ernesto Gentili

e Fabio Rizzari, con la grande degustazione dei 231 (17 in più rispetto alla precedente edizione) vini che hanno ottenuto le "5 bottiglie", cioè un voto uguale o superiore ai 18/20, serviti con grande professionalità da più di 100 sommelier FISAR.L’elenco degli Eccellenti contiene, accanto ad alcuni “mostri sacri”, molti vini “originali”, poco noti o comunque non famosi; e mancano molti prodotti che costantemente vengono premiati nelle altre importanti pubblicazioni analoghe. Questo dimostra la serietà del metodo, ma soprattutto manifesta la “scelta di campo” ed il criterio di fondo della Guida: i vini “migliori” sono quelli bevibili, eleganti, legati al territorio di provenienza; come si legge nell'Introduzione, la chiave oggi è «produrre meglio», che significa «vini più autentici e facili da bere». Se poi si sfoglia la Guida, si vede che alcuni vini blasonati raggiungono solo le 4 bottiglie, sono giudicati ottimi, ma non raggiungono l’eccellenza in quanto carenti di quel qualcosa in più che li renda, appunto, eleganti e bevibili. Molta materia, tanto

frutto, elevata concentrazione ed estrazione, di per sé non premiano se non ci sono profumi sfaccettati e distinti al naso, profili contrastati in bocca, pulizia e freschezza del finale gusto-olfattivo.Dalle degustazioni effettuate la scelta dei curatori della Guida risulta decisamente confermata: emerge la valorizzazione di vini che, nell’eleganza e nella naturalezza, sono invitanti ed espressivi del territorio. Alle eccellenze di Toscana è dedicata un'autonoma sezione in questa Rivista, nell'ambito dell'ampio servizio monografico sulla Regione.

Barolo Riserva Monfortino 2002Giacomo ConternoIl colore è decisamente granato piuttosto scarico. All’olfatto, inizialmente chiuso, il vino progressivamente si apre, cresce, fino a diventare sontuoso, con terra, fiori rossi macerati, un’evidente e tipica rosa, note balsamiche, erbe medicinali, china, piccoli frutti di bosco rossi, e tanto altro. In bocca l'ingresso rotondo è subito contrastato dalla grande massa dei tannini, di grana finissima, e da una vena acida che percorre tutta la bocca; colpisce l’infinita

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persistenza del finale, pulito su sentori netti di fiori secchi e cioccolato. Potenza ed eleganza coniugate alla perfezione. La quintessenza del nebbiolo. Sette anni in botte grande per un vino figlio dell’annata 2002, in cui moltissimi produttori neppure hanno prodotto Barolo; ma l’area di Serralunga, in particolare la zona dove sono i cru Francia, da cui viene il Monfortino, e Vigna Rionda, non è stata colpita dalle grandinate. Non si può fare a meno di pensare alla potenziale longevità di questo vino, al suo futuro radioso, al piacere di aspettarlo anche per molti anni.

Barolo Riserva Monprivato Cà d'Morissio 2003Mascarello Giuseppe & FigliNaso molto complesso, multiforme, con tante spezie dolci, soprattutto note di sottobosco e di terra umida, note balsamiche e agrumate, tamarindo, poi piccoli frutti rossi maturi. In bocca è caldo all'attacco, ha imponente struttura, ma ha acidità sorprendente e tannini dolcissimi, in un insieme di grandissimo equilibrio, sia pur nella estrema gioventù; il finale non finisce mai, su intriganti sensazioni anche di caramella d’orzo. Un grande lavoro in vigna e le peculiari condizioni pedoclimatiche del cru Monprivato di Castiglione Falletto hanno consentito di produrre una monumentale Riserva anche in un'annata difficile, caldissima, in cui per molti è stato impossibile raggiungere questi livelli di maturità dei tannini e di acidità: il 2003 di Mauro Mascarello, con una persistenza quasi incommensurabile, non ha nulla da invidiare al suo omologo della celebratissima annata 2001.

Barolo Cannubi San lorenzo Ravera 2006Giuseppe RinaldiUn Barolo di territorio, del Comune di Barolo, di grande classicità con molta frutta rossa di bosco (lampone), fiori e spezie eleganti, note minerali, accenni di piante officinali; in bocca ha una gran quantità di tannini, da addomesticare ma dolci, grande struttura, lunghissimo finale, anche fresco, con continui ritorni di frutta, fiori e spezie. Senz’altro un “infanticidio”, ma si gode tanto fin da ora. Non è da meno il “fratello”, proveniente dal famoso vigneto condiviso col terroir di La Morra, il Barolo Brunate le Coste 2006, con intriganti aromi minerali di cipria e di ciliegia al naso, gran tannino, giovanissimo, finale molto persistente su

sensazioni balsamiche e di erbe aromatiche.

lessona Omaggio a Quintino Sella 2005

Sella

Fiori, tanti fiori, per un nebbiolo del Nord nella

sua più tipica espressione giocata sull'eleganza

e sulla finezza dei profumi, sottili ma netti e

diretti, sfaccettati. Grande freschezza e bevibilità,

tanta naturalezza in bocca, con finale lungo

elegantissimo su sensazioni di rosa e piccoli frutti

rossi.

Montepulciano d’Abruzzo 2006

Valentini

Non manca all’olfatto la consueta nota riduttiva,

quasi una “puzzetta”, che, come l’esperienza

dimostra, col tempo l'affinamento in bottiglia

eliminerà; è comunque molto fine quanto a

distinzione dei profumi, con piccoli frutti rossi,

lievi note affumicate ed un’inaspettata nocciola

fresca; è decisamente equilibrato in bocca, con

notevole estratto e tannini di grana molto fine,

fresco e sapido, con grande facilità di beva e

piacevolezza; il finale, anche con netti sentori di

caffè, è lungo e rinfrescante.

etna Rosso Contrada Rampante 2008

Passopisciaro

Colore rosso rubino quasi trasparente, tipico del

Nerello Mascalese così come del Pinot Nero. Ed

all'eleganza di un grande Chambolle-Musigny

questo vino non ha nulla da invidiare, a partire

dall’olfatto ricco di piccoli frutti rossi (fragola,

lampone), nette sensazioni minerali e floreali,

resine da legno. In bocca la pulizia e la finezza

sono estreme, il tannino è di gran quantità e

grana fittissima, il finale, segnato da freschezza

ed elevata sapidità minerale, è lunghissimo. Da

segnalare la nuova scelta aziendale di valorizzare

le singole “contrade”, per far emergere le diversità

dei vari cru del territorio del vocatissimo versante

Nord del vulcano. Il vino premiato con l'eccellenza

proviene dalla Contrada più elevata dell'azienda,

ad oltre 1000 metri sul livello del mare, da piante

di più di 80 anni: le grandi escursioni termiche,

l’equilibrio delle vecchie viti, i terreni vulcanici

spiegano facilmente la qualità del prodotto.

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1110

Trento doc Riserva lunelli 2003Ferrari Naso non espresso e non particolarmente complesso, con note boisé, lieviti e pasticceria; in bocca le bollicine sono finissime, carezzevoli, il vino è morbido e subito fresco grazie anche alla “esplosione” della carbonica. Finale piuttosto lungo e pulito.

Manna 2008Franz HaasBianco d'assemblaggio in cui, al naso, possono facilmente riconoscersi alcune note varietali di grande distinzione e finezza, quali la foglia di pomodoro e la salvia del sauvignon, ed il litchi, netto, del gewurztraminer; poi escono note minerali, quasi “rocciose”, e dopo si scopre che c'è riesling. In bocca colpisce subito l'acidità citrina estrema, nonostante i due anni dalla vendemmia, ma subito si percepiscono elevata struttura e limpida sapidità minerale, verso un finale cristallino abbastanza lungo e senz’altro freschissimo.

Carso Vitovska 2008 zidarichIl colore giallo dorato tradisce subito lo stile macerativo di questo bianco della viticoltura “eroica” del Carso. Naso “dolce”, con miele d’acacia, albicocca matura, fiori gialli, ma non mancano sentori marini freschi, quasi salmastri; in bocca è delizioso, grasso ma subito fresco e molto sapido, con tannino accennato; colpisce la persistenza del finale, con leggere ed eleganti note ossidative, su continue sensazioni fresche minerali.

Malvasia di Bosa 2006ColumbuGiallo dorato vivo ed intenso, che lascia presagire grande ricchezza olfattiva e gustativa. Al naso impressiona con un’emozionante complessità e, soprattutto, originalità, con intensi sentori di tè, camomilla, noce, note ossidative, rabarbaro, agrumi freschi. In bocca la dolcezza è accennata e discreta, il finale è freschissimo e lungo su note ossidative e perfetta corrispondenza con le

sensazioni dell’olfatto. Non è certamente un caso che sia stato l'unico vino ad avere il massimo punteggio della Guida (20/20).

Colli Piacentini Vin Santo di Vigoleno 2000 lusignaniIl colore è davvero particolare, decisamente ambrato, quasi marrone (caffè diluito), a ricordare un Pedro Ximenes; il naso è complesso, con frutta secca, noce, fico secco, caramello; al gusto è travolgente, pastoso all'ingresso ma immediatamente rinfrescato da netta acidità, con un perfetto equilibrio in un contesto di grande struttura; il finale non finisce mai. Dalle uve dei vitigni tradizionali Santa Maria, Melara, Bervedino, e di quelli aggiunti di recente Marsanne, Sauvignon, Ortrugo e Trebbiano, appassite su graticci fino a dicembre, nasce questa perla piccola ma preziosissima dei Colli Piacentini.

Il Caberlot 2007Podere Il CarnascialeNaso intenso, con netto aroma di menta fresca, note vegetali eleganti, sentori di frutta nera matura (mora) e di spezie; leggero boisé. In bocca l'armonia gustativa è eccezionale: è perfetto connubio di materia e finezza, i tannini sono seta, è decisamente fresco e sapido, con una morbidezza avvolgente che percorre tutto l'assaggio; il retrolfatto è intenso e complesso, con orzo maltato e tanta menta rinfrescante; il finale, molto lungo, è invitante e succoso.

Brunello di MontalcinoRiserva Piaggione 2004SalicuttiNaso molto sfaccettato, da sangiovese di razza, con sentori terrosi e salini, fiori freschi e secchi, poi spezie, tabacco, cuoio, note balsamiche. In bocca è grande, c'è tanta materia, il tannino è tantissimo ma davvero molto fine; ci sono abbondanti dosi di freschezza e sapidità; la persistenza è infinita, con continui ritorni di tutti i sentori dell’olfatto, in un contesto di naturalezza e tipicità.

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 111

Al confronto, davanti ad ad una affollata

e attenta platea, nel Teatro Magno

di Castelbrando, hanno partecipato

assieme al nostro Presidente Vittorio Cardaci

Ama, e al sottoscritto che ha coordinato i lavori:

Vasco Boatto Professore di Economia Agraria e

Forestale preso l’Università di Padova e Direttore

del CIRVE presso il Campus di Conegliano,

Luca Giavi, Direttore Forum Spumanti d’Italia

e Presidente emerito della FISAR, Roberto

Rabachino, Direttore responsabile del portale

giornalistico Turismo del Gusto.

La discussione, nella quale ciascuno dei relatori

ha portato il proprio contributo a partire dalla

propria attività e professionalità ha confermato

il rilievo che il turismo del vino ha assunto negli

ultimi anni.

Di fronte al calo generale del turismo in Italia, -

3% nel 2009, il turismo del vino ha migliorato

le proprie posizioni: dai 5,5 milioni ai 6 milioni

Il Convegno sull’Enoturismoal Congresso FISAR 2010

Come da programma, domenica il 14 novembre scorso, in occasione dell’Assemblea Nazionale, a CastelBrando,

la FISAR ha dato spazio ad un tema di grande rilievo, per il mondo del vino e non solo, quale è quello dell’enoturismo.

“”

di Filippo Terrasini

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1112

gli enoturisti con un volume di

affari che vale 3 miliardi di euro,

segnando un + 20% sul 2008.

Questo grazie ad una offerta

sul territorio che si è sempre

meglio strutturata, tipicizzata

esprimendo livelli diffusi di

qualità: per citare soltanto

alcuni dati sono 140 le strade

del vino operanti, 1.300 i

Comuni a vocazione vitivinicola

con circa 400 denominazioni

territoriali di vini.

Un altro aspetto in termini di

valore aggiunto per il territorio,

è stato evidenziato nella

discussione, è l’impegno al

quale questa rete di Enti Locali

sta ponendo nell’affrontare, e

risolvere al meglio, temi come

il rinnovo o l’impianto di nuovi

vigneti, il controllo dell’erosione

e la tutela idrogeologica,

insomma la complessiva

salvaguardia dell’ambiente.

Rispetto ai due aspetti, però,

di risorsa economica e di

salvaguardia dell’ambiente, si

riscontrano e si rischiano effetti

contrari: non sempre l’offerta

è della qualità necessaria,

la difesa del territori, oltre a

buona volontà, ha bisogno di

investimenti che continuano ad

essere indisponibili e comunque

inadeguati alle necessità.

Da questo punto di vista

l’intervento di Boatto, a partire

da uno studio condotto su

realtà di diversi paesi Stati

Uniti, Australia, America Latina,

ha ribadito come dalla grande

professionalità del comparto

dell’enoturismo possa venire

un importante risposta anche

ai problemi dell’occupazione e

costituire quindi una reale risorsa

per l’economia, sottolineando

nello stesso tempo quanto

in Italia sia ancora molto da

fare per raggiungere livelli di

qualità che risultino attrativi

soprattutto per il turismo del

vino internazionale.

Anche da questo punto di

vista puntuale l’intervento di

Rabachino che ha insistito sugli

aspetti della comunicazione:

di come debba distribuirsi

adeguatamente fra i diversi

media, televisione, radio,

carta stampata, e soprattutto

raggiungere livelli di efficacia,

in termini di risultati attesi, che

ha bisogno di coordinamento e

professionalità.

Un ultimo aspetto del turismo

enogastronomico che è

stato messo in evidenza è il

legame del vino (e dei prodotti

gastronomici tipici) con il

proprio territorio e non solo

con qualità ed esposizione dei

terreni, microclima, ma anche

soria e cutura del territorio, dei

suoi abitanti, e di quanto questo

confermi quanto la tipicità dei

nostri vini sia la carta vincente

per competere sui mercati del

mondo.

Sulla questione della tipicità

puntuale è stato il contributo

di Giavi che ha marcato

la differenza fra prodotti

territoriali, quelli che si

trovano esclusivamente su un

territorio, e prodotti tipici quelli

che del territorio, si è detto,

racchiudono storia e cultura

e che costituiscono la reale

risorsa.

Il Presidente Cardaci, alla

conclusione dei lavori, ha

sottolineato, quanto la FISAR,

con i suoi sommelier quali

ambasciatori di una consapevole

cultura del vino, hanno fatto

e faranno sul territorio per

garantire quel livello di qualità

dell’offerta indispensabile a

garantire il consolidamento

e l’ampliamento dei flussi

turistici legati ai prodotti tipici

del territorio ed in particolare al

vino.

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 113

È Treviso a conquistare il terzo Trofeo

Divinando - concorso a squadre ri-

servato alle delegazioni di sommelier

provenienti da tutta Italia e organizzato da Fisar

insieme a Carpené Malvolti - e a piazzare sul

gradino più alto del podio del Trofeo Rastal

per Miglior Sommelier dell’anno 2010 Karen

Casagrande, sommelier trevigiana di 24 anni.

Un en plein arrivato al termine di una lunga gior-

nata iniziata con la visita in cantina di Carpené

Malvolti a cui hanno preso parte oltre 130 som-

melier e l’annuale congresso Fisar che quest’an-

no ha scelto come location il suggestivo castello

di Castelbrando a Cison di Valmarino (TV).

Treviso asso pigliatuttoal terzo Trofeo

La delegazione veneta si afferma sia nel concorso a squadre sia nel Trofeo Rastal

con Karen Casagrande Miglior Sommelier Fisar dell’anno. A Treviso anche il premio come miglior delegazione.

“”

a cura di Mario Del Debbioper comunicare con il Segretario Nazionale:

[email protected]

Page 116: Il Sommelier n.1/2011

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Fisar Treviso - con il Trofeo Divinando

Fisar Varazze - terza classificata

Fisar Firenze - seconda classificata

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

La delegazione trevigiana, già vincitri-

ce del Trofeo nel 2008 e seconda classi-

ficata nel 2009, quest’anno ha messo in

campo cinque “alfieri” che hanno domina-

to la sfida combattuta a colpi di bicchiere

- ovvero Michela Taffarel (capitano) con

Francesco Del Bello, Matteo Bruniera,

Sara Fracassi e Cinzia Sandre - e hanno

avuto la meglio sulle delegazioni di Firenze

- seconda classificata con Anna Paola

Coppi capitano, leonardo Finetti,

Marco Naldi, livio Del Chiaro e Giovanni

d’Alessandro - e Varazze, sul terzo gra-

dino del podio con il capitano Antonio

zinno, Gloria Freddini, Donatella

Ribaudo, Alessandro Pellegrini e Angelo

De Gasparis.

Quarto posto ex aequo per le altre tre squa-

dre di Torino, Livorno e Castello di Jesi, tutte

meritevolmente giunte nella finale a sei dopo

una lunga serie di quesiti sulle tipologie di

vino, sui territori di produzione e il riconosci-

mento “bendato” di un vino.

Page 117: Il Sommelier n.1/2011

Ma Treviso non si è accontentata di vincere

il Trofeo Divinando e ha voluto stravincere,

aggiudicandosi oltre al il titolo di Miglior

Sommelier dell’anno Fisar con Karen

Casagrande, sommelier ventiquattrenne

che si è imposta su luigi Valter Piaggesi

della delegazione di Varazze e Piero

D’Acunto della delegazione di Roma

anche il premio come miglior delegazione

per la più alta crescita di iscritti, ricevendo in

premio una jeroboam appositamente creata

per l’occasione dalla Carpenè Malvolti.

La premiazione del Trofeo Divinando è av-

venuta alla presenza del Presidente nazio-

nale Fisar Vittorio Cardaci Ama, che ha

consegnato nelle mani dei vincitori la targa

premio.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Premio Jeroboam-Carpené alla Delegazione di Treviso

Page 118: Il Sommelier n.1/2011

Il Congresso di Treviso, tenutosi il 13 e 14 novembre scorso nella stupenda cornice del rinascimentale Castello Brandolini (cono-

sciuto come Castelbrando), nella pedemontana trevigiana, terra dove nasce il vino Prosecco, ha rappresentato una tappa importante nella storia della Fisar. Il luogo che è stato prescelto per il Congresso, arroccato su un alto sperone roc-cioso, oltre che imponente e di grande fascino, è ricchissimo di storia. Il Castello si trova infat-ti lungo l’antico tracciato della Claudia Augusta Altinate, la strada romana realizzata nel 15 a.C. per congiungere la città di Altinum (alle porte di Venezia) con Augusta Vindelicorum, l’attuale città di Augsburg in Baviera. Filologicamente restau-rato negli anni ’80 del secolo scorso, il Castello ospita attualmente un albergo, diversi ristoranti e idonee strutture congressuali. Qui dunque, in un luogo che i partecipanti hanno conosciuto e ammirato, si è tenuto il Congresso e la parteci-pazione di delegati, consiglieri di delegazione e soci Fisar è stata molto elevata, più di sempre, dimostrando anche che la Fisar è cresciuta nella realtà enologica e ristorativa italiana e che l’or-ganizzazione è stata impeccabile, già in fase di preparazione dell’avvenimento.A dimostrare il successo del Congresso di Treviso ci sono i numeri dei partecipanti ai diversi mo-menti dell’avvenimento. Per il brindisi di apertura di venerdì sera, ospiti di Altamarca Associazione Colline del Veneto, e per la visita della storica Cartina Carpenè Malvolti, dove, sul finire dell’800, è nato il Prosecco Spumante, nella mattinata di sabato 13 sono arrivati ben 150 soci da ogni par-

te d’Italia, i quali hanno potuto constatare il no-tevole impegno dell’azienda per ottenere sempre dei vini e degli spumanti di alta qualità. Lo stesso numero di presenze si è avuto poi a pranzo in un ristorante storico trevigiano, la “Locanda da Lino”, tanto amata dal soprano Toti Dal Monte; una del-le grandi interpreti d’opera della prima metà del secolo scorso, dal mai dimenticato Alberto Sordi, da Rodolfo Sonego, uno dei più celebri sceneg-giatori italiani della seconda metà del ‘900 e da molti altri artisti, scrittori e poeti. La sera, poi, al tradizionale Galà con premiazione del “Sommelier dell’anno- Trofeo Rastal” e della squadra vinci-trice del “Trofeo Divinando - Carpenè Malvolti”, tenuta nella Sala degli Stemmi del Teatro Magno del Castello sono intervenuti ben 230 commen-sali e già questa straordinaria presenza di auto-rità e fisariani ha rappresentato un successo di cui la Fisar può andare giustamente fiera. La do-menica mattina al Convegno sull’Enoturismo ha partecipato un centinaio di soci che hanno segui-to con molta attenzione gli interessanti interventi dei relatori, quindi alla riunione dei delegati sono intervenuti circa 140 tra soci, segretari e delega-ti. I numeri che hanno decretato il successo del Congresso di Treviso non sono finiti, perché la domenica pomeriggio al Teatro Sansovino c’è stata una interessantissima degustazione con i vini dei Consorzi Tutela Vini Docg e Doc tre-vigiani – Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, Montello e Colli Asolani, Piave e Lison Pramaggiore – accompagnati da prodotti tipici locali e alla degustazione sono intervenute oltre duecento persone.

Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1

Congresso FISAR 2010

Un successo di presenze in una straordinaria cornice nella terra del Prosecco“ ”

a cura di Graziella Cescon

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Mi preme aggiungere che duran-te la serata di gala di sabato è stato premiato con il Tastevin d’Argento il Direttore del Merano Wine Festival Helmuth Koecher ed è stato insignito del titolo di socio benemerito Giancarlo Moretto, socio fondatore di numerose delegazioni venete, già fondatore della Serenissima Signoria dei Vini del Piave, un uomo che alla cultura del vino ha dato veramente tanto..Da trevigiana e consigliere nazionale mi consentirete di esprimere anche da queste colonne la mia soddisfa-zione per la meritata vittoria di Karen Casagrande, quale Sommelier Fisar dell’anno 2010-2011 e della Squadra Trevigiana Fisar che ha conquistato il Terzo Trofeo Divinando. E i motivi della soddisfazione, che non è solo mia, ma di tutti i soci Fisar, sta nel fatto che dai nostri corsi escono ormai da tempo sommelier molto preparati, capaci di accrescere di continuo la propria cul-tura professionale, chiamati sempre più spesso anche dalle Istituzioni per svolgere il proprio servizio. Dal Congresso di Treviso parte dunque un duplice invito a tutte le Delegazioni Fisar italiane. Se, infatti, la preparazio-ne dei sommelier, la serietà e validità culturale e professionale dei corsi, la qualità del servizio restano il costante obiettivo primario di ogni delegazione, non deve mancare l’impegno a mette-re in giusto risalto l’Associazione stes-sa con manifestazioni – che già ci sono in molti luoghi – realizzate in luoghi prestigiosi, capaci di ulteriormente va-lorizzare la Fisar, che si prepara a ce-lebrare i suoi primi intensi quarant’anni di vita.

Brindisi da Carpenè

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2010

Incontro con Altamarca

Giancarlo Moretto con Graziella Cescon

Karen Casagrande riceve il premio del soggiorno presso l'Azienda Barone di Villagrande - Milo (CT) www.villagrande.it

Helmuth Kocher (dx) alla Cena di Gala

Il Socio BenemeritoGiancarlo Morettocon il Presidente

Graziella Cescon Degustazione Consorzi

Il Presidente alla Cena di Gala

Roberto Donadini

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Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2011 • n. 1 119

Roberto Donadini

Ristorante da Lino

Sommelier in Servizio alla Cena di Gala

Ospiti alla Cena di Gala Pupitres Carpenè Malvolti

Sommelier in servizio Visita in Carpenè Malvolti

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Concorso Sommelier dell'anno FISAR 2010TROFEO RASTAL

Karen CasagrandeMiglior Sommelier dell'anno 2010

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