marketing digitale (scenaril strategie strumenti)

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L’evoluzione del mondo digitale – l’affermarsi dei social network, delle pratiche di e-commerce, lo sviluppo del settore mobile – ha comportato notevoli mutamenti nel campo del marketing. Attraverso un approccio che vede gli aspetti teorici coniugarsi con elementi concreti, l’autrice spiega come procedere nella costruzione di un piano di marketing digitale che permetta all’azienda di raggiungere i propri obiettivi, imparando anche come misurare adeguatamente i risultati conseguiti. Infine, viene chiarito come un utilizzo consapevole del digital marketing e delle sue leve principali – community, blog, social network – consente all’azienda di costruire visibilità, reputazione e immagine e soprattutto una relazione che porterà all’organizzazione valore aggiunto nel tempo e che, soprattutto adesso, può generare un vantaggio competitivo.

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Prefazioni

The future is now

Bob RupczynskiDirector Global Digital Marketing, Wrigley, U.S.A

As marketers, we are told that change is on the horizon. We are told to prepare for cultural shifts. We demand that our advertising agencies bring us innovative work and require them to stay on the precipice of technology. No marketing plan is complete wi-thout Facebook pages, twitter feeds, and viral videos. In reality, the underlying shift is already upon us. While technology will continue to progress and tactics will evolve, the fundamental migration in consumer behavior has already taken place.

Technology has enabled this evolution. Historically we depended on a dominant me-dia source. From newspapers to radio to television, we have traversed the landscape in periods measuring decades. It took radio an inordinate amount of time, spanning 38 years to reach 50 million users, while the internet took only 4 years to gain the same au-dience. However, Facebook set a breakneck pace of less than 12 months to reach more than 200 million users. The proliferation of cheap hardware combined with a natively digital generation is producing constant change at an accelerating pace. With half of the world’s population under 30 years old, this changing of the guard will only hasten.

The socialization of our world seeped into the mainstream without so much as a whisper. While most marketers worried about their Facebook strategy and if the media mix was appropriate, consumers changed their intrinsic behaviors. This change is so primary that it will matter very little whether Facebook is the dominant social platform or if something new eclipses the old. Consumers have evolved at their core. While only 14% of consumers trust brand advertisements, nearly 80% trust their peer recommen-dations of those same products. Very soon the focus on what we now call social media and social marketing will go away only to be replaced by marketing. Marketing should not exist in a silo without social layers. Consumers expect it now, but we as marketers will get there soon.

While there is inevitable evolution still to take place in the world of digital marke-ting, it is no longer niche marketing. Facebook is the 3rd largest country by population. Youtube is the second largest search engine ranked by daily queries. No longer will the world seek out answers in text form from Google, they seek out answers from their so-cial graph. The fact that Facebook has surpassed Google in total traffic goes a long way

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to illustrate that fact. The current slate of digital destinations offer our consumers a vast array of choices that no longer serve confined purposes. Whether it is recommended results in Google, recommended friends on Facebook or recommended restaurants on Yelp, the digital grip continually pulls consumers deeper into this world.

At the root of this discussion resides the user, the consumer, the netizen. Digital na-tives have switched from immersive, singularly focused tasks to multiple media fueled discovery sessions on the web. And more and more, the medium of choice is the mobile phone. The typical teen sends and receives roughly 3,000 text messages per month. While the older generations have labeled this behavior antisocial, this wired generation has more friends that they only digitally know than the total friends the previous genera-tion ever had. And what’s more, this has even shifted the notion of privacy. While most people over 40 years old don’t like to disclose their credit card online, people under 30 years old spend more than half their money digitally. This younger group doesn’t even go to the bank to deposit their checks, the checks are either directly deposited or scan-ned on the iPhone and digitally deposited.

So the question is “What’s next?” I would argue the question should be “What just happened?” We need to understand the cultural shift that has taken place over the past few years and address our previously held notions of what is the stimulus of human be-havior. Only then can we target our efforts more appropriately and connect once again with our consumers. If we don’t understand the fundamental decision making process that is taking place within the hearts of our consumers, we will never develop marketing that addresses their needs.

In the end, we have a focus group available to us that has never existed before. With over 60 million status updates a day on Facebook, our consumers are trying to tell us what they want. We don’t have to use polls from telemarketers or send surveys through the mail. We just have to listen. The shift has happened, the future is now, we just have to decide how to respond.

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Il futuro è adesso

Fernanda PelatiAmministratore Delegato, Rocca-Damiani, Italia

“Ho vissuto la rivoluzione digitale e … non è finita!”

Quando l’autrice mi ha chiesto di scrivere la prefazione al suo libro sono stata colta da un mix di orgoglio, curiosità e sgomento al tempo stesso. Non appartengo alla genera-zione del digitale, al contrario, ho iniziato a lavorare quando il fax non era ancora stato inventato, comunicavamo con il telefono, il telex e le lettere si scrivevano su macchine .... elettriche, si dico elettriche, non ancora elettroniche, le scrivevamo su carta intestata e tripla velina per nutrire archivi che hanno sacrificato qualche chilometro quadrato di foresta.

Per tenermi informata e aggiornata vivevo fra montagne di giornali e riviste più o meno specializzate... Forbici, colla, spilli e ritagli che puntualmente fotocopiavo e spe-divo (in busta debitamente affrancata). Di esempi e situazioni analoghe potrei elencarne a bizzeffe – così come mi sta leggendo, con grande probabilità.

Non vengo dal giurassico e non ho fatto le due guerre mondiali! Classe 1958: dalla penna con pennino e calamaio al digitale. Non voglio andare così indietro come ai tempi della scuola ma mi limiterò agli anni della professione: “il retailer” o “la retailer” o ba-nalmente la commerciante. Un mestiere che può essere fortemente banalizzato: compro (oggi anche produco) in quantità per vendere al dettaglio in maniera efficiente in modo da generare profitto e soddisfazione del cliente. Semplice no? Anzi, banale ma, in realtà, dietro a questa banalità di mestiere si cela una profondità di conoscenze e competenze e, aggiungerei, di ossessioni che nel tempo hanno nutrito le conoscenze. Ossessione per conoscere il cliente, ossessione per trovare il modo corretto di ascoltarlo (e farne qualcosa con quell’ascolto!). Ossessione per creare affezione al brand (altra ossessione del retail moderno), per portare il cliente nei negozi, per costruire dei legami al brand carichi di contenuto valoriale senza accontentarsi di una relazione razionale di fornitore di prodotti e servizi a un prezzo coerente. Ossessione per capire cosa volesse il cliente: quale prodotto, quale servizio, quale shopping environment, quale qualità… you name it! E con queste ossessioni abbiamo costruito e sviluppato le modalità più diverse per creare e mantenere la relazione con il cliente, per comunicare: i focus group, la pubbli-cità… carta stampata, tabellari, stendardi, spot televisivi e radiofonici, cataloghi, door-to-door, direct marketing, eventi e chi più ne ha più ne metta.

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Nel frattempo il mondo cambiava: Internet, il Web, il Web 2.0… E abbiamo aggiun-to nuovi media, il sito web, web adv, banners ecc. Ma il cambiamento era ed è ancora più profondo: i modelli di consumo sono cambiati e stanno cambiando, il cliente è cambiato e sta cambiando; questa trasformazione ci ha investito, ci sta investendo, e ci investirà nel futuro. In questa breve prefazione non ho l’ambizione di trattare le ragioni, le spinte, i fattori di diversa natura che hanno indotto il cambiamento, lo rimando a voci più autorevoli, ciò su cui vorrei soffermarmi è che il cambiamento è e sarà una costante imprescindibile del fare business, tale da farci dire e ricordare che “il futuro è adesso” e che il cambiamento è profondo nel generare nuovi stili di vita e comportamenti.

Il cambiamento continuo, il continuo rinnovamento del cliente, la volatilità dei pa-radigmi che per anni abbiamo usato per dare risposta alle “ossessioni” di cui sopra ren-dono i mezzi e le soluzioni adottate sino a oggi sempre meno efficaci ed efficienti. Per non dimenticare le risorse a disposizione: sempre più limitate. Un bellissimo spot tele-visivo (e ce ne sono di meravigliosi oggi) assicura lo stesso ritorno di un tempo? Ci dà la certezza di incontrare esattamente il cliente che vogliamo, quando vogliamo, quando è il momento giusto per il cliente? E lo stesso vale per gli altri mezzi: ci danno risposte certe? Ci assicurano il corretto ritorno per ogni euro speso per cliente? Personalmente non sarei pronta a scommettere. Perché?

Perché il cliente è cambiato e credo che tutti coloro che oggi fanno il mio mestiere sappiano che i vecchi paradigmi di clusterizzazione e lettura del cliente sono saltati: età, sesso, livello di istruzione, disponibilità di spesa ecc. Oggi parliamo di un cliente trasversale, quello che orienta consumi e shopping non più rispetto ai canoni di cui sopra ma rispetto al proprio stile di vita e, last but not least, convenience. Ancor di più la trasversalità di questo cliente va letta non solo rispetto agli orientamenti di acquisto ma anche e soprattutto rispetto a quando e dove riusciamo a intercettare il cliente. Se si parla di “quando” e “dove” oggi e per il futuro c’è e ci sarà un solo mezzo che ci per-metterà di intercettare questi “quando” e questi “dove”: il digitale.

In un mondo che cambia, dove la velocità è destinata ad aumentare, non a diminu-ire, dove il rumore, la quantità dei messaggi e delle scelte aumenteranno in maniera esponenziale, il potere di intercettare il nuovo cliente – che sarà sempre il cliente “del futuro” – nei momenti di scelta, di ascolto, di decisione di cosa, dove, quando orientare i propri acquisti sarà la chiave per creare, sviluppare e mantenere una relazione forte fra i clienti e il brand in un sistema che si autoalimenterà e che il cliente vivrà da attore.

Il futuro è oggi, nel essere parte attiva, attori principali, agenti di cambiamento e costruttori di questo sistema. Ho vissuto la rivoluzione digitale, non è finita, continua!

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The show must go “digital”

Tiziana SanzonePR & Event Specialist

Molti dicono che può esistere un’unica vera passione nella vita di una persona: per me ce ne sono state due.

La prima riguarda il marketing digitale, grazie al quale poter costruire una relazione vera con i propri consumatori esplorando nuove vie di comunicazione e stimolando la partecipazione. Una passione e una preparazione sull’argomento avvenuta grazie al corso sul Digital Marketing organizzato dall’associazione studi per la quale lavoro, denominata ASAM, Associazione per gli studi aziendali e manageriali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e coordinato da Paola Peretti, che non potrò mai ringraziare abbastanza per questa opportunità. L’idea di parlare direttamente con i pro-pri consumatori/clienti utilizzando gli innovativi strumenti di comunicazione è talmente rivoluzionaria e innovativa che mi ha letteralmente folgorata!

Ho pensato immediatamente all’applicazione pratica di quello da me appreso du-rante il corso e la mente si è rivolta spontaneamente verso quello che studio e amo da diversi anni: il cinema. Non solo la visione di un film o l’analisi tecnica dello stesso. Quando parlo di cinema mi riferisco anche ai luoghi in cui gli spettatori fruiscono que-sto mezzo e dove, in maniera più romantica, “i sogni diventano realtà”: sto parlando delle sale cinematografiche. Ovviamente queste sale non avrebbero significato senza il carattere innovativo della produzione cinematografica che ha raggiunto il suo più alto livello nel 2010 con Avatar di James Cameron. Ancora una volta dopo il pluripremiato Titanic il regista americano ha segnato un giro di boa fondamentale dopo il quale ogni cineasta non ha potuto far a meno di ispirarsi alla sua tecnica. Tuttavia non tutte le sale cinematografiche hanno potuto rendere omaggio a questo capolavoro, vista il necessa-rio utilizzo di pellicole e occhiali speciali capaci di catturare la magia del 3D. E quindi come è stato possibile resistere al ciclone Avatar che ha sbancato il botteghino lasciando a bocca asciutta i piccoli cinema di città e provincia? Fortunatamente la stagione cine-matografica 2010 non ha mostrato soli i suoi lati tecnologici, ma anche quelli emozionali e vicini alla vita reale con film che hanno lasciato decisamente il segno: Il Concerto – Tra le nuvole – Soul Kitchen – L’uomo che verrà – Invictus. Questi film sono solo alcuni delle pellicole che hanno reso speciale la serata di molte persone e di conseguenza anche

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le sale che hanno scelto di proiettarle. In questo caso infatti oltre a seguire il naturale profitto derivante dalla scelta del film, il responsabile della sala ha premiato anche il ca-rattere emotivo, vero, a volte spregiudicato e in altri casi fin troppo aderente alla realtà. Insomma ha permesso agli spettatori per una sera di essere parte del film, questa volta senza l’uso di particolari occhiali, ma con la più grande forza del cinema: “il sogno”.

Un sogno che lo spettatore coltiva per qualche tempo anche una volta terminata la proiezione, attraverso la discussione con gli amici, raccontandolo in famiglia, consiglian-dolo ai colleghi di lavoro, in tempi più recenti collegandosi online, ma non coinvolgen-do in questo resoconto il gestore della sala, colui che ha scelto il film. In un certo senso è come se una persona trascorresse una bellissima serata a casa di un conoscente, grazie al quale vive per qualche ora delle emozioni difficili da dimenticare e il giorno dopo ne parlasse con tutti, tranne che con il padrone di casa. Il motivo di questa mancanza di comunicazione potrebbe però non essere solo colpa di un ospite irriconoscente, ma anche di un padrone di casa poco rintracciabile che non sembra aver voglia di ascoltare i commenti della serata. E allora come pretendere che il suddetto ospite ritorni ancora una volta in quella “casa”? Una metafora che mi aiuta a spiegare il legame tra marketing digitale e cinema che può concretizzarsi in una serie di azioni che mi piacerebbe poter suggerire (rassicurando i lettori della mia buona fede e delle mie competenze).

Vorrei partire dall’analisi online delle sale cinematografiche. Per capire l’importanza di questo primo passaggio, vi pongo qualche semplice domanda: quando siete alla ri-cerca di un film e di un luogo dove fruirlo, cosa fate? Quando non conoscete il nome di una sala cinematografica, ma sapete esattamente il titolo del film e la città dove volete recarvi, quale azione vi accingete a compiere? La risposta a queste domande è sempre la stessa: compio una ricerca sui maggiori motori di ricerca! E in effetti facendo alcune di queste ricerche ho scoperto qualcosa di davvero interessante. I grandi multisala pre-sidiano il territorio dell’online, perché una volta digitato il nome di una città di medie/grandi dimensioni, appare la catena cinematografica di riferimento tra le prime posizio-ni. Differente invece il rapporto per le monosala. Spesso di tratta di sale parrocchiali oppure gestite privatamente, presenti su un territorio molto vasto insieme a molti altri cinema. Pensate alla città di Milano. Se per esempio digitiamo su Google “Cinema Mi-lano” non risulta nessuna monosala tra i primi posti, ma appaiono tutti quei contenitori di informazioni cinematografiche, che hanno al loro interno anche la possibilità di abbi-nare la ricerca del film ad una sala in particolare nel territorio nazionale. Consiglierei a tutti coloro che gestiscono una sala cinematografica di riflettere sul loro posizionamento e sulle possibilità di essere rintracciati facilmente dal pubblico.

Terminata la fase di analisi vorrei soffermarmi su due aspetti fondamentali sia per i multisala che per i monosala: e-commerce e mobile. Prima di buttarsi a capofitto sulle molteplici possibilità di questi mezzi consiglio una specifica profilazione degli spettatori da cui trarre abitudini, tipologia di film preferiti e l’utilizzo che fanno dei nuovi media/tecnologie. Solo in questo modo sarà possibile capire il grado di interazione che si potrà creare con il proprio pubblico. Se poi parliamo di e-commerce e mobile non è detto che questi due strumenti vadano intesi separatamente. Acquistare il biglietto online è quasi un obbligo per evitare code infinite e soprattutto per non esser costretti ad arri-vare mezz’ora prima alla ricerca dei posti migliori. Nei siti dei grandi multisala questo

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servizio viene inserito quasi di default, ma non basta pensarlo solo per gli acquisti effet-tuati da casa. Infatti vista la penetrazione del mobile in Italia e della sua crescita nella navigazione internet, sarebbe impensabile non prevedere una tipologia di prenotazione e pagamento del biglietto via cellulare. Una rivoluzione che potrebbe essere molto ap-prezzata dallo spettatore, tanto da accettare di ricevere informazioni sull’ultimo film in uscita oppure proposte last minute a prezzo ridotto. Inoltre da parte sua la sala avrà modo di utilizzare il mobile anche come mezzo di comunicazione immediato con il pub-blico, chiedendo ai suoi clienti commenti e giudizio sulla sala o sui film che fruiranno in essa. Una speciale community di opinion leader che il cinema potrà coinvolgere nelle numerose iniziative che realizzerà presso i suoi spazi, perché non occorre dimenticare il carattere necessario dell’integrazione tra online e offline.

Mi auguro che questi spunti siano stati di interesse non solo per chi gestisce una sala cinematografica, ma anche agli spettatori che le frequentano con più o meno assiduità, perché siano anche loro a spronare i responsabili di cinema a far introdurre dei cambia-menti in grado di rendere più accessibile e interattiva la fruizione!

Vi lascio alla lettura di questo libro capace, nella sua linearità, di fornirvi gli appro-fondimenti necessari a migliorare non solo il vostro business, ma anche il vostro approc-cio concettuale al marketing digitale.

Il CineTeatroPax di Cinisello Balsamo dal 1954 si pone l’obiettivo di offrire alla cittadi-nanza e alle zone di Milano/Hinterland una proposta di alto profilo culturale che compren-de cinema, teatro, musica e dibattiti. La struttura è completamente gestita da volontari e lavora a stretto contatto con enti locali,gruppi e associazioni presenti sul territorio. (www.cineteatropax.it.)

[email protected]

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Capitolo 1

La trasformazione digitale e la sfi da per le organizzazioni

If you are going to crash the party, you’d better bring the wine Bob Thacker, SVP of Marketing & Advertising, OfficeMax

PremessaL’evoluzione del mondo digitale (Internet, social media, e-commerce, mobile ecc.) ha portato imprese e consumatori a dover affrontare una sfida nuova e complessa. Dal punto di vista delle imprese, la rivoluzione digitale implica, in tempi rapidi, un cambiamento radicale del paradigma di marketing e co-municazione che vede la relazione e l’interazione al centro di uno scambio di messaggi bilaterali altamente personalizzati e costanti. Un vero e proprio dialogo che mette l’organizzazione, i suoi brand e le sue persone ad aprirsi a un mondo in cui le parole chiave sono ascolto, partecipazione, interazione, velocità e trasparenza. Dall’altro lato i consumatori, grazie anche allo sviluppo e alla diffusione di nuovi mezzi attraverso i quali interagire e comunicare, hanno profondamente cambiato i loro comportamenti e i relativi processi di acquisto. Come siamo arrivati a questo punto? Qual è stata l’evoluzione di Internet? Com’è cambiato il ruolo del marketing? E che cosa s’intende esatta-mente per marketing digitale?

Il primo capitolo intende rispondere a queste domande e porre le basi per capire che cos’è il marketing digitale e perché sta acquisendo un ruolo sempre più importante rispetto a quello tradizionale. Un esempio? Immaginate di do-ver comperare un’auto nuova. Fino a meno di dieci anni fa avreste acquistato una rivista specializzata, un allegato o un inserto di un magazine generalista dedicato alle automobili, avreste guardato un programma televisivo dedicato all’argomento per scoprire le ultime novità del settore. Probabilmente vi sareste recati a una fi era e avreste sicuramente chiesto a colleghi, amici e conoscenti consigli e suggerimenti. E infi ne avreste, tendenzialmente nei fi ne settimana, visitato una serie di concessionari per vedere le auto, farvi fare dei preventivi e valutare le diverse opzioni. Infi ne sareste tornati dal concessionario prescelto per fi nalizzare l’acquisto e comperare l’automobile prescelta, probabilmente sapendo in partenza che avreste dovuto aspettare diversi mesi per la consegna.

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Capitolo 14

Nella visione tradizionale il marketing, considerando come approccio quello introdotto e perfezionato nel tempo da Philip Kotler,1 non è un processo lineare ma circolare, in cui ascolto, comprensione dei bisogni e delle forze che agiscono sui mercati, progettazione di prodotti o servizi in grado di rispondere alle nuo-ve opportunità individuate, si susseguono interagendo e modifi candosi conti-nuamente. Kotler fornisce una defi nizione più ampia e generale dell’attività di

marketing, come “strumento per comprendere, creare, comunicare e distri-buire valore”. Oggi questa visione è ancora più corretta, occorre però ampliare il proprio orizzonte, accettare il profondo cambiamento in corso nei modi di fruizione e interazione con i consumatori ed espanderlo grazie al mondo digi-tale e alle tecnologie che in esso rendono possibile la creazione di una relazione diretta con il proprio target di riferimento.

Torniamo all’esempio precedente: se oggi volete comperare un’auto nuova come vi comportate? Nel 75% dei casi il primo passaggio è quello di andare in Internet e attraverso Google o un altro motore di ricerca, iniziare un percorso di esplorazione, ascolto, informazione, confronto e in alcuni casi addirittura di acquisto online.

Quando si parla di Internet e commercio non dobbiamo pensare esclusi-vamente all’e-commerce, ovvero all’acquisto e al pagamento del prodotto su Internet. La Rete, infatti, ha acquisito un’infl uenza basilare in tutta la fase pre-cedente all’acquisto: intendiamo i momenti di ricerca e raccolta di informazio-ni, selezione, comparazione e perfezionamento della scelta, che precedono la decisione d’acquisto e che, specialmente per i beni durevoli e dall’alto valore monetario, rappresentano un momento cruciale del processo d’acquisto. Se quindi analizziamo la situazione in quest’ottica, Internet rappresenta un media cruciale e strategico per i produttori e gli intermediari nel mercato automobi-listico e non solo.

Da una ricerca effettuata da Google con l’istituto di ricerche Tns Italia,2 emerge che Internet è uno strumento usato e considerato importante in ogni fase del processo d’acquisto di un’automobile. Il 33% degli intervistati inizia la ricerca della propria auto raccogliendo informazioni online e il 66% ha usato Internet in varie fasi del processo d’acquisto. Il Web permette anche di acce-lerare il processo decisionale: il 40% degli intervistati ha impiegato quattro settimane per prendere la decisione sul modello da acquistare. In tutto questo i

1 Philip Kotler è stato indicato come il quarto “guru del management” di tutti i tempi dal Financial Times (dopo Jack Welch, Bill Gates e Peter Drucker) e acclamato come “il maggior esperto al mondo nelle strategie di marketing” dal Management Centre Europe. Kotler ha dato un contributo importante alla strutturazione del marketing come disciplina scientifi ca, orientando la formazione di moltissimi studenti e manager in tutto il mondo. La sua opera principale è Marketing Management (prima edizione nel 1967), che viene generalmente riconosciuto come uno dei più autorevoli testi sul marketing, ed è il più diffuso nelle università e nelle business school di tutto il mondo, con una percentuale di adozioni vicina al 60%. Kotler ha pubblicato numerose altre opere e più di cento articoli su diversi aspetti del marketing. Inoltre ha ricevuto importanti premi e riconoscimenti. Attraverso la sua società di consulenza, la Kotler Marketing Group (KMG), Kotler ha collaborato con molte grandi imprese multinazionali, tra cui Ibm, General Electric, AT&T, Honeywell, Bank of America, Merck e Motorola. (Testo tratto da “Il marketing secondo Kotler” di Blaise Pascal, http://www.impresaoggi.com/it/articoli/artspec43.pdf.)

2 http://www.tns-global.it

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La trasformazione digitale e la sfi da per le organizzazioni 5

motori di ricerca hanno un’importanza fondamentale: il 75% degli intervistati ha usato un motore di ricerca per individuare i siti di interesse.3

Da un lato, quindi, per chi si occupa di marketing in azienda approcciare Internet e i mezzi digitali, tra cui i social media, i cellulari, i motori di ricerca e così via implica apertura, in sintesi saper raccogliere una sfi da. Dall’altro lato però non occorre dimenticare tutto quello che sappiamo e che, dagli anni Ses-santa, le famose “4 P” del marketing4 create dal professor Jerome McCarthy ci hanno insegnato. L’obiettivo è quello di aprire la mente a nuove possibilità e in questa chiave ripensare le esperienze passate. Nelle pagine seguenti cerchere-mo di imparare e capire perché il marketing digitale è strategico e in che cosa consiste esattamente.

1.1 Lo scenario di mercato: il mondo digitale e il suo potenzialeLe organizzazioni oggi si trovano a dover competere in un mondo in cui il ruolo dei consumatori è cambiato e i media digitali hanno preso il sopravvento. Que-sti fenomeni hanno condizionato lo scenario di mercato in cui si sono abbassate le barriere di accesso all’informazione, si sono ridotti i tempi di relazione sia tra le persone che tra le persone e l’azienda e in particolare per alcuni settori sono crollate le barriere all’ingresso permettendo, attraverso la creazione di attività online (per esempio community, siti di e-commerce ecc.) di raggiungere target audience e instaurare una relazione diretta con loro.

Quattro fenomeni, in particolare, hanno avuto un ruolo chiave nel determi-nare questa situazione:

❯ l’evoluzione di Internet e la sua diffusione in termini di penetrazione; ❯ l’esplosione dei social network; ❯ il declino dei mezzi di comunicazione tradizionali; ❯ i cambiamenti negli atteggiamenti di consumo.

1.1.1 La diffusione di Internet e la nascita del Web 2.0 Internet è un sistema di reti telematiche, tra loro connesse e gerarchicamente organizzate, in base al quale milioni di computer sono in collegamento tra di loro.5 Per mezzo di Internet, gli utenti sono in grado di spedire, ricevere e scambiare pacchetti di dati da computer – appartenenti a enti, organizzazioni,

3 http://www.impresaoggi.com4 In sintesi, il modello di marketing di Jerome McCarthy, ripreso in seguito da Philip Kotler, organizza tutte

le attività di marketing operativo sotto quattro elementi: Product, Price, Placement, Promotion. Con lo sviluppo della ricerca sul marketing, sono state proposte varie integrazioni al modello, a esempio l’aggiunta del Packaging, della vendita personale (Personal selling), o del servizio (concetto di prodotto-servizio). In questo modo il modello diventerebbe delle “cinque P”, delle “sei P” e così via.

5 Di Carlo, G. (1998), Internet Marketing, Milano, Etas, p. 23.

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Capitolo 16

istituzioni e privati – e possono comunicare tra di loro, condividere risorse, cercare e diffondere informazioni.

Nel 1998, quando in Italia uscivano i primi libri dedicati a Internet, queste definizioni e la storia del mezzo erano oggetto di ampia analisi e discussione. In dieci anni di strada ne è stata percorsa e Internet è stato addirittura candidato, dalla rivista Wired, al premio Nobel per la pace.

Questo strumento, diventato a tutti gli effetti il protagonista della trasfor-mazione digitale, è partito velocemente creando un effetto “bolla” e destabi-lizzando economie di diversi paesi, si è in seguito affermato lentamente per poi riprendere il sopravvento dal 2006 in avanti. A dicembre del 19996 negli Stati Uniti c’erano 110.825.000 utenti online, in Gran Bretagna 13.975.000 e in Italia 4.475.000. In dieci anni la situazione si presenta profondamente cambiata nei numeri e soprattutto nell’atteggiamento attraverso il quale Internet viene vissuto e utilizzato dai consumatori e dalle aziende. In Italia, nel 2009, c’erano 30.783.0007 di utenti con accesso a Internet con una crescita, in dieci anni, pari a oltre il 687%. In particolare, dal 2006 in avanti, l’incremento del numero di utenti è stato costante in tutti i principali paesi del mondo – vedi Figura 1.1 – con Giappone e Sud Corea che si contendevano il primato in termini di penetrazione raggiungendo oltre il 70%.

Utenti Internet Penetrazione

Stati Uniti d’America 181,9 63,6%

Cina 133,5 10,2%

Giappone 87,2 68,4%

Germania 39,4 47,8%

Gran Bretagna 35,1 57,9%

Sud Corea 34,4 70,5%

Francia 28,7 47,1%

Italia 28,6 49,2%

India 25,5 2,3%

Brasile 21,2 11,3%

Canada 21 63,4%

Messico 20 18,6%

Spagna 16,5 40,8%

Australia 13,1 64,5%

Argentina 7,9 19,8%

Resto del Mondo 368 13,2%

Mondo 1.080,00 16.6%

6 Commerce Net/Computer Industry Almanac. (12/1999).7 Audiweb, AW (08/2009).

Figura 1.1: Utenti Internet e penetrazione nei principali paesi del mondo (2007)Fonte: eMarketers, gennaio 2007.

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La trasformazione digitale e la sfi da per le organizzazioni 7

Internet è cresciuto non solo nel numero di computer che si collegavano alla rete telematica ma soprattutto nel suo modo di essere e di esprimersi at-traverso i siti, grazie al World Wide Web (testo, immagini e multimedialità, come vedremo), e nelle modalità di fruizione attraverso dispositivi sempre più facili da usare, interattivi e portatili tra cui basta citare i mini laptop, l’iPad e gli smartphone.

Internet oggi è parte integrante della vita delle persone. È il mezzo attraver-so il quale i consumatori comunicano, si confrontano, cercano, acquistano ed esprimono loro stessi ed è il ponte grazie al quale le organizzazioni possono creare una relazione con loro, intensa e duratura e soprattutto a due vie, peer-to-peer, da pari a pari. Questo cambiamento di ruolo e la relativa diffusione di Internet hanno portato alla nascita del concetto di Web 2.0, un termine coniato da Tim o’Reilly, fondatore e CEO della O’Reilly Media, Inc., per descrivere l’evoluzione di siti e servizi nel Web come i siti wiki8 e i social network, in cui sono fondamentali l’interazione, la collaborazione e la condivisione di contenu-to da parte degli utenti. Tim O’Reilly è considerato uno dei migliori editori nel mondo di libri sulle tecnologie informatiche ed è attivista per la diffusione degli open standard. Negli ultimi anni il termine Web 2.0 è stato oggetto di ampie discussioni ed è stato utilizzato spesso in maniera impropria.

Il concetto esprime e rappresenta l’era in cui le persone hanno compreso che non è tanto nel software l’importanza del Web, quanto nei servizi e nelle espe-rienze che sono offerti attraverso il Web stesso. Lo stesso O’Reilly ha dichiarato che il termine da lui creato è diventato così utilizzato che spesso le organizza-zioni lo inseriscono nei piani di marketing, senza avere una chiara idea del suo signifi cato e soprattutto delle implicazioni che questo nuovo modo di gestire il Web racchiude.

In sintesi ci sono degli elementi concreti, tra cui l’affermazione di Wikipedia, l’enciclopedia collaborativa, e dei siti wiki, l’affermarsi dei motori di ricerca e delle attività di Search Engine Optimization,9 la possibilità di seguire, in-teragire e partecipare in real time su qualunque tema e così via, che hanno decretato il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0. Tali elementi sono riassunti in Figura 1.2.

8 Un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che viene aggiornato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso. La modifi ca dei contenuti è aperta, nel senso che il testo può essere modifi cato da tutti gli utenti (a volte soltanto se registrati, altre volte anche anonimi) procedendo non solo per aggiunte come accade solitamente nei forum, ma anche cambiando e cancellando ciò che hanno scritto gli autori precedenti. Ogni modifi ca è registrata in una cronologia che permette in caso di necessità di riportare il testo alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere, scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo. Il termine wiki indica anche il software collaborativo utilizzato per creare il sito web e il server. Wiki, in base alla sua etimologia, è anche un modo di essere. Fonte: http://www.wikipedia.org.

9 Con il termine ottimizzazione (Search Engine Optimization, SEO, in inglese) si intendono tutte quelle attività fi nalizzate ad aumentare il volume di traffi co che un sito web riceve dai motori di ricerca. Tali attività comprendono l’ottimizzazione sia del codice sorgente della pagina, sia dei contenuti. L’ottimizzazione è parte di un’attività più complessa, quale il marketing dei motori di ricerca (Search Engine Marketing, SEM). Fonte: http://www.wikipedia.org.

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Capitolo 18

Web 1.0 Web 2.0

• DoubleClick • Google AdSense

• Ofoto • Flickr

• Akamai • BitTorrent

• mp3.com • Napster

• Britannica Online • Wikipedia

• Personal websites • Blogging

• Domain name speculation • Search engine optimization

• Page views • Cost per click

• Screen scraping • Web services

• Publishing • Participation

• Content management systems • Wikis

– Directories (taxonomy) • Tagging

– Stickiness • Syndication

Due sono gli elementi centrali su cui verte il Web 2.0: l’intelligenza colletti-va10 (andrebbe citata l’opera di Levy in nota) e l’affermazione della rete come ecosistema in cui gli utenti creano valore tramite la con-divisione e la creazione di esperienze nel Web che facciano leva sull’engagement e sulla partecipazione.

Un’opera che segna l’affermazione di questo nuovo modo di agire è “Wiki-nomics 2.0” di Don Tapscott e Anthony D. Williams, sottotitolata “La collabo-razione di massa sta cambiando il mondo”. Nella prefazione si legge “la rapida e universale diffusione di Wikipedia, l’enciclopedia online a cui tutti possono acce-dere e collaborare liberamente, è diventata la metafora di un nuovo modo di con-cepire l’economia e il business: la wikinomics. È il mondo in cui milioni di perso-ne interconnesse tramite e-mail, blog, network, community e chat usano internet come la piattaforma globale di scambio, si auto-organizzano e si trasformano in una forza economica di dimensioni globali, capace di modifi care radicalmente la società e il business”11.

Oggi si parla già di Web 3.0, della terza generazione di Internet, in cui la maturità e l’acquisizione di alcune tecnologie, unite allo sviluppo di nuove ap-plicazioni, porteranno a un’ancora maggiore interazione e utilizzo dell’espe-rienza nel Web. Il Web 3.0 porta con sé l’anima della trasformazione digitale ed è un’altra ragione che deve spingere le organizzazioni a rivedere il ruolo del marketing e della comunicazione tradizionali.

10 P. Levy, (1996) L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Milano, Feltrinelli.11 D. Tapscott, A.D. Williams (2007), Wikinomics 2.0, Milano, Etas.

Figura 1.2: L’evoluzione dal Web 1.0 al Web 2.0Fonte: elaborazione di Paola Peretti.

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1.1.1 L’esplosione dei social networkI social network sono delle piattaforme digitali che permettono, alle persone iscritte, di condividere opinioni, esperienze, informazioni e idee in maniera molto semplice. I messaggi possono essere scambiati attraverso testo, immagini, audio e video. Il più importante social network al mondo, in termini di numero di iscritti, è Facebook, creato da Mark Zuckerberg nel febbraio 2004, seguono Twitter, LinkedIn, YouTube, MySpace, Bebo12 e ad altri popolari in Russia e in Brasile come Orkut e V Kontakte.

Quella dei social network è stata una vera e propria esplosione. Se Internet ha impiegato quattro anni per raggiungere 50 milioni di utenti, Facebook in nove mesi è arrivato a quota 100 milioni. Oggi ci sono oltre 500 milioni di utenti attivi su Facebook, è il secondo sito al mondo più visitato dopo Google, nel social network avvengono conversazioni in più di 70 lingue e solo il 30% degli attuali utenti vive in America. Di questi utenti oltre 150 milioni accedono a Facebook attraverso smartphone e altri supporti mobili come iPad, iPhone, blackberry, ecc.

I social media (diversa la defi nizione rispetto ai social network – i social media fanno riferimento al concetto stile Web 2.0 e consistono “in attività, pratiche e comportamenti tra le comunità di persone che vanno online per condividere contenuti, informazioni, esperienze e per dialogare tra di loro, con i brand e con le aziende” mentre i social network sono “lo strumento attraverso il quale poter condividere e dialogare”) e questa nuova era di comu-

12 http://twitter.com; http://www.linkedin.com; http://www.myspace.com; http://www.bebo.com/

Figura 1.3: La mappa mondiale dei socia l networkFonte: Vincos.it, 2010.

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Capitolo 110

nicazione e interazione, sotto tutti i punti di vista, hanno effettivamente con-quistato il mondo.

Il fenomeno è globale e i social media sono entrati a far parte della quo-tidianità dei consumatori, che dichiarano di esserne influenzati perfino nei processi decisionali di acquisto di prodotti e servizi. Il percorso è iniziato nel 2006, anno in cui è nato il concetto di Web 2.0 e prende piede lo user gene-rated content, il contenuto appunto creato dagli utenti in rete. La voglia di esprimersi è associata alla necessità di reperire informazioni, di confrontarsi sulle decisioni di acquisto e di ricevere supporto dalle aziende. I consuma-tori iniziano a percepire la comunicazione di marketing come pervasiva e frammentata e cercano nei giudizi dei loro pari, informazioni utili e consigli. Nel 2007, in America prima e poi rapidamente nel mondo, inizia la seconda fase di questo percorso che porta i social network a diventare il luogo dove le aziende creano la propria comunità di utenti dove far confluire il desiderio di comunicare e soprattutto dove è possibile parlare con una marca e iniziare una vera e propria relazione. Il 2008 diventa così l’anno delle conversazioni online, quello che vede l’esplosione dei social media non solo in termini di numero di utenti e di percentuale di penetrazione, ma anche come tempo speso sugli stessi. I dati lo dimostrano, in un anno le member communities (come vengono definite da Nielsen, società leader al mondo per le ricerche

Figura 1.4: La crescita dei Social Media Fonte: Nielsen Online, Global Index, Settembre 2009.

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di mercato) sono aumentate a livello del 6,5%, in Italia del 9,5%.13 La share of time dedicata a community, blog e Social Media a livello globale è salita del 18,1% e in Italia è passata dall’11,5% al 25,8% in un anno, dal 2008 al 2009. Ogni utente invia circa otto richieste di amicizia (il modo in cui si aggiungono persone alla propria “cerchia”) al mese, passa su Facebook almeno 55 minuti al giorno ed è membro di almeno 13 gruppi; commenta 25 volte, diventa fan di 4 pagine e riceve almeno 3 inviti a eventi ogni mese. E questi numeri sono in crescita e l’Italia insieme con Brasile e Russia detiene il record del tempo speso online nei social network, pari a oltre 6 ore al giorno.

È una tendenza che pare irreversibile e che nel 2010 ha trovato il suo cul-mine. I social media (social network, blog, community, canali video ecc.), in questo senso, si collocheranno come influenzatori di brand image e di brand awareness, ossia immagine e notorietà di una marca, e soprattutto giocheranno un ruolo chiave nei processi di decisione e di acquisto. L’esperienza acquisita nella rete, come sommatoria di recensioni, posizionamento nei motori di ricer-ca, informazioni reperite attraverso forum, community, blog e social media, po-trà condizionare l’immagine e la reputazione di un’organizzazione e la spingerà verso l’apertura al dialogo e quindi alle conversazioni su questi mezzi, può esse-re il primo passo per un’azienda per ascoltare, rispondere, partecipare e capire come migliorare e crescere. Il presupposto è che si formi una nuova cultura di marketing all’interno delle organizzazioni, che alla “paura che parlino male di me e del mio brand” nella pagina che ho creato su Facebook, si riesca invece a pensare che “comunque già lo fanno e tu se non sei presente, non lo sai, non risponderai e perderai la possibilità di costruire una relazione che nel lungo periodo avrà un’influenza fondamentale nei processi di acquisto”.14

13 Fonte: Nielsen Online, Global Index, settembre 2009 (panel casa e uffi cio).14 Fonte: Paola Peretti, Digital Lab, ASAM 2009.

Figura 1.5: Il ruolo dei social media nel processo di acquisto Fonte: Performics e ROI Research, 2009.

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Capitolo 112

1.1.2 Il declino dei mezzi tradizionaliAll’interno di questa evoluzione, dall’altro lato, si è assistito a un lento ma ine-sorabile declino dei mezzi tradizionali. Ultimi dati pubblicati negli Stati Uniti da eMarketer (aprile 2010)15 segnalano che il 78% dei consumatori americani segue i consigli e i suggerimenti di altri consumatori nel Web e solo il 14% invece ha fiducia nella pubblicità tradizionale.

Questa tendenza è evidenziata anche dalla crisi, in generale, dei mezzi di comunicazione tradizionale. Come si vede dal grafi co seguente, negli Stati Uniti nel decennio che va dal 1997 al 2007, c’è stata una lenta e progressiva erosione di credibilità dei media in generale. All’interno degli infl uenzatori sono rientrati i blogger, gli amici, le persone appartenenti alla stessa community e questo mec-canismo è stato un altro elemento che ha inciso profondamente accelerando la trasformazione digitale.

Quando si entra nella sfera delle singole organizzazioni e si chiede ai consu-matori quali fonti ritengono credibili e sulle quali si fi dano per prendere delle decisioni in merito alla reputazione o ai processi di acquisto, questo meccani-smo di declino dei mezzi tradizionali è ancora più evidente. Se ci si sofferma sulla fi gura seguente, si può vedere come in America, già nel 2007, la risposta più frequente era “crediamo a persone come noi”.

15 http://www.emarketer.com.

Figura 1.6: Fonti di informazioni e credibilità in US, dal 1997 al 2007. Fonte: eMarketers, 2007.

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Dal 2007 in avanti, negli Stati Uniti in particolare, il fenomeno social media ha avuto un profondo impatto a livello di influenza sulle vendite da parte dei consumatori finali. Altri dati a supporto di questa tesi sono quelli citati da Ta-mar Weinberg nel libro Social Media Marketing, in particolare:

❯ uno studio del 2008 della Nuance Communications, eseguito dalla Society for New Communications Research, ha dimostrato che un’importante per-centuale (quasi il 75%) di partecipati sceglie prodotti e rivenditori sulla base di raccomandazioni dei loro pari. Tra i siti che infl uenzano le scelte, vengono citati: blog, forum e sistemi di rating online;

❯ uno studio della SellPoint, condotto nello stesso periodo, ha evidenziato che gli utenti sono maggiormente disposti a comprare un prodotto dopo aver visto un video tour. Questo, stando alla ricerca, può portare a un incremento delle vendite del 35% (lo studio ha testato il comportamento di un milione di acquirenti sul sito CompUSA durante un periodo di 60 giorni).

In Italia la situazione non è differente dagli altri paesi del mondo. Se su scala globale il 70% dei consumatori ascolta le opinioni e i suggerimenti online, in Italia questa percentuale è pari addirittura all’80%.16

16 Fonte: Nielsen Global Online Consumer Survey, aprile 2009.

Figura 1.7: Fonti d’informazione credibili sulle organizzazioni, US, 2007 Fonte: eMaketers, 2007.

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Capitolo 114

Un altro elemento che ha inciso nel determinare il declino dei mezzi tradi-zionali e che è costantemente dibattuto da esperti di marketing multicanale,17 è legato al fenomeno all’infl uenza che esercita sul consumatore l’esperienza che lo stesso vive attraverso diversi canali di comunicazione. L’Osservatorio Mul-ticanlità in Italia ha effettuato una ricerca, in partnership con Nielsen, Nielsen Online, Connexia e la School of Management del Politecnico di Milano,18 foca-lizzando l’attenzione sulle dinamiche evolutive della “multicanalita” studiando il fenomeno da tre punti di vista differenti: l’evoluzione del consumo dei nuovi media da parte dei consumatori italiani, l’impatto della multicanalità nel pro-cesso di acquisto e l’approccio delle aziende italiane nella gestione dei consu-matori nei diversi canali. In particolare la ricerca ha rivolto la sua attenzione su Internet e mobile, ovvero gli strumenti più rappresentativi in termini di fattori abilitanti al marketing multicanale in Italia.

Dai risultati emergono alcuni importanti fenomeni: la sempre maggiore pro-pensione dei consumatori alla mulicanalità (per esempio, sono 7,2 milioni gli

17 Marketing multicanale: grazie a Internet, ma anche con altri nuovi mezzi (Wap, SMS ecc.), è possibile rendere le esperienze di comunicazione e/o di acquisto omogenee, in grado cioè di dare al cliente quelle sensazioni e quelle esperienze che in passato i diversi mezzi (stampa, televisione, ecc.) o i diversi canali (il negoziante sotto casa, il catalogo spedito per posta) potevano dare solo separatamente. I mezzi di comunicazione erano gestiti indipendentemente tra loro e indipendentemente dai canali di vendita. Il marketing multicanale dà la possibilità di fare tutte queste cose allo stesso tempo, di promuovere la stessa iniziativa di marketing con più mezzi, ma offrendo al consumatore la stessa identica sensazione o esperienza di acquisto con ognuno. Si pensi al marketing della Kinder, che ha avuto l’idea di far trovare la sorpresa dell’ovetto sia in termini fi sici, sia su Internet, dove usando un piccolo codice trovato col giocattolo si può accedere a un videogame a sorpresa (www.magic-kinder.com). Fonte: ttp://www.lightmysite.it/public/glossario-m-80.asp

18 I quaderni della comunicazione, “Marketing Relazionale: colpire al centro” (novembre, 2009), ADC Group, Milano, p. 18.

Figura 1.8: L’esigenza di ascoltare le opinioni online in Italia Fonte: Nielsen Global Online Consumer Survey, Aprile 2009.

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italiani le cui decisioni di acquisto e di relazione con le marche sono determina-te dall’interazione con molteplici canali di comunicazione; il 31% in più rispet-to ai 5,5 milioni del 2007); la crescita dell’influenza di Internet verso un’utenza eterogenea (la maggior parte degli utenti in Italia, 63% appartiene alla fascia adulta 25-54 anni, ovvero ai target con maggiore autonomia decisionale nei processi di acquisto19) e il ruolo sempre maggiore relativo all’uso dei cellulari (in Italia ci sono oltre 50 milioni di utenti mobile, con età superiore ai 15 anni, pari al 98% della popolazione) non solo per telefonate ed sms/mms, ma anche per il gaming, la fruizione di contenuti video e il mobile internet, di cui l’Italia insieme al Regno Unito rappresentano dal 2008 i paesi leader per numero di utenti (7,7 milioni nel 4° trimestre 2008).

In questo contesto il consumatore si trova a poter vivere diverse esperienze di comunicazione e a essere infl uenzato nei suoi processi di acquisto dall’insie-me dei canali attraverso i quali viene a contatto. L’elemento che spicca è che sempre più spesso, in questo processo, i mezzi tradizionali vengono considerati di supporto perdendo il ruolo centrale che avevano fi no a pochi anni prima.

Il fenomeno della multicanalità del consumatore, come evidenziato dalla ri-cerca dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, si afferma anche nelle moda-lità di interazione con le aziende, Internet infatti, nel 2008 ha costituito la prin-cipale forma di ricerca di informazioni per il 21% della popolazione italiana e il dato in aumento, più signifi cativo, è quello che vede passare dal 18% al 23% il numero di consumatori che si recano in punto vendita per avere evidenza fi sica di un prodotto e per chiedere consigli e suggerimenti nella scelta, ma poi effettuano l’acquisto su Internet. A conferma del fenomeno, evidenziato in precedenza, del declino dei mezzi tradizionali e della perdita di credibilità degli stessi, la ricerca sottolinea come il 27% dei consumatori legge e si fa infl uenzare da opinioni di altri consumatori su forum e blog, il 10% di partecipare attiva-mente alle discussioni e il 15% dichiara di non aver comperato un prodotto dopo aver letto un giudizio negativo su Internet. Se consideriamo che questi numeri, come dimostrato dai dati evidenziati nella Figura 1.7 si stanno alzando considerevolmente, il fenomeno della multicanalità e quello della ridefi nizione dei ruoli del marketing tradizionali diventano fondamentali. Questa maggiore attenzione e consapevolezza dei consumatori che prendono in considerazione i diversi canali prima di effettuare un acquisto, infatti, spinge a non poter consi-derare più validi e isolati canali quali Internet, punto vendita, stampa, ecc. ma a ridefi nirne i confi ni, i ruoli e le differenze in termini di impatto fi nale sugli acquisti. Come si evincerà nel proseguire la lettura del libro, il fattore critico di successo per il marketing digitale e’ quello di sapersi integrare con i mezzi tradizionali per costruire esperienze che portino alla creazione di una relazione con il proprio target di riferimento, per costruire un percorso che genererà valore signifi cativo nel tempo.

19 Fonte: Nielsen Online 2008.

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Capitolo 116

1.1.3 Il cambiamento negli atteggiamenti di consumoUn ultimo fattore, infi ne, ha infl uito in maniera consistente nel determinare lo scenario attuale in cui il marketing digitale e quello relazionale stanno ac-quisendo sempre maggiore importanza: il cambiamento negli atteggiamenti di consumo.

L’evoluzione di Internet, l’esplosione dei social media, il declino dei mezzi di comunicazione tradizionali insieme al cambiamento nei comportamenti dei consumatori hanno giocato un ruolo decisivo nel far emergere un nuovo siste-ma di valori. Se partiamo dal presupposto che “non sono i cambiamenti nelle tecnologie, a essere rilevanti, quanto quelli delle persone”, allora è obbligatorio fermarsi e analizzare alcuni fattori che sono alla base di questi nuovi atteggia-menti nei consumi.

Negli ultimi anni si è osservato come da un lato sia diminuito il tasso di fedeltà ai brand e dall’altro, come evidenziato da Giampaolo Fabris al convegno “What consumers want” tenutosi presso la Microsoft, il 9 ottobre 2009, esista un orientamento nuovo alla qualificazione dei consumi e alla ricerca di beni con un forte contenuto relazionale. In pratica i consumatori italiani sembrano essere insoddisfatti dalle marche e come evidenziato dal grafico seguente, il calo dei “monogami” (chi è fedele a un certo brand) è stato lento e continuo.

Figura 1.9: La crisi della fedeltà alla marca Fonte: G.R. Fabris, Come cambiano i consumi degli italiani, aprile 2009.

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In particolare i consumatori hanno manifestato:

❯ imprevedibilità dei comportamenti; ❯ prudenza nelle scelte di spesa; ❯ minore fedeltà alle marche.

Dall’altro lato sono diventati creatori di contenuti considerati “credibili” dai loro pari, ponendosi alla pari di opinion leader e di editori e ribaltando il rap-porto di forza verso le marche, realizzando un vero e proprio powershift.

Le organizzazioni, quindi, devono cercare di far fronte a questa nuova si-tuazione, puntando sulle esperienze come elemento chiave su cui far ruotare il processo di acquisto. Alla base dell’esperienza c’è ovviamente la relazione che occorre instaurare con il proprio target di riferimento e proprio in questo il marketing digitale entra in gioco in maniera strategica. Com’è stato evidenziato in precedenza, la relazione tra marca e consumatore, trova nei media digitali in-fatti lo spazio su cui prendere vita. In questo senso però, occorre precisare che non è sufficiente l’applicazione di qualche strumento online per raggiungere il risultato e migliorare. Una campagna banner o di search engine marketing, una pagina su Facebook, un nuovo sito web o l’apertura di un canale su YouTube, infatti, non sono sufficienti a costruire una relazione. In seguito vedremo nel dettaglio come funzionano questi strumenti e capiremo perché è importante definire un approccio e una metodologia corretta per gestirli. Nella seconda parte del libro, infatti vedremo perché occorre costruire un piano di marketing digitale che pone l’ascolto come primo passaggio, la definizione delle personas di riferimento (il modo digitale di profilare il target audience) e la definizione di un piano che sviluppa una serie di strumenti digitali integrati tra di loro e collegati ai piani di marketing e comunicazione tradizionali.

Un elemento imprescindibile, che è utile anticipare, è che per vincere questa nuova sfi da occorre fi ducia: verso le persone, i mezzi e l’approccio in generale. In questa fase, per arrivare a capire quindi come cambia il ruolo del marketing e a comprendere come approcciare il mercato in maniera rinnovata, occorre soffermarsi su altro aspetto fondamentale: l’evoluzione di Internet e le diverse strategie d’interazione utilizzate dalle organizzazioni negli anni.

1.2 L’evoluzione di Internet e le diverse strategie: informazione, vendita, enterteinmentInternet è stato lo strumento che maggiormente ha inciso nella costruzione del-lo scenario attuale, la cosiddetta trasformazione digitale.

Internet, come visto in precedenza, è stato il primo strumento in grado di connettere il mondo intero e di rendere fruibili e accessibili le informazioni. I nostri comportamenti sono stati infl uenzati da questa evoluzione e oggi i nume-ri confermano che siamo protagonisti di vite digitali in cui il Web è l’elemento su cui ruota tutto.

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Capitolo 118

Le principali organizzazioni, come hanno vissuto il Web e la sua evoluzione? Quanto le strategie iniziali hanno infl uito sugli sviluppi successivi? Quali saran-no i prossimi passaggi?

Le imprese hanno considerato Internet, in una prima fase, come un mezzo nel quale essere presenti con le stesse modalità utilizzate nel marketing tradi-

Figura 1.10: Utilizzo di Internet nelle varie aree del mondo Fonte: Internetworldstats.com, giugno 2010.

Figura 1.11: I numeri della nostra vita digitale Fonte: Laboratorio Digital Marketing ASA, Paola Peretti.

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zionale. I siti erano brochure online in cui affermare e consolidare la propria identità corporate e quella dei propri brand. A seguire, in alcuni settori in par-ticolare, viene esplorato il Web come vero e proprio canale di vendita. È la fase in cui siti dedicati alla vendita di libri come Amazon e di aste e vendite come eBay si affermano e l’e-commerce invece è considerato interessante dalle orga-nizzazioni, soprattutto per la facilità di accesso (limitate barriere all’ingresso) e la possibilità di raggiungere un target ampio senza rilevanti investimenti.

La terza fase è quella definita dell’engagement ossia dell’intrattenimento e partecipazione. Brand come Pepsi, P&G, HP, Dell e Nike hanno fatto leva sui nuovi trend del mercato e sulle diverse possibilità di interagire con i di-versi stakeholder ponendosi al centro della relazione e creando le condizioni per crescere. In particolare hanno cercato di coinvolgere individualmente ed emozionalmente i propri target audience, sviluppando e utilizzando strumenti (per esempio community, blog, social media) in cui potevano dare vita a un’in-terazione diretta e disintermediata. Simultaneamente hanno contestualizzato i contenuti della comunicazione ai diversi canali e alle differenti necessità mani-festate dagli utenti. I consumatori hanno iniziato a vivere i brand come modo di espressione di sé e alcune aziende hanno saputo percepire questa tendenza e trasformarla in un nuovo modo di approcciare il Web e non solo.

Poste queste premesse occorre chiedersi: come cambia il ruolo del marke-ting? Se ascoltare, partecipare, conversare e commentare diventano gli assi at-traverso i quali costruire una relazione duratura e one-to-one, come cambia il paradigma di comunicazione?

Figura 1.12: L’evoluzione di Internet Fonte: Elaborazione di Paola Peretti.

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