prova tesina 2

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17 . 08 . 1969 | La Tesi | 1

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prova tesina per prova colloquio

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SOMMARIO

Consectet volorper aute exer sequisi tat, con vulla adio odo conse dunt praesse quipit veriliquisi.Equat. Duisisit voloborperos eros augait, quatie delismolor augait non-sed te velisim delenit velit ipit alis acincin ute tat lamcor sit lamet la con elessim vendipisi.Nissi. Del dolor senibh et prate enit wiscip ecte diamet, sed magna facilla aut ad diam dipsustrud min vero ero od te consecte erit nissit, quat verate dolore mod tio ercinci llandit utpat nim incidui sciduissim vent iriustio erostrud elenim enis acil iniam, susto dolorperos erate do diat. Ut lor se minci tet iurercin ver augueri llaore vullam, se molor aliquat praesendre elit er sim veleniam, quam dolorpe raesequat nul-laortis dip exero erciduis dolortis et aciniam ing et, velit adipsuscin velisi bla augue do conulla faci tat. Faccummodit veliquipit in utat ut aute vel ullan ullamet ulputat, quam augue ent prat, quat. Duisit vullan

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SOMMARIO

Consectet volorper aute exer sequisi tat, con vulla adio odo conse dunt praesse quipit veriliquisi.Equat. Duisisit voloborperos eros augait, quatie delismolor augait non-sed te velisim delenit velit ipit alis acincin ute tat lamcor sit lamet la con elessim vendipisi.Nissi. Del dolor senibh et prate enit wiscip ecte diamet, sed magna facilla aut ad diam dipsustrud min vero ero od te consecte erit nissit, quat verate dolore mod tio ercinci llandit utpat nim incidui sciduissim vent iriustio erostrud elenim enis acil iniam, susto dolorperos erate do diat. Ut lor se minci tet iurercin ver augueri llaore vullam, se molor aliquat praesendre elit er sim veleniam, quam dolorpe raesequat nul-laortis dip exero erciduis dolortis et aciniam ing et, velit adipsuscin velisi bla augue do conulla faci tat. Faccummodit veliquipit in utat ut aute vel ullan ullamet ulputat, quam augue ent prat, quat. Duisit vullan

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Musica

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Lets go music!

WOODSTOCKovvero

3 GIORNIdi PACE

e MUSICA

Il concertoche delineò il profilo di un’ epoca

La Tesi |

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già il 14 una marea umana cominciò a colare

dalle colline, riversandosi sulla sua tenuta.

L’intera contea, che si lasciava vivere len-

tamente e rifuggiva il disordine, ne rima-

se comunque sconvolta; ma dovette capire

che “dove tuona un fatto, lì ha lampeggiato

un’idea”. Inseguivano quest’idea in trecen-

tomila, quattrocentomila, seicentomila, forse

più. Chi se ne frega delle cifre, pensavano,

che continuavano a gonfi arsi col passare

delle ore, man mano che le colline partori-

vano giovani d’ogni origine, affl uiti senza

preavviso, e apparentemente senza ragione.

Il malessere di una generazione sbattè dun-

que contro il rassicurante immobilismo

della campagna americana, individualista

e ordinata, che sembrò uscirne sconvol-

ta. Nessuno aveva previsto uno scenario

del genere, nemmeno gli organizzatori, che

confi davano nel prezzo del biglietto per po-

re giorni di pace e musica”, promette-

vano i manifesti che pubblicizzavano un

festival di provincia da tenersi a Wood-

stock, nella contea di Ulster, stato di New

York. Un concerto a pagamento come tan-

ti, che però rischiò di tramontare quan-

do le proteste della cittadinanza costrin-

sero le autorità a negare l’autorizzazione.

Un giovane fattore della zona, Sam Yasgur,

convinse allora suo padre Max ad affi ttare agli

organizzatori del Festival la sua enorme te-

nuta, situata appena più a sud-ovest di quello

che avrebbe dovuto essere il luogo prescelto.

Sam, tra tanti, pensava che la tre giorni – 15,

16 e 17 agosto del 1969 - avrebbe richiamato

al massimo cinquantamila persone a Bethel,

dove si estendeva la fattoria di famiglia.

Molto probabilmente, l’esperto Max dovet-

te pentirsi – come spesso accade – di aver

dato retta al progetto strampalato del fi glio:

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già il 14 una marea umana cominciò a colare

dalle colline, riversandosi sulla sua tenuta.

L’intera contea, che si lasciava vivere len-

tamente e rifuggiva il disordine, ne rima-

se comunque sconvolta; ma dovette capire

che “dove tuona un fatto, lì ha lampeggiato

un’idea”. Inseguivano quest’idea in trecen-

tomila, quattrocentomila, seicentomila, forse

più. Chi se ne frega delle cifre, pensavano,

che continuavano a gonfi arsi col passare

delle ore, man mano che le colline partori-

vano giovani d’ogni origine, affl uiti senza

preavviso, e apparentemente senza ragione.

Il malessere di una generazione sbattè dun-

que contro il rassicurante immobilismo

della campagna americana, individualista

e ordinata, che sembrò uscirne sconvol-

ta. Nessuno aveva previsto uno scenario

del genere, nemmeno gli organizzatori, che

confi davano nel prezzo del biglietto per po-

re giorni di pace e musica”, promette-

vano i manifesti che pubblicizzavano un

festival di provincia da tenersi a Wood-

stock, nella contea di Ulster, stato di New

York. Un concerto a pagamento come tan-

ti, che però rischiò di tramontare quan-

do le proteste della cittadinanza costrin-

sero le autorità a negare l’autorizzazione.

Un giovane fattore della zona, Sam Yasgur,

convinse allora suo padre Max ad affi ttare agli

organizzatori del Festival la sua enorme te-

nuta, situata appena più a sud-ovest di quello

che avrebbe dovuto essere il luogo prescelto.

Sam, tra tanti, pensava che la tre giorni – 15,

16 e 17 agosto del 1969 - avrebbe richiamato

al massimo cinquantamila persone a Bethel,

dove si estendeva la fattoria di famiglia.

Molto probabilmente, l’esperto Max dovet-

te pentirsi – come spesso accade – di aver

dato retta al progetto strampalato del fi glio:

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tersi permettere le celebrate band invitate

alla kermesse, nemmeno la polizia, che at-

traverso gli altoparlanti degli elicotteri ten-

tava di scoraggiare l’afflusso prospettando

il raggiungimento dei limiti di capienza.

La facilità con cui si poteva accedere al pra-

to eludendo la (scarsa) sorveglianza, insuf-

ficiente per un’area così estesa e poco pre-

sidiabile, e la suddetta invasione di massa,

costrinse allora i primi a rivedere l’idea di

far entrare al festival solo chi aveva il bi-

glietto: Woodstock divenne gratuito, mentre

le speranze di pareggiare le spese si volsero

alla produzione di un film e di un disco live.

Come previsto, la stampa ed i media in ge-

nere – decisamente più vicini allo sconforto

della famiglia Yasgur e della contea tutta,

che all’entusiasmo della neonata comunità di

Woodstock – focalizzarono dapprima l’atten-

zione sul caos, il disordine, l’insicurezza ed

i pericoli derivanti dall’inattesa associazione

spontanea concentrata sui prati della zona.

Poi, col passare dei giorni, il fenomeno co-

minciò ad estrinsecarsi compiutamente, e di-

venne “un fenomeno di innocenza” al quale

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tersi permettere le celebrate band invitate

alla kermesse, nemmeno la polizia, che at-

traverso gli altoparlanti degli elicotteri ten-

tava di scoraggiare l’afflusso prospettando

il raggiungimento dei limiti di capienza.

La facilità con cui si poteva accedere al pra-

to eludendo la (scarsa) sorveglianza, insuf-

ficiente per un’area così estesa e poco pre-

sidiabile, e la suddetta invasione di massa,

costrinse allora i primi a rivedere l’idea di

far entrare al festival solo chi aveva il bi-

glietto: Woodstock divenne gratuito, mentre

le speranze di pareggiare le spese si volsero

alla produzione di un film e di un disco live.

Come previsto, la stampa ed i media in ge-

nere – decisamente più vicini allo sconforto

della famiglia Yasgur e della contea tutta,

che all’entusiasmo della neonata comunità di

Woodstock – focalizzarono dapprima l’atten-

zione sul caos, il disordine, l’insicurezza ed

i pericoli derivanti dall’inattesa associazione

spontanea concentrata sui prati della zona.

Poi, col passare dei giorni, il fenomeno co-

minciò ad estrinsecarsi compiutamente, e di-

venne “un fenomeno di innocenza” al quale

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| La Tesi | 17 . 08 . 196912

i ragazzi avevano partecipato “per avere il

piacere di stare insieme, liberi di godere uno

stile di vita che è in sé stesso una dichiarazio-

ne d’indipendenza”, parafrasando uno degli

editoriali più equilibrati dello stesso giornale.

Rassicurò l’impressione che quella massa ri-

fuggisse il conflitto e non volesse innescarlo,

e venne fuori tutta l’ambivalenza di un’Ame-

rica che si scoprì scandalizzata e caritatevole,

impaurita ma compiaciuta. Era evidente che

i giovani non erano venuti per “passeggiare

senza vedere grattacieli e semafori, lanciare

aquiloni, abbronzarsi, respirare aria pura”,

come celebravano – accentuando il carattere

di ritorno alla natura, d’idillio pastorale – le

pubblicità del festival, o almeno non solo.

Non importava, quindi, che la strada 17B

– diretta al festival – s’ingorgasse clamoro-

samente in un modo che avrebbe fatto impal-

lidire Manhattan, che si impiegassero ore per

percorrere metri, che le lacune organizzative

emergessero in pieno, che si affogasse tra

“pioggia, fango e piscio”. Importava invece il

sentimento di coesione generato in una comu-

nità che si scopriva capace di reggere il peso

delle emergenze e delle necessità, e mostrava

di sapersi stringere, e di saperle affrontare.

Nella zona si ammassavano tonnellate di

rifiuti e sporcizia, mancava l’acqua, le con-

dizioni igieniche apparivano compromes-

se, le comunicazioni si facevano difficili.

Il servizio d’ordine, neanche a dirlo, era

numericamente insufficiente, il perso-

nale inadeguato, i servizi quasi nulli.

L’assenza di qualsiasi forma d’autorità gene-

rò commoventi esperimenti di collaborazione

tra i “portavoce” ed i giovani che si offriva-

no spontaneamente; la mancanza di qualsiasi

forma d’amministrazione centralizzata, che

provvedesse alle necessità individuali, li spin-

se a farsi carico dei problemi più disparati.

Per questo fu spontaneamente prestata l’as-

sistenza necessaria a limitare le emergenze

principali; per questo – contrariamente alle

previsioni – il crimine e la violenza furono

ridotti quasi a zero, in quei giorni. L’au-

todisciplina e la cooperazione costituiva-

no l’unica soluzione possibile, ed i “ca-

pelloni” mostrarono di averlo compreso.

Musica

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i ragazzi avevano partecipato “per avere il

piacere di stare insieme, liberi di godere uno

stile di vita che è in sé stesso una dichiarazio-

ne d’indipendenza”, parafrasando uno degli

editoriali più equilibrati dello stesso giornale.

Rassicurò l’impressione che quella massa ri-

fuggisse il conflitto e non volesse innescarlo,

e venne fuori tutta l’ambivalenza di un’Ame-

rica che si scoprì scandalizzata e caritatevole,

impaurita ma compiaciuta. Era evidente che

i giovani non erano venuti per “passeggiare

senza vedere grattacieli e semafori, lanciare

aquiloni, abbronzarsi, respirare aria pura”,

come celebravano – accentuando il carattere

di ritorno alla natura, d’idillio pastorale – le

pubblicità del festival, o almeno non solo.

Non importava, quindi, che la strada 17B

– diretta al festival – s’ingorgasse clamoro-

samente in un modo che avrebbe fatto impal-

lidire Manhattan, che si impiegassero ore per

percorrere metri, che le lacune organizzative

emergessero in pieno, che si affogasse tra

“pioggia, fango e piscio”. Importava invece il

sentimento di coesione generato in una comu-

nità che si scopriva capace di reggere il peso

delle emergenze e delle necessità, e mostrava

di sapersi stringere, e di saperle affrontare.

Nella zona si ammassavano tonnellate di

rifiuti e sporcizia, mancava l’acqua, le con-

dizioni igieniche apparivano compromes-

se, le comunicazioni si facevano difficili.

Il servizio d’ordine, neanche a dirlo, era

numericamente insufficiente, il perso-

nale inadeguato, i servizi quasi nulli.

L’assenza di qualsiasi forma d’autorità gene-

rò commoventi esperimenti di collaborazione

tra i “portavoce” ed i giovani che si offriva-

no spontaneamente; la mancanza di qualsiasi

forma d’amministrazione centralizzata, che

provvedesse alle necessità individuali, li spin-

se a farsi carico dei problemi più disparati.

Per questo fu spontaneamente prestata l’as-

sistenza necessaria a limitare le emergenze

principali; per questo – contrariamente alle

previsioni – il crimine e la violenza furono

ridotti quasi a zero, in quei giorni. L’au-

todisciplina e la cooperazione costituiva-

no l’unica soluzione possibile, ed i “ca-

pelloni” mostrarono di averlo compreso.

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| La Tesi | 17 . 08 . 196914

er tre giorni, tra la sperimentazione

d’ogni tipo di droga e d’esperienza liser-

gica, tra libero amore e pioggia battente,

si provò a costruire “la nostra cultura e la

nostra comunità, con la nostra musica, la

nostra stampa, i nostri valori, miti e leg-

gende”, per creare “una pazzia che sia auten-

ticamente nostra!”, come scisse Jerry Rubin.

In questo senso vanno valutate le performan-

ces degli artisti: dopo un emozionatissimo

Richie Havens che, afferrato il microfono,

intonò con voce tremante la sua “Freedom”,

s’alternarono Richie Havens, Sweetwater,

Bert Sommer, Tim Hardin, Ravi Shankar,

Melanie, Arlo Guthrie, Joan Baez, Quill,

Country Joe McDonald, John Sebastian, Keef

Hartley Band, Santana e David Brown, In-

credible String Band, Canned Heat, Grateful

Dead, Creedence Clearwater Revival, Janis

Joplin, Sly and the Family Stone, The Who,

Airplane, Joe Cocker, Country Joe and the

Fish, Leslie West, Mountain, Ten Years Af-

ter, The Band, Johnny Winter, Blood, Sweat

and Tears, Crosby Stills Nash & Young, Paul

Butterfly Blues Band, Sha Na Na, Jimi Hen-

drix affabularono quella moltitudine giovane

e determinata, che sembrava capace di su-

perare le inumanità cittadine mantenendosi

pura, e di confrontarsi apertamente con i con-

cetti problematici di modernità e gerarchia.

Woodstock costituì un esperimento, ed una

brutale presa di coscienza: per questo il

suo valore supera di gran lunga il ricordo

di Hendrix e della Fender Stratocaster de-

strorsa rovesciata, del grosso anello dorato

sull’indice della mano sinistra per quanto

emozionante sia quell’immagine. Ha dato

ai suoi figli “un’immagine dell’interno di

quella realtà personale e sociale da cui i

loro genitori temono che stiano fuggendo.

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er tre giorni, tra la sperimentazione

d’ogni tipo di droga e d’esperienza liser-

gica, tra libero amore e pioggia battente,

si provò a costruire “la nostra cultura e la

nostra comunità, con la nostra musica, la

nostra stampa, i nostri valori, miti e leg-

gende”, per creare “una pazzia che sia auten-

ticamente nostra!”, come scisse Jerry Rubin.

In questo senso vanno valutate le performan-

ces degli artisti: dopo un emozionatissimo

Richie Havens che, afferrato il microfono,

intonò con voce tremante la sua “Freedom”,

s’alternarono Richie Havens, Sweetwater,

Bert Sommer, Tim Hardin, Ravi Shankar,

Melanie, Arlo Guthrie, Joan Baez, Quill,

Country Joe McDonald, John Sebastian, Keef

Hartley Band, Santana e David Brown, In-

credible String Band, Canned Heat, Grateful

Dead, Creedence Clearwater Revival, Janis

Joplin, Sly and the Family Stone, The Who,

Airplane, Joe Cocker, Country Joe and the

Fish, Leslie West, Mountain, Ten Years Af-

ter, The Band, Johnny Winter, Blood, Sweat

and Tears, Crosby Stills Nash & Young, Paul

Butterfly Blues Band, Sha Na Na, Jimi Hen-

drix affabularono quella moltitudine giovane

e determinata, che sembrava capace di su-

perare le inumanità cittadine mantenendosi

pura, e di confrontarsi apertamente con i con-

cetti problematici di modernità e gerarchia.

Woodstock costituì un esperimento, ed una

brutale presa di coscienza: per questo il

suo valore supera di gran lunga il ricordo

di Hendrix e della Fender Stratocaster de-

strorsa rovesciata, del grosso anello dorato

sull’indice della mano sinistra per quanto

emozionante sia quell’immagine. Ha dato

ai suoi figli “un’immagine dell’interno di

quella realtà personale e sociale da cui i

loro genitori temono che stiano fuggendo.

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Interviste improbabili

Diva della musica Blues, voce graffiante, passionale, unica. Una vita esagerata,

sregolata fatta di eccessi, alcool e droghe. Un’ esistenza breve ma intensa.

Muore a 27 anni nella sua camera d’hotel nel 1971.

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anis tu sei nata in Texas, i tuoi genitori ti

hanno incoraggiato a cantare?

Sì, sono nata in Texas e no, i miei ge-

nitori volevano che diventassi un’ in-

segnante un po’ come tutti i genitori.

Ma io ho iniziato a cantare quando ave-

vo 17 anni, ascoltavo un sacco di musi-

ca e mi sorpresi di come il canto mi di-

vertisse e mi rendesse felice, elettrizzata.

Conobbi il blues per la prima volta a 14 anni.

Mia mamma desiderava per me quello che de-

sideravano le donne di quell’epoca e mi sono

sforzata anche io di desiderare il famoso stec-

cato bianco, vale a dire casa con giardino e fa-

miglia con figli. Certamente non acidi, alcool,

nè promisquità di sorta o le code alle mense

dei poveri e i vestiti raccattati agli eserciti

della salvezza. Sono cose che ai genitori fan-

no male e loro lo sentono persino pri-

ma di te stessa quando non sei felice.

Poi ti sei spostata a San Francisco?

Sì intorno al 1963, non potevo più stare in

Texas. Dovevo andare in California perchè,

sai com’è, là potevi fare tutto quello che vo-

levi senza alcun pregiudizio nè restrizione.

Non avrai caricato troppo di significati dei

disastri che magari erano meno drammatici?

Forse avendo più tempo per rifletterci sa-

rebbero apparsi come i casini di tutti gli

adolescenti, ma detta così sarebbe riduttiva.

E’ chiaro che si sta tutti male a quell’età, ma per

alcuni diventa patologico. Poi io non ho mai

voluto rassegnarmi ad essere uno di quei tutti.

«non ho mai voluto rassegnarmi ad essere

uno di quei tutti.»

Necessità di eccedere...

intervista a Janis Joplin

J

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Arte

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 19

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196920

l termine Happening viene coniato da

Allan Kaprow per defi nire una forma espres-

siva da lui stesso creata ed adottata nell’ese-

cuzione di un’opera, “18 Happening in 6 Par-

ts”, esposta nel 1959 alla galleria Reuben di

New York e da allora l’Happening diventerà

uno dei linguaggi dell’arte più caratteristici

e peculiari nel periodo degli anni ‘60-’70 in

tutto il mondo.

L’Happening è qualcosa che avviene, collo-

cato in una trama strutturale a comparti, in

ognuno dei quali accade un evento, o auto-

nomo o sequenzialmente collegato con gli al-

tri o contemporaneo ad essi, un accadimento

che viene oggettivizzato fi no a costituire esso

stesso l’opera compiuta.

Il fatto che l’Happening abbia una durata e

si svolga comunque nel tempo, introduce un

nuovo elemento come parte integrante ed

importante dell’opera, che alla fi ne della rap-

presentazione resterà nella memoria o nella

documetazione come tempo vissuto.

L’interdisciplinarità intesa come coesistenza

di vari linguaggi artistici che si mettono in

correlazione, si compenetrano e si integrano,

diventa un parametro importante dell’Happe-

ning e a questo proposito va ricordata l’opera

di John Cage e del suo gruppo, tra cui Ro-

bert Rauschenberg, che portarono avanti un

modello di compartecipazione artistica ad

aggregazione paritaria, si potrebbe dire “a

collage”, frutto di una mentalità tipicamente

americana non gerarchizzata e burocratizzata

(come ad esempio quella europea).

John Cage con l’introduzione del concetto

di interdiscipliarità, di complementarietà e

di indeterminatezza compie un passo deter-

minante verso la defi nizione di un’arte ibri-

da che sia strumento e veicolo di diffusione

di messaggi ed informazioni, al di là del suo

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l termine Happening viene coniato da

Allan Kaprow per defi nire una forma espres-

siva da lui stesso creata ed adottata nell’ese-

cuzione di un’opera, “18 Happening in 6 Par-

ts”, esposta nel 1959 alla galleria Reuben di

New York e da allora l’Happening diventerà

uno dei linguaggi dell’arte più caratteristici

e peculiari nel periodo degli anni ‘60-’70 in

tutto il mondo.

L’Happening è qualcosa che avviene, collo-

cato in una trama strutturale a comparti, in

ognuno dei quali accade un evento, o auto-

nomo o sequenzialmente collegato con gli al-

tri o contemporaneo ad essi, un accadimento

che viene oggettivizzato fi no a costituire esso

stesso l’opera compiuta.

Il fatto che l’Happening abbia una durata e

si svolga comunque nel tempo, introduce un

nuovo elemento come parte integrante ed

importante dell’opera, che alla fi ne della rap-

presentazione resterà nella memoria o nella

documetazione come tempo vissuto.

L’interdisciplinarità intesa come coesistenza

di vari linguaggi artistici che si mettono in

correlazione, si compenetrano e si integrano,

diventa un parametro importante dell’Happe-

ning e a questo proposito va ricordata l’opera

di John Cage e del suo gruppo, tra cui Ro-

bert Rauschenberg, che portarono avanti un

modello di compartecipazione artistica ad

aggregazione paritaria, si potrebbe dire “a

collage”, frutto di una mentalità tipicamente

americana non gerarchizzata e burocratizzata

(come ad esempio quella europea).

John Cage con l’introduzione del concetto

di interdiscipliarità, di complementarietà e

di indeterminatezza compie un passo deter-

minante verso la defi nizione di un’arte ibri-

da che sia strumento e veicolo di diffusione

di messaggi ed informazioni, al di là del suo

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196922

lo spettatore diventa egli stesso parte dell’opera,

che non avrebbe senso in mancanza della sua presenza.

della rappresentazione, in una forma

d’arte puramente comportamentale, che

elimina ogni componente oggettuale.

specifico significato, arte come medium per

capire la vita.

E’ evidente la forte componente concettuale

di un progetto creato dalla mente dell’arti-

sta, poi allargato al pubblico fino ad un coin-

volgimento totale, attivo e diretto, nel qua-

le la dicotomia artista-fruitore si annulla e lo

spettatore diventa egli stesso parte dell’ope-

ra, che non avrebbe senso in mancanza della

Si assiste così alla completa smaterializza-

zione del concetto di arte, non più cosa ma

evento e azione, per di più esercitata in spazi

non convenzionali, spesso nel tessuto urba-

no, entro i quali l’Happening irrompe con i

caratteri dell’improvvisazione articolandosi

su un canovaccio indicativo che lascia larghi

margini di arbitrarietà: l’artista mette in sce-

na la sua inventiva , la sua capacità creativa

o gnuno degli elementi componenti

l’Happening è equidistante da un ideale bari-

centro che regge l’equilibrio dell’insieme:

in fieri, lo spettato-

re diventa contempo-

raneamente artefice e

utilizzatore del pro-

dotto artistico, la crea-

zione, la costruzione e

la fruizione dell’ope-

ra d’arte coincidono,

sua presenza: l’inter-

prete, sia esso attore o

spettatore, ha lo stes-

so peso degli oggetti

di scena, mentre l’ar-

tista, anch’esso parte

integrante della scena,

dirige lo svolgimento

“Attention cette boite...” 1966 Ben Vautier

Arte

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 23

lo spettatore diventa egli stesso parte dell’opera,

che non avrebbe senso in mancanza della sua presenza.

della rappresentazione, in una forma

d’arte puramente comportamentale, che

elimina ogni componente oggettuale.

specifico significato, arte come medium per

capire la vita.

E’ evidente la forte componente concettuale

di un progetto creato dalla mente dell’arti-

sta, poi allargato al pubblico fino ad un coin-

volgimento totale, attivo e diretto, nel qua-

le la dicotomia artista-fruitore si annulla e lo

spettatore diventa egli stesso parte dell’ope-

ra, che non avrebbe senso in mancanza della

Si assiste così alla completa smaterializza-

zione del concetto di arte, non più cosa ma

evento e azione, per di più esercitata in spazi

non convenzionali, spesso nel tessuto urba-

no, entro i quali l’Happening irrompe con i

caratteri dell’improvvisazione articolandosi

su un canovaccio indicativo che lascia larghi

margini di arbitrarietà: l’artista mette in sce-

na la sua inventiva , la sua capacità creativa

o gnuno degli elementi componenti

l’Happening è equidistante da un ideale bari-

centro che regge l’equilibrio dell’insieme:

in fieri, lo spettato-

re diventa contempo-

raneamente artefice e

utilizzatore del pro-

dotto artistico, la crea-

zione, la costruzione e

la fruizione dell’ope-

ra d’arte coincidono,

sua presenza: l’inter-

prete, sia esso attore o

spettatore, ha lo stes-

so peso degli oggetti

di scena, mentre l’ar-

tista, anch’esso parte

integrante della scena,

dirige lo svolgimento

“Attention cette boite...” 1966 Ben Vautier

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| La Tesi | 17 . 08 . 196924

sembra così chiudersi un cerchio nel quale

inizio e fine coincidono, in una perfetta corri-

spondenza di intenti ed azioni.

Il fervore e la vitalità sperimentale che carat-

terizzano il settore artistico negli Stati Uniti

fra gli anni Cinquanta e Sessanta portano an-

che all’affermazione della tendenza definita

insito tra l’oggetto e chi lo ha adoperato, op-

pure mirano a esprimere la relazione tra l’og-

getto inserito nell’opera e il tempo che l’ha

modificata.

L’opera si trasforma, così, in un assemblag-

gio di elementi eterogenei: il piano pittorico

si apre e si articola nello spazio e accoglie

non solo immagini bidimensionali ma anche

oggetti reali, fra i più quotidiani e comuni,

dalle bottiglie di Coca-Cola ai tubi delle stu-

fe. Il New Dada propone un intervento sulla

realtà e sugli oggetti della civiltà contempora-

nea, dei quali muta il valore e il senso preco-

stituiti, avendo come obiettivo di arrivare con

un’azione evidente e mirata alla coscienza del

fruitore cui è destinato l’effetto zdi quel mu-

tamento. L’oggetto assunto dagli artisti New

Dada non è infatti inteso in senso ducham-

piano, decontestualizzato e elevato a dignità

estetica, ma nella sua qualità oggettiva di ele-

mento o rifiuto della civiltà contemporanea,

oggetto che accompagna la vita quotidiana

prima, durante e dopo l’uso, indistruttibile e

inquinante, e come tale è incluso nell’opera

di artisti come Rauschenberg e Johns.

ready made, ovvero l’oggetto comune che

assurge ad opera d’arte una volta prelevato

dall’artista e posto in un contesto diverso da

quello di utilizzo.

Basandosi su questa poetica, le opere neo-

dada sono realizzate con materiali usati, qua-

si a voler rendere evidente il rapporto ancora

“Three Flags” 1958

Jasper Johns“Bed” 1955

R. Rauschenberg

L’oggetto nel New Dada è inteso nella sua qualità oggettiva di

elemento o rifiuto della civiltà contemporanea

Arte

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 25

sembra così chiudersi un cerchio nel quale

inizio e fine coincidono, in una perfetta corri-

spondenza di intenti ed azioni.

Il fervore e la vitalità sperimentale che carat-

terizzano il settore artistico negli Stati Uniti

fra gli anni Cinquanta e Sessanta portano an-

che all’affermazione della tendenza definita

insito tra l’oggetto e chi lo ha adoperato, op-

pure mirano a esprimere la relazione tra l’og-

getto inserito nell’opera e il tempo che l’ha

modificata.

L’opera si trasforma, così, in un assemblag-

gio di elementi eterogenei: il piano pittorico

si apre e si articola nello spazio e accoglie

non solo immagini bidimensionali ma anche

oggetti reali, fra i più quotidiani e comuni,

dalle bottiglie di Coca-Cola ai tubi delle stu-

fe. Il New Dada propone un intervento sulla

realtà e sugli oggetti della civiltà contempora-

nea, dei quali muta il valore e il senso preco-

stituiti, avendo come obiettivo di arrivare con

un’azione evidente e mirata alla coscienza del

fruitore cui è destinato l’effetto zdi quel mu-

tamento. L’oggetto assunto dagli artisti New

Dada non è infatti inteso in senso ducham-

piano, decontestualizzato e elevato a dignità

estetica, ma nella sua qualità oggettiva di ele-

mento o rifiuto della civiltà contemporanea,

oggetto che accompagna la vita quotidiana

prima, durante e dopo l’uso, indistruttibile e

inquinante, e come tale è incluso nell’opera

di artisti come Rauschenberg e Johns.

ready made, ovvero l’oggetto comune che

assurge ad opera d’arte una volta prelevato

dall’artista e posto in un contesto diverso da

quello di utilizzo.

Basandosi su questa poetica, le opere neo-

dada sono realizzate con materiali usati, qua-

si a voler rendere evidente il rapporto ancora

“Three Flags” 1958

Jasper Johns“Bed” 1955

R. Rauschenberg

L’oggetto nel New Dada è inteso nella sua qualità oggettiva di

elemento o rifiuto della civiltà contemporanea

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196926

Come ogni manifestazione artistica moderna,

l’Happening, come già osservato per l’Instal-

lazione, con la quale ha signifi cative analogie,

non nasce dal nulla e può essere interessante

cercarne i prodromi nelle avanguardie del

‘900, in particolare in alcuni atteggiamenti

del Dadaismo e del Futurismo .

Il Dadaismo è per eccellenza il primo movi-

mento trasgressivo che vuole portare a cono-

scenza del pubblico le proprie idee, con gesti

spesso eclatanti e spettacolari di chiaro gusto

provocatorio nell’ambito di manifestazioni

collettive ed esibizioni di tipo cabarettisti-

co , mentre il Futurismo utilizza per primo

il teatro o addirittura la strada come luogo

divulgativo delle proprie teorie moderniste:

afferma lo stesso Marinetti:”.... bisognava

assolutamente.... scendere nella strada, dar

l’assalto ai teatri e introdurre il pugno nella

lotta artistica.”

Allan Kaprow, Robert Whitman, Red Grooms,

Jim Dine sono i più noti autori di Happening,

che, pur nell’estrema libertà espressiva di que-

sto tipo di linguaggio che li sottrae a qualsiasi

tipo di catalogazione, hanno tutti l’obiettivo

comune di rifondare radicalmente il concet-

to stesso di arte, non più separata dalla vita,

così come l’artista non è più separato dallo

spettatore, ma arte come veicolo portatore di

nuovi valori sociali e culturali alternativi, una

“combinazione indistinta di cultura e vita”.

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 27

Come ogni manifestazione artistica moderna,

l’Happening, come già osservato per l’Instal-

lazione, con la quale ha signifi cative analogie,

non nasce dal nulla e può essere interessante

cercarne i prodromi nelle avanguardie del

‘900, in particolare in alcuni atteggiamenti

del Dadaismo e del Futurismo .

Il Dadaismo è per eccellenza il primo movi-

mento trasgressivo che vuole portare a cono-

scenza del pubblico le proprie idee, con gesti

spesso eclatanti e spettacolari di chiaro gusto

provocatorio nell’ambito di manifestazioni

collettive ed esibizioni di tipo cabarettisti-

co , mentre il Futurismo utilizza per primo

il teatro o addirittura la strada come luogo

divulgativo delle proprie teorie moderniste:

afferma lo stesso Marinetti:”.... bisognava

assolutamente.... scendere nella strada, dar

l’assalto ai teatri e introdurre il pugno nella

lotta artistica.”

Allan Kaprow, Robert Whitman, Red Grooms,

Jim Dine sono i più noti autori di Happening,

che, pur nell’estrema libertà espressiva di que-

sto tipo di linguaggio che li sottrae a qualsiasi

tipo di catalogazione, hanno tutti l’obiettivo

comune di rifondare radicalmente il concet-

to stesso di arte, non più separata dalla vita,

così come l’artista non è più separato dallo

spettatore, ma arte come veicolo portatore di

nuovi valori sociali e culturali alternativi, una

“combinazione indistinta di cultura e vita”.

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196928

Interviste improbabili

Innovatore, artista completo, genio, snobbato dalla critica.

Inventore di un’ arte nuova, mai vista prima, sbalorditiva e incancellabile.

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 29

poco erano arrivati ad integrarsi in un insie-

me, a costituire un allestimento ambientale,

un environment. Ma erano forme in qualche

modo ancora statiche. Allora mi sono proposto

di introdurre la dimensione temporale, di far

partecipare la gente, di occupare nuovi spazi.

Questo continua a fare nei suoi workshops?

Nei miei laboratori propongo soprattutto

esercizi che stimolano un’attività elementare,

non finalizzata. Come stringersi la mano, spe

gnere un fiammifero con un soffio, osservare

una nuvola. Gli artisti di oggi, i postmoderni,

sono convinti che la storia sia finita, che l’arte

sia finita, ridotta a clichés che si possono sol-

tanto rimescolare, combinandoli in un modo

o nell’altro. Invece la vita è ricchissima, flui-

da, imprevedibile proprio negli eventi più

semplici. Non serve l’arte, basta l’attenzione.

«Io volevo l’azione, l’energia, separata dalla

pittura. Dicevano che la mia

non era arte, non era nulla.»

primi happenings erano eventi comples-

si che si svolgevano in sedi non conven-

zionali e implicavano la partecipazione di

molte persone. Poi, attorno alla metà degli

anni ‘60, sono arrivato ad una chiarificazio-

ne concettuale. Osservavo il gioco dei bam-

bini, in cui l’imitazione ha una funzione di

esplorazione dei comportamenti. Ho iniziato

a lavorare su azioni semplici, cose che non

hanno senso al di là della loro immediatezza.

Lo scarto rispetto all’esperienza pittorica,

anche d’avanguardia, era così netto?

L’happening è nato come una specie di colla-

ge multisensoriale. Come un’esperienza che

coinvolgeva le diverse facoltà percettive: vi-

sta, udito, tatto… In precedenza avevo lavora-

to a composizioni realizzate con l’assemblag-

gio casuale di materiali diversi, che a poco a

Un’esperienza percettiva completa.

Intervista ad Allan Kaprow.

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196930

English

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 31

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196932

English

n January 1966, young Lesley

Hornby had her hair colored and cut short.

The hair stylist was looking for models on

whom to try out his new crop haircut and he

styled her hair in preparation for a few test

head shots. A professional photographer

Barry Lategan took several photos,which

the hairdresser hung in his salon.

Deidre McSharry, a fashion journalist

from the Daily Express, saw the ima-

ges and asked to meet the young girl.

A few weeks later the publication fea-

tured an article and images of Hor-

nby, declaring her “The Face of ’66.”

Twiggy is best remembered as the first

international supermodel and a

fashion icon of the 1960s and 70s.

She was 5’6” tall (short for a model), weighed

only 41 kg, and had a thin, boyish figure.

Her hairdresser boyfriend, Nigel Davies,

became her manager, changed his name

to Justin de Villeneuve, and persuaded her

to change her name into Twiggy (from

“Twigs” that’s mean “ramoscello”).

Twiggy was soon seen in all the leading

fashion magazines, bringing out her own line

of clothes called “Twiggy Dresses” in 1967.

Twiggy’s androgynous look centered on three

qualities: her stick thin figure, a boyishly

short haircut, and strikingly dark eyelashes.

Her boyishly thin image was criticized

as, and is still blamed for, promoting an

“unhealthy” body ideal for women.

“With that underdeveloped, boyish figu-

re, she is an idol to the 14- and 15-year-old

kids. She makes virtue of all the terrible

things of gawky, miserable, adolescence.”

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 33

n January 1966, young Lesley

Hornby had her hair colored and cut short.

The hair stylist was looking for models on

whom to try out his new crop haircut and he

styled her hair in preparation for a few test

head shots. A professional photographer

Barry Lategan took several photos,which

the hairdresser hung in his salon.

Deidre McSharry, a fashion journalist

from the Daily Express, saw the ima-

ges and asked to meet the young girl.

A few weeks later the publication fea-

tured an article and images of Hor-

nby, declaring her “The Face of ’66.”

Twiggy is best remembered as the first

international supermodel and a

fashion icon of the 1960s and 70s.

She was 5’6” tall (short for a model), weighed

only 41 kg, and had a thin, boyish figure.

Her hairdresser boyfriend, Nigel Davies,

became her manager, changed his name

to Justin de Villeneuve, and persuaded her

to change her name into Twiggy (from

“Twigs” that’s mean “ramoscello”).

Twiggy was soon seen in all the leading

fashion magazines, bringing out her own line

of clothes called “Twiggy Dresses” in 1967.

Twiggy’s androgynous look centered on three

qualities: her stick thin figure, a boyishly

short haircut, and strikingly dark eyelashes.

Her boyishly thin image was criticized

as, and is still blamed for, promoting an

“unhealthy” body ideal for women.

“With that underdeveloped, boyish figu-

re, she is an idol to the 14- and 15-year-old

kids. She makes virtue of all the terrible

things of gawky, miserable, adolescence.”

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196934

English

innovative, transformed, free.She refl ect the image of her generation:

Yet Twiggy had her supporters.

In recent years Twiggy has spoken out

against the trend of waif-thin models,

explaining that her own thin weight as a

teenager was natural: “”I was very skinny,

but that was just my natural build. I always

ate sensibly -- being thin was in my genes.

One month after the Daily Express article,

Twiggy posed for her fi rst shoot for Vogue.

A year later, she had appeared in 13 separate

fashion shoots in international Vogue editions.

Twiggy arrived in New York in March 1967.

After four years of modelling, Twiggy

retired in 1970, claiming “You can’t be

a clothes hanger for your entire life!”

She embarked on an award-winning

acting and singing career,

starring in a variety of roles on

stage and screen, and recording albums.

Since now Twiggy has never stop-

ped growing success of her career.

The origin of the miniskirt in 1963 is generally credi-ted for the work of British designer Mary Quant , who was inspired by the car Mini, and since the late ‘50s had begun to offer shortedresses.The Quant decided to launch the mini making wear to a young 17 hairdresser:Leslie Hornby said Twiggy.This will be the beginning of success for both.Together with the Beatles, the Rolling Stones and the Who, the miniskirt beca-me the emblem of swingin london that 60-70 years is con-sidered the navel of the world.

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 35

innovative, transformed, free.She reflect the image of her generation:

Yet Twiggy had her supporters.

In recent years Twiggy has spoken out

against the trend of waif-thin models,

explaining that her own thin weight as a

teenager was natural: “”I was very skinny,

but that was just my natural build. I always

ate sensibly -- being thin was in my genes.

One month after the Daily Express article,

Twiggy posed for her first shoot for Vogue.

A year later, she had appeared in 13 separate

fashion shoots in international Vogue editions.

Twiggy arrived in New York in March 1967.

After four years of modelling, Twiggy

retired in 1970, claiming “You can’t be

a clothes hanger for your entire life!”

She embarked on an award-winning

acting and singing career,

starring in a variety of roles on

stage and screen, and recording albums.

Since now Twiggy has never stop-

ped growing success of her career.

The origin of the miniskirt in 1963 is generally credi-ted for the work of British designer Mary Quant , who was inspired by the car Mini, and since the late ‘50s had begun to offer shortedresses.The Quant decided to launch the mini making wear to a young 17 hairdresser:Leslie Hornby said Twiggy.This will be the beginning of success for both.Together with the Beatles, the Rolling Stones and the Who, the miniskirt beca-me the emblem of swingin london that 60-70 years is con-sidered the navel of the world.

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196936

eople call things vulgar when they are new

to them. When they have become old they

become good taste. The manufacturers who

make my clothes and the people with financial

interests in things I design never like anything

when I first show it to them. But the critical

people, the people who understand fashion,

they jump at the new thing, they’re excited.

You would agree then that a great designer is

one who gives people what they want before

they know they want it?

Yes, fashion doesn’t really influence the cli-

mate of opinion, it reflects what is really in

the air. It reflects what people are reading and

thinking and listening to, and architecture,

painting, attitudes to success and to society

What do you think about permissiveness for

youth?

People only see permissiveness in the sen-

se of having more. But the young today are

less materialistic and more intelligent than

they’ve ever been. And they’ve got sex in

perspective, they’re not hung up on it any

more, it’s not difficult, they take it or lea-

ve it alone. They just want to be happy and

to paint and write and do things, but not to

own things. They’re absolutely right. Af-

ter all, every trouble in the world has been

caused by envy, cupidity, material ambi-

tions. The young today have no ambitions.

Was it you who triggered off the fashion

explosion?

Not really. In the beginning I was just typical

of the people who felt like that. It was simply

that I was part of it

«But I love vulgarity. Good taste is death,

vulgarity is life.»

P

The shock of the new

intervista a Mary Quant

Interviste improbabili

Creatività, innovazione, gioco, freschezza e irriverenza. Ha dato per prima un vero e

proprio “taglio” al passato dando il via libera ad una nuova concezione di moda,

bellezza e stile.

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 37

eople call things vulgar when they are new

to them. When they have become old they

become good taste. The manufacturers who

make my clothes and the people with financial

interests in things I design never like anything

when I first show it to them. But the critical

people, the people who understand fashion,

they jump at the new thing, they’re excited.

You would agree then that a great designer is

one who gives people what they want before

they know they want it?

Yes, fashion doesn’t really influence the cli-

mate of opinion, it reflects what is really in

the air. It reflects what people are reading and

thinking and listening to, and architecture,

painting, attitudes to success and to society

What do you think about permissiveness for

youth?

People only see permissiveness in the sen-

se of having more. But the young today are

less materialistic and more intelligent than

they’ve ever been. And they’ve got sex in

perspective, they’re not hung up on it any

more, it’s not difficult, they take it or lea-

ve it alone. They just want to be happy and

to paint and write and do things, but not to

own things. They’re absolutely right. Af-

ter all, every trouble in the world has been

caused by envy, cupidity, material ambi-

tions. The young today have no ambitions.

Was it you who triggered off the fashion

explosion?

Not really. In the beginning I was just typical

of the people who felt like that. It was simply

that I was part of it

«But I love vulgarity. Good taste is death,

vulgarity is life.»

P

The shock of the new

intervista a Mary Quant

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196938

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 39

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196940

A partire dal 1968, con una marcata e invasi-

va politicizzazione, il movimento americano

aveva sperimentato nuove forme di protesta,

aveva messo in discussione i valori fondanti

della società, aveva provato a realizzare zone

«liberate» dove poter praticare le nuove idee.

Circolavano germi di rivoluzione. Per dirla

meglio, in molte parti dell’universo giova-

nile si era sviluppata una forte consapevo-

lezza del cambiamento, la certezza che il

mondo dovesse e potesse cambiare: una sen-

sazione che contagiò scrittori, artisti, pensa-

tori, milioni di ragazzi in tutto il mondo; e

questa certezza di una nuova era in arrivo è

l’unica che può spiegare l’energia trasmessa

da quegli eventi, come anche il contraccolpo

durissimo che seguì alla mancata realizza-

zione del sogno di realizzazione. I furori di

questa rivoluzione mancata si consumarono

soprattutto nell’arco temporale racchiuso fra

due omicidi politici: quello di John Ken-

nedy, appunto il 22 novembre del 1963, e

quello Martin Luther King il 4 aprile del

1968.

Storia

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 41

Se l’assassinio di Kennedy aveva acceso

scintille di rivolta quello di Martin Luther

King suscitò per la prima volta la sensazione

che non ci fosse nulla da fare, almeno lungo

le strade della non violenza, che il sogno po-

teva essere fatto a pezzi da forze oscure de-

cise a preservare le vecchie forme di potere,

e allo stesso tempo portò ad una radicalizza-

zione della lotta.

Sperimentare nuove libertà, nella convinzio-

ne che dovessero diventare nuove regole per

il mondo intero, e poi vederle infrangersi

sistematicamente contro un muro di

insensibilità, non poteva che creare delu-

sioni e contraccolpi che, particolarmente in

America, dove questa utopia era stata quasi

toccata con mano, furono violentissimi.

A partire dal 1964, nel movimento giovanile

si erano svilppate due tendenze principali.

Una fu incarnata dagli hippies, l’altra dal

Free Speech Movement, dalla parte più poli-

ticizzata che prese il via dai campus califor-

niani. In un certo senso i “politici” diffidava-

no e talvolta disprezzavano apertamente gli

hippies perchè sembravano vivere fuori dal

mondo, mentre i giovani americani veniva-

no mandati a morire in Vietnam, ma questa

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196942

«L’identità e autonomia generazionale, in sostanza, caratterizzarono fortemente

il ‘68, anche se non sono suffi cienti a spiegarlo. Ne sono, in qualche modo, la cornice, entro dui gli elementi di contenuto acquistano una valenza

particolare e uno spessore visibilissimo.»

netta contrapposizione rappresentava solo la

punta estrema della condizione giovanile.

In realtà milioni di ragazzi, in America e poi

in tutto il mondo, cominciarono ad appro-

priarsi di elementi tratti da ambedue le po-

sizioni, senza mostrare alcun evidente con-

fl itto. La galassia giovanile era molto

più complessa e variegata. C’erano gli

hippies e c’era il Movimento. E ambedue

le tendenze erano nate dalla parte opposta

degli Stati Uniti, in una terra felice e den-

sa di promesse. Dalla protesta studentesca

europea emerse invece una strategia più

strettamente politica. I gruppi dell’estrema

sinistra teorizzavano il rovesciamento dello

Stato, utilizzando strumenti ideologici che

appartenevano alla grande tradizione comu-

nista . Il mondo viaggiava su piani diversi e

simultanei. Forze diaboliche e spiriti angeli-

ci, tragici balletti di proiettili e commoventi

rappresentazioni dell’utopia, meravigliosi

guizzi creativi e devastanti delusioni. Il 30

Gennaio i Beatles organizzarono a sorpresa

un concerto sul tetto dell’edifi cio che ospi-

tava la Apple in pieno centro a Londra. Era

l’ultima volta che si presentavano tutti in-

sieme in pubblico. Nel frattempo la protesta

dilagava in tutta Europa, e a marzo John e

Yoko organizzarono il celebre bed-in. An-

che la protesta esigeva creatività, stupore,

invenzioni spiazzanti, e da quella stravagan-

te dimostrazione pacifi sta emerse il nuovo

Anche la protesta esigeva creatività, stupore, invenzioni spiazzanti.

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 43

«L’identità e autonomia generazionale, in sostanza, caratterizzarono fortemente

il ‘68, anche se non sono suffi cienti a spiegarlo. Ne sono, in qualche modo, la cornice, entro dui gli elementi di contenuto acquistano una valenza

particolare e uno spessore visibilissimo.»

netta contrapposizione rappresentava solo la

punta estrema della condizione giovanile.

In realtà milioni di ragazzi, in America e poi

in tutto il mondo, cominciarono ad appro-

priarsi di elementi tratti da ambedue le po-

sizioni, senza mostrare alcun evidente con-

fl itto. La galassia giovanile era molto

più complessa e variegata. C’erano gli

hippies e c’era il Movimento. E ambedue

le tendenze erano nate dalla parte opposta

degli Stati Uniti, in una terra felice e den-

sa di promesse. Dalla protesta studentesca

europea emerse invece una strategia più

strettamente politica. I gruppi dell’estrema

sinistra teorizzavano il rovesciamento dello

Stato, utilizzando strumenti ideologici che

appartenevano alla grande tradizione comu-

nista . Il mondo viaggiava su piani diversi e

simultanei. Forze diaboliche e spiriti angeli-

ci, tragici balletti di proiettili e commoventi

rappresentazioni dell’utopia, meravigliosi

guizzi creativi e devastanti delusioni. Il 30

Gennaio i Beatles organizzarono a sorpresa

un concerto sul tetto dell’edifi cio che ospi-

tava la Apple in pieno centro a Londra. Era

l’ultima volta che si presentavano tutti in-

sieme in pubblico. Nel frattempo la protesta

dilagava in tutta Europa, e a marzo John e

Yoko organizzarono il celebre bed-in. An-

che la protesta esigeva creatività, stupore,

invenzioni spiazzanti, e da quella stravagan-

te dimostrazione pacifi sta emerse il nuovo

Anche la protesta esigeva creatività, stupore, invenzioni spiazzanti.

17

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196944

inno: «Give Peace a Chance». Proprio

quando il mondo, di occasioni alla pace, ne

stava dando sempre meno.

Fu anche l’anno dell’evento centrale che ca-

talizzò l’attenzione dell’intero genere uma-

no: lo sbarco sulla luna.

Molti pensano si sia trattato del più clamo-

roso falso della storia moderna. Ciò non to-

glie che lo sbarco fu vissuto come un even-

to epocale, un evento che spingeva l’uomo

molto oltre le aspettative di un anno pur così

intenso, lo spingeva da assaporare la luce di

migliaia di anni di storia.

Sembrava davvero l’inizio di una nuova era.

Agosto fu il mese dei rock festival. Wood-

stock, ovviamente, ma non solo. In novem-

bre si venne a sapere della strage di My Lai,

in Vietnam, in cui i soldati americani aveva-

no ucciso 347 civili inermi, donne, vecchi

e bambini. Ciò rivelò al mondo quello che

davvero succedeva in Vietnam. Il 12 dicem-

bre, una bomba a Milano inaugurò la strate-

gia della tensione. Anche in Italia non ci si

poteva illudere. Per non rischiare, le rivolu-

zioni dovevano essere stroncate sul nascere.

Per non rischiare, le rivoluzioni dovevano essere stroncate sul nascere.

Storia

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 45

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196946

Interviste improbabili

Grande musicista, cantante e cantautore, il più grande dei “Fab Four”.

Profeta di una nuova generazione fatta di libertà, pace, amore ma non solo.

Spirito critico, contestatore armato di ottimi propositi e idee innovative.

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 47

La Tesi |

| La Tesi | 17 . 08 . 196948

el 1969 il quattordicenne Jerry Levi-

tan armato di un registratore a cassette

si introdusse dentro la camera d’alber-

go di John Lennon per una chiacchierata.

Andò così...

John ci faresti il punto della situazione

riguardo te e la tua entrata negli Stati Uniti?

Molte persone non mi vogliono, perchè pen-

sano che genererò una rivoluzione violenta,

ma non è mia intenzione. E altri invece non

vogliono che proclami la pace. La guerra è un

grande buisness sai, e a loro piace la guerra

perchè mantiene ricchi e felici. Io sono contro

la guerra e allora cercano di tenermi fuori. Ma

alla fine ci entrerò, perchè loro dovranno con-

fessare in pubblico di essere contro la pace.

In qualità di giovani di Toronto cosa possia-

mo fare per aiutarti?

Aiutate me aiutando voi stessi, chiedete ai

militanti di dimostrarvi che ci sia stata alme-

no una rivoluzione che ha raggiunto risultati

promessi. Prendiamo la Russia, la Francia,

ovunque ci sia una rivoluzione. Tutto quello

che fanno è distruggere tutto, poi lo ricostrui-

scono di nuovo, e le persone che lo ricostrui-

scono se lo tengono stretto e ne diventano la

classe dominante, il sistema. E voi ragazzi

diventerete il sistema in pochi anni. Non vale

la pena distruggere perchè avere gli spazi e i

mezzi, è conveniente. Si tratta di protestare,

ma protestare in maniera non violenta, perchè

la violenza genera violenza; se tu vai in giro

selvaggiamente poi vieni picchiato. E’ così.

Sai, è la legge dell’universo. E loro posseg-

gono le armi, tutti i soldi e sanno come com-

«Meglio che ognuno impari ad usare la

propria testa e diventi non-violento,

dentro siamo tutti Hitler e siamo tutti

Cristo.»

battere la violenza perchè l’hanno fatto per

anni, sopprimendoci. L’unica cosa di cui non

sanno niente è la non violenza e lo humor. Ci

sono molti modi per promuovere la pace. Ogni

cosa, fatela per la pace. Pisciate per la pace.

Sorridete per la pace. Andate a scuola per la

pace. Oppure non andate a scuola per la pace.

Qualunque cosa facciatte, fatelo per la pace.

Dipende tutto dalle persone. Non si può dar la

colpa al governo e dire che sono loro la cau-

sa di tutto e che ci porteranno in guerra. Sia-

mo noi che portiamo lì, che permettiamo che

questo accada. Ma possiamo cambiarlo. Se

davvero lo vogliamo, lo possiamo cambiare.

Ho ascoltato per diverso tempo il tuo album

ed ho cominciato a percepire questa sensa-

zione, che vi fosse un messaggio.

Il messaggio c’è, a tutti i livelli e in ogni tipo

di musica. Ognuno lo percepisce a livello di-

verso e anch’io lo sento quando scrivo e can-

to. Io scrivo, registro e riproduco la mia mu-

sica ma non me ne rendo conto fino a quando,

mesi dopo, mi rilasso e ascolto un album dei

Beatles, passandolo in rassegna a posteriori e

in modo obiettivo.E’ tutto lì, quello che senti.

Capisci? E’ tutto lì, le cose profane e quel-

le profonde. E’ come un fiore che ha già in

sè tutte le risposte. Devi solo osservarlo per

giorni, ma se aspetti abbastanza ti mostrano le

risposte, e lo stesso succede con la musica.

E che mi dici di Paul, Ringo e George?

Siamo quattro persone diverse e George da

a modo suo. Lui dice che non si urla in ogni

angolo della strada «Voglio la pace» e poi

vai e picchi il prossimo. Meglio che ognuno

impari ad usare la propria testa e diventi non-

violento. Ed è probabilmente molto difficile,

perchè dentro siamo tutti violenti. Dentro sia-

mo tutti Hitler e siamo tutti Cristo. Si tratta

solo di lavorare su ciò che c’è di buono in noi.

N

17 . 08 . 1969 | La Tesi | 49

el 1969 il quattordicenne Jerry Levi-

tan armato di un registratore a cassette

si introdusse dentro la camera d’alber-

go di John Lennon per una chiacchierata.

Andò così...

John ci faresti il punto della situazione

riguardo te e la tua entrata negli Stati Uniti?

Molte persone non mi vogliono, perchè pen-

sano che genererò una rivoluzione violenta,

ma non è mia intenzione. E altri invece non

vogliono che proclami la pace. La guerra è un

grande buisness sai, e a loro piace la guerra

perchè mantiene ricchi e felici. Io sono contro

la guerra e allora cercano di tenermi fuori. Ma

alla fine ci entrerò, perchè loro dovranno con-

fessare in pubblico di essere contro la pace.

In qualità di giovani di Toronto cosa possia-

mo fare per aiutarti?

Aiutate me aiutando voi stessi, chiedete ai

militanti di dimostrarvi che ci sia stata alme-

no una rivoluzione che ha raggiunto risultati

promessi. Prendiamo la Russia, la Francia,

ovunque ci sia una rivoluzione. Tutto quello

che fanno è distruggere tutto, poi lo ricostrui-

scono di nuovo, e le persone che lo ricostrui-

scono se lo tengono stretto e ne diventano la

classe dominante, il sistema. E voi ragazzi

diventerete il sistema in pochi anni. Non vale

la pena distruggere perchè avere gli spazi e i

mezzi, è conveniente. Si tratta di protestare,

ma protestare in maniera non violenta, perchè

la violenza genera violenza; se tu vai in giro

selvaggiamente poi vieni picchiato. E’ così.

Sai, è la legge dell’universo. E loro posseg-

gono le armi, tutti i soldi e sanno come com-

«Meglio che ognuno impari ad usare la

propria testa e diventi non-violento,

dentro siamo tutti Hitler e siamo tutti

Cristo.»

battere la violenza perchè l’hanno fatto per

anni, sopprimendoci. L’unica cosa di cui non

sanno niente è la non violenza e lo humor. Ci

sono molti modi per promuovere la pace. Ogni

cosa, fatela per la pace. Pisciate per la pace.

Sorridete per la pace. Andate a scuola per la

pace. Oppure non andate a scuola per la pace.

Qualunque cosa facciatte, fatelo per la pace.

Dipende tutto dalle persone. Non si può dar la

colpa al governo e dire che sono loro la cau-

sa di tutto e che ci porteranno in guerra. Sia-

mo noi che portiamo lì, che permettiamo che

questo accada. Ma possiamo cambiarlo. Se

davvero lo vogliamo, lo possiamo cambiare.

Ho ascoltato per diverso tempo il tuo album

ed ho cominciato a percepire questa sensa-

zione, che vi fosse un messaggio.

Il messaggio c’è, a tutti i livelli e in ogni tipo

di musica. Ognuno lo percepisce a livello di-

verso e anch’io lo sento quando scrivo e can-

to. Io scrivo, registro e riproduco la mia mu-

sica ma non me ne rendo conto fino a quando,

mesi dopo, mi rilasso e ascolto un album dei

Beatles, passandolo in rassegna a posteriori e

in modo obiettivo.E’ tutto lì, quello che senti.

Capisci? E’ tutto lì, le cose profane e quel-

le profonde. E’ come un fiore che ha già in

sè tutte le risposte. Devi solo osservarlo per

giorni, ma se aspetti abbastanza ti mostrano le

risposte, e lo stesso succede con la musica.

E che mi dici di Paul, Ringo e George?

Siamo quattro persone diverse e George da

a modo suo. Lui dice che non si urla in ogni

angolo della strada «Voglio la pace» e poi

vai e picchi il prossimo. Meglio che ognuno

impari ad usare la propria testa e diventi non-

violento. Ed è probabilmente molto difficile,

perchè dentro siamo tutti violenti. Dentro sia-

mo tutti Hitler e siamo tutti Cristo. Si tratta

solo di lavorare su ciò che c’è di buono in noi.

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